Il volo della libertà

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Il volo della libertà
Ad Alex,per sempre..
“Come un gabbiano all’orizzonte..come un’aquila tra le guglie rocciose..anche le ali
dell’uomo un giorno raggiungeranno la libertà..”
Il volo della libertà
La casa del sole nascente(“The house of the rising
sun”)
Cuba,1 luglio 1930
Sarah era al settimo cielo quando nacque sua figlia. La teneva tra le sue esili braccia,con
le lacrime che le scendevano dal viso,e nel frattempo osservava Juan,mentre prendeva
dalla tasca del suo giubbotto un fazzoletto azzurro.”Tieni amore” disse Juan”Asciugati le
gote .Hai dato alla luce una creatura bellissima” Juan si avvicinò a Sarah,e la baciò sulla
guancia sinistra. La sua fronte era molto sudata, i suoi occhi luccicavano di gioia .
Dalla finestra entrò un raggio luminoso, che illuminò il volto della donna; il sole stava per
sorgere,e,nonostante fosse ancora mattina, un piacevole tepore si diffondeva nella stanza.
Il mare infatti, mitigava le temperature dell’isola, rendendo la notte alquanto piacevole.
Sarah fissava con i suoi occhi marroni la piccola creatura,mentre piangeva e si dimenava
nei brandelli di stoffa che la avvolgevano. ”Come la chiamiamo Juan,la nostra
piccola?””Come desideravi te amore..”Sarah sollevò la piccola creatura verso l’alto,
innalzandola con tutte le forze che le rimanevano: ”Tu ti chiamerai Bessy,e sarai il cuore
delle nostre vite.” La strinse verso il seno, e le tastò dolcemente i capelli che stranamente
erano già comparsi. La bambina si era improvvisamente calmata, interrompendo i suoi
vagiti e chiudendo i suoi piccoli occhi blu.
Juan si adagiò sul lato sinistro del letto, e prese le mani di Sarah.Erano calde, e i suoi
polsi battevano forte:”Complimenti amore..chissà cosa direbbe Bassey ,se ora fosse
qui..”Sarah sorrise,e dopo un profondo respiro,aggiunse: ”Mio padre ne andrebbe
sicuramente fiero..e..”Un alone di tristezza trasparì dal suo sguardo, come se dei ricordi
lontani affiorassero nella sua mente; poi, scuotendo la testa, aggiunse:”Non voglio
pensare a certe cose,Juan,in una giornata meravigliosa come questa..un tempo era tutto
diverso..da quando siamo qui,la nostra vita è cambiata..” ”Sì, però ora è arrivata un po’ di
felicità” Juan prese la piccola tra le sue braccia,e la coccolò, mostrando tutta la sua
dolcezza.”Vedrai, le cose cambieranno..” ” Lo spero.. La vita qui è veramente impossibile!”
La donna tentò di alzarsi dal letto. Sarah era priva di energie,così Juan la aiutò. Si avvicinò
alla finestra della camera e, attraverso il vetro opaco, osservò le baracche cadenti che si
distendevano al di là della strada, illuminata da una debole luce solare. Nonostante ciò
tutto era ben visibile e l’alba rendeva quelle costruzioni fatiscenti un po’ meno deplorevoli.
La povera Sarah era intenerita da un panorama così bizzarro, che suscitava in lei
reminescenze di tempi passati”Sarà da cinque anni che non vedo più il sorgere di un
nuovo giorno. L’ultima volta ero sulle rive del Mississippi, a New Orleans..che momenti
indimenticabili,tutto era così diverso..la città del Jazz mi manca da morire..e con lei,tutta la
mia famiglia.” La malinconia dominò il pensiero della giovane donna, che continuava
imperterrita ad osservare quell’insolito paesaggio. La sua vita in America era stata
meravigliosa. Il suo passato era stato incredibile…e quello della sua famiglia ancora di
più…
2.
Louisiana , Stati Uniti, 30 anni prima
“Dai, brutto cane di un negro!! Muoviti, che io ho fretta!! Stasera scendo in città…”Sir Carl
Freeman esprimeva tutta la sua volgarità quando richiamava i propri servi. E il più puntato
era sempre l’umile Bassey.Stava pulendo la fattoria,il pover’uomo,quando arrivò il signor
Freeman a richiamarlo.”Dai questo mangime a quelle galline,e poi vieni con me..””Certo
signore,subito signore”Come al solito Bassey rispondeva con ossequio agli ordini di Sir
Freeman.In realtà da un po’ di tempo era nato un istinto di ribellione nel suo essere;non
riusciva più a seguire la solita routine giornaliera alle dipendenze del suo padrone,voleva
un futuro più roseo,per sé e anche per la sua famiglia:la moglie Esinam, il vecchio zio
Joe,sua madre Emily,e naturalmente i due figli,Daniel e Sarah. Così,per la prima volta
nella sua vita,gli propose un accordo:”Signore volevo domandarle..””Cosa?domandare
che cosa?” ”Volevo farle una proposta. Si ricorda di quella barca che avevo vinto insieme
a mio padre anni fa?” ”Si negro, mi ricordo..” ”Pensavamo di usarla come peschereccio.
Ora la barca si trova al porto di New Orleans..””E quindi?’””Vorrei dire ..siamo stufi della
solita vita alle sue dipendenze .Insomma vogliamo diventare autonomi..e credo che con
quella barca andremo a pescare nel Mississippi..noi da soli..vogliamo essere liberi”Sir Carl
Freeman,udito il discorso di Bassey,appoggiò il rastrello che teneva tra le mani, sul muro
sgretolato della fattoria;poi,senza riguardo,scoppiò in una risata insolente:”Ma fammi un
piacere, negro!!E dove andrete a vivere??Tutto il tempo su una barca?ah ah ah ..prendi
quel rastrello e raccogli le erbacce..”Bassey,ignorando gli ordini del suo padrone, continuò
ad insistere ”Signore,pagheremo la cauzione necessaria per l’emancipazione. In più al
porto ho un amico,al quale ho affidato la barca ..si chiama Asad..lui ci aiuterà” ”Ho capito
bene??” ” Sì, signor Freeman..e mi domandavo se poteva portarmi con lei a New Orleans.
Così cercherò il mio amico e se lo trovo ..”Il viso di Sir Freeman divenne improvvisamente
serio. Ma poi ,qualche strano pensiero balenò nella sua mente ,e con un sorriso sarcastico
disse: “ Ok negro,ok ..è proprio ora che qualcuno di voi metta il culo fuori da questa sporca
fattoria...” Anche se in maniera sgarbata,Sir Freeman accettò la sua proposta. La sua
natura triviale, lo rendeva maleducato e dolcemente autoritario. Comunque si limitava alle
parole ,mai aveva osato aggredire uno dei suoi servi. Anche perché la schiavitù in America
era illegale già dal 1865,e,nonostante la sua fabbrica fosse monitorata dalle forze
dell’ordine, non era ancora stato incriminato. Alla fine, a nessuno importava di una povera
famiglia di schiavi, la unica rimasta in quella grande nazione..
Il crepuscolo stava ormai arrivando,rendendo il tramonto molto suggestivo e colorando
l’azzurro cielo di un rosso sfuocato che riempiva le poche nuvole. L’ora era ormai tarda,
ma Sir Freeman amava dirigersi in città proprio quando il buio avanzava…
“Muoviti con quella cassa, vecchio ubriacone... già siamo in ritardo, e poi ti ci metti
anche te. Ogni tanto mi domando perché non te ne sei restato in West Virginia, sporco
asino da soma!!” Come sempre Sir Freeman usava termini molto “delicati” per sollecitare i
suoi schiavi. Il malcapitato questa volta era il povero zio Joe, mentre stava caricando il
carro che avrebbe portato Sir Freeman e Bassey in città. La trasferta a New Orleans
avveniva settimanalmente per Sir Freeman, ma quella era la prima volta che ci andava
con un nero. Partirono più tardi del previsto,e Sir Freeman,stizzito da ciò,brontolò per
parecchi minuti. Era seduto alla destra di Bassey,che al contrario se ne stava muto,a
percepire i soliloqui incomprensibili del suo padrone. Udiva, oltre alle sue lamentele, il
ripetitivo batter degli zoccoli equini e lo scorrere delle ruote, che accompagnavano la
tranquillità dell’ immensa pianura .Bassey era a suo agio in quella calma,ma ,nonostante
ciò,percepiva di essere una presenza scomoda per il suo padrone. Si sentiva inferiore,e
questo lo avviliva .Così per farsi un po’ di coraggio,decise di parlare.”Sa
signore,quell’amico di cui le parlavo. Asad è molto in gamba, in più..”Bassey si girò verso il
suo padrone; Sir Carl Freeman continuava a bofonchiare tra sé e sé, ignorando i discorsi
del suo servo. Però Bassey, timidamente, cercò di proseguire: ”Come le dicevo,
signore..quel mio amico, Asad..dovrebbe essere al porto..mi potrebbe accompagnare fino
lì? ” Sir Freeman girò bruscamente lo sguardo verso Bassey,e seccato, disse: ” Cosa?Fino
al porto??? Te la fai a piedi..in cinque minuti arrivi...”Quindi mi lascia solo? Non viene con
me?” ”No, brutto negro.” Bassey si sentì ancora una volta a disagio. Le maniere di Sir
Freeman erano molto rudi, e ferivano la sua sensibilità. Nel frattempo il carro aveva da
poco svoltato a sinistra,imboccando una strada ricoperta da molte pozzanghere”Odio
questa zona paludosa”disse Sir Freeman”Nonostante la stagione,ha piovuto molto in
questo periodo..””Lo penso anch’io signore”interloquì Bassey”Smettila di chiamarmi
signore,giovane negro..siamo ormai in confidenza io te,chiamami Billy. I miei amici mi
chiamavano Billy.,lo sai perché?” ”No Billy” “Semplicemente perché assomiglio al
famigerato Billy the Kid,lo sai chi è?” ” Non lo so..” ”Era un bandito, un fuorilegge. E’
scappato per anni agli sceriffi e agli sbirri: era proprio un gran bastardo”Scusa Billy ,ma
cos’è uno sbirro?””Ma chiamalo come vuoi..sbirro,poliziotto, sceriffo. Dovrebbero
salvaguardare la sicurezza di questo maledetto paese .Invece sono i primi criminali,e
poi..”Sir Freeman si fermò improvvisamente;gli ultimi raggi di sole,che illuminavano il suo
volto rugoso, lo stavano lentamente accecando;così,dopo aver borbottato qualcosa,
abbassò il suo cappello,e continuò :”Un tempo,quando vivevo nel Tennessee, avevo un
amico,Jordan.Era anche lui figlio di due poveri contadini,come lo ero anch’io. Un giorno si
mise in testa di diventare sbirro. Andò a lavorare in Georgia,ad Atlanta.Ma sai cos’è il
bello? Lì ha formato un clan contro i neri..e..” A quel punto Sir Freeman si fermò; realizzò
che l’argomento che stava per trattare riguardava il suo servo da vicino. Ma Bassey, per
niente stupìto,disse” Sì, signore, ho letto sul giornale cose riguardo a un clan contro...” Sir
Freeman guardò Bassey fisso negli occhi,aggrottando le sopracciglia ”Lo hai letto
sul..cosa? Chi ti ha dato il permesso di leggere sul giornale? Ma..” Sir Freeman fissò un
attimo Bassey negli occhi,e poi,con una strana smorfia in volto,disse: “Alla fine fate quello
che volete,negri..bruciateli quei maledetti giornali di questo fottuto paese””Sarà fatto
signore!” ”Non chiamarmi signore!!chiamami Billy..o anche Sir Billy..””Ok Sir Billy.Ma
riguardo a questo clan..che cos’è precisamente?”Sir Freeman sospirò
profondamente,e,quasi per evitare la risposta,con viso cupo disse: “I negri servono più da
vivi che da morti,questo è sicuro..Poi devo dirti che ultimamente mi piacete di più.. mi
confido di più con voi che con mia moglie.”Forse Carl non aveva ancora capito che in
realtà i suoi negri li amava veramente..era arrivato ormai al punto di aiutarli..
“Ecco alla tua destra il French Quarter..il cuore di New Orleans: è il mio quartiere
preferito .Qui trovi gente di tutti i tipi, caro negro. Dalle prostitute,ai suonatori .E se non
basta,pure le abitazioni si distinguono;ci sono pure edifici in stile spagnolo..non so bene
cosa voglia dire “stile spagnolo”. Sir Freeman mise subito in risalto la sua ignoranza e la
sua debolezza culturale. Del resto a lui non interessava per niente lo stile degli edifici del
French Quarter, visto che era perennemente al bar. Erano appena arrivati nel centro della
città;avevano lasciato la carrozza sulla Canal Street, e si erano diretti all’interno del
quartiere francese, la parte più bella di New Orleans. Sir Freeman andava a passo rapido,
muovendo velocemente le sue piccole gambe; Bassey lo seguiva,con un passo
flemmatico ma allo stesso tempo agile, tanto che sorprese il minuto padrone: ”Ma guarda
un po’ sto negro..io faccio quattro passi, e lui nel frattempo ne fa uno e mezzo..questo è il
vantaggio di essere negri..lunghi..siete lunghi come nessun altro al mondo” Sir Freeman
sorrise al suo servo, che contraccambiò. Bassey realizzò che era la prima volta che
comunicava in maniera disinvolta con Sir Freeman. Mai nel passato gli era capitato di
ridere ad una sua battuta:finalmente, qualcosa stava per cambiare..
“Bene caro negro…io adesso vado qui al bar..devo vedere Paul e Clare .Te vai dove ti
pare, basta che alle 10 di sera ti faccia trovare davanti alla carrozza.” Sir Freeman diede
gli ultimi ordini a Bassey,che si sentiva decisamente spaesato. Il suo padrone lo aveva
lasciato solo, in balìa del suo ignoto orientamento .Sir Freeman infatti aveva appena
varcato le porte oscillanti di un bar francese,il “Le jour”, che nonostante fosse di chiare
origini europee, ricordava un po’ i locali del lontano West . Nel frattempo Bassey ripartì ma
fu subito ostacolato da una piccola e leggera palla di fieno che spinta dal vento,lo colpì
sulle ginocchia. La strada era deserta e silenziosa,forse unica eccezione di un quartiere
solitamente assai affollato .
Bassey si orientava discretamente,seguendo rumori e suoni che provenivano dalle vie
limitrofe. Solitario, passeggiava per le vie della città,senza rendersi conto di dove fosse.
L’unica volta che era andato a New Orleans prima di allora,si era diretto in carrozza
insieme a Madame Freeman e a suo padre verso il porto. Aveva sentito che lì,una volta al
mese,venivano messe all’asta delle barche . Erano aste riservate solo alla gente di colore,
non ai bianchi. A Bassey sembrava una cosa normale. Lui, come tutti i braccianti di Sir
Billy, non sapeva che la schiavitù era stata abolita da quasi quarant’anni. Infatti ,Sir
Freeman,era riuscito a nascondere tutto ai suoi schiavi;grazie anche alla sua eloquenza,
non si era mai fatto prendere dal timore,neppure di fronte alla polizia. La sua fattoria,in
più,era molto isolata,lontana da villaggi e città. Anche quando le pianure erano state
invase dai soldati dell’Unione, la sua tenuta era rimasta intatta. Nessuno, come lui, era
riuscito in un’impresa di questo tipo..che toglieva la libertà a degli innocenti..
ll 1 gennaio del 1900: per molti americani forse soltanto un anno nuovo, nulla di che. Per
altri un giorno di festa da passare con amici e parenti. Per altri ancora l’inizio di una nuova
vita .Fatto sta che Bassey non apparteneva a nessuna di queste tre categorie, visto che
non sapeva neppure che correva il primo dell’anno.
Si trovava in mezzo ad una strada gremita di gente, la Royal Street;uomini vestiti con
cilindro e papillon, donne truccate, suoni inauditi. Tutto questo creava confusione al povero
Bassey, e rimase allibito quando osservò un nero baciare una giovane bianca. Si
domandava se forse era la figlia del suo padrone che di nascosto amoreggiava con il suo
servo,però non gli quadrava;e restò ancora più stupefatto quando osservò passare sulla
strada una carrozza decorata in oro,che portava solo gente di colore. Finché, quasi
preoccupato, decise di fermare un nero vestito elegantemente;con la scusa di chiedere
informazioni,domandò: ” Amico, potresti dirmi dove si trova il porto?” ”Non è molto
lontano”rispose cortesemente l’uomo”.Prendi la Canal Street,e poi giri a sinistra.” ”Mille
grazie. Scusa fratello, posso farti una domanda?” ”Prego..” ” Ma come mai giri vestito così
elegante? Devi avere un padrone assai ricco e permissivo! Beato te.!.” L’uomo rimase
esterrefatto. Strabuzzò gli occhi,e quasi stizzito rispose”Cosa?Padrone? Io non ho mai
avuto padrone, caro fratello. Ho solo trent’ anni..i tempi prima di Lincoln non li ho mai
vissuti..” Bassey rimase ancora più perplesso da questa conversazione, e cominciò a
pensare che in realtà lui non aveva mai girato per una città, e si chiedeva se fosse
esattamente così in città, che tutti i neri come lui andavano in giro vestiti così
elegantemente,e senza padrone.
E in più,tutti quegli aggeggi a corda o a tasti che venivano suonati dai neri,lo rendevano
ancora più confuso; suoni delicati e piacevoli , invisibili e ricchi di melodie,che
intenerivano molti passanti. Altri invece ballavano,altri ancora cantavano a squarciagola.
Bassey si sentiva a disagio in un clima così festoso .Allora,per capire meglio quello che
stava succedendo, domandò ad un menestrello cosa fossero quei suoni:”E’ musica caro
mio!!la più bella cosa del mondo!libera e vitale come tutti noi!!”La musica..questo era un
termine nuovo per Bassey, che pur avendo imparato a leggere, non aveva mai visto o
sentito quella parola”E quegli aggeggi lì,come si chiamano?”Sono gli strumenti amico.
Sax,violino, chitarra.. ma come fai a non sapere queste cose?Da dove vieni amico?””Vivo
in campagna,il mio padrone possiede una fattoria fuori New Orleans””Padrone?”rispose
incredulo il giovane nero “Oddio certo che voi negri della campagna non capite proprio
niente..””Come, te non hai un padrone?”replicò Bassey, stupito”Ma amico! Sarà da
quarant’anni ormai che noi neri siamo liberi,sei rimasto indietro. Correva il 1865 quando
noi abbiamo raggiunto l’emancipazione..”..Bassey era costernato..” Ehi ,ragazzi, cosa da
non credere: sto parlando con un nero convinto che in America ci sia ancora la schiavitù!
Vieni qui a ballare con noi amico, e tutto passerà. Libertà e musica!! Questi sono gli
ingredienti della vita..” Bassey iniziò a ballare insieme agli altri neri..sentì
improvvisamente un brivido lungo la schiena. Non poteva credere a quello che aveva
sentito.. aveva perso quasi quarant’ anni della sua vita, a causa di Sir Freeman e della sua
ipocrisia..gli anni della sua gioventù, schiavi dell’avidità di un criminale senza scrupoli..
La libertà? Bassey non sapeva minimamente cosa fosse. Aveva però scoperto il significato
di un’altra parola : costernazione . Costernazione perché era rimasto allibito.
Costernazione perché non sapeva cos’era la musica. Costernazione perché pensava di
aver vissuto una vita . Costernazione perché in realtà lui quella vita non l’aveva ancora
vissuta. Costretto quasi quarant’anni a piegar la schiena sui campi di cotone,non aveva
mai conosciuto qualcosa di diverso dal lavoro giornaliero. Praticamente nulla aveva
sconvolto la sua vita,a parte la morte del padre, quella sì .Del resto una vita piatta,priva di
colpi di scena,che in realtà si erano susseguiti intorno alla fattoria di sir Freeman come
gocce d’acqua in un’ impetuosa cascata .Quella fattoria però rappresentava un masso
rigido che non era stato travolto dagli innumerevoli fatti che avevano cambiato la storia
dell’America negli anni passati. Ora Bassey si trovava di fronte a un bivio .Chiaramente
,tenendo conto che non poteva insabbiare tutto quello che aveva sentito sulla storia
dell’emancipazione e del 1865 ,aveva due possibilità:chiedere aiuto agli amici menestrelli
della Royal Street, che sicuramente vista la cordialità lo avrebbero aiutato ,oppure andare
verso il porto a consultarsi con Asad. Comparì un’unica immagine fissa nel suo
pensiero:un’immagine di libertà. Ascoltò ancora la musica,ballò,osservò i neri intorno a
lui..rabbrividì..rabbrividì ancora..guardò uno di loro in volto e disse:”Ehi amico..tu sai sul
serio cos’è la libertà? A me non me l’ha mai spiegato nessuno..forse è ora..”..occhiolino,
acuto di sax..la risposta da parte dell’ignoto nero fu chiara..aveva scelto la strada giusta..
“ Te non ti rendi proprio conto di quello che stai facendo,Billy…sei un pazzo”..Clare non
aveva neppure finito il suo terzo bicchiere di Rum,quando cominciò a mostrare il lato
onesto di sé stessa:”.La schiavitù è finita da ormai quarant’anni. Ti ostini con questi
negri..lo vuoi capire che con l’avvento delle grandi aziende le fattorie “famigliari” come le
tue sono destinate a fallire? Sei un testone, Billy, lo sei sempre stato..” Sir Freeman,come
al solito, rispose con prontezza: ”Senti, brutta cittadina repubblicana!! Te non sai come sta
marciando la mia impresa. Quei neri sono come delle macchine, e i profitti stanno
andando a gonfie vele..tra poco li lascerò andare,quando avrò abbastanza soldi per
trasferirmi a New Orleans..”Dopo aver sorseggiato un buon whisky, Billy proseguì: ”In più,
ho un buon rapporto con loro. Uno l’ho portato con me qui, in città. Doveva parlare con un
altro negro, per via di una barca. Chissà dove sarà a quest’ora..” ”Cosa??” disse Paul
strabuzzando gli occhi, e toccandosi nervosamente i baffi: ”Ma sai che quello capisce tutto
adesso che lo lasci in giro solo per la città?Ti è dato di volta il cervello,Billy..”Sir Freeman
guardò Paul con la bocca aperta;il suo viso, da rosso a causa del rhum, divenne pallido:
”No, non è possibile..” disse Sir Freeman, preoccupato: ”Non me lo aspettavo da te
Billy..eri il più sveglio di tutti un tempo” intervenne Clare, scuotendo la testa: ”Stattene
zitta, brutta vecchia !!” rispose seccamente Sir Freeman,riprendendo vigore ”Ringrazia che
tuo marito lavora in New England,e che non ti vede a rhum tutte le sere..” Billy si asciugò
le labbra bagnate di whisky con le mani; dopo, con aria prepotente, aggiunse: ”Non
preoccupatevi, amici! Quel negro non farà assolutamente nulla..non ha mai conosciuto
nessuno fuori dalle mie mura. E’ già tanto se riuscirà ad arrivare al porto.,” Sir Freeman
alzò il gomito e terminò un altro bicchiere. Ordinò un altro giro, e senza alcuno scrupolo,
continuò a festeggiare..
La musica viziava l’udito del povero Bassey, che era ancora allibito dalla notizia ricevuta.
Era decisamente scosso,ma ,nonostante lo shock,riuscì a spiegare ai menestrelli la sua
incredibile situazione: ”Siamo in 6 neri dentro la fattoria di Sr Freeman. Le nostre
condizioni di vita sono accettabili,alla fine lui ci tratta come dei figli .Certo,ogni tanto
esagera con gli ordini, però non è in sé cattivo..si limita a chiamarci “cagnetti”. Quando i
suonatori udirono questa parola si fermarono all’improvviso. Si guardarono stupiti,e ,dopo
qualche secondo, uno di loro iniziò a parlare: ”Cagnetti? Tu non lo saprai , ma con un
offesa del genere il tuo padrone può essere perseguito per legge. Te lo dice uno che ha
vissuto in Georgia negli anni ’80…lì sì che era ancora legale chiamarci “cagnetti”,caro
fratello..ma ora,da vent’anni a questa parte la cosa è notevolmente cambiata..e poi qui
siamo in Louisiana,sulle rive del Mississippi” ”E questo cosa vuol dire,signore?” rispose
Bassey, timidamente ”Caro fratello,non sai proprio nulla della storia dell’America. Devi
sapere che dopo la guerra civile,certi bianchi non volevano l’indipendenza dei neri. Si sono
formate come dire delle associazioni di bianchi contro i neri d’America. Erano associazioni
illegali. Entravano nelle case, usurpavano, stupravano, sfrattavano..trucidavano ..Ma per
fortuna ora la situazione è un po’ cambiata..in realtà voci provenienti dall’Est fanno
pensare il contrario..” Tutti ascoltavano Jim con devozione. Lui era un po’ il capo della
band “Fraternity”, da come aveva capito Bassey .Erano in 4, tutti chiaramente neri e
naturalmente liberi. Nessuno di loro avrebbe pensato che ci fossero ancora situazioni di
quel tipo intorno a New Orleans: ”Dicevano che tutto era finito” proseguì Jim: ” Parità di
qua, parità di là..del resto me lo immaginavo..io sono venuto qui, proprio per scappare
dalla discriminazione dell’Est ..mio padre ha lavorato trent’anni in Virginia,poi intorno al
1850,quando ero appena nato,siamo stati venduti a Sir Wilson:non fosse mai capitato.”
”Quindi hai vissuto anche te la schiavitù?” domandò Bassey, incuriosito :” Da quello che mi
hai raccontato te, amico, credo che il tuo padrone possa essere considerato un dio rispetto
a Sir Wilson.Venivamo trattati come delle bestie. Lavoravamo sempre, anche la domenica.
Venivamo persino frustati..finché nel 1862 mio padre morì, proprio in piena guerra
civile..Fu allora che io e mio fratello decidemmo di scappare. Riuscimmo ad aggregarci ad
un gruppo di fuggitivi,e arrivammo fino nel New England. Lì ci arruolammo a servizio del
generale Grant. Le cose andavano per il verso giusto, e con l’esercito siamo arrivati in
Louisiana, dove noi volevamo..e infine eccomi qua. Posso dire di essere stato uno dei tanti
soldati neri che hanno combattuto per la propria causa..e uno dei pochi ad essere ancora
qui”..gli occhi di Jim brillavano. Aveva ancora nella mente delle immagini che lo
intenerivano, e lo turbavano allo stesso tempo..il suo sguardo era fisso nel vuoto: ”Poi nel
maggio del ’90, mio fratello venne ucciso da una banda di sudisti fanatici. Non si è mai
capito bene il perché, ma gli assassini non furono mai più ritrovati .O meglio..le forze
dell’ordine mai avevano tentato di scovare quei quattro malati. Sì, erano in 4..è stato
pestato a sangue, trucidato..io cercavo di difenderlo, ma nulla da fare. Finché non sono
arrivati gli sbirri,e questi bastardi sono fuggiti..e..”..Jim non riuscì più a proseguire..le
lacrime gli scendevano dal viso . Per un momento, ci fu un gran silenzio,ancora una
volta..poi un colpo..Bassey si girò, e vide nel cielo mille stelle cadenti..il suo cuore si era
quasi fermato..
“Non ti preoccupare fratello,quelli sono fuochi d’artificio..il primo dell’anno è celebrato così
un po’ da tutte le parti. In realtà son soldi buttati..siamo in America” ”Non dire così, giovane
John!! Sono toccanti e commoventi..” intervenne Jim, all’udire l’uscita del suo
musicista :”Devi sempre essere precipitoso, John..in realtà, è ben diverso. L’America
spende soldi inutilmente in altre cose, tipo la guerra. Da quando h a messo le mani su
Cuba, McKinley e compagnia pensano solo ad espandere l’impero..perché alla fine, di
impero si tratta.” ”Cuba” interloquì John, ignorando il discorso di Jim: ” Quando saremo
famosi e ricchi,io me ne andrò proprio a L’Havana. E ci resterò tutta la vita..dicono che i
sigari siano i migliori al mondo..per non parlare delle donne..ah,non vedo l’ora “John era
un giovane sulla ventina. Il tipico sognatore che stravede per la Band, e che crede nel
successo :” Chissà tra dieci anni. A L’Havana,circondato da decine di ragazze dal fisico
sinuoso e allettante che danzano al suono del mio violino. Ah,che bello!”Jim scosse la
testa,all’udire i discorsi fantasiosi di John,e lo redarguì un'altra volta : ”La realtà è che te
ogni, giovincello! Se solo avessi vissuto quello che abbiamo visto io e questo pover’
uomo, forse capiresti che essere liberi, basta e avanza. Altro che belle donne e
sigari..”..Questa volta John abbassò la testa ,in segno di rispetto. Suonava il violino, ma
non poi così bene al dire di Abraham, il saxista del gruppo, che interloquì: ” John,certo che
te pensi solo alle donne e a fumare.. alla fine, goditi la vita..io dieci anni fa, quando avevo
vent’anni, non ero mai a casa. Certo, davo una mano in falegnameria a mio padre..ma
avevo tante di quelle ragazze..poi ho trovato Annie, e mi son calmato..ah Annie..dovresti
vederla..poi quei due marmocchi,mi fan impazzire..” ”Il sesso?” domandò John ” Mi
domandi del sesso,John??Io ti rispondi sì..e a vagoni.. ” Abraham era un po’ il simpaticone
del gruppo. Le sue battute, pur rasentando il volgare, provocavano l’ilarità della
compagnia: ”E poi se vedessi John..ha un paio di..” ”Adesso basta Abraham,stai
esagerando”intervenne Jim,severamente ”…non vedi che stai turbando il nostro amico”
”Bassey, fratello ,quello è il mio nome...” Uno di loro si alzò. Stupefatto,guardò bene negli
occhi Bassey e disse.”Freeman? Bassey Freeman??” ”Proprio così!! .Ma..”.. l’uomo che
aveva appena parlato si alzò, si avvicinò a Bassey, che, stupefatto , lo guardò bene negli
occhi e quasi incredulo esclamò:”Asad!!!”.
“Ah figlio mio!! Allora non mi sbagliavo!! Mi sembrava di conoscerti..infatti non mi era
nuovo il tuo viso. Ti ho visto solo una volta e ancora mi ricordo di te..guarda me..quasi
settant’anni, ma sveglio come un cobra..” In effetti Asad non era molto
cambiato..Energico e carismatico come un tempo; soltanto i capelli ingannavano un
po’,con quelle treccine lunghe e nere: ”Hai visto che cambiamento? Tre anni fa ho
conosciuto Jim e così ho scoperto la mia attitudine a suonare il clavicembalo. Ho lasciato
quello sporco lavoro al porto per la vita da musicista..e fidati che sto passando gli anni più
belli,fossero anche gli ultimi” ”Immagino..” disse Bassey, ancora disorientato ”Eh figlio
mio!! Se avessi saputo in che condizioni vi trovavate,a quest’ora vi avrei già aiutati..in
effetti quella Madame non mi piaceva per niente..ma dimmi.. tuo padre,come sta?” ”Lui se
n’è andato proprio nel ’90, quando avevamo preso la barca..il suo sogno era scappare e
andare lontano” Il viso di Bassey si rattristì …“Sono desolato figliolo..”disse Asad ”Voleva
arrivare nei Caraibi ” rispose Bassey ”Io non volevo dirglielo,ma l’impresa era quasi
impossibile con quella barca..“ Dopo una piccola pausa ed un sospiro profondo, Bassey
tornò a parlare: ”Riguardo a quella barca,Asad, dove si trova adesso? Pensavamo di
utilizzarla come peschereccio per..” ”Mi dispiace deluderti figliolo, ma quella barca non so
che fine abbia fatto..poi, detto sinceramente, era molto malconcia..sono veramente
desolato. ” Bassey rimase un po’ deluso, ma allo stesso tempo sapeva che loro potevano
aiutarlo ”Non devi preoccuparti figlio mio” disse Asad rassicurandolo ”..non sei solo,ora.
Ti daremo una mano,fidati..e la tua vita cambierà..”
Il buio invernale si espandeva sopra i cieli di New Orleans, accompagnato da melodie
musicali che riscaldavano il cuore della gente che passava sulla Royal Street. I fuochi
d’artificio erano appena finiti, e avevano lasciato una moltitudine di nubi grigie sopra le
case della città che rendevano alquanto perplesso il povero Bassey: ”Scusate, ma come
mai son scomparse le stelle? Prima risplendevano in cielo..” ”Devi sapere,caro Bassey,”
disse John ”..che i fuochi d’artificio lasciano sempre le loro tracce,dopo lo scoppio. Sono
stati i giapponesi a inventarli..guardavano i fuochi,e intanto mangiavano il riso..questo
tremila anni fa, e tuttora la situazione non è tanto cambiata” John come al solito era uscito
con una battuta alquanto fuori luogo e Jim,come sempre accadeva, lo rimproverò: ”John, i
fuochi furono inventati dai cinesi, e non tre mila anni fa, forse a malapena mille. Oltretutto
i giapponesi sono un popolo molto avanzato, quindi cerca di inquadrarti un attimo..” ” Jim,
non essere così fiscale!” Intervenne Abrahm : ”E’ normale che si comporti così, ha
vent’anni..”
Lui capiva il giovane John, a differenza di Jim. Del resto era l’unico, che insieme a lui,
aveva vissuto un’infanzia felice. Suo padre aveva una falegnameria, in centro, e lo aiutava
ancora, visto che non poteva mantenere la sua famiglia con i soli ricavi della band.
Abraham abitava nelle periferie di New Orleans , anche se restava spesso con Asad e
Jim,che avevano affittato un appartamento vicino Bourbon Street, molto modesto ,ma alla
fine comodo in quanto vicino ai locali dove loro andavano a suonare.
”Lo sai amico,” disse Jim ” Non ci capita tutti i giorni di restare qui in strada a festeggiare.
Sembra così bella la vita qui in città, ma non è poi così facile vivere. Poi con i soldi della
band , non sempre si campa facilmente. Bisogna battere la concorrenza e poi conoscere
le persone giuste. Alla fine, per le melodie che inventiamo e lo sforzo che facciamo per
realizzare continuamente musica,siamo pagati veramente poco. Ogni tanto mi domando
perché non sono rimasto a lavorare in falegnameria .Lì si lavorava in amicizia, si prendeva
abbastanza,e ci si divertiva pure..” Jim amava raccontare di sé. La band senza di lui non
avrebbe avuto seguito, in quanto era lui quello che conosceva la gente che poteva aiutarli.
Aveva conosciuto Abrahm quando lavorava in falegnameria da suo padre, James, ed era
diventato un po’ il suo istruttore. Da sempre Jim amava il dolce scorrere delle melodie
musicali,e già fin dai tempi in cui era schiavo in Virginia si divertiva nel poco tempo libero
ad inventare motivi melodici. ”Sai, Bassey,quando ero un giovane schiavo l’unica cosa che
amavo era la chitarra..me l’aveva costruita mio padre, e mi aveva detto che con quella un
giorno sarei uscito dalla schiavitù..beh devo dire che c’è andato molto vicino .”Jim era
molto legato alla sua chitarra Jeremy, come la chiamava lui. Aveva quarantasei anni,
nove in meno del suo proprietario, ma era tenuta in un ottimo stato. Di fatto era riuscito a
tenerla intatta anche durante la guerra civile, proteggendola un po’ come fosse una donna.
O meglio ancora, era di fatto la sua donna, visto che Jim mai ne aveva avuta una: era
innamorato della musica, e nessuno al mondo poteva togliere la sua grande passione.
“Ma veniamo al tuo problema caro Bassey.” disse Jim, dopo aver appoggiato la sua
modesta chitarra “Da come ho capito, tu sei in uno stato di semi-schiavitù in una fattoria in
campagna,insieme alla tua famiglia. Io conosco varie persone che ti possono aiutare. Ma
vorrei in particolare segnalartene una. Si chiama Forrest, è un nostro vicino di casa. E’
molto sensibile alle situazioni come le tue, Bassey, e credo che ti possa veramente
aiutare. .E’molto perspicace, e appena avremo finito qui, ti porteremo da lui.”
Mentre Jim faceva il punto della situazione, John azzardò un acuto di violino,che risuonò
nell’aria di New Orleans. Intanto Bassey girò lo sguardo, come se qualcosa avesse attirato
la sua attenzione e venne accecato dal bagliore di una lanterna accesa lì vicino..era forse
il segnale che il periodo di oscurità era finito, e si affacciavano verso di lui gli anni migliori
della sua vita..
La notte stava ormai inoltrandosi e la gente cominciava a prendere la via di casa,spinta da
un fresco vento invernale,che raffreddava l’umido clima della città. Bassey si era fermato
a parlare con Jim per tutto il tempo,quella sera. Era stata senza dubbio la chiacchierata
più lunga della sua vita, e forse anche la più bella,perché si rendeva conto che tutto stava
finalmente cambiando. Ma un pensiero, veloce come un lampo, balenò nella sua mente.
Da lì a poco avrebbe dovuto incontrarsi con Sir Freeman, il suo padrone. Tuttavia non
ebbe timore a domandare un sano consiglio agli amici menestrelli che senza dubbio non
lo avrebbero abbandonato ”Sentite ragazzi, io devo trovarmi con Sr Freeman alle 10
davanti al “Le jour”. e se non sono puntuale non mi aspetta e se ne va. Non so più cosa
fare”...”Bene, caro Bassey.” rispose Jim, con la solita decisione”. O andiamo da Forrest
oppure ci rechiamo dal tuo padrone al “Le jour”. Essendo però un bar frequentato da
bianchi, direi che non sarebbe un’ottima idea.” ”Ma come faccio?? E la mia famiglia? Non
posso abbandonarli..” disse Bassey,inquieto ..”Non ti preoccupare, provvederemo anche a
questo. Forrest ti darà sicuramente una mano. E’ l’uomo più disponibile del mondo..
Quando era finita la guerra civile, mi aiutò a trovare lavoro. E ora, in più, ci organizza i
concerti sulla Bourbon Street: non è facile guadagnare posto per suonare in un locale,
siamo neri. ”Mentre Jim raccontava i suoi aneddoti su Forrest, John scoppiò in una
fragorosa risata: ”Poi lo vedessi fratello,quel Forrest..c’ha una faccia, poteva andare al
circo!! Ah ah ah..” ”John!! Non è possibile, perché non te ne stai zitto!!”r eplicò Jim,
innervosito ..”Ha ragione John,” interloquì Abrahm ” Chi ti credi di essere te,Alessandro il
Grande?” Gli interventi di Abrahm erano molto più tranquilli ed ironici delle paternali di
Jim, che per John rappresentava un po’ la figura del padre. Infatti non aveva mai
conosciuto suo papà, che era scappato via quando aveva due anni,e se n’era andato in
California con un’altra .
Viveva con sua madre che aveva un negozio di sarta,dove lavorava pure sua sorella
Michelle, adocchiata da tutti gli uomini del quartiere per la sua straordinaria bellezza.
“Vedessi mia sorella Bassey, ha solo 15 anni, ma è la più bella della città. Peccato che
siamo fratelli. Comunque è anche una brava sarta,..” John si fermò per un momento.
Qualcosa lo aveva turbato. Una smorfia di disgusto apparve all’improvviso sul suo viso.
”Ah, accidenti,mi sono dimenticato.. devo andarmene, ho un lavoretto da fare..a che ora ci
troviamo domani, Jim??” ”Ore 6 a casa mia, prove generali prima del concerto di
domenica sera..cerca di essere puntuale..” ”Ok capo,sarà fatto..!!” John se ne andò via ad
ampie falcate, con la sua andatura libertina e con la cicca in bocca, proseguendo per la
Royal Street, quasi deserta. Intanto ,Bassey e gli altri, si incamminavano verso Bourbon
Street. Il sole era ormai calato, e il cuore di Bassey batteva forte, non per il freddo,ma
perché era consapevole che stava per incontrare l’uomo che avrebbe cambiato la sua
vita..
Ormai tutti i negozi avevano chiuso i battenti, ed essendo il primo dell’anno erano pochi
quelli che avevano tenuto aperto anche di giorno. Il freddo venticello sollevava
delicatamente i folti capelli di Asad, quasi per spingerlo ad affrettargli il passo . Il suo modo
di fare giovanile e il suo volto privo di rughe, lo rendevano quasi immune alla debolezza
senile che in realtà lo consumava nel profondo dell’anima. ”Sai,figliolo ,quando mi hai
detto che tuo padre era morto, ci sono rimasto veramente male” disse mesto Asad ” Per
quel poco che l’ho conosciuto ,posso dire che fosse veramente un brav’uomo.”
”Lui voleva andarsene..” rispose Bassey” non sopportava più di essere uno schiavo.
Diceva sempre che gli anni peggiori erano stati quando lui era in Carolina. Aveva un
padrone che lo frustava tutti i giorni. Poi è stato venduto qui in Louisiana, dove ha
conosciuto mia madre. Durante la guerra civile io ero troppo piccolo per rendermi conto,
ma mi ricordo che, sia lui che zio Joe, raccontavano che durante gli anni ’60 c’era un
traffico di carri, carovane, uomini che creavano una confusione mai vista prima. Di fatto ne
avevano parlato anche con Sir Freeman, ma dicevano che lui più di una volta aveva
cambiato discorso. Adesso ho capito cos’erano quei carri e quelle carovane..” ”Sì, caro
mio, l’esercito di Sir Grant. Che tempi! Potessi tornare indietro a quell’anno, lo farei. Se
solo avessi avuto il coraggio di lasciare quel lavoro in tempo!!” Negli occhi di Asad
traspariva un sentimento pieno di rimorsi e contraddizioni che lo rendevano allo stesso
tempo forte e insicuro ”Dopo la fine della guerra civile” intervenne Jim ”nacque il Jim Crow
System,che celava un razzismo ancora più spietato nel Sud e mostrava l’incapacità del
Nord a controllare la situazione. E’ per questo che la gente come Asad alla fine era ancora
sotto l’egemonia dei bianchi. Certo, non erano più dei veri schiavi, ma però subivano
ancora degli abusi, vero Asad?” ”Hai detto bene Jim” rispose il vecchio ”anzi, devo dire
che la più gran frustata l’ho presa proprio da operaio.. beh, ho cercato di denunciare il fatto
ma dovunque andassi mi sbattevano la porta in faccia..una vergogna” ”Eh sì! ” disse Jim”
son passati quarant’anni, ma ci trattano ancora come delle bestie..” Proprio nel momento
in cui Jim terminò di parlare, arrivarono di fronte ad un piccolo portone che si affacciava
dietro l’angolo di Bourbon Street..” Ecco siamo arrivati Bassey..questa è la casa di
Forrest..lui abita al primo piano con sua moglie,sotto c’è sua madre. Suo padre è morto
proprio durante la guerra civile, faceva parte dell’esercito sudista. Lui aveva vent’ anni
quando fu ucciso ad Appomattox...aveva in mano un’osteria, qui a Bourbon Street..è
anche per questo che Forrest è molto conosciuto in zona..” Finito il suo discorso bussò,e
una vecchia donna dall’aspetto gentile aprì la porta,mostrando tutta la sua cordialità,
nonostante che l’ora fosse un po’ tarda..
“Ah quel negro. questa volta me la paga..non è possibile..però la colpa è anche mia..sto
diventando vecchio e rimbambito....ah, perché..e adesso che succede??mi denuncerà?
Quello non sa neanche cos’è una denuncia.” Pensieri come questi assillavano di
continuo la mente di Billy durante il tragitto verso casa. Quando arrivò a destinazione, era
ormai notte profonda. Ma la giornata non era ancora finita. Infatti quando entrò in casa,
dovette affrontare sua moglie che andò su tutte le furie quando scoprì che Bassey non
c’era: ” Sì, Rachel,ho perso il negro,è vero..ma alla fine..è lo stesso, prima o poi lo
verranno a sapere. Tanto abbiamo abbastanza soldi per trasferirci in centro o andare da
qualche altra parte..” ”No, Carl!! Tu non hai capito quel che è successo!!” rispose Rachel,
indispettita: ”Quel Bassey ora ci denuncerà!! Tu e le tue bevute con quei due..lo sai
cos’hai combinato? Non ti rendi veramente conto!!!Sprovveduto!Sprovveduto!!” Il litigio
andò avanti a lungoi,e nessuno dei due cedeva dalla sua posizione. Nonostante Billy fosse
completamente ubriaco, era comunque in grado di discutere a viva voce, ma qualcuno
bussò alla porta ed interruppe la loro discussione: ”Ecco Carl!! Sarà di sicuro lo sceriffo!!!”
Sir Freeman andò verso la porta, quasi spaventato, ma quando la aprì rimase incredulo
”Clare!! Che ci fai qui!? Sei talmente sbronza da aver sbagliato casa??”
“Fosse almeno così Billy,fosse almeno così. Purtroppo la notizia che sto per darvi non è
molto buona” ”E’ successo qualcosa al negro? Qualcosa di brutto immagino..” ”No Carl,è
successo qualcosa di brutto a te. Ho riconosciuto il vostro schiavo mentre tornavo a casa,
grazie al suo vestito malconcio. Era insieme ad un altro gruppo di neri sulla Bourbon
Street e si trovava proprio davanti al portone di Forrest Smith..immagino sappiate di chi si
tratta!” ”Questo nome non mi suona nuovo..è un ba ..barcaiolo???” disse Billy a stento
” Carl, lascia parlare me con la signora..te vai a sederti prima di vomitare..” interloquì
Rachel, con il suo tipico accento francese. ”Lei signora,lo conosce? E’ quello che aiuta i
neri nelle loro cause..” ”Sì, sì,ho presente .Quindi quel negro è arrivato fino da lui?”
”Esatto” ” Lei Clare, conosce qualcuno disposto a proteggerci? Alla fine, qui loro sono
come operai: nessuna frusta,nessun abuso” ”Sì, in realtà conosco parecchie persone che
sarebbero disposte ad aiutarvi..ma per via diversa.” ”A cosa si riferisce,Clare?” ”Le
organizzazioni, dico, sarebbero disposte pure a far fuori un bianco per proteggere un duro
come Billy..lei forse non lo sa, ma in città lui è molto conosciuto..” ” Signora.. se si riferisce
a quel genere di metodo, non saprei proprio” rispose Rachel,abbassando lo sguardo
”Purtroppo è l’unico, signora Freeman..cosa volete fare, fuggire domani? E’improponibile..”
”Sì ,ma però..” ”Però cosa signora Freeman??” rispose Clare, alzando la sua
voce ..”Senza il nostro aiuto finirete male..si fidi di me!”
Rachel non riusciva a controbattere le affermazioni di Clare, ancora più ferrea a difendere
le sue opinioni, forse anche grazie all’alcool che le circolava nel corpo..Aveva mostrato a
Madame Freeman come a lei non importasse nulla dell’umanità..come lei di fatto fosse
l’emblema dell’immoralità ..lei,come tanti altri,che giravano per le vie di New Orleans..
“Ho capito la tua situazione Bassey, non avrei mai pensato che esistessero ancora dei
casi come questi!” Forrest commentò così il lungo discorso che Bassey aveva fatto
riguardo al suo stato di semi-schiavitù, e con lo sguardo alquanto dubbioso sorseggiò
ancora un po’ di the. ”Ho avuto in realtà casi peggiori; per esempio impresari che
frustavano gli operai neri durante il lavoro, oppure povere vedove che venivano qui a
denunciare il linciaggio del loro marito. Non è facile gestire queste cose anche perché
sono un po’ sulla bocca di tutti” Uno sguardo tetro trasparì dal suo volto e per combattere il
nervosismo accese velocemente la pipa. ”Si chiamava Azibo Wilson, quel povero
ragazzo..aveva appena ventisei anni. Lo aveva trovato sua moglie proprio qui, davanti al
portone di casa, un anno fa. Abitava a un miglio da Bourbon Street, vendeva giornali.
Quella notte fui svegliato di soprassalto da uno strano rumore, qualcuno bussò alla porta.
Era proprio la moglie che, disperata, mi riferì quello che era successo. Da quella volta non
mi capitarono più fatti simili.. se sapessi quanti ne uccidevano anni fa, preferiresti restare
al sicuro dal tuo padrone!” Mentre Forrest parlava, Bassey ascoltava con devozione.
Erano rimasti soli nel salotto, perché gli altri già se n’erano andati, e sua moglie si era
coricata a letto.
Bassey, ora, come non mai, si sentiva al sicuro; aveva capito che lui era l’unica persona
che aveva il potere di aiutarlo. ”Sai,sembra che la situazione sia notevolmente migliorata”
continuò Forrest ”Ma io non ne sono del tutto convinto. Il clan contro di voi ha preso di
nuovo vigore, e purtroppo, io non posso combattere contro tutti. Certo, ho le persone di cui
mi fido, ma sono veramente poche. L’immoralità e il razzismo dominano l’anima di molta
gente che considera ancora i neri come degli oggetti di scambio. Veramente
vergognoso!!” ”Fossero tutti come lei, signore, a quest’ora l’ America sarebbe come un
paradiso” intervenne Bassey ”In realtà..” rispose Forrest senza cambiare espressione
”l’America è vista come un paradiso, ma nasconde brutti segreti. Troppe rivalità tra razze,
religioni..troppe discriminazioni rendono questo paese l’antitesi della democrazia. E la
cosa è destinata a durare per anni” ”Finirà secondo lei?” ”Non lo so, caro fratello, non lo
so.”
Forrest finì la sua tazza di the e mise la pipa sul tavolino. Sprofondò nella sua poltrona, e
per un attimo chiuse le palpebre. Dopo essersi svegliato di soprassalto, disse
sonnecchiante a Bassey: ”Bene amico! E’ meglio se andiamo a riposare. E’ stata una
giornata pesante per entrambi. ” Forrest si alzò sbadigliando, e indicò gentilmente a
Bassey la camera che lo avrebbe ospitato almeno quella notte, salutandolo con uno
sguardo affettuoso, ma alquanto stanco..
La mattina giunse presto quel giorno. Bassey non aveva dormito nulla, non era abituato a
quel morbido cuscino e a quelle coperte profumate che lo avevano riscaldato l’intera notte.
Poi, i mille pensieri che lo turbavano, lo rendevano ansioso e agitato. Così, al primo raggio
di sole che entrò nella stanza,si alzò subito dal letto, senza esitare un attimo. Dopo aver
indossato i suoi sudici e trasandati vestiti, si diresse verso il salotto; però,attraversando il
corridoio, notò qualcosa di insolito nella stanza adiacente a quella degli ospiti. Un poster,
grande come il tavolo sul quale era appoggiato , richiamò la sua attenzione. Bassey si
avvicinò,e, incuriosito, lesse quello che c’era scritto:
DOMENICA 6 GENNAIO
ORE 22:00
BAR ”THE MUSIC“ Bourbon Street road
CONCERTO “FRATERNITY”
Jim, Abrahm, John e Asad sono pronti a viziare di nuovo il vostro udito
NON MANCATE!!
Mentre osservava la locandina, Forrest entrò nella stanza, prendendolo di soprassalto:
” Allora fratello, dormito bene?” ”Non molto in verità signore” rispose Bassey, spaventato
dall’entrata improvvisa ”Fratello!! Mi puoi dare del tu!! Non sono mica il tuo padrone” disse
Forrest sorridendo, mostrando un certo sarcasmo.. ”Quindi hai visto che sono io ad
organizzare i concerti a Jim. La sua musica mi entra nel cuore, è veramente bravo..” ”Sì,
me l’aveva riferito. Dicono che senza di te, loro non andrebbero avanti” rispose Bassey.
”Per fare certe cose bisogna avere i contatti giusti, caro Bassey..lo imparerai strada
facendo. Capirai quante cose possono cambiare la tua esistenza” Bassey annuì, in segno
di rispetto; neppure osava immaginare quanto incredibile fosse stata la vita di Forrest;
figlio di un fanatico sudista e di una brava donna, quand’ era giovane lavorava in una
delle più grandi osterie della città di cui suo padre era il proprietario. Fino a vent’anni era il
classico giovane spendaccione, ma un episodio sconvolgente aveva cambiato la sua vita.
”Ero andato insieme a mio padre a far visita a un certo Robert, molti anni fa… “continuò
Forrest, con viso cupo”…abitava sulle rive del Mississippi, e possedeva una piantagione di
tabacco. Erano gli anni prima della guerra civile, il clima non era dei migliori, e molti
padroni si inferocivano ancora di più contro i loro schiavi. C’era un bambino nero che per
divertimento giocava vicino al fiume ,con suo padre; un uomo alto e molto grosso si
avvicinò a loro. Io ero abbastanza distante e non capii quello che si dicevano..avevano
cominciato a litigare..improvvisamente l’uomo bianco prese il bambino e lo sgozzò, senza
pietà..io corsi da mio papà impaurito dalla scena orribile che avevo appena visto..lui mi
disse che era normale, che i neri erano animali e che se non ubbidivano venivano
giustamente puniti..da quel momento ho cominciato ad amare voi neri come dei fratelli e
ad odiare quelli come mio padre..” Il tono della voce di Forrest si fece ancora più grave:
”Sinceramente caro Bassey, quando ho sentito che mio padre era morto in guerra, non ho
provato nessuna tristezza..dopo quello che aveva detto quel giorno, non gli parlai mai più,
e con quei pochi soldi che avevo, mi son fatto strada da solo..” Forrest si fermò per un
momento; prese il cappotto, che era appeso all’attaccapanni del suo studio,e lo indossò:
”Ora sono una specie di avvocato-investigatore.. non so se rendo l’idea..certo non ho
nessuna laurea o nessun attestato che mi permette di fare cose di questo tipo..anche
perché l’unica cosa di cui si ha bisogno in lavori come questi, è il coraggio..” ”Concordo
pienamente! “
Forrest si avviò verso la porta di uscita; Bassey lo seguì, pensando a come la sua vita era
cambiata nell’arco di un giorno, e quanto questo cambiamento fosse destinato a durare..
Forrest e Bassey si incamminarono sulla Bourbon Street , “pacifica” più del solito; la via,
del resto, si vivacizzava soprattutto nelle ore notturne;era fiancheggiata da innumerevoli
locali, di qualsiasi tipo,che di notte la rendevano gremita di gente: musicisti, criminali,
donne sprovvedute, avvocati depressi, francesi ..c’era di tutto sulla Bourbon Street. Era un
po’ il quartiere a luci rosse della città, il più conosciuto di New Orleans. Forrest lo
conosceva bene, e Bassey aveva trovato un grande maestro, pronto a consigliarlo su
qualsiasi cosa: ”Bene Bassey,forse già ieri avrai visto che confusione c’è di notte su
questa strada” disse Forrest. “Mi raccomando, non metterci mai piede se sei da solo. Può
essere pericoloso. Ora è quasi deserta, sembra una tranquilla via di periferia. Ma già dopo
mezzogiorno comincia ad affollarsi. E di notte poi…il finimondo”
Bassey, mentre ascoltava con rispetto il suo interlocutore, lo osservava attentamente:un
lungo cappotto gli copriva tutto il corpo, e il cappello, insieme alla sciarpa avvolgeva il suo
capo; Bassey non capiva qual era il motivo per cui si camuffava in quella maniera;
Forrest,quasi lo avesse letto nel pensiero,disse: ”Da quando sono diventato una persona
nota in città, sono costretto a camminare per strada con il volto coperto. Sai, girano voci
che ci sia una taglia su di me..a quanto pare non sono molto amato dal clan..” ”Una
taglia?” ”Sì,sono odiato dalle organizzazioni contro i neri, e non sono neppure tanto amato
dallo sceriffo e dai suoi sbirri.. gli dò troppo lavoro, e in più, la mia occupazione, come ti
dicevo prima, è di fatto illegale, oltre che segreta. Ormai ho molte persone che sono dalla
mia parte..ed ora stiamo andando verso una di loro ..”
Arrivarono su una via stretta che si trovava sempre nel quartiere francese della città .
Dopo qualche metro, Forrest incrociò un uomo, e con un cenno a malapena visibile, si
diressero verso l’osteria vicina ”E’lui?” chiese lo sconosciuto, ”Sì,agente Renard, è proprio
lui..” ”Bene,adesso daremo noi una sistemata a questo Carl Freeman!”
L’uomo misterioso entrò nell’osteria, seguito da Forrest e da Bassey,che, timidamente,
varcò la soglia del bar..
Era la prima volta che Bassey entrava in un’osteria, e quando si sedette su quella sedia
lercia e piena di briciole, pensò che non era poi tanto diversa da come gli raccontava Sir
Freeman che sempre diceva di trovarsi a suo agio nei bar dove la pulizia era un fattore
trascurato, se non assente.
Si misero su un tavolino appostato all’angolo del locale per evitare di dare troppo
nell’occhio. Certo era molto difficile a causa della presenza di Philip Renard, piuttosto
obeso e alquanto chiassoso; Bassey si domandava come facesse a restare su quella
sedia così piccola...
“Bene ,bene..devi sapere che Forrest ha bussato a casa mia alle tre di notte, ieri sera”
disse proprio l’agente Renard rivolto a Bassey: ” Era talmente preoccupato per te che
voleva sfogarsi con qualcuno. Ed ecco il malcapitato. Ah ah ah!!” La risata di Philip Renard
era talmente forte,che tutti ,all’interno dell’osteria,si girarono. In più, il suo viso cicciottello
e le sue guance perennemente rosse, lo rendevano ancora più appariscente;Philip
Renard, di fatto, non passava inosservato da nessuna parte.
”Veniamo a noi, Bassey..” continuò l’agente, con un tono stranamente serio.. ” Forrest mi
ha raccontato la tua situazione. La mia idea è di mandare questo signor Freeman dietro le
sbarre entro stasera. Quindi ,sarà un’azione rapida e molto segreta. Infatti il corpo di
polizia è molto corrotto, ed io riferirò solo allo sceriffo quello che succede, e a nessun
altro. Quando avrò l’autorizzazione, andremo insieme verso la tua fattoria,e prenderemo in
trappola quel bastardo. E finalmente te e la tua famiglia sarete liberi. Mentre io vado dallo
sceriffo e gli espongo il caso, Forrest organizzerà una piccola squadra che ci aiuterà sul
da farsi. Tu chiaramente resterai con lui e mi aspetterete davanti a casa sua. Così
sarebbe il piano, e ci sono alte probabilità che funzioni. E poi…”
L’agente notò lo sguardo perplesso di Forrest, sembrava irritato. ” Forrest,tutto bene ?”
chiese l’agente Renard, insospettito ”Scusa Philip se non ti ascolto” rispose Forrest,a
bassa voce ”E’ meglio se ce n’andiamo. Vedo tutti gli occhi puntati su di noi..quindi
paghiamo, e andiamo via” ”Ma dai, Smith! ..lasciami bere sto caffè!!” esclamò Philip ”Ho
detto ,paghiamo e andiamo via!” aggiunse Forrest, in maniera più decisa ”Lo sapevo che
questo non è un posto sicuro..e poi con te, che fai un casino inaudito!!”
Forrest lasciò sul tavolo qualche spicciolo di dollaro e, mentre si avviava verso l’uscita, tra
lo stupore di Bassey e Philip, un uomo grande e barbuto lo fermò sulla soglia di entrata:
”Tu non vai da nessuna parte, te lo assicuro” “Lasciami andare,non ho fatto nulla di
male”disse Forrest ”Ah no? Beh, il tuo amico è nato male..che ci fai con un nero dentro il
mio bar??” disse l’uomo barbuto ”Cos’ha di male il nostro amico? “ disse l’agente
Renard, avvicinandosi a Forrest “Sai, credo sia più intelligente di te!!”.
L’uomo grasso, offeso dall’ingiuria ricevuta, prese uno sgabello e lo lanciò verso l’agente
che riuscì a schivarlo con uno scatto fulmineo. ”Non hai una bella mira a quanto pare..ti
ricordo poi che dopo un atto del genere sei perseguibile per legge..in più io sono un
poliziotto,quindi..” ”Non mi interessa niente se sei un poliziotto, io vi incateno tutti e tre”
disse l’uomo barbuto, con tono grave.
Mentre i due discutevano, Bassey si girò verso il banco del bar: altri tre uomini stavano
venendo verso di loro ”Te lo dico ancora una volta,..lasciaci andare.”disse Forrest ”E tu chi
sei,per dire questo??Abbassa la cresta..questo è il mio bar!”
L’uomo grosso afferrò Bassey per il colletto e lo gettò violentemente contro il muro:”Fuori
dal mio bar negro!! Sporco animale..” Bassey uscì a testa bassa dal locale. Una gran
risata si sollevò all’interno del bar,e l’uomo barbuto si sentì alquanto compiaciuto.
“Quindi agente..anche questo è perseguibile per legge??ah ah ah!” L’agente Renard restò
stranamente zitto. Forrest , al contrario, accecato dalla rabbia, prese una sedia e la gettò
sulla testa del barbuto che cadde a terra esanime. Tutti si alzarono in piedi, pronti a
vendicare l’amico e si diressero verso loro due, mentre Bassey osservava la scena da
fuori. Forrest non si era reso conto di quello che aveva combinato .Un urlo uscì dalla sua
bocca,che esprimeva tutta la sua agitazione:”Scappiamo!!”
“Più veloce Bassey!! Più veloce!!” disse Forrest, ansimando mentre fuggiva con tutta la
sua forza. Lui e l’agente Renard erano qualche metro più avanti. Del resto il povero
Bassey non era allenato..ci metteva tutto il suo impegno, ma più rapido di così non
riusciva proprio a correre. Continuava a girarsi, il povero Bassey ,e vedeva le sagome
degli uomini che li rincorrevano… sempre più grandi.
Imboccò una strada molto stretta, percorribile a malapena dalle carrozze..una strada
deserta, anche troppo ,visto che non riusciva più a vedere i suoi due compagni.
Si girò ancora e vide a poche decine di metri due uomini che urlavano e inveivano contro
di lui. Continuava a scappare, imperterrito, ma ogni volta che volgeva lo sguardo
all’indietro notava che erano sempre più vicini..forse troppo. Qualche secondo più tardi gli
arrivò in testa un sasso, ma per fortuna lo ferì solo lievemente e riuscì incredibilmente a
proseguire. Le gambe stavano per cedergli, il sudore scendeva dalla sua fronte come non
mai.
I suoi due compagni erano spariti. Mentre scappava si domandava se avrebbe mai più
rivisto, i suoi figli, la moglie, sua madre ,l o zio Joe..si rendeva conto che era passato solo
un giorno, e già gli mancavano. Ma quei pensieri sparivano, quando realizzava che dietro
di lui c’erano almeno due bianchi pronti a massacrarlo.. doveva concentrare tutte le sue
forze nella fuga.
La paura aumentò ancora di più quando osservò che dietro di lui gli uomini da due erano
diventati quattro..e perse quasi la speranza quando si rese conto che la strada che stava
per prendere era senza via di uscita. Allora si fermò..un attimo..poi un attimo ancora..i
quattro inseguitori erano a dieci metri da lui. Bassey scattò con tutte le energie che
aveva,su una via ancora più deserta della precedente. Arrivò di fronte a un bar, davanti al
quale c’era una moltitudine di gente. ”Aiutatemi, sono inseguito!! Aiuto!!” urlò Bassey,
mentre rallentò un attimo la sua folle corsa…nessuno rispose.
Bassey emise un urlo di disperazione e con uno scatto riuscì a distanziarsi di qualche
metro dai suoi inseguitori. Ma non era ancora finita . Arrivò poi su una strada piena di
piccole curve ad angolo ,e strettissima..era stremato..non riusciva più a respirare.
Si nascose dietro a un piccolo cespuglio, secco a causa della stagione. Aspettò..sentì dei
passi veloci e pesanti..erano almeno in cinque..urlavano, ridevano...poi il silenzio..e una
voce sbucare dal nulla.. ”Capo,ho visto qualcosa muoversi lì dietro” Poi ancora passi,
questa volta di un unico uomo ..“Eh.. il caro amico negro è in trappola. Esci brutta bestia,
ora nessuno ti può difendere ..sei un uomo morto!”
Bassey, udì un colpo fortissimo, poi un altro..e poi un altro ancora..e un’altra voce uscire
dal nulla: ”Siete voi degli uomini morti e in trappola, ragazzi..” Bassey si fermò, senza
uscire allo scoperto..e capì che la speranza era tornata..
L’uomo che gli aveva salvato la vita portava vestiti simili a quelli di Forrest, e, grazie alla
sua Revolver, era riuscito a sgominare quei cinque bianchi, grandi e grossi, ma
incredibilmente impauriti di fronte ad una piccola arma da fuoco. Quella pistola teneva
soltanto tre pallottole che erano state scagliate in cielo dall’uomo in cappotto quando era
arrivato sul luogo della scena: “E’ incredibile amico” disse l’uomo ”sei stato veramente
fortunato..se arrivavo un minuto più tardi, probabilmente quelli ti avrebbero ucciso..e in più
hanno ceduto subito di fronte al mio revolver..che tra l’altro aveva già finito i colpi.”
Il cuore di Bassey batteva ancora all’impazzata e non sapeva che parole trovare per
ringraziare quell’uomo ..”Sì, signore, ha ragione..non so proprio come potrei ricambiare
questo favore” ”Signore? Il mio nome è David Jackson..per gli amici Dave..tu chi sei?” ”Mi
chiamo Bassey..” ” Che te ne facevi in giro per la città solo,Bassey? I neri devono girare
almeno in due..quando siete soli, diventate troppo vulnerabili” ”Devo confidarti che non
ero solo” disse Bassey ” C’erano altri due con me..uno di loro era Forrest Smith,credo lo
conosca..” ”Forrest Smith??Dici sul serio??” replicò l’uomo misterioso, aggrottando le
sopracciglia; poi, preso quasi da un’illuminazione, disse:”Ah..tutto mi torna..quindi tu
dovresti essere quel “mezzo-schiavo” che lui ha conosciuto ieri notte..” ”Sì ,proprio così!!
Conosci Forrest,quindi..” disse stupito Bassey ”Sì, caro mio..ci lavoro insieme..” Bassey
non credeva a quello che sentiva..la fortuna finalmente stava girando dalla sua parte.
”L’agente ha detto che avrebbero voluto organizzare una squadra per andare da Sir
Freeman,fuori città.” disse Bassey,entusiasta:” Immagino che tu appartenga a uno di loro”
”Sì, anche se non ero stato informato di questo..sai,spesso ci riuniamo in luoghi segreti”
”Segreti?” ”intervenne Bassey ”Il bar dove siamo andati non era per niente segreto..anzi
pieno di gente, in più.. “ ”Cosa??” disse David, meravigliato : ”Sono pazzi??E cos’è
successo? Vi hanno beccati?” ”Sì è avviata una discussione” rispose
Bassey,tranquillamente.. ” un uomo ci aveva bloccato la strada per uscire..poi l’agente lo
offese pesantemente.. e da qui è cominciata una piccola rissa e l’uomo barbuto mi ha
gettato fuori. Forrest non ci ha più visto e gli ha tirato una sedia ..da lì è cominciata la
nostra fuga disperata..” ”E loro? Dove sono?” ”Purtroppo non ne ho idea, presi dal panico
hanno seminato pure me..” lo sguardo di Dave si fece ancora più preoccupato ”Non posso
crederci ..menomale che almeno Forrest è stato zitto e non ha svelato la sua identità,
altrimenti quegli uomini si sarebbero infuriati ancora di più..dell’agente Renard invece non
mi sorprendo..è sempre stato un attaccabrighe” ”Sì ,l’ho capito subito” rispose Bassey con
tono d’approvazione . ”Bene,amico” rispose Dave ”Adesso la cosa più utile da fare è
andare a casa di Forrest Smith..speriamo di trovarlo, perché sarà sicuramente in ansia per
te. A quanto pare ci tiene proprio alla tua incolumità.”
Dave rimise il suo revolver nel fodero e, con un gesto eloquente della mano, indicò a
Bassey il cammino da seguire..
Era quasi mezzogiorno e il sole aveva raggiunto la sua massima altezza, rendendo il
clima della città alquanto mite. La brezza fredda che proveniva da nord era scomparsa,e
questo rendeva le strade ancora più gremite di gente. A questo si aggiungeva l’urlo della
locomotiva che segnalava l’arrivo del treno . Tutto ciò creava scompiglio nella mente di
Bassey, abituato com’era alla tranquillità della campagna.
Pensava ai suoi famigliari, senza dubbio sui campi a lavorare,mentre lui girovagava per
New Orleans alla ricerca della loro libertà..pensava anche a suo papà, Babukar,che per
tutta la vita aveva sperato di liberarsi dalla schiavitù,ma a causa dell’improvvisa
malattia,non aveva mai potuto raggiungere il suo sogno .
” Mio padre sarebbe contento di quello che sto facendo” disse Bassey, interrompendo le
sue riflessioni. ” Era uno spirito libero. Quando c’era qualcosa che non andava con Sir
Freeman, si sfogava senza problemi, sia con lui che con sua moglie e...” Le lacrime
pervadevano gli occhi di Bassey;però,dopo essersi asciugato, continuò: ”C’era un periodo,
intorno agli anni ’80, che la fattoria stava per andare in fallimento,o così sembrava. Sir
Freeman ci faceva lavorare anche di domenica, tutto il tempo. L’unico periodo di riposo
l’avevamo per dormire, sette ore. Allora un giorno mio padre, dopo circa 1 mese di lavoro
no stop, entrò in casa di Sir Freeman. Scoppiò una lite furibonda: il padrone ne uscì con
un occhio blu, mio padre col naso rotto .Da quella volta lavorammo dodici ore al
giorno,con pausa ogni domenica. Mio padre e Sir Freeman non si scambiarono più
parola..ma Carl fu il primo a piangere quando mio padre morì dopo settimane di
sofferenza..a quanto pare gli era comunque affezionato” ”Che storia triste” rispose David
” Questo signor Freeman, comunque è un po’ strano..io non ho mai vissuto i tempi prima
di Lincoln, ma da come ho sentito, molti padroni erano senza pietà..inveivano contro i neri,
li frustavano,certi persino li ammazzavano..invece questo Carl..è diverso” ” E’ molto
attaccato a noi” disse Bassey ”Certo,ci chiama ancora cagnetti, ma a parte quello e
qualche bestemmia è veramente buono. In più, da quando è morto mio padre, sembra un
po’ addolcito. Però ci ha tenuti in gabbia per quarant’anni, ed è giusto che venga punito”
”Ben detto amico mio, ben detto.."
Mentre proseguivano sulla via, Bassey osservava attentamente il suo salvatore, da cima a
fondo. Era un uomo alto e attraente, sulla quarantina. Il suo sguardo da duro lo faceva
sembrare freddo e insensibile, ma in verità si mostrava tutt’altra persona ”Mi dispiace per
tuo padre. E’ brutto pensare a casi come i suoi..è duro continuare a vivere con una
mancanza di questo genere..” Le lacrime scendevano dai suoi occhi come se il racconto
di Bassey avesse toccato pure i suoi ricordi. La loro conversazione si stava trasformando
quasi in un piagnisteo; nonostante ciò, riuscivano a parlare con freddezza: ”Io ho perso
entrambi i genitori, per cause naturali, come tuo padre.” proseguì Dave ” Ora sto meglio,
anche perché ho famiglia e lavoro..ma all’inizio era dura.”
In poco più di venti minuti, erano arrivati in Bourbon Street; girato l’angolo, si trovarono di
fronte alla casa di Forrest. Dave suonò il campanello..per un momento nessuna
risposta..poi la porta si aprì.
Una donna alta e bionda,con il volto angelico,comparì di fronte a loro: ”Buongiorno
signori,state cercando Forrest?” ”Sì, esatto!” ”Volete entrare? Così lo aspettiamo. Io non lo
vedo da ieri sera” ”Ok!” rispose Dave ”Grazie signora!” Una marea di pensieri balenarono
nella mente di Bassey..la paura che a Forrest gli fosse successo qualcosa lo turbava
profondamente..presto avrebbe avuto la risposta che cercava..
“Gradite qualcosa signori? Un Winston Tea inglese o un caffè? C’è tutto quello che
desiderate.” La gentilezza della signora Smith era veramente unica. Figlia di una francese
e di un noto industriale del Maine trascorreva tutto il suo tempo in casa. Di fatto era suo
marito quello sempre assente: ”Signori, dovete sapere che Forrest non è quasi mai in
casa. Se ricordo bene l’ultima volta che ho trascorso tutto il giorno con lui era un sabato di
due anni fa..è sempre molto indaffarato col suo lavoro..” Il suo sguardo,mentre parlava,
diventava sempre più crucciato. ” E’ sempre agitato per via dei casi che deve
risolvere..del resto, la sua vita è sempre in pericolo..è sulla bocca di tutti..io non mi fido
neppure uscire di casa per la paura che qualcuno del clan mi faccia fuori..per non parlare
di sua madre. Quella non esce da mesi..” Bassey e Dave ascoltavano con attenzione
quello che la signora diceva: ”Circa una settimana fa è successa una cosa che ci ha molto
allarmato. Durante la notte io e mio marito ci siamo svegliati di soprassalto, dopo aver
sentito un forte botto. Siamo scesi al piano di sotto, dove abita sua madre. Poverina,
l’abbiamo trovata che piangeva davanti alla finestra appena rotta .Era pieno di vetri per
terra. Nelle mani teneva un foglio con scritto: ”NON LO FARE MAI PIU’, ALTRIMENTI
SARAI SEVERAMENTE PUNITO” La signora Smith, dopo un lungo sospiro che
esprimeva tutta la sua ansia, terminò il discorso.. “Non credo fosse uno scherzo..avevano
tirato un sasso che aveva rotto la finestra giù di sotto. Probabilmente pensavano che noi
abitassimo lì..infatti il messaggio era rivolto senza dubbio a Forrest” ”Signora , non si
preoccupi” intervenne Dave ” Credo che Forrest voglia lasciare presto il suo lavoro ,me
l’ha confidato. In trent’anni la sua notorietà è molto cresciuta, ma c’è comunque chi
erediterà il suo compito...e io sono fiero di essere uno di quelli.” Il viso di Dave mostrò
l’orgoglio e l’ambizione che aveva dentro di sé,che si aggiungevano alla sua profonda
sensibilità. Mentre continuava imperterrito a proseguire con gli elogi verso suo marito, la
porta all’improvviso si aprì.. nessuno sembrava voler entrare..la porta rimase socchiusa
per parecchi secondi..ma poi ,ecco, una mano.. una mano rossa..rosso sangue..e poi una
voce flebile” Mary, aiutami..mi hanno trovato..”
Il viso di Forrest era coperto di lividi e ferite; il cappotto marrone che portava era mezzo
lacerato, e l’occhio sinistro si trovava in condizioni pietose.. e se non bastasse, zoppicava
vistosamente: ”Mi hanno beccato proprio qui sotto, Mary, non avrei mai creduto che..”
Forrest guardò stupito Bassey,e poi, pieno di gioia, disse: “Amico mio!! Sono felice di
vederti..avevo il timore che ti avessero preso...è stato Dave a trovarti? E’ un uomo in
gamba..” Le parole di Forrest uscivano a fatica dalla sua bocca..la resistenza era sempre
stata uno dei suoi lati migliori ”Grazie, Forrest!” rispose Dave ”ma adesso il vero problema
qui sei tu..credo che abbia bisogno di un medico,signora Smith!” ”No, no, nessun
medico..Mary faceva l’infermiera, sistemerà tutto lei..” ”Forrest, lo sapevo che prima o poi
ti sarebbe successo..”rispose Mary, in tono angosciato ”Ora ne abbiamo la certezza,
Forrest..sei decisamente puntato” ”Credo di sì” rispose Forrest ”ma adesso dobbiamo
concentrarci sul caso di Bassey..” ”No, Forrest” interloquì Dave ” Dovrai restare qui a
riposarti..sei in brutte condizioni, non preoccuparti, sappiamo cosa fare” ”Non
preoccuparti?Senti , Dave, il caso è ancora mio, e fin che non lascerò il mio posto a
qualcun altro , sono io il capo!” Dave, a quel punto abbassò la testa e sorseggiò ancora un
po’ di caffè ” No, Forrest..il tuo amico ha ragione..non puoi girare in queste condizioni!! Io
non riesco ad andare avanti con la paura che ti facciano fuori!!” ”Non preoccuparti amore,
presto ce ne andremo” ”Presto??” rispose Mary, alzando improvvisamente la voce
”Subito dobbiamo andar via.!..dimmi,vuoi morire Forrest? Vuoi abbandonare così tua
moglie e tua madre??” ”Finito il caso di Bassey ce ne andremo” rispose Forrest, deciso
” Prenderemo il primo treno per il New England, e poi ci imbarcheremo per
l’Europa..andremo in Inghilterra dove ho un amico..ed è un amico sicuro..ma adesso non
è il momento di pensare a questo!! Bassey e la sua famiglia vengono in primo piano.”
La voce di Forrest era strana..sembrava attutita da qualcosa: era a malapena percettibile.
”Ma sentiti, Forrest, non sei neppure capace di parlare!! Non se ne parla proprio..ti obbligo
io a restare a casa” ”No, Mary,non impicciarti” ”Sinceramente” intervenne Bassey ”credo
che la signora abbia ragione..non preoccuparti Forrest, fidati, hai fatto già molto per me..”
Sul viso di Forrest comparve un piccolo sorriso, quasi di compassione per il povero
Bassey “Ah..proprio oggi doveva succedere.. vorrei inchiodarlo io quel bastardo..” ”Scusa
se mi intrometto Forrest” interloquì ancora Bassey ”Ma credo che tutti siano all’altezza
della situazione. I tuoi uomini di fiducia, a quanto pare, sono veramente affidabili. E in più,
senza di te, loro non avrebbero mai incastrato nessuno. ” Forrest, alla fine cedette alle
maniere delicate e persuasive di Bassey, un po’ diverse dalla boriosità di Dave, e
dall’ansia eccessiva di sua moglie.: ”Va bene..avete vinto voi..io non verrò..ma voglio
essere io ad organizzare il piano..su questo non si discute!” Detto questo,Forrest
sprofondò nella poltrona di casa, come accadeva quando rientrava dopo una giornata
estenuante. Solo che questa volta,aveva rischiato la vita..
Le ferite che Forrest aveva riportato non erano poi così gravi. Aveva un taglio sopra lo
zigomo, e un ematoma che non gli permetteva l’apertura dell’occhio sinistro. Mentre sua
moglie lo curava,lui spiegava il suo piano: ”Allora..cominciamo dall’inizio..sarete cinque
uomini, più Bassey. Tu Dave ,Mark, l’ispanico, Willy e l’agente Renard che ora dovrebbe
essere dallo sceriffo e poi andrà a prelevare gli altri. Ci siamo lasciati dopo aver seminato
gli inseguitori; mi ero messo alla ricerca di Bassey, avevo temuto il peggio..”
Forrest emise un grido di dolore; sua moglie stava tamponando con l’alcool la ferita
all’occhio; nonostante le condizioni malconce, riuscì tuttavia a spiegare con chiarezza il
suo progetto di cattura: ” La partenza è prevista domani alle sette di mattina, non mi fido
agire di notte, rischierete di essere vittime di un’imboscata. Avrete a disposizione due
carrozze, molto modeste. Purtroppo i cocchieri dovrete farli voi stessi: Willy si metterà alla
guida della prima carrozza, viste le sue abilità nell’addestrare i cavalli. Mark invece, sarà
alla guida della seconda. Al ritorno sarete in tutto in tredici persone.
Sia al ritorno che all’andata, prenderete la strada più lontana dal Mississippi, per evitare la
confusione generale. Te e la tua famiglia, Bassey, andrete a casa di Mark, in una zona in
periferia della città. Per un periodo resterete là, la sua casa è molto grande, poi abita da
solo con sua madre, un po’ di compagnia farà bene a entrambi. Più avanti vi troveremo un
appartamento..questo, a sommi capi, è il piano..mi raccomando, seguitelo come si
deve..è tutto ben calcolato.”
Forrest si asciugò con la benda il gomito ferito ,poi, rivolto a Bassey aggiunse: ”Ti darò dei
vestiti, una moltitudine di vestiti che indosserete te e la tua famiglia per non dare nell’
occhio..ecco è tutto..”
La spiegazione di Forrest era stata molto chiara e concisa, anche se Dave non era molto
convinto: ”Ma, Forrest..credi che Mark sia d’accordo nell’ospitarli? Nel senso che lui non
sa ancora nulla di questa faccenda..neppure l’ispanico e Willy sono al corrente di tutto
questo” ”Come ti ho detto prima verranno avvisati dall’agente Renard.. loro obbediranno
senza dubbio ai miei ordini, è il loro lavoro..” Forrest faceva sentire sempre la sua autorità
ai suoi compagni. Un uomo di polso come lui era necessario in un gruppo come quello
.Senza di lui , infatti, loro avrebbero perso vigore e di questo si rendeva conto anche lo
stesso Dave che, pur contento di ereditare parte dei compiti di Forrest, avrebbe sentito la
sua mancanza: ”Ma riguardo alla tua partenza Forrest, per quando è prevista?” chiese
Dave opportunamente: ”Beh, dopo aver messo a posto Bassey e i suoi..non so ancora
dirtelo bene..so solo che voglio andarmene da qui..mica voglio diventare un martire!!”
”Ci mancherai capo..sarà dura senza di te” aggiunse Dave ”Ah,bando alle moine Dave
,,siete tutti dei ragazzi in gamba..ve la caverete anche senza di me..”
Dave non rispose; era più attento al volto malandato di Forrest che a quello che aveva
da dirgli. Mary aveva appena finito di medicarlo: ora, senza dubbio si sentiva meglio, pur
sapendo che non poteva andare da Sir Freeman in quelle condizioni..Ma allo stesso
momento sapeva che quella era la sua ultima fatica, che poi se ne sarebbe andato via e
non sarebbe più tornato. Non avrebbe più visto la Band di Jim suonare e non sarebbe più
passato sulla Bourbon Street..New Orleans già gli mancava..
Erano le quattro di pomeriggio, quando qualcuno bussò alla porta di casa Smith: ”Ecco
devono essere loro..” disse Forrest , mentre andava ad aprire. Entrarono in casa ben 5
uomini; uno di loro portava degli stivali con gli speroni, delle braghe marroni ,una camicia
alquanto leggera coperta da un gilè e da un foulard ,al quale si aggiungeva un cappello
alla cowboy. Solo quando Bassey notò la cintura e il fodero della pistola, capì che si
trattava dello sceriffo Adams. Quest’ultimo osservò con circospezione il povero Bassey, e
con sguardo attento, disse. ” Quindi te devi essere il malcapitato!? Mi ha spiegato un po’
la tua situazione l’agente Renard. Io personalmente non controllo la situazione delle
fattorie nei dintorni di New Orleans. Questo è compito dei miei sottoufficiali e degli
investigatori. Però non avrei mai pensato tutto ciò. Nel senso che mi chiedo: come ha fatto
questo signor Freeman a nascondere tutti i suoi schiavi e la sua fattoria,nel ’65 ,quando
tutte le campagne del Mississippi erano invase dai soldati di Grant? E poi per tutti questi
anni!! Ah..è proprio vero..nel corpo di polizia c’è veramente tanta corruzione..” ” Non ne
ho idea signore” rispose Bassey con tono riverente ” Quando c’era la guerra civile, avevo
solo 3 anni, quindi non le so dire come sia riuscito a celare tutto. Le posso solo dire che la
nostra fattoria è un po’ nascosta. Infatti è coperta da una fitta boscaglia, che si trova
giusto davanti..può essere che questo abbia giocato a favore del signor Freeman..” ”Beh,
indagherò ..credo che questo Freeman la pagherà grossa.. mi occuperò io stesso del
caso.” Quando lo sceriffo disse così, sul viso di Forrest comparve una smorfia, e
nervosamente intervenne: ”Non si preoccupi, sceriffo. I miei ragazzi sono in gamba,
riusciranno a cavarsela da soli..” ”Non credo Forrest..c’è veramente bisogno di un
pubblico ufficiale di alto grado, in questi casi. Voglio vedere con i miei occhi questa
disgraziata famiglia, e questo furbastro di un signor Freeman.” ”Ma è già stato organizzato
tutto ormai,signor sceriffo! Non mi metta il bastone tra le ruote” disse Forrest ”Cosa? Beh,
se vuole parlare di bastoni tra le ruote signor Smith, credo che lei possa stare zitto.. non
sa quante volte ha ostacolato me e i miei agenti..” ”I suoi agenti,signor sceriffo?? Ma se
l’ha detto appena lei che di loro non si fida! Ok, vada anche lei da questo signor
Freeman..così magari le racconterà quante volte quel corrotto di un vicesceriffo Brown ha
chiuso un occhio con lui!! Forse non se ne rende conto sceriffo? Che la colpa è tutta di voi
ufficiali, o meglio dei suoi agenti.. non capisce proprio che la prendono in giro! ”
Il diverbio andò avanti a lungo, e nessun altro parlava..tutti stavano attenti all’accesa
discussione tra Forrest e lo sceriffo:”Lo sa signor Smith, che il suo lavoro è perseguibile
per legge??” ”Certo che lo so..ma credo che sia meglio lavorare contro la legge per fare
del bene, piuttosto che lavorare con una divisa da ufficiale ed essere un gran corrotto..non
mi riferisco a lei signor sceriffo, ma ai suoi agenti” A quel punto il battibecco si concluse,
perché lo sceriffo realizzò che in effetti Forrest aveva ragione .”Ok ,signor Smith, in effetti
non ha tutti i torti..da quel poco che ne so, tra i suoi uomini, tutti sembrano molto
affidabili..da questo punto di vista la invidio. Però questo non giustifica il fatto che io non
possa andare con loro a questa fattoria. Non voglio mancare” ”Va bene!” rispose Forrest,
con un cenno d’approvazione: ”..e con le carrozze come si fa? Già avevo sistemato tutti
nei loro posti” ”Non si preoccupi,agente segreto Smith. Io ho la mia personale, guidata dal
mio cocchiere di casa..seguirò il suo piano.”
Lo sceriffo trovò un accordo con Forrest che finalmente si era tranquillizzato .Dopo avergli
spiegato la sua strategia di cattura, i due finirono con una stretta di mano. Alla fine lo
sceriffo Adams era buono, non falso e corrotto come i suoi ufficiali; presto avrebbe capito
che il suo vero posto sarebbe stato nella squadra di Smith, non tra una marmaglia di
sudisti fanatici..
La notte a casa di Forrest era stata quanto mai turbolenta per il povero Bassey, che,
combattuto da mille pensieri, ancora una volta non aveva chiuso occhio.
Il sole stava ormai sorgendo nel cielo, lanciando i suoi tiepidi raggi sull’umida città. L’ora
dell’attesa partenza era arrivata. I cinque che dovevano catturare il signor Freeman erano
tutti pronti, mancava soltanto lo sceriffo che sarebbe arrivato a momenti. Erano tutti vestiti
alla stessa maniera, come fossero una squadra speciale di acchiappabanditi.
L’Ispanico, senza dubbio, era il più appariscente tra di loro: alto quasi due metri, con una
muscolatura quasi perfetta, sembrava un gladiatore dell’antica Roma. Purtroppo aveva
una faccia un po’ sfigurata, che rovinava il suo corpo perfetto; quand’era bambino lo
chiamavano Scarface; però, ormai da molto tempo, nessuno osava chiamarlo così.
Il suo sguardo era fisso su Bassey, che ad un certo punto si preoccupò di essere
continuamente fissato da quell’energumeno, e timidamente disse: ”C’è qualcosa che non
va,Ispanico??” ”Prova ancora una volta a chiamarmi così fratello, che ti incateno insieme
al tuo padrone” rispose burbero l’Ispanico ”Il mio vero nome è Jack, Jason Jack” “Scusa
Jack..” disse Bassey, vergognandosi ..”non sapevo che fosse il tuo vero nome..ho sentito
che ti chiamavano così..” ”Lo hai sentito, eh? Faccio paura a tutti. In verità, mi definisco
buono con chi è buono, e cattivo con chi è cattivo.. se qualcuno mi fa incazzare, non sto
sicuramente fermo..” ”Lo immagino”.rispose Bassey ”Vuoi sentire una bella storia,caro
Bassey? Così capirai di che pasta sono fatto” aggiunse l’Ispanico, fiero di sé ”Racconta
pure..” ”Un giorno stavo passeggiando sulle rive del Mississippi solo soletto..ad un certo
punto caddi in un’ imboscata..fui aggredito da tre uomini. Uno di loro mi ferì con una
pugnalata, così li presi tutti e tre , e, dopo averli ben pestati, li legai ad un albero con una
fune che avevo trovato per terra. Poi chiamai lo sceriffo che li portò subito in caserma..
venni presto a sapere che facevano parte del clan, ed erano stati ingaggiati per
uccidermi..” L’Ispanico sorseggiò un po’ di birra e poi, con una smorfia di disprezzo in
volto, disse:”Quanto odio i sicari.. caddi altre due volte in un’imboscata, entrambe le volte
non mi fecero neppure un graffio. Detesto il loro lavoro, ancora peggio se fatto male.”
L’ispanico terminò così il suo breve racconto, svuotando in un batter d’occhio il bicchiere di
birra che aveva in mano ”Birra..credo che l’uomo non abbia mai inventato una cosa più
buona..sei d’accordo, amico nero?” ”Non so dirti,Jack..non l’ho mai bevuta” ”Cosa?
Beh,allora quando sarai finalmente libero ,verrai con me. Ti farò conoscere i locali più belli
della città e anche le donne più attraenti. Ti piacciono a te, le belle donne, uomo nero?”
”Sì, ma..però sono già sposato..e questa birra la voglio provare!” ”Vuoi provarla? Devi
provarla !.E’ diverso.” Nonostante la sua stranezza e il suo spaventoso savoir-faire,
l’Ispanico era simpatico e generoso. Stava proprio a pennello seduto vicino a Mark che di
fatto era il suo opposto..piccolo, magro, con gli occhiali che gli davano un’aria intellettuale
e riservata: ”Vedi, Bassey” continuò l’Ispanico ..” Mark è un tipo che avrebbe bisogno..sì
insomma, guardalo” Bassey scoppiò in una risata. ”Ma dai Jack!” intervenne
Mark ..”Finiscila di dire stupidate.. poi che ne vuoi sapere te di quello che faccio la sera!”
”Ah, ma neanche mi interessa Mark, farai quello che vuoi, mica posso correrti dietro!.”
L’Ispanico amava prendere in giro..quando parlava, scherzava praticamente sempre. Non
risparmiava nessuno, neppure Forrest; infatti, quando stavano per partire, andò verso il
suo capo e gli disse: ”Bene caro vecchietto.. noi, quasi quasi , ci faremo una bella
corsetta, perché non vieni anche te?” La battuta di Jack causò una risata generale, ma
Forrest, noto permaloso, non la accettò con ironia: ”Ispanico..quando mai metterai la testa
a posto..pensa a far bene il tuo lavoro, altrimenti stavolta non vedrai scintillare neppure un
centesimo davanti a i tuoi occhi..ora vai!!” I sette si avviarono,uscirono dalla porta e
scesero la scalinata, affacciandosi sulla strada.. Bassey quasi non ci credeva..l’ora della
vendetta era arrivata..
La carrozza dello sceriffo guidava la piccola carovana diretta verso la casa del signor
Freeman. Bassey era seduto di fronte all’Ispanico, nella modesta carrozza di Mark, il
Pillola,che continuava imperterrito a spronare i suoi cavalli, acquistati al maneggio di
Jeoffry ad un prezzo spropositato. Di fianco a Bassey c’era l’agente Renard, anche lui di
notevole stazza, ma non quanto l’Ispanico .
Mentre viaggiavano, Bassey osservava dal finestrino le pianure e i campi che
circondavano la strada di ghiaia, restando in silenzio e contemplando il paesaggio di
campagna: vedeva qua e là costruzioni abbandonate e fattorie diroccate che rovinavano lo
splendido paesaggio illuminato dai primi chiarori dell’alba. Si rendeva conto che erano
state poche le volte che era riuscito ad osservare lo splendore dell’aurora che tingeva il
cielo e toccava il suo cuore. Pensava che quella poteva essere la giornata più bella della
sua vita, quella in cui avrebbe potuto raggiungere la libertà definitiva. Credeva anche che il
signor Freeman l’avrebbe duramente pagata, dopo quello che gli aveva combinato.
“Comincio a pensare di aver buttato al vento la mia vita, per colpa di quel bianco” disse
Bassey, interrompendo il suo silenzio ”Caro amico nero, credo che la tua vita inizi quando
riusciremo a prendere quel delinquente..e ce la faremo di sicuro,vero agente??” ”Ne sono
convinto anch’io” rispose l’agente Renard ”Caro Bassey, fidati! Vi salveremo tutti, costi
quel che costi..noi siamo duri a morire, anche di più del tuo signore..”
Le parole dell’agente Renard entravano dritte nelle orecchie di Bassey, rassicurato dalla
forza e dalla sicurezza della sua voce. Era ormai certo che questa volta ce l’avrebbe fatta
veramente. Nonostante ciò provava una sensazione di disagio e di sconforto, forse anche
per il vestito che portava che lo faceva somigliare ad un borghese ambizioso.
” Quel fiocchetto e quel cilindro ti fanno tanto chic” disse l’agente Renard, osservandolo.
”però, alla fine, coi tempi che corrono sono parecchi i neri vestiti come te. Come
saprai,poi, l’apparenza inganna .Infatti, quelli che si vestono come te ora, lo fanno solo per
essere alla pari coi bianchi..purtroppo sono dei poveri disgraziati.” ” Eh, lo credo anch’io”
rispose Bassey ” in più non sono abituato a questo tipo di indumenti..però Forrest mi ha
consigliato che per confondermi in mezzo alla gente era meglio così..” ”Sono delle
stupidate, amico nero! ” aggiunse l’Ispanico ” Credo che vestito così colpiscii ancora di
più..quindi cambiati quando sarà tutto finito” ”Sono d’accordo con lui, Bassey,” disse
Renard .. ”quando Forrest ti ha dato quel vestito ero un po’ perplesso, ma ho preferito
tacere. Forrest, comunque, mi ha dato qualcosa per te, in caso di necessità.”
L’ agente aprì il sacco di tela che teneva tra le ginocchia: ” Questi sono gli indumenti che
dovrebbe indossare la tua famiglia” disse l’agente, indicando i vestiti sgangherati contenuti
nella borsa:. ”Beh ,sono molto simili a quelli che portano i nostri amici italiani, decisamente
straccioni. ” Mentre Bassey guardava lo strano cappello che l’agente Renard teneva in
mano, alquanto dubbioso disse :”Italiani? Chi sono?” ”Europei d’ Italia” rispose l’agente
Renard, emettendo la tipica risata fragorosa. ”Un paese al di là dell’Atlantico, molto
lontano da qui.” ”E che vengono a fare questi italiani in America?” ”A lavorare, amico.
L’Italia sta passando un periodo economico delicato, destinato a perdurare per decenni.
Soprattutto nel Sud la povertà domina da padrona. Devi sapere, tra l’altro, che gli italiani
sono considerati i migliori amici di voi neri. Sono sì scappati dalla povertà, ma in realtà, se
avessero saputo com’era la situazione in America, avrebbero riflettuto prima di emigrare.”
”In che senso?” disse Bassey con aria perplessa ”Nel senso che secondo l’Europa,
l’America è la terra della libertà. E questo condiziona tutte le loro scelte. Sono manipolati
dallo Stato, amico mio. Vengono qui e lavorano come cani. Non sono per niente tutelati
dai loro capi, che delle volte ,arrivano a sfruttarli. Ma tutto sommato loro se ne fregano..
quando si vedono in giro, sembrano molto spensierati” ”Vorrei proprio conoscerne uno di
questi italiani, agente” disse Bassey ”Non ti preoccupare, credo che quando ti tireremo
fuori da quella fattoria, andrai da qualche parte a lavorare. E può essere che ne incontrerai
molti..”
L’agente Renard continuava a spiegare a Bassey il più e il meno sugli aneddoti di questi
italiani, e di quel paese a stivale sconosciuto agli occhi del povero nero..un paese che
avrebbe incrociato in futuro il destino della sua famiglia..
Le carrozze avevano cominciato leggermente a salire e all’orizzonte era a malapena
visibile un piccolo gruppo di alberi che interrompevano la pianura infinita del Mississippi.
La nuova visione portò Bassey ad interrompere di nuovo la conversazione dei suoi due
compagni di viaggio, che, nonostante l’impegno gravoso, erano più loquaci che mai.
”Ecco, proprio dietro a quel boschetto si trovano i campi di Sir Freeman” disse Bassey..
”Lì ho lavorato per quasi quarant’anni.” La carrozza avanzava sempre di più e il boschetto
si avvicinava, lasciando intravedere a tratti le mura di una vecchia casa che mostrava il
passare degli anni. Il tetto non era ancora visibile ma si poteva facilmente notare il fumo
del camino salire verso l’alto.
La carrozza dello sceriffo guidava le altre e stava per fermarsi, proprio prima della strada
che svoltava a destra e imboccava la via di casa Freeman. ”Eccoci arrivati signori” disse
l’Ispanico, in maniera compiaciuta ..”questa è proprio la parte che amo di più: la
cattura!..Ah,Ah!” ”Non gasarti troppo Jack, l’avventura è appena iniziata..” disse l’agente
Renard, mostrando tutta la sua serietà e la sua concentrazione nell’affrontare un caso così
complicato.
Smontarono dalla carrozza e insieme a Mark raggiunsero gli altri compagni che si
trovavano qualche metro più avanti, nascosti dagli alberi e dai folti cespugli. ”Bene
ragazzi!.” disse lo sceriffo ”Adesso ha inizio il gioco. Agiremo come ha detto l’agente
segreto Smith. All’inizio entreremo in scena io,l’’agente Renard e Dave. Andremo
direttamente a bussare alla porta di casa sua. Lui ci aprirà, e noi entreremo in tutta
tranquillità. Dovrà essere occultato il fatto che c’è anche Bassey con noi . Voglio evitare,
almeno all’inizio ,di portarvi tutti: questo creerebbe ancora più ansia nei due delinquenti, e
potrebbe comportare brutte sorprese. All’inizio almeno, è meglio agire in pochi” ”Scusi
sceriffo, e noi che faremo nel frattempo? Mica voglio restare con le mani in mano io! ”
disse spazientito l’Ispanico ”Tu non ti preoccupare..sarai utile nella seconda parte, quando
i due verranno portati nella carrozza di Mark. Lì li terrai a bada te,Jason Jack. Quello è il
tuo compito oggi.!” Una smorfia di delusione si materializzò sul volto dell’Ispanico che
,insieme alla lunga cicatrice sul suo viso, lo rendeva ancora più spaventoso “Non crede
che avrete bisogno di me lì dentro? Non si sa mai cosa potete trovare..” ”Non troveremo
assolutamente nulla..l’azione di oggi è stata organizzata in maniera repentina, nessuno è
al corrente di tutto ciò, fuorché noi.” Le parole dello sceriffo erano decise e sicure, come
se sapesse già l’epilogo della vicenda. Ma allo stesso tempo, dalla sua espressione
,traspariva molta preoccupazione. ”Devo dirvi , sinceramente, che questo caso è uno dei
più gravi che ho affrontato. Quindi fate molta attenzione a quello che vi dico. Nel caso in
cui non uscissimo entro dieci minuti, o se notate qualcosa di strano, agite come Forrest vi
ha insegnato. Siete noti in città, proprio per la vostra destrezza. Che Dio ci protegga!”
Lo Sceriffo aveva cambiato decisamente il suo temperamento, in pochi secondi, come se
un pensiero avesse agghiacciato la sua mente.
Si incamminarono sulla stradina, che cento metri più avanti terminava con la porta
d’entrata della famigerata casa. Dietro , Dave e l’agente Renard lo seguivano, a passo
sicuro: nessuno di loro immaginava cosa sarebbe successo dietro a quelle mura..
Lo sceriffo bussò più volte alla porta di casa Freeman. Nessuno sembrava rispondere .Da
lontano erano ben visibili delle sagome nere che si muovevano nella piccola fattoria,
adiacente all’immenso campo di cotone, incoltivabile a causa della stagione invernale.
La casa era circondata da qualche arbusto, sparso qua e là; sembrava di essere di fronte
ad un edificio abbandonato, se non fosse stato per il fumo che usciva dal camino che
rendeva il tutto più animato. Le mura dell’abitazione erano di un colore sbiadito, ed erano
interrotte da molte crepe.
Erano passati quasi due minuti, e nessuno aveva ancora aperto la porta .L’agente Renard
si stava innervosendo, dietro di lui ,invece ,Dave appariva stranamente tranquillo .Davanti
a loro lo sceriffo era in procinto di farsi strada da sé, quando una voce flebile uscì da
dietro la porta. ”Chi è là?” ”Sono lo sceriffo,signora..apra la porta..devo parlare con lei e
suo marito”. Dopo pochi secondi la porta si aprì e i tre entrarono in casa.
L’abitazione all’ interno , era tutt’altra cosa. C’erano molti quadri appesi al muro che
alleggerivano la monotonia della mobilia, di un colore scuro e fatta di un materiale
pregiatissimo, che però, rendeva il tutto più cupo.
Tra i quadri, allo sceriffo saltò all’occhio quello che raffigurava un omone alto e magro, e
quando realizzò che quell’uomo raffigurato non era altro che Abraham Lincoln, non riuscì
a trattenersi ..”Signora, quel quadro..veramente molto bello..devo dire che mi rende
alquanto perplesso.” La signora Freeman non rispose, avendo capito la gravità della
situazione: ”Senta signora, dove si trova suo marito?” chiese nuovamente lo sceriffo:
”Glielo ho già chiesto almeno due volte.” ll viso della signora Freeman divenne pallido e
spento, quando all’ improvviso, comparve un uomo scarno e minuto che nonostante ciò,
sembrava piuttosto sicuro di sé: ”Il signor sceriffo credo abbia altre faccende da sbrigare,
invece di venire a casa di un vecchio stanco e sfinito..vedete signori, io non me ne sto mai
a bighellonare, insieme a i miei operai lavoro sempre moltissimo..sono bravi, e io non mi
lamento di loro.” ”Ah, non lo metto in dubbio questo,signor Freeman ” rispose lo sceriffo,
senza cedere un attimo ” mi sembra invece strano che non siano loro a lamentarsi di lei!”
”Che cosa? Guardi signor sceriffo che loro vanno d’accordo con me, e sono pure
pagati..non mi venga a dire stupidate..c’è chi sta peggio!..” ”C’è chi sta peggio? Sì, certo
è vero..quelli che vengono frustati, certo, stanno peggio..a quanto pare lei si limita alle
bestemmie” ”Alle cosa?” rispose Sir Freeman, fingendo di non capire; poi, quasi avesse
afferrato quello a cui si riferiva lo sceriffo, aggiunse :”Ah, ho capito, lei è qui per via di quel
negro..ma lasci perdere sceriffo, quello non sa neppure dov’è..” ”Devo correggerla signor
Freeman..non sapeva dov’era..ora è al corrente di tutto..” replicò lo sceriffo, alzando il tono
della sua voce baritonale: ”Mi dica signor Freeman..lei si ricorda un certo anno 1865
quando i neri raggiunsero la libertà? Quando la schiavitù fu abolita in questo maledetto
paese? Se lo ricorda? Erano passati pure da lei quei soldati che al servizio del grande
Ulysses Simpson Grant avevano liberato New Orleans? Lei è stato fortunato,che allora
non avevano notato la sua abitazione..non so come sia riuscito a nascondere tutto signor
Freeman, comunque sia ,ora dovrà pagare per quello che ha fatto” ”Pagare? Se vuole le
pago un rhum sceriffo,e nulla più..” ”Magari quando uscirà di prigione, signor Freeman..ho
un mandato di arresto per lei e sua moglie..non sa quanto godo ad incastrare quelli come
lei.”
Il signor Freeman aveva perso di colpo il suo sarcasmo, e sul suo viso comparve un gran
sconforto. Nonostante ciò, c’era un che di bizzarro nel suo comportamento, come se
stesse celando qualcosa: ”In realtà caro sceriffo, merito di andare dietro le sbarre..ma se
solo sapesse che questo non accadrà mai, forse uscirebbe subito da questa porta..si fidi di
me!” ”Non uscirò mai di qui senza di lei signor Freeman.” Ma proprio in quell’istante, lo
sceriffo assistette alla scena più surreale della sua vita: una pistola era puntata verso di
lui..restò sbalordito, e dietro a lui pure l’agente Renard rimase senza parole..
“Dave? Ti è dato di volta il cervello? Metti giù quella pistola..” urlò lo sceriffo,alquanto
turbato ”No, sceriffo..non lo farò mai..ora si sieda.” I
In quel momento l’agente Renard fece un gran balzo per togliergli di mano il suo revolver,
ma con un colpo da maestro Dave lo colpì senza pietà: ”Cosa? Ma che ti prende Dave?
Non posso crederci!”
Lo sceriffo era rimasto costernato, e come lui lo stesso agente Renard, ora steso per terra
privo di sensi: ”Vede signor sceriffo..io sono stato sempre molto fedele a Forrest, ma
quando ho sentito che venivamo qui, non ho potuto restare con le mani in mano” ”Con le
mani in che.., Dave? Te sei pazzo.. ecco cosa sei..” ”Nessuna pazzia signor sceriffo..io
amo veramente il mio lavoro..ma non sopporto l’idea che il signor Freeman paghi per
quello che ha fatto..un vincolo molto forte ci stringe” ”Vincolo? Sono sempre più
confuso…” rispose lo sceriffo, aggrottando la fronte ”Sì,signor sceriffo, sir Freeman è mio
zio.”
Un brivido attraversò il corpo dello sceriffo, seguito da un tremito che lo agghiacciò
completamente ”Vede, signor Sceriffo..” continuò Dave ” ho perso i miei genitori quando
ero piccolo, e lo zio Billy mi ha molto aiutato..devo ringraziare anche lui se ora sono
diventato un uomo felicemente sposato..” Lo sceriffo aveva perso la facoltà di parlare, e
mentre Dave lo legava alla sedia, riuscì finalmente ad aprir bocca ”Negligenza, Dave..lei è
un negligente” ”I rapporti vanno al di là del lavoro, sceriffo” ”Del lavoro,ma non della
legge!!! Non ti rendi conto di quello che stai facendo?..Stai rischiando grosso Dave,
veramente grosso..” ”Chiuda quella fogna sceriffo, che i suoi vice gliela fanno sotto il
naso” intervenne sir Freeman prepotentemente ”Lei se ne stia zitto! Cosa vuole da me! Si
vergogni per quello che ha fatto..e per quello che continua a fare..!!”
Lo sceriffo era ormai completamente legato alla sedia, e non poteva più muoversi.
L’agente Renard nel frattempo aveva recuperato i sensi, anche se aveva un revolver
puntato alla tempia e doveva per forza ubbidire agli ordini di Dave.
”All’inizio, quando ho sentito che venivate qui, non sapevo cosa fare. Però alla fine ho
deciso e son venuto con voi” disse il traditore, mentre legava l’agente Renard, ancora
tramortito dal colpo ricevuto.
Nel frattempo la signora Freeman arrivò in salotto e per niente stupita, sorrise a Dave, in
segno di riconoscimento: ”Grazie ,Dave ,per quello che fai..sei un uomo forte e valoroso..
l’ ho sempre pensato, e sempre lo penserò.. non ti vedevo da tempo, ma a quanto pare
non sei cambiato.” ”Farei di tutto pur di difendervi,voi avete dato tanto a me..”rispose
Dave. ”E adesso che si fa, figlio mio?” disse Sir Freeman ”Ce ne andiamo?” ”Prenderemo
la strada sul retro alla svelta, e fuggiremo in città..starete a casa mia per un pò” disse
Dave. ” E loro?” ”Loro verranno con noi..conosco chi li può tener d’occhio.. nel frattempo,
li renderò innocui con le mie stesse mani.”
Lo sguardo di Dave esprimeva tutta la sua decisione,che si contrapponeva alla sua
spiccata sensibilità. I suoi occhi avevano spostato l’ attenzione su uno dei tanti quadri
appesi che raffigurava una donna bellissima che teneva per mano un bambino.
”Mia madre mi manca, zia,come non mai..” Dave era sul punto di commuoversi, ma dei
rumori attirarono all’improvviso la sua attenzione..sentì dei forti passi avvicinarsi, senza
capire bene da dove provenissero. Poi udì un gran tonfo..infine un grido che risuonò
nell’atrio di casa..non avrebbe mai voluto vedere quell’uomo avvicinarsi così, con quello
sguardo che mostrava un’ ira furiosa..e tantomeno avrebbe voluto mettersi contro di
lui..ma il momento era sfortunatamente arrivato per Dave, che immobile, osservava quella
figura avanzare, imperterrita, con lo sguardo basso e gli occhi puntati dritti verso i
suoi..Dave tremava, e preso dall’agitazione, tolse la pistola dalla custodia..ma era troppo
tardi..l’Ispanico aveva già afferrato il suo braccio sinistro..
“Sei talmente un vigliacco Dave che non voglio concederti neppure le ultime preghiere..”
disse l’Ispanico, mentre afferrava il traditore per il collo e lo gettava inesorabilmente a
terra. Dave sembrava inerme di fronte alla grandezza di quell’uomo che assumeva
parvenze quasi mostruose. L’Ispanico lo aveva steso,e Dave sembrava non riuscire ad
alzarsi. Ma proprio quando l’Ispanico stava per colpirlo di nuovo, Dave lo pugnalò ad una
gamba. Jason Jack emise un grido inaudito, simile a quello di un grosso animale ferito.
In quell’istante sir Freeman e la moglie corsero via, e presi dal panico più totale, uscirono
dalla porta del retro che si affacciava sui campi d cotone. Nessuno li aveva notati, visto
che Dave era intento nella lotta contro l’Ispanico che sembrava assumere dei contorni
sanguinosi. Infatti, Jason era più infuriato che mai. Si tolse il coltello dalla gamba,e lo
lanciò via. Il suo viso mostrava tutto il disprezzo che provava nei confronti di Dave, e non
aveva tempo per osservare gli altri due compagni che, legati alle sedie ,imploravano Jack
di liberarli. Dave tentò una fuga disperata, ma non aveva scampo .L’Ispanico lo prese e lo
mise a schiena contro il muro. Con un calcio disperato Dave riuscì a colpirlo all’addome,
liberandosi per un momento dalla presa. Ma c’era poco da fare per il traditore. L’Ispanico
reagì subito, da vero gladiatore, e lo afferrò per il collo: ”Prova un’altra volta a reagire,
ipocrita! E non vedrai più il sorgere del sole!”
Dave sembrava non udire queste parole e cercava di evitare i pugni di Jason Jack che
però non mollava di una virgola. La lotta continuò, e nessuno dei due cedeva il passo.
Nonostante ciò, l’Ispanico sembrava comunque rilassato.. ”Combattere con te, è di una
facilità estrema. Se non mi avessi colpito con quel pugnale, saresti già all’inferno.”
Dave non riusciva a rispondere, da quanto era impegnato nel reagire alle prese
dell’Ispanico che intanto rideva, ridicolizzando i colpi dell’avversario. Jason Jack si stava
quasi divertendo. Con un montante riuscì finalmente a mettere a terra il nemico, che
appariva ormai ko. Il combattimento sembrava aver raggiunto la sua fine; Dave era supino
a terra, privo di forze, pieno di lividi. Jason, dal canto suo, aveva una ferita profonda nel
quadricipite che lo rendeva claudicante .
Lo sceriffo e l’agente Renard, legati alle sedie, più volte avevano urlato all’Ispanico che i
due criminali se n’erano andati, e, quando la lotta finì, la risata del vincente Jason si
tramutò in un ringhio feroce, quando scoprì che Sir Freeman e sua moglie erano fuggiti:
”La pagherai ancora di più per questo..se non li troveremo, stai certo che ci vendicheremo
su di te vigliacco!!”
L’Ispanico continuava ad inveire contro il traditor che non riusciva più a parlare, ed era
steso per terra quasi esanime. ”Adesso basta Jason! ” disse lo sceriffo ”se no lo
ammazzi..liberaci per favore, ché le corde sono strettissime.”
Lo sceriffo ,finalmente liberato, andò a sentire il polso di Dave :” E’ ancora vivo..maledetto,
la pagherà cara..” Mentre Jason liberava l’agente Renard, lo sceriffo era intento a
meditare sul da farsi: ”Quindi sono usciti da dietro, quei bastardi..presumibilmente
avranno preso la carrozza per dirigersi sulla via che si trova dietro alla loro fattoria. Non
devono essere distanti, quindi dovremo muoverci. Quella via porta direttamente alla strada
che fiancheggia il Mississippi. Saranno sotto agli occhi di tutti. Bene ragazzi, andiamo.” ”E
di Dave,che ne facciamo?” domandò l’agente Renard: ”Assolutamente nulla,Philip!. Lo
lasceremo qui a marcire” intervenne l’Ispanico ”No, no, lui verrà con noi..” disse lo sceriffo
”Non mi fido a lasciarlo qui da solo. E’ un traditore,e verrà punito .Ah, povero Forrest, se
sapesse quello che è accaduto. Tradito da uno dei suoi uomini..del resto,è capitato anche
a me” aggiunse lo sceriffo ”Non è il momento per questi discorsi, sceriffo..dobbiamo
avvisare gli altri,ed andarcene alla svelta” ”E non solo” disse l’Ispanico ”Dobbiamo anche
trasportare la sua famiglia con le carrozze..” ”Lo sappiamo,Jason”rispose l’agente Renard
”è anche per questo che il tempo stringe..andiamo! ”
Uscironi dalla casa a passo veloce. In realtà l’Ispanico zoppicava e quindi era molto più
lento degli altri, inoltre portava Dave sulle spalle, legato a lui con un paio di manette che
l’agente Renard aveva sempre con sé.
Willy, Mark e Bassey erano ancora lì fermi all’inizio della stradina che portava a casa
Freeman. Quando i tre li raggiunsero, Bassey apparve alquanto confuso: ”Cos’è
successo? Dov’è il signor Freeman” ”E’ fuggito,caro Bassey..” disse lo sceriffo ”E a Dave
cos’è successo?” domandò Bassey ancora più incredulo ”Dave è un traditore..se non
fosse stato per l’Ispanico sarebbe fuggito anche lui.”
Lo sguardo di Bassey mostrò tutto lo stupore che in quell’istante sentiva dentro di sé:
”Ma..mi aveva salvato la vita..io non capisco” ”Neanche noi capivamo” aggiunse l’agente
Renard ”Ma quando mi ha steso per terra, abbiamo capito che faceva sul serio..è un
vigliacco”
Bassey restò alquanto allibito da tutto ciò, e si rattristì. Il suo sorriso, però, tornò presto,
pensando che di lì a poco avrebbe rivisto la sua famiglia. E allora, felice come un
bambino, disse ai suoi compagni: ”Ragazzi! Andiamo a prendere gli altri malcapitati?
Dobbiamo metterli al corrente della situazione..”
Bassey e gli altri si avviarono verso la piccola fattoria, che nonostante le sue dimensioni,
dava comunque molto lavoro. E videro un giovane correre verso di loro, urlando a
squarciagola: ”Papà!!”..e tutti osservarono Bassey che lo abbracciò e gli disse: ”Siamo
finalmente liberi figlio mio!!”..Tutti tacquero,e si lasciarono intenerire dalla situazione..
Bassey piangeva, e come lui suo figlio: era arrivato il giorno più bello della loro vita..
Il sole splendeva in un cielo più limpido che ma e il faggio spoglio che si distingueva
nell’orizzonte rendeva meno monotona l’immensa pianura . Il caloroso incontro di Bassey
si contrapponeva alla rigida mattina invernale. Persino l’Ispanico era sul punto di
commuoversi quando vide tutta la famiglia abbracciata: Sarah, Daniel, Esinam e Bassey
avevano formato un cerchio che sembrava ricordare qualche rito di una remota tribù
africana. Dietro di loro era visibile la figura di Zio Joe, che quasi disinteressato,
commentava il tutto con soliloqui impercettibili.
La madre di Bassey era ancora in fattoria a lavorare, ma quando vide con i suoi deboli
occhi che quello era suo figlio, emise un grido di gioia ed esclamò: ” Bassey!! Pensavamo
di averti perso, figlio mio. Non avrei retto il colpo, prima tuo padre poi te. Insomma,
menomale che sei vivo, figliolo.”
Emily era una donna consumata, a malapena sapeva distinguere una persona da cinque
metri. Faceva ormai fatica anche a camminare; le sue gambe avevano fatto migliaia e
migliaia di chilometri, avanti e indietro dai campi. In più era una donna sempre in
movimento, al contrario del vecchio Zio Joe che nelle ore libere si limitava a rubare le
bottiglie di vino dalla cantina di Sir Freeman; all’insaputa di tutti, andava nella sua baracca,
si sedeva e si ubriacava, dimenticando così, come diceva lui, la sua insulsa esistenza. Era
un tipo strano lo zio Joe; una volta era stato beccato da Sir Freeman con la bocca
attaccata al tubo della grondaia, mentre Daniel, sopra al tetto,svuotava due bottiglioni di
rosso. Ma questo era ancora poco. Infatti , lo stesso zio Joe raccontava che quando aveva
circa trent’ anni (al tempo lavorava nel sud-est della Virginia) era stato preso da un raptus
di follia; dopo essere entrato nella casa del suo padrone, aveva afferrato sua moglie per la
gonna, l’aveva trascinata fino in giardino, per poi gettarla sopra una pozzanghera. Lei gli
aveva detto, inferocita :”Perché hai fatto questo, brutto negro!!” E zio Joe rispose:”Perché
te lo meritavi..brutta strega!” Venne frustato per una settimana intera. Il bello è che ne
andava fiero, e in maniera altrettanto fiera mostrava a tutti i lividi che gli erano rimasti. Era
incredibile..
Comunque sia, tutti quanti si erano affezionati a Zio Joe. Persino Sarah che quando era
piccola non lo sopportava perché la spaventava continuamente. Ma alla fine aveva
cominciato a conoscerlo. Ammirava in particolare la sua lungimiranza nelle previsioni del
tempo. Se infatti Zio Joe diceva che l’indomani era sereno, sicuramente il giorno dopo
non si vedeva una goccia di pioggia. Se Zio Joe prevedeva l’avvento di un temporale, era
in arrivo! Un giorno Daniel gli domandò come facesse a non sbagliare mai, e lui gli
rispose: ”Figlio mio, anni e anni di duro lavoro nelle piantagioni all’aria aperta, sotto un
sole cocente o una forte grandinata. Si tratta dei negri del Sud-Virginia..anni ’40,...c’era a
malapena tua nonna. “
Sicuramente il vecchio zio Joe era uno degli uomini più longevi d’America. Lavorava da
più di ottant’anni, però ora la sua vita da schiavo era incredibilmente finita..e nella libertà
poteva finalmente godersi gli ultimi anni della sua lunga esistenza..
“Bene signori, adesso è meglio che ce ne andiamo. “ disse lo sceriffo Adams, realizzando
che il tempo passava in fretta: ”Quei due farabutti saranno già in città a quest’ora,ma
comunque li troveremo, ne sono certo.”
La figura dello sceriffo si distingueva tra le altre; il suo cappello, e il suo foulard gli davano
l’aria di un duro cowboy. Il suo vestito era sicuramente diverso da quello che portava la
famiglia di Bassey, che appariva così come era, povera, ma finalmente libera. Poi c’erano
i cinque uomini di Forrest; o meglio i quattro fedeli e il traditore. Erano vestiti tutti uguali .
L’Ispanico e Dave, in realtà, apparivano diversi; infatti, le macchie di sangue sui loro
cappotti, e i pantaloni lacerati, erano la traccia della dura lotta che li aveva visti battersi
l’uno contro l’altro. Ora si trovavano di fronte, nella stessa carrozza, erano pronti per
partire. C’era anche l’agente Renard lì con loro, e insieme a Jason Jack, osservava
attentamente Dave che pian piano stava risvegliandosi. Aveva riacquistato appena
conoscenza, ma sembrava non ricordarsi che cosa fosse successo prima: ”Ciao
Ispanico,ma dove siamo? Alla fine com’è andata? E Forrest dov’è?” ”Non rivolgerti a me
come se fossi un tuo amico, Dave, e ti giuro che ‘sta volta ti ammazzo…”
La risposta di Jason Jack era più chiara che mai, ma Dave sembrava non aver recepito:
”Certo che sei veramente brutto alla luce del sole, Jason..menomale che di solito
lavoriamo di notte.”
L’Ispanico, offeso dalla pesante ingiuria, si alzò per picchiarlo, ma quando toccò il soffitto
della carrozza, poco ci mancò che si ribaltasse. Anche grazie all’agente Renard,che qui
agiva da deterrente, l’Ispanico si calmò, nonostante avvampasse d’ira che traspariva dalle
occhiate che lui lanciava al traditore. Per tutto il viaggio il clima nella carrozza che guidava
la piccola carovana, non era sicuramente dei migliori. L’ambiente era decisamente più
tranquillo, invece, in quella dove sedeva la famiglia di Bassey.: ”Quando abbiamo visto che
al ritorno di Sir Freeman non c’eri, papà, avevamo temuto il peggio..” disse Daniel, il
primogenito.. “poi abbiamo chiesto al signore il motivo della tua assenza, ma non ci ha
risposto..pensavamo ti fosse successo qualcosa di grave.” ”Per niente,Daniel,” rispose
Bassey ”ho incontrato dei neri, come noi, sulle strade della città. Loro mi hanno subito
aiutato. E mi hanno portato da un certo Forrest Smith. Non mi sembrava vero all’inizio, ma
poi ho capito che la libertà era veramente a portata di mano.” ”Ma come mai secondo te
papà il signor Freeman non ci aveva detto che potevamo andarcene via?” chiese Sarah,
con l’innocenza che soltanto una bambina possiede ”Figlia mia, devi sapere che il signor
Freeman ci ha tenuti all’oscuro. E poi quelli che venivano a controllare erano tutti agenti
corrotti. Non brava gente come lo sceriffo.” ”Ah, ho capito. E dove andremo adesso?”
”A casa di Mark, figlia mia. Lì ci ospiterà per un pò, poi Forrest ci manderà da qualche
altra parte.” ”Ma come faremo a starci a casa sua ? Siamo in sei..!” aggiunse Esinam
“Credo, moglie mia, che non ci saranno problemi .Alla fine abbiamo vissuto quarant’ anni
da schiavi; quindi ne abbiamo viste di peggio. Poi da come mi ha detto Forrest, casa sua è
molto grande.”
Sul viso di Esinam trasparì un sincero sorriso che mostrava tutto l’amore che provava per
il suo uomo. Si erano conosciuti proprio lì, nei campi di Sir Freeman; lei era stata portata
dalla Virginia insieme allo zio Joe negli anni ’60, poco prima della guerra civile. Aveva solo
tre anni quando arrivò alla fattoria, e non le era rimasto nessuno, se non lo Zio Joe, al
quale era molto legata: ”Chissà cosa starà raccontando lo zio allo sceriffo, nella carrozza
qui dietro” aggiunse Esinam: ”Lo starà sicuramente intrattenendo con i suoi bizzarri
aneddoti..”
In effetti,nell’ultima carrozza della carovana, zio Joe continuava a parlare, e mai non si
sarebbe fermato se non fosse stato per Emily che ogni tanto lo redarguiva: ”Dai Joe,non
vedi che stai annoiando lo sceriffo? Lascia stare” ”No, no,signora” rispose lo sceriffo
Adams ”Non mi sta per niente annoiando. Lo lasci pur parlare, del resto è il giorno più
bello della sua vita” ”Ma che ne sa lei della mia vita, sceriffo?”rispose zio Joe,
rinunciando alla reverenza dovuta verso un pubblico ufficiale ”Lei non ha mai vissuto da
schiavo. Ci sono stati dei momenti indimenticabili, quando ero giovane. Certo, questo è
sicuramente un bel giorno. E da qui in avanti,credo che non combinerò più nulla.
Ottantatre anni sono parecchi, signor sceriffo, e forse lei potrà guardarsi indietro a
quell’età, per vedere se avrà raccolto qualcosa di utile. E sarà in quel momento che si
renderà conto di quant’è assurda l’esistenza. Sempre se arriverà a ottantatre anni…”
Lo zio Joe terminò così il suo discorso, lasciando un silenzio di tomba nella piccola
carrozza. Poi, osservando il paesaggio, si rese conto che la fattoria di Sir Freeman era
ormai un puntino all’orizzonte. La carrozza intanto aveva imboccato una nuova stradina, e
aveva decisamente rallentato la sua corsa a causa della zona paludosa sulla quale era
andata ad imbattersi. Dopo poco tempo lo zio Joe osservò ancora fuori dal finestrino e si
rese conto che davanti a loro si apriva uno scenario diverso; la pianura, insieme ai suoi
campi veniva attraversata da un grande corso d’acqua; si potevano notare le barche che
passavano lentamente nel fiume e il fumo salire dagli enormi camini dei piroscafi. Il sole
era ormai alto nel cielo e si rispecchiava nel grande fiume; le carrozze erano arrivate sulla
strada principale, la River Road, una delle strade più trafficate. La carovana svoltò a
sinistra, e alla loro destra si distendeva il Mississippi che mostrava i suoi larghi e lunghi
meandri. Da lontano nella foschia erano visibili le prime case, e dietro di loro si estendeva
la storica città di New Orleans..
Le carrozze avevano imboccato la Bourbon Street, per giungere finalmente a casa di
Forrest. L’esito della trasferta era stato positivo, trascurando il fatto che Dave si era
svelato traditore e che i due criminali erano scappati via senza lasciare alcuna traccia. In
realtà, come ripeteva di continuo lo sceriffo al vecchio zio Joe, sarebbero stati presto
sgominati..: ”Vedrete, cari signori,che quei delinquenti non la passeranno liscia. Il nostro
lavoro infatti, non è finito. Prenderò qualche uomo di fiducia e ritornerò stasera stessa in
quella casa. Li aspetterò fin a quando non tornano. Mica mi faccio intimorire…”
Il viso dello sceriffo Adams esprimeva tutto il valore e le virtù di un uomo di potere, fiero di
assumere un ruolo da protettore per la sicurezza dello Stato. ”Lo spero sceriffo!!” disse
Joe, per niente stupito della sua affermazione ”Quei due la devono pagare!! Io avrei potuto
costruirmi una famiglia e avere un bel lavoro!! E invece? Ho dovuto per quarant’anni dar
da mangiare ai maiali e alle galline di quel Freeman. Con quale compenso?
Assolutamente nessuno..spero almeno di vivere altri vent’anni, per rifarmi un po’. ”
Lo sceriffo si intimidiva quando parlava lo zio Joe, come segno di rispetto nei confronti del
vecchio. Invece nonna Emily scuoteva la testa, o al massimo sospirava, abituata com’era
alle lamentele di un povero anziano prossimo quasi al centenario.
Mentre lo zio Joe continuava a proferire parole su parole, le carrozze si erano già fermate.
”Siamo arrivati. Quella è la casa dell’agente segreto Smith. Vedrete che uomo di grandi
valori” disse lo sceriffo.
Tutti si avviarono verso il portone di casa e della gente incuriosita si fermava ad
osservare, forse attratta da quei strani vestiti che loro portavano, dalla divisa dello sceriffo,
al completo pseudo- borghese di Bassey. Fu lo stesso Forrest ad aprire e rimase quasi
eccitato nel vedere così tanta gente: ”Bene signori! Ottimo lavoro! Entrate, entrate! E il
signor Freeman? Lo ha già messo in cella signor sceriffo??”
Lo sguardo di tutti era rivolto verso Dave. Quando Forrest si accorse che era ferito, e con
le manette ai polsi, restò allibito: ”Beh? Cos’è successo a Dave? Non mi è molto
chiaro..Ispanico, lascia subito andare quel povero ragazzo” ”Forrest” disse con calma lo
sceriffo ”Dave è un traditore..ha difeso i signori Freeman fino all’ultimo, arrivando persino a
pugnalare Jason Jack..alla fine sono scappati..e..” Lo sceriffo non riuscì neppure a finire la
frase. Forrest era già di fronte a Dave,e con un’espressione grave guardò dritto negli occhi
il traditore che abbassò lo sguardo: ”E’ vero, David,quello che dicono?” disse Forrest.
Dave non rispose e così Forrest alzò il tono della voce: ”Perché hai fatto questo!! Io mi
sono fidato di te!! Non ci posso credere..veramente,non ci posso credere, Dave, sei un
vigliacco!”
Dave non rispondeva, ma dal vuoto del suo silenzio uscirono parole sommesse: ”Era mio
zio” disse Dave. Lo sguardo di Forrest cambiò improvvisamente, e un forte sospiro
mostrava come fosse combattuto da pensieri contrastanti. Ma poi, con voce decisa,
aggiunse: ”Esci subito da questa casa,e non farti vedere mai più, Dave!”
Le parole di Forrest risuonarono nelle orecchie di tutti, creando una confusione generale.
Tutti si guardavano, stupiti dall’affermazione di Forrest, e come il solito, fu lo sceriffo ad
intervenire ”Non credo sia il caso, Forrest, di lasciare a piede libero un traditore come
quest’uomo. Lascia che lo porti in caserma..fidati di me” ”No,sceriffo! Come le ho detto
anche ieri, il caso è mio. Liberatelo, e lasciatelo andare. E’ un vigliacco; e come lei sa,
signor sceriffo, ce ne sono tanti in questo paese.” Lo sceriffo rimase ammutolito,
realizzando che la frase era rivolta ai suoi agenti corrotti, e fu costretto a togliergli le
manette. L’Ispanico non era d’accordo, ma visto il rispetto che provava per Forrest,
accondiscese. Dave fu liberato, e prima di andarsene fu fulminato da un’occhiata: quella
dell’Ispanico. Uno sguardo che parlava da solo: Jason Jack si sarebbe vendicato..
“Bene signori! Non pensiamo a quel farabutto. David Jackson ci ha traditi, ma i compenso
abbiamo raggiunto il nostro scopo, cioè liberare Bassey e famiglia. Complimenti ragazzi! “
Forrest si rivolgeva ai suoi uomini come un vero boss. Del resto era la persona più
rispettata all’interno di quella casa, mai così affollata di gente. Da zio Joe all’Ispanico, tutti
ascoltavano con interesse i suoi discorsi persuasivi. Nonostante ciò, la famiglia di Bassey
si sentiva disorientata. Nessuno di loro aveva ancora parlato, a parte lo zio Joe, che
appariva il più sveglio di tutti. Forse era quello meno preoccupato, perché finalmente non
avrebbe più lavorato, vista la sua età. Seduta vicino a lui c’era la piccola Sarah, che
guardava con curiosità la piccola biblioteca di Forrest, situata dietro di lei. C’ erano libri di
tutti i generi: dalla letteratura alla scienza, dalla religione alla filosofia. Sarah fu attratta da
uno di quei libri, forse il più grosso della collezione di Forrest, e probabilmente il meno
usato, dallo strato di polvere di cui era coperto. Senza indugiare interruppe la lunga
conversazione di Forrest: ”Scusi signore, che cos’è questo libro? E’ grossissimo,come fa
a leggerlo tutto?” ”Quella è la Bibbia, piccola mia..” rispose Forrest ”.. non mi sono mai
applicato nella lettura di quel libro. Anche perché mi annoierei a morte. Devi sapere che
parla di religione, il che non fa parte dei miei credi. Preferisco la letteratura criminale che
si addice di più al mio lavoro..sempre se sai cos’è la letteratura criminale..” ”No, signore!
Non lo so..io non so neppure leggere” rispose Sarah ”Beh,allora, vedrai che imparerai
presto. La tua vita è lunga, piccola mia! ”
Forrest prese un libro tra gli scaffali della sua biblioteca, fine e molto consumato: ”Qui
sono contenuti i racconti di Sherlock Holmes, il grande investigatore. E’ l’unico libro che
non mi stanco mai di leggere. Ho imparato molto da qui.” ”Chi è Sherlock Holmes?”
domandò incuriosita la bambina. ”E’ un personaggio immaginario. In questi racconti, riesce
sempre a sgominare i criminali, battendo la concorrenza degli agenti di polizia. E’ un po’
come la mia squadra. Nel senso che noi, a differenza degli agenti ufficiali, facciamo il
nostro dovere, e riusciamo quasi sempre ad arrivare al delinquente. Certo in maniera
diversa, e in ambiti diversi.” ”Ah,ho capito! Quindi voi andate alla ricerca dei cattivi?
Anch’io voglio diventare come lei signore!! O magari anche come Kerlock Homs!!”
La gaffe di Sarah fu accolta da tutti con una risata. Persino Esinam e Bassey ridevano,
osservando con tenerezza la loro figliola, che intanto proseguiva nei suoi discorsi
fantasiosi: ”Sì signore! Anch’io voglio incastrare i cattivi! Mi sento forte, signore” ”Ne sono
certo” disse Forrest sorridendo ”Credo che diventerai una famosa investigatrice.”
Mentre Forrest discorreva sul più e sul meno con la piccola Sarah, sua moglie aveva
terminato di preparare il buffet , e tutti erano pronti a festeggiare il primo giorno di libertà di
Bassey e famiglia.
Il crepuscolo stava ormai giungendo e la festa si prolungava. Il primo a lasciare casa
Smith fu lo sceriffo,che alquanto su di giri, scese le scale e cadde per terra. Per fortuna
rimase illeso, e subito si rialzò,senza volgere lo sguardo all’indietro. Se ne andò con la
sua carrozza, guidata dal cocchiere che lo aspettò per almeno quattro ore.
Visto che si faceva tardi, anche Mark pensò di partire, insieme alla famiglia di Bassey che i
avrebbe ospitato per un po’ a casa sua. Forrest però non era d’accordo,in quanto doveva
spiegare a Bassey delle cose importanti riguardo al futuro della sua famiglia: ”Mark,
dovete restare ancora qui, mi dispiace. Posso capire che è stata una giornata pesante, e
che volete riposarvi,ma è necessario che spieghi a Bassey e a tutti gli altri delle faccende
essenziali .” ”Va bene Forrest, va bene..parla pure..” rispose Mark, abbassando gli occhi
”Bene..allora cari amici neri.. innanzitutto ho trovato già un lavoro per te Bassey e per tuo
figlio Daniel. Andrete a lavorare alla falegnameria di James, il padre di Abrahm, caro
Bassey, che tu hai personalmente conosciuto. Siete stati fortunati perché stava proprio
cercando due operai che fossero in gamba, e io ho pensato subito a voi due . Per quanto
riguarda lei, Esinam, credo che potrebbe occupare tutto il suo tempo per Sarah. E’ una
ragazzina che avrà futuro, e manderò personalmente io qualcuno che possa istruirla.
D’accordo?” ”Certo signor Smith” disse Esinam, rompendo il suo lungo silenzio..
”. .non possiamo che essere d’accordo con lei” ”Grazie signora...poi riguardo a lei, zio
Joe e a lei, Emily, credo che possiate godervi finalmente tutta la libertà. Sempre se non
volete ancora lavorare..” ”Lavorare?” intervenne lo zio Joe ” Mai più! Adesso passerò il
mio tempo in baldoria, signor Smith..non farò assolutamente più nulla.” ”Non essere così
drastico, Joe” disse Emily ”ci darai una mano a casa..”
Il viso di zio Joe assunse una strana smorfia, che mostrava tutta la sua disapprovazione:
”No ,Emily..siete tre donne a casa, io non servo a nulla. Un povero vecchio quasi
novantenne.. dai Emily! Stattene zitta piuttosto!..”
Emily rimase offesa dalle parole del vecchio, mostrando così tutto il suo lato femminile.
Oltre a Zio Joe, era l’Ispanico a vivacizzare un po’ la festa; insieme all’agente Renard, di
fatto, aveva finito tutto l’alcool che c’era: ”Non preoccuparti, nonnino. Ti porterò io a
festeggiare…ti divertirai!!” disse Jason Jack rivolto a Zio Joe ”Grazie Ispanico, o come ti
chiami. Mi sei subito piaciuto. Credo che andremo d’accordo!..” ” Certo che pensi solo a
bere e ad andare a donne, Ispanico..” intervenne Forrest, con la solita freddezza.
”Cosa Forrest?” replicò Jason Jack, in maniera turbata ”Senza di me non avremo liberato
nessuno, caro Forrest. E non voglio vantarmi..in più, a quanto pare, devi sempre criticare
le mie azioni.. beh, sai cosa ti dico? Io mi tiro fuori dalla tua squadra..e tieniti le tue critiche
da suocera..addio!”
L’Ispanico, dopo un ringhio di rabbia e una birra bevuta a goccia, se ne andò via infuriato,
senza salutare nessuno. Sbatté la porta tanto violentemente da far cadere un piccolo
specchio, appeso saldamente al muro.
”L’alcool ha preso il sopravvento su di lui, caro Bassey” disse Forrest, mostrando una certa
indifferenza ” Comunque ,caro Bassey, tornando a noi..te e tuo figlio siete a posto, nel
senso che vi ho già trovato un’occupazione. C’è un’altra cosa di cui ti devo parlare.
Riguarda il vostro cognome, che momentaneamente sarebbe Freeman. Penso che
dobbiate cambiarlo. Ereditarlo da quel bastardo è un’ offesa per te e la tua famiglia.”
”Sono d’accordo Forrest. Quindi possiamo deciderlo noi..dovremo pensarci..” ”No caro
Bassey., lo devo sapere subito..domani andrò a fare i vostri documenti..” Ho capito…
lasciaci cinque minuti,e te lo diremo.”
I sei neri si riunirono in cerchio, e dopo pochi secondi, senza troppe discussioni, Bassey
disse: ”Abbiamo scelto, Forrest. Noi saremo la famiglia Foroo. Questa parola significa
“uomo libero ” nella nostra lingua d’origine. Era mio padre che faceva spesso uso di
questo termine, e credo sia un tributo nei suoi confronti. Sarebbe sicuramente contento se
fosse qui. ” Il viso di Bassey diventò serio, mentre scavava in ricordi lontani.
”D’accordo Bassey. D’ora in poi voi sarete la famiglia Foroo. Sarete di sicuro gli unici che
porterete questo cognome, almeno in America.” Bassey fu felice di questo nuovo
appellativo, che avrebbe distinto varie generazioni della sua famiglia. ”Libera” era la sua
stirpe, e per sempre lo sarebbe stata..
Mark e la famiglia Foroo uscirono da casa Forrest quando comparivano le prime stelle.
Percorrevano Bourbon Street e osservavano i saloon e i vari bar che si affacciavano sulla
strada. La via era abbastanza affollata, ma non quanto sarebbe stata a notte fonda. Le
lanterne erano già accese, e insieme alle melodie musicali che uscivano dai locali,
rendevano il tutto più magico.
Erano ormai arrivati all’incrocio con Canal Street, la via più grande della città. Questa
divideva la parte coloniale di New Orleans dai quartieri americani, quelli del nuovo
business. Bassey rimase stupito quando vide la “streetcar” centrale, una primitiva linea
tramviaria, che era fiancheggiata a destra e a sinistra da due lunghe file di carrozze a
traino animale. A questo via vai confusionario si aggiungeva la gente che passeggiava sui
marciapiedi che costeggiavano i moltissimi negozi della via, ritenuta da tutti lo “Shopping
Center” della città.
La casa di Mark si trovava su una stretta via vicino al porto, in fondo alla Canal Street.
Avevano girato l’angolo sulla Saint Charles Avenue, altra storica via della città e poi
avevano proseguito ancora verso sinistra. Di fronte a loro si affacciò un’abitazione,
grande e maestosa, che mostrava un’ architettura particolare, più simile alle case del
French Quarter che a quelle del Central Business District… Mark riferì a Bassey che era
stata ristrutturata da suo padre verso il 1890; era stata voluta così da lui, vista la sua
ammirazione nei confronti dei francesi.
“Devi sapere che mio padre era un fanatico napoleonico.“ disse Mark ”Diceva sempre che
Bonaparte era stato il più grande imperatore di tutti i tempi, e che la Francia al tempo ,era
la nazione più forte al mondo. L’unica cosa che aveva fatto di sbagliato Napoleone,
secondo lui, era vendere la Louisiana e New Orleans agli Stati Uniti. Mio padre era uno
sfegatato filofrancese.. devo dirti che non l’ho mai capito..”
Mark aprì il portone di casa; all’interno l’abitazione appariva come una reggia: araldi e
quadri, erano appesi alle mura interne. Al centro un grande tavolo, circondato da almeno
dieci siede ”Quante persone abitano qui?” chiese Bassey perplesso ”Io con mia madre,
insieme al maggiordomo, caro Bassey. Mio padre è spirato anni fa e i miei fratelli sono in
Europa. La casa è stata ereditata da lui.. lavorava al porto..così mi diceva. Ma tutti
sapevamo che era all’interno di loschi traffici. Altrimenti non avrebbe fatto tutti quei soldi.”
”E tua madre?” ”Mia madre se ne stava sempre zitta. Faceva sempre quello che lui le
ordinava. A volte la picchiava..povera mamma!. Ora però sta bene, forse sta passando gli
anni più tranquilli della sua vita.”
Mark parlò per minuti di sua madre e della sua famiglia, e nessuno era intenzionato a
interromperlo. Neppure lo zio Joe che aveva nella loquacità una delle sue armi migliori.
Forse perché era rimasto esterrefatto dallo splendore della casa. Infatti, da un po’
esaminava intorno, e aveva fissato lo sguardo su un lampadario a cristalli che scendeva
dal soffitto. Finalmente, dopo un lungo silenzio, aprì bocca: ”Mark, quanto hai speso per
quell’affare appeso lì sopra? Io veramente non capisco, buttar via tutti questi soldi così.
Ma andate fuori a divertirvi!” ”Caro zio Joe” rispose Mark ”deve sapere che quello l’ha
preso mio padre. Se l’ è fatto portare dall’Europa. Io personalmente ho lasciato tutto
com’era. Nulla è stato toccato.”
Zio Joe come al solito esprimeva tutti i suoi pensieri, senza riflettere su quello che diceva.
Loquace e sincero. Così era lo zio Joe. Un po’ l’opposto di Bassey che invece si limitava
spesso a discorsi concisi e mirati: ”Devo dire caro Mark, che questa casa assomiglia
all’interno di un castello. Ne avevo visto uno su un quotidiano un giorno, e ne ero rimasto
colpito” Proprio a quel punto,Bassey udì un rumore di passi provenire dal soffitto. Una
signora stava scendendo le scale che portavano al primo piano; aveva una lunga veste
verde, e indossava un cappello bianco.
“Quanta gente, Mark! Chi sono questi africani? Scusate ma proprio non vi conosco!
”Africani?” Rispose lo zio Joe.. ”Siamo più americani di lei signora,si fidi di me. E’ da
novant’anni quasi che cammino sul suolo americano, e mai nessuno aveva osato darmi
dello straniero. Si vergogni!!” ”Mi scusi,signor ospite. Non sono abituata ad accogliere neri
dentro casa mia. Ma fate pure con comodo! Io e mio figlio siamo molto accoglienti, diversi ,
da com’era suo padre”
La madre di Mark giunse in soggiorno, e fu presentata a tutta la famiglia Foroo.
Nonostante la battuta iniziale, appariva molto gentile e socievole: ”Signori, lieta di avervi
come ospiti. Per quanto rimarrete qui a casa?” ”Non lo so signora” disse Bassey,
prendendo la parola ” Dipende quando Forrest ci troverà casa. Lo spero presto,almeno
per voi.” ”No,non si preoccupi caro giovane. Restate quanto volete. Poi c’è anche una
bambina qui con voi..adoro i bambini .”
La signora guardò Sarah con un sorriso a trentadue denti, per la verità molti di meno,visto
la sua età. La piccola però si nascondeva, intimidita, dietro la gonna di sua madre, forse
anche per il volto della signora che appariva cadaverico e scialbo
”Non aver paura, piccola mia..non ti faccio mica del male!!”
Lo sguardo della signora poi si diresse verso Daniel: ”E tu invece? Qual è il tuo nome?”
”Mi chiamo Daniel,signora.” ”No,non chiamarmi Signora. Chiamami Lolly. ..sei un bel
giovine,caro Daniel. Presto troverai moglie..”
L’amabilità di Lolly superava tutti i limiti, ma a quanto pare non piaceva al vecchio Zio Joe
”Ma che moglie! Non vede che è ancora un bambino? Che impari a leggere e a scrivere
prima, poi potrà anche sposarsi..ha tutta la vita davanti, il mio ragazzo” ”Dai zio Joe”
intervenne Bassey ”non turbare la signora.” Zio Joe sospirò,e scosse la testa.
Mentre Zio Joe discuteva a dritta e a manca, dalla porta che portava in cucina,uscì il
maggiordomo.. ”Desiderate qualcosa,signori?” ”Si Bryan” rispose Mark ”portaci dei
biscotti e del thé. Credo basti così, per intanto” ”Ma , la cena figlio mio? Dovranno pur
cenare.” disse Lolly cordialmente ”No mamma, abbiamo già mangiato abbastanza. Ora li
potresti accompagnare di sopra, così mostri a loro le camere” ”D’accordo figlio mio..come
vuoi te.”
Lolly si avviò verso le scale, facendosi luce con un candelabro. Era seguita da Bassey e
famiglia. Con loro avevano solo un paio di borse che contenevano qualche ricordo e pochi
vestiti. Erano arrivati al piano di sopra, che era coperto da una moquette stile inglese.
C’erano varie porte, tra cui una in fondo, più grande delle altre: ”Quella è camera mia. Ora
sono sola, lì dentro. Una volta c’era mio marito.. era l’inferno!”
A Bassey tornò in mente quando Mark gli disse che veniva picchiata. Infatti notò che sul
suo collo erano visibili varie contusioni, segno della violenza che subiva dal marito.
”Quell’uomo” disse Lolly ”a volte mi manca..ma devo dire che è meglio così e poi..”
Un cigolìo alla porta del piano terra interruppe il discorso di Lolly: ”Bene signori! Sistemate
pure le vostre cose nelle camere, e scendiamo…il maggiordomo è appena uscito dalla
cucina, il the è pronto”
Lolly aspettò che Bassey e gli altri sistemassero le loro cose,e dopo pochi secondi
scesero tutti insieme in salotto. Il maggiordomo aveva appoggiato già il grande vassoio, e
distribuiva le tazze sul tavolo. La famiglia Foroo era pronta a gustarsi il the, il primo da
quando erano liberi..e sicuramente non l’ultimo.
Era ormai giunta domenica, e già tre giorni erano passati da quando Bassey e gli altri si
trovavano in quella maestosa abitazione. Mai erano stati a riposo così tanto nella loro vita .
Lo zio Joe era il più felice di tutti; usciva tutte le sere con Jason Jack, l’Ispanico. Amava
quel tipo di vita, a differenza degli altri che lo definivano un alcolizzato. Infatti, quando
tornava a casa, svegliava sempre tutti: cadeva per terra, e intanto rideva..arrivava sempre
in condizioni pietose.
In realtà Zio Joe non sembrava avere 83 anni, ne dimostrava molti di meno. Anche per
quanto riguarda il carattere, era il più arzillo dei Foroo.
Quella domenica, mentre tutti erano in sala da pranzo a mangiare, Zio Joe se ne stava a
letto, a riprendersi dalla sbornia del giorno prima. Il maggiordomo Bryan aveva preparato il
suo piatto tipico, gamberi con patate. Bassey, preso nel gustarsi quel piatto prelibato, non
aveva aperto bocca per tutto il tempo. Soltanto verso la fine parlò, troncando
bruscamente i discorsi degli altri: ”Stasera c’è il concerto dei “Fraternity” sulla Bourbon
Street. Ci andrò di sicuro” ”Ma Bassey” rispose Esinam ”domani è il tuo primo giorno di
lavoro!! Dovresti riposarti..” ”Ma dai mamma!” interloquì Daniel ”E’ da tre giorni che siamo
rinchiusi qui dentro…Alla fine, finito il concerto, torneremo a casa..” ”Cosa? Voi due da
soli? Volete finire male? Bourbon Street è lontana da qui, e poi farete fatica a trovarla,
mica conoscete la città” ”Non si preoccupi signora Foroo..” intervenne Mark ”..li accompagnerò io!. Poi non devono proprio perderselo questo concerto, sono veramente degli
ottimi musicist . Li ho visti suonare più di una volta. Poi c’è questo Jim..si vede che la
musica ce l’ha nel sangue. Scrive tutte le canzoni, e se non bastasse, è anche un ottimo
chitarrista” Il discorso di Mark era stato chiaro, e Esinam non aprì più bocca. Infatti
parlava solo per redarguire Bassey e suo figlio, e durante il resto del tempo sembrava
muta. Forse era intimidita dai bianchi, visto che li vedeva ancora come fossero dei
padroni. Di tutt’altro avviso era invece lo Zio Joe che nel frattempo scendeva le scale, in
maniera esageratamente rumorosa.. ” Buongiorno giovani e vecchi! Fate colazione? Oh,
scusate..non pensavo fossero già le tre” ”Buongiorno Joe” disse Lolly ”Se vuoi c’è ancora
qualcosa da...” ”Ah vecchia mia!! Salve..certo,certo.. ho una gran fame. Ah, che bevuta
ragazz!. Poi quell’Ispanico è proprio fuori di testa. Beve, fuma, va a donne. Ieri era
talmente ubriaco che ha acceso una rissa con dei tedeschi. Li ha stesi tutti e tre. Per
quanto possa ricordare, io ero lì che ridevo, e nessuno mi toccava. Una delle sere più
belle della mia esistenza” ”Siamo lieti, caro Joe, che ti sia divertito” aggiunse Lolly ” Ma
ora siediti, e mangia il piatto di Bryan. E’ buonissimo.”
Zio Joe cominciò a mangiare e finalmente tacque. Finì tutto quello che era rimasto. Ci
mise solo dieci minuti, e poi ricominciò a parlare, come sempre. Era contento come un
bambino: ”Sono veramente felice ragazzi. Spero di vivere altri vent’anni. Me la sto proprio
godendo. E pensare che all’inizio non volevo lasciare quei campi e quella fattoria.
Bah...mai avrei pensato che sarebbe andata così. Poi quel Jason Jack. E’ veramente un
personaggio.”
Zio Joe andò avanti per minuti, parlando delle sue serate da sbronzo insieme all’Ispanico.
Nessuno lo avrebbe fermato, finché qualcuno bussò alla porta.
”Vado ad aprire io” disse Mark.
Pochi secondi dopo, Forrest appari in salotto con il solito cappotto e la solita sciarpa che
gli copriva il viso: ”Salve signori. Come procede? Spero vi siate riposati. Ho qui con me i
vostri documenti.“ disse, rivolto alla famiglia Foroo ”Con questi potrete girare dappertutto,
anche in Europa. Sarete riconosciuti come dei veri Americani. Mi raccomando, teneteli da
parte, potrebbero essere importanti.”
Forrest consegnò a loro degli strani foglietti che resero lo Zio Joe molto dubbioso: ”E che
ne faccio io di questo foglio di carta? Io sto bene qui a New Orleans, e da qui non mi
muoverò .Grazie lo stesso Forrest, ma credo che lo brucerò..” ”No zio Jo! Non lo fare!
Avrai pure ottant’ anni, ma credo che ne vivrai ancora molti. Non si sa mai quello che può
accadere. Tienilo da parte!” Lo zio Joe alzò le spalle, e mise quel piccolo foglio nel
taschino della sua camicia a quadri. Sarah, al contrario di lui, sembrava essere molto
orgogliosa: ”Grazie signore! Ora potrò diventare un agente come lei, vero? Non vedo
l’ora.."
Forrest mostrò un sorriso forzato,e aggiunse ” Ho trovato l’uomo giusto per istruirla si
chiama Theodore, detto il Bianco. E’ veramente un uomo colto. Conosce 10 lingue. Ha
detto che è disposto a lavorare per niente, lo fa per passione. Avevo pure pensato che
poteva insegnare un po’ anche a tuo figlio,.Iifatti , lui lavorerà molto meno di te. Ho parlato
personalmente col vostro capo, James, e mi ha detto che Daniel farà solo venti ore a
settimana. Il tempo libero, pensavo, lo poteva dedicare allo studio” ”E’ così sarà fatto!”
disse Daniel, mentre Forrest lo guardava attentamente. Alto un metro e ottanta, robusto e
con un bel viso, presto avrebbe trovato la sua dolce metà..
“Sta tranquilla Esinam..non preoccuparti, arriveremo presto! Poi non siamo soli!”
Bassey rispose così all’ ammonimento di sua moglie, mentre usciva dalla splendida
abitazione. Con lui c’erano Daniel, Mark e Forrest, il quale si era fermato a cena persuaso
dalla gentilezza di Lolly.
Lungo il tragitto che portava sulla Bourbon Street, Forrest cominciò a parlare di Jim e dei
suoi musicisti: ” Conobbi Jim finita la guerra civile. La sua situazione e la sua storia
avevano dell’incredibile, così decisi di aiutarlo. Gli trovai un lavoro da James che da tempo
teneva una falegnameria sulle rive del grande fiume. Sì,cari miei. Si tratta proprio del
vostro futuro capo. E’ un tipo molto alla mano. Comunque sia, lui ha un figlio Abrahm che
è il saxista del gruppo. Lo vedrete dopo nei suoi assoli , è molto bravo.
Poi c’è John, il violinista, anche lui vittima di strane vicende. Suo padre è fuggito in
California, mentre sua madre e sua sorella fanno le sarte. E’ il più giovane del gruppo. Jim
mi raccontava che lo notò mentre suonava sul balcone di casa;f u colpito dalla sua
musica. In realtà, se devo essere sincero, lo preferisco quando suona l’armonica . Lì sì
che merita applausi!!”
Mentre camminavano parlando dei “Fraternity” notarono venire verso di loro una figura alta
e imponente; il volto era conosciuto, la sagoma era inconfondibile; il suo sguardo, serio e
arrabbiato: l’Ispanico si avvicinava..”Salve Jason Jack. Mi dispiace ancora per l’altra
volta,e..” Forrest non riuscì a proseguire perché l’Ispanico già lo aveva interrotto:
”Vergognati Forrest! Non ho parole. Non lavorerò mai più con te. Mi hai sempre trattato
come un animale, ricordati che ho anch’io un cuore” ”Certo Jason, lo so. Mi sono fatto
prendere dall’ansia. Devi sapere che non ero mai stato tradito prima. Poi, Dave, pensavo
fosse veramente..” ”Veramente cosa, Forrest?” rispose l’Ispanico, guardandolo fisso nei
bulbi oculari, e puntandolo con l’indice, aggiunse:” Era il tuo pupillo, avresti dato tutto per
lui. E invece? Se non era per me questi poveri neri sarebbero ancora degli schiavi. Li ho
salvati io” ”Hai ragione Jason Jack, ti porgo le mie scuse. In effetti hai sempre fatto bene
il tuo lavoro. Ma ti prego, loro hanno bisogno di te!..” ”Loro chi?” ”La squadra dello
sceriffo. O meglio, la squadra che una volta stava sotto i miei ordini. Ora sarà lo sceriffo
Adams a guidarla. Io me ne devo andare: qui sono in pericolo.”
L’Ispanico rimase stupito, ma nonostante ciò continuava a parlare sulla difensiva.
“Comunque a me non interessa. Non voglio più fare certi lavori” ”Ti prego Ispanico. Loro
hanno bisogno di te..non sto scherzando.”
Jason Jack abbassò un attimo la testa, e quando alzò lo sguardo, sembrava aver
cambiato espressione: ”Ma riguardo alla tua partenza..dove te ne vai?” ”In Europa,in
Inghilterra. Prendo il primo treno per il nord, e a New York mi imbarco per la Gran
Bretagna. Questo sarebbe il mio piano” ”E quando parti?” ”Non lo so precisamente. Entro
una settimana vorrei essere fuori città.”
L’Ispanico si era improvvisamente calmato, e osservava con attenzione Bassey e Daniel:
”E i nostri amici neri? Cosa faranno loro?” ”Andranno da James a lavorare. E’ un lavoro
sicuro. Per ora sono a casa di Mark e..” ”Mark!!” disse l’Ispanico ”Non lo avevo neppure
notato. Che ci fai in giro a certe ore? Vai a letto, su..ah ah ah!”
Jason Jack era tornato quello di prima. Aveva capito che Forrest lo riteneva
indispensabile. Tuttavia, quando aveva sentito che se ne sarebbe andato, era rimasto
dispiaciuto .Ora il suo viso sembrava più sereno, ma un altro dubbio sorse nella sua
mente: ”Eh..ma dove ve ne andate adesso? A far baldoria?” ”No, in realtà andiamo al
concerto dei “Fraternity” sulla Bourbon Street. Saresti il benvenuto, Jason Jack” disse
Forrest ”Ah,ragazzi! Verrei volentieri, ma sono veramente stanco. Non dormo da giorni.”
”Ok Jason Jack!. Allora stammi bene, spero di rivederti presto.” ”Di sicuro ci
rincontreremo, Forrest Smith. A presto ragazzi!”
L’Ispanico proseguì per la sua strada,e mentre se ne andava, girò un’altra volta lo
sguardo. Incrociò con gli occhi Forrest, e per l’ultima volta lo salutò..
I quattro avevano appena svoltato a destra, e finalmente si trovavano sulla Bourbon
Street, ancora una volta. Mancavano pochi minuti all’inizio del concerto e la strada era
molto affollata. C’era gente di tutti i tipi. Dal creolo con il vestito sgangherato, al francese
aristocratico che con il suo cilindro e il suo completino novecentesco mostrava tutta la sua
altezzosità. Si potevano facilmente notare gli italiani che con coppola e braghe di velluto,
erano i più poveri di tutti. Poi c’era qualche irlandese che, grazie ai capelli rossi e alla birra
nera in mano, si riconosceva subito. Neppure i tedeschi erano pochi; avevano anche loro
le birre in mano che straripavano dal bicchiere; erano bionde ,quasi come i loro capelli. Ma
non era finita qui.
Man mano che Bassey e gli altri avanzavano, si notava sempre di più la multi etnia. A
questa marmaglia, si aggiungevano pure gli agenti, ingaggiati apposta per mettere l’ordine
in queste situazioni . Facevano avanzare quelli vestiti in maniera più dignitosa, mentre
fermavano e perquisivano i più straccioni. Un agente aveva persino fermato Bassey, ma
quando vide che era accompagnato da Forrest Smith, fece un segno, e li lasciò passare.
Erano ormai giunti al saloon dove avrebbero dovuto suonare i “Fraternity”.
”The Music”, così si chiamava quel locale. ”Sapete ragazzi? Questo bar mi ricorda quelli
dell’Ovest. “ disse Forrest nel mezzo del chiasso della folla ”Devo dire che è uno dei locali
che preferisco. Mai risse, mai confusione. Qui i bianchi e i neri sono come dei fratelli,
ballano e ridono insieme, grazie alla musica. Fosse sempre così.!!”
Varcavano la soglia del locale, e Forrest fu salutato da un uomo alto e magro: ”Vi presento
Paul, il proprietario del bar. Ci conosciamo da quando siamo piccoli. Allora, iniziano a
suonare?” ”Sì, certo Forrest!. Credo inizieranno a minuti. Ho riservato una tavola apposta
per te e per i tuoi amici, Forrest. E’ pieno di gente, quindi ho dovuto farlo per forza. Poi ho
sentito da mia moglie che te ne vai via presto ,Forrest. Mi dispiace veramente.” ”Eh sì, hai
sentito bene. Purtroppo sono costretto. Guarda un po’ come vado in giro per non farmi
riconoscere. E poi da questo capisci che qui non posso restare” ”Eh sì Forrest, purtroppo
sei sulla bocca di tutti.”
Forrest finì la conversazione con Paul e insieme agli altri entrò nel locale. C’era uno sbalzo
termico di almeno dieci gradi rispetto all’esterno, e per questo Forrest fu costretto a
togliersi sciarpa e cappotto, svelando a tutti la sua identità: ”Sapete ragazzi..ormai non mi
interessa più niente. Alla fine qui siamo sulla Bourbon Street, la mia via, e qui tutti mi
amano.” Così disse Forrest e raggiunsero l’unico tavolo vuoto vicino al palco.
I quattro musicisti erano pronti ad iniziare il loro concerto. Tutti e quattro erano vestiti
ugualmente: camicia a righe bianco-azzurre, pantaloni marroni e scarpe nere. Tra di loro
saltava all’occhio Asad, che con le sue lunghe trecce bianche e i suoi occhiali da sole,
appariva il più bluesman di tutti. Fu Jim a prendere la parola e, dopo aver sorseggiato un
goccio di cocktail, iniziò il suo discorso: ”Bene signori e signore! Vedo che siete accorsi
numerosi. Non vi preoccupate, non vi deluderemo. Ci siamo impegnati molto in questo
periodo, e devo dire che adoriamo il nostro lavoro. Questo anche grazie al vostro
sostegno, ma soprattutto all’aiuto di un grande uomo, Forrest Smith. Lui se ne andrà
presto, ma mai potremo ringraziarlo abbastanza per quello che ha fatto. E’ per questo che
oggi gli dedichiamo questo concerto. Grazie Forrest !”
Un applauso si elevò tra il pubblico, e Forrest accennò ad un sorriso di gratitudine.
”Bene signori! Credo che ora possiamo iniziare. Vai Abraham, mostra quello che sai fare
con quel sax!”
Abraham iniziò a suonare, mostrando a tutti il suo splendido sax che luccicava sul palco,
illuminato dalle lanterne del bar. Veniva accompagnato da Asad, che con il suo piccolo
clavicembalo, lo accompagnava, senza pausa, esprimendo tutta la sua grande passione.
Poi a loro si aggiunse la chitarra di Jim, che improvvisava un assolo veloce; a sua volta
c’era John, che con la sua armonica seguiva i suoi motivi, dando quel tocco magico che
mancava.
La gente aveva già iniziato a ballare e ad avvicinarsi al palco. Nonostante ciò, Forrest e gli
altri restavano seduti, a godersi in santa pace il concerto. Erano infatuati da quelle
melodie, che liberavano la gente dai più svariati pensieri.
Un viso noto apparve tra la calca; era di nuovo l’Ispanico, che, tra lo stupore di tutti, era
circondato da almeno quattro donne; quando notò dov’erano seduti Forrest e gli altri, se
ne liberò e andò verso di loro: ”Ragazzi!! Non ho potuto resistere. Feste come queste
capitano solo una volta all’anno. Poi non avevo mai sentito i “Fraternity”; si dice siano
bravi” ”Certo Jason Jack.! rispose Forrest ”Credo siano i migliori. Senti! Ascolta la loro
musica!”
L’Ispanico osservò un attimo il palco, e poi, quasi spazientito,t rascinò Daniel per un
braccio, portandolo a ballare in mezzo alla gente...aveva ancora una volta confermato che
non riusciva mai a stare fermo..era l’Ispanico.
All’inizio Daniel era intimidito dalla folla movimentata che lo circondava, e sembrava molto
impacciato. Poi grazie a un paio di Sazerac offerti dall’Ispanico, liberò la sua rigidità,
lasciandosi trascinare dalle melodie musicali. Ma qualcos’altro aveva attirato la sua
attenzione. Aveva notato una ragazza che ballava di fronte al palco, sembrava incitare
uno dei musicisti. Quando lei si girò, i loro sguardi si incrociarono. Lui la osservò..lei pure.
Per un momento Daniel non sentì più nulla. Il suo cuore batteva forte. Le sue mani
sudavano. l suoi occhi erano immobili. Osservava quella bellezza che sinuosamente si
muoveva e si avvicinava a lui. Per un po’ restarono vicini, un metro distante l’uno
dall’altra. Poi, da dietro, l’Ispanico bisbigliò qualcosa, e Daniel nella confusione recepì
cinque parole ”Prendila e balla con lei !”
Daniel, timido com’era,non sapeva cosa fare. Intanto continuava ad osservarla, e lei
faceva altrettanto. I loro occhi si incontrarono più di una volta. L’Ispanico,vedendo che
Daniel non sapeva come agire, lo prese con sé e se lo portò sulle spalle. Lì, sentendosi
sopra di tutti, Daniel era più forte,e cominciò a urlare, liberando la sua timidezza. Tutti si
girarono verso di lui, ridendo .Quando Jason lo riappoggiò a terra, Daniel si era
definitivamente sbloccato: aveva preso coraggio.
Guardò nuovamente la ragazza e cominciarono a ballare, mano nella mano. Il cuore di
Daniel batteva sempre più forte. Non poteva credere ai suoi occhi. Mentre ballava con lei, i
musicisti intonarono una canzone romantica. Erano ormai stretti l’uno all’altra. Finalmente
dopo un po’, Daniel decise di aprir bocca e le parlò in un orecchio. ”Non ho mai visto una
ragazza come te. Sei veramente bellissima. Come ti chiami?” ”Il mio nome è Michelle”..
disse la ragazza, sorridendo ”..sono la sorella di John, quello che suona l’armonica. Te chi
sei?” ”Io mi chiamo Daniel..felice di conoscerti, Michelle!”
Il loro primo discorso fu molto laconico, ma comunque erano i loro occhi a parlare. Il
sorriso di Michelle era fantastico; a questo si aggiungevano il suo viso angelico e il suo
corpo sinuoso, che la rendevano splendidamente giunonica. Daniel non riusciva a
distogliere lo sguardo da lei. Mai gli era capitato di conoscere una ragazza. Mai ne aveva
stretta una tra le sue braccia. Ma ora si lasciava trasportare dalle emozioni. La baciò. Lei
rimase immobile, e abbassò lo sguardo. Poi, dopo un attimo, rialzò il viso, lanciando un
timido sorriso a Daniel. Passò qualche minuto. Si abbracciarono. Dopo un istante le loro
bocche erano vicinissime. Daniel tentò di nuovo, e questa volta l’amore trionfò.
Era ormai mezzanotte, e il concerto dei Fraternity stava per concludersi. Nonostante ciò il
locale era ancora affollatissimo. Mentre Daniel era dominato dalla più grande delle
passioni, Jim, il cantante e il chitarrista del gruppo, prese nuovamente la parola :
”Bene signori e signore! La nostra serata sta per concludersi. Comunque, per chi volesse
restare dopo, c’è la possibilità di dissetarsi. Birra e cocktail saranno offerti da noi della
band, a chiunque ne volesse. Non facciamo differenze di etnie: dai neri come me,ai
bianchi come Beppe, il mio amico italiano che lo vedo, come al solito, abbastanza caldo.
Questo è il bello del nostro gruppo. E’ aperto a tutti, e assolutamente antirazzista.”
Il discorso di Jim fu molto convincente e ricevette una moltitudine di applausi da tutti i
presenti.
”Bene!. Volevo concludere con una canzone particolare. Parla di una casa “a luci rosse”,
non molto distante da qua. Questa casa era frequentata da un uomo, figlio di una sarta e
di un giocatore d’azzardo. Certi dicevano che fosse una donna, la protagonista della
canzone. Comunque sia, è una canzone che dovete conoscere. E’ nata dalla tradizione
della nostra New Orleans. Una tradizione unica al mondo, che, grazie alla musica,unisce
tutte le etnie , in un’unica sola: la razza umana.”
Un’ ovazione si alzò tra il pubblico, dopo l’intervento di Jim. E così iniziò quella canzone,
che entrò nei cuori e nelle menti di chi si trovava nel piccolo saloon. Un assolo di sax, poi
iniziò l’arpeggio di chitarra. Jim cominciò a cantare, e come lui tutti quelli che lo
ascoltavano ..
”There’s a house in New Orleans, they call the rising sun..and it’s been the ruin of many
poor boys..and God I know I’m one..”
La ballata andò avanti per parecchi minuti. Tutti cantavano. Persino Forrest si era alzato,
e, con la mano al petto, cantava a squarciagola. Lui era il più emozionato di tutti, anche
perché era destinato a lasciare New Orleans a breve.
Ad un certo punto, quando la canzone sembrava aver raggiunto la sua fine, Jim ripartì con
l’arpeggio, senza l’accompagnamento degli altri musicisti e del pubblico,e insieme alla sua
chitarra, cantava:
”There was a man in New Orleans..his name was little Jack…he was a great and a good
man..but because of the cruelty he died..”
Quando finì questa strofa, Jim si era intenerito, e come lui, molte donne del pubblico. La
stessa Michelle era visibilmente provata. E Jim, dopo un paio di singhiozzi, parlò:
”Little Jack era un grande uomo. Come molti altri, è stato ucciso dal razzismo. Lui amava
la vita, ed era un ragazzo in gamba. Sicuramente oggi sarebbe venuto e sarebbe stato
contento di vederci suonare. Era un uomo di grandi valori,mio fratello. Da lui ho imparato
molto. Grazie Jack!”
I suoi occhi brillavano, ma per non lasciare tutti con le lacrime al viso,cominciò un'altra
canzone. Nel locale risuonò ancora l’arpeggio della sua chitarra. La ballata era molto
divertente, e la festa tornò subito. Jim cantava, dimenticando il passato, e sperando in un
futuro migliore..
Dopo aver bevuto un cocktail insieme a Jim, Bassey e Mark si avviarono verso casa.
Daniel non era con loro perché si era fermato con Michelle, la ragazza che aveva
conosciuto. Aveva voluto passare il resto della serata con lei; Bassey, sebbene capisse
che si era innamorato, lo definiva un incosciente.
“ Posso capire che è una bellissima ragazza, ma però domani mattina lui deve essere da
James a lavorare. Non può permettersi delle serate così libertine” ”Ma dai Bassey!
Lasciagli vivere la sua gioventù! ” rispose Mark, redarguendolo: ”E’stato vittima di un
colpo di fulmine, ed ora non pensa ad altro che a lei. Poi, al massimo se dovesse tornare
molto tardi, domani potrebbe restare a casa. James è molto buono, capirà..” ”Cosa? Non
farebbe certo bella figura a mancare il primo giorno di lavoro. E poi? Come farà a tornare a
casa stasera? E’ da solo!” ”Non ti preoccupare Bassey, lo accompagneranno l’Ispanico e
Forrest. Ho parlato prima con loro ed erano d’accordo..é in mani sicure,fidati! ”
Bassey sospirò profondamente, rassicurato dall’affermazione di Mark,e aggiunse:” Quella
ragazza, chi è?” ”E’ la sorella di John, quello che suona l’armonica e il violino. Diventerà
una gran bella donna, ne sono certo. E poi è una bravissima ragazza. Fa la sarta insieme
a sua madre, hanno un piccolo negozio sulla Canal Street, uno dei più modesti di tutta la
città. Ecco, guarda, proprio quello lì in fondo” Mark indicò un piccola porta, fiancheggiata
da una vetrina che si affacciava sulla Canal Street.
Percorsero la via a passo rapido, e arrivarono a casa in un quarto d’ora. Mark aprì il
portone della sua abitazione, ma sentì che aveva sbattuto contro qualcosa..qualcosa di
molto grosso: ”Lasciatemi stare!! Maledetti!! Sto dormendo!!.”
Bassey e Mark riconobbero subito quella voce. Era lo zio Joe, più sbronzo che mai, supino
per terra che teneva in mano una bottiglia di Jameson, praticamente vuota: ”Cosa? Hai
bevuto tutto quel whisky da solo? Sei pazzo zio Joe!” disse Mark ”Pazzo? Quando bevo
elimino qualsiasi pazzia, Mark il pillola! Sì, così ti chiama l’Ispanico..ah ah ah!”
Zio Joe rideva. Bassey e Mark invece scuotevano la testa. Persino Lolly fu svegliata dalle
urla di Zio Joe, e scese di sotto: ”Va tutto bene signori? Ho sentito delle urla..” ”Sì
mamma!” rispose Mark ”E’ solo che lo zio Joe è più agitato del solito” ”Vuole una
camomilla, zio Joe?” chiese Lolly ”No, vecchia mia! Ho smesso a tre anni con la
camomilla. Ah ah ah!!” Zio Joe la scherniva, e Lolly, quasi offesa, se ne tornò a letto.
Mark e Bassey decisero di portarsi in spalla lo Zio Joe per condurlo in camera, visto che
da solo non riusciva a stare in piedi. Fu più difficile del previsto, perché Zio Joe continuava
a bestemmiare e ad offenderli, senza farsi molti scrupoli. Quando arrivarono nella sua
camera , gli disse: ”Mi sarei arrangiato da solo a salire le scale! E comunque sia, non
conoscete l’arte del vero bevitore! E poi andatevene a dormire! Che domani dovete
lavorare, mentre io me ne starò a letto quanto voglio..ah ah ah! ”
Zio Joe chiuse la porta della sua camera, sbattendola senza riguardo. Bassey e Mark si
salutarono, e andarono a riposarsi dopo un’altra serata di festa..
“TROVATO UN RAGAZZO NERO UCCISO SULLA SAINT JOSEPH STREET.”
Bassey e Mark non potevano credere a quello che c’era scritto sulla prima pagina del
giornale. Erano le dieci di mattina e Daniel non era ancora tornato a casa. Bassey
sembrava sconvolto; Mark lo consolava,dicendo che alla fine non c’era la certezza che
fosse effettivamente suo figlio la vittima di quel linciaggio.
”No Mark!! Deve essere per forza lui! Io non posso andare al lavoro con questo pensiero
che mi assilla la mente..ho paura!!”
Bassey era diventato irrequieto. Camminava avanti e indietro per il grande salotto.
Avrebbe dovuto essere a lavoro entro mezz’ora, ma a quanto pare, in quel momento non
gli interessava per nulla di arrivare in ritardo. Così si fece coraggio, e andò a leggere nei
dettagli quell’articolo..
”Ragazzo nero ucciso sulla St Joseph Street.Il suo corpo non è stato ancora riconosciuto.
I primi testimoni dicono di averlo notato mentre usciva da una casa nel quartiere a luci
rosse della città. Il suo corpo è stato trovato pieno di lividi. E’ stato vittima di un pestaggio.
I moventi e gli assassini sono ancora ignoti al corpo di polizia di New Orleans.”
L’articolo era molto breve, ma Bassey non sembrava calmarsi. Anzi,quando scese sua
moglie, cominciò a piangere. ”Cosa c’è Bassey? Dov’ è Daniel?” domandò Esinam,
stupita. ”Non lo so amore ! Ieri sera era andato via con una ragazza,e i stamattina c’era
questo articolo sul giornale!! Non lo so Esinam! ” ”Cosa? O mio Dio!! Nnooo! Daniel
nooo!!”
Cominciarono tutti e due a singhiozzare. Erano disperati. Mark e sua madre tentavano di
tranquillizzarli, ma c’era poco da fare. Improvvisamente qualcuno bussò alla porta. Mark
andò velocemente verso il portone di casa. Riconobbe subito quell’uomo: era lo sceriffo
”Come avrai già sentito Mark, ne hanno ucciso uno stanotte o ieri sera, non è ancora
molto chiaro. Quindi dobbiamo metterci al lavoro, e alla svelta! ” ”Ma chi è sceriffo? Chi è
l’uomo ucciso?” chiese Mark, preoccupato ”Conoscevo suo padre. Lo hanno riconosciuto
stamattina. Lavorava al porto. Povero ragazzo, non era neppure..” Bassey corse veloce
alla porta e disse: ”Sceriffo!! Quindi non è Daniel la vittima?? Ne è certo?” ”Daniel? Che
c’entra con tutto ciò?” ”Perché non è ancora tornato a casa da ieri.. abbiamo letto
quell’articolo… insomma avevamo preso molta paura.” ”No, Bassey! Tranquillizzati! Non è
sicuramente lui. Purtroppo ho visto il cadavere, era irriconoscibile, però l’esile corporatura
non corrispondeva certo a quella di tuo figlio!! Fidati di me..” ”Ma ne siete sicuri?”
aggiunse Bassey ”Certo Bassey! Beviti una tisana, e calmati un attimo! ” Bassey si
rasserenò, e come lui Esinam. E dopo pochi minuti le piccole preoccupazioni che ancora
restavano nei loro pensieri sparirono.
Daniel arrivò finalmente a casa. ”Daniel figlio mio!!” esclamò Bassey, sollevato ”Eravamo
in pena per te! Dove sei andato? Non fare più una cosa del genere..” ”Mi ero fermato da
Michelle. Comunque adesso sono pronto per andare a lavorare papà. Se andiamo subito
non arriviamo in ritardo.” ”Ma hai dormito??” chiese Bassey ”Quelli non sono affari tuoi
papà!” Abbozzò un sorriso, e poi, insieme a Bassey, uscirono di casa..la falegnameria di
James li aspettava.
Il primo giorno di lavoro da James era stato pesante per Bassey e Daniel, a causa della
nottata che avevano passato.
Erano le cinque di sera e stavano prendendo la via di casa, insieme ad un altro operaio,
Giovanni Sammarchi. Immigrato dal Bel Paese,l’uomo parlava un inglese da lower class,
con chiara cadenza italiana; Bassey e Daniel lo ascoltavano attentamente: infatti, per
capire quello che diceva, dovevano concentrare tutta la loro attenzione sulla sua parlata
rapida e confusa: ”Io vengo da una città che si chiama Bologna. Mi manca veramente
tanto. Mi sono trasferito in America perché in Italia c’era un carovita pazzesco. Volevo
riscattarmi e mettere su un’attività in proprio, lì non ci riuscivo .Sono arrivato a New
Orleans circa 5 anni fa, insieme alla mia famiglia. E’ molto difficile mantenerla, anche
perché uno dei due bambini, Luca, è molto malato.” ”Deve essere molto dura anche per
voi,quindi” disse Bassey ”Eh sì. In più è molto difficile trovare i soldi per tutte le cure ”
continuò l’italiano ”Certo, il Charity Hospital ci dà una mano, ma temo che non basterà.”
Il viso di Giovanni divenne triste. ”Mi dispiace” disse Bassey, con tono di rispetto, mentre lo
osservava. E notava che però non era vestito come gli aveva riferito l’agente Renard.
Infatti non portava né coppola, né pantaloni di velluto.
”Comunque sono stato molto fortunato “ disse Giovanni, facendosi forza e cambiando
discorso: ”Infatti, ho conosciuto James. Lui è davvero un buon uomo, e ho cominciato a
lavorare con lui. Senza di lui sarebbe stato impossibile. Per la maggior parte degli italiani,
la vita qui è davvero dura. Molti di loro vengono dal Meridione, quindi, tutto sommato, sono
abituati alla povertà. A Bologna invece si sta abbastanza bene...ma, riguardo a voi
invece?” ”Noi eravamo degli schiavi fino a poco tempo fa..” rispose Bassey ”..ora siamo
finalmente liberi e la nostra vita è cambiata.” ”Schiavi?” disse allibito l’italiano ”Ah,
l’America..In Europa è vista come una terra di libertà, democrazia. Se avessi saputo che
era così!…Poi devi sapere che noi italiani siamo visti molto male qui a New Orleans.
Dicono che siamo tutti mafiosi. Ma questo chiaramente non è vero..” ”Mafiosi? Cosa
significa?” ”Sono associazioni a delinquere,amico mio. Le hanno portate gli italiani, qui in
America..eh, è difficile da spiegare amico mio..” ”E te sei un mafioso?” ”Oh no ,no! Io non
appartengo a quei gruppi. La maggior parte di loro sono siciliani. Qui in America, siciliano,
vuol dire mafioso. Il che non è vero. Conosco tanti di loro che non lo sono.”
Giovanni, mentre parlava tolse dalla tasca dei suoi pantaloni un foglio consumato e
ingiallito: ”Questa è una lettera che ho ricevuto nel dicembre del ’90. Il mittente era un mio
amico siciliano.. lui al tempo, abitava a New Orleans. Io ero ancora a Bologna e mi ero da
poco sposato con Francesca. Ecco, adesso ve la leggo se volete.”
I tre si fermarono, e Giovanni cominciò a leggere ad alta voce:
Caro Giovanni,
20/12/1890,New Orleans
Come stai? E’ da tanto tempo che non ci vediamo. Mi mancano i periodi in cui ci venivi a
trovare con la tua famiglia a Palermo e giocavamo al lancio dell’arancia. Ti ricordi? Poi le
nostre mamme ci prendevano e ci sculacciavano tutte le sere! Che tempi!
Ho sentito che tuo padre è morto. Mi dispiace tanto, era veramente un brav’uomo e tua
madre? Come sta? Spero bene. Devo dirti che qui in America la vita è durissima, siamo
pagati poco e sfruttati. Se potessi tornerei in Sicilia! Qui non mi sento a casa. Ogni tanto
piango.
L’altra volta sono stato licenziato dal mio padrone, solo perché ero arrivato in ritardo. Mi
ha pure detto che se non me ne andavo, mi avrebbe frustato. .Allora ho dovuto
tornarmene nella mia baracca, nelle periferie di New Orleans; lì c’è anche mia moglie.
Marco, nostro figlio,ora ha 9 anni. E’ un bravissimo ragazzo, ma non possiamo più
mandarlo a scuola, perché viene continuamente offeso dai suoi compagni. Siamo
preoccupati pure per lui. Ora sono qui, a casa mia. Siamo veramente sul lastrico, amico
mio.
In più, l’ottobre scorso è successo uno scandalo: è stato ucciso il capo della polizia di New
Orleans. Gli agenti hanno concentrato tutte le loro attenzioni sulla colonia italiana, siamo a
rischio. L’altro giorno sono venuti persino ad interrogarmi. Ho molta paura anche ad uscire
di casa, sto pensando seriamente di tornarmene a Palermo.
Spero di aver tue notizie presto.
Il tuo amatissimo amico, Antonio
“E questo è poco amici miei. Quello che è successo dopo è terribile.” aggiunse Giovanni
” Ma il tuo amico Antonio è ancora a New Orleans?”
Giovanni guardò un attimo per terra; atteggiò le labbra ad una smorfia di tristezza e
disse: ”Come dice la lettera, nell’ottobre del’90 fu ucciso il capo della polizia di New
Orleans. Gli agenti indagarono subito nella colonia italiana, dove , secondo loro, c’erano
gli assassini. Di fatto nel marzo del 1891 la sentenza scagionò gli italiani. Ma ahimè, non
finì qui..Il 14 dello stesso mese furono linciati gli undici italiani sospettati.. e tra questi,
c’era anche il povero Antonio..lui non apparteneva alla ”Mano nera” italiana..oltre che ad
essere innocente era un bravo ragazzo..”
Giovanni stava per commuoversi, ma nonostante ciò, riuscì a proseguire: ”Io sono venuto
a New Orleans anche perché sapevo che qui c’era sua moglie, alla quale sono molto
affezionato. Ogni tanto la trovo e parliamo di Antonio.”
Bassey e Daniel ascoltavano con rispetto il triste racconto dell’italiano e si rendevano
conto che avevano trovato un vero amico che li avrebbe portati lontano..
Era una fredda mattina d’inverno quella del 12 gennaio1900 ; forse un po’ meno fredda
per Bassey e Mark che sul ciglio della strada, camminavano rapidamente riscaldando i
loro corpi con passi rapidi a ritmo affannoso.
Andavano verso la stazione dei treni per salutare un’ultima volta Forrest..Il suo treno infatti
sarebbe partito da lì a pochi minuti alla volta del New England.
”Sai Bassey” disse Mark, col fiatone ”E’ una delle mattine più fredde della mia vita.
Speriamo solo non nevichi, credo che non capiti da anni.”
Il discorso di Mark nascondeva in realtà tutto il suo dispiacere per la partenza di Forrest.
Infatti, a entrambi non interessava nulla se a New Orleans non nevicava da anni o se le
temperature erano molto rigide. Tutti i loro pensieri erano rivolti ad un’unica persona, a
Forrest. Era evidente nei loro occhi la malinconia, anche perché per molto tempo dominò il
silenzio. In più, la strada a quell’ora era poco affollata, e l’unico suono che si poteva udire
era il brutto verso di qualche cornacchia. Mark, preferendo la sua voce a quel canto ruvido
e fastidioso, tornò a parlare: ”A me mancherà molto quell’uomo. Devi sapere caro Bassey
che lui una volta aveva un bar vicino a Bourbon Street. Lui faceva il cameriere e suo padre
era il proprietario. Già lì era sotto gli occhi di tutti. In quel periodo aveva molte donne, era
nel pieno della sua gioventù. Poi un fatto particolare sconvolse la sua vita e da lì
cambiò…”
Mark alzò lo sguardo in quel momento e notò che da lontano era visibile la stazione. Si
poteva notare un grande piazzale, fiancheggiato a destra e a sinistra da due binari; su uno
di quelli c’era un treno, pronto a partire. ”Deve essere quello Bassey, muoviamoci prima
che parta!”
I due corsero e si fecero spazio tra la gente che trovavano davanti a loro.
”Eccolo lì, Mark!! E’ Forrest!!” Bassey individuò un uomo alto e magro che metteva le
valigie sul treno. Stava per salire sulla carrozza, quando sentì di essere chiamato e allora
si girò: ”Ah!! Ragazzi! Salve..sono felice di rivedervi. Come state?” ”Bene! Forrest” rispose
Bassey
”Ci tenevo a salutarti. Volevo dirti quanto importante sei stato per me e la mia famiglia.
Senza di te non saremo liberi.” ”Non devi ringraziare solo me,Bassey. Anche altri ti hanno
aiutato.”
Mentre Forrest parlava, l’acuto suono del fischietto del ferroviere si diffuse nell’aria gelida
della stazione. L’ora di partire era arrivata.
”Bene ragazzi! Adesso devo proprio salutarvi. Mia madre e mia moglie mi aspettano. Mi
mancherete”
Forrest li salutò e li abbracciò. Un lungo brivido percosse la schiena di Bassey, un’ emozione che esprimeva tutto il bene e l’ammirazione che provava per quell’uomo. Il fischio
della locomotiva accompagnava la partenza del treno e Bassey vide Forrest per l’ultima
volta quando aprì il finestrino e li salutò. Si rese conto che tanti erano gli uomini che si
affacciavano per salutare, e tante erano pure le persone che, commosse, ricambiavano
sul piccolo piazzale della stazione. E Bassey era una di loro…Forrest Smith era entrato
nel suo cuore..
I mesi e gli anni passavano e la vita per la famiglia Foroo sembrava girare per il verso
giusto. Bassey e Daniel lavoravano sempre alla falegnameria e guadagnavano
abbastanza per mantenere tutta la famiglia. Abitavano ancora nella villa di Mark; infatti,
insieme a sua madre si era affezionato molto ai suoi nuovi ospiti,e,non avendo alcun tipo
di problema economico, aveva deciso di lasciarli nella sua maestosa abitazione.
Comunque i problemi non mancavano. Zio Joe si ubriacava tutte le sere e questo non
era un bene né per l’intera famiglia (che veniva svegliata praticamente ogni notte) né per
la sua salute. Il medico, infatti , era passato più volte a casa di Mark, perché tutti erano
preoccupati per la salute di Joe. Nelle ultime settimane si era sentito male più di una volta,
e il dottore gli aveva riferito che doveva smettere di bere, altrimenti il suo fegato avrebbe
ceduto. Ma a zio Joe non importava. Infatti, quando il medico lo redarguì, lui rispose:
”Voglio vedere, caro dottore, se lei riuscirà a campare come io ho campato su questa
terra, signore!?. Si fidi di quello che le dico. Ne ho viste di cose, e ancora ne vedrò ! ”
In realtà lo Zio Joe sembrava essere sul punto di lasciarci tutte le notti. Arrivava a casa, e
si sentiva male. Poi, la mattina dopo, era clamorosamente rigenerato.
Nonostante tutti fossero preoccupati per lui, la persona più in difficoltà era in verità nonna
Emily. Infatti, man mano che i mesi passavano, i suoi pensieri raschiavano il fondo della
sua anima. Non avendo più nulla da fare, la povera nonna dedicava il suo tempo al ricordo
dei momenti passati con suo marito, Babukar, animando così dentro di sé malinconia e
tristezza. Questo la consumava e la deperiva. I suoi occhi inoltre ,non vedevano quasi più
e le sue orecchie sentivano poco .
Quando Daniel presentò alla famiglia Foroo la splendida fidanzata Michelle, la nonnina
l’aveva scambiata per sua nuora, Esinam, e aveva affermato: ”Cosa Daniel? Vai con tua
mamma ? Per davvero ? Oddio.!!.”
La povera nonna era veramente mal messa.
Bassey si ricordava di quando era piccolo, e di come fosse cambiata nel corso degli anni.
Erano rimaste impresse a Bassey le sere che davanti al bivacco raccontava dei suoi nonni
che avevano vissuto i primi anni della loro vita in Africa. Gli raccontò dei leoni e delle
gazzelle, delle savane e delle giungle. E non solo. Gli aveva anche insegnato parecchie
parole tramandate dalle loro tribù. Come per esempio Baa, che significava fiume .Oppure
Jatoo , leone e Suwoo,cavallo. Nonostante ciò Bassey all’inizio non capiva, e le aveva
domandato: ”Ma mamma, perché i tuoi nonni non sono rimasti in Africa? Da come mi
racconti doveva essere molto bello vivere lì” ” Purtroppo ,figlio mio, loro furono deportati in
America tanti anni fa. I bianchi avevano i fucili e le reti per catturarli e loro non ebbero
scampo. Però io voglio, figlio mio, che tu racconti le storie che io ti ho raccontato ai tuoi
figli.. e che i tuoi figli le raccontino ai loro. E così via. Solo così le nostre radici non
moriranno mai” ”Ok! ,mamma , lo farò” ” Come ti stavo dicendo , figlio mio, tutto cominciò
da quando furono catturati i miei nonni, e da allora, purtroppo, la libertà non tornò mai
più.” ”Ma mamma,cos’è la libertà?”
”Come diceva sempre mia nonna, la libertà è un cavallo selvaggio che galoppa in un’
immensa prateria ..la libertà è un gabbiano che vola seguendo la scia di una leggera
brezza marina..la libertà è una bambina che corre in un prato fiorito ..e..” “Ma adesso
mamma, non siamo più liberi?” ”Nessuno di noi è libero, caro Bassey, nessuno!”
”Saremo mai liberi?” ”Spero di sì , figlio mio..spero di sì!! ”
La nonna Emily alla fine l’aveva raggiunta quella libertà tanto sperata..e presto, insieme
allo zio Joe, si sarebbe diretta verso la meta infinita del cielo..
Febbraio 1912
Erano passati parecchi anni da quando Zio Joe e nonna Emily se n’erano andati. Erano
spirati uno dopo l’altro, nel giro di un mese; prima Joe che aveva da poco festeggiato i
suoi novant’anni, e poi la nonna Emily. Alla famiglia Foroo mancavano moltissimo.
Nonostante ciò dovevano andare avanti.
Bassey era diventato il capo della falegnameria di James, il quale aveva affidato il suo
compito al “più affidabile di tutti” come lui disse, prima di andare in pensione.
Lavorava molto Bassey e non meno di lui suo figlio.
In realtà Daniel stava attraversando un periodo molto difficile; il rapporto con Michelle era
molto teso, non andavano più d’accordo come un tempo. Un giorno arrivò a casa
alquanto depresso, e si sfogò con sua sorella Sarah, diventata anche lei una bella
giovinetta: ”Io me ne vado il più presto possibile da qui, Sarah” le confidò.
”Perché fratellone te ne vuoi andare? Ti trovi bene al lavoro con papà, no? E anche qui
immagino” ”Non dico andarmene da casa, Sarah.Voglio proprio sparire, sorellina, fuggire
lontano.“ ”E perché Daniel? Ti è dato di volta quell’unico neurone che ti rimane?”
”Non scherzare Sarah..sono cose gravi..” replicò Daniel, serio in volto ”E cioè?”
” Tutto cominciò nel gennaio scorso. Ero a casa di Michelle e notai in camera sua un paio
di calzini grossi e consumati, proprio sopra il suo letto. All’inizio non ci feci caso, e lasciai
perdere. Il giorno dopo tornai da lei. Era sola in casa. Mi era apparsa piuttosto turbata e
non capìi bene qual era il motivo .Non me lo voleva dire. Dopo qualche giorno, le cose
sembravano essersi messe a posto, e lei era tornata quella di prima, sorridente e loquace.
Quindi mi rasserenai. Però mi sbagliavo. Tre giorni fa ho trovato lo stesso paia di calzini
che avevo notato quel giorno. E mi limito ai calzini Sarah, per non dire altro..”
”Dai Daniel, racconta! Racconta !” ”Beh, dei rumori sospetti provenivano dall’armadio.
Cosi l’ho aperto. E chi ci trovai dentro? Un grassone con gli occhiali e tutto peloso,
praticamente nudo. Fu un colpo allo stomaco che tutt’ora faccio fatica a digerire..”
”Nooo!,Non ci posso credere. Sembrava così attaccata a te, Daniel..non me lo sarei mai
aspettato” ”Neppure io, Sarah” rispose Daniel, mangiandosi nervosamente le unghie:
” A quel punto andai su tutte le furie .Presi lo specchio di sua madre e lo buttai per terra.
Andò in mille pezzi. Il grassone era spaventatissimo e corse via. Non lo fermai, da quanto
ribrezzo provavo per lui” ”E quella Michelle, che disse?” ”Cercò di difendersi. Si giustificò
dicendo che non era colpa sua se tutti gli uomini le andavano dietro . E io le risposi che
invece tutte le colpe ricadevano su di lei. Dopo questo fatto, me ne andai e tutt’ora
non riesco a capacitarmi di tutto quello che è successo, sono veramente sconvolto!!”
”Oh, povero fratellone. Mi dispiace veramente…vedrai che presto ne troverai un’altra..”
Daniel quando sentì le parole di Sarah, si alzò in piedi e la fulminò con lo sguardo..
” Senti sorellina! Michelle è la donna più bella del mondo, é insostituibile, capito??”
Le lacrime scendevano dai suoi occhi ..”La nostra storia è fantastica..non può finire tutto
qui, non può..capito?”
Mentre parlava, Daniel si coprì il volto col palmo delle mani. Poi corse via e se ne andò in
camera. Sarah rimase esterrefatta dal comportamento di suo fratello e mai avrebbe
immaginato quello che voleva fare.
Infatti, tre minuti più tardi, Daniel scese le scale, fischiettando e sorridendo, e rivolto a
Sarah disse: ”Cara sorellina, ho trovato la soluzione. Me ne andrò in crociera, ci stavo già
pensando da tempo” ”Cosa Daniel? Tu non sei un tipo da crociera..fidati..” ”Tu non sai
che tipo sono, sorellina” rispose Daniel,bruscamente .
”Leggi qua!” Sarah prese una piccola rivista e cominciò a leggere l’annuncio:
Titanic, la nave dei vostri sogni
Sono disponibili ancora 50 posti in terza classe a $40 per la magnifica crociera in
programma ad aprile. Il transatlantico partirà da Southampton in Inghilterra e arriverà a
New York. E’ una vacanza da sogno. Non penserete più a nulla e vi godrete per
settimane il fantastico panorama oceanico. Non perdete questa occasione. Nessun
problema, nessun rischio. Il Titanic è la nave più sicura mai creata al mondo.
“Ma Daniel!! Non vedi che parte dall’Inghilterra? Come vorresti fare?” ”Non ti preoccupare
di questo, Sarah! “ replicò Daniel, sicuro di sé .”Affronterò il lungo viaggio d’andata. Ho
bisogno di un periodo di riflessione.” ”E tutti quei soldi, Daniel, chi te li darà??” ”Come chi
me li darà! Ne ho abbastanza per affrontare una spesa simile. E poi anche papà potrà
aiutarmi.” ”Papà ha altre cose a cui pensare, fratellone, non capisci?” ”Papà farebbe
tutto per me, Sarah. E credo anche per te..” ”Sei fuori di testa, Daniel, fuori di testa..”
A Daniel non importava quello che pensava la sua amata sorella. Voleva scappare.
E
nessuno lo avrebbe fermato..
Quando Daniel riferì a Bassey il suo strampalato piano di fuga, il padre, com’era
prevedibile, andò su tutte le furie. “No, non te ne vai via così! Tu devi darmi una mano in
falegnameria, figliolo. No ,è improponibile!...” ”Dai Papà! Cosa? Vuoi limitare la mia
libertà? Ho quasi trent’anni, papà, non sono più un bambino..” replicò Daniel ”Un
bambino? Invece lo sei, Daniel ,eccome !! Ma dove vuoi andare, da cosa vuoi fuggire??”
”Da Michelle papà, mi ha tradito!”
Bassey rimase di stucco e dopo aver scosso la testa, tornò a parlare: ”Daniel..mi dispiace,
non lo sapevo. Però pensa che hai altre persone che ti vogliono bene, Daniel..la tua
famiglia è qui, e ti può aiutare..” ”Lo so papà..ma devo andarmene. Ormai ogni cosa mi fa
tornare in mente Michelle, papà .Il sole,la luna,le stelle. Persino il tuo cappello, papà..ne
ero innamorato..”
Bassey lo guardò un attimo e poi lo fece sedere su una sedia vicina: ”Daniel, rifletti!
Questa crociera parte dall’Inghilterra e arriva a New York. Hai in mente vero dov’è
l’Inghilterra, e dove si trova New York? Dovresti fare un viaggio di almeno due settimane
per arrivare in Europa..ma non è tutto qui. Quando arriverai a New York, non sarai a casa.
New Orleans è lontana da quella città, figlio mio” ”Lo so papà,lo so” ”Beh, se lo sai figlio
mio, vuol dire che sei un pazzo!? E’ improponibile Daniel, veramente improponibile..”
”Improponibile? Credo che i soldi non manchino” ”I soldi non sono un problema, Daniel. Il
problema è che tu hai una famiglia qui, che è attaccata a te. Se vuoi prenderti un periodo
di pausa fallo pure. Ma non andare lontano..” ”Papà ho già preso la mia decisione. Andrò
su quella nave.”
Detto questo, Daniel uscì di casa, senza badare a quello che aveva detto suo padre.
Bassey non era riuscito a dissuaderlo e Esinam, dopo aver preparato la tavola per la
cena, lo rimproverò: ”Sei sempre stato troppo buono con tuo figlio. Guarda! Può fare
quello che vuole” ”Ma perché non te ne stai zitta, Esinam?” rispose Bassey, innervosito:
”Dai la tua opinione, prima di arrabbiarti con me..oppure sei intimidita da tuo figlio?” ”Devi
essere te a rimproverarlo, Bassey sei tu la sua guida.. “ replicò Esinam, con la solita
calma.. ”non ascolta me, lo sai.” ”Beh , è ora che tu faccia sentire la tua voce Esinam. E
smettila di rimproverarmi..”
Bassey e Esinam discussero a lungo. L’idea che Daniel se ne andasse e non tornasse più,
li rendeva tristi e litigiosi. Odiavano quel Titanic, amato tanto dal figlio. Ma non tanto da
pensare che quella nave a New York non ci sarebbe mai arrivata..
Southampton,UK,10 aprile 1912
Daniel era arrivato in Inghilterra da pochi giorni. Aveva lasciato a New Orleans tutto quello
che aveva, a parte un paio di vestiti e un centinaio di dollari che portava con sé.
La notte prima della partenza alloggiò in un ostello, fuori città. Non aveva dormito nulla,
forse a causa del viaggio, pesantissimo e lunghissimo; infatti, il piroscafo che partiva da
New Orleans aveva impiegato un paio di settimane ad arrivare in Gran Bretagna.
Nonostante ciò, Daniel era molto felice. L’idea di andare in crociera, lo rendeva entusiasta
e desideroso. Si stava dirigendo verso il porto, insieme ad un altro uomo che aveva
conosciuto proprio in quell’ostello. Il suo nome era François De Beau.
François veniva, come Daniel, da New Orleans. Suo padre era un imprenditore francese.
O meglio un imprenditore fallito, visto che la sua impresa era andata in rovina da parecchi
anni. Questo fatto li aveva condotti alla miseria. Così François decise di andarsene,
abbandonando suo padre che nel frattempo se n’era tornato a Lione.
Ora apparteneva all’equipaggio del Titanic.
Mentre passeggiavano sulle vie di Southampton, François spiegava a Daniel qual era il
suo ruolo: ”Io lavoro nella sala macchine. Il mio compito è quello di caricare le caldaie
della nave col carbone. E’ un lavoro facile, ma faticoso. Purtroppo sono pagato molto
poco..” ”E cosa farai dopo, quando il Titanic arriverà a New York?” ”Ah, non ne ho idea.
Per adesso, penso a quello che devo fare ora. Un lavoro duro mi aspetta, e io sono pronto
ad affrontarlo.”
François era un uomo deciso e silenzioso. Però era una persona piacevole. Basso e
smilzo, con un vestito trascurato e sfasciato, sembrava il tipico uomo che vive la vita di
giorno in giorno. Non faceva mai domande, e molto brevi erano le sue risposte.
Andava comunque d’accordo con Daniel e lo trattava con rispetto: ”Caro amico ” disse
François ” sarai uno dei pochi neri a bordo di quella nave. Nell’equipaggio ce n’è
qualcuno, ma per quanto riguarda la terza classe, credo, che molti siano irlandesi. Quindi
stai attento! Non siamo a New Orleans, amico mio” ”Lo pensavo François. Però credo che
me la caverò. Non ho nessuna paura” ”Beh, allora meglio per te,Daniel. Comunque stai
all’erta.”
Bassey, ricevuto il consiglio di François, osservò la presenza di una grande folla, distante
una centinaia di metri. E, dietro a quella moltitudine di gente, un’ opera gigantesca, frutto
della megalomania umana. La nave si estendeva in tutta la sua grandezza. Daniel non
credeva ai suoi occhi. Quattro camini giganteschi si innalzavano verso il cielo . Sotto di
loro una costruzione immensa, frutto del lavoro di migliaia di operai e centinaia di
ingegneri. La folla era lì radunata, e i ponti che portavano alla nave erano pronti per far
passare la gente. François era preoccupato. Lui infatti, avrebbe dovuto salire sulla nave
prima, per preparare le caldaie per il lungo tragitto. Si fece spazio tra la gente e disse a
Daniel: ”Buona fortuna, amico! Non posso più trattenermi. Spero di rivederti.”
Il francese si perse tra la folla e Daniel non lo vide più. Guardando quella moltitudine di
gente, si rese conto che effettivamente lui era l’unico nero. Con il suo cappello e il suo
elegante vestito era in realtà abbigliato meglio di tanti altri emigranti in cerca di fortuna in
America.
Daniel era fermo ed osservava. E oltre ad osservare, ascoltava. Sentì una signora urlare
”Guardate c’è Ben Guggenheim!!” e un altro signore rispondere ”Sì!! E’ proprio lui!!
Su uno dei ponti che portava alla nave Daniel vide un uomo di media statura, circondato
da altre persone che sembravano proteggerlo. Fu uno dei primi a salire. Poi seguirono tutti
gli altri. Daniel stava aspettando il suo turno. Si girò. E dietro di lui vide file e file di
persone, che salutavano malinconicamente parenti e amici. D’un tratto si rese conto di
essere solo. Nessuno lo aspettava sulla nave, e nessuno lo salutava. Per un momento gli
tornarono in mente le parole di suo padre. E tristemente ripensava alla sua New Orleans,
alla sorella Sarah, alla mamma Esinam , a Bassey. Ma soprattutto allo Zio Joe e la nonna
Emily che tanto gli mancavano. Poi si rigirò nuovamente e osservò di nuovo quella nave.
Lo fece rabbrividire. Il Titanic gli faceva paura. La sua immensità lo sovrastava, i suoi
camini lo spaventavano, i suoi infiniti oblò lo rendevano confuso.
La folla radunata si rimpiccioliva man mano che i passeggeri salivano sulla nave. E Daniel
era lì che aspettava di salire. Non aveva nessuno con lui. Pensò che suo padre aveva
ragione quando gli disse che doveva restare in America. Pensò anche che se restava in
America, forse era meglio. Ma ormai era troppo tardi. Il Titanic lo aspettava, insieme al suo
fatale destino.
Daniel alloggiava nelle cabine di prua, sul ponte F del transatlantico. Osservava dall’oblò il
lento scorrere delle onde che sbattevano contro l’immensa nave. Il Titanic si era fermato
per caricare gli ultimi passeggeri a Queenstown. Era ormai buio. Nella camera insieme a
lui, c’erano due inglesi, Charlie e Johnny. Erano molto simpatici e socievoli, orgogliosi
comunque della loro nazionalità.
”Ehi! Amico di New Orleans.Ti ricordo che senza l’Inghilterra, l’America non esisterebbe
neppure” disse Johnny ”Noi abbiamo portato la cultura, dalle tue parti..” aggiunse Charlie
“Però devo ammettere, caro Daniel, che per via di donne voi siete messi meglio.”
Lo interruppe Johnny: ”Vedessi le inglesi..sì ce n’è qualcuna...poi sono tutte schizzinose..
insomma, insopportabili”
Charlie annuiva alle parole di Johnny. Erano amici da una vita, del resto si notava subito.
Andavano d’accordo come pochi e si prendevano in giro di continuo.
” Certo che, Johnny, la francese che avevi conosciuto a Manchester...cioè …piuttosto
stattene da solo, no!” disse Charlie ”Da solo? Charlie, ma quand’è l’ultima volta che te ne
sei andato con una donna? Nell’età vittoriana credo..”
E così cominciavano a ridere, contagiando lo stesso Daniel,che,nonostante fosse
malinconico, non riusciva a restare serio.
”E tu americano” disse Charlie ”Per via di donne? Come sei messo?” ”Beh, devo dirvi che
il motivo per cui sono fuggito dalla grande New Orleans, è una donna. Si chiama Michelle,
e purtroppo mi ha tradito.” ”Ah! Che brutto colpo dev’essere stato. Ma sono tutte così le
americane? No, perché allora era meglio che ce ne restassimo in Inghilterra!” ”Beh, alla
fine, Charlie” disse Johnny ridacchiando ”facciamo ancora in tempo a scendere.”
Daniel rise all’ennesima battuta di Johnny. Il simpatico umorista era seduto su una piccola
sedia, vicino alla porta d’entrata della cabina; ad un certo punto dovette alzarsi perché
qualcuno bussò.
Entrò in camera un uomo piccolo e magro, dall’aria timida. Johnny non riuscì a starsene
zitto: ” Quindi tu dovresti essere l’irlandese? Eh ...ma vi danno da mangiare dalle vostre
parti ?”
L’ irlandese rimase serio alla battuta di Johnny e si presentò: ”Mi chiamo Andrew. Sono
diretto come voi a New York, in cerca di lavoro. Non vedo l’ora di vedere l’America.”
Daniel osservava quell’uomo dall’aspetto strano. Portava delle bretelle, e degli stivali che
insieme alla camicia bianca, mettevano meno in risalto i suoi lunghi capelli rossi:
”Vengo da Dublino. E’ la prima volta che mi imbarco su una nave. E a quanto pare è la più
sicura al mondo!” ”Così dicono” disse Charlie ”Eh sì!” lo interruppe Johnny ”così dicono,
comunque stai tranquillo, irlandesino. Qui con noi te la spasserai!”
Andrew si guardava intorno, osservando il pavimento che con i suoi disegni floreali dava
un aspetto più presentabile alla modesta cabina: ”Mio padre diceva che nelle cabine di
terza classe ci si può a malapena dormire. Devo dire che non mi sembra così. Questa è
anche una bella camera..” ”Eh, irlandesino..siamo sul Titanic..!!” disse Johnny: ”L’unica
cosa che non mi piace è che le donne sono tutte a poppa. Vero Charlie?” ”Concordo
Johnny..concordo..”
Daniel ascoltava, e se ne stava zitto. Era perso in mille pensieri, e nonostante la simpatia
dei suoi compagni di cabina, si sentiva a disagio .Guardava il cielo, illuminato dal chiarore
luminoso delle stelle. E sotto c’era il mare, immenso più del Titanic. La nave aveva appena
tolto gli ormeggi, diretta verso l’Atlantico . New York era ancora lontana, e per sempre lo
sarebbe stata..
Oceano Atlantico, 14 aprile 1912
Era giunta domenica e la nave si avvicinava sempre di più alle coste americane. La
giornata era bella e le temperature erano miti. Daniel aveva passato tutto il suo tempo
all’aria aperta, sul ponte superiore della nave, riservato alla terza classe. Era sceso solo
per pranzare, a mezzogiorno, non aveva neppure cenato: quella sera stranamente non
aveva fame.
Erano ormai le undici di notte e si trovava ancora sul ponte ad osservare le stelle, che
risplendevano più del solito. Non era solo. Con lui c’era Andrew, l’Irlandese; avevano
parlato di tutto quella sera; di donne, birra e musica. Daniel aveva scoperto che Andrew
suonava uno strumento, l’arpa, a lui sconosciuto: ”L’arpa? Non l’ho mai sentita, credo che
non sia ancora arrivata dalle nostre parti” ”Ah, quello non te lo so dire,amico mio” rispose
Andrew ”So solo che quando la suono mi libero da tutti i pensieri .La sua melodia,
nostalgica e malinconica ,quando viene accompagnata da un flauto,crea un’atmosfera
surreale. Sembra di essere in un altro mondo.”
Daniel immaginava il suono dell’arpa e Andrew, nel frattempo, canticchiava una canzone
dei tempi passati. Poi alzò lo sguardo verso il cielo e indicò una stella luminosissima:
”Vedi amico? Quello è Giove, il pianeta più grande del Sistema Solare. Sai, sono un
appassionato di astronomia. Piena di misteri, come il Titanic.“
Daniel osservò quella stella che sembrava quasi la luce di una nave lontana. La loro
conversazione andò avanti per molto tempo. Poi si resero conto, mentre osservavano
quella stella, che il Titanic aveva virato bruscamente a sinistra.
”Avranno sbagliato rotta” disse Andrew. Ma l’irlandese si smentì subito. Alla sua destra
apparve un grosso iceberg. Si sentì un grande boato: l’inaffondabile Titanic aveva appena
urtato..