Ae thnic - Uniontrade

Transcript

Ae thnic - Uniontrade
A
e thnic
Il periodico italiano del cibo etnico
NUMERO
01
LUGLIO 2010
NEGOZIO/1
RISO, IL RE
DELLA TAVOLA
LE SUE ORIGINI
RISALGONO A
15MILA ANNI
FA E OGGI
È L’ALIMENTO
PIÙ DIFFUSO
DEL GLOBO
NUOVI ARRIVI
UNA VETRINA
DA SCOPRIRE
BEVANDE, RISO, SOIA
E TANTO ALTRO.
ECCO LE ULTIME NOVITÀ
PAESI
SPECIALITÀ
DAI CONTINENTI
ZENZERO, GUARANÀ,
CACAO E TUTTE LE ALTRE
NOVITÀ DA ASIA,
SUD AMERICA E AFRICA
AZIENDE
UNIONTRADE
UNA SEDE DI 8.500 METRI
QUADRI, UN CASH&CARRY
CHE FUNZIONA, UN
FATTURATO IN CRESCITA
NEGOZIO/2
WOK, TUTTI
LO VOGLIONO
LA PENTOLA CINESE CHE
PIACE ANCHE AI CUOCHI
OCCIDENTALI
TASTE OF HOME
A CASA IN TUTTO
il mondo
È l’ultima linea
di prodotti Nestlé
e ha già raggiunto
mille punti vendita
in tutta Europa.
Perché QUELLO
DEL CIBO etnicO
è un mercato in forte
espansione, che cresce
del 50% l’anno
RISTORANTE ALLA SCOPERTA DELLO ZEN, DOVE GIAPPONE FA RIMA CON INNOVAZIONE
01
eAthnic
SOMMARIO
COVER STORY
COVER
STORY
04-08
Taste of home: Il mondo è la nostra casa
Alexander Klein ci racconta la filosofia della linea Nestlé
dedicata ai nostalgici e agli amanti del cibo etnico
PAESI
PAESI
Asia/Giappone
10-15
10-11
Zenzero, il rimedio millenario
Sudamerica/Brasile
12-13
Africa
14-15
Guaranà, tentazione irresistibile
Cacao, gusto inebriante
AZIENDE
AZIENDE
Uniontrade
16-19
16-18
La qualità fa la differenza
Brevi
Kikkoman, Kikko, Royal Umbrella, Nisshin e Mori-nu
NEGOZIO
NEGOZIO
Il riso
19
20-27
20-23
Il riso abbonda sulla bocca di tutti
Un prodotto mille qualità
10
02
Da tutto il mondo una vetrina per una giusta scelta
20
24-25
Il punto vendita
25
Wok in progress
26-27
Milano, New Continental Market
Mangiare sano senza rinunciare al gusto. Risparmiando tempo
RISTORANTI
RISTORANTI
Lo Zen è un ristorante
28-31
28-29
Il locale che ha cambiato le regole del sushi a Milano
Intervista a Pietro Leemann
30
Prodotti per la ristorazione
31
Dalle montagne svizzere passando per Cina e Giappone
un nuovo modo di essere chef
NEWS
NEWS
Mercato, salute e tendenze
32
28
30
16
EDITORIALE
01
Alla scoperta
del cibo etnico
I
l nome non lascia dubbi. Eathnic, cioè
Eat più ethnic: insomma, il primo giornale
dedicato al cibo etnico in Italia e alla
sua cultura. Eathnic si rivolge a chi se ne
occupa professionalmente: commercianti
e ristoratori, innanzitutto, ma anche
aziende produttrici, importatori. Anche se
crediamo che non mancheranno i semplici
appassionati che si divertiranno a sfogliare
le coloratissime pagine della rivista.
Pagine in cui presenteremo soprattutto prodotti
alimentari pensati per le molte comunità straniere che
vivono in Italia. Non poteva mancare quindi, nel primo
numero, un’intervista ad Alexander Klein, manager di
Nestlé e responsabile della linea Taste of Home, che ci
parla del grande successo del cibo etnico e halal in tutto
il mondo, Italia compresa.
Come pure un ampio articolo su Union Trade, che
di Taste of Home è il diretto interlocutore, essendo
il principale importatore di cibo etnico in Italia. Si parla
anche di ristoranti. Come lo Zen di Milano, che ha
inventato un format di ristorazione giapponese di nuova
generazione, molto imitato in tutta Italia. Ma parliamo
anche di Joia, sempre a Milano, il cui chef e fondatore
Pietro Leemann (una stella Michelin) ci racconta di come
le tradizioni orientali (indiana, cinese, giapponese) hanno
influenzato la sua cucina d’autore vegetariana.
Perché il cibo etnico non è solo la risposta ai bisogni
delle comunità straniere, ma anche una straordinaria
fonte di ispirazione per altre cucine, inclusa quella
italiana e, anzi, crediamo che dagli incontri di culture
diverse non possano che nascere sviluppi interessanti.
Eathnic nasce proprio per questo: valorizzare il cibo
etnico, farlo conoscere sempre meglio, proporne gli
aspetti migliori e più interessanti, farlo entrare sempre
più nel “carrello della spesa” di chi vive in Italia, sia che
ci sia nato, sia che venga da fuori.
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eAthnic
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APPENA ARRIVATI
01. Rubicon mango juice, succo di mango da un litro, provenienza Inghilterra 02. Yeo’s soy bean drink, latte di soia
da un litro. Provenienza Malesia 03. S&B wasabi tube, pasta di wasabi in tubetto da 43 grammi. Provenienza Giappone
04. Riso okomensan, riso per sushi da 1 chilo. Provenienza Italia 05. Tilda basmati rice, riso basmati da un chilo. Provenienza
Inghilterra 06. Postobon uva, bevanda gasata al sapore di uva da 2.5 litri. Provenienza Colombia 07. Lungkow vermicelli Vermicelli
di riso da 250 grammi. Provenienza Cina 08. Exeter corned beef, carne in scatola da 340 grammi. Provenienza Argentina 09. Nestlé
nestomalt, bevanda solubile al gusto malto da 400grammi. Provenienza Sri Lanka 10. Kikkoman soy sauce, salsa di soia da 150
grammi. Provenienza Giappone 11. Kathay latte di cocco, latte di cocco per dolci da 400 grammi. Provenienza Thailandia 12. Kathay
latte di cocco, latte di cocco per cucina da 400 grammi. Provenienza Thailandia 13. Nissin cup noodle, pastina istantanea in bicchiere
al gusto di granchio da 75 grammi. Provenienza Cina 14. Kirin ichiban beer, birra giapponese da mezzo litro. Provenienza Giappone
03
COVERSTORY INTERVISTA/Alexander Klein
TASTE OF HOME
IL
MONDO
È LA
NOSTRA
CASA
Un marchio che raggruppa
i migliori prodotti destinati al
mercato alimentare mondiale.
È la filosofia della linea nestlé
dedicata ai «nostalgici» e agli
amanti dell’etnico
04
Internazionale
Da 24 anni in Nestlé,
Alexander Klein è
oggi responsabile del
marchio Taste of Home
in Nestrade, la società
commerciale del gruppo.
Amante dell’etnico e
dei sapori piccanti, è lui
stesso un mix di culture:
svizzero tedesco di
madre svizzera francese,
ha una moglie inglese.
eAthnic
IN CRESCITA Il cibo etnico va sempre meglio, con
incrementi del 50% circa anno su anno. La filosofia dei
prodotti Taste of Home, la linea Nestlé dedicata al cibo
etnico, tiene conto delle comunità più presenti in Italia,
ovvero quella rumena e balcanica e quella nordafricana.
A
Innanzitutto facciamo chiarezza: Taste of Home non è un prodotto Nestlé.
Esatto. I nostri prodotti etnici hanno le loro marche: Maggi, Nido, Carnation, Nestlé stessa eccetera. Taste of Home è un concetto “ombrello”, una
filosofia che racchiude tutti i nostri prodotti adatti a un consumo etnico”.
E quali sono i principi guida?
Partendo dal fatto che nel mondo la gente si sposta sempre di più,
abbiamo voluto creare un nome riconoscibile che accomuna i cibi
dedicati a chi cerca i sapori di casa pur vivendo lontano dal suo paese d’origine. Ma attenzione: i nostri prodotti competono con una
distribuzione molto frammentata, che offre poche certezze sulla
qualità. I prodotti Taste of Home, invece, sono compliant, cioè rispondenti
alle leggi di ogni paese in cui vengono venduti; sono perfettamente
s
lexander Klein è nato nei pressi di Basilea ed è quindi svizzero tedesco, anche se sua madre è svizzera francese e sua
moglie inglese: un bel “melting pot” vivente. Ma soprattutto
ha vissuto quattro anni in Costa d’Avorio: “Un’esperienza utile spiega - per conoscere i consumatori e capire dove batte il loro
cuore”. Già, perché i consumatori che Alexander ha in mente sono
principalmente gli acquirenti di cibo etnico. Persone che cercano
i sapori di casa pur vivendo spesso molto, molto lontano da casa.
Klein lavora alla Nestlè da 24 anni e oggi il suo ruolo è all’interno
di Nestrade, una struttura che ha il compito di aprire nuove strade,
sviluppando nuovi mercati. Fra i suoi compiti c’è anche la guida di
Taste of Home, il nome che tutti coloro che operano nel settore del
cibo etnico conoscono molto bene.
05
COVERSTORY INTERVISTA/taste of home
UN MONDO DI SAPORI Leggi
diverse, lingue diverse, etichette
diverse. Commercializzare prodotti
internazionali destinati al mercato
etnico è complesso. La qualità però
è sempre la stessa perché - spiega
Alexander Klein - “per noi Taste of
Home è un concetto legato al piacere
e alla qualità del cibo”.
«
TASTE OF HOME È
PRESENTE PRESSOCHÉ
IN TUTTI I PAESI
EUROPEI, DALLA
SCANDINAVIA ALLA
GRECIA, ATTRAVERSO
DISTRIBUTORI LOCALI»
al dettaglio, i nostri prodotti si trovano innanzi tutto nei piccoli negozi
alimentari familiari, i cosiddetti “mom and pop shops”, nonché sempre
più nei supermercati.
Un business complesso.
Eccome. Leggi diverse, etichette diverse, lingue diverse, prodotti diversi: dal
punto di vista logistico, un bel rompicapo. E vorrei insistere sulla qualità:
il dado Maggi prodotto e venduto in Africa è identico a quello venduto
in Germania. Per noi Taste of Home è un concetto legato al piacere e
alla qualità dl cibo: tanto è vero che il suo colore è il nero, tipicamente il
colore dei prodotti esclusivi. Pensi a Nespresso…
E i consumatori finali, invece, chi sono?
Abbiamo segmentato il nostro pubblico in tre. Ci sono i “nostalgic”,
cioè le persone che cercano i sapori con cui sono cresciuti. Un esempio?
Il latte in polvere Nido, che in Africa è popolarissimo: per un africano
che vive in Europa, comprare il latte Nido è anche un fatto emotivo
molto forte, non solo un bisogno. Poi c’è la clientela “exotic”, cioè
gli occidentali che ricercano gusti lontani dalla loro cultura, magari
scoperti in vacanza: una componente importante e in crescita, se già
il 50% circa dei clienti dei negozi di quartiere è composto da locali e
non da stranieri. Infine il grande mercato “halal”, rivolto ai musulmani
che acquistano cibo coerente con i loro precetti religiosi.
Chi sono i vostri clienti?
Siamo presenti in pressoché tutti i paesi europei, dalla Scandinavia alla
Grecia, attraverso distributori locali. Dal punto di vista dei canali di vendita
06
s
tracciabili, cioè per ogni prodotto è possibile conoscere tutta la filiera di
produzione; sono sani e di qualità. Insomma, offrono garanzie precise ai
consumatori e quindi anche ai distributori locali.
eAthnic
PRODOTTI
NESCAFÉ
CAFFÉ
AMERICANO
Prodotto in Costa
d’Avorio, il celebre
caffè solubile è
un prodotto halal
(ovvero lecito per
il mercato arabo).
MAGGI CHILLI
SAUCE
SALSE PICCANTI
Prodotte in Malesia,
le salse Maggi sono
disponibili in tre
versioni: con aglio,
mild e extra hot. Ideali
per accompagnare
la carne.
NESTLÉ NIDO
LATTE
IN POLVERE
Latte in polvere prodotto in
Olanda e certificato halal,
Nestlé Nido si presenta in
diversi formati: 400 g, 900 g,
1.800 g, 2.500 g.
CARNATION
CONDENSED
MILK
LATTE CONDENSATO
Prodotto in Olanda e
Germania, anche per
il mercato islamico
(certificato halal). È un
prodotto indicato sia in
cucina per la preparazioni
di dolci, sia a tavola.
MAGGI INSTANT
NOODLES
PASTINE ISTANTANEE
Le pastine in diversi gusti
di Maggi (prodotte in
Malesia) sono certificate
halal e disponibili in
diversi gusti: Curry Mild,
Chicken, Assam Laksa
e Curry Hot.
MAGGI
CHORBA
ZUPPE
Prodotte
in Marocco
e in Francia,
le zuppe stile
Chorba di Maggi
sono disponibili
in tre versioni:
Chorba Soup,
Chorba Titli Soup
e Harira Soup.
07
COVERSTORY INTERVISTA/taste of home
LA STORIA
Etnico
autentico
DAL 2004 TASTE OF
HOME PORTA IN GIRO
PER IL MONDO I SAPORI
ETNICI. PROTAGONISTA
LOGISTICO È PERÒ
NESTRADE CHE SI OCCUPA
DI IMPORT ED EXPORT
eAthnic
Ultima nata nella famiglia Nestlé è la linea Taste of Home, dedicata alla cucina etnica. Introdotta in
Olanda nel 2004, la nuova offerta ha ampliato il suo pubblico fino a raggiungere più di mille punti
vendita in tutta Europa. Un mercato in forte espansione - intorno al +50% annuo - che oggi conta
circa 100 referenze. Ce n’è per tutti i gusti: salse, drink e dolci, ma anche noodle, condimenti, creme
e caffè. Tutti rigorosamente confezionati nei rispettivi paesi d’origine, per lo più Asia e Africa.
Taste of Home rivolge le sue ricette a un cliente globale. Non solo ai diversi gruppi migranti
residenti in Europa, ma anche agli stessi europei, sempre più spesso in cerca di qualcosa di nuovo
per i propri menù. Parlano chiaro i tre principi ispiratori del brand: primo tra tutti il carattere
nostalgico, rivolto a chi vive lontano da casa, ma non vuole rinunciare ai sapori della propria infanzia.
C’è poi il gusto esotico, capace di sedurre anche i più arditi gastronauti. Infine il valore religioso:
la maggior parte dei prodotti è infatti conforme ai requisiti halal, che in arabo significa “lecito”,
conforme cioè alla legge islamica. Quello della certificazione halal è per Nestlé un ambito strategico,
paria a circa il 5% del fatturato aziendale, destinato a crescere ulteriormente, non solo negli
alimentari etnici, ma anche nei locali della grande distribuzione.
Protagonista logistico sarà Nestrade, firma proprietaria specializzata nell’import/export
di ingredienti, pietanze e dispositivi di lavorazione. Una realtà attiva su scala globale, che
quotidianamente riempie i nostri scaffali di golosità provenienti da tutto il mondo. Per farci
assaporare cibi che fino a poco fa potevamo solo sognare.
Il mercato halal è in espansione?
Fortissima. L’Halal Forum dell’Aia stima che in Europa il potenziale fatturato
del cibo halal sia di 11 miliardi di dollari, cui si aggiungono 9 miliardi di cibo
etnico: 20 miliardi complessivi. C’è, ad esempio, un filone interessante di
cibo halal ma non etnico, rivolto a quei giovani musulmani che amano il
cibo occidentale ma rispettano i precetti della loro religione: hamburger
halal, lasagne halal… Naturalmente Nestlé, che è il primo gruppo alimentare al mondo, ha grandi competenze, con 85 stabilimenti halal in Asia e
Africa, e offre le migliori garanzie.
Parliamo dell’Italia. Come va il mercato del cibo etnico, da noi?
In linea con il resto dell’Europa, e cioè con incrementi del 50% circa anno
su anno. In Italia abbiamo un forte rapporto con Uniontrade, principale
distributore del mercato.
Quali sono i blockbuster, i prodotti più venduti nel nostro paese?
In Italia la nostra distribuzione tiene conto delle comunità più presenti,
cioè quella rumena, quelle di area balcanica oltre a quella nord africana.
Detto questo, in Italia vengono venduti circa 60 prodotti della nostra
linea su un totale di 84 in catalogo. I più popolari? I latti: quello in polvere della Nido, quello condensato Nestlé e quello liquido Carnation.
I prodotti Maggi, fra cui i noodles e le zuppe. E poi una nuova linea di
zuppe a marchio Torchyn, provenienti dall’Ucraina.
n
Per finire: qual è il suo prodotto preferito?
Facile: mi piace tutto l’etnico purché sia extra-hot, molto piccante! Se
devo indicare un prodotto scelgo i Two minutes noodles della Maggi,
provenienti dalla Malesia.
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ACQUIRENTI TIPO Chi cerca i “sapori di casa”?
Sicuramente i nostalgici, coloro che vivono a
centinaia di chilometri da casa. Ma anche gli amanti
dei sapori esotici, scoperti magari in vacanza, che
sono sempre più numerosi. E poi c’è il mercato halal,
ovvero quello rivolto ai musulmani che richiedono
prodotti della tradizione (ma anche occidentali)
preparati secondo i precetti religiosi.
09
PAESI
ASIA/GIAPPONE
ZENZERO
IL RIMEDIO
MILLENARIO
Dolci, pietanze orientali. Ma anche piatti della tradizione
italiana. questa pianta è diffusa un po’ dappertutto nel
mondo e apprezzata PER LE SUE PROPRIETà salutistiche
D
i zenzero sono ricche le pietanze di mezzo mondo.
Diffuso da secoli nei Cinque Continenti (anche se le
origini vanno fatte risalire all’Asia orientale) e rinomato per il gusto intenso e le miracolose proprietà
salutistiche della sua radice, lo Zingiber officinale è una pianta
erbacea coltivata in tutta la fascia tropicale e subtropicale.
L’aspetto è quello di una canna con grossi rizomi (ovvero fusti
sotterranei) tuberosi, molto aromatici e dal profumo canforato,
da cui è derivata una droga dal gradevole sapore pungente usata
nella produzione di frutta candita, confetture e dolci (come il
pain d’epice, il pane speziato dei paesi nordeuropei) ma anche
in liquoreria e persino nell’industria della birra.
Se già i Greci e i Romani, che lo importavano dal Mar Rosso,
ne conoscevano le proprietà medicinali, è nel Medioevo la consacrazione dello zenzero nel mondo occidentale: la leggendaria
Santa Ildegarda, badessa di Bingen (Germania), mistica ed erborista dell’XI secolo, consigliava infatti di bere vino allo zenzero
per favorire la vitalità nei convalescenti e negli anziani. In tutto l’Oriente ancora oggi il rizoma viene candito e servito come
dolce mentre in Thailandia la tradizione vuole che si applichino
compresse e impacchi di radice di zenzero per trattare i disturbi
circolatori in virtù del suo potere energizzante.
Da tempo lo zenzero è apprezzato anche nella cucina italiana:
risotti e dolci vengono aromatizzati con questa straordinaria spezia.
E quanto alle miracolose proprietà, oggi si scopre qualcosa di
più: sembra infatti che per avere muscoli più resistenti al dolore
sia d’aiuto consumare almeno due grammi di zenzero ogni giorno.
A sostenerlo è uno studio pubblicato sulla rivista medica Journal
of Pain da cui emergono le proprietà antidolorifiche della spezia,
utile quindi ad alleviare i dolori dovuti alla pratica di sport. n
10
SCELTI PER VOI
INDISPENSABILE CON IL SUSHI
La tradizione del sushi è fatta di sapori intensi, di gusti diversi
da provare uno a uno. Per godere a pieno di queste diverse
sfumature, il palato deve essere sempre pronto. Nasce così la
tradizione nipponica del gari, lo zenzero in salamoia. Fettine
lasciate marinare in una soluzione di aceto e zucchero caratterizzate da un sapore forte, speziato e rinfrescante - il gari
va mangiato tra un involtino e l’altro con la semplice funzione
di “pulire” il palato e prepararlo alla portata successiva. Già
pronto all’uso, il gari Yama è disponibile in confezioni da 1,5
kg (peso netto non sgocciolato), ed è caratterizzato da un
gusto particolarmente pizzicante e fresco e da una consistenza
piacevole al palato.
eAthnic
GUSTO
DELICATO
Sapporo è una
birra chiara dal
gusto intenso
in una lattina
da 65 ml dalle
linee morbide.
Prodotta in
Germania per il
mercato asiatico,
è disponibile
anche in bottiglia.
CHICCO TONDO
Un riso a chicco tondo ideale per il sushi.
Già lavorato e trattato, lavato a olio
per restituire la migliore lucentezza,
da preparare bollito o nel ricecooker.
RAFFINATEZZA
“La quintessenza della raffinatezza
di Kyoto”: questo il significato di Kyo
no Sui, il nome che contraddistingue il
miglior sakè al mondo. Dalla più pregiata
tradizione artigianale giapponese.
INTENSO
Una confezione da 1,5 kg per un
wasabi di qualità top, senza ingredienti
aggiuntivi. Gusto intenso, ideale per la
preparazione del sushi.
TRADIZIONE
Salsa di soia di tipo
classico estratta da
pura pasta di soia,
in confezione da 150
ml, indicata come
condimento.
La fermentazione
è naturale e senza
conservanti.
11
PAESI
SUDAMERICA/BRASILE
GUARANÀ
TENTAZIONE
IRRESISTIBILE
Stimolante e perfino afrodisiaco. Il guaranà ha una lunga
tradizione fatta di leggende e antiche preparazioni. Oggi
si sa che è un ottimo tonico, anche per il sistema nervoso
G
li occhi di Cereaporanga. Intensi, che ti guardano dritti
da sotto palpebre rosse. Il mito del guaranà (Paullinia
cupana) parte da una leggenda che richiama le pupille
nere di una giovane donna. Pianta sempreverde, rampicante, appartenente alla famiglia delle Sapindaceae e nativa della
foresta amazzonica, ha la stessa origine misteriosa e affascinante
del suo mito, quella di una ragazza innamorata di un guerriero di
una tribù rivale che, piuttosto di vedere la morte del suo amato,
chiede a un anaconda di essere uccisa in un ultimo abbraccio di
morte. Commossi, gli dei le dedicarono una pianta - il guaranà,
appunto - i cui frutti richiamavano sorprendentemente malinconici occhi neri incastonati in un guscio rosso.
Un mito, dunque, quello del guaranà. Considerata una pianta
sacra dagli indios dell’amazzonia proprio per via del suo particolare frutto, è stata il fulcro di numerose leggende. Come quella
che vuole i suoi frutti un elisir di lunga vita: forniva infatti sia
nutrimento che cure grazie alle sue proprietà tonico-stimolanti. La
preparazione ha una sua tradizione: i grappoli si raccoglievano a
frutti semiaperti, successivamente venivano puliti, tostati, pestati
e ridotti in polvere aggiungendo acqua per ottenere un impasto
omogeneo, lasciato essiccare al sole e grattugiato al bisogno.
Oggi si sa che il guaranà è un efficace stimolante in tutti gli
stati di sonnolenza, depressione nervosa, infezioni e malaria. Aiuta la digestione e contrasta la cefalea successiva ai pasti in chi
soffre di digestione lenta. Favorendo i movimenti intestinali, è
poi efficace contro la stitichezza e il meteorismo. Eccita i centri
nervosi, specialmente il cervello, del quale intensifica l’attività.
Stimolante, è perfino un ottimo afrodisiaco naturale. n
12
SCELTI PER VOI
UN MARCHIO... NAZIONALE
Il guaranà è comunemente utilizzato in Brasile per
preparare questa bibita leggermente frizzante, Guaranà
Antarctica, caratterizzata da un leggero effetto stimolante
e da un sapore gradevolmente dolce. Bevanda tra le più
diffuse in Brasile, Guaranà Antarctica venne creata nel
1921. Commercializzata anche in Portogallo, Spagna,
Honduras e Usa, è sponsor ufficiale della Nazionale di calcio
brasiliana. Guaraná Antarctica, prodotta in Portogallo, ha un
contenuto di caffeina minore rispetto a quella prodotta
in Brasile e pertanto non può essere considerata a tutti
gli effetti un energy drink.
eAthnic
FEIJAO PRETO
Serviti caldi con il riso ma impiegati
anche in zuppe e stufati, questi fagioli
neri (confezione da 500 g, provenienza
Brasile) sono uno dei prodotti di punta
del Sudamerica.
FARINA PER TORTILLAS
Harina Pan è una farina di mais precotta
prodotta in Colombia e in Venezuela
con cui è possibile preparare tortillias,
nachos e arepas (piccoli panini cotti
in padella).
DOLCE DI FRUTTA
Dolce gelatinoso a base di guava
(un frutto diffuso in Sudamerica), il
Goiabada (confezione da 600 g pronta
all’uso) è molto amato dai brasiliani.
PISELLI DA STUFARE
Da impiegare in zuppe, i piselli Carajo
(confezione da 425 g) vengono dal
Perù. Da servire accompagnati con riso
bianco, vengono generalmente stufati.
COCCO
IN BOTTIGLIA
Il latte di cocco
(provenienza Brasile,
confezione da 500 ml)
viene impiegato per
preparare dolci ma
anche pietanze salate.
MELA DA BERE
Manzana è una
bevanda gassata
proveniente
dall’Ecuador (lattina da
33 cl) al gusto di mela.
Disponibile anche in
bottiglie da 1,5 l.
11
PAESI
AFRICA
CACAO
il cibo
degli dei
Una storia antica, quella di uno tra gli alimenti più amati
del mondo. Diffuso in Africa, in Asia e nelle Americhe,
vanta proprietà eccezionali, per il corpo e per la mente
T
utto nasce dai semi. È da quelli più pregiati che viene estratto
il cibo degli dei. Certo non si contano gli alimenti che sono
stati definiti con queste parole, ma per il cacao è diverso.
Theobroma cacao: il nome scientifico della pianta - diffusa
oggi in Africa, India occidentale, nelle zone tropicali delle Americhe
e nel lontano Oriente - vuol dire proprio questo (dal greco theos = dio
e broma = nutrimento).
E il motivo forse c’è: probabilmente non tanto per la sua rarità
quanto per le doti estatiche e le proprietà eccitanti, quelle che ne
hanno ispirato leggende e miti. Quelle che, tra l’altro, ne motivarono la
diffusione ancor prima che approdasse in Europa. Secondo gli storici
il cacao, infatti, era già ben diffuso intorno al 1520 tra i conquistadores spagnoli in Messico, i quali divennero presto avvezzi alla potente
bevanda scura prodotta con i semi del cacao e venerata dalla società
azteca, che di lì a poco avrebbero decimato. La gustavano la sera tardi,
gli spagnoli, secondo il cerimoniale locale, servita da mogli, concubine
e schiavi autoctoni. Date le circostanze, è facile immaginare come le
dicerie sulle proprietà afrodisiache del cacao fossero già allora ben note.
Oggi la scienza non ha fatto che confermare: Adam Drewnowski,
ricercatore dell’università del Michigan (Usa), ha studiato a lungo il
modo in cui il cioccolato può stimolare nel cervello la produzione
di oppioidi, sostanze responsabili di sensazioni di leggera euforia. Il
cacao è veramente, come vuole il luogo comune, un antidepressivo
naturale: attenua le sensazioni dolorose ed esalta quelle di benessere.
Proprietà benefiche, quindi, che nascono già con il frutto, la cabosse,
che contiene i pregiati semi. Quando è maturo e la sua buccia è dura
come cuoio, al suo interno trovano spazio fino a 40 semi, comunemente
chiamate fave, sottoposte a fermentazione, essiccazione, torrefazione
e raffinazione. Il tutto secondo precise procedure tradizionali che
hanno lo scopo di mantenere intatte le qualità di questo alimento. n
14
SCELTI PER VOI
ENERGIA IN POLVERE
Il “cacao da bere” non è una novità. I conquistadores spagnoli
lo videro per la prima volta alla corte degli aztechi, che
avevano appreso i segreti della sua lavorazione e preparazione
dall’antica civiltà maya, a sua volta in debito con gli olmechi,
anch’essi popoli precolombiani. Per ottenerlo non è sufficiente
mescolare la polvere macinata con l’acqua: le fave sono molto
ricche di grassi. Per ottenere il cosiddetto xocolatl dal cacahuatl,
una densa bevanda al cacao, queste popolazioni aggiungevano
pertanto al cacao acqua fredda e mescolavano vigorosamente
per poi travasare il liquido da un contenitore a un altro da
una certa altezza per facilitare la sospensione e creare una
spessa schiuma. I tempi sono cambiati, e così gli ingredienti.
Oggi il cacao da bere si ottiene con il latte e preparati specifici.
Nestlé Milo è uno di questi: prodotto commercializzato per
il mercato africano, è pensato appositamente per questo uso.
Istantaneamente solubile e certificato halal per il mercato
islamico, va aggiunto al latte caldo.
Ottimo per la colazione: l’energia
del cacao è quel che occorre
per iniziare bene la giornata.
Disponibile in confezioni da
1 kg, 400 g e 200 g.
eAthnic
ENERGETICA
Prodotta in
Inghilterra per il
mercato africano,
questa bevanda
energetica e calorica
ha una consistenza
densa (l’ingrediente
base è il latte) ed è
disponibile in quattro
gusti: cioccolato,
fragola, vaniglia e
banana. Lattina da
325 ml.
ISTANTANEA
Una pasta istantanea da cuocere
nell’acqua bollente. Contiene bustine
di condimento, in questo caso
gusto pollo. Indicati anche ulteriori
condimenti come le verdure, da
aggiungere separatamente. Confezione
da 70 g, provenienza Nigeria.
POLPA DI PALMA
Trofai è un condimento a base di polpa
di frutto di palma molto amato dagli
africani in diverse preparazioni culinarie.
GUSTO AMARO
Guinness è la più classica
stout (birra scura) dal
sapore marcato, intenso
e aromatico. Disponibile
in bottiglie da 33 cl.
Provenienza Belgio.
CLASSICO
La classica crema al burro di arachidi da
spalmare, diffusa in tutto il mondo e
particolarmente apprezzata dal mercato
africano. Due le varianti: liscia e con
pezzi di arachidi. Prodotta in Olanda,
confezione da 350 g.
PRODOTTO HALAL
Un prodotto (anche)
per il mercato arabo: dadi di
manzo in confezioni da 8 pezzi.
11
AZIENDE
UNIONTRADE
La
qualità
fa la differenza
LUIGI SUN PARLA DELLA SUA IMPRESA E DI COME è CAMBIATA NEL
CORSO DEGLI ULTIMI ANNI. E LANCIA UNO SGUARDO SUL FUTURO
È
il 2005 quando Luigi Sun, fondatore e
attuale numero uno, decide di allargare il proprio business importando non
più solo prodotti alimentari cinesi, ma
provenienti da tutto il mondo. Questa è la storia di Uniontrade, azienda fondata nel 1985 e
conosciuta fino a cinque anni fa con il nome di
China Trading. Ma che cos’è successo in quel
2005? Che cosa c’è dietro a questo cambio di
strategia che, di fatto, ha permesso all’azienda
di crescere e di diventare la numero uno nel
suo settore? Lo spiega a Eathnic proprio Luigi
Sun, un imprenditore che ha dimostrato di
avere una certa lungimiranza.
16
Quante persone lavorano attualmente in azienda? E da quali paesi provengono queste persone?
Le risorse umane che compongono il mio
organico sono oggi circa una cinquantina. A
fianco del fisiologico turnover permangono
i miei collaboratori più datati e fedeli, tutti in
posizione di vertice e di ampia responsabilità.
Rispettando la vocazione aziendale, anche qui
la mescolanza delle razze è diffusa: abbiamo
collaboratori cinesi, filippini, cingalesi, marocchini e, naturalmente, un buon numero
di giovani italiani.
In che modo garantite la qualità dei prodotti
da voi importati?
La filiera tutta - dalla produzione all’acquisto,
dall’immagazzinamento all’uscita per la vendita - di tutti i nostri prodotti è garantita da
un’elevata attenzione che Uniontrade pone
nella gestione. Scelta dei fornitori, griglie di
valutazione per gli acquisti, procedure per la
movimentazione, unite ai requisiti dell’Haccp
(Hazard Analysis and Critical Control Points,
un sistema di autocontrollo che ogni operatore del settore alimentare deve mettere in
atto per valutare e stimare pericoli e rischi e
stabilire misure per prevenire l’insorgere di
problemi igienici e sanitari), sono complementari al Sistema qualità Iso 9001:2008
s
Luigi, che cosa le ha fatto decidere che era
giunto il momento di ampliare le proposte
per il mercato?
Dopo un’attività ventennale, in cui le diverse
tappe hanno rappresentato altrettanti obiettivi
di sviluppo raggiunti, ho pensato che fosse arrivato il tempo di avviare non un’ulteriore fase
di crescita, ma un vero processo di “evoluzione”.
Le crescenti etnie in Italia lasciavano intendere opportunità più ampie, rispetto al pur
importante canale cinese. Naturalmente, era
anche necessario rivisitare il nome dell’azienda,
attribuendone una più significativa valenza,
che appunto “riunisse” i diversi canali di trading che già avevamo iniziato a trattare. è nata
così Uniontrade, contraddistinta anche da un
nuovo logo, frutto di un ampio coinvolgimento
interno di tutti i miei collaboratori.
Quali sono i prodotti principali che importate? E
quali sono i paesi più rappresentati, per quanto
riguarda i vostri prodotti?
Premesso che ogni prodotto è per Uniontrade sempre importante, dobbiamo distinguere
la casistica almeno secondo due importanti
parametri: quantità e valore. Per quanto attiene ai volumi abbiamo la predominanza del
food filippino, che copre oltre il 30% del totale,
mentre rispetto al fatturato è certamente il
Giappone a occupare la prima posizione, con
oltre il 30% del valore, seguito da Thailandia
(20%) e Filippine (12%): vediamo quindi che
con sole tre diverse etnie, su 36 diverse che
oggi compongono il nostro listino, fatturiamo
oltre il 60% delle vendite.
eAthnic
UFFICI MULTIETNICI Le risorse umane che compongono
l’organico di Uniontrade, presso la sede di Peschiera Borromeo,
sono oggi una cinquantina. Il melting pot è forte: accanto a italiani,
qui lavorano cinesi, filippini, cingalesi e marocchini. “A fianco di
un fisiologico turnover permangono i miei collaboratori più fedeli,
tutti in posizioni di responsabilità”, spiega Luigi Sun.
IL SEGRETO
I
mpossibile parlare di Uniontrade senza menzionare il “temporary” Cash&Carry, come ama
definirlo Luigi Sun. Più di un terzo del fatturato
totale dell’azienda (ovvero 11 milioni di euro) avviene attraverso questo canale. Un grande punto
vendita, situato nella sede di Peschiera Borromeo, dove negozianti e ristoratori si servono da
soli. Nel 2009 le fatture emesse sono state quasi
17mila, per un valore medio di 655 euro.
I NUMERI
32
la percentuale
di prodotti venduti
che prendono la strada
dell’estero. La Francia
è la destinazione più
gettonata e precede la
Grecia e la Spagna
36
1,31
milioni di euro
fatturati da Uniontrade
nell’anno 2009. Il 29% di
questo fatturato è stato
realizzato nel terzo trimestre,
ovvero nei mesi di ottobre,
novembre e dicembre
4,5
le etnie
rappresentate all’interno del listino
dei prodotti dell’azienda; le maggiori
sono la filippina (considerando i
volumi) e la giapponese (prendendo
in considerazione il fatturato)
18,83
prezzo medio
di vendita di un
prodotto, un valore
che si ottiene
dividendo il fatturato
per i pezzi venduti,
oltre 24 milioni
milioni
la percentuale di crescita
del fatturato rispetto
all’anno precedente
17
AZIENDE
UNIONTRADE
«
MAGAZZINO Nasce col nome di China Trading nel 1985 importando cibo cinese.
Dal 2005 inizia a ad occuparsi di cibo proveniente da tutto il mondo.
Oggi Uniontrade è un’impresa solida, che conta su un magazzino sempre fornito.
che caratterizzano ogni aspetto aziendale, il
tutto contenuto nel nostro prezioso Manuale
della qualità di Uniontrade.
Parliamo un po’ dell’organizzazione: come
è strutturata Uniontrade (magazzino,
cash&carry)?
La nostra azienda è nata come impresa a carattere familiare, ma ciò non ha impedito una
crescita professionale dei collaboratori, che
sottoponiamo a periodici momenti formativi
ed informativi. È così che il nostro organico si
trova coordinato all’interno di una piramide
aziendale dove il vertice in alto è però molto
ravvicinato alla base, favorendo dialogo, comunicazione e maggiore velocità nella risoluzione
dei problemi.
È in quest’ambito che, in ogni caso, Uniontrade ha disegnato organigrammi settoriali
molto snelli, dove la gerarchia è sufficientemente definita, ma dove regna la più costruttiva
flessibilità.
Parliamo dei clienti: si tratta solo di stranieri
residenti in Italia? E dove sono presenti i vostri
prodotti?
È chiaro che la natura dei nostri prodotti si
indirizza su una clientela prevalentemente
“non italiana”, ma i nostri canali distributivi
oggi sono costituiti da ben 13 diverse categorie
commerciali, dove i negozi sono al primo posto (42% delle vendite). Ma tocchiamo anche
18
IMMAGINO PER
IL FUTURO UN GRUPPO
MULTIFORME,
DOVE MIO FIGLIO DIA
ANCORA
NUOVI IMPULSI
ALL’AZIENDA E OGNI
COLLABORATORE
SOVRINTENDA
AD ALTRETTANTE
LINEE DI BUSINESS»
ingrosso, ristorazione, bar e riforniamo persino
le navi da crociera.
Uniontrade è un’azienda che è cresciuta
notevolmente negli ultimi anni, così come
immaginiamo sia cresciuta la concorrenza.
In quale fascia di mercato vi collocate?
Negli ultimi anni ci siamo dati come obiettivo prioritario quello di rafforzare l’azienda
e fidelizzare i clienti: è così che, sino ad ora,
abbiamo fatto fronte alla concorrenza. Riteniamo che oggi risulti difficile per la concorrenza emulare la struttura, l’organizzazione e
le nostre proposte: ciò che vantiamo definire
“il sistema Uniontrade”.
Ciononostante, è già progetto avviato un
processo di maggiore “internazionalizzazione” della nostra azienda, che ci vedrà nella
prima fase espandere la nostra presenza in
Europa.
Ci descriva Uniontrade e il suo successo in
tre parole…
Non ho bisogno di inventare, in quanto sta
già tutto scritto nel nostro Manuale della
qualità, dove per identificare i prodotti,
proposte e soluzioni, indichiamo precisamente differenza (evolutiva dell’azienda),
vantaggio (competitivo in generale), soddisfazione (dei nostri clienti).
In conclusione, come si immagina la sua azienda
tra dieci anni?
Domanda difficile visti i tempi attuali, che
difficilmente permettono visioni di così
lungo termine. Ma ci provo e immagino,
come in un sogno, un gruppo multiforme,
dove mio figlio dia ancora nuovi impulsi
all’azienda e ogni mio collaboratore di
oggi sovraintenda ad altrettante diverse
linee di business. Non necessariamente
n
solo nel food... eAthnic
BREVI
Kikkoman
KIKKO
Un occhio di riguardo
per i celiaci
Dalle Ande
agli Appennini
Una salsa di soia per gli intolleranti al
glutine. A presentarla è Kikkoman,
leader nella produzione e commercializzazione di questo prodotto,
immancabile sulle tavole di tutto
il mondo. La All-Purpose Gluten
Free Soy sauce è realizzata senza
l’aggiunta di glutine, normalmente
presente in qualunque tipo di salsa di
soia in commercio. Originario della
Cina - dove è noto già dai tempi della
dinastia Zhou (XIII - III secolo a.C.)
- il condimento nella sua versione
tradizionale è una salsa fermentata
ottenuta dalla soia e dal grano tostato
con l’aggiunta di acqua e sale. Tra le caratteristiche
nutrizionali della salsa di soia Kikkoman va segnalato
un elevato contenuto di antiossidanti, ovvero i componenti chimici utili a rallentare l’invecchiamento, dieci
volte maggiore rispetto a quello del vino rosso, noto
e apprezzato per i benefici in grado di assicurare al
cuore. Alcune ricerche ne hanno inoltre evidenziato
buone proprietà digestive. La nuova salsa Kikkoman
All-Purpose Gluten Free è commercializzata esclusivamente in confezioni da 250 ml.
La miglior salsa di soia peruviana è da
oggi disponibile anche in Italia. Largamente impiegata nella cucina sudamericana, Kikko Siyau è una salsa light fermentata in modo naturale caratterizzata
da un colore intenso dovuto alla presenza di caramello
ottenuto dalla canna da zucchero. Il sapore è corposo,
dolce, e la consistenza indicata per conferire ai piatti un
aspetto invitante. Disponibile in confezioni di plastica
da 85 ml, 160 ml, 350 ml, 500 ml, 5 l e 18 l.
Royal Umbrella
La carne
è più dolce
Per il pollo, per gli involtini. E per una varietà di pietanze etniche: centro e sudamericane, africane, asiatiche. La nuovissima
Sweet chilli sauce for chicken di Royal
Umbrella è una salsa dolce al peperoncino prodotta in Thailandia e disponibile
in bottiglie da 860 g. Basta una piccola
quantità per insaporire piatti di carne con
un gusto piccante e dolcemente aromatico.
La qualità è assicurata dal marchio Royal Umbrella, che
da decenni contraddistingue il miglior riso thailandese
apprezzato in tutto il mondo.
NISSHIN
Nuovi sapori,
nuovo packaging
Arrivano da Hong Kong i nuovi
instant noodles Nisshin Cup, ovvero pastina istantanea disponibile
al gusto frutti di mare (foto) ma
anche in una varietà di diversi sapori:
granchio, manzo, pollo, xo sauce (una salsa piccante ai
frutti di mare tipica della cucina cinese) e spicy seafood.
Il prodotto, pensato per il mercato orientale, è nuovo
anche nel coloratissimo packaging.
Mori-Nu
Senza conservanti
e privo di frumento
Un tofu totalmente naturale.
Il nuovo Nigari Tofu, prodotto da Mori-Nu, è caratterizzato da un gusto delicato, come
da tradizione. Privo di conservanti ma anche di frumento
- e dunque indicato per i celiaci
- è ottenuto da trattamento con il nigari, cloruro di
magnesio impiegato secondo la ricetta tradizionale per
cagliare il latte di soia e ottenere così un prodotto di
alta qualità organolettica.
19
NEGOZIO
IL RISO
IL RISO
ABBONDA
SULLA BOCCA DI TUTTI
Nome scientifico: Oryza Sativa.
Famiglia: graminacee annuali semiacquatiche.
Segni particolari: immancabile in ogni cucina, di qualsiasi
etnia. Ecco l’identikit del cereale più amato del pianeta
20
eAthnic
O
CHICCHI EUROPEI
DA NORD A SUD
CON L’ITALIA UNA STORIA MILLENARIA…
E l’Italia? La prima regione del Bel Paese a
gustare il riso è la Sicilia, oltre mille anni fa,
per gentile concessione degli Arabi, a quel
tempo dominatori della penisola. Il settentrione, invece, dovrà aspettare la seconda
parte del XIV secolo; Lombardia e Piemonte,
in particolare, si rivelano terreno fertile per
la nuova pianta, grazie a una rete fluviale
IL RISO GIOCHERÀ
UN RUOLO
IMPRESCINDIBILE
NELL’ECONOMIA E
NELLA DIETA DELLE
NUOVE GENERAZIONI»
particolarmente ricca. Il vero salto di qualità, però, si ha cinquecento anni dopo, con
l’arrivo di nuove varietà di importazione a
supporto della dieta locale, di fatto limitata a
una sola specie botanica. Nello stesso periodo
nascono i moderni sistemi di irrigazione su
ampia scala. Precursore in tal senso è lo statista Camillo Benso, conte di Cavour, primo
presidente del Regno d’Italia, che sotto il
suo governo promosse un inedito modello di
coltura intensiva, presto esportato in Emilia
e in Toscana.
s
In Europa oggi si consumano
due tipi di riso: lo japonica
e l’indica. Il primo, caratterizzato
da granelli larghi, è utilizzato
nei paesi mediterranei per risotti
e paella. I risi indica invece,
con chicchi a pasta dura
che restano sgranati anche
dopo lunghe cotture,
sono tipici del centro Europa.
«
gni pianta ha le sue radici. Le
origini del riso si perdono nei
millenni. Le più antiche testimonianze risalgono addirittura
a circa 15.000 anni fa e possono essere localizzate presso le comunità paleolitiche di stanza
in Thailandia, Vietnam, Corea, Cina e sud-est
asiatico. È l’inizio di un lungo viaggio, che porta
il riso a raggiungere l’India nord-orientale nel
7000 a.C, per poi deviare verso la Mezzaluna
Fertile, fino all’approdo sulle coste del Mediterraneo in età cristiana. Greci e Romani sono
tra i primi occidentali a conoscere il chicco
venuto dall’Oriente, classificandolo però come
specialità aromatica e medicinale. Una spezia
pregiata, reperibile solo a costo di enormi oneri.
21
NEGOZIO
IL RISO
COSTRUIRE
CON IL RISO?
… MA IL MONDO È LA SUA CASA
Nuova linfa ai mercati. In Italia e all’estero,
a qualsiasi latitudine, il riso ha saputo farsi
spazio nella dieta di interi millenni. Tanto
che oggi può fregiarsi del titolo di cereale più
diffuso al mondo. La filiera più estesa resta
quella cinese, quasi interamente destinata al
consumo interno. Il secondo posto va all’India,
seguita da Indonesia, Vietnam e Bangladesh. A
breve distanza si aggiunge la Thailandia, che
vanta il titolo di primo esportatore internazionale. Sorte inversa tocca al Giappone, che
pur emergendo come attore di prim’ordine,
è costretto a puntare sull’importazione. Nel
contesto africano spicca invece l’Egitto, unica
nazione del continente capace di competere
su scala globale.
Recenti studi di settore mostrano come
l’Oryza Sativa, questo il nome scientifico
del riso, sia la base alimentare di oltre tre
miliardi di persone. Cifra ancora più significativa se rapportata ai modelli industriali
dei paesi in via di sviluppo, dove il lavoro
nelle risaie rappresenta la principale fonte
di reddito per milioni di piccoli coltivatori.
Sta di fatto che negli ultimi cinquant’anni
la produzione di riso è aumentata di ben
Il riso è buono, fa bene
e aiuta a costruire
un mondo migliore.
Nel vero senso della
parola. Una ricerca
condotta da un’azienda
americana ha infatti
messo a punto un
sistema che riutilizza
gli scarti di lavorazione
del cereale per
produrre calcestruzzo.
La pula - la pellicola
che riveste i chicchi,
eliminata durante la
lavorazione del riso - è
infatti ricca di ossido
di silicio, additivo
fondamentale del
calcestruzzo. Grazie
al lavoro di un team di
ricerca del ChK Group
Inc, studio di ingegneria
con sede in Texas, è
ora possibile estrarre
questo componente
riducendo così l’elevato
impatto ambientale
della produzione
del cemento.
UN PO’ DI STORIA
IL RISO
E CONFUCIO
C
ome è ben noto il riso è la base dell’alimentazione in
gran parte della Cina, dove si traduce con la parola “fan”
che identifica, allo stesso modo, il cibo in generale.
Confucio, sin dal III secolo a.C., nel suo Libro dei Riti, scrive
che il Riso deve sempre essere bianco e pulito. Forse per questo la modalità di preparazione del cosiddetto “riso cinese”
ancora oggi prevede di lavare sempre il riso prima di cuocerlo.
Nel Libro dei Riti sono riuniti testi, prescrizioni, rituali, tratti
da varie fonti unificati sulla base della concezione ritualistica
della vita propria del confucianesimo: l’uomo, secondo questa
dottrina, può vivere rettamente e giustamente comportandosi secondo la regola del giusto mezzo, dell’equilibrio, della
civiltà, aiutandosi con i riti.
Per Confucio, l’elemento rituale è presente in ogni attività della vita: dalle relazioni di corte al modo di guidare gli
eserciti, dai rapporti tra le famiglie al culto. Nessun atto
del culto potrebbe essere vero e solenne senza l’osservanza
precisa del rito. E non solo: le visite, gli incontri, tutto deve
essere eseguiti secondo un “rito” (col termine rito, pertanto,
si intendono non solo gli atti liturgici del culto, ma anche le
maniere di comportamento).
La preziosa opera di Confucio ha un certo valore letterario
e ha avuto, nei tempi, un enorme valore pratico, nel senso
che ha contribuito a plasmare la coscienza, o meglio il modo
di vivere dei Cinesi per secoli. Dopo anni di “silenzio”, anche
in Cina oggi Confucio torna a essere letto e apprezzato.
Relativamente al riso, la modalità
del rito prevede di porre nel fondo
di una pentola la quantità di riso
necessaria, poi questa deve essere
posta sotto l’acqua corrente (rigorosamente fredda); aiutandosi con
le mani, si deve manipolare poi il riso
con gentilezza, sino a imbiancarne
l’acqua, che si fa continuamente
defluire, ricambiandola per diverse
volte nel riso. È in questo modo che,
pur eliminando buona parte degli
amidi, si elimina dal riso ogni residuo
di polvere e di qualsivoglia impurità,
qualora fossero presenti.
Il riso si deve intendere del tutto
“lavato”, quando l’acqua torna a defluire dalla pentola apparendo del
tutto trasparente e pulita.
È in questo modo che i cinesi ripetono con tradizione questi gesti, ogni
giorno, in modo del tutto rituale e,
forse… anche un poco sacrale!
22
eAthnic
E COLTIVARLO
DIVENTA SOSTENIBILE
tre volte. Solo nel 2009, secondo una stima
dell’Organizzazione per l’Alimentazione e
l’Agricoltura (Fao) si è raggiunto un volume
di 678 milioni di tonnellate, inferiore del
2% rispetto al 2008, premiato dal più ampio
raccolto di tutti i tempi.
Coltiviamo il domani. Il futuro del riso, così
come quello dei suoi fruitori, va contemplato
alla luce di molteplici fattori. Innanzitutto
il vertiginoso aumento della popolazione
mondiale, cui fa da controparte una costante
diminuzione di risorse idriche e terre fertili.
La congiuntura dell’ultimo biennio ha poi
segnato un sensibile aumento dei prezzi di
mercato, a scapito del fabbisogno nutritivo di
numerose regioni. Il tutto in un contesto che
vede oltre un miliardo di individui soffrire
di malnutrizione.
Tra tanti interrogativi, una sola certezza: il riso
giocherà un ruolo imprescindibile nell’economia - e nella dieta - delle nuove generazioni. A
patto che tutte le parti in causa congiungano
gli sforzi verso politiche sostenibili, per la
singola persona nel quotidiano, per il pianeta
sul lungo periodo. n
Il riso vuole acqua? Falso.
Due studi - in India e in Cina
- hanno dimostrato come sia
possibile coltivare l’oryza sativa
con un 40% in meno di acqua.
Ottenendo rese maggiori del
30% e ovvi benefici ambientali.
CURIOSITÀ
TRA MITO E SIMBOLOGIE
UNA TRADIZIONE ORIENTALE E OCCIDENTALE
N
on c’è alimento più ricco di significati allegorici, esoterici e mistici del riso.
Simbolo di prosperità, nutrimento e fecondità, viene gettato agli sposi all’uscita
dalla chiesa col significato augurale di molti figli e abbondanza di cose buone.
Già alcune tribù primitive mangiavano riso durante la celebrazione del matrimonio:
questo avrebbe dovuto distogliere i cattivi spiriti, che si ritenevano causa di invidie
e malignità, saziandoli e spingendoli così a rinunciare ai cattivi propositi.
Ma vengono naturalmente dall’Oriente le più antiche mitologie legate al riso.
In India le donne erano tradizionalmente solite offrirlo alle divinità come pegno
per trovare marito, mentre in Estremo Oriente si dice sia bene evitare di parlare di
morte mentre ci si trova nelle risaie. Il motivo? Per non far scappare quello che viene
considerato il propizio “spirito del riso”. Per ragioni analoghe nell’antica Cina il riso
veniva messo nelle mani dei defunti: così, si credeva, essi avrebbero potuto darlo
da mangiare ai cani che avrebbero incontrato nel corso del viaggio verso l’aldilà.
23
NEGOZIO
LE QUALITÀ DI RISO
Un prodotto
mille varietà
Dal basmati ai superfini, dal venere al calrose.
Un cereale, mille diverse declinazioni.
l’importante è scegliere la qualità giusta
L
unghi e corti. Perlati e opachi. Fini e
semifini. Il riso cresce praticamente
ovunque ed è facile immaginare che
le varietà siano pressoché infinite,
ognuna caratterizzata da una diversa consistenza
dei chicchi. Che, appunto, in base a dimensione, forma e grado di lucidità sono classificati in
diverse tipologie.
Tanto per incominciare ci sono le macrovarietà: comune, semifino, fino e superfino. I
primi sono i risi meno pregiati: i loro chicchi
sono opachi e resistono poco alla cottura. Da
evitare? Non è detto. Ricchi d’amido e quindi
pastosi, una volta cotti sono ottimi per i dolci.
Tendenzialmente pastosi sono anche i semifini,
ideali per i piatti della cucina italiana, risotti in
prima linea. Fini e superfini invece sono i risi
dai chicchi lunghi, vitrei, molto resistenti alla
cottura. La loro applicazione in cucina? Piatti
etnici, paella, insalate di riso.
Molte varietà esotiche assicurano questo effetto: il basmati, che con i suoi chicchi lunghissimi è re delle pietanze del sud del mondo, o il
jasmine, varietà thailandese bianca e profumata
servita come contorno. Al contrario, per il sushi
occorrono chicchi tondi di consistenza morbida
dopo la cottura così da permettere la necessaria
compattezza. Un esempio è il calrose, originario
della California ma diffuso nelle Hawaii e in Australia. Infine, il riso più particolare. È il venere:
originario della Cina, è famoso per il suo colore
scuro. Ricco di fibre e minerali, cuocendo emana
un intenso aroma di sandalo e di pane.
n
24
01
03
02
04
05
06
01. Rottura di riso profumato Kathay, prodotto in Thailandia. Confezione da 22,7 kg.
02. Riso Thai Jasmine Mali, riso profumato Thailandese. Disponibile in confezioni
da 1 kg, 5 kg, 20 kg. 03. Riso Ribe Kathay. Confezione da 25 kg, prodotto in Italia.
04. Nishiki Premium Rice: riso per sushi prodotto in California. Disponibile in
confezioni da 1 kg, 2,5 kg e 4,5 kg. 05. Riso Okomesan per sushi. Prodotto in Italia,
è disponibile in confezioni da 1, 5 e 20 kg. 06. Riso basmati Veetee. Prodotto in India
e confezionato in Inghilterra, è disponibile in diversi formati: 1, 2, 5 e 20 kg.
eAthnic
08
11
09
10
07
12
13
07. Riso Pearl Blossom calrose,
indicato per sushi. Produzione
California. Disponibile
in confezioni da 22,68 kg.
08. Riso glutinoso Royal
Umbrella, prodotto in
Thailandia. Confezione
da 1 kg. 09. Riso basmati
Tilda. Prodotto in India e
confezionato in Inghilterra,
è disponibile in confezioni
da 1, 2, 5 e 20 kg. 10. Sun
Island Samba Rice: riso
tondo in confezione da 1
kg. 11. Riso basmati Akash,
prodotto e confezionato in
Inghilterra. Confezione da 20
kg. 12. Rottura di riso basmati
Veetee. Prodotto in India e
confezionato in Inghilterra.
Confezione da 20 kg. 13.
Sushi Biyori, prodotto in Italia
in due formati: 1 kg e 10 kg.
IL PUNTO VENDITA
È ORA DI CINA. MA ANCHE DI AFRICA, ASIA E SUDAMERICA
Può esistere un luogo in cui i popoli si incontrano? Può la salsa nesi. Un approccio diametralmente opposto a quello del cliente
di soia convivere con un riso basmati e magari sposarsi con un straniero, molto più conservatore”.
affettato halal? Lo chiediamo a Yao Guo, proprietario del New
Quali sono i criteri che identificano un buon negozio di cibi etnici?
Continental Market, negozio milanese di alimentari etnici.
“Innanzitutto la competitività sul prezzo, punto essenziale
Signor Yao Guo, ci racconti la storia di New Continental Market. per fidelizzare un utente sempre più esperto nel confrontare
“Il nostro negozio è qui da 10 anni. L’idea è stata di mio padre: promozioni e offerte. Non meno importante è la specializzaoffrire al cliente cinese veri prodotti cinesi. I gusti della sua infan- zione. Offrire un po’ di tutto, da tutto il mondo, non paga.
zia. Gli unici di cui si fidasse davvero. L’intuizione si è spinta oltre, Molto meglio puntare su poche aree gastronomiche, con gamme
fino a coinvolgere nuove etnie, dal Sudamerica alle Filippine”. molto approfondite”.
Quali sono i vostri principali articoli?
Un vasto assortimento di preconfezionati, cui si aggiunge un
nutrito reparto fresco. In entrambi i casi, lo scaffale è multietnico.
C’è poi il non-food, che punta su oggettistica e cosmetici, questi
ultimi particolarmente richiesti dal target africano”.
Quale ruolo riveste il consumatore italiano?
Gli italiani sono sperimentatori. Lo dimostra la battuta di cassa:
se in passato nessuno osava spingersi oltre gli spaghetti di soia,
oggi il carrello si riempie di spezie, tè, riso e ingredienti giappo-
25
NEGOZIO
IL WOK
WOK
IN PROGRESS
UNCIARE
IN
R
A
Z
N
E
S
O
AN
MANGIARE S
RE TEMPO
IA
M
R
A
P
IS
R
.
AL GUSTO
guadagnan
do in benesse
re. Per aver
tutto, basta
e
un solo str
umento
È
nato oltre i confini della
Cina, ma rappresenta l’ultima frontiera del settore
alimentare. Ha più di 2300 anni,
ma è il più contemporaneo degli utensili da
chef. Difficile definirlo con una sola qualifica: padella, pentola, casseruola, recipiente per
pietanze. Molto più facile chiamarlo col suo
vero nome: wok.
Un prodotto semplicissimo, dagli infiniti utilizzi. Cottura al vapore, frittura in pastella,
rosolatura veloce, stufatura, addensamento
delle salse. Non c’è tecnica gastronomica che
il wok non sappia assecondare. Merito della
tipica forma semisferica, che garantisce una
perfetta distribuzione del calore e una rapida evaporazione dei liquidi. Ma non è tutto.
Con la sua sagoma concava, il wok riduce al
26
Un fenomeno in continua ascesa, che non
sembra conoscere controtendenze. Merito
anche della cultura contemporanea, che a
dispetto di crisi e dietologie più o meno occasionali, continua a privilegiare equilibrio
e benessere come pilastri di una corretta
nutrizione.
minimo il fabbisogno di
olio in cucina, rendendo
più sana ogni ricetta.
La filosofia del wok è la velocità. Prima di accendere i fornelli, tutti gli ingredienti vanno
sminuzzati, affettati, tagliati in striscioline e
rondelle. Il risultato: un processo di cottura
molto più snello, che mantiene quasi inalterate
le proprietà organolettiche e nutritive degli
alimenti. L’effetto estetico è, se possibile,
ancora più appetitoso. Un mosaico di tessere
multicolori, pronto a sprigionare arcobaleni
di aromi e sapori. Del resto, è risaputo, il buon
cibo si mangia innanzitutto con gli occhi.
LA RICETTA DEL SUCCESSO
Efficienza e salute, con quel tocco esotico
che conquista. È questo il segreto del wok.
Illuminanti al riguardo sono i dati pubblicati
nel 2009 dall’istituto di ricerca Nielsen, che
vedono emergere la salubrità come principale
trend culinario di lungo periodo, soprattutto
in Italia (62% dei consumatori, contro una
media globale del 58%). Sulla stessa scia si
inserisce il pasto in casa, sempre in vetta alle
preferenze, anche e soprattutto per via della
recessione, che spinge un numero crescente
di famiglie a rinunciare al ristorante.
Quale migliore soluzione allora, se non impugnare il fidato wok, e concederci un sano,
agile spuntino tra le mura domestiche? Che
si tratti di carne o verdura, sfizio o peccato di
gola, continueremo a gustare i nostri piatti
preferiti, con quel pizzico di modernità che
da sempre distingue i veri gourmet. n
eAthnic
GLI ACCESSORI
nche il più essenziale degli utensili può
A
avere i suoi accessori. Il wok non fa
eccezione, con un set di tutto rispetto.
SUPPORTO WOK
Un semplice anello di metallo,
appositamente sagomato per stabilizzare il
wok sui fornelli e ottimizzare la trasmissione
di calore, rendendola omogenea durante
l’intero processo di cottura.
GRIGLIA PER FRITTO
Simile a una graticola di forma semicircolare,
si aggancia al bordo del wok e resta sospesa
sopra il livello dell’olio. La soluzione ideale
per tenere in caldo i cibi già fritti, lasciando
defluire l’eccesso di unto.
MESTOLO E PALETTA
Destinati rispettivamente a ingredienti
liquidi e solidi, mestolo e paletta consentono
di amalgamare agevolmente qualsiasi
pietanza.
COME SI FA
B
astano poche regole per usare un wok da
provetti chef. La prima è sposare il gusto
della cucina cinese. Che si tratti di fritture,
stufati o menù al vapore, tutte le materie prime
devono essere affettate o tagliate, accelerando
al massimo il processo di cottura. Ci sono poi
i consigli di manutenzione. Una volta usato, il
wok va infatti lavato con sapone e asciugato
senza lasciare graffi. Un’ottima tecnica è
appoggiarlo sui fornelli, aspettando che sia il
calore della fiamma a far evaporare l’umidità.
Le superfici vanno infine unte lievemente per
prevenire la formazione di ruggine.
BACCHETTE DA CUCINA
Versione professionale delle tipiche
posate cinesi. Se impugnate con proprietà
e destrezza, si rivelano insostituibili in
numerosi frangenti, come ad esempio
la preparazione delle salse.
MESTOLO A GRATICOLA
L’equivalente della schiumarola europea.
Con il suo manico di legno terminante
in una sottile rete metallica, il mestolo a
graticola è il partner ideale per sgocciolare
i fritti, riducendo al minimo il rischio
di scottature.
STEAMER
Immancabile nella cucina al vapore, il
tradizionale cestello in bambù aderisce
al perimetro del wok, facendo penetrare
umidità e calore al proprio interno, riservato
ai cibi in fase di cottura. È inoltre possibile
impilare più pezzi, da usare successivamente
come eleganti vassoi da portata.
COLTELLO CINESE
Affilato e versatile, il coltello cinese si
presenta in due versioni: lama da taglio
e accetta da cucina. Affettare, triturare
e sminuzzare non sarà più un problema.
27
?
RISTORANTI ZEN
LO ZEN
È UN RISTORANTE
Intervista a Germana
Tan, direttrice
del locale che ha
cambiato le regole
del sushi a Milano
C
UN LUOGO DAL
FASCINO GLOBALE
Lo Zen nasce nel 1999 a Milano.
L’idea è quella di importare
dal Giappone il format legato
al nastro kaiten, che permette
una degustazione del sushi
dinamica. Laddove la tradizione
punta su ambienti formali, lo
Zen rappresenta il risveglio
dell’immediatezza, lasciando
il cliente libero di vedere,
assaggiare e confrontare sul
posto i piatti. Un atelier del
gusto, in cui sapori e ricette
convivono con una mostra
permanente riservata a talenti
artistici di tutto il mondo.
28
ielo azzurro, aria frizzante. È una
bella giornata quel martedì 2 marzo, in pieno centro a Milano. In
via Madonnina, quasi all’incrocio
con corso di Porta Romana, c’è l’insegna dello
Zen, con la sua elegante pennellata calligrafica. Sono le undici in punto. L’appuntamento
è con la Signora Germana Tan, 38 anni di
esperienza nella ristorazione e direttrice del
ristorante giapponese più noto di Milano. La
stretta di mano è forte e decisa. Non poteva
essere altrimenti. Ci vuole polso per gestire
un ristorante giapponese di successo.
L’intervista si svolge nell’ufficio della signora
Germana; per raggiungerlo si attraversa l’intero locale. È un viaggio sorprendente, quasi
al rallentatore. Ci si perde in un mondo di
straordinari dettagli. Il giardino di pietra
che corre, o forse scorre, sotto una costellazione di luci soffuse. Le armonie minimali
dei pannelli, su cui vibrano i colori di piante, origami, lampade variopinte, perfino i
riflessi di un’armatura medievale. Il nastro
mobile - il kaiten - al centro della sala, che tra
eAthnic
FACCE DA ZEN
NESSUNO
È DI CONTORNO
ui ogni membro del personale deve dimostrare
Q
massima specializzazione. Questo vale innanzitutto
per la Signora Tan, direttrice del locale dal 2000, che ha
al suo attivo ben 38 anni di ristorazione e una brillante
carriera da sommelier. I restanti 21 collaboratori non
sono da meno. Ci sono Cuochi e Camerieri (tutti con la C
maiuscola), insieme ai tradizionali Sushiman. C’è l’Uomo
del Tempura che, senza indugiare in giri di parole, cucina
solo tempura. Altrettanto efficienti sono l’Addetto Maki,
l’Incaricato Impasti e il Responsabile Ordini. Allo Zen sono
tutti preparati al meglio. Persone e cibi, senza distinzioni.
qualche ora si popolerà di gamberi, tempura,
sushi, sashimi. Nel breve, brevissimo tragitto
dall’ingresso all’ufficio, si incontrano almeno
una decina tra cuochi, camerieri, addetti alla
conservazione del pesce. Tutti con una cosa
in comune: il sorriso sulle labbra.
Signora Tan, qual è il segreto dello Zen?
Il nostro credo è l’innovazione. Prima di noi,
a Milano esistevano solo ristoranti giapponesi
classici, dall’atmosfera composta e seriosa. Lo
Zen ha introdotto una piccola rivoluzione: il
kaiten, passerella meccanica che ha letteralmente rimesso in moto l’esperienza conviviale
del sushi. Da allora non ci siamo più fermati.
Nuove pietanze, cambi d’arredo, mostre d’arte,
eventi in occasione di festività nipponiche.
Non è passato giorno senza che in pentola
bollissero nuove idee.
Oggi cosa bolle in pentola nelle vostre cucine?
Il sushi è la nostra prima specialità. Non mancano comunque sashimi, fritture e piatti caldi,
tutti abbinabili a un’ampia carta di vini. Il valore
del nostro menu è inoltre negli ingredienti. Il
pesce, ad esempio, oltre a essere rigorosamente
fresco, fa scalo nell’abbattitore prima di arrivare
al banco. Un ulteriore costo di esercizio, ma
anche un’importante garanzia di qualità.
Più fresco del fresco, insomma…
Le dirò di più. Come può immaginare, capita
spesso che in cucina restino avanzi. Noi non
ricicliamo un solo chicco di riso né da un giorno
all’altro, né tantomeno dal pranzo alla cena.
Una politica impegnativa, ma essenziale per
mantenere lo Zen all’altezza del proprio nome.
Le tre parole chiave del perfetto ristorante
giapponese?
Prima regola: ordine e pulizia. Regola numero
due: la definirei “percezione”: quel feeling che
rende eleganti, quasi astratti, spazi e pietanze. Terza regola: visibilità degli ingredienti
esposti in sala.
Il cliente riesce a cogliere una tale ricchezza
di sfumature?
Certamente, e con grande maestria. Il nostro
è un pubblico che viaggia, confronta, verifica.
Riconoscerebbe all’istante la minima caduta
di stile. C’è chi pranza da noi ogni giorno.
La provenienza degli ospiti è comunque
eterogenea. Si va dall’orientale all’italiano,
dall’adulto al bambino.
A proposito di bambini, qui sembra che tutti si
divertano alla grande, anche se di fatto stanno
lavorando.
Entusiasmo e gentilezza sono requisiti indispensabili del nostro staff. Fanno parte del
servizio. A volte però mi arrabbio; quelli là (la
signora Tan, sorridendo, indica il personale,
ndr) a volte si mettono proprio a giocare. Lo
dico sempre che mi sembra di essere in un
asilo. Ma poi sanno farsi perdonare, con la
loro correttezza e la loro incredibile professionalità.
Con questo, il caso è chiuso. Un ristorante
che sa rendere felici non solo i clienti, ma
anche i suoi collaboratori. Un luogo in cui
la freschezza non è solo del sushi, ma anche
delle idee. Un luogo molto Zen. n
29
RISTORANTI INTERVISTA A PIETRO LEEMANN
Dall’orto
all’Oriente
L’amore per la natura imparato fra le montagne
svizzere e affinato tra cina e giappone
L
a prima cosa che si nota, mangiando
al Joia, è il piacere di scoprire consistenze diverse, a cui gli occidentali
non sono abituati: salse, creme, spume, strati sempre divertenti e sorprendenti.
“Ha ragione - conferma Pietro Leemann, lo
chef e patron del ristorante nato a Milano
nel 1989, primo vegetariano a ricevere una
stella Michelin -. Quella delle consistenze
è una delle mie passioni: in Giappone, ad
esempio, il tatto è il primo parametro per
un buongustaio, prima ancora del profumo
o del sapore. Ci sono parole, per descrivere
le diverse consistenze, che in italiano non
esistono”. Ecco, siamo subito in argomento:
il Giappone, l’Oriente, le cucine etniche. Leemann è profondamente europeo (svizzero,
del Canton Ticino) ma ha studiato a lungo
le tradizioni orientali, in lunghi soggiorni in
Cina, in Giappone, in India.
Che cosa si è portato, dai suoi viaggi in Oriente?
Se devo sintetizzare, direi dalla Cina le cotture,
dal Giappone il modo di decorare il piatto,
dall’India il gusto per le spezie. Ma il problema
è più di cultura che di ingredienti: guardi il
riso, portato da Marco Polo e diventato così
milanese. Evidentemente c’erano i presupposti culturali giusti perché si affermasse.
30
Che cosa pensa del sushi, un prodotto giapponese che si è affermato moltissimo?
Il sushi è geniale, è un’invenzione storica
perché incarna alla perfezione un momento, un bisogno: è semplice, buono, fatto di
piccole porzioni tutte diverse, con gli ingredienti mescolati ma distinguibili. Però…
UN INNO
ALLA VITA
T
icinese di Locarno, classe 1961,
Pietro Leemann ha iniziato la carriera
ai fornelli “folgorato” da una bavarese di
vaniglia, subito dopo le scuole dell’obbligo.
Ha collaborato con grandi cuochi,
tra cui Gualtiero Marchesi, ha vissuto più
di due anni in Cina e Giappone, dove ha
riconsiderato il suo rapporto con la natura.
È la svolta. Subito dopo torna in Italia e apre
il Joia, a Milano, “una delle avventure
più nutrienti della mia vita. La mia cucina
è un inno alla natura e alla vita, pur essendo
rigorosa è giocosa e leggera. Il veicolo
per trascorrere rilassati un piacevole
momento assieme”. Parola di chef.
Dica.
Tutto questo tonno non fa bene. Il tonno,
come tutti i pesci grandi, è un filtro: quindi
trattiene molte sostanze presenti nel mare.
Io ho reinventato il “Sushi di formaggio con
5 gusti”, o il “Sushi di frutta”.
La sua cucina è completamente vegetariana?
Sì, all’inizio usavo il pesce: poi basta.
Ci sono arrivato per gradi. Per me è una
scelta esistenziale: io sono religioso,
“non uccidere” è un comandamento, no?
Comunque credo che quella dell’alimentazione vegetariana sia una scelta obbligata: non solo ci fa stare meglio, ci rende
più felici; ma preserva gli equilibri del
pianeta, riduce l’inquinamento, riduce
anche le spese mediche degli Stati, perché è indubbio che l’abuso di grassi animali fa male e questo ha anche un costo
sociale.
eAthnic
PRODOTTI
03
01
02
04
05
06
01. Salsa di soia Kikkoman da 20 l, prodotta in Germania
02. Glutammato monosodico Ajnomoto da 25 kg,
proveniente dal Giappone 03. Aceto di riso Mizkan da 20
l, prodotto in Inghilterra 04. Wasabi in polvere Kinjirushi,
prodotto in Giappone. Formato: 1 kg 05. Gnocchi di riso
secchi. Provenienza Cina, confezione da 500 g 06. Vermicelli
di riso. Provenienza Cina, confezione da 500 g
«
Lei parla apertamente della sua spiritualità:
che origine ha, occidentale o orientale?
Io ho avuto un’educazione cristiana, poi mi
sono avvicinato ad alcune dottrine orientali
come il Vashnavesimo, il pensiero Veda.
Torniamo al cibo. Lei è stato uno dei primi a
proporre alta cucina vegetariana: adesso mi
pare che la sfida sia quella della filiera, di sapere
da dove viene il cibo che mangiamo.
È così. Io uso solo ingredienti biologici: e
per qualcosa ho cominciato con l’autoproduzione. Le erbe aromatiche, per esempio.
Ma sarebbe bello produrre da soli una quota
L’ALIMENTAZIONE
VEGETARIANA È UNA
SCELTA OBBLIGATA:
CI FA STARE MEGLIO,
CI RENDE PIÙ FELICI E
PRESERVA GLI EQUILIBRI
DEL PIANETA»
sempre crescente di ingredienti. L’associazioni dei Giovani ristoratori europei, di cui
faccio parte, ha stabilito recentemente che
ogni ristorante affiliato deve avere l’orto.
Del resto io vengo da lì, dall’orto dei miei
genitori in Svizzera.
Per finire, dove va quando esce a cena?
Vado in ristoranti di alto livello, per imparare,
per vedere che cosa fanno i miei colleghi.
Ma mi piacciono molto i buoni ristoranti
cinesi e giapponesi: a Milano i miei preferiti
sono il Lon Fon, cinese, qui vicino a me, e
l’Osaka, in corso Garibaldi. n
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eAthnic
NEWS
Mercato / Cibo islamico
Cresce in Europa l’offerta halal
Il cibo halal, ovvero “lecito” secondo la religione musulmana, cresce in Occidente. Secondo un’indagine realizzata dall’istituto francese Solis, i prodotti destinati al mercato islamico sono particolarmente diffusi nel Paese d’oltralpe dove, con un tasso di crescita del 15% annuo, si stima per il
2010 un giro d’affari di 5,5 miliardi di euro, per l’80% sotto forma di prodotti alimentari venduti in
negozio. Il fenomeno riguarda anche il resto d’Europa: già a maggio 2009 i dati emersi durante il
4° World Halal Forum, tenutosi a Kuala Lumpur (Malesia), permettevano di quantificare il valore
del settore nel Vecchio Continente in 67 miliardi di dollari. L’edizione di quest’anno del Whf (21
e 22 giugno) ha riconfermato lo sviluppo del mercato, che da qualche mese è entrato anche nella
grande distribuzione italiana. A febbraio è stato inaugurato da Coop, presso il punto vendita di
via Casilina a Roma, il primo corner dedicato al cibo islamico.
TENDENZE / ONLINE
Salute / Spezie
Il boom
dell’e-commerce etnico
Non solo botteghe: gli italiani appassionati di cibo etnico si affidano alla rete.
Lo testimonia il boom di siti web, nati
nel nostro Paese, che vendono alimenti provenienti da mezzo mondo. E che
registrano incrementi di fatturato fra
l’80% e il 110%. A sorpresa gli acquirenti
non sono solo immigrati nostalgici, bensì - nel 70-80% dei casi - italiani. Ce n’è
per tutti i gusti: scorrendo i cataloghi si
trovano prodotti asiatici provenienti da
Thailandia, Corea, Cina, Malesia e Vietnam ma anche da Brasile, Perù, Giappone e Messico. I siti, poi, suggeriscono
anche ricette: è il caso di www.shopthai.
eu, con sede a Pieve di Cento (Bo), e di
www.asiaminimart.it, con sede a Ivrea
(To), i primi ad aprire da noi. Si paga
con carta di credito, bonifico bancario
o contrassegno e il cibo, confezionato
a dovere, arriva a casa entro 24/48 ore.
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Il curry, toccasana
per il fegato
Mercato / Etnico in Italia
Coldiretti: in aumento
consumo e locali
Un italiano su tre consuma cibi etnici più
di una volta l’anno. È quanto ha recentemente confermato Coldiretti. I prodotti
etnici in vendita nei supermercati hanno
avuto - sottolinea l’associazione degli
agricoltori - il maggior tasso di crescita
tra le diverse tipologie di consumo con
un aumento record del 71% dal 2003 al
2009, sulla base di elaborazioni su dati
Iri-Infoscan. In crescita sono anche i pubblici esercizi come dimostra il fatto che,
riferisce Coldiretti, dal 2000 a oggi sono
praticamente raddoppiati i ristoranti etnici passando dalle 2.511 unità agli oltre
4.000 del 2009.
Buona e salutare. La curcuma non è solo
la spezia amata dalla cucina indiana e
componente del curry. Ora si scopre che
è anche un toccasana per il fegato. La
curcumina, presente nella spezia, sembra
ritardare i danni al fegato. Lo suggeriscono dati pubblicati dalla rivista di gastroenterologia Gut ottenuti dai ricercatori
della Medizinische Universität di Graz
(Austria). Responsabile del colore giallo
della curcuma, la sostanza è stata usata
dalla medicina ayurvedica - ovvero della
tradizione indiana - per trattare i disordini intestinali. Per verificare se la sostanza
ha effetti anche sulle infiammazioni del
fegato, i ricercatori hanno analizzato
tessuti prelevati da topi. L’esperimento
ha dato esito positivo: la dieta “indiana”
ha ridotto significativamente il blocco
ai condotti biliari e alleviato i danni alle
cellule del fegato.