I Rasa Questa volta l`hai combinata davvero grossa!
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I Rasa Questa volta l`hai combinata davvero grossa!
I Rasa Questa volta l’hai combinata davvero grossa! Rasa sospira, incrociando i suoi occhi, riflessi dallo specchio sopra il lavandino. Questa volta l’hai combinata davvero grossa! Pensa sfiorandosi con le dita le parti arrossate. Il collo, i trapezi e tutta la zona attorno alle clavicole appaiono chiazzati, dove va bene, da ecchimosi violacee. Rasa non è il suo vero nome, quello in realtà non l’ha mai usato. Pare, ma anche di questo non sono certo, che suo padre desiderasse a tal punto un figlio maschio che fino a quando ella non ebbe il primo mestruo come tale l’abbia considerata. Costringendola a comportamenti, atteggiamenti, e a svaghi tipicamente da maschio. Come la sua capigliatura, bellissima ma cresciuta solo dopo l’evento sopra accennato, quando anche l’ultima speranza, o dubbio, sul sesso si era dovuto arrendere all’evidenza. La sua figura, il portamento, l’altezzosa prorompente femminilità, i suoi lineamenti, la sua sensualità non lasciano trasparire i passati tormenti. Il carattere invece sì. Anche se mai duro, Rasa sa quello che vuole, sa essere cocciuta, determinata e difficilmente cambia idea né è possibile farla recedere dai suoi propositi, impensabile addomesticarla in situazioni di comodo. Unico retaggio di un sesso mancato è proprio il suo nome. A scuola (la leggenda personale vuole che tutto sia nato proprio da lì), qualche compagno deve averla etichettata come la “rasata”. I soprannomi come le ingiurie trovano ter- 13 Roberto Saglimbeni reno fertile, si appiccicano addosso e rapidamente finiscono con l’appartenerti. Sanno infierire come i grandi i bambini, sanno trovare il punto debole, sanno far male. Il padre di Rasa, cocciuto e sordo a qualsiasi pressione o richiesta, si ostinava a mascolinizzare con un taglio tattico non più lungo di un centimetro il bel viso della bimba. Lei, dopo aver cercato di imporre il suo volere e la sua reale identità, deve aver pensato che in fondo così male non era e che anzi poteva capitarle qualche soprannome più cattivo, irriverente e volgare. Anche per non dare a quelle piccole vipere dei suoi compagni altre soddisfazioni, la ragazza deve aver finito con l’accettare questa nuova realtà, in fondo non troppo lontana dal suo animo guerriero. Cancellate infatti le ultime due lettere del nome il risultato non le dispiaceva proprio. Rasa. La distingueva, la inorgogliva. Lei fantasticava – e deve aver finito con il crederlo davvero – che tale nome fosse in realtà il nome di una principessa indiana alla quale il marito, innamorato come solo nelle favole più belle capita di leggere, alla sua morte le aveva innalzato in memoria uno dei più bei palazzi che mai siano stati concepiti, uno tra le sette meraviglie del mondo. Un mausoleo di marmo bianco, una tomba cattedrale presto ribattezzata “il palazzo dell’amore”. Imponente, maestoso, con quattro altissimi minareti, circondato da un parco bellissimo sempre in fiore, con alberi spessi e corsi d’acqua. Baciato dal sole, cangiante e risplendente, diverso a ogni ora del giorno. Posto sopra una leggera altura a dominare la confluenza dei due fiumi sacri indiani, il Gange e lo Yamuna. Immensi, potenti, amati e temuti, idolatrati e carezzati da un miliardo di indiani, in loro si riconosce la vita e la morte. Proprio ai piedi del santuario si scontrano, impattano le loro forze, si abbracciano e si respingono, si baciano e si impennano vorticando e schiumando sino a fondersi placandosi e allargandosi sino a diventare mare. Sconfinato, immenso, perso sin dove l’occhio pian piano si spegne, sfuocando confini, fondendo la luce. 14 Il Sudario Si quieta calmo e rassicurante, maestoso e profondo il mare di Rasa. Dal mare di Rasa si vede la casa di Rasa. Non un puntino ma una palla di luce riflette il sole, appare essa stessa un sole cangiante, un faro lontano, trattiene ed emana una luce perenne. Anche in giornate in cui il sole non sorge, risplende di luce propria, emana calore, schiarisce la notte se la luna non c’è. L’ho vista, io, la casa di Rasa e subito l’ho riconosciuta. Ho pianto lacrime sciolte senza pudore. 15