Un robot come compagno di giochi

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Un robot come compagno di giochi
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Isaac Asimov
Un robot come compagno di giochi
La piccola Gloria si diverte moltissimo a giocare con Robbie, un amico
fedele, un compagno di giochi davvero «speciale», dalla pelle metallica.
1. recessi: parti nasco-
TEMI
ste.
2. falcate: passi lunghi.
3. agognato: tanto de-
siderato.
4. canzonandolo: deri-
dendolo, prendendolo in
giro.
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«Novantotto... novantanove... cento.» Gloria staccò dagli occhi
l’avambraccio grassottello e restò un attimo ferma, arricciando il naso
e battendo rapidamente le palpebre alla luce del sole. Poi, cercando
di guardare contemporaneamente in tutte le direzioni, si allontanò
di qualche passettino dall’albero a cui si era appoggiata. Allungò il
collo per controllare un folto di cespugli alla sua destra, poi si spostò ulteriormente per studiarne gli oscuri recessi1 da un’angolazione
migliore.
«Scommetto che è entrato nella casa, come se non gli avessi detto
mille volte che non vale», disse Gloria, imbronciata.
Con le labbra serrate e la fronte corrugata in un’espressione di rimprovero, Gloria avanzò decisa verso la costruzione a due piani che
sorgeva in cima al vialetto.
Sentì troppo tardi il fruscìo alle sue spalle, seguito dal rumore caratteristico e ritmato dei piedi metallici di Robbie. Si voltò di scatto e
vide il suo compagno di giochi sbucare trionfante dal nascondiglio e
dirigersi di corsa all’albero-tana.
«Robbie, aspetta!», gridò la bambina, avvilita. «Così non vale! Avevi
promesso che non ti saresti messo a correre se prima non ti trovavo.» I suoi piedini non potevano certamente competere con le falcate2
da gigante di Robbie. Ma a pochi metri dalla meta, Robbie rallentò di colpo l’andatura e cominciò a strascicare i piedi. Gloria, con
uno scatto rabbioso, lo superò ansimando e toccò per prima il tronco
agognato3. Si girò raggiante verso l’amico fedele e ne ricompensò lo
sforzo canzonandolo4 per la sua scarsa abilità nella corsa.
«Robbie non sa correre, Robbie non sa correre», gli gridò con tutta la
forza che i suoi otto anni le consentivano. «Lo posso battere quando
voglio, lo posso battere quando voglio.»
Robbie non rispose, naturalmente. Non a parole, almeno. Le tese un
tranello benevolo fingendo una fuga, e ben presto Gloria si ritrovò a
correre in cerchio intorno a se stessa, con le braccia protese nel vano
tentativo di acchiappare il robot che continuava a schivarla.
«Robbie, fermati!», strillò la bambina ormai a corto di fiato e scossa
da singulti di riso.
Il robot si voltò di scatto, la prese sotto le ascelle e la fece roteare in
aria, poi, di colpo, si ritrovò seduta sull’erba, appoggiata a una gamba
di Robbie, la mano ancora stretta intorno a un dito di metallo.
Le ci volle un po’ per riprendere fiato. Si passò una mano tra i capelli scarmigliati, poi si guardò il vestito per assicurarsi che non fosse strappato.
Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
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5. smussato: con gli
spigoli arrotondati.
6. perno: fulcro, sostegno.
7. acquattata: rannic-
chiata, nascosta.
8. il suo asso nella manica: la sua carta vin-
cente.
9. ultimatum: minac-
cia.
10. ovattato: attenua-
to.
11. induttori: circuiti
elettrici.
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Diede una pacca sul petto di Robbie e gli disse: «Cattivo! Adesso ti
sculaccio».
Robbie si fece piccolo per la paura e si coprì il viso con le mani, così
Gloria si affrettò ad aggiungere: «No, Robbie, non ti darò le sculacciate. Però adesso mi nascondo io».
Robbie le fece cenno di sì con la testa – un piccolo parallelepipedo
smussato5 che era attaccato al busto, altro parallelepipedo più grande, grazie a un perno6 corto e flessibile – e appoggiò obbediente la
faccia contro l’albero. Una sottile pellicola di metallo calò sopra gli
occhi lucenti e il corpo cominciò a emettere un ticchettìo regolare e
penetrante.
«Adesso non sbirciare... e conta fino a cento senza saltare i numeri»,
gli disse Gloria prima di correre a nascondersi.
I secondi furono scanditi con regolarità costante, e allo scoccare del
centesimo le palpebre si sollevarono e il rosso luminoso degli occhi
di Robbie perlustrò la zona circostante. Avanzò di qualche passo ed
ebbe la certezza che Gloria si era acquattata7 dietro la roccia. Quando
Gloria fu chiaramente visibile e non poté più sperare di non essere
stata scoperta, il robot la additò e si batté l’altra mano contro la coscia, che risuonò. Gloria uscì allo scoperto sbuffando spazientita.
«Hai guardato mentre contavi!», lo accusò ingiustamente. «Comunque non ho più voglia di giocare a nascondino. Portami a fare un giro
a cavalluccio.»
Ma Robbie, offeso, si sedette sull’erba e scosse vigorosamente la testa. Gloria cambiò immediatamente tono e prese a vezzeggiarlo dolcemente. «Andiamo, Robbie, scherzavo. Portami a cavalluccio, per
favore.»
Ma Robbie non sembrava intenzionato a darsi per vinto così facilmente.
«Robbie, ti prego, portami a cavalluccio», insistette lei, gettandogli
le braccia al collo. Poi, di punto in bianco, si staccò da lui. «Se non
mi ci porti mi metto a piangere», lo ricattò la bambina, mettendo il
broncio.
Robbie, inflessibile, prestò scarsa attenzione a quella terribile minaccia e continuò a scuotere la testa. Gloria decise allora di giocare il suo
asso nella manica8.
«Allora non ti racconterò più nemmeno una favola, così impari», disse accalorata.
Robbie si arrese senza condizioni davanti a quell’ultimatum9, e annuì
con tale vigore che il collo metallico emise uno scricchiolio ovattato10.
Sollevò delicatamente la bambina e se la mise sulle spalle possenti e
piatte.
Gloria ricacciò indietro le lacrime ed emise un gridolino di piacere.
La pelle metallica di Robbie, che una rete interna di induttori11 ad
alta resistenza manteneva a temperatura costante di ventuno gradi,
era piacevole al tatto, mentre il delizioso rumore prodotto dai tacchi
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12. aliante: velivolo pri-
vo di motore.
13. repentino: improv-
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viso.
14. salienti: importan-
ti, rilevanti.
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di Gloria che rimbalzavano ritmicamente contro il petto del robot
era incantevole.
«Adesso sei un aliante12, Robbie, un grande aliante argentato. Apri
le braccia e tienile tese, Robbie. Avanti, Robbie, apri le braccia, altrimenti non puoi essere un aliante.»
La logica del ragionamento non faceva una piega. Le braccia di Robbie si trasformarono in ali che sfruttavano le correnti d’aria e il robot
diventò l’aliante d’argento.
E volò fino allo spiazzo di erba alta dalla parte opposta del campo, e
qui si fermò in modo così repentino13 che il suo pilota eccitato emise
un grido di paura. Robbie depose la bambina sul soffice manto erboso. Gloria, a corto di fiato, esclamò più volte in un sussurro: «Che
bello!». Robbie aspettò che la bambina riprendesse fiato e poi le tirò
delicatamente una ciocca di capelli.
«Vuoi qualcosa?», gli chiese Gloria.
«Ah, ho capito. Vuoi che ti racconti una favola.»
Robbie fece un cenno di assenso.
«Quale?»
Robbie tracciò nell’aria un semicerchio.
«Ancora quella?», protestò la bambina. «Ti ho raccontato Cenerentola mille volte. Non ti sei ancora stancato di sentirla? È una storia
per bambini.»
Un altro semicerchio.
«Se proprio vuoi sentire questa...» Gloria ripassò mentalmente in rassegna i fatti salienti14 della storia, comprese le molte varianti inventate
da lei, e gli disse: «Sei pronto? Allora, c’era una volta una bellissima
bambina di nome Cenerentola. Cenerentola aveva una matrigna cattivissima e due sorellastre bruttissime e cattivissime...».
(da Visioni di Robot, trad. di P. Cavallari – G. Cossato – S. Sandrelli, Interno Giallo Editore, Milano, rid.)
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