Il viaggio in mare è del resto metafora della vita. Essa è come una

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Il viaggio in mare è del resto metafora della vita. Essa è come una
Il viaggio in mare è del resto metafora della vita. Essa è come una navigazione che
si concluderà in un porto assalito dalla tempesta. L'esistenza ( la nave) è destinata a
perdere la sua guida (la ragione) ed il poeta che rappresenta il dramma umano, si
sente in balia di se stesso.
La vita fugge e non s'arresta un'ora,
e la morte vien dietro a gran giornate,
e le cose presenti e le passate
mi danno guerra e le future ancora;
e 'l rimembrare e l'aspettar m'accora
or quinci or quindi, sì che 'n veritate,
se non ch'io ho di me stesso pietate,
i' sarei già di questi pensier fora.
Tornami avanti s'alcun dolce mai
ebbe 'l cor tristo, e poi l'altra parte
veggio al mio navigar turbati i venti;
veggio fortuna in porto, e stanco omai
il mio nocchier, e rotte arbore e sarte,
e i lumi bei, che mirar soglio, spenti.
F. Petrarca, Canzoniere
L'interpretazione dantesca del viaggio di Ulisse nell'emisfero delle acque come folle
volo indirettamente anticipa una valenza importante del tema nella letteratura
ottocentesca e novecentesca. Il viaggio diventa sempre più metafora dell'abbandono, il
navigante si fa naufrago nei gorghi dell'esistenza, la meta si annulla nella ricerca
dell'illimitato, dell'informe, dell'infinito. ( P. Collini, Wanderung, il viaggio dei romantici ).
Il primo personaggio letterario che - modernamente - si affida alla legge del mare come
sfida agli spazi chiusi della storia e della vita sulla terra è Robinson Crusoe. Anch'egli
vive le tappe della tradizionale esperienza: la partenza, il naufragio e l'esilio in un'isola,
il ritorno. Robinson controllerà pienamente le realtà minacciose ed estranee alla sua
cultura e la sua logica pragmatica e mercantile, nell'isolamento, avrà modo di
sperimentare tutta la sua efficienza, tanto da imporla come unica legge della realtà.
Il Settecento illuminista inaugura anche un altro tipo di viaggio: il Gran tour. Con
l'espressione si é soliti definire il viaggio di istruzione e di formazione, ma anche di
divertimento e di svago, e perché no di avventura, che le élites europee, e americane
poi, intraprendono attraverso l'Europa. Protagonisti indiscussi del Grand Tour sono i
giovani che hanno appena concluso gli studi. Con il viaggio, la loro educazione si
completa e si perfeziona: le solide conoscenze apprese nelle università si fanno più
duttili, si arricchiscono dell'uso di mondo, si aprono alla moda, al gusto e alla
competenza estetica, si completano con la conoscenza comparata degli uomini e delle
nazioni. A viaggiare sono anche diplomatici, filosofi, collezionisti, amatori d'arte,
romanzieri, poeti, artisti. Meta privilegiata é l'Italia, culla della civiltà e dell'arte.
Tra le esperienze di viaggio più famose in questo senso quelle di Goethe, Byron,
Stendhal
Tutta particolare l'esperienza di V. Alfieri che farà dei suoi viaggi europei una tappa
importante della sua presa di coscienza delle contraddizioni della società di corte
settecentesca e sperimenterà le seduzioni dei solitari paesaggi nordici, nutrendo una
sensibilità squisitamente romantica.
Con il procedere del tempo l'abbandono degli spazi rassicuranti della propria terra e
della propria società sarà sempre meno funzionale ad una riconferma dei valori
acquisiti. Il viaggio - come percorso da leggersi soprattutto per le tappe che propone
alla riconquista del proprio io - assume dimensioni sempre più conturbanti, ove si
assolutizza la frattura tra stabilità e di-versione, tra padronanza certa di valori ed
estraniazione dalla storia. Il tema dell'esilio, come forzoso allontanamento dalla patria, è
motivo doloroso presente in molta letteratura romantica.
A livello simbolico il mare aperto, spazio sconfinato della solitudine è la vera
dimensione conturbante dove il naufragio è sempre possibile, mentre le isole felici simboli topici dell'abbandono e dell'oblio - vengono inseguite come luoghi dell'interiorità,
dove la natura sembra proteggere l'utopia di un mondo intatto e irraggiungibile nella sua
separatezza. Dal topos dell' isola felice, del buon selvaggio, del paradiso
perduto....germinerà anche il motivo dell'esotismo ( come idealizzazione di forme di
civiltà intatte che incarnano una purezza estranea alla civiltà occidentale).
Il mito di Ulisse, reinterpretato da un po' tutte le età, viene ripreso nel Novecento, proprio
per gli elementi di apertura ed ambiguità che racchiude. Sono le motivazioni al viaggio di
ricerca esistenziale che rendono vitale questo mito. La ricerca avviene essenzialmente
nella dimensione interiore ed inconscia .
Rimbaud nel suo Battello ebbro ripropone un'evanescente metafora del viaggio come
frattura, totale allontanamento da ciò che è noto... ma soprattutto come perdita di
sensibilità, pieno abbandono alla tenue oscillazione delle acque, all'ondeggiamento, alla
fluttuazione... che richiama una tutta originale forma di purificazione quasi infantile.
Pascoli ripropone invece nell'Ultimo viaggio un Ulisse esule, sconfitto, alla vana ricerca di
una verità superiore, che incontra la morte nell'isola di Calipso dopo una vana
interrogazione sul senso della vita.
Infine l'Ulisse di Joyce ripropone ancora il topos dell'eroe viaggiatore, ambientando
questa volta la vicenda nella moderna città di Dublino, sede della vana ricerca di senso
della vita da parte dell'uomo moderno, proteso a dare significato alla banalità del
quotidiano, in un flusso inesausto di pensieri.
Il viaggio dunque racchiude una sostanziale polarità tra la fedeltà alle radici della terra
natale, della patria, dei valori della società in cui si vive e la scommessa della ricerca,
della conoscenza piena dell'altro. E' rischio di perdita ma anche promessa di conquista,
è speranza di ritorno ma anche abbandono angoscioso. all'ignoto.