Misurare la presenza egualitaria delle donne nei
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Misurare la presenza egualitaria delle donne nei
Sessione Valutare in chiave di genere per una piena ed egualitaria valorizzazione delle risorse umane MISURARE LA PRESENZA EGUALITARIA DELLE DONNE NEI CDA: IL RUOLO DEL MONITORAGGIO DEI DATI Valentina Andreozzi Premessa L’Italia sta assistendo ad una rivoluzione significativa nella leadership femminile, sebbene la sottorappresentazione delle donne nei processi decisionali economici sia ancora un fenomeno diffuso in tutta Europa. Il Rapporto 2014 "Global Gender Gap", pubblicato dal World Economic Forum, mette in evidenza nel Gender gap index che nelle prime cinque posizioni spiccano i paesi del nord Europa: Islanda, Finlandia, Norvegia, Svezia e Danimarca. L'Italia si posiziona al 69° posto nell'indice generale e rispetto alla partecipazione delle donne in politica è al 37° posto, ma rimane molto da fare in campo economico dove siamo al 114° e al 129° per parità salariale. Relativamente, invece alla presenza delle donne nei Boards, gli ultimi dati pubblicati dalla Commissione europea indicano che il cosiddetto soffitto di cristallo comincia a incrinarsi. Negli ultimi anni la percentuale di donne ai vertici aziendali europei ha registrato un aumento storico, soprattutto in Paesi come Francia, Italia, Danimarca e Germania che hanno introdotto di recente misure legislative in tal senso. Per favorire l’incremento della presenza femminile nelle posizioni apicali sono stati implementati diversi modelli, l’Italia come da poco anche la Germania, ha scelto il modello delle quote. Il modello basato sulle quote è un modello di azione positiva che prevede l’inserimento di quote di genere nei board, senza distinguere la tipologia di carica ricoperta (executive e non executive). E’datata 6 marzo 2015 la legge approvata in Germania, grazie alla quale, a partire dal 2016, le 108 grandi aziende tedesche quotate in borsa dovranno riservare alle donne il 30% dei posti nei consigli di amministrazione. In Italia, dal febbraio 2012 si applica la legge 120/2011, così detta legge Golfo-Mosca. Per la prima volta un’azione positiva viene applicata alle società per azioni quotate e non quotate controllate da pubbliche amministrazioni in Italia. In Europa è l’esempio di legislazione più recente in questo senso. Il ruolo del monitoraggio e della valutazione: La previsione, all’interno dell’impianto legislativo della L.120/2011, di un monitoraggio ad hoc per verificarne l’adempimento ha permesso di valutare fin da subito l’efficacia di questa nuova azione positiva. Questo è un dato importante e ha permesso al Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha il compito di implementare il monitoraggio, di evidenziare fin da subito punti forza e criticità della legge. Per effettuare questa attività di monitoraggio il DPO dispone da aprile 2014 dell’anagrafe delle società controllate dalle amministrazioni pubbliche, elaborata insieme a Cervedgroup spa. Il DPO ha elaborato un criterio di priorità di vigilanza in base a specifiche caratteristiche delle società non compliant, che in relazione alle evidenze dell’anagrafe Cervedgroup a gennaio 2015 risultano essere 501. In base a questo criterio ogni mese vengono avviati almeno 15 procedimenti amministrativi verso le società non compliant controllate da una sola pubblica amministrazione con il fatturato relativo più elevato nelle 5 ripartizioni geografiche individuate (Nord/Ovest; Nord/Est; Centro; Sud; Isole). Per completare il quadro degli indicatori a disposizione il DPO riceve segnalazioni spontanee che indicano la compliance o meno delle società pubbliche alla legge 120/2011. Il DPO avvia procedimenti amministrativi verso le società non compliant anche in base alla raccolta di questi dati. Questo impianto di monitoraggio ha fornito i primi dati utili ad una successiva valutazione dell’effettivo impatto della legge rispetto alla presenza delle donne nelle società pubbliche non quotate. Per quanto riguarda invece le società quotate la legge prevede che sia la Consob ad occuparsi della vigilanza e di erogare le successive sanzioni, in questo caso anche pecuniarie. L’Italia nel 2010, rispetto ai principali paesi europei, si caratterizzava per una più bassa presenza femminile nei CDA delle società quotate, raggiungendo una quota pari solo al 6%, rispetto alle vette superiori al 20% di Finlandia e Svezia e all’inarrivabile 42% della Norvegia. L’Italia supera invece la media europea in tema di leadership al femminile nelle società quotate. Con l’entrata in vigore della legge 120/2011, la cosìdetta “legge Golfo-Mosca sulle quote di genere”, ci sono stati importanti e rilevanti risultati. Con l’introduzione della legge 120/2011, la presenza femminile nei Cda delle società quotate italiane è cresciuta in modo consistente. In particolare gli ultimi dati presentati dalla Consob a giugno di quest’anno, indicano che la percentuale di donne nelle quotate è pari al 27,4%. Questa percentuale classifica l’Italia in una posizione superiore rispetto alla soglia media europea, che secondo i dati resi pubblici dalla Commissione Europea nell’Ottobre del 2014 è pari al 20,2%. Anche per le società pubbliche, la percentuale di presenza è pari al 26,4% relativamente alle società che hanno rinnovato gli organi dopo l’entrata in vigore della legge nel febbraio del 2013. Effetti diretti e indiretti Secondo un’analisi effettuata dal Dipartimento, grazie alla legge, nei prossimi anni si apriranno nuove posizioni per le donne. Il ricorso allo strumento delle quote di genere ha visto nuovi impieghi in contesti diversi. Gli effetti sono positivi in termini di aumentata presenza femminile negli organi decisionali delle società pubbliche e anche di quelle quotate. Si stanno verificando poi, altri effetti positivi, che non sono direttamente connessi con il dispositivo di legge ma che certamente sono connessi con la sua applicazione. L’aumentata presenza femminile si è accompagnata ad un trend positivo, successivo all’entrata in vigore della l. 120/2011, di miglioramento degli indici di qualità nella composizione degli organi societari delle società quotate. E’ aumentata la presenza di laureati e in maggioranza vi sono più laureati donna. Si è abbassata l’età media dei componenti dei CDA e sono diminuiti i legami famigliari tra componenti. A questi effetti positivi si aggiungo però delle distorsioni del sistema. Come ha recentemente sottolineato commissario Consob Luca Enriques. Il primo è che i consigli di amministrazione potranno diventare più piccoli perché, dice il commissario, “le società ridurrebbero il numero dei componenti del genere meno rappresentato da eleggere, se non altro per ridurre il numero di volti nuovi in consiglio e i correlati rischi”. Il secondo possibile effetto è che la durata dei consigli di amministrazione “potrebbe passare da 3 anni a 1”. La nuova legge — spiega Enriques — si applica solo per tre mandati consecutivi. Per prassi in Italia la durata degli organi sociali è di tre anni, “Ma nulla vieta di prevedere durate inferiori — ricorda il commissari Consob —. Se una società sceglie la durata di un anno la legge le si applicherebbe per soli tre anni” (ma in questo caso si dovrebbe arrivare alla quota del 30% al secondo anno, ndr). “Quote di genere a parte — dice Enriques — la durata di un anno sarebbe uguale a quella prevalente nei Paesi d’origine dei principali investitori istituzionali. Essi apprezzerebbero la novità, in quanto loro familiare”. Da una prima analisi di contesto possiamo quindi affermare che la legge sulle quote si sta rivelando uno strumento buono rispetto all’obiettivo di aumentare la presenza femminile nelle posizioni apicali ma affinché si realizzi un cambiamento duraturo anche all’interno delle postazioni decisionali economiche, occorre un mutamento culturale e una modifica strutturale dell’organizzazione del lavoro Sitografia: http://www.pariopportunita.gov.it/index.php/quotedigenere http://www.consob.it/web/area-pubblica/societa-quotate http://www.womenmeanbusiness.it/news.html http://www.ilrosaeilgrigio.it/