Ae thnic - Uniontrade
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A e thnic Il periodico italiano del cibo etnico NUMERO 01 LUGLIO 2010 NEGOZIO/1 RISO, IL RE DELLA TAVOLA LE SUE ORIGINI RISALGONO A 15MILA ANNI FA E OGGI È L’ALIMENTO PIÙ DIFFUSO DEL GLOBO NUOVI ARRIVI UNA VETRINA DA SCOPRIRE BEVANDE, RISO, SOIA E TANTO ALTRO. ECCO LE ULTIME NOVITÀ PAESI SPECIALITÀ DAI CONTINENTI ZENZERO, GUARANÀ, CACAO E TUTTE LE ALTRE NOVITÀ DA ASIA, SUD AMERICA E AFRICA AZIENDE UNIONTRADE UNA SEDE DI 8.500 METRI QUADRI, UN CASH&CARRY CHE FUNZIONA, UN FATTURATO IN CRESCITA NEGOZIO/2 WOK, TUTTI LO VOGLIONO LA PENTOLA CINESE CHE PIACE ANCHE AI CUOCHI OCCIDENTALI TASTE OF HOME A CASA IN TUTTO il mondo È l’ultima linea di prodotti Nestlé e ha già raggiunto mille punti vendita in tutta Europa. Perché QUELLO DEL CIBO etnicO è un mercato in forte espansione, che cresce del 50% l’anno RISTORANTE ALLA SCOPERTA DELLO ZEN, DOVE GIAPPONE FA RIMA CON INNOVAZIONE 01 eAthnic SOMMARIO COVER STORY COVER STORY 04-08 Taste of home: Il mondo è la nostra casa Alexander Klein ci racconta la filosofia della linea Nestlé dedicata ai nostalgici e agli amanti del cibo etnico PAESI PAESI Asia/Giappone 10-15 10-11 Zenzero, il rimedio millenario Sudamerica/Brasile 12-13 Africa 14-15 Guaranà, tentazione irresistibile Cacao, gusto inebriante AZIENDE AZIENDE Uniontrade 16-19 16-18 La qualità fa la differenza Brevi Kikkoman, Kikko, Royal Umbrella, Nisshin e Mori-nu NEGOZIO NEGOZIO Il riso 19 20-27 20-23 Il riso abbonda sulla bocca di tutti Un prodotto mille qualità 10 02 Da tutto il mondo una vetrina per una giusta scelta 20 24-25 Il punto vendita 25 Wok in progress 26-27 Milano, New Continental Market Mangiare sano senza rinunciare al gusto. Risparmiando tempo RISTORANTI RISTORANTI Lo Zen è un ristorante 28-31 28-29 Il locale che ha cambiato le regole del sushi a Milano Intervista a Pietro Leemann 30 Prodotti per la ristorazione 31 Dalle montagne svizzere passando per Cina e Giappone un nuovo modo di essere chef NEWS NEWS Mercato, salute e tendenze 32 28 30 16 EDITORIALE 01 Alla scoperta del cibo etnico I l nome non lascia dubbi. Eathnic, cioè Eat più ethnic: insomma, il primo giornale dedicato al cibo etnico in Italia e alla sua cultura. Eathnic si rivolge a chi se ne occupa professionalmente: commercianti e ristoratori, innanzitutto, ma anche aziende produttrici, importatori. Anche se crediamo che non mancheranno i semplici appassionati che si divertiranno a sfogliare le coloratissime pagine della rivista. Pagine in cui presenteremo soprattutto prodotti alimentari pensati per le molte comunità straniere che vivono in Italia. Non poteva mancare quindi, nel primo numero, un’intervista ad Alexander Klein, manager di Nestlé e responsabile della linea Taste of Home, che ci parla del grande successo del cibo etnico e halal in tutto il mondo, Italia compresa. Come pure un ampio articolo su Union Trade, che di Taste of Home è il diretto interlocutore, essendo il principale importatore di cibo etnico in Italia. Si parla anche di ristoranti. Come lo Zen di Milano, che ha inventato un format di ristorazione giapponese di nuova generazione, molto imitato in tutta Italia. Ma parliamo anche di Joia, sempre a Milano, il cui chef e fondatore Pietro Leemann (una stella Michelin) ci racconta di come le tradizioni orientali (indiana, cinese, giapponese) hanno influenzato la sua cucina d’autore vegetariana. Perché il cibo etnico non è solo la risposta ai bisogni delle comunità straniere, ma anche una straordinaria fonte di ispirazione per altre cucine, inclusa quella italiana e, anzi, crediamo che dagli incontri di culture diverse non possano che nascere sviluppi interessanti. Eathnic nasce proprio per questo: valorizzare il cibo etnico, farlo conoscere sempre meglio, proporne gli aspetti migliori e più interessanti, farlo entrare sempre più nel “carrello della spesa” di chi vive in Italia, sia che ci sia nato, sia che venga da fuori. 02 02 07 06 08 eAthnic 04 05 03 10 09 11 12 13 14 APPENA ARRIVATI 01. Rubicon mango juice, succo di mango da un litro, provenienza Inghilterra 02. Yeo’s soy bean drink, latte di soia da un litro. Provenienza Malesia 03. S&B wasabi tube, pasta di wasabi in tubetto da 43 grammi. Provenienza Giappone 04. Riso okomensan, riso per sushi da 1 chilo. Provenienza Italia 05. Tilda basmati rice, riso basmati da un chilo. Provenienza Inghilterra 06. Postobon uva, bevanda gasata al sapore di uva da 2.5 litri. Provenienza Colombia 07. Lungkow vermicelli Vermicelli di riso da 250 grammi. Provenienza Cina 08. Exeter corned beef, carne in scatola da 340 grammi. Provenienza Argentina 09. Nestlé nestomalt, bevanda solubile al gusto malto da 400grammi. Provenienza Sri Lanka 10. Kikkoman soy sauce, salsa di soia da 150 grammi. Provenienza Giappone 11. Kathay latte di cocco, latte di cocco per dolci da 400 grammi. Provenienza Thailandia 12. Kathay latte di cocco, latte di cocco per cucina da 400 grammi. Provenienza Thailandia 13. Nissin cup noodle, pastina istantanea in bicchiere al gusto di granchio da 75 grammi. Provenienza Cina 14. Kirin ichiban beer, birra giapponese da mezzo litro. Provenienza Giappone 03 COVERSTORY INTERVISTA/Alexander Klein TASTE OF HOME IL MONDO È LA NOSTRA CASA Un marchio che raggruppa i migliori prodotti destinati al mercato alimentare mondiale. È la filosofia della linea nestlé dedicata ai «nostalgici» e agli amanti dell’etnico 04 Internazionale Da 24 anni in Nestlé, Alexander Klein è oggi responsabile del marchio Taste of Home in Nestrade, la società commerciale del gruppo. Amante dell’etnico e dei sapori piccanti, è lui stesso un mix di culture: svizzero tedesco di madre svizzera francese, ha una moglie inglese. eAthnic IN CRESCITA Il cibo etnico va sempre meglio, con incrementi del 50% circa anno su anno. La filosofia dei prodotti Taste of Home, la linea Nestlé dedicata al cibo etnico, tiene conto delle comunità più presenti in Italia, ovvero quella rumena e balcanica e quella nordafricana. A Innanzitutto facciamo chiarezza: Taste of Home non è un prodotto Nestlé. Esatto. I nostri prodotti etnici hanno le loro marche: Maggi, Nido, Carnation, Nestlé stessa eccetera. Taste of Home è un concetto “ombrello”, una filosofia che racchiude tutti i nostri prodotti adatti a un consumo etnico”. E quali sono i principi guida? Partendo dal fatto che nel mondo la gente si sposta sempre di più, abbiamo voluto creare un nome riconoscibile che accomuna i cibi dedicati a chi cerca i sapori di casa pur vivendo lontano dal suo paese d’origine. Ma attenzione: i nostri prodotti competono con una distribuzione molto frammentata, che offre poche certezze sulla qualità. I prodotti Taste of Home, invece, sono compliant, cioè rispondenti alle leggi di ogni paese in cui vengono venduti; sono perfettamente s lexander Klein è nato nei pressi di Basilea ed è quindi svizzero tedesco, anche se sua madre è svizzera francese e sua moglie inglese: un bel “melting pot” vivente. Ma soprattutto ha vissuto quattro anni in Costa d’Avorio: “Un’esperienza utile spiega - per conoscere i consumatori e capire dove batte il loro cuore”. Già, perché i consumatori che Alexander ha in mente sono principalmente gli acquirenti di cibo etnico. Persone che cercano i sapori di casa pur vivendo spesso molto, molto lontano da casa. Klein lavora alla Nestlè da 24 anni e oggi il suo ruolo è all’interno di Nestrade, una struttura che ha il compito di aprire nuove strade, sviluppando nuovi mercati. Fra i suoi compiti c’è anche la guida di Taste of Home, il nome che tutti coloro che operano nel settore del cibo etnico conoscono molto bene. 05 COVERSTORY INTERVISTA/taste of home UN MONDO DI SAPORI Leggi diverse, lingue diverse, etichette diverse. Commercializzare prodotti internazionali destinati al mercato etnico è complesso. La qualità però è sempre la stessa perché - spiega Alexander Klein - “per noi Taste of Home è un concetto legato al piacere e alla qualità del cibo”. « TASTE OF HOME È PRESENTE PRESSOCHÉ IN TUTTI I PAESI EUROPEI, DALLA SCANDINAVIA ALLA GRECIA, ATTRAVERSO DISTRIBUTORI LOCALI» al dettaglio, i nostri prodotti si trovano innanzi tutto nei piccoli negozi alimentari familiari, i cosiddetti “mom and pop shops”, nonché sempre più nei supermercati. Un business complesso. Eccome. Leggi diverse, etichette diverse, lingue diverse, prodotti diversi: dal punto di vista logistico, un bel rompicapo. E vorrei insistere sulla qualità: il dado Maggi prodotto e venduto in Africa è identico a quello venduto in Germania. Per noi Taste of Home è un concetto legato al piacere e alla qualità dl cibo: tanto è vero che il suo colore è il nero, tipicamente il colore dei prodotti esclusivi. Pensi a Nespresso… E i consumatori finali, invece, chi sono? Abbiamo segmentato il nostro pubblico in tre. Ci sono i “nostalgic”, cioè le persone che cercano i sapori con cui sono cresciuti. Un esempio? Il latte in polvere Nido, che in Africa è popolarissimo: per un africano che vive in Europa, comprare il latte Nido è anche un fatto emotivo molto forte, non solo un bisogno. Poi c’è la clientela “exotic”, cioè gli occidentali che ricercano gusti lontani dalla loro cultura, magari scoperti in vacanza: una componente importante e in crescita, se già il 50% circa dei clienti dei negozi di quartiere è composto da locali e non da stranieri. Infine il grande mercato “halal”, rivolto ai musulmani che acquistano cibo coerente con i loro precetti religiosi. Chi sono i vostri clienti? Siamo presenti in pressoché tutti i paesi europei, dalla Scandinavia alla Grecia, attraverso distributori locali. Dal punto di vista dei canali di vendita 06 s tracciabili, cioè per ogni prodotto è possibile conoscere tutta la filiera di produzione; sono sani e di qualità. Insomma, offrono garanzie precise ai consumatori e quindi anche ai distributori locali. eAthnic PRODOTTI NESCAFÉ CAFFÉ AMERICANO Prodotto in Costa d’Avorio, il celebre caffè solubile è un prodotto halal (ovvero lecito per il mercato arabo). MAGGI CHILLI SAUCE SALSE PICCANTI Prodotte in Malesia, le salse Maggi sono disponibili in tre versioni: con aglio, mild e extra hot. Ideali per accompagnare la carne. NESTLÉ NIDO LATTE IN POLVERE Latte in polvere prodotto in Olanda e certificato halal, Nestlé Nido si presenta in diversi formati: 400 g, 900 g, 1.800 g, 2.500 g. CARNATION CONDENSED MILK LATTE CONDENSATO Prodotto in Olanda e Germania, anche per il mercato islamico (certificato halal). È un prodotto indicato sia in cucina per la preparazioni di dolci, sia a tavola. MAGGI INSTANT NOODLES PASTINE ISTANTANEE Le pastine in diversi gusti di Maggi (prodotte in Malesia) sono certificate halal e disponibili in diversi gusti: Curry Mild, Chicken, Assam Laksa e Curry Hot. MAGGI CHORBA ZUPPE Prodotte in Marocco e in Francia, le zuppe stile Chorba di Maggi sono disponibili in tre versioni: Chorba Soup, Chorba Titli Soup e Harira Soup. 07 COVERSTORY INTERVISTA/taste of home LA STORIA Etnico autentico DAL 2004 TASTE OF HOME PORTA IN GIRO PER IL MONDO I SAPORI ETNICI. PROTAGONISTA LOGISTICO È PERÒ NESTRADE CHE SI OCCUPA DI IMPORT ED EXPORT eAthnic Ultima nata nella famiglia Nestlé è la linea Taste of Home, dedicata alla cucina etnica. Introdotta in Olanda nel 2004, la nuova offerta ha ampliato il suo pubblico fino a raggiungere più di mille punti vendita in tutta Europa. Un mercato in forte espansione - intorno al +50% annuo - che oggi conta circa 100 referenze. Ce n’è per tutti i gusti: salse, drink e dolci, ma anche noodle, condimenti, creme e caffè. Tutti rigorosamente confezionati nei rispettivi paesi d’origine, per lo più Asia e Africa. Taste of Home rivolge le sue ricette a un cliente globale. Non solo ai diversi gruppi migranti residenti in Europa, ma anche agli stessi europei, sempre più spesso in cerca di qualcosa di nuovo per i propri menù. Parlano chiaro i tre principi ispiratori del brand: primo tra tutti il carattere nostalgico, rivolto a chi vive lontano da casa, ma non vuole rinunciare ai sapori della propria infanzia. C’è poi il gusto esotico, capace di sedurre anche i più arditi gastronauti. Infine il valore religioso: la maggior parte dei prodotti è infatti conforme ai requisiti halal, che in arabo significa “lecito”, conforme cioè alla legge islamica. Quello della certificazione halal è per Nestlé un ambito strategico, paria a circa il 5% del fatturato aziendale, destinato a crescere ulteriormente, non solo negli alimentari etnici, ma anche nei locali della grande distribuzione. Protagonista logistico sarà Nestrade, firma proprietaria specializzata nell’import/export di ingredienti, pietanze e dispositivi di lavorazione. Una realtà attiva su scala globale, che quotidianamente riempie i nostri scaffali di golosità provenienti da tutto il mondo. Per farci assaporare cibi che fino a poco fa potevamo solo sognare. Il mercato halal è in espansione? Fortissima. L’Halal Forum dell’Aia stima che in Europa il potenziale fatturato del cibo halal sia di 11 miliardi di dollari, cui si aggiungono 9 miliardi di cibo etnico: 20 miliardi complessivi. C’è, ad esempio, un filone interessante di cibo halal ma non etnico, rivolto a quei giovani musulmani che amano il cibo occidentale ma rispettano i precetti della loro religione: hamburger halal, lasagne halal… Naturalmente Nestlé, che è il primo gruppo alimentare al mondo, ha grandi competenze, con 85 stabilimenti halal in Asia e Africa, e offre le migliori garanzie. Parliamo dell’Italia. Come va il mercato del cibo etnico, da noi? In linea con il resto dell’Europa, e cioè con incrementi del 50% circa anno su anno. In Italia abbiamo un forte rapporto con Uniontrade, principale distributore del mercato. Quali sono i blockbuster, i prodotti più venduti nel nostro paese? In Italia la nostra distribuzione tiene conto delle comunità più presenti, cioè quella rumena, quelle di area balcanica oltre a quella nord africana. Detto questo, in Italia vengono venduti circa 60 prodotti della nostra linea su un totale di 84 in catalogo. I più popolari? I latti: quello in polvere della Nido, quello condensato Nestlé e quello liquido Carnation. I prodotti Maggi, fra cui i noodles e le zuppe. E poi una nuova linea di zuppe a marchio Torchyn, provenienti dall’Ucraina. n Per finire: qual è il suo prodotto preferito? Facile: mi piace tutto l’etnico purché sia extra-hot, molto piccante! Se devo indicare un prodotto scelgo i Two minutes noodles della Maggi, provenienti dalla Malesia. 08 ACQUIRENTI TIPO Chi cerca i “sapori di casa”? Sicuramente i nostalgici, coloro che vivono a centinaia di chilometri da casa. Ma anche gli amanti dei sapori esotici, scoperti magari in vacanza, che sono sempre più numerosi. E poi c’è il mercato halal, ovvero quello rivolto ai musulmani che richiedono prodotti della tradizione (ma anche occidentali) preparati secondo i precetti religiosi. 09 PAESI ASIA/GIAPPONE ZENZERO IL RIMEDIO MILLENARIO Dolci, pietanze orientali. Ma anche piatti della tradizione italiana. questa pianta è diffusa un po’ dappertutto nel mondo e apprezzata PER LE SUE PROPRIETà salutistiche D i zenzero sono ricche le pietanze di mezzo mondo. Diffuso da secoli nei Cinque Continenti (anche se le origini vanno fatte risalire all’Asia orientale) e rinomato per il gusto intenso e le miracolose proprietà salutistiche della sua radice, lo Zingiber officinale è una pianta erbacea coltivata in tutta la fascia tropicale e subtropicale. L’aspetto è quello di una canna con grossi rizomi (ovvero fusti sotterranei) tuberosi, molto aromatici e dal profumo canforato, da cui è derivata una droga dal gradevole sapore pungente usata nella produzione di frutta candita, confetture e dolci (come il pain d’epice, il pane speziato dei paesi nordeuropei) ma anche in liquoreria e persino nell’industria della birra. Se già i Greci e i Romani, che lo importavano dal Mar Rosso, ne conoscevano le proprietà medicinali, è nel Medioevo la consacrazione dello zenzero nel mondo occidentale: la leggendaria Santa Ildegarda, badessa di Bingen (Germania), mistica ed erborista dell’XI secolo, consigliava infatti di bere vino allo zenzero per favorire la vitalità nei convalescenti e negli anziani. In tutto l’Oriente ancora oggi il rizoma viene candito e servito come dolce mentre in Thailandia la tradizione vuole che si applichino compresse e impacchi di radice di zenzero per trattare i disturbi circolatori in virtù del suo potere energizzante. Da tempo lo zenzero è apprezzato anche nella cucina italiana: risotti e dolci vengono aromatizzati con questa straordinaria spezia. E quanto alle miracolose proprietà, oggi si scopre qualcosa di più: sembra infatti che per avere muscoli più resistenti al dolore sia d’aiuto consumare almeno due grammi di zenzero ogni giorno. A sostenerlo è uno studio pubblicato sulla rivista medica Journal of Pain da cui emergono le proprietà antidolorifiche della spezia, utile quindi ad alleviare i dolori dovuti alla pratica di sport. n 10 SCELTI PER VOI INDISPENSABILE CON IL SUSHI La tradizione del sushi è fatta di sapori intensi, di gusti diversi da provare uno a uno. Per godere a pieno di queste diverse sfumature, il palato deve essere sempre pronto. Nasce così la tradizione nipponica del gari, lo zenzero in salamoia. Fettine lasciate marinare in una soluzione di aceto e zucchero caratterizzate da un sapore forte, speziato e rinfrescante - il gari va mangiato tra un involtino e l’altro con la semplice funzione di “pulire” il palato e prepararlo alla portata successiva. Già pronto all’uso, il gari Yama è disponibile in confezioni da 1,5 kg (peso netto non sgocciolato), ed è caratterizzato da un gusto particolarmente pizzicante e fresco e da una consistenza piacevole al palato. eAthnic GUSTO DELICATO Sapporo è una birra chiara dal gusto intenso in una lattina da 65 ml dalle linee morbide. Prodotta in Germania per il mercato asiatico, è disponibile anche in bottiglia. CHICCO TONDO Un riso a chicco tondo ideale per il sushi. Già lavorato e trattato, lavato a olio per restituire la migliore lucentezza, da preparare bollito o nel ricecooker. RAFFINATEZZA “La quintessenza della raffinatezza di Kyoto”: questo il significato di Kyo no Sui, il nome che contraddistingue il miglior sakè al mondo. Dalla più pregiata tradizione artigianale giapponese. INTENSO Una confezione da 1,5 kg per un wasabi di qualità top, senza ingredienti aggiuntivi. Gusto intenso, ideale per la preparazione del sushi. TRADIZIONE Salsa di soia di tipo classico estratta da pura pasta di soia, in confezione da 150 ml, indicata come condimento. La fermentazione è naturale e senza conservanti. 11 PAESI SUDAMERICA/BRASILE GUARANÀ TENTAZIONE IRRESISTIBILE Stimolante e perfino afrodisiaco. Il guaranà ha una lunga tradizione fatta di leggende e antiche preparazioni. Oggi si sa che è un ottimo tonico, anche per il sistema nervoso G li occhi di Cereaporanga. Intensi, che ti guardano dritti da sotto palpebre rosse. Il mito del guaranà (Paullinia cupana) parte da una leggenda che richiama le pupille nere di una giovane donna. Pianta sempreverde, rampicante, appartenente alla famiglia delle Sapindaceae e nativa della foresta amazzonica, ha la stessa origine misteriosa e affascinante del suo mito, quella di una ragazza innamorata di un guerriero di una tribù rivale che, piuttosto di vedere la morte del suo amato, chiede a un anaconda di essere uccisa in un ultimo abbraccio di morte. Commossi, gli dei le dedicarono una pianta - il guaranà, appunto - i cui frutti richiamavano sorprendentemente malinconici occhi neri incastonati in un guscio rosso. Un mito, dunque, quello del guaranà. Considerata una pianta sacra dagli indios dell’amazzonia proprio per via del suo particolare frutto, è stata il fulcro di numerose leggende. Come quella che vuole i suoi frutti un elisir di lunga vita: forniva infatti sia nutrimento che cure grazie alle sue proprietà tonico-stimolanti. La preparazione ha una sua tradizione: i grappoli si raccoglievano a frutti semiaperti, successivamente venivano puliti, tostati, pestati e ridotti in polvere aggiungendo acqua per ottenere un impasto omogeneo, lasciato essiccare al sole e grattugiato al bisogno. Oggi si sa che il guaranà è un efficace stimolante in tutti gli stati di sonnolenza, depressione nervosa, infezioni e malaria. Aiuta la digestione e contrasta la cefalea successiva ai pasti in chi soffre di digestione lenta. Favorendo i movimenti intestinali, è poi efficace contro la stitichezza e il meteorismo. Eccita i centri nervosi, specialmente il cervello, del quale intensifica l’attività. Stimolante, è perfino un ottimo afrodisiaco naturale. n 12 SCELTI PER VOI UN MARCHIO... NAZIONALE Il guaranà è comunemente utilizzato in Brasile per preparare questa bibita leggermente frizzante, Guaranà Antarctica, caratterizzata da un leggero effetto stimolante e da un sapore gradevolmente dolce. Bevanda tra le più diffuse in Brasile, Guaranà Antarctica venne creata nel 1921. Commercializzata anche in Portogallo, Spagna, Honduras e Usa, è sponsor ufficiale della Nazionale di calcio brasiliana. Guaraná Antarctica, prodotta in Portogallo, ha un contenuto di caffeina minore rispetto a quella prodotta in Brasile e pertanto non può essere considerata a tutti gli effetti un energy drink. eAthnic FEIJAO PRETO Serviti caldi con il riso ma impiegati anche in zuppe e stufati, questi fagioli neri (confezione da 500 g, provenienza Brasile) sono uno dei prodotti di punta del Sudamerica. FARINA PER TORTILLAS Harina Pan è una farina di mais precotta prodotta in Colombia e in Venezuela con cui è possibile preparare tortillias, nachos e arepas (piccoli panini cotti in padella). DOLCE DI FRUTTA Dolce gelatinoso a base di guava (un frutto diffuso in Sudamerica), il Goiabada (confezione da 600 g pronta all’uso) è molto amato dai brasiliani. PISELLI DA STUFARE Da impiegare in zuppe, i piselli Carajo (confezione da 425 g) vengono dal Perù. Da servire accompagnati con riso bianco, vengono generalmente stufati. COCCO IN BOTTIGLIA Il latte di cocco (provenienza Brasile, confezione da 500 ml) viene impiegato per preparare dolci ma anche pietanze salate. MELA DA BERE Manzana è una bevanda gassata proveniente dall’Ecuador (lattina da 33 cl) al gusto di mela. Disponibile anche in bottiglie da 1,5 l. 11 PAESI AFRICA CACAO il cibo degli dei Una storia antica, quella di uno tra gli alimenti più amati del mondo. Diffuso in Africa, in Asia e nelle Americhe, vanta proprietà eccezionali, per il corpo e per la mente T utto nasce dai semi. È da quelli più pregiati che viene estratto il cibo degli dei. Certo non si contano gli alimenti che sono stati definiti con queste parole, ma per il cacao è diverso. Theobroma cacao: il nome scientifico della pianta - diffusa oggi in Africa, India occidentale, nelle zone tropicali delle Americhe e nel lontano Oriente - vuol dire proprio questo (dal greco theos = dio e broma = nutrimento). E il motivo forse c’è: probabilmente non tanto per la sua rarità quanto per le doti estatiche e le proprietà eccitanti, quelle che ne hanno ispirato leggende e miti. Quelle che, tra l’altro, ne motivarono la diffusione ancor prima che approdasse in Europa. Secondo gli storici il cacao, infatti, era già ben diffuso intorno al 1520 tra i conquistadores spagnoli in Messico, i quali divennero presto avvezzi alla potente bevanda scura prodotta con i semi del cacao e venerata dalla società azteca, che di lì a poco avrebbero decimato. La gustavano la sera tardi, gli spagnoli, secondo il cerimoniale locale, servita da mogli, concubine e schiavi autoctoni. Date le circostanze, è facile immaginare come le dicerie sulle proprietà afrodisiache del cacao fossero già allora ben note. Oggi la scienza non ha fatto che confermare: Adam Drewnowski, ricercatore dell’università del Michigan (Usa), ha studiato a lungo il modo in cui il cioccolato può stimolare nel cervello la produzione di oppioidi, sostanze responsabili di sensazioni di leggera euforia. Il cacao è veramente, come vuole il luogo comune, un antidepressivo naturale: attenua le sensazioni dolorose ed esalta quelle di benessere. Proprietà benefiche, quindi, che nascono già con il frutto, la cabosse, che contiene i pregiati semi. Quando è maturo e la sua buccia è dura come cuoio, al suo interno trovano spazio fino a 40 semi, comunemente chiamate fave, sottoposte a fermentazione, essiccazione, torrefazione e raffinazione. Il tutto secondo precise procedure tradizionali che hanno lo scopo di mantenere intatte le qualità di questo alimento. n 14 SCELTI PER VOI ENERGIA IN POLVERE Il “cacao da bere” non è una novità. I conquistadores spagnoli lo videro per la prima volta alla corte degli aztechi, che avevano appreso i segreti della sua lavorazione e preparazione dall’antica civiltà maya, a sua volta in debito con gli olmechi, anch’essi popoli precolombiani. Per ottenerlo non è sufficiente mescolare la polvere macinata con l’acqua: le fave sono molto ricche di grassi. Per ottenere il cosiddetto xocolatl dal cacahuatl, una densa bevanda al cacao, queste popolazioni aggiungevano pertanto al cacao acqua fredda e mescolavano vigorosamente per poi travasare il liquido da un contenitore a un altro da una certa altezza per facilitare la sospensione e creare una spessa schiuma. I tempi sono cambiati, e così gli ingredienti. Oggi il cacao da bere si ottiene con il latte e preparati specifici. Nestlé Milo è uno di questi: prodotto commercializzato per il mercato africano, è pensato appositamente per questo uso. Istantaneamente solubile e certificato halal per il mercato islamico, va aggiunto al latte caldo. Ottimo per la colazione: l’energia del cacao è quel che occorre per iniziare bene la giornata. Disponibile in confezioni da 1 kg, 400 g e 200 g. eAthnic ENERGETICA Prodotta in Inghilterra per il mercato africano, questa bevanda energetica e calorica ha una consistenza densa (l’ingrediente base è il latte) ed è disponibile in quattro gusti: cioccolato, fragola, vaniglia e banana. Lattina da 325 ml. ISTANTANEA Una pasta istantanea da cuocere nell’acqua bollente. Contiene bustine di condimento, in questo caso gusto pollo. Indicati anche ulteriori condimenti come le verdure, da aggiungere separatamente. Confezione da 70 g, provenienza Nigeria. POLPA DI PALMA Trofai è un condimento a base di polpa di frutto di palma molto amato dagli africani in diverse preparazioni culinarie. GUSTO AMARO Guinness è la più classica stout (birra scura) dal sapore marcato, intenso e aromatico. Disponibile in bottiglie da 33 cl. Provenienza Belgio. CLASSICO La classica crema al burro di arachidi da spalmare, diffusa in tutto il mondo e particolarmente apprezzata dal mercato africano. Due le varianti: liscia e con pezzi di arachidi. Prodotta in Olanda, confezione da 350 g. PRODOTTO HALAL Un prodotto (anche) per il mercato arabo: dadi di manzo in confezioni da 8 pezzi. 11 AZIENDE UNIONTRADE La qualità fa la differenza LUIGI SUN PARLA DELLA SUA IMPRESA E DI COME è CAMBIATA NEL CORSO DEGLI ULTIMI ANNI. E LANCIA UNO SGUARDO SUL FUTURO È il 2005 quando Luigi Sun, fondatore e attuale numero uno, decide di allargare il proprio business importando non più solo prodotti alimentari cinesi, ma provenienti da tutto il mondo. Questa è la storia di Uniontrade, azienda fondata nel 1985 e conosciuta fino a cinque anni fa con il nome di China Trading. Ma che cos’è successo in quel 2005? Che cosa c’è dietro a questo cambio di strategia che, di fatto, ha permesso all’azienda di crescere e di diventare la numero uno nel suo settore? Lo spiega a Eathnic proprio Luigi Sun, un imprenditore che ha dimostrato di avere una certa lungimiranza. 16 Quante persone lavorano attualmente in azienda? E da quali paesi provengono queste persone? Le risorse umane che compongono il mio organico sono oggi circa una cinquantina. A fianco del fisiologico turnover permangono i miei collaboratori più datati e fedeli, tutti in posizione di vertice e di ampia responsabilità. Rispettando la vocazione aziendale, anche qui la mescolanza delle razze è diffusa: abbiamo collaboratori cinesi, filippini, cingalesi, marocchini e, naturalmente, un buon numero di giovani italiani. In che modo garantite la qualità dei prodotti da voi importati? La filiera tutta - dalla produzione all’acquisto, dall’immagazzinamento all’uscita per la vendita - di tutti i nostri prodotti è garantita da un’elevata attenzione che Uniontrade pone nella gestione. Scelta dei fornitori, griglie di valutazione per gli acquisti, procedure per la movimentazione, unite ai requisiti dell’Haccp (Hazard Analysis and Critical Control Points, un sistema di autocontrollo che ogni operatore del settore alimentare deve mettere in atto per valutare e stimare pericoli e rischi e stabilire misure per prevenire l’insorgere di problemi igienici e sanitari), sono complementari al Sistema qualità Iso 9001:2008 s Luigi, che cosa le ha fatto decidere che era giunto il momento di ampliare le proposte per il mercato? Dopo un’attività ventennale, in cui le diverse tappe hanno rappresentato altrettanti obiettivi di sviluppo raggiunti, ho pensato che fosse arrivato il tempo di avviare non un’ulteriore fase di crescita, ma un vero processo di “evoluzione”. Le crescenti etnie in Italia lasciavano intendere opportunità più ampie, rispetto al pur importante canale cinese. Naturalmente, era anche necessario rivisitare il nome dell’azienda, attribuendone una più significativa valenza, che appunto “riunisse” i diversi canali di trading che già avevamo iniziato a trattare. è nata così Uniontrade, contraddistinta anche da un nuovo logo, frutto di un ampio coinvolgimento interno di tutti i miei collaboratori. Quali sono i prodotti principali che importate? E quali sono i paesi più rappresentati, per quanto riguarda i vostri prodotti? Premesso che ogni prodotto è per Uniontrade sempre importante, dobbiamo distinguere la casistica almeno secondo due importanti parametri: quantità e valore. Per quanto attiene ai volumi abbiamo la predominanza del food filippino, che copre oltre il 30% del totale, mentre rispetto al fatturato è certamente il Giappone a occupare la prima posizione, con oltre il 30% del valore, seguito da Thailandia (20%) e Filippine (12%): vediamo quindi che con sole tre diverse etnie, su 36 diverse che oggi compongono il nostro listino, fatturiamo oltre il 60% delle vendite. eAthnic UFFICI MULTIETNICI Le risorse umane che compongono l’organico di Uniontrade, presso la sede di Peschiera Borromeo, sono oggi una cinquantina. Il melting pot è forte: accanto a italiani, qui lavorano cinesi, filippini, cingalesi e marocchini. “A fianco di un fisiologico turnover permangono i miei collaboratori più fedeli, tutti in posizioni di responsabilità”, spiega Luigi Sun. IL SEGRETO I mpossibile parlare di Uniontrade senza menzionare il “temporary” Cash&Carry, come ama definirlo Luigi Sun. Più di un terzo del fatturato totale dell’azienda (ovvero 11 milioni di euro) avviene attraverso questo canale. Un grande punto vendita, situato nella sede di Peschiera Borromeo, dove negozianti e ristoratori si servono da soli. Nel 2009 le fatture emesse sono state quasi 17mila, per un valore medio di 655 euro. I NUMERI 32 la percentuale di prodotti venduti che prendono la strada dell’estero. La Francia è la destinazione più gettonata e precede la Grecia e la Spagna 36 1,31 milioni di euro fatturati da Uniontrade nell’anno 2009. Il 29% di questo fatturato è stato realizzato nel terzo trimestre, ovvero nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 4,5 le etnie rappresentate all’interno del listino dei prodotti dell’azienda; le maggiori sono la filippina (considerando i volumi) e la giapponese (prendendo in considerazione il fatturato) 18,83 prezzo medio di vendita di un prodotto, un valore che si ottiene dividendo il fatturato per i pezzi venduti, oltre 24 milioni milioni la percentuale di crescita del fatturato rispetto all’anno precedente 17 AZIENDE UNIONTRADE « MAGAZZINO Nasce col nome di China Trading nel 1985 importando cibo cinese. Dal 2005 inizia a ad occuparsi di cibo proveniente da tutto il mondo. Oggi Uniontrade è un’impresa solida, che conta su un magazzino sempre fornito. che caratterizzano ogni aspetto aziendale, il tutto contenuto nel nostro prezioso Manuale della qualità di Uniontrade. Parliamo un po’ dell’organizzazione: come è strutturata Uniontrade (magazzino, cash&carry)? La nostra azienda è nata come impresa a carattere familiare, ma ciò non ha impedito una crescita professionale dei collaboratori, che sottoponiamo a periodici momenti formativi ed informativi. È così che il nostro organico si trova coordinato all’interno di una piramide aziendale dove il vertice in alto è però molto ravvicinato alla base, favorendo dialogo, comunicazione e maggiore velocità nella risoluzione dei problemi. È in quest’ambito che, in ogni caso, Uniontrade ha disegnato organigrammi settoriali molto snelli, dove la gerarchia è sufficientemente definita, ma dove regna la più costruttiva flessibilità. Parliamo dei clienti: si tratta solo di stranieri residenti in Italia? E dove sono presenti i vostri prodotti? È chiaro che la natura dei nostri prodotti si indirizza su una clientela prevalentemente “non italiana”, ma i nostri canali distributivi oggi sono costituiti da ben 13 diverse categorie commerciali, dove i negozi sono al primo posto (42% delle vendite). Ma tocchiamo anche 18 IMMAGINO PER IL FUTURO UN GRUPPO MULTIFORME, DOVE MIO FIGLIO DIA ANCORA NUOVI IMPULSI ALL’AZIENDA E OGNI COLLABORATORE SOVRINTENDA AD ALTRETTANTE LINEE DI BUSINESS» ingrosso, ristorazione, bar e riforniamo persino le navi da crociera. Uniontrade è un’azienda che è cresciuta notevolmente negli ultimi anni, così come immaginiamo sia cresciuta la concorrenza. In quale fascia di mercato vi collocate? Negli ultimi anni ci siamo dati come obiettivo prioritario quello di rafforzare l’azienda e fidelizzare i clienti: è così che, sino ad ora, abbiamo fatto fronte alla concorrenza. Riteniamo che oggi risulti difficile per la concorrenza emulare la struttura, l’organizzazione e le nostre proposte: ciò che vantiamo definire “il sistema Uniontrade”. Ciononostante, è già progetto avviato un processo di maggiore “internazionalizzazione” della nostra azienda, che ci vedrà nella prima fase espandere la nostra presenza in Europa. Ci descriva Uniontrade e il suo successo in tre parole… Non ho bisogno di inventare, in quanto sta già tutto scritto nel nostro Manuale della qualità, dove per identificare i prodotti, proposte e soluzioni, indichiamo precisamente differenza (evolutiva dell’azienda), vantaggio (competitivo in generale), soddisfazione (dei nostri clienti). In conclusione, come si immagina la sua azienda tra dieci anni? Domanda difficile visti i tempi attuali, che difficilmente permettono visioni di così lungo termine. Ma ci provo e immagino, come in un sogno, un gruppo multiforme, dove mio figlio dia ancora nuovi impulsi all’azienda e ogni mio collaboratore di oggi sovraintenda ad altrettante diverse linee di business. Non necessariamente n solo nel food... eAthnic BREVI Kikkoman KIKKO Un occhio di riguardo per i celiaci Dalle Ande agli Appennini Una salsa di soia per gli intolleranti al glutine. A presentarla è Kikkoman, leader nella produzione e commercializzazione di questo prodotto, immancabile sulle tavole di tutto il mondo. La All-Purpose Gluten Free Soy sauce è realizzata senza l’aggiunta di glutine, normalmente presente in qualunque tipo di salsa di soia in commercio. Originario della Cina - dove è noto già dai tempi della dinastia Zhou (XIII - III secolo a.C.) - il condimento nella sua versione tradizionale è una salsa fermentata ottenuta dalla soia e dal grano tostato con l’aggiunta di acqua e sale. Tra le caratteristiche nutrizionali della salsa di soia Kikkoman va segnalato un elevato contenuto di antiossidanti, ovvero i componenti chimici utili a rallentare l’invecchiamento, dieci volte maggiore rispetto a quello del vino rosso, noto e apprezzato per i benefici in grado di assicurare al cuore. Alcune ricerche ne hanno inoltre evidenziato buone proprietà digestive. La nuova salsa Kikkoman All-Purpose Gluten Free è commercializzata esclusivamente in confezioni da 250 ml. La miglior salsa di soia peruviana è da oggi disponibile anche in Italia. Largamente impiegata nella cucina sudamericana, Kikko Siyau è una salsa light fermentata in modo naturale caratterizzata da un colore intenso dovuto alla presenza di caramello ottenuto dalla canna da zucchero. Il sapore è corposo, dolce, e la consistenza indicata per conferire ai piatti un aspetto invitante. Disponibile in confezioni di plastica da 85 ml, 160 ml, 350 ml, 500 ml, 5 l e 18 l. Royal Umbrella La carne è più dolce Per il pollo, per gli involtini. E per una varietà di pietanze etniche: centro e sudamericane, africane, asiatiche. La nuovissima Sweet chilli sauce for chicken di Royal Umbrella è una salsa dolce al peperoncino prodotta in Thailandia e disponibile in bottiglie da 860 g. Basta una piccola quantità per insaporire piatti di carne con un gusto piccante e dolcemente aromatico. La qualità è assicurata dal marchio Royal Umbrella, che da decenni contraddistingue il miglior riso thailandese apprezzato in tutto il mondo. NISSHIN Nuovi sapori, nuovo packaging Arrivano da Hong Kong i nuovi instant noodles Nisshin Cup, ovvero pastina istantanea disponibile al gusto frutti di mare (foto) ma anche in una varietà di diversi sapori: granchio, manzo, pollo, xo sauce (una salsa piccante ai frutti di mare tipica della cucina cinese) e spicy seafood. Il prodotto, pensato per il mercato orientale, è nuovo anche nel coloratissimo packaging. Mori-Nu Senza conservanti e privo di frumento Un tofu totalmente naturale. Il nuovo Nigari Tofu, prodotto da Mori-Nu, è caratterizzato da un gusto delicato, come da tradizione. Privo di conservanti ma anche di frumento - e dunque indicato per i celiaci - è ottenuto da trattamento con il nigari, cloruro di magnesio impiegato secondo la ricetta tradizionale per cagliare il latte di soia e ottenere così un prodotto di alta qualità organolettica. 19 NEGOZIO IL RISO IL RISO ABBONDA SULLA BOCCA DI TUTTI Nome scientifico: Oryza Sativa. Famiglia: graminacee annuali semiacquatiche. Segni particolari: immancabile in ogni cucina, di qualsiasi etnia. Ecco l’identikit del cereale più amato del pianeta 20 eAthnic O CHICCHI EUROPEI DA NORD A SUD CON L’ITALIA UNA STORIA MILLENARIA… E l’Italia? La prima regione del Bel Paese a gustare il riso è la Sicilia, oltre mille anni fa, per gentile concessione degli Arabi, a quel tempo dominatori della penisola. Il settentrione, invece, dovrà aspettare la seconda parte del XIV secolo; Lombardia e Piemonte, in particolare, si rivelano terreno fertile per la nuova pianta, grazie a una rete fluviale IL RISO GIOCHERÀ UN RUOLO IMPRESCINDIBILE NELL’ECONOMIA E NELLA DIETA DELLE NUOVE GENERAZIONI» particolarmente ricca. Il vero salto di qualità, però, si ha cinquecento anni dopo, con l’arrivo di nuove varietà di importazione a supporto della dieta locale, di fatto limitata a una sola specie botanica. Nello stesso periodo nascono i moderni sistemi di irrigazione su ampia scala. Precursore in tal senso è lo statista Camillo Benso, conte di Cavour, primo presidente del Regno d’Italia, che sotto il suo governo promosse un inedito modello di coltura intensiva, presto esportato in Emilia e in Toscana. s In Europa oggi si consumano due tipi di riso: lo japonica e l’indica. Il primo, caratterizzato da granelli larghi, è utilizzato nei paesi mediterranei per risotti e paella. I risi indica invece, con chicchi a pasta dura che restano sgranati anche dopo lunghe cotture, sono tipici del centro Europa. « gni pianta ha le sue radici. Le origini del riso si perdono nei millenni. Le più antiche testimonianze risalgono addirittura a circa 15.000 anni fa e possono essere localizzate presso le comunità paleolitiche di stanza in Thailandia, Vietnam, Corea, Cina e sud-est asiatico. È l’inizio di un lungo viaggio, che porta il riso a raggiungere l’India nord-orientale nel 7000 a.C, per poi deviare verso la Mezzaluna Fertile, fino all’approdo sulle coste del Mediterraneo in età cristiana. Greci e Romani sono tra i primi occidentali a conoscere il chicco venuto dall’Oriente, classificandolo però come specialità aromatica e medicinale. Una spezia pregiata, reperibile solo a costo di enormi oneri. 21 NEGOZIO IL RISO COSTRUIRE CON IL RISO? … MA IL MONDO È LA SUA CASA Nuova linfa ai mercati. In Italia e all’estero, a qualsiasi latitudine, il riso ha saputo farsi spazio nella dieta di interi millenni. Tanto che oggi può fregiarsi del titolo di cereale più diffuso al mondo. La filiera più estesa resta quella cinese, quasi interamente destinata al consumo interno. Il secondo posto va all’India, seguita da Indonesia, Vietnam e Bangladesh. A breve distanza si aggiunge la Thailandia, che vanta il titolo di primo esportatore internazionale. Sorte inversa tocca al Giappone, che pur emergendo come attore di prim’ordine, è costretto a puntare sull’importazione. Nel contesto africano spicca invece l’Egitto, unica nazione del continente capace di competere su scala globale. Recenti studi di settore mostrano come l’Oryza Sativa, questo il nome scientifico del riso, sia la base alimentare di oltre tre miliardi di persone. Cifra ancora più significativa se rapportata ai modelli industriali dei paesi in via di sviluppo, dove il lavoro nelle risaie rappresenta la principale fonte di reddito per milioni di piccoli coltivatori. Sta di fatto che negli ultimi cinquant’anni la produzione di riso è aumentata di ben Il riso è buono, fa bene e aiuta a costruire un mondo migliore. Nel vero senso della parola. Una ricerca condotta da un’azienda americana ha infatti messo a punto un sistema che riutilizza gli scarti di lavorazione del cereale per produrre calcestruzzo. La pula - la pellicola che riveste i chicchi, eliminata durante la lavorazione del riso - è infatti ricca di ossido di silicio, additivo fondamentale del calcestruzzo. Grazie al lavoro di un team di ricerca del ChK Group Inc, studio di ingegneria con sede in Texas, è ora possibile estrarre questo componente riducendo così l’elevato impatto ambientale della produzione del cemento. UN PO’ DI STORIA IL RISO E CONFUCIO C ome è ben noto il riso è la base dell’alimentazione in gran parte della Cina, dove si traduce con la parola “fan” che identifica, allo stesso modo, il cibo in generale. Confucio, sin dal III secolo a.C., nel suo Libro dei Riti, scrive che il Riso deve sempre essere bianco e pulito. Forse per questo la modalità di preparazione del cosiddetto “riso cinese” ancora oggi prevede di lavare sempre il riso prima di cuocerlo. Nel Libro dei Riti sono riuniti testi, prescrizioni, rituali, tratti da varie fonti unificati sulla base della concezione ritualistica della vita propria del confucianesimo: l’uomo, secondo questa dottrina, può vivere rettamente e giustamente comportandosi secondo la regola del giusto mezzo, dell’equilibrio, della civiltà, aiutandosi con i riti. Per Confucio, l’elemento rituale è presente in ogni attività della vita: dalle relazioni di corte al modo di guidare gli eserciti, dai rapporti tra le famiglie al culto. Nessun atto del culto potrebbe essere vero e solenne senza l’osservanza precisa del rito. E non solo: le visite, gli incontri, tutto deve essere eseguiti secondo un “rito” (col termine rito, pertanto, si intendono non solo gli atti liturgici del culto, ma anche le maniere di comportamento). La preziosa opera di Confucio ha un certo valore letterario e ha avuto, nei tempi, un enorme valore pratico, nel senso che ha contribuito a plasmare la coscienza, o meglio il modo di vivere dei Cinesi per secoli. Dopo anni di “silenzio”, anche in Cina oggi Confucio torna a essere letto e apprezzato. Relativamente al riso, la modalità del rito prevede di porre nel fondo di una pentola la quantità di riso necessaria, poi questa deve essere posta sotto l’acqua corrente (rigorosamente fredda); aiutandosi con le mani, si deve manipolare poi il riso con gentilezza, sino a imbiancarne l’acqua, che si fa continuamente defluire, ricambiandola per diverse volte nel riso. È in questo modo che, pur eliminando buona parte degli amidi, si elimina dal riso ogni residuo di polvere e di qualsivoglia impurità, qualora fossero presenti. Il riso si deve intendere del tutto “lavato”, quando l’acqua torna a defluire dalla pentola apparendo del tutto trasparente e pulita. È in questo modo che i cinesi ripetono con tradizione questi gesti, ogni giorno, in modo del tutto rituale e, forse… anche un poco sacrale! 22 eAthnic E COLTIVARLO DIVENTA SOSTENIBILE tre volte. Solo nel 2009, secondo una stima dell’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Fao) si è raggiunto un volume di 678 milioni di tonnellate, inferiore del 2% rispetto al 2008, premiato dal più ampio raccolto di tutti i tempi. Coltiviamo il domani. Il futuro del riso, così come quello dei suoi fruitori, va contemplato alla luce di molteplici fattori. Innanzitutto il vertiginoso aumento della popolazione mondiale, cui fa da controparte una costante diminuzione di risorse idriche e terre fertili. La congiuntura dell’ultimo biennio ha poi segnato un sensibile aumento dei prezzi di mercato, a scapito del fabbisogno nutritivo di numerose regioni. Il tutto in un contesto che vede oltre un miliardo di individui soffrire di malnutrizione. Tra tanti interrogativi, una sola certezza: il riso giocherà un ruolo imprescindibile nell’economia - e nella dieta - delle nuove generazioni. A patto che tutte le parti in causa congiungano gli sforzi verso politiche sostenibili, per la singola persona nel quotidiano, per il pianeta sul lungo periodo. n Il riso vuole acqua? Falso. Due studi - in India e in Cina - hanno dimostrato come sia possibile coltivare l’oryza sativa con un 40% in meno di acqua. Ottenendo rese maggiori del 30% e ovvi benefici ambientali. CURIOSITÀ TRA MITO E SIMBOLOGIE UNA TRADIZIONE ORIENTALE E OCCIDENTALE N on c’è alimento più ricco di significati allegorici, esoterici e mistici del riso. Simbolo di prosperità, nutrimento e fecondità, viene gettato agli sposi all’uscita dalla chiesa col significato augurale di molti figli e abbondanza di cose buone. Già alcune tribù primitive mangiavano riso durante la celebrazione del matrimonio: questo avrebbe dovuto distogliere i cattivi spiriti, che si ritenevano causa di invidie e malignità, saziandoli e spingendoli così a rinunciare ai cattivi propositi. Ma vengono naturalmente dall’Oriente le più antiche mitologie legate al riso. In India le donne erano tradizionalmente solite offrirlo alle divinità come pegno per trovare marito, mentre in Estremo Oriente si dice sia bene evitare di parlare di morte mentre ci si trova nelle risaie. Il motivo? Per non far scappare quello che viene considerato il propizio “spirito del riso”. Per ragioni analoghe nell’antica Cina il riso veniva messo nelle mani dei defunti: così, si credeva, essi avrebbero potuto darlo da mangiare ai cani che avrebbero incontrato nel corso del viaggio verso l’aldilà. 23 NEGOZIO LE QUALITÀ DI RISO Un prodotto mille varietà Dal basmati ai superfini, dal venere al calrose. Un cereale, mille diverse declinazioni. l’importante è scegliere la qualità giusta L unghi e corti. Perlati e opachi. Fini e semifini. Il riso cresce praticamente ovunque ed è facile immaginare che le varietà siano pressoché infinite, ognuna caratterizzata da una diversa consistenza dei chicchi. Che, appunto, in base a dimensione, forma e grado di lucidità sono classificati in diverse tipologie. Tanto per incominciare ci sono le macrovarietà: comune, semifino, fino e superfino. I primi sono i risi meno pregiati: i loro chicchi sono opachi e resistono poco alla cottura. Da evitare? Non è detto. Ricchi d’amido e quindi pastosi, una volta cotti sono ottimi per i dolci. Tendenzialmente pastosi sono anche i semifini, ideali per i piatti della cucina italiana, risotti in prima linea. Fini e superfini invece sono i risi dai chicchi lunghi, vitrei, molto resistenti alla cottura. La loro applicazione in cucina? Piatti etnici, paella, insalate di riso. Molte varietà esotiche assicurano questo effetto: il basmati, che con i suoi chicchi lunghissimi è re delle pietanze del sud del mondo, o il jasmine, varietà thailandese bianca e profumata servita come contorno. Al contrario, per il sushi occorrono chicchi tondi di consistenza morbida dopo la cottura così da permettere la necessaria compattezza. Un esempio è il calrose, originario della California ma diffuso nelle Hawaii e in Australia. Infine, il riso più particolare. È il venere: originario della Cina, è famoso per il suo colore scuro. Ricco di fibre e minerali, cuocendo emana un intenso aroma di sandalo e di pane. n 24 01 03 02 04 05 06 01. Rottura di riso profumato Kathay, prodotto in Thailandia. Confezione da 22,7 kg. 02. Riso Thai Jasmine Mali, riso profumato Thailandese. Disponibile in confezioni da 1 kg, 5 kg, 20 kg. 03. Riso Ribe Kathay. Confezione da 25 kg, prodotto in Italia. 04. Nishiki Premium Rice: riso per sushi prodotto in California. Disponibile in confezioni da 1 kg, 2,5 kg e 4,5 kg. 05. Riso Okomesan per sushi. Prodotto in Italia, è disponibile in confezioni da 1, 5 e 20 kg. 06. Riso basmati Veetee. Prodotto in India e confezionato in Inghilterra, è disponibile in diversi formati: 1, 2, 5 e 20 kg. eAthnic 08 11 09 10 07 12 13 07. Riso Pearl Blossom calrose, indicato per sushi. Produzione California. Disponibile in confezioni da 22,68 kg. 08. Riso glutinoso Royal Umbrella, prodotto in Thailandia. Confezione da 1 kg. 09. Riso basmati Tilda. Prodotto in India e confezionato in Inghilterra, è disponibile in confezioni da 1, 2, 5 e 20 kg. 10. Sun Island Samba Rice: riso tondo in confezione da 1 kg. 11. Riso basmati Akash, prodotto e confezionato in Inghilterra. Confezione da 20 kg. 12. Rottura di riso basmati Veetee. Prodotto in India e confezionato in Inghilterra. Confezione da 20 kg. 13. Sushi Biyori, prodotto in Italia in due formati: 1 kg e 10 kg. IL PUNTO VENDITA È ORA DI CINA. MA ANCHE DI AFRICA, ASIA E SUDAMERICA Può esistere un luogo in cui i popoli si incontrano? Può la salsa nesi. Un approccio diametralmente opposto a quello del cliente di soia convivere con un riso basmati e magari sposarsi con un straniero, molto più conservatore”. affettato halal? Lo chiediamo a Yao Guo, proprietario del New Quali sono i criteri che identificano un buon negozio di cibi etnici? Continental Market, negozio milanese di alimentari etnici. “Innanzitutto la competitività sul prezzo, punto essenziale Signor Yao Guo, ci racconti la storia di New Continental Market. per fidelizzare un utente sempre più esperto nel confrontare “Il nostro negozio è qui da 10 anni. L’idea è stata di mio padre: promozioni e offerte. Non meno importante è la specializzaoffrire al cliente cinese veri prodotti cinesi. I gusti della sua infan- zione. Offrire un po’ di tutto, da tutto il mondo, non paga. zia. Gli unici di cui si fidasse davvero. L’intuizione si è spinta oltre, Molto meglio puntare su poche aree gastronomiche, con gamme fino a coinvolgere nuove etnie, dal Sudamerica alle Filippine”. molto approfondite”. Quali sono i vostri principali articoli? Un vasto assortimento di preconfezionati, cui si aggiunge un nutrito reparto fresco. In entrambi i casi, lo scaffale è multietnico. C’è poi il non-food, che punta su oggettistica e cosmetici, questi ultimi particolarmente richiesti dal target africano”. Quale ruolo riveste il consumatore italiano? Gli italiani sono sperimentatori. Lo dimostra la battuta di cassa: se in passato nessuno osava spingersi oltre gli spaghetti di soia, oggi il carrello si riempie di spezie, tè, riso e ingredienti giappo- 25 NEGOZIO IL WOK WOK IN PROGRESS UNCIARE IN R A Z N E S O AN MANGIARE S RE TEMPO IA M R A P IS R . AL GUSTO guadagnan do in benesse re. Per aver tutto, basta e un solo str umento È nato oltre i confini della Cina, ma rappresenta l’ultima frontiera del settore alimentare. Ha più di 2300 anni, ma è il più contemporaneo degli utensili da chef. Difficile definirlo con una sola qualifica: padella, pentola, casseruola, recipiente per pietanze. Molto più facile chiamarlo col suo vero nome: wok. Un prodotto semplicissimo, dagli infiniti utilizzi. Cottura al vapore, frittura in pastella, rosolatura veloce, stufatura, addensamento delle salse. Non c’è tecnica gastronomica che il wok non sappia assecondare. Merito della tipica forma semisferica, che garantisce una perfetta distribuzione del calore e una rapida evaporazione dei liquidi. Ma non è tutto. Con la sua sagoma concava, il wok riduce al 26 Un fenomeno in continua ascesa, che non sembra conoscere controtendenze. Merito anche della cultura contemporanea, che a dispetto di crisi e dietologie più o meno occasionali, continua a privilegiare equilibrio e benessere come pilastri di una corretta nutrizione. minimo il fabbisogno di olio in cucina, rendendo più sana ogni ricetta. La filosofia del wok è la velocità. Prima di accendere i fornelli, tutti gli ingredienti vanno sminuzzati, affettati, tagliati in striscioline e rondelle. Il risultato: un processo di cottura molto più snello, che mantiene quasi inalterate le proprietà organolettiche e nutritive degli alimenti. L’effetto estetico è, se possibile, ancora più appetitoso. Un mosaico di tessere multicolori, pronto a sprigionare arcobaleni di aromi e sapori. Del resto, è risaputo, il buon cibo si mangia innanzitutto con gli occhi. LA RICETTA DEL SUCCESSO Efficienza e salute, con quel tocco esotico che conquista. È questo il segreto del wok. Illuminanti al riguardo sono i dati pubblicati nel 2009 dall’istituto di ricerca Nielsen, che vedono emergere la salubrità come principale trend culinario di lungo periodo, soprattutto in Italia (62% dei consumatori, contro una media globale del 58%). Sulla stessa scia si inserisce il pasto in casa, sempre in vetta alle preferenze, anche e soprattutto per via della recessione, che spinge un numero crescente di famiglie a rinunciare al ristorante. Quale migliore soluzione allora, se non impugnare il fidato wok, e concederci un sano, agile spuntino tra le mura domestiche? Che si tratti di carne o verdura, sfizio o peccato di gola, continueremo a gustare i nostri piatti preferiti, con quel pizzico di modernità che da sempre distingue i veri gourmet. n eAthnic GLI ACCESSORI nche il più essenziale degli utensili può A avere i suoi accessori. Il wok non fa eccezione, con un set di tutto rispetto. SUPPORTO WOK Un semplice anello di metallo, appositamente sagomato per stabilizzare il wok sui fornelli e ottimizzare la trasmissione di calore, rendendola omogenea durante l’intero processo di cottura. GRIGLIA PER FRITTO Simile a una graticola di forma semicircolare, si aggancia al bordo del wok e resta sospesa sopra il livello dell’olio. La soluzione ideale per tenere in caldo i cibi già fritti, lasciando defluire l’eccesso di unto. MESTOLO E PALETTA Destinati rispettivamente a ingredienti liquidi e solidi, mestolo e paletta consentono di amalgamare agevolmente qualsiasi pietanza. COME SI FA B astano poche regole per usare un wok da provetti chef. La prima è sposare il gusto della cucina cinese. Che si tratti di fritture, stufati o menù al vapore, tutte le materie prime devono essere affettate o tagliate, accelerando al massimo il processo di cottura. Ci sono poi i consigli di manutenzione. Una volta usato, il wok va infatti lavato con sapone e asciugato senza lasciare graffi. Un’ottima tecnica è appoggiarlo sui fornelli, aspettando che sia il calore della fiamma a far evaporare l’umidità. Le superfici vanno infine unte lievemente per prevenire la formazione di ruggine. BACCHETTE DA CUCINA Versione professionale delle tipiche posate cinesi. Se impugnate con proprietà e destrezza, si rivelano insostituibili in numerosi frangenti, come ad esempio la preparazione delle salse. MESTOLO A GRATICOLA L’equivalente della schiumarola europea. Con il suo manico di legno terminante in una sottile rete metallica, il mestolo a graticola è il partner ideale per sgocciolare i fritti, riducendo al minimo il rischio di scottature. STEAMER Immancabile nella cucina al vapore, il tradizionale cestello in bambù aderisce al perimetro del wok, facendo penetrare umidità e calore al proprio interno, riservato ai cibi in fase di cottura. È inoltre possibile impilare più pezzi, da usare successivamente come eleganti vassoi da portata. COLTELLO CINESE Affilato e versatile, il coltello cinese si presenta in due versioni: lama da taglio e accetta da cucina. Affettare, triturare e sminuzzare non sarà più un problema. 27 ? RISTORANTI ZEN LO ZEN È UN RISTORANTE Intervista a Germana Tan, direttrice del locale che ha cambiato le regole del sushi a Milano C UN LUOGO DAL FASCINO GLOBALE Lo Zen nasce nel 1999 a Milano. L’idea è quella di importare dal Giappone il format legato al nastro kaiten, che permette una degustazione del sushi dinamica. Laddove la tradizione punta su ambienti formali, lo Zen rappresenta il risveglio dell’immediatezza, lasciando il cliente libero di vedere, assaggiare e confrontare sul posto i piatti. Un atelier del gusto, in cui sapori e ricette convivono con una mostra permanente riservata a talenti artistici di tutto il mondo. 28 ielo azzurro, aria frizzante. È una bella giornata quel martedì 2 marzo, in pieno centro a Milano. In via Madonnina, quasi all’incrocio con corso di Porta Romana, c’è l’insegna dello Zen, con la sua elegante pennellata calligrafica. Sono le undici in punto. L’appuntamento è con la Signora Germana Tan, 38 anni di esperienza nella ristorazione e direttrice del ristorante giapponese più noto di Milano. La stretta di mano è forte e decisa. Non poteva essere altrimenti. Ci vuole polso per gestire un ristorante giapponese di successo. L’intervista si svolge nell’ufficio della signora Germana; per raggiungerlo si attraversa l’intero locale. È un viaggio sorprendente, quasi al rallentatore. Ci si perde in un mondo di straordinari dettagli. Il giardino di pietra che corre, o forse scorre, sotto una costellazione di luci soffuse. Le armonie minimali dei pannelli, su cui vibrano i colori di piante, origami, lampade variopinte, perfino i riflessi di un’armatura medievale. Il nastro mobile - il kaiten - al centro della sala, che tra eAthnic FACCE DA ZEN NESSUNO È DI CONTORNO ui ogni membro del personale deve dimostrare Q massima specializzazione. Questo vale innanzitutto per la Signora Tan, direttrice del locale dal 2000, che ha al suo attivo ben 38 anni di ristorazione e una brillante carriera da sommelier. I restanti 21 collaboratori non sono da meno. Ci sono Cuochi e Camerieri (tutti con la C maiuscola), insieme ai tradizionali Sushiman. C’è l’Uomo del Tempura che, senza indugiare in giri di parole, cucina solo tempura. Altrettanto efficienti sono l’Addetto Maki, l’Incaricato Impasti e il Responsabile Ordini. Allo Zen sono tutti preparati al meglio. Persone e cibi, senza distinzioni. qualche ora si popolerà di gamberi, tempura, sushi, sashimi. Nel breve, brevissimo tragitto dall’ingresso all’ufficio, si incontrano almeno una decina tra cuochi, camerieri, addetti alla conservazione del pesce. Tutti con una cosa in comune: il sorriso sulle labbra. Signora Tan, qual è il segreto dello Zen? Il nostro credo è l’innovazione. Prima di noi, a Milano esistevano solo ristoranti giapponesi classici, dall’atmosfera composta e seriosa. Lo Zen ha introdotto una piccola rivoluzione: il kaiten, passerella meccanica che ha letteralmente rimesso in moto l’esperienza conviviale del sushi. Da allora non ci siamo più fermati. Nuove pietanze, cambi d’arredo, mostre d’arte, eventi in occasione di festività nipponiche. Non è passato giorno senza che in pentola bollissero nuove idee. Oggi cosa bolle in pentola nelle vostre cucine? Il sushi è la nostra prima specialità. Non mancano comunque sashimi, fritture e piatti caldi, tutti abbinabili a un’ampia carta di vini. Il valore del nostro menu è inoltre negli ingredienti. Il pesce, ad esempio, oltre a essere rigorosamente fresco, fa scalo nell’abbattitore prima di arrivare al banco. Un ulteriore costo di esercizio, ma anche un’importante garanzia di qualità. Più fresco del fresco, insomma… Le dirò di più. Come può immaginare, capita spesso che in cucina restino avanzi. Noi non ricicliamo un solo chicco di riso né da un giorno all’altro, né tantomeno dal pranzo alla cena. Una politica impegnativa, ma essenziale per mantenere lo Zen all’altezza del proprio nome. Le tre parole chiave del perfetto ristorante giapponese? Prima regola: ordine e pulizia. Regola numero due: la definirei “percezione”: quel feeling che rende eleganti, quasi astratti, spazi e pietanze. Terza regola: visibilità degli ingredienti esposti in sala. Il cliente riesce a cogliere una tale ricchezza di sfumature? Certamente, e con grande maestria. Il nostro è un pubblico che viaggia, confronta, verifica. Riconoscerebbe all’istante la minima caduta di stile. C’è chi pranza da noi ogni giorno. La provenienza degli ospiti è comunque eterogenea. Si va dall’orientale all’italiano, dall’adulto al bambino. A proposito di bambini, qui sembra che tutti si divertano alla grande, anche se di fatto stanno lavorando. Entusiasmo e gentilezza sono requisiti indispensabili del nostro staff. Fanno parte del servizio. A volte però mi arrabbio; quelli là (la signora Tan, sorridendo, indica il personale, ndr) a volte si mettono proprio a giocare. Lo dico sempre che mi sembra di essere in un asilo. Ma poi sanno farsi perdonare, con la loro correttezza e la loro incredibile professionalità. Con questo, il caso è chiuso. Un ristorante che sa rendere felici non solo i clienti, ma anche i suoi collaboratori. Un luogo in cui la freschezza non è solo del sushi, ma anche delle idee. Un luogo molto Zen. n 29 RISTORANTI INTERVISTA A PIETRO LEEMANN Dall’orto all’Oriente L’amore per la natura imparato fra le montagne svizzere e affinato tra cina e giappone L a prima cosa che si nota, mangiando al Joia, è il piacere di scoprire consistenze diverse, a cui gli occidentali non sono abituati: salse, creme, spume, strati sempre divertenti e sorprendenti. “Ha ragione - conferma Pietro Leemann, lo chef e patron del ristorante nato a Milano nel 1989, primo vegetariano a ricevere una stella Michelin -. Quella delle consistenze è una delle mie passioni: in Giappone, ad esempio, il tatto è il primo parametro per un buongustaio, prima ancora del profumo o del sapore. Ci sono parole, per descrivere le diverse consistenze, che in italiano non esistono”. Ecco, siamo subito in argomento: il Giappone, l’Oriente, le cucine etniche. Leemann è profondamente europeo (svizzero, del Canton Ticino) ma ha studiato a lungo le tradizioni orientali, in lunghi soggiorni in Cina, in Giappone, in India. Che cosa si è portato, dai suoi viaggi in Oriente? Se devo sintetizzare, direi dalla Cina le cotture, dal Giappone il modo di decorare il piatto, dall’India il gusto per le spezie. Ma il problema è più di cultura che di ingredienti: guardi il riso, portato da Marco Polo e diventato così milanese. Evidentemente c’erano i presupposti culturali giusti perché si affermasse. 30 Che cosa pensa del sushi, un prodotto giapponese che si è affermato moltissimo? Il sushi è geniale, è un’invenzione storica perché incarna alla perfezione un momento, un bisogno: è semplice, buono, fatto di piccole porzioni tutte diverse, con gli ingredienti mescolati ma distinguibili. Però… UN INNO ALLA VITA T icinese di Locarno, classe 1961, Pietro Leemann ha iniziato la carriera ai fornelli “folgorato” da una bavarese di vaniglia, subito dopo le scuole dell’obbligo. Ha collaborato con grandi cuochi, tra cui Gualtiero Marchesi, ha vissuto più di due anni in Cina e Giappone, dove ha riconsiderato il suo rapporto con la natura. È la svolta. Subito dopo torna in Italia e apre il Joia, a Milano, “una delle avventure più nutrienti della mia vita. La mia cucina è un inno alla natura e alla vita, pur essendo rigorosa è giocosa e leggera. Il veicolo per trascorrere rilassati un piacevole momento assieme”. Parola di chef. Dica. Tutto questo tonno non fa bene. Il tonno, come tutti i pesci grandi, è un filtro: quindi trattiene molte sostanze presenti nel mare. Io ho reinventato il “Sushi di formaggio con 5 gusti”, o il “Sushi di frutta”. La sua cucina è completamente vegetariana? Sì, all’inizio usavo il pesce: poi basta. Ci sono arrivato per gradi. Per me è una scelta esistenziale: io sono religioso, “non uccidere” è un comandamento, no? Comunque credo che quella dell’alimentazione vegetariana sia una scelta obbligata: non solo ci fa stare meglio, ci rende più felici; ma preserva gli equilibri del pianeta, riduce l’inquinamento, riduce anche le spese mediche degli Stati, perché è indubbio che l’abuso di grassi animali fa male e questo ha anche un costo sociale. eAthnic PRODOTTI 03 01 02 04 05 06 01. Salsa di soia Kikkoman da 20 l, prodotta in Germania 02. Glutammato monosodico Ajnomoto da 25 kg, proveniente dal Giappone 03. Aceto di riso Mizkan da 20 l, prodotto in Inghilterra 04. Wasabi in polvere Kinjirushi, prodotto in Giappone. Formato: 1 kg 05. Gnocchi di riso secchi. Provenienza Cina, confezione da 500 g 06. Vermicelli di riso. Provenienza Cina, confezione da 500 g « Lei parla apertamente della sua spiritualità: che origine ha, occidentale o orientale? Io ho avuto un’educazione cristiana, poi mi sono avvicinato ad alcune dottrine orientali come il Vashnavesimo, il pensiero Veda. Torniamo al cibo. Lei è stato uno dei primi a proporre alta cucina vegetariana: adesso mi pare che la sfida sia quella della filiera, di sapere da dove viene il cibo che mangiamo. È così. Io uso solo ingredienti biologici: e per qualcosa ho cominciato con l’autoproduzione. Le erbe aromatiche, per esempio. Ma sarebbe bello produrre da soli una quota L’ALIMENTAZIONE VEGETARIANA È UNA SCELTA OBBLIGATA: CI FA STARE MEGLIO, CI RENDE PIÙ FELICI E PRESERVA GLI EQUILIBRI DEL PIANETA» sempre crescente di ingredienti. L’associazioni dei Giovani ristoratori europei, di cui faccio parte, ha stabilito recentemente che ogni ristorante affiliato deve avere l’orto. Del resto io vengo da lì, dall’orto dei miei genitori in Svizzera. Per finire, dove va quando esce a cena? Vado in ristoranti di alto livello, per imparare, per vedere che cosa fanno i miei colleghi. Ma mi piacciono molto i buoni ristoranti cinesi e giapponesi: a Milano i miei preferiti sono il Lon Fon, cinese, qui vicino a me, e l’Osaka, in corso Garibaldi. n 31 eAthnic NEWS Mercato / Cibo islamico Cresce in Europa l’offerta halal Il cibo halal, ovvero “lecito” secondo la religione musulmana, cresce in Occidente. Secondo un’indagine realizzata dall’istituto francese Solis, i prodotti destinati al mercato islamico sono particolarmente diffusi nel Paese d’oltralpe dove, con un tasso di crescita del 15% annuo, si stima per il 2010 un giro d’affari di 5,5 miliardi di euro, per l’80% sotto forma di prodotti alimentari venduti in negozio. Il fenomeno riguarda anche il resto d’Europa: già a maggio 2009 i dati emersi durante il 4° World Halal Forum, tenutosi a Kuala Lumpur (Malesia), permettevano di quantificare il valore del settore nel Vecchio Continente in 67 miliardi di dollari. L’edizione di quest’anno del Whf (21 e 22 giugno) ha riconfermato lo sviluppo del mercato, che da qualche mese è entrato anche nella grande distribuzione italiana. A febbraio è stato inaugurato da Coop, presso il punto vendita di via Casilina a Roma, il primo corner dedicato al cibo islamico. TENDENZE / ONLINE Salute / Spezie Il boom dell’e-commerce etnico Non solo botteghe: gli italiani appassionati di cibo etnico si affidano alla rete. Lo testimonia il boom di siti web, nati nel nostro Paese, che vendono alimenti provenienti da mezzo mondo. E che registrano incrementi di fatturato fra l’80% e il 110%. A sorpresa gli acquirenti non sono solo immigrati nostalgici, bensì - nel 70-80% dei casi - italiani. Ce n’è per tutti i gusti: scorrendo i cataloghi si trovano prodotti asiatici provenienti da Thailandia, Corea, Cina, Malesia e Vietnam ma anche da Brasile, Perù, Giappone e Messico. I siti, poi, suggeriscono anche ricette: è il caso di www.shopthai. eu, con sede a Pieve di Cento (Bo), e di www.asiaminimart.it, con sede a Ivrea (To), i primi ad aprire da noi. Si paga con carta di credito, bonifico bancario o contrassegno e il cibo, confezionato a dovere, arriva a casa entro 24/48 ore. 32 Il curry, toccasana per il fegato Mercato / Etnico in Italia Coldiretti: in aumento consumo e locali Un italiano su tre consuma cibi etnici più di una volta l’anno. È quanto ha recentemente confermato Coldiretti. I prodotti etnici in vendita nei supermercati hanno avuto - sottolinea l’associazione degli agricoltori - il maggior tasso di crescita tra le diverse tipologie di consumo con un aumento record del 71% dal 2003 al 2009, sulla base di elaborazioni su dati Iri-Infoscan. In crescita sono anche i pubblici esercizi come dimostra il fatto che, riferisce Coldiretti, dal 2000 a oggi sono praticamente raddoppiati i ristoranti etnici passando dalle 2.511 unità agli oltre 4.000 del 2009. Buona e salutare. La curcuma non è solo la spezia amata dalla cucina indiana e componente del curry. Ora si scopre che è anche un toccasana per il fegato. La curcumina, presente nella spezia, sembra ritardare i danni al fegato. Lo suggeriscono dati pubblicati dalla rivista di gastroenterologia Gut ottenuti dai ricercatori della Medizinische Universität di Graz (Austria). Responsabile del colore giallo della curcuma, la sostanza è stata usata dalla medicina ayurvedica - ovvero della tradizione indiana - per trattare i disordini intestinali. Per verificare se la sostanza ha effetti anche sulle infiammazioni del fegato, i ricercatori hanno analizzato tessuti prelevati da topi. L’esperimento ha dato esito positivo: la dieta “indiana” ha ridotto significativamente il blocco ai condotti biliari e alleviato i danni alle cellule del fegato.