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Un dipinto nella chiesa delle Anime del Purgatorio di Giugliano e il culto congiunto di san Gregorio e della Madonna della Purità Il 12 marzo del 604, dopo quattordici anni di pontificato, moriva a Roma papa Gregorio Magno, e subito, ma soprattutto nel Basso Medioevo, la sua figura si sfocava nella luce della leggenda e nell’alone del miracolo. Un incantevole racconto riportato da Jacopo da Varazze nella sua Legenda aurea e raccolto anche da Dante (Purgatorio, X, 73 - 94) attribuiva, infatti, al grande Papa, la risurrezione dell’imperatore romano Traiano a ché lo stesso, benché pagano - ma circondato in vita da fama di uomo giusto - una volta divenuto partecipe, nella nuova vita, della Grazia di Dio, ottenesse il perdono divino e la sua anima fosse così sottratta alla pena eterna. Pertanto, proprio perché nessuno più di san Gregorio si era mostrato tanto sensibile ai misteri dell’altra vita, egli era stato eletto patrono di tutte le confraternite consacrate al conforto dei defunti. Nell’arte, il Santo pontefice, in quanto collegato al culto dei morti, è spesso rappresentato in piviale papale mentre contempla le anime liberate dalle pene in virtù della preghiera e del sacrificio liturgico; talvolta è in compagnia della colomba dello Spirito Santo, librata in aria presso il suo orecchio, chiara allusione all’ispirazione divina dei suoi scritti. E così è anche raffigurato nella tela del pittore seicentesco Carlo Mercurio che si conserva sull’altare maggiore della chiesa delle Anime del Purgatorio di Giugliano. Qui l’artista raffigura, però, san Gregorio in compagnia delle anime purganti ai piedi di un’immagine della Madonna della Purità: una devozione quest’ultima, frequentemente proposta nel ’600, la quale dietro la dolce immagine della Vergine che stringe tra le braccia il Bambino propone, in antitesi ai coevi modelli di pittura aulica, un tipo di religiosità più disponibile al popolare e al quotidiano. L’iconografia Giugliano, Chiesa delle Anime del Purgatorio, C. Mercurio, Madonna della Purità, san Gregorio e le Anime purganti della Madonna della Purità, la cui prima redazione, dovuta alla mano di Luis De Morales, pittore spagnolo vissuto tra il 1510 e il 1586, si conserva nella chiesa di San Paolo Maggiore a Napoli - nasce dalla fusione di due immagini diverse di Maria: se la posizione e la presentazione a mezza figura della Vergine ricordano, infatti, la Madonna delle Grazie, il gesto affettuoso del Bambino verso la madre rievoca invece quello analogo nella Madonna del Carmelo. Repliche del dipinto, dovute ai vari Stanzione, Giordano e De Matteis, sono presenti in numerose chiese di Napoli e della Campania. La vasta diffusione va messa in relazione sia con il fatto che il culto si collega a quello dell’Immacolata Concezione, largamente diffuso in ambito francescano (e con il quale ha in comune il richiamo alla purezza della Vergine Maria), sia perché, nel 1647, la Madonna della Purità fu eletta patrona dell’importante congregazione dei Teatini. Quanto all’autore della pala d’altare, Carlo Mercurio, maddalonese di nascita, ma vissuto lungamente ad Aversa tanto da essere più noto come Mercurio d’Aversa, le fonti ci informano di un suo primo discepolato presso Battistello Caracciolo. Alla sua vasta produzione, divisa prevalentemente tra Napoli e Aversa, vanno tra l’a1tro assegnati alcuni dipinti nella chiesa di San Giuseppe a Chiaia, nella chiesa di San Pietro Martire e nella chiesa di Monteverginella a Napoli. Ad Aversa, invece, dove impiantò un’attiva bottega familiare, lasciò diverse opere oltre che nel duomo, in San Bartolomeo e in Sant’Antonio al Seggio. Franco Pezzella