un excursus storico
Transcript
un excursus storico
Adriana Piga, Università di Roma ORDINI SOUFI A CONFRONTO NEL CONTEMPORANEO: UN EXCURSUS STORICO SENEGAL Relazione presentata al Convegno internazionale Il ruolo del Sufismo e delle confraternite musulmane nell’islam contemporaneo. Un’alternativa all’islam politico?, Torino, 20-21-22 novembre 2002 Premessa Nelle vaste regioni del Sahel, dal sud della Mauritania fino al lago Ciad, dal Senegal al Mali, dal Burkina Faso al Niger, la diffusione dell'islam è stata, in larga parte, conseguenza del proselitismo infaticabile degli Ordini mistici al punto che, attualmente, la professione di fede è divenuta virtualmente sinonimo di adesione ad un Ordine mistico o, come spesso accade, di affiliazione contemporanea a diverse confraternite. Tutto ciò rende la confraternita un polo di eccezionale attrazione socio-religiosa nelle culture africane e spiega il suo ruolo del tutto prioritario nel processo di conversione all'islam, processo che caratterizza la dinamica culturale nell'epoca attuale in quasi tutta l'Africa a sud del Sahara.1 Tuttavia il successo del Sufismo in Africa ha una matrice meno eclatante, ma non per questo meno significativa; infatti il misticismo postula sempre una critica implicita, talora anche esplicita, del potere costituito. È proprio il tasawwuf a suscitare una diffidenza corrosiva verso coloro che detengono il potere temporale, da sempre inclini ad allearsi con la scolastica dei dotti Ulamâ, i giureconsulti di corte. Questo ruolo di "partito di opposizione" dell'islam popolare, che coincide fondamentalmente con l'islam degli Ordini mistici, si è dipanato drammaticamente proprio nel contesto storico del Senegal precoloniale.2 Il Sufismo, pur nell'ambivalenza che ha talora contrassegnato i suoi rapporti col potere costituito, ha sempre significato in ogni luogo e in ogni epoca storica la possibilità concreta di mettere in discussione lo sfarzo delle corti, i sistemi di tassazione esosi e impietosi, la corruzione dell'aristocrazia al governo. Del resto, l'adesione ad una tariqa dissimula non di rado la protesta politica sotto le spoglie del linguaggio religioso. Nell'Africa 1 G. Nicolas, Dynamique de l’Islam au sud du Sahara, Publications Orientalistes de France, Paris, 1981; M. Hiskett, The Development of Islam in West-Africa, Longman, London, 1984. 2 A. Piga, Dakar e gli ordini sufi. Processi socioculturali e sviluppo urbano nel Senegal contemporaneo, Bagatto Libri, Roma, 2000; ed. franc. Dakar et les ordres soufis. Processus socioculturels et développement urbain au Sénégal contemporain, L'Harmattan, Paris, 2001. 1 sub-sahariana, al di là di molteplici e mirabili esempi di spiritualità sufi come nel caso esemplare di Cerno Bokar Saalif Taal,3 non si può disconoscere all'etica e all'ideologia del tasawwuf una valenza politica innegabile, tutta tesa a difendere un'identità popolare talora calpestata, talora più banalmente marginalizzata prima dall'amministrazione coloniale e poi dagli Stati neo-coloniali.4 <<Nel Senegal si è spesso taalibe (discepoli) di un marabutto prima di essere cittadini di uno Stato>>, affermava nel 1982 il noto politologo Christian Coulon, autore di una eccellente monografia sul Sufismo senegalese: Le Marabout et le prince. Islam et pouvoir au Sénégal5. L’islam è, infatti, in Senegal una realtà di massa ; si calcola che all’incirca l’85% della popolazione sia di fede musulmana e che ben l'80% dei fedeli sia membro di una confraternita. Un islam sufi, dunque, che annovera tra gli Ordini mistici più influenti la Tijaniyya, la Mouridiyya, tariqa, esclusivamente senegalese, la Qadiriyya e, in misura minore, i Layennes e l'Hamalliyya. La religiosità popolare islamica nel corso degli anni ’90 come durante i primi anni del 2000 appare al suo apice; i fastosi pellegrinaggi nei luoghi santi di Touba per i fedeli muridi, di Tivaouane per i discepoli tijani, di Cambérène per i Layennes e di N’Diasane per i taalibe qadiri radunano non più migliaia ma addirittura milioni di fedeli; nei mercati di Dakar al Sandaga, Colobane e Tilène si commerciano incessantemente ritratti e genealogie ricamate dei Santi, fondatori dei diversi Ordini sufi; in ogni negozio, in ogni bottega, in ogni abitazione campeggiano le immagini dei grandi Khalifa tijani e muridi. Sono soprattutto i giovani, wolof come toucouleur, serer come peul, poi, a gremire le sedute notturne di canto e recitazione salmodiata delle qasida, i poemi di Ahmadou Bamba, il fondatore della Mouridiyya, sedute che si rivelano particolarmente suggestive specie durante le lunghe notti del mese sacro del Ramadan. D'altronde persino i campus universitari si mostrano incredibilmente recettivi nei confronti di una propaganda religiosa sempre più martellante, di fronte a un misticismo tanto onnipresente da cristallizzarsi ora nell’affollamento impressionante delle moschee, ora in un’osservanza sempre più rigorosa delle prescrizioni rituali. Un islam tanto dilagante da concretizzarsi ora in una pressione culturale e finanziaria araba sempre più imponente, si pensi, per inciso, al grandioso progetto del Kïng Faisal Social and Cultural Center, ora nel proliferare di innumerevoli e attivissime associazioni islamiche di solidarietà e di mutuo soccorso, ora nella diffusione e nell’influenza in ambito urbano di movimenti sociali di largo respiro come gli al-Falah e gli Ibadou Rahman diffusi a Dakar come a Kaolack, a Thiès come a Fatick. 3 L. Brenner, West African Sufi. The Religious Heritage and Spiritual Search of Cerno Bokar Saalif Taal, Hurst, London, 1984. 4 D. Robinson, J. L. Triaud (éds.), Le Temps des marabouts. Itinéraires et stratégies islamiques en Afrique occidentale française v. 1880-1960, , Karthala, Paris. 1997. 2 La rivalità tra le due maggiori confraternite, la Mouridiyya e la Tijaniyya, aspra e tenace negli anni passati, la dinamica cangiante e talora imprevedibile delle loro relazioni con il potere statuale, l’attuale collaborazione lungimirante e fruttuosa sia tra di esse come nei confronti del governo in carica, hanno designato più che mai come protagonisti della scena politica gli influenti Ordini sufi. Mai come nel Sufismo senegalese si è concretizzato in tutta la sua pienezza il famoso comandamento di al-Shadili, fondatore di una delle confraternite di maggior rilievo nell’Africa settentrionale: <<Obbedisci al tuo Shaykh prima di obbedire all’autorità temporale>>. Nel Senegal, Paese in cui l'autorità e l'influenza politica delle confraternite non hanno equivalenti rispetto ad ogni altra nazione dell'Africa a sud del Sahara, l'islam marabuttico e popolare è contraddistinto poi da una capacità sorprendente di adattamento ai mutamenti sociali, economici e politici, tanto da rappresentare un referente primario nella dialettica religiosa e socio-politica contemporanea. La confraternita più antica: la Qadiriyya Ma osserviamo ora, da vicino, la diffusione storica dei diversi Ordini sufi nonché le loro principali caratteristiche socio-culturali La confraternita più antica è senz'altro la Qadiriyya che tuttavia non ha mai conosciuto sul territorio senegalese una grande importanza né ha mai ricoperto il ruolo politico attivo della Tijaniyya come della Mouridiyya. Fondata da Sidi Muhammad Abd alJilani (1079-1166), wali celebrato da un culto agiografico sconfinato che ne esalta il grande potere taumaturgico, la sua diffusione è in gran parte il frutto del proselitismo dei berberi Sanhaja, in particolare dei chierici itineranti detti Kunta arabizzati e arabofoni, di presunta discendenza coreiscita. Nel 1400 Sidi Ali al-Kunti si afferma come Qutb cioè Asse-Polo della Qadiriyya, ma, soprattutto verso la metà del XV secolo, Ahmad al-Bakkai, colui che si rattrista al pensiero dei peccati umani, ottiene l'ambitissimo titolo onorifico di al-Qutb al-Kamil, l'Asse perfetto. Non a caso sarà proprio la dottrina mistica della Qadiriyya a elaborare l'ideologia dell'Insan al-Kamil, l'Uomo perfetto e dell'Afdal al-Khalq, la Creazione più eccellente, il tutto naturalmente nel contesto di una venerazione assoluta e esaltante verso la figura del Profeta Muhammad.6 Sarà poi nel corso del XVIII secolo lo wali Sidi al-Mukhtar al-Kabir al-Kunti (1729-1811) a rappresentare la guida spirituale della confraternita qadiri in tutta l'Africa centro- occidentale e , sotto la sua egida, i chierici Kunta si sono rivelati i fautori di una mirabile sintesi tra il diritto e il misticismo, tra il fiqh e il tasawwuf, fra la giurisprudenza e il Sufismo ,sintesi da una parte misconosciuta dall'islam 5 C. Coulon, Le Marabout et le prince. Islam et pouvoir au Sénégal, Pédone, Paris, 1981; "Construction étatique et action islamique au Sénégal", in O. Carré (éd.), L'Islam et l'Etat dans le monde d'aujourd'hui, PUF, Paris, 1982, pp. 258-70; p. 264. 6 M. Hiskett, op. cit. 1984, p. 50; p. 245. 3 medio-orientale e dall'altra lontana dalle esigenze della religiosità popolare.7 Dunque, a partire dal famoso giureconsulto di Tlemcen Muhammad Abd al-Karim al-Maghili, l'ortodossia assoluta della confraternita qadiri si è mantenuta e cristallizzata nel tempo fino a giungere all'epoca coloniale, epoca nella quale, invece, la confraternita viene ad essere, proprio nel Senegal, progressivamente marginalizzata a favore delle due nuove confraternite della Mouridiyya e della Tijaniyya. Attualmente, quasi solo la zawiya kunta di N'Diasene nel Cajor può essere considerata come un importante centro di influenza politico-religiosa , altrove la dispersione sul territorio delle zawiye qadiri appare politicamente debole e risente soprattutto nel Fouta Toro, la regione settentrionale al confine con la Mauritania, della straordinaria diffusione a macchia d'olio avuta dalla Tijaniyya nel XIX secolo. Siamo dunque di fronte ad una situazione particolare e atipica, nella misura in cui in vaste regioni dell'Africa a sud del Sahara, dal Mali al Niger fino alla Nigeria settentrionale è proprio la Qadiriyya a rappresentare l'Ordine sufi più diffuso e influente.In particolare, nel caso specifico del Senegal, la Qadiriyya è Ordine scarsamente popolare fra le masse rurali sia per le sue caratteristiche di confraternita dotta, élitaria e arabizzante, sia per il legame di natura sinallagmatica fra identità qadiri e identità etnica maura, legame profondamente inviso, per molteplici ragioni storiche, alla popolazione senegalese Dal punto di vista dottrinale e socio-religioso, nell'opera alGunya, La Sufficienza, ad opera del fondatore della confraternita, si esalta l'assoluta passività del discepolo nelle mani del proprio marabutto, discepolo che è tenuto a non contrastare mai, in alcun modo, i desideri della propria guida spirituale; pur tuttavia i taalibe qadiri possono, senza problemi, prestare giuramento di fedeltà e di sottomissione a diversi marabutti contemporaneamente. Infine non dobbiamo né possiamo sottovalutare il ruolo storico di confraternita-madre di una Qadiriyya, austera e conservatrice, che ha influenzato in modo determinante tutta una serie di Ordini sufi successivi, in particolar modo la Mouridiyya di Ahmadou Bamba, sulla quale soffermeremo ora la nostra attenzione. Etica del lavoro e nazionalismo wolof nella Mouridiyya Ahmadou Bamba, il fondatore della Mouridiyya, confraternita squisitamente senegalese, nacque e visse in un contesto familiare drammaticamente segnato dalle vicissitudini storiche dei regni wolof pre-coloniali; fu infatti profondamente influenzato sia dal celebre personaggio di Lat Dior, l'eroe della resistenza wolof alla conquista coloniale francese sulla falsariga della mitologia popolare sia dall'epopea di Ma Ba, il marabutto guerriero che islamizzò con le armi tutta la regione del Siine Saloum. La consuetudine amara con la sofferenza e la morte determinò in Ahmadou 7 C. C. Stewart, E. K. Stewart, Islam and Social Order in Mauritania. A Case Study from the Nineteenth Century, 4 Bamba un netto diniego verso il jihad, la guerra santa, e allo stesso tempo una propensione ferma e severa verso una vita intrisa di preghiera, di meditazione e di raccoglimento nella miglior tradizione dello zuhd, l'intima essenza del misticismo sufi. Perseguitato a lungo dall'amministrazione coloniale sempre più preoccupata per l'entusiasmo debordante e la devozione quasi farneticante che circondavano la sua persona, Bamba fu esiliato in un primo momento nel Gabon e in un secondo momento nella Mauritania. In realtà fra il 1886 e il 1912 le relazioni tra le autorità coloniali e Bamba erano state senza dubbio complesse e ambigue, avvolte da un'ostilità quasi inconscia e segnate da pregiudizi viscerali. L'amministrazione coloniale era a dir poco disorientata dall'atteggiamento tipicamente sufi di Bamba intriso di distacco e di disinteresse verso il potere costituito, tanto che la sua ritrosia a collaborare con gli stranieri infedeli veniva interpretata come un segno premonitore di una guerra santa contro gli Europei.8 Tuttavia dal 1912 in poi il governo coloniale francese muta radicalmente il suo atteggiamento nei confronti dello Shaykh sufi fino al punto di insignirlo nel 1918 addirittura della croce della Legione d'onore, massima onorificenza francese. In verità Ahmadou Bamba, definito da Louis Dumont come l'apostolo della non violenza, è stato il marabutto che più di ogni altro in Senegal ha esaltato il jihad al-Nafs, cioè la lotta senza limiti contro i propri vizi e le proprie impurità in nome di una progressiva purificazione della propria anima, di conseguenza Bamba si pronuncia nettamente contro il jihad fi sabil Allah, cioè la guerra santa contro gli infedeli in favore di un discorso di tipo spirituale, pedagogico, impregnato del vero tasawwuf teso all'acquisizione delle virtù cardinali propedeutiche allo stato di wilaya, la santità.9 Questo suo Sufismo minimale, lontano dalle raffinate diatribe teologiche e tutto incentrato sull'imitazione del Profeta Muhammad10 in quanto modello etico esemplare si riscontra, a tutto tondo, nelle sue numerose opere moraleggianti: le cosiddette qasida in lingua araba, poemi paragonabili alle odi, ai salmi, alle laudi medievali, ma soprattutto poemi moraleggianti a carattere popolare e rivolti in particolare alle masse giovanili. In queste opere ricche di afflato poetico e lirico tra le quali ricordiamo la più famosa la Masalik al-Jinan, Gli Itinerari del Paradiso, si delinea un misticismo più affettivo che speculativo e teso all'amore infinito verso Dio e al culto verso il suo Profeta Muhammad, culto che costituisce la pietra miliare del misticismo tipico della Mouridiyya. Proprio questa devozione senza limiti verso Muhammad, visto come il prototipo dell'Insan al-Kamil, l'Uomo Perfetto attraverso il quale Dio può manifestarsi ed essere amato, influenza in modo decisivo la relazione duale fra ogni Clarendon Press, Oxford, 1973. 8 L. Creevey, “Ahmad Bamba 1850-1927”, in J. R. Willis (ed.), Studies in West African Islamic History, 1, The Cultivators of Islam, Frank Cass, London-Totowa, 1979, pp. 278-307. 9 F. Dumont, La Pensée religieuse d'Amadou Bamba, NEA, Dakar-Abidjan, 1975. 10 Sul culto del Profeta nell'Islam cfr. A. Schimmel, And Muhammad is his Messanger. The Veneration of the Prophet in Islamic Piety, University of Carolina, Chapel-Hill-London, 1985. 5 marabutto muride e il proprio discepolo. Si attualizza nella Mouridiyya la famosa espressione di alJilani per la quale:<<Il taalibe deve essere come un corpo morto nelle mani del lavatore dei cadaveri>>.11 La verità scrive Bamba, è unicamente nell'amore nel proprio marabutto, nella fedeltà assoluta all'insegnamento ricevuto fino al punto che <<piacere a Dio è piacere al proprio Serigne (marabutto)>>.12 Di conseguenza molti autori soprattutto francesi degli anni Cinquanta hanno individuato come caratteristica fondamentale della Mouridiyya proprio la delega al marabutto del complesso dei diritti-doveri religiosi che nell'islam ortodosso rivestono un carattere spiccatamente individuale. Questi autori come Gouilly, Nekkach, Froelich, Quesnot e Gamble hanno condiviso un'interpretazione riduttiva della mistica muride, e hanno descritto questa confraternita come una forma di "vagabondaggio islamico"; addirittura nel 1952 Alphonse Gouilly la definiva con disprezzo come :<<Una forma aberrante dell'Islam>>13. Molto probabilmente tutti questi autori sono stati influenzati dalla simbologia particolare dello njebbel, l'atto di sottomissione al proprio marabutto che riveste nell'ideologia muride un ruolo assolutamente centrale. Grazie allo njebbel, il novizio si abbandona totalmente nelle mani del marabutto sia materialmente che spiritualmente pronunciando la formula di rito: <<Io mi sottometto a voi, corpo e anima. Farò tutto ciò che voi mi domanderete e mi asterrò da tutto ciò che mi proibirete>>.14 Ancora oggi per l'ala estremista muride detta Baye Fall servire il proprio marabutto rappresenta l'unico scopo della vita del taalibe, nonché l'unico modo per ottenere il potere taumaturgico della baraka, appannaggio, per antonomasia, dei grandi marabutti. Sono per l'appunto proprio i Baye Fall a devolvere integralmente al proprio marabutto ogni obbligo e dovere religioso strettamente personale. Proprio a causa di questa frangia fanatica e irrefrenabile l'ortodossia della confraternita mouride è stata a lungo, specie nel passato, aspramente contestata dalla confraternita rivale della Tijaniyya. Epigoni degli antichi ceddo i potenti schiavi della corona nei regni wolof pre-coloniali, i Baye Fall e soprattutto una loro minoranza detta Sokha bop formano una comunità eclettica dalle istanze magiche e dedita, non di rado, a fenomeni di estasi collettiva. Ancora oggi, talora, sulla scia dello stereotipo dei ceddo i Serigne Baye Fall si permettono di fumare liberamente tabacco e di indulgere nell'uso di alcool, contravvenendo così in pieno all'etica della tariqa muride.15 Come abbiamo appena visto è soprattutto nella confraternita mouride che l'atteggiamento di deferenza e di sottomissione dei taalibe verso la classe marabuttica raggiunge il culmine; nella 11 F. Dumont, op.cit., 1975, pp. 90-91. Si vedano ad esempio le due qasîda, I Catenacci dell'inferno e Felicità per i muridi, in Ibidem, pp. 244-48; 314-21. 13 A.Gouilly, L'Islam dans l'Afrique Occidentale Française, Larose, Paris, 1952, p. 105; F. Dumont, op. cit., 1975, pp. 92-93. 14 D. B. Cruise O'Brien, "Le Talibé mouride: étude d'un cas de dépendance sociale", Cahiers d'Etudes Africaines, IX, 35, 1969, pp. 502-507; X, 1970, pp. 562-578; p. 565; The Mourides of Senegal: the Political and Economical Organisation of a Senegalese Peasant Society, Clarendon Press, Oxford, 1971. 12 6 Mouridiyya il discepolo si sente senza Dio se non ha un proprio marabutto e contemporaneamente un marabutto senza discepoli non è nulla. Questa reciprocità personale, condizionata anche dall'influenza dell'antica confraternita della Khalwatiyya, è del tutto assoluta. Non a caso al discepolo muride è richiesta un'obbedienza senza riserve verso il proprio Serigne, una sottomissione senza limiti, un riconoscimento acritico della sua insindacabile autorità. Nella relazione tra mourid e murshid, la guida spirituale, il potere carismatico del marabutto e il tessuto clientelare che informava e in parte informa ancora oggi l'intera struttura sociale si completano a vicenda. Da una parte il carisma sacralizza la relazione di clientela come sostiene Jean Copans, autore di una celebre monografia sulla Mouridiyya16, dall'altra la relazione clientelare rende tangibile e materializza il legame carismatico, come vedremo tra poco nell'analisi delle valenze socio-economiche proprie della Mouridiyya in epoca coloniale e post-coloniale. Per molti anni, infatti, gli interessi dei grandi marabutti mouridi vennero a coincidere perfettamente con le aspettative dell'amministrazione coloniale francese nel promuovere ad oltranza l'espansione della coltura arachidiera.17 Grazie a una sapiente organizzazione del lavoro agricolo, i Serigne avevano reso altamente remunerativa la commercializzazione dell'oleaginosa. Per l'amministrazione coloniale prima come per il governo neo-coloniale poi, l'organizzazione mouride aveva costituito la soluzione in assoluto meno costosa per la produzione arachidiera, mentre l'ideologia del lavoro aveva rafforzato a dismisura l'unità della confraternita fino a farne uno Stato nello Stato. In definitiva, la struttura mediatrice dell'Ordine sufi aveva reso compatibile l'economia di mercato con la struttura sociale tradizionale e ne aveva favorito in modo determinante l'inserzione nell'economia capitalistica. Dunque la tariqa mouride appare come la prima confraternita ad aver sistematizzato la finalità religiosa del lavoro agricolo; ricordiamo a questo proposito le due massime famose che informano l'etica mouride del lavoro; la prima recita: <<Lavorare è uno dei comportamenti dello schiavo di Dio>>, e la seconda recita: <<Lavorare fa parte dell'azione di seguire Dio e ciò è condizione per essergli fedele>>. Sulla base di tutta una serie di proverbi mouridi come: <<Il lavoro è la chiave del paradiso>> e <<Il lavoro va fatto in libertà perché il mouride ha scelto di servire Dio>> Abdoulaye Wade ha suggerito di interpretare la Mouridiyya come una forma di etica protestante islamica.18 In realtà l'esortazione al lavoro indefesso nei daara, i villaggi agricoli mouridi, appare più che altro come una forma estrema di adattamento alle esigenze economiche e commerciali della dominazione coloniale francese. 15 J. Savishinsky, “The Baye Faal of Senegambia: Muslim Rastas in the Promised Land?”, Africa, IAI, 64,2 , 1994, pp. 211-221. 16 J. Copans, Les Marabouts de l'arachide: la confrérie mouride et les paysans du Sénégal, Le Sycomore, Paris, 1980, p. 176. 17 Ibidem. 18 A. Wade, La Doctrine économique du Mouridisme, Collection Culture et Développement, Dakar, 1970. 7 Tuttavia non si può non notare come nella società tradizionale wolof proprio il lavoro agricolo fosse un fattore fondamentale di integrazione sociale, tanto che la concezione del lavoro tra i discepoli mouridi, lungi dall'apparire rivoluzionaria, è invece ricalcata proprio sul diritto consuetudinario wolof, di cui sono testimonianza ancora oggi le innumerevoli associazioni tradizionali di lavoro collettivo diffuse in tutta la Senegambia, dallo Waloo al Cayor, dal Baol al Saloum, come il kompin, il kamba, il santaane, il dimboli e il nadante. Inoltre in queste peculiari colonie agricole dette daara si è verificato un processo di intensa e convulsa wolofizzazione, processo che proseguirà negli anni a venire in tutti i maggiori centri urbani senegalesi e che rappresenterà la principale caratteristica socio-culturale del Senegal contemporaneo. Allo stesso tempo il daara viene identificato come il simbolo della massiccia emigrazione mouride verso Oriente, pensiamo alla colonizzazione di stampo epico delle cosiddette "terre nuove" del deserto del Ferlo.19 La conquista del Ferlo, sia detto per inciso, rappresenta la testimonianza più inconfutabile del dinamismo dell'Ordine mouride e della sorprendente capacità di adattamento e di mobilità territoriale dell'etnia wolof. Sono stati proprio i daara, in epoca coloniale come post-coloniale, la principale fonte di ricchezza per una gerarchia marabuttica improduttiva basata sul latifondismo. Se tuttavia, in epoca coloniale, i marabutti mouridi potevano essere considerati responsabili della scarsa scolarizzazione dei loro discepoli e di una certa resistenza culturale verso le innovazioni tecnologiche, nel corso degli anni Settanta il volto della confraternita mouride subisce una trasformazione profonda. L'artefice indiscusso di una Mouridiyya che rompe con un passato reazionario di assoluta sottomissione verso il potere politico è senz'altro il Khalifa Abdou Lahat M'Backé, il successore di Falilou M'Backé, il Califfo che aveva appoggiato senza esitazioni e tentennamenti la politica di Senghor, consentendone a lungo la stabilità istituzionale. Infatti per oltre un ventennio l'egemonia del califfato di Falilou M'Backé sulle masse rurali analfabete dell'hinterland rurale si era rivelata assoluta e il suo ndigel (l'indicazione tassativa di voto) del tutto cogente. Con Lahat M'Backé si inaugura una strategia culturale diversa, tesa a modificare l'immagine stereotipata di una Mouridiyya eterodossa e fanatica e a ripristinare una purezza dottrinale all'insegna di un processo di arabizzazione sempre più intenso e fagocitante. Senza alcun dubbio la tariqa mouride da confraternita tipicamente rurale si è brillantemente trasformata, nel corso degli ultimi vent'anni, in un Ordine eminentemente urbano e profondamente coinvolto nella dinamica socio-politica nazionale. Questo sorprendente cambiamento rappresenta la migliore testimonianza della innegabile capacità di reazione della tariqa mouride di fronte a ogni mutamento storico-sociale. Inoltre, Abdou Lahat M'Backé è emerso prepotentemente quanto sorprendentemente come il difensore e il protettore delle masse rurali, come il rappresentante, se non addirittura il 19 P. Pélissier, Les Paysans du Sénégal. Les civilisations agraires du Cayor à la Casamance, Fabrègue-Saint-Yrieux, 8 portavoce, del cosiddetto "malessere contadino" di fronte allo Stato. Anche questa trasformazione è stata tanto profonda da far definire la nuova Mouridiyya dal suo più grande studioso Donal Cruise O'Brien come: <<Il primo sindacato agricolo dell'Africa indipendente>>.20 Infine negli ultimi decenni il grande pellegrinaggio a Touba, il Magal, è divenuto sempre più il simbolo dell'unità e dell'identità mouride e contemporaneamente il simbolo dell'intensa politicizzazione mouride come del nazionalismo wolof.21 Come noto, il Califfo durante il Magal si rivolge ai fedeli con un discorso che da sempre è stato considerato come il manifesto pubblico del programma socio-politico della Mouridiyya. Ovviamente per la maggioranza dei discepoli mouridi il pellegrinaggio nella città santa di Touba sostituisce l'Hajj alla Mecca. Proprio da questo centro religioso del Baol si è dipanato un vero e proprio messianismo mouride, tutto incentrato sul personaggio carismatico di Ahmadou Bamba, non alieno da forme di proselitismo veemente e intimamente legato a un processo, come abbiamo visto, ormai irreversibile di wolofizzazione. Infatti questa tariqa che nasce come una società a carattere prettamente transetnico è divenuta, ormai nel tempo, la massima espressione del nazionalismo wolof. D'altronde proprio il Califfo più volte ricordato Lahat M'Backé era solito pronunciare sempre i suoi sermoni in lingua wolof e mai in francese o in arabo, sermoni sensibili ai valori etici della filosofia morale wolof come allo stesso tempo sensibili verso una cultura sufi da sempre sospettosa e diffidente nei confronti dell'autorità costituita. Un Ordine sufi dai volti cangianti: la Tijaniyya Passiamo ora alla descrizione dei fondamenti religiosi di un altro grande Ordine mistico dall'importanza indiscussa nel panorama senegalese: la Tijaniyya.22 Un'agiografia sconfinata avvolge la vita esemplare del fondatore al-Tijani e la sua principale biografia, il Jawahir al-Ma'ani, diffusissima tra i fedeli tijani, è considerata come verità rivelata. Infatti, secondo la dottrina tijani, il fondatore della confraternita avrebbe ricevuto l'influsso divino direttamente dal Profeta Muhammad, senza nessuna altra intermediazione. Proprio i grandi Santi tijani possono stabilire un 1966. 20 Cit. in C. Coulon, op.cit., 1982, p. 266.; D.B. Cruise O'Brien, A Versatile Charism. The Mouride Brotherhood 196775, Archives Européennes de Sociologie, XVIII, 1977, pp. 87-106; p. 106. 21 C. Coulon, "Touba, lieu saint de la confrérie mouride", in M. A. Amir-Moezzi (éd.), Lieux d'islam. Cultes et cultures de l'Afrique à Java, Ed. Autrement, Paris, 1996; C. Gueye, "Touba: les marabouts urbanisants", in M. Bertrand, A. Dubresson (éds.), Petites et moyennes villes d'Afrique Noire, Karthala, Paris, 1997, pp. 179-204. 22 J. Abun-Nasr, The Tijaniyya. A Sufi Order in the Modern World, Oxford University Press, London, 1965; A. M. Samb, Introduction à la tariqah Tidjaniyya ou voie spirituelle de Cheikh Ahmad Tijani, Imprimérie Saint-Paul, Dakar, 1994; J.-L. Triaud, D. Robinson (éds.), La Tijaniyya. Une confrérie musulmane à la conquête de l'Afrique, Karthala, Paris, 2000. 9 contatto personale con il Profeta, non solo in sogno ma anche in stato di veglia. Nella mistica tijani il fondatore della confraternita appare simultaneamente come il Sigillo della santità di Muhammad e il Polo dei Poli, cioè il Qutb al-Aqtab. Grazie al possesso della virtù dell'Isma, l'infallibilità, alTijani, massimo Wali, sarebbe in rapporto a tutti gli altri Santi ciò che Muhammad è in rapporto a tutti gli altri Profeti. Di conseguenza lo wird tijani appare come un'eredità del Profeta e il discepolo che lo conserverà fino alla morte avrà come ricompensa il Paradiso. Al contrario colui che tradirà la tariqa morirà da apostata.23 I discepoli tijani non possono in alcun modo affiliarsi a un'altra tariqa e i Tijani sono convinti di costituire una classe aristocratica nel vasto ambito degli Ordini mistici; si reputano coloro che sono stati prescelti da Dio. Dal punto di vista liturgico due preghiere rivestono un valore mistico tutto particolare: la Salat al-Fatiha e la Jawaharat al-Kamal. La tradizione tijani vuole che la prima sia discesa dal cielo sotto forma di tavoletta luminosa e che lo stesso Muhammad avrebbe rivelato a al-Tijani la sua efficacia ineguagliabile nella remissione dei peccati. Questa preghiera viene formulata circa 200 volte al giorno dai fedeli. La seconda preghiera, La Perla della perfezione, viene recitata secondo la consuetudine per 12 volte dopo la Shahada.24 Questa orazione dal grande valore simbolico ha una valenza tutta particolare, nella misura in cui l'affabulazione vuole che all'inizio della settima recitazione lo stesso Profeta, accompagnato dai quattro Califfi ben guidati, discenda invisibile nell'assemblea degli oranti e resti con loro fino alla fine del rito. Dopo aver brevemente descritto le caratteristiche generali dell'Ordine, vediamone ora la configurazione specifica nell'universo sufi senegalese. Il personaggio fondamentale della Tijaniyya senegalese è stato, senza ombra di dubbio, al-Hajj Malik Sy, Serigne di origine toucouleur di Dagana ad oriente di Saint-Louis, insigne studioso e versatile scrittore. Sfortunatamente delle sue numerose opere poco è stato tradotto e molto è andato smarrito, tuttavia la sua predicazione sembrava essere incentrata sulla necessità di mitigare la rigida stratificazione sociale e sulla condanna dei "marabutti-impostori" che sfruttavano la credulità popolare e divenivano, di conseguenza, il simbolo di un Sufismo oscurantista. Grazie a Malik Sy, soprannominato il Mawdo, il Patriarca, la confraternita si diffuse rapidamente all'inizio del XX secolo dapprima nel Cayor, poi nello Waloo sul basso Senegal e, infine, nella stessa Casamance. La branca tijani di Malik Sy sviluppò una vera e propria ideologia della collaborazione con il potere coloniale; così scrive Abdoullahi Bara Diop, autore di eccellenti monografie sulla società wolof: "Il ruolo della collaborazione prima con il potere coloniale, poi con lo Stato, sarà una costante della confraternita tijani".25 Un'eccezione vistosa a questo conformismo tijani è rappresentata dall'epopea di al-Hajj 23 I. Marone, "Le Tidjanisme au Sénégal", Bull. IFAN, sér. B, XXXII, I, 1970, pp. 136-215; p.145. A. Piga, “La Hamalliyya di Nioro del Sahel: politica coloniale e identità islamica”, Africa, IsIAO, XLV, 2, 1990, pp. 236-259. 25 A. B. Diop, La Société wolof. Tradition et changement. Les systèmes d’inégalité et de domination, Karthala, Paris, 1981. 24 10 Umar Tal, fautore di un jihad fi sabil Allah contro gli infedeli colonizzatori a cui si deve la diffusione integrale dello wird tijani in tutta la regione settentrionale del Fouta Toro al confine con la Mauritania.26 Il fergo, così come l'egira era definita in lingua fulfulde e nella tradizione futanke, divenne qualcosa di molto simile al passaggio del Mar Rosso per la storia dell'intera Senegambia nel XIX secolo. Un prestigio incommensurabile avrebbe, poi, circondato tutti coloro che avevano seguito Umar Tal nell'egira verso Oriente; la memoria del fergo non si è, in alcun modo, mai spenta lungo le vallate del fiume Senegal. Di questa branca umariana, xenofoba e intollerante, la famosa comunità di Madiina Gunaas nell'Alta Casamance rappresenta oggi l'eredità più visibile; proprio qui, nella regione di Kolda, la dottrina tijani non solo appare più intransigente e fautrice di un islamismo radicale e antioccidentale, ma presenta anche un carattere etnico spiccato nella misura in cui è intimamente legata all'identità etnica toucouleur.27 Tuttavia, la via della riconoscenza, la tariqa as-sukr, nella sua facies senegalese è segnata, nelle sue diverse branche, pur sempre da una intrinseca purezza dottrinale, dalla ricchezza di un corpus liturgico in lingua araba e da un rigore morale e culturale che per molti decenni si è contrapposto al lassismo mouride. La complessa problematica sulla necessità di un'istruzione religiosa rivolta alle masse popolari e non solo ad una élite, appare poi, topos fondamentale nella dottrina di una delle correnti tijani contemporanee più significative e diffuse non solo sul territorio senegalese, ma anche in quasi tutta l'Africa occidentale, cioè la Congregazione della Grazia Tijani. Nel 1931 nella città di Kaolack il Serigne Ibrahim Niasse fonda la Jama'at al-Fayda al-Tijaniyya. La branca di Niasse, denominata anche in modo poetico come 'Yan Kabalu e 'Yan Ahali cioè i Figli del segreto, tende a identificarsi con il dettato della tradizione profetica e millenaristica tijani che evidenzia per ogni secolo un movimento di rinnovamento religioso. Una Tijaniyya eminentemente pacifica quella di Barham Niasse, considerato dai suoi seguaci come il Ghawth al-Zamani, il Soccorso del tempo, titolo sufi che implica un'elezione divina e un legame tutto particolare con Dio. Infatti, Niasse possiede il prezioso dono della Fayda l'infusione della Grazia divina che rappresenta un aspetto centrale nella dottrina soteriologica ed escatologica della tariqa. Non a caso la Fayda in quanto emanazione della Luce divina può essere trasmessa persino alla massa illetterata o semi letterata dei discepoli. Sarà proprio la Grazia divina a garantire ai Niassènes una certa immunità nel 26 M. Ly-Tall, Un Islam militant en Afrique de l'Ouest au XIX siècle. La Tijaniyya de Saïku Umar Futiyu contre les pouvoirs traditionnels et la puissance coloniale, L'Harmattan, Paris, 1991; S. Dieng, El-Hadj Omar. La perle de l’Islam. Réalité historique dimension mystique, Les Nouvelles Editions Africaines du Sénégal, Dakar, 1998; D. Robinson, The Holy War of Umar Tal: the Western Sudan in the Mid-nineteenth century, Clarendon Press, Oxford, 1985. 11 terribile Giorno del Giudizio universale, giorno nel quale, solo grazie al potere salvifico di Ibrahim Niasse, la sua Jama'a non sarà costretta a subire l'interrogatorio dei due angeli Nakir e Mounkar e sarà deposta in Paradiso grazie all'intervento di al-Buraqa, figura tipica della tradizione islamica dal corpo di asino, ali di pavone e spalle da donna, raffigurata nelle miniature del Mira'j il miracoloso viaggio notturno attraverso i sette cieli del Profeta Muhammad fino al cospetto di Dio. L'affabulazione popolare ha trasformato questo animale mitico nel simbolo del potere di intercessione di Ibrahim Niasse, in virtù del quale l'intera comunità potrà giungere in Paradiso e, per giunta, senza Giudizio finale. Di conseguenza la Jama'at al-Fayda viene comunemente considerata la comunità favorita da Dio nell'epoca presente. Inoltre, un ruolo di primo piano è svolto dal concetto di Tarbiyya, l'iniziazione esoterica, alla quale possono accedere tutti i fedeli senza distinzione di sorta, persino analfabeti. Dunque non è solo un'élite ristretta ed aristocratica ad aver diritto alla conoscenza esoterica bensì l'intera massa dei discepoli. Con ciò siamo molto lontani dall'etica della Qadiriyya, confraternita nella quale una simile attitudine sarebbe del tutto inimmaginabile. La Tarbiyya ha in qualche modo preso il posto dell'antica e aulica consuetudine della Khalwa, il ritiro spirituale in solitudine e in ascesi che aveva caratterizzato per secoli la liturgia di molti Ordini mistici.28 Tutti questi elementi insieme hanno contribuito alla diffusione a dir poco straordinaria della Comunità della Grazia in tutto il territorio dell'Africa Occidentale, nel Togo come nel Ghana, nel Ciad come nel Burkina Faso. Ma soprattutto è nella Nigeria settentrionale, in particolare nella metropoli di Kano, che questa confraternita ha conosciuto, sotto il nome di Tijaniyya Riformata, un'espansione senza precedenti e una politicizzazione intensa quanto capillare, soprattutto nel ventennio '50-'70, grazie alla sua alleanza con il Northern Elements Progressive Union (NEPU), il Partito dell'opposizione all'egemonia tradizionale di Sokoto come alla supremazia del Northern People Congress (NPC).29 Senza ombra di dubbio l'ideologia pacifista e panafricana è alla radice di questo successo spettacolare al di là dei confini nazionali. Una confraternita su base etnica: i Layennes della Penisola del Capo Verde 27 Y. Wane, "Ceerno Muhammadou Sayid Baa ou le soufisme intégral de Madiina Gunaas (Sénégal)", Cahiers d'Etudes Africaines, XIX, 56, 1974, pp. 651-670. 28 J. L. Triaud, "Khalwa and the career of sainthood: an interpretative essay", in D. B. Cruise O'Brien, C. Coulon (eds.), Charisma and Brotherhood in African Islam, Clarendon Press, Oxford, 1988, pp. 53-66. 29 J. Paden, Religion and Political Culture in Kano, University of California Press, Berkeley, 1973; R. Loimeier, "Islamic Reform and Political Change. The Example of Abubakar Gumi and the Yan Izala Movement in Northern Nigeria", in D. Westerlund, E. Evers Rosander (eds.), African Islam and Islam in Africa. Encounters between Sufis and Islamists, Hurst, London, 1997. 12 Con la tariqa minore dei Layennes siamo, più che altro, di fronte a un movimento religioso a carattere spiccatamente etnico e nazionalista che affonda le sue radici nella costituzione nella Penisola del Capo Verde, alla fine del XVIII secolo, della cosiddetta "Repubblica Lebou", indipendente dal vicino regno del Cayor.30 Fondata da un pescatore illetterato, Seydina Limamou Laye, la confraternita è stata messa all'indice per lungo tempo a causa di tutta una serie di usanze eterodosse che ne inficiavano pesantemente l'ortodossia religiosa. Infatti, ancora in epoca coloniale, i Layennes non solo praticavano una poligamia illimitata, non solo non si recavano in pellegrinaggio alla Mecca ma persino le prescrizioni rituali relative al mese di Ramadan rivestivano un carattere meramente facoltativo. Inoltre, a lungo nel tempo i Layennes hanno rappresentato il simbolo di una confraternita autenticamente africana, imbevuta di sincretismo, nella misura in cui non venivano intaccate minimamente le cerimonie a trance tipiche del culto Ndoep e nella misura in cui il fondatore, taumaturgo e facitore di miracoli, era oggetto di una vera e propria antropolatria.31 Eppure, proprio questa confraternita ha subito negli anni '70 e ancor di più negli anni '80, una trasformazione radicale nel segno di un'ortodossia sempre più rigorosa ed è stata oggetto di un'interpretazione intellettualistica, a dir poco sorprendente, di una sconcertante modernità. Infatti, dalle risonanze escatologiche legate alla dimensione mahdista, non dimentichiamo che Limamou Laye era solito autoproclamarsi il Mahdi tanto atteso, dalla carica rivoluzionaria e sovversiva che fatalmente ogni Mahdi rappresenta, emergerà una corrente di pensiero tesa ad identificare il Profeta lebou con il dodicesimo Imam nascosto della tradizione sciita. Sarà proprio durante gli anni del Califfato di Seydina Issa Laye, dal 1972 al 1987, che fiorirà, sull'onda lunga della Rivoluzione iraniana, un interesse particolare verso le venature millenaristiche della tariqa layenne. Tra l'altro, molti aspetti della predicazione di Limamou Laye, rivestono proprio nell'epoca contemporanea una sorprendente attualità, dalla critica alla rigida stratificazione castale wolof-lebou alla fiducia nell'eguaglianza tra gli uomini, dalla proibizione del tabacco e dell'alcool fino alla percezione drammatica della disgregazione morale indotta dal processo inesorabile dell'occidentalizzazione. Di conseguenza, questa confraternita, un tempo del tutto trascurabile a causa di una notevole esiguità numerica, di un flebile corpus dottrinale e di una debole dimensione politica, è riuscita negli ultimi decenni a conoscere una grande diffusione soprattutto nel mondo giovanile, grazie all'abile propaganda dell'Associazione Farlu Cidine Ji del Serigne Osseymou Laye, a sconfiggere il suo tradizionale isolamento e a tessere fitte relazioni diplomatiche con l'influente Ordine della Mouridiyya. Durante gli anni '80, questo Ordine sufi, considerato ormai il simbolo dell'etnicità lebou, è divenuto, per eccellenza, l'intercessore e il 30 A. Sylla, "Une République africaine au XIX siècle (1795-1857)", Présence Africaine, 1-2, 1955, pp. 47-65. A Sylla, Les Prophètes Seydina Limamou le Mahdi et Seydina Issa Rouhou Lahi, Imprimérie Saint-Paul, Dakar, 1992. 31 13 difensore dei diritti e degli interessi fondiari dell'etnia lebou, l'etnia autoctona del Capo Verde, nei confronti del governo in carica.32 Nel contesto di questo recente dinamismo un ruolo non trascurabile è svolto dai numerosi pellegrinaggi nei luoghi santi di Cambérène, Yoff e Gorée, villaggi che costituiscono una sorta di territorio sacralizzato all'interno della Penisola del Capo Verde e che vedono allo stesso tempo una partecipazione femminile tanto incisiva e determinante da poter parlare di un islam al femminile nell'ambito degli Ordini sufi senegalesi. Conclusioni In definitiva, la confraternita nell'Africa a sud del Sahara ha rappresentato a lungo non solo il modello privilegiato di conversione all' islam ma anche il simbolo di un islam autenticamente africano, disgiunto, per quanto possibile, dalla classica matrice araba. Nell'epoca contemporanea siamo di fronte a una situazione diametralmente diversa. Tutte, o quasi, le confraternite sono sottoposte a un processo di intensa arabizzazione dal punto di vista linguistico e culturale; lo stesso avviene nella società civile nella misura in cui l'Arabia Saudita, l'Egitto, lo Yemen, il Kuwait, la Libia e persino gli Emirati del Golfo finanziano in modo massiccio istituti scolastici e centri culturali al fine di diffondere la conoscenza della lingua araba tra le masse popolari. In particolare, nel Senegal sono i movimenti fondamentalisti quali gli Al-Falah e gli Ibadou Rahman che, attraverso una spettacolare azione capillare, aprono scuole di lingua araba in tutte le sterminate periferie della capitale, da Grand Yoff a Guédiawaye, da Dagoudane-Pikine a Dalifort. Se poi la Tijaniyya, per tradizione, era e resta una Tariqa arabizzante, persino la Mouridiyya in questi ultimi anni grazie al centro di studi di Touba nel Baol e persino gli stessi Layennes hanno deciso di costituire nel loro stesso seno una classe di marabutti letterati e arabizzanti. Una seconda annotazione si impone, in una qual certa misura collegata alla precedente. I confini, un tempo rigidi e netti fra Ordini sufi e movimenti wahhabiti sono oggi divenuti fluidi, se non talora addirittura labili. Innumerevoli sono le "passerelle" lanciate fra i diversi movimenti come sosteneva René Otayek già nel 199333. Inoltre, la rivalità aspra e perniciosa fra le due maggiori confraternite, la Tijaniyya e la Mouridiyya, tipica degli anni '70-'80, appartiene ormai a un lontano passato. Le accuse di eterodossia e di attività illecite pronunciate più volte dai discepoli tijani contro i taalibe mouridi si sono ormai stemperate nel tempo, grazie anche al volto sempre più ortodosso assunto dalla confraternita mouride. Restano, comunque, importanti differenze dottrinali fra le due maggiori confraternite: troppo diversa la 32 C. Laborde, La Confrérie layenne et les lebous du Sénégal, I.E.P., Bordeaux, 1995. R. Otayek "Des nouveaux intellectuels musulmans d'Afrique noire", in R.Otayek (éd.) Le Radicalisme islamique au sud du Sahara, Karthala, Paris,1993, pp.7-18 33 14 concezione relativa allo statuto del Serigne e ai diritti-doveri del discepolo. Né tanto meno la Mouridiyya può riconoscere alla Tijaniyya l'assoluta egemonia spirituale che essa rivendica de iure, né la norma tijani per cui ogni Khalifa tijani è automaticamente superiore a qualsivoglia Califfo mouride. Eppure, la situazione attuale è una situazione di grande collaborazione e di rispetto reciproco fra i diversi Ordini mistici. Importante in questo senso è stata la personalità del grande Califfo tijani Abdoul Aziz Sy che si è sempre dichiarato contro lo spettro della fitna, la discordia e la divisione, in tutti i suoi numerosi sermoni diretti alla nazione senegalese. Persino l'AEMUD, l'associazione a carattere fondamentalista degli studenti universitari di Dakar, esprime abitualmente e pubblicamente il suo appoggio all'attuale Califfo mouride, Serigne Saliou; persino gli Ibadou e gli stessi Al-Falah mostrano un grande rispetto verso la figura carismatica di Ahmadou Bamba come verso Thierno Mountaga Tall, Califfo della branca Umariana. In questo contesto, in parte segnato dall'ambiguità, appare talora difficile classificare con un' etichetta precisa questo o quel movimento. Così, ad esempio, l'identità degli al-Mustarshiddin, movimento tijani che ha giocato un ruolo non indifferente nella politica senegalese durante il decennio cruciale '80-'90, appare quanto mai criptica e sfuggente. Questo movimento di massa, rivolto soprattutto ai giovani, e sensibile al discorso islamista contemporaneo, è stato fortemente influenzato dal pensiero riformista come dal pathos della rivoluzione iraniana. In realtà i Mustarshiddin si considerano gli eredi spirituali del Califfo Ababacar Sy e giudicano il loro movimento una vera e propria Zawiya tijani. D'altronde i discepoli Mustarshiddin sono soliti iniziare e terminare le loro sedute collegiali del giovedì sera proprio con la recitazione del Taissir , poema in arabo del fondatore della Tijaniyya senegalese Malik Sy contenente i novantanove nomi di Dio. Questo movimento che in altri aspetti incarna perfettamente la Da'wa, l'appello all'islam, tipico del radicalismo contemporaneo, sfugge dunque ad ogni tassonomia tradizionale e rappresenta, forse più di ogni altro, la sintesi, nel passato inimmaginabile, fra istanze riformiste e misticismo islamico. Da un'attitudine iniziale unicamente culturale e religiosa, la Da'irat al-Mustarshiddin è passata a un coinvolgimento sempre più profondo e dialettico con il potere costituito. In breve, da una politica di collaborazione costante con il governo di Abdou Diouf, nel 1993 ex abrupto Moustapha Sy, il Responsabile morale del movimento, passa improvvisamente all'opposizione con il famoso e sconcertante discorso di Thiès34. Le conseguenze saranno gravissime e per molti anni i Mustarshiddin saranno messi al bando e perseguitati anche se negli ultimi anni sono ricomparsi sulla scena politica. In definitiva, gli Ordini sufi in Senegal hanno subito trasformazioni profonde legate alle vicissitudini politiche ed economiche del Paese. Dalla devozione fanatica dei Mouridi verso i loro marabutti (in realtà ne resta ancora una forte traccia nella frangia liminale dei Baye Fall ), si è 15 passati a una relazione più duttile, più pragmatica e intrisa di una certa libertà di movimento e di pensiero totalmente inimmaginabile fino agli anni '70. Oggi, secondo Villalon, l'affiliazione a una Tariqa non è che una delle molteplici strategie di sopravvivenza35. Anche se l'interpretazione dello studioso portoghese ci sembra troppo radicale, indubbiamente non possiamo non riconoscere che l'etica e l'ideologia delle confraternite in Senegal si è sviluppata di pari passo con l'evolversi della società civile verso un processo di sempre maggiore presa di coscienza dei propri diritti-doveri religiosi come politici e civili. Appendice bibliografica Ci sembra doveroso,alla fine di questa relazione, proporre una breve digressione sulle pubblicazioni ad opera solo di intellettuali senegalesi inerenti alla dinamica politico-religiosa nel Senegal contemporaneo, proprio per poter meglio percepire la ricchezza, la polifonia e la poliedricità di una letteratura tutta autoctona che si interroga con passione sulle sorti del proprio Paese,sorti, sia detto per inciso ,drammatiche dal punto di vista economico. Se il filosofo Souleymane Bachir Diagne ci regala un'analisi raffinata del pensiero di Muhammad Iqbal nel 2001, già nel 1998 lo storico Samba Dieng aveva pubblicato: El Hadj Omar. La Perle de l'Islam réalité historique dimension mystique, aggiungendo cosi un ulteriore tassello alla conoscenza ormai consolidata, dopo la monografia impareggiabile di David Robinson, dell'epopea umariana.36 Lo stesso famoso storico Mamadou Diouf, prima di emigrare anche lui ahimé verso gli Stati Uniti dopo Mohammed Mbodj e lo stesso Bachir Diagne, aveva redatto, dapprima nel quadro della famosa Ecole de Dakar, fondata da Boubacar Barry, una preziosa monografia sul regno 34 O.Kane, L.A.Villalon, "Entre Confrérisme réformisme et islamisme. Les Mustarshidin du Sénégal" in Islam et Sociétés au sud du Sahara, 9, 1995, pp.119-201 35 L.A. Villalon, Islamic Society and State Power in Senegal. Disciples and Citizens in Fatick, Cambridge University Press, 1995 36 S.B.Diagne, Islam et société ouverte. La fidélité et le mouvement dans la pensée de Muhammad Iqbal, Maisonneuve et Larose, Paris,2001; S.Dieng, El-Hadj Omar. La perle de l'Islam. Réalité historique dimension mystique, Les Nouvelles Editions Africaines du Sénégal ,Dakar,1998; D.Robinson, The Holy War of Umar Tal;the Western Sudan in the mid-nineteenth Century ,Clarendon Press, Oxford, trad. franc. La Guerre sainte d'Al Hajj Umar. Le Soudan Occidental au milieu du XIX siècle, Karthala, Paris,1988 16 precoloniale del Cayor e ,poi, una Histoire du Sénégal a carattere propriamente etno-storico, data alle stampe a Parigi nel 200137. Ma è soprattutto nel quadro degli studi storico-religiosi che la produzione diviene quasi fagocitante con il susseguirsi di numerosi testi sui Layennes ad opera di Assane Sylla, con la traduzione esemplare di Khadim Mbacké, islamologo dell'IFAN, l'Institut Fondamental d'Afrique Noire di Dakar, della biografia di Ahmadou Bamba, con il testo provocatorio Destinée du Mouridisme di Madike Wade, testo emblematico del militantismo aggressivo della nuova generazione mouride raccolta intorno al movimento detto Hizbou Tarquiyya38. Nel contesto degli studi sulla Tijaniyya un'importanza davvero eccezionale riveste il testo soffuso di lirismo e di spiritualità del Muqaddam tijani Amadou Makhtar Samb39. Sempre nell'ambito della produzione letteraria sulla confraternita tijani come non ricordare Cheikh Ibrahima Sall dei Niassènes di Guédiawaye, il Serigne venerato della zawiya detta Madinatoul Houda, che ha pubblicato di recente due libri impregnati della purezza dottrinale della Tariqa-madre e allo stesso tempo incentrati sulla concezione tutta niassène della Fayda, la Grazia divina?40 Non solo, le conferenze dei grandi marabutti sono ormai,quasi regolarmente, raccolte e pubblicate, come dimostra il successo editoriale riscosso dai sermoni del Serigne Sam Mbaye della Mouridiyya come anche dalle prescrizioni e dagli ammonimenti socio-giurici del famoso Serigne di Saint-Louis, Madior Cissé41 .Persino gli Imam fondamentalisti neo-wahhabiti che si sono inesorabilmente allontanati dalla tradizione lunga dell'islam, la tradizione quietista del compromesso con l'autorità costituita ,non fanno che inondare il mercato con libelli spesso diretti contro l'Occidente e contro il degrado dei costumi, oppure con saggi fantasmagorici sulla fine del mondo e sul tanto paventato Giorno del Giudizio Universale, saggi, inutile dirlo, che ruotano intorno alle molteplici interpretazioni possibili di quella che è stata definita da Louis Massignon come "l'Apocalissi dell'Islam", cioè la Sura della Caverna,la XVIII Sura del Corano42.Un esempio mirabile in tal senso è rappresentato dal volumetto intitolato Aakhirouz Zamaan ad opera di un Imam molto noto,l'Imam 37 B.Barry, La Sénégambie du XV ème au XIX siècle. Traite négrière Islam et conquete coloniale, L'Harmattan,Paris,1988; M.Diouf, Histoire du Sénégal. Le modèle islamo-wolof et ses périphéries, Maisonneuve et Larose,Paris,2001; M.Diouf, Le Kajoor au XIX ème siècle. Pouvoir ceddo et conquete coloniale, Karthala,Paris,1990 38 A.Sylla,Les Prophètes Seydina Limamou Le Mahdi et Seydina Issa Rouhou Lahi, Imprimérie Saint-Paul, Dakar; S:B:Mbacké, Les Bienfaits de l'eternel ou la biographie de Cheikh Ahmadou Bamba Mbacké, trad. di Khadim Mbacké, Imprimérie Saint-Paul,Dakar,1995; M.Wade, Destinée du Mouridisme, Cote West Informatique, Dakar,1987 39 A.M.Samb, Introduction à la tariqah Tidjaniyya ou voie spirituelle de Cheikh Ahmed Tidjani, Imprimérie Saint-Paul, Dakar,l994 40 Ch.I.Sall, Le Guide du parfait Tijani aspirant à la perfection, Les Editions Al-Bouraq, Beyrouth-Liban, 1999; Ch.I.Sall, La Prophétie la Sainteté et leurs fruits, Les Editions Al-Bouraq, Beyrouth-Liban, 2001 41 P.Sall (éd.), Les Grandes conférences islamiques de Serigne Sam Mbaye, Dakar, 1998;A.Cissé (éd.),Musulmans pouvoir et société d'après les dits et écrits de Son Eminence Serigne Madior Cissé, L'Harmattan,Paris-Montréal,1998 42 L.Massignon, "Les "Septs Dormants". Apocalypse de l'Islam" in Opera Minora, PUF, Paris 1969 17 Ahmadou Makhtar Kanté della Moschea dell'AEMUD, l'Association des Etudiants Musulmans de l'Université de Dakar43. Tuttavia,accanto a questa vivace letteratura a sfondo religioso e apologetico, si fa strada sempre di più una letteratura a carattere prettamente storico-politologico che ha in Momar Coumba Diop, sociologo dell'IFAN,il suo più autorevole interprete. A partire dal 1990, anno della pubblicazione con Mamadou Diouf di un'opera ormai classica, Le Sénégal sous Abdou Diouf, Momar Coumba Diop ha diretto una serie impressionante di volumi collettanei sulla società senegalese vista attraverso i suoi più disparati aspetti,economici,politici,sociali,religiosi e, persino, ecologici e psicologici44. Si susseguono,uno dopo l'altro, a un ritmo sostenuto, Trajectoires d'un Etat nel 1992 e nel 1994 Le Sénégal et ses voisins fino alla trilogia che appare quasi in contemporanea nel 2002: Le Sénégal contemporain, La Construction de l'Etat au Sénégal con Donal Cruise O'Brien e Mamadou Diouf e l'ultimo volume,appena uscito, La Société sénégalaise entre le local et le global, tutti testi editi dalla prestigiosa casa editrice Karthala di Parigi45. Sempre presso la stessa casa editrice nella collana diretta da Jean Copans stanno inoltre per essere pubblicati altri due libri che arricchiranno di molto la nostra conoscenza sul Senegal di oggi; si tratta della monografia sulla città di Touba,la capitale della Mouridiyya,ad opera del geografo Cheikh Gueye e di un testo di sociologia urbana sull'incidenza della povertà nei diversi quartieri di Dakar, testo frutto di una lunga ed articolata ricerca sul campo ad opera del sociologo dell'IFAN , Abdou Salam Fall. Tuttavia,come fa acutamente notare Momar Coumba Diop , gli intellettuali senegalesi non devono dimenticare l'apporto di studiosi europei quali Vincent Monteil, Paul Pélissier, Donal Cruise O'Brien, Christian Coulon, Jean Copans, Jean Schmitz, Lucy Creevey-Behrman, David Robinson, Charles Becker, Léonard Villalon, Eva Evers-Rosander, per non citare che i più noti. Fiorisce oggi, tra Dakar e Saint-Louis,le due capitali intellettuali del Paese,una scuola di pensiero tutta senegalese che talora sembra volersi opporre con determinazione alla "ingerenza" della ricerca scientifica straniera, Vorrei perciò terminare con le parole coraggiose di Momar Coumba Diop:" Le débat sur le Sénégal n'est pas l'affaire des seuls Sénégalais car la production des connaissances sur ce pays n'a jamais été et ne sera jamais leur affaire exclusive"46.Un invito fermo,dunque, rivolto a studiosi di ogni nazionalità a unire le loro forze nel delineare le problematiche socio-culturali di un Paese che da sempre nell'Africa occidentale è stato considerato il simbolo del multipartitismo e che 43 A:M:Kanté, Aakhirouz Zamaan. De ce qui annonce l'heure, Presses de la Sénégalaise de l'Imprimérie, Dakar, 2001 M.C.Diop, M.Diouf, Le Sénégal sous Abdou Diouf. Etat et Société, Karthala, Paris,1990 45 M.C.Diop (éd.), Sénégal. Trajectoires d'un Etat, Karthala-CODESRIA,Dakar,1992; M:C:Diop, Le Sénégal et ses voisins,Sociétés Espaces Temps, Dakar,1994 ; M.C.Diop (éd.), Le Sénégal contemporain, Karthala, Paris,2002; D.Cruise O'Brien,M:C:Diop,M:Diouf , La Construction de l'Etat au Sénégal, Karthala,Paris,2002; M.C.Diop (éd.), La Société sénégalaise entre le local et le global, Karthala,Paris,2002 46 M.C.Diop "Regards croisés sur le Sénéal. Un essai de biographie" in M.C.Diop (éd) La Société sénégalaise entre le local et le global, Karthala, Paris pp.9-25; pp.24-25 44 18 ora con il Sopi di Wade viene giudicato l'emblema della capacità di rinnovamento democratico, di un'alternanza al potere civile e matura alla quale non poco i grandi Marabutti hanno contribuito nella misura in cui non hanno più imposto ai loro discepoli lo Ndiguel, l'ordine tassativo di voto, sul quale si erano costruite le fortune di Senghor e di Abdou Diouf47. 47 A.Piga, op.cit 2000 pp.351-361 19