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L’intervallo: la semplicità capace di commuovere
24 NOVEMBRE 2012 LEAVE A COMMENT
“Succede che gli uccelli che vivono in gabbia,
anche se gli apri la porta non fuggono.
I cardellini, a volte, dalla rabbia si scagliano contro le sbarre.
Ma pure loro, se gli apri la griglia non scappano.
Se ne stanno lì, in un angolo, a guardare.
Forse sono tentati di volare via ma non ne trovano il coraggio.
Mio padre mi ha spiegato che tra gli uccelli piccoli
il pettirosso è quello più coraggioso, non ha paura di niente.
A volte lo senti che canta di notte, per sfidare il buio.
Anche l’usignolo canta di notte, ma solo quand’è in amore.
Allora può succedere che anche un orecchio esperto scambia un canto di sfida per
un canto d’amore…”
Con questo poetico monologo d’apertura il primo lungometraggio di “finzione” del
regista Leonardo di Costanzo, famoso per i suoi innumerevoli documentari, si
aggiudica il premio “Tre castelli” alla venticinquesima edizione del festival
internazionale del cinema giovane di Bellinzona, per il concorso 16-20. Una
interessante e sorprendente coproduzione della nostra RSI.
Con ritmo pacato e semplice e con una sottile linea di ironia, la storia di un giorno
d’estate radicalmente diverso prende luogo in un grande edificio abbandonato di
un quartiere popolare di Napoli. I due giovani protagonisti Salvatore (17 anni) e
Veronica (15 anni), vittime della camorra, sono costretti a condividere questo
lurido luogo per una giornata intera. Salvatore è un ragazzo timido e paffutello
dallo sguardo un po’ malinconico, che deve sorvegliare, contro la sua volontà,
l’orgogliosa e vanitosa Veronica.
La prigioniera ha osato sfidare le regole del clan frequentando un ragazzo di un
quartiere nemico. Al taciturno venditore di granite Salvatore, il cui sogno nel
cassetto è diventare un grande chef, viene ordinato da un gruppo di camorristi di
tenere d’occhio la giovane. Prigionieri entrambi, conducono un estivo giorno in
compagnia, un intervallo duro e crudo, ma soprattutto inaspettato.
L’intervallo, pure il titolo lo suggerisce, lascia che lo spaccato sociale di realtà dei
due giovani protagonisti rimanga confinato all’esterno di una parentesi, che pur
sentendolo riecheggiare, rappresenta una fuori uscita dalla vita normale di tutti i
giorni, e la possibilità di un’esplorazione personale e reciproca.
In un contesto così duro non viene minimamente mostrata alcuna arma, nessuna
pistola, non una violenza fisica se non uno schiaffo sul volto paffutello del ragazzo,
non una goccia di sangue se non quella di un ginocchio sbucciato. Dunque,
lasciando in secondo piano la violenza, le armi e la camorra, ci si può concentrare
su un curioso momento della vita: l’adolescenza!
La vera natura degli adolescenti ha, per una volta, il sopravvento sullo squallido,
sulle iniquità, e sulla violenza. Un film che con tutta la sua semplicità sa guardare
la propria realtà.
Rotkäppchen
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