un excursus storico

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un excursus storico
Adriana Piga, Università di Roma
ORDINI
SOUFI
A
CONFRONTO
NEL
CONTEMPORANEO: UN EXCURSUS STORICO
SENEGAL
Relazione presentata al Convegno internazionale Il ruolo del Sufismo e delle confraternite
musulmane nell’islam contemporaneo. Un’alternativa all’islam politico?, Torino, 20-21-22
novembre 2002
Premessa
Nelle vaste regioni del Sahel, dal sud della Mauritania fino al lago Ciad, dal Senegal al Mali,
dal Burkina Faso al Niger, la diffusione dell'islam è stata, in larga parte, conseguenza del
proselitismo infaticabile degli Ordini mistici al punto che, attualmente, la professione di fede è
divenuta virtualmente sinonimo di adesione ad un Ordine mistico o, come spesso accade, di
affiliazione contemporanea a diverse confraternite. Tutto ciò rende la confraternita un polo di
eccezionale attrazione socio-religiosa nelle culture africane e spiega il suo ruolo del tutto prioritario
nel processo di conversione all'islam, processo che caratterizza la dinamica culturale nell'epoca
attuale in quasi tutta l'Africa a sud del Sahara.1
Tuttavia il successo del Sufismo in Africa ha una matrice meno eclatante, ma non per questo
meno significativa; infatti il misticismo postula sempre una critica implicita, talora anche esplicita,
del potere costituito. È proprio il tasawwuf a suscitare una diffidenza corrosiva verso coloro che
detengono il potere temporale, da sempre inclini ad allearsi con la scolastica dei dotti Ulamâ, i
giureconsulti di corte. Questo ruolo di "partito di opposizione" dell'islam popolare, che coincide
fondamentalmente con l'islam degli Ordini mistici, si è dipanato drammaticamente proprio nel
contesto storico del Senegal precoloniale.2 Il Sufismo, pur nell'ambivalenza che ha talora
contrassegnato i suoi rapporti col potere costituito, ha sempre significato in ogni luogo e in ogni
epoca storica la possibilità concreta di mettere in discussione lo sfarzo delle corti, i sistemi di
tassazione esosi e impietosi, la corruzione dell'aristocrazia al governo. Del resto, l'adesione ad una
tariqa dissimula non di rado la protesta politica sotto le spoglie del linguaggio religioso. Nell'Africa
1
G. Nicolas, Dynamique de l’Islam au sud du Sahara, Publications Orientalistes de France, Paris, 1981; M. Hiskett,
The Development of Islam in West-Africa, Longman, London, 1984.
2
A. Piga, Dakar e gli ordini sufi. Processi socioculturali e sviluppo urbano nel Senegal contemporaneo, Bagatto Libri,
Roma, 2000; ed. franc. Dakar et les ordres soufis. Processus socioculturels et développement urbain au Sénégal
contemporain, L'Harmattan, Paris, 2001.
1
sub-sahariana, al di là di molteplici e mirabili esempi di spiritualità sufi come nel caso esemplare di
Cerno Bokar Saalif Taal,3 non si può disconoscere all'etica e all'ideologia del tasawwuf una valenza
politica innegabile, tutta tesa a difendere un'identità popolare talora calpestata, talora più
banalmente marginalizzata prima dall'amministrazione coloniale e poi dagli Stati neo-coloniali.4
<<Nel Senegal si è spesso taalibe (discepoli) di un marabutto prima di essere cittadini di uno
Stato>>, affermava nel 1982 il noto politologo Christian Coulon, autore di una eccellente
monografia sul Sufismo senegalese: Le Marabout et le prince. Islam et pouvoir au Sénégal5.
L’islam è, infatti, in Senegal una realtà di massa ; si calcola che all’incirca l’85% della popolazione
sia di fede musulmana e che ben l'80% dei fedeli sia membro di una confraternita. Un islam sufi,
dunque, che annovera tra gli Ordini mistici più influenti la Tijaniyya, la Mouridiyya, tariqa,
esclusivamente senegalese, la Qadiriyya e, in misura minore, i Layennes e l'Hamalliyya.
La religiosità popolare islamica nel corso degli anni ’90 come durante i primi anni del 2000
appare al suo apice; i fastosi pellegrinaggi nei luoghi santi di Touba per i fedeli muridi, di
Tivaouane per i discepoli tijani, di Cambérène per i Layennes e di N’Diasane per i taalibe qadiri
radunano non più migliaia ma addirittura milioni di fedeli; nei mercati di Dakar al Sandaga,
Colobane e Tilène si commerciano incessantemente ritratti e genealogie ricamate dei Santi,
fondatori dei diversi Ordini sufi; in ogni negozio, in ogni bottega, in ogni abitazione campeggiano
le immagini dei grandi Khalifa tijani e muridi. Sono soprattutto i giovani, wolof come toucouleur,
serer come peul, poi, a gremire le sedute notturne di canto e recitazione salmodiata delle qasida, i
poemi di Ahmadou Bamba, il fondatore della Mouridiyya, sedute che si rivelano particolarmente
suggestive specie durante le lunghe notti del mese sacro del Ramadan. D'altronde persino i campus
universitari si mostrano incredibilmente recettivi nei confronti di una propaganda religiosa sempre
più martellante, di fronte a un misticismo tanto onnipresente da cristallizzarsi ora nell’affollamento
impressionante delle moschee, ora in un’osservanza sempre più rigorosa delle prescrizioni rituali.
Un islam tanto dilagante da concretizzarsi ora in una pressione culturale e finanziaria araba sempre
più imponente, si pensi, per inciso, al grandioso progetto del Kïng Faisal Social and Cultural
Center, ora nel proliferare di innumerevoli e attivissime associazioni islamiche di solidarietà e di
mutuo soccorso, ora nella diffusione e nell’influenza in ambito urbano di movimenti sociali di largo
respiro come gli al-Falah e gli Ibadou Rahman diffusi a Dakar come a Kaolack, a Thiès come a
Fatick.
3
L. Brenner, West African Sufi. The Religious Heritage and Spiritual Search of Cerno Bokar Saalif Taal, Hurst,
London, 1984.
4
D. Robinson, J. L. Triaud (éds.), Le Temps des marabouts. Itinéraires et stratégies islamiques en Afrique occidentale
française v. 1880-1960, , Karthala, Paris. 1997.
2
La rivalità tra le due maggiori confraternite, la Mouridiyya e la Tijaniyya, aspra e tenace
negli anni passati, la dinamica cangiante e talora imprevedibile delle loro relazioni con il potere
statuale, l’attuale collaborazione lungimirante e fruttuosa sia tra di esse come nei confronti del
governo in carica, hanno designato più che mai come protagonisti della scena politica gli influenti
Ordini sufi. Mai come nel Sufismo senegalese si è concretizzato in tutta la sua pienezza il famoso
comandamento di al-Shadili, fondatore di una delle confraternite di maggior rilievo nell’Africa
settentrionale: <<Obbedisci al tuo Shaykh prima di obbedire all’autorità temporale>>. Nel Senegal,
Paese in cui l'autorità e l'influenza politica delle confraternite non hanno equivalenti rispetto ad ogni
altra nazione dell'Africa a sud del Sahara, l'islam marabuttico e popolare è contraddistinto poi da
una capacità sorprendente di adattamento ai mutamenti sociali, economici e politici, tanto da
rappresentare un referente primario nella dialettica religiosa e socio-politica contemporanea.
La confraternita più antica: la Qadiriyya
Ma osserviamo ora, da vicino, la diffusione storica dei diversi Ordini sufi nonché le loro
principali caratteristiche socio-culturali La confraternita più antica è senz'altro la Qadiriyya che
tuttavia non ha mai conosciuto sul territorio senegalese una grande importanza né ha mai ricoperto
il ruolo politico attivo della Tijaniyya come della Mouridiyya. Fondata da Sidi Muhammad Abd alJilani (1079-1166), wali celebrato da un culto agiografico sconfinato che ne esalta il grande potere
taumaturgico, la sua diffusione è in gran parte il frutto del proselitismo dei berberi Sanhaja, in
particolare dei chierici itineranti detti Kunta arabizzati e arabofoni, di presunta discendenza
coreiscita. Nel 1400 Sidi Ali al-Kunti si afferma come Qutb cioè Asse-Polo della Qadiriyya, ma,
soprattutto verso la metà del XV secolo, Ahmad al-Bakkai, colui che si rattrista al pensiero dei
peccati umani, ottiene l'ambitissimo titolo onorifico di al-Qutb al-Kamil, l'Asse perfetto. Non a caso
sarà proprio la dottrina mistica della Qadiriyya a elaborare l'ideologia dell'Insan al-Kamil, l'Uomo
perfetto e dell'Afdal al-Khalq, la Creazione più eccellente, il tutto naturalmente nel contesto di una
venerazione assoluta e esaltante verso la figura del Profeta Muhammad.6 Sarà poi nel corso del
XVIII secolo lo wali Sidi al-Mukhtar al-Kabir al-Kunti (1729-1811) a rappresentare la guida
spirituale della confraternita qadiri in tutta l'Africa centro- occidentale e , sotto la sua egida, i
chierici Kunta si sono rivelati i fautori di una mirabile sintesi tra il diritto e il misticismo, tra il fiqh
e il tasawwuf, fra la giurisprudenza e il Sufismo ,sintesi da una parte misconosciuta dall'islam
5
C. Coulon, Le Marabout et le prince. Islam et pouvoir au Sénégal, Pédone, Paris, 1981; "Construction étatique et
action islamique au Sénégal", in O. Carré (éd.), L'Islam et l'Etat dans le monde d'aujourd'hui, PUF, Paris, 1982, pp.
258-70; p. 264.
6
M. Hiskett, op. cit. 1984, p. 50; p. 245.
3
medio-orientale e dall'altra lontana dalle esigenze della religiosità popolare.7 Dunque, a partire dal
famoso giureconsulto di Tlemcen Muhammad Abd al-Karim al-Maghili, l'ortodossia assoluta della
confraternita qadiri si è mantenuta e cristallizzata nel tempo fino a giungere all'epoca coloniale,
epoca nella quale, invece, la confraternita viene ad essere, proprio nel Senegal, progressivamente
marginalizzata a favore delle due nuove confraternite della Mouridiyya e della Tijaniyya.
Attualmente, quasi solo la zawiya kunta di N'Diasene nel Cajor può essere considerata come un
importante centro di influenza politico-religiosa , altrove la dispersione sul territorio delle zawiye
qadiri appare politicamente debole e risente soprattutto nel Fouta Toro, la regione settentrionale al
confine con la Mauritania, della straordinaria diffusione a macchia d'olio avuta dalla Tijaniyya nel
XIX secolo. Siamo dunque di fronte ad una situazione particolare e atipica, nella misura in cui in
vaste regioni dell'Africa a sud del Sahara, dal Mali al Niger fino alla Nigeria settentrionale è proprio
la Qadiriyya a rappresentare l'Ordine sufi più diffuso e influente.In particolare, nel caso specifico
del Senegal, la Qadiriyya è Ordine scarsamente popolare fra le masse rurali sia per le sue
caratteristiche di confraternita dotta, élitaria e arabizzante, sia per il legame di natura sinallagmatica
fra identità qadiri e identità etnica maura, legame profondamente inviso, per molteplici ragioni
storiche, alla popolazione senegalese Dal punto di vista dottrinale e socio-religioso, nell'opera alGunya, La Sufficienza, ad opera del fondatore della confraternita, si esalta l'assoluta passività del
discepolo nelle mani del proprio marabutto, discepolo che è tenuto a non contrastare mai, in alcun
modo, i desideri della propria guida spirituale; pur tuttavia i taalibe qadiri possono, senza problemi,
prestare giuramento di fedeltà e di sottomissione a diversi marabutti contemporaneamente. Infine
non dobbiamo né possiamo sottovalutare il ruolo storico di confraternita-madre di una Qadiriyya,
austera e conservatrice, che ha influenzato in modo determinante tutta una serie di Ordini sufi
successivi, in particolar modo la Mouridiyya di Ahmadou Bamba, sulla quale soffermeremo ora la
nostra attenzione.
Etica del lavoro e nazionalismo wolof nella Mouridiyya
Ahmadou Bamba, il fondatore della Mouridiyya, confraternita squisitamente senegalese,
nacque e visse in un contesto familiare drammaticamente segnato dalle vicissitudini storiche dei
regni wolof pre-coloniali; fu infatti profondamente influenzato sia dal celebre personaggio di Lat
Dior, l'eroe della resistenza wolof alla conquista coloniale francese sulla falsariga della mitologia
popolare sia dall'epopea di Ma Ba, il marabutto guerriero che islamizzò con le armi tutta la regione
del Siine Saloum. La consuetudine amara con la sofferenza e la morte determinò in Ahmadou
7
C. C. Stewart, E. K. Stewart, Islam and Social Order in Mauritania. A Case Study from the Nineteenth Century,
4
Bamba un netto diniego verso il jihad, la guerra santa, e allo stesso tempo una propensione ferma e
severa verso una vita intrisa di preghiera, di meditazione e di raccoglimento nella miglior tradizione
dello zuhd, l'intima essenza del misticismo sufi. Perseguitato a lungo dall'amministrazione coloniale
sempre più preoccupata per l'entusiasmo debordante e la devozione quasi farneticante che
circondavano la sua persona, Bamba fu esiliato in un primo momento nel Gabon e in un secondo
momento nella Mauritania. In realtà fra il 1886 e il 1912 le relazioni tra le autorità coloniali e
Bamba erano state senza dubbio complesse e ambigue, avvolte da un'ostilità quasi inconscia e
segnate da pregiudizi viscerali. L'amministrazione coloniale era a dir poco disorientata
dall'atteggiamento tipicamente sufi di Bamba intriso di distacco e di disinteresse verso il potere
costituito, tanto che la sua ritrosia a collaborare con gli stranieri infedeli veniva interpretata come un
segno premonitore di una guerra santa contro gli Europei.8
Tuttavia dal 1912 in poi il governo coloniale francese muta radicalmente il suo
atteggiamento nei confronti dello Shaykh sufi fino al punto di insignirlo nel 1918 addirittura della
croce della Legione d'onore, massima onorificenza francese. In verità Ahmadou Bamba, definito da
Louis Dumont come l'apostolo della non violenza, è stato il marabutto che più di ogni altro in
Senegal ha esaltato il jihad al-Nafs, cioè la lotta senza limiti contro i propri vizi e le proprie
impurità in nome di una progressiva purificazione della propria anima, di conseguenza Bamba si
pronuncia nettamente contro il jihad fi sabil Allah, cioè la guerra santa contro gli infedeli in favore
di un discorso di tipo spirituale, pedagogico, impregnato del vero tasawwuf teso all'acquisizione
delle virtù cardinali propedeutiche allo stato di wilaya, la santità.9 Questo suo Sufismo minimale,
lontano dalle raffinate diatribe teologiche e tutto incentrato sull'imitazione del Profeta Muhammad10
in quanto modello etico esemplare
si riscontra, a tutto tondo, nelle sue numerose opere
moraleggianti: le cosiddette qasida in lingua araba, poemi paragonabili alle odi, ai salmi, alle laudi
medievali, ma soprattutto poemi moraleggianti a carattere popolare e rivolti in particolare alle
masse giovanili. In queste opere ricche di afflato poetico e lirico tra le quali ricordiamo la più
famosa la Masalik al-Jinan, Gli Itinerari del Paradiso, si delinea un misticismo più affettivo che
speculativo e teso all'amore infinito verso Dio e al culto verso il suo Profeta Muhammad, culto che
costituisce la pietra miliare del misticismo tipico della Mouridiyya. Proprio questa devozione senza
limiti verso Muhammad, visto come il prototipo dell'Insan al-Kamil, l'Uomo Perfetto attraverso il
quale Dio può manifestarsi ed essere amato, influenza in modo decisivo la relazione duale fra ogni
Clarendon Press, Oxford, 1973.
8
L. Creevey, “Ahmad Bamba 1850-1927”, in J. R. Willis (ed.), Studies in West African Islamic History, 1, The
Cultivators of Islam, Frank Cass, London-Totowa, 1979, pp. 278-307.
9
F. Dumont, La Pensée religieuse d'Amadou Bamba, NEA, Dakar-Abidjan, 1975.
10
Sul culto del Profeta nell'Islam cfr. A. Schimmel, And Muhammad is his Messanger. The Veneration of the Prophet
in Islamic Piety, University of Carolina, Chapel-Hill-London, 1985.
5
marabutto muride e il proprio discepolo. Si attualizza nella Mouridiyya la famosa espressione di alJilani per la quale:<<Il taalibe deve essere come un corpo morto nelle mani del lavatore dei
cadaveri>>.11 La verità scrive Bamba, è unicamente nell'amore nel proprio marabutto, nella fedeltà
assoluta all'insegnamento ricevuto fino al punto che <<piacere a Dio è piacere al proprio Serigne
(marabutto)>>.12 Di conseguenza molti autori soprattutto francesi degli anni Cinquanta hanno
individuato come caratteristica fondamentale della Mouridiyya proprio la delega al marabutto del
complesso dei diritti-doveri religiosi che nell'islam ortodosso rivestono un carattere spiccatamente
individuale. Questi autori come Gouilly, Nekkach, Froelich, Quesnot e Gamble hanno condiviso
un'interpretazione riduttiva della mistica muride, e hanno descritto questa confraternita come una
forma di "vagabondaggio islamico"; addirittura nel 1952 Alphonse Gouilly la definiva con
disprezzo come :<<Una forma aberrante dell'Islam>>13. Molto probabilmente tutti questi autori
sono stati influenzati dalla simbologia particolare dello njebbel, l'atto di sottomissione al proprio
marabutto che riveste nell'ideologia muride un ruolo assolutamente centrale. Grazie allo njebbel, il
novizio si abbandona totalmente nelle mani del marabutto sia materialmente che spiritualmente
pronunciando la formula di rito: <<Io mi sottometto a voi, corpo e anima. Farò tutto ciò che voi mi
domanderete e mi asterrò da tutto ciò che mi proibirete>>.14 Ancora oggi per l'ala estremista muride
detta Baye Fall servire il proprio marabutto rappresenta l'unico scopo della vita del taalibe, nonché
l'unico modo per ottenere il potere taumaturgico della baraka, appannaggio, per antonomasia, dei
grandi marabutti. Sono per l'appunto proprio i Baye Fall a devolvere integralmente al proprio
marabutto ogni obbligo e dovere religioso strettamente personale. Proprio a causa di questa frangia
fanatica e irrefrenabile l'ortodossia della confraternita mouride è stata a lungo, specie nel passato,
aspramente contestata dalla confraternita rivale della Tijaniyya. Epigoni degli antichi ceddo i
potenti schiavi della corona nei regni wolof pre-coloniali, i Baye Fall e soprattutto una loro
minoranza detta Sokha bop formano una comunità eclettica dalle istanze magiche e dedita, non di
rado, a fenomeni di estasi collettiva. Ancora oggi, talora, sulla scia dello stereotipo dei ceddo i
Serigne Baye Fall si permettono di fumare liberamente tabacco e di indulgere nell'uso di alcool,
contravvenendo così in pieno all'etica della tariqa muride.15
Come abbiamo appena visto è soprattutto nella confraternita mouride che l'atteggiamento di
deferenza e di sottomissione dei taalibe verso la classe marabuttica raggiunge il culmine; nella
11
F. Dumont, op.cit., 1975, pp. 90-91.
Si vedano ad esempio le due qasîda, I Catenacci dell'inferno e Felicità per i muridi, in Ibidem, pp. 244-48; 314-21.
13
A.Gouilly, L'Islam dans l'Afrique Occidentale Française, Larose, Paris, 1952, p. 105; F. Dumont, op. cit., 1975, pp.
92-93.
14
D. B. Cruise O'Brien, "Le Talibé mouride: étude d'un cas de dépendance sociale", Cahiers d'Etudes Africaines, IX,
35, 1969, pp. 502-507; X, 1970, pp. 562-578; p. 565; The Mourides of Senegal: the Political and Economical
Organisation of a Senegalese Peasant Society, Clarendon Press, Oxford, 1971.
12
6
Mouridiyya il discepolo si sente senza Dio se non ha un proprio marabutto e contemporaneamente
un marabutto senza discepoli non è nulla. Questa reciprocità personale, condizionata anche
dall'influenza dell'antica confraternita della Khalwatiyya, è del tutto assoluta. Non a caso al
discepolo muride è richiesta un'obbedienza senza riserve verso il proprio Serigne, una sottomissione
senza limiti, un riconoscimento acritico della sua insindacabile autorità. Nella relazione tra mourid e
murshid, la guida spirituale, il potere carismatico del marabutto e il tessuto clientelare che
informava e in parte informa ancora oggi l'intera struttura sociale si completano a vicenda. Da una
parte il carisma sacralizza la relazione di clientela come sostiene Jean Copans, autore di una celebre
monografia sulla Mouridiyya16, dall'altra la relazione clientelare rende tangibile e materializza il
legame carismatico, come vedremo tra poco nell'analisi delle valenze socio-economiche proprie
della Mouridiyya in epoca coloniale e post-coloniale.
Per molti anni, infatti, gli interessi dei grandi marabutti mouridi vennero a coincidere
perfettamente con le aspettative dell'amministrazione coloniale francese nel promuovere ad oltranza
l'espansione della coltura arachidiera.17 Grazie a una sapiente organizzazione del lavoro agricolo, i
Serigne avevano reso altamente remunerativa la commercializzazione dell'oleaginosa. Per
l'amministrazione coloniale prima come per il governo neo-coloniale poi, l'organizzazione mouride
aveva costituito la soluzione in assoluto meno costosa per la produzione arachidiera, mentre
l'ideologia del lavoro aveva rafforzato a dismisura l'unità della confraternita fino a farne uno Stato
nello Stato. In definitiva, la struttura mediatrice dell'Ordine sufi aveva reso compatibile l'economia
di mercato con la struttura sociale tradizionale e ne aveva favorito in modo determinante
l'inserzione nell'economia capitalistica. Dunque la tariqa mouride appare come la prima
confraternita ad aver sistematizzato la finalità religiosa del lavoro agricolo; ricordiamo a questo
proposito le due massime famose che informano l'etica mouride del lavoro; la prima recita:
<<Lavorare è uno dei comportamenti dello schiavo di Dio>>, e la seconda recita: <<Lavorare fa
parte dell'azione di seguire Dio e ciò è condizione per essergli fedele>>. Sulla base di tutta una serie
di proverbi mouridi come: <<Il lavoro è la chiave del paradiso>> e <<Il lavoro va fatto in libertà
perché il mouride ha scelto di servire Dio>> Abdoulaye Wade ha suggerito di interpretare la
Mouridiyya come una forma di etica protestante islamica.18 In realtà l'esortazione al lavoro
indefesso nei daara, i villaggi agricoli mouridi, appare più che altro come una forma estrema di
adattamento alle esigenze economiche e commerciali della dominazione coloniale francese.
15
J. Savishinsky, “The Baye Faal of Senegambia: Muslim Rastas in the Promised Land?”, Africa, IAI, 64,2 , 1994, pp.
211-221.
16
J. Copans, Les Marabouts de l'arachide: la confrérie mouride et les paysans du Sénégal, Le Sycomore, Paris, 1980,
p. 176.
17
Ibidem.
18
A. Wade, La Doctrine économique du Mouridisme, Collection Culture et Développement, Dakar, 1970.
7
Tuttavia non si può non notare come nella società tradizionale wolof proprio il lavoro agricolo fosse
un fattore fondamentale di integrazione sociale, tanto che la concezione del lavoro tra i discepoli
mouridi, lungi dall'apparire rivoluzionaria, è invece ricalcata proprio sul diritto consuetudinario
wolof, di cui sono testimonianza ancora oggi le innumerevoli associazioni tradizionali di lavoro
collettivo diffuse in tutta la Senegambia, dallo Waloo al Cayor, dal Baol al Saloum, come il
kompin, il kamba, il santaane, il dimboli e il nadante. Inoltre in queste peculiari colonie agricole
dette daara si è verificato un processo di intensa e convulsa wolofizzazione, processo che
proseguirà negli anni a venire in tutti i maggiori centri urbani senegalesi e che rappresenterà la
principale caratteristica socio-culturale del Senegal contemporaneo. Allo stesso tempo il daara
viene identificato come il simbolo della massiccia emigrazione mouride verso Oriente, pensiamo
alla colonizzazione di stampo epico delle cosiddette "terre nuove" del deserto del Ferlo.19 La
conquista del Ferlo, sia detto per inciso, rappresenta la testimonianza più inconfutabile del
dinamismo dell'Ordine mouride e della sorprendente capacità di adattamento e di mobilità
territoriale dell'etnia wolof. Sono stati proprio i daara, in epoca coloniale come post-coloniale, la
principale fonte di ricchezza per una gerarchia marabuttica improduttiva basata sul latifondismo. Se
tuttavia, in epoca coloniale, i marabutti mouridi potevano essere considerati responsabili della
scarsa scolarizzazione dei loro discepoli e di una certa resistenza culturale verso le innovazioni
tecnologiche, nel corso degli anni Settanta il volto della confraternita mouride subisce una
trasformazione profonda. L'artefice indiscusso di una Mouridiyya che rompe con un passato
reazionario di assoluta sottomissione verso il potere politico è senz'altro il Khalifa Abdou Lahat
M'Backé, il successore di Falilou M'Backé, il Califfo che aveva appoggiato senza esitazioni e
tentennamenti la politica di Senghor, consentendone a lungo la stabilità istituzionale. Infatti per
oltre un ventennio l'egemonia del califfato di Falilou M'Backé sulle masse rurali analfabete
dell'hinterland rurale si era rivelata assoluta e il suo ndigel (l'indicazione tassativa di voto) del tutto
cogente. Con Lahat M'Backé si inaugura una strategia culturale diversa, tesa a
modificare
l'immagine stereotipata di una Mouridiyya eterodossa e fanatica e a ripristinare una purezza
dottrinale all'insegna di un processo di arabizzazione sempre più intenso e fagocitante. Senza alcun
dubbio la tariqa mouride da confraternita tipicamente rurale si è brillantemente trasformata, nel
corso degli ultimi vent'anni, in un Ordine eminentemente urbano e profondamente coinvolto nella
dinamica socio-politica nazionale. Questo sorprendente cambiamento rappresenta la migliore
testimonianza della innegabile capacità di reazione della tariqa mouride di fronte a ogni mutamento
storico-sociale. Inoltre, Abdou Lahat M'Backé è emerso prepotentemente quanto sorprendentemente
come il difensore e il protettore delle masse rurali, come il rappresentante, se non addirittura il
19
P. Pélissier, Les Paysans du Sénégal. Les civilisations agraires du Cayor à la Casamance, Fabrègue-Saint-Yrieux,
8
portavoce, del cosiddetto "malessere contadino" di fronte allo Stato. Anche questa trasformazione è
stata tanto profonda da far definire la nuova Mouridiyya dal suo più grande studioso Donal Cruise
O'Brien come: <<Il primo sindacato agricolo dell'Africa indipendente>>.20 Infine negli ultimi
decenni il grande pellegrinaggio a Touba, il Magal, è divenuto sempre più il simbolo dell'unità e
dell'identità mouride e contemporaneamente il simbolo dell'intensa politicizzazione mouride come
del nazionalismo wolof.21 Come noto, il Califfo durante il Magal si rivolge ai fedeli con un discorso
che da sempre è stato considerato come il manifesto pubblico del programma socio-politico della
Mouridiyya. Ovviamente per la maggioranza dei discepoli mouridi il pellegrinaggio nella città santa
di Touba sostituisce l'Hajj alla Mecca. Proprio da questo centro religioso del Baol si è dipanato un
vero e proprio messianismo mouride, tutto incentrato sul personaggio carismatico di Ahmadou
Bamba, non alieno da forme di proselitismo veemente e intimamente legato a un processo, come
abbiamo visto, ormai irreversibile di wolofizzazione. Infatti questa tariqa che nasce come una
società a carattere prettamente transetnico è divenuta, ormai nel tempo, la massima espressione del
nazionalismo wolof. D'altronde proprio il Califfo più volte ricordato Lahat M'Backé era solito
pronunciare sempre i suoi sermoni in lingua wolof e mai in francese o in arabo, sermoni sensibili ai
valori etici della filosofia morale wolof come allo stesso tempo sensibili verso una cultura sufi da
sempre sospettosa e diffidente nei confronti dell'autorità costituita.
Un Ordine sufi dai volti cangianti: la Tijaniyya
Passiamo ora alla descrizione dei fondamenti religiosi di un altro grande Ordine mistico
dall'importanza indiscussa nel panorama senegalese: la Tijaniyya.22 Un'agiografia sconfinata
avvolge la vita esemplare del fondatore al-Tijani e la sua principale biografia, il Jawahir al-Ma'ani,
diffusissima tra i fedeli tijani, è considerata come verità rivelata. Infatti, secondo la dottrina tijani, il
fondatore della confraternita avrebbe ricevuto l'influsso divino direttamente dal Profeta
Muhammad, senza nessuna altra intermediazione. Proprio i grandi Santi tijani possono stabilire un
1966.
20
Cit. in C. Coulon, op.cit., 1982, p. 266.; D.B. Cruise O'Brien, A Versatile Charism. The Mouride Brotherhood 196775, Archives Européennes de Sociologie, XVIII, 1977, pp. 87-106; p. 106.
21
C. Coulon, "Touba, lieu saint de la confrérie mouride", in M. A. Amir-Moezzi (éd.), Lieux d'islam. Cultes et cultures
de l'Afrique à Java, Ed. Autrement, Paris, 1996; C. Gueye, "Touba: les marabouts urbanisants", in M. Bertrand, A.
Dubresson (éds.), Petites et moyennes villes d'Afrique Noire, Karthala, Paris, 1997, pp. 179-204.
22
J. Abun-Nasr, The Tijaniyya. A Sufi Order in the Modern World, Oxford University Press, London, 1965; A. M.
Samb, Introduction à la tariqah Tidjaniyya ou voie spirituelle de Cheikh Ahmad Tijani, Imprimérie Saint-Paul, Dakar,
1994; J.-L. Triaud, D. Robinson (éds.), La Tijaniyya. Une confrérie musulmane à la conquête de l'Afrique, Karthala,
Paris, 2000.
9
contatto personale con il Profeta, non solo in sogno ma anche in stato di veglia. Nella mistica tijani
il fondatore della confraternita appare simultaneamente come il Sigillo della santità di Muhammad e
il Polo dei Poli, cioè il Qutb al-Aqtab. Grazie al possesso della virtù dell'Isma, l'infallibilità, alTijani, massimo Wali, sarebbe in rapporto a tutti gli altri Santi ciò che Muhammad è in rapporto a
tutti gli altri Profeti. Di conseguenza lo wird tijani appare come un'eredità del Profeta e il discepolo
che lo conserverà fino alla morte avrà come ricompensa il Paradiso. Al contrario colui che tradirà la
tariqa morirà da apostata.23 I discepoli tijani non possono in alcun modo affiliarsi a un'altra tariqa e
i Tijani sono convinti di costituire una classe aristocratica nel vasto ambito degli Ordini mistici; si
reputano coloro che sono stati prescelti da Dio. Dal punto di vista liturgico due preghiere rivestono
un valore mistico tutto particolare: la Salat al-Fatiha e la Jawaharat al-Kamal. La tradizione tijani
vuole che la prima sia discesa dal cielo sotto forma di tavoletta luminosa e che lo stesso Muhammad
avrebbe rivelato a al-Tijani la sua efficacia ineguagliabile nella remissione dei peccati. Questa
preghiera viene formulata circa 200 volte al giorno dai fedeli. La seconda preghiera, La Perla della
perfezione, viene recitata secondo la consuetudine per 12 volte dopo la Shahada.24 Questa orazione
dal grande valore simbolico ha una valenza tutta particolare, nella misura in cui l'affabulazione
vuole che all'inizio della settima recitazione lo stesso Profeta, accompagnato dai quattro Califfi ben
guidati, discenda invisibile nell'assemblea degli oranti e resti con loro fino alla fine del rito.
Dopo aver brevemente descritto le caratteristiche generali dell'Ordine, vediamone ora la
configurazione specifica nell'universo sufi senegalese. Il personaggio fondamentale della Tijaniyya
senegalese è stato, senza ombra di dubbio, al-Hajj Malik Sy, Serigne di origine toucouleur di
Dagana ad oriente di Saint-Louis, insigne studioso e versatile scrittore. Sfortunatamente delle sue
numerose opere poco è stato tradotto e molto è andato smarrito, tuttavia la sua predicazione
sembrava essere incentrata sulla necessità di mitigare la rigida stratificazione sociale e sulla
condanna dei "marabutti-impostori" che sfruttavano la credulità popolare e divenivano, di
conseguenza, il simbolo di un Sufismo oscurantista. Grazie a Malik Sy, soprannominato il Mawdo,
il Patriarca, la confraternita si diffuse rapidamente all'inizio del XX secolo dapprima nel Cayor, poi
nello Waloo sul basso Senegal e, infine, nella stessa Casamance. La branca tijani di Malik Sy
sviluppò una vera e propria ideologia della collaborazione con il potere coloniale; così scrive
Abdoullahi Bara Diop, autore di eccellenti monografie sulla società wolof: "Il ruolo della
collaborazione prima con il potere coloniale, poi con lo Stato, sarà una costante della confraternita
tijani".25 Un'eccezione vistosa a questo conformismo tijani è rappresentata dall'epopea di al-Hajj
23
I. Marone, "Le Tidjanisme au Sénégal", Bull. IFAN, sér. B, XXXII, I, 1970, pp. 136-215; p.145.
A. Piga, “La Hamalliyya di Nioro del Sahel: politica coloniale e identità islamica”, Africa, IsIAO, XLV, 2, 1990, pp.
236-259.
25
A. B. Diop, La Société wolof. Tradition et changement. Les systèmes d’inégalité et de domination, Karthala, Paris,
1981.
24
10
Umar Tal, fautore di un jihad fi sabil Allah contro gli infedeli colonizzatori a cui si deve la
diffusione integrale dello wird tijani in tutta la regione settentrionale del Fouta Toro al confine con
la Mauritania.26 Il fergo, così come l'egira era definita in lingua fulfulde e nella tradizione futanke,
divenne qualcosa di molto simile al passaggio del Mar Rosso per la storia dell'intera Senegambia
nel XIX secolo. Un prestigio incommensurabile avrebbe, poi, circondato tutti coloro che avevano
seguito Umar Tal nell'egira verso Oriente; la memoria del fergo non si è, in alcun modo, mai spenta
lungo le vallate del fiume Senegal.
Di questa branca umariana, xenofoba e intollerante, la famosa comunità di Madiina Gunaas
nell'Alta Casamance rappresenta oggi l'eredità più visibile; proprio qui, nella regione di Kolda, la
dottrina tijani non solo appare più intransigente e fautrice di un islamismo radicale e antioccidentale, ma presenta anche un carattere etnico spiccato nella misura in cui è intimamente legata
all'identità etnica toucouleur.27
Tuttavia, la via della riconoscenza, la tariqa as-sukr, nella sua facies senegalese è segnata, nelle sue
diverse branche, pur sempre da una intrinseca purezza dottrinale, dalla ricchezza di un corpus
liturgico in lingua araba e da un rigore morale e culturale che per molti decenni si è contrapposto al
lassismo mouride.
La complessa problematica sulla necessità di un'istruzione religiosa rivolta alle masse popolari e
non solo ad una élite, appare poi, topos fondamentale nella dottrina di una delle correnti tijani
contemporanee più significative e diffuse non solo sul territorio senegalese, ma anche in quasi tutta
l'Africa occidentale, cioè la Congregazione della Grazia Tijani.
Nel 1931 nella città di Kaolack il Serigne Ibrahim Niasse fonda la Jama'at al-Fayda al-Tijaniyya.
La branca di Niasse, denominata anche in modo poetico come 'Yan Kabalu e 'Yan Ahali cioè i Figli
del segreto, tende a identificarsi con il dettato della tradizione profetica e millenaristica tijani che
evidenzia per ogni secolo un movimento di rinnovamento religioso. Una Tijaniyya eminentemente
pacifica quella di Barham Niasse, considerato dai suoi seguaci come il Ghawth al-Zamani, il
Soccorso del tempo, titolo sufi che implica un'elezione divina e un legame tutto particolare con Dio.
Infatti, Niasse possiede il prezioso dono della Fayda l'infusione della Grazia divina che rappresenta
un aspetto centrale nella dottrina soteriologica ed escatologica della tariqa. Non a caso la Fayda in
quanto emanazione della Luce divina può essere trasmessa persino alla massa illetterata o semi
letterata dei discepoli. Sarà proprio la Grazia divina a garantire ai Niassènes una certa immunità nel
26
M. Ly-Tall, Un Islam militant en Afrique de l'Ouest au XIX siècle. La Tijaniyya de Saïku Umar Futiyu contre les
pouvoirs traditionnels et la puissance coloniale, L'Harmattan, Paris, 1991; S. Dieng, El-Hadj Omar. La perle de
l’Islam. Réalité historique dimension mystique, Les Nouvelles Editions Africaines du Sénégal, Dakar, 1998; D.
Robinson, The Holy War of Umar Tal: the Western Sudan in the Mid-nineteenth century, Clarendon Press, Oxford,
1985.
11
terribile Giorno del Giudizio universale, giorno nel quale, solo grazie al potere salvifico di Ibrahim
Niasse, la sua Jama'a non sarà costretta a subire l'interrogatorio dei due angeli Nakir e Mounkar e
sarà deposta in Paradiso grazie all'intervento di al-Buraqa, figura tipica della tradizione islamica dal
corpo di asino, ali di pavone e spalle da donna, raffigurata nelle miniature del Mira'j il miracoloso
viaggio notturno attraverso i sette cieli del Profeta Muhammad fino al cospetto di Dio.
L'affabulazione popolare ha trasformato questo animale mitico nel simbolo del potere di
intercessione di Ibrahim Niasse, in virtù del quale l'intera comunità potrà giungere in Paradiso e, per
giunta, senza Giudizio finale. Di conseguenza la Jama'at al-Fayda viene comunemente considerata
la comunità favorita da Dio nell'epoca presente. Inoltre, un ruolo di primo piano è svolto dal
concetto di Tarbiyya, l'iniziazione esoterica, alla quale possono accedere tutti i fedeli senza
distinzione di sorta, persino analfabeti. Dunque non è solo un'élite ristretta ed aristocratica ad aver
diritto alla conoscenza esoterica bensì l'intera massa dei discepoli. Con ciò siamo molto lontani
dall'etica della Qadiriyya, confraternita nella quale una simile attitudine sarebbe del tutto
inimmaginabile. La Tarbiyya ha in qualche modo preso il posto dell'antica e aulica consuetudine
della Khalwa, il ritiro spirituale in solitudine e in ascesi che aveva caratterizzato per secoli la
liturgia di molti Ordini mistici.28 Tutti questi elementi insieme hanno contribuito alla diffusione a
dir poco straordinaria della Comunità della Grazia in tutto il territorio dell'Africa Occidentale, nel
Togo come nel Ghana, nel Ciad come nel Burkina Faso. Ma soprattutto è nella Nigeria
settentrionale, in particolare nella metropoli di Kano, che questa confraternita ha conosciuto, sotto il
nome di Tijaniyya Riformata, un'espansione senza precedenti e una politicizzazione intensa quanto
capillare, soprattutto nel ventennio '50-'70, grazie alla sua alleanza con il Northern Elements
Progressive Union (NEPU), il Partito dell'opposizione all'egemonia tradizionale di Sokoto come
alla supremazia del Northern People Congress (NPC).29 Senza ombra di dubbio l'ideologia pacifista
e panafricana è alla radice di questo successo spettacolare al di là dei confini nazionali.
Una confraternita su base etnica: i Layennes della Penisola del Capo Verde
27
Y. Wane, "Ceerno Muhammadou Sayid Baa ou le soufisme intégral de Madiina Gunaas (Sénégal)", Cahiers d'Etudes
Africaines, XIX, 56, 1974, pp. 651-670.
28
J. L. Triaud, "Khalwa and the career of sainthood: an interpretative essay", in D. B. Cruise O'Brien, C. Coulon (eds.),
Charisma and Brotherhood in African Islam, Clarendon Press, Oxford, 1988, pp. 53-66.
29
J. Paden, Religion and Political Culture in Kano, University of California Press, Berkeley, 1973; R. Loimeier,
"Islamic Reform and Political Change. The Example of Abubakar Gumi and the Yan Izala Movement in Northern
Nigeria", in D. Westerlund, E. Evers Rosander (eds.), African Islam and Islam in Africa. Encounters between Sufis and
Islamists, Hurst, London, 1997.
12
Con la tariqa minore dei Layennes siamo, più che altro, di fronte a un movimento religioso a
carattere spiccatamente etnico e nazionalista che affonda le sue radici nella costituzione nella
Penisola del Capo Verde, alla fine del XVIII secolo, della cosiddetta "Repubblica Lebou",
indipendente dal vicino regno del Cayor.30 Fondata da un pescatore illetterato, Seydina Limamou
Laye, la confraternita è stata messa all'indice per lungo tempo a causa di tutta una serie di usanze
eterodosse che ne inficiavano pesantemente l'ortodossia religiosa. Infatti, ancora in epoca coloniale,
i Layennes non solo praticavano una poligamia illimitata, non solo non si recavano in
pellegrinaggio alla Mecca ma persino le prescrizioni rituali relative al mese di Ramadan rivestivano
un carattere meramente facoltativo. Inoltre, a lungo nel tempo i Layennes hanno rappresentato il
simbolo di una confraternita autenticamente africana, imbevuta di sincretismo, nella misura in cui
non venivano intaccate minimamente le cerimonie a trance tipiche del culto Ndoep e nella misura
in cui il fondatore, taumaturgo e facitore di miracoli, era oggetto di una vera e propria
antropolatria.31 Eppure, proprio questa confraternita ha subito negli anni '70 e ancor di più negli
anni '80, una trasformazione radicale nel segno di un'ortodossia sempre più rigorosa ed è stata
oggetto di un'interpretazione intellettualistica, a dir poco sorprendente, di una sconcertante
modernità. Infatti, dalle risonanze escatologiche legate alla dimensione mahdista, non
dimentichiamo che Limamou Laye era solito autoproclamarsi il Mahdi tanto atteso, dalla carica
rivoluzionaria e sovversiva che fatalmente ogni Mahdi rappresenta, emergerà una corrente di
pensiero tesa ad identificare il Profeta lebou con il dodicesimo Imam nascosto della tradizione
sciita. Sarà proprio durante gli anni del Califfato di Seydina Issa Laye, dal 1972 al 1987, che fiorirà,
sull'onda lunga della Rivoluzione iraniana, un interesse particolare verso le venature millenaristiche
della tariqa layenne. Tra l'altro, molti aspetti della predicazione di Limamou Laye, rivestono
proprio nell'epoca contemporanea una sorprendente attualità, dalla critica alla rigida stratificazione
castale wolof-lebou alla fiducia nell'eguaglianza tra gli uomini, dalla proibizione del tabacco e
dell'alcool fino alla percezione drammatica della disgregazione morale indotta dal processo
inesorabile dell'occidentalizzazione. Di conseguenza, questa confraternita, un tempo del tutto
trascurabile a causa di una notevole esiguità numerica, di un flebile corpus dottrinale e di una
debole dimensione politica, è riuscita negli ultimi decenni a conoscere una grande diffusione
soprattutto nel mondo giovanile, grazie all'abile propaganda dell'Associazione Farlu Cidine Ji del
Serigne Osseymou Laye, a sconfiggere il suo tradizionale isolamento e a tessere fitte relazioni
diplomatiche con l'influente Ordine della Mouridiyya. Durante gli anni '80, questo Ordine sufi,
considerato ormai il simbolo dell'etnicità lebou, è divenuto, per eccellenza, l'intercessore e il
30
A. Sylla, "Une République africaine au XIX siècle (1795-1857)", Présence Africaine, 1-2, 1955, pp. 47-65.
A Sylla, Les Prophètes Seydina Limamou le Mahdi et Seydina Issa Rouhou Lahi, Imprimérie Saint-Paul, Dakar,
1992.
31
13
difensore dei diritti e degli interessi fondiari dell'etnia lebou, l'etnia autoctona del Capo Verde, nei
confronti del governo in carica.32 Nel contesto di questo recente dinamismo un ruolo non
trascurabile è svolto dai numerosi pellegrinaggi nei luoghi santi di Cambérène, Yoff e Gorée,
villaggi che costituiscono una sorta di territorio sacralizzato all'interno della Penisola del Capo
Verde e che vedono allo stesso tempo una partecipazione femminile tanto incisiva e determinante
da poter parlare di un islam al femminile nell'ambito degli Ordini sufi senegalesi.
Conclusioni
In definitiva, la confraternita nell'Africa a sud del Sahara ha rappresentato a lungo non solo il
modello privilegiato di conversione all' islam ma anche il simbolo di un islam autenticamente
africano, disgiunto, per quanto possibile, dalla classica matrice araba. Nell'epoca contemporanea
siamo di fronte a una situazione diametralmente diversa. Tutte, o quasi, le confraternite sono
sottoposte a un processo di intensa arabizzazione dal punto di vista linguistico e culturale; lo stesso
avviene nella società civile nella misura in cui l'Arabia Saudita, l'Egitto, lo Yemen, il Kuwait, la
Libia e persino gli Emirati del Golfo finanziano in modo massiccio istituti scolastici e centri
culturali al fine di diffondere la conoscenza della lingua araba tra le masse popolari. In particolare,
nel Senegal sono i movimenti fondamentalisti quali gli Al-Falah e gli Ibadou Rahman
che,
attraverso una spettacolare azione capillare, aprono scuole di lingua araba in tutte le sterminate
periferie della capitale, da Grand Yoff a Guédiawaye, da Dagoudane-Pikine a Dalifort.
Se poi la Tijaniyya, per tradizione, era e resta una Tariqa arabizzante, persino la Mouridiyya in
questi ultimi anni grazie al centro di studi di Touba nel Baol e persino gli stessi Layennes hanno
deciso di costituire nel loro stesso seno una classe di marabutti letterati e arabizzanti.
Una seconda annotazione si impone, in una qual certa misura collegata alla precedente. I confini, un
tempo rigidi e netti fra Ordini sufi e movimenti wahhabiti sono oggi divenuti fluidi, se non talora
addirittura labili. Innumerevoli sono le "passerelle" lanciate fra i diversi movimenti come sosteneva
René Otayek già nel 199333.
Inoltre, la rivalità aspra e perniciosa fra le due maggiori confraternite, la Tijaniyya e la Mouridiyya,
tipica degli anni '70-'80, appartiene ormai a un lontano passato. Le accuse di eterodossia e di attività
illecite pronunciate più volte dai discepoli tijani contro i taalibe mouridi si sono ormai stemperate
nel tempo, grazie anche al volto sempre più ortodosso assunto dalla confraternita mouride. Restano,
comunque, importanti differenze dottrinali fra le due maggiori confraternite: troppo diversa la
32
C. Laborde, La Confrérie layenne et les lebous du Sénégal, I.E.P., Bordeaux, 1995.
R. Otayek "Des nouveaux intellectuels musulmans d'Afrique noire", in R.Otayek (éd.) Le Radicalisme islamique au
sud du Sahara, Karthala, Paris,1993, pp.7-18
33
14
concezione relativa allo statuto del Serigne e ai diritti-doveri del discepolo. Né tanto meno la
Mouridiyya può riconoscere alla Tijaniyya l'assoluta egemonia spirituale che essa rivendica de iure,
né la norma tijani per cui ogni Khalifa tijani è automaticamente superiore a qualsivoglia Califfo
mouride. Eppure, la situazione attuale è una situazione di grande collaborazione e di rispetto
reciproco fra i diversi Ordini mistici. Importante in questo senso è stata la personalità del grande
Califfo tijani Abdoul Aziz Sy che si è sempre dichiarato contro lo spettro della fitna, la discordia e
la divisione, in tutti i suoi numerosi sermoni diretti alla nazione senegalese.
Persino l'AEMUD, l'associazione a carattere fondamentalista degli studenti universitari di Dakar,
esprime abitualmente e pubblicamente il suo appoggio all'attuale Califfo mouride, Serigne Saliou;
persino gli Ibadou e gli stessi Al-Falah mostrano un grande rispetto verso la figura carismatica di
Ahmadou Bamba come verso Thierno Mountaga Tall, Califfo della branca Umariana. In questo
contesto, in parte segnato dall'ambiguità, appare talora difficile classificare con un' etichetta precisa
questo o quel movimento. Così, ad esempio, l'identità degli al-Mustarshiddin, movimento tijani che
ha giocato un ruolo non indifferente nella politica senegalese durante il decennio cruciale '80-'90,
appare quanto mai criptica e sfuggente. Questo movimento di massa, rivolto soprattutto ai giovani,
e sensibile al discorso islamista contemporaneo, è stato fortemente influenzato dal pensiero
riformista come dal pathos della rivoluzione iraniana. In realtà i Mustarshiddin si considerano gli
eredi spirituali del Califfo Ababacar Sy e giudicano il loro movimento una vera e propria Zawiya
tijani. D'altronde i discepoli Mustarshiddin sono soliti iniziare e terminare le loro sedute collegiali
del giovedì sera proprio con la recitazione del Taissir , poema in arabo del fondatore della Tijaniyya
senegalese Malik Sy contenente i novantanove nomi di Dio. Questo movimento che in altri aspetti
incarna perfettamente la Da'wa, l'appello all'islam, tipico del radicalismo contemporaneo, sfugge
dunque ad ogni tassonomia tradizionale e rappresenta, forse più di ogni altro, la sintesi, nel passato
inimmaginabile, fra istanze riformiste e misticismo islamico. Da un'attitudine iniziale unicamente
culturale e religiosa, la Da'irat al-Mustarshiddin è passata a un coinvolgimento sempre più
profondo e dialettico con il potere costituito. In breve, da una politica di collaborazione costante con
il governo di Abdou Diouf, nel 1993 ex abrupto Moustapha Sy, il Responsabile morale del
movimento, passa improvvisamente all'opposizione con il famoso e sconcertante discorso di
Thiès34. Le conseguenze saranno gravissime e per molti anni i Mustarshiddin saranno messi al
bando e perseguitati anche se negli ultimi anni sono ricomparsi sulla scena politica.
In definitiva, gli Ordini sufi in Senegal hanno subito trasformazioni profonde legate alle
vicissitudini politiche ed economiche del Paese. Dalla devozione fanatica dei Mouridi verso i loro
marabutti (in realtà ne resta ancora una forte traccia nella frangia liminale dei Baye Fall ), si è
15
passati a una relazione più duttile, più pragmatica e intrisa di una certa libertà di movimento e di
pensiero totalmente inimmaginabile fino agli anni '70. Oggi, secondo Villalon, l'affiliazione a una
Tariqa non è che una delle molteplici strategie di sopravvivenza35. Anche se l'interpretazione dello
studioso portoghese ci sembra troppo radicale, indubbiamente non possiamo non riconoscere che
l'etica e l'ideologia delle confraternite in Senegal si è sviluppata di pari passo con l'evolversi della
società civile verso un processo di sempre maggiore presa di coscienza dei propri diritti-doveri
religiosi come politici e civili.
Appendice bibliografica
Ci sembra doveroso,alla fine di questa relazione, proporre una breve digressione sulle pubblicazioni
ad opera solo di intellettuali senegalesi inerenti alla dinamica politico-religiosa nel Senegal
contemporaneo, proprio per poter meglio percepire la ricchezza, la polifonia e la poliedricità di una
letteratura tutta autoctona che si interroga con passione sulle sorti del proprio Paese,sorti, sia detto
per inciso ,drammatiche dal punto di vista economico.
Se il filosofo Souleymane Bachir Diagne ci regala un'analisi raffinata del pensiero di Muhammad
Iqbal nel 2001, già nel 1998 lo storico Samba Dieng aveva pubblicato: El Hadj Omar. La Perle de
l'Islam réalité historique dimension mystique, aggiungendo cosi un ulteriore tassello alla
conoscenza ormai consolidata, dopo la monografia impareggiabile di David Robinson, dell'epopea
umariana.36 Lo stesso famoso storico Mamadou Diouf, prima di emigrare anche lui ahimé verso gli
Stati Uniti dopo Mohammed Mbodj e lo stesso Bachir Diagne, aveva redatto, dapprima nel quadro
della famosa Ecole de Dakar, fondata da Boubacar Barry, una preziosa monografia sul regno
34
O.Kane, L.A.Villalon, "Entre Confrérisme réformisme et islamisme. Les Mustarshidin du Sénégal" in Islam et
Sociétés au sud du Sahara, 9, 1995, pp.119-201
35
L.A. Villalon, Islamic Society and State Power in Senegal. Disciples and Citizens in Fatick, Cambridge University
Press, 1995
36
S.B.Diagne, Islam et société ouverte. La fidélité et le mouvement dans la pensée de Muhammad Iqbal, Maisonneuve
et Larose, Paris,2001; S.Dieng, El-Hadj Omar. La perle de l'Islam. Réalité historique dimension mystique, Les
Nouvelles Editions Africaines du Sénégal ,Dakar,1998; D.Robinson, The Holy War of Umar Tal;the Western Sudan in
the mid-nineteenth Century ,Clarendon Press, Oxford, trad. franc. La Guerre sainte d'Al Hajj Umar. Le Soudan
Occidental au milieu du XIX siècle, Karthala, Paris,1988
16
precoloniale del Cayor e ,poi, una Histoire du Sénégal a carattere propriamente etno-storico, data
alle stampe a Parigi nel 200137.
Ma è soprattutto nel quadro degli studi storico-religiosi che la produzione diviene quasi fagocitante
con il susseguirsi di numerosi testi sui Layennes ad opera di Assane Sylla, con la traduzione
esemplare di Khadim Mbacké, islamologo dell'IFAN, l'Institut Fondamental d'Afrique Noire di
Dakar, della biografia di Ahmadou Bamba, con il testo provocatorio Destinée du Mouridisme di
Madike Wade, testo emblematico del militantismo aggressivo della nuova generazione mouride
raccolta intorno al movimento detto Hizbou Tarquiyya38. Nel contesto degli studi sulla Tijaniyya
un'importanza davvero eccezionale riveste il testo soffuso di lirismo e di spiritualità del Muqaddam
tijani Amadou Makhtar Samb39. Sempre nell'ambito della produzione letteraria sulla confraternita
tijani come non ricordare Cheikh Ibrahima Sall dei Niassènes di Guédiawaye, il Serigne venerato
della zawiya detta Madinatoul Houda, che ha pubblicato di recente due libri impregnati della
purezza dottrinale della Tariqa-madre e allo stesso tempo incentrati sulla concezione tutta niassène
della Fayda, la Grazia divina?40
Non solo, le conferenze dei grandi marabutti sono ormai,quasi regolarmente, raccolte e pubblicate,
come dimostra il successo editoriale riscosso dai sermoni del Serigne Sam Mbaye della Mouridiyya
come anche dalle prescrizioni e dagli ammonimenti socio-giurici del famoso Serigne di Saint-Louis,
Madior Cissé41 .Persino gli Imam fondamentalisti neo-wahhabiti che si sono inesorabilmente
allontanati dalla tradizione lunga dell'islam, la tradizione quietista del compromesso con l'autorità
costituita ,non fanno che inondare il mercato con libelli spesso diretti contro l'Occidente e contro il
degrado dei costumi, oppure con saggi fantasmagorici sulla fine del mondo e sul tanto paventato
Giorno del Giudizio Universale, saggi, inutile dirlo, che ruotano intorno alle molteplici
interpretazioni possibili di quella che è stata definita da Louis Massignon come "l'Apocalissi
dell'Islam", cioè la Sura della Caverna,la XVIII Sura del Corano42.Un esempio mirabile in tal senso
è rappresentato dal volumetto intitolato Aakhirouz Zamaan ad opera di un Imam molto noto,l'Imam
37
B.Barry, La Sénégambie du XV ème au XIX siècle. Traite négrière Islam et conquete coloniale,
L'Harmattan,Paris,1988; M.Diouf, Histoire du Sénégal. Le modèle islamo-wolof et ses périphéries, Maisonneuve et
Larose,Paris,2001; M.Diouf, Le Kajoor au XIX ème siècle. Pouvoir ceddo et conquete coloniale, Karthala,Paris,1990
38
A.Sylla,Les Prophètes Seydina Limamou Le Mahdi et Seydina Issa Rouhou Lahi, Imprimérie Saint-Paul, Dakar;
S:B:Mbacké, Les Bienfaits de l'eternel ou la biographie de Cheikh Ahmadou Bamba Mbacké, trad. di Khadim Mbacké,
Imprimérie Saint-Paul,Dakar,1995; M.Wade, Destinée du Mouridisme, Cote West Informatique, Dakar,1987
39
A.M.Samb, Introduction à la tariqah Tidjaniyya ou voie spirituelle de Cheikh Ahmed Tidjani, Imprimérie Saint-Paul,
Dakar,l994
40
Ch.I.Sall, Le Guide du parfait Tijani aspirant à la perfection, Les Editions Al-Bouraq, Beyrouth-Liban, 1999;
Ch.I.Sall, La Prophétie la Sainteté et leurs fruits, Les Editions Al-Bouraq, Beyrouth-Liban, 2001
41
P.Sall (éd.), Les Grandes conférences islamiques de Serigne Sam Mbaye, Dakar, 1998;A.Cissé (éd.),Musulmans
pouvoir et société d'après les dits et écrits de Son Eminence Serigne Madior Cissé, L'Harmattan,Paris-Montréal,1998
42
L.Massignon, "Les "Septs Dormants". Apocalypse de l'Islam" in Opera Minora, PUF, Paris 1969
17
Ahmadou Makhtar Kanté della Moschea dell'AEMUD, l'Association des Etudiants Musulmans de
l'Université de Dakar43.
Tuttavia,accanto a questa vivace letteratura a sfondo religioso e apologetico, si fa strada sempre di
più una letteratura a carattere prettamente storico-politologico che ha in Momar Coumba Diop,
sociologo dell'IFAN,il suo più autorevole interprete. A partire dal 1990, anno della pubblicazione
con Mamadou Diouf di un'opera ormai classica, Le Sénégal sous Abdou Diouf, Momar Coumba
Diop ha diretto una serie impressionante di volumi collettanei sulla società senegalese vista
attraverso i suoi più disparati aspetti,economici,politici,sociali,religiosi e, persino, ecologici e
psicologici44. Si susseguono,uno dopo l'altro, a un ritmo sostenuto, Trajectoires d'un Etat nel 1992 e
nel 1994 Le Sénégal et ses voisins fino alla trilogia che appare quasi in contemporanea nel 2002: Le
Sénégal contemporain, La Construction de l'Etat au Sénégal con Donal Cruise O'Brien e Mamadou
Diouf e l'ultimo volume,appena uscito, La Société sénégalaise entre le local et le global, tutti testi
editi dalla prestigiosa casa editrice Karthala di Parigi45. Sempre presso la stessa casa editrice nella
collana diretta da Jean Copans stanno inoltre per essere pubblicati altri due libri che arricchiranno di
molto la nostra conoscenza sul Senegal di oggi; si tratta della monografia sulla città di Touba,la
capitale della Mouridiyya,ad opera del geografo Cheikh Gueye e di un testo di sociologia urbana
sull'incidenza della povertà nei diversi quartieri di Dakar, testo frutto di una lunga ed articolata
ricerca sul campo ad opera del sociologo dell'IFAN , Abdou Salam Fall. Tuttavia,come fa
acutamente notare Momar Coumba Diop , gli intellettuali senegalesi non devono dimenticare
l'apporto di studiosi europei quali Vincent Monteil, Paul Pélissier, Donal Cruise O'Brien, Christian
Coulon, Jean Copans, Jean Schmitz, Lucy Creevey-Behrman, David Robinson, Charles Becker,
Léonard Villalon, Eva Evers-Rosander, per non citare che i più noti.
Fiorisce oggi, tra Dakar e Saint-Louis,le due capitali intellettuali del Paese,una scuola di pensiero
tutta senegalese che talora sembra volersi opporre con determinazione alla "ingerenza" della ricerca
scientifica straniera, Vorrei perciò terminare con le parole coraggiose di Momar Coumba Diop:" Le
débat sur le Sénégal n'est pas l'affaire des seuls Sénégalais car la production des connaissances sur
ce pays n'a jamais été et ne sera jamais leur affaire exclusive"46.Un invito fermo,dunque, rivolto a
studiosi di ogni nazionalità a unire le loro forze nel delineare le problematiche socio-culturali di un
Paese che da sempre nell'Africa occidentale è stato considerato il simbolo del multipartitismo e che
43
A:M:Kanté, Aakhirouz Zamaan. De ce qui annonce l'heure, Presses de la Sénégalaise de l'Imprimérie, Dakar, 2001
M.C.Diop, M.Diouf, Le Sénégal sous Abdou Diouf. Etat et Société, Karthala, Paris,1990
45
M.C.Diop (éd.), Sénégal. Trajectoires d'un Etat, Karthala-CODESRIA,Dakar,1992;
M:C:Diop, Le Sénégal et ses voisins,Sociétés Espaces Temps, Dakar,1994 ; M.C.Diop (éd.), Le Sénégal contemporain,
Karthala, Paris,2002; D.Cruise O'Brien,M:C:Diop,M:Diouf , La Construction de l'Etat au Sénégal, Karthala,Paris,2002;
M.C.Diop (éd.), La Société sénégalaise entre le local et le global, Karthala,Paris,2002
46
M.C.Diop "Regards croisés sur le Sénéal. Un essai de biographie" in M.C.Diop (éd) La Société sénégalaise entre le
local et le global, Karthala, Paris pp.9-25; pp.24-25
44
18
ora con il Sopi di Wade viene giudicato l'emblema della capacità di rinnovamento democratico, di
un'alternanza al potere civile e matura alla quale non poco i grandi Marabutti hanno contribuito
nella misura in cui non hanno più imposto ai loro discepoli lo Ndiguel, l'ordine tassativo di voto, sul
quale si erano costruite le fortune di Senghor e di Abdou Diouf47.
47
A.Piga, op.cit 2000 pp.351-361
19