Segni Incisi e Luoghi Enigmatici nella Montagna Lucchese e Pistoiese
Transcript
Segni Incisi e Luoghi Enigmatici nella Montagna Lucchese e Pistoiese
Segni Incisi e Luoghi Enigmatici nella Montagna Lucchese e Pistoiese Paolucci – Sani (Abstract Conferenza, Pescia, 12 – 04 – 2014) La conferenza di sabato 12 aprile ci ha accompagnato nel fascinoso mondo delle incisioni rupestri: particolare e relativamente nuovo settore della ricerca archeologica che sta dando inaspettate sorprese nel territorio montano della Toscana nord – occidentale. Le scoperte riguardano l’antico popolamento di un’ampia area compresa fra Alpi Apuane, Appennino Lucchese e Pistoiese. Il ricercatore Giancarlo Sani ha iniziato la relazione riguardo le sensazionali scoperte in area pistoiese, dove le ricerche si sono concentrate lungo un tracciato di via transappenninica che risale la Val di Bure in direzione di Badia a Taona. Fra i vari siti spicca per importanza il cosiddetto “Masso degli Antropomorfi” che porta incisi simboli religiosi quali la “triplice cinta” e il “centro sacro”: normalmente liquidati come giochi, sono spesso posti in luoghi particolari ed hanno un origine antichissima. La “triplice cinta” è presente in tutto il mondo già presso civiltà preistoriche e megalitiche mentre il “centro sacro” è attestato in area celtica (pietra piramidale di Kermaria a Finistère) ma anch’esso ha un origine molto più antica: rimasti in uso nel Medio Evo, la triplice cinta è attestata nelle cattedrali gotiche ed è riccamente presente nel Gargano. Il “Centro Sacro”, che ha una variante in forma circolare detta “Ruota ad Otto Raggi”, è stato assunto come simbolo dai Templari nella forma di Croce delle Otto Beatitudini, universalmente nota. In ambito templare troviamo i due simboli raffigurati insieme ed hanno un significato complementare: rappresentati nella strombatura delle finestre del Castello di Chinon, luogo di prigionia dei vertici templari prima del famoso processo, erano forse un antico sistema di comunicazione in codice. Lo studioso Giancarlo Sani propende giustamente per questa origine dei simboli presenti sul “Masso degli Antropomorfi”, poiché quella presa in esame è via di pellegrinaggio ed inoltre la Badia a Taona è luogo di certa frequentazione del famoso ordine cavalleresco, a cui apparteneva la famiglia dei Pazzi proprietaria dell’abbazia fino al’900: la Croce delle Otto Beatitudini è stata ritrovata scolpita su roccia, al momento, cinque volte lungo la via per l’importante monastero. La presenza di otto figure antropomorfe uniche nel loro genere potrebbe però rimandare a culti sciamanici di tipo molto antico: non caratterizzate sessualmente, non portano armi o strumenti da lavoro ma il loro corpo è tratteggiato a lisca di pesce forse a significare un particolare abbigliamento. La relazione di Sani si è conclusa mostrando l’architrave della Chiesetta di Pratale presso Lizzano (PT) che raffigura un vero e proprio campionario di antichi simboli sacri: oltre alla triplice cinta, sono presenti fra gli altri il rosone a sei petali, l’albero della vita e la ruota raggiata. La relazione dell’archeologo Luca Paolucci parte da questo architrave e dalla ricchezza di croci e cruciformi medievali presenti sul “Masso del Consiglio”, nel fondovalle della Limentra orientale. Questo masso è ubicato in una suggestiva zona di vapori caldi in periodo invernale (fumazzi) e dunque sicuro luogo di culto pagano poi esorcizzato dall’incisione di croci di varia tipologia. Ha così continuato spiegando il meccanismo di assimilazione operato dal Cristianesimo nei confronti dei centri sacrali e dei simboli pagani incisi su roccia partendo nell’analisi dalla Val Camonica: la zona più ampiamente studiata a livello europeo e, in particolare, dalla grande roccia 6 della zona di Campanine di Cimbergo. Questa zona dell’arco alpino ha visto il fiorire per millenni di uno dei più grandi repertori mondiali di arte rupestre: questa espressione tipica dei popoli privi di scrittura, ha un riscontro vastissimo a livello planetario ed è messa in crisi dalla nascita degli insediamenti urbani e dalla diffusione dell’alfabeto prima etrusco e poi latino. Questa tradizione pagana, di diretta filiazione protostorica, affonda le sue radici nella religiosità degli antichi popoli che abitarono la zona prima della conquista romana: essa però riaffiora con la crisi medievale della civiltà ed accoglierà dottrine considerate eretiche (arnaldisti, catari e valdesi) scatenando la furia degli inquisitori domenicani tra XV – XVI secolo. Sulla Roccia 6 di Campanine di Cimbergo è riccamente attestato un particolare simbolo solare, definito “Nodo di Salomone”, analogo per significato al triskell, alla rosa camuna e alla svastica. Ad un iniziale tentativo di cancellazione con il moltiplicarsi delle croci di epoca medievale nella zona più bassa della roccia, si arriva ad una vera e propria sovrapposizione di croci incise profondamente al centro di alcuni simboli. Il Nodo di Salomone, che ha avuto una singolare proliferazione nei mosaici di epoca romana e paleocristiana come simbolo apotropaico, resiste all’annientamento ed anzi diverrà repertorio dell’iconografia cristiana, fiorendo nei capitelli delle chiese romaniche. La relazione dell’archeologo è continuata soffermandosi su meccanismi analoghi operati dall’autorità religiosa cristiana nell’Appenino Pistoiese arrivando ad ipotizzare, analizzando i segni incisi in epoca medievale, vere e proprie guerre di religione se non crociate nei confronti dei culti pagani, in modo analogo a quanto avvenuto in Val Camonica che in epoche posteriori al Medio Evo ha visto in particolar modo l’opera dell’Inquisizione con roghi e incarcerazioni di massa (Caccia alle Streghe). Nella zona di Piteglio il “Masso della Pescaia” presenta un rarissimo bassorilievo dell’epifania di Lugos, divinità celtica per eccellenza, con caratteristiche che lo avvicinano al Mercurio dei Romani ma anche figlio del Sole e assimilabile ad Apollo. Gli sono associati animali a lui sacri con cui viene generalmente identificato nelle iscrizioni in Gallia: oltre all’ariete (Mercurius Gebrinus), il cinghiale (Mercurius Moccus) che è raffigurato nell’atto del sacrificio e con un sole radente al dorso. Nei pressi del pozzetto che raccoglieva sicuramente il sangue sacrificale dell’animale è presente una raffigurazione di tipica ruota raggiata, attributo di Taranis, altra divinità celtica raffigurata su statuette con una ruota nella mano sinistra e un fulmine od un giavellotto nella destra, assimilato alla versione di Giove Tonante dai Romani e analogo al germanico Thor, dio del Tuono. Una spada con elsa a forma di croce latina ed infissa in cima ad un monte risale probabilmente al Medio Evo e conferma l’ipotesi di una crociata contro i simboli pagani di quelle zone. Ancora nel centro di Piteglio, il “Masso di Piazza” è ricco nella parte destra di croci e cruciformi e presenta un vero e proprio anatema o esorcismo in latino nei confronti della raffigurazione centrale che raffigura una divinità che presenta una lancia nella mano destra ed una mazza nella sinistra associata al suo organo in erezione: sia il germanico Thor che il gallico Sucellus avevano una mazza che creava e toglieva la vita. La lancia però e la lotta ancestrale contro un essere serpentiforme rimandano anche alla versione celtica di Giove Tonante (Taranis) raffigurato su numerose colonne lungo il Reno mentre lotta contro un mostruoso essere serpentiforme. Una svastica filiforme alla sinistra allude alla ruota solare e al fulmine del Dio. Questa varietà di simboli non deve meravigliare dato che le divinità celtiche avevano molti attributi ed erano polivalenti. In Francia Sucellos, protettore dei viticoltori, viene normalmente raffigurato con in mano un pennato come il romano Silvano e l’etrusco Selvans. Il pennato è molto frequente nelle incisioni delle Alpi Apuane e compare in epoca successiva su molte chiese dell’area lucchese: anche in questo caso è avvenuto un vero e proprio caso di assimilazione. A conferma di questa teoria, i graffiti di pennati sono ugualmente numerosi sulle facciate e nei campanili delle chiese medievali e sugli edifici civili della Francia. Questo variegato complesso simbolico non deve essere sfuggito alle persecuzioni contro i culti pagani che a Piteglio arrivarono a incidere una vera e propria condanna per gli uomini che avevano inciso queste figure (Inimici Hominis Domestici et Civis). La parete di Limano (Bagni di Lucca) è anch’essa ricca di epifanie solari e presenta anche un Nodo di Salomone. Il complesso ciclo figurativo allude alla ciclicità degli eventi e al loro ripetersi sotto forma di svariati cerchi incisi sui cui perimetri spiccano moltissime coppelle, forse simbolo delle anime. Cesare nel De Bello Gallico(VI – 14) rammenta come i Druidi fossero adibiti allo studio del sole, degli astri e del loro moto e come credessero all’immortalità dell’anima che trasmigra incessantemente. La “Casa del Sole” nella sua figurazione naif, analoga alle capanne delle incisioni camune, conferma che la parete era oggetto di riti ancestrali data anche dalla particolare colorazione che assume con l’Equinozio di Primavera (20 marzo) quando il sole tramonta alle spalle di un picco delle Alpi Apuane (Monte Rondinaio). La parete, posta in un luogo ameno, non è stata oggetto di sacralizzazioni cristiane ma fonti locali confermano che una rogazione intorno al Monte durava l’intero giorno e si fermava proprio in corrispondenza della parete, a monito della sua appartenenza al mondo pagano. Limano è ancora oggi sede di una particolare festa il primo di Agosto (Festa di Gave), giorno in cui si celebra la divinità solare celtica Lugos, con tipici costumi locali dette quadriglie. L’affascinante mondo dei petroglifi, anche se di difficile definizione e datazione in quanto estraneo a contesti stratigrafici, è dunque analizzabile tramite, spiega l’archeologo Luca Paolucci, un attenta ricostruzione di filiazione simbolica e sopravvivenza iconografica e folklorica, dato che spessissimo alle incisioni e ai culti antichi sono associate vere e proprie assimilazioni ai simboli cristiani.