L`Egnatia sul Canale di Otranto
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L`Egnatia sul Canale di Otranto
to on|salento on|salento on|salento on|salento on| 14-20 luglio 2005 L'Egnatia sul Canale di Otranto Il progetto Egnatia, complessa e articolata elaborazione reticolare tra ricercatori e artisti, prevede per il mese di luglio in Salento un momento centrale di incontro, scambio, presentazione al pubblico e dislocazione sul territorio delle attività svolte. Qui infatti ci si ritroverà e si presenterà il progetto realizzato nelle diverse agenzie europee, e da qui si partirà con tutti gli artisti e i lavori elaborati per il progetto, realizzando una vera e propria Carovana lungo l'Egnatia per raggiungere Istanbul dove il progetto si concluderà in autunno. Eventi e Luoghi -Martignano: Un Archivio aperto delle memorie raccolte nell'Istituto di Culture Mediterranee. Si tratta di una raccolta di documentazioni audio, video, fotografiche e testuali, di cartografie e animazioni che raccontano i diversi laboratori di memorie, le storie di persone e luoghi. Tale archivio diverrà un fondo accolto dall'Istituto in via permanente. -Cursi: La panchina - cartografia Egnatia. E' uno spazio pubblico di memorie che verrà realizzato a Cursi, con quelle chianche utilizzate nel progetto come pietre miliari di memoria e veicolate a tal scopo nelle principali città europee e lungo tutta la via Egnatia. -Ecomuseo: Lungo l'Egnatia, pietre miliari di memoria. Allestimento di film installazione a carattere geografico, un percorso filmico attraverso proiezioni di luoghi e momenti di memorie lungo la via Egnatia. -Ecomuseo: Cafè Egnatia. Tutte le sere dalle 20,00 alle 23,00 al Caffè Egnatia sarà possibile ascoltare incroci musicali e letterari tra protagonisti delle diverse culture attraversate dalla via Egnatia, il tutto accompagnato da gustosi assaggi di cibi dal Salento alla Turchia. Il Café Egnatia sarà strutturato in un festival etnomusicale ed in una serie di incontri, dibattiti e presentazioni realizzate dai membri dell'Osservatorio Nomade, ricercatori e studiosi. -Night shots, evocazioni notturne di memorie sul territorio Dal Cafè Egnatia a Cursi ogni sera alle 23,00 si partirà con un pulmann e con le macchine al seguito verso luoghi di memoria investiti dal progetto per animarli con videoproiezioni di filmati e musica dal vivo, restituendo al pubblico quello che è stato il prodotto artistico dei laboratori prodotti nel corso del progetto. -Egnatia Network Tutti gli eventi, assieme agli elaborati audio video del progetto saranno proposti quotidiamanente in un palinsesto televisivo e radiofonico (in collaborazione con Canale 8, Radio Paz-www.pazlab.net-e PrimaVera-107.3 mhz) di circa venti minuti al giorno, per tutti i giorni della durata del progetto. La trasmissione televisiva sarà inoltre ospitata su di un canale televisivo satellitare. PROGRAMMA CAFFE' EGNATIA 13 Luglio ore 10,30 Porto di Gallipoli, Nave Mazzola 15 Luglio MUSICHE E STORIE DALLA MACEDONIA Conferenza stampa progetto Egnatia con l’intervento di Achille Bonito Oliva Percorso di incontri e musiche lungo la frontiera fra la Grecia e la Repubblica di Macedonia (FYROM). 13 Luglio ore 11,30 CIRCUMNAVIGAZIONE DEL SALENTO DA GALLIPOLI A OTRANTO 16 Luglio FESTA DEL PANE Libera tessitura di interventi artistici da parte dei partecipanti al progetto 13 Luglio ore 22,30 PORTO DI OTRANTO, NAVE MAZZOLA Festa a bordo della nave 14 Luglio ore 18,30 Martignano, Istituto delle Culture Mediterraneee Inaugurazione Biblioteca dell'Istituto delle Culture Mediterranee in occasione dell'allestimento dell'archivio aperto del progetto Egnatia con la partecipazione dell’assesore al mediterraneo prof. Silvia Godelli 14 Luglio ore 20,30 Cursi, Ecomuseo Inaugurazione al pubblico del Caffe Egnatia, che resterà aperto fino al 20 luglio con incontri/concerti/degustazioni dalle ore 20 alle 23. MUSICHE E STORIE TRA ITALIA E ALBANIA Viaggio nella cultura albanese tra musica, arti visive, storia e letteratura. Nightshot: h. 24.00 incursione artistica notturna nel territorio del Salento I pani della via Egnatia In occasione della festa tradizionale del pane sarà allestito un laboratorio sul pane dedicato alle diverse tradizioni panificatorie dei paesi attraversati dalla Via Egnatia In serata musica e concerti 17 Luglio MEMORIE DI SALONICCO 01: I SEFARDITI Gli ebrei sefarditi di Salonicco: cultura, memoria e tradizioni. Nightshot: h. 24.00 incursione artistica notturna nel territorio del Salento 18 Luglio LA DIASPORA CURDA Proiezioni e dibattito sugli incroci culturali e cinematografici prodotti dai curdi in diaspora e installazione video "Kurds on the map". 19 Luglio LO SCAMBIO POPOLAZIONI GRECO-TURCO Storia e storie dello scambio forzato di popolazioni tra Grecia e Turchia. Nightshot: h. 24.00 incursione artistica notturna nel territorio del Salento 20 Luglio SERATA SALENTINA Ascolti e contaminazioni dalla tradizione musicale salentina. Nightshot: h. 24.00 incursione artistica notturna nel territorio del Salento egnatianews n.02 layout editor e graphic design: ellelab editing: Lorenzo Romito, Francesca Recchia, Silvia Biagi traduzioni:Iacopo Gallico, Francesca Recchia, Silvia Biagi photos: Dall’archivio di osservatorio nomade, Laurent Malone, A.A.A. (Atelier d’Architecture Autogerée), t_spoon, Agenzia di Atene. errata corrige: Ci scusiamo con Gianluca Riccio per non averlo menzionato in Egnatia News 01 come curatore della mostra “Presente Continuo” Napoli, settembre 2004. www.egnatia.info www.osservatorionomade.net osservatorio nomade © 2005 | o www.osservatorionomade.net www.egnatia.info egnatia news Il nostro percorso lungo la via Egnatia è ormai giunto a metà del suo cammino. Le direzioni e le articolazioni del progetto si sono spostate e ridefinite nel corso dei mesi, attraverso una continua crisi e messa in discussione dei punti di vista e dei possibili orizzonti di riferimento. Sembra, dunque, lecito chiedersi cosa sia diventato a questo punto il progetto EGNATIA-Un percorso tra le memorie disperse. La sfida di fare di un finanziamento europeo, con le sue rigidità e le sue limitazioni burocratiche, la base di partenza per una rielaborazione creativa della dimensione progettuale istituzionale, si sta dimostrando tanto interessante quanto difficile. L'operazione di traduzione e tradimento dei dettami, delle definizioni e delle richieste di un progetto comunitario richiede, infatti, una continua negoziazione e interrogazione della propria dimesione di soggetto creativo, mettendo in discussione il senso e le modalità della capacità di creare relazioni e canali di comunicazione, che sono la base stessa su cui il progetto Egnatia si costruisce. Questa operazione e operatività richiedono un grado di consapevolezza e maturità che spesso intuiamo, a volte incarniamo e non sempre siamo in grado di mantenere. Eppure, la dimensione processuale della costruzione di un progetto richiede e ha bisogno anche di questo: di incertezze, battute d'arresto e passi falsi, sui quali fermarsi a riflettere e a partire dai quali riorientare la bussola e aggiustare le coordinate del proprio percorso. Ed è qui, fra entusiasmi e frustrazioni, che la scelta di lavoro di gruppo e non da "battitore libero" rappresenta il valore aggiunto. La costruzione di una pratica artistica che è frutto di un'intelligenza collettiva apre, infatti, il campo alla possibilità di una fluidità che, se a volte è la maschera delle incertezze, per lo più incarna la svolta di genialità che consente la risoluzione dei problemi e il superamento degli ostacoli man mano che il percorso si srotola e si costruisce. La dimensione comunitaria e continentale che apre l'accesso e la relazione con un progetto europeo, poi, offre la possibilità di una messa in questione dei confini e delle profondità del concetto di sfera pubblica. L'attitudine pubblica della pratica artistica è, negli ultimi tempi, un argomento abbondantemente discusso. Il progetto EGNATIA - Un percorso tra le memorie disperse la sta mettendo in pratica e in discussione nel suo farsi ad un doppio livello: da una parte, nel tentativo - stimolante e farraginoso - di relazione con una serie di istituzioni pubbliche (dalla stessa UE alla Provincia di Lecce); dall'altra, nello sforzo di costruire un linguaggio artistico e poetico capace di comunicare i suoi contenuti attraverso la costruzione stessa delle relazioni che ne sostanziano il fare. La dimensione pubblica assume così la fisionomia di uno spazio, sia fisico che relazionale, che consente la costruzione di rapporti e legami interpersonali lasciandosi a sua volta plasmare dai processi e le dinamiche che accoglie. Una delle domande più ricorrenti sin dall'inizio del progetto e in qualche modo legata a quanto detto finora, è stata se l'Egnatia potesse o dovesse essere solo un simbolo e una metafora oppure fosse il reale punto di riferimento geografico per l'intero percorso. L'esperienza dei viaggi di Matteo Fraterno e Davide Barlertti, il workshop di Salonicco, l'ascolto e il tentativo di riportare in vita nel presente le memorie legate allo scambio di popolazioni fra Grecia e Turchia in seguito al Trattato di Losanna del 1923, ci hanno fatto capire come la strada da seguire non fosse nella scelta esclusiva di una delle due possibilità. La complessità e la stratificazione di livelli emotivi, socio-politici, artistici e poetici nel corso dell'attività di questi mesi ha dato una risposta semplice e sorprendente allo stesso tempo: l'Egnatia ha preso il corpo congiunto della dimensione simbolica e di quella geografica, combinando la fisicità della strada vera e propria che, dopo aver attraversato il mare, percorre cinque nazioni e lo spessore poetico di una metafora fortemente evocativa. Questa doppia valenza chiama in causa la on n.02 gennaio - giugno 2005 on|fieldthessaloniki ghostbustering thessaloniki 5-12 febbraio 2005 riflessione sulla dimensione etica, alla quale questo modo di intendere la pratica artistica deve fare costantemente riferimento. Il costruire il proprio agire creativo sull'interazione con altre persone, sulla costruzione di relazioni che spesso implicano un forte livello di emotività, sulla volontà di mettere il dito su punti nevralgici per sfiorarli con un'ombra poetica, richiede la capacità e la volontà di fare del garbo, della sensibilità umana e dell'attenzione al proprio interlocutore lo strumento principale di cui ci si serve. L'incontro e lo scambio intimo e profondo che spesso si genera, crea nelle persone che incrociano il nostro percorso e in noi stessi desideri e aspettative che richiedono cura e attenzione, che rifuggono la fretta e le logiche produttive che costringono a chiudere il prodotto nel più breve tempo possibile. Tutto questo non è semplice da capire né da metabolizzare, non c'è nessuna scuola che lo insegna; si scopre solo facendo, con tutto il margine di rischio e di errore che un simile atteggiamento comporta. Nel tentativo di fare un passo indietro e guardare con occhio semi-esterno quello che in realtà coinvolge da mesi la nostra quotidianità, l'osservazione conclusiva può essere semplicemente quella della monumentalità delle piccole cose. La dimensione degli scopi che originariamente ci si era preposti è cambiata: si è rimpicciolita e, con risultati più o meno sorpendenti e soddisfacenti, il progetto è approdato alla scala della profondità e alla leggerezza dei piccoli gesti intimi. Francesca Recchia CALENDARIO 27 novembre - 5 dicembre 2004 17 - 19 febbraio 2005 On|fieldMacedonia Secondo viaggio lungo l’Egnatia fino alla Macedonia On|networkVenezia Citying - presentazione progetto Egnatia 20 - 22 dicembre 2004 15 - 17 marzo 2005 On|networkRome Start up Agenzia Roma On|networkRome I Kalderasha di Campo Boario: Culture, Memorie e Tradizioni. 15 gennaio - 27 febbraio 2005 On|networkBerlin Kurds on the Map 7 - 11 febbraio 2005 On|fieldThessaloniki Ghostbustering in Thessaloniki 11- 13 febbraio 2005 On|network Thessaloniki - presentazione progetto Egnatia 11 - 19 febbraio 2005 2 On|networkParis workshop a La Chapelle 23 - 31 marzo 2005 On|field Terzo viaggio lungo l’Egnatia fino a Salonicco 7 Aprile 2005 On|network Agnone, Samudaripen 22 - 24 Aprile 2005 On|networkParis ECObox - Auto-organisations et micropolitiques ies on|agencies on|agencies on|agencies on|agencie On|Berlino Stefano Guarino Domenico Fraterno Benedict Berna Jan Ralske Asako Iwama Leka Dukagiini Alma Suljevic Mara Kolesas Synnuve K. N. Bendixsen Theodoros Chrysikos Murat Kaygalak Selda Asal Daniela pastore Bilgin Ayata Bruno Quelennec Iacopo Gallico Sul divenire dell'Egnatia e dell'Osservatorio Nomade Fino ad adesso il progetto Egnatia è avanzato attraverso contributi frammentari e molteplici, così come frammentato e molteplice è il costituirsi del network transnazionale dell'osservatorio nomade. Vista l'ambizione degli obiettivi, l'ampiezza del progetto e la diversità degli attori che lo agiscono, difficilmente avrebbe potuto essere altrimenti. Gli obiettivi proposti inizialmente dal progetto, includono la realizzazione del progetto stesso così come la realizzazione del soggetto transnazionale che lo agisce e quella degli strumenti per realizzarlo. E sono: a) un prodotto editoriale che contenga i risultati della ricerca e delle attività di tutto l'anno (seminari, agenzie, interviste, repertori, biobibliografie, archivio ...). b) un lavoro finale di contenuto creativo in grado di canalizzare in una dimensione estetica e poetica la complessità del progetto transnazionale e l'utilizzo di linguaggi diversi. c) uno strumento di interazione, comunicazione e rappresentazione delle dinamiche della rete dei soggetti implicati nel progetto. Per questo fin dall'inizio si è individuata l'esigenza di avere un tracciante, costituito dal sito web e dal giornale egnatia news che mantenesse contestualizzate esperienze diverse per luogo, modalità d'intervento e tema. Credo che questo corrisponda all'obiettivo del progetto europeo costituito dalla creazione di uno strumento di interazione, comunicazione e rappresentazione delle dinamiche della rete, seppur nella difficoltà riscontrate di aggiornamento in tempo reale. In merito alla comunicazione in tempo reale sicuramente la rete e-mail "info" ha parzialmente aiutato perlomeno nella relazione e comunicazione interna e nel ricevere contributi esterni, via sito web. il sito, il giornale e "info" fanno parte di quell'armamentario già sperimentato dall'ON a Corviale che va sotto il nome di ON/Network, sistema di relazione e comunicazione a più livelli che si sta per arricchire di due nuovi canali comunicativi: la radio e la televisione. Infatti il prossimo incontro dal 13 al 20 luglio, in Salento, momento centrale del progetto, vedrà l'apparizione di questi ulteriori strumenti "Egnatia via radio" in collaborazione con Radio Paz e PrimaVera radio e "tele Egnatia" con la collaborazione di Canale 8. Con questi strumenti si intende anche allargare la comunicazione e indirizzarla ancora di più verso l'esterno. Si tratta di rafforzare la costruzione di uno spazio mediatico pubblico attraverso cui estendere e condividere la azione/narrazione Egnatia, e quindi il farsi di quella sperimentale identità transnazionale che il progetto rappresenta. La radio e la televisione realizzeranno una messa in onda sperimentale per gli otto giorni del passaggio salentino del progetto Egnatia. Prima di analizzare lo stato di avanzamento rispetto agli altri obiettivi globali del progetto, vorrei soffermarmi sul funzionamento e sulle trasformazioni avvenute nelle strutture previste per la realizzazione di tali obiettivi. Queste erano le agenzie, unità operative territoriali organizzate autonomamente dai diversi partners, il think tank e una rete di curatori, ovvero dei consessi più trasversali, in grado di osservare criticamente, promuovere e direi "tradurre" il divenire del progetto nel mondo accademico e universitario della ricerca e in quello dell'arte. D'altro canto mi sembra di poter dire con serenità che i partner del progetto, pur svolgendo un importante ruolo nella costruzione del progetto stesso, non intendano proporsi come articolazioni dell'ON ma piuttosto come soggetti autonomi interessati a collaborare alla realizzazione del progetto Egnatia più che al costituirsi della rete transnazionale ON, che peraltro hanno contribuito a far nascere. In questo senso ci stanno offrendo un valido contributo critico e metodologico, utilissimo nell'articolazione del "think tank" e della "rete di curatori", fornendo contributi di riflessione critica diretti e convogliandone altri estremamente preziosi. Per quanto riguarda le Agenzie, l'altra struttura di rete, credo ci sia da registrare come l'interazione con i partners stia facendo evolvere queste strutture in maniera forse più efficace allo sviluppo del progetto stesso di quanto non fosse stato previsto. (segue a pag.10) Paris atelier d'architecture autogérée Réseau ON-Paris Constantin Petcou(aaa) Doina Petrescu(aaa) Giada Mangiamelli(aaa) Béatrice Rettig (artiste) Marion Baruch (artiste) Pascal Nicoals-Le Strat (sociologue) Jean-Baptiste Bayle (artiste) Roma Francesco Careri t_spoon (Nina Artioli, Matteo Di Sora, Paola Fusco, Alessandra Glorialanza, Daniela Pastore, David Rizzuti, Davide Sacconi, Eliana Saracino, Simone Stabile) Simona Forconi lens (Alessandro Baccari, Pierluigi Barile, Mario Casciu, Daniele Ceccarelli,Simone De Iacobis, Francesco Fornaciari) dalle age cies on|agencies on|agencies on|agencies on|agenci On/egnatia coord. Lorenzo Romito coordinatore progetto Barbara Galassi ass. coordinatore progetto europeo Matteo Fraterno coordinatore lavoro sul campo Celeste Nicoletti supervisor Francesca Recchia ass.coord.progetto, attività di ricerca ed edizione testi Peter Lang advisor On/ egnatia prod. On|Salento Giorgio D'Ambrosio (coordinamento Roma/Salento) Antonio De Luca (egnatia radio network e allestimento cafè) Ingrid Simon (coordinamento salento) Fernando Schiavano (artista) Davide Barletti (regista) Roberto Greco (egnatia tv network) Silvia Lodi (attrice) Mihalis Kiriazis (coordinamento Salento/Grecia) Silvia Biagi ass. coord progetto, attività gestionali e organizzative Pia Livia Di Tardo web site Laura Bardier web designer Lorenzo Castagnoli web designer ass. Michela Franzoso egnatia tv network Gianguido Palumbo egnatia radio network ellelab (Sara Braschi, Eleonora Costa, Maria Teresa Bruca) egnatia news network Manuela Ferrari consulente gestione e amministrazione Athina Maria Chatzinikolaou Theodoris Chrysikos Marina Fokidis Mariana Kotsanou Tania Latarjet Leonidas Liambeys Lilian Lykiardopoulou Ioannis Savvidis Nikos Tranos Tania Tsiridou Kostas Tzimoulis Daphne Vitali Mary Zygouri Patricia Yannolopoulou Konstantinos Metaxas nzie egnatia ina on|agencyAthina on|agencyAthina on|agencyAth P e r c h è Makronisos? Fin dall'inizio dei contatti del nostro gruppo con il centro di accoglienza per rifugiati politici di Lavrio abbiamo affrontato un dilemma. Come creare un lavoro che, da una parte, non funzionasse in modo descrittivo e, dall'altra, potesse creare un canale di contatto e di comunicazione con i rifugiati da una posizione di parità? in questo tentativo, riteniamo che sia fondamentale che ci sia uno scambio di storie fra i rifugiati e noi. Questo doveva aver luogo in uno spazio che fosse significativo a livello concettuale sia per le nostre memorie collettive che per la storia politica dell'area. Questo posto era l'isola di Makronisos, di fronte al porto di Lavrio, che brevemente - ha avuto le seguenti fiunzioni: campo per i prigionieri di guerra turchi durante la guerra dei Balcani, 1912-13 centro di raccolta e organizzazione dei rifugiati dall'Asia Minore, 1923 centro di rieducazione per i dissidenti di sinistra durante e dopo la guerra civile, 1947-52 La nostra proposta consisteva nella proiezione del centro di accoglienza per rifugiati di Lavrio sull'isola di Makronisos. Questo è un posto che conserva tutta la tensione della memoria storica che racchiude e che ancora proietta sulla coscienza dei greci contemporanei e su quella di coloro che con esso entrano in contatto. La nostra intenzione era quella di mostrare il modo in cui questo posto è nato e funziona, e come dipenda sul consenso e la tolleranza sociale. In un viaggio simbolico dall'edificio di Lavrio, che ospita i rifugiati politici, all'isola di Makronisos abbiamo collegato in un percorso spazio-temporale due posti con chiare connessioni metaforiche. Il nostro gruppo insieme ad un gruppo di rifugiati del centro di accoglienza si sono trovati insieme a Makronisos, hanno passato un'intera giornata insieme, si sono raccontati le rispettive storie, arricchiti anche dall’importanza e dell'interazione con il luogo. Allo stesso tempo, sono state collocate qui due delle chianche del monumento transnazionale della via Egnatia, una incisa da uno degli ospiti del centro di Lavrio e una da Giorgos Hatzimihalis, un vecchio dissidente di sinistra che era stato imprigionato a Makronisos e che ora vive a Lavrio. Agenzia di Atene Lavrio Makronisos Dalle finestre del campo per rifugiati di Lavrio si vede la vicina isola di Makronisos. Questa lunga isola esce dall'acqua come la schiena di un antico delfino. Lungo la rocciosa linea di costa ci sono macchie di verde, l'origano selvatico cresce fra le rocce. Sembra solitaria e abbandonata. Chi la guarda dalla terraferma sa che questa era la tremenda prigione in cui erano confinati e torturati i dissidenti politici. Eppure, in questa isola in cui nessuno vuole andare, c'e' l'idea quasi fantastica che un rigugiato decida di approdarvi, costruisca la sua casa e nessuno gli dica di andare via. La nuova autostrada per l'aereoporto internazionale mette in collegamento l'antico porto di Lavrio con Atene. Avvicinandosi a Lavrio si incontrano miniere abbandonate, che sembrano strani incroci fra roivine industriali e paleolitiche. La patina di polvere e decadenza ti riporta al tempo delle caverne, mentre il funzionalismo conico brutale ti proietta nel futuro. Questo intreccio di tempi si ripete nell'architettura di Lavrio. La citta' e' qualcosa a meta' fra i resti di un villaggio ottomano e un nuovo sobborgo marinaro, in cui non e' ben chiaro cosa fare delle palme e delle insegne rosa delle discoteche che ne punteggiano la periferia, mentre il centro e' reclamato prepotentemente dalla kefenia, con le pareti ingiallite dal tabacco e i tavoli di formica verde. Nel centro civico sventolano orgogliosamente le bandiere. Sull'edificio della municipalita' quella bianca e azzurra della Grecia si arrotola nella brezza del porto. Giusto accanto, sull'edifico adiacente svettano quella turca e quella del Partito Comunista Turco. In mancamnza di altri pali, sostengono ache lo stemma di Ocalan. Le porte dell'edificio della municipalita' sono aperte, e' in corso un'altra elezione locale. Il funzionario siede annoiato nel seggio mezzo vuoto, fissando l'unica immagine sulla parete. Un ritratto pensoso di Gesu' con i capelli che gli scendono sulle spalle, gli occhi liquidi e trasognati, una calma perseveranza che e' ancora di questo mondo. Dall'uscita laterale del municipio ci si trova di fronte all'ingresso del campo per rifugiati. I cancelli di quelle che un tempo erano baracche militari sono spalancati. All'interno c'e' un campo da pallavolo; e' appena finita una partita, chissa' chi ha vinto, che importa! Importa ai giocatori e ai tifosi. C'e' una partita ogni giorno Athens vs Lavrio. Gli uomini adesso sono sotto l'ombra dei chiostri; le donne sono sui balconi, troppo impegnate per accorgersi di noi. "siamo qui per vedere Marina", dico. Cerco di legittimare il nostro arrivo, ma non sembra necessario. Il loro sorriso resta lo stesso. Indicato dall'altra parte, Marina ha lavorato con questi rifugiati per diversi mesi: stanotte e' rimasta qui per concludere la discussione sul programma della giornata. Come entriamo nell'edificio e' subito chiaro che ci troviamo in una zona del PKK curdo. Omaggi a Ocalan, mappe della partita curda, bandiere rosse del partito comunista turco. Nell'edificio accanto c'e' un misto di rifugiati di Azerbaijan, Afghanistan e Iraq. Su tutti I balconi ci sono le parabole: immagino che I segnali, cosi' come i loro viaggi, vengano da est. Troviamo Marina e Iacopo in una stanza sul retro, ci invitano subito intorno ad un tavolo. Ci offrono un piatto di plastica con riso pollo yogurt e insalata. Alcuni uomini mangiano metre parlano con Marina e Iacopo, altri preparano, servono e puliscono. L'ambiente e' rustico, ma pulito. Il leader Greco del PKK e' al centro del gruppo e discute con Iacopo di politica culturale. Le sue opinioni sul significato di una patria immaginaria in contrasto con una territoriale, su un'identità' fluida piuttosto che radicata, su valori culturali ibridi piuttosto che assoluti, sono accolti con gentilezza. Iacopo può parlare e parla, il capo con pazienza contesta e spiega le sue ragioni in un modo che si intona perfettamente con la sua camicia stirata di fresco e la sue unghie bianchissime. Non ci sono dubbi ne' esitazioni sulla sua autorità. Per il capo le discussioni culturali sono tollerabili, ma alla fine deve essere Calendario dell'agenzia di Atene Dicembre Visita al centro per rifugiati di Lavrio in occasione di una festa del PKK. Presentazione degli obiettivi dell'agenzia e proiezione di film curdi ai rifugiati curdi di lavrio. Ricerca degli archivi delle testimonianze greche dello scambio di popolazione del 1923. Viaggio a Istanbul per seguire l'archivio trovato delle testimonianze turche dello scambio di popolazione nel 1923. Gennaio Prima riunione con i rifugiati di nazionalità multiple (Afgani, Iracheni ed altri) nell'edificio del centro rifugiati di Lavrio in cui risiedono. Lavoro per la costruzione di una unica narrazione realizzata con le storie greche e turche dello scambio di popolazione per l'incontro di Salonicco. Organizzazione del meeting di Salonicco. Febbraio Meeting di Salonicco fra gli studiosi, architetti ed artisti, impegnati nella ricerca attorno alla dislocazione delle persone con una attenzione particolare alla via Egnatia e alla Geni Camii (Geni Djami). Presentazione della narrazione unica a Salonicco sotto forma di un'istallazione audio arricchita con la scrittura delle parole chiave dei racconti sulle pareti. Presentazione del film Lavrio Crossing. Dibattito all'interno dell'agenzia di Atene su Lavrio. Marzo Parecipazione al nevroz, a Lavrio Workshop sulla misurazione in passi del Centro con i bambini interviste e riprese video Maggio Pic nic al Parco Nazionale di Capo Sounio vicino Lavrio con alcuni abitanti del centro rifugiati di Lavrio Programmazione della visita a Makronisos ed evento pubblico al centro rifugiati di lavorio. Numerose visite al centro per aumentare la fiducia a partecipare alla visita a Makronisos Giugno La chianca di Irfan arriva al centro rifugiati di Lavrio Abitazione temporanea nel centro rifugiati di Lavrio per assicurare la partecipazione degli abitanti alla visita a Makronisos e per iniziare la preparazione della pietra da lasciare a Makronisos dai rifugiati politici di Lavrio Visita a Makronisos di settantacinque rifugiati del centro rifugiati di Lavrio, membri dell'agenzia di Atene e altri partecipanti al progetto Egnatia thina on|agencyAthina on|agencyAthina on|agencyAt chiaro: non c'e' cultura senza una nazione. I discorsi sulla diaspora sono solo un'ombra della lotta armata: il seme della diaspora non e' libero di essere qualcos'altro, ma solo di riprodurre lo stesso albero su una terra diversa. Iacopo ha le sue convinzioni e ripete le sue domande. Marina esce dalla stanza e il capo si distrae. Marina ha già raggiunto il suo scopo. Gli artisti dell'agenza di Atene hanno organizzato una barca e un pranzo per i rifugiati nella vicina isola di Makronissos, e il PKK ha consentito che vi partecipino tutti quelli di Lavrio. Io seguo Lorenzo e Matteo che vanno nella stanza accanto per consegnare una lettera ad un vecchio dall'Azerbaijan. È incredulo. Non perché uno straniero gli abbia scritto, ma che sia un marinaio. Come può una nazione senza sbocco sul mare produrre dei marinai? E ancora, questo marinaio è attualmente confinato a bordo di una nave abbandonata nel porto di Napoli? L'equipaggio ha abbandonato la nave ed egli è impossibilitato a scendere. Parlano in italiano e inglese, noi traduciamo in greco. Attraverso le parole di un ragazzino afgano di 11 anni, che traduce per noi in Turco. L'Azero dal suo letto ascolta. Le lacrime sgorgano dalle borse profonde sotto i suoi occhi. La nave che ci condurrà a Makronissos sta suonando la sirena. Giriamo l'angolo e siamo fra gli ultimi ad imbarcarci. È un viaggio breve! Grida Marina Vuol dire che è quell'isola lì? mi intrometto. Sì, proprio quella. Su, andiamo. Ho sempre pensato che Makronissos debba il suo nome al fatto che è lontano dalla terraferma. La scena del film di Volgari "Stone Years", dove due giovani amanti si guardano l'un l'altro dalle due estremità di una barca, mi ha suggerito che il viaggio del loro esilio fosse lungo, come l'inverno. Makro significa anche lungo. È anche l'isola dove si rifugiarono Paride ed Elena nella loro fuga da Troia. Il Capitano della nostra barca conta le teste e ci grida di stare fermi. Ha visto la barca della polizia marittima che incrocia alla bocca del porto ed ha paura di una multa. La barca è carica oltre il limite consentito. Ma chi deve scendere, artisti o rifugiati? Ok, basta ironie gratuite, ci accordiamo per fare due viaggi, e ci dividiamo in due gruppi. Mentre la barca salpa io prendo posto su una panchina con un giovane di nome Alex. Scambiamo qualche battuta sul Capitano e sull'arrivo dei rifugiati. Rabbrividisce mentre ricorda la scialuppa gonfiabile su cui è arrivato. Alex ha addosso una maglietta del Manchester United e ha un tatuaggio con la croce greca ortodossa sul braccio. Concordiamo sul fatto che Ryan Giggs sia un'ala notevole. Gli dico che io vengo dall'Australia e che ho vissuto per molti anni a Manchester. Dice che gli sarebbe piaciuto andare in Australia ma che non ha osato passare dall'Indonesia. È solo là che potrebbe trovare qualcuno disposto a trasportarlo in Australia. Il viaggio attraverso il mare è troppo costoso e portare il denaro per un viaggio così lungo sarebbe un grosso rischio. Invece Alex ha raccolto circa 12.000 € per pagare diversi passaggi attraverso l'Iran, la Turchia, la Bulgaria e poi in Grecia. Ad ogni passaggio ha dovuto pagare una persona diversa per passare un diverso confine. Pagando "paketo", "paketo". Qualche volta si è fermato per poco tempo, ma in altro casi, come in Bulgaria, ha docuto aspettare un paio di mesi prima di trovare qualcuno che lo aiutasse ad arrivare a Salonicco. Da lì gli hanno consigliato di prendere un treno per Atene, perché Salonicco è vicino al confine ed aveva paura di essere rispedito indietro. Non gli ho chiesto che cosa sia successo alla scialuppa gonfiabile. Alex ha vissuto in Grecia per sette anni. Mi mostra con fierezza la foto del suo padrino greco. Vive a Lavrio, ed avendo ricevuto una serie di visti di 6 mesi, lavora facendo varie attività manuali e mette da parte abbastanza soldi da aiutare sua madre e sua sorella in Afghanistan. Si è convertito al cristianesimo mentre era in una prigione afgana. C'è la memoria amara dell'intolleranza Talebana verso tutte le altre fedi e il loro disprezzo per le vite degli altri che non si attengono ai loro codici. Sulle sue braccia ci sono molti altri tatuaggi, la maggior parte sembrano fatti a mano, i soli cuori, con il suo sorriso alla Willem Dafoe gli conferiscono un aspetto un po' bizzarro. Quando la nostra barca è arrivata a Makronissos è stato il primo a scendere. Ha guardato indietro verso di noi, mentre l'equipaggio annodava le cime, con un piccolo sorriso di compiacimento. Makronissos è il nome più temuto per un'isola greca. Significa esilio, tortura e umiliazione. E tanto più crudele in quanto la terra ferma era così vicina, così visibile e così crudelmente accanto. A ricordare a tutti quanto è lunga la strada per l'inferno. Solo i bambini la vedono come un campo giochi all'aria aperta. E quelli i cui parenti sono ancora in patria sono i primi a prendere una pietra e picchiare sull'erba. I soli abitanti sono ora tre pastori Pakistani. Le pecore e le capre sono dappertutto sull'isola, e dove ci sono i rifugi ci sono mucchi di letame. I pastori stessi sembrano essere svaniti nella loro solitudine eletta. Cominciamo con alcune formalità. Uno di Nikos Tranos e un leader del PKK fanno un discorso, in cui annunciano l'ovvio proposito di questo evento. Il racconto ha bisogno di poche parole in mezzo alle rovine dei teatri abbandonati, della prigione abbattuta e ai frammenti di muro. Nikos suggerisce che si cominci pulendo un'area. Ognuno deve raccogliere poche pietre. Ai prigionieri veniva data una pietra che portavano su e giù lungo le colline di Sisifo. Cominciamo a segnare un altro punto, facendo un'altra pila. Improvvisamente i curdi si uniscono a noi, sempre più pietre si accumulano sul fango. È come un crescendo. Mhafouz mi dice che mentre I Cristriani raccoglievano pietre per marcare un luogo, I Zoroastriani tiravano pietre per allontanare il diavolo. Questa pulizia ed esorcismo sono come due facce della stessa medaglia, diverse strade per il paradiso. Lungo tutti I venti metri del muro è stato steso un foglio di carta, come una lunga tovaglia. Pane, formaggio, olive, pomodori, cetrioli, acqua e vino. Pane, formaggio, olive, pomodori, cetrioli, acqua e vino. Pane, formaggio, olive, pomodori, cetrioli, acqua e vino…Gli uomini di Lavrio si accovacciano sulle anche. Sul lato più basso, noi stiamo in piedi, tutti al livello dello sguardo, ma tutti che mangiano e scherzano tranquillamente. Avrebbe potuto essere come un rituale, ma era più semplice, leggero e profondo. L'Egeo scintillante applaude schioccando contro la riva. Nikos Papastergiadis. ris on|agencyParis on|agencyParis on|agencyParis Egnatia / ECObox: u n a t e l i e r t r a n s l o c a l e AAA porta avanti da quattro anni un lavoro di ricerca e di intervento sulle strategie e sui dispositivi urbani, a partire dalle pratiche quotidiane che permettono una reinvenzione permanente dello spazio sociale e politico della città contemporanea. Per questo lavoro, AAA sviluppa degli spazi urbani aperti alle dinamiche spontanee avviate dagli abitanti e alla creazione di luoghi di sperimentazione di nuove forme culturali e di socialità. Sviluppato a partire dal 2001 nel contesto multiculturale specifico del quartiere La Chapelle (un quartiere parigino abitato per più del 35% da una popolazione di origine straniera), il progetto ECObox ha realizzato uno di questi luoghi urbani di transizione. AAA partecipa al progetto Egnatia e al "monumento transnazionale delle memorie disperse" con una versione dislocata, dettagliata al livello delle pratiche quotidiane delle popolazioni migranti nella città contemporanea: è un "monumento al quotidiano" attivo, che prende delle forme materiali, economiche, ma anche immateriali, portate dalle reti, dai saperi e dalle pratiche di una popolazione urbana multiculturale/transculturale e mobile, proveniente dai diversi paesi e dai diversi tipi di migrazione (politica, economica, post-comunista, post-coloniale, post-bellica, ecc..) In che modo questo "monumento al quotidiano" potrà inscriversi all'interno della vita di tutti i giorni di questi "migranti", considerati nella loro posizione di abitanti di un quartiere, di una territorialità multipla e diffusa, ricca di molteplici culture? In che modo i loro spostamenti territoriali assurgono a questa scala del quotidiano? Quali altri micro-spostamenti a quali riterritorializzazioni operano a questa scala? In che modo questi spostamenti marcano anche l'immaginario e la soggettività individuale e collettiva ? In che modo questi spostamenti modificano i saperi e i saper-fare? In che modo questi stessi spostamenti (e deterritorializzazioni) diventano dei "saper-fare"? In che modo essi creano un altro quotidiano urbano, un quotidiano mobile e translocale? In che modo mappare questi territori mobili in quanto spazi mentali, sociali e fisici che ci inglobano? Noi abbiamo constatato che gli abitanti "migranti" passano da una mobilità fisica a una mobilità economica e culturale. Portano sempre delle dinamiche translocali all'interno dei luoghi dove abitano o lavorano. In che misura queste dinamiche possono divenire anche delle dinamiche politiche ancorate al locale? In che misura potranno realizzare un "terzo spazio" sociourbano nella città, condiviso, mobile, in evoluzione, ibrido, trans-culturale, più "differenziale" - nel senso di Saussurre - e meno "identitario"? Quale "biodiversità di pratiche" e di modi di vivere insieme sarà possibile nelle attuali città globalizzate? E, infine, come questo "monumento del quotidiano, transnazionale e degli attraversamenti territoriali" partecipa di un ecologia socio-politica della città contemporanea? AAA si interessa all'auto-organizzazione di queste popolazioni provenienti dai diversi paesi e dai diversi tipi di migrazione a livello di quartiere. In occasione del progetto Egnatia, vogliamo confrontare le situazioni osservate su piccola scala e in un contesto parigino con gli studi portati avanti dagli altri partners di progetto. Noi utilizziamo ECObox come luogo di incontro e di scambio fra le popolazioni che abitano il quartiere e i "dispositivi urbani mobili" messi in azione all'interno del progetto (cucina mobile, biblioteca mobile, network translocale, ecc), come dispositivi per il lavoro "sul campo" portato avanti dal nostro gruppo in questo contesto di ricerca multidisciplinare. Sono stati organizzati a ECObox una serie di micro-eventi locali, utilizzando questi dispositivi al fine di avviare delle micro-dinamiche e di attivare delle reti translocali (incontri, concerti, dibattiti, letture, discussioni, feste, pranzi in comune, laboratori, …). Sono state create situazioni di ricerca e di lavoro proprio allo scopo di discutere il materiale documentario prodotto nel corso di questi micro-eventi (discussioni metodologiche, scambio d'esperienze, contatti). L' atelier d'architecture autogérée (aaa) è una piattaforma interdisciplinare che sviluppa delle "strategie" e delle "tattiche" di ricerca e di intervento in materia di organizzazione urbana da molteplici punti di vista: architetti, urbanisti, artisti, studenti, attivisti, ricercatori, politici, abitanti e futuri utilizzatori degli spazi. (www.urbantactics.org). Abbiamo preso il termine "tattiche" dalla sociologia di Michel De Certeau che lo utilizza per descrivere le pratiche del quotidiano, le arti del fare, le astuzie e le modalità d'azione attraverso le quali " l'uomo ordinario " resiste alla "società dei consumi". cfr. Michel De Certeau, L'invention du quotidien 1. arts de faire, Unions générale d'éditions, 1980. Le tattiche urbane sono pertanto degli strumenti di interrogazione e d'azione, che utilizzano diversi tipi di intervento: reti trans-locali, strutture temporanee e flessibili, architetture nomadi, dinamiche di transizione, spazi collettivi autogestiti, produzioni culturali trans-locali. Esse mettono in pratica degli spazi urbani transitori, dei luoghi che permettono la sperimentazione di nuove forme culturali e di socialità. ris on|agencyParis on|agencyParis on|agency Paris Due dei micro-eventi : Che cosa mangiamo? Pranzo a ECObox, 22 gennaio 2005 (raccolta di saper-fare culinari e letture incrociate - utilizzando due dei moduli mobili di ECObox: cucina urbana e bibliotecamobile) Partecipanti: AAA, partecipanti a ECObox e abitanti di La Chapelle : Doina Petrescu, Constantin Petcu, Marion Baruch, Béatrice Rettig, Giada Mangiamelli, Jean-Baptiste Bayle, Myriam Rambach, Ousmane Sakho, Nathalie Magnan, Reine Prat, Michelle Chevillon, Abdulaye Sy, Marcela Poucova, Arben Iljazi, Fabienne Molinier, Leïla Charbi, Mireille Figeac, Gwenaelle Sachet. La rappresentazione dei luoghi, degli spostamenti e della loro memoria nelle pratiche quotidiane. La rappresentazione delle diverse territorialità attraverso la cucina e l'intersezione fra questa attività e l'attività di lettura. Mettere in evidenza gli spostamenti, gli incroci ed i viaggi all'interno dei saperi. Trasmettere e scambiare storie soggettive, ricette, saperi e saper-fare personali che hanno attraversato spazi territoriali e generazionali. Riscrivere questa trasmissione, questo spostamento, nella vita di tutti i giorni. Da un "qui ed ora" verso un "altrove ed ora"; nuovi contesti economici, culturali e sociali. In che modo questi saperi si integrano "nell'economia quotidiana"? Che cosa mangiamo? A volte mangiamo dei ricordi…mangiamo quello che abbiamo mangiato una volta e che ci è piaciuto. Mangiamo quello che ci ricorda dei momenti e dei luoghi. Mangiamo dei desideri. Insieme con le carote, tagliamo anche dei nuovi pensieri e delle domande, dei sapori e dei saperi. Come dice Michel de Certau, "piuttosto che restare nell'ambito di un discorso che mantiene la sua posizione di privilegio invertendo il suo contenuto (…), possiamo tentare un'altra strada: analizzare le pratiche micro-vitali, singolari e plurali". In un'epoca dominata da dei processi mondializzati, questa microscala dei discorsi e delle interrogazioni multiple diviene il luogo dove il translocale è ancora possibile. Conservare una temporalità di scambio, resistere e opporsi al consumismo attraverso la preservazione di pratiche di scambio translocale. Geografie mobili dei saper-fare Workshop e piattaforma radio mobile condivisa, 7-19 febbraio 2005 Partecipanti: AAA, partecipanti a ECObox e abitanti de La Chapelle (Constantin Petcou, Doina Petrescu, Marion Baruch, Béatrice Rettig, Giada Mangiamelli, Jean-Baptiste Bayle, Myriam Rambach, Michelle Chevillon, Abdulaye Sy, Arben Iljazi, Fabienne Molinier,…) ; ON-Stalker (Lorenzo Romito, Peter Lang, Celeste Nicoletti) ; studenti (Thomas Huguen, Romain Parent, Simon Le Rouic, Jerome Goyard, Baptiste Hamel, Camille Aubry, Camille Tissier, Audrey Toribio, Elsa Lacombe, Sébastien Vallat, Hervé Samin, Jaouida Zehou, Yanniq Loiseau, ecc.); Alain Guez et Laurent Malone. Il workshop, che coinvolgeva specificatamente studenti della Scuola d'Architettura di Parigi Malaquais e alcuni abitanti del quartiere, si proponeva di cartografare le molteplici territorialità che si incrociano a La Chapelle. Una parte delle cartografie si focalizzavano soprattutto sul piano terra, che contrasta per la sua multiculturalità con i piani d'abitazione veri e propri, a maggioranza francese. Il "piano terra" è il luogo di enunciazione di una presenza economica e culturale migrante, attivo nello stesso tempo alla scala del quartiere e ad una scala globale. Altri territori lontani partecipano così, a tutti gli effetti, allo scambio economico e sociale di un quartiere. Il "piano terra" del quartiere è divenuto dunque un "terzo spazio", come direbbe E. Soja, che attraversa i territori sociali, politici e immaginari della città contemporanea. La cartografie hanno messo in evidenza i poli culturali ed economici minoritari, le dinamiche e le reti micro-locali e translocali, le riterritorializzazioni spaziali della città per appropriazione simbolica (nomi di caffè, ristoranti, scritture multiple, manifesti e comunicazione locale, …). Esse hanno anche mappato le attività "visibili" delle popolazioni arrivate recentemente nel quartiere e i saper-fare integrati nell'economia locale, ma anche i saper fare emergenti e "discreti" (parrucchiere, abbigliamento, cucina, lingue, …). La cartografia è stata completata da una raccolta dei racconti legati a queste attività: storie, progetti di vita, desideri … . Problematiche sospese : Frontiere e zone di conflitto; popolazioni emarginate; mescolanza tra comunità; prostituzione; lavoro, commercio e mercato nero, ... . Fenomeni recenti (nuove attività, territorialità, progetti politici, politiche immobiliari "classiche" e "minoritarie", ...). Una prima zona : Il villaggio Tamil (rue Saint Denis - Gare du Nord - La Chapelle) Una delle presenze visibili e costituite attraverso riterritorializzazioni successive è il "villaggio tamil" (India e Sri Lanka). L'immigrazione tamil è un'immigrazione innanzitutto politica e solo in secondo luogo economica. Il villaggio tamil è comparso e si è sviluppato negli ultimi 15 anni, guadagnando una forte identità comunitaria negli ultimi 5 anni. Attualmente è visibile una prosperità economica che porta con sé anche un riconoscimento sociale. Domande : Quali tipi di rappresentazione? Da quale punto di vista rappresentiamo questi fenomeni? Queste cartografie hanno messo in discussione la posizione del cartografo: mediatore, interprete... tra una dinamica territoriale e culturale e la sua rappresentazione. oma on|agencyRoma on|agencyRoma on|agencyRom prima... o t giovedì 2 dicembre 2004: SGOMBERO DI CAMPO BOARIO t o b r 6:30 e Arrivo delle forze di polizia _ingresso delle forze di polizia (Polizia di Stato, Polizia Municipale e Carabinieri) e degli operatori dell'AMA nel Campo Boario _le forze dell'ordine presidiano in massa e chiudono al pubblico gli accessi al Campo Boario _gli abitanti delle baracche vengono "invitati" ad abbandonare in fretta le proprie case. Inizio operazioni di smantellamento _gli operatori dell'AMA iniziano a smantellare pezzo per pezzo la baracca-atelier di Antonio "il pugliese" _iniziano le operazioni di demolizione delle recinzioni abusive delle stalle dei cavallari _Rom e Kurdi assistono con tranquilla impotenza alla demolizione delle abitazioni dei loro vicini Entrano in azione le ruspe _le ruspe cominciano le operazioni di demolizione delle baracche costruite nell'area alle spalle della torretta centrale _inizia il via vai di camion dell'AMA e della Nuova Superiride che portano via le macerie _gli sfollati, raccogliendo in fretta e furia le proprie cose, abbandonano le baracche e cominciano a radunarsi nel piazzale antistante il Campo Boario 2 0 0 4 8:30 m a p p a t u 10:30 r a abitare "Modalità insediative" è il termine con cui si è scelto di denominare quella serie di processi creativi spontanei che hanno portato nel tempo le comunità o le singole persone a trasformare lo spazio originario del Campo Boario nel proprio spazio abitativo. Il processo di riappropriazione dello spazio e di affermazione delle proprie modalità abitative è uno degli elementi più interessanti del patrimonio umano e culturale del Campo Boario. Le persone nel tempo hanno trasformato uno spazio che era originariamente destinato al deposito degli animali in un luogo dove vivere e svolgere delle attività, ed ognuno ha scelto di farlo a suo modo, rivelando il profondo legame con le proprie radici sociali e culturali. Se questo aspetto è vero e particolarmente significativo per quei soggetti che possono contare sul sostegno e sull'organizzazione di una comunità (come ad esempio Curdi, Rom Kalderasha, Villaggio Globale, ma anche "soggetti autonomi" come Antonio, il falegname o il laboratorio Alchemia). Più complessa è la situazione di coloro che vivono, in condizioni di emergenza abitativa ed emarginazione sociale. Il Campo Boario costituisce per queste persone un rifugio precario, un luogo dove la soddisfazione delle necessità primarie è una condizione di sopravvivenza. relazioni Il Campo Boario è un luogo in cui convivono quotidianamente più di duecento persone che provengono da paesi e culture differenti. La trasformazione dello spazio abbandonato in spazio abitato è influenzata in maniera determinante non solo dalle esigenze e dalle modalità insediative dei singoli e delle comunità, ma anche dalle relazioni instaurate tra di essi. Soprattutto tra i soggetti più stabili e forti, quelli che costituiscono delle comunità (Villaggio Globale, Rom Kalderasha, Curdi), si sono stabiliti dei rapporti di cooperazione (è il caso ad esempio dei Curdi che lavorano saltuariamente per il Villaggio Globale), ma anche di esclusione: sono accordi, più o meno espliciti, per i quali ognuna delle parti circoscrive un proprio spazio di pertinenza attraverso limiti fisici e virtuali che definiscono la propria autonomia (recinzioni, percorsi, gestione degli spazi pubblici o semi pubblici). Questo sistema di relazioni è stabilito però anche attraverso elementi meno evidenti, come ad esempio la gestione di risorse fondamentali come l'acqua e l'elettricità, che permettono ai soggetti più forti e consolidati di esercitare un potere di controllo sugli altri o comunque di mantenere una propria indipendenza. Una parte dei soggetti, infine, soprattutto coloro che non abitano nel Campo ma vi svolgono solo delle attività, ha interesse a mantenere la sua totale autonomia, stabilendo dei rapporti soltanto con l'esterno (è il caso ad esempio dei vetturini o dello Zoobar). In ogni caso le relazioni che si sono stabilite tra i vari soggetti sono perlopiù tese a definire una pacifica convivenza e il rispetto delle singole autonomie: quasi mai si arriva ad una vera e propria collaborazione, che potrebbe portare il Campo Boario ad essere riconosciuto come una "comunità delle comunità". ma on|agencyRoma on|agencyRoma on|agencyRoma attività Esiste una corrispondenza diretta tra le condizioni sociali, le radici culturali e le attività che svolgono i soggetti che abitano il Campo Boario. Tale rapporto influenza profondamente le varie modalità di abitare e trasformare lo spazio, ed è anche il principale canale attraverso il quale i soggetti e le comunità si relazionano tra di loro e soprattutto verso l'esterno. Le attività sono principalmente di tre tipi. Vetturini e cavallari in primo luogo, ma più recentemente anche la famiglia rumena con il suo maneggio di pony, portano avanti ancora oggi, attraverso la loro attività, il legame ancestrale che quest'area alle porte di Roma ha avuto da sempre con gli animali. In secondo luogo le attività artigianali e artistiche, che sono espressione delle identità e delle tradizioni culturali delle comunità (Curdi, Rom Kalderasha, Villaggio Globale), o anche della creatività e della passione di singoli (Antonio, il laboratorio Alchemia, il falegname etc.). Infine le attività legate alla vocazione contemporanea dell'area di Testaccio e Ostiense, quella di centro della cultura e dello spettacolo (Villaggio Globale, Zoobar, Ararat). Il lavoro è comunque, insieme all'emergenza abitativa, una delle problematiche più sentite, soprattutto dai soggetti che vivono in condizioni più disagiate, per i quali trovare un'occupazione è non solo indispensabile per rimanere in Italia con un regolare permesso di soggiorno, ma è spesso una questione di sopravvivenza. storie Il Campo Boario è uno di quei luoghi che, per le particolari condizioni morfologiche e di utilizzo, accoglie tra le sue pieghe le contraddizioni della città contemporanea. È prima di tutto un rifugio, uno spazio di accoglienza per coloro che vivono per scelta o per necessità ai bordi della civiltà urbanizzata. Esplorare questa realtà significa prima di tutto entrare in contatto con le persone che la vivono, e con il bagaglio di storie che si portano dietro. Il futuro di queste persone, come quello del Campo Boario come luogo di accoglienza, come città di città sovrapposte, si può costruire a partire dal loro passato, dalle motivazioni che li hanno spinti a cercare un riparo, una possibilità diversa di costruire il proprio spazio. In queste settimane ci siamo immersi nelle vicissitudini dei singoli e nelle storie delle comunità, cercando di capire i problemi di ieri, le necessità di oggi e le speranze per il domani. Restituire le esperienze di persone in viaggio da paesi lontani non migliorerà direttamente le condizioni di vita disagiate, ma può essere il primo passo per comprendere e dare voce alle necessità, per costruire, attraverso il dialogo e la conoscenza reciproca, una realtà d'integrazione delle culture. Workshop con la Università degli Studi Roma Tre Facoltà di Architettura, coordinatore Francesco Careri t_spoon (Nina Artioli, Matteo Di Sora, Paola Fusco, Alessandra Glorialanza, Daniela Pastore, David Rizzuti, Davide Sacconi, Eliana Saracino, Simone Stabile) 12:00 Comincia la disinfestazione _iniziano le operazioni di disinfestazione delle parti delle baracche già demolite _le persone sgomberate dalle baracche affollano ormai il piazzale esterno, in attesa di conoscere la loro nuova destinazione dagli assistenti sociali del Comune _si cominciano a smantellare anche le baracche costruite a fianco di ARARAT Le baracche sono rase al suolo _nel giro di poche ore il grosso delle baracche è ridotto ad un cumulo di macerie _gli operatori dell'AMA procedono alla disinfestazione completa dell'area demolita _gli sfollati attendono ancora notizie sulla loro sorte, si prospetta per loro una notte sotto le stelle 15:00 19:00 Conclusione delle operazioni _arrivato il buio si concludono le operazioni di questa prima giornata di sgombero _solo grazie all'intermediazione di un gruppo di architetti e studenti si riesce a fornire agli sfollati un'assistenza alloggiativa provvisoria. _la polizia rimane a presidiare la zona in previsione delle operazioni di demolizione e bonifica dei giorni seguenti. ...dopo cts on|projects on|projects on|projects on|projects L'Egnatia e l'Osservatorio Nomade E' difficile distinguere lo sviluppo del progetto Egnatia dallo sviluppo del soggetto che lo sta realizzando, l'Osservatorio Nomade. Entrambi si propongono come il costituirsi di identità transnazionali, molteplici e collettive allo stesso tempo. Il tentativo di agire tale progetto da parte dell'Osservatorio Nomade, costituisce esso stesso una azione fondante di una possibile identità per chi ci si sta dedicando. Così come il progetto Egnatia è esso stesso un fondamento di quell'attore sociale in fieri con mandato e strumenti pubblici, convocatosi alla narrazione di una possibile comunità transnazionale, attraverso i confini d'Europa, lungo la Via Egnatia. Esiste una circolarità fra il costituirsi di un percorso/discorso, l'Egnatia, il suo espletarsi in un soggetto agente ed in un progetto agito, e la creazione degli strumenti con cui realizzare il tutto. Si sta cercando con impegno di raggiungere un livello di azione/narrazione condivisa, di tracciare i confini, seppur aperti, di un soggetto comunitario transdisciplinare e transnazionale, l'Osservatorio Nomade, e di uno spazio pubblico, il "monumento transnazionale Egnatia", immaginato come possibile territorio/narrazione di una altrettanto auspicata comunità: una comunità inclusiva e non esclusiva, fondata sullo sdradicamento piuttosto che sulle radici. Infatti il progetto Egnatia, con la prospettiva di realizzare un monumento transnazionale, uno spazio pubblico attuale per la condivisione delle memorie, intende contribuire alla costruzione di una possibile comunità transnazionale; una nuova possibile identità, può sembrare una prospettiva ambiziosa quanto velleitaria, ma in realtà risponde piuttosto ad una urgenza, più che un obiettivo è uno stimolo, una possibilità a cui tentare di dar luogo. Una identità possibile, costitutivamente altra rispetto alle identità uniche ed esclusive realizzate nella modernità dagli stati nazionali attraverso le grandi narrazioni mitiche a cui appartengono solitamente i monumenti. L'identità a cui si tende, attraverso la costruzione di una narrazione Egnatia, trova il proprio fondamento inclusivo nell'esperienza, più o meno drammatica, della dislocazione. Ovvero nella sempre più diffusa e attuale condizione di sdradicamento e di appartenenza molteplice a cui questo progetto vuole dare voce. On|Salento La partecipazione e il coordinamento di una parte significativa del Festival di Negroamaro in Salento incarnano il coronamento della dimensione pubblica e di apertura alle comunità locali dell’intero progetto. La Via Egnatia sarà simbolicamente ripercorsa in Salento attraverso suoni, immagini, voci e sapori. L. R. (continua da pag.2) La focalizzazione di alcuni filoni di ricerca e di azione che vengono portati avanti da collaborazioni di ricercatori ed artisti attraverso le agenzie, piuttosto che non dalle agenzie stesse, sta portando al costituirsi di quelle che potremmo chiamare delle "agenzie transnazionali", ovvero collaborazioni tra artisti delle diverse agenzie su tematiche specifiche. Questo è ben evidente in tutte le ricerche, al di là dello stato di avanzamento, nelle quali si sta canalizzando il progetto, e che dopo otto mesi di lavoro sembrano ormai chiaramente identificate. Lungo l'Egnatia tra confini e minoranze, un progetto portato avanti attraverso una serie di viaggi dal Salento verso l'Albania, la Macedonia e la Grecia. Il primo viaggio è stato presentato nel primo numero di questo giornale, e altri due vengono presentati qui di seguito. Le dinamiche della diaspora curda in Europa, unica ricerca delocalizzata rispetto al percorso fisico dell'Egnatia e presentata nelle pagine seguenti. Salonicco per un riemergere pubblico delle memorie rimosse, un progetto che prende le mosse dal workshop "ghostbustering in Thessaloniki" realizzato durante l'incontro di Salonicco e presentato anch'esso nelle pagine seguenti, sottoforma di gioco su base cartografica. Le traduzioni dello scambio, progetto che prende le mosse dalle raccolte di storie, individuate da Marina Fokidis e presentate anch'esse a Salonicco, con le quali si sono iniziati una serie di laboratori di traduzione, che faranno transitare le storie, dal greco al turco e viceversa, fino all'italiano, affidando le traduzioni a comunità di minoranze linguistiche sospese tra le lingue che traducono. Along the Egnatia è un film ad episodi che nasce dall’intuizione di Matteo Fraterno, con la collaborazione e la regia di Davide Barletti (Fluid Video Crew). L’Osservatorio Nomade ha attraversato l’Egnatia con l’intenzione di incontrare, scoprire e lasciarsi sorprendere dall’enorme partimonio di intrecci e stratificazioni che costituiscono la storia dei paesi e delle persone che vivono lungo la Via Egnatia. Tralasciando l'obiettivo di una pubblicazione di tutte le attività del progetto che non potrà che essere il naturale completamento dell'ampio lavoro di resoconto fin qui svolto attraverso gli strumenti del network sopra menzionati, vorrei, per concludere, affrontare quello che credo essere il più importante e più impegnativo degli obiettivi, ovvero la sintesi in una narrazione poetica unitaria dell'intero progetto. L'elaborazione di una sintesi poetica del progetto non può ovviamente procedere linearmente e per gradi. Il lavoro fin qui svolto, lo scambio e l'interazione tra i soggetti che partecipano al progetto lascia ben sperare nella possibilità di raggiungere tale sintesi. Sicuramente sarà proprio l'incontro in Salento il momento in cui verificare la fattibilità di tale sintesi. Il prossimo incontro salentino è stato impostato affinché l'incontro tra gli attori del progetto, l'incontro con i protagonisti e le loro storie raccolte sul campo, quello con il pubblico possano trasformarsi in una comune e continua azione/narrazione condivisa, premessa necessaria per agire collettivamente un atto poetico di sintesi. " Siamo entrati irreversibilmente in un mondo politeistico in cui i linguaggi e i sistemi di riferimento sono sempre diversificati, ma in cui occorre convivere mettendosi d'accordo sulle regole comuni. La convivenza non è più garantita se non dalla nostra capacità di metterci d'accordo. La ricerca essenzialista di basi stabili per la nostra identità alimenta facilmente nuovi fondamentalismi che si traducono in intolleranza e violenza. La possibilità di mantenere le nostre narrazioni sufficientemente aperte perché possano essere luoghi di incontro è una delle strade che abbiamo a nostra disposizione per ridurre questa minaccia. Si tratta di fare di questa narrazione non solo un'esperienza privata, ma uno spazio pubblico dove la diversità della parola possa essere contenuta e ascoltata senza violenza" (A. Melucci, Culture in gioco, differenze per convivere. Milano 2000). Lorenzo Romito ad un proge ts on|projects on|projects on|projects on|projects Kurds on the map è un progetto di mappatura dinamica e sensibile della geografia delle identità culturali europee. Attraverso l’incontro e l’osservazione della diaspora della popolazione curda, cerca di mettere in evidenza lo scambio e le reciproche influenze fra le identità culturali anatoliche e il contesto europeo. On|Thessaloniki Il workshop e l’incontro con la città di Salonicco rappresentano il lavoro sul campo come momento centrale nella metodologia e nella pratica dell’Osservatorio Nomade, andando alla ricerca del possibile punto di contatto fra la stratificazione storica e culturale e il tessuto vitale della città. Scambio di popolazioni Dopo aver messo per la prima volta in comunicazione, grazie a Marina Fokidis, le fondazioni che da anni raccolgono le storie e le memorie di coloro che hanno vissuto in prima persona il trauma dello scambio di popolazioni fra Grecia e Turchia in seguito al Trattato di Losanna del 1923, il tema della conservazione della memoria e della sua importanza nel presente rappresenta uno dei cardini attorno al quale si articola il progetto. etto transnazionale nia on|fieldMacedonia on|fieldMacedonia on|fieldMaced Along the Egnatia Seconda tappa Diario di viaggio di Davide Barletti (Fluid Video Crew) La seconda tappa del viaggio lungo la Via Egnatia comincia il pomeriggio del 27 novembre 2004 a Lecce. La macchina di Geco, con la quale affronteremo il viaggio, è gia semipiena di masserizie: oltre all'attrezzatura tecnica, a un litro di olio d'oliva e a una damigiana da 5 litri di vino nostrano, spiccano per la loro pesantezza le due chianche in pietra leccese: anche questa volta testimonieranno le storie che andremo a raccogliere al di là del mare, presenze cariche di licheni che troveranno una loro collocazione lungo il tragitto della Via Egnatia. Si parte alla volta di Bari, lì ad attenderci alla stazione troveremo il principe dell'accelerazione relazionale, Matteo Fraterno, questa volta accompagnato dal fotografo francese Laurent Malone. Il viaggio verso il capoluogo pugliese scorre tranquillo. Ripenso alla precedente tappa: a guidare il nostro primo viaggio lungo la Via Egnatia, era stata la storia dell'attore italoalbanese Nicolino Gioia, questa volta pare che sia un libro, il faro da seguire: "Vite di confine" di Piero Vereni, una sorta di ricerca antropologica nella zona di confine tra la regione greca di Macedonia e la Repubblica di Macedonia. Tra le pagine del libro sembra che Fraterno abbia individuato delle possibili "chianche", ovvero delle possibili storie: io mi fido a modo mio, Geco stenta a capire, ma si fida anche lui. Arriviamo alla stazione di Bari, eccoli là i due: Matteo e Laurent, ovvero una straordinaria coppia televisiva stile anni '60, un duetto di detective del territorio, con il loro fascino un po' retrò. Dopo una veloce cena a base di pesce, ci si incammina per il porto: la nave Adriatica ci attende. Sistemati nella cabina, rigorosamente con oblò e con doccia, ci lasciamo andare a un lungo sonno sul canale d'Otranto. La mattina si arriva in terra albanese, porto di Durazzo. Io e Fraterno ci sentiamo un po' a casa: ci fiondiamo dal buon vecchio Tafa, il nostro "portale" in Durazzo, il proprietario dell'hotel Mediterraneo, amico di Nicolino Gioia. Tafa è il mare in persona, vecchia pellaccia con il suo italiano stentato, gran cuoco di pesce: ci accoglie nel suo hotel rifocillandoci con una ricca colazione e promettendoci una mangiata di pesce al nostro rientro, da lì a una settimana. Lo salutiamo, si parte per la Macedonia, l'Albania questa volta può attendere. Il tragitto verso il confine è lungo: bisogna affrontare 180 km di strada messa un po' male e poi ogni 15 km io e Malone obblighiamo gli altri a fermarci per catturare un po' di immagini; insomma, un viaggio visivo ci accompagna verso le terre macedoni. Piove, il cielo è grigio, passiamo per Elbasan e le sue fabbriche di cemento ormai chiuse: enormi cattedrali erette per costruire povere case e tanti (800.000!!) bunker, simboli di una paranoia da invasione, che ha accompagnato il regno di Enver Hoxa per 40 anni. Ci affianchiamo al fiume Sciumpì, che risalirà l'Albania con noi per poi tuffarsi nelle acque del lago di Ochrid, in Macedonia. Frontiera albanese-macedone, paghiamo un dazio a noi sconosciuto, entriamo in un nuovo paese, con un nuovo nome: qualcuno la chiama Macedonia, qualcun altro Repubblica di Macedonia, qualcun altro ancora FYROM. Insomma, basta questo a farci capire quanto la geografia politica sia un semplice punto di vista, appannaggio di chi decide le sorti di interi popoli. Allo stesso modo, sia che a decidere siano i pascià turchi o i fascisti italiani, i nazionalisti greci o i comunisti serbi, i baronetti inglesi o i selvaggi sognatori della Grande Albania: a rimetterci è sempre la gente di confine. È ormai pomeriggio inoltrato, Fraterno scopre le sue carte. Ad attenderci sul lago di Prespa -e precisamente nel villaggio di Sirhan- ci sarànno Simone Uzuvnsokj e suo figlio Nikola (giovane artista che ci aveva accompagnato nel precedente viaggio in Albania), verremo accolti nella loro bellissima casa sulle rive del lago, un edificio in puro stile '70, in disuso però da circa un anno. Eccolì là: li troviamo per la strada ad attenderci, sulle rive di uno dei più bei laghi d'Europa, il lago delle tre frontiere, suddiviso tra Macedonia, Albania e Grecia. Ci abbracciamo con Nikola, conosciamo il padre Simone, un grand'uomo, con una grande barba e una grande tosse dovuta alle sue 100 sigarette quotidiane. Capiamo subito che Simone sarà una delle due chianche: la sua storia rappresenta quella di una generazione lungo la Via Egnatia. Originario della terra dei due laghi, macedone di sangue, studia a Belgrado all'accademia di belle arti, esplorando tutte le forme artistiche dei primi settanta, si "lancia" attraverso il mare Adriatico nel 1973 per un viaggio con destinazione Tunisi e -in realtàsi ferma a Capri dove, in un modo o nell'altro, ci rimarrà fino ad oggi. Per tutte le successive stagioni estive, si inventerà una sua attività economica consistente nel dipingere rappresentazioni dei panorami della bella isola che venderà dignitosamente ai tanti turisti, americani e non. Questa sua attività gli permetterà di campare e di mantenere agli studi e alla vita i suoi due figli: -Nikola, artista concettuale, con la vocazione delle lingue, dell'informatica e dei panorami nordici. -Marco, giovane musicista, amante dei party transe, organizzatore di feste in giro per l'Europa (in questo momento residente a Roma). Inizia così la nostra residenza sul lago di Prespa, il lago delle grandi carpe. Passata la prima notte, l'indomani siamo nella vicina cittadina di Resen, dove Simone ci conduce tra i banchi del mercato ortofrutticolo; in esplorazione, conosciamo alcune venditrici di cachi, di stoffe e dei magistrali panettieri: i loro volti ci ricordano quanto le etnie -da queste parti- si siano mischiate, accoppiate e poi scontrate. Dopo alcune ore ci separiamo, Simone proseguirà in solitario, a salutare vecchi amici e parenti; noi proseguiamo per Bitola, nobile città macedone verso il confine greco, un tempo (durante l'impero ottomano) sede di consolati e di ambasciate. La osserviamo dall'alto, la città, immersa in una nebbiolina da fiaba, divisa in due: da una parte il quartiere cristiano ortodosso,dall'altra il quartiere turco, con il suo mercato e la sua moschea abbandonata. Ci perdiamo tra le stradine, veniamo attratti da un negozietto di frutta secca e di legumi, ascoltiamo musica ad un banco che vende cd contraffatti, entriamo nelle rovine della moschea, ora adibita a deposito di falegnameria. Fraterno disegna qualcosa su tavolo di compensato, io scivolo su una lastra di ghiaccio, mi cadono numerosi pistacchi. Dopo un po' di tempo, ci decidiamo a cercare tal Janis Zahariadis, citato nel libro di Vereni, commerciante di pezzi di ricambio per automobili qui in Bitola, cittadino greco, residente a Florina in terra ellenica. Attraversa tutte le mattine, da 18 anni, il confine greco-macedone per venire a lavorare al suo negozio, per poi ritornare la sera a casa sua, in Grecia. Inizia la caccia, ci spostiamo in periferia, attraversiamo vie, viali e piazze, chiediamo ai passanti informazioni in strani idiomi, finchè troviamo un campo da basket, lì di fronte c'è il negozio di Janis e lui stesso in persona: un omone alto 2 metri per il peso di oltre 100kg, simpaticissimo, un gigante buono, disponibilissimo a scambiare il suo tempo con il nostro. Janis ci racconta la sua doppia vita, le sue due tasche con le differenti monete, i suoi due orari differenti (tra Grecia e Macedonia c'è un'ora di fuso orario), le due lingue che utilizza a secondo dei clienti, noi speriamo anche che ci parli di due donne diverse, ci piace immaginarlo così. Passiamo qualche ora così, in un anonimo caffè a guardare e ad ascoltare chi tutti i giorni passa questo confine, trasportando marmitte e candele per auto, camminando sulla via Egnatia, ridando un valore e un senso commerciale (in fondo era nata per questo) a questa strada. Ci separiamo, promettendo di rivederci da lì a qualche giorno per attraversare il confine insieme. Arriva l'alba del terzo giorno della residenza. Nel pomeriggio si andrà in Grecia, a Florina per la precisione, per andare a prendere tal Michalis Kiriazis, giovane architetto di Salonicco ma con trascorsi universitari veneziani, inviato dall'Agenzia del progetto Egnatia. Prima di passare le dogane macedoni-greche, ci fermiamo ad Heraclea, il sito archeologico più importante della Macedonia attuale, un interessante esempio di scavi integrati con il territorio, libero da gabbiotti e da pullmans gran turismo. Al varco ci attende Tode Kulevski, una guida piena di entusiasmo tipico degli anni '50: con lui visiteremo la zona. Tode parla, infervorandosi, in tedesco, nonostante nessuno di noi pratichi la lingua. Fraterno, Malone e la simpatica guida metteranno in scena, sulle rovine del teatro romano, cinque minuti di esilarante spettacolo, in memoria dei tempi passati: la visita terminerà con un lungo applauso degli operai e dell'archeologa Matavska Aneta alla Via Egnatia. Si saluta, dopo qualche chilometro si passa il confine. A Nike, primo paese dopo la frontiera, due carte geografiche, da scuola media, ai bordi del marciapiede della piccola piazza: Fraterno le raccoglie e le dispiega per strada; Malone fotografa; andiamo via, il greco ci attende. Tornati indietro di un'ora, arrivati a Florina, vediamo il bus proveniente da Salonicco, fa da scenario una cittadina meno nobile ma carina della sua gemella Bitola. Eccolo qui il greco, alto, parla un ottimo italiano, entusiasta, sveglio, anche se non ha capito subito quello che stiamo facendo (per lui è la prima volta che viene dai suoi vicini macedoni, suo padre si è arrabbiato molto quando gli ha comunicato che andava a fare una residenza in Macedonia: "Si dice FYROM, Michalis mio…"). Dopo un po' di conoscenza, Fraterno comunica il possibile percorso: tornare verso Nike, cercare una donna sui 60, con dei begli occhi blu, il suo nome è Maria, Vereni ne parla sul libro. Maria, macedone di nascita ma greca di adozione, conserva un libro dove custodisce oltre 200 canzoni tradizionali, è contadina, guidatrice di trattore e cantante del villaggio, viene chiamata i giorni dei matrimoni e dei fidanzamenti Nike è un bel villaggio e i suoi abitanti disponibili ma troviamo difficoltà nella ricerca, soprattutto perché scopriamo che Maria non si chiama Maria bensì Pareskevi, i suoi occhi blu ci sono e sono belli e il suo sorriso ci accoglie nella sua aia tra le sue mucche e il suo trattore. Passa il tempo, arriva la sera, andiamo via con la promessa di ritornare, Pareskevi è disposta a passare un po' di altro tempo con noi, a spiegarci bene come queste canzoni, nate in lingua macedone e poi riadattate in lingua greca, siano il collante fra due comunità. Torniamo in Macedonia, sul lago, il greco e i due macedoni si conoscono, passiamo la serata a mangiare trote del lago di Prespa, comprate dai ristoratori macedoni in terra albanese (lì non esistono limitazioni alla pesca delle trote). Un nuovo giorno inizia nella nostra residenza, la giornata prevede la posa della prima chianca, abbiamo deciso che verrà collocata nell'aia della casa di Paraskevi, in terra greca. Prima di partire si saluta il giovane Nikola, in partenza per Skopje, giriamo una piccola scena di fronte alla casa: Esterno giorno, alba. Un signore con una lunga barba (Simone), lavora nel suo giardino su una lastra di pietra (chianca), scartavetrandola con meticolosità e sapienza. Intorno a lui i colori e i tenui suoni dell'alba. Un ragazzo con lunghi capelli e uno zaino tecnologico (Nikola) esce di casa, si avvicina al signore con barba, osservandolo in silenzio mentre lavora. Il signore dopo un poco alza lo sguardo, posa i suoi strumenti, si avvicina al ragazzo, scambia con lui alcune frasi in una lingua sconosciuta, si abbracciano. Nikola si allontana per il vialetto della casa, Simone ritorna a lavorare sulla sua chianca. Ci ritroviamo in macchina: io, Fraterno, Geco, Malone e il greco Michalis. Destinazione Bitola, negozio di Ianis. Arriviamo in tarda mattinata. Qui verremo accolti in maniera calorosa. Dopo un poco dal nostro arrivo Ianis termina di lavorare ed è disposto ad attraversare il confine con noi, per andare a casa di Paraskevi a posare la chianca. Si parte, arriviamo alla frontiera, Ianis è conosciuto dalle guardie di entrambi i paesi, in fin dei conti fa questo tragitto due volte al giorno da 18 anni, il suo passaporto è ormai un'unica macchia fatta di timbri. Eccoci in Grecia, incrociamo lo sguardo della statua di Alessandro Magno, eroe conteso tra i due stati: Alessandro il macedone! Ma macedone di dove? Io continuo a non capire, Michalis ci dice che bisogna capire gli uni e gli altri, anche le ragioni dei nazionalisti greci: "E' come se un giorno gli abitanti della costa azzurra decidono di chiamare la loro regione Piemonte, che succederebbe?". Forse è per questa ragione che l'architetto continua a chiamarla FYROM. Ci dirigiamo verso la casa di Paraskevi, entriamo nella sua aia, lei è lì, sta finendo di mungere le sue vacche, veniamo accolti con un buon caffè e una dose massiccia di grappa. Dopo le dovute presentazioni, sistemiamo un po' di sedie all'aperto, la donna dagli occhi blu prende il suo prezioso quaderno di canzoni, lo sfoglia un po' timidamente, ha capito che il nostro desiderio è sentirla cantare: sentire la sua voce lì a Nike, è per noi un momento essenziale del lavoro relazionale creato. Il nostro progetto è costruire un ponte ideale tra la comunità di quel villaggio di frontiera e la Grècia Salentina, tra Nike e Calimera, tra quella donna contadina e un'altra donna, al di là del mare, Raffaella Aprile, cantante anche lei: creare un laboratorio sonoro-etnografico lungo la Via Egnatia. Una rete che parta dal Salento, attraversi il canale, passi tra le vallate di Lepardha in Albania, per giungere in questo villaggio e fermarsi in questo piccolo cortile, per poi un giorno proseguire per Salonicco e arrivare a Istambul. Quando le diciamo che la canzone che vorremmo sentire è dedicata ad un'altra donna, Paraskevi si siede, guarda diritto verso la telecamera e lascia andare la sua voce. E' inutile dire che il tempo si ferma. Ianis e la donna sono seduti su una mangiatoia di pietra, sembra quasi che si conoscano da sempre: questa è la capacità di Fraterno di mettere in relazione persone che apparentemente non c'entrano niente l'uno con l'altra. Prendiamo dal portabagagli della macchina la prima chianca, Michalis con non poca fatica la poggia sulla mangiatoia. A turno, edonia on|fieldMacedonia on|fieldMacedonia on|field Piccolo resoconto del secondo viaggio lungo la via Egnatia 27 novembre - 5 dicembre 2004 Ringraziamenti, riflessioni, contatti, appunti di viaggio e... ognuno scriverà il suo nome a testimonianza del passaggio. Lasciamo Nike e Paraskevi, con l'augurio di rivederla presto a Calimera, in Salento, nel giardino di Giannino Aprile, a continuare il laboratorio sonoro, creato da Fraterno e da Osservatorio Nomade l'anno passato. Giunti a Florina lasciamo Loran, il bel fotografo a un pullman che lo porterà a Salonicco, le nostre strade per ora si dividono. La notte passa a Shiran, sulle acque del lago di Prespa, passiamo il tempo a pianificare con Simone l'esplorazione del giorno dopo: ci porterà sulla strada che attraversa la montagna che separa i due laghi, quello di Ocrhid e quello di Prespa. Simone vuole portarci anche in una zona dove sa che è rifugiata da ormai 12 anni una comunità macedone che aveva il suo villaggio nativo in terra albanese al di là del lago e che -dopo la caduta del regime comunistaha trovato rifugio da queste parti. In queste zone, sono tante le storie di comunità che i confini e le successive spartizioni hanno diviso. Di buon mattino ci mettiamo in marcia, come promesso Simone ci porta a casa dei "rifugiati". La nostra macchina arriva davanti a un enorme costruzione (al tempo della Repubblica di Yugoslavia, aveva la funzione di colonia estiva, adesso ospita più di 200 persone provenienti dai villaggi macedoni-albanesi di Gorica, Tuminec, Shulin, Pustec, Leska, Zrmosko e Cersa). Appena scesi, veniamo accolti da Jane Nicolovski, profugo macedone: lui è un po' il capo di questa comunità che ha lasciato la propria terra per cercare fortuna nella terra dei propri antenati. La loro ospitalità, pur nelle difficili condizioni, è sempre esemplare: nonostante la loro vita adesso si svolga tra le camere di un casermone in stile funzionalista, non hanno dimenticato le tradizioni dei villaggi fatti di pietra e legno. Passiamo un po' di ore con loro e ci diamo appuntamento al giorno dopo, per approfondire l'incontro. Ripartiamo, la strada per il lago di Ochrid ci attende, il vento quel giorno spira forte, è lo stesso vento che attraversa il canale di Otranto per spazzare le pianure salentine (in poche parole c'è una tramontana che pulisce il cielo, ma fa ghiacciare le mani). Arriviamo sul punto più in alto e in un solo sguardo abbracciamo i due laghi, una visione…Simone prende la chianca e inizia a scolpire alcune sue impressioni, ricordi e segni, la pietra si trasforma in un piccolo taccuino di appunti. Andiamo giù verso Ochrid, passiamo per un monastero dai bellissimi affreschi e arriviamo nel tardo pomeriggio nella cittadina delle famose trote col punto rosso, una vera delizia. In serata, una volta rientrati a casa, si decide che il giorno dopo porteremo un omaggio alla comunità dei rifugiati: optiamo per un litro di olio d'oliva e per 5 litri di vino salentino. Finalmente arriva il mattino, oggi si va in acqua, si va nel punto dove tre frontiere, tre culture, tre lingue, tre popoli si incontrano, nel bel mezzo del lago. Prima di imbarcarci passiamo da Jane a lasciare i nostri piccoli omaggi, lui ci aspetterà il pomeriggio per offrirci qualcosa che ancora non sappiamo. Conosciamo il nostro traghettatore, si chiama Slavo Georgieveski, pescatore del villaggio di Stenje, ha un volto familiare come quello dei nostri pescatori. Partiamo, il sole splende, l'aria è buona, anche l'acqua -ci dice Slavo bevendone un po'- qui l'inquinamento e gli scarichi non sono ancora arrivati. La direzione è quella per l'isola di Golem Grad al centro del lago, a poche centinaia di metri dalla boa di confine. I nostri telefoni portatili incominciano a dare i numeri, cambiando rapidamente operatore: una volta la Cosmos macedone, un'altra volta un sms di benvenuto in terra ellenica, un'altra volta la linea albanese, insomma una democrazia della telecomunicazione: Il motore della barca si spegne, stiamo in mezzo, è il momento della seconda e ultima chianca. Simone finisce di scalpellare, lascia una sua biografia su questa pietra, il museo delle chianche, per noi iniziato al largo di Durazzo, ha una sua terza sede: le acque del lago. Simone e Michalis lasciano una dichiarazione alla telecamera nelle loro rispettive lingue, le montagne dei tre paesi confinanti fanno da scenario. La chianca viene presa da entrambi e gettata, fa un suono possente, il giallo della pietra si confonde con il blu dell'acqua. Michalis e Simone si abbracciano e- per una volta- le rispettive storie si uniscono. Nel tardo pomeriggio arriviamo a terra, Michalis deve essere riaccompagnato a Florina, un bus per Salonicco lo riporterà a casa, Geco e io riaccompagniamo il greco a casa. In serata ci rincontriamo tutti a casa. E' la nostra ultima notte in terra macedone, l'indomani si parte. Fraterno in nostra assenza ha preso accordi con Jane per attraversare la frontiera macedonealbanese con lui e riportarlo al suo villaggio di Shulin, noi poi proseguiremo per Durazzo. E cosi è: la mattina salutiamo Simone Uzuvnoskj e la sua casa -la nostra residenza senza il suo aiuto sarebbe stata impossibile- recuperiamo ai bordi di una strada alberata Jane e un suo amico, tutti e due con relativi doppi passaporti. Dopo un poco di chilometri, prendiamo una strada sterrata e arriviamo ad un posto di frontiera di altri tempi, lasciamo la terra macedone ed entriamo in terra albanese. Le guardie di questo avamposto anni trenta stentano a credere che tre italiani con due locali stiano lì, sperduti tra i monti. Fraterno tira fuori la sua cartella dedicata a Nicolino Gioia, fa vedere alle incredule guardie la foto dell'attore e una copia del quotidiano Balkan, dove parla del nostro precedente viaggio. Tutto questo, parlando lingue completamente differenti: loro ridono e si fanno riprendere, la sbarra si alza, i bunker a presidio della montagna ci aspettano. Proseguiamo nell'interno, arriviamo nel villaggio di Shulin, Jane ci porta subito da sua madre, il linguaggio tra di noi continua ad essere altamente improvvistato, ci viene offerta della feta e abbondante grappa, che a prima mattina sortisce strani effetti. Entano in casa vari personaggi, qualcuno ansioso di dimostrarci le sue qualità canore. Il villaggio è immobile, fermo nel tempo, incastonato tra le montagne, attraversato da ciucciarielli che portano fascine di legno. Ad un certo punto, quando la comunicazione diventa un poco improbabile, il capovillaggio chiama al telefono satellitare tal nativo di Shiulin ma residente a Roma, per la precisione a Ponte Milvio. Tutto è divertente e bizzarro. La rete si estende. Ci salutiamo, veniamo omaggiati con dell'ottimo the nero ed una quantità di feta. Direzione Durazzo, abbiamo 6 ore per fare 150 chilometri. In serata ci troveremo al ristorante di Tafa, in compagnia del buon vecchio Mimmo Gianfreda, venuto apposta per noi da Tirana. Mimmo nella nostra precedente esplorazione era stata la "strana" guida. Ci dice che le cose in questo periodo vanno male per il lavoro, ha difficoltà a organizzare il corteo storico su Skandenberg e i soldi mancano. In compenso Tafa ci porta aragoste e triglie a quantità. La nave Adriatica ci attende per riportarci in Puglia. In viaggio da Bari per Durazzo: lunga la via Egnatia. Matteo Fraterno, Davide Barletti, Roberto Greco, Laurent Malone. In residenza sul lago di Prespa: Uzuvnoski Nikola, Uzuvnoski Simone, Michalis Kiriazis. Piero Vereni: Antropologo, importante il suo libro "Vite di confine" sul confine tra Macedonia e Grecia,è stato una sorta di guida. Tafa: ristoratore, Hotel Mediterraneo, appena scesi dalla nave a Durazzo siamo stati suoi ospiti per un'abbondante colazione prima di proseguire il viaggio verso la Macedonia Simone Uzuvnoski: artista padre di Nikola. Siamo stati suoi ospiti nella sua bellissima casa a Sirhan sul lago di Prespa. Fondamentale il suo contributo, coinvolto attivamente sul progetto si è reso disponibile per tutto il tempo, relazionandosi, accompagnandoci, traducendo… Slavco Georgieveski: pescatore del villaggio di Stenje sul lago di Prespa; la sua barca ci ha permesso di mappare una parte del lago arrivando a i 3 confini Albania Macedonia e Grecia, all'altezza dell'sola Golem Grad. Abbiamo lanciato la chianca simbolicamente in acqua, dopo che Simone l’ aveva scolpita: è stato molto emozionante. Nicolina Paceleka e Vllado: sono una coppia di anziani che da sempre vivono nel villaggio di Konsko sul lago di Prespa dove si arriva solo con la barca. Sono la memoria storica del lago. Siamo andati a trovarli in barca e ci hanno raccontato...il caffe offerto era alla turca. Jane Nikolovski: profugo macedone rifugiato insieme alla sua famiglia nel villaggio di Carina sul lago di Prespa, coordina le oltre 200 persone che nel 1992 sono scappate dal territorio albanese dai villagi di G. Gorica, D. Gorica, Tuminec, Glloboceni, Shulin, Pustec, Leska, Zrmosko, Cersa. Ci ha accompagnato a Sulin, il suo villaggio; la madre ci ha fatto una festa regalandoci feta, grappa e un te pregiatissimo che cresce solo in quella zona. (importante e stato vedere il filmato del suo matrimonio, una tradizione ancora intatta) Janis Zahariadis: commerciante di pezzi di ricambio a Bitola. Laureato in economia e commercio, da 18 anni attraversa il confine perchè residente a Florina (Grecia). Con lui abbiamo attraversato il confine filmando e facendoci raccontare questa doppia vita. Con i suoi 100 kg e passa per 2 metri di altezza ispira tanta simpatia. Giorgio e Tania: sono i nonni di Nikola vivono e Bitola. La loro casa nella piazza principale è stato il nostro punto di riferimento. Lei fermacista, lui giudice in pensione. Nella casa abbiamo girato 5 minuti di film strepitosi. La città ci ha entusiasmati, c'è una moschea semi-abbandonata. I negozi di leguminose,sono una tentazione. Matavska Aneta: archeologa che abbiamo incontrato nel sito di Heraclea. È stato molto interessante; gentilissima ci ha dedicato tempo a parlarci dello scavo. Tode Kulevski: guida del sito di Heraclea; una persona simpaticissima, continuava a raccontarci dell'area archeologica in tedesco anche se ripetutamente gli dicevamo che non capivamo, abbiamo il suo biglietto da visita. Paraskevi Ioannidis: di Niki, villaggio ai confini tra la Macedonia e la Grecia. Ha raccolto più di 200 canzoni traducendole in greco. Una donna bellissima che si avvia alla sessantina, occhi blu, ci ha cantato 3 canti: siamo rimasti sbalorditi; la sua voce è limpida e commovente. Ci ha suggerito di lasciare una chianca ai confini, simbolicamente, come momento di transito per tutti quelli che attraversano. Pensavamo di invitarla a Kalimera per un laboratorio tra Grecia e Grecia salentina. Yannis Manos: antropologo e insegnante di ballo di Florina, Grecia. Simpaticissimo, vuole essere aggiornato sul progetto dell'Egnatia, ci siamo ripromessi di tornare con Piero Vereni Sistemi idrici dei laghi: i laghi di Prespa e quello di Ohrid. Il lago di Prespa è suddiviso in 3 parti: Albania, Macedonia, Grecia. È profondo solo 50 metri. Abbonda la carpa, unica risorsa per i pescatori; le sue acque non sono inquinate: molti la bevono. Il paesaggio è incantevole. Dal villaggio di Globocani sotterraneamente le acque confluiscono nel lago di Ohrid. Si attraversa la montagna partendo dal villaggio di Carina; nel punto più alto si vedono i 2 laghi, una visione... Il lago di Ohrid è molto più profondo, 200 metri; se lo contendono albanesi e macedoni. C'è la trota dal punto rosso, pregiatissima, che non può essere pescata dai macedoni mentre il governo albanese permette la pesca cosi i pescatori albanesi la vendono ai mercati ittici macedoni. M'incuriosiva questo pesce un pò preistorico, rarissimo; finalmente ho capito da dove vengono i famosi capitoni che molti napoletani mangiano a Natale: questa anguilla risale il fiume fino Spruga poi arrivano al lago di Scutari e da lì nell'Adriatico. sms-Un saluto da Celeste e dalla sua meravigliosa casertta parigina. Come vanno le cose?1/12/2004,lorenzo sms-Buongiorno solo ieri ho letto la tua mail dove scrivi che anche a te la parola "raccolta" di storie non piace. Scrivi anche altre cose che mi piacciono. Spero che il vostro soggiorno macedone sia pieno di frutta buona e varia. Saluti dall'altra sponda.2/12/2004,ingrid sms-Ci siamo appena ritrovati tutti a Losanna nella stazione. Abbiamo sentito il pluff fino a qua con affetto e in rete,3/12/2004,lorenzo sms-Caro matteo, mi sento stupido per non sapere scegliere il tempo del mio fare. Ti ho pensato li con gioia e malinconia. Ma sono etimologicamente distratto. Un abbraccio, che ti prego di spargere,2/12/2004,vereni sms-Suis dans le train pour Alexandropoli apres on verrà il confine grece turquie est conplique,2/12/2004,malone sms-Jarrive a Istanbul,3/12/2004,malone sms-Appena arrivato a Thessaloniki, sull'autobus ho visto il video già con un pò di nostalgia e tanta voglia di portare avanti questo progetto, mi piace salutare le persone con un abbraccio forte, la prossima volta mi raccomando. Saluti fraterni (ti mando la traduzione in greco) a tutti,3/12/2004,Michalis smsSono felice che a Niki sia andato tutto bene. Fammi sapere quando tornate. Un abbraccio, 4/12/2004, Vereni sms-Trovata ragazza che fa tesi sulle monete sulla via Egnatia,5/12/2004,Davide Riflessioni e note: L'altopiano che unisce Florina a Bitola, delimitato a ovest dal monte Vitsi e dai Laghi di Prespa e Ohrid e a ovest dal monte Kaimaktsalan e dai laghi di Petres e Vegoritida è il confine che mi piacerebbe attraversare insieme per andare a Salonicco. Fraterno iki on|fieldThessaloniki on|fieldThessaloniki on|fieldThe Il quadrato è ormai interamente ricoperto di tarocchi e di racconti. Le carte del mazzo sono tutte spiattellate sul tavolo. E la mia storia non c'è? Non riesco a riconoscerla in mezzo alle altre tanto fitto è stato il loro intrecciarsi simultaneo. Infatti, il compito di decifrare le storie una per una m'ha fatto trascurare finora la peculiarità più saliente del nostro modo di narrare, e cioè che ogni racconto corre intorno e mentre un commensale avanza la sua striscia un altro dall'altro estremo avanza in senso opposto, perché le storie raccontate da sinistra a destra o dal basso in alto possono pure essere lette da destra a sinistra o dall'alto in basso, e viceversa, tenendo conto che le stesse carte presentandosi in un diverso ordine spesso cambiano significato, e il medesimo tarocco serve nello stesso tempo a narratori che partono dai quattro punti cardinali. Italo Calvino, Il castello dei destini incrociati, p. 41. Dal 5 al 12 febbraio 2005, l'Agenzia di Roma dell'Osservatorio Nomade si è spostata a Salonicco per un workshop di 5 giorni. L'intenzione fondamentale del progetto era quella di provare a rivelare le memorie dimenticate della storia multiculturale della città, andando in cerca dei fantasmi delle memorie abbandonate e riportando alla luce dal passato le tracce e le persistenze di un complesso mosaico di storie e popolazioni. Quella che viene comunemente narrata come un'entità omogenea è, al contrario, il risultato di un intricato scambio di culture e civiltà. Salonicco, infatti, è stata per molto tempo considerata la madre di Israele per la sua numerosissima comunità ebraica e per la fiorente cultura che questa ha prodotto, pur essendo stata sotto il dominio ottomano per quasi cinquecento anni. Le stratificazioni culturali della sua storia sono state negate dalla retorica generale di ellenizzazione, eppure qualche traccia ancora resiste. L'Osservatorio Nomade - con una combinazione di ricerca e intuizione - è andata a caccia di fantasmi a Salonicco alla ricerca di questi "ritorni". Per narrare l'esperienza del workshop e delle numerose connessioni che si sono stabilite in quei giorni, l' Osservatorio Nomade ha pensato di servirsi dello strumento dei tarocchi. Uno dei principali produttori al mondo di queste carte è Modiano, una famiglia ebraica oggi in Italia, ma originaria della Spagna e poi trasferitasi a Salonicco dopo la dislocazione degli Ebrei in seguito alla Reconquista. La famiglia è di origine Sefardita e ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della città - il principale mercato di Salonicco ancora porta il loro nome così come la casa di riposo per anziani e una serie di ville. La ricerca dello spirito dimenticato di Salonicco, insieme alle potenzialità narrative dei tarocchi e al loro legame con la citta, hanno rappresentato la commistione adatta per raccogliere la sfida lanciata da Italo Calvino in Il castello dei destini incrociati, dove ogni singola storia può essere raggiunta e rintracciata attraverso le innumerevoli possibili combinazioni fra i tarocchi. L'Osservatorio Nomade ha tentato in questo modo di costruire una serie di piccoli elementi - che hanno preso la forma di carte dei tarocchi - attraverso i quali sia il lettore che i partecipanti al workshop hanno la possibilità di proporre la propria lettura individuale della città. Via Egnatia, Salonicco. È la prima sera che l'Osservatorio Nomade è in città e sono tutti eccitati all'idea di camminare su quella stessa via che porta ancora il nome dell'antica strada romana. Un "progetto intellettuale" che si materializza in modo inatteso - è questo che il cartello stradale ODOS EGNATIA attaccato agli angoli degli edifici finisce per sembrare a questo gruppo che visita la città per la prima volta. A camminare a fianco a loro, mi sento come una donna molto, molto vecchia… non riesco a ghostbustering thessaloniki condividere il loro entusiasmo fino in fondo, avendo camminato per queste strade fin troppo. Quattro sere dopo sono ancora con loro. Siamo su un "treno fantasma" - che, in realtà, è un autobus. Ora mi sento molto diversa. Il freddo della notte è irrilevante quando tutti i nostri sensi sono allertati dall'attesa (e quando, poi, stai condividendo una bottiglia di ouzo): sarà fantastico, lo so! E infatti lo è: in questa notte non siamo turisti; siamo attori e "le strade sono il nostro teatro". La classe dell'Istituto Italiano è viva come mai prima d'ora - le mani dei miei amici puliscono con cura gli archivi polverosi, le loro voci leggono i nomi degli studenti ebrei, una sagoma scompare nel sole che inonda la stanza da una porta aperta. Il tempo e lo spazio della memoria collassano in un'esperienza emozionale che supera la necessità di spiegazioni. Per questi momenti di incredibile intensità alcuni viaggiano per miglia - a me li ha portati la Via Egnatia. Fyllio Karvounidou hessaloniki on|fieldThessaloniki on|fieldThessaloniki o Istanbul, dicembre 2004 gennaio 2005 da un dialogo fra Iacopo Gallico e Marina Fokidis L´esodo dei Greci dall´Asia Minore, e il successivo trattato di Losanna hanno avuto un fortissimo impatto sulla struttura sociale della Grecia. 1.500.000 persone, un terzo della popolazione greca di quel tempo, è stata sradicata dalle proprie terre ed è giunta quasi in una notte in Grecia. Il dolore, la perdita, la rabbia hanno trovato posto nella storiografia greca e, com'è naturale che sia, la storia moderna greca - tanto quella ufficiale quanto quella popolare - sono state fondate su quell'evento. Il trattato di Losanna e questo spostamento di massa sono diventati un argomento di ammirazione leggendaria in Grecia, un esempio puro di lutto "nazionalistico", rimasto fino ad oggi formalmente intoccabile e indiscusso. La nostalgia per l´"heimat" (la patria) perduto, che viene fuori dai racconti personali, dal cibo e dalla musica, dei rifugiati Greci e dalla conservazione nella lingua parlata di molte espressioni di lingua turca sono l´unica forma di contaminazione di questa "purezza". Alla resa dei conti è stato un disastro. Ma i Greci non furono i soli a pagarne le conseguenze. E´ stata la prima volta nella storia che si è tentato un tale esperimento: di separare e trasferire gruppi etnici da un posto ad un altro, basando questa separazione sulla religione. Il solo fatto che ciò fu possibile costituisce un grave problema per la storia mondiale. Il tempo resta, comunque, il migliore arbitro. Saranno pur serviti 85 anni, ma alla fine l´argomento sembra essere ampiamente rimesso in discussione, e ricercatori in entrambi i paesi stanno reinterpretando l´evento con diversi criteri. MARINA: Durante un viaggio ad Istanbul sono venuta a conoscenza di un archivio di testimonianze orali di quella gente di origine Turca che fu costretta ad abbandonare la Grecia, paese in cui erano nati e avevano vissuto, a causa dello scambio di popolazione avvenuto dopo il Trattato di Losanna del 1923. Cresciuta da un nonno che era emigrato da Istanbul e da una nonna che era dovuta scappare da Smirne per salvarsi la vita, istintivamente la mia sensazione nei confronti di questa scoperta fu confusa; una sensazione ambivalente simile a quella che provo di tanto in tanto quando sono ad Istanbul. Da un lato un luogo che rappresenta il rifugio dei sogni della mia infanzia, così come l´ho percepita dai racconti nostalgici dei miei nonni, e dall´altro la terra degli "altri", di quelli che hanno torturato la famiglia di mia nonna. Questa scoperta, ha creato una frattura per un nuovo consenso. L´ho sperimentato da vicino, come terza generazione, l´effetto che ha avuto questo spostamento di massa in Grecia e nei sentimenti che ha suscitato negli abitanti più anziani. La mia posizione è sempre stata quella di un osservatore coinvolto sentimentalmente ad un´esperienza paranoica. Quella di una persona che cresce tra l´animosità propria delle genti dell´est e la razionalità più propriamente occidentale. Questo doppio punto di vista è stato motivo di corto circuito e allo stesso tempo, comunque, ha alimentato l'entusiasmo per rintracciare alla fine questo ritrovamento accidentale. Iacopo ha seguito il mio invito aperto a tutti. Siamo andati insieme ad Istanbul, seguendo questo archivio di storie che ora ha dato vita anche ad un nuovo indirizzo di ricerca all´interno del progetto della via Egnatia. IACOPO: Quando Marina mi ha invitato a fare questo viaggio ad Istanbul, avevamo cominciato a condividere all´interno del progetto Egnatia, un ambito di ricerca comune provando a tracciare una direzione trasversale che non passasse direttamente per Roma. All´inizio del nostro viaggio il nostro obiettivo era così quello di recuperare le testimonianze raccolte dalla parte Turca, ma questa non fu l´unica ragione della nostra "missione". Il tema dello scambio di popolazioni del 1923, divenne fin da subito il dispositivo che ci indicò la strada da seguire, e che ci aiutò lungo il percorso. Ovunque abbiamo avuto modo di introdurre questo argomento lungo il percorso, ci siamo imbattuti in nuove storie e nuove relazioni possibili. Il coinvolgimento personale di Marina su questo tema inoltre fece la differenza. Nel momento in cui lei stessa comincio´ ad accettare di avere a che fare con qualcosa inerente il suo passato, si risvegliarono memorie accantonate e quelle voci per me silenziose si trasformarono in un incredibile paesaggio culturale trans-nazionale. Un unico scenario ricostruito dalle frammentate storie di persone che hanno vissuto e si riconoscono nello stesso trauma emotivo. Anche noi ci siamo sentiti parte di questo paesaggio con una nuova storia da raccontare e condividere e in qualche modo il motivo stesso del nostro viaggio ci ha indicato la direzione indirizzata dalle persone che ci hanno dato la possibilità di riscoprire e accedere all´archivio di memorie della popolazione di origine Turca. Siamo stati osservatori e protagonisti di un processo interessante, difficile da definire ma direttamente connesso a quella pratica diversa che ad oggi ci pone di fronte nuovi interrogativi. Qual´è il limite tra il nostro coinvolgimento personale e il contributo ad un dibattito pubblico? Come ci poniamo nella mediazione di questo tipo di tematiche che sono così intime? Perchè la rete dell´Osservatorio Nomade (ON) è diversa dagli altri network-lobbies? Salonicco - febbraio 2005 Salonicco, una città che per secoli ha rappresentato un crocevia di scambio fra culture diverse lungo la Via Egnatia, è stata scelta come il punto d'incontro principale fra tutti i partecipanti al progetto Egnatia. Il nostro scopo, in quanto ospiti di questo incontro, è stato quello di creare un panorama aperto fra memorie e attualità, visitatori e località, politica e sentimento, "produttori" e pubblico. Per il progetto Egnatia, Salonicco si espande ben al di là dei limiti protettivi del suo confine e incarna una più ampia gamma di luoghi, informazioni e narrative personali. L'idea era quella di trasformare questo appuntamento in una serie di investigazioni, confronti, dialoghi e fantasmi, così da offrire, tanto ai partecipanti che al pubblico, la possibilità di incontrare sia realmente che metaforicamente la vita urbana passata e presente di Salonicco. Uno "spazio comune" si realizza verosimilmente dagli effetti prodotti da azioni differenti che forniscono ad un luogo una scansione temporale e lo fanno funzionare come un'unità polivalente capace di contenere anche prossimità conflittuali. Lo schema di eventi paralleli all'interno di questo contesto ha rappresentato la piattaforma ideale in cui coinvolgere tutti: la comunità locale e i nuovi arrivati, l'approccio immediato e aperto degli agenti creativi e quello dell'accademia. Lo scopo era quello di coinvolgere e di creare alleanze sia con le istituzioni e le autorità che con famiglie locali, come per esempio la famiglia ebraica che è proprietaria dell'albergo dove la maggior parte dei partecipanti è stata ospite. Siamo riusciti ad ottenere un edificio storico e a renderlo il punto di riferimento simbolico per l'interazione tra tutti noi e la comunità locale. Yeni Djami - la moschea degli ebrei convertiti, che ha anche ospitato nel 1922 i primi rifugiati greci - è stata trasformata in un luogo d'incontro dove scambiare idee e condividere ricordi. In questi giorni, infatti, ha avuto luogo una conferenza interdisciplinare in cui sociologi, analisti culturali, politici, artisti e architetti sia greci che stranieri, si sono confrontati e hanno discusso la complessa tematica della dislocazione sia reale che concettuale. Allo stesso tempo, l'intervento sonoro Komvos-Yeni Djami - una registrazione audio di un'ora di materiale editato proveniente da archivi greci e turchi, per costituire una singola narrazione composta dalla decostruzione e ricomposizione di dieci interviste di persone coinvolte nello scambio di popolazione - ha sostenuto l'allegoria spaziale riportando per la prima volta insieme a Salonicco le memorie dislocate di greci e turchi. Sono stati presentati, inoltre, diversi film riguardanti questioni contemporanee relative alla Via Egnatia, come la questione della Macedonia o dei rifugiati curdi. Promuovere il cambiamento sociale attraverso il confronto sullo spazio sembra piuttosto difficile. Nonostante i conflitti all'interno del gruppo di lavoro, il contributo generoso dei partecipanti alla conferenza e della comunità locale ha messo in evidenza il desiderio di una "restituzione" di strutture fisse che hanno occupato il "pensiero nazionale" greco per molto tempo. Forse era anche giunto il momento giusto perché la città di Salonicco si impegnasse in un progetto complesso come questo. Forse era giunto il tempo che la città di Salonicco ascoltasse l'esperienza turca dello scambio di popolazione tanto attraverso le storie personali che attraverso il discorso del prof. Aktar o il momento perché il prof. Nikos Papastergiadis "legittimasse" (per i suoi colleghi accademici) l'efficienza con cui gli agenti creativi interferiscono con la sfera sociale. Forse era addirittura giunto il momento in cui, attraverso un film di ON, si discutesse apertamente a Salonicco la questione delle "molte Macedonie". La forte dinamca di questo evento può essere rintracciata nella sua natura binaria. L'incrocio in uno stesso luogo, la Yeni Djami, di interventi "sensuali" con una conferenza più ordinata, ha creato lo spazio per un vero confronto fra arti visive, l'accademia, la politica e la società con un coinvolgimento del pubblico non solo in quanto osservatore e collaboratore, ma anche come autore e interlocutore diretto. Sabato e domenica Yeni Djami è stata piena da mattina a sera per la conferenza che, in entrambi i giorni, si è conclusa con un'accesa discussione. In una città in cui i tassisti si rifiutano di imparare il nome della Yeni Djami e ti portano lì solo dopo che chiedi per il vecchio museo archeologico, questo incontro è stato un grande successo. Molte persone hanno preferito essere lì piuttosto che in biblioteca o in un caffè assolato. E poi tutti i partecipanti sono intervenuti gratuitamente; Hylia (la figlia di una famiglia di rifugiati turchi) è venuta da Smirne appositamente per seguire le storie turche; molte scolaresche hanno visitato lo spazio e gli studenti di una scuola superiore sperimentale hanno tenuto le loro lezioni lì per tre giorni per comprendere il concetto di dislocazione attraverso gli interventi artistici. La città di Salonicco sta pensando di continuare questo tipo di uso per lo spazio e il vice console turco, che ha visitato Yeni Djami con "alcuni amici turchi" per contrastare i lavori che distruggono la "morale nazionalistica turca", è andato via senza i suoi amici, stringendoci la mano… La cultura visiva sembra essere stata la chiave che ha aperto la porta al dialogo e alla disseminazione. Abbiamo la responsabilità di continuare con il tentativo di accostarci all'intraducibile. Marina Fokidis L'intervento sonoro a Yeni Djami è di Iacopo Gallico (Gruppo Stalker) in collaborazione con Selda Asal and Theodoris Chrysikos. La cura e l'organizzazione degli eventi a Salonicco sono di Marina Fokidis, Daphne Vitali - Oxymoron. Relatori: Ayhan Aktar, professore di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all'Università di Marmara, Istanbul; Nikos Papastergiadis, professore associato dell'Australian Center e dell'Università di Melburne; Efi Voutira, professore associato presso il Dipartimento di Studi Slavi e Orientali, all'Università di Macedonia, Salonicco; Chariklia Chari, architetto; Kostantinos Giannaris, regista; Garifalia Karvoudinou, architetto; Maria Papadimitriou, artista; Spiros Pegas, venditore di tappeti; Fotini Tsiribidou, antropologo. Komvos-Yeni Djami e la conferenza sono stati resi possibili grazie al generoso sostegno della Città di Salonicco; l'Istituto Italiano; Enzo Perara; The Historical Archive of the Municipality of Kalamaria, Greece; The Lausanne Treaty Emigrants Association, Istanbul; Mufide Pekin e tutti gli sponsors. Vogliamo ringraziare tutti gli speakers che hanno cordialmente accettato di venire in Grecia e hanno partecipato gratuitamente alla conferenza. lin on|Berlin on|Berlin on|Berlin on|Berlin on|Berlin on Kurds o n t h e M a p Con l´esperienza di Gelsenkirchen e quella di Makronisos inizia un lavoro di collaborazione tra le agenzie On di Berlino, Atene, Roma, che oggi si presenta come un tema di ricerca dell´Osservatorio Nomade sotto forma di mappatura, cartografica e sensibile, di uno dei paesaggi culturali che abitano l´Europa e che si potrebbe chiamare "Eurokurdistan". Una mappatura capace di rappresentare un frammentato e dinamico scenario presente nella geografia delle identità culturali europee, che mette a fuoco la complessità relazionale tra le minoranze anatoliche e il processo di ibridazione del contesto Europeo che ne scaturisce. Una ricerca che vuole praticare una modalità di investigazione in un paesaggio culturale, un laboratorio aperto, trans e multi-disciplinare che usa dispositivi relazionali creativi ed innovativi che permettono di comprendere e partecipare al processo di trasformazione in atto. Kurds on the map che deve essere considerato come un processo cognitivo e relazionale itinerante, più che un´opera compiuta, diventa il dispositivo per raccontare questo paesaggio ma al tempo stesso per acquisire nuove informazioni. Così come è stato proposto sotto forma di installazione al Kunstraum Bethanien di Berlino, kurds on the map consiste in una videoproiezione continua delle esperienze dei vari attraversamenti che di volta in volta vengono compiuti all´interno di questa realtà della diaspora kurda; di una cartografia dell´Europa, che indica i luoghi e le relazioni che vengono scoperti con la ricerca; da quattro proiezioni, che raccontano parallelamente i quattro kurdistan (turco, siriano, iracheno, iraniano), con dei cortometraggi realizzati da registi kurdi. Il lavoro, inteso come l´insieme di quattro archivi, distinti secondo i diversi piani di ricerca e di rappresentazione, può essere presentato in maniera unitaria o separatamente, diventando la sede d´incontri pubblici e workshop che possono integrare il lavoro stesso, legando per esempio i luoghi ai network o contestualizzando di volta in volta la ricerca nei luoghi in cui viene presentata. I quattro archivi sono: L´archivio cartografico vuole riportare il maggior numero di luoghi ed eventi, istituzionali e non, presenti in Europa che fanno riferimento alla cultura curda, e vuole essere anche il dispositivo con il quale interagire durante gli incontri pubblici e i workshop L´archivio degli attraversamenti si presenta come una narrazione continua di una serie di esperienze che l´Osservatorio Nomade produce entrando in relazione con diversi contesti. Situazioni e realtà per lo più ibride che raccontano soprattutto luoghi ed eventi in cui si verifica questo incontro tra identità diasporiche diverse. L´archivio cinematografico consiste invece in una raccolta di documentari e cortometraggi che viene implementato rispetto alle produzioni cinematografiche grazie al network di attori e registi curdi che ruotano intorno al festival internazionale del cinema curdo, e fa riferimento ad un circuito di organizzazioni indipendenti. L´archivio multimediale infine si arriccisce sia di tutto il materiale utile nel lavoro di mappatura, bliografico, nozionistico, forografico etc..., sia accoglie i lavori ed i contributi di tutti quegli artisti o ricercatori che vogliono partecipare a questa restituzione. Iacopo Gallico foto fatte durante il viaggio a Makronisos organizzate dall’agenzia di Atene on|Berlin on|Berlin on|Berlin on|Berlin on|berlin on|be Verso un´agenzia transnazionale L´agenzia ON/Berlino, che non rientrava nel finanziamento europeo, si sarebbe dovuta attivare parallelamente rispetto alle altre agenzie del progetto Egnatia e avrebbe dovuto garantirsi un autonomia economica che gli avrebbe permesso di dare continuità alla sua attività di ricerca, che inizialmente, utilizzando il dispositivo della raccolta di storie, voleva essere una mappatura del paesaggio anatolico berlinese. Il fatto che questo finanziamento non sia mai arrivato, la relazione che lega Stalker/On con la comunità curda, la costruzione del network Egnatia, sono forse le cause o i fattori che hanno determinato in corso d´opera una redifinizione di questi obiettivi, dando vita piuttosto a quelle intersezioni e a quelle triangolazioni che tuttavia oggi hanno animato in parte il progetto Egnatia e in parte la rete. Il filo conduttore che ha permesso questa operatività trasversale, è quello della diaspora kurda, una realta´transnazionale appunto con cui Stalker si confronta dal 1999 quando crea con i rifugiati giunti a Roma a seguito di Ocalan, il centro socio-culturale Ararat; uno spazio pubblico, in cui due comunità distinte trovano nella gestione di un luogo il punto d´incontro fra due identita´in diaspora: i Kurdi, rifugiati per una questione politica irrisolta, e un gruppo di giovani architetti, artisti, ricercatori, rappresentanti di una generazione in esilio da certi valori. Un´esperienza che segna in modo significativo il percorso di Stalker/On che quando lancia il progetto Egnatia nel 2003, sceglie l´Ararat come il primo luogo in cui raccogliere le storie. Saranno proprio le storie di quei rifugiati kurdi transitati all´Ararat, che nel rimandarci lungo la via Egnatia e lungo il percorso del loro viaggio, ci indicheranno la strada verso Berlino e verso Lavrio, che con Roma sono i tre contesti d´indagine su cui invece si sviluppera´ la ricerca di quella che può essere definita come un’agenzia transnazionale del progetto Egnatia. I lavori di questa agenzia cominciano con una collaborazione al festival del cinema curdo di Berlino. La prima attività di Stalker/On e´ quella di curare il backstage, nonche´una serie di workshop in cui gestire degli incontri pubblici informali con i protagonisti del festival. Un´attività che si dimostra estremamente utile sia per la relazione con la comunità, sia per l´attivazione della stessa agenzia dando il via ad una dimensione pubblica del progetto. Infatti nasce una relazione con la municipalità di Kreuzberg, il quartiere con maggiore presenza anatolica, il cui sindaco ci offre uno spazio all´interno del Bethanien, e soprattutto cresce una certa visibilita´ che richiama singoli ricercatori e studenti. Nascono così anche se in modo discontinuo dei laboratori in cui vengono discussi i questionari delle interviste ed i temi degli incontri, mentre una squadra si predispone in modo operativo sugli aspetti tecnici e organizzativi. La raccolta delle storie attraverso le interviste specialmente con gli artisti, attori e registi propone subito degli aspetti critici interessanti rispetto al progetto Egnatia. La disponibilità a raccontare le proprie storie è molto diversa, soprattutto gli artisti della seconda generazione faticano a parlare di se stessi come individui recriminando il fatto che gia´ lo fanno come artisti, e in secondo luogo temono di vedersi inseriti in un progetto-contenitore, confezionato da giovani intellettuali europei, che parla di immigrazione. E’ in questo contesto che nasce l´esigenza di capire come l´attività di raccolta delle storie derivate dalla diaspora kurda possa diventare un lavoro di mappatura di un paesaggio culturale e il primo tentativo di impostare una cartografia in questo senso viene realizzato con l´esperienza di Gelsenkirchen, in una azione coordinata dall´agenzia On di Roma e Berlino. Alla fine di Settembre infatti, a pochi chilometri da Colonia, si tiene il dodicesimo festival internazionale della cultura curda che richiama piu´di cento mila curdi da tutta Europa e Stalker/On partecipa a questo evento di massa andando a raccogliere le storie e seguendo le comunità di Roma, Berlino e Venezia. Inizia così il lavoro in progress di Kurds on the Map che verrà presentato prima al Festival Les Urbaines di Losanna e in un secondo tempo, in una forma piu´ completa al Kunstraum Bethanien a Berlino. L´altro contesto di ricerca che invece si apre sul fronte greco con l´attivazione dell´agenzia di Atene, e´ il campo rifugiati di Lavrio, dove abita una numerosa comunità curda. Lavrio è uno dei luoghi lungo la via Egnatia nel quale una delle storie raccolte a Roma all´Ararat vuole ritornare. Questa storia diventa la chiave di accesso alla realta´del campo per avviare una serie di relazioni che animano il lavoro condotto dall´Agenzia di Atene e che si concretizzerà a giugno nell´evento organizzato sull´isola di Makronyssos. L´isola di fronte Lavrio, che segna una pagina buia della storia greca poiche´ utilizzata durante la dittatura come campo di rieducazione per i dissidenti comunisti, diventa la meta per una giornata d´incontro pubblico con la comunita´di rifugiati e in questa occasione la pietra con la storia d´Irfan, raccolta al centro socioculturale Ararat a Roma, viene riportata nel luogo designato dallo stesso Irfan e viene realizzata dalla comunità una nuova pietra che segnerà l´evento. Iacopo Gallico Mehmet Aktas mitosfilm production Stephane Bauer Kunstraum Kreuzberg Bethanien Christoph Tannert Kunstlerhause Bethanien Hilal Yaser Kreuzberg Museum Musa Aktas Sprachenatelier Cornelia Reinauer Municipio di Friedrichshain Kreuzberg Doris Nahawandi Bezirksant Friedrichshain Kreuzberg Francesca Fergusson Urban Drift Kamal Associazione Malacurda Kardo Kamo Kurdishe volks haus Ercan Ayboga Kurdish Students Organization Germany Hasan Sezgin Instituta Kurdi Berlin Hevi Dilara Centro Socioculturale Ararat Natasha Anderes Festival Les Urbaines-Circuit Lausanne iki on|fieldThessaloniki on|fieldThessaloniki on|fieldThe Along the Egnatia Odini-Idoni terza tappa Il canto e la musica ci hanno accompagnato lungo tutto il viaggio, leggermente faticoso, ma intenso con momenti che ci hanno toccato nel profondo. Niki, Grecia 24 marzo 2005. Siamo al confine con la Macedonia secondo me più Macedonia che Grecia. Paraskevi ci ha accolto con affetto, ormai siamo di casa! L'incontro con Raffaella sul canto è stato subito produttivo: si sono conosciute cantando, stare lì a sentirle è stata una gioia immensa. A telecamere spente finalmente ha cantato anche in macedone, cosi abbiamo capito cosa significa vivere ai confini, ci siamo promessi di invitarla nel Salento a luglio per la presentazione del progetto Egnatia: è d'accordo e vuole venire. Kostas Politidhs è l'ex pròedros del villlaggio di Neos Kafkasos ai confini con la Macedonia. Il terreno è sorto nel 1926 sul terreno di un chiftlik per rifugiati del Caucaso - per saperne di più vedere pag. 144 del libro di Piero Vereni, Vite di confine. C'è un capitolo dedicato interamente a lui, vi consiglio di leggerlo! Il tempo trascorso con lui è stato veramente eccezzionale, i materiali prodotti insieme raccontano un'esperienza unica: abbiamo quasi capito che cos'è il "canto rembetico". Arghirò Selemidu gestisce il cafè tv un locale sulla piazza principale di Florina, una donna con una voce... un viso ellenidas! Siamo stati ospiti di Kostas, la sera del 24, a cantare e suonare. Oltre a noi c'era anche Stathis, un musicista che suonava il buzuki. Poi è successo di tutto durante la serata, veramente unica (i materiali raccontano) ...Malone stanco e andato a letto. Panagiotidis Basilios e Papadimitrion Litsa, sono una coppia che vive nella parte alta di Florina. Basilios è ginecologo, un signore molto distinto e aperto; ci ha permesso di organizzare nella sua sontuosa villa una parte del film, con la complicità di Litsa seconda moglie pittrice. L'idea è quella di fare la prima chianca proprio nella loro casa ci è stata suggerita dall'arredamento, sconvolgente, una fiction riuscita a regola d'arte. (grazie Davide!) Leonidas Khristopoulos quando siamo arrivati a Petres, era morto da 10 giorni (il libro di Vereni ruota attorno a questo signore e ai suoi quaderni scritti durante la sua lunga vita nel villaggio sul lago di Petres). Il nucleo centrale dei suoi appunti sono: la storia della Macedonia, memorie autobiografiche, peripezie della sua famiglia e questioni politiche passate e attuali. Gli abitanti sono rimasti sorpresi dalla nostra presenza, curiosi di sapere come mai Leonidas fosse così famoso. Si sono fermati insieme a noi a parlarci di lui nell'aia di quella che era la sua casa che affaccia sul lago: abbiamo lasciato sul posto una chianca con una poesia in griko del poeta Kokkaluto. È stato il momento più intenso del viaggio. Nel ripartire Mery Zygouri ha preso con sè l'ombrello di Leonidas, che era appeso, un gesto che ci è sembrato... L'ombrello era nuovissimo, uno di quelli neri, con rifiniture in alluminio leggero, con il bottoncino che fa scattare automaticamente l'apertura e con un fodero, dello stesso tessuto. Mi chiedevo come mai un ombrello tecnologicamente così avanzato si trovasse in quel luogo. Rileggendo in seguito ancora il libro di Piero, Leonidas aveva un solo braccio… tutto ritornava! Komnina è un villaggio sulla strada per Kazani a sud dei laghi di Petres e Vegoritida. Tutta l'area è abitata da rifugiati del Pondo "ormai integrati al sistema". Scesi dal furgone come un piccolo esercito, ci siamo sparpagliati per ritrovarci in una cappella adiacente a una chiesa Ortodossa, la comunità celebrava una cerimonia funebre molto complessa; ci siamo accomodati anche noi, registrando i vari passaggi: ci è sembrato che le tradizioni fossero ancora molto forti - conserviamo dei bellissimi cd di musica che ci hanno regalato. Manekas Georgios è Vlahoi, cantore di lingua valacca, vive a Veria. La sua voce limpida fa pensare al paesaggio montagnoso occidentale a nord di Edessa. Siamo stati ospiti nel giorno della nostra Pasqua con la sua comunità di Armani. Un'esperienza unica: un laboratorio e un incontro tra il loro canto e quello griko. Anche qui abbiamo lasciato una chianca, un momento molto cordiale, continuato nella trattoria del quartiere dove ci hanno invitato a pranzo: buonissimo... Una Pasqua così bella e intensa è difficile da dimenticare! Thessaloniki, 28 marzo, ancora una volta alla Saoul Modiano. Il laboratorio è iniziato nel pomeriggio: il canto sefardita e quello griko. Gli ospiti della comunità ci hanno riconosciuti e sono stati affettuosissimi: è stato un pomeriggio bellissimo, a tratti anche commovente per la grande intensità. Ramona è il titolo del canto che più mi ha colpito; ci hanno fatto i complimenti per il montaggio del video di Michela Franzoso. Tony Molho è professore al Department of History and Civilization, The European University Institute di Firenze. L'incontro alla Saoul Modiano era stato gia previsto, è un signore cordiale, disponibile a collaborare al nostro progetto e molto incuriosito anche dai materiali scoperti al tabacchificio, dalla storia degli ebrei italiani. Parlava tranquillamente con noi in italiano e poi in francese e greco. Ci siamo accordati che verrà a trovarci per una piccola discussione su quelle che sono state le migrazioni sefardite nel Mediterraneo. Thessaloniki, sul lungomare in un pomeriggio caldo: dopo una passeggiata e alcune musiche composte sul momento da Antongiulio per la fisarmonica, Mery ha lanciato in mare la chianca "Ghostbusting in Thessaloniki ", una performance... Thessaloniki, 31 marzo: il soldato Kalimera. La storia ci è stata raccontata da Franco Corlianò di Kalimera prima di partire per la Grecia. Succedeva verso gli anni 80, Franco andò in vacanza in Grecia con la sua famiglia, a sud nel Peloponneso. Una volta si ferma per strada a comprare della frutta ad una bancarella; sentendosi parlare in griko, il venditore - un anziano signore - riconosce la lingua e gli racconta di quando era bambino, che un militare italiano di Kalimera gli salvò la vita dai Tedeschi che avevano ucciso la sua famiglia... Davide Barletti racconterà gli sviluppi della coperta del soldato kalimera (il nome del venditore di frutta secca lo conserva Mery). Alcune piccole considerazioni: la presenza nel collettivo di Michalis e Mery è stata fondamentale, facendo anche da tramite nelle relazioni con noi e con le persone incontrate (grande lavoro!). Malone ha scattato 3000 foto scannerizzando il viaggio e il paesaggio; ho visto le foto in sequenza, il materiale è prezioso! Raffaella Aprile prima del viaggio non mi era mai capitato di sentirla cantare: auguro a voi tutti di ascoltarla al più presto! Antongiulio, invitato da Raffaella, in questo viaggio si è sintonizzato subito, prima con noi e poi con tutti quelli che abbiamo incontrato col canto con discrezione e maestria. Davide Barletti ci ha confermato la sua grande passione per la regia. Il girato? Spettacolare! C'é anche l'audio ed è pulito! Fraterno hessaloniki on|fieldThessaloniki on|fieldThessaloniki