Febbraio 2010 - Associazione Salernitana di Filatelia e di

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Febbraio 2010 - Associazione Salernitana di Filatelia e di
Febbraio 2010
Cari amici e gentili soci,
eccoci di nuovo con l’atteso appuntamento della prima edizione del nostro notiziario per l’anno
filatelico 2010, che vede la partecipazione di ben quattro firme diverse!!!
In data 14 Gennaio c.a. si tenuta l’Assemblea straordinaria dei soci che ha avuto un alto livello di
partecipazione. Si è proceduto, senza alcun problema, alla variazione dello statuto dell’associazione
per poter espletare le formalità di legge inerenti alla registrazione dello stesso.
Si ricorda che sono in fase di definizione una serie di salotti filatelici per approfondire varie tematiche
anche su espressa richiesta dei soci. Invito tutti a farsi avanti con idee e suggerimenti.
Col primo numero del 2010 inizia la rubrica del MERCATINO che è uno spazio libero dedicato a tutti
i soci che volessero inserire degli annunci di cerco\scambio di materiale vario collezionistico.
Se questa iniziativa troverà seguito si potrà realizzare in sede una giornata di scambi per esaudire i
desideri filatelici di quanti intenderanno partecipare.
Sempre nella speranza che anche questo notiziario sia di Vostro gradimento ed in attesa di gradite
segnalazioni e pungolamenti si augura una piacevole lettura.
Al prossimo numero.
ALCUNE CONSIDERAZIONI SUI FRANCOBOLLI DA CONSIDERARSI ROTTI O DIFETTOSI.
Questo breve saggio prende origine da una constatazione, fatta in tempi già lontani, e da un’occasione
recente. La prima si ricollega a discorsi, più volte ascoltati da amici numismatici, sulla difficoltà di
identificare, con esattezza, il grado di conservazione (e quindi il valore) di una moneta o di una
banconota. Tra Fdc o Fds, più che Spl, Spl, quasi Spl, Bb, quasi Bb, più che Bb, etc. c’è veramente da
perdere la testa (e i soldi). E’ più che frequente il caso di quei commercianti che hanno venduto una
moneta in uno stato di conservazione e tentano di ricomprarla con uno inferiore pur essendo stata, la
stessa moneta, conservata con la massima cura.
Tra i filatelici, il problema si è posto in modo più sfumato. A parte un catalogo che quota i francobolli
in condizioni “ideali” (e quindi inesistenti), con prezzi nettamente maggiorati, la maggior parte degli
altri indica valutazioni per “normale prima scelta” senza, ovviamente, indicare cosa si intenda per
“normale”. Per gli Antichi Stati e per qualche primo valore del Regno esiste anche una quotazione (in
vero, spesso, molto contenuta) per francobolli con “lievi difetti, ottimo aspetto”. Si tratta, in pratica, di
francobolli definiti e venduti per difettosi, secondo i parametri del commerciante, che sarà ben difficile
rivendere al momento del realizzo. Lo stesso commerciante che vende francobolli “ideali” ha
inventato una “scala di valutazione in base alla qualità” ma, per quanto mi sia impegnato, non sono
stato in grado di comprendere i parametri di “svalutazione” di ciascun pezzo rispetto all’“ideale”. In
qualche caso, l’assegnazione di un francobollo ad una percentuale o ad un’altra è frutto di
considerazioni che sfuggono ad ogni esame apparente. Quanto fin’ora detto, inoltre, vale, quasi
sempre, per francobolli nuovi (e con colla integra). È evidente che, per gli usati, i prezzi applicati, in
fase di vendita o d’acquisto, sono diversissimi tra loro e rispetto a quelli indicati sui cataloghi. Lo
sconcerto è maggiore e le delusioni ancorano più cocenti. Si deve, perciò, affermare che i francobolli,
specie se usati, andrebbero acquistati e rivenduti allo stesso commerciante a patto che costui, al
1
momento dell’acquisto, abbia riconosciuto, con firma autografa, la vendita di quel pezzo. Ma questo
accade rarissimamente e solo per francobolli d’alto valore.
C’è anche da tener conto, però, che mentre i numismatici da un bel pezzo si accapigliano su quali
siano le differenze che consentono di attribuire una moneta all’una o all’altra delle categorie
qualitative, i filatelici non si sono mai curati di indicare chiaramente quali siano i parametri che
possono far considerare “rotto” o “difettoso” un francobollo.
Tanti anni fa, quando iniziai la raccolta, gli “anziani” mi assicurarono che sicuramente erano da
considerare “rotti” i francobolli privi di qualche dentello o che presentavano evidenti rotture. Mi
dissero anche che i francobolli più volte forati erano da scartare (poveri “perfin”!). Alcuni anni dopo
seppi che anche le spellature vistose costituivano motivo di “scarto”. La delusione più grande la subii
però circa 45 anni fa, quando un commerciante del settore, da lunghi anni, ormai, non più in attività,
generosamente si offerse di dare uno sguardo alla mia “prima” collezione di “Repubblica” (quasi del
tutto, usata). Fu una vera “strage degli innocenti”. Secondo il suo parere potevano essere presi in
considerazione, per una trattativa, non più del 30% dei pezzi esaminati. Tutti gli altri si presentavano
difettosi o, peggio, rotti, tali da essere destinati ad un’ingloriosa distruzione. Confessai di non riuscire
ad afferrare i motivi di tale falcidia per molti di loro, ma il commerciante, in verità con molta pazienza,
mi spiegò i motivi della loro eliminazione. Da allora debbo confessare che la scelta dei pezzi da
conservare, per quanto dolorosa, è divenuta molto più severa. Pena e pazienza sono state, d’allora, le
sensazioni dominanti di fronte ad un accumulo da selezionare. Pena, per il dispiacere di dover
destinare a scarto francobolli, anche di non facile reperimento, o che erano collegati a particolari
momenti legati alla “passionaccia”, pazienza, dinanzi alla mole, spesso notevole, di francobolli da
esaminare ad uno ad uno e con attenzione.
E’ stato appunto un accumulo di Castelli usati, che mi è stato gentilmente regalato da un amico,
l’occasione immediata per la stesura della presente nota. Si trattava di 3400 francobolli, in mazzette da
100, usati, per il 90%, a Salerno e provincia, ripartiti in modo disomogeneo in base alla seguente
tabella ed esaminati in un paio di giorni.
VALORE
450
700
900
500
750
300
400
550
600
200
650
TOTALE
QUANTITA’
200
100
300
300
300
300
300
300
400
400
500
3.400
ROTTI
11
9
18
37
44
20
20
25
34
43
51
312
DIFETTOSI
35
21
36
77
99
87
69
69
101
80
116
790
MACCHIATI
7
1
0
18
0
0
6
7
14
11
32
96
Le percentuali di scarto, al termine della selezione, furono, dunque, 9,2% per i rotti, 23,2% per i
difettosi e 2,8% per i macchiati, con un totale, quindi, del 35,2%, destinato a salire ad oltre il 41% se si
considerano un paio di centinaia di pezzi mal lavati e quindi da rivedere. Le percentuali massime di
rotti e difettosi sono state registrate nel valore da 750 lire (14,7 e 33% rispettivamente) mentre le
minime si sono avute, per i rotti, in quello da 450 lire (5,5%), per i difettati, in quello da 900 lire (12%).
Se si tiene conto che, certamente, qualche centinaio di pezzi non ha mostrato, in modo almeno
immediatamente visibile, un difetto, ma che sarebbe stato giusto eliminarlo, non siamo molto lontani
dalla percentuale del 45% di scarto, considerata normale, tra i francobolli “a mazzette”.
A questo punto sarà opportuno che io indichi quali, secondo il mio parere, sono i francobolli da
considerare “rotti” e quali quelli che, invece, saranno classificati come “difettosi”. Tenendo sott’occhio
la tipologia rappresentata nelle immagini riprodotte, sono da considerare rotti i francobolli con: un
angolo mancante, spellature al verso (di qualunque estensione) e, ancor più, al recto, anche se
provocate ad arte per riutilizzare il francobollo (in questo caso, il francobollo può rivestire interesse
per lo studioso di storia postale), tagli o rifilatura della dentellatura provocati da colpi di forbici, uno o
più dentelli mancanti in modo evidente e/o profondo, strappi e rotture varie, bucature da spilli o da
punti metallici.
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Vari esempi di francobolli rotti.
Si distinguono, in alto, alcuni pezzi rotti, due “spellati” (al recto e al verso), uno con tagli di forbici, due con dentelli
profondamente mancanti ed infine tre con forature di spilli metallici.
Sono, viceversa, da considerare difettosi i francobolli con: dentello d’angolo piegato, dentello “corto” o
“trasparente”, piega o pieghe, taglio provocato dall’annullatore, abrasioni al recto anche se derivanti
da punti metallici interni alla busta. Sono considerati da rivedere e da sottoporre ad ulteriori
trattamenti che, in pochissimi casi, però, ottengono qualche risultato, i valori macchiati dalle buste
colorate o quelli segnati con timbri non postali (magari, per uso improprio) o con tratti di penna
(molto frequenti in quest’ultimo periodo).
Esempi di francobolli difettosi. Angoli “corti”, dentelli “corti”, angoli piegati, dentelli “trasparenti”, pieghe e
sgualciture della carta. Macchie da trasferimento di colore da buste arancione, uso improprio di una penna rossa,
abrasioni superficiali per la presenza nella busta di un punto metallico, foro per annullo difettoso (con presenza di
dentello corto).
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Tutte le classificazioni non devono essere considerate né esaustive, né vincolanti, proprio in
considerazione che tra la comunità dei filatelici il problema, seppur esistente, non è stato mai
esaminato in modo serio e, magari, con il contributo di più voci (com’erano importanti i “Congressi”,
se fossero stati, però, destinati allo studio e alle discussioni costruttive e non lasciati in balia di
commercianti ed affaristi!).
Semmai, se per i rotti e la maggioranza dei difettosi non vi è alcuna incertezza, per il “dentello corto
e/o trasparente” s’impone qualche ulteriore considerazione ed approfondimento. Innanzi tutto, per
poter distinguere entrambi i difetti, occorrono due requisiti fondamentali: una buona luce, forte e
diffusa, e un’ottima vista “da vicino”. Mentre è facile, con un po’ di pratica, determinare la luce
migliore, anche in relazione al posto occupato per la scelta, per la vista nulla si può, se non aiutarsi con
una buona lente d’ingrandimento, ma ciò rallenta moltissimo la velocità dell’operazione. Favoriti sono
gli individui contemporaneamente miopi e presbiti che riescono a sfoggiare, senza occhiali, una vista
d’aquila quando si tratta di esaminare da vicino minuti particolari.
Per quanto riguarda, invece, le cause che sono all’origine di entrambi i difetti, bisogna prendere in
considerazione: la qualità della carta (spessore, calandratura, peso, composizione, etc.), la presenza o
meno della filigrana, il metodo usato per la dentellatura.
In Italia, che pure vanta una tradizione per la fabbricazione della carta addirittura storica, la qualità di
quella destinata alla produzione di francobolli (ma non della cartamoneta) non è stata mai
particolarmente entusiasmante. Dai primi anni del Regno, e sino alla fine del secondo decennio, ha
subito continue variazioni nel peso e nello spessore. Spesso la carta era sottile e fragile, la dentellatura
non perfettamente allineata, i francobolli, con la colla arabica, si accartocciavano e divenivano fragili.
La separazione era, perciò, approssimativa. Dal 1930 la produzione della carta migliorò e, soprattutto,
assunse standard qualitativi più uniformi, lo spessore e la consistenza erano in ogni caso ai limiti della
tolleranza. Per 10 anni la separazione tra i singoli pezzi fu facilitata anche dalla colla, distesa in modo
più uniforme e sottile e che, quindi, non era in grado più di accartocciare i francobolli. Nel periodo
bellico la qualità della carta peggiorò, divenendo grigiastra, eppure, ho sempre riscontrato una
riduzione della percentuale di scarto nei francobolli della R.S.I., della Luogotenenza e della prima
Repubblica. Tra il 1950 e il 1961 (filigrana ruota e stelle Fabriano, tranne il periodo in cui fu in uso la
filigrana stelle del II tipo di Foggia), la carta migliorò notevolmente, divenendo più compatta, pesante
e calandrata. La difettosità (tranne per quanto si dirà in seguito sulle filigrane, i metodi di stampa e di
dentellatura) calò in modo notevole e in questo periodo è più frequente il caso di francobolli rotti o
spellati che difettati. L’uso della carta, prima di Foggia, successivamente anche di Fabriano,
soprattutto filigranata, certamente più sottile e meno “liscia”, fece sì che i francobolli presentassero
delle sfrangiature ai margini dei dentelli per la presenza delle microfibre della carta. In essi è anche
più difficile identificare il valore difettoso rispetto al perfetto. Il successivo uso generalizzato della
carta non filigranata (specie dalla fine degli anni ’60), e con fluorescenza in pasta o sulla patina, ha
provocato successive variazioni di consistenza e di spessore, e dato luogo a discutibili esperimenti (chi
non ricorda gli Alti valori o tanti commemorativi che perdevano il colore a seguito di microtraumi o di
normali lavaggi?). Gli esperimenti e la generazione di francobolli difettati o rotti che ne derivarono
(tra l’altro non ho neanche inserito, tra i possibili difetti, le falle di colore) durarono per circa 10 anni,
dal 1983 al 1994, con vari intervalli, durante i quali si tentò di rendere calandrata la carta, da una parte,
mediante la stampa, dall’altra, mediante la colla, con risultati fallimentari. Lentamente si è tornati alla
calandratura e alla spianatura della carta dal lato destinato a ricevere la stampa, mentre il rovescio,
lisciato in malo modo, viene “pareggiato” mediante la colla vinilica, il che determina una vera strage
di francobolli usati che risultano, dopo il lavaggio, con dentelli corti o trasparenti, difetto che,
ovviamente, non appare allo stadio di nuovi, visto che il tutto è tenuto insieme, appunto, dalla colla.
La stragrande maggioranza dei difettati da “dentello corto o trasparente” sono presenti, però, tra i
francobolli filigranati, soprattutto se a tappeto di stelle. Le carte con filigrana corona, I periodo (fino al
1930), ruota, III tipo e stelle I tipo Fabriano, sono state ottenute mediante realizzazione in tondo. In
pratica, un tamburo ruotante e già predisposto con i piccoli punzoni delle filigrane, immerso per tre
quarti nella pasta liquida, pesca le microfibre cartacee che si depositano intorno alla sagoma delle
filigrane. Il disegno, in trasparenza, apparirà, perciò, netto e quasi incavato nella carta che dovrà
possedere uno spessore e una consistenza ben definita. Esso sarà visibile anche al recto ma, purtroppo,
se cadente lungo la dentellatura, (come spesso accade col tappeto di stelle) foriero di strappi irregolari
che generano profonde lacerazioni (netta, perciò, la prevalenza di “rotti” rispetto ai “difettati”). Le
carte, invece, con filigrana corona, II periodo (fino alla fine), ruota, I e II tipo (che, peraltro, sono diverse
anche per forma rispetto al III tipo) e stelle II (proveniente dalla cartiera di Foggia), III e IV tipo
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(denominata Unità) sono state ottenute col metodo in piano. In questo caso, le bobine o i fogli di carta
ancora umidi, ma già consistenti, sono sottoposti alla pressione del rullo ballerino che “schiaccia” le
fibre cartacee, strutturate, mediante le sagome della filigrana. Il disegno apparirà, in questo caso,
meno profondo e più sfumato e, se la dentellatura verrà a cadere proprio lungo la trama della
filigrana, si otterranno degli strappi più regolari ma ricchi di dentelli trasparenti o corti. Ricapitolando
potremo quindi affermare che più la filigrana è nitida, più, al momento della divisione, le lacerazioni
saranno profonde e devastanti, più essa è impastata e poco evidente, più saranno generati francobolli
difettosi.
Oltre la carta o la filigrana, anche i diversi metodi di dentellatura o il passo di perforazione usato
possono favorire o no l’incremento della percentuale di difettosità. Dei tre sistemi di perforazione più
usati: lineare, pettine semplice e doppio, blocco, solo quest’ultimo, usato prevalentemente per il rotocalco,
consente una separazione netta e perfetta tra i vari valori di un foglio. Per gli altri due, il risultato
dipende dalla carta, dalla stampa e dal passo del perforatore. Attualmente, con le macchine in offset o
le calcografiche a secco e a rotativa che producono, ad esempio, la quasi totalità dei valori ordinari
italiani, la perfezione della battuta del pettine doppio è quasi la norma. L’unico elemento che può creare
problemi è la differente dimensione dei singoli valori, generata dalla non perfetta sincronia esistente
tra l’avanzamento della carta e le battute del pettine e, quindi, con la presenza o meno del “dentone
d’angolo”. Una volta, col pettine semplice o, peggio, il lineare e con la calcografia in piano a carta umida
(vedi le prime tirature del 200 lire Michelangiolesca, il 100 lire Democratica, il 100 e 200 lire Italia a Lavoro,
molti dei valori commemorativi emessi tra il 1912 e il 1930, etc.) perforare in modo esatto gli angoli di
ciascun francobollo era un’impresa. È proprio tra questi valori che si registra il maggior numero di
rotti per angoli mancanti. Inoltre, essendo la carta sottile e, già sottoposta allo stress della stampa (e
della dilatazione e restringimento), dentellata con passo diverso tra i versi orizzontale e verticale, è
anche notevole il numero di valori difettosi. Anche l’uso di un passo molto lungo (da 9 a 11) nella
dentellatura (fenomeno piuttosto raro in Italia) genererà una difettosità molto accentuata per dentello
corto o mancante. Sfido chiunque, ad esempio, a trovare dei valori, staccati da foglietti Colombo del
1992, con dentellatura perfetta.
A parte carta, filigrane e dentellatura, è, per finire, l’azione umana a determinare l’incremento dello
scarto nella scelta. Basta riflettere su quanta gente stacca un francobollo dall’altro senza piegare la
carta lungo la dentellatura neanche una volta (e ne sarebbero necessarie almeno due). Spesso, persino
gli operatori postali sono convinti di possedere le mani fatate. Nella migliore delle ipotesi non si
conteranno i dentelli corti o trasparenti. Il miglior modo di separare tra loro i francobolli (specie se
sono dello stesso formato) è quello di sovrapporli attentamente a quattro, cinque alla volta, piegarli
più volte lungo la linea di separazione e dividerli tra loro con un sol colpo. Non potrò mai dimenticare
quella volta che, ragazzino tredicenne, mi trovai a Napoli da Sgrillo a Spaccanapoli (titolare e
magazzino sono ormai scomparsi) e volli acquistare la serietta, nuova, dei sovrastampati della R.S.I. Il
titolare, con rapidità, staccò da un foglio quello che sembrava un valore e me lo porse in una bustina.
Gli chiesi gli altri e lui, paternamente, trasse fuori della bustina “il francobollo” e sciorinò, come un
ventaglio, ovviamente con dentellatura perfetta, l’intera serie.
Non ho più dimenticato la lezione.
Per saperne di più
A parte la classificazione personale dei francobolli da considerare rotti o difettosi, notizie a profusione sui tipi di carta,
filigrana, dentellatura, stampa e quant’altro sono sparse nei 43 numeri (1994 – 2003) del Notiziario AFIS: La Ruota Alata, fonte
inesauribile di conoscenza per chi voglia approfondire le problematiche sugli argomenti.
Un posto d’onore va, peraltro, riservato a volumi che ormai arricchiscono da più di un decennio le biblioteche dei filatelisti.
Mi riferisco alle edizioni delle Poste italiane (peraltro molto economiche) su alcune delle serie ordinarie italiane. In
particolare si ricordano: FILANCI F., BOGONI D., LUPERIO F., Una questione di sicurezza, Poste Italiane, Bologna, 1994;
FILANCI F., De La Rue, a scuola di carte valori, Poste Italiane, Bologna, II ed., 1995; FILANCI F., BOGONI D., Imperiale, una serie
per tutte le stagioni, Poste Italiane, Bologna, II ed., 1995; FILANCI F., BOGONI D., La serie della ricostruzione, Democratica, Poste
Italiane, Bologna, II ed., 1995; FILANCI F., BOGONI D., ANGELLIERI E., LUPERI F., MALVESTIO A., MANELLI M.,
Siracusana, la variante infinita, Poste Italiane, Bologna, 1995; BOGONI D., Michelangelo, un affresco postale, Poste Italiane,
Bologna, 1995; BOGONI D., Castelli, un baluardo postale, Poste Italiane, Bologna, 1999; BOGONI D., MALVESTIO A., Italia al
Lavoro, la pittorica d’Italia, Poste Italiane, Bologna, II ed., 1995.
Utile è la consultazione di: AMATO F.M., Manuale per l’analisi dei francobolli e dei documenti postali, La Nuova Italia Scientifica,
Roma, 1992; FRANCAVIGLIA F., ERMENTINI B., La serie floreale. La prima ordinaria del regno di re Vittorio Emanuele III,
Unificato – C.I.F., Milano, 2002; FRANCAVIGLIA F., ERMENTINI B., I Michetti. Storia e vicende di una grande ordinaria di
regno, Unificato – C.I.F., Milano, 1999.
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Indispensabile è un buon Catalogo specializzato. Si può consultare l’ultima edizione del Sassone specializzato o del Catalogo
Enciclopedico Italiano.
Giuseppe Preziosi
1862 - “NASCE LA FILATELIA”
In un precedente articolo si metteva in risalto come il
collezionismo filatelico non sia un’invenzione del secolo
scorso. Il primo catalogo dei francobolli venne stampato a
Bruxelles da parte di J.B. Moens appena qualche decennio
dopo che il primo francobollo, il Penny Black, aveva visto
la luce nel 1840.
Jean-Baptiste Philippe Constant Moens nacque il 27 maggio
1833 in Belgio a Tornai. Giovanissimo, nel 1853, aprì in
Bruxelles una bottega di incisioni: la ‘’Galerie Bortier’’. E lì
il giovane monsieur Moens, avendo acquistato una
notevole quantità di libri usati, tra i quali aveva trovato
anche molte lettere provenienti da diversi paesi del mondo,
scoprì la sua vera passione: la filatelia.
Ovviamente la passione per quei coriandoli colorati portò il
Moens a ricercarli e così cominciò ad intraprendere una fitta
corrispondenza con altri appassionati in tutto il mondo. La
passione per i francobolli fece sì che il giovane monsieur
Moens allestisse la vetrina del suo negozio in modo tale da
trasformarla in un’esposizione filatelica ante litteram.
Il tutto prese piede, si intensificarono gli scambi e/o acquisti
ed egli divenne, in poco tempo, “le premier négociant en
timbres-poste de Belgique”.
Fu il primo, in assoluto, a pubblicare, nel 1862, il primo
catalogo filatelico: ‘’Manuel du collectionneur de timbres. Nomenclature générale de tous les timbres
dans les divers pays de l’univers’’, che era composto di 72 pagine, stampato in Belgio su carta verde,
scelta infelice in quanto non metteva in risalto il materiale impresso - i francobolli. Fu così ampia l’eco
di tale catalogo che successivamente venne ristampato in Parigi (editore F.R.Grumel) ma questa volta
su carta bianca. Ricco di immagini e notizie arrivò a contenere ben 148 pagine e, grazie alla scelta della
carta bianca, le immagini stesse ebbero un migliore risalto. Ne vennero impresse ben 54, eseguite dai
noti artisti incisori del tempo Schmitz & Deraedemaeker. Il nostro antesignano pubblicò, anche grazie
alla collaborazione con Louis Hanciau, suo amico, in quegli stessi anni, altre opere importanti e
basilari, che raramente vengono oggi proposte nelle aste specializzate, come ‘’De la falsification des
timbres-poste”, “Nomenclature générale de toutes les imitations ainsi que les divers timbres d’essais de tous les
pays de la falsification des timbres-poste” e “Nomenclature générale de toutes les imitations ainsi que les divers
timbres d’essais de tous les pays’’, o i fascicoli oramai introvabili della rivista mensile ‘’Les Timbres-Poste
illustrés’’ usciti tra il 1863 al 1900 ed i meravigliosi album, di cui il primo risale al 1863.
Questo straordinario personaggio che fu anche filantropo e venne insignito di alte onorificenze da vari
governi europei, divenne verso la fine del 1800 il proprietario degli otto “Uffici di Posta” delle isole
Mauritius. Verso il 1878 pubblicò il primo dei suoi lavori sulle prime emissioni di francobolli di
Mauritius “Les Timbres de Maurice depuis leur origine jusqu'à nos jours”, avvalendosi degli studi
effettuati da Edward B. Evans, Società Filatelica di Londra, e dal giudice Frederick Adolphus
Philbrick.
Dopo una vita così dinamica riposa dal 28 aprile 1908 nel cimitero di Ixelles, ma ci preme ricordarlo
come il capostipite dei filatelisti.
Sergio Mendikovic
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LA POSTA ED I SISTEMI DI TRASPORTO – SERVIZI SULLE ACQUE
Vista la morfologia dello stivale italico, al centro del
mare nostrum, il trasporto marittimo è stato sempre
ritenuto primario tra i sistemi di trasporto postale, fin
dagli antichi stati preunitari. In età unitaria vennero
stipulate specifiche convenzioni con società marittime
private per l’espletamento del servizio postale. Le
‘’unità navali’’ operanti in concessione governativa
venivano denominate Navi Postali e quelle altamente
efficienti si poterono fregiare del diritto di innalzare
all’albero di trinchetto il Guidone Postale.
Il Guidone Postale venne istituito con Regio Decreto il 2
luglio 1891 ed era il tricolore in formato triangolare
avente in campo bianco lo stemma sabaudo e la P bianca in campo verde.
Negli anni a seguire, per varie cause anche concorrenziali, sia con i servizi postali di terra che con
compagnie estere presenti nel Mediterraneo si ebbe la fusione, perorata vivamente dal governo
italiano, delle due maggiori società marittime: la Rubattino e la Florio da cui nacque la società
‘’Navigazione Generale Italiana’’ – NGI. Tale fusione apportò anche benefici economici indiretti alla
cantieristica navale con la costruzione di nuovi armi e all’apertura di nuove sedi commerciali in
Genova, Napoli, Palermo e Venezia.
Vennero rafforzate ed implementate le linee verso i porti esteri, ad
esempio, nel 1885 verso il Mar Rosso e le coste della Grecia. Ma fu
soprattutto con l’acquisizione della linea Venezia – Alessandria
d’Egitto che la N.G.I. si assicurò una tratta della ‘’Valigia delle
Indie’’. Verso la fine del 1891 tutte le concessioni andarono verso la
loro scadenza naturale e le nuove trattative portarono a nuove
concessioni, mantenendo sempre prioritario l’obbligo del trasporto
della posta. Le nuove concessioni furono affidate per tre lustri alle
seguenti compagnie: NGI, PUGLIA, NAPOLETANA, SICILIANA, NEDERLAND, LA VELOCE e LA
CAVA.
Lo stato ovviamente indirizzava i propri investimenti solo verso quelle compagnie di navigazione che
erano strettamente necessarie al servizio postale. Tale visione statale fece sì che le stesse compagnie
espandessero le proprie linee in nuove rotte verso i territori esotici, vista anche la ripresa delle guerre
coloniali. Mentre da un lato venivano potenziate le linee postali verso l’Africa e le Indie, andavano
lentamente in disuso le rotte costiere italiane, queste ultime servite dagli ambulanti ferroviari.
Dopo varie vicissitudini, fusioni e scorporazioni tra le società marittime si giunse al 1930 allorché il
governo nazionalizzò il trasporto marittimo e creò la Società Italia di Navigazione, a capitale pubblico,
destinata ad inglobare le preesistenti società private.
Sergio Mendikovic
LA POSTA IN SICILIA DURANTE L'OCCUPAZIONE ALLEATA
L'occupazione della Sicilia da parte delle truppe alleate avvenne in circa quaranta giorni con lo sbarco
del 10 Luglio 1943 al 17 Agosto giorno della entrata dell'VIII Armata USA in Messina.
I servizi postali ovviamente non funzionavano sia per le distruzioni, sia per la mancanza di
disposizione del governo alleato, che però si mise subito in movimento.
Gli americani avevano già messo in cantiere un provvedimento per approntare una serie di valori
postali da utilizzare nei territori occupati e non solo nella Sicilia.
Il disegnatore di un bozzetto generico fu William K.Scrage ed il progetto fu approvato il 4 Giugno
completando i francobolli con l'aiuto di altri tre specialisti.
Il 13 Luglio il Dipartimento della guerra diede disposizione di stampare i francobolli ed il 19
luglio,sempre del 1943 fu realizzata l'emissione in fogli da 400 esemplari divisi in quattro riquadri da
100 francobolli che vennero consegnati all'AMGOT,perchè avessero immediato corso legale.
La serie è composta da un unico disegno da 9 valori da cent.mi 15, 25, 30, 50, 60, lire 1, 2, 5, 10.
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Le tariffe dei francobolli non corrispondevano a quelle italiane (mancava ad esempio il valore da 1,25
per espresso), il che fa supporre che gli americani stamparono questi francobolli per tutte le zone di
occupazione: il 10 lire era utilizzabile solo per plichi voluminosi, che all'inizio dell'occupazione non
furono neanche ammessi.
In realtà nonostante fosse avvenuta la consegna all'AMGOT il 19 Luglio la prima riattivazione delle
poste si ebbe solo a Sicilia occupata,con l'apertura delle Poste nella sola città di Palermo il 24 Agosto.
Sul piano tecnico i funzionari dell'AMGOT requisirono tutti i francobolli italiani e si aprirono molti
uffici postali per fronteggiare la valanga di lettere e pacchi che venivano inviati in Sicilia dagli italoamericani e dai Siciliani in America. Bisogna tener presente che dall'America veniva inviato anche
danaro con problemi complessi di carattere finanziario.
Finalmente il 20 Agosto 1943 a firma Charles Poletti con avviso n°50 venivano ripristinati i Servizi
Postali in Sicilia con numerose limitazioni:
1) riattivazione dal 24 Agosto della corrispondenza limitata alla sola città di Palermo
2) uso di sole cartoline illustrate e postali
3) obbligo di affrancare le cartoline con i francobolli da 15 c.
Non avendo dati certi dobbiamo dedurre dalla data delle cartoline che la posta fu estesa in tutte le
altre città a partire dal 15 Settembre 1943 ,sempre solo per le cartoline postali anche con la scritta
"VINCEREMO". per carenza di materiale postale.
Per quel che riguarda il francobollo o copriva l'effige del Re o veniva posto a lato,senza problemi per
gli alleati.
Il 22 Settembre 1943 veniva pubblicato un altro avviso per la totale ripresa dei servizi postali
stabilendo le tariffe:
Cartoline postali nel distretto cent.15; fuori distretto cent. 30; Lettere (ripristinate) nel distretto cent.
25; fuori distretto cent. 50 per ogni 15 grammi di peso.
La progressiva normalizzazione si completò il 6 ottobre 43 ripristinando la franchigia postale per gli
Enti pubblici che ne fruivano prima,e la tariffa ridotta al 50% per il Sindaco: dal 12 Ottobre fu
autorizzata la spedizione in busta chiusa e vennero messi in circolazione i restanti valori da L. 2, 5, 10
e cent. 60.
Il 29 Novembre 43 il peso massimo venne elevato a 210 grammi con affrancatura da lire 7.
In sintesi possiamo affermare che durante la prima fase della riattivazione dei servizi postali dal 24
Agosto al 31 Dicembre 43 la corrispondenza postale fu autorizzata solo per la Sicilia e le Eolie,fatta
eccezione quella con i prigionieri di guerra.
La censura fu molto rigida e fu eseguita direttamente dall'Amgot con bolli vari che vennero poi
trasferiti alle autorità civili il 2 Novembre 43,sotto il controllo dell'AMGOT.
La censura fu abolita il 14 Giugno 1944 quando la Sicilia ed altre regioni libere passarono sotto la
giurisdizione del Governo italiano.
Gradatamente si estese la corrispondenza all'estero ed il 1 settembre 1944 furono aboliti i francobolli
Amgot e furono ripristinati i francobolli dello Stato Italiano:PER UN MESE CI FU UN USO
PROMISCUO che rese ricercate queste affrancature.
Rimane da dire che l'esperimento americano di usare francobolli AMGOT per tutti i paesi occupati
fallì, perché gli americani stessi ritirarono i francobolli e concessero l'uso dei francobolli locali con la
sovrascritta AMGOT.
I motivi sono vari ma forse non vi fu una convenienza economica.
A chiusura voglio ricordare che fu autorizzato l'uso dei francobolli "P:M:" che sono però molto rari ed
ancora più rari sono le affrancature miste con i francobolli AMGOT che furono tollerate per tutto il
mese di Ottobre 44,ma si estesero anche al di là di tale periodo. Un uso estremo di un francobollo da
15 cent. associato a francobolli dello Stato Italiano porta la data del 27 Dicembre 1946!
Aldo Baldi
CARTULINE ‘E JEVUL (dalla collezione di Rolando Capozzoli)
Da appassionato collezionista ho partecipato volentieri alla presentazione di questo volume che, oltre
a contenere una serie di riferimenti storici, culturali ed artistico - monumentali su Eboli, consente un
recupero visivo dell’ultimo secolo di storia della città attraverso le cartoline raccolte qua e là con tanta
fatica, ma soprattutto conservate con tanto amore, da Rolando Capozzoli. Immagini suggestive,
evocative di strade, chiese, monumenti che pochi anziani ricordano così com’erano e che tanti giovani
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non hanno mai conosciuto. Ma non si tratta solo di un recupero della memoria storica: le cartoline
illustrate di Eboli, che vanno da inizio ‘900 agli anni ’60 e selezionate con tanta perizia, oltre ad offrire
uno spaccato della vita cittadina nei vari momenti storici, tra le vie e nelle piazze, prima, durante e
dopo le guerre mondiali, oltre a fermare il tempo e ad eternarlo con una semplice foto, trasmettono al
cultore, all’appassionato, ma anche al semplice cittadino ebolitano, una serie di emozioni. Basta
leggere le parole ora tristi, ora dolci, ora di preoccupazione o di augurio che il mittente invia ai propri
cari, o alla propria fidanzata o, più semplicemente, ai propri amici. O ancora l’emozione che si prova,
rivoltando tra le mani una cartolina, nel rivedere un luogo caro, legato alla nostra infanzia, oggi
così diverso, ma che, grazie a queste “vecchie” cartoline, ci richiama una serie di ricordi dei momenti
gioiosi trascorsi proprio in quei luoghi in un tempo passato: la propria scuola, la propria chiesa, la
piazza vicino casa o il posto dove si è corteggiato per la prima volta una ragazza.
Oggi tutti noi abbiamo a casa qualche cartolina, più o meno recente, che ci ha spedito qualche amico o
parente, dall’Italia o dall’estero, ma pochi conoscono la storia delle cartoline illustrate, dell’evoluzione
che hanno avuto.
Prima della nascita della cartolina, la posta veniva trasmessa attraverso le lettere: il che comportava
l’acquisto di un foglio di carta, poi compilato, imbustato e sigillato con la ceralacca. Un costo non
proprio basso per l’epoca e una certa perdita di tempo. La cartolina semplice, pratica e di facile
compilazione, nasce intorno al 1870, per opera di un funzionario delle poste prussiane, Henrich von
Stephan, che, nel corso della 5° Conferenza Postale degli Stati della Confederazione germanica, nel
1865, propone l’utilizzo di un cartoncino preaffrancato, a tariffa ridotta e da spedire senza busta.
La sua proposta, in un primo momento, non viene accolta favorevolmente; la possibilità che i pensieri
privati potessero essere facilmente letti da tutti, comportava non poche riserve. Ma i vantaggi della
proposta lanciata da Von Stephan furono recepiti dal dottor Emanuel Hermann, docente di Economia
all’Accademia Militare di Vienna. Egli riteneva che l’utilizzo di messaggi più brevi e rapidi
comportasse un aumento del traffico postale e, quindi, contestualmente, dei relativi guadagni.
Altri studiosi attribuiscono la nascita della cartolina illustrata al cartolaio e libraio francese Léon
Besnardeau. Questi, in occasione della guerra franco-prussiana del 1870, dopo aver distribuito tutti i
fogli di carta disponibili alle truppe francesi (circa 40 mila uomini) accampate nella zona e desiderose
di inviare notizie ai propri cari, decide di utilizzare le copertine dei quaderni avanzati, tagliandoli in
rettangoli e facendovi stampare, sul lato con l’indirizzo, immagini a soggetto militare (fucili, cannoni)
e frasi di propaganda. Rapida è la diffusione di questa idea. Nel giro di pochi anni la cartolina postale
viene adottata da molti Stati. Nell’ordine: da Confederazione germanica, Gran Bretagna, Svizzera,
Belgio, Danimarca, Canada, Norvegia, Russia, Stati Uniti e, col Regio Decreto n. 1442 del 23 giugno
1873, anche dall’Italia, che le emette, ufficialmente, a partire dal 1 gennaio 1874. Si tratta di una
cartolina postale dal costo di 10 centesimi, che presenta nel riquadro a sinistra la testa del sovrano.
Inizialmente, la circolazione della cartolina postale è prevista solo all’interno dello Stato emittente,
mentre la sua circolazione a livello internazionale avviene a partire dal 1° luglio 1875.
Il passaggio dalla cartolina postale emessa dall’Amministrazione a quella illustrata di produzione
privata avviene gradualmente. L’editore privato decora la cartolina, inserisce, al verso della stessa,
messaggi commerciali o brevi frasi di auguri. Ma, qualche anno dopo, è la stessa amministrazione
pubblica a provvedere all’emissione di cartoline illustrate per lo più a soggetto commemorativo.
Se in Gran Bretagna le prime cartoline illustrate (sono del 1872) ritraggono alcuni monumenti della
capitale e in Francia portano l’immagine della torre Eiffel, in Italia le prime cartoline illustrate, di
produzione governativa, sono pubblicate dall’editore Danesi di Roma (vedute preparate dal pittore
Baldassarre Surdi) e recano l’immagine di monumenti e panorami delle principali città italiane. Ma la
prima cartolina illustrata commemorativa viene emessa nel 1896 in occasione delle nozze del principe
Savoia di Napoli (poi re Vittorio Emanuele III) con la principessa Elena di Montenegro.
L’ultimo passaggio per arrivare alla nascita della cartolina illustrata “moderna” è costituito dal
cosiddetto “divided back” introdotto in Gran Bretagna nel 1902. In sostanza il back, cioè il verso della
cartolina, viene diviso in due da una linea verticale: a destra lo spazio riservato a indirizzo e
affrancatura, a sinistra quello riservato alle comunicazioni del mittente. Così facendo, l’altro lato della
cartolina, cioè la faccia anteriore, è tutta riservata all’illustrazione. Anche l’Italia, dal 1906, segue
questa strada. Ed è subito un successo. Sono sempre più numerosi coloro che corrispondono anche per
il piacere di scambiarsi cartoline illustrate con immagini di luoghi spesso mai visitati e questi
rettangoli di cartone ci permettono di cogliere qualche aspetto genuino, concreto, di un luogo, ci
consentono di immortalare, attraverso la cartolina ricevuta o inviata, qualche momento della vita
quotidiana di un paese o di una città.
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E grazie al graduale perfezionamento delle tecniche fotografiche, la cartolina illustrata è stata, fin
dall’inizio del ‘900, uno dei principali veicoli d’informazione, una testimonianza visiva fondamentale
per comprendere le dinamiche di trasformazione del paesaggio e che, annullando le distanze,
ha consentito la conoscenza, sia pure in forma stereotipata e parziale, di luoghi più o meno lontani.
E le cartoline illustrate di Eboli, presenti in questa raccolta, non si sottraggono a questo compito. Esse
catturano l’interesse tutti i ceti sociali e testimoniano, visivamente, i cambiamenti urbanistici che la
città ha subito. Ma, esaminandole con più attenzione, abbiamo la possibilità di cogliere altri
aspetti importanti, di avvertire altre emozioni.
Dalle poche parole e frasi presenti nelle cartoline traspaiono i sentimenti più intimi, più personali,
più genuini di chi le spedisce. Ma altrettanto forte è l’emozione di colui che le riceve. Provate un po’ a
pensare agli emigrati ebolitani che, in passato, si sono allontanati dalla propria città per motivi di
lavoro e che spesso non hanno avuto la possibilità di fare ritorno nella propria terra: allora, ricevere
una cartolina con un angolo della propria città, accompagnata da parole di affetto e amicizia, aiuta a
risollevare l’animo, a rafforzare il legame con le proprie radici e ad animare la speranza di poter far
ritorno, un giorno, nell’amata Eboli.
Voglio sottolineare, poi, alcuni passaggi presenti nel testo che ben rappresentano l’amore che i
curatori della raccolta nutrono verso la propria città. Nella poesia dedicata ad Eboli (p. 5) Giuseppe
Barra conclude: Ogn tant na cammnata ngopp Sant Runat, a Chiazz, o Burg, o Patern e l’ati posti ca sul’
Jevul ten (altri posti che esistono solo ad Eboli). Di grande impatto anche il passaggio di Vitina
Paesano (a p. 6): Se chiudo gli occhi continuo a vedere quest’immagine perché Eboli ce l’ho nella mente. Se
poso la mano sul cuore riesco a sentire la mia città, perché ce l’ho dentro.
Una grande sensibilità verso Eboli si evince poi dalle parole di Rolando Capozzoli (p. 16): Da Santa
Lena me guarde ste cartuline e stu paese e aspette ca nato ricorde me vene a truvà, che, in sostanza, il
ritrovamento di altre belle cartoline di Eboli, venga a trasmettere, al collezionista, nuove emozioni.
E sono state centinaia, migliaia le cartoline che hanno portato in giro per l’Italia e all’estero l’immagine
e la storia di Eboli e che oggi, ben selezionate, si sono ritrovate insieme in questo volume grazie
all’amore dei curatori Giuseppe Barra e Vitina Paesano e alla passione del collezionista Rolando
Capozzoli.
Lanfranco Cirillo
IL MERCATINO
1. Cerco giornali affrancati varie epoche, missive o quanto altro attiene al servizio dei postini o
portalettere, numerali e collettorie della provincia di Salerno. Contattare Sergio Mendikovic email [email protected]
2. Cerco lettere con valori della serie Michelangiolesca isolati e non. Contattare 333/5981637.
3. Cerco qualsiasi documento postale (anche non affrancato con francobollo) purché bollato negli
anni 1947 e 1953. Ricerco inoltre stessi documenti relativi a date particolari comprese tra il 1900
– 2010. Specificare date in possesso e prezzo, oppure prendere contatto con Giuseppe Preziosi
089/796914 o e-mail [email protected]
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