La circumnavigazione del globo a vela

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La circumnavigazione del globo a vela
Storia della navigazione
La circumnavigazione del globo a vela
C. Amm (r) Stéphan Jules Buchet
Socio Gruppo ANMI di Roma
INFORMAZIONI SULLA CROCIERA DEI MARINAI D’ITALIA
a Presidenza Nazionale organizza
la “Crociera dei Marinai d’Italia”
in collaborazione con Costa Crociera S.p.A.
che ha concesso delle tariffe agevolate
per i soci ANMI.
L
La crociera del 2014 è quella del Mediterraneo
Orientale (undici notti), pubblicata sul catalogo
annuale “Costa Crociere 2014” prevista
per fine settembre, inizio ottobre 2014.
I porti di imbarco individuati per i Soci ANMI
sono i seguenti:
25 settembre 2014 - Civitavecchia
26 settembre 2014 - Savona
Dopo l’imbarco nei suddetti porti
l’itinerario prevede:
28 settembre
29 settembre
1-2 ottobre
4 ottobre
6 ottobre
7 ottobre
-
Olimpia (Katakolon)
Creta (Heraklion)
Gerusalemme (Ashdod)
Atene
Civitavecchia
Savona
consentendo ad ogni ospite di scendere
nel porto d’imbarco.
Le tariffe riservate ai soli Soci ANMI
(e loro familiari), con uno sconto di circa il 50%
(riferimento catalogo annuale 2014
Costa Crociere S.p.A.) sono:
• Cabina Interna Classic (IC)
€ 885,00 invece di € 1.704,50 da catalogo
• Cabina Interna Premium (IP)
€ 935,00 invece di € 1.844,50 da catalogo
• Cabina Esterna Classic (EC)
€ 995,00 invece di € 2.044,50 da catalogo
• Cabina Esterna Premium (EP)
€ 1.030,00 invece di € 2.204,50 da catalogo
• Cabina Balcone Classic (BC)
€ 1.075,00 invece di € 2.454,50 da catalogo
• Cabina Balcone Premium (BP)
€ 1.125,00 invece di € 2.734,50 da catalogo
Dette tariffe si intendono per persona in cabina
doppia e prevedono:
- quota base in regime di pensione completa
- forfait bevande ai pasti
- intrattenimento a bordo
- tasse portuali
- assicurazione bagaglio
- assistenza medica
- assicurazione annullamento.
Non sono incluse le eventuali escursioni (facoltative)
e la quota di servizio, pari a € 88,00 per persona,
da pagare obbligatoriamente a bordo.
Per tutte le informazioni, l’organizzazione tecnica
e le prenotazioni, da effettuarsi entro e non oltre
il 31 marzo 2014, la Presidenza Nazionale
in accordo con Costa Crociere S.p.a.
ha dato l’incarico all’agenzia
I Viaggi delle Meraviglie S.r.l.
sita in Roma in Viale Trastevere 117-121
(contattabile via telefono allo 06.53.27.43.74
http://53.27.43.74/ oppure all’indirizzo e-mail:
[email protected])
che opererà attraverso un service dedicato
a disposizione dei Soci dal lunedì al venerdì
dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 14:30 alle 18:30
ed il sabato dalle 10:00 alle 13:00.
PER MOTIVI DI SEMPLICITÀ ED OMOGENEITÀ ORGANIZZATIVA,
SI RACCOMANDA A TUTTI I GRUPPI E/O SOCI
DI FARE ESCLUSIVO RIFERIMENTO ALLA CITATA AGENZIA
la quale, fra l’altro, per chi lo desidera,
potrà offrire modalità agevolate di pagamento
(da richiedere e valutare direttamente),
PERCHÉ LE ATTIVITÀ PROGRAMMATE SARANNO
RISERVATE ESCLUSIVAMENTE AI PRENOTATI
PRESSO QUESTO UNICO REFERENTE.
L’iniziativa, oltre ad offrirci la possibilità
di trascorrere insieme dei giorni di relax
e serenità, ha lo scopo principale
di ricordare i nostri marinai rendendo loro
gli onori marinari nelle acque che li videro
combattere ben settanta anni fa.
Una volta marinaio... marinaio per sempre
I primordi
I primi uomini a compiere un giro del mondo su un mezzo a vela attraverso i mari del globo terraqueo furono i diciannove superstiti,
fra i quali l’italiano Antonio Pigafetta, della spedizione Magellano,
partiti il 10 agosto 1519 da Siviglia e ritornati in Spagna il 19 luglio
1522, dopo quasi tre anni e varie vicissitudini, tra le quali la tragica
morte del Magellano stesso.
Altre spedizioni si susseguirono nel tempo, e tutte avevano uno scopo commerciale, anche se alcune si ammantarono del fascino della
scoperta (termine quanto mai inesatto perché le terre <scoperte> sono là da sempre). La prima completa circumnavigazione della terra di tipo lusorio su un’imbarcazione a vela fu compiuta da Joshua
Slocum, che fu anche il primo navigatore solitario a compiere l’impresa.
Egli completò il viaggio in 3 anni, 2
mesi e 2 giorni mentre il record attuale riconosciuto da un solitario con
tappe, è di poco più di 103 giorni: una
bella differenza!
Slocum non ha fatto il giro pensando
a un record o a conseguire un titolo sportivo, ma solo per il piacere
del mare e della scoperta personale di nuovi posti e nuove genti, Ritratto di Joshua Slocum,
e quindi il paragone non ha sen- il primo uomo a circumnavigare il globo
so, sia per la lunghezza della na- in solitario su una barca a vela
vigazione sia perché le barche, e le conoscenze nautiche, così come gli strumenti utilizzati sono fra loro molto differenti. Se dobbiamo fare dei paragoni, dobbiamo farlo fra imbarcazioni moderne.
Prima però è interessante raccontare l’avventura del primo solitario.
Slocum e la Spray
L’imbarcazione con la quale Joshua Slocum fece il giro del mondo
era un vecchio sloop per la pesca delle ostriche del 1801 buttato in
un fienile che in 13 mesi rimise in sesto e trasformò in una solida
imbarcazione pronta ad affrontare i mari oceanici. Del nuovo sloop
Slocum scrisse: “Lo feci saldo, robusto e bello. Chiglia, braccioli e
ordinate di dura quercia. Il fasciame era di pino della Georgia,
spesso tre centimetri e mezzo. Le impavesate fatte con scalmotti
di quercia bianca, i corsi di coperta di pino bianco”.
Le caratteristiche tecniche erano le seguenti:
• lunghezza fra le perpendicolari: 11,20 m;
• larghezza massima 4,32 m;
• immersione 1,27 m:
• dislocamento 12,71 t
Joshua Slocum quando affrontò il giro del mondo in solitario aveva
51 anni. Nato in Canada aveva navigato moltissimo, principalmente
fra gli Stati Uniti, di cui prese la cittadinanza, e l’estremo oriente,
partendo dalla gavetta fino ad arrivare a comandare varie navi, solcando tutti gli oceani. Il 24 aprile 1895, salpò da Boston e cominciò
il suo incredibile viaggio che lo avrebbe riportato negli Stati Uniti oltre 1150 giorni più tardi, dopo aver percorso oltre 46.000 miglia attorno al mondo. Scrisse: “Sentivo che non sarei potuto tornare indietro e che stavo per intraprendere un’avventura il cui significato
mi era completamente chiaro”.
Dopo la partenza si fermò prima a Glouchester e poi a Westport,
dove passò qualche giorno nelle zone della sua giovinezza. Il 2 luglio partì per la traversata dell’Atlantico e il 20 gettò l’ancora a Horta (is. Madalena – Azzorre) dove vi rimane fino al 24. Giunse a Gibilterra il 4 agosto, dove si fermò per prepararsi alla traversata del
Mediterraneo, avendo l’intenzione di procedere verso il canale di
Suez, attraversarlo e dirigere, una volta passato il Mar Rosso, verso est. Fu convinto da alcuni ufficiali della marina militare britannica a non passare dal Mar Rosso dove avrebbe sicuramente incontrato pirati, in agguato su entrambe le coste. Da Gibilterra, quindi, ripartì circa 20 giorni dopo per dirigere verso il Brasile. Incontrò
lo stesso i pirati: all’inizio di questo viaggio, vicino alle coste africane fu inseguito da una feluca di pirati che, giunta a pochi metri
dalla Spray, fu disalberata da un’onda gigantesca. Dopo 40 giorni
di Atlantico fece sosta a Permanbuco (l’odierna Recife - Brasile),
dove, fra l’altro, accorciò il boma che si era spezzato durante la
burrasca che lo salvò dai pirati.
Il 24 ottobre partì alla volta di Rio de Janeiro, dove si fermò cinque
giorni durante i quali modificò la parte poppiera per alloggiare un
altro albero, trasformando la Spray in uno yawl.
Durante il tragitto verso Montevideo si arenò all’altezza di Castillo
Chicos, 7 miglia a sud del confine tra Uruguay e Brasile; qualche
giorno dopo riuscì a liberarsi e a raggiungere la città uruguagia,
dove soggiornò durante il periodo natalizio. Il 30 arrivò a Buenos
Aires, dove rimase per quasi un mese. Il 26 gennaio 1896 lasciò la
capitale argentina e fece rotta verso lo stretto di Magellano, dove
vi arrivò l’11 febbraio, fermandosi a Port Tamar. Nello stretto di Magellano vi passò molto tempo, sia per fare rifornimento fra quei posti “infestati dai selvaggi”, sia per cercare di uscirne lottando contro il mare e i venti furiosi. I “selvaggi” in molte occasioni, con l’inganno o con la forza, tentarono d’impadronirsi della barca, ma non
vi riuscirono mai. Anche di notte, quando Slocum dormiva; l’unica
volta che tentarono di salire a bordo
Disegno dello sloop
nell’oscurità si allontanarono disordiSpray ricostruito
natamente urlando doloranti perda Slocum
ché avevano camminato su un
tappeto di bullette da sartoria,
opportunamente sparse sul
ponte. Nei giorni seguenti
seguirono la Spray con le
canoe e alcuni selvaggi
indossavano degli stivali ma si tennero
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Storia della navigazione
sempre a distanza dall’imbarcazione sulla quale Slocum, ben armato, faceva una guardia continua. Scoprì un’isola disabitata e la
battezzò Alan Erric, in onore di un amico letterato, e vi piantò il cartello “Vietato calpestare l’erba”.
Al settimo tentativo di entrare nel Pacifico, il 13 aprile Slocum riuscì ad arrivare a Capo Pillar e iniziare la navigazione oceanica. Il
27 aprile arrivò all’arcipelago Juan Fernandez (400 miglia a est di
Valparaiso) dove rimase fino al 5 maggio, proseguendo verso le
Isole Samoa e giungendovi il 16 luglio dopo 72 giorni di navigazione ininterrotta. Per prime a bordo salirono festanti tre donne delle
isole e una gli domandò se era solo, e alla risposta affermativa di
Slocum la ragazza disse: “Non ci credo. Tu avere altri uomini e
mangiati loro.” Alle Samoa vi rimase per oltre 2 mesi e riprese il
viaggio mentre una sensazione di solitudine s’impadronì di lui man
mano che le isole sparivano dall’orizzonte. La prima sosta in Australia fu a Newcastle e poi, il 10 ottobre 1896, la Spray giunse a
Sydney. Riprese il mare il 12 dicembre per portarsi a Melbourne.
Nei primi mesi del 1897 visitò molti porti australiani e della Tasmania e, dopo aver superato tutte le insidie del Mar dei Coralli e dello Stretto di Torres, il 24 giugno mise la prora per attraversare l’oceano Indiano e il 17 luglio arrivò alle isole Keeling Cocos, a mezza strada fra l’Australia e Ceylon (ora Sri Lanka).
Il 22 agosto riprese la navigazione e, dopo una sosta nell’isola di
Rodriguez, la prima delle isole Mascarene che si trovano a est del
Madagascar, giunse a Mauritius il 19 settembre. Dopo oltre un mese, il 26 ottobre, riprese il viaggio, e arrivò a Port Natal (Sudafrica)
il 19 novembre.
Partito il 14 dicembre, arrivò a Città del Capo poco dopo Natale. In
Sudafrica rimase molto tempo effettuando parecchi viaggi all’interno. Il 26 marzo 1898 prese di nuovo il largo e giunse l’11 aprile a
Sant’Elena, e il 27 all’isola Ascension (le isole si trovano a circa
1000 miglia dalle coste dell’Africa e a circa 1400 miglia dalle coste
sudamericane). Dopo una brevissima sosta, il 22 maggio arrivò nei
Caraibi, dove si fermò, in successione, a Grenada, Dominica e Antigua. Ai primi di giugno riprese il mare e all’una del 27 arrivò a
Newport e il 3 luglio concluse il suo viaggio a Fairhaven (Massachusetts), dove era stata varata la Spray.
Da questa impresa ebbe onori e successo, ma ne fu anche segnato. Durante il viaggio nei lunghi, ancorché rari, momenti di calma,
lo prendeva lo sgomento e una sensazione d’isolamento che non
riusciva a scuotersi di dosso; allora si metteva a impartire ordini a
voce alta o a parlare con il timone, perché aveva sentito dire che
avrebbe rischiato di perdere la parola a forza di non usarla.
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Marinai d’Italia Marzo/Aprile 2014
Con il mare forte si esaltava perché le onde lo facevano rabbrividire, ”sollevando per aria la barca e passando rapidamente sotto
la sua chiglia. Questo si che era navigare!”. Nonostante ciò, come
lui stesso ha raccontato, nei momenti difficili oltre alla propria volontà e capacità, talvolta, si faceva aiutare dal fantasma del pilota
della Pinta di Colombo!
Nel suo terzo libro, Sailing Alone Around The World, che fu pubblicato nel 1900 ed ebbe un successo enorme, espresse un concetto che rimane tuttora valido: “… perché qualsiasi cosa uno faccia
possa avere successo, bisognerebbe accostarvisi con cognizione
di causa e preparati a ogni evenienza. Se mi volto a osservare i miei
piccoli successi, vedo un corredo di attrezzi non troppo complessi
da carpentiere, una sveglia di latta, una manciata di bullette, non
tante: è così che l’impresa che ho raccontato in queste pagine è
stata resa più semplice. Ma soprattutto bisogna tener conto di alcuni anni di tirocinio durante i quali ho studiato diligentemente le
leggi di Nettuno. Quando ho attraversato l’oceano ho cercato di
non infrangere quelle leggi e ne è valsa la pena.” Cioè, essere preparati a ogni evenienza, lasciare il superfluo, conoscere il mare e
rispettarlo.
La circumnavigazione come regata
Dopo Slocum passò molto tempo prima che qualcun altro affrontasse gli oceani per compiere il giro della terra via mare a vela.
Data la configurazione dei continenti si tratterebbe di percorrere
una rotta che gira intorno al continente antartico. Naturalmente
questo percorso sarebbe breve se paragonato alla circonferenza
terrestre, ragion per la quale una parte si svolge nell’emisfero settentrionale. Con l’apertura del canale di Panama, nel 1918, il percorso potrebbe essere più realistico, ma le regole del suo attraversamento prevedeno un tratto compiuto con l’ausilio del motore, e
lo stesso dicasi per il canale di Suez.
Le regate si svolgono quasi sempre nell’inverno australe in modo
da affrontare i tempestosi mari dell’emisfero meridionale durante
il periodo estivo.
Lo svizzero Bernard Stamm con l’Open 60’ Cheminées
Poujoulat nel Golfo di Biscaglia con mare forza 10
(© onEdition 2006)
Poche ore dopo la partenza il mare a novembre mette a dura prova i regatanti,
qui Azzam dell’Abu Dhabi Ocean Racing costretta al ritiro dopo aver disalberato
(© Paul Todd/Volvo Ocean Race)
Per essere riconosciuto come tale un giro del mondo a vela su mare deve avere un percorso che:
• abbia lunghezza minima di 21.600 miglia (calcolati sul percorso
più breve);
• traversi l’equatore;
• traversi tutti i meridiani;
• inizi e finisca nello stesso porto.
In pratica, un percorso si sviluppa partendo da un porto situato a
latitudini superiori a 45° N, normalmente tutte le regate partono
dall’Europa, unica eccezione la “Oryx Quest del 2005 che partì dal
Qatar, traversando l’equatore, passando a sud dei capi Horn (continente americano), Good Hope (continente africano) e Leeuwin
(Australia) e a nord del parallelo 63° S (per ragioni di sicurezza), per
riattraversare l’equatore e finire al porto di partenza.
Detto così sembra molto semplice, ma il percorso è costellato da
tratti di mare che possono essere delle vere trappole o che rappresentano dei pericoli, che talvolta hanno portato a eventi luttuosi.
Partendo dalla Gran Bretagna o dai porti francesi il primo mare da
affrontare a novembre è quello del golfo di Biscaglia che è stato
protagonista, praticamente ogni volta, di ripari urgenti per rimediare ai danni subiti, se non di ritiri.
Dopo si sfruttano gli alisei, venti regolari che soffiano sempre secondo una direzione ben precisa, in particolare da nord-est verso
sud-ovest nell’emisfero settentrionale, e quindi a favore dei regatanti.
Si arriva poi in un’area, a cavallo dell’Equatore, chiamata dai naviganti la zona dei Doldrums, che è l’area di convergenza intertropicale dove si ha l’incontro fra gli alisei e le masse di aria calda che
risalgono; si viene così a creare una zona dove regna l’instabilità
meteo caratterizzata da assenza di vento, o venti debolissimi, ovvero piogge e temporali anche violenti (in quest’area si formano gli
uragani). Questa situazione, in un’area dove il tasso di umidità è alto, logora gli equipaggi.
Scendendo verso Sud e passato il primo capo, si entra in una zona dove il percorso è uno dei più infidi e disagevoli per la presenza alternata o concomitante di fortissimi venti di tempesta, freddo
intenso, neve, nebbia, e iceberg e dove si verificano le più alte onde, perché non vi sono terre a spezzare il percorso sul mare. Degli
iceberg i più pericolosi sono i growlers, soprattutto di notte o con
visibilità scarsa, perché si tratta di masse di ghiaccio piatte e basse, difficilmente rilevabili dai radar.
Le temperature medie dell’acqua, nel periodo estivo australe, sono comprese fra i 2 e 7°, mentre le temperature esterne dipendono dai venti che spirano: più miti con venti da NW, e molto fredde
con i venti gelidi da SW.
Lungo il circuito agisce la corrente circumpolare antartica che si
muove da ovest verso est a cavallo della convergenza polare a una
velocità modesta. Tale corrente è conseguenza sia dell’azione dei
venti sia della differenza di densità e sposta una massa di 135 milioni di metri cubi di acqua fredda al secondo per circa 12500 miglia.
Durante la regata si può passare da Point Nemo (Punto di Nessuno), il posto più distante da qualsiasi terra del pianeta, dove la persona più vicina, a parte gli eventuali altri regatanti, è un astronauta che si trova sulla stazione spaziale ISS che orbita intorno alla
Terra a 390 km.
Ritornando in Atlantico si deve riattraversare la zona dei doldrums
e affrontare gli alisei, che questa volta soffiano contro.
Una regata lunghissima durante la quale gli equipaggi sono sottoposti a stress fisico e psicologico notevoli, sempre pronti a combattere il mare (più che combattere, assecondare per evitare danni irreparabili), intervenire in riparazioni spesso acrobatiche o di fortuna, continuando a vigilare sulla propria incolumità a bordo di un’imbarcazione tecnologicamente avanzata e molto sicura, dove però
le comodità sono bandite, e l’imprevisto è sempre in agguato. Pensiamo quindi a un solitario che, sullo stesso tipo d’imbarcazione, deve sopperire a quello che altri sette o dieci persone farebbero. E se
è vero che molte manovre sono facilitate, che ne dite di dormire sottocoperta con mare formato, o oscillare sulla cima dell’albero per
liberare una drizza o la vela, con il solo pilota automatico.
I solitari, soprattutto quelli che affrontano il giro del mondo senza
scalo e senza assistenza esterna, sono delle persone fuori del comune con una predisposizione fisica e mentale non comune, oltre
a essere dei marinai preparati anche tecnologicamente.
Sopra si è detto quanto siano pericolosi alcuni sistemi meteorologici che si sviluppano nella direzione della navigazione, è facile
quindi intuire quanto possa essere problematica una rotta in direzione opposta a quella degli elementi. La lunghezza del tragitto è
maggiore procedendo di bolina in direzione est-ovest per la necessità di bordeggiare e, ovviamente, anche il tempo impiegato è maggiore, non solo perché il percorso risulta più lungo ma soprattutto
perché vento e corrente rallentano la velocità della barca. Questa
navigazione, da levante a ponente, si svolge per la maggior parte
del periodo contro i venti dominanti, il che vuol dire, nei mari del
Sud, affrontare dei treni d’onde consistenti che, grazie agli spazi
Navigazione in oceano Pacifico che tanto pacifico non è
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Storia della navigazione
Le imbarcazioni devono essere realizzate in base alle ”IMOCA
Open 60’ ISAF International Class” (attualmente in vigore sono le
“Class rules 2008 version 1”), che inglobano le OSR, e servono anche a stabilire restrizioni, esclusioni e obblighi ai quali un’imbarcazione del genere deve sottoporsi per essere riconosciuta come
IMOCA Open 60’ e quindi poter partecipare alle regate.
In alcuni casi le regole dettate dall’IMOCA sono ancora più restrittive di quelle previste dall’ISAF, anche perché un’imbarcazione
IMOCA deve essere realizzata per essere condotta da una sola
persona.
Il parametro fondamentale è la lunghezza che deve essere compresa fra 59 piedi (17,983 m) e 60 piedi (18,288 m), estremi inclusi.
Le eventuali aste prodiere/poppiere (compresi bompresso e boma)
non possono sporgere nel loro complesso di 6 piedi (1.829 m).
aperti, hanno la possibilità di viaggiare anche a 20 nodi. Gli ampi
spazi senza continenti consentono ai sistemi depressionari di evolversi con una facilità tale da impedire, a chi naviga controvento, di
effettuare le manovre opportune per evitarle.
L’imbarcazione è sottoposta costantemente a sollecitazioni, anche
forti, che si scaricano e si diramano per tutta la struttura: scafo, albero, timone e chiglia subiscono per lunghissimi periodi la violenza delle elementi della natura. Infine, e questo è uno degli elementi più importanti, è da tener presente la “tenuta” del navigatore solitario. Lo stress psicologico e fisico in un giro del mondo con condizioni meteo abbastanza “favorevoli” è già elevato, nel caso del
periplo “all’inverso”, lo skipper naviga per la maggior parte del
tempo in bolina, con il vento sempre forte in faccia (somma del vento reale e del vento creato dal moto dell’imbarcazione), che divora
calorie ed energie e, alle basse temperature, rende la densità dell’aria più grande.
Le imbarcazioni
Nel corso degli anni si sono avuti eventi luttuosi durante le regate
di circumnavigazione a vela via mare, e l’International Sailing Federation (ISAF), dalla fine del secolo scorso ha emanato, aggiornandole periodicamente, delle regole precise, le Offshore Special
Regulations (OSR), che contengono i requisiti minimi in fatto di costruzione, equipaggiamento e abitabilità per le imbarcazioni a chiglia singola o multipla che devono partecipare alle regate, oltre a
norme che riguardano l’equipaggio.
Le barche sono divise in categorie in base al tipo di regata da affrontare, da quelle transoceaniche con avversità climatiche e meteorologiche a quelle brevi svolte in acque protette. La categoria 0
riguarda “le imbarcazioni che effettuano regate transoceaniche,
incluse le regate per le quali è previsto il passaggio in aree nelle
quali le temperature dell’aria o del mare sono inferiori a 5° C, dove
le imbarcazioni devono essere completamente autosufficienti per
un lunghissimo periodo, capaci di affrontare burrasche e pronte a
superare serie emergenze senza l’aiuto esterno.”
Oggigiorno le classi d’imbarcazione che affrontano il giro del mondo in regata non sono molte; noi prenderemo in considerazione
l’imbarcazione monochiglia più impiegata per questa impresa, l’IMOCA Open 60’ (IMOCA sta per “International Monohull Open
Class Association”, Open identifica un’imbarcazione il cui progetto non segue un disegno definito ma che rientra entro certi parametri stabiliti, 60’ è la lunghezza in piedi).
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Marinai d’Italia Marzo/Aprile 2014
Spaccato dell’IMOCA open 60’ Sill et Veolia, costruito nel 2004
Lo scafo, nella sua completezza (chiglia, coperta, cabina, pozzetti
ecc), deve formare un unico pezzo che sia essenzialmente stagno
e qualunque apertura deve avere la possibilità di essere chiusa immediatamente in sicurezza. Lo stesso dicasi per le eventuali protuberanze a bolla o similari, che devono essere fisse e parte integrante dello scafo.
La base della deriva inclinabile (o chiglia basculante) deve essere
alloggiata in uno spazio stagno e la deriva deve poter essere manovrata manualmente dall’interno qualsiasi sia l’angolo di sbandamento. La chiglia basculante porta dei vantaggi soprattutto con
l’andatura in bolina quando, spostandola verso il sopravento, si riduce lo sbandamento dell’imbarcazione; in pratica, anche grazie al
peso del siluro terminale della deriva, si ottiene lo stesso effetto
che si avrebbe avuto spostando la zavorra.
Il sistema di bilanciamento della zavorra mobile deve avere un controllo manuale e un sistema di manovra supplementare in caso d’avaria del primo. Il sistema deve essere agibile qualsiasi sia lo sbandamento della barca.
Queste barche devono essere anche inaffondabili; nel caso che i
numerosi compartimenti siano tutti allagati, l’imbarcazione deve
continuare a galleggiare. I compartimenti, di un numero minimo di
6 e non più lunghi di 5 m, devono essere chiusi da paratie stagne
trasversali che consentano il passaggio di una persona, così come
le condotte di cavi o altro che però non devono compromettere la
caratteristica stagna dei locali.
Il pozzetto deve essere facilmente evacuabile per gravità dall’acqua con qualunque sbandamento. Quest’area, che su questi Open
L’open 60’ Delta Dore ha il pozzetto tutto spostato a poppa e aperto
(©onEdition / OC Events / FNOB)
Attorno al piccolo pozzetto di Spirit of Canada - Activehouse.com, si possono notare
i winch e la colonna che permettono al navigatore solitario di poter intervenire
su tutte le regolazioni delle vele senza muoversi troppo (©onEdition 2010)
è, di solito, molto piccola (non più di 4 mq), consente al navigatore
solitario di poter regolare le varie vele grazie a 6 winch posizionati a portata di mano e un basamento centrale. Tale gestione deve
poter essere effettuata anche dalla sala di navigazione interna.
Quando sono impiegate nelle navigazioni in solitario le imbarcazioni sono dotate di un numero inferiore di vele rispetto a quelle previste per un equipaggio multiplo; ciononostante, oltre alle vele normali, ce ne sono 12 di speciali per le varie condizioni di mare. L’albero può essere basculante ma solo nel senso longitudinale.
Alla prora deve essere aggiunta un “crash box”, cioè un rinforzo
fatto di foamite che si distrugge in caso di collisione senza danneggiare la prora.
Devono esistere due uscite, una a proravia dell’albero e l’altra verso poppavia, situate sopra la linea di galleggiamento e che devono avere un sistema di controllo della chiusura sia dall’interno sia
dall’esterno.
Per quanto attiene la stabilità, l’imbarcazione deve poter auto raddrizzarsi, con o senza l’intervento esterno dell’equipaggio, a prescindere dall’integrità dell’alberatura. Per ottenere il certificato d’idoneità è necessario superare il test d’auto raddrizzamento, che
viene svolto con l’imbarcazione capovolta di 180°. La prova deve
essere fatta con lo skipper all’interno della barca.
Di solito, assiste anche un’altra persona all’interno, la quale, però,
non può interferire con quanto fa lo skipper, che ha la possibilità,
senza lasciare l’interno, di agire su eventuali meccanismi per iniziare il raddrizzamento. Il test consente anche la verifica della
bontà del sistema di movimentazione in situazione d’emergenza, la tenuta stagna di tutti i
passi uomo e dei compartimenti nonché il corretto posizionamento delle masse mobili di bordo. La creazione di un momento
raddrizzante è fornito dalla chiglia basculante, che deve avere
un solo asse di mobilità. Questa
serve anche a garantire delle
altissime prestazioni alle andature portanti con una possibilità di
gestione più semplificata rispetto a quella che si ha con la sola zavorra liquida.
Per la navigazione è obbligatorio avere installata una girobussola,
alimentata da un proprio generatore, indipendente, e una bussola
magnetica.
La dotazione minima riguardo la sicurezza prevede:
• un radar, dotato di tutti gli allarmi, con potenza di 2 kW, e posizionato a non meno di 5 m dalla coperta;
• un trasponditore radar fisso (9.2 – 9.5 GHz);
• un trasponditore radar portatile (9.2 – 9.5 GHz), autoricaricabile,
con un cavo di almeno 3 m;
• un riflettore radar;
• due EPIRB portatili di lunga durata SARSAT COSPAS 406 MHz, (il
sistema più sicuro per individuare l’esatta posizione di un’imbarcazione o una persona in difficoltà: il trasmettitore lancia un segnale che una volta raccolto e rilanciato giunge al centro di soccorso competente); ciascun EPIRB deve:
- avere anche la freq. 121, MHz;
- essere codificato e registrato con il nome e il MMSI (Maritime
Mobile Service Identity) dell’imbarcazione (il MMSI è un codice di 9 cifre identificativo del servizio mobile marittimo utilizzato nel traffico radio marittimo per identificare, in maniera univoca, una stazione radio costiera, su una nave oppure un gruppo di navi o di stazioni costiere.;
- essere dotato di un cavo di almeno 3 m e carico di rottura di
1000 daN.
• un corno da nebbia;
• un sistema d’emergenza che
permetta l’erezione di un’antenna volante e l’emissione di
segnali dai trasponditori radar
e dalla boa d’emergenza;
• la chiglia, il timone e almeno
una’area di 2mq del fondo dello scado devono essere colorati di arancione fluorescente;
Equilibrismo in mare
per liberare il fiocco
La strumentazione nella spartana
cabina interna di Akena Verandas
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Storia della navigazione
• almeno un’area di mq della coperta deve essere dipinta con un
colore brillante e molto visibile;
• la quantità d’acqua potabile da stoccare a bordo prima della partenza dipende dalla presenza o meno di un apparato di fabbricazione: nel primo caso devono essere imbarcati 3 litri d’acqua per
persona per ogni 1000 miglia di navigazione prevista, nel secondo caso 9.
La dotazione minima dei vari sistemi di navigazione consiste in:
• un apparato radio ricetrasmittente (rtx) VHF da 25 W, con un’antenna fissa (a bordo deve essere presente anche un’antenna d’emergenza);
• un apparato rtx per comunicazioni satellitari;
• un apparato radio ricevente per i bollettini meteo;
• un GPS;
• un sistema standard C interfacciato con GPS e dotato di software capace d’interrogazione dello stato dei vari dispositivi di bordo e riporto dei dati. L’antenna del sistema deve essere posizionata almeno 55 cm sopra il ponte e senza ostacoli per 360° per almeno 60 cm;
• uno scandaglio elettronico;
• uno tachimetro;
• un AIS attivo. L’AIS (Automatic Identification System), è un sistema automatico di tracciamento (l’imbarcazione trasmette i propri
dati attraverso un sistema VHF predefinito);
• cartografia elettronica e cartacea.
Le ISAF OSR cat. 0, nonostante tutto questo dispiegamento di elettronica, raccomandano anche di tenere a bordo il caro, vecchio
sestante e le tavole relative.
Le imbarcazioni devono essere dotate di un motore diesel di almeno 37 Hp (per le imbarcazioni costruite dopo il gennaio 2007).
L’equipaggio
Le Regole per la categoria 0 interessano anche l’addestramento
del personale.
Una certa percentuale dei membri dell’equipaggio e lo skipper devono aver fatto addestramento specifico, negli ultimi cinque anni,
su numerosi argomenti. Il controllo di tale conoscenze avviene durante lo specifico corso ISAF Offshore Personal Survival Training,
il cui superamento è certificato.
Gli aspetti teorici sono:
• mantenimento e cura degli equipaggiamenti di sicurezza;
• vele da tempesta;
• controllo e riparazione dei danni;
• attività dell’equipaggio, cura e condotta dell’imbarcazione e uso
delle ancore in caso di tempo cattivo;
• predisposizioni per prevenire le cadute in acqua e azioni per recupero dell’uomo fuori bordo;
• ipotermia;
• organizzazione e metodi per la ricerca e il soccorso;
• previsioni meteo.
• ricerca e soccorso.
Gli argomenti pratici riguardano:
• utilizzo delle zattere di salvataggio e dei salvagente individuali;
• predisposizioni per prevenire gli incendi e l’uso degli estintori;
• tecniche di primo soccorso e di rianimazione cardio-polmonari;
• impiego dei sistemi di comunicazione (rtx e di soccorso);
• uso dei segnali pirotecnici e degli apparati EPIRB.
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Marinai d’Italia Marzo/Aprile 2014
I record
Comparazione della rotta seguita da Peyron (in blu) con il precedente record
stabilito da Frank Cammas a bordo di Groupama 3 (in verde)
Sempre la stessa percentuale d’equipaggio deve aver fatto un addestramento specifico all’immersione per gli interventi di riparazione in carena.
Inoltre, almeno due membri dell’equipaggio devono essere capaci
d’alcuni pratici e basilari interventi medici, come cura delle ferite,
iniezioni e otturazione dei denti.
Le regate intorno al mondo
Al giorno d’oggi esistono molte regate che “prendono in giro il
mondo” e si differenziano per tipo d’imbarcazione utilizzata, per il
numero dei membri d’equipaggio e se sono previste soste o meno.
Con imbarcazioni monochiglia si svolgono:
• La Barcelona World Race - regata senza soste per equipaggi formati da due persone, che si corre ogni quattro anni (prossima edizione 2014).
• La Global Challenge - regata a vela intorno al mondo controvento per equipaggi e con soste programmate.
• La Clipper Round the World Yacht Race - partita il primo di settembre, la regata si svolge ogni due anni con equipaggi multipli.
È la regata più lunga di circumnavigazione, oltre 40000 miglia, e
parte degli equipaggi, a meno dello skipper, è cambiata a ogni sosta prevista.
• La Velux 5 Oceans Race - regata quadriennale per solitari con soste (pross. ed. 2014).
• La Vendée Globe – manifestazione quadriennale (pross. ed. 2016)
per solitari, senza soste e senza assistenza esterna.
• La Volvo Ocean Race - per equipaggio multiplo con soste, è una
regata triennale (pross. ed. 2014).
Con qualsiasi tipo d’imbarcazione si svolgono le regate che assegnano, in caso di successo:
• il Jules Verne Trophy all’imbarcazione che stabilisce il record di circumnavigazione a
vela;
• il Global Challenge Trophy in
caso di record per una circumnavigazione a vela controvento
in solitario e senza scalo.
Sir Robin Knox-Johnston all’arrivo
a Falmouth a bordo di Suhaili al termine
del primo giro del mondo per solitari
I record ufficiali che riguardano la velocità devono essere riconosciuti dall’International Sailing Federation (ISAF), tramite l’organismo deputato, il World Speed Sailing Record Council (WSSRC).
Il primo solitario moderno (il secondo in assoluto) a compiere il
giro del mondo e quindi a stabilire un record, è stato il britannico Sir Francis Chichester che nel 1967, a bordo del ketch di 54
piedi (16 m) Gipsy Moth IV, impiegò 226 giorni, facendo una sosta a Sydney.
Un anno dopo (1967-1968) Sir Robin Knox-Johnston stabilì il primo record per solitari in una navigazione senza sosta.
Partito da Falmouth (Regno Unito) compì il giro del mondo a bordo del ketch Bermudiano di 32 piedi Suhaili in 313 giorni alla media di 3,39 nodi.
L’attuale record assoluto di circumnavigazione a vela appartiene al
trimarano da 130 piedi Banque Populaire V che ha concluso il giro
nel gennaio 2012 dopo 45gg 13h 42m 53s di navigazione, alla velocità media di 19,75 nodi.
L’equipaggio di 14 elementi aveva come skipper il francese Loïck
Peyron, che si è aggiudicato il trofeo Jules Verne.
Il primo record di questo tipo fu conquistato dal fratello Bruno Peyron nel gennaio 1993, che, con altri 4 membri di equipaggio, stabilì
il record in 79gg 06h 15m 56s a bordo del catamarano di 26,30 m
Commodore Explorer.
Sempre con un multiscafo è stato stabilito il record di velocità in
solitario: si tratta del francese Francis Joyon che a bordo del trimarano di 29,70 m IDEC 2 ha migliorato di oltre 110 giorni il primo
record stabilito nel 1973. All’arrivo il 19 gennaio 2008 Joyon ha fissato il record in 57gg 13h 34m 06s.
A bordo di un monochiglia, è un’altro francese ad avere il record
in solitario stabilito vincendo la Vendée Globe 2012-2013. A bordo dell’open 60’ MACIF, François Gabart ha completato la regata in 78gg 2h 16m (velocità media 11,52).
Tutti i record sopra indicati sono stati ottenuti con rotte in favore
dei venti (da ovest verso est).
Per il percorso “controvento”, da est verso ovest, è stato omologato il solo record per solitari che è detenuto da Jean Luc Van
Den Heede che, a bordo del monochiglia di 25,70 m Adrien e al
terzo tentativo, il 19 marzo 2004 ha tagliato il traguardo dopo una
navigazione senza scalo di 122gg 14h 03m 49s.
Sir Robin Knox-Johnston all’arrivo a Falmouth
a bordo di Suhaili al termine del primo giro del mondo per solitari
Jean Luc Van Den Heede ha conquistato il record “controvento” per solitari senza scalo,
a bordo del monochiglia di 25,70 m Adrien (122gg 14h 03m 49s)
L’australiano Jon Sanders ha compiuto
tre giri del mondo a vela consecutivi
senza scalo. Nella foto mentre
riceve la posta in navigazione
A bordo di Aviva, la britannica Denise “Dee”
Caffari nel 2006 è stata la prima donna
in assoluto a circumnavigare il globo
“controvento” in solitario e senza soste
Un record incredibile è stato stabilito dall’australiano Jon Sanders
che nel periodo 1986-1988 ha compiuto tre giri del mondo consecutivi in solitario e senza soste. A bordo di Parry Endeavour ha navigato una volta da ovest a est e due controvento ritornando a
Sydney dopo 658gg 21h 18m giorni e 71.023 miglia.
Non si creda che questo mondo appartenga solo agli uomini; ancorché poche, le donne che navigano in solitario hanno segnato la storia di questa navigazione.
Fra queste si distinguono:
• l’australiana Kay Cottee è stata la prima donna a compiere la circumnavigazione a vela senza soste; partita da Sydney a bordo di
First Lady nel 1987 vi è ritornata l’anno successivo dopo 189 giorni di navigazione;
• la britannica Denise “Dee” Caffari nel 2006 è stata la prima donna in assoluto e la sesta persona a circumnavigare il globo “controvento” su una barca a vela da sola e senza effettuare soste in
porto; ha compiuto l’impresa in 178 giorni, a bordo del monochiglia di 21,95 m Aviva;
• un’altra britannica, Ellen MacArthur, detiene il record femminile
per solitari nella circumnavigazione a vela senza soste su monoscafo, stabilito giungendo seconda alla Vendée Globe 2000-2001
(skipper più giovane che abbia mai partecipato a tale regata) dopo 94gg 4h 25m.
Mi piace infine segnalare lo straordinario record stabilito nel 2000
dal diversamente abile Vincent Lauwers, australiano che ha compiuto l’impresa in solitario e senza soste, partendo da Melbourne a
bordo di Vision Quest, ritornandovi dopo 233 giorni.
nnn
Marinai d’Italia Marzo/Aprile 2014
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