- dipartimento di economia e politica agraria

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CENTRO PER LA FORMAZIONE IN ECONOMIA
E POLITICA DELLO SVILUPPO RURALE
DIPARTIMENTO DI
ECONOMIA E POLITICA AGRARIA
Università degli Studi di Napoli Federico II
Collana Working Paper
Agricoltura e gestione del rischio:
un confronto tra l’approccio tradizionale
e l’uso di strumenti finanziari
Fabian Capitanio∗
Working Paper no. 10/2002
Sommario
Questo articolo presenta un quadro di sintesi su due possibili approcci per la gestione del rischio in agricoltura: l’assicurazione e l’uso
di strumenti finanziari. Il lavoro è organizzato in due parti. Nella prima parte vengono introdotti gli aspetti teorici dell’analisi del
comportamento economico in condizioni di incertezza, allo scopo di
evidenziare i motivi che possano spingere al ricorso ad un contratto
di assicurazione, dopo di che l’attenzione viene rivolta al concetto di
titolo finanziario derivato e sulla possibilità del ricorso a tali strumenti per la gestione del rischio. In tale quadro, viene introdotto il noto
modello di Black and Scholes per la valutazione delle opzioni finanziarie corredato dal necessario background matematico. Nella seconda
parte, l’attenzione è rivolta alla gestione del rischio tipico della produzione agricola. In particolare, si discute dei problemi legati all’assenza
di un mercato privato delle assicurazioni in agricoltura, analizzando
le motivazioni che auspicherebbero l’intervento pubblico nel mercato
assicurativo privato e descrivendo l’esperienza di alcuni programmi
pubblici di sostegno alle assicurazioni agricole ritenuti di maggiore
rilevanza internazionale. In tale contesto, si avanza una proposta,
legata all’uso della teoria finanziaria delle opzioni, che introduce un
elemento innovativo nella disputa attuale sull’equità del premio richiesto agli agricoltori sul mercato assicurativo privato. Successivamente,
si descrive l’uso degli strumenti finanziari derivati descritti nella prima
parte per la gestione, in particolare, del rischio in agricoltura.
∗
Dipartimento di Economia e Politica Agraria dell’Università degli Studi di Napoli
“Federico II”
1
1
Introduzione
La gestione del rischio in agricoltura ed il ruolo, in tal senso, delle assicurazioni sono da tempo oggetto d’interesse per ricercatori e legislatori in tutti
i Paesi del mondo. Uno dei cosiddetti fatti stilizzati sui quali sembra si sia
raggiunto un consenso unanime, è il fallimento del mercato privato delle assicurazioni delle rese in assenza di qualche forma di intervento pubblico a
sostegno dello stesso. Sull’importanza relativa delle possibili cause di tale
fallimento, tuttavia, il dibattito accademico non è affatto esaurito, e nella
discussione vengono ospitate opinioni molto diverse.
Tradizionalmente, sulle stesse cause, sono spesso citati fenomeni di asimmetria ed incompletezza informativa (con i conseguenti problemi di selezione
avversa ed azzardo morale) e, da ultimo, il problema di sistemicità dei rischi.
Il dato di fatto è che molti governi dei paesi cosiddetti sviluppati sono
entrati attivamente nel mercato delle assicurazioni in agricoltura. Al sostegno diretto dei premi (comune negli Stati Uniti d’America, in Portogallo, in
Italia, in Francia, in Austria e in Spagna), si è affiancata la decisione assunta
da alcuni governi, di entrare nel mercato del rischio agricolo anche nel ruolo
di riassicuratore dei contratti venduti dai privati. Una siffatta linea d’azione
politica sembrerebbe dimostrare che gli argomenti portati a sostegno dell’incapacità del mercato privato di sopperire al problema della correlazione dei
rischi siano stati accolti come plausibili.
Alternativamente, è possibile imputare la scarsa diffusione delle assicurazioni in agricoltura non tanto alla presenza di asimmetria informativa, moral
hazard, (quindi, costi onerosi per compagnie private ad offrire un prodotto
assicurativo), quanto piuttosto al prevedibile equilibrio di un mercato caratterizzato da elevata concentrazione e mancanza di concorrenza dal lato
dell’offerta. Seguendo tale spiegazione, in virtù del loro potere di mercato, le
compagnie assicurative effettuerebbero, di fatto, una discriminazione di prezzo per catturare solo la domanda caratterizzata da una elevata disponibilità
a pagare.
Riuscire a distinguere le effettive cause del fallimento del mercato privato
è cruciale: se fosse vera la seconda spiegazione, infatti, gli effetti del sostegno
pubblico alle assicurazioni agricole potrebbero essere molto diversi da quelli
che comunemente vengono invocati per giustificarlo, e l’intero meccanismo
di intervento richiederebbe una profonda riconsiderazione.
Il tentativo che si intende proporre in questo lavoro, è di fornire una
panoramica su due possibili strumenti per la gestione del rischio di impresa in agricoltura: la sottoscrizione di una polizza assicurativa e l’utilizzo di
strumenti derivati tramite il ricorso ai mercati finanziari; attenzione partico-
2
lare verrà dedicata all’utilità per l’agricoltore derivante dall’utilizzo singolo
o congiunto di entrambe le tipologie richiamate.
In particolare, si descriverà il dibattito sullo strumento assicurativo da
molti invocato in letteratura per la gestione del rischio nel settore primario;
verrà proposto in tale ambito un quadro teorico capace di evidenziare la
giustificazione economica della stipula di un contratto assicurativo (e di quali
individui economici possono essere disposti a ricorrere a tale strumento).
Una ulteriore sezione sarà dedicata all’incidenza dei problemi informativi sul
funzionamento ottimale del mercato suddetto seguita dall’analisi dettagliata
di alcuni degli schemi assicurativi di riferimento presenti negli Stati Uniti, in
Canada ed in Spagna1 .
Il passaggio successivo concerne l’utilizzo alternativo di titoli derivati come strumenti di gestione del rischio per gli agricoltori; un quadro di insieme
sulle caratteristiche dei vari strumenti derivati scambiati sui mercati finanziari verrà presentato con l’auspicio di conferire risalto a strumenti alternativi
a quello assicurativo per la gestione del rischio in agricoltura.
È proprio la rapida espansione del mercato dei derivati che ha stimolato
negli anni la nascita e lo sviluppo di una teoria matematica dei derivati: in
tale contesto, un ruolo preminente è senza dubbio rivestito dal modello di
F. Black e M. Scholes (Black e Scholes 1973), che ha rappresentato il contributo basilare e di maggiore influenza sulla letteratura successiva e sulle
applicazioni da parte degli operatori finanziari. Un breve spazio del lavoro
dedicherà attenzione ad una presentazione analitica delle tecniche di option
pricing e del relativo background matematico, evidenziandone limiti e possibilità applicative. Si mostrerà, tramite l’introduzione del modello Black and
Scholes , la possibilità di equiparare la funzione di payoff di un contratto
assicurativo a quella di una opzione esotica e, quindi, l’eventualità di poter
valutare l’equità dei premi assicurativi richiesti agli agricoltori per la stipula
delle polizze. (Jung e Ramezani 2001)
1
Un limite di questo lavoro è che non si presta attenzione alle implicazioni e alla compatibilità di questo tipo di programmi in ambito WTO: è opinione diffusa che il sostegno
a programmi di gestione del rischio (sussidi alle assicurazioni in agricoltura) possono rientrare nella green box o, quantomeno, nella amber box. Tale convinzione risulta tuttavia in
disaccordo da quando disciplinato dai punti 7 e 8 del documento GATT (rispettivamente,
dalla lettura del testo integrale degli articoli richiamati, sulla disciplina della partecipazione dei governi ai programmi assicurativi e sugli aiuti governativi in occasione di disastri e
calamità naturali).
3
2
2.1
2.1.1
Richiami di economia dell’informazione e
gestione del rischio
Teoria del comportamento sotto incertezza
La massimizzazione dell’utilità attesa
Due sono i concetti fondamentali presenti nel modello economico riguardo
rischio e incertezza: equilibrio (bilanciamento delle richieste individuali sul
mercato) ed ottimizzazione (comportamenti razionali degli agenti economici).
L’assunzione più largamente utilizzata in questo caso è quella di considerare
un agente economico che massimizza la sua utilità attesa quando esposto ad
incertezza.
I postulati utilizzati nella costruzione teorica sono quelli classici: completezza, continuità e transitività nelle preferenze (valore ordinale dell’utilità).
Un modo per formalizzare il modello dell’utilità attesa è quello di considerare
con A tutto l’insieme delle possibili azioni a disposizione del decisore, e con
S rappresentare tutti i possibili stati del mondo. Il realizzarsi di un risultato, quindi, può essere individuato con il contemporaneo verificarsi di un
sottoinsieme di A e di un sottoinsieme di S; in altre parole, i risultati (conseguenze di un azione, in un particolare momento) possono essere espressi
come una variabile casuale caratterizzata dalla funzione c : S × A → C, dove
C rappresenta il set di tutte le possibili conseguenze.
Se si ipotizza C come un numero finito (ci sono N possibili conseguenze),
allora, attribuendo una probabilità “oggettiva” ad ogni stato del mondo e,
scelta una particolare azione dall’insieme A, si otterrà una distribuzione di
probabilità su tutti i risultati possibili.
Formalmente, si può definire una lotteria come un elenco di probabilità
L = (l1 , l2 , ....., ln ) in modo che li è la probabilità che il risultato (conseguenza)
P
ci ∈ C si presenti (ovviamente li ∈ [0, 1] e i li = 1).
In maniera semplicistica, quindi, è lecito considerare A come un insieme
di decisioni possibili mentre C rappresenterebbero tutti i risultati di una decisione del policy maker presa dall’insieme A; lN rappresenta la probabilità
che tali risultati si verifichino. In una lotteria semplice i risultati che possono verificarsi sono certi; una variante più generale (e di maggiore utilità per
applicazioni economiche) è quella della lotteria composta. Considerato un
numero k di lotterie semplici (Lk1 , ...., Lkn ), con k = 1, ....., K, e le probabilità
P
αk ≥ 0 (con nk=1 αk ), la lotteria composta (L1 , ...., Lk ; α1 , ....., αk ) rappresenta l’alternativa rischiosa alle singole lotterie semplici Lk con probabilità
αk con k = 1, ..., K. Per ogni lotteria composta (L1 , ...., Lk ; α1 , ....., αk ) è possibile calcolare la corrispondente lotteria semplice L = (l1 , ...., ln ) in grado di
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generare la medesima distribuzione sugli esiti. In questo modo, la probabilità
del risultato n nella lotteria ridotta risulta pari a ln = α1 l1k + .... + αk lnk con
n = 1, ...., N .
Si consideri L come insieme delle lotterie semplici sull’insieme dei risultati
possibili C, e si assuma che la relazione tra L e C sia razionale (relazione completa e transitiva); se rimane soddisfatta l’assunzione di continuità specifica,
sarà possible in tale maniera equiparare ogni coppia delle lotterie semplici.
In questo senso, L L‘ ⇔ V (L) ≥ V (L‘ ). l’assunzione sottostante a tale
impostazione, è che il consumatore considera equivalenti le lotterie composte
e le lotterie ridotte, in altre parole, un gioco che genera la lotteria L con
probabilità λ e la lotteria L‘ con probabilità (1 − λ) è equivalente ad una
lotteria la cui probabilità è espressa da λL + (1 − λ)l‘ ‘. Emerge chiaro (e
stretto) in questo modo, il parallelo con la teoria standard del consumatore;
somiglianza resa ancora più forte dal considerare V (L) come una funzione
ordinale. Fortemente legato alla continuità delle preferenze del consumatore risulta l’assioma dell’independenza (che rappresenta il fulcro della teoria
della scelta in condizioni di incertezza). Formalmente, la funzione di utilità
U : L −→ R ha una forma di utilità attesa se esiste una assegnazione di
numeri (u1 , ...., un ) per gli N risultati, in modo da ottenere per ogni singola
lotteria, L = ((l1 , ...., ln )L con U (L) = u1 l1 + ..... + uN lN .
La funzione di utilità U : L −→ R, rappresenta la funzione dell’utilità
attesa von Neumann-Morgenstern (VNM); la stessa funzione di utilità ha
la forma di utilità attesa se e solo se questa è lineare e, se e solo se viene
PK
P
k lotterie
rispettata la relazione U ( K
k=1 αk U (Lk ) per ogni
k=1 αk Lk ) =
P
con Lk L, con k = 1, ...., K e con probabilità (α1 , ...., αk ) ≥ 0, k αk = 1.
Di fatto, è questa la funzione di utilità caratterizzante del proseguio di tale
lavoro.
2.1.2
Avversione al rischio e risk premium
Investitori diversi hanno un differente atteggiamento verso il rischio; alcuni
sono indifferenti o avversi al rischio (investitori neutrali o avversi) mentre
altri amano il rischio (propensi al rischio). In generale si può affermare che
esiste un trade off tra livello del rendimento e livello di rischio. In altri
termini, un investitore potrebbe accettare bassi ritorni se i rischi impliciti
nell’investimento sono bassi, o richiedere alternativamente alti ritorni se i
rischi dell’investimento sono alti; comportamenti come questi riflettono l’avversione al rischio. Nel caso in cui esiste avversione al rischio (come per
gli agricoltori, per i quali è plausibile ipotizzare tale condizione), si preferirà avere la certezza del risultato, piuttosto che assumersi l’azzardo della
partecipazione ad una lotteria con payoff casuale e con valore atteso:
5
E(W ) = πx1 + (1 − π)x2 .
dove x1 e x2 rappresentano il pay-off del gioco (i possibili risultati), mentre π
e (1 − π) rappresentano le probabilità che i rispettivi risultati si verifichino.
Supponendo che le preferenze degli individui possano essere espresse attraverso la funzione di utilità VNM appena introdotta, avremmo una U (W ) con
le seguenti proprietà:
(i) crescente rispetto all’aumentare di W , che implica una utilità marginale
(W )
> 0.
che soddisfi U 0 (W ) = ∂U∂W
(ii) con utilità marginale decrescente, U 00 (W ) ≤ 0,
è possibile definire formalmente l’avversione al richio dei singoli individui
come la condizione per cui U [E(W )] > E [U (W )].
Si consideri ora un investitore che ha la possibilità di scegliere tra mantenere una prospettiva esente da rischio, il cui rendimento è pari a f ed investire
invece in una prospettiva rischiosa il cui rendimento è definito da r, dove r è
una variabile casuale con media µ e varianza σ 2 .
Supponiamo per semplicità che la prospettiva incerta preveda la possibilità che si verifichino due risultati r1 e r2 con probabilità rispettivamente π1
e π2 ; il rendimento atteso, allora, sarà pari a:
E(r) ≡ µ = π1 r1 + π2 r2 .
La varianza del rendimento, invece, può essere individuata come:
V (r) ≡ σ 2 = E [r − E (r)]2 = π1 (r1 − µ)2 + π2 (r2 − µ)2 .
Per avere un gioco equo, µ = f , nel senso che per partecipare ad un investimento caratterizzato da incertezza, l’investitore avverso al rischio pretenderà un rendimento atteso almeno pari a quello ottenibile da un investimento
privo di rischio (con speranza matematica del guadagno aleatorio nulla)
Un gioco equo può anche essere espresso in termini di eccesso di ritorno
fuori dall’assenza di rischio come: E(r − f ) = π1 (r1 − f ) + π2 (r2 − f ) = 0.
Consideriamo la decisione di un agente economico circa la scelta di prendere parte o meno ad un gioco equo, vale a dire se accettare una prospettiva
rischiosa rinunciando ad una prospettiva esente da rischi quando il risultato
atteso in media è identico: E(r) = f .
Si supponga che la ricchezza iniziale del consumatore è W0 .
6
1. Se il consumatore mantiene la prospettiva priva di rischio ed investe
tutta la sua ricchezza, dopo un periodo la sua ricchezza sarà pari a
W1 = W0 (1 + f ),
per cui la ricchezza attesa dalla prospettiva certa è E(W1 ) = W0 (1 + f )
mentre la varianza è nulla: V (W1 ) = 0 .
2. Se il consumatore sceglie la prospettiva incerta, allora
W1 = W0 (1 + r)
e media e varianza saranno dati rispettivamente da E(W1 ) = W0 [1 + E(r)f ]
e V (W1 ) = W02 σ 2 .
Se si intende puntare alla massimizzazione dell’utilità attesa della ricchezza E [U (W )] , l’utilità attesa dall’acquisto di asset non rischoso e rischioso è
dato da:
E [U (W )] = U [W0 (1 + f )]
se si investe nella prospettiva certa, priva di rischio e,
E [U (W )] = E [U (W0 (1 + r))]
se si investe invece nella prospettiva rischiosa.
In presenza di aspettative di rendimento uguali per i due investimenti, un
agente avverso al rischio preferirebbe non investire.
Una domanda interessante da porsi a questo punto è la seguente: di
quale compensazione in denaro avrà bisogno l’investitore per essere disposto
a partecipare al gioco? Questa compensazione aggiuntiva può configurarsi
sia nella forma di pagamenti aggiuntivi conosciuti a priori prima del gioco
oppure, con un gioco in grado di garantire un più alto ritorno atteso.
Il payoff addizionale certo, richiesto per compensare l’investitore avverso al rischio pur di farlo partecipare all’investimento equo, è chiamato risk
premium.
In un gioco attuariale equo, come quello introdotto precedentemente si è
già chiarito come il reddito atteso (pay off) è pari a:
E(W ) = πx1 + (1 − π)x2 = 0.
Se W0 rappresenta la ricchezza iniziale e W1 la ricchezza finale avremo
che,
7
E(W1 ) = π(Wo + x1 ) + (1 − π)(W0 + x2 ) = W0 .
Nel contesto teorico qui considerato, l’utilità del payoff atteso risulta
maggiore dell’utilità attesa dal payoff incerto,
U [E (W1 )] = U (W0 ) ≥ E [U (W1 )] .
Se all’investitore viene concesso un ammontare ρ (risk premium) ad un
investitore per prendere parte al gioco, quale deve essere l’ammontare di ρ
per indurre lo stesso investitore a partecipare al gioco?
L’aspettativa di payoff diventa, in questo caso,
E(W1 + ρ) = π(Wo + x1 + ρ) + (1 − π)(W0 + x2 + ρ) = W0 + ρ.
Per essere indifferente tra il prendere parte al gioco (ricevendo il risk
premium) e non prendere parte al gioco (e non ricevendo il risk premium),
l’investitore richiederà che ρ soddisfi la relazione:
U [E (W1 )] = E [U (W1 + ρ)] .
La dimensione del premium risk ρ dipenderà quindi:
(i) dal grado di curvatura della funzione di utilità: teoricamente una funzione lineare, richiederebbe un valore per ρ = 0; quindi maggiore è la
curvatura, più alto è il valore del risk premium chiesto dall’investitore
per partecipare al gioco.
(ii) la varianza del payoff random; una maggiore dispersione tra W − x e
W + x, rende maggiore il valore di V (x), e rende più grande il valore
di ρ.
Gli stessi risultati possono essere più formalmente derivati utilizzando
l’approssimazione della serie di Taylor del secondo ordine ed approssimando
inizialmente il valore di U (W1 + σ) intorno al valore di E(W1 ).
Tale impostazione genera:
U (W1 + σ) = U [E (W1 )] + (W1 + σ − E [W1 ])U 0 [E (W1 )]
1
+ (W1 + σ − E [W1 ])2 U 00 [E (W1 )] .
2
(1)
Quindi, è possibile otenere:
E [U (W1 + σ)] = U [E (W1 )]+σU 0 [E(W1 )]+ 12 (V ar [W1 ] + σ 2 ) U 00 [E (W1 )].
Utilizzando la condizione che,
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(W1 + σ − E [W1 ])2 = (W1 − E [W1 ])2 + σ 2 + 2 (W1 − E [W1 ]) σ,
diviene implicito che,
(W1 + σ − E [W1 ])2 = E (W1 − E [W1 ])2 + σ 2 + 2E (W1 − E [W1 ]) σ
= V (W1 ) + σ 2 .
(2)
Si richiede quindi, in sostanza, che il valore del risk premium σ soddisfi
la relazione
E [U (W1 + σ)] = U [E (W1 )]
cioè, che l’utilità attesa della ricchezza più il risk premium risulti pari
all’utilità della ricchezza attesa in assenza di risk premium. Se σ è piccolo,
allora σ 2 può essere ignorato.
Ciò implicherà che
σU 0 + 21 V (W1 )U 00 = 0,
percui è possibile ottenere l’espressione per il risk premium
00
1) U
.
σ = − V (W
2
U0
In questo modo, ugualmente a quanto introdotto in precedenza, il valore
del risk premium sarà tanto maggiore tanto più grande risulta,
(i) la curvatura della funzione di utilità
(ii) la varianza (o volatilità) del pay off, V (W1 ).
2.2
L’assicurazione
Per analizzare la questione della scelta ottimale sotto incertezza si ha bisogno di definire l’oggetto della scelta, per poi considerare l’ordinamento delle
opportunit tra cui scegliere da parte dei decisori.
Se si assume l’esistenza iniziale di un singolo bene (misurato in unità
di conto) e “pensato” come un reddito, è possibile identificare con ys , s =
1, 2, ...., S, l’ammontare di reddito futuro per il decision maker se si verificherà
lo stato s (ipotizziamo per il momento un singolo decision maker).
Assumiamo che il nostro agente assegni una probabilità πs allo stato del
mondo s, e individuiamo il vettore di queste probabilità con π = [π1 , π2 , ...., πs ] ,
mentre y = [y1 , y2,...., ys ] risulta il corrispondente vettore della distribuzione
dei redditi associata ai singoli stati del mondo.
Definendo la speranza futura, P , come un dato vettore dei redditi con associato un vettore delle probabilità: P = (π, y), risulta possibile considerare
la decisione di un agricoltore (nello specifico, ma il discorso è indubbiamente
di portata generale) indeciso di fronte alla scelta di assicurarsi o meno contro
perdite di reddito derivanti da malattie per le colture e/o gelo. La decisione
A è di non assicurarsi mentre, la decisione B è di assicurarsi. In questo caso,
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la speranza associata ad A sarà, P A = (π, y A ),dove y A rappresenta il vettore
dei redditi i cui componenti varieranno a seconda degli stati futuri.
Nel subset degli stati, se una malattia colpirà le colture il reddito assumerà
un valore; se ci sarà gelo il reddito assumerà un secondo valore; se ci saranno
malattia e gelo il reddito denoterà un terzo valore; in caso di assenza sia di
gelo che di malattia il reddito avrà un quarto valore (presumibilmente il più
alto).
Alla decisione B viene invece associata la speranza certa P B = (π, y B ),dove
B è uguale al reddito in assenza di eventi come gelo e malattia diminuito
del premio assicurativo (ovviamente ciò avverrà nel caso in cui la polizza
sottoscritta dall’agricoltore compensi per intero le perdite dovute ad eventi
estranei alla produzione).
In questo caso, quindi, la scelta tra l’assicurarsi o meno (tra A e B), dipenderà dalla scelta personale dell’agricoltore su P A e P B ; di fatto, il dato che si
osserva sul mercato è che non sempre l’agricoltore decide di optare per la polizza assicurativa. Forse conosce modi diversi per dominare l’imprevedibilità
dei risultati futuri.
2.2.1
Rischio Sistemico, Azzardo Morale e Selezione Avversa
In un articolo apparso sull’Australian Journal of Agricultural Economics nel
1986, John Quiggin poneva questa domanda, “If rainfall insurance is efficient,
why does it not already exist?”.
Le ragioni del fallimento di mercato in agricoltura per crop insurance è
stato identificato attraverso una miriade di studi nel corso degli anni (tra gli
altri, Quiggin, 1986; Quiggin, 1994; Schmitz et al., 1994, Coble et al., 1997;
Miranda et al, 1997; Mahul, 1999). Questi studi imputano sostanzialmente a
due caratteristiche delle assicurazioni agricole il fallimento delle assicurzioni
sulle colture: il rischio sistemico e l’informazione asimmetrica. Il rischio
sistemico può essere definito in diversi modi, comunque, in tale ambito, può
essere identificato come quel rischio che non può essere controbilanciato per
mezzo dell’aumento del pool di assicurati. Questa affermazione consegue alla
situazione che gli assicurati, di fatto, pur denotando una diversa allocazione
spaziale, rimangono esposti a rischi comuni o stessi meccanismi di perdita
potenziale.
In agricoltura, l’esempio classico (caratterizzante) di tale situazione è la
relazione tra condizioni meteorologiche e perdita nelle rese. Le stesse perdite,
tra l’altro, risultano assolutamente imprevedibili complicando sı̀ la possibilità
effettiva di controbilanciare con certezza il rischio di resa (e quindi di reddito
se la diminuzione nelle rese non è bilanciata dalla crescita nei prezzi: “natural
hedge”) attraverso la diversificazione spaziale (o di altro tipo).
10
L’asimmetria informativa, nello specifico, che caratterizza gli schemi delle
assicurazioni sulle colture, è dovuta alla differenza informativa (possesso di
informazione, di fatto) riguardo le pratiche produttive e i comportamenti
tenuti dagli assicurati (agricoltori) e gli assicuratori (compagnie private, sulla
carta, e se non pesantemente finanziate dai vari governi).
L’esistenza stessa di asimmetria informativa, che si manifesta (giustifica)
con la crescita dei premi richiesti agli agricoltoridalle compagnie assicurative, comporta la nascita di due comportamenti (o meglio, problematiche):
selezione avversa ed azzardo morale.
La selezione avversa si manifesta quando, per effetto di asimmetria informativa, le polizze assicurative sono più “appetibili” (attraenti) per gli
agricoltori che maggiormente risultano esposti a rischi di produzione (per
vari motivi).
Il risultato è che il pool di assicurati, in questo modo, risulterà più rischioso per la compagnia che offre la polizza rispetto alla media della popolazione
di possibili assicurati (simbolico l’esempio di Akerlof sul mercato delle auto usate: le auto di scarsa qualità cacciano dal mercato le auto buone) ed
i benefici derivanti dalla diversificazione nel pool degli assicurati viene di
fatto elusa (per le compagnie esiste domanda principalmente da parte di
agricoltori“rischiosi”).
Conseguenza osservabile direttamente sul mercato è l’aumento del costo
dell’assicurazione (abbastanza lineare ed intuitivo come discorso, ma troppo
semplicistico forse). Con possesso di piena informazione, i contratti assicurativi potrebbero essere disegnati in modo da essere attrattivi per tutti i
membri di una popolazione eterogenea di potenziali assicurati.
Si ha azzardo morale quando l’assicurato (agricoltore) cambia il proprio
comportamento (la propria pratica produttiva) in risposta alla riduzione di
rischio offerta dalla stipula del contratto assicurativo (in questo caso risulta controverso il dibattito sul “come cambia l’atteggiamento produttivo del
produttore agricolo?”); ne risulta una crescita nella esposizione al rischio da
parte dell’agricoltore, senza dubbio superiore, rispetto alla situazione iniziale
di assenza di polizza assicurativa.
Entrando nel dettaglio del problema “crop insurance” possiamo considerare in primo luogo il ruolo del “systematic risk”.
Molti studi nel passato hanno attribuito ad asimmetria informativa il
fallimento del mercato assicurativo in agricoltura (per tutti si guardi Miranda et al., 1997), ma, il rischio sistemico può recitare un ruolo altrettanto
importante.
Nella letteratura finanziaria il termine “systemic risk” rappresenta un
rischio che non è diversificabile attraverso una attenta allocazione di por-
11
tafoglio. In ambito finanziario, lo stesso rischio si identifica con il “general
market risk”.
Per le assicurazioni, come considerato in precedenza, il rischio sistemico può essere considerato come il fattore che contraddistingue una elevata
correlazione dei rischi tra tutti gli assicurati.
In agricultura, il rischio sistemico deriva principalmente dal possibile verificarsi di particolari condizioni meteo comuni ad ampie aree geografiche (e
quindi, ad una grande porzione di possibili assicurati) tali come siccità o
temperature estreme. In letteratura, questa particolare tipologia di rischio
viene modellata cosı̀ come segue:
yi = µi + βi (y − µ) + εi
(3)
dove yi rappresenta la resa individuale attuale del singolo agricoltore, µi è
la media delle rese individuali di tutti gli agricoltori dell’area e rappresenta
il rischio di resa “free” attraverso la popolazione, mentre y è l’area di resa e
µ è la media dell’area delle rese; la loro differenza riflette il rischio sistemico
nell’area considerata. Il termine εi rappresenta l’impatto individuale del nonrischio sistemico e βi è la misura della sensitività delle rese individuali verso
i fattori sistemici.
L’equazione (3) indica che mentre il rischio non sistemico attraverso gli
assicurati può essere independente, il rischio sistemico induce interdipendenza tra tutti gli assicurati. Infatti, la elevata grandezza di tale correlazione viene interpretata dagli individui (in relazione alla polizza) come strumento inefficace per la gestione di rischi diversificabili, aumentando il costo per le compagnie assicurative private che coprono i rimanenti rischi non
diversificabili.
Seguendo Quiggin (1986), la varianza totale di un portafoglio di un assicurato può essere scritta:
V = n2 τ σ 2 v 2 + ητ n2 σ 2
(4)
Dove n rappresenta il numero degli individui, τ è la correlazione tra i rischi,
σ è la varianza (strettamente correlata al numero degli individui n in caso di
rischio sistemico, nel senso che la crescita stessa del numero degli individui in
presenza di rischio sistemico aumenta la varianza del portafoglio. I profitti
sono cioè tanto più alti quanto più n risulta elevato e non si verificano eventi
dannosi; al contrario, le perdite sono tanto più alte quanto più n risulta
elevato e si verificano eventi che fanno scattare il pagamento degli indennizzi),
v è la proporzione assicurata di rischio, ed η è il rapporto tra la varianza del
portafoglio pre esistente e la varianza del pool di assicurati. Nell’equazione
12
(4), il rischio sistemico cresce in t, implicando di fatto che la varianza totale
dei portafogli degli assicurati è anche accresciuta.
Mentre il risk pooling attraverso gli assicurati fallisce quando c’è alta
correlazione dei rischi, la strategia di portafoglio superando il pool degli
assicurati può facilmente compensare ogni pool di rischio sistemico.
Intuitivamente, tutto ciò che si richiede è la diversificazione in altre attività rischiose assolutamente incorrelate con il systematic risk del settore
assicurato. Questa è l’essenza della riassicurazione (e perchè no, dei mercati
finanziari con i derivati).
Tre esempi di selezione avversa sono spesso citati in letteratura (tra gli
altri, sempre Quiggin 1994).
Primo, data asimmetria nella distribuzione delle rese, la partecipazione ad
un programma assicurativo risulta maggiormente attraente per gli agricoltori
che hanno aspettative positive riguardo la differenza tra premio pagato e
indennizzo da ricevere (in sostanza, hanno aspettative fondate che il premio
pagato sia il male minore in cambio della certezza di raggiungere un prefissato
livello di reddito in T1 qualsiasi evento accada).
Secondo, gli agricoltori maggiormente disposti a rinnovare la loro partecipazione ad un programma assicurativo sono quelli che hanno aspettative
su particolari eventi anomali (e perdite anomale che ne derivano).
Terzo, i potenziali assicurati possono sfruttare conoscenze particolari sulle potenzialità produttive dell’area di riferimento, pregiudicando di fatto la
diversificazione di portafoglio delle compagnie (si assicurano gli agricoltori
“più rischiosi”).
In sostanza, la formalizzazione del problema parte sempre dalla teoria
classica del problema principale-agente; modelli che descrivono cioè l’interazione tra un soggetto (agente) caratterizzato da completezza informativa, ed
un’altro (principale) non fornito delle stesse informazioni.
I modelli che rientrano in tale famiglia sono caratterizzati dalla particolare
struttura in cui il principale offre un contratto assicurativo cui l’agente può
decidere di aderire.
Più formalmente, è possibile individuare con P il principale e con A l’agente. A è in possesso di informazioni private v [0, V ] ed ha a disposizione
un set di azioni possibili X entro cui poter scegliere. P non conosce v, ma
formula delle ipotesi sulla distribuzione possibile di v. In tale contesto informativo, P sceglie un contratto C(x) da sottoporre ad A in cui C(x) specifica
il pagamento da P ad A se l’azione x si concretizza.
A sua volta A osserva il contratto proposto e sceglie la propria azione x.
I rispettivi payoff saranno pari a u(x, C(x), v) per A, e a ((x, C(x), v) per
P.
Il problema di P diventa la scelta di C che massimizza E {((x, C(x), v)}
13
sotto la condizione x = arg max y [u(y, C(y), v], dove le aspettative si basano
sulle previsioni di P su v.
Si comprende da tale elementare formulazione come, per il principale possano nascere problemi di determinazione di un premio equo per una polizza
assicurativa da sottoporre all’agente; in particolare per il settore primario
dove l’osservabilità delle azione sovente viene pregiudicata dall’evoluzione
particolare del fattore climatico.
La questione del moral hazard consegue dall’informazione asimmetrica
rispetto alla scelta degli assicurati.
L’impossibilità di osservare a costi ragionevoli i comportamenti degli agricoltori (per le compagnie assicurative), permette a questi di poter cambiare
i piani produttivi, alterando la riduzione del rischio di fatto conquistata con
la stipula di una polizza assicurativa e con ciò alterando anche il rischio del
pool degli assicurati.
Utilizzando un modello principale-agente nella sua versione standard (Chambers, 1989 tra gli altri), è possibile indicare con R il reddito lordo dell’agricoltore, con I(R) il payoff netto previsto dal contratto (premio meno payout),
e con C [I (R)] i costi necessari per amministrare il contratto assicurativo.
Assumendo informazione simmetrica tra i contraenti (assicuratore in grado di osservare l’utilizzo degli input dell’assicurato, ad esempio), il problema
per la compagnia diventa:
maxx,I(R) ab {I (R) − C [I (R)]} dF (R/x)
s.t.
Rb
◦
a U [R − I (R) − rx] dF (R/x) ≥ u
R
(5)
dove il reddito lordo R trova supporto tra l’intervallo temporale del contratto [a, b] , u◦ rappresenta il livello minimo di utilità attesa che deve essere
garantito dal contratto per indurre il produttore ad assicurarsi, F (R/x) è la
distribuzione del reddito condizionata dal vettore degli input x e dal vettore
dei prezzi r.
L’analisi standard introdotta da Borsch (1962), richiede che I(R) soddisfi
la condizione minima:
1 − CI(R) [I(R)]
= µ,
Uπ [π]
dove µ rappresenta il moltiplicatore di Lagrange del problema vincolato
della (5).
Se i costi di chi assicura rischi altrui, rimangono immutati rispetto alla
struttura del contratto offerto, la condizione di ottimalità richiederà la costanza di Uπ [π] ; allo stesso modo, per l’assicurato avverso al rischio deve
valere la condizione
14
R − I(R) − rx = cost.
Questo è il risultato classico della divisione del rischio tra le due controparti dove il soggetto neutrale al rischio “dovrebbe essere in grado di
sopportare” parte dei rischi del soggetto avverso al rischio.
Questo modello cambia drasticamente nella pratica in considerazione della non osseravabilità dei comportamenti dell’assicurato.
Come in seguito approfondito nell’analisi dei principali schemi “pubblici”
di sostegno alle assicurazioni agricole, esistono accorgimenti in grado di attenuare le problematiche connesse all’asimmetria informativa; il riferimento
è ai contratti basati su rese di aree geografiche non influenzabili dal risultato
negativo della singola azienda agricola.
2.3
Stumenti finanziari
La teoria della finanza è una delle aree che maggiormente, e più velocemente,
è stata pervasa da significativi cambiamenti negli ultimi decenni.
In virtù di tali profondi cambiamenti, i moderni strumenti finanziari sono
diventati estremamente complessi; modelli matematici innovativi sono mezzi
essenziali, nonché prezzo da pagare, per la comprensione di tali strumenti
finanziari.
Nei primi anni 70’ Myron Scholes, Fisher Black e Robert Merton, segnarono un importante passo in avanti nella valutazione di complessi strumenti
finanziari sviluppando, successivamente, il modello Black&Scholes divenuto
un rifrimento importante nella moderna teoria finanziaria.
La formulazione di tale modello, verrà derivata nello spazio conclusivo di
tale sezione, con l’intento di introdurre la conoscenza di una tecnica in grado
di valutare l’equità dei premi assicurativi richiesti agli agricoltori dalle compagnie assicurative; è una alternativa, quest’ultima che se adeguatamente
implementata potrebbe fornire elementi oggettivi alla discussione iniziale sul
mancato sviluppo di un mercato privato per le assicurazioni in agricoltura
(premio della polizza potrebbe essere troppo alto non, e non solo, per problemmi di informazione ma, anche, per la presenza di un potere di mercato
dal lato dell’offerta).
Necessaria diventa, quindi, una introduzione dei termini finanziari di utilizzo diffuso, quali stock, “forward”, “futures”, “option” e “weather derivatives”, ed una rivisitazione della teoria sul principio di arbitraggio; di seguito,
si deriverà un modello per l’evoluzione di stock, comprendendo nozioni quali
componenti casuali e moto browniano.
15
Il passaggio ulteriore sarà l’introduzione di alcuni concetti basilari di
calcolo stocastico che verranno applicati al modello sugli stock finanziari proposto; da tale passaggio, si giungerà alla formulazione dell’equazione
differenziale parziale del modello Black&Scholes.
2.3.1
Mercati Finanziari e principio di arbitraggio
I titoli derivati, il cui rendimento viene definito in termini di altri titoli,
detti sottostanti, sono uno degli elementi più rappresentativi del processo
d’innovazione che ha riguardato gli strumenti e le istituzioni finanziarie degli
ultimi decenni.
Negli Stati Uniti l’apertura del primo mercato regolamentato per la compravendita di titoli derivati è avvenuta nel 1973: allora erano sedici i titoli
azionari sui quali era possibile negoziare opzioni al Chicago Board Options
Exchange, mentre ora hanno superato le duecento unità; contemporaneamente, si è registrato un incremento notevole nel volume giornaliero di contratti
stipulati, il cui controvalore risulta largamente superiore a quello negoziato
nel comparto azionario.
In Italia, dove il mercato azionario è storicamente caratterizzato da insufficciente livello di capitalizzazione e di liquidità, l’attività di compravendita di titoli derivati può essere osservata solo negli ultimi anni: l’apertura
dell’IDEM (Italian Derivatives Market) è avvenuta di fatto soltanto a fine
1994.
Da questa data, gli scambi complessivi in derivati sono aumentati in modo considerevole dimostrando sia un crescente interesse degli investitori, sia
l’impatto esercitato dalle riforme degli aspetti istituzionali e organizzativi avvenuti, che hanno avvicinato il mercato finanziario italiano a quelli europei
maggiormente sviluppati (nel 1997 e nel 1998 l’IDEM è risultato il secondo
mercato europeo per volumi scambiati di strumenti derivati a sottostante
azionario).
La quantità maggiore di traders che scambiano contratti derivati non
possiedono nel momento dell’apertura della propria posizione, la volontà di
scambiare (acquistare o vendere) il titolo sottostante, ma utilizzano i derivati
per modificare il proprio profilo di rischio rispetto alle attività possedute:
all’interno di questi, esistono differenze notevoli tra hedgers e speculatori.
Laddove i primi sono alla ricerca di una riduzione del rischio delle proprie
attività, gli speculatori hanno l’obiettivo di assumere posizioni rischiose certi
di poter sfruttare eventuali vantaggi informativi posseduti.
Altri utilizzatori, tra cui gli arbitraggisti, sfruttano la possibilità di creare
posizioni “risk low” e profittevoli; gli investitori considerano i derivati come
strumento di diversificazione e risulta assolutamente incomprensibile la vi16
sione di coloro che ritengono tali strumenti inaccessibili agli operatori del
settore primario.
Episodi accaduti nel passato, hanno diffuso in parte dell’opinione pubblica un clima di scetticismo nei confronti dei prodotti derivati; va considerato,
altresı̀, come l’utilizzo di tale strumento finanziario permette di assumere posizioni di rischio o di esposizioni per enormi quantità di denaro, con modesto
impiego di capitale.
Tale caratteristica, può creare pressioni notevoli sui titoli sottostanti ed
avere di riflesso ripercussioni importanti sui mercati finanziari.
Del resto risulta complicato l’intervento degli organi di vigilanza operanti
sui mercati finanziari al fine di evitare enormi perdite finanziarie proprio
in virtù della dinamicità degli strumenti derivati e della nascita continua
di nuove tipologie di prodotti derivati (come si comprenderà in seguito, il
numero di tipologie di derivati può risultare effettivamente di grande entità).
La rapida espansione del mercato dei derivati, ha stimolato la nascita e
lo sviluppo di una teoria matematica dei derivati: in tale contesto, un ruolo preminente è senza dubbio rivestito dal modello di F.Black e M.Scholes
(1973) che ha rappresentato il contributo basilare e di maggiore influenza sulla letteratura successiva e, sulle applicazionida parte degli operatori
finanziari.
Pur contraddistinti da una apparente complessità, dal punto di vista matematico i titoli derivati risultano relativamente semplici da comprendere
considerato che il loro valore dipende soltanto dal prezzo del sottostante, dal
tasso di interesse, e da pochio altri parametri. Ricorrendo quindi al calcolo
stocastico, diventa quindi possibile formulare modelli matematici sui derivati.
2.3.2
Titoli derivati
Ma cos’è nella sostanza un titolo derivato?
I contratti finanziari sono contratti finalizzati al trasferimento di moneta
o di merci o diverse date di esigibilità, o scadenze, subordinatamente alla
realizzazione di diversi stati del mondo.
Mentre i titoli primari sono rappresentati da quei contratti che stabiliscono direttamente i trasferimenti di merci o moneta, sono detti derivati
quelli in cui il trasferimento è regolato in modo indiretto (attraverso cioè il
trasferimento di altri contratti).
Un esempio classico di titolo è un obbligazione esente da rischio di insolvenza: trattasi di un contratto che fornisce il diritto a ricevere gli interessi e
il capitale alle scadenze prefissate, con importi di rimborso sempre uguali in
tutti gli stati relativi alla medesima data.
17
Divesamente, azioni, o quote di partecipazione in società, prevedono il diritto al dividendo (pagato alle varie scadenze), il cui importo è assolutamente
dipendente dallo stato del mondo.
In questo senso, anche i forward (contratti a termine), i futures e le opzioni sono titoli; sono però titoli derivati in quanto il relativo valore è dipendente
dal valore di un’altro titolo (chiamato sottostante). Esempi di sottostante
sono le merci, le azioni, ma anche valute, tassi di interesse, indici di mercato che non propriamente sono attività (lo è però il contratto che stabilisce
l’ammontare oggetto di negoziazione).
2.3.3
Contratti a termine (forward)
In un contratto “forward”, o a termine, si stabilisce che alla scadenza del
contratto avvenga la consegna di un’attività da parte di un contraente e
il pagamento del prezzo prefissato da parte dell’altro contraente: data di
scadenza e prezzo di consegna, quindi, sono entrambi stabiliti dal contratto.
La controparte che acquista l’attività assume una posizione “lunga” mentre, la parte che cede attività detiene una posizione “corta”; normalmente i
forward non vengono trattati in borsa.
Il prezzo di consegna viene fissato al momento della stipula del contratto
in modo che, per entrambe le parti, il valore del contratto risulti nullo (implicazione di tale regolamentazione è che non ha alcun valore assumere una
posizione lunga o corta nel contratto al tempo iniziale).
Il prezzo forward di un determinato contratto, quindi, viene definito come
prezzo di consegna che rende nullo il valore del contratto.
Una distinzione importante da considerare è quella tra prezzo forward
e prezzo di consegna; infatti, nella generalità dei casi, i due prezzi risultano
identitici nel momento della stipula di un contratto forward (t0 ) per divergere
poi successivamente con il passare del tempo. Tale puntualizzazione risulta
abbastanza ovvia in considerazione dell’influenza del fattore tempo sull’andamento dei prezzi delle attività (finanziarie e non); la considerazione del fattore
temporale implica una divergenza tra i due prezzi sopra menzionati perchè,
mentre il prezzo di consegna rimane vincolato al tempo t0 come stabilito da
contratto, il prezzo forward seguirà le oscillazioni del prezzo dell’oggetto del
contratto imposte dal mercato.
Da tale considerazione, è possibile quindi individuare il valore di un
contratto forward lungo come:
ST −K, dove K è il prezzo di consegna stabilito in t0 , e ST è il prezzo
spot dell’attività in t1 (scadenza del contratto). Analogamente, il valore di
un forward corto sarà K −ST .
Questa evidente relazione tra prezzo “spot” e prezzo “forward” permette
18
di rendere nulle (almeno teoricamente) opportunità di arbitraggio da parte degli operatori sui titoli sottostanti al forward; tale considerazione verrà
ripresa nel corso del testo.
2.3.4
Contratti futures
Anche i “futuress”, come i “forward”, sono strumenti “lineari” nel senso che
sia il prezzo forward che il prezzo futures dipendono linearmente dal prezzo
del sottostante.
I contratti “futuress”, al pari dei contratti a termine, sono accordi tra
due controparti per acquistare o cedere un’attività ad una certa data futura,
ad un determinato prezzo.
Differentemente dai “forward”, i contratti “futuress” sono trattati in borsa; gli stessi organi borsistici specificano i singoli aspetti del contratto per
rendere possibili le negoziazioni (i futures possono quindi essere considerati
contratti standardizzati).
Uno dei principali motivi di differenziazione tra “forward” e “futures” è
che in questi ultimi non viene specificata una precisa data di consegna (viene
specificato il mese di consegna; è la borsa in un secondo momento a specificare
il periodo entro il mese, in cui effettuare la consegna del sottostante).
Altro elemento di diversità è che nei futures le variazioni dei prezzi sono
stabilite giornalmente (ogni giorno vengono cioè registrati gli eventuali profitti e perdite dei detentori di futures per ogni contratto e, simultaneamente,
viene scritto un nuovo “futures-marked to market”).
Anche nel prezzo futuress, usualmente esiste una divergenza tra prezzo del sottostante [S(t)] e prezzo futures [F (t)]: ovviamente, valgono le
considerazioni sopra introdotte per i “forward”.
Più in generale, è possibile determinare una funzione che leghi S(t) a
F (t).
Si consideri ad esempio un contratto futures su merci siglato in t che
prevede la consegna in T di una unità di merce.
Alternativamente, consideriamo una seconda transazione e supponiamo
che in t l’investitore acquisti un’unità di merce al prezzo corrente spot S(t),
con liquidità presa a prestito al tasso non rischioso r.
Consideriamo noti per unità di tempo, e pari a k, i costi di immagazzinamento, assicurazione, ecc.
In questo contesto, il costo totale valutato in T , derivante dalla detenzione della merce e comprensivo anche del costo del prestito risulta pari a
er(T −t) S(t) + (T − t)k. Se indichiamo con F (t) il prezzo futures, deve essere
F (t) = er(T −t))S(t) + (T − t)k, ossia deve sussistere lo stesso costo per i due
diversi tipi di transazione.
19
Nel caso contrario, vi sarebbero evidenti opportunità di arbitraggio; se
fosse F (t) > er(T −t))S(t) + (T − t)k, sarebbe conveniente prendere in prestito
liquidità per l’acquisto di una unità di merce e simultaneamente assumere
una posizione corta su un contratto futures sulla stessa unità di merce fino a
quando il prezzo futures risulta maggiore come nella disuguaglianza appena
introdotta.
Ovviamente, nel caso F (t) < er(T −t))S(t) + (T − t)k , sarebbe conveniente
vendere la merce e comprare un contratto futures. Con k = 0, come nei
futures finanziari, avremo che F (t) = er(T −t) S(t).
I contratti futuress, come del resto i forward, sono sovente utilizzati per
garantirsi copertura rispetto ad altre operazioni finanziarie. Si consideri una
società consapevole di dover vendere al tempo T una propria atività; in
tale situazione può risultare opportuno per la stessa assumere una posizione
corta su un contrato futures (short hedge). La ratio di una simile possibile
strategia è molto più semplice di quanto possa sembrare: se al tempo T
il prezzo dell’attività scende, la stessa impresa subirà una perdita (x, per
convenienza) che sarà però bilanciata dal guadagno derivante dalla posizione
corta assunta sul contratto futuress. Il contrario avviene nel caso in cui il
prezzo dell’attività aumenta da t a T .
Se invece la stessa società è consapevole in t di dover comprare un’attività
in T può coprirsi rispetto a tale operazione assumendo una posizione lunga
su un contratto futures (long hedge).
Con operazioni su contratti futuress come sopra introdotte, si ha la garanzia di ridurre il rischio (risultato più certo) ma, altresı̀, non si ha la garanzia
di un risultato finanziario migliore.
Può accadere che l’attività da cui si intende proteggersi rispetto alle oscillazioni di prezzo può essere diversa da quella su cui si stipulano futuress,
oppure può esistere incertezza per l’hedger sulla data di vendita o acquisto di una determinata attività o, ancora, può accadere che l’operazione di
copertura richieda una chiusura del contratto futuress antecedentemente a
T.
Sono queste, tutte problematiche che generano il noto “basis risk” (rischio di base); tale rischio può essere definito come la differenza tra S(t)
dell’attività da proteggere e F (t) del contratto utilizzato per copertura (base
= S(t)− F (t)).
Il rischio di base per beni di investimento (valute, indici azionari, metalli
preziosi) deriva principalmente dall’incertezza circa il futuro livello del tasso
di interesse. Questo accade per il principio di arbitraggio che implica una
relazione ben definita tra tra F (t) e S(t).
Per i beni di consumo (petrolio, grano, rame) invece, gli squilibri tra
domanda e offerta, nonché le difficoltà talvolta associate allo stoccaggio della
20
merce, possono evidenziare grandi differenze nella base (rischio quindi più
elevato).
Fattori che influenzano il “basis risk” sono anche la scelta dell’attività
sottostante il futures e la scelta del mese di consegna; ovviamente in caso di
attività sottostante uguale a quella da coprire il rischio diminuisce notevolmente mentre, la scelta di T è molto importante perchè è chiaro come una
ampiezza maggiore tra te T aumenti il rischio della copertura (il rischio di
base aumenta all’aumentare della distanza intercorrente tra la scadenza della
copertura e il mese di consegna).
2.3.5
Le Opzioni finanziarie
Dalla introduzione avvenuta nel 1973, questo particolare strumento derivato ha registrato una crescita incredibile tanto che enormi volumi di opzioni vengono oggi negoziate anche “over the counter” da banche e istituzioni
finanziarie.
Esistono di fatto due tipi di opzioni: opzioni call e opzioni put.
Le prime danno il diritto al possessore di acquistare il titolo sottostante ad
un prezzo predeterminato (“strike price” o di esercizio) entro (per le opzioni
USA) oppure a (per le option europee), una determinata scadenza (data
d’esercizio).
Le option put, invece, conferiscono al possessore il diritto di vendere il
titolo sottostante, a prezzo e data predeterminata.
Il prezzo delle opzioni viene chiamato premio.
In ogni contratto di opzione entrano in gioco due controparti individuabili in un investitore che assume una posizione lunga, che ha cioè comprato
l’opzione, ed un’altro investitore disposto ad assumere una posizione corta,
che scrive o vende l’opzione.
Va subito considerato che il pagamento del premio di opzione conferisce
un diritto all’investitore ma non obbliga lo stesso a chiudere l’operazione; è
questa una peculiarità di tale strumento derivato che lo differenzia rispetto
ai forward ad esempio.
Il compratore di una call, cosı̀ come il sottoscrittore di una put, si attende
(o auspica) un aumento del prezzo sottostante mentre, il compratore di una
put, o il sottoscrittore di una call, si aspetta una diminuzione del prezzo del
sottostante.
Il meccanismo delle opzioni è apparentemente semplice da comprendere
anche se in realtà cela strategie e combinazioni molto raffinate.
In sostanza, chi vende una opzione riceve il pagamento iniziale del premio
e sostiene il rischio di una perdita potenziale futura. Il suo profitto (o la
perdita) è pari alla perdita (o profitto) di chi ha acquistato l’opzione; quindi, i
21
compratori di option pagano un premio iniziale chè acquisiscono la possibilità
di illimitati profitti futuri con limitate possibilità di perdita.
Alternativamente, i sottoscrittori di opzioni ricevono un premio chè, a
fronte di profitti limitati, rischiano l’onere di perdite illimitate.
Tali affermazioni consentono di comprendere come le opzioni possono essere in the money, che comporta cioè flussi di cassa positivi al possessore alla
data di esercizio (una call è “in the money” quando S > K mentre per una
put S < K), “at the money”, se comporta un flusso di cassa nullo (S = K) e
“out the money”, se comporta flussi di cassa negativi (call “out the money”
se S < K, put “out the money” se S > K).
Ovviamente, una opzione verrà esercitata solo quando S > K.
Il valore intrinseco di un’opzione viene definito come il massimo tra zero
e il valore che l’opzione avrebbe se esercitata immediatemente: per una call,
max(S − X, 0), per una putt, max(X − S, 0).
Per le opzioni USA, se “in the money” deve almeno valere quanto il
suo valore intrinseco chè, se positivo il valore intrinseco, il possessore può
realizzarlo immediatamente esercitando l’opzione.
Per comprendere in maniera intuitiva le enormi potenzialità di diversificazione del rischio di uno strumento come le opzioni, consideriamo il caso
in cui il sottostante sia costituito da un’azione e supponiamo che esista la
disponibilità anche di una obbligazione esente da rischio, esigibile in T .
Siano S, c, p, B = X rispettivamente il prezzo dell’azione, il prezzo della
call scritta sull’azione, il prezzo della put scritta sulla stessa azione, ed il
prezzo dell’obbligazione; tali prezzi sono valutati tutti in T .
Le opzioni call e put sono tutte europee e hanno data di scadenza in T
con prezzo di esercizio pari a X.
Una posizione lunga su un’azione comporta il guadagno (o perdita) di
1 cent di $, per ogni cent di $ di variazione in aumento (diminuzione) del
prezzo azionario.
Il possesso dell’obbligazione, invece, ci garantisce il medesimo importo a
prescindere dall’andamento azionario, perchè esente da rischio.
A scadenza T , si possono combinare i titoli secondo tale relazione:
S + p − c = B (1) ovvero, una posizione lunga sull’azione e sulla put e una
posizione corta sulla call generano un pay off esente da rischio equivalente a
quello garantito dalla obbligazione.
Supponiamo che si verifichi S ≥ X; la (1) diventerà S + 0 − (S − X) =
X = B.
Se invece abbiamo S < X, la (1) diventa S + (X − S) − 0 = X = B.
Tale semplice esempio lascia intuire come uno degli aspetti di maggiore
interesse delle opzioni consiste infatti nella possibilità di combinarle in molti
modi in un contratto al fine di ottenere i pay off desiderati.
22
2.3.6
Titoli derivati su eventi climatici (“weather derivatives”)
Il “weather derivative” è un contratto stipulato da due controparti al di
fuori dei mercati regolamentati (“over the counter”); l’essenza del contratto
è rappresentata dal pagamento di una delle controparti di un ammontare di
denaro per difendersi dal rischio di eventi climatici particolari nell’arco di un
determinato periodo di tempo (mese, stagione, ad esempio). Di converso,
l’altra controparte del contratto accetta il premio in denaro accettando il
rischio che si verifichino eventi atmosferici sfavorevoli.
Sono cinque gli elementi essenziali di ogni contratto derivato su eventi
climatici: (i) il sottostante indice climatico W considerato (ad esempio, temperatura, precipitazioni) , (ii) l’arco temporale al quale l’indice climatico si
riferisce, (iii) la stazione metereologica che riporta i daticlimatici quotidiani, (iv) il valore monetario collegato alle variazioni dell’indice sottostante e,
(v) lo “strike value” S dell’indice sottostante. Le tipologie maggiormente
utilizzate di “weather derivatives” sono: call, put e swap. A differenza dall’assicurazione su eventi climatici (adatta a coprire rischi ad elevato impatto
finanziario con basse probabilità che si verifichi l’evento) se la compagnia è in
grado di diversificare abilmente il proprio portafoglio (in questo caso la figura
dello Stato come riassicuratore risolve gran parte dei problemi), i “weather
derivative” proteggono efficacemente la capacità di reddito contro rischi dall’impatto finanziario contenuto ma con elevata probabilità di accadimento.
Ovviamente, i derivati su eventi climatici, eliminano problemi di asimmetria
informativa perchè basati su dati oggettivi e non alterabili da alcuna controparte interessata al contratto; il pagamento di indennizzo occorre solo se si
verifica un evento predeterminato.
Un modo per dare un prezzo ad un “option weather” è quello è quello di
assumere che il pay off della opzione X sia na variabile casuale distribuita
come una normale; in questo modo, cercare il valore del titolo V equivale a
trovare il valore atteso dell’opzione E [X], in modo formale:
(s−m)2
∞
V = E [X] = −∞
XP (s) ds, con P (s) = σ√12π e− 2σ2 .
In questa formulazione, s rappresenta il numero in gradi della temperatura cumulata quotidiana, m ne rappresenta la media, e σ la deviazionestandard
(meglio conosciuta come volatilità). Per esempio, una opzione europea può
essere espressa X = max [ϕ (S − k) , 0], dove k è lo “strike price” e ϕ = ±1
per una call ed una put rispettivamente.
Con piccoli calcoli
si può esprimere una opzione europea come:
algebrici,
ϕ(m−k)
2
VE = ϕ (m − k) N
+ σ P (k).
σ
In questo caso, N (x) rappresenta la distribuzione standard cumulata
normale:
R
23
s2
∞
N (x) = √12π −∞
e− 2 ds.
In questo contesto, la volatilità implicita dell’opzione influenza direttamente il rischio ed il prezzo della stessa.
Per le opzioni su eventi climatici, sia la volatilità che la media sono sconosciuti. Nell’equazione, queste rappresentano il rischio, e quindi, il prezzo
di acquisto della “weather option”.
R
2.3.7
Il pricipio di assenza di arbitraggio
Un portafoglio è un insieme di quantità di titoli detenuti (una quantità per
ogni titolo); pertanto, può essere vista come una collezione di contratti,
ciascuno dei quali prevede pagamenti alle diverse date e nei diversi stati.
Dato un vettore di prezzi dei titoli, il costo del portafoglio, a prezzi dati,
risulta pari alla somma dei costi dei titoli che lo compongono.
Se K è il numero degli stati, N il numero totale dei titoli e p il corrispondente vettore dei prezzi dei titoli, con dij denotiamo il numero di unità di
conto pagate da una unità del titolo i nello stato j.
E’ utile rappresentare con la matrice D dei pagamenti tale contesto:
d11 d12 d13 d1K
... ... ... ...
D=
... ... ... ...
dN 1 dN 2 dN 3 dN K
Configuriamo invece il portafoglio µ come il vettore delle quantità possedute
di ogni titolo


µ=


µ1
µ2
...
µN





Pertanto, µ rappresenta le posizioni prese ad una certa data.
Il costo del portafoglio µ, dato il vettore dei prezzi p, sarà quindi paP
ri a N
i=1 pi µi ; il flusso dei pagamenti del portafoglio µ nello stato j, sarà
PN
i=1 dij µi .
Cosı̀, µ è un portafoglio di arbitraggio se risulta soddisfatta una delle due
condizioni
(i) pT ∗ µ ≤ 0 e DT ∗ µ > 0,
(ii) pT ∗ µ < 0 e DT ∗ µ ≥ 0.
Il portafoglio µ garantisce pagamenti positivi in tutti gli stati a costo
nullo, oppure pagamenti non negativi a costo negativo. L’assenza di opportunità di arbitraggio implica che non esiste un investimento a costo nullo che
24
garantisca con certezza un profitto positivo nei tempi futuri (ma non vale
l’implicazione opposta).
2.3.8
Modelli di option pricing e formula di Black & Scholes: una
introduzione analitica
Moto browniano Il moto browniano è un processo stocastico scalare continuo nel tempo tale che, dato un iniziale valore x0 al tempo t = 0, la variabile
random xt per ogni t > 0 risulta distribuita come una normale con media
(x0 + µt) e varianza (σ 2 t).
Il parametro µ misura il trend, e con il simbolo σ indichiamo la volatilità del processo. Questo particolare tipo di processo è stato formulato
inizialmente per la rappresentazione del moto di piccole particelle sospese in
liquido.
In sostanza, quindi, si può pensare al moto browniano come ad una cumulazione di incrementi independenti e normalmente distribuiti la cui ampiezza
infinitesimale è pari a dx in un tempo infinitesimo dt con media µdt e varianza
σ 2 dt.
Si può quindi scrivere: dx = µdt + σdw (A), dove w rappresenta il moto
browniano standardizzato (processo di Wiener) il cui incremento dw ha media
zero e varianza dt; questa è di fatto la notazione usuale per il browniano.
Il calcolo (Ito) di tali infinitesime variabili random differisce per alcuni
aspetti importanti dall’usuale calcolo non-random.
In questo ambito non si provvederà ad una trattazione rigorosa del calcolo/processo di Ito, la cui nota difficoltà appesantirebbe inutilmente le problematiche discusse, ma si provvederà ad una approssimazione del moto browniano ad una “passeggiata casuale discreta” che è il punto di partenza basilare
(e sufficiente) per molte applicazioni economiche/finanziarie (del lemma di
Ito verrà approfondita una fugace illustrazione).
In questo modo, la distribuzione normale si presenta come limite di una
somma di variabili binarie indipendenti ∆x sopra intervalli di tempo discreto
∆t, tendenti a zero in modo particolare.
La rappresentazione di un “Random walk” Si supponga di dividere
il tempo in intervalli discreti di ampiezza ∆t, e di immagginare una serie
di punti discreti lungo la linea dell’intervallo di ampiezza ∆h. Si consideri
∆x come variabile random che si muoverà in una determinata direzione con
probabilità p e, in un’altra direzione specificata con probabilità q = 1 − p
(∆h è un numero positivo e la variabile random ∆x può assumere valori pari
a ±∆h).
25
Consegue che noi saremo in grado di osservare diversi possibili “sentieri”
di espansione per la variabile ∆x ;
il valore medio di ∆x sarà pari a:
E [∆x] = p∆h + q (−∆h) = (p − q) ∆h.
(6)
Avremmo anche:
h
i
E (∆x)2 = p (∆h)2 + q (−∆h)2 = (∆h)2 ,
(7)
cosı̀, la varianza di ∆x sarà:
h
i
h
i
V ar [∆x] = E (∆x)2 − (E [∆x])2 = 1 − (p − q)2 (∆h)2 = 4pq (∆h)2 . (8)
L’intervallo di tempo di lunghezza t, ha n = t/∆t steps discreti.
Una volta assunto che i passaggi successivi di una random walk sono
independenti, il cambio cumulato (xt − x0 ) è una variata binomiale con media
n (p − q) h = t (p − q) ∆h/∆t e varianza : 4npq (∆h)2 = 4tpq (∆h)2 /∆t.
Queste ultime due espressioni, altro non rappresentano che elementari
distribuzioni binomiali (con piccole modificazioni).
Immaginiamo ora di considerare come “successo” ogni prova da cui esce
il valore 1 con probabilità pari a p mentre, consideriamo fallimento se esce 0
con probabilità pari a q = 1 − p.
Il numero (random) di successi in n tentativi indipendenti ha un valore atteso pari a np con varianza npq; le espressioni di cui sopra sono perfettamente
analoghe.
Consideriamo ora di indicare con ∆h i successi e con −∆h i fallimenti; la
varianza, quindi, sarà 4 (∆h)2 .
Fissiamo ora:
√
(9)
∆h = σ ∆t,
e
1
µ√
1
µ√
1+
1−
p=
∆t , q =
∆t
2
σ
2
σ
(10)
oppure
1
µ√
p=
1 + 2 ∆t ;
2
σ
1
µ√
q=
1 + 2 ∆t (40 )
2
σ
2
(11)
(12)
Allora avremmo che, 4pq = 1 − σµ ∆t.
Si può quindi sostituire queste espressioni a quelle e si può considerre
l’incremento ∆t → 0.
26
Per un dato t, il numero degli steps (passaggi) è infinito.
In questo caso la distribuzione binomiale
converge con
una normale,
con media t σµ2 ∆h ∆h
= µt, e varianza t 1 −
∆t
2
µ
σ
∆t
σ 2 ∆t
∆t
→ σ 2 t.
Questi sono esattamente i valori di cui abbiamo bisogno per definire il
moto browniano.
In questo modo, noi possiamo guardare al moto browniano come al limite
di una random walk, quando l’intervallo di tempo e l’ampiezza dello spazio
tendono a zero all’unisono, preservando la relazione (9) tra di loro. √
La media di (xt − x0√
) è µt, mentre la standard deviation risulta σ t. Per
alti valori di t si ha che t t; nel lungo periodo, il trend è dominante sulla
determinazione del moto browniano.
√
Al contrario, per valori di t molto piccoli, si avrà che t t, cosı̀ la
volatilità caratterizzerà il breve periodo.
Ulteriore manifestazione di questa volatilità è osservabile dal calcolo della
lunghezza attesa del percorso (sentiero).
Si avrà:
E (∆x) = ∆h (∆x è in valore assoluto),
cosı̀ che la lunghezza attesa totale del sentiero sopra l’intervallo di tempo
tra 0 e t è:
√
t∆h/∆t = tσ/ ∆t → ∞ con ∆t che tende a zero.
Per piccoli, ma finiti, ∆t la lunghezza totale dei sentieri sulla quasi totalità del campione è molto larga. Quindi, ciascune sentiero (percorso) avrà
moltissimi salti verso l’alto e verso il basso mostrandosi, ad una analisi visiva,
molto frastagliato.
La maggior parte di tali percorsi non risultano differenziabili. Quando si
discuterà di tasso atteso di cambio (di livello), bisogna scrivere E [dx] /dt e
non E [dx/dt].
Il Lemma di Ito Si supponga che x segua un moto browniano con parametri (µ, σ) . Si consideri un processo stocastico y che è in relazione con x
per mezzo della seguente y = f (x) dove f è una funzione data non-random.
Relazioniamo ora i cambi nel valore di y relazionati a quelli di x. Le regole
convenzionali di calcolo suggeriscono di scrivere:
0
dy = f (x) dx. Questo modo di agire potrebbe però non risultare corretto.
0
Partendo da dy = f (x) dx, si consideri la situazione dopo che sia trascorso un piccolo intervallo di tempo successivo.
00
0
yT − y0 = dy = f (x0 )(xT − x0 )+ 21 f (x0 ) (xT − x0 )2 +h . . . .
i
0
00
Quindi, E [yT − y0 ] = f (x0 ) E [xT − x0 ] + 21 f (x0 ) E (xT − x0 )2 + . . .
27
h
i
1 00
0
= f (x0 ) µt + f (x0 ) σ 2 t + µ2 t2 + . . . ,
2
1
0
00
= µf (x0 ) + σ 2 f (x0 ) t + . . . ,
2
dove in ciascun caso, il punteggiato rappresenta termini in più alto valore
di t che però possono essere ignorati quando t risulta particolarmente piccolo.
Si noti che la varianza degli incrementi di x è lineare in t.
Questa è la caratteristica che differenzia il moto browniano dall’usuale
calcolo di variabili non-casuali .
Un simile calcolo dimostrerà che:
0
V ar [yT − y0 ] = f (x0 )2 σ 2 t + . . . .
Consideriamo x come la generale posizione di partenza e consideriamo la
relazione y = f (x).
Consideriamo inoltre, incrementi infinitesimali dy su infinitesimi intervalli
di tempo dt.
In tale caso possiamo usare l’espressione precedentemente formulata rimpiazzando t con dt ed ignorando
i termine dii più alto ordine in dt. Quindi,
h 0
00
dy avrà media E [dy] = f (x) µ + 12 f (x) σ 2 dt, e varianza
0
V ar [dy] = f (x)2 σ 2 dt.
In questo modo, y segue il generale processo di diffusione/espansione nel
tempo definito come:
1 00
0
0
dy = f (x) µ + f (x) σ 2 dt + f (x) σdw.
2
(13)
Questo è il lemma di Ito proposto nella forma che maggiormente ci torna
utile per i nostri obbiettivi. In definitiva, un processo di Ito può essere definito
come un processo di Wiener generalizzato dx = µdt + σdw, dove i parametri
µ e σ, sono funzione dei valori delle sottstanti variabili e del tempo.
Moto geometrico browniano Supponiamo che la x segua il moto browniano (A) all’inizio introdotto, e lasciamo ora che X = ex .
Il lemma di Ito diventa cosı̀,
1
1
E [dX] = ex µ + ex σ 2 dt = X µ + σ 2 dt,
2
2
e la varianza sarà,
28
V ar [dX] = [ex ]2 σ 2 dt.
Quindi il processo della X può essere scritto come,
1
dX/X = µ + σ 2 dt + σdw.
2
Questo è il cosı̀ detto geometrico (o proporzionale) moto browniano. Questa forma risulta particolarmente utile in economia perchè provvede ad una
buona prima approsimazione dinamicadei tassi di cambio, dei prezzi di risorse
naturali, e più generalmente di asset prices.
Per contro, se X segue un moto browniano geometrico,
dX/X = vdt + σdz,
(14)
e quindi, usando il lemma di Ito, si trova che x = ln X seguendo l’ordinario
moto browniano
assoluto:
i
h
1 2
dx = v − 2 σ dt + σdw (spesso viene usata la corrispondenza tra geometrico e assoluto moto browniano).
Si noti che se x = ln X nel lato destro della (A) dx differisce da 12 σ 2 (lo
stesso accade per dX/X nella (10)). In questo modo d ln X 6= dX/X; questo
è l’effetto Jensen-Ito.
Calcolo Stocastico In questa sezione viene introdotto il concetto di integrale stocastico rispetto al moto browniano. Questi integrali stocastici sono
più comunemente conosciuti come integrali di Ito.
Per arrivare alla deriazione
della formulazione di B&S si ha necessità di
RT
definire l’integrale stocastico 0 X (t) dB (t).
Se X (t) viene considerato come una costante, c, l’integrale diviene
Z
T
cdB (t) = c (B (T ) − B (0)) .
0
L’integrale dell’intervallo [0, T ] dovrebbe essere quindi pari alla somma degli
integrali dei sotto-intervalli [(0, a1 ) , (a1 , a2 ) , (a2 , a3 ) , ..., (an−1 , T )] . In tale
modo, se X (t) assume il valore ci in ciascun sottointervallo, l’integrale di X
rispetto a B è facilmente definibile.
Quadro di insieme sul modello Black and Scholes L’intuizione dietro
la formulazione di Black and Scholes è che è possibile creare un portafoglio
composto da stock e bond il cui payoff sia esattamente lo stesso di una call
option in un brevissimo arco temporale; una volta che il portafoglio medesimo
29
e la call abbiano il medesimo payoff, devono avere lo stesso prezzo, altrimenti,
ci saranno pure possibilità di arbitraggio
Risulta evidente come, in tale visione, sia possibile valutare una option
replicando un portafoglio di stock e bond. Il prezzo di stock e bond sono
direttamente osservabili sui mercati, ovviamente.
Derivazione della formula di Black and Scholes Si consideri cosa può
accadere se si prende un determinato arco temporale (di ampiezza fissata)
e lo si suddivide in più sottointervalli; procedendo a questa suddivisione in
sub-intervalli per stadi successivi si genera nella sostanza un reticolo di alberi
binomiali caratterizzati da un unico punto di partenza e una moltitudine di
possibili outcomes finali.
Gli stessi risultati finali è possibile ipotizzare che si distribuiscano come
“una normale” [f (S)].
Si consideri ora:
V ∼ H = S ∼ QS + C ∼ QC
dV ∼ H = dS ∼ QS + dC ∼ QC
(15)
Finora si è guardato a questo problema come ad un problema di calcolo
standard.
-La questione importante da stabilire è che C ed S sono variabili random correlate tra loro e quindi, le regole standard di calcolo non risultano
applicabili.
In questo contesto, si creano i presupposti dell’introduzione del lemma
di Ito che risulta fondamentale per la comprensione e l’implementazione del
modello B&S.
Se C = C (S, t) dove C e S sono le variabili random cui prima si faceva
riferimento, allora si avrà:
dC = (δC/δS) dS + (δC/δt) dt + (1/2) δ 2 C/δS 2 σ 2 S 2 dt
(16)
Le assunzioni di cui si ha bisogno per il lemma di Ito sono:
-Gli Stock prices sono continui nel tempo
-Gli stock prices non hanno “memoria”
-L’option price è funzione del prezzo corrente ma non è funzione del precedente sentiero di espansione del prezzo stesso (di fatto, in parole semplici,
non esiste un trend precedente capace di influenzare l’option price corrente).
Si consideri ora “a risk free hedge”,
h
i
dV H = dS ∼ QS (δC/δS) dS ∼ + (δC/δt) dt + (1/2) d2 C/dS 2 σ 2 S 2 dt QC
(17)
30
È possibile scegliere QS e QC in modo da avere:
dSQS + (δC/δS) dSQC = 0
(18)
In altre parole, V H è risk free fino a quando QS /QC = − (δC/δS).
Una volta stabilito/trovato che V H è risk free, questo tasso di ritorno
dall’investimento deve risultare pari al risk free rate esistente sul mercato.
dV H/V H = rdt
(19)
Sostituendo opportunamente la (17) e la (18) nella (16) ci ritroviamo a
sinistra una equazione differenziale parziale (senza variabili random).
La soluzione di questa equazione con la condizione “confine”che (C ∗ =
0, S − K) è il modello di option pricing di B&S.
Cioè:
n
√ o
C = SN lN (S/K) + r + σ 2 /2 T /σ T
n
√ o
− exp (−rT ) KN lN (S/K) + r − σ 2 /2 T /σ T
(20)
dove lN (S/K)
= 0 quando la option è √
“at othenmoney” S = K.
n
√ o
2
N {z} =⇒ lN (S/K) + (r + σ /2) T /σ T e lN (S/K) + (r − σ 2 /2) T /σ T
è la normale cumulata cosı̀ che, quando z = 0, N {z} = 0.5; quando z = 2,
N {z} = 0.975; quando z = −2, N {z} = 0.025.
Il termine σ rappresenta la deviazione standard del ritorno dello stock
per unità di tempo di T , in modo che se uno o ’l’altro termine (σ o T ) sono
uguali a zero (no-incertezza), N {z} = 1 .
Il termine exp (−rT ) K è il valore attuale del prezzo di esercizio, dove
exp (−rT ) è il valore di $1 at expiration day della option; r rappresenta
invece, come anticipato, il tasso di interesse privo di rischio per unità di
tempo T .
3
3.1
La gestione dei rischi agricoli
L’assicurazione delle colture
In considerazione della relazione diretta tra variabilità delle rese produttive
e variabilità delle condizioni meteorologiche, esiste nel settore primario una
domanda latente per le assicurazioni; malgrado l’esistenza dela stessa domanda, l’implementazione di un mercato su larga scala per crop insurance
è occorsa negli anni esclusivamente in virtù di cruciali supporti governativi. Mercati assicurativi privati capaci di funzionare privi di sussidi pubblici
31
vengono rintracciati per il settore primario solo per rischi singoli (single-peril
insurance contract).
Wright e Hewitt (1994) espressero tra gli altri la convinzione che il mercato privato delle assicurazioni può fallire a causa di insostenibili costi di
mantenimento impliciti nel funzionamento dello stesso, a causa della possibilità per gli agricoltori di poter diversificare le proprie attività produttive, per
la eventualità di poter attingere a risparmi accumulati nel tempo e, per la
possibilità di poter accedere a mercati del lavoro esterni a quello agricolo. Si
intuisce chiaramente come lo strumento assicurativo viene confinato in tale
visione ad essere uno dei possibili per la gestione del rischio in agricoltura.
Con altrettanta evidenza, è emersa nel tempo la eccessiva onerosità delle polizze assicurative,non sussidiate istituzionalmente, per gli agricoltori;
le problematiche di maggiore impatto su detti costi sono state anticipate
brevemente nello spazio iniziale.
Un agricoltore che sceglie di sottoscrivere una polizza assicurativa intende
avere la certezza circa i propri redditi futuri (se acquista una polizza sui redditi o multirischio); da considerare come una assicurazione sulle rese invece,
soprattutto se la resa di riferimento contenuta nella polizza è quella di un’area provinciale o regionale, può in realtà introdurre elementi di incertezza sui
risultati reddituali futuri di un agricoltore.
Il punto è che in realtà non esiste un mercato privato delle assicurazioni
in agricoltura.
Non esiste per le motivazioni introdotte nello spazio introduttivo? Perchè
gli agricoltori sono poco preoccupati da fluttuazioni temporanee di reddito?
Oppure esiste una struttura di mercato che impedisce un funzionamento
ottimale e più ampio dello strumento assicurativo?
3.1.1
La gestione del rischio negli USA
Quanto illustrato finora, consente di comprendere appieno le motivazioni che
indurrebbero un agricoltore a sottoscrivere una polizza assicurativa (qualora
la disponibilità a pagare di questi, incontri la disponibilità
delle compagnie assicuratrici ad assumersi il rischio di possibili risultati
futuri negativi) e le motivazioni economiche sottostanti tale decisione. Allo
stesso tempo, giustifica una rapida carrellata sui programmi di sostegno pubblico allo strumento assicurativo di maggiore rilevanza internazionale. Nel
dettaglio, un contratto di “crop insurance” conferisce all’agricoltore il diritto
di ricevere un indennizzo se rese o reddito scendono al di sotto di un livello
prefissato e predeterminato. È in questo senso, tra l’altro, che un contratto
sı̀ pensato, può essere assimilato ad un contratto di opzione esotica generalmente scambiata “over the counter” e create dalle istituzioni finanziarie per
32
rispondere alla domanda particolare della clientela (il cui prezzo comunque
dipende dal valore dei titoli sottostanti); la differenza fondamentale delle opzioni esotiche rispettoalle calls e alle puts è che il pay off di tale strumento
derivato risulta molto più complesso perchè frutto di combinazione di diversi
titoli derivati. Essendo frutto però di combinazioni di titoli scambiati sui
mercati finanziari ufficiali, risulta chiaro come il prezzo delle stesse “exotic
option” si formi sugli stessi mercati ufficiali.
Tornando allo strumento assicurativo, va anticipato come negli USA la
Federal Crop Insurance Corporation (FCIC) e l’Agenzia di Risk Management dell’USDA gestiscono e amministrano il programma Multiple Peril Crop
Insurance (MPCI).
Tra il 1980 e il 1998 l’USDA ha allargato la disponibilità di assicurazione
agevolata da 30 a 67 colture e, da circa il 50% delle contee a quasi il 100%.
La percentuale di agricoltori aderenti al programma è cresciuta per lo
stesso periodo dal 10% al 40% (percentuale misurata in termini di superficie
ammissibile effettivamente assicurabile).
Nel 1994 con il Federal Crop Insurance Reform (FCIR) and Departement
of Agricultural Reorganization Act, il congresso ha imposto agli agricoltori
che intendevano beneficiare dei programmi di sostegno amministrati dall’USDA di acquistare una copertura assicurativa minima per il loro raccolto.
Tale normativa ha accresciuto la partecipazione spingendola oltre il 70% delle
superfici ammissibili.
Negli anni più recenti l’attenzione si è spostata dalla difesa delle rese a quella del reddito agricolo, cogliendo in questo mutamento un maggiore rispetto delle mutate condizioni socio/politiche avvenute in ambito
internazionale.
Nel 1996, con il FAIR act, è stata istituita la Risk Management Agency (RMA), agenzia indipendente presso lo USDA il cui compito è, era, di
supervisionare la FCIC e monitorare tutti i programmi assicurativi.
La conseguenza della riforma del 1994 è stata la nascita di molti programmi:
- Income Protection (IP) messo a punto dalla FCIC;
- I piani Crop Revenue Coverage (CRC) e Revenue Assurance (RA),
sviluppati e approvati dalla RMA.
La lettura dei dati sull’impatto dei programmi assicurativi negli USA,
però, dovrebbero imporre alcune riflessioni; si è evidenziato nel dettaglio
quali motivazioni auspicherebbero l’intervento governativo nella gestione del
rischio in agricoltura. Il punto che stimola l’attenzione della ricerca è che pur
eliminando tali problematiche, ed abbassando il livello del prezzo per i premi
richiesti, gli stessi contratti non riescono ad essere pienamente appetibili per
gli agricoltori. Inoltre, ciò che è accaduto negli USA, si giunge al parados33
so di un governo che fa concorrenza a se stesso sussidiando le assicurazioni
per evitare di pagare indennizzi elevati in caso di calamità, dimenticando
la scarsa credibilità della minaccia governativa introdotta con il FCIR nel
1994. Il risultato, scontato, è che gli agricoltori non si assicurano se non
ne avvertono la necessità aspettandosi, comunque, la corresponsione di un
indennizzo in caso di eventi catastrofici. La stessa creazione di polizze su
rese d‘area, in grado di aggirare le problematiche di asimmetria informativa non ha evidentemente rappresentato la soluzione ottimale per un numero
elevato di agricoltori; evidentemente, gli stessi agricoltori, prima di stipulare una polizza cosı̀ concepita, sono preoccupati dalla possibilità di essere
colpiti da un evento climatico avverso e localizzato che faccia sfumare la prospettiva dell’indennizzo se la resa media dell’area presa a riferimento non
risulta influenzata dallo stesso evento (o da una moltitudine di singoli eventi
localizzati).
Tipologie di “crop insurance”: rese e reddito Il contratto di assicurazione sulle rese protegge soltanto dalla caduta di queste sotto un livello
predeterminato; in altre parole, si ha indennizzo se (e solo se) Y < Yg .
La perdita nelle rese può essere quindi assimilata a ≡ M ax {0, Y − Yg }.
Gli indennizzi delle crop insurance sono però regolati in moneta e non in
rese per ettaro; quindi, l’indennità sarà più usualmente pari a
≡ M ax {0, Y − Yg } ∗ Pg .
L’assicurazione sui redditi protegge, invece, contro la caduta del reddito
aziendale al di sotto del livello predeterminato dalla polizza; non importa se
ciò accada per il crollo dei prezzi o, piuttosto, delle rese; si avrà indennizzo
se (e solo se) R < Rg .
La perdita sarà, ≡ M ax {0, Rg − R} ≡ M ax {0, Pg ∗ Yg − P ∗ Y }.
Evidenziate le intuizioni su cui poggiano le principali tipologie di programmi assicurativi negli Stati Uniti è possibile a questo punto analizzare il
dettaglio dei singoli programmi.
Catastrophic Risk (CAT) Questo particolare programma assicurativo,
paga un indennizzo all’assicurato quando le rese cadono sotto al 50% della
resa garantita. Viene garantito il 50% di APH (cy = 0.5) ed il 55% del prezzo
eletto (cp = 0.55).
L’agricoltore non paga premio per questa polizza (full subsidized) e paga
soltanto $60 annui per i costi amministrativi.
E’ possibile sintetizzare l’ammontare dell’indennizzo per l’agricoltore come, = M ax {(Yg − Y ), 0} ∗ Pg , cioè pari alla differenza tra la resa garantita
e quella realizzata per il prezzo garantito.
34
Actual Production History (APH) Questo programma assicurativo paga un indennizzo all’assicurato quando la resa individuale cade sotto quella
garantita. Coperture addizionali possono essere acquistate per garantirsi più
del 50% di APH (usualmente 65% o 75% e comunque non è possibile superare
la soglia dell’85%) e fino al 100% del prezzo eletto.
In questo caso, l’indennizzo sarà, = M ax {0, Yg − Y } ∗ Pg .
Group risk plan (GRP) Tale programma prevede il pagamento di un
indennizzo quando la resa della contea scende al di sotto della resa della
contea garantita. L’obbiettivo di tale programma è quello di ovviare alle
problematiche di asimmetria informativa (vedi supra) proponendo in questo
modo polizze a prezzi più bassi.
n
o
Sinteticamente, = M ax 0, Ygcounty − Y county ∗ Pg .
Income protection (IP) Il pagamento dell’indennità avviene, in questo
programma, se il reddito lordo scende sotto il reddito garantito. Il livello
di copertura può oscillare tra il 50% ed il 75%. Gli agricoltori che decidono
di assicurarsi per una percentuale superiore al 65%, ricevono un sussidio sul
premio pari al 75% del 50% garantito per il programma IP. Coloro che si
assicurano per meno del 65%, vedono scendere la percentuale del sussidio al
60% del 50% garantito.
Cioè, = M ax {0, (FP YAP H cR − P Y )} .
Crop Revenue Coverage (CRC) In questo tipo di programma è possibile sintetizzare la possibilità di indennizzo come segue:
= M ax {0, [M ax(FP , Fh )YAP H cR − P Y )]} .
Revenue Assurance (RA) E’ simile nella sostanza ai programmi IP o
CRC
Group risk income plan (GRIP) Il Group Risk Income Plan è un programma introdotto nel 1999, che prevede un indennizzo quando il reddito
lordo della contea cade sotto
n al reddito garantito.
o
Formalmente, = M ax 0, (Rgcounty − P county ∗ Y county ) .
3.1.2
La gestione del rischio agricolo in Canada
La gestione del rischio per mezzo di sussidi pubblici a programmi assicurativi
è affidata in Canada a tre diverse tipologie; Crop Insurance Program (CI),
35
il Net Income Stabilization Account (NISA) e Agricultural Income Disaster
Assistance (AIDA).
Si può concludere però come il programma di maggiore rilevanza finanziaria si identifichi nel NISA.
Crop Insurance Programme (CI) Tale tipologia di programma non si
discosta da quanto osservato per i meccanismi di assicurazione sulle rese introdotti negli USA. In sostanza, anche in Canada, la presenza dell’intervento
pubblico si concretizza in sussidi ai premi pagati dagli agricoltori per le polizze stipulate e, nel ruolo di riassicuratore dello Stato a garanzia di eventuali
perdite diffuse per le compagnie private. Va sottolineato come le polizze vengono formulate sulla base dei dati storici aziendali dei singoli agricoltori e
proteggono il singolo agricoltore dalle dinamiche produttive e reddituali della propria azienda, eliminando di fatto la problematica insita nel GRP negli
USA qualora si manifestino rischi non sistemici ma, al contrario, imputabili
ad una porzione molto ristretta della contea (al limite, una singola azienda).
Net Income Stabilization Account (NISA) Va evidenziato come esiste
una differenza sostanziale tra la concezione del NISA rispetto alla moltitudine
di programmi pubblici esistenti negli USA; infatti, NISA è uno strumento di
“risk management” utilizzato dagli agricoltori come risorsa di protezione nel
lungo periodo contro le fluttuazioni di reddito. Annualmente, i produttori
sottopongono la loro adesione al programma conferendo somme di denaro nei
propriNISA account; le stesse somme di denaro vengono corrisposte anche
dal governo federale e dai governi provinciali.
Annualmente, i produttori possono depositare presso le istituzioni finanziarie dove detengono il personale account del NISA, fino ad un massimo del
3% delle loro vendite nette eligibili.
Il deposito degli agricoltori sarà a quel punto “matched” dal governo
federale (e dal governo provinciale di competenza) con un deposito dello
stesso ammontare monetario. Di fatto, il programma NISA contiene due
diversi fondi: nel fondo 1 vengono tenute le risorse versate dagli agricoltori
mentre nel fondo 2, gestito da Canada’s Consolidated Revenue Fund, trovano
collocazione tutti i fondi versati dal governo federale e da quelli provinciali.
Da considerare come gli interessi attivi vengono cumulatiin entrambi i fondi;
gli interessi accumulati nel fondo 2 possono essere divisi in: interessi pagati
dalle istituzioni finanziarie che gestiscono i fondi, interessi pagati da Canada
per le risorse tenute in Consolidated Revenue Fund e, nel bonus aggiuntivo
del 3% che Canada paga agli agricoltori per i soldi mantenuti in Consolidated
Revenue Fund.
36
Agricultural Income Disaster Assistance (AIDA) Questo particolare programma assicurativo ha molti punti di contatto con il programma
USA contro il rischio catastrofico; funzionamento e concezione sono entrambi
assimilabili a quanto già evidenziato per il CAT.
Una peculiarità dell’AIDA è la compartecipazione tra governo centrale
(nella misura del 60%) e del governo provinciale ($40%) al pagamento del
sussidio del premio assicurativo agli agricoltori.
3.1.3
Programma di sostegno pubblico alle assicurazioni agricole:
il caso Spagna
La Spagna rappresenta senza dubbio il paese europeo in cui vige il sistema
assicurativo pubblico di sostegno agli agricoltori di maggiore importanza.
Forse in virtù delle particolari condizioni agro-climatiche (altitudine media
tra le più alte in Europa e condizioni climatiche differenti da una parte all’altra del paese), il paese iberico è quello che più rapidamente negli ultimi
anni ha seguito l’esempio introdotto dai governi nord-americani di intervento
pubblico nel settore
L’elemento cardine a cui si ispira il sistema di protezione assicurativa in Spagna può essere individuato nella compartecipazione tra capacità
finanziaria pubblica e privata.
Nel sistema spagnolo, infatti, non esiste distinzione tra rischi che possono
essere assicurati da compagnie private e rischi in cui debba necessariamente
intervenire l’operatore pubblico: tutti i rischi (anche i “non assicurabili”)
sono a carico del settore privato, e tutti le tipologie di polizze sono sussidiate
dallo Stato.
Le tipologie di polizze offerte sono riconducibili a: 1) polizze su un unico
rischio specifico; 2) polizze multirischio; 3) polizze che coprono gli agricoltori
da eventi fuori dal loro controllo.
Abbastanza interessante è il meccanismo ideato con Agroseguro: infatti,
un gruppo di circa sessanta compagnie partecipano a questo sistema di coassicurazione. Ogni singola compagnia partecipa alla suddivisione del rischio
in un dato anno, in quota della propria partecipazione al programma.
L’Enesa è l’organismo collegato al’ministero dell’agricoltura che decide le
singole soglie di riferimento per prezzi e rese e che stabilisce anche l’entità
della compartecipazione pubblica; il tutto avviene in accordo alla parte privata del sistema assicurativo nazionale generando di fatto, un modello unico
nel suo genere.
Interessante anche il ruolo del CSS (impresa pubblica) che opera quale riassicuratore per le imprese private; da osservare come sia obbligatorio
riassicurarsi presso il CSS.
37
3.2
L’uso di strumenti finanziari per la gestione del
rischio agricolo
Esistono possibilità per un utilizzo diffuso di strumenti finanziari quali i derivati per la gestione del rischio in agricoltura? Esiste un modo per combinare
lo strumento assicurativo con i titoli derivati per una gestione del rischio in
agricoltura più efficace e più rispondente alle necessità degli agricoltori? Esistono mercati dove si scambia regolarmente questa tipologia di titoli? E quale
è il volume complessivo degli scambi? Sono queste, domande che in maniera
sempre più pressante cercano risposte adeguate da parte degli studiosi delle
problematiche di gestione del rischio del settore primario.
È quindi utile in prima istanza sottolineare come strumenti innovativi
apparentemente lontani dalla realtà gestionale del settore agricolo, rappresentino in realtà una alternativa intrigante e facilmente operativa. Capire
il meccanismo dei singoli strumenti, apprezzandone i vantaggi senza trascurarne i limiti, rappresenta il passo iniziale per una gestione del rischio in
agricoltura libera da falsi pregiudizi. Sarà proprio la comprensione dei limiti
dell’utilizzo esclusivo di titoli derivati che lascerà intuire grandi possibilità
per un utilizzo combinato tra questi e le polizze assicurative, in virtù proprio
della complessità dei rischi cui è sottoposto il produttore agricolo (rischi di
prezzo, di resa,...).
3.2.1
Contratti forward
Un contratto forward permette ad un agricoltore (cooperativa,....) di vendere la propria produzione per consegna futura; ovviamente, la stipula di un
contratto forward precede nel tempo l’efettiva realizzazione della stessa produzione. La caratteristica peculiare di un contratto forward è di eliminare
totalmente l’incertezza del prezzo di vendita; allo stesso tempo, differentemente che per i contratti futuress, tali contratti prevedono necessariamente
la consegna della merce alla scadenza del contratto. Se un agricoltore assume
una posizione corta in un contratto forward (cede, cioè, la sua produzione)
per 100 bushels di grano ad un prezzo di 90centsperbushel, deve necessariamente consegnare i 100 bushels di grano al tempo T all’intermediario che ha
assunto la posizione lunga nel forward (che ha acquistato cioè lo stesso grano). Risulta evidente come, in un settore caratterizzato essenzialmente dal
rischio di resa produttiva, un contratto forward può generare problematiche
complesse nella gestione economica/finanziaria di un’impresa agricola. Esposizioni per vendite futuress eccessive, in relazione alle aspettative di raccolto
dell’impresa (che si realizzano nel futuro) possono effettivamente comportare disagi all’agricoltore che ricorre a tale strumento (agricoltore che si vede
38
costretto a comprare sul mercato la merce da consegnare, prevedibilmente
a prezzi alti se l’abbassamento delle rese risulta diffuso, oppure a pagare
una penale stabilita all’apertura del contratto). Con altrettanta chiarezza, si
comprende come riuscire a vendere in anticipo a prezzo prefissato parte (preferibilmente) della propria produzione, consente l’eliminazione dell’incertezza
sul prezzo e la pianificazione finanziaria dell’impresa.
3.2.2
Hedging della produzione con contratti futuress
Dal punto di vista del produttore agricolo, i contatti futures (come i forward)
riescono ad eliminare totalmente il rischio di prezzo pregiudicando però, di
fatto, la possibilità di usufruire di prezzi di vendita futuri più elevati non ipotizzabili al tempo iniziale del contratto. Da considerare altresı̀ come per il
rischio di resa valgono le considerazioni effettuate per i contratti forward con
la differenza che, con la stipula di un contratto futures, raramente si arriva
alla effettiva consegna del sottostante. Va sottolineato come, con operazioni
di copertura stipulate al tempo iniziale dell’ingresso in un contratto futures,
esiste la possibilità di ridurre parte della rischiosità, assumendo ad esempio
una posizione lunga per la stessa tipologia di merce per cui si è assunta la posizione corta, ma per quantità inferiori. Altrimenti, con una oculata gestione
delle scorte si può allo stesso modo sopperire a parte del rischio di resa presente in un contratto a vendita differita, ricorrendo cioè allo stoccaggio delle
annate con rese elevate per onorare i contratti stipulati per vendite futures.
3.2.3
Opzioni sui contratti futuress
Un contratto di opzione su contratto futures, conferisce al compratore (dell’opzione) il diritto di comprare (call option) o vendere (put option) uno
specificato contratto futures ad un prezzo predeterminato. Si assuma ad
esempio un contratto di put option su futures su grano acquistato a 20 cents
per bushel, scambiato su un mercato finanziario x, che conferisce il diritto di
vendere lo stesso contratto per 4 Euro con scadenza Dicembre. Se a scadenza
del contratto (Dicembre), il prezzo futures scende a 3.75 Euro per bushel, il
detentore della put sul contratto a 4 Euro può vendere lo stesso contratto e
acquistare sul mercato uno stesso contratto a 3.75 Euro realizzando un profitto netto di 25 cents (non considerando costi aggiuntivi); sottraendo i 20 cents
pagati per il premio della put all’inizio del contratto, il profitto finale sarà
di 5. In questo esempio, il possessore della put ha esercitato il suo diritto di
opzione sul contratto futures; in realtà, pochi contratti di opzione sono esercitati alla scadenza. Infatti, molto spesso tali contratti vengono scambiati e
venduti sul mercato finanziario prima della scadenza. Infatti, il prezzo dei
39
derivati varia durante la durata del contratto in relazione ai movimenti del
sottostante e, quindi, i compratori di “option su futuress” possono utilizzare
il contratto per assicurarsi contro oscillazioni indesiderate del futures stesso
o del “cash price” della merce scambiata.
3.2.4
Opzioni sulle rese e sull’andamento climatico (weather derivatives)
La maggiore quantità di “weather derivatives” scambiati tra i singoli operatori, basano il loro payoff su due indici: “Heating Degree Days (HDD)” e
“Cooling Degree Days (CDD)” dove
HDD =
N
X
max(0, X ◦ F − Ti )
i=1
e,
CDD =
N
X
max(0, Ti − X ◦ F ).
i=1
In questi indici, N rappresenta la durata del contratto, Ti è la media delle
temperature minime e massime osservate quotidianamente, X ◦ F rappresenta la soglia della temperatura scelta nel contratto. Ipotizziamo l’acquisto
di una call option su HDD con durata pari a cinque mesi, con strike price
pari a 5000 Euro, con un valore di 10000 Euro per unità e con un massimale
di payoff pari a 2000000 Euro. Partendo dall’inizio del contratto ogni giorno viene ripetuta la seguente procedura: calcolo della temperatura media
min(I)
), confronto del valore della media calcolata con il
(W (I) = [ T max(I)+T
2
◦
valore soglia X F utilizzato nel contratto (HDD(I) = max(X ◦ F −W (I), 0)).
Questa procedura deve essere ripetuta per tutta la durata del contratto
=5
(T otale = sumTt=0
HDD(I)) fino a poter calcolare il payoff totale nel giorno successivo alla conclusione dello stesso. Il payoff totale sarà calcolato
P ayout=min (dollari per unit*max(T otal − 5000, 0), 2000000). In sostanza,
il meccanismo dei “weather derivatives” risulta essere abbastanza semplice
e adatto agli usi più disparati; teoricamente, ogni agricoltore potrebbe ritagliarsi un contratto che ritiene adatto alle proprie aspettative. Il problema
principale all’implementazione di tale strumento, è la trattazione fuori dai
mercati regolamentati (con conseguente problema di liquidità) che spesso
rende di difficile determinazione il premio che l’agricoltore è tenuto a versare
(quasi sempre sovrastimato). Altra problematica, è la mancanza di dati (dovuti alla breve storia di questo strumento) che possano permettere analisi di
correlazione tra i “weather derivatives” e gli altri strumenti finanziari.
40
3.2.5
Mercati e volumi di scambio dei titoli derivati per il settore
agricolo
Quando si parla di volume degli scambi dei titoli derivati, si fa riferimento
alle tipologie introdotte in questo spazio; in realtà, però, mentre per forward,
future ed opzioni esistono, per il settore primario, trattazioni di elevati volumi sia nei mercati ufficiali che fuori dagli stessi, testimoniandone la estrema
utiità nell’ottica di una ottimale gestione delle risorse finanziarie e dei rischi associati alle produzioni agricole, è interessante evidenziare come per
i weather derivatives esistono problematiche che impediscono di fatto una
forte implemantazione dell’utilizzo di tale strumento. Tale ultima specifica
va evidenziata perchè, di converso, per settori come quello della produzione
di energia, tale tipologia di strumento ha registrato una impennata formidabile nei volumi trattati. Anche se promettentissimo in prospettiva quindi,
l’utilizzo di weather derivatives stenta a decollare tra gli operatori del settore
primario. I motivi di tale ritardo possono essere condotti alla difficoltà di
dare un prezzo a questa tipologia di titolo, alla difficoltà di incontrare esigenze particolari degli agricoltori (spesso i contratti vengono standardizzati;
tale procedura estromette di fatto la domanda di produttori con esigenze
particolari), alla carenza a volte di dati climatici puntuali e/o disponibili per
zone produttive particolari (in questo contesto potrebe essere molto utile il
ruolo dello Stato al fine di sviluppare indici utili per gli agricoltori unitamente allle infrastrutture necessarie per assicurare dati di cui gli stessi indici
necessitano). Si comprende quindi come un punto fondamentale per lo sviluppo futuro dei weather derivatives sia la garanzia per l’agricoltore di poter
coprire i propri rischi produttivi particolari: in sostanza, se eventi atmosferici particolari creano un danno alla produzione (e al reddito dell’agricoltore
se il movimento del prezzo non compensa il danno nelle rese), l’agricoltore deve avere la certezza di poter stipulare un contratto che garantisca un
indennizzo. Altrimenti, se l’esperienza del passato induce l’agricoltore a considerare non conveniente il contratto “standardizzato” offerto sul mercato,
lo stesso operatore preferirà gestire i propri rischi in maniera diversa. Più in
particolare i mercati di riferimento mondiale per la trattazione dei derivati
su “commodities” sono il Chicago Board, la borsa di Londra (Liffe - “London International Financial Futures and Options Exchange”), la borsa di
Tokyo; è da sottolineare comunque come anche in altre borse internazionali
(Messico, Svezia, Brasile tra le tante) si registrano scambi quotidiani di tale
tipologia di titolo. Non risulta facile individuare con esattezza i quantitativi
e il volume finanziario degli stessi scambi ma, considerato che il volume dei
derivati ha ormai superato per misura quello degli stessi mercati azionari,
stiamo parlando di grandi risorse impiegate ormai con questi strumenti. Per
41
i weather derivatives, il discorso è stato anticipato (sull’assenza apparente
di ingenti scambi per il settore agricolo) in apertura; ciò che va comunque
sottolineato è l’impossibilità attuale di poter quantificare se, e quanti, operatori del settore primario scambiano fuori dai mercati ufficiali derivati sul
clima. Risulta evidente come questo non significa negare la presenza degli
stessi scambi ma, piuttosto dare risalto ad una serie di problematiche che
hanno comunque impedito una forte crescita dei weather deriatives tra gli
operatori del settore agricolo.
4
Conclusioni
In questo scritto si è cercato di evidenziare parte degli strumenti utilizzabili
dall’imprenditore agricolo per la gestione del rischio economico di impresa. In
particolare, l’obbiettivo è stato centrato sullo strumento assicurativo e sugli
strumenti finanziari derivati. Ciò che si è inteso fornire è un quadro di sintesi
non caratterizzato da giudizi di merito sulla adottabilità degli strumenti introdotti; sono stati però forniti molti elementi di dibattito sulla possibilità di
implementazione di singole strategie, alternativamente all’utilizzo congiunto di derivati e polizze assicurative. Il filo conduttore dell’analisi proposta
è rappresentato dall’analisi delle esperienze del passato in tema di gestione
del rischio in agricoltura nel tenativo di ricavare validi insegnamenti per le
futures politiche di settore. Lo strumento assicurativo anche se costruito per
essere più appetibile sul mercato, da un lato per mezzo di sussidi governativi,
dall’altro costruendo polizze in grado di essere vendute sul mercato a prezzi più bassi, ha dimostrato negli anni di non essere in grado di rispondere
da solo ai bisogni degli agricoltori. Poche risorse sono state investite, sia a
livello pubblico che a livello di ricerca, sull’implementazione dell’utilizzo dei
mercati finanziari per lo stesso scopo; maggiormente, poco si è detto, e poco si è investigato, sull’utilizzo combinato dei titoli derivati che, per proprie
caratteristiche particolari, si prestano ad utilizzi sconosciuti agli operatori
pubblici e privati del settore primario.
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A
Appendice 1
Si ritiene utile dare risalto ad alcuni esempi applicativi di schemi assicurativi
statunitensi in modo da comprenderne appieno il funzionamento. Prima di
procedere, è opportuno introdurre una breve notazione:
Y = resa attuale al momento del raccolto
P = prezzo cash al momento del raccolto
54
R = P ∗ Y = ricavo del singolo agricoltore al momento del raccolto
YAP H = resa storica della produzione attuale = alla media delle rese
storiche degli anni precedenti a quello considerato (tra l’anno 4 e l’anno 10).
CY = copertura della resa = % delle rese storiche che viene garantita (dal
50 al 75% con incrementi di 5%)
Yg = resa garantita al momento della semina = cY ∗ YAP H (dove cY
rappresenta un coefficiente % di YAP H )
PF CIC = prezzo determinato dalla FCIC per l’indennizzo sulle rese
Fh = prezzo futures al momento del raccolto
F p = prezzo futures al momento della semina
cP = prezzo elletto = % di PF CIC
Pg = prezzo garantito
Rg = reddito garantito al momento della semina
P rem = premio della polizza
Esempio 1
Indennizzo per assicurazioni sulle rese
Y ≡ 0 Y ≡ 15 Y ≡ 30 Y ≡ 45
Rese garantite Yg
30
30
30
30
−Resa attuale Y
0
15
30
45
≡ Perdita resa
30
15
0
0
∗ Prezzo garantito Pg 5
5
5
5
≡ Indennizzo
150
75
0
0
Reddito per l’agricoltore con e senza assicurazione sulle rese
Y ≡ 0 Y ≡ 15 Y ≡ 30 Y ≡ 45
Resa attuale Y
0
15
30
45
∗ Prezzo di mercato (Hp=Pg ) 5
5
5
5
≡ Ricavo senza assicurazione 0
75
150
225
+ Indennizzo
150
75
0
0
≡Ricavo con assicurazione
150
75
150
225
Ovviamente, l’assicurazione sulle rese protegge solo dal rischio di quantità
non anche da quello sul prezzo;
si supponga che il prezzo garantito sia pari a $4 e non a $5 come nell’esempio precedente.
In questo caso avremmo (utilizzando gli stessi esempi introdotti)
Y ≡ 0 Y ≡ 15 Y ≡ 30 Y ≡ 45
Rese garantite Yg
30
30
30
30
−Resa attuale Y
0
15
30
45
≡ Perdita resa
30
15
0
0
∗ Prezzo garantito Pg 4
4
4
4
≡ Indennizzo
120
60
0
0
55
Y ≡ 0 Y ≡ 15 Y ≡ 30 Y ≡ 45
Resa attuale Y
0
15
30
45
∗ Prezzo di mercato (Hp=Pg ) 4
4
4
4
≡ Ricavo senza assicurazione 0
60
120
180
+ Indennizzo
120
60
0
0
≡Ricavo con assicurazione
120
120
120
180
Si nota con piena evidenza come l’utilizzo di assicurazioni capaci di garantire la produzione fisica, non riesce a garantire una altrettanto efficace
protezione per il reddito dell’agricoltore (per via del rischio di prezzo).
E’ possibile utilizzare lo stesso approccio per la comprensione dell’assicurazione sul reddito.
Indennizzo per assicurazione sui ricavi
Y ≡ 0 Y ≡ 15 Y ≡ 30 Y ≡ 45
Ricavo garantito Rg = Pg ∗ Yg 150
150
150
150
−Resa attuale Y
0
15
30
45
∗ Prezzo di mercato
4
4
4
4
≡ Indennizzo
150
90
30
0
Y ≡ 0 Y ≡ 15 Y ≡ 30 Y ≡ 45
Resa attuale Y
0
15
30
45
∗ Prezzo di mercato
4
4
4
4
≡ Ricavo
0
60
120
180
+ Indennizzo
150
90
30
0
≡Ricavo con assicurazione 150
150
150
180
Si nota come l’assicurazione sul reddito fa cadere il rischio di reddito per
l’assicurato ma, allo stesso tempo, riduce i potenziali guadagni.
Quadro sintetico specifici programmi assicurativi in USA
Crop Insurance Individual
County
Yield
CAT, APH
GRP
Revenue
IP, CRC, RA GRIP
B
B.1
Appendice 2
NISA Caso studio
Si supponga che esistano due agricoltoriproprietari di due aziende di 45 acri
(Y e X per convenienza) caratterizzate da unità produttive miste (allevamento, foraggio, ortaggi) , le cui vendite sono risultate nell’anno T pari a
$65.000.
Si ipotizzi un’ammontare dei costi totali di produzione pari a $15.000.
E’ possibile analizzare, con queste informazioni, il dettaglio del funzionamento del NISA:
56
Reddito lordo pari a $65.000;
Costi produzione pari a $15.000
Reddito netto $50.000
Possible NISA Deposit
Producer deposit = EN S ∗ 3% = $50.000 ∗ 3% = $1.500
Federal Government Contribution = EN S ∗ (2% + 1%) = $50.000 ∗ 3% =
$1.500
Provincial Government Contribution = EN S∗(1%+1%) = $50.000∗2% =
$1.000
Totale liquidità da imputare all’account dell’agricoltore=$4.000
In tale modo, all’inizio dell’anno T , i $1.500 che X e Y hanno depositato,
crescono contemporaneamente fino a $4.000; alla fine dell’anno T , ipotizzando una capitalizzazione ad un tasso del 5%, l’ammontare di liquidità presente
nel fondo sarà pari a circa $4.200.
Se X e Y continueranno a depositare lo stesso ammontare di denaro
nell’account personale (ipotizzando un reddito netto sempre pari a $50.000)
dopo 4 anni i loro depositi cresceranno nel modo di seguito descritto.
Dopo 5 anni di partecipazione al programma, i due agricoltori X e Y
avranno versato $7.500 nel loro account NISA; con i contributi governativi
e con la maturazione di interessi attivi, però, il loro account sarà cresciuto
fino a $20.000.
Nel sesto anno di partecipazione al programma , ipotizziamo per X e
Y una perdita significativa nella loro produzione di bestiame (per cause da
individuare).
Il loro margine lordo scende considerevolmente (ipotizziamo che possano
prelevare $9000 rispetto a quanto permesso dal programma NISA che si basa su una percentuale della media dei ricavi degli anni precedenti); in tale
eventualità, essi possono prelevare dal loro account la liquidità necessaria per
riportare al livello abituale la rispettiva liquidità.
Ovviamente, in base all’esempio presentato, rimarebbero negli account
di X e Y ancora $11000 a disposizione per possibili perdite futures. Nessun
agricoltore risulta incentivato ad assumere comportamenti strategici in modo
da poter prelevare liquidità dall’account personale gestito da NISA; infatti, si
perderebbe il beneficio di poter usufruire di una gestione privilegiata capace
di incrementare i depositi degli agricoltori come nessun investimento privo di
rischio potrebbe garantire.
Si comprende sı̀ l’innovativa capacità di un siffatto programma capace
di fornire un supporto adeguato alla stabilizzazione nel tempo dei redditi
agricoli (che è quanto cercato dagli stessi agricoltori).
57
B.2
Appendice 3: semplice applicazione del modello
B&S su call europea
Si assuma che il valore di una call sia in ST −1 = $50; quindi una call è
disponibile sul mercato con K = $50.
In ST il valore della call potrà essere pari a $100 oppure a $25. Il valore
di r osservabile sui mercati è pari a 1.25. Quale sarà il valore di questa call
option?
Si consideri il seguente portafoglio:
al tempo T al tempo T
T − 1 ST=$25
ST = $100
Sottoscrizione di 3 call 3C
0
−150
Acquisto di 2 azioni
−100 50
200
Presa a prestito $40
40
−50
−50
Totale
0
0
0
La condizione di non arbitraggio implica necessariamente che 3C − 100 +
40 = 0 e quindi che C = $20.
In questo caso noi siamo in grado di valutare la call option perchè siamo
in grado di trovare un portafoglio di stock e bond (acquistando 2/3 di azioni
e prendendo a prestito $13.33) che possiede il medesimo payoff della call in
questo primo periodo considerato.
Come dapprima considerato, se i due portafogli hanno identico payoff,
allora la condizione di non arbitraggio implica che debbano avere lo stesso
prezzo.
Si può provare a generalizzare questo ragionamento.
Si supponga che il tasso di interesse free presente sui mercati sia pari a
0.05. Qual’è il prezzo di una call option quando il prezzo di esercizio è pari
a 100?
T − 1 T C∗
1055
S = 95
90 0
Si può creare un portafoglio di ∆ azioni di stock e B dollari di bond, dove
∆ e B sono scelti in modo tale che il portafoglio di stock e bond abbia il
medesimo payoff della call option.
Quindi:
T − 1 T C ∗ 105∆ + 1.05B = 5
1055 90∆ + 1.05B = 0
S = 95 15∆ = 5; ∆ = 0.3333
900 90(0.3333) + 1.05B = 0
B = −28.57
58
C = 5∆ + B; = 95(0.3333) − 28.57 = 3.09.
In questo modo è possibile costruire il seguente albero binomiale:
consideriamo che in T − 2 abbiamo un valore della call pari a 100 (punto
a); in T − 1 possono verificarsi due situazioni e cioè, b ⇒ il valore è salito a
110 e c : C = 3.09 ⇒ il valore scende a 95; in T (terzo passaggio dell’albero
binomiale) potremmo avere che da b il valore possa salire a 120 o scendere
a 105 e, da c che il valore salga a 105 o che scenda ulteriormente a 90. Da
questa semplice e schematica rappresentazione avremmo che il valore di C ∗
risulterà pari a 20 (se in T si avrà 120) a 5 (se in T si ha 105) e a 0 (se in T
si registra 90).
nel caso b avremmo:
120∆ + 1.05B = 20
105∆ + 1.05B = 5 =⇒ ∆ = 1
105 + 1.05B = 5 =⇒ B = −95.24
C = S∆ + B =⇒= 110(1) − 95.24 = 14.76
nel caso a avremmo:
110∆ + 1.05B = 14.76
95∆ + 1.05B = 3.09 =⇒ ∆ = 0.778
B = −67.45
C = S∆ + B =⇒= 100(0.778) − 67.45 = 10.35
Quindi, utilizzando di nuovo l’albero binomiale utilizzato in precedenza
avremmo che:
consideriamo che in T − 2 abbiamo un valore della call pari a 100 (punto
a:C=10.35); in T −1 possono verificarsi due situazioni e cioè, b : C = 14.76 ⇒
il valore è salito a 110 e c : C = 3.09 ⇒ il valore scende a 95; in T (terzo
passaggio dell’albero binomiale) potremmo avere come prima che da b il
valore possa salire a 120 o scendere a 105 e, da c che il valore salga a 105 o
che scenda ulteriormente a 90. Come già illustrato, avremmo che il valore di
C ∗ risulterà pari a 20 (se in T si avrà 120) a 5 (se in T si ha 105) e a 0 (se
in T si registra 90).
59
La collana Working Paper del Centro pubblica contributi su argomenti di
Economia e Politica Agricola, Ambientale, Alimentare e dello Sviluppo Rurale, Economia generale e Statistica. I lavori pubblicati nella Collana sono
sottoposti ad una revisione informale coordinata dal Comitato di Redazione
interno nominato ogni tre anni dal Comitato Scientifico del Centro.
Comitato di redazione 2002-2005:
prof. Valeria Sodano, [email protected]
prof. Gianni Cicia, [email protected]
dr. Carlo Cafiero, [email protected]
Finito di stampare il:
16 luglio 2003
presso il Centro per la Formazione in Economia e Politica dello Sviluppo
Rurale, Portici.
60