“La mia casa è dove sono” di Igiaba Scego Trama

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“La mia casa è dove sono” di Igiaba Scego Trama
“La mia casa è
dove sono”
di
Igiaba Scego
Igiaba Scego è nata a Roma nel 1974 da una famiglia di origini
somale. Dopo la laurea in Letterature straniere presso
l’Università La Sapienza di Roma, ha svolto un dottorato di
ricerca in Pedagogia all’Università di Roma Tre e attualmente si
occupa di scrittura, giornalismo e di ricerca incentrata sul
dialogo tra le culture e sulla dimensione della transculturalità e
della migrazione.
Collabora con molte riviste che si occupano di migrazioni e di
culture e letterature africane tra cui «Latinoamerica», «Carta»,
«El Ghibli», «Migra» e con alcuni quotidiani come «la
Repubblica», «Il Manifesto», «L'Unità» e «Internazionale».
Le sue opere, non prive di riferimenti autobiografici, si
caratterizzano per il delicato equilibrio tra le due realtà
culturali d'appartenenza, quella italiana e quella somala, quella
d'origine e quella vissuta nella quotidianità, che restituiscono
abilmente la doppiezza della dimensione sincretica in cui è
cresciuta. "Sono nera e italiana. Ma sono anche somala e nera"
Casa editrice
Trama
“Loescher”
Il libro la mia “La mia casa è dove sono” narra della storia di Igiaba
Scego una ragazza nata a Roma di origini Somale, che ripercorre la
“mappa della sua anima” selezionando 6 posti di Roma per lei
importanti e significativi, e che
meglio rappresentano
l’appartenenza di una parte della sua anima a Roma e un'altra a
Mogadiscio.
È l'analisi diretta della sua esistenza, dei suoi rapporti familiari, dei
suoi legami con la patria dei genitori e sua, dei rapporti con la storia
e la cronaca dell'Italia in cui è nata e vive.
Una nazione, la Somalia, schiacciata dalla colonizzazione, dalla
dittatura e da una guerra che non ha fine. Una nazione, l'Italia,
amata come propria ed a cui quindi si muovono rimproveri con la
dedizione appassionata del cittadino. Il testo esordisce con una
immagine di grande spessore: il disegno della mappa di una
Mogadiscio che non esiste più, una città del passato, distrutta dalla
guerra, come la ricordano le persone che ormai vivono lontano,
disperse nel mondo. Una Mogadiscio perduta che è, invincibilmente,
città dell'autrice, anche se non vi è nata, anche se non vi è cresciuta.
Una sua Mogadiscio attorno a cui cresce la sua Roma che viene
raccontata in un percorso che è anche un viaggio nella storia della
famiglia. Il teatro Sistina e il concerto di Nat King Cole che onora i
giovani somali, tra cui suo padre, che seguono la scuola di politica
dell'Italia del protettorato. L'elefantino di piazza S. Maria sopra
Minerva e la nostalgia degli esuli nella storia della vita della madre. Il
vuoto lasciato in piazza Capena dalla stele di Axum, un vuoto di
memoria nella storia degli italiani. Stazione Termini che accoglie le
chiacchiere di tutte le diaspore, luogo di ritrovo per eccellenza.
Trastevere e gli anni difficili in cui bisogna chiedere aiuto, talvolta
concesso sotto ricatto. Lo Stadio Olimpico e la passione per la Roma
calcio che la tiene legata, ragazzina confusa, alla città in cui vive. Ma
non la tiene al riparo da una guerra lontana che travolge la Somalia e
inghiotte per due lunghi anni anche sua madre.
Commento
Grazie a questo libro e all’incontro con l’autrice, il 13 maggio 2014,
abbiamo compreso che per scoprire chi siamo e cosa vogliamo
essere, non dobbiamo guardare il colore della pelle o la religione che
professiamo, ma solamente cosa c’è scritto nelle “pieghe celesti”
della nostra anima.
I ragazzi della III B