LA FASTIDIOSA di Franco Brusati
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LA FASTIDIOSA di Franco Brusati
LA FASTIDIOSA di Franco Brusati Milano TEATRO NAZIONALE 7 aprile 1994 Rudi Laurino Lidia Laurino Marco Laurino Tommaso Stella Varon Mamma Varon Il Generale La Suora Scene e costumi Musiche a cura di Coreografia Luci Giorgio Albertazzi Anna Proclemer Stefano Santospago Paolo Calabresi Stefania Barca Clara Colosimo Cesare Gelli Eliana Bosi Enrico Job Paolo Terni Marta Ferri Emidio Benezzi Regia Mario Missiroli Arredamento di scena 180 La fastidiosa è ambientata a Venezia, città amatissima da Brusati e, in questo suo testo, intesa come ultima isola depositaria di valori ormai minacciati dal dissesto morale della società che li circonda. Così l’interpretava l’autore, e così l’interpretarono Mario Missiroli e Job. (n. d. r.) “È difficile – scrive Giorgio Prosperi – riassumere questa commedia, vuoi per una sintassi drammaturgica estremamente sofisticata, ravvivata da continui movimenti di flashback, rappresentazioni del passato, e di flashforward, ipotesi del futuro, vuoi per la complessità dei personaggi che ruotano con le loro variabili attorno all’immobile sole di Lidia” (Giorgio Prosperi, La fastidiosa e gli anni Sessanta, Programma di sala). Venezia, nella commedia di Brusati, è una ‘fastidiosa metafora’. Il precario rifugio della malinconia, del rimpianto di una vita che nessuno vuole più vivere. Ma intanto qualcuno, qualcosa di noi muore. Siamo nel 1963.Venezia, fotografata in bianco e nero è sfondo al luogo deputato all’azione, i cui funebri marmi, del verde più cupo della laguna, sono sospesi sulla mobile luce dell’acqua, nella scena teatrale sul palcoscenico vuoto, dove il tempo si fa instabile, e passato e futuro affiorano incredibili, ma in tutta naturalezza, come dall’acqua dei canali, le antiche costruzioni” (Enrico Job, Programma di sala). “Ospita gli ambienti dove si svolgono i tre atti una piattaforma sospesa e quasi spoglia, cui fanno da sfondo tre successive gigantografie in bianco e nero, realizzate pittoricamente con una tecnica che rende l’immagine simile a quella di una fotografia. Questa altana diventa, grazie al cambio degli arredi scenici, tutti i luoghi deputati della vicenda, dall’anticamera di un convento con un San Sebastiano da trovarobato, a vari interni borghesi connotati con oggetti d’epoca anni ’60.“Venezia gode l’onore plastico di una citazione imponente. La scenografia di Enrico Job, tornato in questa stagione al più alto livello, le dedica tre successive gigantografie in bianco e nero sul fondo, davanti a una sorta di piano sospeso dove vive l’attualità, tra pareti di finti marmi verdeggianti, men- La fastidiosa is set in Venice, a city much loved by Brusati, and in this text depicted as an island preserving the values now threatened by the moral decay of surrounding society. Such was the author’s interpretation, and such was that of Missiroli and Job (ed.). “It is difficult to sum up this play”, writes Giorgio Prosperi, “both because of its extremely sophisticated dramaturgical syntax, enlivened as it is by continual flashbacks and ‘flash-forwards’, and because of the complexity of the characters that circle, with their differences, around the motionless sun of Lidia” (Giorgio Prosperi, La fastidiosa e gli anni Sessanta, Programme Notes). “Venice, in Brusati’s play, is a ‘fastidious metaphor’. It is the precarious refuge of melancholy, of regret for a life which no-one wants to live anymore. But meanwhile, someone, something of us dies. It is 1963.Venice, photographed in black and while, provides the backdrop to the area designated for the action. Its funereal marbles, the darkest green of the lagoon, are suspended on the moving light of the water, in the scene of the action on the empty stage, where time becomes unstable and past and future spring up, incredibly, but naturally, like the ancient buildings from the water of the canals” (Enrico Job, Programme Notes). A suspended and almost empty platform hosts the settings in which the three acts take place, and three blown-up photographs constitute the backdrop, one after the other. These have been painted using a technique which renders the image similar to a photograph. Thanks to the changing of the furniture on stage, this platform becomes all the areas designated in the story, from the hall of a convent, with a prop of Saint Sebastian, to various bourgeois interiors distinguished by articles typical of the sixties. “Venice boasts the visual honour of a forceful evocation. Enrico Job’s set design, which is back on top form this season, has provided it with three successive blow-ups in black and white in the background, with a kind of suspended platform in front for the portrayal of the present between walls of greenish fake marble. Lower down, the front of the stage hosts the flashbacks.A fourth, grey backdrop, portraying Bozzetti per la scenografia 18 tre il proscenio più in basso ospita i flashback. Un quarto fondale grigio su cui è disegnata una di quelle monumentali fuoriserie d’epoca, che piacevano a Brusati, è serbato per una significativa irruzione nella memoria di Marco bambino” (Franco Quadri, Proclemer, così severa, la Repubblica, 14 aprile 1994). “È una zattera di naufraghi anche se inconsapevoli, quella alla quale sta aggrappata la famiglia Laurino, che vive emblematicamente in una Venezia in disfacimento sempre li per sprofondare, che la scenografia di Enrico Job ci rivela nelle foto, rigorosamente in bianco e nero, poste al di là di un’ipotetica finestra che si apre sui canali, mentre la vicenda si rappresenta su una pedana sopraelevata: un luogo assediato dove ormai è impossibile ritirare il ponte levatoio” (Maria Grazia Gregori, Anna e Giorgio borghesi fastidiosi, l’Unità, 14 aprile 1994). “La regia per molti versi rivelatrice di Mario Missiroli ha sviluppato con rigorosa adesione i momenti cruciali dei tre atti giovandosi dell’incanto paesaggistico ricostruito dallo scenografo e costumista Enrico Job con l’ingegnoso ricorso a gigantografie in bianco e nero di una rarefatta Venezia promossa a sfondo di un’altana. Tale terrazza è di volta in volta delegata ad anticamera del convento in cui all’inizio s’è rifugiata la malata e provata Lidia; a stanza di soggiorno della vedova disinibita, madre dell’irresponsabile Stella; a palazzo sul Canal Grande in cui La fastidiosa si illude di poter costringere il fatuo marito Rudi, inarrendevole libertino” (Gastone Geron, La Proclemer? Fastidiosa solo a teatro, il Giornale, 14 aprile 1994). “Chi più di tutti ha colto lo spirito della commedia è stato lo scenografo Enrico Job che ha sospeso al centro della scena, sullo sfondo di una Venezia in bianco e nero, uno stilizzato interno borghese collegato alle quinte attraverso ponticelli” (Felice Cappa,Con la Proclemer e Albertazzi non risorge la Fastidiosa, La Notte, 14 aprile 1994). “La regia di Mario Missiroli è coadiuvata da un impianto scenografico di Enrico Job originale ed estremamente felice nei confronti del testo: i tre ambienti dove si svolgono gli atti, ’40, ’45, ’50, si trovano su una piattaforma sospesa e quasi spoglia, cui fanno da sfondo altrettante grandi vedute di Venezia in bianco e nero. Il tutto è sempre molto piacevole da vedere, ma la trovata è la piattaforma, che rende gli attori sempre visibili a figura intera, con interessante effetto-marionetta” (Masolino d’Amico, Quel seduttore di Albertazzi colpito dalla grazia di Brusati, La Stampa, 14 aprile 1994). “... alle scene di Enrico Job il compito di ricordarci, con le tre diverse immagini di Venezia che fanno da sfondo ai tre atti, la non più abitata, non più condivisa bellezza dei luoghi” (Giovanni Raboni, La sconfitta di Lidia, vestale dei grandi valori borghesi, Corriere della Sera, 14 aprile 1994). “... un incisivo concerto interpretativo che si giova di un apparato scenico di Enrico Job di elegantissima rievocazione di ambienti e di pertinente astrazione delle singole variazioni, doverosamente definibili spirituali nel risentito e poetico carattere di Lidia” (Odoardo Bertani, Mattatori in crisi di coscienza, Avvenire, 14 aprile 1994). “Le scene sono di Enrico Job, un artista vero che ha interpretato il testo senza descriverlo come fa purtroppo molta scenografia attuale” (Giorgio Albertazzi, L’Italia settimanale, 20 aprile 1994). one of those enormous custom-built cars of the period, which Brusati liked so much, is reserved for a significant irruption into the memory of Marco as a child” (Franco Quadri, Proclemer, così severa, la Repubblica, 14 April 1994). “It is to a raft of albeit unconsciously shipwrecked survivors that the Laurino family is clinging, living as it does, symbolically, in a decaying Venice, always seemingly on the verge of sinking.This is revealed to us in Enrico Job’s set design, in the photos, rigorously in black and white, placed behind a hypothetical window which opens onto the canals, while the story is acted out on an elevated platform, a besieged place to which it has now become impossible to lift up the drawbridge” (Maria Grazia Gregori, Anna e Giorgio borghesi fastidiosi, l’Unità, 14 April 1994). “Mario Missiroli’s direction, which is revealing in many ways, has developed the crucial moments of the three acts with rigorous adherence, making use of the enchanting landscapes reconstructed by set and costume designer Enrico Job, who has resorted ingeniously to blown-up black and white photographs of a rarefied Venice displayed in the background behind a platform.This terrace becomes, in succession, the hall of the convent in which Lidia, ill and at the end of her tether, takes refuge at the beginning, the sitting room of the uninhibited widow, mother of the irresponsible Stella, and the palace on the Grand Canal in which La fastidiosa convinces herself that she can compel her vain husband, Rudi, an incorrigible womaniser” (Gastone Geron, La Proclemer? Fastidiosa solo a teatro, il Giornale, 14 April 1994). “It is set designer Enrico Job who has captured the spirit of the play more than anyone, suspending a stylized bourgeois interior at the centre of the stage, against the backdrop of a black-and-white Venice, connected to the wings by means of footbridges” (Felice Cappa, Con la Proclemer e Albertazzi non risorge la Fastidiosa, La Notte, 14 April 1994). “Mario Missiroli’s direction is aided by Enrico Job’s original set design, which is extremely consonant with the demands of the text: the three settings in which the acts take place (1940, 1945 and 1950) are constructed on a suspended platform which is almost bare. Behind, there are equally big views of Venice in black and white.The whole thing is always very pleasant to look at, but the real innovation is the platform, which means that the actors are always visible from head to foot, creating an interesting ‘marionette’ effect” (Masolino d’Amico, Quel seduttore di Albertazzi colpito dalla grazia di Brusati, La Stampa, 14 April 1994). “... Enrico Job’s scenery, with its three different images of Venice which act as backdrops for each act, serves to remind us of the no longer inhabited, no longer shared beauty of the places” (Giovanni Raboni, La sconfitta di Lidia, vestale dei grandi valori borghesi, Corriere della Sera, 14 April 1994). “... an effective joint effort of interpretation benefiting from Enrico Job’s set, which elegantly conjures up settings and the pertinent abstraction of the individual variations, which may rightly be defined as spiritual in Lidia’s vigorous and poetic character” (Odoardo Bertani, Mattatori in crisi di coscienza, Avvenire, 14 April 1994). “The scenery is by Enrico Job, a true artist who has interpreted the text without, unlike the unfortunate habit of so many contemporary set designers, describing it” (Giorgio Albertazzi, L’Italia settimanale, 20 April 1994). 182 La fastidiosa. Panca per il primo atto