Questo libro parla di felicità. Cioè di un tema che – siamo certi di

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Questo libro parla di felicità. Cioè di un tema che – siamo certi di
Di cosa stiamo parlando
La felicità è accarezzare un cucciolo caldo,
stare a letto mentre fuori piove,
camminare sull’erba a piedi nudi,
e il singhiozzo quando è passato.
(Charles M. Schulz)
Questo libro parla di felicità.
Cioè di un tema che – siamo certi di non
esagerare – ha occupato la mente dell’uomo da
quando questa ha iniziato ad essere qualcosa
più che una semplice stazione di smistamento degli istinti.
Sulla natura e sul significato della felicità
si sono interrogate e pronunciate le discipline
più diverse: dalla biologia alla mistica, dalla filosofia all’economia, dalla psicologia alla giurisprudenza, dalla politica alla religione. Per
non dire poi di letterati, poeti, opinionisti, guru, maître-à-penser, anziani sapienti e saggi di
strada, ciascuno con una propria visione, una
propria teoria, un proprio credo.
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Istruzioni per rendersi felici
Una cosa è certa: a chiunque la rivolgiate,
la domanda «Cos’è la felicità?» non cadrà nel
vuoto.
Le risposte saranno frutto di esperienza o
assunti di fede: chi farà riferimento al puro piacere dei sensi e chi, all’estremo opposto, vi parlerà della contemplazione del Volto di Dio. Alcuni chiameranno in causa il benessere psicofisico, altri l’armonia con il cosmo, altri ancora la sfera etica e valoriale, l’amore, l’amicizia,
oppure il potere, la vittoria, l’autostima, la sicurezza…
E noi? Di quale felicità parleremo?
Di nessuna di queste – nello specifico – oppure di tutte.
Non ci occuperemo infatti di indagare cosa
sia la felicità né a quale mondo appartenga, e se
una definizione ne verrà, strada facendo, sarà
fra le righe. Spontanea e non cercata. Frutto, e
non presupposto, della discussione.
E questo per due motivi.
Il primo è la vocazione di questo libro, che
vuole essere un manuale e non un trattato.
Nonostante la corposa parte teorica, dedicata all’analisi e alla discussione, infatti, il nostro
obiettivo è fondamentalmente pratico.
Non la natura della felicità, ma come essere
felici. O meglio: più felici.
Più felici di quanto lo siamo quando lo siamo.
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Di cosa stiamo parlando
E anche se prenderemo in considerazione
altri approcci al problema, non sarà per stigmatizzarli come “veri” o “falsi”, ma unicamente per valutare se funzionino oppure no.
Ogni parte di questo scritto, dunque, deve
essere intesa come un contributo e una preparazione alla pratica, convinti come siamo che,
in ogni cambiamento, la comprensione non sia
altro che un preludio al fare.
Necessario, come lo è la preparazione di un
terreno, ma inutile, se questo non riceverà poi
il seme della pratica.
Il secondo motivo per cui non ci preoccuperemo di definire la reale natura ultima della felicità è che riteniamo non ce ne sia bisogno. Almeno non per i nostri scopi.
Se infatti alla domanda: «Cos’è la felicità?»
possiamo ipotizzare tante risposte quante sono
le possibili visioni del mondo, a quella: «Vuoi
essere felice?» non ce ne aspetteremo che una
soltanto.
E questo significa che ciascuno, in qualche
modo e da qualche parte dentro di sé, ha già
una risposta anche per la prima delle due domande.
Se così non fosse, se della felicità non avesse
già una qualche esperienza, non potrebbe desiderarla, spesso sopra a ogni altra cosa.
Quanto poi a decidere se la sua felicità sia
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Istruzioni per rendersi felici
la stessa che altri perseguono, e quali ulteriori
nomi darle per far intendere alla ragione quale
sia la sua reale natura, riteniamo che questa sia
materia di una speculazione che esula dagli intenti del libro.
Il nostro oggetto, dunque, sarà quella felicità che tutti conoscono per averla già, in qualche forma, sperimentata. Quella di cui si scrive
e si canta, ma anche quella di cui si parla ogni
giorno e che ci si augura per sé e per chi si ama.
Quella di «Se solo avessi…» o «Se solo potessi… allora sì che sarei veramente felice!» e
di «Sposami, e farai di me l’essere più felice del
mondo!»
È una felicità piccola, modesta, con la “f”
minuscola?
E chi può dirlo?
Chi può dire se l’amore per un cucciolo addormentato sulle nostre ginocchia sia davvero diverso da quello che «move il sole e l’altre
stelle»?
Da parte nostra crediamo che non faccia alcuna differenza. E che un unico raggio di luce,
proveniente da chissà dove – o forse da nessun luogo – passando attraverso il prisma della
manifestazione, abbia dato origine a molti colori e molti nomi: piacere, benessere, beatitudine, eudaimonia, appagamento, gioia…
Questa nostra, però, non vuol essere, a sua
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Di cosa stiamo parlando
volta, una definizione, quanto piuttosto la rinuncia a ogni tentativo di pervenire a una definizione.
Una sola felicità che è anche, nello stesso
tempo, tante felicità.
Così come l’Uno, proiettandosi nel Molteplice, insieme ne consente e ne riassume la varietà.
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