PDF - Spaghetti Writers

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Tommaso Noia, #3
Giulio Lepri
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Fra tutte le domande che una persona può chiedersi al mattino, ho ucciso un uomo è
sicuramente fra le più improbabili.
Eppure, dopo aver passato la notte in casa di un venditore di rose pachistano, dividendo la stanza
con un trans forse coinvolto nella sparizione di un amico che non vedeva da quasi dieci anni, be’,
non suonava poi così strano.
Aveva pure ceduto il divano a Ramona, in uno slancio di cavalleria, accomodandosi sul
pavimento, avvolto in un piumone macchiato: oltre ai pensieri che gli avevano tolto il sonno si
era guadagnato anche un bel mal di schiena.
Cazzo, pensò Tommaso, quand’è che la mia vita è diventata un capitolo di GTA?
Ramona russava serena, come se quella notte fosse stata una delle tante e, chissà, magari per lei lo
era stata davvero.
Cercò nei jeans il cellulare: aveva bisogno di mongolizzarsi il cervello, spegnere tutto. Gli serviva
Facebook.
Nella tasca dei pantaloni però trovò l’equivalente delle speranze di un laureato specializzato
italiano: niente.
«Merda!»
Scattò ritto sulle chiappe e cominciò a tastare il piumone alla ricerca del telefono. Una ricerca
vana. Urtò con un piede qualcosa ai piedi del divano. Era la borsa di Ramona. Ebbe un’idea
banale: chiamarsi con il telefono.
Ramona dormiva, decise di non svegliarla e cercare lo stesso nella borsa. L’aprì. Le sue mani
incontrarono qualcosa di freddo e metallico. Era una forma che conosceva bene ma che mai
aveva impugnato in vita sua. Estrasse una pistola di piccolo calibro, argentata e lucida; sembrava
quella di 007. Fissò l’arma incredulo.
«Se vuoi suicidarti non ci sono problemi, ricordati solo di pulire dopo.»
La voce di Ramona dietro alle sue spalle non era roca come quella di qualcuno che si è appena
svegliato. Quando Tommaso si voltò lei era già in piedi che si raccoglieva i capelli neri in una
coda di cavallo.
«Passami le sigarette» disse, «E la pistola». ammiccò a Tommaso che gli porse arma e tabacco
balbettando: «Cercavo solo il mio telefono».
Ramona puntò la pistola verso il viso e si accese la sigaretta: non era più la pistola di James Bond,
era la pistola del Joker.
«Non te l’ho preso io, ragazzo.»
«No, io… volevo chiamarmi, per trovarlo.»
«Sei sicuro che lo avessi quando siamo arrivati qui?»
Tommaso ci pensò su un attimo. Non riusciva a ricordare il momento in cui aveva controllato il
telefono l’ultima volta.
«Se non ti ricordi dove sia finito la cosa migliore è ritornare sui tuoi passi», Ramona abbozzò un
sorriso che cancellò subito dopo, «ovviamente scherzavo. È l’ultima cosa che devi fare, visto che ti
ritroveresti un cadavere fra i piedi».
Ed eccolo lì, il coperchio del vaso di Pandora che salta in aria e sparisce per sempre.
Sei un assassino Tommaso, un cazzo di assassino, come quelli dei film.
«Ehi… ehi guardami,» Ramona prese con delicatezza il mento di Tommaso, in quelle mani
enormi ci si appoggiava comodamente tutta la mascella, «era un tunisino del cazzo, la polizia dirà
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che è stato un accoltellamento tra negri, una roba di droga. L’indagine sarà approssimativa: ora
del decesso, arma e causa del decesso… prima si tolgono questa storia dalle palle e prima possono
tornare a fare le multe per divieto di sosta.»
Tommaso rimase zitto, sentiva gli occhi inumidirsi ma ci teneva a rimanere uomo.
«Troviamo questo cazzo di telefono e andiamo a casa.»
Dopo una mezz'ora di ricerche intense, a parte una colonia di acari sotto il divano, non era
spuntato fuori niente.
«Lasciamo perdere, è sparito» disse Tommaso. Proprio la parola sparito gli fece tornare in mente
chi aveva originato tutto questo, qual era l’incidente scatenante di questa commedia tarantiniana.
«Ramona, cos’è successo quella notte?»
Ramona si bloccò.
«Ho il diritto di saperlo: ho ucciso per te.»
«Sai,» rispose lei cercando di riacquistare terreno, «ci sono donne che troverebbero questo
tremendamente romantico.»
Tommaso restò in silenzio, voleva sapere.
«Cosa sai di Francesco?»
«È negro, ha un cazzo enorme ed è l’origine di tutti i miei guai.»
«Lo sai da dove viene?»
Tommaso scosse il capo:«So solo che è adottato.»
«Adottato? Ma hai mai visto i suoi genitori?»
«Mai stato a casa sua.»
«Sono più neri del fondo di un pozzo. Sono georgiani.»
Tommaso corrugò la fronte, Ramona lo lasciò un attimo perplimersi e poi riprese:«Incredibile,
non ti dice niente, eh? Ci sono cose che non si vogliono vedere e basta.»
Tommaso non capiva perché essere un georgiano dovesse fare la differenza in qualche modo.
Sapeva poco sui georgiani a Pisa, anzi, ora che ci rifletteva era la prima volta che ne sentiva
parlare. Aveva sempre pensato che fossero tutti senegalesi o tunisini i neri della sua città.
La porta si aprì recidendo il filo dei suoi pensieri. Grande Capo entrò con in mano un portatile.
Indossava camicia, pantaloni scuri e mocassini di pelle vera.
«Vi prego ditemi che non è per questo che avete bussato stanotte.»
Mostrò lo schermo: la scritta PisaToday troneggiava sopra un articolo di cronaca nera: “Nuove
vittime della Movida: Immigrati si accoltellano nel centro storico”.
Tommaso aveva le budella contratte come se avesse bevuto un bicchiere di caffè salato. Leggeva
ogni riga dieci volte per assicurarsi di non fraintenderne il contenuto.
Ma era tutto come aveva detto Ramona: i poliziotti sospettavano, anzi, davano per certo uno
scontro tra bande. Non si parlava di telefoni, non c’era nessun accenno a sospetti o piste
secondarie.
L’aveva fatta franca.
«Adesso dovreste fare come Baglioni» disse Grande Capo.
«Che succede?» Fece Ramona.
«Ho degli affari da trattare.»
«Con chi?»
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«Non sono affari tuoi.»
Grande Capo indicò l’uscio a entrambi. Tommaso raccolse le sue cose senza pensare, il cervello
faceva a cazzotti con la coscienza: l’hai comunque ucciso.
Fuori dal condominio Ramona si accese un’altra sigaretta, «Non ci crederai, ragazzo, ma quelle
che fumi al mattino sono le migliori.»
«Come fai a essere così tranquilla?»
«Ti ci abituerai,» buttò fuori il fumo, «Devi abituartici.»
Tommaso si guardò intorno spaesato:«E adesso che si fa?»
«Tu torni a casa tua, ti trovi un lavoro, una bella ragazza, fate tanti figli e non ci vediamo mai
più.»
«Ok… ok?»
«È ok per forza. Mi hai salvato la vita, cerca di pensare a questo quando avrai le crisi di
coscienza.»
Ramona gli diede un bacio sulla guancia. Sapeva di tabacco e di profumo dozzinale, la sua pelle
alla luce del sole era molto più secca di quello che il trucco cercava di mascherare. Doveva essersi
lasciata i trenta alle spalle da un pezzo; era in quel limbo indecifrabile dove o si portano troppo
bene i propri anni o li si portano troppo male.
Tommaso cercò la forza di sorridere e forse riuscì anche ad arricciare un labbro.
Strinse l’enorme mano di Ramona: «Se ci rincontreremo, sappi che ti avrei salutata volentieri.»
Ramona rise, e veloce come era entrata nella sua vita, sparì.
Tommaso girava come un cane idrofobo per le vie del centro.
In testa i pensieri si ammucchiavano come dopo una notte di ketamina e sesso in piedi.
Gli tornò in mente Sara, e non riusciva a capire se doveva incazzarsi per le corna o riderne.
È assurdo come tagliare gole rimetta tutte le cose in prospettiva.
Avrebbe lasciato Sara, per forza. Gli dispiaceva anche un po’, dopo tutto quel tempo passato
insieme a cercare di costruire qualcosa. Ma a entrambi era bastata una notte per disfare.
Non si accorse neanche di essere di nuovo in Santa Caterina, o forse era stato il suo subconscio a
guidarlo lì.
Adesso stava in piedi a pochi metri dal luogo del delitto, fissava una sagoma di gesso sull’asfalto e
una macchia di sangue proprio al centro. Sia il gesso che il sangue sembravano vecchi di millenni.
Tommaso ricordò improvvisamente: stava controllando proprio di Sara quando il tunisino lo ha
urtato, e il cellulare doveva essergli scivolato di mano in quel momento. Forse si trovava sotto
una macchina: si mise in ginocchio e guardò sotto quelle parcheggiate, ma non trovò nulla.
«Cerchi questo?» fece una voce alle sue spalle.
Tommaso girò la testa. La temperatura corporea scese a quindici gradi sotto zero.
Un uomo stava seduto su una panchina dall’altro lato della strada e sventolava una busta di
plastica.
Dentro, il suo cellulare.
«Come diceva quel film? So cos’hai fatto la scorsa estate… be’, a me basta sapere cos’hai fatto ieri
sera.»
Il sangue gli smise di circolare. La siberia adesso sembrava un paradiso tropicale al confronto.
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«Tommaso Noia, ci siamo divertiti ieri sera, eh?»
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