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CENTRO PER LA FORMAZIONE IN ECONOMIA E POLITICA DELLO SVILUPPO RURALE DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E POLITICA AGRARIA Università degli Studi di Napoli Federico II Collana Working Paper Agricoltura e gestione del rischio: un confronto tra l’approccio tradizionale e l’uso di strumenti finanziari Fabian Capitanio∗ Working Paper no. 10/2002 Sommario Questo articolo presenta un quadro di sintesi su due possibili approcci per la gestione del rischio in agricoltura: l’assicurazione e l’uso di strumenti finanziari. Il lavoro è organizzato in due parti. Nella prima parte vengono introdotti gli aspetti teorici dell’analisi del comportamento economico in condizioni di incertezza, allo scopo di evidenziare i motivi che possano spingere al ricorso ad un contratto di assicurazione, dopo di che l’attenzione viene rivolta al concetto di titolo finanziario derivato e sulla possibilità del ricorso a tali strumenti per la gestione del rischio. In tale quadro, viene introdotto il noto modello di Black and Scholes per la valutazione delle opzioni finanziarie corredato dal necessario background matematico. Nella seconda parte, l’attenzione è rivolta alla gestione del rischio tipico della produzione agricola. In particolare, si discute dei problemi legati all’assenza di un mercato privato delle assicurazioni in agricoltura, analizzando le motivazioni che auspicherebbero l’intervento pubblico nel mercato assicurativo privato e descrivendo l’esperienza di alcuni programmi pubblici di sostegno alle assicurazioni agricole ritenuti di maggiore rilevanza internazionale. In tale contesto, si avanza una proposta, legata all’uso della teoria finanziaria delle opzioni, che introduce un elemento innovativo nella disputa attuale sull’equità del premio richiesto agli agricoltori sul mercato assicurativo privato. Successivamente, si descrive l’uso degli strumenti finanziari derivati descritti nella prima parte per la gestione, in particolare, del rischio in agricoltura. ∗ Dipartimento di Economia e Politica Agraria dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” 1 1 Introduzione La gestione del rischio in agricoltura ed il ruolo, in tal senso, delle assicurazioni sono da tempo oggetto d’interesse per ricercatori e legislatori in tutti i Paesi del mondo. Uno dei cosiddetti fatti stilizzati sui quali sembra si sia raggiunto un consenso unanime, è il fallimento del mercato privato delle assicurazioni delle rese in assenza di qualche forma di intervento pubblico a sostegno dello stesso. Sull’importanza relativa delle possibili cause di tale fallimento, tuttavia, il dibattito accademico non è affatto esaurito, e nella discussione vengono ospitate opinioni molto diverse. Tradizionalmente, sulle stesse cause, sono spesso citati fenomeni di asimmetria ed incompletezza informativa (con i conseguenti problemi di selezione avversa ed azzardo morale) e, da ultimo, il problema di sistemicità dei rischi. Il dato di fatto è che molti governi dei paesi cosiddetti sviluppati sono entrati attivamente nel mercato delle assicurazioni in agricoltura. Al sostegno diretto dei premi (comune negli Stati Uniti d’America, in Portogallo, in Italia, in Francia, in Austria e in Spagna), si è affiancata la decisione assunta da alcuni governi, di entrare nel mercato del rischio agricolo anche nel ruolo di riassicuratore dei contratti venduti dai privati. Una siffatta linea d’azione politica sembrerebbe dimostrare che gli argomenti portati a sostegno dell’incapacità del mercato privato di sopperire al problema della correlazione dei rischi siano stati accolti come plausibili. Alternativamente, è possibile imputare la scarsa diffusione delle assicurazioni in agricoltura non tanto alla presenza di asimmetria informativa, moral hazard, (quindi, costi onerosi per compagnie private ad offrire un prodotto assicurativo), quanto piuttosto al prevedibile equilibrio di un mercato caratterizzato da elevata concentrazione e mancanza di concorrenza dal lato dell’offerta. Seguendo tale spiegazione, in virtù del loro potere di mercato, le compagnie assicurative effettuerebbero, di fatto, una discriminazione di prezzo per catturare solo la domanda caratterizzata da una elevata disponibilità a pagare. Riuscire a distinguere le effettive cause del fallimento del mercato privato è cruciale: se fosse vera la seconda spiegazione, infatti, gli effetti del sostegno pubblico alle assicurazioni agricole potrebbero essere molto diversi da quelli che comunemente vengono invocati per giustificarlo, e l’intero meccanismo di intervento richiederebbe una profonda riconsiderazione. Il tentativo che si intende proporre in questo lavoro, è di fornire una panoramica su due possibili strumenti per la gestione del rischio di impresa in agricoltura: la sottoscrizione di una polizza assicurativa e l’utilizzo di strumenti derivati tramite il ricorso ai mercati finanziari; attenzione partico- 2 lare verrà dedicata all’utilità per l’agricoltore derivante dall’utilizzo singolo o congiunto di entrambe le tipologie richiamate. In particolare, si descriverà il dibattito sullo strumento assicurativo da molti invocato in letteratura per la gestione del rischio nel settore primario; verrà proposto in tale ambito un quadro teorico capace di evidenziare la giustificazione economica della stipula di un contratto assicurativo (e di quali individui economici possono essere disposti a ricorrere a tale strumento). Una ulteriore sezione sarà dedicata all’incidenza dei problemi informativi sul funzionamento ottimale del mercato suddetto seguita dall’analisi dettagliata di alcuni degli schemi assicurativi di riferimento presenti negli Stati Uniti, in Canada ed in Spagna1 . Il passaggio successivo concerne l’utilizzo alternativo di titoli derivati come strumenti di gestione del rischio per gli agricoltori; un quadro di insieme sulle caratteristiche dei vari strumenti derivati scambiati sui mercati finanziari verrà presentato con l’auspicio di conferire risalto a strumenti alternativi a quello assicurativo per la gestione del rischio in agricoltura. È proprio la rapida espansione del mercato dei derivati che ha stimolato negli anni la nascita e lo sviluppo di una teoria matematica dei derivati: in tale contesto, un ruolo preminente è senza dubbio rivestito dal modello di F. Black e M. Scholes (Black e Scholes 1973), che ha rappresentato il contributo basilare e di maggiore influenza sulla letteratura successiva e sulle applicazioni da parte degli operatori finanziari. Un breve spazio del lavoro dedicherà attenzione ad una presentazione analitica delle tecniche di option pricing e del relativo background matematico, evidenziandone limiti e possibilità applicative. Si mostrerà, tramite l’introduzione del modello Black and Scholes , la possibilità di equiparare la funzione di payoff di un contratto assicurativo a quella di una opzione esotica e, quindi, l’eventualità di poter valutare l’equità dei premi assicurativi richiesti agli agricoltori per la stipula delle polizze. (Jung e Ramezani 2001) 1 Un limite di questo lavoro è che non si presta attenzione alle implicazioni e alla compatibilità di questo tipo di programmi in ambito WTO: è opinione diffusa che il sostegno a programmi di gestione del rischio (sussidi alle assicurazioni in agricoltura) possono rientrare nella green box o, quantomeno, nella amber box. Tale convinzione risulta tuttavia in disaccordo da quando disciplinato dai punti 7 e 8 del documento GATT (rispettivamente, dalla lettura del testo integrale degli articoli richiamati, sulla disciplina della partecipazione dei governi ai programmi assicurativi e sugli aiuti governativi in occasione di disastri e calamità naturali). 3 2 2.1 2.1.1 Richiami di economia dell’informazione e gestione del rischio Teoria del comportamento sotto incertezza La massimizzazione dell’utilità attesa Due sono i concetti fondamentali presenti nel modello economico riguardo rischio e incertezza: equilibrio (bilanciamento delle richieste individuali sul mercato) ed ottimizzazione (comportamenti razionali degli agenti economici). L’assunzione più largamente utilizzata in questo caso è quella di considerare un agente economico che massimizza la sua utilità attesa quando esposto ad incertezza. I postulati utilizzati nella costruzione teorica sono quelli classici: completezza, continuità e transitività nelle preferenze (valore ordinale dell’utilità). Un modo per formalizzare il modello dell’utilità attesa è quello di considerare con A tutto l’insieme delle possibili azioni a disposizione del decisore, e con S rappresentare tutti i possibili stati del mondo. Il realizzarsi di un risultato, quindi, può essere individuato con il contemporaneo verificarsi di un sottoinsieme di A e di un sottoinsieme di S; in altre parole, i risultati (conseguenze di un azione, in un particolare momento) possono essere espressi come una variabile casuale caratterizzata dalla funzione c : S × A → C, dove C rappresenta il set di tutte le possibili conseguenze. Se si ipotizza C come un numero finito (ci sono N possibili conseguenze), allora, attribuendo una probabilità “oggettiva” ad ogni stato del mondo e, scelta una particolare azione dall’insieme A, si otterrà una distribuzione di probabilità su tutti i risultati possibili. Formalmente, si può definire una lotteria come un elenco di probabilità L = (l1 , l2 , ....., ln ) in modo che li è la probabilità che il risultato (conseguenza) P ci ∈ C si presenti (ovviamente li ∈ [0, 1] e i li = 1). In maniera semplicistica, quindi, è lecito considerare A come un insieme di decisioni possibili mentre C rappresenterebbero tutti i risultati di una decisione del policy maker presa dall’insieme A; lN rappresenta la probabilità che tali risultati si verifichino. In una lotteria semplice i risultati che possono verificarsi sono certi; una variante più generale (e di maggiore utilità per applicazioni economiche) è quella della lotteria composta. Considerato un numero k di lotterie semplici (Lk1 , ...., Lkn ), con k = 1, ....., K, e le probabilità P αk ≥ 0 (con nk=1 αk ), la lotteria composta (L1 , ...., Lk ; α1 , ....., αk ) rappresenta l’alternativa rischiosa alle singole lotterie semplici Lk con probabilità αk con k = 1, ..., K. Per ogni lotteria composta (L1 , ...., Lk ; α1 , ....., αk ) è possibile calcolare la corrispondente lotteria semplice L = (l1 , ...., ln ) in grado di 4 generare la medesima distribuzione sugli esiti. In questo modo, la probabilità del risultato n nella lotteria ridotta risulta pari a ln = α1 l1k + .... + αk lnk con n = 1, ...., N . Si consideri L come insieme delle lotterie semplici sull’insieme dei risultati possibili C, e si assuma che la relazione tra L e C sia razionale (relazione completa e transitiva); se rimane soddisfatta l’assunzione di continuità specifica, sarà possible in tale maniera equiparare ogni coppia delle lotterie semplici. In questo senso, L L‘ ⇔ V (L) ≥ V (L‘ ). l’assunzione sottostante a tale impostazione, è che il consumatore considera equivalenti le lotterie composte e le lotterie ridotte, in altre parole, un gioco che genera la lotteria L con probabilità λ e la lotteria L‘ con probabilità (1 − λ) è equivalente ad una lotteria la cui probabilità è espressa da λL + (1 − λ)l‘ ‘. Emerge chiaro (e stretto) in questo modo, il parallelo con la teoria standard del consumatore; somiglianza resa ancora più forte dal considerare V (L) come una funzione ordinale. Fortemente legato alla continuità delle preferenze del consumatore risulta l’assioma dell’independenza (che rappresenta il fulcro della teoria della scelta in condizioni di incertezza). Formalmente, la funzione di utilità U : L −→ R ha una forma di utilità attesa se esiste una assegnazione di numeri (u1 , ...., un ) per gli N risultati, in modo da ottenere per ogni singola lotteria, L = ((l1 , ...., ln )L con U (L) = u1 l1 + ..... + uN lN . La funzione di utilità U : L −→ R, rappresenta la funzione dell’utilità attesa von Neumann-Morgenstern (VNM); la stessa funzione di utilità ha la forma di utilità attesa se e solo se questa è lineare e, se e solo se viene PK P k lotterie rispettata la relazione U ( K k=1 αk U (Lk ) per ogni k=1 αk Lk ) = P con Lk L, con k = 1, ...., K e con probabilità (α1 , ...., αk ) ≥ 0, k αk = 1. Di fatto, è questa la funzione di utilità caratterizzante del proseguio di tale lavoro. 2.1.2 Avversione al rischio e risk premium Investitori diversi hanno un differente atteggiamento verso il rischio; alcuni sono indifferenti o avversi al rischio (investitori neutrali o avversi) mentre altri amano il rischio (propensi al rischio). In generale si può affermare che esiste un trade off tra livello del rendimento e livello di rischio. In altri termini, un investitore potrebbe accettare bassi ritorni se i rischi impliciti nell’investimento sono bassi, o richiedere alternativamente alti ritorni se i rischi dell’investimento sono alti; comportamenti come questi riflettono l’avversione al rischio. Nel caso in cui esiste avversione al rischio (come per gli agricoltori, per i quali è plausibile ipotizzare tale condizione), si preferirà avere la certezza del risultato, piuttosto che assumersi l’azzardo della partecipazione ad una lotteria con payoff casuale e con valore atteso: 5 E(W ) = πx1 + (1 − π)x2 . dove x1 e x2 rappresentano il pay-off del gioco (i possibili risultati), mentre π e (1 − π) rappresentano le probabilità che i rispettivi risultati si verifichino. Supponendo che le preferenze degli individui possano essere espresse attraverso la funzione di utilità VNM appena introdotta, avremmo una U (W ) con le seguenti proprietà: (i) crescente rispetto all’aumentare di W , che implica una utilità marginale (W ) > 0. che soddisfi U 0 (W ) = ∂U∂W (ii) con utilità marginale decrescente, U 00 (W ) ≤ 0, è possibile definire formalmente l’avversione al richio dei singoli individui come la condizione per cui U [E(W )] > E [U (W )]. Si consideri ora un investitore che ha la possibilità di scegliere tra mantenere una prospettiva esente da rischio, il cui rendimento è pari a f ed investire invece in una prospettiva rischiosa il cui rendimento è definito da r, dove r è una variabile casuale con media µ e varianza σ 2 . Supponiamo per semplicità che la prospettiva incerta preveda la possibilità che si verifichino due risultati r1 e r2 con probabilità rispettivamente π1 e π2 ; il rendimento atteso, allora, sarà pari a: E(r) ≡ µ = π1 r1 + π2 r2 . La varianza del rendimento, invece, può essere individuata come: V (r) ≡ σ 2 = E [r − E (r)]2 = π1 (r1 − µ)2 + π2 (r2 − µ)2 . Per avere un gioco equo, µ = f , nel senso che per partecipare ad un investimento caratterizzato da incertezza, l’investitore avverso al rischio pretenderà un rendimento atteso almeno pari a quello ottenibile da un investimento privo di rischio (con speranza matematica del guadagno aleatorio nulla) Un gioco equo può anche essere espresso in termini di eccesso di ritorno fuori dall’assenza di rischio come: E(r − f ) = π1 (r1 − f ) + π2 (r2 − f ) = 0. Consideriamo la decisione di un agente economico circa la scelta di prendere parte o meno ad un gioco equo, vale a dire se accettare una prospettiva rischiosa rinunciando ad una prospettiva esente da rischi quando il risultato atteso in media è identico: E(r) = f . Si supponga che la ricchezza iniziale del consumatore è W0 . 6 1. Se il consumatore mantiene la prospettiva priva di rischio ed investe tutta la sua ricchezza, dopo un periodo la sua ricchezza sarà pari a W1 = W0 (1 + f ), per cui la ricchezza attesa dalla prospettiva certa è E(W1 ) = W0 (1 + f ) mentre la varianza è nulla: V (W1 ) = 0 . 2. Se il consumatore sceglie la prospettiva incerta, allora W1 = W0 (1 + r) e media e varianza saranno dati rispettivamente da E(W1 ) = W0 [1 + E(r)f ] e V (W1 ) = W02 σ 2 . Se si intende puntare alla massimizzazione dell’utilità attesa della ricchezza E [U (W )] , l’utilità attesa dall’acquisto di asset non rischoso e rischioso è dato da: E [U (W )] = U [W0 (1 + f )] se si investe nella prospettiva certa, priva di rischio e, E [U (W )] = E [U (W0 (1 + r))] se si investe invece nella prospettiva rischiosa. In presenza di aspettative di rendimento uguali per i due investimenti, un agente avverso al rischio preferirebbe non investire. Una domanda interessante da porsi a questo punto è la seguente: di quale compensazione in denaro avrà bisogno l’investitore per essere disposto a partecipare al gioco? Questa compensazione aggiuntiva può configurarsi sia nella forma di pagamenti aggiuntivi conosciuti a priori prima del gioco oppure, con un gioco in grado di garantire un più alto ritorno atteso. Il payoff addizionale certo, richiesto per compensare l’investitore avverso al rischio pur di farlo partecipare all’investimento equo, è chiamato risk premium. In un gioco attuariale equo, come quello introdotto precedentemente si è già chiarito come il reddito atteso (pay off) è pari a: E(W ) = πx1 + (1 − π)x2 = 0. Se W0 rappresenta la ricchezza iniziale e W1 la ricchezza finale avremo che, 7 E(W1 ) = π(Wo + x1 ) + (1 − π)(W0 + x2 ) = W0 . Nel contesto teorico qui considerato, l’utilità del payoff atteso risulta maggiore dell’utilità attesa dal payoff incerto, U [E (W1 )] = U (W0 ) ≥ E [U (W1 )] . Se all’investitore viene concesso un ammontare ρ (risk premium) ad un investitore per prendere parte al gioco, quale deve essere l’ammontare di ρ per indurre lo stesso investitore a partecipare al gioco? L’aspettativa di payoff diventa, in questo caso, E(W1 + ρ) = π(Wo + x1 + ρ) + (1 − π)(W0 + x2 + ρ) = W0 + ρ. Per essere indifferente tra il prendere parte al gioco (ricevendo il risk premium) e non prendere parte al gioco (e non ricevendo il risk premium), l’investitore richiederà che ρ soddisfi la relazione: U [E (W1 )] = E [U (W1 + ρ)] . La dimensione del premium risk ρ dipenderà quindi: (i) dal grado di curvatura della funzione di utilità: teoricamente una funzione lineare, richiederebbe un valore per ρ = 0; quindi maggiore è la curvatura, più alto è il valore del risk premium chiesto dall’investitore per partecipare al gioco. (ii) la varianza del payoff random; una maggiore dispersione tra W − x e W + x, rende maggiore il valore di V (x), e rende più grande il valore di ρ. Gli stessi risultati possono essere più formalmente derivati utilizzando l’approssimazione della serie di Taylor del secondo ordine ed approssimando inizialmente il valore di U (W1 + σ) intorno al valore di E(W1 ). Tale impostazione genera: U (W1 + σ) = U [E (W1 )] + (W1 + σ − E [W1 ])U 0 [E (W1 )] 1 + (W1 + σ − E [W1 ])2 U 00 [E (W1 )] . 2 (1) Quindi, è possibile otenere: E [U (W1 + σ)] = U [E (W1 )]+σU 0 [E(W1 )]+ 12 (V ar [W1 ] + σ 2 ) U 00 [E (W1 )]. Utilizzando la condizione che, 8 (W1 + σ − E [W1 ])2 = (W1 − E [W1 ])2 + σ 2 + 2 (W1 − E [W1 ]) σ, diviene implicito che, (W1 + σ − E [W1 ])2 = E (W1 − E [W1 ])2 + σ 2 + 2E (W1 − E [W1 ]) σ = V (W1 ) + σ 2 . (2) Si richiede quindi, in sostanza, che il valore del risk premium σ soddisfi la relazione E [U (W1 + σ)] = U [E (W1 )] cioè, che l’utilità attesa della ricchezza più il risk premium risulti pari all’utilità della ricchezza attesa in assenza di risk premium. Se σ è piccolo, allora σ 2 può essere ignorato. Ciò implicherà che σU 0 + 21 V (W1 )U 00 = 0, percui è possibile ottenere l’espressione per il risk premium 00 1) U . σ = − V (W 2 U0 In questo modo, ugualmente a quanto introdotto in precedenza, il valore del risk premium sarà tanto maggiore tanto più grande risulta, (i) la curvatura della funzione di utilità (ii) la varianza (o volatilità) del pay off, V (W1 ). 2.2 L’assicurazione Per analizzare la questione della scelta ottimale sotto incertezza si ha bisogno di definire l’oggetto della scelta, per poi considerare l’ordinamento delle opportunit tra cui scegliere da parte dei decisori. Se si assume l’esistenza iniziale di un singolo bene (misurato in unità di conto) e “pensato” come un reddito, è possibile identificare con ys , s = 1, 2, ...., S, l’ammontare di reddito futuro per il decision maker se si verificherà lo stato s (ipotizziamo per il momento un singolo decision maker). Assumiamo che il nostro agente assegni una probabilità πs allo stato del mondo s, e individuiamo il vettore di queste probabilità con π = [π1 , π2 , ...., πs ] , mentre y = [y1 , y2,...., ys ] risulta il corrispondente vettore della distribuzione dei redditi associata ai singoli stati del mondo. Definendo la speranza futura, P , come un dato vettore dei redditi con associato un vettore delle probabilità: P = (π, y), risulta possibile considerare la decisione di un agricoltore (nello specifico, ma il discorso è indubbiamente di portata generale) indeciso di fronte alla scelta di assicurarsi o meno contro perdite di reddito derivanti da malattie per le colture e/o gelo. La decisione A è di non assicurarsi mentre, la decisione B è di assicurarsi. In questo caso, 9 la speranza associata ad A sarà, P A = (π, y A ),dove y A rappresenta il vettore dei redditi i cui componenti varieranno a seconda degli stati futuri. Nel subset degli stati, se una malattia colpirà le colture il reddito assumerà un valore; se ci sarà gelo il reddito assumerà un secondo valore; se ci saranno malattia e gelo il reddito denoterà un terzo valore; in caso di assenza sia di gelo che di malattia il reddito avrà un quarto valore (presumibilmente il più alto). Alla decisione B viene invece associata la speranza certa P B = (π, y B ),dove B è uguale al reddito in assenza di eventi come gelo e malattia diminuito del premio assicurativo (ovviamente ciò avverrà nel caso in cui la polizza sottoscritta dall’agricoltore compensi per intero le perdite dovute ad eventi estranei alla produzione). In questo caso, quindi, la scelta tra l’assicurarsi o meno (tra A e B), dipenderà dalla scelta personale dell’agricoltore su P A e P B ; di fatto, il dato che si osserva sul mercato è che non sempre l’agricoltore decide di optare per la polizza assicurativa. Forse conosce modi diversi per dominare l’imprevedibilità dei risultati futuri. 2.2.1 Rischio Sistemico, Azzardo Morale e Selezione Avversa In un articolo apparso sull’Australian Journal of Agricultural Economics nel 1986, John Quiggin poneva questa domanda, “If rainfall insurance is efficient, why does it not already exist?”. Le ragioni del fallimento di mercato in agricoltura per crop insurance è stato identificato attraverso una miriade di studi nel corso degli anni (tra gli altri, Quiggin, 1986; Quiggin, 1994; Schmitz et al., 1994, Coble et al., 1997; Miranda et al, 1997; Mahul, 1999). Questi studi imputano sostanzialmente a due caratteristiche delle assicurazioni agricole il fallimento delle assicurzioni sulle colture: il rischio sistemico e l’informazione asimmetrica. Il rischio sistemico può essere definito in diversi modi, comunque, in tale ambito, può essere identificato come quel rischio che non può essere controbilanciato per mezzo dell’aumento del pool di assicurati. Questa affermazione consegue alla situazione che gli assicurati, di fatto, pur denotando una diversa allocazione spaziale, rimangono esposti a rischi comuni o stessi meccanismi di perdita potenziale. In agricoltura, l’esempio classico (caratterizzante) di tale situazione è la relazione tra condizioni meteorologiche e perdita nelle rese. Le stesse perdite, tra l’altro, risultano assolutamente imprevedibili complicando sı̀ la possibilità effettiva di controbilanciare con certezza il rischio di resa (e quindi di reddito se la diminuzione nelle rese non è bilanciata dalla crescita nei prezzi: “natural hedge”) attraverso la diversificazione spaziale (o di altro tipo). 10 L’asimmetria informativa, nello specifico, che caratterizza gli schemi delle assicurazioni sulle colture, è dovuta alla differenza informativa (possesso di informazione, di fatto) riguardo le pratiche produttive e i comportamenti tenuti dagli assicurati (agricoltori) e gli assicuratori (compagnie private, sulla carta, e se non pesantemente finanziate dai vari governi). L’esistenza stessa di asimmetria informativa, che si manifesta (giustifica) con la crescita dei premi richiesti agli agricoltoridalle compagnie assicurative, comporta la nascita di due comportamenti (o meglio, problematiche): selezione avversa ed azzardo morale. La selezione avversa si manifesta quando, per effetto di asimmetria informativa, le polizze assicurative sono più “appetibili” (attraenti) per gli agricoltori che maggiormente risultano esposti a rischi di produzione (per vari motivi). Il risultato è che il pool di assicurati, in questo modo, risulterà più rischioso per la compagnia che offre la polizza rispetto alla media della popolazione di possibili assicurati (simbolico l’esempio di Akerlof sul mercato delle auto usate: le auto di scarsa qualità cacciano dal mercato le auto buone) ed i benefici derivanti dalla diversificazione nel pool degli assicurati viene di fatto elusa (per le compagnie esiste domanda principalmente da parte di agricoltori“rischiosi”). Conseguenza osservabile direttamente sul mercato è l’aumento del costo dell’assicurazione (abbastanza lineare ed intuitivo come discorso, ma troppo semplicistico forse). Con possesso di piena informazione, i contratti assicurativi potrebbero essere disegnati in modo da essere attrattivi per tutti i membri di una popolazione eterogenea di potenziali assicurati. Si ha azzardo morale quando l’assicurato (agricoltore) cambia il proprio comportamento (la propria pratica produttiva) in risposta alla riduzione di rischio offerta dalla stipula del contratto assicurativo (in questo caso risulta controverso il dibattito sul “come cambia l’atteggiamento produttivo del produttore agricolo?”); ne risulta una crescita nella esposizione al rischio da parte dell’agricoltore, senza dubbio superiore, rispetto alla situazione iniziale di assenza di polizza assicurativa. Entrando nel dettaglio del problema “crop insurance” possiamo considerare in primo luogo il ruolo del “systematic risk”. Molti studi nel passato hanno attribuito ad asimmetria informativa il fallimento del mercato assicurativo in agricoltura (per tutti si guardi Miranda et al., 1997), ma, il rischio sistemico può recitare un ruolo altrettanto importante. Nella letteratura finanziaria il termine “systemic risk” rappresenta un rischio che non è diversificabile attraverso una attenta allocazione di por- 11 tafoglio. In ambito finanziario, lo stesso rischio si identifica con il “general market risk”. Per le assicurazioni, come considerato in precedenza, il rischio sistemico può essere considerato come il fattore che contraddistingue una elevata correlazione dei rischi tra tutti gli assicurati. In agricultura, il rischio sistemico deriva principalmente dal possibile verificarsi di particolari condizioni meteo comuni ad ampie aree geografiche (e quindi, ad una grande porzione di possibili assicurati) tali come siccità o temperature estreme. In letteratura, questa particolare tipologia di rischio viene modellata cosı̀ come segue: yi = µi + βi (y − µ) + εi (3) dove yi rappresenta la resa individuale attuale del singolo agricoltore, µi è la media delle rese individuali di tutti gli agricoltori dell’area e rappresenta il rischio di resa “free” attraverso la popolazione, mentre y è l’area di resa e µ è la media dell’area delle rese; la loro differenza riflette il rischio sistemico nell’area considerata. Il termine εi rappresenta l’impatto individuale del nonrischio sistemico e βi è la misura della sensitività delle rese individuali verso i fattori sistemici. L’equazione (3) indica che mentre il rischio non sistemico attraverso gli assicurati può essere independente, il rischio sistemico induce interdipendenza tra tutti gli assicurati. Infatti, la elevata grandezza di tale correlazione viene interpretata dagli individui (in relazione alla polizza) come strumento inefficace per la gestione di rischi diversificabili, aumentando il costo per le compagnie assicurative private che coprono i rimanenti rischi non diversificabili. Seguendo Quiggin (1986), la varianza totale di un portafoglio di un assicurato può essere scritta: V = n2 τ σ 2 v 2 + ητ n2 σ 2 (4) Dove n rappresenta il numero degli individui, τ è la correlazione tra i rischi, σ è la varianza (strettamente correlata al numero degli individui n in caso di rischio sistemico, nel senso che la crescita stessa del numero degli individui in presenza di rischio sistemico aumenta la varianza del portafoglio. I profitti sono cioè tanto più alti quanto più n risulta elevato e non si verificano eventi dannosi; al contrario, le perdite sono tanto più alte quanto più n risulta elevato e si verificano eventi che fanno scattare il pagamento degli indennizzi), v è la proporzione assicurata di rischio, ed η è il rapporto tra la varianza del portafoglio pre esistente e la varianza del pool di assicurati. Nell’equazione 12 (4), il rischio sistemico cresce in t, implicando di fatto che la varianza totale dei portafogli degli assicurati è anche accresciuta. Mentre il risk pooling attraverso gli assicurati fallisce quando c’è alta correlazione dei rischi, la strategia di portafoglio superando il pool degli assicurati può facilmente compensare ogni pool di rischio sistemico. Intuitivamente, tutto ciò che si richiede è la diversificazione in altre attività rischiose assolutamente incorrelate con il systematic risk del settore assicurato. Questa è l’essenza della riassicurazione (e perchè no, dei mercati finanziari con i derivati). Tre esempi di selezione avversa sono spesso citati in letteratura (tra gli altri, sempre Quiggin 1994). Primo, data asimmetria nella distribuzione delle rese, la partecipazione ad un programma assicurativo risulta maggiormente attraente per gli agricoltori che hanno aspettative positive riguardo la differenza tra premio pagato e indennizzo da ricevere (in sostanza, hanno aspettative fondate che il premio pagato sia il male minore in cambio della certezza di raggiungere un prefissato livello di reddito in T1 qualsiasi evento accada). Secondo, gli agricoltori maggiormente disposti a rinnovare la loro partecipazione ad un programma assicurativo sono quelli che hanno aspettative su particolari eventi anomali (e perdite anomale che ne derivano). Terzo, i potenziali assicurati possono sfruttare conoscenze particolari sulle potenzialità produttive dell’area di riferimento, pregiudicando di fatto la diversificazione di portafoglio delle compagnie (si assicurano gli agricoltori “più rischiosi”). In sostanza, la formalizzazione del problema parte sempre dalla teoria classica del problema principale-agente; modelli che descrivono cioè l’interazione tra un soggetto (agente) caratterizzato da completezza informativa, ed un’altro (principale) non fornito delle stesse informazioni. I modelli che rientrano in tale famiglia sono caratterizzati dalla particolare struttura in cui il principale offre un contratto assicurativo cui l’agente può decidere di aderire. Più formalmente, è possibile individuare con P il principale e con A l’agente. A è in possesso di informazioni private v [0, V ] ed ha a disposizione un set di azioni possibili X entro cui poter scegliere. P non conosce v, ma formula delle ipotesi sulla distribuzione possibile di v. In tale contesto informativo, P sceglie un contratto C(x) da sottoporre ad A in cui C(x) specifica il pagamento da P ad A se l’azione x si concretizza. A sua volta A osserva il contratto proposto e sceglie la propria azione x. I rispettivi payoff saranno pari a u(x, C(x), v) per A, e a ((x, C(x), v) per P. Il problema di P diventa la scelta di C che massimizza E {((x, C(x), v)} 13 sotto la condizione x = arg max y [u(y, C(y), v], dove le aspettative si basano sulle previsioni di P su v. Si comprende da tale elementare formulazione come, per il principale possano nascere problemi di determinazione di un premio equo per una polizza assicurativa da sottoporre all’agente; in particolare per il settore primario dove l’osservabilità delle azione sovente viene pregiudicata dall’evoluzione particolare del fattore climatico. La questione del moral hazard consegue dall’informazione asimmetrica rispetto alla scelta degli assicurati. L’impossibilità di osservare a costi ragionevoli i comportamenti degli agricoltori (per le compagnie assicurative), permette a questi di poter cambiare i piani produttivi, alterando la riduzione del rischio di fatto conquistata con la stipula di una polizza assicurativa e con ciò alterando anche il rischio del pool degli assicurati. Utilizzando un modello principale-agente nella sua versione standard (Chambers, 1989 tra gli altri), è possibile indicare con R il reddito lordo dell’agricoltore, con I(R) il payoff netto previsto dal contratto (premio meno payout), e con C [I (R)] i costi necessari per amministrare il contratto assicurativo. Assumendo informazione simmetrica tra i contraenti (assicuratore in grado di osservare l’utilizzo degli input dell’assicurato, ad esempio), il problema per la compagnia diventa: maxx,I(R) ab {I (R) − C [I (R)]} dF (R/x) s.t. Rb ◦ a U [R − I (R) − rx] dF (R/x) ≥ u R (5) dove il reddito lordo R trova supporto tra l’intervallo temporale del contratto [a, b] , u◦ rappresenta il livello minimo di utilità attesa che deve essere garantito dal contratto per indurre il produttore ad assicurarsi, F (R/x) è la distribuzione del reddito condizionata dal vettore degli input x e dal vettore dei prezzi r. L’analisi standard introdotta da Borsch (1962), richiede che I(R) soddisfi la condizione minima: 1 − CI(R) [I(R)] = µ, Uπ [π] dove µ rappresenta il moltiplicatore di Lagrange del problema vincolato della (5). Se i costi di chi assicura rischi altrui, rimangono immutati rispetto alla struttura del contratto offerto, la condizione di ottimalità richiederà la costanza di Uπ [π] ; allo stesso modo, per l’assicurato avverso al rischio deve valere la condizione 14 R − I(R) − rx = cost. Questo è il risultato classico della divisione del rischio tra le due controparti dove il soggetto neutrale al rischio “dovrebbe essere in grado di sopportare” parte dei rischi del soggetto avverso al rischio. Questo modello cambia drasticamente nella pratica in considerazione della non osseravabilità dei comportamenti dell’assicurato. Come in seguito approfondito nell’analisi dei principali schemi “pubblici” di sostegno alle assicurazioni agricole, esistono accorgimenti in grado di attenuare le problematiche connesse all’asimmetria informativa; il riferimento è ai contratti basati su rese di aree geografiche non influenzabili dal risultato negativo della singola azienda agricola. 2.3 Stumenti finanziari La teoria della finanza è una delle aree che maggiormente, e più velocemente, è stata pervasa da significativi cambiamenti negli ultimi decenni. In virtù di tali profondi cambiamenti, i moderni strumenti finanziari sono diventati estremamente complessi; modelli matematici innovativi sono mezzi essenziali, nonché prezzo da pagare, per la comprensione di tali strumenti finanziari. Nei primi anni 70’ Myron Scholes, Fisher Black e Robert Merton, segnarono un importante passo in avanti nella valutazione di complessi strumenti finanziari sviluppando, successivamente, il modello Black&Scholes divenuto un rifrimento importante nella moderna teoria finanziaria. La formulazione di tale modello, verrà derivata nello spazio conclusivo di tale sezione, con l’intento di introdurre la conoscenza di una tecnica in grado di valutare l’equità dei premi assicurativi richiesti agli agricoltori dalle compagnie assicurative; è una alternativa, quest’ultima che se adeguatamente implementata potrebbe fornire elementi oggettivi alla discussione iniziale sul mancato sviluppo di un mercato privato per le assicurazioni in agricoltura (premio della polizza potrebbe essere troppo alto non, e non solo, per problemmi di informazione ma, anche, per la presenza di un potere di mercato dal lato dell’offerta). Necessaria diventa, quindi, una introduzione dei termini finanziari di utilizzo diffuso, quali stock, “forward”, “futures”, “option” e “weather derivatives”, ed una rivisitazione della teoria sul principio di arbitraggio; di seguito, si deriverà un modello per l’evoluzione di stock, comprendendo nozioni quali componenti casuali e moto browniano. 15 Il passaggio ulteriore sarà l’introduzione di alcuni concetti basilari di calcolo stocastico che verranno applicati al modello sugli stock finanziari proposto; da tale passaggio, si giungerà alla formulazione dell’equazione differenziale parziale del modello Black&Scholes. 2.3.1 Mercati Finanziari e principio di arbitraggio I titoli derivati, il cui rendimento viene definito in termini di altri titoli, detti sottostanti, sono uno degli elementi più rappresentativi del processo d’innovazione che ha riguardato gli strumenti e le istituzioni finanziarie degli ultimi decenni. Negli Stati Uniti l’apertura del primo mercato regolamentato per la compravendita di titoli derivati è avvenuta nel 1973: allora erano sedici i titoli azionari sui quali era possibile negoziare opzioni al Chicago Board Options Exchange, mentre ora hanno superato le duecento unità; contemporaneamente, si è registrato un incremento notevole nel volume giornaliero di contratti stipulati, il cui controvalore risulta largamente superiore a quello negoziato nel comparto azionario. In Italia, dove il mercato azionario è storicamente caratterizzato da insufficciente livello di capitalizzazione e di liquidità, l’attività di compravendita di titoli derivati può essere osservata solo negli ultimi anni: l’apertura dell’IDEM (Italian Derivatives Market) è avvenuta di fatto soltanto a fine 1994. Da questa data, gli scambi complessivi in derivati sono aumentati in modo considerevole dimostrando sia un crescente interesse degli investitori, sia l’impatto esercitato dalle riforme degli aspetti istituzionali e organizzativi avvenuti, che hanno avvicinato il mercato finanziario italiano a quelli europei maggiormente sviluppati (nel 1997 e nel 1998 l’IDEM è risultato il secondo mercato europeo per volumi scambiati di strumenti derivati a sottostante azionario). La quantità maggiore di traders che scambiano contratti derivati non possiedono nel momento dell’apertura della propria posizione, la volontà di scambiare (acquistare o vendere) il titolo sottostante, ma utilizzano i derivati per modificare il proprio profilo di rischio rispetto alle attività possedute: all’interno di questi, esistono differenze notevoli tra hedgers e speculatori. Laddove i primi sono alla ricerca di una riduzione del rischio delle proprie attività, gli speculatori hanno l’obiettivo di assumere posizioni rischiose certi di poter sfruttare eventuali vantaggi informativi posseduti. Altri utilizzatori, tra cui gli arbitraggisti, sfruttano la possibilità di creare posizioni “risk low” e profittevoli; gli investitori considerano i derivati come strumento di diversificazione e risulta assolutamente incomprensibile la vi16 sione di coloro che ritengono tali strumenti inaccessibili agli operatori del settore primario. Episodi accaduti nel passato, hanno diffuso in parte dell’opinione pubblica un clima di scetticismo nei confronti dei prodotti derivati; va considerato, altresı̀, come l’utilizzo di tale strumento finanziario permette di assumere posizioni di rischio o di esposizioni per enormi quantità di denaro, con modesto impiego di capitale. Tale caratteristica, può creare pressioni notevoli sui titoli sottostanti ed avere di riflesso ripercussioni importanti sui mercati finanziari. Del resto risulta complicato l’intervento degli organi di vigilanza operanti sui mercati finanziari al fine di evitare enormi perdite finanziarie proprio in virtù della dinamicità degli strumenti derivati e della nascita continua di nuove tipologie di prodotti derivati (come si comprenderà in seguito, il numero di tipologie di derivati può risultare effettivamente di grande entità). La rapida espansione del mercato dei derivati, ha stimolato la nascita e lo sviluppo di una teoria matematica dei derivati: in tale contesto, un ruolo preminente è senza dubbio rivestito dal modello di F.Black e M.Scholes (1973) che ha rappresentato il contributo basilare e di maggiore influenza sulla letteratura successiva e, sulle applicazionida parte degli operatori finanziari. Pur contraddistinti da una apparente complessità, dal punto di vista matematico i titoli derivati risultano relativamente semplici da comprendere considerato che il loro valore dipende soltanto dal prezzo del sottostante, dal tasso di interesse, e da pochio altri parametri. Ricorrendo quindi al calcolo stocastico, diventa quindi possibile formulare modelli matematici sui derivati. 2.3.2 Titoli derivati Ma cos’è nella sostanza un titolo derivato? I contratti finanziari sono contratti finalizzati al trasferimento di moneta o di merci o diverse date di esigibilità, o scadenze, subordinatamente alla realizzazione di diversi stati del mondo. Mentre i titoli primari sono rappresentati da quei contratti che stabiliscono direttamente i trasferimenti di merci o moneta, sono detti derivati quelli in cui il trasferimento è regolato in modo indiretto (attraverso cioè il trasferimento di altri contratti). Un esempio classico di titolo è un obbligazione esente da rischio di insolvenza: trattasi di un contratto che fornisce il diritto a ricevere gli interessi e il capitale alle scadenze prefissate, con importi di rimborso sempre uguali in tutti gli stati relativi alla medesima data. 17 Divesamente, azioni, o quote di partecipazione in società, prevedono il diritto al dividendo (pagato alle varie scadenze), il cui importo è assolutamente dipendente dallo stato del mondo. In questo senso, anche i forward (contratti a termine), i futures e le opzioni sono titoli; sono però titoli derivati in quanto il relativo valore è dipendente dal valore di un’altro titolo (chiamato sottostante). Esempi di sottostante sono le merci, le azioni, ma anche valute, tassi di interesse, indici di mercato che non propriamente sono attività (lo è però il contratto che stabilisce l’ammontare oggetto di negoziazione). 2.3.3 Contratti a termine (forward) In un contratto “forward”, o a termine, si stabilisce che alla scadenza del contratto avvenga la consegna di un’attività da parte di un contraente e il pagamento del prezzo prefissato da parte dell’altro contraente: data di scadenza e prezzo di consegna, quindi, sono entrambi stabiliti dal contratto. La controparte che acquista l’attività assume una posizione “lunga” mentre, la parte che cede attività detiene una posizione “corta”; normalmente i forward non vengono trattati in borsa. Il prezzo di consegna viene fissato al momento della stipula del contratto in modo che, per entrambe le parti, il valore del contratto risulti nullo (implicazione di tale regolamentazione è che non ha alcun valore assumere una posizione lunga o corta nel contratto al tempo iniziale). Il prezzo forward di un determinato contratto, quindi, viene definito come prezzo di consegna che rende nullo il valore del contratto. Una distinzione importante da considerare è quella tra prezzo forward e prezzo di consegna; infatti, nella generalità dei casi, i due prezzi risultano identitici nel momento della stipula di un contratto forward (t0 ) per divergere poi successivamente con il passare del tempo. Tale puntualizzazione risulta abbastanza ovvia in considerazione dell’influenza del fattore tempo sull’andamento dei prezzi delle attività (finanziarie e non); la considerazione del fattore temporale implica una divergenza tra i due prezzi sopra menzionati perchè, mentre il prezzo di consegna rimane vincolato al tempo t0 come stabilito da contratto, il prezzo forward seguirà le oscillazioni del prezzo dell’oggetto del contratto imposte dal mercato. Da tale considerazione, è possibile quindi individuare il valore di un contratto forward lungo come: ST −K, dove K è il prezzo di consegna stabilito in t0 , e ST è il prezzo spot dell’attività in t1 (scadenza del contratto). Analogamente, il valore di un forward corto sarà K −ST . Questa evidente relazione tra prezzo “spot” e prezzo “forward” permette 18 di rendere nulle (almeno teoricamente) opportunità di arbitraggio da parte degli operatori sui titoli sottostanti al forward; tale considerazione verrà ripresa nel corso del testo. 2.3.4 Contratti futures Anche i “futuress”, come i “forward”, sono strumenti “lineari” nel senso che sia il prezzo forward che il prezzo futures dipendono linearmente dal prezzo del sottostante. I contratti “futuress”, al pari dei contratti a termine, sono accordi tra due controparti per acquistare o cedere un’attività ad una certa data futura, ad un determinato prezzo. Differentemente dai “forward”, i contratti “futuress” sono trattati in borsa; gli stessi organi borsistici specificano i singoli aspetti del contratto per rendere possibili le negoziazioni (i futures possono quindi essere considerati contratti standardizzati). Uno dei principali motivi di differenziazione tra “forward” e “futures” è che in questi ultimi non viene specificata una precisa data di consegna (viene specificato il mese di consegna; è la borsa in un secondo momento a specificare il periodo entro il mese, in cui effettuare la consegna del sottostante). Altro elemento di diversità è che nei futures le variazioni dei prezzi sono stabilite giornalmente (ogni giorno vengono cioè registrati gli eventuali profitti e perdite dei detentori di futures per ogni contratto e, simultaneamente, viene scritto un nuovo “futures-marked to market”). Anche nel prezzo futuress, usualmente esiste una divergenza tra prezzo del sottostante [S(t)] e prezzo futures [F (t)]: ovviamente, valgono le considerazioni sopra introdotte per i “forward”. Più in generale, è possibile determinare una funzione che leghi S(t) a F (t). Si consideri ad esempio un contratto futures su merci siglato in t che prevede la consegna in T di una unità di merce. Alternativamente, consideriamo una seconda transazione e supponiamo che in t l’investitore acquisti un’unità di merce al prezzo corrente spot S(t), con liquidità presa a prestito al tasso non rischioso r. Consideriamo noti per unità di tempo, e pari a k, i costi di immagazzinamento, assicurazione, ecc. In questo contesto, il costo totale valutato in T , derivante dalla detenzione della merce e comprensivo anche del costo del prestito risulta pari a er(T −t) S(t) + (T − t)k. Se indichiamo con F (t) il prezzo futures, deve essere F (t) = er(T −t))S(t) + (T − t)k, ossia deve sussistere lo stesso costo per i due diversi tipi di transazione. 19 Nel caso contrario, vi sarebbero evidenti opportunità di arbitraggio; se fosse F (t) > er(T −t))S(t) + (T − t)k, sarebbe conveniente prendere in prestito liquidità per l’acquisto di una unità di merce e simultaneamente assumere una posizione corta su un contratto futures sulla stessa unità di merce fino a quando il prezzo futures risulta maggiore come nella disuguaglianza appena introdotta. Ovviamente, nel caso F (t) < er(T −t))S(t) + (T − t)k , sarebbe conveniente vendere la merce e comprare un contratto futures. Con k = 0, come nei futures finanziari, avremo che F (t) = er(T −t) S(t). I contratti futuress, come del resto i forward, sono sovente utilizzati per garantirsi copertura rispetto ad altre operazioni finanziarie. Si consideri una società consapevole di dover vendere al tempo T una propria atività; in tale situazione può risultare opportuno per la stessa assumere una posizione corta su un contrato futures (short hedge). La ratio di una simile possibile strategia è molto più semplice di quanto possa sembrare: se al tempo T il prezzo dell’attività scende, la stessa impresa subirà una perdita (x, per convenienza) che sarà però bilanciata dal guadagno derivante dalla posizione corta assunta sul contratto futuress. Il contrario avviene nel caso in cui il prezzo dell’attività aumenta da t a T . Se invece la stessa società è consapevole in t di dover comprare un’attività in T può coprirsi rispetto a tale operazione assumendo una posizione lunga su un contratto futures (long hedge). Con operazioni su contratti futuress come sopra introdotte, si ha la garanzia di ridurre il rischio (risultato più certo) ma, altresı̀, non si ha la garanzia di un risultato finanziario migliore. Può accadere che l’attività da cui si intende proteggersi rispetto alle oscillazioni di prezzo può essere diversa da quella su cui si stipulano futuress, oppure può esistere incertezza per l’hedger sulla data di vendita o acquisto di una determinata attività o, ancora, può accadere che l’operazione di copertura richieda una chiusura del contratto futuress antecedentemente a T. Sono queste, tutte problematiche che generano il noto “basis risk” (rischio di base); tale rischio può essere definito come la differenza tra S(t) dell’attività da proteggere e F (t) del contratto utilizzato per copertura (base = S(t)− F (t)). Il rischio di base per beni di investimento (valute, indici azionari, metalli preziosi) deriva principalmente dall’incertezza circa il futuro livello del tasso di interesse. Questo accade per il principio di arbitraggio che implica una relazione ben definita tra tra F (t) e S(t). Per i beni di consumo (petrolio, grano, rame) invece, gli squilibri tra domanda e offerta, nonché le difficoltà talvolta associate allo stoccaggio della 20 merce, possono evidenziare grandi differenze nella base (rischio quindi più elevato). Fattori che influenzano il “basis risk” sono anche la scelta dell’attività sottostante il futures e la scelta del mese di consegna; ovviamente in caso di attività sottostante uguale a quella da coprire il rischio diminuisce notevolmente mentre, la scelta di T è molto importante perchè è chiaro come una ampiezza maggiore tra te T aumenti il rischio della copertura (il rischio di base aumenta all’aumentare della distanza intercorrente tra la scadenza della copertura e il mese di consegna). 2.3.5 Le Opzioni finanziarie Dalla introduzione avvenuta nel 1973, questo particolare strumento derivato ha registrato una crescita incredibile tanto che enormi volumi di opzioni vengono oggi negoziate anche “over the counter” da banche e istituzioni finanziarie. Esistono di fatto due tipi di opzioni: opzioni call e opzioni put. Le prime danno il diritto al possessore di acquistare il titolo sottostante ad un prezzo predeterminato (“strike price” o di esercizio) entro (per le opzioni USA) oppure a (per le option europee), una determinata scadenza (data d’esercizio). Le option put, invece, conferiscono al possessore il diritto di vendere il titolo sottostante, a prezzo e data predeterminata. Il prezzo delle opzioni viene chiamato premio. In ogni contratto di opzione entrano in gioco due controparti individuabili in un investitore che assume una posizione lunga, che ha cioè comprato l’opzione, ed un’altro investitore disposto ad assumere una posizione corta, che scrive o vende l’opzione. Va subito considerato che il pagamento del premio di opzione conferisce un diritto all’investitore ma non obbliga lo stesso a chiudere l’operazione; è questa una peculiarità di tale strumento derivato che lo differenzia rispetto ai forward ad esempio. Il compratore di una call, cosı̀ come il sottoscrittore di una put, si attende (o auspica) un aumento del prezzo sottostante mentre, il compratore di una put, o il sottoscrittore di una call, si aspetta una diminuzione del prezzo del sottostante. Il meccanismo delle opzioni è apparentemente semplice da comprendere anche se in realtà cela strategie e combinazioni molto raffinate. In sostanza, chi vende una opzione riceve il pagamento iniziale del premio e sostiene il rischio di una perdita potenziale futura. Il suo profitto (o la perdita) è pari alla perdita (o profitto) di chi ha acquistato l’opzione; quindi, i 21 compratori di option pagano un premio iniziale chè acquisiscono la possibilità di illimitati profitti futuri con limitate possibilità di perdita. Alternativamente, i sottoscrittori di opzioni ricevono un premio chè, a fronte di profitti limitati, rischiano l’onere di perdite illimitate. Tali affermazioni consentono di comprendere come le opzioni possono essere in the money, che comporta cioè flussi di cassa positivi al possessore alla data di esercizio (una call è “in the money” quando S > K mentre per una put S < K), “at the money”, se comporta un flusso di cassa nullo (S = K) e “out the money”, se comporta flussi di cassa negativi (call “out the money” se S < K, put “out the money” se S > K). Ovviamente, una opzione verrà esercitata solo quando S > K. Il valore intrinseco di un’opzione viene definito come il massimo tra zero e il valore che l’opzione avrebbe se esercitata immediatemente: per una call, max(S − X, 0), per una putt, max(X − S, 0). Per le opzioni USA, se “in the money” deve almeno valere quanto il suo valore intrinseco chè, se positivo il valore intrinseco, il possessore può realizzarlo immediatamente esercitando l’opzione. Per comprendere in maniera intuitiva le enormi potenzialità di diversificazione del rischio di uno strumento come le opzioni, consideriamo il caso in cui il sottostante sia costituito da un’azione e supponiamo che esista la disponibilità anche di una obbligazione esente da rischio, esigibile in T . Siano S, c, p, B = X rispettivamente il prezzo dell’azione, il prezzo della call scritta sull’azione, il prezzo della put scritta sulla stessa azione, ed il prezzo dell’obbligazione; tali prezzi sono valutati tutti in T . Le opzioni call e put sono tutte europee e hanno data di scadenza in T con prezzo di esercizio pari a X. Una posizione lunga su un’azione comporta il guadagno (o perdita) di 1 cent di $, per ogni cent di $ di variazione in aumento (diminuzione) del prezzo azionario. Il possesso dell’obbligazione, invece, ci garantisce il medesimo importo a prescindere dall’andamento azionario, perchè esente da rischio. A scadenza T , si possono combinare i titoli secondo tale relazione: S + p − c = B (1) ovvero, una posizione lunga sull’azione e sulla put e una posizione corta sulla call generano un pay off esente da rischio equivalente a quello garantito dalla obbligazione. Supponiamo che si verifichi S ≥ X; la (1) diventerà S + 0 − (S − X) = X = B. Se invece abbiamo S < X, la (1) diventa S + (X − S) − 0 = X = B. Tale semplice esempio lascia intuire come uno degli aspetti di maggiore interesse delle opzioni consiste infatti nella possibilità di combinarle in molti modi in un contratto al fine di ottenere i pay off desiderati. 22 2.3.6 Titoli derivati su eventi climatici (“weather derivatives”) Il “weather derivative” è un contratto stipulato da due controparti al di fuori dei mercati regolamentati (“over the counter”); l’essenza del contratto è rappresentata dal pagamento di una delle controparti di un ammontare di denaro per difendersi dal rischio di eventi climatici particolari nell’arco di un determinato periodo di tempo (mese, stagione, ad esempio). Di converso, l’altra controparte del contratto accetta il premio in denaro accettando il rischio che si verifichino eventi atmosferici sfavorevoli. Sono cinque gli elementi essenziali di ogni contratto derivato su eventi climatici: (i) il sottostante indice climatico W considerato (ad esempio, temperatura, precipitazioni) , (ii) l’arco temporale al quale l’indice climatico si riferisce, (iii) la stazione metereologica che riporta i daticlimatici quotidiani, (iv) il valore monetario collegato alle variazioni dell’indice sottostante e, (v) lo “strike value” S dell’indice sottostante. Le tipologie maggiormente utilizzate di “weather derivatives” sono: call, put e swap. A differenza dall’assicurazione su eventi climatici (adatta a coprire rischi ad elevato impatto finanziario con basse probabilità che si verifichi l’evento) se la compagnia è in grado di diversificare abilmente il proprio portafoglio (in questo caso la figura dello Stato come riassicuratore risolve gran parte dei problemi), i “weather derivative” proteggono efficacemente la capacità di reddito contro rischi dall’impatto finanziario contenuto ma con elevata probabilità di accadimento. Ovviamente, i derivati su eventi climatici, eliminano problemi di asimmetria informativa perchè basati su dati oggettivi e non alterabili da alcuna controparte interessata al contratto; il pagamento di indennizzo occorre solo se si verifica un evento predeterminato. Un modo per dare un prezzo ad un “option weather” è quello è quello di assumere che il pay off della opzione X sia na variabile casuale distribuita come una normale; in questo modo, cercare il valore del titolo V equivale a trovare il valore atteso dell’opzione E [X], in modo formale: (s−m)2 ∞ V = E [X] = −∞ XP (s) ds, con P (s) = σ√12π e− 2σ2 . In questa formulazione, s rappresenta il numero in gradi della temperatura cumulata quotidiana, m ne rappresenta la media, e σ la deviazionestandard (meglio conosciuta come volatilità). Per esempio, una opzione europea può essere espressa X = max [ϕ (S − k) , 0], dove k è lo “strike price” e ϕ = ±1 per una call ed una put rispettivamente. Con piccoli calcoli si può esprimere una opzione europea come: algebrici, ϕ(m−k) 2 VE = ϕ (m − k) N + σ P (k). σ In questo caso, N (x) rappresenta la distribuzione standard cumulata normale: R 23 s2 ∞ N (x) = √12π −∞ e− 2 ds. In questo contesto, la volatilità implicita dell’opzione influenza direttamente il rischio ed il prezzo della stessa. Per le opzioni su eventi climatici, sia la volatilità che la media sono sconosciuti. Nell’equazione, queste rappresentano il rischio, e quindi, il prezzo di acquisto della “weather option”. R 2.3.7 Il pricipio di assenza di arbitraggio Un portafoglio è un insieme di quantità di titoli detenuti (una quantità per ogni titolo); pertanto, può essere vista come una collezione di contratti, ciascuno dei quali prevede pagamenti alle diverse date e nei diversi stati. Dato un vettore di prezzi dei titoli, il costo del portafoglio, a prezzi dati, risulta pari alla somma dei costi dei titoli che lo compongono. Se K è il numero degli stati, N il numero totale dei titoli e p il corrispondente vettore dei prezzi dei titoli, con dij denotiamo il numero di unità di conto pagate da una unità del titolo i nello stato j. E’ utile rappresentare con la matrice D dei pagamenti tale contesto: d11 d12 d13 d1K ... ... ... ... D= ... ... ... ... dN 1 dN 2 dN 3 dN K Configuriamo invece il portafoglio µ come il vettore delle quantità possedute di ogni titolo µ= µ1 µ2 ... µN Pertanto, µ rappresenta le posizioni prese ad una certa data. Il costo del portafoglio µ, dato il vettore dei prezzi p, sarà quindi paP ri a N i=1 pi µi ; il flusso dei pagamenti del portafoglio µ nello stato j, sarà PN i=1 dij µi . Cosı̀, µ è un portafoglio di arbitraggio se risulta soddisfatta una delle due condizioni (i) pT ∗ µ ≤ 0 e DT ∗ µ > 0, (ii) pT ∗ µ < 0 e DT ∗ µ ≥ 0. Il portafoglio µ garantisce pagamenti positivi in tutti gli stati a costo nullo, oppure pagamenti non negativi a costo negativo. L’assenza di opportunità di arbitraggio implica che non esiste un investimento a costo nullo che 24 garantisca con certezza un profitto positivo nei tempi futuri (ma non vale l’implicazione opposta). 2.3.8 Modelli di option pricing e formula di Black & Scholes: una introduzione analitica Moto browniano Il moto browniano è un processo stocastico scalare continuo nel tempo tale che, dato un iniziale valore x0 al tempo t = 0, la variabile random xt per ogni t > 0 risulta distribuita come una normale con media (x0 + µt) e varianza (σ 2 t). Il parametro µ misura il trend, e con il simbolo σ indichiamo la volatilità del processo. Questo particolare tipo di processo è stato formulato inizialmente per la rappresentazione del moto di piccole particelle sospese in liquido. In sostanza, quindi, si può pensare al moto browniano come ad una cumulazione di incrementi independenti e normalmente distribuiti la cui ampiezza infinitesimale è pari a dx in un tempo infinitesimo dt con media µdt e varianza σ 2 dt. Si può quindi scrivere: dx = µdt + σdw (A), dove w rappresenta il moto browniano standardizzato (processo di Wiener) il cui incremento dw ha media zero e varianza dt; questa è di fatto la notazione usuale per il browniano. Il calcolo (Ito) di tali infinitesime variabili random differisce per alcuni aspetti importanti dall’usuale calcolo non-random. In questo ambito non si provvederà ad una trattazione rigorosa del calcolo/processo di Ito, la cui nota difficoltà appesantirebbe inutilmente le problematiche discusse, ma si provvederà ad una approssimazione del moto browniano ad una “passeggiata casuale discreta” che è il punto di partenza basilare (e sufficiente) per molte applicazioni economiche/finanziarie (del lemma di Ito verrà approfondita una fugace illustrazione). In questo modo, la distribuzione normale si presenta come limite di una somma di variabili binarie indipendenti ∆x sopra intervalli di tempo discreto ∆t, tendenti a zero in modo particolare. La rappresentazione di un “Random walk” Si supponga di dividere il tempo in intervalli discreti di ampiezza ∆t, e di immagginare una serie di punti discreti lungo la linea dell’intervallo di ampiezza ∆h. Si consideri ∆x come variabile random che si muoverà in una determinata direzione con probabilità p e, in un’altra direzione specificata con probabilità q = 1 − p (∆h è un numero positivo e la variabile random ∆x può assumere valori pari a ±∆h). 25 Consegue che noi saremo in grado di osservare diversi possibili “sentieri” di espansione per la variabile ∆x ; il valore medio di ∆x sarà pari a: E [∆x] = p∆h + q (−∆h) = (p − q) ∆h. (6) Avremmo anche: h i E (∆x)2 = p (∆h)2 + q (−∆h)2 = (∆h)2 , (7) cosı̀, la varianza di ∆x sarà: h i h i V ar [∆x] = E (∆x)2 − (E [∆x])2 = 1 − (p − q)2 (∆h)2 = 4pq (∆h)2 . (8) L’intervallo di tempo di lunghezza t, ha n = t/∆t steps discreti. Una volta assunto che i passaggi successivi di una random walk sono independenti, il cambio cumulato (xt − x0 ) è una variata binomiale con media n (p − q) h = t (p − q) ∆h/∆t e varianza : 4npq (∆h)2 = 4tpq (∆h)2 /∆t. Queste ultime due espressioni, altro non rappresentano che elementari distribuzioni binomiali (con piccole modificazioni). Immaginiamo ora di considerare come “successo” ogni prova da cui esce il valore 1 con probabilità pari a p mentre, consideriamo fallimento se esce 0 con probabilità pari a q = 1 − p. Il numero (random) di successi in n tentativi indipendenti ha un valore atteso pari a np con varianza npq; le espressioni di cui sopra sono perfettamente analoghe. Consideriamo ora di indicare con ∆h i successi e con −∆h i fallimenti; la varianza, quindi, sarà 4 (∆h)2 . Fissiamo ora: √ (9) ∆h = σ ∆t, e 1 µ√ 1 µ√ 1+ 1− p= ∆t , q = ∆t 2 σ 2 σ (10) oppure 1 µ√ p= 1 + 2 ∆t ; 2 σ 1 µ√ q= 1 + 2 ∆t (40 ) 2 σ 2 (11) (12) Allora avremmo che, 4pq = 1 − σµ ∆t. Si può quindi sostituire queste espressioni a quelle e si può considerre l’incremento ∆t → 0. 26 Per un dato t, il numero degli steps (passaggi) è infinito. In questo caso la distribuzione binomiale converge con una normale, con media t σµ2 ∆h ∆h = µt, e varianza t 1 − ∆t 2 µ σ ∆t σ 2 ∆t ∆t → σ 2 t. Questi sono esattamente i valori di cui abbiamo bisogno per definire il moto browniano. In questo modo, noi possiamo guardare al moto browniano come al limite di una random walk, quando l’intervallo di tempo e l’ampiezza dello spazio tendono a zero all’unisono, preservando la relazione (9) tra di loro. √ La media di (xt − x0√ ) è µt, mentre la standard deviation risulta σ t. Per alti valori di t si ha che t t; nel lungo periodo, il trend è dominante sulla determinazione del moto browniano. √ Al contrario, per valori di t molto piccoli, si avrà che t t, cosı̀ la volatilità caratterizzerà il breve periodo. Ulteriore manifestazione di questa volatilità è osservabile dal calcolo della lunghezza attesa del percorso (sentiero). Si avrà: E (∆x) = ∆h (∆x è in valore assoluto), cosı̀ che la lunghezza attesa totale del sentiero sopra l’intervallo di tempo tra 0 e t è: √ t∆h/∆t = tσ/ ∆t → ∞ con ∆t che tende a zero. Per piccoli, ma finiti, ∆t la lunghezza totale dei sentieri sulla quasi totalità del campione è molto larga. Quindi, ciascune sentiero (percorso) avrà moltissimi salti verso l’alto e verso il basso mostrandosi, ad una analisi visiva, molto frastagliato. La maggior parte di tali percorsi non risultano differenziabili. Quando si discuterà di tasso atteso di cambio (di livello), bisogna scrivere E [dx] /dt e non E [dx/dt]. Il Lemma di Ito Si supponga che x segua un moto browniano con parametri (µ, σ) . Si consideri un processo stocastico y che è in relazione con x per mezzo della seguente y = f (x) dove f è una funzione data non-random. Relazioniamo ora i cambi nel valore di y relazionati a quelli di x. Le regole convenzionali di calcolo suggeriscono di scrivere: 0 dy = f (x) dx. Questo modo di agire potrebbe però non risultare corretto. 0 Partendo da dy = f (x) dx, si consideri la situazione dopo che sia trascorso un piccolo intervallo di tempo successivo. 00 0 yT − y0 = dy = f (x0 )(xT − x0 )+ 21 f (x0 ) (xT − x0 )2 +h . . . . i 0 00 Quindi, E [yT − y0 ] = f (x0 ) E [xT − x0 ] + 21 f (x0 ) E (xT − x0 )2 + . . . 27 h i 1 00 0 = f (x0 ) µt + f (x0 ) σ 2 t + µ2 t2 + . . . , 2 1 0 00 = µf (x0 ) + σ 2 f (x0 ) t + . . . , 2 dove in ciascun caso, il punteggiato rappresenta termini in più alto valore di t che però possono essere ignorati quando t risulta particolarmente piccolo. Si noti che la varianza degli incrementi di x è lineare in t. Questa è la caratteristica che differenzia il moto browniano dall’usuale calcolo di variabili non-casuali . Un simile calcolo dimostrerà che: 0 V ar [yT − y0 ] = f (x0 )2 σ 2 t + . . . . Consideriamo x come la generale posizione di partenza e consideriamo la relazione y = f (x). Consideriamo inoltre, incrementi infinitesimali dy su infinitesimi intervalli di tempo dt. In tale caso possiamo usare l’espressione precedentemente formulata rimpiazzando t con dt ed ignorando i termine dii più alto ordine in dt. Quindi, h 0 00 dy avrà media E [dy] = f (x) µ + 12 f (x) σ 2 dt, e varianza 0 V ar [dy] = f (x)2 σ 2 dt. In questo modo, y segue il generale processo di diffusione/espansione nel tempo definito come: 1 00 0 0 dy = f (x) µ + f (x) σ 2 dt + f (x) σdw. 2 (13) Questo è il lemma di Ito proposto nella forma che maggiormente ci torna utile per i nostri obbiettivi. In definitiva, un processo di Ito può essere definito come un processo di Wiener generalizzato dx = µdt + σdw, dove i parametri µ e σ, sono funzione dei valori delle sottstanti variabili e del tempo. Moto geometrico browniano Supponiamo che la x segua il moto browniano (A) all’inizio introdotto, e lasciamo ora che X = ex . Il lemma di Ito diventa cosı̀, 1 1 E [dX] = ex µ + ex σ 2 dt = X µ + σ 2 dt, 2 2 e la varianza sarà, 28 V ar [dX] = [ex ]2 σ 2 dt. Quindi il processo della X può essere scritto come, 1 dX/X = µ + σ 2 dt + σdw. 2 Questo è il cosı̀ detto geometrico (o proporzionale) moto browniano. Questa forma risulta particolarmente utile in economia perchè provvede ad una buona prima approsimazione dinamicadei tassi di cambio, dei prezzi di risorse naturali, e più generalmente di asset prices. Per contro, se X segue un moto browniano geometrico, dX/X = vdt + σdz, (14) e quindi, usando il lemma di Ito, si trova che x = ln X seguendo l’ordinario moto browniano assoluto: i h 1 2 dx = v − 2 σ dt + σdw (spesso viene usata la corrispondenza tra geometrico e assoluto moto browniano). Si noti che se x = ln X nel lato destro della (A) dx differisce da 12 σ 2 (lo stesso accade per dX/X nella (10)). In questo modo d ln X 6= dX/X; questo è l’effetto Jensen-Ito. Calcolo Stocastico In questa sezione viene introdotto il concetto di integrale stocastico rispetto al moto browniano. Questi integrali stocastici sono più comunemente conosciuti come integrali di Ito. Per arrivare alla deriazione della formulazione di B&S si ha necessità di RT definire l’integrale stocastico 0 X (t) dB (t). Se X (t) viene considerato come una costante, c, l’integrale diviene Z T cdB (t) = c (B (T ) − B (0)) . 0 L’integrale dell’intervallo [0, T ] dovrebbe essere quindi pari alla somma degli integrali dei sotto-intervalli [(0, a1 ) , (a1 , a2 ) , (a2 , a3 ) , ..., (an−1 , T )] . In tale modo, se X (t) assume il valore ci in ciascun sottointervallo, l’integrale di X rispetto a B è facilmente definibile. Quadro di insieme sul modello Black and Scholes L’intuizione dietro la formulazione di Black and Scholes è che è possibile creare un portafoglio composto da stock e bond il cui payoff sia esattamente lo stesso di una call option in un brevissimo arco temporale; una volta che il portafoglio medesimo 29 e la call abbiano il medesimo payoff, devono avere lo stesso prezzo, altrimenti, ci saranno pure possibilità di arbitraggio Risulta evidente come, in tale visione, sia possibile valutare una option replicando un portafoglio di stock e bond. Il prezzo di stock e bond sono direttamente osservabili sui mercati, ovviamente. Derivazione della formula di Black and Scholes Si consideri cosa può accadere se si prende un determinato arco temporale (di ampiezza fissata) e lo si suddivide in più sottointervalli; procedendo a questa suddivisione in sub-intervalli per stadi successivi si genera nella sostanza un reticolo di alberi binomiali caratterizzati da un unico punto di partenza e una moltitudine di possibili outcomes finali. Gli stessi risultati finali è possibile ipotizzare che si distribuiscano come “una normale” [f (S)]. Si consideri ora: V ∼ H = S ∼ QS + C ∼ QC dV ∼ H = dS ∼ QS + dC ∼ QC (15) Finora si è guardato a questo problema come ad un problema di calcolo standard. -La questione importante da stabilire è che C ed S sono variabili random correlate tra loro e quindi, le regole standard di calcolo non risultano applicabili. In questo contesto, si creano i presupposti dell’introduzione del lemma di Ito che risulta fondamentale per la comprensione e l’implementazione del modello B&S. Se C = C (S, t) dove C e S sono le variabili random cui prima si faceva riferimento, allora si avrà: dC = (δC/δS) dS + (δC/δt) dt + (1/2) δ 2 C/δS 2 σ 2 S 2 dt (16) Le assunzioni di cui si ha bisogno per il lemma di Ito sono: -Gli Stock prices sono continui nel tempo -Gli stock prices non hanno “memoria” -L’option price è funzione del prezzo corrente ma non è funzione del precedente sentiero di espansione del prezzo stesso (di fatto, in parole semplici, non esiste un trend precedente capace di influenzare l’option price corrente). Si consideri ora “a risk free hedge”, h i dV H = dS ∼ QS (δC/δS) dS ∼ + (δC/δt) dt + (1/2) d2 C/dS 2 σ 2 S 2 dt QC (17) 30 È possibile scegliere QS e QC in modo da avere: dSQS + (δC/δS) dSQC = 0 (18) In altre parole, V H è risk free fino a quando QS /QC = − (δC/δS). Una volta stabilito/trovato che V H è risk free, questo tasso di ritorno dall’investimento deve risultare pari al risk free rate esistente sul mercato. dV H/V H = rdt (19) Sostituendo opportunamente la (17) e la (18) nella (16) ci ritroviamo a sinistra una equazione differenziale parziale (senza variabili random). La soluzione di questa equazione con la condizione “confine”che (C ∗ = 0, S − K) è il modello di option pricing di B&S. Cioè: n √ o C = SN lN (S/K) + r + σ 2 /2 T /σ T n √ o − exp (−rT ) KN lN (S/K) + r − σ 2 /2 T /σ T (20) dove lN (S/K) = 0 quando la option è √ “at othenmoney” S = K. n √ o 2 N {z} =⇒ lN (S/K) + (r + σ /2) T /σ T e lN (S/K) + (r − σ 2 /2) T /σ T è la normale cumulata cosı̀ che, quando z = 0, N {z} = 0.5; quando z = 2, N {z} = 0.975; quando z = −2, N {z} = 0.025. Il termine σ rappresenta la deviazione standard del ritorno dello stock per unità di tempo di T , in modo che se uno o ’l’altro termine (σ o T ) sono uguali a zero (no-incertezza), N {z} = 1 . Il termine exp (−rT ) K è il valore attuale del prezzo di esercizio, dove exp (−rT ) è il valore di $1 at expiration day della option; r rappresenta invece, come anticipato, il tasso di interesse privo di rischio per unità di tempo T . 3 3.1 La gestione dei rischi agricoli L’assicurazione delle colture In considerazione della relazione diretta tra variabilità delle rese produttive e variabilità delle condizioni meteorologiche, esiste nel settore primario una domanda latente per le assicurazioni; malgrado l’esistenza dela stessa domanda, l’implementazione di un mercato su larga scala per crop insurance è occorsa negli anni esclusivamente in virtù di cruciali supporti governativi. Mercati assicurativi privati capaci di funzionare privi di sussidi pubblici 31 vengono rintracciati per il settore primario solo per rischi singoli (single-peril insurance contract). Wright e Hewitt (1994) espressero tra gli altri la convinzione che il mercato privato delle assicurazioni può fallire a causa di insostenibili costi di mantenimento impliciti nel funzionamento dello stesso, a causa della possibilità per gli agricoltori di poter diversificare le proprie attività produttive, per la eventualità di poter attingere a risparmi accumulati nel tempo e, per la possibilità di poter accedere a mercati del lavoro esterni a quello agricolo. Si intuisce chiaramente come lo strumento assicurativo viene confinato in tale visione ad essere uno dei possibili per la gestione del rischio in agricoltura. Con altrettanta evidenza, è emersa nel tempo la eccessiva onerosità delle polizze assicurative,non sussidiate istituzionalmente, per gli agricoltori; le problematiche di maggiore impatto su detti costi sono state anticipate brevemente nello spazio iniziale. Un agricoltore che sceglie di sottoscrivere una polizza assicurativa intende avere la certezza circa i propri redditi futuri (se acquista una polizza sui redditi o multirischio); da considerare come una assicurazione sulle rese invece, soprattutto se la resa di riferimento contenuta nella polizza è quella di un’area provinciale o regionale, può in realtà introdurre elementi di incertezza sui risultati reddituali futuri di un agricoltore. Il punto è che in realtà non esiste un mercato privato delle assicurazioni in agricoltura. Non esiste per le motivazioni introdotte nello spazio introduttivo? Perchè gli agricoltori sono poco preoccupati da fluttuazioni temporanee di reddito? Oppure esiste una struttura di mercato che impedisce un funzionamento ottimale e più ampio dello strumento assicurativo? 3.1.1 La gestione del rischio negli USA Quanto illustrato finora, consente di comprendere appieno le motivazioni che indurrebbero un agricoltore a sottoscrivere una polizza assicurativa (qualora la disponibilità a pagare di questi, incontri la disponibilità delle compagnie assicuratrici ad assumersi il rischio di possibili risultati futuri negativi) e le motivazioni economiche sottostanti tale decisione. Allo stesso tempo, giustifica una rapida carrellata sui programmi di sostegno pubblico allo strumento assicurativo di maggiore rilevanza internazionale. Nel dettaglio, un contratto di “crop insurance” conferisce all’agricoltore il diritto di ricevere un indennizzo se rese o reddito scendono al di sotto di un livello prefissato e predeterminato. È in questo senso, tra l’altro, che un contratto sı̀ pensato, può essere assimilato ad un contratto di opzione esotica generalmente scambiata “over the counter” e create dalle istituzioni finanziarie per 32 rispondere alla domanda particolare della clientela (il cui prezzo comunque dipende dal valore dei titoli sottostanti); la differenza fondamentale delle opzioni esotiche rispettoalle calls e alle puts è che il pay off di tale strumento derivato risulta molto più complesso perchè frutto di combinazione di diversi titoli derivati. Essendo frutto però di combinazioni di titoli scambiati sui mercati finanziari ufficiali, risulta chiaro come il prezzo delle stesse “exotic option” si formi sugli stessi mercati ufficiali. Tornando allo strumento assicurativo, va anticipato come negli USA la Federal Crop Insurance Corporation (FCIC) e l’Agenzia di Risk Management dell’USDA gestiscono e amministrano il programma Multiple Peril Crop Insurance (MPCI). Tra il 1980 e il 1998 l’USDA ha allargato la disponibilità di assicurazione agevolata da 30 a 67 colture e, da circa il 50% delle contee a quasi il 100%. La percentuale di agricoltori aderenti al programma è cresciuta per lo stesso periodo dal 10% al 40% (percentuale misurata in termini di superficie ammissibile effettivamente assicurabile). Nel 1994 con il Federal Crop Insurance Reform (FCIR) and Departement of Agricultural Reorganization Act, il congresso ha imposto agli agricoltori che intendevano beneficiare dei programmi di sostegno amministrati dall’USDA di acquistare una copertura assicurativa minima per il loro raccolto. Tale normativa ha accresciuto la partecipazione spingendola oltre il 70% delle superfici ammissibili. Negli anni più recenti l’attenzione si è spostata dalla difesa delle rese a quella del reddito agricolo, cogliendo in questo mutamento un maggiore rispetto delle mutate condizioni socio/politiche avvenute in ambito internazionale. Nel 1996, con il FAIR act, è stata istituita la Risk Management Agency (RMA), agenzia indipendente presso lo USDA il cui compito è, era, di supervisionare la FCIC e monitorare tutti i programmi assicurativi. La conseguenza della riforma del 1994 è stata la nascita di molti programmi: - Income Protection (IP) messo a punto dalla FCIC; - I piani Crop Revenue Coverage (CRC) e Revenue Assurance (RA), sviluppati e approvati dalla RMA. La lettura dei dati sull’impatto dei programmi assicurativi negli USA, però, dovrebbero imporre alcune riflessioni; si è evidenziato nel dettaglio quali motivazioni auspicherebbero l’intervento governativo nella gestione del rischio in agricoltura. Il punto che stimola l’attenzione della ricerca è che pur eliminando tali problematiche, ed abbassando il livello del prezzo per i premi richiesti, gli stessi contratti non riescono ad essere pienamente appetibili per gli agricoltori. Inoltre, ciò che è accaduto negli USA, si giunge al parados33 so di un governo che fa concorrenza a se stesso sussidiando le assicurazioni per evitare di pagare indennizzi elevati in caso di calamità, dimenticando la scarsa credibilità della minaccia governativa introdotta con il FCIR nel 1994. Il risultato, scontato, è che gli agricoltori non si assicurano se non ne avvertono la necessità aspettandosi, comunque, la corresponsione di un indennizzo in caso di eventi catastrofici. La stessa creazione di polizze su rese d‘area, in grado di aggirare le problematiche di asimmetria informativa non ha evidentemente rappresentato la soluzione ottimale per un numero elevato di agricoltori; evidentemente, gli stessi agricoltori, prima di stipulare una polizza cosı̀ concepita, sono preoccupati dalla possibilità di essere colpiti da un evento climatico avverso e localizzato che faccia sfumare la prospettiva dell’indennizzo se la resa media dell’area presa a riferimento non risulta influenzata dallo stesso evento (o da una moltitudine di singoli eventi localizzati). Tipologie di “crop insurance”: rese e reddito Il contratto di assicurazione sulle rese protegge soltanto dalla caduta di queste sotto un livello predeterminato; in altre parole, si ha indennizzo se (e solo se) Y < Yg . La perdita nelle rese può essere quindi assimilata a ≡ M ax {0, Y − Yg }. Gli indennizzi delle crop insurance sono però regolati in moneta e non in rese per ettaro; quindi, l’indennità sarà più usualmente pari a ≡ M ax {0, Y − Yg } ∗ Pg . L’assicurazione sui redditi protegge, invece, contro la caduta del reddito aziendale al di sotto del livello predeterminato dalla polizza; non importa se ciò accada per il crollo dei prezzi o, piuttosto, delle rese; si avrà indennizzo se (e solo se) R < Rg . La perdita sarà, ≡ M ax {0, Rg − R} ≡ M ax {0, Pg ∗ Yg − P ∗ Y }. Evidenziate le intuizioni su cui poggiano le principali tipologie di programmi assicurativi negli Stati Uniti è possibile a questo punto analizzare il dettaglio dei singoli programmi. Catastrophic Risk (CAT) Questo particolare programma assicurativo, paga un indennizzo all’assicurato quando le rese cadono sotto al 50% della resa garantita. Viene garantito il 50% di APH (cy = 0.5) ed il 55% del prezzo eletto (cp = 0.55). L’agricoltore non paga premio per questa polizza (full subsidized) e paga soltanto $60 annui per i costi amministrativi. E’ possibile sintetizzare l’ammontare dell’indennizzo per l’agricoltore come, = M ax {(Yg − Y ), 0} ∗ Pg , cioè pari alla differenza tra la resa garantita e quella realizzata per il prezzo garantito. 34 Actual Production History (APH) Questo programma assicurativo paga un indennizzo all’assicurato quando la resa individuale cade sotto quella garantita. Coperture addizionali possono essere acquistate per garantirsi più del 50% di APH (usualmente 65% o 75% e comunque non è possibile superare la soglia dell’85%) e fino al 100% del prezzo eletto. In questo caso, l’indennizzo sarà, = M ax {0, Yg − Y } ∗ Pg . Group risk plan (GRP) Tale programma prevede il pagamento di un indennizzo quando la resa della contea scende al di sotto della resa della contea garantita. L’obbiettivo di tale programma è quello di ovviare alle problematiche di asimmetria informativa (vedi supra) proponendo in questo modo polizze a prezzi più bassi. n o Sinteticamente, = M ax 0, Ygcounty − Y county ∗ Pg . Income protection (IP) Il pagamento dell’indennità avviene, in questo programma, se il reddito lordo scende sotto il reddito garantito. Il livello di copertura può oscillare tra il 50% ed il 75%. Gli agricoltori che decidono di assicurarsi per una percentuale superiore al 65%, ricevono un sussidio sul premio pari al 75% del 50% garantito per il programma IP. Coloro che si assicurano per meno del 65%, vedono scendere la percentuale del sussidio al 60% del 50% garantito. Cioè, = M ax {0, (FP YAP H cR − P Y )} . Crop Revenue Coverage (CRC) In questo tipo di programma è possibile sintetizzare la possibilità di indennizzo come segue: = M ax {0, [M ax(FP , Fh )YAP H cR − P Y )]} . Revenue Assurance (RA) E’ simile nella sostanza ai programmi IP o CRC Group risk income plan (GRIP) Il Group Risk Income Plan è un programma introdotto nel 1999, che prevede un indennizzo quando il reddito lordo della contea cade sotto n al reddito garantito. o Formalmente, = M ax 0, (Rgcounty − P county ∗ Y county ) . 3.1.2 La gestione del rischio agricolo in Canada La gestione del rischio per mezzo di sussidi pubblici a programmi assicurativi è affidata in Canada a tre diverse tipologie; Crop Insurance Program (CI), 35 il Net Income Stabilization Account (NISA) e Agricultural Income Disaster Assistance (AIDA). Si può concludere però come il programma di maggiore rilevanza finanziaria si identifichi nel NISA. Crop Insurance Programme (CI) Tale tipologia di programma non si discosta da quanto osservato per i meccanismi di assicurazione sulle rese introdotti negli USA. In sostanza, anche in Canada, la presenza dell’intervento pubblico si concretizza in sussidi ai premi pagati dagli agricoltori per le polizze stipulate e, nel ruolo di riassicuratore dello Stato a garanzia di eventuali perdite diffuse per le compagnie private. Va sottolineato come le polizze vengono formulate sulla base dei dati storici aziendali dei singoli agricoltori e proteggono il singolo agricoltore dalle dinamiche produttive e reddituali della propria azienda, eliminando di fatto la problematica insita nel GRP negli USA qualora si manifestino rischi non sistemici ma, al contrario, imputabili ad una porzione molto ristretta della contea (al limite, una singola azienda). Net Income Stabilization Account (NISA) Va evidenziato come esiste una differenza sostanziale tra la concezione del NISA rispetto alla moltitudine di programmi pubblici esistenti negli USA; infatti, NISA è uno strumento di “risk management” utilizzato dagli agricoltori come risorsa di protezione nel lungo periodo contro le fluttuazioni di reddito. Annualmente, i produttori sottopongono la loro adesione al programma conferendo somme di denaro nei propriNISA account; le stesse somme di denaro vengono corrisposte anche dal governo federale e dai governi provinciali. Annualmente, i produttori possono depositare presso le istituzioni finanziarie dove detengono il personale account del NISA, fino ad un massimo del 3% delle loro vendite nette eligibili. Il deposito degli agricoltori sarà a quel punto “matched” dal governo federale (e dal governo provinciale di competenza) con un deposito dello stesso ammontare monetario. Di fatto, il programma NISA contiene due diversi fondi: nel fondo 1 vengono tenute le risorse versate dagli agricoltori mentre nel fondo 2, gestito da Canada’s Consolidated Revenue Fund, trovano collocazione tutti i fondi versati dal governo federale e da quelli provinciali. Da considerare come gli interessi attivi vengono cumulatiin entrambi i fondi; gli interessi accumulati nel fondo 2 possono essere divisi in: interessi pagati dalle istituzioni finanziarie che gestiscono i fondi, interessi pagati da Canada per le risorse tenute in Consolidated Revenue Fund e, nel bonus aggiuntivo del 3% che Canada paga agli agricoltori per i soldi mantenuti in Consolidated Revenue Fund. 36 Agricultural Income Disaster Assistance (AIDA) Questo particolare programma assicurativo ha molti punti di contatto con il programma USA contro il rischio catastrofico; funzionamento e concezione sono entrambi assimilabili a quanto già evidenziato per il CAT. Una peculiarità dell’AIDA è la compartecipazione tra governo centrale (nella misura del 60%) e del governo provinciale ($40%) al pagamento del sussidio del premio assicurativo agli agricoltori. 3.1.3 Programma di sostegno pubblico alle assicurazioni agricole: il caso Spagna La Spagna rappresenta senza dubbio il paese europeo in cui vige il sistema assicurativo pubblico di sostegno agli agricoltori di maggiore importanza. Forse in virtù delle particolari condizioni agro-climatiche (altitudine media tra le più alte in Europa e condizioni climatiche differenti da una parte all’altra del paese), il paese iberico è quello che più rapidamente negli ultimi anni ha seguito l’esempio introdotto dai governi nord-americani di intervento pubblico nel settore L’elemento cardine a cui si ispira il sistema di protezione assicurativa in Spagna può essere individuato nella compartecipazione tra capacità finanziaria pubblica e privata. Nel sistema spagnolo, infatti, non esiste distinzione tra rischi che possono essere assicurati da compagnie private e rischi in cui debba necessariamente intervenire l’operatore pubblico: tutti i rischi (anche i “non assicurabili”) sono a carico del settore privato, e tutti le tipologie di polizze sono sussidiate dallo Stato. Le tipologie di polizze offerte sono riconducibili a: 1) polizze su un unico rischio specifico; 2) polizze multirischio; 3) polizze che coprono gli agricoltori da eventi fuori dal loro controllo. Abbastanza interessante è il meccanismo ideato con Agroseguro: infatti, un gruppo di circa sessanta compagnie partecipano a questo sistema di coassicurazione. Ogni singola compagnia partecipa alla suddivisione del rischio in un dato anno, in quota della propria partecipazione al programma. L’Enesa è l’organismo collegato al’ministero dell’agricoltura che decide le singole soglie di riferimento per prezzi e rese e che stabilisce anche l’entità della compartecipazione pubblica; il tutto avviene in accordo alla parte privata del sistema assicurativo nazionale generando di fatto, un modello unico nel suo genere. Interessante anche il ruolo del CSS (impresa pubblica) che opera quale riassicuratore per le imprese private; da osservare come sia obbligatorio riassicurarsi presso il CSS. 37 3.2 L’uso di strumenti finanziari per la gestione del rischio agricolo Esistono possibilità per un utilizzo diffuso di strumenti finanziari quali i derivati per la gestione del rischio in agricoltura? Esiste un modo per combinare lo strumento assicurativo con i titoli derivati per una gestione del rischio in agricoltura più efficace e più rispondente alle necessità degli agricoltori? Esistono mercati dove si scambia regolarmente questa tipologia di titoli? E quale è il volume complessivo degli scambi? Sono queste, domande che in maniera sempre più pressante cercano risposte adeguate da parte degli studiosi delle problematiche di gestione del rischio del settore primario. È quindi utile in prima istanza sottolineare come strumenti innovativi apparentemente lontani dalla realtà gestionale del settore agricolo, rappresentino in realtà una alternativa intrigante e facilmente operativa. Capire il meccanismo dei singoli strumenti, apprezzandone i vantaggi senza trascurarne i limiti, rappresenta il passo iniziale per una gestione del rischio in agricoltura libera da falsi pregiudizi. Sarà proprio la comprensione dei limiti dell’utilizzo esclusivo di titoli derivati che lascerà intuire grandi possibilità per un utilizzo combinato tra questi e le polizze assicurative, in virtù proprio della complessità dei rischi cui è sottoposto il produttore agricolo (rischi di prezzo, di resa,...). 3.2.1 Contratti forward Un contratto forward permette ad un agricoltore (cooperativa,....) di vendere la propria produzione per consegna futura; ovviamente, la stipula di un contratto forward precede nel tempo l’efettiva realizzazione della stessa produzione. La caratteristica peculiare di un contratto forward è di eliminare totalmente l’incertezza del prezzo di vendita; allo stesso tempo, differentemente che per i contratti futuress, tali contratti prevedono necessariamente la consegna della merce alla scadenza del contratto. Se un agricoltore assume una posizione corta in un contratto forward (cede, cioè, la sua produzione) per 100 bushels di grano ad un prezzo di 90centsperbushel, deve necessariamente consegnare i 100 bushels di grano al tempo T all’intermediario che ha assunto la posizione lunga nel forward (che ha acquistato cioè lo stesso grano). Risulta evidente come, in un settore caratterizzato essenzialmente dal rischio di resa produttiva, un contratto forward può generare problematiche complesse nella gestione economica/finanziaria di un’impresa agricola. Esposizioni per vendite futuress eccessive, in relazione alle aspettative di raccolto dell’impresa (che si realizzano nel futuro) possono effettivamente comportare disagi all’agricoltore che ricorre a tale strumento (agricoltore che si vede 38 costretto a comprare sul mercato la merce da consegnare, prevedibilmente a prezzi alti se l’abbassamento delle rese risulta diffuso, oppure a pagare una penale stabilita all’apertura del contratto). Con altrettanta chiarezza, si comprende come riuscire a vendere in anticipo a prezzo prefissato parte (preferibilmente) della propria produzione, consente l’eliminazione dell’incertezza sul prezzo e la pianificazione finanziaria dell’impresa. 3.2.2 Hedging della produzione con contratti futuress Dal punto di vista del produttore agricolo, i contatti futures (come i forward) riescono ad eliminare totalmente il rischio di prezzo pregiudicando però, di fatto, la possibilità di usufruire di prezzi di vendita futuri più elevati non ipotizzabili al tempo iniziale del contratto. Da considerare altresı̀ come per il rischio di resa valgono le considerazioni effettuate per i contratti forward con la differenza che, con la stipula di un contratto futures, raramente si arriva alla effettiva consegna del sottostante. Va sottolineato come, con operazioni di copertura stipulate al tempo iniziale dell’ingresso in un contratto futures, esiste la possibilità di ridurre parte della rischiosità, assumendo ad esempio una posizione lunga per la stessa tipologia di merce per cui si è assunta la posizione corta, ma per quantità inferiori. Altrimenti, con una oculata gestione delle scorte si può allo stesso modo sopperire a parte del rischio di resa presente in un contratto a vendita differita, ricorrendo cioè allo stoccaggio delle annate con rese elevate per onorare i contratti stipulati per vendite futures. 3.2.3 Opzioni sui contratti futuress Un contratto di opzione su contratto futures, conferisce al compratore (dell’opzione) il diritto di comprare (call option) o vendere (put option) uno specificato contratto futures ad un prezzo predeterminato. Si assuma ad esempio un contratto di put option su futures su grano acquistato a 20 cents per bushel, scambiato su un mercato finanziario x, che conferisce il diritto di vendere lo stesso contratto per 4 Euro con scadenza Dicembre. Se a scadenza del contratto (Dicembre), il prezzo futures scende a 3.75 Euro per bushel, il detentore della put sul contratto a 4 Euro può vendere lo stesso contratto e acquistare sul mercato uno stesso contratto a 3.75 Euro realizzando un profitto netto di 25 cents (non considerando costi aggiuntivi); sottraendo i 20 cents pagati per il premio della put all’inizio del contratto, il profitto finale sarà di 5. In questo esempio, il possessore della put ha esercitato il suo diritto di opzione sul contratto futures; in realtà, pochi contratti di opzione sono esercitati alla scadenza. Infatti, molto spesso tali contratti vengono scambiati e venduti sul mercato finanziario prima della scadenza. Infatti, il prezzo dei 39 derivati varia durante la durata del contratto in relazione ai movimenti del sottostante e, quindi, i compratori di “option su futuress” possono utilizzare il contratto per assicurarsi contro oscillazioni indesiderate del futures stesso o del “cash price” della merce scambiata. 3.2.4 Opzioni sulle rese e sull’andamento climatico (weather derivatives) La maggiore quantità di “weather derivatives” scambiati tra i singoli operatori, basano il loro payoff su due indici: “Heating Degree Days (HDD)” e “Cooling Degree Days (CDD)” dove HDD = N X max(0, X ◦ F − Ti ) i=1 e, CDD = N X max(0, Ti − X ◦ F ). i=1 In questi indici, N rappresenta la durata del contratto, Ti è la media delle temperature minime e massime osservate quotidianamente, X ◦ F rappresenta la soglia della temperatura scelta nel contratto. Ipotizziamo l’acquisto di una call option su HDD con durata pari a cinque mesi, con strike price pari a 5000 Euro, con un valore di 10000 Euro per unità e con un massimale di payoff pari a 2000000 Euro. Partendo dall’inizio del contratto ogni giorno viene ripetuta la seguente procedura: calcolo della temperatura media min(I) ), confronto del valore della media calcolata con il (W (I) = [ T max(I)+T 2 ◦ valore soglia X F utilizzato nel contratto (HDD(I) = max(X ◦ F −W (I), 0)). Questa procedura deve essere ripetuta per tutta la durata del contratto =5 (T otale = sumTt=0 HDD(I)) fino a poter calcolare il payoff totale nel giorno successivo alla conclusione dello stesso. Il payoff totale sarà calcolato P ayout=min (dollari per unit*max(T otal − 5000, 0), 2000000). In sostanza, il meccanismo dei “weather derivatives” risulta essere abbastanza semplice e adatto agli usi più disparati; teoricamente, ogni agricoltore potrebbe ritagliarsi un contratto che ritiene adatto alle proprie aspettative. Il problema principale all’implementazione di tale strumento, è la trattazione fuori dai mercati regolamentati (con conseguente problema di liquidità) che spesso rende di difficile determinazione il premio che l’agricoltore è tenuto a versare (quasi sempre sovrastimato). Altra problematica, è la mancanza di dati (dovuti alla breve storia di questo strumento) che possano permettere analisi di correlazione tra i “weather derivatives” e gli altri strumenti finanziari. 40 3.2.5 Mercati e volumi di scambio dei titoli derivati per il settore agricolo Quando si parla di volume degli scambi dei titoli derivati, si fa riferimento alle tipologie introdotte in questo spazio; in realtà, però, mentre per forward, future ed opzioni esistono, per il settore primario, trattazioni di elevati volumi sia nei mercati ufficiali che fuori dagli stessi, testimoniandone la estrema utiità nell’ottica di una ottimale gestione delle risorse finanziarie e dei rischi associati alle produzioni agricole, è interessante evidenziare come per i weather derivatives esistono problematiche che impediscono di fatto una forte implemantazione dell’utilizzo di tale strumento. Tale ultima specifica va evidenziata perchè, di converso, per settori come quello della produzione di energia, tale tipologia di strumento ha registrato una impennata formidabile nei volumi trattati. Anche se promettentissimo in prospettiva quindi, l’utilizzo di weather derivatives stenta a decollare tra gli operatori del settore primario. I motivi di tale ritardo possono essere condotti alla difficoltà di dare un prezzo a questa tipologia di titolo, alla difficoltà di incontrare esigenze particolari degli agricoltori (spesso i contratti vengono standardizzati; tale procedura estromette di fatto la domanda di produttori con esigenze particolari), alla carenza a volte di dati climatici puntuali e/o disponibili per zone produttive particolari (in questo contesto potrebe essere molto utile il ruolo dello Stato al fine di sviluppare indici utili per gli agricoltori unitamente allle infrastrutture necessarie per assicurare dati di cui gli stessi indici necessitano). Si comprende quindi come un punto fondamentale per lo sviluppo futuro dei weather derivatives sia la garanzia per l’agricoltore di poter coprire i propri rischi produttivi particolari: in sostanza, se eventi atmosferici particolari creano un danno alla produzione (e al reddito dell’agricoltore se il movimento del prezzo non compensa il danno nelle rese), l’agricoltore deve avere la certezza di poter stipulare un contratto che garantisca un indennizzo. Altrimenti, se l’esperienza del passato induce l’agricoltore a considerare non conveniente il contratto “standardizzato” offerto sul mercato, lo stesso operatore preferirà gestire i propri rischi in maniera diversa. Più in particolare i mercati di riferimento mondiale per la trattazione dei derivati su “commodities” sono il Chicago Board, la borsa di Londra (Liffe - “London International Financial Futures and Options Exchange”), la borsa di Tokyo; è da sottolineare comunque come anche in altre borse internazionali (Messico, Svezia, Brasile tra le tante) si registrano scambi quotidiani di tale tipologia di titolo. Non risulta facile individuare con esattezza i quantitativi e il volume finanziario degli stessi scambi ma, considerato che il volume dei derivati ha ormai superato per misura quello degli stessi mercati azionari, stiamo parlando di grandi risorse impiegate ormai con questi strumenti. Per 41 i weather derivatives, il discorso è stato anticipato (sull’assenza apparente di ingenti scambi per il settore agricolo) in apertura; ciò che va comunque sottolineato è l’impossibilità attuale di poter quantificare se, e quanti, operatori del settore primario scambiano fuori dai mercati ufficiali derivati sul clima. Risulta evidente come questo non significa negare la presenza degli stessi scambi ma, piuttosto dare risalto ad una serie di problematiche che hanno comunque impedito una forte crescita dei weather deriatives tra gli operatori del settore agricolo. 4 Conclusioni In questo scritto si è cercato di evidenziare parte degli strumenti utilizzabili dall’imprenditore agricolo per la gestione del rischio economico di impresa. In particolare, l’obbiettivo è stato centrato sullo strumento assicurativo e sugli strumenti finanziari derivati. Ciò che si è inteso fornire è un quadro di sintesi non caratterizzato da giudizi di merito sulla adottabilità degli strumenti introdotti; sono stati però forniti molti elementi di dibattito sulla possibilità di implementazione di singole strategie, alternativamente all’utilizzo congiunto di derivati e polizze assicurative. Il filo conduttore dell’analisi proposta è rappresentato dall’analisi delle esperienze del passato in tema di gestione del rischio in agricoltura nel tenativo di ricavare validi insegnamenti per le futures politiche di settore. Lo strumento assicurativo anche se costruito per essere più appetibile sul mercato, da un lato per mezzo di sussidi governativi, dall’altro costruendo polizze in grado di essere vendute sul mercato a prezzi più bassi, ha dimostrato negli anni di non essere in grado di rispondere da solo ai bisogni degli agricoltori. Poche risorse sono state investite, sia a livello pubblico che a livello di ricerca, sull’implementazione dell’utilizzo dei mercati finanziari per lo stesso scopo; maggiormente, poco si è detto, e poco si è investigato, sull’utilizzo combinato dei titoli derivati che, per proprie caratteristiche particolari, si prestano ad utilizzi sconosciuti agli operatori pubblici e privati del settore primario. Riferimenti bibliografici AA.VV. (1999, Maggio). “Recent developments in crop yield & revenue insurance”. Agricultural outlook , 16–21. http://purl.access.gpo.gov/GPO/LPS1093. Ackerman, K. (1997). “New agricultural risk management insurance tools”. Proceedings /Agricultural Outlook Forum, 49–55. 42 Agliardi, E. e R. Agliardi (2001). Mercati finanziari: Analisi stocastica delle opzioni. New York: McGraw-Hill. Agriculture and Agri-Food Canada (2001, 9 maggio). NISA Review Consultations Report. http://www.agr.gc.ca/nisareview/index e.html. Anderson, J., J. Dillon, e B. Hardaker (1977). 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Thompson (A cura di,), Agricultural Policy for the 21st Century, pp. 91–108. Ames, IA: Iowa State University Press. A Appendice 1 Si ritiene utile dare risalto ad alcuni esempi applicativi di schemi assicurativi statunitensi in modo da comprenderne appieno il funzionamento. Prima di procedere, è opportuno introdurre una breve notazione: Y = resa attuale al momento del raccolto P = prezzo cash al momento del raccolto 54 R = P ∗ Y = ricavo del singolo agricoltore al momento del raccolto YAP H = resa storica della produzione attuale = alla media delle rese storiche degli anni precedenti a quello considerato (tra l’anno 4 e l’anno 10). CY = copertura della resa = % delle rese storiche che viene garantita (dal 50 al 75% con incrementi di 5%) Yg = resa garantita al momento della semina = cY ∗ YAP H (dove cY rappresenta un coefficiente % di YAP H ) PF CIC = prezzo determinato dalla FCIC per l’indennizzo sulle rese Fh = prezzo futures al momento del raccolto F p = prezzo futures al momento della semina cP = prezzo elletto = % di PF CIC Pg = prezzo garantito Rg = reddito garantito al momento della semina P rem = premio della polizza Esempio 1 Indennizzo per assicurazioni sulle rese Y ≡ 0 Y ≡ 15 Y ≡ 30 Y ≡ 45 Rese garantite Yg 30 30 30 30 −Resa attuale Y 0 15 30 45 ≡ Perdita resa 30 15 0 0 ∗ Prezzo garantito Pg 5 5 5 5 ≡ Indennizzo 150 75 0 0 Reddito per l’agricoltore con e senza assicurazione sulle rese Y ≡ 0 Y ≡ 15 Y ≡ 30 Y ≡ 45 Resa attuale Y 0 15 30 45 ∗ Prezzo di mercato (Hp=Pg ) 5 5 5 5 ≡ Ricavo senza assicurazione 0 75 150 225 + Indennizzo 150 75 0 0 ≡Ricavo con assicurazione 150 75 150 225 Ovviamente, l’assicurazione sulle rese protegge solo dal rischio di quantità non anche da quello sul prezzo; si supponga che il prezzo garantito sia pari a $4 e non a $5 come nell’esempio precedente. In questo caso avremmo (utilizzando gli stessi esempi introdotti) Y ≡ 0 Y ≡ 15 Y ≡ 30 Y ≡ 45 Rese garantite Yg 30 30 30 30 −Resa attuale Y 0 15 30 45 ≡ Perdita resa 30 15 0 0 ∗ Prezzo garantito Pg 4 4 4 4 ≡ Indennizzo 120 60 0 0 55 Y ≡ 0 Y ≡ 15 Y ≡ 30 Y ≡ 45 Resa attuale Y 0 15 30 45 ∗ Prezzo di mercato (Hp=Pg ) 4 4 4 4 ≡ Ricavo senza assicurazione 0 60 120 180 + Indennizzo 120 60 0 0 ≡Ricavo con assicurazione 120 120 120 180 Si nota con piena evidenza come l’utilizzo di assicurazioni capaci di garantire la produzione fisica, non riesce a garantire una altrettanto efficace protezione per il reddito dell’agricoltore (per via del rischio di prezzo). E’ possibile utilizzare lo stesso approccio per la comprensione dell’assicurazione sul reddito. Indennizzo per assicurazione sui ricavi Y ≡ 0 Y ≡ 15 Y ≡ 30 Y ≡ 45 Ricavo garantito Rg = Pg ∗ Yg 150 150 150 150 −Resa attuale Y 0 15 30 45 ∗ Prezzo di mercato 4 4 4 4 ≡ Indennizzo 150 90 30 0 Y ≡ 0 Y ≡ 15 Y ≡ 30 Y ≡ 45 Resa attuale Y 0 15 30 45 ∗ Prezzo di mercato 4 4 4 4 ≡ Ricavo 0 60 120 180 + Indennizzo 150 90 30 0 ≡Ricavo con assicurazione 150 150 150 180 Si nota come l’assicurazione sul reddito fa cadere il rischio di reddito per l’assicurato ma, allo stesso tempo, riduce i potenziali guadagni. Quadro sintetico specifici programmi assicurativi in USA Crop Insurance Individual County Yield CAT, APH GRP Revenue IP, CRC, RA GRIP B B.1 Appendice 2 NISA Caso studio Si supponga che esistano due agricoltoriproprietari di due aziende di 45 acri (Y e X per convenienza) caratterizzate da unità produttive miste (allevamento, foraggio, ortaggi) , le cui vendite sono risultate nell’anno T pari a $65.000. Si ipotizzi un’ammontare dei costi totali di produzione pari a $15.000. E’ possibile analizzare, con queste informazioni, il dettaglio del funzionamento del NISA: 56 Reddito lordo pari a $65.000; Costi produzione pari a $15.000 Reddito netto $50.000 Possible NISA Deposit Producer deposit = EN S ∗ 3% = $50.000 ∗ 3% = $1.500 Federal Government Contribution = EN S ∗ (2% + 1%) = $50.000 ∗ 3% = $1.500 Provincial Government Contribution = EN S∗(1%+1%) = $50.000∗2% = $1.000 Totale liquidità da imputare all’account dell’agricoltore=$4.000 In tale modo, all’inizio dell’anno T , i $1.500 che X e Y hanno depositato, crescono contemporaneamente fino a $4.000; alla fine dell’anno T , ipotizzando una capitalizzazione ad un tasso del 5%, l’ammontare di liquidità presente nel fondo sarà pari a circa $4.200. Se X e Y continueranno a depositare lo stesso ammontare di denaro nell’account personale (ipotizzando un reddito netto sempre pari a $50.000) dopo 4 anni i loro depositi cresceranno nel modo di seguito descritto. Dopo 5 anni di partecipazione al programma, i due agricoltori X e Y avranno versato $7.500 nel loro account NISA; con i contributi governativi e con la maturazione di interessi attivi, però, il loro account sarà cresciuto fino a $20.000. Nel sesto anno di partecipazione al programma , ipotizziamo per X e Y una perdita significativa nella loro produzione di bestiame (per cause da individuare). Il loro margine lordo scende considerevolmente (ipotizziamo che possano prelevare $9000 rispetto a quanto permesso dal programma NISA che si basa su una percentuale della media dei ricavi degli anni precedenti); in tale eventualità, essi possono prelevare dal loro account la liquidità necessaria per riportare al livello abituale la rispettiva liquidità. Ovviamente, in base all’esempio presentato, rimarebbero negli account di X e Y ancora $11000 a disposizione per possibili perdite futures. Nessun agricoltore risulta incentivato ad assumere comportamenti strategici in modo da poter prelevare liquidità dall’account personale gestito da NISA; infatti, si perderebbe il beneficio di poter usufruire di una gestione privilegiata capace di incrementare i depositi degli agricoltori come nessun investimento privo di rischio potrebbe garantire. Si comprende sı̀ l’innovativa capacità di un siffatto programma capace di fornire un supporto adeguato alla stabilizzazione nel tempo dei redditi agricoli (che è quanto cercato dagli stessi agricoltori). 57 B.2 Appendice 3: semplice applicazione del modello B&S su call europea Si assuma che il valore di una call sia in ST −1 = $50; quindi una call è disponibile sul mercato con K = $50. In ST il valore della call potrà essere pari a $100 oppure a $25. Il valore di r osservabile sui mercati è pari a 1.25. Quale sarà il valore di questa call option? Si consideri il seguente portafoglio: al tempo T al tempo T T − 1 ST=$25 ST = $100 Sottoscrizione di 3 call 3C 0 −150 Acquisto di 2 azioni −100 50 200 Presa a prestito $40 40 −50 −50 Totale 0 0 0 La condizione di non arbitraggio implica necessariamente che 3C − 100 + 40 = 0 e quindi che C = $20. In questo caso noi siamo in grado di valutare la call option perchè siamo in grado di trovare un portafoglio di stock e bond (acquistando 2/3 di azioni e prendendo a prestito $13.33) che possiede il medesimo payoff della call in questo primo periodo considerato. Come dapprima considerato, se i due portafogli hanno identico payoff, allora la condizione di non arbitraggio implica che debbano avere lo stesso prezzo. Si può provare a generalizzare questo ragionamento. Si supponga che il tasso di interesse free presente sui mercati sia pari a 0.05. Qual’è il prezzo di una call option quando il prezzo di esercizio è pari a 100? T − 1 T C∗ 1055 S = 95 90 0 Si può creare un portafoglio di ∆ azioni di stock e B dollari di bond, dove ∆ e B sono scelti in modo tale che il portafoglio di stock e bond abbia il medesimo payoff della call option. Quindi: T − 1 T C ∗ 105∆ + 1.05B = 5 1055 90∆ + 1.05B = 0 S = 95 15∆ = 5; ∆ = 0.3333 900 90(0.3333) + 1.05B = 0 B = −28.57 58 C = 5∆ + B; = 95(0.3333) − 28.57 = 3.09. In questo modo è possibile costruire il seguente albero binomiale: consideriamo che in T − 2 abbiamo un valore della call pari a 100 (punto a); in T − 1 possono verificarsi due situazioni e cioè, b ⇒ il valore è salito a 110 e c : C = 3.09 ⇒ il valore scende a 95; in T (terzo passaggio dell’albero binomiale) potremmo avere che da b il valore possa salire a 120 o scendere a 105 e, da c che il valore salga a 105 o che scenda ulteriormente a 90. Da questa semplice e schematica rappresentazione avremmo che il valore di C ∗ risulterà pari a 20 (se in T si avrà 120) a 5 (se in T si ha 105) e a 0 (se in T si registra 90). nel caso b avremmo: 120∆ + 1.05B = 20 105∆ + 1.05B = 5 =⇒ ∆ = 1 105 + 1.05B = 5 =⇒ B = −95.24 C = S∆ + B =⇒= 110(1) − 95.24 = 14.76 nel caso a avremmo: 110∆ + 1.05B = 14.76 95∆ + 1.05B = 3.09 =⇒ ∆ = 0.778 B = −67.45 C = S∆ + B =⇒= 100(0.778) − 67.45 = 10.35 Quindi, utilizzando di nuovo l’albero binomiale utilizzato in precedenza avremmo che: consideriamo che in T − 2 abbiamo un valore della call pari a 100 (punto a:C=10.35); in T −1 possono verificarsi due situazioni e cioè, b : C = 14.76 ⇒ il valore è salito a 110 e c : C = 3.09 ⇒ il valore scende a 95; in T (terzo passaggio dell’albero binomiale) potremmo avere come prima che da b il valore possa salire a 120 o scendere a 105 e, da c che il valore salga a 105 o che scenda ulteriormente a 90. Come già illustrato, avremmo che il valore di C ∗ risulterà pari a 20 (se in T si avrà 120) a 5 (se in T si ha 105) e a 0 (se in T si registra 90). 59 La collana Working Paper del Centro pubblica contributi su argomenti di Economia e Politica Agricola, Ambientale, Alimentare e dello Sviluppo Rurale, Economia generale e Statistica. I lavori pubblicati nella Collana sono sottoposti ad una revisione informale coordinata dal Comitato di Redazione interno nominato ogni tre anni dal Comitato Scientifico del Centro. Comitato di redazione 2002-2005: prof. Valeria Sodano, [email protected] prof. Gianni Cicia, [email protected] dr. Carlo Cafiero, [email protected] Finito di stampare il: 16 luglio 2003 presso il Centro per la Formazione in Economia e Politica dello Sviluppo Rurale, Portici. 60