Da Pavia all`Invincible Armada

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Da Pavia all`Invincible Armada
LEGA
NAVALE
Da Pavia
all’Invincible
Armada
Enrico Cernuschi
Di un importante evento navale, come la sconfitta dell’Invincible Armada e la conseguente mancata invasione dell’Inghilterra da parte
degli spagnoli nel 1588, i testi di storia non particolarmente approfonditi citano
soltanto le conseguenza politiche nel contesto europeo,
e poco si occupano di quella che fu la partecipazione di nostre navi ed equipaggi inseriti nella flotta spagnola.
Evitano di citare anche due nomi, quello di William Fitzwilliam, Lord Deputy cinquecentesco della Regina Elisabetta,
e di Sir Richard Bingham, governatore della provincia irlandese di Connaught, che invece sono perfettamente noti sul
posto, dove la loro memoria è ancora oggi associata a un
lugubre ciclo di persecuzioni e impiccagioni. I due gentiluomini, infatti, furono i principali artefici della colonizzazione inglese di quell’isola, dimostratasi sempre ostinatamente ribelle nei confronti dei propri invadenti vicini.
Per una strana serie di coincidenze il destino di questi due
personaggi si incrociò, al tempo dell’Armada, con quello di
Le vicende di un pavese
imbarcato, per la
Spagna, su una nave
napoletana
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un cittadino di Pavia, tale
Federigo Calvi, ed è possibile riscontrare una precisa
traccia di questa curiosa vicenda in due documenti oggi custoditi nella cattedrale
cattolica di Cork, e in uno
che si trova nella Generalidad catalana a Santander.
Una flotta in cattive condizioni
La celebre “Felicísima Armada”(nota poi come “Invincible
Armada”), salpò dalla foce del Tago e da altri sorgitori vicini il 21 luglio 1588 alla volta delle Fiandre, con destinazione finale le coste inglesi del Kent. Nonostante la presuntuosa denominazione, era costituita da un insieme più che
eterogeneo di unità, formato, in maggioranza, da navi da
carico rastrellate nei porti del Mediterraneo e del Baltico,
per un totale di 130 scafi, dei quali 60 galeoni, che imbarcavano complessivamente 29.000 tra marinai e soldati. Ne
era Capitan General, ossia Comandante in Capo, un cugino
di Filippo II d’Asburgo, il mite don Alonzo Perez de Guzman,
duca di Medina Sidonia, il quale aveva fatto di tutto per
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Re di Spagna furono mandate ugualnon accettare questo gravoso incarimente ad affrontare 197 unità inglesi
co. Aveva addirittura scritto a Filippo
e 25 olandesi, spesso più grosse e,
II Asburgo una lettera di rinuncia, tutcomunque, superiori anche come artora conservata, nella quale dichiaramamento alle unità asburgiche.
va di “soffrire il mare e di non avere
Questo raffronto rappresentava solo
nessuna esperienza delle cose di borun aspetto della realtà. Le navi ingledo”, ma il Re era stato irremovibile.
si erano, infatti, rifornite agevolmenPer quanto riguarda le unità spagnole,
te dalle vicine coste britanniche,
occorre osservare che in genere erano
Ritratto
di
Filippo
II
di
Spagna
di
Alonso
Sanchéz
Coello,
mentre l’Armada poteva contare solmale attrezzate ed armate alla meno
conservato al museo del Prado; in apertura, la cattedrale
tanto sulle scorte di bordo, stimate
peggio con equipaggi spesso ridotti al
di Cork, nel cui archivio è conservato il documento di
condanna del protagonista di questa vicenda
pari, quanto a munizionamento, a
minimo. Come se non bastasse imbaruno o, al massimo, due giorni di fuocavano, come fanteria di marina, dei
co, come i fatti confermarono di lì a poco; oltre a ciò era
tercios formati da reclute arruolate a forza nella penisola
universalmente noto che i cannonieri delle navi di Sua
iberica, fatto questo senza precedenti nella storia di Spagna.
Maestà Elisabetta I erano considerati i migliori rispetto a
quelli di tutte le flotte dell’epoca.
Un piano
La folle strategia elaborata dagli spagnoli, d’altra parte,
molto ambizioso
era in perfetta linea con gli scopi, a dir poco discutibili, di
Per realizzare il piano ambizioso di invadere l’Inghilterra, doquello stesso conflitto. Una volta che
ve l’odiata Elisabetta I schierava a disi prescinda dall’oggettiva necessità,
fesa del suo territorio 36.000 fanti e
Le forze di don Alessandro Farnese duca di Parma,
nell’immagine in un ritratto di Otto Van Veen, non furono
per Madrid, di eliminare alla radice il
1.000 cavalieri, Filippo II, il Re più popresenti all’appuntamento prestabilito con le forze
“santuario” inglese dei ribelli olantente dei suoi tempi, disponeva di un
spagnole, causando in parte il fallimento dell’impresa
desi, la guerra tra Re Filippo e la Recorpo di spedizione di 25.000 uomini e
gina Elisabetta era motivata da ra1.000 cavalli al comando di don Alesgioni ideologiche e religiose, più che
sandro Farnese, duca di Parma, goverdal fastidio, in verità piuttosto modenatore delle Fiandre. Il piano elaborasto, causato, nel corso degli ultimi
to dagli spagnoli era a dir poco com20 anni dai pirati inglesi ai danni del
plesso, prevedeva di raggiungere la
traffico spagnolo con le Americhe, o
Manica ed imbarcare il corpo di spedicon i loro saltuari attacchi contro le
zione in un porto ancora da conquistacittà costiere del Nuovo Mondo.
re che tuttavia rimase, alla fine, in
mano agli olandesi, e dirigere quindi
alla volta delle coste inglesi.
Quattro
Per quanto gli spagnoli fossero perfetintrepide galeazze
tamente informati dei rapporti di forze
Nell’ambito del caravanserraglio
in atto, 130 navi battenti i colori del
dell’Armada spiccavano, per efficien-
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Nonostante il pronto appoggio di alza, le quattro galeazze, a vela e a retre quattro navi della propria divisiomi, della Squadra di Napoli poste agli
ne, Frobisher (che conosceva, ovviaordini di don Hugo de Moncada, pamente, quelle acque come le proprie
rente del Vicerè di quel dominio spatasche) riuscì a cavarsela di stretta
gnolo. Armate con quadri ed equipagmisura, dopo due ore di azione, metgi formatisi alla dura e quotidiana
tendosi al riparo sottocosta grazie a
guerra mediterranea contro i barbareuna vera e propria barriera invisibile
schi, le navi in questione (San
formata dalla corrente di marea riveLorenzo, Zúñiga, Girona e Napoletana,
John
Hawkins,
il
suo
ritratto
è
conservato
al
National
latasi, alla fine, più forte dei remi
tutte intorno alle 700 tonnellate ed arMaritime Museum di Greenwich, tentò invano di
delle unità italiane.
mate ciascuna con 50 pezzi) rapprecatturare l’ammiraglia spagnola, ma fu ostacolato dalle
tre galeazze napoletane
Il 4 agosto l’Ark Royal e il Golden
sentavano la vera e propria punta di
Lion di Sir John Hawkins tentarono
diamante dell’Armada, tanto è vero
di attaccare l’ammiraglia spagnola, rimasta isolata, ma
che furono le uniche ad essere impiegate in compiti offensivi
ancora una volta l’azione coordinate di tre galeazze di Don
nella Manica, mentre il resto della flotta si snodava, lentaHugo li costrinse ad abbandonare la preda e a ritirarsi semente, in direzione delle Fiandre, riuscendo sempre a respinriamente danneggiati.
gere i tentativi inglesi di spezzare la formazione avversaria.
Le successive vicende dell’Armada sono note: l’arrivo a
In particolare il 2 agosto 1588 una coppia di galeazze imCalais, dove non trovarono ad accoglierla le truppe del Dupegnò al largo di Portland la maggiore nave della flotta inca di Parma, uno dei più valorosi condottieri al servizio delglese, il Triumph da 1.100 tonnellate e 42 cannoni, comanla Corona, ancora a una settimana di marcia da quel porto
dato dall’esploratore artico e corsaro (ovverosia dedito, sefrancese teoricamente neutrale; l’attacco, la notte tra il 7
condo l’odierna prosa inglese, alla “discriminating piracy”)
e l’8 agosto, dei brulotti inglesi, carichi di materiale incenMartin Frobisher.
diario e lanciati contro le navi alla fonda, che seminarono
la confusione tra le file delle navi spagnole e, infine, l’aNel dipinto, lo sfortunato scontro di Gravelines nel quale perse la vita don Hugo
de Moncada, nella distruzione della galeazza San Lorenzo
zione di Gravelines combattuta il giorno dopo, durante la
quale la galeazza San Lorenzo, che aveva perso il timone
in seguito a un’avaria, si incagliò e venne, alla fine, distrutta dal tiro della squadra inglese, con la morte del valoroso Don Hugo de Moncada.
I venti incontrollabili e i ripetuti attacchi inglesi costrinsero, infine, le restanti navi della flotta spagnola a inoltrarsi nel Mare del Nord, a dirigere verso settentrione
doppiando la Scozia per ritornare in Patria attraverso
l’Atlantico percorrendo le insidiose rotte tra le Orcadi e
(l’articolo continua a pag. 21)
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la Shetland, con le quali i piloti spagnoli non avevano alcuna dimestichezza.
Ed è a questo punto, esauritasi ormai l’azione corale di decine di migliaia di uomini schierati attraverso il mare lungo
le file dei due opposti schieramenti, che incomincia la vicenda di Federigo.
In questa immagine pittorica d’epoca è rappresentata, anche se forse con alcune
personali visioni dell’artista, una galeazza tipo Zúñiga in navigazione
L’avventura
Dal momento che non era stata prevista una crociera supplementare intorno alle isole britanniche, le navi dell’Armada si
trovarono ben presto a corto di acqua e di viveri. Disperse
dai venti, dopo due successive tempeste, una ventina di unità naufragò lungo le coste irlandesi, mentre squadre degli
equipaggi di altre si avventurarono a terra nel tentativo di rifornirsi mentre a bordo si cercava di riparare le avarie.
La galeazza Zúñiga, riuscì, con bella manovra, a entrare
nel fiordo di Liscannor, una insenatura sulla costa occidentale irlandese nella contea di Clare, sbarcando una “comandata” per approvvigionarsi. La vicenda, ricordata ancora oggi dalla storia locale non ebbe, in sé, niente di drammatico, in quanto l’equipaggio comprò o barattò, in tutta
semplicità, i viveri di cui la nave aveva bisogno.
Il governatore britannico Fitzwilliam proprio in quei giorni riceveva da Londra l’ordine tassativo di “catturare, interrogare e giustiziare” qualsiasi superstite dell’Armada, missione
questa che venne (come ricordano ancora oggi, con un certo
imbarazzo, gli stessi inglesi) assolta con uno zelo addirittura
eccessivo, tanto da materializzarsi in uno “slaughter of surviviors harsh even by the standards of the time”, ovverosia
in una serie di massacri dei supersiti giudicati piuttosto crudi persino per i livelli, tutt’altro che teneri, dell’epoca.
La reazione inglese all’arrivo della gente della Zúñiga fu
decisamente tardiva, per la lentezza delle comunicazioni
tra Londra e l’Irlanda, e non impedì alla galeazza di riprendere il mare lasciando però a terra, in seguito a circostan-
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ze non acclarate, soltanto un uomo, ben presto catturato
dai soldati del governatore.
Sottoposto al supplizio del cavalletto il poveretto rivelò, “al
terzo tratto di corda”, di chiamarsi “Friderigus Calvo, ticinensis”, specificando altresì la nave d’appartenenza, il fatto che questa era la patrona (ossia l’unità del comandante
in seconda del gruppo di galeazze) e la propria qualifica
d’artigliere aggiungendo, infine, con una certa incoscienza,
di aver spezzato, con il tiro della proprio pezzo, l’albero
maestro di una nave inglese durante il primo dei due scontri verificatisi nella Manica e ricordati in precedenza.
Il particolare che il verbale dell’interrogatorio fosse redatto
in latino pone, naturalmente, diversi interrogativi. Per quanto
il latino, sia pure in forma volgare, fosse allora una lingua
franca è evidente che lo sfortunato prigioniero doveva essere una persona abbastanza colta; nulla però è dato sapere in
merito alle circostanze che l’avevano spinto (al di là del fatto
di essere uno tra i tanti milioni di sudditi del Re di Spagna) a
lasciare Pavia per imbarcare, da volontario, su una nave napoletana. Possiamo supporre che l’ammirazione suscitata
dalle imprese del Duca di Parma, unita al desiderio di condividerne la gloria se si fosse risolto con successo l’audace
progetto di Filippo II, lo avesse indotto ad imbarcarsi.
A questo punto la vicenda del nostro sarebbe dovuta giungere al suo triste epilogo, uguale a quello di tanti altri suoi
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punto il governacompagni d’artore Sir Richard
me e d’avventura,
Bingham da indurgettati dal mare e
lo a lasciare partidal vento sulle
re tutti a bordo di
coste irlandesi ed
due navi superstiti
appesi, infine, ad
dell’Armada (la
una corda. Ma
Nuestra Senora
il secondo docude Begoña e la
mento conservato
Duquesa Santa
a Cork (un editto
Una carta nautica del 1590 riporta, sia pure in maniera molto approssimativa, le rotte seguite dalle navi
Aña) sopraggiuna firma di Sir Ridell’Invencible Armada per tentare un fortunoso ritorno in Patria
te, casualmente,
chard Bingham
in vista della costa
datato alcuni giorin quegli stessi giorni. Imbarcato sulla seconda unità Federini dopo) accenna, viceversa, a uno sviluppo imprevedibile
go arrivò, infine, a Santander.
di questa storia.
Distintosi l’aprile dell’anno successivo, sempre in qualità
L’editto sanciva le pene della tortura e dell’impiccagione
di artigliere, in occasione del fallito sbarco inglese a Vigo,
per chiunque avesse aiutato il fuggiasco Federigo rendenFederigo fu infine congedato, il 3 dicembre 1589, “con dido note, per l’occasione, sia le di lui generalità sia la deritto al soprassoldo” come recita il suo foglio matricolare
scrizione del suo aspetto fisico, caratterizzato da un’altezconservato nella città catalana.
za, notevole per l’epoca, di oltre sei piedi, ossia oltre un
A questo punto terminano i documenti e la storia di quei
metro e ottanta.
giorni lontani e dimenticati, quando Pavia faceva parte di
un grande impero e di una comunità europea d’animo e
Il foglio matricolare di Federigo
ideali assai più coesi e tangibili di quelli, freddamente e
Nonostante le minacce del governatore la Provvidenza constrettamente commerciali, dell’attuale UE.
tinuò, tuttavia, ad aiutare il fuggiasco, le cui tracce emerCosa spinse Federigo a lasciare le terre attraversate dal
gono nell’ambito di un terzo e ultimo documento rinvenuto
Ticino per vivere una simile vicenda sul mare? Oppure fu
negli archivi cinquecenteschi della Generalidad Catalana.
merito (o colpa) di una donna? Come fece a sfuggire agli
La minuziosa burocrazia spagnola, tanto deprecata dal
inglesi e a raggiungere de Leyva? Si trattò di solidarietà
Manzoni ma preziosissima dal punto di vista storico, inclucattolica da parte degli irlandesi o di fortuna e coraggio? I
de, infatti, il nome del nostro nel novero di un gruppo di oldocumenti in nostro possesso questo non ce lo dicono.
tre 600 marinai spagnoli superstiti riuniti da Don Alfonso
Il compito dello storico finisce qui. Soltanto la fantasia del
Martinez de Leyva (comandante in capo della fanteria di
lettore o la penna di un romanziere potrebbero, infatti, rimarina spagnola e naufrago lui pure sulle coste irlandesi
empire questi larghi spazi vuoti restituendoci per intero la
dopo la perdita della propria nave, il trasporto Rata Santa
figura di quel lontano e avventuroso marinaio, suddito del
Maria Encoronada) che riuscirono a impadronirsi di due caDucato di Parma.
stelli nella contea di Mayo.
Enrico Cernuschi
Questa azione di vera e propria guerriglia preoccupò a tal
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