A 40 anni dalla promulgazione del nuovo rito di consacrazione delle

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A 40 anni dalla promulgazione del nuovo rito di consacrazione delle
CONSACRAZIONE DELLE VERGINI, PREZIOSO E ANTICO TESORO
Agire 7.03.2010
A 40 anni dalla promulgazione del nuovo rito di consacrazione delle vergini, revisionato nel 1970
alla luce del Concilio Vaticano II, si è tenuto a Roma un seminario di confronto ed
approfondimento che ha coinvolto l‟ordo virginum delle diocesi d‟Italia sul tema “A partire dal
Rito, il volto ecclesiale della vergine consacrata”.
“Il rito di consacrazione delle vergini è uno dei più antichi e preziosi tesori della liturgia romana”,
ha sottolineato il relatore Mons. Emilio Aspromonte, delegato per l‟Ordo Virginum di CosenzaBisignano e Direttore del Centro Vocazioni della Regione Calabria, “per questo è importante
riscoprirne la bellezza”. Pertanto, nei due giorni dell‟incontro, le partecipanti, partendo dall‟attenta
lettura del Pontificale Romano e condividendo l‟esperienza del proprio cammino personale e
diocesano, si sono interrogate su quali siano le caratteristiche della verginità consacrata nel mondo.
Vivono nel mondo, svolgono un lavoro, possono vivere da sole o in famiglia, non assumono una
regola monastica o uno statuto di vita religiosa, non hanno superiori, non indossano un abito
particolare o segni di riconoscimento, il loro punto di riferimento è il Vescovo diocesano che ne
verifica la vocazione, le consacra e concorda con ciascuna di loro le modalità dello stile di vita e di
eventuali servizi pastorali: questo è il ritratto a grandi linee delle vergini consacrate! E, a 40 anni dal
ripristino di questa forma di consacrazione che affonda le sue radici nei primissimi secoli del
cristianesimo, si resta ancora a bocca aperta davanti alla sua sconvolgente semplicità e mancanza di
sovrastrutture! Per poterne comprendere in pienezza la peculiarità e la libertà di questo carisma
luminoso e bello, di “questa regola dell‟Amore che non ha regole” (dalla definizione di S.E.R.
Mons. Giancarlo Maria Brigantini), è necessario andare all‟essenziale, cioè proprio al rito, che, dal
IV secolo, ancora oggi continua a donare alla Chiesa una grande fioritura di vocazioni.
Nel suo accurato intervento, Mons. Aspromonte si è soffermato sulle domande che dal Vescovo
vengono poste alle candidate durante la liturgia di consacrazione: “volete perseverare nel proposito
di santa verginità a servizio del Signore e della Chiesa fino al termine della vostra vita?”, “volete
seguire Cristo come propone il Vangelo, perché la vostra vita sia una particolare testimonianza di
carità e segno visibile del Regno futuro?”, “volete essere consacrate con solenne rito nuziale a
Cristo, Figlio di Dio e nostro Signore?”, ma soprattutto sulla risposta. “Quel „sì, lo voglio‟ è un
impegno pubblico, ecclesiale, assunto con piena consapevolezza. È un impegno così grande che
vengono invocati anche i Santi nelle litanie. È un impegno assunto non solo nella Chiesa e per la
Chiesa, ma anche davanti alla Chiesa, come richiamo all‟eternità”.
“Gesù realizza misticamente con la vergine consacrata ciò che il matrimonio simboleggia e
significa”, ha messo in risalto Mons. Aspromonte, “in entrambe queste realtà si deve vivere l‟amore
indissolubile, esclusivo e fedele, vicendevole e fecondo”. Segno “tangibile” delle nozze mistiche tra
Cristo-Sposo e la vergine è la consegna da parte del Vescovo del velo, “segno di esclusività e di
appartenenza, perché la vergine è tutta di Cristo”,della liturgia delle ore, “perché la preghiera è il
servizio a cui la vergine consacrata è chiamata, il colloquio sponsale con Cristo a nome di tutta la
comunità” e dell‟anello, “simbolo di sponsalità”.
E la caratteristica principale di questa consacrazione è proprio la sponsalità, “la gioiosa sequela di
Cristo come condivisione della vita dello Sposo e come esigenza di spendere la propria vita per la
stessa causa di Gesù”. La seconda connotazione, conseguenza della prima, è la “diocesanità”,
perché la diocesi è la „casa‟ in cui la sposa vive e si prende cura del suo Sposo. La diocesanità non è
soltanto appartenenza giuridica ad un determinato territorio, è “appartenenza di amore alla Chiesa
locale, alla sua storia e alla sua realtà presente, è partecipazione piena e cordiale alla vita della
Chiesa particolare nella quale, qui ed ora, sussiste e si manifesta la Chiesa universale”. Nell‟omelia
prevista dal rito si legge che “queste nostre sorelle, che oggi ricevono la consacrazione verginale
dalla madre Chiesa, provengono dal popolo santo di Dio, dalle vostre famiglie: sono figlie e sorelle
a voi congiunte da una consuetudine di lavoro e di vita”: non è un richiamo di tipo “sentimentale”,
“è un segno di appartenenza forte e concreta alla comunità ecclesiale”. La diocesanità è, al tempo
stesso, “testimonianza di ecclesialità, perché l‟amore va vissuto ovunque ci conduca la strada del
Signore”.
E ogni consacrazione è sempre una grande storia d‟amore tra l‟anima e Dio, l‟abbraccio tra il dono
immenso della chiamata del Signore e la risposta della vergine con lo slancio generoso del cuore e
la totalità della vita: “In Te, Signore, possiedano tutto perché hanno scelto Te solo al di sopra di
tutto” (dalla preghiera di consacrazione).
Marianna Russo