Working Paper di Federico Bordonaro

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Working Paper di Federico Bordonaro
Federico Bordonaro
Politica e geopolitica dell’energia
nell’area del “Grande Mar Nero”
CSSEO Working Paper No. 135
Giugno 2008
Il Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale (CSSEO), costituito nel 1997, svolge una
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dell’Europa centro-orientale e dell’ex Unione Sovietica.
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Federico Bordonaro
Politica e geopolitica dell’energia nell’area del “Grande Mar Nero”
CSSEO Working Paper No. 135
Giugno 2008
© 2008 by Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale
ISBN 88-87667-25-X
Printed in Italy
1. L’Europa di fronte al nuovo contesto della geopolitica energetica
La competizione per il controllo, l’estrazione e il trasporto delle risorse strategiche è una
costante della geopolitica mondiale.1 Nel decennio in corso, tuttavia, l’importanza della
politica energetica è andata aumentando. Alcuni analisti, come Michael Klare, hanno
addirittura ritenuto che i conflitti per le risorsero siano l’aspetto caratterizzante la fase
geopolitica in corso.2 Sebbene tale visione possa apparire – e per certi versi è –
riduzionista, è fuor di dubbio che la fase storico-politica attuale sia condizionata dalla
competizione energetica in modo rilevante.
Indubbiamente, sia i decisori, sia l’opinione pubblica sono rimasti spiazzati, in Europa,
di fronte all’ascesa del colosso energetico russo Gazprom, soprattutto dal 2003-2004 in
poi, in concomitanza con un aumento del prezzo di petrolio e gas naturale per i più
inopinato.3 Dopo il crollo dell’URSS, gli idrocarburi emersero subito come l’asso nella
manica di Mosca per la ripresa economica. Tuttavia, le vicende degli anni eltsiniani, la
politica per certi versi confusionaria del Cremlino e l’ascesa dei cosiddetti “oligarchi”
fece sì che molti asset di Gazprom finirono in mani private. Oltretutto, la gestione di
Gazprom durante gli Anni Novanta fu quantomeno discutibile in termini di efficienza.4
Uno degli obiettivi principali della presidenza di Vladimir Putin è stato, quindi, fare di
Gazprom la più forte e grande compagnia energetica del mondo. In gran parte, il
tentativo putiniano di ricostituire una “base di potenza” russa è stato basato sullo stretto
legame fra potenziamento di Gazprom e uso politico del commercio delle risorse russe.
Tale progetto era – ed è – intimamente legato al controllo strategico delle vie di
trasporto degli idrocarburi dalla Russia, e dai paesi dell’area centrasiatica e
transcaucasica, all’Europa. Fatalmente, l’area che si estende dal Mar Adriatico al Mar
Caspio attraverso il Mar Nero e il Caucaso meridionale è diventata il teatro di un
complesso “grande gioco” dell’energia fra occidentali e russi, senza trascurare il ruolo
fondamentale della Turchia e la prospettiva, sempre più vicina, degli interessi cinesi
nell’area caspica e centrasiatica.
Tale area, come vedremo, è ormai considerata una macroregione geopolitica,5 in cui le
Aymeric Chauprade, Géopolitique: constantes et changements dans l’histoire, Parigi, Ellipses, 2003.
Michael Klare, Resource Wars: The New Landscape of Global Conflict, New York, Henry Holt, 2001;e Id.,
“The New Geopolitics of Energy”, The Nation, 1 maggio 2008.
3 Si ricordi, per comprendere la “sorpresa” degli analisti, che alla fine degli Anni Novanta il prezzo del
greggio scivolò per qualche giorno sotto i 10 dollari al barile. Il prestigioso Economist del 4 marzo 1999
intitolò il numero settimanale “Drowning in Oil”, cioè letteralmente “affogando nel petrolio”, data
l’offerta a basso prezzo. Mai scenario fu più errato.
4 “The Rise of Gazprom Inc.”, Stratfor, Special Report, 20 ottobre 2004.
5 Si vedano, in particolare, The German Marshall Fund of the United States, “Black Sea Region”,
http://www.gmfus.org/template/page.cfm?page_id=134, Svante Cornell, Anna Jonsson, Niklas Nilsson,
Per Häggström, The Wider Black Sea Region: a Strategic Hub for European Security, Washington-Uppsala,
Central Asia-Caucasus Institute & Silk Road Studies Program, dicembre 2006; Haroutiun Khacharian,
“Wider Black Sea: Concept and Reality”, ISN-Security Watch, 27 febbraio 2008,
1
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1
strategie energetiche si sovrappongono alla questione dell’allargamento della NATO (a
Romania, Bulgaria prima, ai paesi dei Balcani occidentali in prospettiva, e in modo molto
più problematico e incerto a Ucraina e Georgia).
Nel gennaio del 2006, loro malgrado, i cittadini dell’Unione Europea vennero a
conoscenza dell’importanza che la regione del Mar Nero riveste per la loro sicurezza
energetica. La disputa sul prezzo del gas naturale fra i governi di Ucraina e Federazione
Russa provocò infatti una breve quanto problematica interruzione delle forniture di gas
russo a Kiev.6 Il risultato fu che alcuni paesi dell’Europa centrale e occidentale si
trovarono alle prese con la temporanea mancanza di afflusso del carburante necessario
per il riscaldamento e l’elettricità.
Sebbene il tema della sicurezza energetica non fosse nuovo – basti pensare alla crisi
petrolifera del 1973 all’epoca della Guerra dello Yom Kippur – l’evento scatenò una
serie di commenti, alcuni dei quali improntati a un certo catastrofismo à la mode, sulle
lacune europee in materia di politica energetica. Il grande pubblico familiarizzò un poco
con la questione del mercato del gas naturale, con l’ascesa del gigante energetico russo
Gazprom, e con il fatto che i rivolgimenti politici ucraini portavano con sé implicazioni
più importanti del colore arancione che dominava le piazze di Kiev nell’inverno del
2004.7
Quel che rimase sullo sfondo fu il più ampio contesto geopolitico. L’Unione Europea
allargata, colta da una sorta di malessere da espansione dopo il 2004, si apprestava con
l’ulteriore integrazione di Bulgaria e Romania nel gennaio 2007 a spostare ancor più
verso sud-est il proprio baricentro. Il Mar Nero, il Pontos Axeinos degli antichi Greci,
sarebbe diventato di lì a poco più “europeo” – nel senso di essere integrato dentro
l’Unione – portando con sé mutamenti di ordine politico, sociale, economico e
strategico tali da farne una delle zone più importanti per gli equilibri continentali.8
Il legame fra geopolitica e sicurezza energetica nella regione del Mar Nero, tuttavia, ha
radici più profonde – e di più lungo periodo – di quanto emerse nel gennaio 2006 e
anche della questione dell’allargamento europeo.
http://www.isn.ethz.ch/news/sw/details.cfm?id=18698; e Aymeric Chauprade, François Thual,
Dictionnaire de géopolitique, Parigi, Ellipses, 2000.
6 Cfr. Jonathan Stern, The Russian-Ukrainian gas crisis of January 2006, Oxford, Oxford Institute for
Energy Studies, 16 gennaio 2006.
7 Jim Nichol, Steven Woehrel, Bernard A. Gelb, Russia’s Cutoff of Natural Gas to Ukraine: Context and
Implication, Washington, Congressional Research Service, RS22378, 15 febbraio 2006.
8 Federico Bordonaro, “Bulgaria, Romania, and the Changing Structure of Black Sea’s Geopolitics”,
PINR, 20 maggio 2005, http://www.pinr.com/report.php?ac= iew_report&report_id=302&language_
id=1
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1.1 L’importanza dell’area del Mar Nero per l’Europa
La politica di sicurezza in senso classico, politico-strategico, si occupa di rischi e minacce
rinchiuse nel concetto di hard security, cioè principalmente la sicurezza militare. In
un’epoca di veloce integrazione economica e finanziaria, contrassegnata anche dalla
rapida ascesa di nuove potenze regionali e globali, il concetto di sicurezza è stato però
esteso fino a comprendere quanto afferisce alla cosiddetta soft security: controllo dei flussi
migratori, lotta alle reti criminali e terroristiche e, appunto, la sicurezza energetica
occupano l’agenda strategica degli Stati, quanto se non di più della sicurezza “classica”.9
Contrariamente a quanto affermato da taluni teorici della globalizzazione, tuttavia,
l’emergere delle questioni di sicurezza economico-sociale non ha determinato né la fine
della sicurezza classica, né il declino irreversibile degli Stati nazionali.10 Al contrario, ha
mutato profondamente l’ambiente entro cui gli Stati si muovono, li ha costretti a
trasformarsi, ad adattarsi e a elaborare nuove strategie. Alle soglie degli Anni dieci del
nuovo secolo, le nazioni europee devono fare i conti sia con la sicurezza militare classica,
sia con la soft security.
La regione del Mar Nero gioca un ruolo molto delicato in tutti e due i sensi, e solleva
quattro questioni cruciali per i decisori europei.
1. Sul piano della sicurezza militare, l’allargamento verso sud-est avvicina l’Europa alle
frontiere mediorientali, all’Iran, all’Iraq e alla Siria, così come a quelle caucasiche. L’area
del Mar Nero è inestricabilmente legata a quella trans-caucasica e quindi alla regione
caspica, passerella per l’Asia centrale e centro-meridionale.
L’Europa, per il tramite di ONU e NATO, è impegnata sin dal 2001 nel contesto
afghano post-talebano; per tale motivo l’area che connette il Mar Nero all’Asia centrale
ha assunto un’importanza maggiore sul piano militare, in ragione delle necessità
logistiche per la NATO.11
Al contempo, l’Europa si è avvicinata alle aree dei cosiddetti “conflitti latenti” lasciati in
eredità dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica: Transnistria (in Moldova), Abkhazia e
Ossezia del Sud (in Georgia), Nagorno-Karabakh (in Azerbaijan) sono altrettante aree di
crisi in cui la possibilità che una missione di “mantenimento della pace” da parte
europea si renda necessario è in crescita.
9 Per gli aspetti della soft security nell’area del “Grande Mar Nero”, si veda Panagiota Manoli, “The Role of
the Black Sea Economic Cooperation (BSEC) in the Stability of the Region”, in Anne C. Aldis (a cura di),
Shaping an Environment for Peace, Stability & Confidence in the South Caucasus – The Role of
International & Regional Security Organizations, Camberley, Conflict Studies Reasearch Centre, luglio
2002, pp. 40-44.
10 Christian Harbulot, La main invisible des puissances, Parigi, Ellipses, 2005.
11 Si veda a questo proposito Cornell et al., The Wider Black Sea Region, pp. 13-16.
3
2. Sul piano energetico, la pressione dal lato della domanda sui mercati di petrolio e gas
naturale ha reso sempre più urgente la necessità di una strategia di sicurezza energetica
basata sulla diversificazione dei paesi fornitori e delle vie di trasporto – oltre che
ovviamente sull’efficienza, sul risparmio energetico e sulla diversificazione delle fonti
d’energia.
Di conseguenza, l’area del Mar Nero ha visto aumentare considerevolmente la propria
importanza, in quanto snodo imprescindibile per le vie di trasporto delle riserve azere,
turkmene, kazake, uzbeke e iraniane che, insieme a quelle nord-africane, possono essere
la chiave di volta per alleviare la dipendenza europea da Russia e area del Golfo persico
in materia di idrocarburi.
3. Il ruolo politico-diplomatico, economico e militare della Russia in tutta la grande area
che connette l’Asia centrale all’Europa centro-orientale è stato dapprima sottovalutato
(negli anni Novanta) e poi affrontato con un misto di timore reverenziale e
impreparazione. Il destino geografico ha dato a Mosca il controllo delle maggiori riserve
gassose dell’Eurasia. La storia ha plasmato il paesaggio politico-economico russo in
forme difficili, spigolose per la sensibilità europea, e al contempo ha conferito a Mosca
la capacità di servirsi di vie privilegiate nei rapporti con i paesi della riva orientale del
Caspio. Tutto ciò, per limitarsi a considerazioni di carattere economico, pone gli europei
di fronte alla scelta di quale strategia comune forgiare in ambito euro-atlantico per
garantire la propria sicurezza energetica.
4. Infine, la questione – sempre spinosa – dell’integrazione della Turchia nell’Unione
Europea si intreccia inevitabilmente con quella degli interessi europei nell’area del Mar
Nero. Ankara è a tutti gli effetti l’attore regionale che, per ragioni geografiche, politicomilitari e culturali, è in grado di influenzare positivamente o negativamente la politica
europea di sicurezza nella regione.
2. Il concetto di “Grande regione del Mar Nero”
Il concetto di “Grande regione del Mar Nero” trae le sue origini da due fatti
fondamentali. Il primo è il tentativo, fatto in gran parte per volere di Ankara dopo la fine
dell’URSS, di istituzionalizzare le relazioni economiche degli Stati del bacino del Mar
Nero, del Mar Egeo e del Mar Caspio (sponda occidentale) nell’Organizzazione per la
Cooperazione Economica del Mar Nero (Black Sea Economic Cooperation - BSEC).12
12
Cfr. http://www.bsec-organization.org/main.aspx?ID=About_BSEC.
4
Quindi Grecia, Albania, Serbia, Moldova, Armenia e Azerbaijan furono cooptati nel
progetto insieme agli Stati rivieraschi, pur non essendo direttamente bagnati dalle acque
del Mar Nero. L’interconnessione fra Adriatico, Mar Nero e Mar Caspio era evidente fin
dall’inizio per gli operatori economici ed energetici.
Il secondo è l’elaborazione del concetto più politico-strategico di Wider Black Sea Region
(WBSR) da parte del German Marshall Fund of the United States, quindi da un thinktank “euro-atlantico”, all’inizio del decennio in corso.
Studiosi come Ronald Asmus,13 Svante Cornell,14 Gareth Winrow15 fra gli altri hanno
messo bene in luce quanto lo spazio geografico-politico lungo la direttrice Mar CaspioBalcani fosse diventato ormai fondamentale per il controllo degli equilibri eurasiatici, per
i rapporti fra Russia e Occidente e per la solidità dell’asse euro-atlantico nei rapporti con
il Medio Oriente.
Si può discutere se la WBSR incorpori anche due paesi-chiave per l’approvvigionamento
energetico, Kazakistan e Turkmenistan, il cui sbocco al Mar Caspio è dal lato orientale
del grande “lago salato”. Sul piano della politica di sicurezza energetica, la risposta è il
più delle volte affermativa, data l’inseparabilità dei due paesi centrasiatici dalle dinamiche
geoeconomiche della direttrice Transcaucaso-Mar Nero-Europa centro-orientale.
In questo senso, tuttavia, la regione chiamata Greater Caspian Region e la Grande regione
del Mar Nero tendono a sovrapporsi, e si aprirebbe anche la questione dell’appartenenza
o meno dell’Iran alla WBSR.
Il concetto di Wider Black Sea Region è praticamente contemporaneo di quello di Greater
Middle East e la sua genesi è riconducibile alla rielaborazione dello spazio geopolitico da
parte statunitense agli albori del XXI secolo; in un periodo cioè, in cui la minaccia delle
reti terroristiche di ispirazione islamica, le ambizioni militari dei cosiddetti “Staticanaglia”, l’ascesa della potenza cinese, il tentativo russo di tornare potenza globale e la
sfida per le risorse strategiche divengono aspetti distinti ma correlati della sfida al
primato statunitense nel sistema internazionale.
Sul piano storico e geopolitico, la regione allargata è divenuta, dopo la fine della Guerra
fredda, un’ampia area-perno che mette in comunicazione l’asse euro-atlantico con la
Russia, l’Asia centrale e il mondo medio-orientale, e in cui la centralità della Turchia
appare evidente fin da una semplice occhiata alla carta geografica.
La regione “allargata” che ha il Mar Nero come perno è quindi anche limes culturale fra
Ronald D. Asmus, Bruce P. Jackson, “The Black Sea and the Frontiers of Freedom”, Policy Review, n.
125, giugno-luglio 2004, pp. 17-26; e Ronald D. Asmus (a cura di), Next Steps in Forging a Euro-Atlantic
Strategy for the Wider Black Sea Region, Washington, The German Marshall Fund of the United States, 2006.
14 Cornell et al., The Wider Black Sea Region
15 Gareth M. Winrow,“Energy Security in the Black Sea-Caspian Region”, Perceptions, vol. X, autunno
2005, pp. 85-98.
13
5
l’Occidente, la Russia – sempre alle prese con la secolare questione del suo rapporto con
l’Europa – e il mondo musulmano. Ciò esula a prima vista dal tema della sicurezza
energetica, ma è invece collegato al problema per il semplice fatto che accordi energetici
sono possibili entro un quadro politico-diplomatico in cui le relazioni culturali giocano,
ovviamente, un ruolo delicato.
A rendere ancor più complessa la materia, tuttavia, è il fatto che la regione stessa si
presenta estremamente composita, per ragioni storiche ben note.16 A un osservatore
attento non può sfuggire il fatto che il considerarla come regione unitaria è una
elaborazione del pensiero strategico delle grandi potenze. È certamente vero che la
realtà geografica delle risorse, delle vie di trasporto e delle poste in gioco territoriali è un
dato che oggettivamente unisce concettualmente i rapporti fra le nazioni e le regioni
dell’area. È però altrettanto vero che le differenze culturali, sociali e politiche
sedimentatesi lungo il corso della storia non possono che influire a loro volta, rendendo
improbabile – se non impossibile – l’unitarietà delle percezioni dei vari attori regionali
riguardo ai propri interessi nello spazio del Mar Nero.
3. Contesto, progetti, prospettive
Per usare i concetti del geografo e geopolitologo statunitense Saul Bernard Cohen,17 essa
potrebbe diventare una “porta” (gateway) in grado di mettere in comunicazione in modo
virtuoso l’area geostrategica occidentale, a conduzione statunitense e incentrata sul
dominio dei mari, con quella eurasiatica imperniata sulla potenza russa e con l’area
mediorientale. Oppure potrebbe diventare una grande “area di frattura” (shatterbelt) nel
sistema internazionale, cioè contraddistinta da conflitti regionali peggiorati
dall’ingerenza di grandi potenze esterne.
Tutti i conflitti di tipo identitario e territoriale della regione18 rischiano di “scongelarsi” o
di acuirsi qualora i rapporti fra Russia e Occidente non migliorassero o addirittura
peggiorassero.19 Senza la cooperazione fra Alleanza atlantica e Russia è difficile infatti
immaginare missioni congiunte di mantenimento della pace dotate della necessaria
efficacia.
La possibilità di degenerazione dei conflitti latenti pone seri interrogativi in tema di
sicurezza energetica. La capacità di alcuni Stati di assicurare la continuità nelle forniture
energetiche, grazie a oleodotti e gasdotti che attraversano il loro territorio, sarebbe
infatti dimidiata qualora i guerriglieri separatisti decidessero di colpire tali infrastrutture.
Charles King, Storia del Mar Nero dalle origini ai giorni nostri, Roma, Donzelli, 2005.
Saul B. Cohen, Geopolitics of the World System, Lanham, Rowman and Littlefeld, 2003.
18 I cosiddetti “conflitti congelati” in Transnistria, Abkhazia, Ossezia del Sud, Nagorno-Karabakh.
19 “Putin Warns NATO Against Further expansion to Russia’s Borders”, RIA-Novosti, 4 aprile 2008.
16
17
6
Alcune fonti hanno rivelato come alcuni gruppi combattenti, come a esempio le milizie
armene del Nagorno-Karabakh, abbiano studiato la possibilità di colpire oleodotti azeri
in caso di guerra.20 La Georgia, in caso di guerra aperta contro i separatisti osseti o
abkhazi, vedrebbe aumentare il rischio di danneggiamenti gravi delle proprie
infrastrutture in modo considerevole.
I conflitti di tipo identitario e territoriale sono quindi fattori di rischio elevato per la
sicurezza energetica.
Sul piano invece politico-diplomatico, il problema dell’integrazione turca nell’UE,
osteggiata ora più che in passato da parte di alcuni Stati-chiave dell’Unione, avrà
influenza sul rapporto Europa-Turchia-Russia. Un’Europa fredda nei confronti della
Turchia potrebbe ispirare una collaborazione di Ankara con Mosca disarmonica con gli
interessi energetici europei. In altre parole, la Turchia potrebbe favorire le strategie russe
di accentuazione del controllo di Mosca sulle vie di trasporto delle risorse del Caspio,
privilegiando progetti russi alternativi a quelli euro-atlantici.21
Infine, l’orientamento geostrategico di alcuni Stati dell’area, primi fra i quali l’Ucraina e
la Georgia, avrà influenza sulla sicurezza energetica europea. Mosca ritiene una grave
minaccia alla propria sfera d’influenza l’integrazione di Kiev e Tbilisi nell’architettura di
sicurezza euro-atlantica. Di conseguenza, il Cremlino è impegnato in una dura battaglia
per l’influenza nei due paesi e usa il controllo dei flussi energetici come leva per
condizionarne la politica estera - come ormai ben noto.
Appare del tutto evidente che l’Unione Europea ha interesse da un lato a intrattenere i
migliori rapporti diplomatici possibili con Russia e Turchia, dall’altro a puntare con
decisione sul massimo grado di diversificazione delle fonti e delle vie di
approvvigionamento di idrocarburi.
3.1 Il corridoio Mar Caspio-Mar Nero-Europa centro-orientale
Per la sicurezza energetica europea, le risorse del Caspio sono una posta in gioco di
cruciale importanza. Al contempo, una strategia europea ed euratlantica efficace per
sfruttare il potenziale delle riserve di gas naturale e di petrolio provenienti dai paesi della
parte orientale del Caspio non può che guardare alla regione del Mar Nero come area di
transito. Solo la direttrice Caspio-Transcaucaso verso Turchia e Mar Nero rappresenta
infatti un’alternativa alle strategie russe.
La diplomazia energetica di Mosca nell’area è infatti basata sul tentativo di convogliare le
Si veda Carlo Frappi, Il Transcaucaso nella politica estera della Turchia, Milano, ISPI, 2006, p. 26, n. 94,
www.ispionline.it/it/documents/wp_3_2006.pdf.
21 Sui possibili effetti dell’integrazione turca nell’UE in termini di equilibri geopolitici, cfr. Saul B. Cohen,
“The Geopolitics of Turkey’s Accession to the European Union”, Eurasian Geography and Economics, vol 45,
n. 8, dicembre 2004, pp. 575-582.
20
7
riserve di Kazakistan e Turkmenistan verso nord, in direzione della Federazione Russa,
per poi rivenderle all’Europa attraverso vie di trasporto controllate da Gazprom o altri
grandi gruppi russi.
Le riserve centrasiatiche sono la chiave di volta del “grande gioco energetico” fra Russia
e Occidente, il che rende la Grande regione del Mar Nero la zona in cui la competizione
per l’influenza fra UE e NATO da un lato e Mosca dall’altro è più acuta. I giacimenti
petroliferi e gassosi kazaki (si pensi a Kashagan) e le riserve gassose turkmene in
particolare (vaste anche nel caso probabile in cui esse siano decisamente minori di
quanto affermato da Ashgabat) sono quindi al centro di complesse dinamiche politiche.
Al giorno d’oggi l’unico gasdotto funzionante che trasporti riserve centrasiatiche fuori
dalla regione d’origine, quello che unisce Turkmenistan, Uzbekistan e Kazakistan, corre
in direzione nord, verso la Russia. Ashgabat e Astana sono state al centro della
diplomazia energetica del Cremlino e in particolare del viaggio di Vladimir Putin del
maggio del 2007.
3.2 Il problema visto da Mosca
Mosca percepisce tre progetti in particolare come minacce alla propria politica
energetica. La ragione è che tali progetti euro-atlantici sono in grado di alleggerire
considerevolmente la dipendenza europea dalla Russia.
1. Il primo è il celebre BTC, l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan,22 accompagnato dal
gasdotto Baku-Erzurum. Tale opera, fortemente voluta da statunitensi e britannici sin
dagli Anni novanta, è coincisa con il riorientamento pro-NATO e pro-UE di Georgia e
Azerbaijan. Il BTC è entrato in funzione nel maggio del 2005 e con i suoi 1768 km è il
più lungo oleodotto al mondo dopo il Druzhba russo. Secondo i piani, nel 2009
dovrebbe trasportare in direzione Turchia un milione di barili di greggio azero al giorno.
Nel dicembre 2006 è entrato in funzione anche il Baku-Tbilisi-Erzurum (South
Caucasus Pipeline, SCP), che trasporta in Turchia il gas naturale azero dei giacimenti di
Shah Deniz.
BTC e SPC sono ormai in funzione. Ma gli altri due progetti in questione incontrano
numerose difficoltà.
2. Il gasdotto “trans-caspico” (Trans-Caspian gas pipeline, TCP) fu proposto in origine
dagli Stati Uniti nel 1996. L’opera dovrebbe permettere di portare il gas naturale
22 Su cui si veda S Frederick Starr, Svante E. Cornell (a cura di), The Baku-Tbilisi-Ceyhan Pipeline: Oil Window
to the West, Washington-Uppsala, Central Asia-Caucasus Institute & Silk Road Studies Program, 2005,
http://www.silkroadstudies.org/new/inside/publications/BTC.pdf e anche Gawdat Bahgat, American Oil
Diplomacy in the Persian Gulf and the Caspian Sea, Gainesville, University Press of Florida, 2003.
8
turkmeno in Europa centrale eludendo il territorio russo, unendo Turkmenbashi a Baku.
Inoltre, il TCP potrebbe connettersi a un gasdotto Kazakistan-Turkmenistan e quindi
convogliare in Azerbaijan anche il gas kazako. Nel 1999, una serie di accordi fra Turchia,
Azerbaijan, Georgia e Turkmenistan sembrarono porre le basi per la sua effettiva
realizzazione. Tuttavia, sin da subito Russia e Iran minacciarono di opporsi alla sua
costruzione sulla base di dispute legali ancora irrisolte al riguardo delle acque territoriali
del Caspio. Inoltre, fu data precedenza alla costruzione del Baku-Erzurum in seguito alla
scoperta dei giacimenti di Shah Deniz in Azerbaijan.
Fonte: www.oilandglory.com
Ma negli ultimi due anni il progetto di gasdotto trans-caspico è tornato prepotentemente
sulla cresta dell’onda, allorché l’Unione Europea ha constatato con preoccupazione gli
effetti della propria eccessiva dipendenza da Mosca in materia di gas naturale.23 Ciò
nonostante, il progetto resta in bilico soprattutto in quanto la contemporanea offensiva
diplomatica russa ne limita i vantaggi commerciali. Vladimir Putin è infatti riuscito a
cooptare Turkmenistan e Kazakistan nel progetto di rafforzamento delle capacità della
pipeline centrasiatica in direzione Russia. È vero che Ashgabat e Astana continuano a
Robert M. Cutler, “A New Chance for the Trans-Caspian Gas Pipeline?”, Asia Times OnLine, 28
febbraio 2007, http://www.robertcutler.org/blog/2007/02/a_new_chance_for_the_transcasp.html.
23
9
dirsi interessate al TPC, ma è anche vero che l’entusiasmo per quest’ultima opera è stato
raffreddato dall’alternativa proposta da Mosca.
Per il momento, il progetto TPC resta però in piedi soprattutto perché il Turkmenistan
di Gurbanguly Berdimukhammedov, successore del controverso Saparmurat Niyazov,
sembra optare per una politica estera “multi-vettoriale” simile a quella del Kazakistan
attuale.24
A inizio giugno 2008, il progetto sembra avere un forte ritorno d’interesse,25 anche
grazie a un accordo firmato a fine maggio fra Ashgabat e Bruxelles per lo sfruttamento
delle risorse del paese centrasiatico. Tuttavia, al momento la gran parte del gas naturale
turkmeno (prodotto in 73 bilioni di metri cubici nel 2007) si incammina ancora verso la
Russia, mentre la Cina dal 2009 beneficerà del trasferimento di 30 bilioni di metri cubi di
gas annui dai giacimenti turkmeni.26 La competizione è quindi ardua.
3. Infine, il progetto Nabucco, connesso ormai con il TPC, è fortemente osteggiato da
Mosca. Il Nabucco è stato concepito come pipeline in grado di connettere Erzurum, in
Turchia, con Baumgarten, Austria, attraverso Bulgaria, Romania e Ungheria. La major
turca Botaş, l’OMV austriaca, la MOL ungherese, Transgaz (Romania) e Bulgargaz
(Bulgaria) sono i cinque azionisti del progetto. Ma l’idea di fondo è di connettere a
questo tratto anche risorse provenienti da Iran ed Egitto, oltre a quelle kazake, turkmene
e azere convogliate in Turchia da Baku. Esso si connetterebbe infatti al SCP (BakuErzurum), e quindi anche anche a al TPC (Turkmenbashi-Baku) se mai realizzato, ma
anche al gasdotto turco-iraniano di cui si è discusso negli ultimi anni.
Su cui si veda Federico Bordonaro, Kazakhstan: i grandi lo corteggiano, ma cresce l’imbarazzo per la sua politica,
Milano, ISPI, Policy Brief, novembre 2007, http://www.ispionline.it/en/documents/pb_66_2007.pdf.
25 Kostis Geropoulos, “EU Bets on Turkmenistan for Trans-Caspian Pipeline”, The European Weekly, 2
giugno 2008.
26 Today’s Zaman, 28 maggio 2008.
24
10
Fonte: www.nabucco-pipeline.com
Il progetto Nabucco è andato incontro a una serie di difficoltà tecniche e soprattutto
politiche. La decisione dei cinque membri del consorzio sulla sua realizzazione doveva
essere presa entro la fine del 2007, ma ciò non è stato. Il Nabucco ha sofferto la forte
concorrenza di progetti sponsorizzati da Mosca, ma anche della capacità russa di
cooptare alcuni governi dei paesi interessati in nuove opere. Turchia, Bulgaria, Ungheria
e Austria sono state interessate da tale diplomazia energetica russa.
La Turchia, grazie al riavvicinamento turco-russo di cui si è parlato, è coinvolta
nell’importante opera Blue Stream, che connette il giacimento russo di Izobilnoye al
terminale turco di Durusu, presso Samsun, attraverso il Mar Nero. La Bulgaria è invece
la pièce centrale del South Stream, nato da un accordo ENI-Gazprom. South Stream
connetterà la stazione di Beregovaya (costa russa del Mar Nero) al porto bulgaro di
Varna e poi si diramerà in due direzioni: una verso sud-ovest, verso la Grecia e poi il
Mar Ionio per raggiungere infine l’Italia; l’altra verso nord in direzione Romania,
Ungheria e Slovenia per poi raggiungere Austria e Italia.
Nonostante le difficoltà, il Nabucco dovrebbe essere costruito fra il 2010 e il 201327. Gli
Stati Uniti hanno inoltre promesso “più appoggio diplomatico” al progetto, evocando il
27 Si veda http://www.nabucco-pipeline.com.
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loro impegno nella realizzazione del Baku-Tbilisi-Ceyhan.28
Il Commissario per le relazioni esterne dell’UE, Benita Ferrero-Waldner, ha inoltre
annunciato nel maggio 2007 che l’Iraq sarebbe disposto a fornire 5 bilioni di metri cubi
di gas annui, e che Egitto, Giordania, Libano e Siria, dell’Arab Gas Consortium,
sarebbero disposti a partecipare al progetto fornendo due bilioni di metri cubi di gas
annui,29 attraverso il “link” dall’Egitto alla Turchia – sempre più il vero e proprio perno
geografico della politica energetica europea.
Pur fra molti ostacoli, il Nabucco resta quindi per ora in piedi a dispetto delle molte
analisi che lo davano per morto.
Da parte russa, questi progetti sono percepiti come un attacco alla propria posizione
dominante per quanto concerne il controllo delle risorse della riva orientale del Caspio.
Mosca ha alacremente lavorato al progetto Caspian Pipeline Consortium (CPC) per
garantire il flusso del gas kazako verso la Federazione Russa, per poi smistarlo in Europa
attraverso la rete di gasdotti esistenti.30 Come nota Ivan Rubanov, “non si può parlare di
vittoria della Russia nella lotta per gli idrocarburi del Caspio. Non è chiaro dove saranno
indirizzati i volumi aggiuntivi di petrolio kazako, se nella sottoutilizzata pipeline Ptc o
nel russo CPC”.31
Fonte: www.cpc.ru
“U.S. Throws Weight behind EU’s Nabucco Pipeline”, Reuters, 22 febbraio 2008.
Ahto Lobjakas, “EU: Nabucco Looks To Middle East For Gas”, Radio Free Europe/Radio Liberty, 6
maggio
2008,
http://www.rferl.org/featuresarticle/2008/05/CBF88C99-56C5-4010-A104F17F8B4A1BF2.html.
30 Ivan Rubanov, “I quattro pilastri della strategia energetica”, Limes, n. 3, 2008, pp. 143-152.
31 Ivi, p. 151.
28
29
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Conclusioni
L’area del “Grande Mar Nero”, che connette i tre mari (Adriatico, Nero e Caspio) sulla
direttrice ovest-est, e che è perno fra Europa centro-orientale, Russia e Medio Oriente, è
al centro di un complesso gioco politico-diplomatico, strategico ed economico in cui
l’equilibrio di potenza fra Russia e Occidente (asse euro-atlantico) e la competizione per
le risorse strategiche sono aspetti dinamici ad alto potenziale conflittuale. Tale contesto
non può però essere compreso secondo una logica di blocchi contrapposti. Attori come
la Turchia, ma anche come le repubbliche ex sovietiche dell’Azerbaigian, del Kazakistan
e del Turkmenistan hanno optato per una politica estera tesa a massimizzare i propri
interessi guardando con favore a partenariati strategici sia con l’asse euro-atlantico, sia
con la Russia, sia però – sempre più frequentemente – anche con la Cina. Proprio
Pechino, potenza in ascesa spinta a diversificare il più possibile le proprie fonti di
approvvigionamento energetico, sembra destinata a giocare un ruolo di maggior peso
nella diplomazia energetica dell’area del Caspio nei prossimi anni.
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Federico Bordonaro è analista di politica internazionale e geopolitica per Equilibri.net e
il Power and Interest News Report (PINR).
È co-autore de La potenza incompiuta. Scenari di sicurezza europea nel XXI secolo (Roma,
Franco Angeli, 2005) e autore di decine di articoli per Asia Times Online, PINR, ISNSecurity Watch, Global Agenda, Terrorism Monitor.
È docente di geopolitica al “Master in geopolitica e sicurezza internazionale”
dell’Università di Roma “La Sapienza” e di analisi delle relazioni internazionali per
Equilibri.net.
Le sue aree di studio e ricerca sono la storia del pensiero geopolitico, la storia
dell’Europa orientale e le relazioni Europa-Russia, la PESD, la regione del Mar Nero, le
operazioni di peacekeeping, la sicurezza energetica.
e-mail: [email protected]
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