Leoni per agnelli

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Leoni per agnelli
Leoni per agnelli
Catalogazione
F 286
Collocazione
FILMS
Categoria tematica
Giovani e politica - Guerra
Origine
U.S.A.
Anno
2007
Regia
Robert Redford
Principali interpreti
Robert Redford (Dottor Stephen Malley), Meryl Streep (Janine Roth), Tom Cruise
(Senatore Jasper Irving), Michael Peña (Ernest), Derek Luke (Arian), Peter Berg
(Wirey Pink), Andrew Garfield (Todd), John Brently Reynolds (Skinny), Louise Linton
(sig.na M.)
Supporto
DVD
Numero dischi
01
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Matthew Michael Carnahan
Musiche
Mark Isham
Produzione
Matthew Michael Carnahan, Robert Redford, Tracy Falco, Andrew Hauptman per
United Artists, Andell Entertainment e Wildwood Enterprises
Distribuzione
20th Century Fox Italia
Durata – dati tecnici
87 minuti, colore
Lingua audio
Italiano, inglese, spagnolo, polacco
Lingua sottotitoli
Italiano, inglese, spagnolo, polacco
Contenuti extra
Commento del regista Robert Redford - Making of di “Leoni per agnelli”- Dal copione
allo schermo – La storia di United Artists – Trailer d’anteprima di “Leoni per agnelli”Trailer cinematografico di “Leoni per agnelli”-
Trama
Ernest (Michael Peña) ed Arian (Derek Luke) sono due studenti della West Coast
University, che grazie al loro idealista professore Malley (Robert Redford), decidono di
realizzare qualcosa di importante nella loro vita. Malley rimane turbato quando scopre
della loro decisione di unirsi all'esercito degli Stati Uniti per andare in missione in
Afghanistan. Mentre i due giovani combattono per la propria patria, negli Stati Uniti i
destini di tre persone verranno segnati profondamente: il prof. Malley, il senatore Jasper
Irving (Tom Cruise) e la giornalista Janine Roth (Meryl Streep). La trama si svolge in
un'unica giornata, narrando in modo distinto (ma correlato per lo spettatore) l'ambizioso
senatore di Washington, risoluto quanto ambiguo nell'esporre il nuovo piano di guerra
statunitense alla giornalista, un giovane sveglio e capace nel quale il professore di
scienze politiche Malley ripone ambiziose speranze per il futuro della nazione
americana e la giornalista stessa, simbolo di una categoria lavorativa ormai ridotta, in
America, a veicolo propagandistico del governo, nonostante i dubbi che più volte la
assediano nel corso del film riguardo alla sincerità e all'integrità del senatore. Il film è
soprattutto un faccia a faccia tra Tom Cruise e Meryl Streep; l'intervista evidenzia tutte
le contraddizioni dell'America odierna, rivelando il livello di responsabilità di ogni
cittadino americano nella scottante questione della guerra in Afghanistan: la Casa
Bianca è colpevole, il sistema giornalistico è colpevole e perfino un qualunque studente
americano dal carattere brillante (interpretato da Andrew Garfield), che è disincantato
nei confronti del suo paese, cinico nei confronti del futuro e ormai disinteressato a
combattere per il paese. Il bagliore della speranza nel rinnovamento nazionale è visibile
solo negli occhi di Ernest ed Arian, che si rivelano essere vittime del sistema come
leoni, aitanti ed illusi, che vanno a morire in guerra comandati da agnelli in cattedra a
Washington. Un secondo, piccolo faccia a faccia è anche quello tra Todd e il professor
Malley, che cerca di condurre il giovane a prendere una seria decisione per migliorare
la situazione politica del suo paese, confidando nelle sue buone qualità. Il film si chiude
col primo piano di Todd, intrappolato nella sua indecisione: andrà a lezione martedì per
parlare di nuovo col professor Malley e dirgli che vuole spendere tutte le sue capacità
per il paese, oppure resterà a casa a guardare inerte i titoli del telegiornale che parla di
altri due ragazzi americani morti in Afghanistan (ovvero Ernest e Arian)? La risposta a
questo interrogativo è volutamente sospesa, indirizzando in tal modo il film ai giovani
per indurli a riflettere in modo critico su quanto stiano facendo in concreto per
modificare o migliorare le cose nel loro paese. Un film politico, capace di suscitare
riflessioni d'ogni sorta, ma soprattutto sul rapporto tra il potere politico e militare degli
USA e la situazione internazionale, la necessità della guerra o la scelta delle vie
diplomatiche per raggiungere la pace.
Critica 1
Robert Redford non è solo un grande attore, ma è un esponente tra i più saldi della
cultura americana di oggi, specie di quella cinematografica, nel cui ambito, tra le
iniziative di maggior prestigio, va senz'altro annoverato quel Sundance Film Festival
che ha saputo dare ampi spazi, negli anni, alle voci più vive del cinema indipendente
contemporaneo, all'insegna sempre, dell'intelligenza e della qualità. Conseguente con
tutto questo, sia come attore sia come regista – da Tre giorni del condor a Tutti gli
uomini del Presidente, fino a Gente comune e a L'uomo che sussurrava ai cavalli – ha
sempre mostrato di voler privilegiare posizioni altrettanto indipendenti, all'insegna,
spesso, di un impegno che però, per il suo rigore, non è mai diventato propaganda.
Come, anche se più esplicitamente, in questo film, che scritto per lui da Matthew
Carnahan, lo sceneggiatore di The Kingdom, ci propone tre aspetti della società
americana di oggi, la politica, l'informazione, i giovani, considerati soprattutto in cifre
indiscutibilmente negative. Tre episodi, alternati fra loro ai fini di una meditata
scioltezza narrativa. Il primo ci dice di un giovane e rampante senatore repubblicano
che riceve nel suo ufficio al Congresso una nota giornalista televisiva per indurla a
sostenere un suo piano militare in Afghanistan che, anche se verrà pagato a prezzo di
molte vite umane, sarà per lui e per i suoi un'occasione di propaganda sicura. La
giornalista ribatte tutte le sue affermazioni e sarebbe pronta a non stare al gioco se,
tornata in redazione, non finisse per cedere alle esigenze della sua rete. Intanto un
docente universitario tenta, forse invano, di convincere all'azione il suo allievo
migliore, preoccupato invece solo di problemi pratici e di ragazze. Mentre, all'opposto,
in Afghanistan, due ex allievi di quel docente, pur da lui sconsigliati, sono partiti
volontari e lasciano la vita proprio in una di quelle azioni che, a tavolino, il senatore
aveva programmato per i suoi fini. Dialoghi diretti e molto insistiti nei primi due
episodi, risolti però da Redford regista con attenta dinamica narrativa pur cedendo
spesso a una scoperta staticità da palcoscenico. Un'azione molto più serrata e
angosciante nel terzo, incentrato sulla triste, funebre fatalità della guerra. Interpretati, i
primi due, uno addirittura da Tom Cruise, il cinico politicante, e da Meryl Streep, la
giornalista che, pur contraria, finirà per cedergli, e dallo stesso Redford docente
universitario nell'altro: saldo e concreto. Un terzetto che può convincere.
Autore critica:Gian Luigi Rondi
Fonte critica: Il Tempo
Data critica: 20/12/2007
Critica 2
Libro da cui è stato
tratto il film
Tre ambienti, risicati, ridotti al minimo, essenziali. L'ufficio del senatore Jasper Irving
(Tom Cruise) a Washington, dove si svolge l'incontro tra Irving e la matura giornalista
televisiva Janine Roth (Meryl Streep); lo studio del professore di scienze politiche
Malley (Robert Redford) all'università della California, dove avviene il confronto tra lui
e lo studente Todd Hayes (Andrew Garfield); un esterno notte afgano dove i due
soldatini volontari e colored, Arian e Ernie, s'impantanano tragicamente. Nulla di più e
nulla di meno, nella messa in scena di Leoni per agnelli , settima regia del settantenne
Robert Redford. Un'unica unità temporale frammentata in contemporanea, campo e
controcampo a ritmare i dialoghi, qualche necessario allargamento all'interno dei tre
ambienti per dare aria ai protagonisti.
La regia, in senso pratico, di Redford, si riduce al minimo, senza distrarre, senza
spettacolarizzare l'immagine. Un'ora e mezza scarsa di rimpalli, occhiate, intensità della
parola, per raccontare l'impasse giovanile (e non solo) della cultura statunitense di
fronte alle bushiane guerre senza limiti e strategie della paura. Discorso scarno e
magmatico, pamphlet poco retorico, Leoni per agnelli è prima di tutto testo politico
modulato sul carisma di un vecchio liberal come Redford. Nel senso che allo script di
Matthew Carnahan si aggiungono le stigmate protestatarie del nostro, ritagliatosi la
parte del saggio prof. costretto a spiegare al giovinetto avvolto nell' i-pod, cosa significa
"impegno civile". Malley mostra al ragazzo la manganellata presa sulla tempia all'epoca
della convention democratica di Chicago del '68, lasciando intatta per il suo
interlocutore la sacrosanta libertà di pensiero. Ci pensano il senatore Irving, nell'altro
siparietto di potere, e la disperazione dei due ragazzi/soldato, ex compagni di Todd tra i
cucuzzoli innevati afgani, a convincere spettatore e protagonista (Todd) che impegno
significa ragionamento critico di fronte al pensiero dominante e non bisogna prendere
fischi per fiaschi tramutando eroicamente indifesi agnellini per coraggiosi leoni. Irving
sentendo citare dalla Roth un episodio della guerra in Vietnam la butta stupidamente
sull' «è roba da History Channel». Quando è proprio il giovane falco repubblicano in
gilet la chiave di volta storico/concettuale del declino dell'impero americano attuale.
Tutto il resto (il disincanto giovanile come la difficoltà per la giornalista dai sani
principi ad adattarsi ai vuoti schemi del giornalismo tv) è corollario di ciò che è già
stato implacabilmente deciso dai potenti di turno. Per Redford, rifugiatosi in un
classicismo di maniera, pare non esserci speranza. Ma dopo aver tessuto una fitta trama
di responsabilità civili e culturali, poggiare la resistenza politica dell'umanità pensante
sulle spalle di Todd è atto di coraggio commovente e affettuoso. Con un crescendo di
pathos nell'ultimo minuto a cui non si può rimanere indifferenti.
Autore critica:Davide Turrini
Fonte critica: Liberazione
Data critica: 21/10/2007