Workshop verdure IV gamma_CREA-CIN a Fieragricola_Agronotizie

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Workshop verdure IV gamma_CREA-CIN a Fieragricola_Agronotizie
Il Workshop “Strategie agronomiche e scelte
imprenditoriali nel comparto della I e IV
gamma in Campania" curato dal team di
ricerca del Crea cerealicoltura e colture
industriali di Caserta, si è svolto il 24
aprile scorso a Pastorano, nel quadro
dell’XI edizione di Fiera agricola.
A cura dell’Ufficio Stampa
IV Gamma, strategie di lotta integrata per la
Piana del Sele
A Pastorano (Ce) illustrato il lavoro di ricerca del Crea che suggerisce di
salvaguardare la sostenibilità delle colture
Coltivare le verdure e gli ortaggi in IV gamma è sicuramente un’opportunità economica, ma
significa per l’agricoltore lavorare per le aziende di confezionamento e per la Grande distribuzione
organizzata: soggetti che impongono rigidi disciplinari di produzione, che determinano situazioni
penalizzanti per l’agricoltore negli aspetti gestionali fitopatologici ed agronomici.
Le opportunità di sviluppo ci sono, ma occorre forse cambiare qualcosa nel rapporto tra chi
commercializza la IV gamma e chi coltiva.
Di questi argomenti si è parlato nel workshop "Strategie agronomiche e scelte imprenditoriali nel
comparto della I e IV gamma in Campania" curato dal team di ricerca del Crea cerealicoltura e
colture industriali di Caserta, tenutosi il 24 aprile scorso a Pastorano, nel quadro dell’XI edizione
di Fiera agricola.
“Attualmente il mercato italiano delle verdure di IV gamma ha un fatturato stimato di circa un
miliardo di euro che è cresciuto tra 2014 e 2015 del 3% in valore e del 2,8 in volume" ha
ricordato Raffaella Pergamo.
"Ed in Campania, nella Piana del Sele nella nostra indagine relativa solo alle otto organizzazioni di
produttori presenti sul territorio, si è rilevato un fatturato medio annuo nell’ultimo biennio di
circa 200 milioni di euro”.
In Piana del Sele le aziende agricole legate alle Op oggetto dello studio hanno investito in IV
gamma su ben 5400 ettari (dei quali 2300 in serra) e sono attive in media da 11 anni. Hanno una
forma giuridica che nel 75% dei casi risponde a quella della società cooperativa e la forma di
distribuzione finale del prodotto al consumo avviene nel 50% dei casi attraverso la Gdo.
Forte l’orientamento all’export, con mercati di riferimento importanti in Germania, Francia, Austria,
Olanda, Regno Unito ed Emirati Arabi Uniti.
Le Op della Piana del Sele investono innanzitutto in qualità del prodotto, immagine e pubblicità e
lamentano prezzi poco remunerativi ed una eccessiva esposizione finanziaria, ma anche
difficoltà con la logistica.
Sul piano agronomico si misurano con la ridotta disponibilità di presidi fitosanitari per il controllo
delle malerbe, la stanchezza dei suoli, il controllo del contenuto di nitrati del prodotto finito, che
spesso non collima con i rigidi limiti posti dalla Gdo.
Un mercato fortemente competitivo, privo di significative barriere d’entrata, ha spinto le aziende ad
investire sulle risorse umane e in futuro determinerà l’acquisizione di nuovi immobili, tecnologie
informatiche e macchine agricole per la lavorazione terreno, con un occhio alla ricerca per
migliorare il prodotto ed individuare nuovi mercati.
Ernesto Lahoz ha parlato degli aspetti fitopatologici di questa tipologia di colture, che spesso si
tengono in tunnel, e ha presentato due nuove avversità, tra le tante segnalate negli ultimi anni: il
fungo Plectosphaerella cucumerina e alcuni Mixomiceti del genere Physarum, che insorgono
durante la coltivazione.
"Plectosphaerella cucumerina si presenta con necrosi puntiformi poi convergenti e clorosi
fogliare lungo i margini delle foglie, con l’effetto poi di degenerare in marciumi molli che deteriorano
il prodotto finito. I Mixomiceti del genere Physarum si evidenziano sulle foglie basali, dove sono
stati riscontrati moltissimi corpuscoli di colore variabile dal bianco al grigio scuro, facilmente
distaccabili, che ricoprivano massicciamente la base delle lattughe e le foglie intere" ha spiegato
Lahoz.
La sola strategia di lotta con antifungini non è pagante, né è pensabile utilizzare i fumiganti, ormai
relegati dai regolamenti comunitari a trattamenti triennali.
Lahoz ha messo in evidenza che l’insorgere di queste tipologie di avversità è dovuta soprattutto ad
un ambiente con elevata umidità relativa, all’eccessivo sfruttamento dei terreni, e per via
delle temperature che sono generalmente intorno ai 20-26°C.
Il relatore ha indicato strategie integrate di lotta a cavallo tra una prevenzione efficace, la
solarizzazione usando nuove tecnologie, l’utilizzo delle pacciamature uso di coltivazione in aiuole
baulate, ed un ricorso agli antifungini mirato e utilizzando principi attivi tecnologicamente avanzati.
Luigi Morra ha sottolineato che le aziende produttrici di ortaggi di I e IV gamma devono affrontare
con urgenza il rischio di perdita della qualità dei suoli agrari utilizzati, conseguenza della
diminuzione del contenuto in sostanza organica, della mancanza di fertilizzazioni organiche
significative, dell’elevato numero di lavorazioni del terreno che precedono ciascuno dei numerosi
cicli colturali in un anno (4-6).
La comparsa di avversità fungine come quelle descritte da Lahoz è un ulteriore segnale della
perdita di complessità biologica dei terreni al punto da lasciare spazio anche a patogeni minori.
“Sono necessari apporti sensibili di sostanza organica nei terreni, adducibili mediante sovesci di
sorgo coltivabili in brevi cicli estivi (2 mesi) - ha spiegato Morra - o attraverso l’impiego di compost
derivante dalla frazione organica da raccolta differenziata proveniente dagli impianti di
compostaggio della frazione umida dei rifiuti urbani di Salerno e Eboli. Anche il letame bufalino
degli allevamenti presenti nella Piana può essere preso in considerazione”.
Ma in quest’ultimo caso, non è consigliabile l’uso del letame anche se fatto maturare alcuni mesi
secondo le consuete prassi aziendali; solo una sua stabilizzazione attraverso
il compostaggio potrebbe dare garanzie di assenza di inquinamenti di patogeni pericolosi per
l’uomo che potrebbero contaminare gli ortaggi a contatto con il terreno.
“Solo modificando i disciplinari di coltivazione per quanto riguarda le lavorazioni del terreno, gli
avvicendamenti produttivi, la fertilizzazione organica, - ha sottolineato Morra - sarà possibile
attuare delle strategie di coltivazione capaci di rendere sostenibile nel tempo, sia da un punto di
vista agronomico che economico, questo settore produttivo.”