incontri ornitologici 1a edizione 1a giornata

Transcript

incontri ornitologici 1a edizione 1a giornata
Premessa
Questi appunti sono indirizzati a quanti si accingono per la prima volta a trattare
l’ornitofilia da un punto di vista più tecnico e impegnato.
A piccoli passi, il lettore acquisterà familiarità con temi trattanti i pigmenti, i fattori
ereditari, la trasmissione genetica dei caratteri, e quant’altro di utile per un’adeguata
crescita ornitofila. Quindi in questa prima fase, quanto di spiegabile circa la cellula, mitosi
e meiosi; le leggi di Mendel, Morgan ecc., si è tentato di illustrarlo per mezzo di schemi, a
questi è stata affidata la rappresentazione della trasmissione genetica dei caratteri
ereditari, che qui saranno denominati “metà”. Tuttavia non potrà essere ignorato che,
seppur in forma accennata questi argomenti dovranno necessariamente essere affrontati.
Nei prossimi appuntamenti il lettore avrà modo di familiarizzare anche con questi temi.
Per completezza va aggiunto che durante la compilazione degli schemi sono stati
usati dei simboli, che il lettore ritroverà in ogni rappresentazione. Le ragioni per cui non
sono stati cancellati sono da ricercarsi nel fatto che offrivano un punto di riferimento certo
durante le operazioni di trascrizione, e conseguentemente garantivano la correttezza delle
previsioni dei risultati degli accoppiamenti trattati, nei contenuti di queste pagine.
I simboli sono tratti dal “Manuale sull'allevamento dei Canarini di Colore” di Herman
J. Veerkamp, edito dall’Encia nel 1970, in considerazione che l’opera si rifà ai metodi di
nomenclatura contemplati nel “The Report of the International Committee on Genetic
Symbols and Nomenclature”.
Per le mutazioni apparse di recente, non potendo essere oggetto di studio
dell’opera del Veerkamp, i simboli adottati vanno considerati come la licenziosa
rappresentazione chi scrive.
In conclusione, per un corretto approccio del lettore con queste note, si chiarisce
che i concetti qui riportati vanno visti, non come il risultato di studi effettuati da chi scrive,
poiché la letteratura ornitofila è piena di questi temi ed egli stesso ne ha attinto a piene
mani. Piuttosto come un’occasione di condivisione di esperienze, che tende a stimolare la
curiosità del neofita sulla scorta del suo nuovo sapere, verso una consapevole
osservazione sia verso eventi che egli stesso può promuove, sia verso eventi insoliti o
inaspettati che possono essere osservati ovunque, come nel proprio allevamento, e che
non sempre ricevono né un’adeguata considerazione né il giusto valore che
meriterebbero, e passano inosservati perché non riconosciuti per ciò che sono.
Catania, 21 agosto 2010
Giovanni Giuffrida
I pigmenti
Tra le varie peculiarità tipiche degli uccelli, quali l’attitudine al volo, il canto, o la
bontà delle carni, i colori hanno da sempre esercitato un fascino fortissimo sull’uomo.
Ancora oggi tra le popolazioni tribali è pratica comune adornarsi con penne di uccelli in
occasione di importanti cerimonie o di riti sacri. Peraltro, come è evidente constatare in
questa sede, neppure l’uomo tecnologico è ancora riuscito a sfuggire a questo atavico
richiamo.
Ma di che natura sono questi colori? Cosa li rende così affascinanti?
Essenzialmente i colori che si esprimono sul piumaggio degli uccelli, e ne
costituiscono il disegno tipico che ne caratterizza le diversità da una specie all’altra, sono
costituiti da due differenti qualità di pigmenti.
Le melanine che annoveriamo trai i pigmenti scuri, e i lipocròmi viceversa tra i
pigmenti chiari.
Le melanine
Le melanine sono sostanze di origine proteica, ne consegue che l’organismo è in
grado di costruire da se stesso questi pigmenti attraverso una lunga serie di trasformazioni
chimiche, soprattutto ossidazioni. Per mezzo di questo processo si formano i primi granuli
di pigmento che nelle fasi iniziali assumono colorazione giallastra. Seguendo il processo
delle trasformazioni, nelle fasi successive i granuli aumentano di dimensione ed assumono
la definitiva forma sferica e colorazione bruna. Queste fasi, ancora ben lontane dallo
stadio conclusivo dell’intero processo di ossidazione, originano un determinato tipo di
pigmento scuro: la feomelanina.
Come in precedenza riportato, i pigmenti si distribuiscono in maniera determinata
ed esclusiva sul piumaggio degli uccelli da specie a specie. Ad esempio nel canarino
normalmente troviamo la feomelanina alle estremità di ogni penna, ed un occhio allenato
riesce a scorgere anche la più piccola traccia di questo pigmento sul piumaggio. Per il
neofita la mutazione già denominata rubino, oggi ribattezzata Pheo presente nel canarino
di colore, può offrire un aiuto notevole in questo senso. Infatti questa mutazione che
inibisce solo i pigmenti scuri lascia intatta la feomelanina, questa rimanendo l’unico
pigmento melaninico presente sul piumaggio si esprime senza interferenze, diviene così
abbastanza agevole rilevare la caratteristica pigmentazione di tonalità marrone che si
esprime ai bordi delle penne in cui la zona centrale appare priva di altri pigmenti scuri.
Altro esempio di pigmentazione feomelaninica facilmente riscontrabile sul piumaggio ce lo
fornisce l’uccello simbolo della nostra cultura. La pigmentazione marrone del petto e del
dorso del cardellino altro non è che feomelanina.
Ferme restando le zone di espressione tipiche per ogni specie, la feomelanina di
solito è più abbondante nei soggetti di sesso femminile, è ipotizzabile pensare per ragioni
legate al mimetismo durante le fasi di cova. Tuttavia, non è raro riscontrare casi in cui la
feomelanina è più abbondante e vistosa nei soggetti di sesso maschile, come per esempio
le guance e i fianchi del diamante mandarino, il rosso bruno della peppola o le zone rosa
vinacee di guance, petto e ventre del fringuello. In alcune specie la feomelanina raggiunge
livelli così alti di addensamento da assumere tonalità violacee, grazie anche a particolari
strutture delle penne e all’assenza di altri pigmenti nell’area di espressione interessata; è
in virtù di ciò che il petto del diamante di Gould si mostra così in tutto il suo splendore.
Gli stadi successivi di ossidazione, sono determinati poiché provocano un ulteriore
addensamento dei corpuscoli melanici, in questa fase le loro dimensioni aumentano
ulteriormente, ed i granuli che ancora presentano la primitiva forma sferica tipica della
feomelanina, subiscono una modificazione radicale, che muta in una nuova forma
2
bastoncellare. Nelle conclusive fasi i bastoncelli di melanina si addensano ulteriormente
fino ad assumere la definitiva tonalità nera. Questo processo origina un altro differente tipo
di melanina: la eumelanima.
Con l’ampliamento e la conseguente espansione dell’allevamento amatoriale delle
specie indigene ed esotiche sia a piumaggio mutato che ancestrale, le specializzazioni
che si dedicano alla coltura di queste specie hanno sentito l’esigenza di approfondire gli
studi sui pigmenti al fine di formulare gli standards di eccellenza.
Attenti studi in tal senso sono stati oggetto e sono tuttora in corso da parte degli
specialisti del colore, che distinguono sul mantello del canarino delle precise zone in cui
l’eumelanina esercita il proprio campo di azione, ad ognuna di queste zone è stata
attribuita una specifica denominazione, l’insieme di queste zone di espressione costituisce
il tipo.
Nell’ultima edizione (2005) dei “Criteri di Giudizio dei Canarini di Colore” così viene
descritto il tipo:
“Il termine tipo si riferisce alle melanine manifeste. Il disegno è costituito da quattro
elementi caratteristici:
• Striature
• Vergature
• Marcature
• Mustacchi
Le striature sono costituite prevalentemente da eumelanina nera o bruna a seconda del
tipo di appartenenza, interessano la testa, il dorso, il petto, ed i fianchi. La distribuzione del
pigmento eumelaninico conferisce ai tipi Nero e Bruno il caratteristico disegno largo e
continuo; mentre nei tipi Agata e Isabella il disegno deve essere sottile e spezzato.
La dimensione delle striature, nei diversi tipi, è diversificata in ragione della categoria
(intenso, brinato, mosaico).
Le vergature sono presenti solo sulle copritrici medie (secondarie), sono di colore nero o
bruno. Hanno l’aspetto di “grosse virgole” con la punta rivolta verso il dorso.
Le marcature interessano le remiganti, le grandi copritrici e le timoniere, le quali si
presentano molto ricche di eumelanina
I mustacchi più evidenti nei maschi, sono striature particolari o marchi tecnici, tipici dei
serinus, situati sui lati delle mandibole.
Le melanine in relazione alla loro ossidazione o alla loro riduzione sono classificate in:
Melanine Ossidate
• Nero (eumelanina nera e feomelanina)
• Bruno (eumelanina bruna e feomelanina)
Melanine Ridotte
• Agata (eumelanina nera ridotta quantitativamente, con feomelanina fortemente ridotta)
• Isabella (eumelanina bruna ridotta in quantità e qualità, con feomelanina fortemente
ridotta).
Andando più avanti nella descrizione dei caratteri tipici dei canarini Nero, troviamo
inoltre: “Becco, zampe ed unghie devono essere completamente neri”. Ne deduciamo che
l’eumelanina nera, oltre che sulle penne, estende la sua azione pigmentante anche su
becco, zampe ed unghie, che come è noto penne non sono. Come è possibile? In realtà
becco, zampe, unghie e penne essenzialmente sono costituite tutte della stessa sostanza:
la cheratina, come peraltro alcuni tessuti dell’occhio, che pertanto, diventano una ulteriore
zona di espressione della eumelanina.
Dunque appare evidente che quando siamo di fronte a dei pigmenti neri, come ad
esempio la calotta dei tutti i lucherini, la pigmentazione nera del negrito della Bolivia e del
cardinalino, il disegno della testa del Padda o del cardellino, stiamo osservando
eumelanina nera.
3
I lipocròmi
Composti esclusivamente dai pigmenti chiari, i lipocròmi altrimenti detti
carotenoidi, devono la loro denominazione alla loro natura grassa, (lipo = grasso – cromo
= colore). Sono distribuiti in maniera più o meno uniforme su tutto il mantello, e possono
essere di tonalità gialla o rossa. A differenza delle melanine, che ricordiamo sono di natura
proteica, l’organismo non è in grado di produrre da se questo tipo di pigmento, bene lo
sanno coloro che allevano cardinalini, canarini a fattore rosso, carpodachi, organetti e via
discorrendo. Infatti se detti uccelli durante la muta non vengono alimentati con sostanze
coloranti perdono il rosso tipico della specie. A conferma che questi pigmenti, sia gialli che
rossi, per essere veicolati e fissati nelle penne, prima devono essere assimilati attraverso
gli alimenti.
Anche i lipocròmi sono stati oggetto di approfonditi studi da parte delle varie
specializzazioni, tuttavia studi molto più avanzati ad oggi restano quelli compiuti sul
pigmento rosso del canarino di colore. Gli specialisti ne distinguono ben sei differenti
qualità di espressioni lipocromiche, che vengono denominate Varietà.
A tutt’oggi le varietà note nel canarino di colore sono:
• Giallo che è la pigmentazione naturale del canarino
• Rosso introdotta tramite l’ibridazione cardinalino del Venezuela (Carduelis
cucullata)
• Giallo Avorio
• Rosso Avorio
• Bianco Dominate
• Bianco Recessivo
I lipocromici
Le suddette varietà possono manifestarsi nel piumaggio in concorso con le
melanine, esprimendo così il tipico disegno della specie costituito da pigmenti chiari e da
pigmenti scuri. Ma può anche accadere che i lipocròmi si palesino senza l’ausilio delle
melanine, esprimendo così la loro incontrastata bellezza su tutto il mantello. Quando si
verifica quest’ultimo caso, ci troviamo di fronte a canarini così detti lipocromici. Ma cosa
origina la scomparsa delle melanine?
Per una adeguata comprensione dei fenomeni che producono l’inibizione delle
melanine e la conseguente unica espressione dei lipocromi sul piumaggio, rapidamente
accenneremo alcuni meccanismi di trasmissione genetica dei caratteri.
Come è noto, la maggior parte degli esseri viventi è costituita da due distinte metà:
una metà materna e una metà paterna. In considerazione di ciò, possiamo affermare che
ogni essere vivente eredita il 50% di quanto esprime il suo proprio organismo, dalla madre
tramite l’uovo e conseguentemente l’altro 50% dal padre tramite lo spermatozoo. Tuttavia,
non sempre ciò che è manifesto in un organismo, coincide con quanto effettivamente
l’organismo stesso possiede. Poiché alcuni caratteri si mostrano a scapito di altri, che pure
esistono nell’organismo, ma esteriormente restano inespressi proprio a causa della forza
esercitata da questi caratteri più forti. Questi ultimi vengono denominati caratteri dominati,
gli altri come è prevedibile recessivi. Tutti i caratteri ereditari sono regolati da geni, i quali
a loro volta sottostanno a rigide leggi.
Si evince che, gli organismi sono costituiti da una parte manifesta ed una nascosta.
La somma dei caratteri manifesti dà luogo al fenotipo. Il genotipo, contrariamente a
4
quanto si potrebbe pensare, non è soltanto l’insieme dei caratteri celati, bensì la totalità
dei geni posseduti dall’organismo.
Sulla base del nostro nuovo sapere, proviamo a fare conoscenza con la mutazione
che da luogo ai lipocromici.
Linibizione delle melanine è prodotta da una mutazione poligenica, ne deriva che,
affinché sul mantello possa esprimersi nella sua totalità solo la pigmentazione lipocromica,
una sola unità costituita metà dalla madre e metà dal padre risulta insufficiente, poiché in
questo caso il risultato visibile sul mantello sarebbe un soggetto ancora melaninico con
testa, ali e coda parzialmente lipocromici. Se volessimo percentualizzare l’area
lipocromica espressa, questa si aggirerebbe introno al 10%. Pertanto è necessario che
agiscano contemporaneamente più metà materne mutate che incontrando le loro relative
metà paterne mutate, possano concorrere all’inibizione totale delle melanine, consentendo
così soltanto ai lipocromi di esprimersi in tutta l’area pigmentabile. Ne consegue che
questo carattere è il risultato dell’azione di più metà (geni) che producono un unico
fenotipo.
Da quanto esposto appare evidente che altri fenotipi sottostanno alle leggi dettate
dall’eredità poligenica. Per esempio la taglia che a seconda dei dettami degli standard, le
razze vengono selezionate verso il gigantismo o viceversa verso il nanismo. Nelle razze di
Forma e Posizione Lisci il Lanchshire o lo Yorkshire rappresentano l’apice verso il
gigantismo mentre la razza spagnola ne rappresenta il contrario; lo stesso processo è
riscontabile non solo tra differenti razze, ma perfino nell’ambito della stessa razza o per
meglio dire della stessa matrice: il Border esprime la variante “sviluppata” il Fife fancy
quella “ristretta”. Anche nelle razze di Forma e Posizione Arricciate è molto agevole
osservare fenotipi i cui effetti possono essere ricondotti all’azione simultanea di questi
geni. E non potrebbe essere altrimenti poiché nonostante i secoli di allevamento captivo
ne hanno differenziato i fenotipi, l’essenza del canarino è rimasta immutata. Possiamo
considerare il Parigino ma ancor più l’AGI la massima espressione raggiungibile in termini
di taglia e arricciature, e il fiorino l’esatto contrario. In considerazione di ciò è naturale
aspettarsi che nei prossimi vent’anni, l’effetto di questi geni sotto l’indirizzo della selezione,
produrrà caratteri ancora più accentuati sui fenotipi.
Ma le melanine che fine hanno fatto? Le melanine non possono esprimersi nel
fenotipo a causa della forza esercitata dall’insieme dei geni mutati, che hanno interrotto il
processo di ossidazione in precedenza descritto, tuttavia vivono ancora e non solo
nascoste nel genotipo. Attraverso una osservazione più approfondita, possiamo rilevare
dove l’azione inibitrice dei questi geni trova un punto di arresto, una sorta di limite
invalicabile. Infatti becco, zampe, unghie e penne appaiono privi di melanine, ma gli occhi
conservano sempre la loro propria naturale pigmentazione melaninica. Più avanti vedremo
che esistono geni in grado superare questo limite.
Quando su un soggetto agiscono questi geni, sul fenotipo si palesano soltanto i
lipocromi che possono essere costituiti da pigmentazione gialla, rossa e bianca.
5
Il Giallo
Come riportato a seconda della specie di appartenza, sulla livrea degli uccelli
possiamo riscontrare lipocromi gialli, rossi, o addirittura specie in cui i lipicromi sono
totalmente assenti: il fringuello, il passero, il merlo, ecc. La letteratura ornitofila è alquanto
generosa nella descrizione delle diverse tipologie di lipocromi. In particolare nei testi
dedicati alla canaricoltura, dove oltre a trovare interi capitoli dedicati alla descrizione dei
lipocromi rossi, non mancheranno certamente esaurienti descrizioni sui lipocromi gialli del
canarino. Sovente nei capitoli trattanti i lipopcromi gialli troveremo menzionati i “canarini
giallo pagliato”. Questa denominazione ormai desueta, in realtà indicava la varietà
naturale presente nel canarino selvatico e nei fenotipi dei nostri attuali canarini, un’idea di
giallo pagliato possiamo farcela osservando un malinois, oppure altre razze in cui è
previsto uno standard a fenotipo giallo.
Nel canarino di colore questa varietà è sempre meno selezionata, si è preferito
volgere l’indirizzo selettivo verso una tipologia differente, che è molto più apprezzata la cui
qualità di giallo deve essere di tonalità limone. Tuttavia anche nei canarini di colore, non
sempre è la norma riscontrare fenotipi gialli di tonalità limone, in particolare gli intensi,
quando non sono molto tipici, tendono ad esprimere una tonalità non conforme allo
standard definita giallo dorato. Per contro i fenotipi dei brinati tendono a mascherare
meglio l’effetto doratura, e ad esprimere al meglio la tonalità limone.
Dal punto di vista selettivo i gialli vanno uniti esclusivamente a gialli o gialli avorio,
impensabile l’unione con i rossi. Come avremo modo di vedere più avanti, ovvio è
l’accoppiamento con i bianchi dominati, e praticabile con i bianchi recessivi, ma solo per
trarre un eventuale miglioramento nelle future generazioni dei bianchi, eccezionalmente i
gialli ottenuti da questa unione manifesteranno caratteristiche apprezzabili.
Approfondiremo gli aspetti legati alla selezione delle varietà nei successivi incontri,
quando affronteremo i temi inerenti le categorie, poiché in questa parte si vuole analizzare
la trasmissione dei caratteri ereditati.
6
Il Rosso
Su questa varietà si è scritto tutto è il contrario di tutto, certo è che verso il primo
ventennio del secolo scorso venne accertato che dall’ibridazione tra il cadinalino del
Venezuela e la canarina, un’alta percentuale degli F1 di sesso maschile risultava feconda.
Questa scoperta diede una spinta fortissima all’ornitofilia di quel tempo, che innescò
di fatto la corsa al canarino rosso, si rifletta al contempo che in quegli anni l’umanità
attraversava da uno dei periodi più amari, causato dagli scontri del primo conflitto
mondiale.
Soltanto un uomo mosso da forze mirabili, in un periodo come quello, poteva
dedicarsi alla cura dei suoi uccelli, pertanto si pensi che di che spessore dovevano essere
quanti in quei travagliati anni cominciarono lo studio della progenie degli ibridi di
cardinalino per canarina. Intanto gli anni trascorsero, si arrivò agli anni ’30, e ancora si
teorizzava e sperimentava circa l’ottenimento del rosso puro, senza che i metodi applicati
lasciassero intravedere una via di uscita nella strada intrapresa. Negli anni seguenti gli
esperimenti non produssero il teorizzato rosso puro nel canarino, e infine si compresero le
cause per cui le ipotesi formulate e i metodi adottati non potevano trovare il loro campo di
applicazione nella pratica. Tra queste la più amara fu scoperta che i pigmenti lipocromici
del cardinalino sono costituiti da pigmenti gialli e rossi, vale a dire che l’origine da cui si
partiva era priva del rosso puro.
Ai nostri occhi tutto appare come una ingenuità imperdonabile, tuttavia, ciò che a
prima vista potrebbe sembrare un fallimento annunciato, va visto come un’evoluzione per
tutta l’ornitofilia mondiale. I canarini rossi con cui oggi concorriamo alle competizioni
ornitologiche sono i discendenti di quei soggetti che sono stati oggetto di studi decennali
da parte di questi uomini singolari. Provate ad immaginare quanto sarebbe povero oggi il
nostro mondo, e non solo ornitofilo, in termini di sapere senza la loro conoscenza, e
quanto modesta apparirebbe la coltura del canarino di colore, senza quella profusione di
impegno e abnegazione.
Ai giorni nostri, poco è rimasto di questa memoria, ancora meno della profondità di
quegli uomini, il cui approccio verso l’ornicoltura molto somiglia allo stato d’animo di un
alchimista che spende l’intera vita alla ricerca della pietra filosofale.
Grazie all’ibridazione cardinalino per canarino è stato possibile traslare nel
patrimonio genetico di quest’ultimo i caratteri deputati alla formazione dei pigmenti
lipocromici rossi. Ma qual è l’intima origine dei lipocromi rossi?
Come osservato in precedenza, i lipocromi sono sostanze che l’organismo non è in
grado di costruire da se stesso, pertanto questi pigmenti dopo essere stati assunti tramite
l’alimentazione, attraversano una lunga serie di trasformazioni chimiche, che anche in
questo caso al pari delle melanine, trattasi essenzialmente di ossidazioni. È nelle fasi
iniziali di questi processi concatenati che si formano i pigmenti lipocromici gialli, mentre è a
conclusione delle trasformazioni che i pigmenti lipocromici gialli si evolvono per così dire in
i pigmenti lipocromici rossi. Ne deriva che i pigmenti lipocromici rossi sono il traguardo
finale di una serie di trasformazioni congiunte e saldate tra loro, che seguite a ritroso
portano inevitabilmente ai pigmenti gialli, di cui si può dire sono figli.
Osservati da un punto di vista tecnico i pigmenti lipocromici rossi, nel canarino di
colore danno luogo alla varietà che deve essere di tonalità rosso vermiglio. Per essere
tipico un canarino lipocromico rosso, deve innanzitutto possedere una notevole quantità di
lipocromo che è indice di un gran numero di fattori per il rosso, ed esprimere una
pigmentazione rosso vermiglio che deve essere distribuita uniformemente su tutto il
fenotipo, ad eccezione di remiganti e timoniere per i soggetti ad ala bianca. Come è
ragionevole credere non tutti i fenotipi si esprimo con queste caratteristiche, che
rappresentano il top previsto dallo standard, infatti non è raro rilevare tonalità meno
7
brillanti principalmente in soggetti di sesso femminile o fenotipi interessasti da tonalità
violacee o tendenti all’arancio, o fenotipi interessati da zone pigmentate alternate da altre
zone non pigmentate. Questi casi mostrano sia indirizzi selettivi inesatti, che negligenza o
eccessi nella somministrazione dei coloranti.
La selezione del rosso deve essere alquanto severa, negli accoppiamenti sono da
preferire i fenotipi che esprimono la massima uniformità e quantità di lipocromo, e sorge
spontaneo intuire che i rossi vanno uniti esclusivamente ad altri rossi o rossi avorio. Anche
per il rosso concludiamo senza approfondire l’aspetto legato alla selezione, poiché è
intendimento di chi scrive affrontarlo dettagliatamente quando tratteremo delle categorie.
8
Caratteri ereditari dominati e recessivi nel canarino domestico
Il bianco dominante
Consideriamo il carattere bianco dominante nel canarino. Quando si esprime
questo fenotipo, si rivela un piumaggio bianco, dove è ancora possibile riscontrare
l’espressione di leggere soffusioni di pigmento in determinate zone che appaiono colorate.
In virtù di ciò il bianco dominante viene denominato anche bianco soffuso. Le soffusioni
nei soggetti tipici sono limitate alla parte esterna delle remiganti, ma è possibile rilevare
soffusioni anche nelle timoniere e perfino sulle spalline. Quando il fattore bianco
dominante si mostra in maniera così estesa sul mantello, potrebbe essere scambiato per
un mosaico. Ai fini di un riconoscimento certo, va ricordato che, nei canarini bianco
dominante, il codione resta esente da qualsiasi pigmentazione esprimendo sempre il
bianco. Per chiarezza riportiamo che il bianco dominante esercita la sua azione
esclusivamente sui pigmenti lipocromici, pertanto l’occhio essendo colorato da pigmenti
melaninici, non ne subisce alcuna influenza.
Rappresentiamoci schematicamente le due metà costituenti il bianco dominate, e le
due metà costituenti il classico canarino giallo:
Bianco Dominante
Giallo
CB+
CB+
CB+
CB+
Figura n. 1
Da quanto rappresentato risulta agevole rilevare che il bianco dominante è costituito da
due differenti metà. Mentre nel giallo pur osservando due distinte metà, queste essendo di
identica qualità, esprimo nel fenotipo quanto codificato nel genotipo. Poiché una metà non
può dominare l’altra. Pertanto nel caso del bianco dominante, deduciamo che la metà
gialla resta inespressa, ma vivente nel genotipo. Tali caratteri in genetica vengono
denominati recessivi. Viceversa il carattere bianco soffuso che si trova nell’altra metà è
dominate, e si esprime liberamente nel fenotipo.
Proviamo ancora a schematizzare le due unità dei caratteri in questione, quindi
assegniamo ad ogni metà del bianco dominante i numeri 1 e 2, poi assegniamo i numeri 3
e 4 alle due metà del giallo. Supportati dalla numerazione, uniamo ogni singola metà del
bianco dominante con ogni singola metà del giallo. Otterremo quattro nuove combinazioni
numeriche: 1 - 3, 1 - 4, 2 - 3, e 2 - 4. Le conclusioni che ne ricaveremo saranno la
previsione dei risultati ottenibili dall’accoppiamento bianco dominante per giallo.
9
Bianco Dominante per Giallo
1
CB+ x 3
CB+
2
CB+
CB+
4
=
1
CB+
1
CB+
2
CB+
2
CB+
3
CB+
4
CB+
3
CB+
4
CB+
Figura n. 2
Ne deduciamo che le combinazioni 2 – 3 e 2 - 4 danno luogo a soggetti gialli, le
combinazioni 1 – 3 e 1 - 4 danno vita a soggetti bianco dominante.
Altra considerazione da fare è che da questo accoppiamento avremo una percentuale del
50% di figli fenotipicamente bianco dominante e l’altro 50% di figli fenotipicamente giallo.
I motivi per cui da un bianco dominante possano nascere anche figli gialli verranno
illustrati tra breve.
Bianco Dominante per Bianco Dominante
La letteratura ornitofila è prodiga di consigli ma anche di ammonimenti circa
l’accoppiamento di due bianchi dominanti. Su tutti i testi consultabili troveremo sempre
che, quando due metà per il fattore bianco dominante convivono nello stesso soggetto,
questi è destinato a non nascere. Osserviamo la figura n. 3, e vediamo che tipo di
previsioni otterremo:
1
CB+ x 3
CB+
2
CB+
CB+
4
=
1
CB+
1
CB+
2
CB+
2
CB+
3
CB+
4
CB+
3
CB+
4
CB+
Figura n. 3
10
Dopo attenta lettura dei risultati, qualcuno noterà che dalla combinazione 2 - 4,
stranamente sono nati soggetti gialli. Come spiegare tale fenomeno? In realtà è del tutto
normale aspettarsi prole gialla dall’accoppiamento di due bianchi dominanti. Per diverse
ragioni: la prima perché nel caso in questione abbiamo rappresentato due bianchi
dominanti eterozigoti, cioè portatori di giallo. Questo determina che le due metà gialle
(caratteri recessivi) hanno potuto incontrarsi e ricostituire una unità in cui, non essendoci
dominanza di caratteri, il giallo si esprime nella sua totalità. Esposta di seguito alla prima,
ma non di secondaria importanza, l’altra ragione è da ricercarsi nella combinazione 1 – 3,
che mostra due metà per il bianco dominante che coesistono nello stesso soggetto. Questi
soggetti bianchi dominati puri o doppio fattore o per meglio dire omozigoti, non possono
esistere poiché il fattore diventa letale. Da qui l’esigenza di rappresentare un
accoppiamento che prevedesse l’unione di due bianchi dominanti eterozigoti cioè portatori
di giallo. Consideriamo le rimanenti le combinazioni 1 – 4 e 2 – 3. La figura n. 3,
graficamente le mostra con delle differenze, in realtà in entrambe le combinazioni notiamo
la presenza di una metà per il carattere bianco dominante ed una per il giallo. Pertanto si
tratta di bianchi dominanti portatori di giallo o eterozigoti.
Altra considerazione da fare è che da questo accoppiamento avremo le seguenti
percentuali:
combinazione
1–3
1–4e2–3
2-4
percentuale
1 su 4 o 25%
2 su 4 o 50%
1 su 4 o 25%
genotipi
bianco dominante omozigote
bianco dominante eterozigote
giallo omozigote
letale
In canaricoltura, eccezion fatta per il bianco soffuso, non si erano avuti altri casi di
caratteri dominati, cosa del tutto normale per esempio, nell’allevamento dei pappagallini
ondulati. Nel piumaggio di questi uccelli sono ormai ben conosciute e studiate diverse
tipologie di caratteri dominanti, quali: il grigio, l’ala perlata o spangle, il fattore scuro e altri
ancora. Questi caratteri geneticamente si comportano esattamente come il bianco
dominante.
Altro caso noto di carattere dominante si riscontra nel fattore diluizione nel lucherino
europeo. Quando nel genotipo del lucherino è presente una sola metà per il fattore
diluizione si esprime un determinato fenotipo che prende la denominazione di singolo
fattore, se nel genotipo agiscono due distinte metà per il fattore diluizione, allora ci
troviamo di fronte ad un fenotipo al quanto diverso rispetto a quanto osservabile nel
singolo fattore, poiché l’azione del fattore diventa doppia. Recentemente, grazie alla
fertilità degli ibridi tra lucherino (Carduelis spinus) e cardinalino del Venezuela (Carduelis
cucullata) il fattore diluizione è stato traslato a quest’ultimo. Successivamente date le note
affinità tra canarino e cardinalino, tale mutazione è stata inserita pure nel canarino. Che
nei Canarini di colore viene denominata Ametista.
Per completezza di esposizione con i fattori dominati, prenderemo in esame ancora
due tipi di rappresentazioni che con il bianco dominante non era possibile ipotizzare, ma
che negli ondulati e nel lucherino questo tipo di accoppiamenti sono pratica comune. Solo
a titolo di esempio qui viene raffigurato il fattore diluizione del lucherino, a cui è stata
assegnata la lettera D per simboleggiare il fattore dominante (mutato) mentre la lettera D+
simboleggia il fattore ancestrale (non mutato), da quanto schematizzato.
11
Diluizione doppio fattore (omozigote) per Diluizione singolo fattore (eterozigote)
1
D+
X 3
D+
2
D+
4
D+
=
1
D+
1
D+
2
D+
2
D+
3
D+
4
D+
3
D+
4
D+
Figura n. 4
In entrambi i casi si noterà che non è possibile riscontrare alcuna differenza tra i genitori e
la prole, infatti nel primo caso dall’unione di un soggetto a Diluizione doppio fattore
(omozigote) per uno a Diluizione singolo fattore (eterozigote) si ottiene il 50% della prole a
doppio fattore e l’altro 50% della prole a singolo fattore. Nel secondo tutta la prole sarà a
doppio fattore.
Diluizione doppio fattore (omozigote) per Diluizione doppio fattore (omozigote)
1
D
x 3
D
2
D
4
D
=
1
D
1
D
2
D
2
D
3
D
4
D
3
D
4
D
Figura n. 5
La conclusione che il bianco dominante omozigote praticamente non può esistere,
la lascio al lettore attento e curioso, che in maniera spregiudicata la considera quanto
meno sperimentabile. A tal proposito, invito quanti in questo senso intendessero dare il
proprio contributo, a costituire dei gruppi di lavoro con lo scopo di praticare nei propri
allevamenti l’accoppiamento Bianco Dominante per Bianco Dominante. Successivamente
mettere in riproduzione tutti i bianchi dominanti ottenuti nuovamente a soggetti gialli,
questo permetterà ai ricercatori di verificare la vera natura genotipica dei bianchi
dominanti che stanno studiando, come ipoteticamente rappresentato qui di seguito:
12
Bianco Dominante omozigote per Giallo
1
CB+
x 3
CB+
2
CB+
4
CB+
=
1
CB+
1
CB+
2
CB+
2
CB+
3
CB+
4
CB+
3
CB+
4
CB+
Figura n. 6
Da siffatto accoppiamento, possiamo aspettarci soltanto un unico risultato, poiché: 1 - 3, 1
- 4, 2 - 3, e 2 – 4 danno prole tutta bianco dominante portatore di giallo, ma sarà la prova
che darà la certezza matematica che il soggetto che ha generato prole di questo tipo è un
bianco dominate omozigote.
Ancora una considerazione, il fattore diluizione del lucherino e/o il fattore ala
merlettata negli ondulati avendo loro campo di azione sulle melanine, sono
immediatamente riconoscibili e per tale ragione i fenotipi sono divenuti oggetto di
selezione. A differenza del bianco dominante che invece esercita la sua azione sui
pigmenti chiari, pertanto avendo già inibito quasi del tutto i lipocromi già in eterozigosi,
laddove dovesse manifestarsi in omozigosi, non avrebbe lo stesso immediato impatto
visivo, confondendosi con gli altri bianco dominanti. Poiché molto poco resterebbe su cui
esercitare una eventuale azione, ne consegue che laddove già esistesse, potrebbe anche
passare inosservato.
13
Il bianco recessivo
Questo fattore si differenzia dal bianco dominante, oltre che per il differente
comportamento genetico, per alcune peculiarità che lo rendono unico e facilmente
identificabile. La prima caratteristica che salta subito all’osservatore quando ha di fronte un
bianco recessivo è la totale assenza di pigmenti su tutto il mantello. Peculiarità che non è
riscontrabile nei bianchi dominanti che manifestano sempre soffusioni. Tuttavia talvolta
questa prerogativa tipica del bianco recessivo potrebbe risultare insufficiente a stabilire
con certezza di che tipo di bianco stiamo trattando, quando per esempio abbiamo davanti
un soggetto in cui coesistono e si esprimo contemporaneamente nel fenotipo il bianco
dominante e l’avorio. Dell’avorio, di cui tratteremo più avanti, qui diremo che esercita la
sua azione diluendo i pigmenti lipocromici, conferendo loro un tonalità più tenue.
Consideriamo adesso le soffusioni presenti su un bianco dominante su cui agisce la forza
del fattore avorio, possiamo immaginarci che da tale interazione fenotipicamente ne
risulterà un canarino molto simile al bianco recessivo. Pertanto quando ci troviamo di
fronte a casi di questo tipo, per non incorrere in errori di valutazione, sarà utile tenere a
mente che il bianco recessivo, così come il bianco dominante, esercita la sua azione sui
pigmenti lipocromici. Quest’ultimo però inibisce solo in maniera parziale i lipocromi, infatti
le soffusioni altro non sono che tracce di pigmenti lipocromici che il fattore non riesce a
mascherare. Il bianco recessivo invece lo fa totalmente, tant’è che è possibile riscontrare
la totale assenza di pigmenti lipocromici, non solo su tutto il piumaggio, ma perfino la pelle
appare depigmentata. Infatti soffiando nella zona addominale di un bianco recessivo,
riscontreremo una colorazione della pelle dalla tonalità violacea, così come pure
l’eventuale parte grassa che si accumula nell’addome apparirebbe depigmentata
assumendo detta colorazione, che è esclusiva di questi canarini. Osservando la stessa
parte in un bianco dominante, rileveremo chiaramente la presenza di pigmento lipocromico
nella pelle, e la parte grassa apparirebbe naturalmente pigmentata di giallo. Anche il
fattore bianco recessivo non esercita influenza alcuna sugli occhi.
Tutti i fattori recessivi per esprimersi sul fenotipo è necessario che l’organismo ne
possieda due metà.
Esaminiamo la rappresentazione delle metà del bianco recessivo e conseguentemente
quelle del giallo:
Bianco Recessivo
Giallo
cb+
cb+
cb+
cb+
Figura n. 7
La prima peculiarità che salta agli occhi, è che il bianco recessivo è puro per il bianco, in
altre parole è omozigote per il fattore, cosa che come abbiamo visto è ancora tutta da
dimostrare nel bianco dominante. Proseguendo con la schematizzazione degli
accoppiamenti analizziamo che aspettative avremo unendo un bianco recessivo con un
giallo:
14
Bianco Recessivo per Giallo
1
cb+
x 3
cb+
2
cb+
4
cb+
=
1
cb+
1
cb+
2
cb+
2
cb+
3
cb+
4
cb+
3
cb+
4
cb+
Figura n. 8
Da questa unione, come si può rilevare dallo schema, i figli saranno tutti gialli portatori di
bianco recessivo.
Giallo portatore di Bianco Recessivo per Giallo portatore di Bianco Recessivo
1
cb+
x 3
cb+
2
cb+
4
cb+
=
1
cb+
1
cb+
2
cb+
2
cb+
3
cb+
4
cb+
3
cb+
4
cb+
Figura n. 9
Come si può vedere questo è un accoppiamento da cui è possibile aspettarsi di ottenere
dei bianchi recessivi. D’altra parte va considerato che, oltre alla bassa percentuale di
bianchi ottenibili, solo il 25% della prole, il rimanente 75% di gialli sarà costituito da una
percentuale del 25% di gialli omozigoti, l’altra dal 50% dei gialli eterozigoti. Altra riflessione
da fare e che i gialli eterozigoti sono fenotipicamente identici ai fratelli gialli omozigoti. Si
pensi a che tipo di difficoltà si incontrerebbero se il nostro intento è quello di selezionare il
bianco recessivo. Non saremo mai certi se stiamo mettendo in riproduzione dei gialli
portatori di bianco recessivo.
combinazione
1–3
1–4e2–3
2-4
percentuale
1 su 4 o 25%
2 su 4 o 50%
1 su 4 o 25%
genotipi
giallo
giallo portatore di bianco recessivo
bianco recessivo
15
omozigote
eterozigote
Bianco Recessivo per Giallo portatore di Bianco Recessivo
1
cb+
x 3
cb+
2
cb+
4
cb+
=
1
cb+
1
cb+
2
cb+
2
cb+
3
cb+
4
cb+
3
cb+
4
cb+
Figura n. 10
Questo è un accoppiamento che presenta dei vantaggi in quando è possibile prevedere
esattamente le percentuali e i gialli sono tutti portatori certi, infatti otterremo metà prole
bianco recessivo e metà gialla portatrice di bianco. Da un punto di vista selettivo laddove
questo tipo di accoppiamento si decidesse di praticarlo, apporterebbe gli eventuali
miglioramenti solo nei canarini bianco recessivo, poiché otterremo gialli con una varietà ed
una categoria non ottimali. Della categoria avremo modo di esaminarne le caratteriste nei
prossimi appuntamenti.
Bianco Recessivo per Bianco Recessivo
1
cb+
x 3
cb+
2
cb+
4
cb+
=
1
cb+
1
cb+
2
cb+
2
cb+
3
cb+
4
cb+
3
cb+
4
cb+
Figura n. 11
Dal punto di vista selettivo del il bianco recessivo questo è l’optimum poiché come
mostrato nella figura n. 11, la prole sarà tutta bianco recessivo.
16
L’Avorio
La peculiarità dell’Avorio è quella di diluire i pigmenti lipocromici che una volta
intaccati da questo fattore si esprimono sul mantello con una forza minore, tuttavia l’effetto
finale sul fenotipo risulta gradevole e alquanto delicato. Da studi effettuati al microscopio è
emerso che quest’azione diluente è causata da una maggiore cheratizzazione di
particolari strutture delle penne, ovvero da un accrescimento della materia costituente
determinati elementi della penna. A causa di questo ingrossamento i lipocromi restano
confinati in quegli elementi di penna trasformati, così si arresta la loro capillare azione
pigmentante verso le strutture più piccole che appaiono depigmentate. Più avanti nel
trattare le categorie, avremo modo di approfondire la penna e le sue strutture, il lettore può
farsi un’idea di come potrebbe essere pigmentata la penna di una canarino Avorio
rappresentandosi un abete in cui tutti gli elementi sono pigmentati ad eccezione degli aghi.
L’Avorio trasse questa denominazione, quando nei primissimi periodi della sua
apparizione agì su canarini dal fenotipo “giallo pagliato”, a cui conferirono una tonalità
simile a quella delle palle da bigliardo ingiallite dal tempo, ricavate dall’avorio di zanne di
elefante. Oggi nei fenotipi degli attuali canarini è sempre meno frequente riscontrare quelle
stesse tonalità, poiché la selezione si è indirizzata verso una tonalità giallo limone.
Pertanto l’avorio agendo per così dire su nuove basi gialle, assume tonalità più ricche.
Un’idea di questo tipo iniziale di tonalità possiamo farcela osservando gli odierni canarini
avorio di sesso femminile la cui categoria sconfina tra il brinato e il mosaico. Quando il
fattore agisce su questa base viene denominato Giallo Avorio.
L’Avorio può anche esplicare la sua azione su canarini a fattore rosso, e se su una
base gialla l’effetto è gradevole e delicato, su base rossa l’effetto dell’avorio si può definire
assolutamente delizioso, assumendo delle tonalità simili al rosa, da cui la precedente
denominazione Avorio Rosa, attualmente vengono chiamati Rosso Avorio.
L’Avorio ha un comportamento genetico totalmente diverso da quelli visti nei
caratteri in precedenza trattati, infatti attraverso questo fattore entreremo in un altro ambito
della trasmissione dei caratteri ereditari. Questi vengono denominati fattori legati al sesso,
che lungi dall’indicare qualcosa di legato agli organi genitali dei canarini, vanno intesi
come fattori collocati nel cromosoma che determina il sesso del nascituro. Per comodità
continueremo a rappresentare il fattore come in precedenza abbiamo fatto, cioè adottando
ancora le due metà, ma tenendo bene in conto che una della due metà, costituenti l’unità
femminile, ha per così dire una metà che definiremo “vuota”, ma che in realtà è tutt’altro
che vuota ed è proprio questo il cromosoma che determina se un soggetto nascerà
maschio o femmina.
Considerato che l’Avorio è un fattore sesso legato, appare di fondamentale
importanza conoscere se i soggetti di cui si tratta siano maschi o femmine.
Maschio
non avorio
Maschio
portatore di
avorio
Maschio
Avorio
Femmina
non avorio
Femmina
avorio
z
z
sc+
z
sc+
z
sc+
z
z
sc+
z
sc+
z
sc+
w
sc+
sc+
w
Figura n. 12
17
Pertanto nella rappresentazione esposta nella figura n. 12 dovendo tenerne bene in conto,
sono stati nettamente distinti i maschi dalle femmine, assegnando ai primi un’unità
costituita da due “metà piene”, contraddistinta da due simboli individuabili nelle lettere z/z
che simboleggiano esclusivamente un soggetto maschile. In questi riscontriamo tre
differenti genotipi: Non Avorio, Portatore di Avorio, Avorio. Le femmine sono state
rappresentate da una unità contraddistinta dai simboli individuabili nelle lettere z/w che
simboleggiano soggetti esclusivamente di sesso femminile. Come si può notare
graficamente il simbolo w appare vuoto, ma come vedremo tra breve, si tratta del
cromosoma che determina il sesso dei nascituri. Notiamo ancora che mentre nei maschi
possiamo ottenere tre differenti genotipi, nelle femmine i genotipi possibili sono solo due:
Non Avorio e Avorio.
Dopo aver specificato i motivi per cui il carattere avorio è annoverato tra i fattori
legati al sesso; va chiarito che l’avorio nei confronti della forma originaria altrimenti
indicata Non Avorio si comporta geneticamente come carattere recessivo. Pertanto
l’avorio va inquadrato tra i caratteri recessivi legati al sesso.
Graficamente si è preferito abbinare all’Avorio il colore rosa (forse perché
l’inconscio nostalgicamente si lega ancora alla precedente denominazione), e il colore
rosso per il Non Avorio. La denominazione seppur dozzinale, si presta adeguatamente ad
illustrare schematicamente gli accoppiamenti che andremo ad analizzare, in
considerazione che il Non Avorio potrebbe essere sia a varietà gialla che rossa, e dunque
anche l’avorio va considerato in tal senso.
Maschio Avorio per Femmina Non Avorio
1
z
sc+
x 3
z
2
z
sc+
4
w
1
z
sc+
1
z
3
z
sc+
4
w
sc+
sc+
=
2
z
sc+
2
z
3
z
sc+
4
w
sc+
Figura n. 13
Va evidenziato ancora che stiamo trattando di geni contenuti nei cromosomi che
determinato il sesso, e adesso capiremo per quali motivi ne siamo così certi. Nella figura
n. 13 sono stati rappresentati i risultati prevedibili dall’unione di un maschio Avorio per
femmina Non Avorio, analizzando più dettagliatamente la prole ottenibile noteremo che i
maschi sono tutti eterozigoti cioè portatori di Avorio, e le femmine tutte avorio. Qualcuno
potrà obbiettare, e non senza ragione circa l’attendibilità dei risultati, contestando che
dall’unione di Avorio per Non Avorio l’unica aspettativa possibile è prole tutta Non Avorio in
considerazione che l’Avorio è recessivo nei confronti del gene ancestrale Non Avorio.
18
Considerata ovvia l’aspettativa di maschi portatori di Avorio, osserviamo i risultati della
prole femminile. Dall’analisi del cromosoma rappresentato dalla lettera w, indicato al n. 4,
raffigurante la metà femminile “vuota”, appare che questo può unirsi soltanto ai cromosomi
maschili rappresentati con z, indicati ai punti n. 1 e n. 2.
Risulta che:
n. 1 z sc possiede una metà piena l’Avorio
n. 4 w
possiede una metà vuota
Dunque l’unica metà che è in grado di esprimersi è il gene proveniente da z da cui
nasceranno figlie che fenotipicamente non potranno che essere Avorio.
Identico risultato avremo da
n. 2
n. 4
z sc
w
come illustrato dalla figura n. 13
Appare ormai evidente perché si può affermare con certezza matematica che
l’avorio è un gene collocato nel cromosoma del sesso.
Maschio portatore di Avorio per Femmina Non Avorio
1
z
sc+
x 3
z
2
z
sc+
4
w
1
z
sc+
1
z
3
z
sc+
4
w
sc+
sc+
=
2
z
sc+
2
z
3
z
sc+
4
w
sc+
Figura n. 14
Appare verosimile pensare che l’accoppiamento raffigurato alla figura n. 14, sia
stato il primo a generare prole Avorio. Analizzando le previsioni ottenibili rileviamo le
seguenti percentuali. Da questa unione è possibile aspettarsi una percentuale del 25% di
prole Avorio, ovviamente si tratterà esclusivamente di femmine, l’altro del 25% sarà
costituito da femmine Non Avorio. Si rileva d’altra parte, oltre alla bassa percentuale di
Avorio ottenibili, che i maschi saranno tutti fenotipicamente Non Avorio di cui metà
portatori di Avorio. Un altro aspetto da non trascurare è che i maschi portatori di Avorio
saranno identici ai fratelli Non Avorio. Ciò rappresenta un notevole handicap, se l’indirizzo
selettivo intrapreso va nella direzione dell’Avorio.
19
Maschio Non Avorio per Femmina Avorio
1
z
sc+
x 3
z
2
z
sc+
4
w
1
z
sc+
1
z
3
z
sc+
4
w
sc+
sc+
2
z
sc+
2
z
3
z
sc+
4
w
sc+
Figura n. 15
Anche se questo accoppiamento è da considerarsi facoltativo, va tenuto sempre
nella massima considerazione, l’utilità di siffatta unione, non è certo da ricercare nella
garanzia di una omogeneità dei fenotipi che saranno tutti Non Avorio, né nella certezza
che i maschi ottenuti sono tutti portatori di avorio, piuttosto sta nell’offrire la possibilità di
migliorare il ceppo di Avorio che si sta selezionando, attraverso l’inserimento di un
soggetto Non Avorio, che deve essere abbastanza tipico in tutte le caratteristiche previste
dallo standard, e molto tipico in varietà. Successivamente attraverso l’impiego dei figli
maschi portatori potremo tendere verso un arricchimento della pigmentazione lipocromica
dei nostri Avorio, come illustrato nella figura n. 16. Naturalmente anche le femmine se di
buon livello posso essere impiegate a seconda degli indirizzi prescelti.
Maschio portatore di Avorio per Femmina Avorio
1
z
sc+
x 3
z
2
z
sc+
4
w
1
z
sc+
1
z
3
z
sc+
4
w
sc+
sc+
2
z
sc+
2
z
3
z
sc+
4
w
sc+
Figura n. 16
Questo accoppiamento è la naturale conseguenza di quanto esposto al precedente
schema, da cui otterremo una percentuale del 50% di prole Avorio, e l’altra percentuale
del 50% di prole Non Avorio. La prole maschile sarà costituita dal 25% di portatori di
20
Avorio e dal 25% di Avorio. La prole femminile sarà costituita dal 25% di Non Avorio e dal
25% di Avorio.
Maschio Avorio per Femmina Avorio
1
z
sc+
x 3
z
2
z
sc+
4
w
1
z
sc+
1
z
3
z
sc+
4
w
sc+
sc+
2
z
sc+
2
z
3
z
sc+
4
w
sc+
Figura n. 17
Da siffatto accoppiamento, come mostrato nello schema tutta la prole sarà avorio, questo
del punto di vista della selezione dell’avorio rappresenta l’optimum.
Con l’Avorio si conclude primo appuntamento dei quattro previsti dalla Prima
Edizione degli “Incontri Ornitologici” organizzata dall’Associazione Ornitologica Etnea
Catania ONLUS.
Nel prossimo incontro tratteremo i seguenti temi:
1. Struttura della penna
2. Distribuzione dei pigmenti nelle strutture della penna
3. Interazione tra strutture della penna e pigmenti limitatamente ai lipocromi, ed
espressione sul fenotipo
4. Categorie di piumaggio
•
Intenso
•
Brinato
•
Mosaico
5. Categoria e Varietà indirizzi selettivi
21
Indice
Premessa
Pag.
1
I Pigmenti
Pag.
2
Le Melanine
Pag.
2
I Lipocròmi
Pag.
4
I Lipocròmici
Pag.
4
Il Giallo
Pag.
6
Il Rosso
Pag.
7
Il Bianco Dominante
Pag.
9
Il Bianco Recessivo
Pag.
14
L’Avorio
Pag.
17
22