tesi - Yalla Italia
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INDICE INTRODUZIONE…………………………………………………………………...………7 CAPITOLO 1: IL MAROCCO ﺓﻱﺏﺭﻍﻡﻝﺍ ﺓﻙﻝﻡﻡﻝﺍ Al Mamlaka al Maghribiyya………………….……........................................................................14 1.1 INFORMAZIONI GENERALI……………………………………………………….14 1.2 ORDINAMENTO GIURIDICO…………………………………………………….15 1.3 UN PO’ DI STORIA…………………………………………………………………17 1.3.1 DA COLONIA AL DISEGNO DI ESPANSIONE TERRITORIALE…………………..... 17 1.3.2 GLI ANNI DI PIOMBO E LE PRESSIONI INTERNAZIONALI ...................................18 1.3.2.1 Le forme della repressione e le sue vittime………………..19 1.3.2.2 La logica repressiva del regime ..........................................20 1.3.2.3Porre fine all’impunità…....………...……………………….....21 1.4 MOHAMED VI E LE NUOVE SPERANZE DEMOCRATICHE…………………..22 1.4.1 IL NUOVO RE FRA CONTINUITÀ AUTORITARIA E APERTURE DEMOCRATICHE…….23 1.5 DIRITTI POLITICI E LIBERTÀ CIVILI………………………………………………..34 1.5.1L’INFORMAZIONE CENSURATA ...................................................................36 1.6 LA MINACCIA ISLAMISTA………………………………………………………..39 1.7 LA SOCIETÀ MAROCCHINA…………………………………………………….41 1 1.8 LA COMUNITÀ EUROPEA E IL MAROCCO……………………………….…...43 CAPITOLO 2: IL MURO MAROCCHINO NEL SAHARA OCCIDENTALE..............45 2.1 BREVE ANALISI GEOGRAFICA DELLA REGIONE………….…………………..59 2.2 IL SAHARA OCCIDENTALE: CENNI STORICI……………………………………59 2.2.1 LA SOCIETÀ SAHARAWI ORIGINARIA ..........................................................59 2.2.2DALLA COLONIZZAZIONE SPAGNOLA ALL PROCLAMAZIONE DELLA 2.2.3REPUBBLICAARABA SHARAWI DEMOCRATICA (RASD)………………………63 2.3 ANALISI DEL CONFLITTO…………………………………………………………68 2.3.1ANALISIGIURIDICA……………………………………………………………69 2.3.1.1 Soggettività internazionale del Fronte Polisario. ...............69 2.3.1.2 L’applicabilità del principio di autodeterminazione…….70 2.3.2 ANALISI POLITICA DEL CONFLITTO…………..………………………………..72 2.3.2.1Motivazioni del Marocco……………………………………….72 2.3.2.2 La manipolazione algerina di Edouard Moha……...…… 78 2.3.2.3Rapporto tra Algeria e Marocco………..……………....…..82 2.3.2.4Contestointernazionale.........................................................83 2.4 IL PIANO DI PACE DEL 1991…………………………………………………….91 2.4.1CRITICHE AL PIANO…………………………………………………………..98 2.5IL MURO MAROCCHINO………………………………………………………...101 2 2.5.1LA SUCCESSIONE DEI SEI MURI…………………...……………………….….102 2.5.1.1 Gli obiettivi del muro ..........................................................103 2.5.2 LA SITUAZIONE ATTUALE………………………………………………….…104 2.5.3 IL SAHARA OCCIDENTALE E LE MINE…..…………………………………… 105 CAPITOLO 3: LE BARRIERE DI SEPARAZIONE DI CEUTA E MELILLA………………………………………………………………………………....105 3.1 INFORMAZIONI GENERALI………………………………………………………105 3.2 LA NORMATIVA COMUNITARIA IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE………..111 3.2.1 IL PATTO EUROPEO SULL’IMMIGRAZIONE E L’ASILO.....................................115 3.2.1.1L’immigrazione per motivi economici……………………..116 3.2.2 IL CONTRASTO DELL’IMMIGRAZIONE NON LEGALE ......................................117 3.2.2.1 Il controllo delle frontiere.. .................................................117 3.2.3IL DIRITTO DI ASILO…………………………………………………………..119 3.2.4 MIGRAZIONE ESVILUPPO……………………………………………………120 3.3 INQUADRAMENTO GIURIDICO-INTERNAZIONALE DELL’IMMIGRAZIONE.121 3.3.1LE RACCOMANDAZIONI DELL’OIL…………………………………………..123 3.3.2IL ONSIGLIO D’EUROPA………..……………..………………………….….124 3.4 LA VIOLAZIONE DEI DIRITTI FONDAMENTALI NELLE DUE ENCLAVI…….…126 3.4.1LE DENUNCE DELLE ONG………… ........................................................128 CAPITOLO 4: UN MURO PARZIALEMENTE ABBATTUTTO, LA CONDIZIONE DELLA DONNA…………………………………………………………………………….......127 3 4.1 LA CONDIZIONE DELLA DONNA NEL MAROCCO CONTEMPORANEO…………………………………………………………………..130 4.2 INTRODUZIONE AL DIRITTO MUSULMANO: LE FONTI……………………….130 4.3 LO STATUTO GIURIDICO DELLA DONNA IN MAROCCO………………….134 4.4 LE DONNE E LE MUTAZIONI DELLA FAMIGLIA NEL MAROCCO CONTEMPORANEO…………………………………………………………………..136 4.5 CODICE DI FAMIGLIA MAROCCHINO……………………………………....137 4.6 LA PARTECIPAZIONE POLITICA FEMMINILE………………………………….143 4.7 LA RICERCA DI NUOVI SPAZI DI ESPRESSIONE: L’ASSOCIAZIONISMO FEMMINILE……………………………………………………………………………...144 4.8 LE INNOVAZIONI DELLA MUDAWWANA…………………………………….147 CONCLUSIONI............................................................................................151 BIBLIOGRAFIA............................................................................................153 RINGRAZIAMENTI………………………………………….………………………….163 4 I muri tra vecchi alleati e l’altra parte dell’Atlantico non possono esistere, i muri tra i paesi che hanno di più e quelli che hanno di meno non possono resistere, non possono resistere i muri tra le razze, le tribù, gli immigrati e i nativi, tra cristiani, musulmani ed ebrei. (…) il rischio del ventunesimo secolo è quello di innalzare nuovi muri, (…) adesso è il momento di costruire un nuovo ponte per affrontare le sfide del XXI secolo. È necessario abbattere tutti i muri.1 Barak Obama 1 http://politica.excite.it/news/10808/il-discorso-di -Obama-a-Berlino-Basta - Muri. 5 INTRODUZIONE Fin dai tempi antichi, muri e muraglie sono state costruite per lo più per impedire il passaggio di eserciti o di gruppi armati ostili, si ricorda la Muraglia Cinese, il Vallo di Adriano, le mura di Costantinopoli e il Danevirke (lungo il confine tedesco - danese). La successiva invenzione degli aerei militari, dell’artiglieria a lunga gittata e dei missili, hanno reso le muraglie difensive oggetti praticamente inutili dal punto di vista strategico militare. Dopo la seconda guerra mondiale, i muri costruiti hanno l’obbiettivo di impedire o ostacolare il passaggio di civili e non per arginare eserciti belligeranti. La costruzione dei muri oggi è un argomento di forte dibattito, viene da più parti sottolineato il senso di impotenza e di umiliazione dei civili che vivono in una condizione di segregazione e isolamento dalle proprie famiglie e comunità per motivi economici, ideologici, religiosi. I così detti Muri della Vergogna sono sparsi un po’ per tutto il mondo, e sebbene abbiamo assistito all’abbattimento del muro d Berlino, che rappresentava la divisione del mondo in due blocchi distinti, assistiamo anche alla costruzione di mura come quello in Cisgiordania tra Israele e Palestina, il muro di Tijuana tra gli Stati Uniti e il Messico e di Nicosia per dividere la Repubblica di Cipro (entrata nel 2004 nell’Unione Europea) da Cipro Nord, la repubblica proclamata dai turco- ciprioti. Non si riescono a risolvere dei problemi? Allora si ereggono delle barriere, talvolta tra due nazioni, altre tra due piccoli comuni (Salergius e Quartucciu in provincia di Cagliari nato per dividere una zona residenziale da una popolare) altre invece nella stessa città per dividere un ghetto (via Anelli, zona altamente 6 frequentata da immigrati) dal resto delle strade cittadine(Padova2) o per tentare di nascondere le bidonville come succede a Casablanca. Accanto alle barriere fisiche troviamo quelle invisibili che ahimè sono ancora più difficili da eliminare. Le barriere sociali che permettono una convivenza, contraddistinta però dall’indifferenza, portano ad una bassa mobilitazione sociale, ad una disintegrazione all’interno della comunità; non si tratta solo dei barriere tra ricchi e poveri, ma anche tra etnie e tra i generi. Le barriere sociali sono il risultato di sensazioni di e presentimenti, della cultura, della religione, di vecchi rancori ma anche di scelte politiche. Esistono poi delle barriere create dai singoli soggetti, appartenenti a sottogruppi all’interno della società, che pongono l'accento sulla loro diversità, o appartenenza ad un gruppo creando barriere che li dividono dal resto della società. Se più frequenti contatti potrebbero generare un numero più elevato di possibili dispute è indispensabile, in un mondo a più civiltà, come lo stesso Samuel Huntington scrive, accettare la diversità e cercare le comunanze.3 Il dialogo tra le parti non è quindi precluso e l’invigorimento dei propri valori costitutivi ha lo scopo non di promuoverne l’universalizzazione, che risulterebbe antiproduttiva ed irrealizzabile, ma ha piuttosto un carattere difensivo, cioè di mantenimento, e non di imposizione, delle proprie radici e della propria identità in mezzo alle altre. È così che gli immigrati prediligono vivere all'interno della loro comunità creata nel luogo in cui migrano, è così che si individuano soggetti che si nascondono dietro degli scudi, creati perché basati su una logica di credo e fede, ma che a mio avviso non sono altro che delle barriere. È affascinante la contraddizione di questa globalizzazione, che ha creato quello che Marshall McLuan definisce villaggio globale, che da un lato avvicina le distanze, accorcia i tempi, favorisce la comunicazione, ci P. Beltramin, Immigrati e violenze. Padova alza un muro, htto://www.corrieredellasera.it, 10 agosto 2006. 3 N. Raffo, Conoscere Huntington per salvarsi dallo scontro di civiltà, L'occidentale, maggio 2007, http://www.loccidentale.it/autore/nadia+raffo/conoscere+huntington+per+salvar si+dallo+scontro+di+civilt%C3%A0.001959 2 7 permette di raggiungere in tempi brevi l’altra parte del mondo; dall’altro invece allontana la realtà quotidiana, crea dei muri che impediscono il contatto genuino laddove c’era sempre stato. A mio parere, la globalizzazione ha creato delle metropoli perfettamente collegate, ma che al loro interno i singoli quartieri sono caratterizzati da divisioni, barriere e ponti difficili da costruire. La logica dei muri fisici entra in una logica di difesa, per allontanare il nemico o perlomeno di impedirgli l’accesso nel nostro territorio. Il nemico che vuole attaccare, non sempre porta con se delle armi, talvolta ha solo un carico di speranza, la speranza di poter condividere, la ricchezza dei paesi ricchi. Questa speranza gli viene negata dalle barriere come quelle di Ceuta e Melilla, e degli USA. Questo lavoro si propone di analizzare i muri del Marocco, ovvero, le barriere fisiche e sociali del Paese. C’è da dire che digitando muro della vergogna in un qualsiasi motore di ricerca online, i risultati sono innumerevoli e non nascondo il mio stupore alla scoperta di così tante barriere di separazione per il mondo. La scelta ricade, però, sul Marocco, a causa dell’attaccamento alle mie radici, e da un senso di colpa derivante dalla mia ignoranza su questioni relative al mio paese di nascita. L’analisi delle barriere marocchine, potrà essere una chiave di lettura per tutti i muri disseminati nel globo, e permetterà di delineare l’evoluzione del paese, di descrivere in un certo senso le riforme e i cambiamenti. Ci sono molti modi per descrivere un paese in divenire, tanti punti di vista diversi che arricchiscono il dibattito ed altrettante versioni ufficiali che a volte distorcono la verità. In questo lavoro, sono stati adottati come punti di vista privilegiati le dinamiche, interne ed esterne, che si sono prodotte nel Marocco per descrivere le istituzioni e le scelte politiche che il paese indipendente ha adottato nella sua transizione verso la modernità, verso la costruzione e l’abbattimento dei muri della nazione. In questo senso, la forza del cambiamento si percepisce dalla capacità del sistema politico di saper coinvolgere tutti e tutte nelle scelte, di riconoscere che ogni soggetto è prima di tutto un cittadino portatore di diritti e di libertà 8 universalmente tutelate dall'esercizio arbitrario del potere e di saper vedere nella diversità, il motore del progresso piuttosto che un pericolo per la stabilità. La tesi è stata così sviluppata: nel primo capitolo si eseguirà un’analisi generale del paese, per poter comprendere le dinamiche interne, tanto sociali e politiche, e quelle esterne che hanno portato a determinati cambiamenti o prese di posizione. Si porrà l’accento sugli anni di piombo, e sulla relativa violazione dei diritti fondamentali, sui diritti negati, sui cambiamenti rappresentano apparentemente democratici i classici cambiamenti ma che in realtà di facciata che servono a mantenere l’assetto politico e sociale vigente. Nel secondo capitolo, avremo la delineazione del conflitto del Sahara Occidentale, un’iniziale analisi storica, seguita da una politica e giuridica, con l’obbiettivo di delineare la posizione delle parti. L’analisi del conflitto si muoverà su due piani distinti, e non necessariamente compatibili, ovvero su quello giuridico e politico. Sul piano più strettamente giuridico, si esige una doppia riflessione: la prima riguarda la natura giuridica del movimento Saharawi, l’altra concerne l’effettiva applicabilità del principio di autodeterminazione al popolo Saharawi ed alle soluzioni che possono apprestarsi.4 Per quanto riguarda la soggettività internazionale, il parere della dottrina non è unanime. Una parte ritiene che non possa essere revocata in dubbio la soggettività internazionale del fronte Polisario. Tale conclusione risulterebbe supportata dal diritto internazionale consuetudinario, secondo cui, i movimenti di liberazione nazionali sono configurabili come soggetti se esercitano in modo effettivo poteri d’imperio su un area territoriale ben determinata. Nel caso di specie, detta soluzione può ritenersi avvallata perché il Fronte ha il pieno controllo di una piccola regione dell’Algeria (che supporta il movimento), perché ha concluso un accordo con la Mauritania nel 1979 e perché l’Assemblea Superare il muro. Contributi per un'analisi del conflitto nel Sahara occidentale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008. 4 9 Generale lo ha ammesso alle sessioni in cui affronta il problema del Sahara Occidentale. Altra parte della dottrina, sostiene che tali considerazioni non siano sufficienti a fondare la soggettività internazionale movimento di liberazione. Un’analisi più profonda mostra del come, l’indipendenza del Fronte non è effettiva ma fortemente condizionata da Algeri. Inoltre la partecipazione all’Assemblea Generale, è prevista unicamente per le sessioni riguardanti il Sahara Occidentale, senza il diritto di voto, ovvero non gli viene riconosciuto la pienezza dei diritti normalmente attribuita ai soggetti di diritto internazionale.5 La dottrina ha, però, raggiunto una posizione comune: escludere l’esistenza di uno stato, la Repubblica Araba Saharawi Democratica, proclamata dal Fronte Polisario nel 1976, poiché essa difetta degli elementi dell’effettività e dell’indipendenza, ossia della soggettività internazionale6. Nell’analisi politica del conflitto si è cercato di delineare le posizioni delle parti, attraverso la tesi di studiosi quali Attilio Gaudio e l’interpretazione di determinati avvenimenti storici. È importante vedere come in questo conflitto in realtà, le parti coinvolte sono ben molto di più di quello che sono in apparenza. Si ricorda che il conflitto è il risultato del processo di decolonizzazione, del passaggio di consegna dalla Spagna al Marocco del territorio attraverso la Conferenza di Madrid, alla quale risultavano favorevoli paesi come la Francia, per molteplici ragioni. Il mero fatto che si tratti del Marocco, di un paese amico dell’Occidente, ha poi effettivamente bloccato quelle che potevano essere le risoluzioni dell’ONU. In questo capitolo si pone inoltre l’accento sulla violazione dei diritti dell’uomo, sulle violenze perpetrate e sulla costruzione del muro disseminato da mine antiuomo. Nel terzo capitolo le barriere di separazione in oggetto sono quelle delle città enclavi spagnole: Ceuta e Melilla. Nate per cercare di limitare l’ondata migratoria sono state progettate e costruite dalla Spagna; il Ibidem. Superare il muro. Contributi per un'analisi del conflitto nel Sahara occidentale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008, cit. p.9. 5 6 10 prezzo, di 30 milioni di euro, è stato pagato però dalla Comunità Europea. Queste barriere rappresentano una sorta di divisione tra il mondo ricco e quello povero, sono come un ponte levatoio che si abbassa solo per far entrare gli ospiti desiderati nel castello dei signori in Europa, e che lascia fuori la plebe africana. I guardiani del castello però non agiscono sempre nella legalità, non sempre rispettano il diritto alla vita; in passato hanno sparato, ucciso e deportato in zone desertiche abbandonando a se stessi questi poveri forestieri. Il fatto ancora più preoccupante, è che anche coloro che potevano essere considerati profughi e rifugiati, si sono visti negare questo diritto senza che venisse analizzato il loro caso. In questo capitolo si analizza la legislazione comunitaria e l’inquadramento giuridico internazionale riguardante le migrazioni, gli strumenti internazionali riguardanti il diritto di asilo, le convenzioni e raccomandazioni dell’OIL, la violazione dei diritti fondamentali nelle due enclavi e le denunce delle ONG. Nel quarto e ultimo capitolo si tratterà di un muro sociale parzialmente abbattuto: la condizione della donna. Parzialmente abbattuto, in quanto, è vero sì che le riforme sono state fatte, e che la donna gode di diritti maggiori rispetto al periodo antecedente, ma è anche vero che manca una reale diffusione ed effettività nelle zone rurali, lontani dei centri moderni e tra i ceti più bassi. La donna è soggetta a un duplice statuto giuridico, che distingue tra spazio pubblico, nel quale vige una legislazione, di stampo moderno e democratico, che sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini, e uno spazio privato, retto da norme di ispirazione religiosa e sicuramente tradizionale, nel quale la donna ha diritti e doveri diversi dall’uomo. Si capisce ora il perché le donne vivono in Marocco una doppia situazione davanti al diritto: sono soggetti autonomi e maggiorenni nello spazio pubblico, ma dipendenti e minorenni in quello privato. Questo accade perché lo spazio pubblico si ispira ai principi della democrazia e della modernità per i quali le donne sono responsabili e uguali agli uomini. Al contrario, i rapporti privati si inscrivono in una concezione di ispirazione religiosa, che consacra l’ineguaglianza reale delle donne nella società e 11 nel suo nucleo di base, la famiglia. Per poter al meglio comprendere questo duplice statuto giuridico riconosciuto alla donna, bisognerà innanzitutto delineare le peculiarità del diritto musulmano, a partire dalle stesse fonti legislative. Considerata la specificità e la complessità dei vari temi, la ricerca bibliografica è stata condotta non solo presso la biblioteca di studi giuridici, storici, politici e sociali dell'Università di Perugia, ma anche nelle biblioteche specializzate del centro studi Amilcar Cabral di Bologna, l'Istituto pontificio di studi arabi e d'islamistica (PISAI) di Roma. Le opere di carattere generale esaminate sono state importantissime per capire i delicati equilibri postcoloniali in particolare nel mondo arabo. I testi riguardanti più specificatamente il Marocco, comprendono sia opere scritte direttamente dai protagonisti del tempo (come Option revolutionaire au Maroc di Medi Ben Barka e Le verità del Marocco di Moumen Diouri) che studi più recenti, importanti per descrivere l'evoluzione del sistema politico e il suo rapporto con l'Islam (un'opera fondamentale è Monarchie et islam politique au Maroc di Mohamed Tozy, politologo marocchino fra i più esperti conoscitori dell'impatto dell'Islam sulle trasformazioni sociali). Per quanto riguarda la documentazione, la reperibilità dei testi non è stata facilissima; per la questione del Sahara Occidentale e Ceuta e Melilla, grandi quantità di materiali sono resi disponibili grazie al ruolo attivo svolto dalle associazioni di solidarietà e cooperazione internazionale. Per la questione della donna ci si è basati molto su dossier ed articoli giornalistici. Un'importante fonte primaria sono state le riviste specializzate come Maghreb Machrek7, Afriche e Orienti8 e Confluences Mediterranée9 e lo Rivista bimestrale di studi generali sul mondo arabo. Pubblicata a partire dal 1964 presso Institut Choiseul pour la politique internationale et la géoéconomie di Parigi. 8 Rivista trimestrale nata nella primavera 1999 per iniziativa di un gruppo di studiosi e giovani ricercatori riuniti nell'Associazione afriche e orienti. Pubblicata da AIEP Editore della Repubblica di San Marino. 9 Rivista trimestrale creata nel 1991 da un gruppo di universitari, giornalisti ed 7 12 sfoglio della stampa periodica in lingua francese, come Maroc Hebdo International10, Le Journal Hebdomadaire11 e Le Monde Diplomatique12; sopratutto per quanto riguarda l'approfondimento della politica di Mohamed VI che, data la strettissima attualità, manca ancora di una produzione letteraria specifica. appassionati delle questioni politiche e culturali dei paesi del bacino mediterraneo. Edita a Parigi da L’Harmattan. 10 Rivista settimanale d'informazione generale, politica, sociale ed economica marocchina, creata da Mohamed Selhami a Casablanca a partire dal novembre 1991. 11 Settimanale di informazione generale sul Marocco fondato il 17 novembre 1997 da Aboubakr Jamai più volte censurato dalla monarchia per l'autonomia ricercata e sostenuta nella sua linea editoriale. 12 Mensile di informazione sulle questioni internazionali “con una visione critica di ciò che spesso rimane nell'angolo morto della stampa”. Nata a partire dal 1954 all'interno del quotidiano francese Le Monde, diventa completamente indipendente da esso nel 1996 sotto la direzione di Ignacio Ramonet. 13 CAPITOLO 1 MAROCCO ﺓﻙﻝﻡﻡﻝﺍ ﺓﻱﺏﺭﻍﻡﻝﺍ Al -Mamlaka al-Maghribiyya Al Maghrib Fig.1 fonte: http://www.lonelyplanet.com/maps/africa/morocco/ 1.1 Informazioni generali. Il Marocco è uno stato dell' Africa settentrionale situato nella parte occidentale della regione definita anche come Maghreb. Le sue coste sono bagnate dal Mar Mediterraneo nella parte settentrionale, e dall'Oceano Atlantico in tutto il tratto ad ovest dello stretto di Gibilterra. I 14 confini terrestri sono con la sola Algeria, ad est e sud-est, e con il territorio del Sahara Occidentale a sud13. Si contano all’interno del territorio anche quattro enclave spagnole nella parte affacciata sul Mediterrano: Ceuta, Melilla, Peñón de Vélez de la Gomera, Peñón de Alhucemas. Anche le isole Chafarinas sulla costa del Mediterraneo, 45 km ad est di Melilla, appartengono alla Spagna, così come le Isole Canarie al largo del lembo più meridionale della costa atlantica del Marocco. In fine l'isola Perejil, uno scoglio disabitato presso lo stretto di Gibilterra, è tutt'ora disputato tra Marocco e Spagna. Buona parte delle coste marocchine sono bagnate dall'Oceano Atlantico, ma estendendosi anche oltre lo Stretto di Gibilterra si affacciano anche sul Mar Mediterraneo14. 1.2 Ordinamento giuridico La Costituzione marocchina è l'apologia del successo politico del re e la sua istituzionalizzazione come Amir al Mu'minin, capo dei credenti perché diretto discendente del Profeta Maometto, e considerato anche capo politico e capo delle forze armate. In qualità di capo politico può a sua discrezione sospendere la costituzione, sciogliere il parlamento e convocare nuove elezioni; inoltre, ha poteri esecutivi, non c'è separazione dei poteri perché è lo stesso re che delega i tre poteri a delle autorità che fanno riferimento direttamente a lui, ha il potere di nomina e revoca del primo ministro e dei ministri che non chiedono la fiducia alle Camere (il bicameralismo viene introdotto con le riforme costituzionali del 1996), che sono però direttamente responsabili di fronte al re, dispone del diritto di veto legislativo. Il re soprattutto ha il potere di proclamare, in base all'art. Calendario Geografico De Agostini, Istituto Geografico De Agostini, 2009, Novara, p. 749. 14 Op. cit., p. 959 13 15 3515, lo stato d'eccezione che conferisce al monarca tutti i poteri necessari per ristabilire il normale funzionamento delle istituzioni16. Inoltre grazie all'art. 3 è vietato il partito unico in favore di un sistema pluripartitico di facciata. Il potere esecutivo è detenuto dal palazzo (cioè dal re e dai suoi consiglieri) e dal governo. Il re presiede il consiglio dei ministri, nomina il primo ministro dopo le elezioni legislative dietro la consultazione della maggioranza parlamentare, nomina i ministri su consiglio del primo ministro, revoca i ministri a sua discrezione e può, sempre a sua discrezione, dirigere per Dahir (regio decreto). Il primo ministro dirige il governo e coordina l'attività dei ministri, anche arbitrandone le divergenze; controfirma i Dahir ed esercita il potere regolamentare (i regolamenti sono controfirmati dai ministri incaricati dell'attuazione); può emanare decreti-legge su delega del parlamento per oggetti determinati e durata limitata. Il potere legislativo è prerogativa della Camera dei rappresentanti, Majlis al-Nuwab, composta da 325 deputati eletti ogni 5 anni a suffragio universale, e dalla Camera dei consiglieri, Majlis al-Mustacharin, composta da 270 seggi rinnovati a elezione indiretta per un terzo ogni 3 anni. A partire dalle ultime revisioni costituzionali del 1992 e 1996, il parlamento ha visto progressivamente aumentare i suoi poteri di controllo: infatti, oltre alla funzione legislativa, può votare il bilancio del regno, può costituire commissioni d'inchiesta sull'operato del governo e può far cadere il governo con una mozione di sfiducia. L'ordine giudiziario è indipendente, i giudici della Corte Suprema sono nominati dal sovrano. Negli ultimi anni sono state create diverse Articolo 35: In caso di minaccia dell'integrità del territorio nazionale, o nel caso in cui si producano avvenimenti suscettibili di mettere in discussione il funzionamento delle istituzioni costituzionali, il re può, dopo aver consultato i presidenti delle due camere e aver indirizzato un messaggio alla nazione, proclamare, attraverso decreto reale, lo stato d'eccezione. Egli è abilitato, nonostante tutte le disposizioni contrarie, a prendere le misure necessarie per imporre la difesa dell'integrità territoriale e il ritorno al funzionamento normale delle istituzioni costituzionali. Lo stato d'eccezione viene cessato nelle stesse forme con il quale viene proclamato. 16 M. Oliviero, Il costituzionalismo dei paesi arabi. Le costituzioni del Maghreb, Giuffrè editore, Milano, 2003, pp. 52-59. 15 16 magistrature specializzate, di ispirazione codicistica e non coranica. 17 1.3 Un po’ di storia. 1.3.1 Da colonia al disegno di espansione territoriale. Il Marocco viene incluso nel Protettorato francese dal 1912 (a parte alcuni territori occupati dalla Spagna). L’indipendenza è stata acquisita nel 1956, anno in cui si riuscì ad arrivare ad una soluzione negoziale in quanto la Francia era impegnata nelle crisi d'Algeria e d'Indocina. Il riconoscimento franco-spagnolo dell'indipendenza del Marocco non fu tout court ma alcune città ne restarono fuori. Tangeri fu restituita alla sovranità marocchina alla fine del 1956, mentre per Tarfay si dovette aspettare il 1958.18 Nel 1957 Mohamed Ibn Yusuf divenne re con il nome di Mohammed V. Quando morì nel 1961 gli succedette il figlio con il nome di Hassan II. Tra il 1958 e 1959, l'esercito del Marocco combatté le cosiddette guerre del Rif (sulle montagne del Rif) contro le tribù berbere e ribelli che si opponevano al governo della dinastia Alaouita. Le sommosse furono represse violentemente, causando migliaia di vittime. L'impronta autoritaria del nuovo re si manifestò con la promulgazione del primo testo costituzionale ottriato del Marocco indipendente19. Nel 1963 le dispute territoriali portarono alla cosiddetta guerra della sabbia con l'Algeria. Il conflitto scoppiò a causa di un contenzioso per le zone di frontiera di Bechar e Tindouf. L'8 ottobre del 1963 l'esercito algerino Ibidem. H. Misk, Breve storia del colonialismo francese e spagnolo in Marocco, Edizioni Associate, 2006, Roma, p.46. 19 Il testo fu scritto con l'aiuto di costituzionalisti francesi che furono fra gli artefici nel 1958 del nuovo testo fondamentale della V Repubblica di De Gaulle. 17 18 17 attaccò a sorpresa alcune guarnigioni marocchine disposte lungo il confine. Come difesa le Forze Armate Reali di Hassan II risposero al fuoco e lanciarono una potente controffensiva, ma l'intervento dell'Organizzazione dell'Unità Africana impose il cessate il fuoco. 1.3.2 Gli anni di piombo e le pressioni internazionali. Gli anni di piombo rappresentano un lungo periodo nella storia contemporanea del Marocco. Gli anni di piombo possono essere circoscritti al regno di Hassan II (1960-1999) sebbene non esista un consenso generalizzato sulle date di inizio e termine, infatti secondo altri la data più indicativa sarebbe il 1956, anno in cui il Marocco ha conquistato l' indipendenza (sotto Mohammed V). Gravi violazioni dei diritti umani sono state commesse da un regime che, a dispetto di una facciata di multipartitismo, ha sistematicamente perpetrato una politica di energica repressione di qualsivoglia oppositore con il suo corollario di sopruso e perfino di barbarie d’altri tempi.20 La repressione toccò la sua punta massima negli anni '60, ma è continuata nel tempo affievolendosi di intensità almeno fino agli inizi degli anni '90, quando la fine della Guerra Fredda provocò uno sconvolgimento degli equilibri politici e strategici precedenti, con una maggiore pressione diplomatica esercitata sul paese dagli Stati Uniti e dai paesi della Comunità Europea. Gli anni '90 hanno visto un lento ma decisivo miglioramento del clima politico e della situazione dei diritti umani in Marocco e, con l' ascesa al trono di Mohammed VI nel 1999, il cammino delle riforme ha ripreso vigore21. F. El Bouih, A. Zrikem, A. El Ouadie, N. Saoudi (a cura di E. Batulli), Sole nero. Anni di piombo in Marocco, Mesogea, 2004, cit. p. 263 21 Ibidem. 20 18 1.3.2 Le forme della repressione e le sue vittime. Durante gli anni di piombo i dissidenti furono arrestati, giustiziati e molti di loro fatti scomparire, furono chiusi giornali e messi al bando libri. Le ONG hanno definito queste violazioni crimini di Stato e crimini contro l’umanità: migliaia di detenuti politici, centinaia di scomparsi (circa millecinquecento secondo alcune organizzazioni per i diritti umani); bagni penali medievali come Tazmamart, centri illegali di tortura sistematica come Derb Moulay Chérif o Dar El Mokri; eliminazione fisica dei leader politici, tortura sistematica degli oppositori (molti dei quali persero la vita), smisurata repressione delle masse (rivolta del 23 marzo 1965, moti del giugno 1981 a Casablanca, del 1984 a Marrakech e del 1994 a Tétouan), processi politici iniqui22. Gli elenchi ufficiali delle vittime degli anni di piombo non si rivelerebbero del tutto attendibili, in quanto le sparizioni e le uccisioni politicamente mirate erano all’ordine del giorno. Inoltre, anche molti che non erano coinvolti direttamente in movimenti di opposizione, sono stati vittime di detenzioni arbitrarie e torture. L’invasione del Sahara, nel 1975, provocò un deciso rinvigorimento del sentimento nazionalista che servì a raffreddare la tensione politica interna ma nel frattempo, nel Sahara Occidentale, operavano indisturbati gli squadroni della morte, facendo registrare migliaia di uccisioni e sparizioni tra le file della resistenza Sahrawi. Successivamente, grazie alle pressioni internazionali, il re liberò oltre 2.000 oppositori politici, e nel 1994, dopo averlo graziato, permise il ritorno nel paese ad uno dei suoi principali oppositori politici, il socialista Mohamed Basri. F. El Bouih, A. Zrikem, A. El Ouadie, N. Saoudi (a cura di E. Batulli), Op. cit., p. 263 22 19 1.3.3 La logica repressiva del regime. I molteplici apparati repressivi del sistema regolato dal Makhzen23 disponevano, nella pratica, di una vera e propria carta bianca che consentiva loro di agire in completa impunità, anche al di fuori della legalità. Il fine ultimo consisteva nel mettere a tacere e/o domare qualunque forma di opposizione al regime. Ha lungamente fatto parlare di sé il caso del leader della sinistra Mehdi Ben Barka, sequestrato dagli uomini di Hassan II (con la complicità di alcuni elementi dei servizi segreti francesi) nel pieno centro di Parigi, il 29 ottobre del 1965, e in seguito torturato e assassinato. Ancora oggi il suo dossier non è stato chiarito. Un ex agente della polizia politica, Boukhari, sostiene che il corpo di Ben Barka sia stato sciolto nell’acido a Dar El Mokri. I reclusi del bagno penale di Tazmamart (una caserma situata a sud dell’Alto Atlante), i rivoltosi responsabili dei due tentativi di colpo di stato militare, i tre fratelli Burequat furono costretti a condizioni orribili, a un trattamento d’altri tempi: celle singole anguste ed eternamente buie, isolamento totale dagli altri detenuti, clima inclemente (inverno freddissimo e estate torrida) comportamento ostile dei guardiani, alimentazione infetta e insufficiente.24 La repressione non era rivolta soltanto verso coloro che si opponevano al regime, ma le vittime potevano essere anche i famigliari di quest’ultimi. La famiglia del generale Oufkir (la moglie, i suoi sei figli, una cugina e la governate dei bambini) ha subito i tormenti di un sequestro. La loro colpa era di essere i famigliari di Oufkir, il generale che aveva tradito il re fomentando un colpo di stato nel 1972. Vennero rilasciati ben dopo 19 anni, in seguito a una mediazione condotta a livello internazionale.25 La famiglia Manouzi, della quale il padre Ali e alcuni dei suoi figli erano Makhzen: è il nome con il quale si definisce l’organizzazione del sistema politico vigente in Marocco. 24 Ibidem. 25 F. El Bouih, A. Zrikem, A. El Ouadie, N. Saoudi (a cura di E. Batulli), Op. cit., p. 265 23 20 membri dell’Unione nazionale delle forze popolari (UNFP, partito d’opposizione), nel 1970 vide arrestare e sottoporre a tortura ben 18 dei suoi componenti, a Derb Moulay Chérif. Nel 1973, al suo secondo arresto, Ali Menouzi racconta di essere stato condotto da Derb Moulay Chérif a El Korbes (hangar dell’aereoporto Anfa di Casablanca). Ognuno dei quattro hangar conteneva un migliaio di detenuti con gli occhi bendati e le manette ai polsi. Il più giovane aveva 14 anni, il più anziano era un centenario. Tutti presentavano i postumi della tortura, molti morirono in quelle condizioni. Uno dei figli di Ali venne rapito in Tunisia nel 1972 e in seguito dichiarato scomparso.26 1.3.4 Porre fine all’impunità. All’inizio degli anni Novanta il regime aveva deciso, grazie soprattutto ad una pressione internazionale, di voltare pagina, liberando la maggior parte dei detenuti politici e impegnandosi nella logica del rispetto dei diritti umani.27 Ma al contempo si esigeva che i marocchini rinunciassero a chiedere che i colpevoli delle gravi violazioni di diritti umani venissero condannati, e che le vittime della detenzione arbitraria o della sparizione forzata si accontentassero dell’indennizzo economico che era stato loro promesso.28 Sotto processo, in fondo, non sono degli uomini, ma un intero sistema, un modo di governare, di considerare il cittadino e i suoi diritti.29 Ibidem. F. El Bouih, A. Zrikem, A. El Ouadie, N. Saoudi (a cura di E. Batulli), Op. cit., p.284 28 F. El Bouih, A. Zrikem, A. El Ouadie, N. Saoudi (a cura di E. Batulli), Op. cit., p. 285 29T. Ben Jelloun, New deal Marocco, http://espresso.repubblica.it/dettaglioarchivio/1301509 26 27 21 1.4 Mohamed VI e le nuove speranze democratiche Dal momento in cui sono state introdotte alcune riforme politiche tese a incanalare le molteplici forze e tensioni interne, ci fu un aumento vertiginoso della mobilitazione della società civile. Si cercò infatti di garantire l’integrazione dei partiti d’opposizione nel sistema di governo e di modificare l’assetto costituzionale in base ai profondi cambiamenti avvenuti nel paese. Nel 1998 fu inaugurata una nuova fase politica, definita di alternanza, quando Abraham Youssufi, leader socialista diventò primo ministro, non prima però che venisse approvata nel 1996 una vasta riforma costituzionale con l’appoggio delle principali formazioni politiche. La nuova Costituzione esprime in una certa maniera anche la spinta progressista sollecitata dai diversi movimenti per i diritti umani nella trasformazione della società e il loro tentativo di aprire un profondo percorso democratico capace di conquistare nuovi diritti di cittadinanza in contrapposizione alla condizione di suddito, conseguenza del potere autoritario. Il testo per la prima volta, fa riferimento esplicito alla tutela dei diritti dell'uomo e comprende alcune importanti riforme come la creazione di un ministero specifico e l’istituzione del CCDH (Conseil Consultatif des Droits de l'Homme). Il 23 luglio 1999 muore Hassan II e, in base al principio di ereditarietà del trono, il suo posto viene preso dal figlio Mohamed VI. La sua giovane età stimola diverse speranze fra la popolazione che riconosce in lui la possibilità di nuove aperture così necessarie ad un paese in profondo cambiamento. Inoltre il suo ostentato attaccamento ai diritti dell'uomo e il continuo riferimento ai disoccupati, poveri ed analfabeti, rendono la sua figura molto più vicina alla popolazione di quanto lasciava credere Hassan II e la sua retorica elitaria. Le speranze e le aperture emerse con la successione trovano sin da subito un difficile banco di prova in quanto il nuovo re si deve affrontare un nuovo ciclo di lotte nel Sahara Occidentale che 22 prende il nome di Intifada Saharawi. I moti esplosi, a partire dal 1999, hanno evidenziato una realtà sociologica estremamente complessa nelle province del Sud marocchino. Molti giovani, partendo da una condizione materiale di malessere sociale che non trovava risposte se non nell'ordine pubblico e nella gestione del territorio, hanno rivendicazioni spostato sull'aspetto progressivamente identitario, l'obiettivo con un delle richiamo loro netto all'indipendenza e all'autodeterminazione. Il tutto portò il Polisario a guardare con interesse il suddetto movimento spontaneo, fino ad appoggiarlo apertamente come nelle dimostrazioni del 2005. Contemporaneamente è emersa anche l’importanza di una nuova classe dirigente saharawi che è riuscita a costruire la sua forza e ricchezza attraverso la concessione e lo sfruttamento delle risorse naturali del territorio in collusione con il potere politico-militare del Makhzen. Questi ricchi notabili giocheranno un ruolo chiave nel progetto di larga autonomia che la monarchia ha presentato all’ONU nel tentativo di dare una svolta alla paralisi del processo di pace senza ricorrere al referendum d’autodeterminazione invocato dal Polisario. Anche se la proposta di autonomia è evidentemente contraria alle regole internazionali che riguardano la decolonizzazione, appare però realizzabile se si considerano i grandi interessi economici emersi con le recenti esplorazioni petrolifere e la necessità di stipulare dei contratti di licenza internazionalmente validi con un territorio non autonomo. 1.4.1 Il nuovo re fra continuità autoritaria e aperture democratiche. Dagli anni '90 il campo politico marocchino è stato attraversato da modifiche di atteggiamento diversa della natura che monarchia lasciano verso una presagire possibile un nuovo apertura all'integrazione dei valori democratici. Su questi possibili cambiamenti ha 23 influito non solo un palcoscenico internazionale profondamente cambiato dopo il crollo del muro di Berlino, ma anche le tensioni interne esplose attraverso la mobilitazione della società civile su diverse forme di contestazione del potere politico. Il processo di evoluzione politica interno che grazie alla questione del Sahara Occidentale aveva avvicinato tutte le principali forze del paese attorno alla monarchia, prosegue quindi il suo percorso su alcune importanti modifiche istituzionali, politiche e giuridiche che Hassan II ha introdotto per preparare il regno alla successione. Con successione, non si vuole intendere il solo passaggio di trono fra Hassan II e suo figlio Mohamed VI, quanto piuttosto un lungo percorso di transizione politica verso la modernità che fino all'ultimo decennio del vecchio monarca è stato neutralizzato dalla condotta di dirigenti politici e funzionari makhzenizzati che hanno preferito conservare il sistema tradizionale autoritario piuttosto che democratizzarlo30. La possibilità di questo cambiamento è divenuta in parte possibile grazie al verificarsi di due importanti presupposti: l'accettazione da parte di tutti i soggetti politici dell'utilità di un processo riformista che non rimetta in discussione in maniera drastica la distribuzione attuale del potere e la fiducia nel costituzionalismo come metodo per fissare questi equilibri. Il riformismo auspicato, lento e progressivo, nasce quindi da una nuova relazione fra opposizione e monarchia, caratterizzata da mutue garanzie vitali per ognuna delle due parti, per ridefinire nuove regole che governino l'esercizio del potere all'interno di un nuovo quadro costituzionale. Un patto politico di non belligeranza, mai esplicito ma che viene consolidato negli anni '90 quando le forze d'opposizione hanno registrato una profonda trasformazione nel ridefinire nuove prospettive strategiche che, abbandonando definitivamente l'opzione golpista, permettano di arrivare al governo. La spinta verso un nuovo quadro costituzionale capace di garantire un nuovo equilibrio degli interessi politici che contempli anche la M. Mouaquit, (a cura di A. Baldinetti), Cambiamento politico, società civile e globalizzazione: il caso del Marocco in Società globale e Africa Mussulmana. Aperture e resistenze, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004, pp. 129-131 30 24 possibilità di alternare la guida del paese, nasce nel 1989 con la proclamazione del cessate il fuoco e la previsione di un referendum nel Sahara Occidentale. Hassan II decide di consultare la popolazione per un prolungamento della legislatura che doveva essere rinnovata nel 1990. Il referendum, approvato con il 99.89% dei consensi, avviene in un contesto socio-economico difficile in cui il parlamento ha adottato la privatizzazione di 122 industrie statali e la ripresa di una politica economica d'austerità per far fronte alla diminuzione del tasso di crescita. Da questo momento la ricerca dell'alternanza politica progredisce in concomitanza della liberalizzazione economica che impone sacrifici ed è accompagnata da disordini sociali (scioperi generali e settoriali) e universitari (con l'ascesa sempre più rapida degli islamisti). Nel 1991 il re convoca i leader dell'opposizione per comunicare ufficialmente loro la riforma costituzionale che prevedeva nuove leggi e un nuovo sistema elettorale. Nella speranza di trovare un più rapido appoggio alla sua iniziativa, liberò alcuni prigionieri politici, ma le negoziazioni con l'opposizione avvengono in un clima ancora di aperta ostilità. I partiti d'opposizione31, il 17 maggio 1992, si riuniscono nel Blocco Democratico, Koutla, considerando l'importanza delle sfide che il paese dovrà affrontare in tutte le materie, tanto a livello di consacrazione dell'unità territoriale e del suo perfezionamento, quanto nell'instaurazione di una democrazia vera sul piano politico, economico, sociale e culturale32. Fino al 1994 il rapporto fra la nuova compagine unitaria dell'opposizione e la monarchia rimane costantemente in tensione con colpi di mano che descrivono un difficile percorso verso l'inserimento dell'opposizione nell'attività di governo. Il blocco democratico, infatti, si rifiutava di entrare in un esecutivo la cui azione sarebbe rimasta comunque limitata dall'attuale quadro politico che riconosceva al re la prerogativa nella scelta del capo del governo e dei ministeri principali. Le condizioni che la Koutla poneva insistevano Istiqlal, USFP, UNFP, PPS e OADP. L'Opinion, 27 maggio 1992. in Creation du Bloc Democratique, Maghreb Machrek n. 137, 1992. 31 32 25 sull'elezione diretta di tutti i membri della Camera e sulle riforme costituzionali necessarie affinché l'alternanza di governo risultasse essere espressione delle urne e non una scelta del re33. Spinto dalla necessità di arrivare all'alternanza nonostante questo implicasse il riconoscimento di alcune concessioni e sotto il peso progressivo di diverse realtà e forze autonome della società marocchina che si strutturavano attorno alla difesa dei diritti dell'uomo intesi nella loro globalità (sia che si tratti di diritti politici, culturali o socio-economici), il re annuncia il 20 agosto 1996: una riforma progressiva ed efficace che segua le esigenze dell'epoca e che sia conforme alle componenti umane, intellettuali e politiche del nostro paese34. A settembre viene proposta l'approvazione tramite referendum del nuovo testo costituzionale che, per la prima volta, riceveva anche il consenso dell'USFP e dall'Istiqlal. Le concessioni del monarca, infatti, comprendevano anche l'elezione diretta a suffragio universale dell'intera Camera e l'accordo, non detto, che il re scegliesse il primo ministro tenendo conto della maggioranza in Parlamento. Il nuovo testo costituzionale, inoltre, traduceva una certa volontà politica che si inscriveva nella logica delle aspettative formulate esplicitamente dai partner occidentali del regime. Tuttavia, nonostante il consenso pressoché unanime delle maggiori rappresentanze politiche, rimane da sottolineare che il re ha sempre mantenuto l'iniziativa delle negoziazioni, dando loro un carattere consultativo, rimarcando sempre che l'iniziativa della riforma fosse reale, questo spiega le definizioni paradossali di “alternanza consensuale” o “alternanza desiderata dal re”35. Non si può dunque, non essere scettici sulla reale portata di questi cambiamenti e sul valore effettivo delle riforme. Il dialogo si è svolto Z. Daoud , Maroc: les élections de 1997, Maghreb Machrek, n.158, 1997, pp 105108. 34 Discorso del re Hassan II il 20 agosto 1992. 35 M. Tozy, Réformes politiques et transition démocratique, Maghreb Machrek, n.164, 1999, pp. 64-73. 33 26 comprendendo solo una parte delle forze politiche e sociali in campo (gli ex partiti dell'avanguardia marxista, molte organizzazioni per i diritti dell'uomo e gli islamisti hanno rifiutato il testo) e rimangono ancora forti tensioni nella formazione del governo con la nomina diretta da parte del re dei ministri cosiddetti di sovranità: giustizia, affari esteri e interno. Inoltre, la portata positiva dell'elezione diretta dell'intera Camera è depotenziata dall'introduzione di una seconda camera a elezione indiretta, espressione delle entità decentrate e degli ordini professionali, direttamente controllata dal Makhzen. In realtà, attraverso questa riforma, il parlamento risulta indebolito piuttosto che rafforzato perché, rispetto al numero totale dei membri di entrambe le camere, quelli eletti indirettamente risultano essere più numerosi rispetto all'unicameralismo in cui solo un terzo dei membri era di nomina reale36. Il primo governo d'alternanza, del 1998, vede alla guida Abderrahman Youssufi, leader dell'USFP rientrato dopo 30 anni di esilio nel 1993. Apparentemente, questo avvenimento, può essere interpretato come un possibile credito che registrano le nuove riforme istituzionali contenute nel testo del 1996, ma, secondo uno schema già vissuto precedentemente in Marocco, sarebbe più opportuno pensare all'ultimo tentativo ben riuscito di rinnovamento del Makhzen compiuto da Hassan II prima della sua morte. Per capire se si tratta di un cambiamento reale o di adattamento del potere autoritario, bisognerà attendere l'atteggiamento di Mohamed VI alla scadenza della legislatura nel 2001, per il momento è importante analizzare i risultati delle elezioni legislative del 14 novembre 199737, caratterizzati dal più alto tasso di astensionismo nella storia del Marocco38, per comprendere una situazione di generale disaffezione della M. Ottaway , M. Riley, Morocco: from Top-down reform to Democratic Transition?, Carnegie endowment, n°71, settembre 2006 p 5. 37 Il blocco di “destra” raggiunse il 30,26% dei voti, il blocco di “centro” il 26,43% e il blocco democratico (Koutla dimuqratiyya) ottenne la maggioranza relativa con il 31,71% delle preferenze. 38 Gli iscritti a votare furono 12.790.631 ma di questi solo 7.456.996 (pari al 58,3%) parteciparono al voto. I voti nulli furono 1.085.366. 36 27 popolazione nei confronti dell'intero sistema della rappresentanza. I partiti, infatti, vedono il loro credito politico indebolito perché la scelta per una politica conciliante con il Palazzo ha eliminato ogni distinzione netta fra gli schieramenti lasciando così un vuoto politico di pratiche e di contenuti che sarà occupato dai diversi attori della società civile. Gli anni '90 corrispondono, infatti, in Marocco ad una moltiplicazione delle realtà associative come espressione della società civile. Questa proliferazione in parte è stata resa possibile grazie all'aiuto crescente proveniente dall'estero, non solo in termini di nuovi finanziatori, quanto piuttosto perché è riuscito rompere il muro di omertà e silenzio che la guerra fredda aveva innalzato e dietro al quale sono state commesse e legittimate le terribili atrocità che hanno caratterizzato il Marocco sotto la guida di Hassan II. L'evoluzione politica della società marocchina rinvia ad una realtà sociologica molto diversificata, interpretata dai movimenti per i diritti umani, le associazioni coinvolte in azioni di sviluppo sociale e gruppi di obbedienza islamica, il cui numero e rappresentatività sociale è un importante fattore da tenere in considerazione. L'importanza del movimento dei diritti umani sul nuovo percorso democratico del Marocco risiede nella lotta per la conquista di nuovi diritti di cittadinanza, in contrapposizione alla condizione di suddito, conseguenza del potere autoritario esercitato dal Makhzen. Le cause endogene che hanno portato alla loro diffusione nascono contemporaneamente all'insistenza dei processi di sviluppo economico neoliberali, che vedono nella generale crisi della rappresentanza una diretta conseguenza, e che hanno lasciato un vuoto di opposizione sopratutto a partire dalle materie del sociale.39 Il veloce sviluppo delle associazioni avviene all'interno del contesto urbano e fra queste, un numero significativo si struttura prevalentemente per la difesa di interessi particolari come quelli per la tutela delle vittime degli anni di piombo, per la libertà di impresa o contro la corruzione. Queste recenti organizzazioni fanno riferimento al più esteso quadro di quelle sorte 39 M. Ottaway, M. Riley , Op. ci.t, p. 6. 28 in difesa dei diritti dell'uomo sin dal 1972 quando nacque la Ligue Marocaine de Défense des Droits de l'Homme (LMDDH) a cui fa seguito nel 1979 l'Association Marocaine des Droits de l'Homme (AMDH). Entrambe le associazioni inizialmente erano legate ai partiti istituzionali dell'opposizione (Istiqlal e UNFP) e solo nel 1988 nacque l'OMDH (Organisation Marocaine des Droits de l'Homme), la prima organizzazione che deve il suo successo e credibilità proprio all'indipendenza e autonomia dalle istituzioni e dai pubblici poteri. All'interno del territorio esercita la sua attività, anche se in maniera clandestina, l'associazione AFAPREDESA fondata il 20 agosto 1989 all'interno dei campi di Tondouf amministrati dalla RASD. La nuova Costituzione del 1996 esprime in una certa maniera anche questi grandi mutamenti della società marocchina. Nel testo, per la prima volta, viene fatto riferimento esplicito alla tutela dei diritti dell'uomo e comprende alcune importanti riforme istituzionali che vanno in questo senso come la creazione nel 1990 del CCDH40, dei tribunali amministrativi (1993), un ministero specifico per la difesa dei diritti dell'uomo (1993) e l'istituzione di un consiglio costituzionale nel 199441. Sin dal discorso pronunciato in occasione della sua intronizzazione, il 30 luglio 1999, Mohamed VI, si propone di consolidare le fondamenta della politica interna indicate in maniera chiara e precisa dal padre: la monarchia parlamentare, il multipartitismo, il liberalismo economico, la regionalizzazione, lo stato di diritto, la salvaguardia dei diritti dell'uomo e la tutela delle libertà individuali e collettive42. L'opinione pubblica internazionale e marocchina giudica con speranza l'arrivo del nuovo re: la sua giovane età, solo trentanove anni come a È un organismo consultativo, indipendente dal potere legislativo, esecutivo e giudiziario, composto da 37 membri che riflettono la pluralità politica, sindacale, culturale e professionale. Per Hassan II si trattava di un'iniziativa di perfezionamento dello stato di diritto. Ad esso fa riferimento un'Istanza d'arbitraggio indipendente incaricata di fissare i risarcimenti per le vittime delle “sparizioni forzate” e della “detenzione arbitraria” 41 M. Mouaquit, Op. cit. pp. 132-133 42 Discorso del trono pronunciato a Rabat il 30 luglio 1999 reperibile in http://www.maroc.ma/ portale ufficiale del regno 40 29 simboleggiare il legame di una monarchia moderna con un paese in cambiamento, il suo ostentato attaccamento ai diritti dell'uomo e il continuo riferimento ai disoccupati, poveri ed analfabeti, rendono la sua figura molto più vicina alla popolazione di quanto lasciava credere Hassan II e la sua retorica elitaria43. In effetti, nei primi mesi di regno, Mohamed VI, non sembra disattendere queste aspettative: a capo della fondazione Mohamed V (una specie di ONG umanitaria fondata da Hassan II negli ultimi anni del suo regno) il re si reca di persona nei villaggi più remoti, compreso il Rif ignorato da suo padre sin dal 1959, per offrire cisterne d'acqua alle vittime della siccità, sostenere microprogetti di sviluppo o incoraggiare azioni di solidarietà. La sua attenzione verso gli emarginati ha una doppia valenza, simbolica perché innalza l'immagine caritatevole di re dei poveri e politica, perché come osserva Mohamed Tozy, taglia l'erba sotto i piedi degli islamisti che fin'ora hanno avuto il monopolio degli interventi caritatevoli nei quartieri poveri, traendone grande popolarità44. Nell'agosto 1999 annuncia la creazione di una commissione reale d'indennizzo per i vecchi prigionieri politici (più di 420 in cinque anni), il ritorno di Serfaty e dei familiari di Ben Barka dall'esilio, la liberazione di diversi prigionieri di diritto comune e detenuti politici come Abdessalam Yassine, leader del maggiore movimento islamista marocchino (al-Adl wa al-Ihsan) e sopratutto la rimozione dall'incarico di Driss Basri dopo vent'anni al ministero dell'interno45. Nonostante le aperture promosse in campo sociale e sul riconoscimento dei diritti dell'uomo, la politica del nuovo re negli anni a seguire è sempre più orientata a seguire l'impronta tracciata dal padre di un riformismo di facciata che non intacca la reale struttura di distribuzione del potere. Il re, nella formazione del governo, rimane libero di scegliere se prendere in A. Mansour, S.M. Mohamed VI, un roi de proximité, Maroc Hebdo International, n. 395, dicembre 1999. 44 I. Ramonet , Le Maroc indécis, Le Monde Diplomatique, luglio 2000. 45 P. Vermeren, op. cit. pp 106-110. 43 30 considerazione i risultati delle elezioni o ignorarli. Così, nel 2002, viene designato come primo ministro Driss Djettou, un tecnico non appartenente ad alcun schieramento politico ma conosciuto sin dal 1993 quando fu a capo dei ministeri economici46, prima di arrivare all'interno per sostituire Basri. Egli fu l'artefice dell'organizzazione delle elezioni del 2001 ma, a conferma del carattere intrinseco con cui fu condotto il processo di alternanza, la sua nomina non risponde ad alcuna maggioranza uscita dalle urne. Familiarizzando con il potere, il re non ha minimamente modificato il sistema clientelare di cooptazione. Nella nomina dei nuovi governatori regionali e delle prefetture urbane ha semplicemente rimosso i funzionari scelti da suo padre con altri a lui fedeli, lasciando vaghe le loro attribuzioni. La causa strutturale delle mancate riforme politiche risiede proprio nel fatto che queste, calate dall'alto, dovrebbero essere promosse da un'elite dominata dal Palazzo, visibilmente poco incline a condividere il suo potere, che rimane così privo di qualsiasi forma di contestazione diretta della sua legittimità47. Per interpretare meglio i meccanismi con cui vengono condotte le riforme nel regno di Mohamed VI, è importante analizzare l'esperienza dell'IER (Istance Equité et Réconciliation). Nel dahir del 10 aprile 2004 viene definito il mandato della commissione, nata non come istanza giudiziaria per designare le responsabilità individuali delle violazioni gravi dei diritti dell'uomo commesse fra il 1956 e il 1999, ma piuttosto come un organismo il cui obiettivo è quello di riconciliare i marocchini con se stessi e con la loro storia attraverso l'inchiesta, la raccolta di informazioni e la consultazione degli archivi ufficiali. La responsabilità della IER in materia di riparazioni non è limitata ai soli indennizzi finanziari, ma dovrà anche formulare delle Ministro del commercio e dell'industria dal 1993 al 1995, poi ministro delle finanze, del commercio, dell'industria e dell'artigianato dal 1997 al 1998. precedentemente fu presidente della federazione degli industriali e vicepresidente dell'associazione marocchina degli esportatori. Prima di assumere l'incarico di ministro dell'interno fu presidente dell'Office Cheriffien des Fosphate. 47 M. Catusse, F. Vairel, Ni tout à fait le meme, ni tout à fait un autre. Metamorphoses et continuité du régime marocain, Maghre Machrek, n°175, 2003 pp 73-91. 46 31 raccomandazioni e proposte per assicurare la riabilitazione psicologica e sociale delle vittime. Nella sua attività ha accolto più di 16 mila esposti fra coloro che hanno subito detenzioni arbitrarie, hanno avuto un familiare scomparso misteriosamente o sono state vittime di tortura e dell'uso sproporzionato della forza pubblica48. Questa istituzione, unica nel suo genere fra tutti i paesi del mondo che sono stati governati da poteri autoritari, ha significato un passo in avanti importante per l'evoluzione democratica del paese. La sua istituzione, è stata fortemente voluta dalle innumerevoli associazioni e ONG, che quotidianamente hanno raccolto materiale e informazioni per denunciare le ingiustizie subite dalla popolazione e il re ha visto in questa l'occasione giusta per consolidare la transizione democratica, il rafforzamento dell'edificazione dello stato di diritto e il radicamento dei valori e della cultura della cittadinanza e dei diritti dell'uomo. Tuttavia, anche se la sua formazione è stata sollecitata dal basso, la messa in opera rispecchia pienamente la modalità propria del sistema monarchico. Essa, infatti, viene comunque concepita come una gratificazione reale. La sua autonomia è limitata perché otto dei suoi diciassette membri provengono direttamente dal CCDH, ovvero una struttura interamente nominata e finanziata dal re. La condotta con cui doveva essere ricercata la verità non poteva imperativamente mettere in pericolo l'ordine pubblico e la stabilità del paese, per cui non vennero messe in causa le responsabilità individuali o istituzionali dei partiti che hanno sollecitato o coperto le violenze degli anni di piombo; ciò implica che molti dei responsabili continueranno a rimanere al proprio posto di lavoro, se non di comando, all'interno dello Stato. La riconciliazione perpetuata in questo modo è frutto di un compromesso in cui le vittime sono riconosciute comunque colpevoli di aver tentato di rovesciare il regime mentre i carnefici e i responsabili politici rimarranno J. Baida, L'experience de l'Istance Equité et Réconciliation au Maroc, Experiences et memoire: partager en francais la diversité du Monde, Bucarest, settembre 2006. 48 32 impuniti49. La strada verso la democrazia rimane quindi un miraggio lontano perché solo attraverso un processo collettivo capace di smuovere le coscienze e di imputare ad ognuno le proprie responsabilità è possibile rompere con la tradizione autoritaria e non permettere che il clima di terrore si possa più riproporre in Marocco. Il Marocco di Mohamed VI cerca di voltare pagina all'insegna della continuità, perché senza un vero processo di catarsi della monarchia il pericolo è che le violazioni possano riproporsi anche perché, soprattutto dopo l'11 settembre 2001, il contesto internazionale è lontano dal favorire l'apertura del campo politico. Infatti, in seguito al crollo delle torri gemelle a New York e le esplosioni del 16 maggio 2003 a Casablanca, ma sopratutto a causa della globalizzazione economica e dei suoi effetti disastrosi per la periferia, il re fa votare dal Parlamento una legge antiterrorismo che assegna alle forze di polizia il diritto a detenere un sospetto fino ad otto giorni, senza che possa contattare neanche un avvocato e di perquisire case ed attività commerciali senza mandato. Ancora più grave, la legge nella definizione di terrorismo fa rientrare tutte le manifestazioni capaci di turbare l'ordine pubblico, facendo passare per minaccia permanente tutti coloro che rifiutano il consenso securitario e il politicamente corretto, come i militanti Saharawi, quelli per i diritti dell'uomo o addirittura i giornalisti50. Testo integrale del discorso pronunciato dal re in occasione dell’inaugurazione dell'Instance équité et réconciliation , Agadir, 07/01/04 in http://www.map.ma/mapfr/discours/disc-equite- reconciliation.htm 50 F. Abdelmoumni, L'impunitè au Maroc, Confluences Méditerranée n 51, 2004. 49 33 1.5 Diritti politici e libertà civili Il Marocco non è una democrazia elettorale51. Anche se il suo parlamento e le elezioni comunali sono state lodate di essere rappresentative, la maggior parte del potere in Marocco si trova ancora nelle mani del re e dei suoi consiglieri. Il monarca può in qualsiasi momento sciogliere il Parlamento con decreto e può respingere o nominare membri del gabinetto. Egli fissa la politica interna e quella estera, i comandi delle forze armate, e presiede il sistema giudiziario. Al re (a causa della diretta discendenza del profeta Maometto) viene dato il titolo costituzionale di comandante dei fedeli, dando alla sua autorità una dimensione religiosa52. I partiti di opposizione non riescono ad affermarsi dato il vasto potere del re. La più forte opposizione al monarca proviene da partiti islamici moderati, in particolare il Partito per la giustizia e lo sviluppo (PJD), che ha una grande rappresentanza in Parlamento. Al Consiglio Giustizia e Carità di associazione, (un gruppo antimonarchico islamista) è vietata la candidatura alle alte cariche dello stato, così come avviene per tutti i gruppi che sfidano l'autorità suprema del re. Nadia Yassine, il portavoce de facto per l'organizzazione e la figlia del suo leader, è attualmente sotto processo per aver detto che il Marocco sarebbe sopravissuto anche senza un re.53 La corruzione resta un problema serio in Marocco. Il regno è stato classificato al settantanovesimo posto, per la percezione della corruzione, tra i 163 paesi presi in esame da Transparency International nel 2006. Le autorità marocchine si sono impegnate a porre fine alla cultura di impunità che pervade le forze di sicurezza, e alcuni alti funzionari della sicurezza sono stati licenziati nel 2006 perché legati allo spaccio di droga. 51http://www.freedomhouse.org/template.cfm?page=22&year=2007&country=72 35 Ibidem. 53 Ibidem. 52 34 I giornalisti indipendenti si sono ritagliati uno spazio per la critica e sono costantemente impegnati a rompere i tabù politici e sociali, anche se le autorità hanno spesso risposto duramente. Nel 2002 c’è stata una forte pressione perché venissero modificati gli emendamenti che contengono gravi pene per la diffamazione. Il governo ha promesso di alleggerire le restrizioni, ma non ha preso alcuna azione fino ad oggi. I mezzi radiotelevisivi, sia la radio che la televisione, sono dominati dallo Stato e riflettono la linea ufficiale del governo. Uno dei pionieri della stampa indipendente marocchina è Le Journal Hebdomadaire, gestito dalla Aboubakr Jamai il cui editore e redattore è Ali Amar, ha subito diversi attacchi da parte del governo o dei suoi sostenitori nel 2006. A più riprese le autorità hanno manifestato il loro ritegno, che ha avuto comunque in ogni circostanza l’appoggio della Magistratura, per cui alla stampa indipendente vennero attribuite multe astronomiche con l’intento di paralizzare la loro attività. 54 La legge consente ai lavoratori di stabilire e di aderire ai sindacati. Un nuovo diritto del lavoro nel giugno del 2004 proibisce la discriminazione e il divieto di associazione e prescrive limiti all'autorità del governo di intervenire in scioperi, che sono sì ammessi dalla costituzione, ma oggetto di una successiva legge che richiede l'arbitrato obbligatorio. Il Marocco ha fatto passi positivi verso la rimozione delle barriere giuridiche contro l'uguaglianza per le donne. La Costituzione garantisce la parità per le donne, e il codice di famiglia del 2004 ha concesso loro maggiori diritti in materia di matrimonio e divorzio (vedi capitolo 4). Nel 2006, una donna è stata nominata come governatore di un distretto al di fuori di Casablanca, che segna il primo distacco per una donna dopo l'indipendenza.55 Anche se la comunità ebraica è stato l'obiettivo del maggio 2003 degli attacchi terroristici a Casablanca, in Marocco gli ebrei sono ben integrati. 54 55 Ibidem. Ibidem. 35 Uno dei consiglieri più fidati dei re, Andre Azoulay, è un marocchino ebreo che ha anche servito il re Hassan. La Magistratura del Marocco, che è stata criticata dagli enti locali e internazionali per i diritti umani, non è indipendente e raramente si oppone al governo o al re. Arresti arbitrari e torture continuano a verificarsi, ma non sono così comuni come durante il regno del re Hassan II. Un’attenzione particolare va riservata all’indice della corruzione (IPC) che registra, per il Marocco, un andamento in continuo degrado, mentre l’Indice di sviluppo umano del PNUD (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo) colloca il Paese al 126° posto per il 2007 su un totale di 177 Paesi (molto più basso di altri Paesi dell’area come l’Algeria, l’Egitto, la Tunisia e la Turchia). 56 1.5.1 L’informazione censurata Con il rapporto annuale del 2006 di Reporters Sans Frontières, sulla libertà di stampa in Marocco, si comprende come si è ben lontano da un diritto di informazione, fin da sempre censurato, prima con Hassan II e ora con Mohamed VI. Il Rapporto denuncia molti casi di violazione nonostante nel 2004 le autorità marocchine avessero dato segnali incoraggianti. Cita alcuni casi tra cui due giornalisti incarcerati per diffamazione: Anas Tadili, direttore del settimanale Akhbar Al Ousboue, ancora in carcere al 1 gennaio 2006 e Abderrahmane El Badraoui, vecchio direttore del settimanale Al-Moulahid Assiyassi che ha beneficiato di una grazia reale, il 15 dicembre 2005, dopo tre anni e mezzo di detenzione in condizioni difficili. I giornalisti marocchini sono relativamente liberi di esercitare il loro mestiere, solo se non superano le linee rosse fissate dal Palazzo reale : cioè la 56 Ibidem. 36 questione territoriale ( il Sahara occidentale), la questione politico-religiosa (tutto ciò che riguarda il re), e i vari traffici in cui sono implicati a volte importanti personalità del Regno. La lista delle condanne a giornalisti e giornali riportata puntualmente da Reporters Sans Frontières è lunga. Il settimanale Le Journal Hebdomadaire è stato denunciato dal Centro europeo di ricerca, di analisi e di consigli in materia strategica (ESISC, agenzia del Belgio), per i dubbi sollevati dal settimanale sull’obiettività di una ricerca, effettuata dallo stesso ESISC (commissionata dal governo marocchino), sul coinvolgimento del Fronte Polisario in attività di terrorismo internazionale. Le Journal Hebdomadaire è stato condannato a 274.000 Euro di multa che se fosse confermata in appello costringerebbe il giornale alla chiusura. Sembra quindi un cambio di strategia, con lo scopo di far chiudere i giornali impossibilitati a pagare multe così eccessive57 . I giornali sono condannati essenzialmente perché rifiutando di sottoporsi ai sacri valori che il regime pretende di imporre sempre più ai marocchini, al centro dei quali si trova una monarchia di diritto divino che ricorda al mondo che il Marocco vive ancora sotto un regime medievale dissimulato dietro una vernice di modernità.58 Il Simbolo della libertà di stampa in Marocco è il giornalista Ali Lmrabet 59 , redattore capo di Demain Magazine e Douman. E’ stato condannato il 21 maggio 2003 dal tribunale di Rabat a quattro anni di prigione per oltraggio alla persona del re, attentato all’integrità territoriale e attentato al regime monarchico, per poi essere liberato il 10 dicembre 2004 con grazia reale. Denunciato nel marzo 2005 da Ahmed El Khe portavoce l’Association des parents des Sahraouis victimes de la répression dans les camps Tindouf (PASVERTI), il tribunale di Rabat ha condannato il giornalista Reporters Sans Frontières, Maroc , Rapporto del 2006. Des intllectuels è pinglent le régim, Le Journal Hebdomadaire, http://www.lejournal-hebdo.com/article.php3?id_article=7135. 59 F. Correale, Il Marocco sugli scogli della democrazia. Riflessioni su un’instabilità annunciata , Afriche e Orienti, n° 3-4, 2003 57 58 37 Ali Lmrabet a dieci anni di interdizione dalla professione. Lmrabet era accusato di tradimento e volontà di nuocere al Marocco per due articoli pubblicati a novembre e a gennaio sul quotidiano spagnolo El Mundo e sul settimanale arabo Al Mustakil. Nei due pezzi Lmrabet affermava che i rifugiati sahrawi che si trovano nei campi profughi di Tindouf, nel sudovest dell'Algeria, non si sentono marocchini e non hanno intenzione di tornare in Marocco: se lo volessero potrebbero farlo facilmente passando per la Mauritania. La versione ufficiale di Rabat è che a questi profughi non è concesso tornare in territorio marocchino60. Di nuovo Ali Lmrabet viene condannato dopo aver pubblicato un articolo sul giornale francese Le Monde. Nel testo egli fa un quadro molto pungente della situazione che vive il Marocco sotto Mohamed VI, vale la pena ricordarlo, se non altro a causa della censura che ha subito: Incorreggibile Marocco! Sempre pronto ad occultare la realtà con gli stessi sempiterni discorsi. Discorsi o, piuttosto, menzogne che non presentano rughe dopo più di vent'anni. L'Ufficio del Turismo compie uno sforzo sovrumano per diffondere l'immagine di un Marocco immutabile nella sua bellezza, generosità e cultura. Questo slogan pubblicitario sarebbe più giusto, più onesto, se si potesse aggiungere: immutabile nel modo di essere governato. Poiché, quali sono le scelte democratiche o moderniste delle quali ci riempiono le orecchie qui ed altrove?61 Nel Sahara Occidentale la censura è quasi totale e le informazioni escono solo grazie all’utilizzo di internet e ad alcuni giornalisti che entrano clandestinamente. Dall’inizio dell’Intifada, nel maggio 2005, i siti internet, creati direttamente nel Sahara occidentale, sono aumentati, poiché strumento che ha permesso alle notizie di uscire e contrastare la propaganda dell’agenzia reale (MAP – Maghreb Arabe Presse). E’ questo che ha spinto il governo marocchino ad oscurare nel Sahara Occidentale tutti i siti internet che parlano di saharawi. Reporters sans frontières ha Reporters Sans Frontières, Confirmation de l’interdiction d’exercer à l’encontre d’Ali Lmrabet : Ce jugement est nul et non avenu, Maroc 24/06/2005 61 A. Lmrabet, Incorrigible Maroc!, Le Monde, 10 ottobre 2003. 60 38 potuto verificare che i siti arso.org, cahiersdusahara.com, cahiersdusahara.com, wsahara.net et spsrasd.info sono inaccessibili dal Marocco dal 21 novembre 2005 . Questi siti denunciano l’occupazione Marocchina nel Sahara occidentale e incoraggiano l’organizzazione di manifestazioni ma non fanno appelli alla violenza. La decisione di bloccare questi siti può essere stata presa dal ministro delle Comunicazioni, incaricato della censura, o da quello dell’interno che segue la questione saharawi62 1.6 La minaccia islamista. L’islamismo marocchino é suddiviso in diversi movimenti , i più importanti sono tre; il salafismo, il Partito Giustizia e Sviluppo (PJD) e l’Associazione Giustizia e Spiritualità. La Salafya sprona al ritorno dei veri valori musulmani, quelli antichi, ancestrali e comprende due correnti. Il wahhabismo, una corrente importata dall’Arabia Saudita, che chiede il rigore nella religione ed una appllicazione tout court del Corano. Il suo principale leader, in Marocco, è Mohammed Ben Abderrahmane al Maghraoui che si è distinto recentemente in un edificante fatwa (avviso religioso) che dichiarava legale il matrimonio di bambine a partire dai 9 anni. L’altra componente della salafya è a vocazione jihadista. Sprona anch’essa ad un Islam rigoroso e purista e considera buoni tutti i mezzi per arrivarci, compreso la violenza. Il leader più tristemente celebre di questo movimento è Oussama Ben Laden. In Marocco i principali teorici della salafya jihadia sono stati condannati a delle pesanti pene dopo gli attentati di Casablanca nel 62 Reporters sans frontières, Dénonce la censure des sites sahraouis, 2/12/2005 39 maggio 2003.63 Molti gruppi gravitano attorno alla salafya jihadia, gli adepti di questi gruppuscoli considerano il Marocco come una società impura quindi è necessario dissociarsi ed auto-esiliarsi. La maggior parte di queste persone si sono installate in località rurali o nei quartieri periferici delle grandi città, come quello di Sidi Moumen, a Casabanca, dove provengono gli autori dei sopracitati fatti. I più fortunati si sono stabiliti in Afghanistan, in Pakistan o in Iraq per combattere il nemico americano. Una di queste organizzazioni, il Gruppo Islamico dei combattenti marocchini (GICM) é direttamente affiliato ad Al-Qaida quindi ne condivide l’ideologia e le risorse materiali e umane. Fondata nel 1997, da alcuni storici combattenti marocchini tornati dall’Afghanistan, il GICM è una organizzazione più transnazionale che locale. E’ associata con i movimenti terroristici algerini ed uno dei suoi fondatori, Saad Houssaini, costituisce ad oggi, la più importante cattura realizzata dalla Brigata Antiterrorista marocchina. Sta rischiando la pena di morte per la sua partecipazione agli attentati di Casablanca e Madrid. Il GICM vuole creare uno Stato Islamico ed il Sahara resta la maschera di questo gruppo che lo utilizza come base per minacciare il Marocco, l’Algeria e la Mauritania. Le due più grandi organizzazioni islamiste che rifiutano la violenza sono il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (PJD) e l‘Associazione Al Adl Wal Ihsan. Il PJD, è il più importante partito di opposizione nel Parlamento marocchino, ha raccolto un grande numero di voti nelle elezioni legislative nel 2007. Questo partito vuole fermamente essere pacifista, perché desidera essere presente nell’arena politica del Paese. La ragione di questa inversione di tendenza, in rapporto alle sue posizioni d’origine negli anni ’70, si trova nella convinzione dei suoi dirigenti che dichiarano: il cambiamento della società marocchina non può intervenire che gradatamente, nella H. El Arif, Cartographie de l’islamisme au Maroc, Emarrakech Le Portail marocain d’actualités, Domenica 27 Settembre 2008, http://www.emarrakech.info/ 63 40 fattispecie con l’insegnamento e l’educazione di massa, all’interno di un partito politico autorizzato. Altra associazione chiave dell’islamismo marocchino è Giustizia e Spiritualità, fondata nel 1980 dallo sceicco Abdessalam Yassine. Considerata come illegale questa associazione è, di gran lunga, la più importante del Marocco, e in tutto il mondo musulmano, secondo alcuni specialisti e ricercatori. Si distingue per il numero dei suoi membri e la qualità del suo corpus dottrinale. In effetti, i suoi aderenti si contano in centinai di migliaia. Contrariamente al PJD questo movimento sprona il cambiamento dall’alto, senza però entrare nel gioco elettorale. Il suo capo, lo sceicco Yassine, è stato incarcerato per due anni (1980) prima dei suoi 10 anni di arresti domiciliari. Autore di una quindicina di opere, è considerato come il teorico islamista più importante e influente del Marocco. Il suo cavallo di battaglia è la non violenza ma purtroppo é molto anziano e ammalato. La grande incognita: l’avvenire del suo movimento dopo la morte.64 1.7 La società marocchina. Da tempo ormai il dibattito se mettere o no l'hijab, il velo islamico che copre il capo e i capelli, fa parte dei temi che dividono la società marocchina in conservatori e progressisti. Il settimanale Nichane ha pubblicato dei risultati sorprendenti. Lo studio sociologico intitolato Giovani e velo in Marocco, promosso dell'Associazione democratica delle donne del Marocco, ha individuato un nuovo trend: Il velo è passato dal registro del sacro e del politico, molto forte negli anni ottanta, a quello della moda. Portare il velo in Marocco non sarebbe più, quindi, un atto politicamente rilevante. In questo senso l'inchiesta smentisce l'opinione dei 64 Ibidem. 41 movimenti islamisti, che considerano la diffusione degli abiti islamici una vittoria ideologica. L'inchiesta rivela un giudizio più severo da parte dei ragazzi, che vorrebbero vedere nel hijab un segno di modestia, mentre le ragazze sono più pratiche e ne scelgono il colore, la misura o la piega secondo la moda. Ma se oggi la maggior parte delle ragazze velate marocchine non considera il velo il segno di una presa di posizione filosofica, per le giovani provenienti da ambienti più tradizionalisti il velo è ancora il passaporto obbligatorio per frequentare ambienti misti.65 La vicenda di Ksar el Kbir, una piccola città circa a 120 Km a Sud di Tangeri, ha per protagonisti 6 uomini, che sono stati incriminati per aver partecipato ad un matrimonio privato omosessuale il 10 dicembre 2007, secondo i termini dell’articolo 489 del codice penale marocchino (incriminati per atti innaturali). Il matrimonio in realtà era solo un party privato e non c’e mai stato nessun contratto con validità legale. Il video che ha provato l’accusa è stato diffuso su internet senza il consenso degli interessati, è finito su tutti i tabloid del paese, e alla fine portò un gruppo di islamici omofobi a colpire in modo violento gli interessati (nel video, visionabile anche su www.youtube.com, si vede come sono stati linciati). La pubblicazione violò i diritti di privacy e di libertà di espressione, e furono poi condannati tra i 6 ed i 10 mesi di reclusione basandosi unicamente dal video del party.66 Da qualche anno, in Marocco, assistiamo all'inquietante moltiplicarsi di minacce e aggressioni (verbali o fisiche) contro gruppi o individui, accusati di offendere la sensibilità musulmana e di minacciare i valori tradizionali islamici. Comincia così l'appello per la difesa delle libertà individuali lanciato dal settimanale indipendente marocchino TelQuel e già firmato da 130 artisti e intellettuali, tra cui lo scrittore Tahar Ben Jelloun, il regista Saad Chraibi e il rapper Bigg. Internazionale, Cartoline, Marocco, Il velo è di moda, Nichane, 21 dicembre 2007, http://www.internazionale.it/cartoline/cartolina.php?id=18104&issue_id=321 &oid=41 66 http://gayfriendlyroma.forumcommunity.net/?t=21900473 65 42 Nel suo editoriale il direttore Ahmed Benchemsi spiega perché, dopo la caccia agli omosessuali di Ksar el Kebir e altre campagne contro cittadini devianti, si sente il bisogno di dire con forza agli estremisti e populisti di ogni tipo: Ci siamo anche noi, non siete soli! Secondo Benchemsi, l'estremismo religioso unito alla passività delle autorità stanno instaurando in Marocco un vero clima di terrorismo intellettuale, che mette in pericolo la convivenza civile. Davanti a questa minaccia, Benchemsi ricorda che le libertà individuali sono ufficialmente riconosciute dalla commissione nazionale per la verità, l'uguaglianza e la riconciliazione, e chiama a rivendicare un principio: ognuno ha il diritto di vivere la sua vita privata come vuole, senza essere per questo giudicato né stigmatizzato dagli altri.67 1.8 La Comunità Europea e il Marocco Per quanto concerne la politica estera, il Marocco ha tradizionalmente svolto un ruolo di moderatore politico nel Maghreb e in tutto il mondo arabo e, attuando una politica apertamente filo-occidentale, è sempre riuscito ad affermarsi come uno dei principali fattori di stabilità nella regione mediterranea. Nel corso degli anni, la sua particolare vicinanza all’Europa, dettata sia dalla sua posizione geografica che dal tenace perseguimento degli obiettivi di piena integrazione dell’economia marocchina all’economia mondiale e di partecipazione del Paese alla comunità degli Stati democratici, ha fatto sì che il 1° marzo del 2000 entrasse in vigore l’ Accordo euromediterraneo, firmato a Bruxelles il 26 febbraio 1996 e volto a stabilire un’associazione68 tra l’Unione Europea ed Internazionale, Cartoline, Marocco, Ci siamo anche noi, Tel Quel, 20 gennaio 2008,http://www.internazionale.it/cartoline/cartolina.php?id=18104&issue_id=321&oid =41 68 Gli Accordi di Associazione costituiscono la base legale delle relazioni tra 67 43 i suoi Stati membri e il Regno del Marocco. Suscita, a questo punto, particolare stupore ricordare come la proposta del lungimirante Re Hassan II di candidare il suo Paese ad una eventuale entrata nell’Unione Europea fosse stata derisa dalla stampa estera e neppure presa in considerazione dalle autorità europee. Il Re Hassan era ben consapevole che l’assetto geo-politico avrebbe potuto attribuire al Marocco una posizione particolare in ciò che egli riteneva un partenariato “privilegiato”, ossia capace di garantire un rapporto più solido e nuove affinità con l’Europa, fattori che avrebbero sicuramente aiutato il Paese a liberarsi dai conflitti interni e dalla grave situazione economica e a raggiungere, di conseguenza, maggiori garanzie di stabilità. I rinnovati rapporti tra il Marocco e l’Europa iniziano a modellarsi dal novembre del 199569, anno in cui vengono ufficialmente aperti i lavori della famosa Conferenza di Barcellona, nota anche come Processo di Barcellona, considerata come testa di ponte del Partenariato EuroMediterraneo o EMP. L’EMP nasce come un ambizioso programma di cooperazione regionale rafforzato da relazioni politiche, economiche e sociali suggellate da Accordi di Associazione stipulati tra l’Unione Europea e 12 Paesi partner mediterranei: Marocco, Algeria, Tunisia (per quanto riguarda la regione occidentale del mondo arabo: il Maghreb); Egitto, Israele, Giordania, Autorità Palestinese, Libano, Siria (in riferimento alla regione orientale nota come Mashreq); Turchia, Cipro e Malta. Al momento la Libia assiste l’Unione Europea ed i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo. Il dialogo politico tra le istituzioni europee ed il Marocco ha un’origine lontana, ovvero già a partire dal Trattato di Roma, (considerato come precursore dell’Unione Europea) firmato il 25 marzo 1957 e che, oltre ad istituire la Comunità Economica Europa, conteneva misure riguardanti le relazioni con alcuni paesi mediterranei, Marocco compreso. Successivamente verranno ratificati altri tre accordi volti a regolare soprattutto i rapporti commerciali: un Accordo di associazione nel 1969, un Accordo di cooperazione nel 1976 ed un secondo Accordo di associazione, a cui abbiamo appena accennato, finalizzati alla creazione di un partenariato che si estende, oltre alle questioni economiche e commerciali, agli affari sociali, culturali e politici. 69 44 semplicemente ad alcune riunioni in qualità di osservatore. Nel Processo di Barcellona si è cercato di seguire tre principali linee guida: le relazioni politico-diplomatiche, i rapporti economico-finanziari e gli scambi culturali per la realizzazione di tre importanti obiettivi: - la definizione di una comune area di pace e stabilità garantita da un sempre maggiore e costante dialogo politico tra le parti; - la costruzione di una zona di prosperità condivisa da tutti i Paesi interessati attraverso l’istituzione di un’Area di Libero Scambio entro il 2010; - il dialogo sociale tra i popoli per una maggiore comprensione e sensibilizzazione delle differenze culturali dei Paesi euro- mediterranei. Obiettivi questi che, secondo tutti i partecipanti alla conferenza, esigono un rafforzamento della democrazia e del rispetto dell’uomo, uno sviluppo economico e sociale sostenibile ed equilibrato e misure per combattere la povertà70. E’ proprio, dunque, con la Conferenza di Barcellona che l’UE ha iniziato a valorizzare l’importanza strategica dell’area mediterranea e ad adottare, di conseguenza, una nuova politica di vicinato, non più esclusivamente imperniata sulla tradizionale politica d’aiuto (la cosiddetta “forma di elargizione unilaterale”) e su una marcata discrepanza tra Nord e Sud, ma su due nuovi principi cardine: la cooperazione e l’integrazione. Come ha affermato l’ex Presidente della Commissione Europea Romano Prodi in occasione della XII Edizione delle Giornate dell’Osservanza, l’Europa deve garantire ai suoi vicini ogni prospettiva di integrazione politica, economica e sociale sulla base di un’assoluta e piena parità per poter estendere ed approfondire la cooperazione in tutti i campi: dall’economia e il commercio, alla cultura e alla ricerca, alla formazione, The Euro-Mediterranean Partnership – Barcelona Declaration adopted at the Euro-Mediterranean Conference,27/28 November 1995, http://www.europa.eu.int . 70 45 all’ambiente, all’energia e i trasporti, fino alla lotta contro le attività illecite71. La Conferenza Intergovernativa di Barcellona ha permesso, inoltre, che il Partenariato Euro-Mediterraneo venisse ad articolarsi in due dimensioni distinte ma complementari: le azioni bilaterali e le iniziative di carattere multilaterale. La dimensione bilaterale include tutte le relazioni ed attività di cooperazione che l’Unione Europea intraprende individualmente con i suoi partner mediterranei attraverso quelli che vengono definiti Accordi di Associazione72. Le dimensioni multilaterali o regionali si articolano, invece, in tutta una serie di incontri, conferenze e programmi tematici volti ad un’azione di sostegno ed integrazione delle azioni bilaterali. Abbracciando allo stesso tempo il campo politico, economico e sociale, il dialogo regionale rappresenta uno dei più innovativi aspetti della politica di partenariato poiché affronta tutte le problematiche comuni a molti Paesi mediterranei ed enfatizza le complementarietà nazionali non solo tra questi ma anche con i Paesi appartenenti all’Unione Europea. Tra i primi programmi regionali possiamo, ad esempio, ricordare l’Euromesco che, nato come rete istituzionale di politica estera, rientra, con il suo sistema di partnership- building measures, nel delicato tema dei rapporti politici e di sicurezza internazionale tra l’UE ed i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo. Ma è importante anche sottolineare come gli obiettivi proposti da Barcellona e dalle successive conferenze ministeriali settoriali, nonché dagli accordi di carattere bilaterale e multilaterale, possano vedersi realizzati solo grazie al primo e più importante strumento finanziario al servizio del Partenariato EuroMediterraneo: il programma MEDA. Il progetto MEDA viene giuridicamente adottato dal Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea il 15 R. Prodi, Apertura della XII Edizione delle giornate dell’Osservanza – Costruire uno spazio euromediterraneo ; Bologna, 17 maggio 2003; SPEECH/03/249. 72 Ogni Accordo di Associazione riflette i principi generali che governano il Partenariato Euro - mediterraneo pur contenendo caratteristiche specifiche alle relazioni tra l’UE ed ogni singolo paese partner. 71 46 luglio 1996 con un regolamento che, dotando ai vari programmi euromediterranei un bilancio di circa 3.500 milioni di euro, ha garantito una copertura finanziaria per tutto il periodo compreso tra il 1995 e il 1999. Una nuova e migliore base giuridica del progetto MEDA viene adottata dalla Commissione europea nel novembre 2000 venendo a determinare l’istituzione del programma MEDA II. Questo secondo regolamento ha assicurato una dotazione di circa 5,35 miliardi di euro per il periodo compreso tra il 2000 e il 2006 ma soprattutto uno snellimento e un più strategico ed efficiente approccio delle procedure di assistenza a tutti i paesi coinvolti in questo lungo ed oneroso processo di integrazione euromediterranea73. MEDA rappresenta, dunque, la base finanziaria di tutte le iniziative di natura bilaterale e regionale della politica di vicinato promossa dall’UE nei confronti dei suoi dodici partner mediterranei . Le priorità del programma MEDA a livello di cooperazione bilaterale sono: - il sostenimento, in vista della graduale istituzione di una zona di libero scambio, della transizione economica dei Paesi partner; - la promozione degli investimenti esteri, della modernizzazione e della riprogrammazione economica; - il miglioramento, nell’ottica di una costante crescita economica, della loro competitività grazie soprattutto allo sviluppo del settore privato; - la garanzia, attraverso adeguate misure sociali, del cosiddetto potenziamento dell’equilibrio socio-economico, ovvero di un’azione I programmi MEDA prevedono, oltre i fondi garantiti dall’Unione Europea, anche l’impiego di consistenti prestiti della BEI (Banca Europea per gli investimenti). Nel marzo 2002 il Consiglio Europeo di Barcellona ha garantito il potenziamento dell’attività della BEI attraverso la creazione del FEMIP (Fondo Euro Mediterraneo di Investimento e Partenariato) volto ad un rafforzamento dello sviluppo economico e della stabilità politica e sociale dei Paesi partner mediterranei. A. D’Intinosante e F. Giorgio, Strumenti Finanziari per il Mediterraneo; Ministero delle Attività Produttive – Area per l’Internazionalizzazione; Roma, 13 aprile 2004, pag. 9. 73 47 di limitazione e tamponamento degli effetti negativi che l’inclusione di questi Paesi in una zona di libero scambio potrebbe provocare74. Per quanto riguarda invece la dimensione multilaterale, il programma MEDA opera per il sostegno di tutte le iniziative volte ad una più stretta integrazione tra i 27 Paesi partner e alla risoluzione di problematiche di carattere transnazionale75. L’interesse europeo all’aspetto economico dei rapporti allacciati con i Paesi mediterranei si avverte un po’ ovunque. Comincia lentamente a consolidarsi la sensazione di come gli sforzi intrapresi nella definizione dei rapporti tra gli stati membri dell’Unione Europea ed i Paesi del Mediterraneo sud-orientale siano stati maggiormente rivolti a tutte quelle iniziative e riforme di carattere economico-commerciale (caduta delle barriere doganali, sviluppo del settore privato, promozione della competitività e degli investimenti esteri, istituzione di un sistema di trasporto efficiente) che non solo faciliteranno gli scambi tra Nord e Sud ma garantiranno anche lo sviluppo di un mercato libero tra i Paesi della sponda meridionale del Mediterraneo. Richard Youngs76, importante studioso di Politiche euro-mediterranee, sottolinea come i fondi stanziati nell’ultima metà del 1990 per il democracy assistance (l’aiuto allo sviluppo della democrazia in ogni settore) siano ammontati a meno dello 0.5% di tutti gli aiuti conferiti ai Paesi MEDA. La maggior parte dei finanziamenti era stata, infatti, assicurata esclusivamente ai piani d’assistenza al processo di ristrutturazione Decisione 97/70/EC del 6 dicembre 1996, pubblicata sulla GU L 325 del 14.12.1996. 75 I fondi dell’UE vengono concessi ai singoli paesi mediterranei solo dietro l’elaborazione di programmi indicativi triennali, di carattere nazionale per quanto concerne gli accordi bilaterali, e di carattere internazionale per tutti gli accordi multilaterali. Entrambi devono essere comunque sottoposti ad una revisione annuale. CNEL, V Rapporto sul Mediterraneo: Economie Mediterranee - Sistemi produttivi locali e di nuova formazione Cooperazione Sud-Sud e Nord-Sud - Documenti , Roma, 1999, pag. 54. 76 R. Youngs, The European Union and Democracy Promotion in the Mediterranean: A New or Disingenuous Strategy?, Mediterranean Politics, 2002. 74 48 economica, ovvero al finanziamento delle infrastrutture pubbliche, alla riforma della pubblica amministrazione e del settore pubblico e privato77. Tale tesi viene rafforzata anche da uno specifico passaggio di un articolo di Lorand Bartels, docente nella Scuola di Legge presso l’università di Edimburgo, che considera l’assenza dell’inclusione delle clausole dei diritti umani negli accordi di associazione e cooperazione o nei rapporti commerciali di carattere bilaterale che l’UE aveva concluso con i paesi terzi come la principale caratteristica dell’EMP nella sua fase embrionale78. Solo con la quinta Conferenza euro-mediterranea dei Ministri degli Esteri, svoltasi a Valencia il 22 e 23 aprile 2002, si é riuscito ad imprimere una nuova e profonda svolta al Processo di Barcellona, e ciò attraverso il rilancio del terzo pilastro della politica euro-mediterranea: il partenariato sociale, culturale ed umano. In tale occasione, infatti, la Commissione e il Parlamento dell’Unione Europea hanno confermato il proprio impegno ad aumentare il sostegno a favore delle riforme democratiche e dei diritti umani nella regione MEDA attraverso il finanziamento, a partire dal 2005, di tutti i progetti volti alla promozione di tali condizioni politiche79. Volendo citare un altro esempio, si potrebbe prendere in considerazione un'altra fonte: Azioni e proposte di Confindustria sul Partenariato EuroMediterraneo, Comitato Mezzogiorno; Roma , ottobre 2003. Sarebbe inutile sottolineare come tutti i documenti e le iniziative della Confindustria relativi al Partenariato Euro-Mediterraneo privilegino l’aspetto economico-finanziario. Ma è interessante ad ogni modo notare come in tale fonte il Partenariato venga considerato esclusivamente come un interesse strategico per tutta l’Europa. Il progetto euromediterraneo rappresenta per i membri dell’UE una sfida ma soprattutto un’ opportunità poiché i paesi della riva sud stanno dando prova di grande dinamismo demografico e di una crescente domanda di consumi che sarà più forte - e pertanto benefica per le imprese europee e italiane – quanto più l’EMP avrà prodotto tutti gli effetti economici legati a processi di integrazione regionale. E’ palese, dunque, che il fallimento di questo progetto, secondo Confindustria, finirebbe per avere delle conseguenze politiche ed economiche per tutta l’UE. 78 L. Bartels, A legal Analisys of Human Rights Clauses in the European Union’s EuroMediterranean Association Agreements, Mediterranean Politics, Vol.9, No.3, pp.368-395. 79 Riunione dei ministri degli Esteri euro-mediterranei di Valencia, 22 aprile 2002; SEC (2002) 159; http://europa.eu.int . Paesi Partner del Bacino Mediterraneo, La Conferenza ministeriale di Valencia e il suo Piano d’Azione; www.europa.eu.int ,11 marzo 2003. 77 49 Un passo così importante è stato raggiunto soprattutto grazie agli attori istituzionali e non-istituzionali della politica euro-mediterranea che, attraverso una costante pressione, sono stati in grado di ottenere dal Consiglio e dalla Commissione Europea un uso più effettivo delle clausole dei Diritti dell’Uomo negli Accordi di Associazione e cooperazione euromediterranei. Grazie alla Conferenza di Valencia viene finalmente a consolidarsi l’idea che le azioni di supporto alle istituzioni democratiche ed al rafforzamento della società civile e della legge di diritto, possono fornire basi ancor più solide per la realizzazione di una positiva politica internazionale. La politica euro-mediterranea non può assolutamente prescindere dalla cooperazione per il rispetto dei diritti umani e dalla difesa dei principi di democrazia. Non basta, quindi, impegnare le proprie forze esclusivamente nello sviluppo economico dei paesi coinvolti in vista di un processo di liberalizzazione del mercato Nord–Sud ma contribuire parallelamente, e con particolare riguardo ai Paesi partner mediterranei, al miglioramento dei livelli di istruzione e delle condizioni di vita nonché all’elevazione del livello occupazionale della popolazione, soprattutto delle donne e degli strati sociali più bisognosi80. Sulla base di tali presupposti, la Conferenza di Valencia ha così posto particolare accento sulla situazione delle donne e sulla necessità di attuare tutti i principi della Dichiarazione di Barcellona volti ad una più attiva partecipazione femminile nella vita sociale, al libero accesso delle donne alla formazione professionale e al mercato del lavoro, alla promozione del loro ruolo nello sviluppo e nel mondo degli affari. Oltre a ciò, la Conferenza ha riconosciuto l’importanza di programmi regionali di lavoro relativi alla cooperazione nel settore della giustizia, della lotta alla droga, al Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, Imprimere un nuovo impulso alle azioni dell’EU con i partener mediterranei nel campo dei diritti umani e della democratizzazione – Documento d’orientamento strategico, COM (2003) 294; http://europa.eu.int 80 50 crimine organizzato e al terrorismo; alle migrazioni e alla circolazione delle persone e alla collaborazione nel trattamento delle questioni relative all’integrazione sociale dei migranti. Per ciò che concerne, invece, il campo prettamente culturale, in tale importante evento tutti ministri dei Paesi partecipanti hanno espresso il loro accordo per la creazione di una fondazione euro-mediterranea (Euro-Mediterranean Foundation for a dialogue of cultures) incaricata di promuovere il dialogo tra le culture e le civiltà81. Nell’ottica di un rafforzamento del dialogo interculturale e di supporto ai piani di sviluppo è stato, inoltre, approvato un piano d’azione volto ad estendere ai paesi a Sud del Mediterraneo il programma Tempus e le iniziative NETDAYS ed Eschola82 per il rafforzamento della cooperazione universitaria, dell’istruzione superiore e della formazione professionale postsecondaria. Il processo di integrazione dei Paesi Mediterranei alla politica europea e il raggiungimento degli obiettivi comuni a tutti i protagonisti di questa nuova politica internazionale impegna tali Paesi ad intraprendere importanti riforme. Riorganizzazioni difficili da concretizzare, non solo per la delicata situazione di politica interna in cui versano, ma soprattutto perché gli sforzi ed i rischi maggiori dovranno senz’altro essere sostenuti ed affrontati dalla parte più povera, tecnologicamente meno sviluppata e culturalmente più arretrata, ovvero la regione meridionale del bacino Mediterraneo. Il Marocco, in particolare, ha intrapreso la scelta di un patto democratico, non solo interno ma anche con l’UE, che intende pienamente portare a Euro-Mediterranean Foundation for a dialogue of cultures; Partenariato Euromediterraneo, DOC: 57/03 REV2; 12.11.2003, http://europa.eu.int ,. 82 Tempus che, con l’estensione ai Paesi mediterranei è stato definito Tempus MEDA, è un programma internazionale di cooperazione che intende fornire supporto alle istituzioni di istruzione superiore dei paesi beneficiari e, più in generale favorire, lo sviluppo della società civile dei paesi partner e lo scambio di esperienze tra diverse culture. NETDAYS ed Eschola, invece, sono due programmi promossi dall’UE per un miglioramento dell’uso di nuove tecnologie nell’insegnamento primario e secondario. 81 51 termine. Il Governo e le autorità marocchine sono perfettamente consapevoli che la garanzia di uno sviluppo politico rappresenta un processo lungo e laborioso ma sono anche ben consci che tale percorso favorirà sicuramente una transazione democratica liberatrice delle potenzialità individuali e collettive di tutto il Paese83. Proprio per questo motivo il Governo marocchino ha presentato importanti riforme sia nel campo sociale (traffico degli esseri umani, corruzione, terrorismo, diritto di famiglia, condizione della donna –vedi capitolo IV-) che nel mercato del lavoro, della politica fiscale, del pubblico impiego e della legislazione bancaria e finanziaria. Tali riforme, ispirate agli standard occidentali, rappresentano oggi parte di quell’opera di modernizzazione che non solo favorirà uno sviluppo interno ma che accompagnerà il Paese verso una migliore piattaforma di collaborazione ed ancor più salde forme di cooperazione con l’UE. Lo stesso Re Mohammed VI ed il Governo marocchino hanno più volte espresso il desiderio di ottenere uno statuto avanzato nelle relazioni con l’Unione Europea insistendo sul concetto di un partenariato ricco e diversificato tra il Marocco e l’Unione Europea che abbia il sapore più di un’associazione e meno dell’adesione84. Per ciò che concerne, infatti, il nuovo quadro delle azioni euromarocchine, occorre innanzitutto sottolineare che, attraverso la stipulazione dell’Accordo di Associazione entrato in vigore il 1° marzo del 2000, entrambe le parti hanno manifestato la volontà di superare una semplice cooperazione commerciale e di integrare allo schema di un’unica forma di dialogo economico, un’associazione fondata sul rispetto delle libertà, dei principi democratici e dei valori universali dei diritti umani e sul dialogo sociale e culturale per il raggiungimento di una migliore Discorso del Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, in occasione del pranzo di Stato offerto al Re del Marocco, Mohammed VI; Quirinale, 11 aprile 2002. www.quirinale.it . 84 Con questa ultima espressione il Re Mohammed ha voluto soprattutto manifestare l’interesse del proprio Paese a svolgere, rispetto al passato, un ruolo meno marginale nelle relazioni con l’Unione Europea, www.quirinale.it . 83 52 comprensione reciproca85. La Comunità ed il Marocco hanno, dunque, posto l’accento sul desiderio di rafforzare le relazioni di prossimità ed interdipendenza non solo attraverso politiche di partenariato e partecipazione allo sviluppo ma anche grazie ai valori della reciprocità e della solidarietà, confermando, allo stesso tempo, i tre principi cardine della politica euro- mediterranea: la stabilità, la sicurezza e la prosperità in tutta la regione del Mediterraneo. Per ciò che concerne gli scambi commerciali tale accordo, che viene a sostituire quello di cooperazione firmato nel 1976, ha come principali obiettivi: - la reciproca liberalizzazione degli scambi di beni, servizi e capitali entro il 28 febbraio 2012 attraverso un abbattimento più o meno graduale, a seconda delle merci, delle barriere doganali; - lo sviluppo di un partenariato basato sull’iniziativa privata, considerata dal Marocco e dalla Comunità come una scelta storica favorevole allo sviluppo economico, commerciale e del settore degli investimenti, fattori indispensabili al sostegno della ristrutturazione economica e dell’ammodernamento tecnologico dei Paesi partner mediterranei. Ciò apporterà certamente delle profonde modifiche all’economia marocchina poiché consentirà al Paese di aumentare le sue esportazioni, di agevolare i flussi finanziari, di sviluppare il commercio dei prodotti e dei servizi; ma occorre anche sottolineare come il sostenimento del peso oneroso comportato dal lungo processo di raggiungimento di tali obiettivi non potrà essere sostenuto ed affrontato dalle sole forze del Marocco. Per questo motivo l’Unione Europea si è impegnata a fornire al suo partner un significativo sostegno ai suoi programmi di riforma e di adeguamento Official Journal of European Commission, Euro-Mediterranean Agreement establishing an association between the European Communities and their Member States, of the one part, and the Kingdom of Morocco, of the other part; L 70/2; Bruxelles, 18.3.2000. 85 53 dell’economia e, soprattutto, alla risoluzione dei condizionamenti e delle difficoltà interne di tutti i settori che potranno risentire in modo negativo del processo di liberalizzazione dell’insieme dell’economia marocchina e degli scambi tra il Marocco e la Comunità, al fine di favorire e sostenere lo sviluppo e la prosperità del Paese e di tutto il popolo marocchino86. E’ indispensabile, infatti, ricordare che il Marocco è una nazione dove il numero dei poveri supera, su una popolazione di 30.500.000 abitanti, i 14 milioni di individui e in cui il tasso di disoccupazione oscilla tra il 16 ed il 20% con punte che, soprattutto tra le fasce più giovani ed istruite dei grandi centri urbani, toccano il 30%. 87 Un' altra grave piaga che affligge il Regno del Marocco è l’analfabetismo che tocca valori compresi tra il 40-45% raggiungendo addirittura picchi del 90% tra la popolazione femminile; un dilemma difficile da combattere e sradicare nonostante l’impegno dimostrato dalle autorità ed organizzazioni non governative, per la difficoltà di organizzare centri scolastici, soprattutto nei villaggi sperduti nelle campagne, per l’elevata dispersione scolastica e la perdita di importanza del diploma88. Questi ed altri fattori di natura demografica, sociale ed economica, influenzano sicuramente anche il mercato del lavoro contribuendo a rendere alquanto difficile colmare, almeno nel breve e medio termine, tutti gli squilibri attualmente esistenti. Sulla base di tali premesse sarà possibile, ad esempio, accennare anche ai problemi presenti nel settore agricolo (che impiega il 40% della popolazione e contribuisce a più del 16% del PIL) o in quello della pubblica amministrazione, comportati dalle politiche di aggiustamento strutturale e di modernizzazione dell’economia ed The Euro-Mediterranean Partnership – Barcelona Declaration – Adopted at the Euro-Mediterranean Conference 27-28/11/1995; (art.1, comma 2) , www.europa.eu.int . 87 CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero), Marocco, Scheda Paese; Amsterdam, 21-23 ottobre 2004. 88 The EU’s relations with Morocco, Overview – Economic Background, www.europa.eu.int, giugno 2003. 86 54 inevitabilmente correlati al fenomeno della disoccupazione e dell’immigrazione. Nonostante gli sforzi intrapresi per incrementare lo sviluppo industriale, in Marocco, infatti, l’agricoltura gioca ancora un ruolo principale ma presenta purtroppo un andamento altalenante per la sua forte dipendenza dalle condizioni atmosferiche e per i tremendi effetti che la siccità endemica produce sull’industria agro-alimentare. A ciò viene, dunque, ad allacciarsi il delicato tema dell’immigrazione interna, ovvero del massiccio esodo dalle campagne verso le grandi città. Ogni giorno centinaia di persone sono costrette a trasferirsi in metropoli come Rabat o Casablanca con la speranza di un futuro migliore ma ignare, purtroppo, di venire ad incrementare il numero della popolazione sottoccupata o, ancor peggio, della crescente massa dei disoccupati. Il tasso di disoccupazione rappresenta, a sua volta, un altro punto caldo della situazione socio-economica del Paese soprattutto a seguito della politica di terziarizzazione economica attuata dal Governo marocchino a partire dai primi anni ‘90. Nell’ottica di un crescente processo di sviluppo, infatti, lo Stato ha assunto il ruolo di fonte diretta di occupazione comportando, conseguentemente, uno spostamento della popolazione attiva dal settore agricolo al settore dei servizi. Ma con il passare degli anni l’insufficiente crescita economica, il crescente “gap” tra l’aumento della popolazione attiva e il volume dell’occupazione creata, nonché le conseguenti politiche di stabilizzazione economica e di aggiustamento strutturale attraverso lo sviluppo del settore privato, hanno determinato una riduzione costante dei posti di lavoro creati dal settore pubblico e, in modo direttamente proporzionale, un crescente flusso di individui costretti ad emigrare all’estero. Le contraddizioni sono dunque molte, forti e difficili da limitare, ma il Marocco sta dimostrando un grande impegno nel risolvere tutti i problemi apportati da anni di colonizzazione, dal mascherato assolutismo del regno, una corruzione dilagante in ogni settore, un inefficiente sistema di sfruttamento delle risorse sia umane che territoriali, dando inoltre una 55 grande prova di forza nella lotta alla povertà e a favore di un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. In questa importante sfida il Marocco non è solo ma sostenuto, come già detto, dall’Unione Europea ed in particolare da un partner ad esso ancor più vicino a partire dal 2000: l’Italia. I rapporti tra l’Italia ed il Regno del Marocco, soprattutto nel campo degli aiuti allo sviluppo in settori prioritari come l’agricoltura, l’industria agroalimentare, la pesca e le strutture di base risalgono già al febbraio 1961 con la stipulazione, a Roma, del primo Accordo di Cooperazione Tecnica ed Economica. A questo sono seguiti diversi programmi di Cooperazione, gli ultimi dei quali, ancora in corso, risalgono alla riunione della Commissione mista italo-marocchina svoltasi nel 1992 e, due anni dopo, ad un Comitato di verifica dei programmi congiuntamente promossi dalle parti89. Nel 1997 il Primo Ministro e Ministro degli Affari Esteri marocchino Filali compie a Roma la prima visita ad alto livello in Italia seguita, dopo pochi mesi, da quella del Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Entrambe le visite rivestirono immediatamente una grande importanza poiché posero l’accento sulla volontà di approfondire i rapporti bilaterali tra i due Paesi e sul particolare desiderio marocchino di vedere l’Italia svolgere un ruolo di più alto profilo in ogni settore. In entrambe le occasioni vennero definite strategie e messe a punto modalità di intervento per un rafforzamento congiunto della stabilità politica, economica e sociale del Marocco, ma soprattutto avviati i negoziati per la conversione di un terzo del debito pubblico del Paese verso l’Italia ammontante a circa 640 miliardi di lire. Fu così che il 12 aprile 2000, all’indomani dell’accoglienza al Quirinale del Re Mohammed VI, i ministri degli Esteri Dini e Mohammed Benaissa sottoscrissero due importanti accordi: il Protocollo sulle consultazioni Ministero degli Affari Esteri, Scheda paese – Marocco: rapporti bilaterali; pag. 10. 89 56 politiche rafforzate ed un Accordo di conversione del debito che impegnavano il Governo marocchino ad assicurare l’equivalente della somma condonata in valuta locale per la realizzazione di progetti di sviluppo nel settore dell’educazione, dell’approvvigionamento idrico, della costruzione di strade rurali, delle opere idrauliche e dei servizi sanitari di base. 57 CAPITOLO 2 IL MURO MAROCCHINO DEL SAHARA OCCIDENTALE Figura 2 fonte: http://www.viaggiatori.net/turismoestero/Sahara_occidentale/mappa/ 58 2.1 Breve analisi geografica della regione Il Sahara Occidentale è situato nel nord- ovest del continente africano, fa parte della regione del “Maghreb” (costituita da Marocco, Mauritania, Tunisia, Algeria, Libia) che si trova a cavallo tra il bacino mediterraneo e il deserto. Il territorio che misura circa 252 120 Kmq, si affaccia sull’Atlantico per circa mille chilometri. Ha una popolazione di 480.000 abitanti (censimento del 2007), la densità è di 2 abitanti per kmq.90 E’ costituito da due regioni geograficamente distinte, la Seguiat al Hamra a nord, relativamente irrigua, e il Rio de Oro a sud, più arido. Nell’insieme è in gran parte desertico, ma è ricchissimo di risorse minerarie e le coste sono pescosissime. I suoi confini, come tanti altri del continente africano, sono largamente convenzionali; furono infatti tracciati dalle potenze europee che nella Conferenza di Berlino (dicembre 1884 – gennaio 1885) si spartirono l’Africa91. 2.2 Il Sahara Occidentale: cenni storici. 2.2.1 La società saharawi originaria. Prima dell'arrivo degli Arabi, la parte occidentale del Sahara era abitata da popolazioni berbere. Solo agli inizi del XIII secolo gli arabi Maquil, originari dello Yemen, riuscirono a penetrare nel deserto, alla ricerca di nuove rotte commerciali. La società saharawi del periodo pre-coloniale si Calendario Geografico De Agostini, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 2009, p. 755. 91 Ibidem. 90 59 presentava perciò come il risultato di un processo di scontro – incontro assimilazione avvenuto dal XIV secolo in poi, tra le tribù arabe Maquil e quelle berbere Sanhdaja.92 Questi processi originarono alcuni caratteri peculiari nelle tradizioni di quei territori. Si pensi all'islamizzazione dei gruppi nomadi, da sempre politeisti, e all'utilizzo dell'hassaniya93, molto diverso dai dialetti berberi e simile all'arabo della penisola arabica. Anche la discendenza per via patrilineare (propria dei Maquil) ha prevalso in questo processo di mescolanza culturale, nonostante rimanga ancora oggi il retaggio matrilineare della componente berbera. Le circa 20 tribù nomadi94, che abitavano quei territori prima della colonizzazione, erano stratificate gerarchicamente in base alla loro discendenza (reale o rivendicata) dal fondatore della componente araba o dal Profeta stesso. La tribù raggruppava diverse fazioni, composte da un certo numero di tende (khaima) e veniva guidata da un capo (cheikh) e dall'assemblea tribale (yemaa) composta dai capifamiglia. Le diversità delle tribù, nell'organizzazione sociale e nel tipo di stanziamenti, rivelano come in epoca pre-coloniale la popolazione non fosse affatto unita. Tuttavia, come ha sottolineato anche Barbier95 nell'analisi relativa ai loro caratteri antropologici, vi erano sufficienti analogie per poter distinguere queste tribù da quelle vicine e per identificare una “società saharawi”. Inoltre, se è vero che periodicamente vi furono scontri violenti e razzie, questi non generarono mai ostilità permanenti, al contrario sembrava esserci un certo legame di protezione. Esso si riproduceva ad ogni livello della società (tribù, fazioni, famiglie) con una complementarietà ai nostri occhi paradossale, tra l'individualismo ribelle del nomade e la solidarietà ('asabiyya) interna al gruppo. V. Baccalini, Un popolo canta Lulei, Ottaviano, Milano, 1980, p. 20. L' hassanija è ancora oggi la lingua dei saharawi e degli abitanti della Mauritania del Nord. 94 Alcuni studi sulle società originarie del Sahara spagnolo, riducono a 8 il numero delle principali tribù, divise in 45 fazioni. 95 M. Barbier, Le conflit du Sahara Occidental, l'Harmattan, Paris, 1982, p. 21. 92 93 60 La configurazione politica della società saharawi era determinata dalle relazioni intertribali, basate su patti, tributi ed alleanze, che trascendevano i legami parentali e di lignaggio, in una dialettica continua per cui il gruppo poteva sciogliersi in certi contesti e mantenere un'unica identità in altri. Pur mancando un nucleo di potere istituzionale permanente, l'Ait al Arbain (Consiglio dei Quaranta) costituiva una struttura politica simile ad un'assemblea dei capi tribù, che si riunivano solo in caso di pericolo o per la gestione dei conflitti interni. Un'ultima rapida, ma indispensabile, occhiata va data alle Qabila (ovvero, le tribù) che occupavano il Sahara in epoca precoloniale, perché sono loro che determinano la futura evoluzione verso la concezione statale e nazionale - Erguibat: è una tribù guerriera, sarà quella più numerosa nel territorio durante il secolo XIX. Prendono il loro nome da Sidahamed Erguibi, arrivato nel Sahara nell'anno 909 dell'egira (1503), e discendente del Profeta Mohammed. - Arosien: anch'essa è una Qabila Chorfa, cioè i cui discendenti risalgono al Profeta; il loro stile di vita è volto all'orazione e alla predicazione. - Toubalt: Qabila Chorfa risale al XIII secolo con una notevole cultura. - Filala: altra Qabila Chorfa di gran prestigio religioso. - Ulad Bu Sba: si dice che il fondatore fece il miracolo di convertire le sue pecore in leoni per difendersi dai nemici. Questa Qabila, Chorfa e guerriera, giunse nel Sahara dopo essersi ribellata al sultano marocchino nel 1672. La sua decadenza comincia nel secolo XX come conseguenza delle guerre contro gli Erguibat. - Ulad Delim: gruppo arabo o hassan la cui discendenza si rifà direttamente agli invasori arabi Beni Hassan. Sono uomini guerrieri poco numerosi che si 61 considerano come lignaggio puro, essendo Hassan diretto discendente di Maometto96. Tra i gruppi tekna, ovvero gli aggruppamenti berberi (e non arabi) di Qabila senza un antenato comune, ma con legami di parentela e zone di origine simili, si riscontrano le seguenti Qabila: - Izarguien: Qabila guerriera berbera, la cui storia è piena di campagne contro i nemici marocchini. - Ahel Berikallah: Qabila religiosa e studiosa, alleata, nell'XI secolo, con Almoravidi. Quest’ultma era una dinastia berbera che regnò sul Maghreb e sulla Spagna tra la fine dell'XI e gli inizi del XII secolo. - Ulad Tidrarin: Qabila tributaria, installata nel Sahara dal XIV secolo97. Osservando le evoluzioni di questa società nei diversi contesti storici e le modalità di sviluppo della loro coscienza nazionale, è possibile cogliere la pertinenza della definizione di Weber della tribù. Ovvero come il prodotto di una comunità politica che riconosce una comune appartenenza ad un determinato gruppo, e questo non per l'origine etnica dei membri, ma per la condivisione dello stesso destino politic98. In questo senso, ciò che avrebbe maggiormente favorito il superamento delle strutture sociali originarie sarebbe stata l'abitudine a costituire alleanze trasversali alle tribù e un'organizzazione militare cosciente nel voler trascendere le gerarchie tribali a favore dell'unità nazionale99. J. Caro Baroja , Estudios saharianos, Madrid, Ediciones Júcar, 1990. Ibidem. 98 M.Weber, Economia e Società, volume II , Edizioni di Comunità, Milano, 1961. 99 .O. Yara, L'insurrection Saharaouie: de la guerre à l'Etat, l'Harmattan, Paris, 2003, cit. p. 12. 96 97 62 2.2.1 Dalla colonizzazione spagnola all proclamazione della Repubblica Araba Sharawi Democratica (RASD) Il Sahara Occidentale affidato alla Spagna nella Conferenza di Berlino (1884-1885), venne però occupato effettivamente solo nel 1934, in seguito alla sollecitazione dell'avanzata francese sui confini dei paesi vicini (Algeria, Marocco e Mauritania). La Francia premeva per un controllo effettivo della Spagna perché il territorio era diventato una roccaforte della resistenza che minacciava anche la presenza francese nelle sue colonie confinanti. L'occupazione spagnola del territorio mise fine al sistema politico allora esistente, il Consiglio dei Quaranta. Da allora la Spagna cominciò a governare il territorio applicando misure amministrative che miravano alla distinzione dei sahrawi dai cittadini dei paesi vicini. Li obbligò a portare i documenti d'identificazione, prima inesistenti, e ad avere l'autorizzazione per attraversare i confini. Per garantire il suo controllo sulla popolazione nomade, la costrinse alla concentrazione forzata nelle grandi città applicando la politica della "terra bruciata": nel 1958, con l'aiuto di Francia e Marocco100, condusse un'operazione militare (Huracàn Ecouvillon) contro i residui della resistenza sahariana che fu utilizzata anche contro i nomadi e il loro bestiame, allo scopo di obbligarli ad entrare nelle città. Proprio a causa della natura nomade della popolazione che si spostava da un luogo all'altro, senza preoccuparsi di frontiere e confini, il numero della popolazione non fu mai precisato. Solo dalla seconda metà degli anni '50 la Spagna fece alcune stime del numero della popolazione101, e nel 1974 un censimento determinò il numero della popolazione in 73.497 persone. Invece le stime del 1989 hanno fissato la La partecipazione del Marocco consistette nell'offrire all'autorità spagnola tutti i dati concernenti la resistenza sahariana, e nel privare delle armi quelli che erano presenti nel Marocco. 101 F. Briones, Sahara: Cien años sin libertad, Alicante, 1993, p. 132. 100 63 popolazione in 186.488 abitanti102, la maggior parte dei quali vive nei campi profughi nel Sud Ovest dell'Algeria. I confini del Sahara Occidentale103 furono tracciati in varie fasi di trattative fra la Gran Bretagna e la Francia nel 1890, poi fra Spagna e Francia nel 1900, 1904 e 1912 e, infine, fra la prima e il Marocco nel 1958. Nel 1890 un trattato fra Francia e Gran Bretagna stabilì il dominio francese nel Sahara, precisamente nella zona delimitata da Figuig, Igli e Capo Bianco. Il trattato di Parigi nel 1900 (trattato di Muni), tracciò il confine fra il dominio spagnolo nel Sahara e quello francese in Mauritania, questo trattato attribuì alla Francia le zone di Adrar Tammar, Bahia del Galgo e le saline di Gil (ricche di ferro), e divise la penisola del Rio di Oro in due parti lasciando alla Spagna la metà esterna aperta all'Oceano Atlantico. L’accordo del 1904 prevedeva la ratifica del trattato del 1900 e precisò il dominio della Spagna nel Sahara Occidentale in questo modo: per la zona del Rio d'Oro fra Capo Bianco e il parallelo 26°, per la zona del Saguiet el Hamra fra il 26° e il 27° parallelo. Lo stesso trattato prevedeva la consegna a favore del Marocco, della zona di Tarfaya dal parallelo 27° fino all'estremo nord del confine storico del Sahara Occidentale, cioè Rio Daraa104. Il trattato del 1912 stabilì i confini finali del Sahara Occidentale (provincia Spagnola in Africa) nello spazio fra il parallelo 27° e la penisola di Capo Bianco. Il Sahara occidentale diviene effettivamente colonia spagnola solo con le Convenzioni di Parigi del 1900 e 1904 e di Madrid del 1912.105 Le stime fatte dalla Spagna erano: 1955 (24563 abitanti), 1963 (33.439 abitanti), 1964 (37.500 abitanti), 1965 (54.178 abitanti), 1970 (59.777 abitanti). 103 F. Briones, op. cit., p. 16-19. 104 Fu consegnata al Marocco solo nel 1958, e forse per questo alcune fonti determinano la superficie del Sahara in 284.000 Kmq, cioè includono anche la regione di Tarfaya . 105 Y. H. Zoubir ,D. Volman, International Dimensions of the Western Sahara Conflict Praeger Publishers, London,1993. p. 18. 102 64 Con l’andamento della guerra, la presa sull'Africa cede: il partito indipendentista marocchino, Istiqlal, inizia a parlare di Grande Marocco106, con la Mauritania, il Mali, parte dell'Algeria e il Sahara Occidentale. Le popolazioni del Sahara occidentale si ribellano a questo stato di fatto, e organizzano il primo movimento di liberazione. Il primo nucleo nazionalista si crea intorno al giornalista Mohamed Bassiri che nel 1967 diventa un punto di riferimento di quello che prenderà il nome di Movimento di Liberazione del Sahara (MLS). Già dal 1960 l’Assemblea Generale dell’ONU, attraverso la risoluzione n.1514 affermava che il Sahara Occidentale è un unità territoriale che deve poter godere dell’autodeterminazione107. Nel 1970, usciti dalla clandestinità, diventano oggetto di una durissima repressione con morti e centinaia di arresti tra cui lo stesso Bassiri, che sparirà nel nulla dopo un raid delle forze spagnole. Di lui non si avranno più notizie108. Nel maggio del 1973 un piccolo nucleo di nazionalisti Saharawi costituisce il Fronte Polisario (Fronte di Liberazione di Saguiat - Al - Hamra e Rio de Oro). Anche questo movimento subisce una violenta repressione, ma sopravvive Idea inizialmente partorita da Allal El-Fassi, segretario del Hizb al Istiqlal, principale partito nazionalista marocchino nato nel 1943. Nel 1960 il governo marocchino pubblicò un “Libro bianco” in cui precisava le proprie rivendicazioni sia sul Sahara Occidentale sia sulla Mauritania. E’ la prima volta che il Marocco indipendente formula in modo compiuto e ricco di riflessi internazionali l’idea del Gran Marocco, fino ad allora El-Fassi, durante una conferenza stampa al Cairo il 3 luglio del 1956, parlò di confini storici e naturali del Marocco e presentò una mappa che includeva gran parte del Sahara algerino, il nordest del Mali, tutta la Mauritania fino al Senegal e, naturalmente, Ifni, Tarfaya, Ceuta, Melilla, le isole Canarie e il Sahara spagnolo. Questa tesi diventa politica ufficiale della monarchia alauita. I confini dell’Algeria, indipendente nel 1962, diventano l’occasione di un breve scontro (“guerra delle sabbie”) nell’autunno del 1963, mentre l’indipendenza della Mauritania sarà riconosciuta da Rabat solo nel 1969. E’ anche il primo caso in cui vengono poste in discussione le frontiere coloniali da parte di uno stato africano che ha raggiunto l’indipendenza, frontiere che invece verranno sancite come tangibili dall’Organizzazione per l’Unità Africana (OUA) nel 1963. 107 Superare il muro. Contributi per un'analisi del conflitto nel Sahara occidentale, Napoli Edizioni Scientifiche Italiane, 2008, p. 221 108 V. Di Paola, Continua il dramma dei Sahrawi, Rivista on line”, 21 febbraio 2007. http://www.rivistaonline.com/Rivista/ArticoliPrimoPiano.aspx?id=3383 106 65 fino ai giorni nostri. Dal 1973 alla lotta armata marocchina contro la Spagna partecipa anche il Fronte Polisario.109 Intanto, però, con l’accordo di Madrid110, la Spagna111 cede al Marocco e alla Mauritania il Sahara Occidentale112 . L'esercito marocchino, già impegnato nel territorio prima dell'accordo di Madrid, continua l'azione di invasione occupando gli spazi abbandonati dall'esercito spagnolo; Smara è occupata, così come altri centri. La resistenza del Fronte cerca di opporre un freno immediato, le zone occupate dal Marocco sono abbandonate dalla popolazione che si sposta verso zone libere. Anche l'esercito mauritano sferra l'attacco e dopo 10 giorni di bombardamenti prende il controllo di Guera.113 2.2.2 La proclamazione della Repubblica Araba Sahrawi Democratica Per colmare il vuoto istituzionale lasciato dal ritiro degli spagnoli (completato il 26 febbraio), il Fronte Polisario, dopo un non facile dibattito interno, il 27 febbraio, nell’oasi di Bir Lehlu, nelle zone liberate, sceglie la Ibidem. Lo stesso giorno della pubblicazione del parere della Corte, Hassan II annuncia l'organizzazione di una grande marcia pacifica, la marcia verde, composta da 350.000 persone, verso il Sahara Occidentale, per riaffermare le rivendicazioni del Marocco. Questa mossa serve a premere sulla Spagna, che, anche a causa della delicata situazione di passaggio di poteri (il generale Franco muore il 20 novembre), preferisce essere sollevata dalla responsabilità del referendum. Il 14 novembre 1975 viene firmato un accordo tra la Spagna, il Marocco e la Mauritania, che verrà reso pubblico qualche giorno dopo e prevede: l'istituzione di un'amministrazione temporanea nel territorio con la partecipazione del Marocco e della Mauritania e la fine della presenza spagnola entro il 28 febbraio 1976. Il territorio del Sahara Occidentale viene dunque spartito tra i due Paesi africani a partire dal 14 aprile 1976. 111 L’accordo di Madrid viene siglato in periodo di forte incertezza per la Spagna, coincide con le settimane d’agonia del dittatore Franco in cui non si riescono a capire le intenzioni del nuovo Re. I problemi interni da affrontare erano grandi ed in questa situazione di emergenza vengono decise le sorti del Sahara Occidentale. 112 Y. H Zoubir., D.Volman, International Dimensions of the Western Sahara Conflict Praeger Publishers, London,1993. p. 63 113 www.saharawi.info/storia_saharawi_dettagliata.htm 109 110 66 strada della proclamazione dell’indipendenza del Sahara Occidentale. Viene approvata una Costituzione provvisoria per dare una base politica e sociale al nuovo stato denominato Repubblica Araba Sahrawi Democratica (RASD). Il primo governo della RASD è formato il 4 marzo sotto la Presidenza di Mohammed Lamine.114 La repubblica viene definita come araba, islamica, democratica e socialista, dove la sovranità appartiene al popolo; l’islam è la religione di stato e l’arabo (hassaniya) la lingua nazionale. Passo importante verso la definizione dell’assetto istituzionale sarà reggere il popolo sahrawi, nella difficile fase della lotta per la liberazione del proprio territorio e nella transizione da una situazione di emergenza al compimento dell’autodeterminazione. Il programma politico e la struttura del nuovo stato sono precisati nel 3° Congresso del Fronte Polisario, svoltosi tra il 26 e il 30 agosto 1976. Vengono adottati sia un programma nazionale generale che un Manifesto politico. Il programma fissa gli obbiettivi politici a breve e lungo termine. Nell’immediato si tratta di approfondire la coscienza e la mobilitazione del popolo nella sua lotta per l’indipendenza. Sul piano diplomatico, il programma mette l’accento sulla creazione di un fronte progressista arabo africano di cui l’intesa con l’Algeria e la Libia costituisce il primo passo. Sul piano sociale, la priorità viene data alla necessità delle popolazioni rifugiate nei campi. A lungo termine, il programma si propone una politica di costruzione nazionale e di realizzazione del socialismo, attraverso un sistema repubblicano e democratico con l’equa ripartizione della ricchezza nazionale, e con la soppressione di ogni forma di sfruttamento. Sul piano culturale, si evidenzia l’impegno dell’insegnamento, che sarà in lingua araba, obbligatorio e gratuito, della protezione della cultura tradizionale e dell’eredità religiosa. 114 Ibidem. 67 Sul piano economico, si accentua la volontà del controllo delle proprie risorse da parte del paese stesso. L’Unità Maghrebina è, sul terreno diplomatico, una tappa verso l’unità del mondo arabo. L’organizzazione politica, affida al Comitato esecutivo del Fronte, la designazione del Consiglio dei ministri. Il potere legislativo è affidato al Consiglio nazionale sahrawi, composto da 41 membri, dal Segretario generale del Polisario e dal presidente della RASD che è Mohamed Abdelaziz 115 , il quale prende il posto di El Wali, dopo la sua morte in territorio mauritano nel giugno del 1976. La battaglia diplomatica e la lotta armata si affiancano nella strategia della RASD; il 5 agosto del 1979, dopo aver decretato un cessate il fuoco unilaterale sul fronte Sud, il Polisario conclude un accordo con la Mauritania, che recede dalle rivendicazioni, stremata dalla guerra. Sul fronte Nord, al contrario, la lotta contro l'esercito marocchino prosegue: il Marocco costruisce dei muri di sabbia e pietrame, preceduti da campi di mine (molte delle quali sono italiane) controllati da sistemi elettronici di sorveglianza e da punti di guardia armati a distanze regolari.116 2.3 Analisi del conflitto. L’analisi del conflitto si dovrà muovere su due piani distinti e non necessariamente compatibili: quella giuridica e quella politica. Proclamazione della Rasd, Manifesto politico del 3° congresso, Programma d’azione del 3°congresso, Costituzione della Rasd. Appendice a Virgilio Boccalini, Un popolo canta lulei,cit., p.122-15 116 Y. H Zoubir, D. Volman, op. cit., p. 75-76 115 68 2.3.1 Analisi giuridica. Sul piano più strettamente giuridico, si esige una doppia riflessione: la prima riguarda la natura giuridica del movimento Saharawi, l’altra concerne l’effettiva applicabilità del principio di autodeterminazione al popolo saharawi ed alle soluzioni che possono apprestarsi.117 2.3.1.1 Soggettività internazionale del Fronte Polisario. Per quanto riguarda la soggettività internazionale, il parere della dottrina non è unanime. Una parte ritiene che non possa essere revocata in dubbio la soggettività internazionale del fronte Polisario. Tale conclusione risulterebbe, supportata dal diritto internazionale consuetudinario, secondo cui, i movimenti di liberazione nazionali sono configurabili come soggetti se esercitano in modo effettivo poteri d’imperio su un area territoriale ben determinata. Nel caso di specie, detta soluzione può ritenersi avvallata perché il Fronte ha il pieno controllo di una piccola regione dell’Algeria (che supporta il movimento), ha concluso un accordo con la Mauritania nel 1979 e l’Assemblea Generale lo ha ammesso alle sessioni in cui affronta il problema del Sahara Occidentale. Altra parte della dottrina, sostiene che tali considerazioni non siano sufficienti a fondare la soggettività internazionale, del movimento di liberazione. Un’analisi più profonda mostra come, l’indipendenza del Fronte non è effettiva ma fortemente condizionata da Algeri. Inoltre la partecipazione all’Assemblea Generale, è prevista unicamente per le sessioni riguardanti il Sahara Occidentale senza il diritto di voto, ovvero Superare il muro. Contributi per un'analisi del conflitto nel Sahara Occidentale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008. 117 69 non gli viene riconosciuto la pienezza dei diritti normalmente attribuita ai soggetti di diritto internazionale.118 La dottrina ha, però, raggiunto una posizione comune: escludere l’esistenza di uno stato, la Repubblica Araba Saharawi Democratica, proclamata dal Fronte Polisario nel 1976, poiché essa difetta degli elementi dell’effettività e dell’indipendenza, ossia della soggettività internazionale119. In tale contesto, non assume peso giuridico nè il fatto che oltre 73 Stati abbiano riconosciuto tale Repubblica né tanto meno il fatto che sia stata ammessa all’Unione Africana (UA). Il diritto internazionale considera il riconoscimento un atto certamente lecito, ma a carattere meramente politico, ovvero non produttivo di effetti giuridici e non idoneo a fondare la soggettività internazionale di un qualsiasi ente.120 2.3.1 L’applicabilità del principio di autodeterminazione Il principio di autodeterminazione, conferisce il diritto ai popoli colonizzati o comunque sottoposti a dominazione straniera, di divenire indipendente, di associarsi od integrarsi con altro stato indipendente, ovvero di scegliere liberamente il proprio regime politico. Nato come norma pattizia, dato il suo iniziale inserimento nella Carta delle Nazioni Unite, ha acquistato rapidamente carattere di norma consuetudianaria e poi cogente grazie ad una significativa prassi che si è sviluppata proprio ad opera delle Ibidem. Superare il muro. Contributi per un'analisi del conflitto nel Sahara occidentale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008, cit. p.9. 120 Op. cit., p. 9. 118 119 70 Nazioni Unite. Trova la sua base giuridica negli articoli 1 comma 2121 , 55122 della Carta dell’ONU e in due Dichiarazioni123 solenni dell’Assemblea Generale124. Alla norma viene conferito lo status di norma cogente, ovvero dotata di una forza passiva maggiore rispetto alle altre norme consuetudinarie e produttiva di obblighi erga omnes, in base ai pareri della Corte Internazionale di Giustizia125. Dall’appartenenza del principio di autodeterminazione alle norme di jus cogens, derivano conseguenze giuridiche notevoli. In particolare l’obbligo per tutti gli Stati di favorire la decolonizzazione e di aiutare l’ONU ad assolvere le proprie responsabilità, in conformità alla carta e al diritto internazionale generale, inoltre, il dovere di ogni Sato di astenersi da qualsiasi misura coercitiva che privi i popoli, nel caso in cui reagiscono ad una tale misura coercitiva nell’esercizio del loro diritto, a ricevere un appoggio conforme ai fini e ai principi della Carta delle Nazioni Unite. Nel caso in specie, tanto l’Assemblea Generale quanto la Corte Internazionale di Giustizia, hanno riconosciuto il diritto del popolo Saharawi all’autodeterminazione.126 Nella risoluzione n. 2229 del 1996, l’organo assembleare delle Nazioni Unite afferma ufficialmente il diritto del Sahara Occidentale all’indipendenza dalla Spagna. Questo diritto non venne riconosciuto automaticamente In base al quale uno dei fini dell’organizzazione è: sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto del principio dell’uguaglianza dei diritti e dell’auto decisione dei popoli a prendere altre misure atte a rafforzare la pace universali. 122 La disposizione in tema di cooperazione internazionale economica e sociale, richiama il rispetto dei principi dell’uguaglianza dei diritti e dell’autodecisione dei popoli. 123 La Dichiarazione del 1960 la n.1514 relativa alla concessione dell’indipendenza dei popoli sottoposti a dominio coloniale, e la Dichiarazione del 1970, la n. 2625 in tema di rapporti amichevoli e cooperazione tra gli Stati. 124 Superare il muro. Contributi per un'analisi del conflitto nel Sahara occidentale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008, cit. p.10. 125 Il riconoscimento deriva specificamente da due pareri della Corte: il parere del 1971 sulla Namibia e del 1975 propria sul Sahara Occidentale ed in una sentenza del 1995 riguardante Timor Est. 126 Superare il muro. Contributi per un'analisi del conflitto nel Sahara occidentale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008, cit. p.11. 121 71 ma bensì sottoposto ad un referendum, attraverso cui si manifesta la volontà politica del popolo in questione. Volontà che avrebbe potuto portare all’annessione ad uno degli Stati vicini. La soluzione proposta dalla Corte Internazionale di Giustizia, nel parere del 1975, individua tra le soluzioni percorribili oltre alla costituzione di uno Stato sovrano ed indipendente, anche la possibilità di una libera associazione ad uno Stato già indipendente, oppure l’integrazione con uno Stato indipendente.127 La posizione della Corte rimane ambigua, in quanto rileva da un lato l’impossibilità di indicare con esattezza lo statuto giuridico del territorio, impossibilità in cui si incardina il diritto del popolo saharawi a sceglierlo liberamente, dall’altro riconosce che già prima della colonizzazione spagnola il Sahara non era terra nullis, benché una certa allégance all’autorità del Sultano del Marocco fosse facilmente rintracciabile.128 Ciò spiega la difficoltà della Corte a decidere il destino di questa terra senza tenere in considerazione la volontà della popolazione. L’unica conclusione a cui si giunge è l’esigenza di affrancarla dalla dominazione spagnola. 2.3.2 Analisi politica del conflitto 2.3.2 Motivazioni del Marocco Per poter comprendere le motivazioni marocchine, che portano il Regno ad essere riluttante alla sola idea di poter perdere il territorio, si è fatto riferimento alla tesi del Professor Attilio Gaudio, che riesce a dare un senso alle rivendicazioni di sovranità marocchine sulla regione del Sahara Occidentale, individuando un effettivo legame tra i marocchini e i saharawi. In base ai suoi studi, si evince che l’origine dei 4/5 delle dinastie 127 128 Ibidem. Ibidem. 72 marocchine sono nate nel Sahara. Gli stessi Alawiti, oggi regnanti, sono di origini sahariane. Tutte le grandi dinastie, che riuscirono ad un certo punto ad unificare l’intero Maghreb sono di origine sahariana129. Continua affermando che, il rapporto tra il popolo ed il Sovrano era regolato dalla famosa bay’a, attraverso la quale si poneva in essere un rapporto di libera sottomissione delle popolazioni al Sovrano marocchino ritenuto sacro e inviolabile130. Il Sultano, rappresentava lo Stato, indipendentemente dalle autorità locali, amministrative e regionali, che emanando i famosi dahir, manifestavano la loro volontà131. L’elemento del bay’a è peculiare per poter comprendere la posizione del Marocco nei confronti di tutto il mosaico etnico di popoli del quale si compone la popolazione marocchina132. C’è da ricordare che, dopo il ritiro della Mauritania, in seguito alla firma degli accordi di pace con il Fronte Polisario, e l’immediata occupazione marocchina dei territori, il primo atto compiuto dal quaid di Dakhla, fu quello di presentare la bay’a (vale a dire l’atto di sottomissione politico-religioso) al Sultano del Marocco. Nell’intervento pronunciato a Caserta, il 28 giugno 2002 il Professor Attilio Gaudio afferma che, per poter comprendere la posizione marocchina, bisogna svolgere anzitutto un’analisi storica che esplica come il Marocco sia stato tagliato a fette dal colonialismo133. Questa sorte è toccata esclusivamente al Marocco nella regione del Maghreb. Il professore, ricorda, come durante i negoziati di pace tra il Fronte di Liberazione Nazionale algerino e De Gaulle, l’Algeria abbia puntato i piedi contro la creazione di un territorio autonomo nel Sahara, denominato Organizzazione Comune delle Regioni Sahariane134. Il Fronte di Liberazione Superare il muro. Contributi per un'analisi del conflitto nel Sahara occidentale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008, cit. p.60. 130 Ibidem. 131 Ibidem. 132 Ibidem. 133 Op. cit. p. 62 134 L’Organizzazione Comune delle Regioni Sahariane raccoglieva tutte le regioni del Sahara (non solo algerino)al fine di dare vita ad un entità sahariana 129 73 Nazionale si oppose affermando che il Sahara algerino era parte integrante dell’Algeria indipendente, e pose come condizione necessaria, alla firma dei trattati di pace, l’annessione del Sahara. Diverso trattamento avvenne per il Marocco ad Aix-les-Bains, in occasione della conferenza di pace al ritorno di Mohamed V dall’esilio135. I marocchini non riuscirono a far valere completamente i loro diritti, dovettero puntare al ritorno dall’esilio di Mohamed V e costringere all’abdicazione il Sultano fantoccio Mohamed Ben Arafa. In quest’occasione, il Marocco ottenne un’indipendenza tagliata a fette così come il paese era stato tagliato a fette dalle iniziative coloniali.136 Mohamed V si trovò di fronte ad un Marocco nel quale Tangeri era zona internazionale, Ceuta e Melilla rimanevano alla Spagna; il nord del paese restava sotto l’autorità di un Khalifa dipendente dal governo di Madrid; il centro (la parte del Protettorato francese) era effettivamente libero; Ifni permaneva spagnola; stesso trattamento per il sud che venne dichiarato come Africa Occidentale Spagnola. È proprio in questa situazione che il leader dell’indipendenza marocchina Allal Al Fasi, si fece promotore del Grande Marocco. Il Marocco che rivendicava e comprendeva anche Touat algerino, una parte dell’attuale Mali e la Mauritania. Le pretese territoriali si limitarono, poi, al solo Sahara. Allal Al Fasi sosteneva che, i marocchini avevano diritto come gli algerini ad avere il loro Sahara e a riunire tutte le popolazioni marocchine sotto le stesse istiuzioni e la stessa amministrazione. Sono questi i nodi storici fondamentali del problema, accentuato dal fatto che, intorno al periodo della Marcia Verde, alcuni studenti cominciarono a parlare d’indipendenza. Questa non era stata reclamata all’inizio, quando la parola d’ordine era l’annessione al Marocco, sotto la spinta delle sezioni autonoma della quale in realtà i francesi avrebbero potuto continuare a sfruttare le ricchezze minerarie. 135 Testimonianza diretta del Professor Gaudio presente all’occasione. 136 Superare il muro. Contributi per un'analisi del conflitto nel Sahara occidentale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008, cit. p.62. 74 dell’Istiqlal presenti a El Ayun ed a Dakhla. È così che sorge l’idea secessionista. Le tappe dell’idea secessionista sono: - Nel maggio 1973 viene creato a Nouakchotte il Fronte di Liberazione della Saqiyat al Hamra e del Rio de Oro. E’ utile ricordare che, quando nella capitale mauritana i giovani del Polisario diffusero il loro primo comunicato in cui annunciavano la creazione del Fronte Polisario, predicavano la lotta contro gli spagnoli e non contro il Marocco137. - Nel 1974 il Governo di Madrid istituisce, nella colonia del Sahara Occidentale, un’amministrazione autonoma interna. Nello stesso momento, alcuni gruppi armati del Fronte Polisario, attaccano sporadicamente i presidi spagnoli nelle regioni confinanti con l’Algeria e la Maruitania. Questo colpo di testa degli spagnoli va posto in rilievo, perché fino alla conferenza di Vienna138, essi non avevano mai messo in discussione la marocchinità del Sahara. Tanto più vero che, il territorio del Sahara dipendeva dal khalifa di Tetouane, rappresentante del Sulatano nel Nord del Marocco. Gli spagnoli consideravano, dunque, che il Sahara costituisse un unico territorio con il Marocco e che dal Regno Marocchino esso dipendesse politicamente.139 - Nel settembre 1975 ci fu l’approvazione della risoluzione ONU in favore del referendum. L’opposizione marocchina al referendum, come abbiamo già detto, si esplica attraverso il disaccordo sulla composizione delle liste elettorali e i ricorsi di migliaia di persone che Op. cit., p.63 Si tratta della conferenza di Vienna sui Diritti dell’Uomo , svoltasi dal 14 al 25 giugno 1993. 139 Superare il muro. Contributi per un'analisi del conflitto nel Sahara Occidentale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008, cit. p.63 137 138 75 intasano gli uffici della MINURSO. Secondo il Professore Tajjedine Housseini dell’Università di Rabat, il problema di fondo è che si è passati da un milione di Saharawi a settecentomila (inclusi dal censimento Spagnolo e i loro discendenti)e si affermò che per i restanti abitanti , era impossibile l’iscrizione nelle liste. I restanti abitanti non vennero censiti, perché abitavano altrove. Tutto ciò, nonostante, ci sia stata una Conferenza dei Capi Tribù Saharawi a Ginevra nel 1990, che ha insistito proprio su un principio fondamentale: non escludere alcun Saharawi dalle liste del referendum. Di conseguenza, quando si raggiunge un risultato con liste elettorali in cui si accetta il padre ma si rifiuta il figlio, si include un fratello ma non si ammette l’iscrizione dell’altro (un risultato quindi, con migliaia di situazioni ambigue), è possibile sostenere che il referendum esprimerà effettivamente gli abitanti del Sahara?140 A sostegno alle rivendicazioni marocchine sul territorio Saharawi, Flavia Lattanzi141, riconosce nel periodo precedente la colonizzazione spagnola, l’autorità che il Sultano del Marocco esercitava sulle popolazioni nomadi, pur non potendola ricondurre al moderno concetto di sovranità territoriale142. Esempio concreto della sovranità marocchina, esercitata sul Sahara, prima dell'occupazione spagnola, sono inoltre le spedizioni portate avanti da Hassan I tra il 1882 e il 1886, che misero fine alle mire straniere su quel territorio ed istituirono ufficialmente i qaid (governatori) e i qadi (giudici). Fonti marocchine, provano la loro posizione attraverso l’analisi di alcune convenzioni diplomatiche, dalle quali risulta che le potenze straniere hanno fatto ricorso sempre al Sultano per proteggere le attività dei loro cittadini nel Sahara Occidentale. Si tratta di accordi conclusi con la Op.cit. p. 132 Ordinario di Diritto Internazionale, Università Roma Tre, Membro della International Fact Finding Commission on International Humanitarian Law, Ginevra. 142 Op. cit., p.93 140 141 76 Spagna nel 1861, con gli Stati Uniti d'America nel 1786 e 1836, e con la Gran Bretagna nel 1856143. Altri strumenti riconoscono esplicitamente la sovranità del Marocco sul Sahara; in particolare il trattato anglo-marocchino del 1895, di cui l'articolo 1 recita: nessuna potenza potrà avanzare delle pretese sui territori che si estendono dal Draa a Capo Bojador, perché questi territori appartengono al Marocco144. La Corte Internazionale di Giustizia, ha avuto conoscenza di questi documenti ed ha ritenuto che durante la colonizzazione spagnola ci siano stati legami giuridici di fedeltà tra il sultano del Marocco ed alcune tribù abitanti nei territori del Sahara Occidentale145. La legittimità giuridica di annettere il territorio del Sahara Occidentale è stata ricavata dal Marocco attraverso l’ interpretazione della sentenza del Tribunale di Giustizia dell'Aja che, rispondendo negativamente alla domanda se il territorio del Sahara era terra nullius prima della colonizzazione spagnola, ha riconosciuto l'esistenza di eredi nel momento dell'abbandono della Spagna e che, quindi, non c'era alcuna vacanza di poteri. La Corte ha, poi, confermato che esistevano legami giuridici di sudditanza tra il Sahara e il Marocco.146 Secondo l'interpretazione marocchina, quindi, il Sahara Occidentale faceva parte del territorio sul quale si esercitava la sovranità dei sultani del Marocco e, le popolazioni di quelle zone si consideravano e venivano considerate come marocchine. Cit. http://www.ambasciatadelmarocco.it/sahara/fondamenti_storici_e_ giuridici.htm 144 Ibidem. 145 Ibidem. 146 Ibidem. 143 77 2.3.3 La manipolazione algerina di Edouard Moha 147. Agli inizi degli anni 70, il regime algerino di Houari Boumedienne, ha intrattenuto dei legami sempre più stretti con l'Unione Sovietica e con i paesi comunisti. Nel 1971, il partito unico algerino, il FLN, diventa, con un accordo, un partito fratello del partito comunista dell'Unione Sovietica. In quell'occasione, i due paesi definiscono una strategia comune relativa all'Africa e al Maghreb , mirante in particolare a destabilizzare il Marocco. Nel 1973, Algeri stipula con Madrid un accordo segreto sul Sahara occidentale. Questo accordo, prevede di organizzare un referendum per l'autonomia del territorio e la creazione di un'entità politica distinta dal Marocco. Di fatto, per i dirigenti spagnoli ed algerini, si tratta soprattutto di evitare la riunificazione del Sahara al Marocco e di accordarsi per esercitare una sorta di doppio protettorato. Questo accordo è stato denunciato dal Morehob (Movimento di Resistenza degli Uomini Blu) che in quel momento era l'unica organizzazione saharawi, favorevole alla partenza degli occupanti spagnoli e alla riunificazione con il Marocco. E' in questo contesto, che il regime algerino sostiene l'apparire di un nuovo movimento, ad esso totalmente sottomesso, il Polisario. Il Polisario usufruisce immediatamente di un appoggio massiccio dell'Algeria, sul piano finanziario, diplomatico e materiale. Concepito come una macchina da guerra contro il Marocco, questo gruppo trova anche sostegno presso tutti coloro che militano nel mondo, per l'ideologia rivoluzionaria e marxista.148 Edouard Moha è stato il fondatore del Morehob, movimento saharawi filomarocchino. 148 Cit. E. Moha, SAHARA: Ristabilire i fatti nella loro esattezza e ricordare gli elementi di valutazione che sono stati occultati, www.marocconews.it 147 78 2.3.4 Le accuse contro il Fronte Polisario da parte del Governo marocchino. Il governo marocchino ed i sostenitori della causa di Hassan II, non si sono limitati, nel corso di questi anni, a rivendicare il Sahara Occidentale, ma hanno portato avanti anche una campagna accusatoria del Fronte Polisario. Le critiche avanzate nei confronti del Fronte Polisario, si basano sul fatto che è un movimento che non ha mai conosciuto alcuna scissione. Viene accusato di essere riuscito a mantenere questa facciata, attraverso sotterfugi, con la violenza e lo spargimento di sangue149 . Le accuse per via dei mezzi di informazione si sono rivolte su più campi e concentrati soprattutto dopo il 1991. Uno di questi, è stato quello di pubblicare rapporti, che denunciassero le condizioni di detenzione dei prigionieri di guerra marocchini nelle galere di Tindouf. Lo stesso, ha dichiarato che diverse missioni internazionali di inchiesta, soprattutto francesi, hanno indagato sulle condizioni di detenzione dei prigionieri di guerra marocchini nelle carceri del Polisario, ed hanno constatato la terribile situazione in cui sono costretti a vivere. I prigionieri, sono sottoposti a lavori forzati per la costruzione di edifici, strade, etc, utili al Polisario, vengono torturati, le condizioni igieniche sono pessime, gli viene vietato di pregare, ed in alcuni casi, vengono praticate esecuzioni150, a cui, talvolta, parteciperebbero anche militari algerini, diventando l'Algeria colpevole insieme al Polisario per le gravi infrazioni commesse, per quanto riguarda il campo dei diritti umani. Un'altra accusa, riguarda il dirottamento, da parte dei dirigenti del Polisario, dell'aiuto alimentare internazionale destinato alle popolazioni sequestrate nei campi di Tindouf. Infatti, alcuni, come l'ex ministro degli Interni del governo del Marocco, Hamid Charbar, sostengono che il Polisario viola sistematicamente i diritti umani e che è un movimento fantoccio il quale è dovuto ricorrere al sequestro della popolazione 149http://www.ambasciatadelmarocco.it/sahara/i_gravi_attentatiai_diritti_uma. 150 Ibidem. 79 saharawi, rinchiusa nei campi profughi di Tindouf, per darsi l'aspetto di un movimento vero e proprio ed ingannare, in questo modo, le organizzazioni internazionali. Testimonianza, in questo senso, ci viene anche da Omar Hadrami, membro fondatore del Polisario, che ha dichiarato quanto segue a Strasburgo: […] il Polisario sequestra la gente contro il suo volere[…] seminando il terrore contro coloro che vogliono fuggire dai suoi sinistri campi di concentramento appena camuffati[…] Il Polisario intende far credere all'opinione pubblica che i sequestrati di Tindouf sono tutte persone fuggite dalla guerra nel Sahara Occidentale, ma oggi tutti conoscono le origini ben diverse di queste popolazioni[…] Spesso i capi dei campi organizzano un raduno la mattina ed la sera per controllare se tutti sono presenti[…] l'isolamento geografico aggrava questa situazione di desolazione totale[…] i libri, i giornali sono vietati nei campi; i giovani che hanno studiato all'estero, portano di nascosto dei libri, dei nastri musicali, […] il Polisario impone quindi agli studenti, agli allievi militari ed ai malati dei corsi di prevenzione contro tutto quello che è straniero e contro l'influenza del mondo esterno[…] Cerchiamo, quindi, la verità[…] è ben diversa: un Governo senza bilancio, senza PIL[…]; l'Islam nomade contro le moschee e l'integralismo dei centri maghrebini sul modello cubano, ecco la salvezza per il Nord dell'Africa.151 La risposta del Fronte Polisario. A questo punto è necessario analizzare le risposte a queste accuse. Il Fronte Polisario fa notare due aspetti: il primo, sono le condizioni reali in cui i Cit. I gravi attentati http://www.marocconews.it 151 ai Diritti Umani nei Campi di Tindouf, 80 prigionieri di guerra marocchini vivono nel territorio del Polisario; il secondo, sono le dichiarazioni rilasciate dai saharawi che sono stati detenuti nelle carceri marocchine. Innanzitutto, si ribadiscono il regime di semilibertà di cui godono i prigionieri marocchini, non essendo circondati da nessun filo spinato o da torrette di sorveglianza; le condizioni di vita in piccole case ben costruite, in cui ciascuno coltiva il proprio orticello e passa la sua giornata a discutere con i compagni o a guardare la televisione. La Croce Rossa Internazionale, li visita regolarmente e non è mai stato redatto un rapporto sfavorevole sulle loro condizioni. Sono anche liberi di ritornare a casa loro. In secondo luogo, le dichiarazioni, false, per parte marocchina sulle condizioni atroci dei loro compatrioti, detenuti nelle carceri del Polisario, sembrano rispecchiare esattamente quelle a cui, invece, realmente i saharawi sono sottoposti nelle prigioni segrete del governo di Rabat152 . Come esempio vengono riportate le parole tratte da due interviste fatte a Moulag el Kanti, detenuto per 5 anni, ed a Daoud El Khadir, detenuto per 15 anni153. Moulag el Kanti ha detto: […]Non pensavo che i marocchini mi lasciassero in vita. Ma quello che ho vissuto dopo è stato peggio della morte. I primi otto giorni c'è stata l'inchiesta, cioè la tortura[…]Puoi resistere per qualche giorno. Ma quando rimani per nove mesi in un angolo, i pugni legati e gli occhi bendati, sei cosciente che si cerca di infliggerti la morte più terribile, la morte lenta[…] D'altronde, tutti ci credevano morti. Non c'era nessuna speranza di rivedere i saharawi scomparsi. C'è stata solo una liberazione di detenuti, quella di cui ho fatto parte, nel 1991. Alcuni dei liberati erano spariti dalla faccia della terra da sedici anni[…] Molta gente non ha mai creduto ai giardini segreti che Hassan II ha costruito per i saharawi[…] Abbiamo censito circa 800 scomparsi e solo 300 liberazioni, questo significa che circa mezzo migliaio di persone è ancora imprigionato in Marocco[…] 152 153 J. Lamore, Diario del Polisario, Roma, Il Manifesto, 2004. pp. 108-118. J. Lamore, Op. cit., p.110-118. 81 Dalla nostra liberazione abbiamo la prova che esistono dei centri di detenzione segreti nel Sahara Occidentale ed in Marocco[…] Daoud El Khadir ha detto: [...] Sono stato trasferito con altri cinque saharawi al tristemente celebre centro di interrogatori Derb Moulay Cherif a Casablanca. Questo centro, specializzato nelle torture, è un passaggio obbligato per ogni detenuto per reati d'opinione in Marocco[…] Dopo 4 mesi sono stato trasferito in un altro centro segreto di detenzione[…] Prima della data fissata per la liberazione abbiamo ricevuto cure per migliorare il nostro stato fisico, per essere presentabili[…] In Marocco nessuno è al riparo dagli eccessi del Makhzen, il potere centrale. 2.3.3 Rapporto tra Algeria e Marocco. I rapporti tra Algeria e Marocco, vennero inficiati dalla cosidetta guerra della sabbia, combattuta nel 1963. Il conflitto scoppiò a causa di un contenzioso territoriale sorto tra i due stati, in particolare per le zone di frontiera di Bechar e Tindouf. L'8 ottobre 1963, l'esercito algerino attaccò a sorpresa alcune guarnigioni marocchine, disposte lungo il confine. Come difesa, le Forze Armate Reali di Hassan II risposero al fuoco e lanciarono una potente controffensiva, ma l'intervento dell'Organizzazione dell'Unità Africana impose il cessate il fuoco. In seguito all’invasione marocchina del 1975, la popolazione saharawi fuggì nel deserto algerino. La fuga in Algeria è contemporanea alla fine della guerra in Vietnam, che aveva fortemente segnato questo periodo. Per essere estremamente coincisi, possiamo dire che essendo il Marocco il paese invasore, appoggiato da Francia Spagna e USA, i saharawi, organizzati nel Fronte Polisario, poteva ricevere aiuti solo da: • Algeria, paese d’asilo; 82 • paesi non allineati, tra cui l’Algeria; • paesi socialisti.154 Secondo alcune fonti algerine. il paese non è mai stato alla ricerca di uno sbocco sull’Atlantico, ne tantomeno ha avuto mai ambizioni territoriale sul Sahara Occidentale, ma il suo ruolo è sempre stato quello di osservatore del processo di pace che lo pone in una posizione contraria al Piano Baker. L’Algeria si è espressa sfavorevole al progetto quadro, in quanto lo vede come un modo per mantenere l’occupazione illegale del Marocco, in violazione della Carta delle Nazioni Unite in materia di decolonizzazione e di tutte le risoluzioni riguardanti il territorio. In breve, l’Algeria vede l’accettazione del piano Baker come violazione di un diritto inalienabile dell’autodeterminazione del popolo saharawi, e una negazione dello stesso popolo saharawi.155 Gli algerini negano la possibilità che il Sahara Occidentale possa diventare casus belli tra loro e il Marocco. Il Professor Tajjedine Housseini, (ordinario di Relazioni Internazionali all’Università di Rabat) ricorda, invece, come sia stato proprio il Governo Algerino ad avanzare l’ipotesi della suddivisione territoriale del Sahara156 . 2.3.2.5 Contesto internazionale. La spiegazione, dell’appoggio americano al Marocco, è individuabile nel timore che gli USA avevano circa la costituzione di uno Stato indipendente nel Sahara Occidentale, che avrebbe potuto costituire una minaccia per la NATO offrendo basi militari allo schieramento socialista; e l’intenzione di Superare il muro. Contributi per un'analisi del conflitto nel Sahara occidentale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008, cit. p.152. 155 Op. cit., p. 210 156 Op. cit., p. 131 154 83 allargare, attraverso le loro relazioni con il Marocco, il controllo sul mercato internazionale del fosfato, di cui il territorio è molto ricco. Per quanto riguarda invece l’appoggio della Francia, è dovuto dagli interessi particolari che la spingevano a partecipare accanto agli Stati Uniti alla ricostruzione dell'assetto dell'Africa nord – occidentale. In seguito alla decisione della Spagna di abbandonare il Sahara, la Francia cerca di coinvolgere la Mauritania nella questione del suddetto territorio, al fine di assicurarle il riconoscimento di sovranità statuale da parte di Hassan II (che tempo prima l'aveva rivendicato). Proprio l'accordo del 14 novembre 1975, rappresentò l'occasione per la manifestazione di questo riconoscimento, dato che il Marocco in quel momento trattò la Mauritania come pari. La Francia temeva le ambizioni espansionistiche del Marocco in territorio mauritano. La Mauritania rappresenta, infatti, per la Francia una riserva importante di ferro necessario all'industria. La presenza delle truppe marocchine sul territorio mauritano era preoccupante, perché si temevano tentativi marocchini di rovesciare il regime della Mauritania, appena installato dopo un colpo di Stato (il 10 luglio 1978), e che il Marocco potesse sostituirlo con un governo fantoccio. Uno scenario che, se si fosse realizzato, avrebbe portato alla fusione della Mauritania con il Regno del Marocco e avrebbe messo in pericolo gli interessi francesi in Mauritania e anche nei paesi vicini157. Bisogna ricordare, infatti, i tentativi negli anni '70, di colpo di Stato da parte dell'esercito marocchino contro il re, Hassan II, che dimostrarono la possibilità di rovesciamento del regime da un momento all'altro. Quindi davanti all'incertezza del futuro politico del Marocco, una Mauritania indipendente rappresentava l'ideale per gli interessi della Francia. Per quanto riguarda la posizione della Francia circa Bernard Ravenel, esperto nelle questioni mediterranee nel suo libro Mèditerranèe Le Nord contre le Sud?, p. 88, scrive: Mais la preservation de l'hègèmonie française dans cette règion suppose, en même temps, que ne s'y constitue une puisance cabable de modifier l'èquilibre règional, ce qui diminuirait les possibiliès d'action de la France de maintenir le statu quo et d'agir en sorte qu'entre l'Algerie et Maroc ne se produise pas un dèsèquilibre des forces, en faveur de l'un ou de l'autre. 157 84 le pretese del Marocco sul Sahara Occidentale, la sua strategia d'appoggio al Marocco si basava sull'esclusione della presenza di uno stato di lingua spagnolo per garantire: - la continuità fisica del dominio francofono; - gli interessi dei francesi residenti nel Marocco che gestivano una quota considerevole dell'economia di questo paese; - il mantenimento del ruolo che il Marocco svolgeva nelle operazioni militari francesi in Africa (molteplici erano stati gli interventi nello Zaire, Benin e Guinea Equatoriale); - la posizione marocchina come ponte assolutamente necessario per qualsiasi integrazione fra Europa e Nord Africa. Per l'Occidente, il Regno del Marocco era focale nella strategia della NATO: la sua posizione geografica aveva, all'epoca del bipolarismo, un'importanza particolare perché insieme alla Spagna e alle sue isole Canarie, costituiva il triangolo della Sicurezza all'entrata del Mediterraneo dove operava, e opera, la Sesta Flotta. Altri elementi a vantaggio del Marocco furono: - la presenza delle basi aeree americane, vitale per qualsiasi eventuale intervento del Rapid Deployment Force nel Medio Oriente. - la sua apertura verso Israele158 . - la sua posizione nell'era della Guerra Fredda come barriera contro l'espansione del comunismo. Queste furono le ragioni per le quali la stabilità del Regno era una priorità nelle strategie dei paesi occidentali. Quando il Marocco non riuscì a resistere agli attacchi durissimi del Polisario159 , nei primi anni della guerra, ottenne appoggio consistente da molti paesi. Durante la guerra contro il Hassan II fu uno dei primi leader di paesi islamici ad intrattenere rapporti diplomatici con Israele. 159 Le più famose battaglie furono Libeyrat 1979, Mahbes (ottobre 1979), Ouarkziz (marzo 1980), Guelta (ottobre 1982), Izaq (ottobre 1984). 158 85 Polisario, ricevette armi da USA, Francia, Belgio, Regno Unito, Spagna, Italia ed Egitto, e aiuti finanziari ed energetici dai paesi arabi quali Arabia Saudita, Emirati Arabi, Kuwait e Iraq. Per quanto riguarda l'Unione Sovietica, la sua posizione nella regione era piuttosto debole: forniva le armi all'Algeria, e collaborava nel campo della formazione militare di questo paese, mentre le sue relazioni economiche erano per il resto poco rilevanti, infatti gli impianti industriali algerini erano stati costruiti grazie alla collaborazione di Giappone e Stati Uniti. Il Fronte Polisario, a differenza dagli altri movimenti di liberazione, non ha avuto legami stretti con l'URSS, nonostante la provenienza sovietica di gran parte delle armi usate dai suoi soldati, che furono ottenute indirettamente tramite altri paesi come la Libia (fino al 1984), l'Algeria e l'ex Yugoslavia (fino 1989). L'Unione Sovietica, dal lato suo invece, faceva grandi sforzi per instaurare le sue relazioni economiche e politiche con il Marocco, relazioni che riuscì a intensificare dopo il 1974, concludendo accordi di cooperazione particolari nel campo dell'importazione del fosfato,tanto da diventare nel 1978, il suo primo partner in Africa160. Si può affermare che il Marocco, al momento dell'occupazione del Sahara Occidentale, nel novembre 1975, non temeva nessuna reazione da parte del Consiglio di Sicurezza, perché contava sull'appoggio delle potenze occidentali (Francia, USA, Regno Unito) che preferivano un Sahara controllato da un paese amico dell'Occidente.161 Questo spiega perché la Quarta Commissione delle Nazioni Unite approvò il 4 dicembre 1975, due proposte di risoluzione, una favorevole al Marocco e alla Mauritania, l'altra all'autodeterminazione per il popolo Sahrawi, l'adozione delle quali aveva raccomandato all'Assemblea Generale162 . La prima proposta da Africa Centrale, Gabon, Gambia, Giordania, Oman, Senegal, Togo e Tunisia, E. Assidon , Sahara Occidental: un enjeu pour le nord ouest africain, Parigi, 1978, p. 135-140. 161 Ibidem. 162 Yearbook of United Nations, 1975, http://unyearbook.un.org/unyearbook.html?name=1975index.html 160 86 dava il benvenuto all'accordo di Madrid, e invitava al rispetto del principio dell'autodeterminazione usando però il termine popolazione includendo cioè anche i partecipanti alla Marcia Verde. La seconda risoluzione, presentata da 27 paesi, richiedeva il rispetto del diritto inalienabile dell'autodeterminazione del popolo Sahrawi, riaffermava la responsabilità della Spagna come ex- amministratrice del territorio, e la invitava a prendere tutte le misure necessarie che permettessero al popolo del territorio di decidere il suo futuro tramite un referendum sotto la vigilanza delle Nazioni Unite. Il Consiglio di Sicurezza si limitò a invitare il Marocco a ritirare dal territorio del Sahara Occidentale tutti i partecipanti alla Marcia Verde163 . Dopo il crollo del muro di Berlino (1989-1991), gli Stati Uniti adottarono una nuova politica che mirava al controllo di tutti gli spazi strategici possibili nel mondo. Nella prima metà degli anni '90, gli Stati Uniti, erano impegnati nelle zone di tensione più importanti in base alla loro strategia: il Golfo con la questione dell'Iraq - Kuwait, i Balcani, il Corno d'Africa (guerra di Somalia) e il Medio Oriente. La Francia, dopo la fine del sistema bipolare, fu uno dei promotori principali della spinta verso l'accelerazione del processo di costruzione dell'Europa unita164, allo scopo di farne un attore di primo piano nella scena internazionale, capace di contribuire alla pace e alla stabilità nel mondo, cioè un'Europa non intesa soltanto come zona di libero scambio. In questo senso si possono leggere l'attuazione della partnership EuroMediterranea, lanciato a Barcellona nel 1995, e l'intenzione di creare rapporti di fiducia e di buon vicinato, di incoraggiare lo sviluppo in tutto il Mediterraneo, nonché il sostegno alle iniziative dell'Unione Europea a favore dell'integrazione regionale (ad esempio tra i paesi del Maghreb). Con Ronald Reagan alla presidenza americana, le relazioni fra Marocco e Op. cit., Risoluzione 380 (1975) del Consiglio di Sicurezza adottato il 6 novembre 1975. 163 87 Stati Uniti si erano intensificate soprattutto attraverso la creazione del Rapid Deployment Force, necessaria per la politica americana nel Medio Oriente. Così le due parti il 27 maggio 1982 conclusero un accordo di mutua difesa. Il rapporto tra Marocco e Francia aveva già iniziato un deterioramento a causa della campagna della sinistra francese contro la repressione, condotta dalla monarchia, delle manifestazioni popolari di Casablanca nel giugno 1981165. La scelta del Marocco, di aderire all'accordo con gli USA, arrivò soprattutto come reazione alla politica di Mitterrand, accusato di intromettersi nei affari interni del Regno in seguito alla dichiarazione fatta il 29 gennaio 1982, nella quale il presidente Mitterrand aveva affermato il suo appoggio a un negoziato diretto fra Marocco e Polisario166. Gli USA, oltre alla collaborazione nel campo militare e della sicurezza per la lotta contro il terrorismo, dopo l'11 settembre 2001, soprattutto con Algeria e Marocco, hanno lanciato una politica che mira all'apertura dei mercati del Maghreb ai prodotti americani, all'aumento del volume degli investimenti delle imprese petrolifere americane in Algeria e Libia (recentemente), e addirittura alla ricerca del petrolio nel territorio conteso fra Marocco e Fronte Polisario. Due imprese petrolifere infatti, TotalFinalElf (Francia) e Keer-McGee (USA) hanno cominciato la ricerca del petrolio nel territorio del Sahara Occidentale. Le Nazione Unite hanno sollevato la questione al Sottosegretario Generale per le questioni legali, Hans Corell, che ha risposto in una lettera al Consiglio di Sicurezza il 5 febbraio 2002, affermando l'illegalità di questa esplorazione in un territorio contestato senza il consenso della popolazione locale, e negando al Marocco la possibilità di concedere licenze per l'estrazione del petrolio.167 Il coinvolgimento degli USA e della Francia, nello sfruttamento della ricchezza del Sahara, lo si può leggere come una tattica del Marocco per B. Ravenel , Mèditerranèe Le Nord contre le Sud?, 1992, cit., p. 88-89. www.ab.es/solidarita/observatori/asp/shara/analisi/cronologia.htm 167 Ibidem. 165 166 88 mantenersi stetti i suoi alleati.168 Il Governo francese, vedendo i suoi interessi minacciati nelle zone che aveva sempre considerato dominio riservato (perché ex colonie), ha espresso il suo dissenso in modo chiaro in occasione della conclusione dell'accordo commerciale, nel gennaio 2003, fra Stati Uniti e Marocco, quando il ministro delegato per il commercio estero, Francois Loos, ha avvertito che questo accordo sarebbe stato incompatibile con i legami economici tra Regno del Marocco e UE169 . Gli Stati Uniti, che nel 1975 furono tra i principali alleati di Re Hassan II e i promotori insieme alla Francia dell'occupazione marocchina del Sahara Occidentale170, senza però riconoscergli la sovranità sul territorio (come nessun altro Stato, del resto gliela riconosce), ora, coerentemente con i loro interessi, per risolvere il conflitto sostengono la necessità di applicare le risoluzioni delle Nazioni Unite, di rispettare il diritto di autodeterminazione dei popoli, sancito nella risoluzione storica 1514 del 1960, e di organizzare un referendum in concordanza con le risoluzioni dell'ONU . La possibilità per il popolo sahrawi di decidere in modo democratico e trasparente il suo futuro in armonia con le regole internazionali, rappresenta la soluzione meno imbarazzante per gli USA nei confronti del loro amico storico171 , in quanto si limitano a chiedere solo il rispetto delle risoluzioni delle Nazioni Unite. In realtà gli USA non vogliono abbandonare il Marocco, ma stanno cercando una soluzione che possa conciliare i loro interessi con tutte le parti coinvolte in modo diretto o indiretto nel conflitto, specialmente con l'Algeria, con la quale il volume degli scambi commerciali è aumentato più che con qualsiasi altro paese del Maghreb. Inoltre gli USA stanno anche Ibidem. Superare il muro. Contributi per un'analisi del conflitto nel Sahara occidentale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008, 170 Loris Gallico, in un articolo su Affari Esteri, scrive: Perché la soluzione a patto a tre era voluto dagli Stati Uniti, che attraverso il Marocco intendono allungare la mano sui fosfati del Sahara e preferiscono sostenere le ragione di una monarchia piuttosto che correre il rischio di regimi indipendenti, eventualmente aperti all'influenza del mondo socialista, e in particolare della vicina Algeria. 171 Il rapporto fra il Marocco e USA risale al periodo della creazione delle Stati Uniti nel 1776. 168 169 89 valutando i possibili vantaggi di uno Stato indipendente nel Sahara Occidentale, senza per questo perdere i rapporti con il Marocco. Quest'ultimo rimane sempre importante per loro perché è considerato il promotore del dialogo fra i paesi arabi e Israele, e perché la presenza di una minoranza ebraica, tollerata in Marocco, ha valore per la lobby ebraica degli Stati Uniti. La Spagna, ex amministratrice del territorio, è in una situazione scomoda con il Marocco riguardo la questione del Sahara: da una parte il Marocco fa pressione sulla Spagna strumentalizzando la questione di Ceuta e Melilla, la tendenza separatista delle Isole delle Canarie (la Spagna teme un sostegno marocchino ai separatisti), e il peso che riveste nell'economia spagnola la pesca sulle coste marocchine; mentre dall'altra parte, il Governo sta sotto la pressione dell'opinione pubblica spagnola favorevole alla causa del popolo sahrawi, e questo giustifica la sua posizione ambigua che oscilla fra il sostegno al Marocco e l'affermazione di essere favorevole a una soluzione che rispetti le risoluzione delle Nazioni Unite.172 La Comunità Europea è sempre a favore di una soluzione accettata dalle due parti che rispetti il principio di autodeterminazione del popolo sahrawi173. L'Europa però non è mai arrivata al punto di prendere iniziative che potessero obbligare le parti a trovare una soluzione al conflitto, e i motivi sono tanti: - l'esistenza di legami economici e turistici consistenti col Marocco. - per alcuni paesi europei come Gran Bretagna, Francia e Spagna, ragioni di politica interna hanno impedito loro di tenere una posizione ferma a favore dell'autodeterminazione del popolo sahrawi. Quindi, per evitare qualsiasi incentivo ai movimenti che chiedono l'indipendenza in Irlanda del Nord, www.ab.es/solidarita/observatori/asp/shara/analisi/cronologia.htm La risoluzione del Parlamento europeo del 2005, sulla questione del Sahara Occidentale, ha confermato questa posizione. 172 173 90 Corsica, Paesi Baschi174, questi stati hanno preferito mantenere una posizione piuttosto ambigua e comunque favorevole al Marocco. La questione del Sahara Occidentale rimane uno degli principali elementi che destabilizzano la zona del Maghreb e impediscono l'integrazione regionale fra i suoi paesi. I paesi del Nord Africa sono molto importanti per l'Europa per la fornitura del petrolio e del gas che provengono da Algeria e Libia, anche per l'offerta di mano d'opera, e perché nello stesso tempo costituiscono una frontiera di sicurezza. 2.4 Il Piano di pace del 1991. Il 27 giugno 1990, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU approvò un piano preliminare per la creazione di una Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel Sahara Occidentale (MINURSO) che fu istituita ufficialmente il 29 aprile 1991 con il compito di monitorare il cessate il fuoco e organizzare il referendum.175 Il piano prevedeva come condizione necessaria, dopo la creazione della Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel Sahara Occidentale, il cessate il fuoco fra le due parti e subito a seguire un periodo di transizione di 24 - 26 settimane durante il quale: - Una commissione delle Nazioni Unite composta da esperti di demografia, da osservatori ufficiali delle due parti, Iric Jenson, l'ex Inviato Speciale delle Nazioni Unite nel Sahara Occidentale e l'ex Vicepresidente della Commissione dell'Identificazione, nonostante la sua cautela, in un'intervista con l'emittente araba Al Jazeera il 2 aprile 2005 ha accennato a queste analisi. C'è da dire però che la situazione di questi movimenti indipendentisti europei non può essere paragonata al caso del Sahara occidentale che storicamente non ha mai fatto parte del Marocco. 175 Superare il muro. Contributi per un'analisi del conflitto nel Sahara occidentale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008. 174 91 dai rappresentanti dell'OUA e dai capi tribù del Sahara Occidentale, avrebbe identificato, registrato e aggiornato la lista di tutti gli aventi diritto al voto nel referendum entro 11 settimane. Le due parti accettarono all'inizio che le persone votanti fossero quelle inscritte nel censimento fatto dalla Spagna nel 1974, che nel giorno del referendum avessero compiuto 18 anni. - Le forze delle Nazioni Unite avrebbero cominciato il controllo del territorio e il monitoraggio del cessate il fuoco. - Durante il periodo della transizione il Marocco avrebbe ridotto la presenza delle sue truppe sul territorio in 65000 soldati176 e li avrebbe dovuti localizzare in zone limitate. Le truppe del Polisario a loro volta sarebbero state concentrate in zone sorvegliate dall'UNO. - Le due parti avrebbero dovuto scambiarsi i prigionieri di guerra e avrebbero dovuto liberare tutti i detenuti politici. - Dopo la conclusione del processo d'identificazione, l'UNHCR (una parte integrante delle operazioni del MINURSO) avrebbe dato avvio al rimpatrio dei sahrawi aventi il diritto di voto, desiderosi di fare ritorno alla loro terra. La conclusione dell’operazione era prevista nella 17° settimana dopo il cessate il fuoco. Il cessate il fuoco fu realizzato il 6 settembre 1991, ma il processo per il referendum fu bloccato ai primi passi della sua applicazione, cominciando dal suo elemento sostanziale cioè dalla determinazione del corpo elettorale, in quanto entrambe le parti voleva scegliere secondo criteri a proprio favore. Davanti alla flessibilità mostrata da parte delle Nazioni Unite nell'applicare le clausole del piano per il referendum, il Marocco riuscì a mettere in crisi il processo d'identificazione. Nel 1991, il Marocco ritirò l'ammissione fatta in 176 www.usip.org/pubs/specialreports/sr166.pd 92 cui riconosceva il censimento del 1974 come base con cui determinare i votanti e presentò inoltre nuove domande per l'inscrizione di nuove categorie nella lista elettorale. Per complicare le cose diede anche inizio alla seconda "Marcia Verde": uno spostamento di massa di 35000 cittadini marocchini nel territorio del Sahara. Secondo il Marocco si trattava proprio del ritorno di profughi sahrawi previsto dal piano di pace, che a detta del Regno erano stati espulsi dall'autorità spagnola durante la sua permanenza nel territorio del Sahara prima del 1975 e che si erano rifugiati in Marocco.177 La questione peggiorò ancora di più quando l'ex segretario delle Nazioni Unite, Javier Perz de Cuèllar, nel suo rapporto al Consiglio di Sicurezza, il 19 dicembre 1991, apportò nuove proposte che miravano all'allargamento del corpo elettorale che nel piano originale era determinato secondo le seguenti categorie : - Le persone aggiornato del i cui 1974 nomi figurano realizzato dalla nel censimento Spagna, ex amministratrice del Sahara Occidentale, che al giorno del referendum avranno compiuto 18 anni. - Le persone che erano residenti nel territorio come membri d'una tribù Sahrawi al momento della realizzazione del censimento del 1974, che non furono censiti. - I membri stretti della famiglia (padre, madre, figli) delle due categorie precedenti. I due nuovi criteri proposti, che miravano proprio ad avvantaggiare il Marocco e che per essere verificati si accontentavano anche della sola testimonianza orale, erano i seguenti: - Le persone figlie di padre di origine Sahrawi nato nel territorio. 177 Ibidem. 93 - I membri di una tribù sahrawi appartenente al territorio che vi hanno vissuto per sei anni consecutivi o dodici non consecutivi prima del primo dicembre 1974.178 Il Marocco annunciò che con i nuovi criteri almeno 120000 persone sarebbero state aggiunte alla lista elettorale rispetto al conteggio precedente. Il Consiglio, che non votò le nuove proposte di Javier Perz de Cuèllar, chiese all'entrante Segretario Generale, Boutros Ghali, di preparare un nuovo rapporto sulle modalità per sbloccare il processo d'identificazione. L'atteggiamento troppo di parte di Cuéllar può trovare una spiegazione nella notizia riportata dal giornale spagnolo El Mundo179: Perez de Cuéllar è stato nominato vicepresidente di una filiale del consorzio marocchino ONA, legato ad Hassan II. Poco prima di lasciare la sua carica, il diplomatico ha raccomandato al Consiglio di Sicurezza di allargare il censimento del Sahara Occidentale prima dello svolgimento del referendum di autodeterminazione180. Con l'arrivo di Boutros Ghali, durante il processo d'identificazione sorse il problema di individuare le persone appartenenti ad alcune tribù non classificate in sub-frazioni dal censimento del 1974 a causa della loro piccola dimensione, e che erano invece riunite sotto la stessa sigla pur appartenendo a tribù diverse. Di nuovo il Marocco spinge nuove ondate di immigrazione allo scopo di bloccare il referendum e mettere le Nazioni Unite davanti al fatto compiuto. Così nel mese di settembre 1991 iniziò appunto la seconda Marcia Verde. L'accaduto, verificatosi nel periodo del Superare il muro. Contributi per un'analisi del conflitto nel Sahara occidentale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008. 179 C. A. Roldan, El Mundo,), Tambores de tragedia en el Sáhara, (27 maggio 1996, http://www.elmundo.es/papel/hemeroteca/1996/05/27/mundo/113544.html 180 Sul sito www.ab.es/solidarita/observatori/esp/sahara/analisi/cronologia.htm troviamo la conferma all’articolo de El Mundo: 1 de febrero 1993: la prensa publica que el anterior Secretario General de la ONU, Pérez de Cuéllar, ha sido nombrado vicepresidente de la sociedad francesa Optorg, vinculada a ONA (empresa africana con fuerte presencia de la familia real marroquì. Pago al cambio de opiníon anterior. El Frente Polisario acusa de corrupción al ex-secretari general de la ONU. 178 94 mandato di Perez de Cuèllar, non era stato condannato dall'ONU, quindi negli anni 1993-94 ci furono la terza e la quarta Marcia, moltiplicando ben più di tre volte il numero di quelli che il Regno voleva inserire nella lista elettorale. Il Piano di pace attribuì agli individui il diritto di sollecitare una richiesta per essere inclusi nella lista elettorale, ma a causa della mancata precisazione riguardo la possibilità di richiedere l’appello in caso di rifiuto, le parti fornirono due diverse interpretazioni: per il Marocco la persona avrebbe sempre avuto il diritto di chiedere fino all'accettazione della sua domanda, mentre per il Polisario, dopo il primo rifiuto, la persona, per presentarsi di nuovo davanti alla commissione d'identificazione, avrebbe dovuto essere in possesso di nuove prove che confermassero il suo diritto di voto. Nel 1997 venne nominato, come inviato personale del Segretario Generale delle Nazioni Unite l'ex Segretario degli Affari Esteri americano James Baker, che per sbloccare il processo del referendum, organizzò vari negoziati fra le parti. Questi portarono alla conclusione dell'accordo di Houston (nel settembre 1997) con la partecipazione di Algeria e Mauritania in qualità di osservatori. L'accordo di Houston pose le regole da seguire per la campagna elettorale, determinò la base per i votanti, programmò le date per il ritorno dei rifugiati, lo scambio di prigionieri di guerra, la liberazione dei detenuti politici e infine determinò le modalità per la riduzione delle forze delle due parti indicando i luoghi in cui sarebbero state stanziate 181. Baker in una conferenza stampa ufficiale dopo la conclusione dell'accordo dichiarò: Tra dieci o undici mesi potrebbe essere il giorno dello scrutinio182. Il rapporto del Segretario Generale del 13 novembre 1997, fissava per il 7 dicembre dell'anno successivo la data del referendum. L'operazione d'identificazione per le tribù, sulle quali vi era l'accordo delle due parti, si concluse nei primi giorni di settembre 1998, e le Nazioni Unite Senato della Repubblica, Servizio Studi, Ufficio ricerche nei settore della politica estera e di difesa, La questione del Sahara Occidentale, dossier n° 120, Febraio 2002, p. 119. 182 Op. cit., p.10. 181 95 procedettero alla ricerca di un accordo fra Marocco e Polisario per determinare la lista finale per le tribù. Nel mese di luglio 1999 venne pubblicata la lista provvisoria delle persone accettate a far parte del corpo elettorale, relativa alle tribù non contestate dalle parti: nella lista figurano 84.251 nomi su 147.249 richieste presentate alla Commissione d'Identificazione. Con la diffusione di questa lista cominciò il processo degli appelli e nel giro di sei settimane gli uffici della Commissione d'Identificazione ricevettero circa 79.000 appelli quasi tutti da parte del Marocco.183 Per i gruppi contestati la Commissione d'Identificazione nel dicembre 1999 accettò 2.130 persone come votanti su 51.220 richieste e diede inizio ai ricorsi. Nel gennaio 2000, ricevette altri 50.000 ricorsi relativi ai gruppi contestati e questo portò il numero totale degli appelli sollevati a 130.000, secondo il rapporto del Segretario Generale S/2000/461. Baker guidò vari negoziati per sbloccare la situazione in varie capitali europee, come Londra (14 maggio, 28 e 29 giugno 2000), Ginevra (20 e 21 luglio 2000), Berlino (28 e 29 settembre 2000) 184. Col perpetuarsi della divergenza fra gli oppositori, le Nazioni Unite cominciarono man mano ad abbandonare il piano originale e a ricercare altre soluzioni per risolvere il conflitto. I primi segnali di questo cambiamento si rivelarono nei rapporti del Segretario Generale, che con il passare del tempo aumentò la tendenza a parlare dell'impossibilità di applicare il piano per il referendum dato il mancato accordo fra le parti. Ad esempio nel rapporto del Segretario Generale, Boutros Ghali, del 10 marzo 1994, propose al Consiglio di Sicurezza di scegliere una delle seguenti opzioni 185: http://www.usip.org/pubs/specialreports/sr166.pd Senato della Repubblica, Servizio Studi, Ufficio ricerche nei settore della politica estera e di difesa, La questione del Sahara Occidentale, dossier n° 120, Febbraio 2002, pp. 10-11. 185 Ibidem. 183 184 96 - Lo svolgimento del referendum per l'autodeterminazione entro dicembre 1994 a prescindere dal consenso delle due parti. - La sospensione di tutti i lavori del MINURSO tranne il mantenimento di alcuni osservatori militari per garantire il cessate il fuoco. - La continuazione dei negoziati fino alla fine del mese di giugno 1994 allo scopo di determinare una lista credibile per il referendum che sarebbe stato organizzato entro la fine dell' anno 1994. Il Consiglio di Sicurezza optò per la terza scelta con la risoluzione 907 del 29 marzo 1994. Nel mese di gennaio 1996, il Consiglio di Sicurezza minacciò le due parti dell'eventuale ritiro del MINURSO se avessero protratto la loro divergenza sul piano di pace, e quattro mesi dopo (il 29 maggio 1996), con la risoluzione 1056, decise una riduzione del 20% dello staff della MINURSO operativo nel Sahara Occidentale. Dal 2000 le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, sulla questione, parlano di soluzione politica e non più dello svolgimento del referendum (o almeno parlano di un referendum con parametri diversi di quelli del piano originale). L’alternative alle precedenti risoluzioni si concretizza attraverso il piano Baker che nella sua prima versione venne rifiutato completamente dal Polisario e dall'Algeria, e accettato dal Marocco. Dopo vari contatti fra le parti interessate (Fronte Polisario, Marocco, Algeria, Mauritania, Spagna, Francia e gli Stati Uniti) Baker apportò alcune modifiche al suo piano e lo ripropose alle parti, e divenne il famoso Piano Baker II intitolato Peace plan for self-determination of the people of Western Sahara . Di nuovo il Polisario rifiutò il piano perché prevedeva il diritto di voto anche per i cittadini marocchini installati sul territorio che costituivano la maggioranza della popolazione. Il Marocco invece lo accettò e accusò il Polisario di bloccare tutti gli sforzi delle Nazioni Unite, ma a questo punto improvvisamente il Polisario cambiò strategia e annunciò l'accettazione 97 del piano Baker II, lasciando il Marocco sorpreso. Di fronte all'accettazione delle due parti, infatti le Nazioni Unite avrebbero dovuto procedere alla fase successiva, cioè l'applicazione del piano. Il Marocco non ha avuto il coraggio di andare incontro al referendum, quindi (dopo averlo accettato) rifiutò il Piano Baker II e dichiarò invece la sua disponibilità a cedere un'autonomia allargata al territorio. Si può dire che tutti gli sforzi prestati dalle Nazioni Unite per individuare i votanti per il referendum sono state solo una perdita di risorse umane, di tempo e soldi. La questione non era dunque la difficoltà di determinare le persone aventi diritto al voto, ma la riluttanza anche della sola eventualità di poter perdere il territorio sentito di propria appartenenza da parte del Marocco.186 2.4.1 Critiche al piano Il piano è rimasto vago e poco preciso a proposito del ruolo amministrativo che dovrebbe spettare alle Nazioni Unite, mentre il Marocco è rimasto l'amministratore effettivo del territorio e ha annunciato nuovi spostamenti di massa di circa 170.000 marocchini da installare nel territorio. Inoltre il Marocco, nonostante la presenza delle Nazioni Unite, ha organizzato il 4 settembre 1992, un referendum per le riforme costituzionali nel Regno sul territorio, senza che l'ONU protestasse per questo, mostrando così la sua sovranità sul Sahara Occidentale187. Era anche previsto il ritorno dei rifugiati sahrawi alla loro terra, ma il piano non aveva precisato come questi avrebbero potuto recuperare le loro proprietà abbandonate all'inizio del conflitto nel 1975/76. Mancavano inoltre le garanzie contro qualsiasi eventuale episodio di repressione da Superare il muro. Contributi per un'analisi del conflitto nel Sahara occidentale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008 187 F. Briones, Sahara : Cien años sin libertad, Alicante : Asociación de Amistad con el Pueblo Saharaui de Alicante, 1997, pp. 118-9 186 98 parte della polizia marocchina contro i cittadini sahrawi, dato che il piano non aveva determinato come la MINURSO avrebbe dovuto agire per evitare tali situazioni. Queste garanzie sono pericolosamente assenti dal Piano, nell'eventualità della vittoria del voto pro Marocco, nei confronti dei militanti e simpatizzanti del Polisario188. Il re del Marocco voleva la presenza sul territorio dell'amministrazione e delle truppe marocchine durante il processo del referendum; non erano chiarite le modalità e il calendario per il loro ritiro nel caso in cui l'esito del referendum fosse a favore dell'indipendenza. Inoltre il Piano delle Nazioni Unite non prevedeva né una procedura per l'istituzione di una nuova autorità, né procedure per la legittimazione di nuove strutture politiche nel caso di un voto a favore dell'indipendenza, mancanze che potrebbero portare allo scoppio di divergenze politiche nella popolazione e alla possibile strumentalizzazione di queste divergenze da parte del Marocco fino a creare una guerra civile. Il Piano parlava di libertà di voto e di garanzie per la libertà di espressione durante la compagna elettorale del referendum, senza però chiarire come sarebbero dovute essere garantite. Oltre a questo non erano previste sanzioni contro la parte inadempiente alle procedure accettate dalle due parti. Forti furono anche le critiche di Frank Ruddy, (ex vicepresidente del MINURSO nel periodo tra febbraio 1993 e giugno 1994) in un rapporto, presentato davanti ai rappresentanti del Sottocomitato americano dei Dipartimenti di Giustizia, Commercio, Interno e altre Agenzie collegate. Si riportano qui alcuni tratti delle sue testimonianze in base alle quali il Segretario Generale, Boutros Ghal189, impedì la presentazione davanti alla Quarta Commissione delle Nazioni Unite: Ibidem. Boutros Ghali aveva anche chiesto al Sud Africa di non riconoscere la Repubblica del Sahara, giustificando la sua richiesta con il timore che tale riconoscimento avrebbe influenzato gli sforzi dell'ONU per risolvere il conflitto. (Dalla lettera del Presidente del Sud Africa, Thabo Mbeki, al re Mohamed VI del Marocco, del 1 agosto 2004). In realtà lo scopo era solo di evitare una sconfitta diplomatica al Marocco. 188 189 99 I nostri membri arabi della Commissione d'Identificazione mi hanno informato che i Sahrawi invitati all'identificazione si lamentavano (in Hassania, il dialetto arabo locale), che alcuni membri delle loro famiglie e loro amici avevano presentato richieste ai centri marocchini, ma i loro nomi non figuravano nella lista delle persone da identificare, quindi il loro diritto di voto è stato negato. Altri invece erano sulla lista, ma i marocchini hanno rifiutato di caricarli sul furgoncino che li portava al centro d'identificazione. Una nota esplicativa: solo a quelle persone locali che erano state accreditate dai marocchini era permessa l'entrata al centro d'identificazione del MINURSO o agli uffici delle Nazioni Unite. Nessuno ha parlato ai marocchini, per quanto ne sappia, e con molto certezza il Quartiere Generale delle Nazioni Unite non ne era stato mai informato. Molti dicevano di temere per la loro vita se i marocchini li avessero visti parlare con il personale dell'ONU. Nello stesso mese, il coordinatore ufficiale del Marocco con il MINURSO, si era vantato pubblicamente davanti ad un gruppo del personale del MINURSO in un bar che bastava solo lui a decidere se il processo d'identificazione dovesse continuare o no il giorno successivo (che era già fissato) e per dimostrarlo prese il telefono (era circa mezza notte) e davanti a tutti cancellò le sessioni d'identificazione per la settimana successiva. Esperti nella politica del Marocco mi hanno detto che, questo paese non vuole il referendum, perché i rischi sono maggiori delle garanzie possibili (…)190 . F. Briones, Sahara : Cien años sin libertad: Asociación de Amistad con el Pueblo Saharaui de Alicante, Alicante, 1997, pp. 118-9 190 100 2.5 Il Muro Marocchino. Figura 3 fonte: http://www.lettera22.it/showart.php?id=9785&rubrica=23 Il muro è stato costruito durante la guerra; tra il 1980 ed il 1987, l'esercito marocchino, con un enorme dispendio economico e di manodopera, costruì una successione di sei muraglie, annettendo man mano territori sempre più grandi. Alla firma del cessate il fuoco, nel 1991, il Muro divideva interamente la porzione di Sahara Occidentale conquistata dal Marocco, la parte costiera ricca di fosfati, da quella più povera, desertica. La costruzione è costituita da un insieme di sei muri difensivi con una lunghezza superiore a 2.720 km. È una zona militare con bunker, fossati e campi minati, edificato con l'obiettivo di proteggere il territorio occupato dal Marocco dalle incursioni del Fronte Polisario191. La costruzione si svolse I. Panozzo, Un muro nel deserto, Limes, rivista italiana di geopolitica, Lunedi' 20 Ottobre 2008, http://www.lettera22.it/showart.php?id=9785&rubrica=23 191 101 in varie fasi, ognuno delle quali ampliava il territorio controllato dalle forze militari marocchine. 2.5.1 La successione dei sei muri. Il muro è stato edificato in sei tempi, Il primo, che non ha nessuna contiguità con il definitivo, fu edificato nel giugno del 1982 e circoscrisse l'area a nord ovest denominata triangolo utile. È la più importante dal punto di vista demografico ed economico, e contiene le città di El Aaiún, di Smara, di Bojador e di Bou Craa, una porzione importante della regione di Saguia el Hamra. 192 Il secondo muro, del gennaio 1984, ampliò di una piccola porzione a sud il territorio controllato dal Marocco. Questo segmento ha due caratteristiche, tagliò praticamente in due il territorio controllato dal Fronte Polisario e per un breve tratto segue il muro definitivo. Il terzo muro, del maggio 1984, inglobò ad est una piccola parte del territorio confinante col Marocco con il centro abitato di Hauza. Strategicamente fu occupata la maggior parte, della attualmente non utilizzata, strada che da El Aaiún porta a Tindouf e pertanto verso le vecchie piste carovaniere del Sahara. La quarta espansione, del gennaio 1985, ampliò ad est inglobando un territorio simile alla terza, con i centri abitati di Al Farcia e Mahbas. Il muro rasenta il confine algerino e fu prolungato in territorio marocchino per impedire il suo aggiramento. La quinta barriera, innalzata nel settembre 1985, inglobò una parte del Rio de El muro de la vergüenza, un crimen contra la humanidad, Sahara Press Service, 27 gennaio 04 http://www.spsrasd.info/sps-s270104murhonte.html 192 102 Oro con i centri abitati di Guelta Zemmur, Chalwa, Oum Dreyga, Imlili e Dakhla, già Villa Cisneros. La sesta ed ultima barriera , costruita nell'aprile 1987, portò le truppe marocchine vicino ai confini mauritani. Una stretta striscia di sabbia collega i territori non occupati sotto il controllo della RASD alla penisola con il centro abitato di La Guera che fu colonia spagnola prima di essere inglobata nel Rio de Oro. Dopo l'aprile 1987 il Marocco non riuscì ad inglobare altro territorio, la guerra sanguinosa continuò fino al 1991, l'anno della sospensione.193 2.5.2 Gli obiettivi del muro. Oltre ad uno scopo difensivo, il muro ha obiettivi di sfruttamento economico. La parte interna al muro racchiude le ricchezze del Sahara Occidentale, ovvero le miniere di fosfati e il controllo della costa. Una importante ricchezza per ora non può essere sfruttata, quella dei giacimenti petroliferi costieri, in quanto le Nazioni Unite permettono solo la ricerca e non lo sfruttamento fino al celebrarsi del referendum di autodeterminazione194. Secondo il governo marocchino i suoi obiettivi sono: - Proteggere da azioni militari saharawi le città più importanti. - Proteggere i giacimenti di fosfati e la ricchezza che deriva dalla pesca. - Creare una concentrazione di forze per una miglior difesa. - Eliminare o ridurre il fattore sorpresa. - Ostacolare le azioni offensive o armate. F. Comellini, Breve storia del popolo Saharawi. Un muro lungo 2700 Km nel deserto,(24 ottobre 2006) http://www.summagallicana.it/lessico/s/Saharawi.htm 194 Ibidem. 193 103 - Limitare gli effetti della guerriglia. Buona parte di questi obiettivi vennero ottenuti già nel 1991 quando la RASD scelse la strada della legalità internazionale e della azione non violenta. Una parte della scelta dipese anche dalla costruzione di questa linea di difesa, che assieme allo stallo nato dalla incapacità marocchina di proseguire nella conquista dell'intero territorio della ex colonia, permise alle Nazioni Unite di bloccare e cristallizzare la guerra. Attualmente lo scontro come abbiamo già più volte detto è prevalentemente su un piano politico, dove i Saharawi cercano in ogni modo di arrivare al referendum e il Marocco ne ostacola la realizzazione al fine di consolidare lo status quo ed annettere il territorio195. 2.5.3 La situazione attuale Lungo il muro, ogni quattro o cinque chilometri è stanziata una compagnia militare, in gran parte di fanteria e in misura inferiore di altri corpi come ad esempio i paracadutisti. Ogni 15 chilometri è installato un radar per fornire dati alle più vicine batterie di artiglieria. Oltre la linea militare vi è il muro vero e proprio, composto di ostacoli come muri di sabbia e di pietre di dimensione di solito inferiori al metro. Il muro fisico è attorniato di campi minati. Si stima che intorno ad esso siano presenti da uno a due milioni di mine che porta la zona fra le prime dieci al mondo per la loro concentrazione196. Si ricorda a tal proposito che il Marocco non ha firmato il trattato di Ottawa del 1997 che vieta le mine antiuomo, ed ha installato milioni di queste mine lungo muro di sabbia fortificato. 195 196 http://www.summagallicana.it/lessico/s/Saharawi.htm Ibidem. 104 2.5.3 Il Sahara Occidentale e le mine Le mine arrivano nel Sahara Occidentale con l’inizio dell’invasione marocchina. L’esercito marocchino utilizza le mine per difendere le postazioni fisse e in seguito intorno al muro. I maggiori fornitori di mine al Marocco sono la Francia, l’Italia (la Valsella) il Belgio, il Portogallo, la Spagna e gli Stati Uniti. Tra mine antipersona e mine anticarro si ipotizza la presenza circa di un milione di mine.197 Le mine presenti nel Sahara Occidentale sono per il 60-70% di fabbricazione italiana. Bombe a grappolo di origine nordamericana furono lanciate dagli aerei Mirage F1 durante le diverse incursioni delle Forze Armate Reali. Tantissime bombe da 250 a 950 kg furono lanciate dagli aerei F5 con detonatori ritardati su gran parte del territorio per seminare la morte ed il terrore nella popolazione rurale, decimando il bestiame. È però impossibile stabilire il numero delle vittime nel corso della guerra. 198 197 198 http://www.campagnamine.org/marocco/home.html http://www.pointovu.com/index.php?notizia=06/02/09/2978423 105 CAPITOLO 3 LE BARRIERE DI SEPARAZIONE DI CEUTA E MELILLA Fig.4 fonte: http://www.lonelyplanet.com/maps/africa/morocco/ceuta/melilla 3.1 Informazioni generali. Ceuta e Melilla, occupate dalla Spagna rispettivamente dal 1497 e dal 1688, sono gli ultimi avamposti del protettorato spagnolo in Marocco. E sono rivendicate da Rabat fin dal 1961. Ceuta (Sebta, per i marocchini), con 76.603 abitanti, ha un'estensione di 19 chilometri quadrati. Si trova nell’estremo nord del Marocco, di fronte a Gibilterra (un altro territorio conteso), ha quasi 80000 abitanti ed una densità di circa 4000 persone per 106 chilometro quadrato199. Melilla (in arabo Melilia), 300 chilometri a est dalle Colonne d'Ercole, con 66.440 abitanti, si estende su appena 13 chilometri quadrati.200 Melilla si trova nella regione del Rif al confine con l’ Algeria, ha un’incredibile densità di quasi 5000 abitanti per chilometro quadrato201. Lo spagnolo è lingua ufficiale, cosi come l’Euro è la moneta unica. Le leggi sono quelle europee (con tanto di Schengen) e lo stile di vita, nonché le varie mode, guardano al continente a nord del mediterraneo. Il problema è che, mentre la Spagna non vede alcun problema in questa situazione che continua da secoli, il Marocco pensa che le due città autonome debbano essere a lui incorporate e non perde occasione per rivendicarle.202 Per capire meglio questo problema di attualità, bisogna tornare all’origine del contenzioso. La zona in cui sorgono le due città, punto di passaggio strategico di molte culture, passò dai fenici ai cartaginesi, dai romani ai vandali e dai bizantini agli arabi. Nell’ agosto del 1415, Il re portoghese Giovanni I, guidò una spedizione che si impadronì di Ceuta e, con una serie trattati fu riconosciuta dallo stesso Regno di Fez e dagli altri stati Europei come possessione lusitana. Nel 1580, dopo la morte di Sebastiano, il Regno Portoghese venne incorporato alla monarchia spagnola e di conseguenza anche Ceuta. Nel 1640, la città, decide di non continuare a seguire le sorti portoghesi, preferendo rimanere sotto la Spagna di Filippo IV, mantenendo però, in segno di rispetto e amicizia, lo scudo portoghese nella bandiera cittadina (tuttora in uso, è una delle bandiere più antiche d’ Europa). La storia di Melilla è invece parzialmente differente, in quanto la conquista non fu eseguita dai portoghesi, ma dagli stessi spagnoli. I re cattolici, forti della cacciata dei mori dalla penisola iberica, e dell’inizio dei viaggi d’espansione oltreoceano, decisero nel 1497, dopo vari tentativi Calendario Atlante De Agostini 2009, Istituto Geografico De Agostini Novara, p.959 200 Ibidem. 201 Ibidem. 199 107 d’annessione pacifica, di conquistare militarmente la città. Il piano fu eseguito dal governatore dell’Andalusia Juan Alonso de Guzmán che approfittò del conflitto in seno alla città tra i due gruppi etnici che la popolavano: gli arabi ed i berberi.203 Nel 1509 portoghesi e spagnoli fissarono le relative sfere di influenza nella costa nordafricana. Cosi come a Ceuta, anche Melilla soffrì nei secoli degli attacchi da parte araba che calarono a partire dal 1860 quando con il Trattato di Wad-Ras il sultano del Marocco riconobbe la sovranità spagnola e se ne fissarono limiti precisi.204 I due centri, nonostante i ripetuti tentativi di invasione da parte marocchina, sono parte integrante dello stato Spagnolo. Questa condizione è stata ribadita più volte in differenti sedi e nessun altro stato la mette in dubbio oggigiorno. L’ONU non le ha inserite nella lista dei territori in attesa di decolonizzazione e ha riconfermato l’appartenenza alla Spagna in seguito alle rivendicazioni marocchine giunte formalmente il 14 ottobre 2002 all’Assemblea Generale (le stesse Nazioni Unite).205 Le due città, che l'agenzia statale marocchina Maghreb Arabe Presse descrive sempre come occupate dalla Spagna, a partire dagli anni 90 hanno avuto uno statuto di autonomia e sono quindi ora provviste di una forma locale di autogoverno. Se però per secoli la vita in queste città euroafricane non è cambiata di molto, si è invece stravolta in quest’ultima decade. Il boom economico spagnolo e l’integrazione Europea (che fa si che le due enclavi siano ora vere e proprie porte per l’ ingresso nell’Unione), hanno incrementato esponenzialmente le ondate migratorie cui sono ora soggette le città. Grazie ai commerci con il Marocco, le due enclavi contano su un reddito pro-capite superiore alla media spagnola. Ciò ha portato migliaia di sub-sahariani, in fuga dalla povertà e dalla Ibidem. http://www.relint.org/countries/storia-ceuta.htm 204 A. Pasi, Le controverse città spagnole in Africa, 21 ottobre 2008, http://www.mediterraneaonline.eu/it/08/view.asp?id=322 205 Calendario Atlante De Agostini 2009, Istituto Geografico De Agostini Novara, p.959 202 203 108 guerra, e con la speranza nel cuore, a cerca di superare il muro tra Ceuta e Mellilla con scale rudimentali.206 Le due città si sono dotate di un complesso di recinzioni nel 2005 e ha fatto si che la minoranza marocchina delle città, per secoli mai andata oltre il 20-25 % della popolazione, sia ora quasi la metà degli abitanti complessivi. Molti spagnoli vedono ora questa “minoranza” (che secondo i demografi sarà su basi statistiche schiacciante maggioranza entro il 2050) come un cavallo di troia del governo marocchino, pronto a prendere possesso delle città.207 In realtà queste accuse sono infondate in quanto la maggioranza della comunità marocchina all’interno di Ceuta e Melilla non è in realtà etnicamente araba, bensì berbera. Sono si musulmani come gli arabo-marocchini, ma linguisticamente, etnicamente e storicamente differenti nonché tradizionalmente maldisposti verso l’autorità marocchina. Le due enclavi rappresentano quindi un modo di raggiungere l’Europa, per migliaia di persone in fuga dalla loro terra e in cerca di una vita migliore. La situazione sembra destinata a peggiorare negli anni: centinaia di sub- sahariani continueranno a radunarsi nei dintorni dei capoluoghi spagnoli aspettando un attimo propizio in cui poter scavalcare di notte il muro di sicurezza. Ceuta e Melilla sono gli unici accessi rimasti per far entrare in Europa migliaia di africani che le mafie negriere convogliano dai paesi del golfo di Guinea: avvertiva un rapporto del Centro Nacional de Inteligencia, il più importante servizio segreto di Madrid. Bucare i muri di Zapatero significa giocarsi la vita, ma anche scommettere su un futuro possibile.208 Per cercare di limitare quest’ondata migratoria sono state progettate e costruite dalla Spagna, delle barriere con il Marocco. Il prezzo, di 30 milioni di euro, è stato pagato dalla Comunità Europea. Il muro è costituito da filo http://www.relint.org/countries/storia-ceuta.htm Ibidem. 208 A. Pasi, Le controverse città spagnole in africa, , 21 ottobre 2008, http://www.mediterraneaonline.eu/it/08/view.asp?id=322 206 207 109 spinato, consiste in barriere parallele di 3 metri di altezza, con posti di vigilanza alternati e camminamenti per il passaggio di veicoli adibiti alla sicurezza. Cavi posti sul terreno connettono una rete di sensori elettronici acustici e visivi. È dotata di un' illuminazione ad alta intensità, di un sistema di videocamere di vigilanza a circuito chiuso e strumenti per la visione notturna. Al momento, è in atto un'opera di ulteriore innalzamento della barriera, che la porterà fino a 6 metri di altezza, con il beneplacito del programma europeo Frontex209. Nel settembre 2005, si registrò un tentativo massiccio di migrazione verso l' Europa, che causò la morte di molti immigranti sotto i colpi di arma da fuoco della polizia marocchina.210 Coloro i quali si dichiarano contrari alla barriera denunciano che la sua esistenza ha provocato la morte di almeno 4.000 persone, annegate nel tentativo di attraversare lo Stretto di Gibilterra ed entrare illegalmente in Spagna. L’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea è stata istituita con il regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio del 26 ottobre 2004 (GU L 349 del 25.11.2004). FRONTEX ha il compito di coordinare la cooperazione operativa tra gli Stati membri in materia di gestione delle frontiere esterne; assistere gli Stati membri nella formazione di guardie nazionali di confine, anche elaborando norme comuni in materia di formazione; preparare analisi dei rischi; seguire l’evoluzione delle ricerche in materia di controllo e sorveglianza delle frontiere esterne; aiutare gli Stati membri che devono affrontare circostanze tali da richiedere un’assistenza tecnica e operativa rafforzata alle frontiere esterne; fornire agli Stati membri il sostegno necessario per organizzare operazioni di rimpatrio congiunte. FRONTEX opera in stretto collegamento con altri organismi comunitari in materia di sicurezza alle frontiere esterne, come EUROPOL, CEPOL, OLAF, e di cooperazione nel settore delle dogane e dei controlli fitosanitari e veterinari, al fine di garantire la coerenza complessiva del sistema. FRONTEX aumenta la sicurezza alle frontiere, assicurando il coordinamento delle iniziative degli Stati membri intese ad attuare le misure comunitarie per la gestione delle frontiere esterne. 210 Cit. E. Blanchard, C.Charles, A.Guttman, C.Intrand, C. Jerossay , A. Morie, C. Rodier , I. Saint-Saen , J. Valluv, A.S.Wender, Le livre noir de Ceuta, Migreurop, 2006, p.25 209 110 3.2 La normativa comunitaria in materia di immigrazione. La cooperazione europea in materia di immigrazione si delinea nella fase iniziale, a livello intergovernativo, ovvero in un ambito in cui il controllo giudiziario non è previsto. Negli anni Settanta, gli stati europei decidono di percorrere insieme la strada della cooperazione intergovernativa attraverso la creazione di gruppi e laboratori dalla diversa competenza tematica, da cui scaturiscono gli Accordi di Schengen (firmati il 14 giugno del 1985) e la Convenzione di applicazione sottoscritta il 19 giugno 1990. I contenuti riguardano l’abolizione graduale dei controlli alle frontiere comuni, mediante l’adozione di misure volte a regolare la libera circolazione delle persone e si articolano in una serie di norme che stabiliscono le condizioni di ingresso nell’Area (art. 5), l’istituzione del visto uniforme per soggiorni di breve durata (art. 10), l’obbligo di lasciare “senza indugio” il territorio di uno dei Paesi dell’Area qualora non vi siano più le condizioni di soggiorno previste (art. 23). La Convenzione istituisce, inoltre, il “Sistema d’Informazione Schengen” (SIS): un archivio comune contenente informazioni relative a persone che assumono importanza per il controllo delle frontiere e per la cooperazione di polizia nel settore della criminalità (art. 92)211. Con il Trattato di Amsterdam del 1997 si determina una definitiva comunitarizzazione della materia. Infatti, con l’adozione del trattato (entrato in vigore il 1 maggio 1999) avviene un sensibile mutamento nel quadro europeo in materia di immigrazione soprattutto per un cambiamento di priorità, in quanto rientrano nelle competenze degli organi della comunità europea diverse materie: - il controllo delle frontiere; - il rilascio dei visti; 211 http://www.lavoroprevidenza.com/leggi_articolo.asp?id=1616 111 - la circolazione dei cittadini di Paesi terzi all’interno del territorio comunitario; - le misure in materia di asilo (competenza ad esaminare le domande di asilo, norme minime sull’accoglienza dei richiedenti asilo, l’attribuzione della qualifica di rifugiato, la concessione o revoca dello status di rifugiato); - le misure applicabili a rifugiati e sfollati (protezione temporanea, equilibrio degli sforzi fra gli Stati che ricevono i rifugiati e sfollati); - le misure in materia di politica di immigrazione (condizioni di ingresso e soggiorno, rilascio di visti a lungo termine e di permessi di soggiorno, compresi quello per ricongiungi mento familiare); - l’immigrazione e il soggiorno irregolare compreso il rimpatrio degli irregolari.212 Con il Trattato di Amsterdam si stabiliva inoltre un periodo transitorio della durata di cinque anni per la realizzazione di tali politiche (1999-2004), per i cui orientamenti generali il Consiglio Europeo tenne nell’ottobre dello stesso anno una riunione straordinaria, dedicata alla creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia213. Cinque anni più tardi, nel novembre del 2004, abbiamo il Programma dell’Aja, ed il Piano di azione del Consiglio e della Commissione del giugno 2005, che rappresentano il quadro generale della politica di immigrazione e asilo per il quinquennio successivo. Il Programma tende al rafforzamento del ruolo dell’Unione nella costruzione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, e rappresenta una sfida resa oggi ancora più probante a seguito dell’abbandono del percorso che avrebbe dovuto condurre alla Costituzione europea.214 Gli obiettivi di più stretta integrazione contenuti nel progetto di Costituzione, di cui il Programma si prefiggeva di riflettere le Rivista di diritto pubblico italiano, comunitario comparato, http://federalismi.it/ http://www.lavoroprevidenza.com/leggi_articolo.asp?id=1616 214 Ibidem. 212 213 112 ambizioni, assumono comunque nuovo rilievo nella prospettiva del Trattato di Lisbona. Nel Programma, infatti, si postula un approccio globale che includa tutte le fasi delle migrazioni, dalle cause di fondo del fenomeno alle politiche di ingresso e ammissione, da quelle dell’integrazione a quelle del rimpatrio: tale approccio richiede dunque un’analisi ed un impegno paritario tanto delle Istituzioni comunitarie quanto dei singoli Stati membri, dal momento che trattasi di materia di competenza concorrente. Nel Programma e nel Piano c’è la consapevolezza del legame tra immigrazione e promozione dei diritti fondamentali: le politiche di immigrazione ed asilo concernono in effetti categorie deboli, come ad esempio i richiedenti asilo, ed i loro diritti fondamentali richiedono una particolare tutela. In quest’ottica si spiega la trasformazione dell’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia in Agenzia per i diritti fondamentali.215 Altrettanto importante appare il ruolo di controllo e vigilanza che il Piano intende attribuire ai Parlamenti nazionali, specie sulle attività di Europol ed Eurojust, così anticipando in qualche modo quanto previsto dall’articolo 12) del Trattato UE modificato dal Trattato di Lisbona, nonché da quello sul funzionamento dell’Unione ai sensi degli articoli 69 e 70 dello stesso Trattato di Lisbona. Nel Programma, articolato in sette punti, ben sei riguardano l’immigrazione e l’asilo: - la politica in materia di asilo e frontiere; - l’istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo; - la migrazione legale e la lotta al lavoro sommerso; - l’integrazione dei cittadini dei Paesi terzi; - il partenariato con i Paesi di origine e di transito per l’adozione di misure di rimpatrio e riammissione; - la gestione dei flussi migratori, i controlli alle frontiere, l’adozione di una politica comune in materia di visti, la lotta 215 Ibidem. 113 all’immigrazione clandestina, con previsione di identificatori biometrici integrati nei documenti di viaggio e nei sistemi informativi. Dei suddetti punti, certamente la migrazione legale rappresenta la sfida più complessa che l’Unione può raccogliere nell’ambito delle politiche di immigrazione ed asilo, atteso che la materia è tuttora riservata agli Stati membri in quanto sottratta alla procedura di codecisione. Dopo il Libro verde sull’immigrazione è stato adottato un Piano di azione sull’immigrazione legale che ha fissato il percorso da seguire fino al 2009, anno di scadenza del Programma dell’Aja.216 Il pacchetto di misure si compone di una proposta di direttiva quadro generale, presentata il 23 ottobre 2007, che riguarda il solo ingresso per lavoro subordinato, condizionato all’esistenza di un contratto di lavoro ed alla verifica della necessità economica, nonché da proposte di direttiva a carattere settoriale sull’ingresso dei lavoratori altamente qualificati, di quelli stagionali, dei lavoratori di società multinazionali e dei tirocinanti retribuiti217. Per quanto attiene alla lotta all’immigrazione clandestina, la cooperazione rientra soprattutto nella dimensione esterna (controlli alle frontiere, espulsioni, accordi con Paesi terzi), ma non può prescindere da un approccio complessivo che tenga conto dei fattori di attrazione presenti in alcuni Stati membri piuttosto che in altri (capacità di contrasto degli ingressi illegali, prevenzione e repressione del lavoro sommerso e dello sfruttamento, ricorso sistematico a provvedimenti di regolarizzazione, ecc.). Il 18 giugno 2008, il Parlamento Europeo ha approvato un compromesso con il Consiglio sulla proposta di direttiva sui rimpatri, che stabilisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi in posizione irregolare, nel rispetto dei diritti fondamentali e del C. Antoniello, Le politiche d’immigrazione e l’asilo nell’Unione Europea: Recenti Sviluppi, Rivista di diritto pubblico italiano, comunitario comparato, 5 novembre 2008 http://federalismi.it/. 217 Ibidem. 216 114 diritto internazionale, compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e di diritti umani: essa promuove il ritorno volontario degli immigrati illegali, determina norme minime sulla durata e sulle condizioni di detenzione temporanea e sul divieto di reingresso, nonché una serie di garanzie giuridiche. Gli Stati membri restano comunque liberi di applicare misure più favorevoli. 218 3.2.1 Il Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo219. Anche grazie alle sollecitazioni pervenute, il Consiglio europeo, nella convinzione che un'impostazione coerente sia indispensabile per iscrivere la gestione delle migrazioni nel quadro degli obiettivi globali dell'Unione europea, ha ritenuto, nella riunione del 15 e 16 ottobre 2008, che fosse giunto il momento di dare nuovo impulso, in uno spirito di reciproca responsabilità e di solidarietà tra gli Stati membri, ma anche di partenariato con i paesi terzi, alla definizione di una politica comune in materia di immigrazione e di asilo che tenesse conto nel contempo dell'interesse collettivo dell'Unione europea e delle specificità di ciascuno Stato membro.220 In quest'ottica, e alla luce della comunicazione della Commissione del 17 giugno 2008, il Consiglio europeo, nella predetta riunione, ha deciso di adottare solennemente il Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo. Consapevole del fatto che l'attuazione integrale del patto può richiedere, in taluni settori, un'evoluzione del quadro giuridico e segnatamente delle basi convenzionali, il Consiglio europeo ha assunto cinque impegni fondamentali la cui concretizzazione sarà perseguita, in particolare, Ibidem. Ibidem. 220 C. Antoniello, op. cit., p.9 218 219 115 nell'ambito del programma che farà seguito nel 2010 al programma dell'Aja: - il primo impegno è quello di organizzare l'immigrazione legale tenendo conto delle priorità, delle esigenze e delle capacità d'accoglienza stabilite da ciascuno Stato membro e favorire l'integrazione; - il secondo è combattere l'immigrazione clandestina, in particolare assicurando il ritorno nel loro paese di origine, o in un paese di transito, degli stranieri in posizione irregolare; - il terzo tende a rafforzare l'efficacia dei controlli alle frontiere; - il quarto si prefigge di costruire un'Europa dell'asilo; - il quinto impegno è finalizzato a creare un partenariato globale con i paesi di origine e di transito che favorisca le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo. 221 3.2.1.1 L’immigrazione per motivi economici. Quanto all’immigrazione legale, il Consiglio europeo ritiene che essa debba essere il risultato di una duplice volontà, quella del migrante e quella del paese ospitante, ai fini di un reciproco vantaggio. Spetta comunque a ciascuno Stato membro decidere le condizioni di ammissione sul suo territorio dei migranti legali e fissarne, se del caso, il numero. L'attuazione dei contingenti che ne possono risultare potrebbe essere effettuata in partenariato con i paesi di origine.222 221 222 Ibidem. C. Antoniello, op. cit., p.10 116 3.2 Il contrasto dell’immigrazione non legale. Circa la lotta all'immigrazione clandestina, il Consiglio europeo ha ribadito il proprio impegno all'applicazione effettiva di tre principi fondamentali: - il necessario rafforzamento della cooperazione degli Stati membri e della Commissione con i paesi di origine e di transito per combattere l'immigrazione clandestina nel quadro del suddetto approccio globale; - l’obbligo, per gli stranieri in posizione irregolare nel territorio degli Stati membri, di lasciare tale territorio, per cui ciascuno Stato membro si impegna ad assicurare l'applicazione effettiva di questo principio nel rispetto del diritto e della dignità delle persone interessate, privilegiando il rimpatrio volontario; - l'obbligo per tutti gli Stati di riammettere i loro cittadini che sono in posizione irregolare nel territorio di un altro Stato. 223 3.2.1 Il controllo delle frontiere. A ciascuno Stato membro spetta il controllo della parte di frontiera che gli è propria e, da momento che esso dà accesso ad uno spazio comune di libera circolazione, tale controllo deve essere esercitato in uno spirito di corresponsabilità, per conto dell'insieme degli Stati membri. Le condizioni di rilascio dei visti prima della frontiera esterna devono fare pienamente parte della gestione integrata di quest'ultima: in ogni caso, viene sottolineata l’esigenza di generalizzare, entro il 10 gennaio 2012, grazie al sistema 223C. Antoniello, op. cit., p.11. 117 d'informazione sui visti (VIS), il rilascio dei visti biometrici, di rafforzare senza indugio la cooperazione tra i consolati degli Stati membri, di ripartire equamente, per quanto possibile, i loro mezzi e di creare progressivamente, su base volontaria per quanto riguarda i visti, servizi consolari comuni. 224 Di particolare rilievo, anche politico, l’idea secondo cui gli Stati membri esposti, per la loro situazione geografica, ad un ingente afflusso di immigranti, o che dispongono di mezzi limitati, devono poter contare sulla solidarietà effettiva dell'Unione europea. In questo ambito si colloca la decisione di dotare l'agenzia FRONTEX, nel rispetto del ruolo e delle responsabilità proprie degli Stati membri, dei mezzi per esercitare pienamente la sua missione di coordinamento del controllo della frontiera esterna dell'Unione europea, per far fronte a situazioni di crisi e condurre, su richiesta degli Stati membri, le necessarie operazioni temporanee o permanenti, conformemente, in particolare, alle conclusioni del Consiglio del 5 e 6 giugno 2008. Sulla scorta dei risultati della valutazione di tale agenzia, il suo ruolo e i suoi mezzi operativi saranno rafforzati e potrà essere decisa la creazione di uffici specializzati tenendo conto delle diverse situazioni, in particolare per le frontiere terrestri orientali e marittime meridionali: tale creazione non dovrà in alcun caso pregiudicare l'unicità dell'agenzia FRONTEX. Al termine, potrà essere esaminata anche la possibile creazione di un sistema europeo di guardie di frontiera. Da ultimo, il Consiglio ha raccomandato di utilizzare gli strumenti delle moderne tecnologie che garantiscano l'interoperabilità dei sistemi e consentano un'efficace gestione integrata della frontiera esterna, anche mediante l'istituzione di una registrazione elettronica.225 Va al riguardo ricordato che il sistema d'informazione Schengen (SIS) rappresenta tuttora lo strumento centrale per l'applicazione dei principi di Schengen, ed è considerato infatti la colonna portante di un'Europa senza frontiere e dello Spazio di 224 225 Ibidem. Ibidem. 118 libertà, sicurezza e giustizia226 . La creazione di un sistema d'informazione Schengen di seconda generazione (SIS II) è stata decisa tenendo conto della necessità di introdurre nel sistema nuovi dati (segnatamente dati biometrici), nuovi tipi di segnalazioni (ad es. l'introduzione del mandato d'arresto europeo) e nuove funzioni (al fine di rafforzare la sicurezza ed utilizzare i dati in modo più efficiente, ad esempio mediante il collegamento delle segnalazioni), nonché di ampliare l'accesso alle segnalazioni da parte delle autorità a livello nazionale o comunitario e di fornire una risposta alla necessità di integrare i nuovi Stati membri, poiché l’attuale sistema centrale del SIS non può collegare più di 18 paesi. 3.2.3 Il diritto di asilo. Il Consiglio europeo ha ribadito solennemente che ogni straniero perseguitato ha il diritto di ottenere assistenza e protezione nel territorio dell'Unione europea in applicazione della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, come modificata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967, e degli altri trattati ad essa correlati. Peraltro, sussistono tuttora forti divergenze tra gli Stati membri per quanto riguarda la concessione della protezione e le forme di quest'ultima. Ancorché la concessione della protezione, ed in particolare dello status di rifugiato, rientri nella competenza di ciascuno Stato membro, il Consiglio europeo ha auspicato il tempestivo completamento dell'istituzione, prevista dal programma dell'Aja, del sistema europeo comune di asilo, mantenendo, in questa fase, un intenso dialogo con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.227 L’obiettivo è quello di istituire, nel 2009, un Ufficio europeo di sostegno che 226 227 Ibidem. C. Antoniello, op. cit., p.14 119 abbia il compito di facilitare gli scambi di informazioni, di analisi e di esperienze tra gli Stati membri, nonché di sviluppare cooperazioni concrete tra le amministrazioni incaricate dell'esame delle domande d'asilo. Tale obiettivo viene indicato come propedeutico a quello ulteriore di introdurre, se possibile nel 2010 o al più tardi entro il 2012, una procedura unica in materia di asilo che preveda garanzie comuni, e di adottare status uniformi per i rifugiati. 228 3.2 Migrazione e sviluppo. Per quanto concerne infine l’esigenza di creare un partenariato globale con i paesi di origine e transito che favorisca le sinergie tra le migrazioni e lo sviluppo, il Consiglio europeo ha evidenziato l’opportunità di concludere, a livello comunitario o bilaterale, accordi con i paesi di origine e di transito che delineino un quadro giuridico regolativo della migrazione legale, rispondendo alle reali esigenze del mercato del lavoro degli Stati membri, e affrontando la lotta all'immigrazione clandestina anche in un’ottica di sviluppo dei paesi d'origine e di transito; il Consiglio europeo ha così invitato gli Stati membri e la Commissione ad informarsi reciprocamente e a concertarsi sugli obiettivi e sui limiti di tali accordi bilaterali, nonché sugli accordi di riammissione, anche incoraggiando forme di migrazione temporanea o circolare al fine di evitare la così detta fuga dei cervelli. Occorre, insomma, promuovere le migrazioni circolari (migrazioni temporanee, susseguite da un ritorno in patria), che consentano ai migranti di partecipare allo sviluppo del paese d'origine in seguito all’acquisizione di know- how negli stai ospitanti: gli Stati membri devono 228 Ibidem. 120 favorire l'adozione di strumenti finanziari specifici che incoraggino il trasferimento sicuro, e al miglior costo, delle rimesse dei migranti nel loro paese, incentivando al contempo quella mobilità bidirezionale che, come già evidenziato, potrebbe risultare vantaggiosa anche per i paesi comunitari. 229 3.3 Inquadramento giuridico internazionale dell’immigrazione. La cooperazione internazionale sui migranti e sui rifugiati si svolge, prevalentemente, nell’ambito delle Nazioni Unite. Importanti contributi al tema vengono dall’Organizzazione internazionale per il lavoro, dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni. A livello europeo, è importante ricordare il Consiglio d’Europa230. Un’analisi della regolamentazione giuridica delle migrazioni internazionali è condizionata dalla quantità ed eterogeneità delle fonti. Si tratta del diritto internazionale consuetudinario, della protezione internazionale dei diritti umani, degli atti programmatici e declaratori delle Nazioni Unite (soft law) e, prevalentemente, di trattati multilaterali231. Il 28 luglio 1951 viene adottata la Convenzione delle Nazioni Unite relativa allo status dei rifugiati e viene istituito l’ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati); la definizione generale viene data proprio in quest’occasione riconoscendo i seguenti requisiti fondamentali al fine del riconoscimento dello status di rifugiato: la fuga dal proprio paese, il fondato timore di persecuzione, motivi specifici di persecuzione (razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale, Rivista di diritto pubblico italiano, comunitario comparato, http://federalismi.it/ Sito di documentazione dei fenomeni migratori, http//www.cestim.it 231 Ibidem. 229 230 121 opinioni politiche), impossibilità di avvalersi di protezione nel proprio paese di origine.232 Nella convenzione viene inoltre stabilito il fondamentale principio di non refoulement (art. 33) secondo il quale il rifugiato non può essere respinto o espulso verso paesi nei quali la sua libertà e la sua vita sarebbero a rischio. Sul piano dei diritti umani, si sono affermate negli ultimi cinquant’anni le norme sulla non-discriminazione, che riguardano il trattamento degli stranieri in generale e, indirettamente, le politiche migratorie: la Dichiarazione universale dei diritti umani, la Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’eliminazione della discriminazione razziale (1965), il Patto internazionale sui diritti civili e politici (1966), il Patto sui diritti sociali, economici e culturali (1966), la Convenzione sulla eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (1979), la Convenzione sui diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie (1991).233 L’OIL ha promosso, oltre a diverse convenzioni di carattere generale che si applicano a tutti i lavoratori, una specifica normativa sui migranti. Si tratta di due convenzioni (Convenzione sui lavoratori migranti n. 97 del 1949 e Convenzione sui lavoratori migranti, Disposizioni integrative n. 143 del 1975) e relative Raccomandazioni (n. 86 e 151). Il diritto internazionale generale riconosce al cittadino la facoltà di lasciare il territorio, di ritornare e a risiedere nel proprio paese di appartenenza. Pertanto, al cittadino, è riconosciuto il diritto di risiedere nel territorio del proprio stato senza limiti di tempo e senza poterne essere allontanato per alcun motivo; al contrario, per lo straniero, la mancanza di un legame e di un nesso giuridico costitutivo con lo stato territoriale esclude una posizione di assoluta libertà di ingresso e permanenza234. Il diritto internazionale consuetudinario non prevede limiti per quanto riguarda l’ammissione e l’espulsione degli stranieri. In questa materia si afferma la norma sulla sovranità territoriale la quale comporta la piena Ibidem. Ibidem. 234 Ibidem. 232 233 122 libertà dello stato di stabilire la propria politica dell’immigrazione, ed, eventualmente, ordinare agli stranieri di abbandonare il proprio territorio. Il diritto di uno stato di espellere lo straniero è incontestato, ma le attività collegate e finalizzate al ritorno nel paese di appartenenza devono svolgersi nel rispetto dei diritti umani. L’espulsione può comportare anche, una responsabilità diretta dello stato territoriale, quando l’espulsione ha un carattere collettivo o se le modalità dell'espulsione violino le norme contro i trattamenti umani e aberranti. 3.3 Le convenzioni e raccomandazioni dell’OIL. La Convenzione n. 143 contiene una serie di disposizioni volte a garantire ai lavoratori migranti un livello base di protezione anche quando sono immigrati irregolari o sono assunti irregolarmente e la loro situazione non può essere regolarizzata. L’esercizio dei diritti umani fondamentali non è vincolato al requisito della cittadinanza o del soggiorno regolare nel paese ospite. È importante sottolineare che la Convenzione non riduce il diritto sovrano di ogni stato parte di consentire o rifiutare la facoltà ad un straniero di entrare nel suo territorio e lascia a ogni stato la libertà di determinare la maniera in cui intende regolare l’ingresso dei lavoratori migranti. La Convenzione fa riferimento ai diritti umani fondamentali contenuti negli atti internazionali adottati dalle Nazioni Unite in questo settore, che comprendono alcuni diritti fondamentali dei lavoratori. Sia il paese di origine sia il paese di destinazione devono impegnarsi al rispetto dei diritti umani fondamentali nei confronti di tutti i lavoratori migranti.235 È possibile comunque distinguere tra i diritti generali così protetti, e i diritti specifici per i lavoratori regolari contenuti nella Parte II della Convenzione, che possono essere accettati dagli stati con un ulteriore specifico atto di 235 Ibidem. 123 volontà. La collaborazione tra gli stati nella lotta alla migrazione in condizioni abusive e alle organizzazioni di movimenti clandestini o illeciti di migranti per lavoro avviene essenzialmente tramite la conclusione di accordi bilaterali o multilaterali tra i Paesi interessati soprattutto a livello regionale236. 3.3.2 Il Consiglio d’Europa Il 9 maggio 2005 sono state adottate dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa venti linee guida su tutti gli stadi del procedimento di rimpatrio forzato. L’iter per arrivare a delinearle si è basato sulla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del 1948, nella quale, all’articolo 14, si trova scritto: ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni; e nella Convenzione delle Nazioni Unite relativa allo status dei rifugiati. Le nuove linee guida richiamano i diritti tutelati dalla Convenzione europea per la protezione dei diritti umani e le libertà fondamentali e contengono cinque capitoli: - Voluntary return, - The removal order, - Detention pending removal, - Readmission, - Forced removals, riguardanti i vari aspetti del rinvio forzato. In particolare un capitolo è dedicato alla detenzione in attesa dell’allontanamento in cui sono indicate, tra l’altro, le circostanze in cui la detenzione può essere ordinata e le condizioni minime di detenzione. Va sottolineato che lo stato ospite 236 Ibidem. 124 dovrebbe prendere misure di promozione del ritorno volontario più che coattivo; l’ordine di allontanamento dovrebbe essere perseguito solo in accordo con le leggi nazionali e non dovrebbe essere applicato se presente il rischio di violenze, torture o trattamenti inumani e degradanti nel paese di ritorno sia da parte del governo sia da parte di non-state actors. Al fine di verificare l’assoluta assenza di pericolo nel paese di ritorno, dovrebbero essere valutate e prese in considerazione le informazioni provenienti da tutte le fonti, governative e non, e dall’UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Non dovrebbe inoltre essere portato a termine un’ordinanza di rimpatrio se lo stato in cui il migrante deve far ritorno rifiuterà il rientro del migrante stesso. È in ogni caso proibita l’espulsione collettiva e la mancata adempienza dell’analisi individuale dei diversi casi. Merita attenzione, in particolare, il terzo capitolo riguarda le modalità di detenzione dopo che è stato dato l’ordine di rimpatrio. - La persona detenuta dovrebbe, innanzitutto, essere informata in una lingua che conosce e dovrebbe avere la possibilità di contattare giudici e avvocati . - La detenzione dovrebbe essere più breve possibile e rispettosa dei diritti umani. - Il personale presente all’interno dei luoghi detenzione dovrebbe essere altamente qualificato e in grado di affrontare la situazione specifica. Le persone trattenute, inoltre, - dovrebbero ricevere degna assistenza medica e ascolto psicologico e non dovrebbero essere detenute insieme a ordinary prisoners; - dovrebbero avere libero accesso ad avvocati, ONG e familiari. I centri di detenzione dovrebbero essere costantemente monitorati da enti esterni e l’accesso dovrebbe essere liberamente consentito a membri dell’UNHCR, del parlamento europeo e altri soggetti qualificati. Le nuove linee guida adottate dal Consiglio d’Europa dovrebbero portare, quindi, ad una maggiore tutela dei diritti dei migranti, rifugiati o richiedenti asilo detenuti nei Centri di Identificazione, ma queste in realtà non hanno 125 funzione coattiva ma servono unicamente ad orientare le scelte del legislatore nazionale che può però, in sostanza, disattenderle senza incorrere in particolari sanzioni. 3.4 La violazione dei diritti fondamentali nelle due enclavi Le violazioni nei confronti degli immigrati irregolari sono state raccolte grazie all’intervento di ONG, hanno segnalato nel tempo le condizioni in cui vengono sottoposti e le misure di repressione adottate, sia dalla Guardia Civile che dalla Gendarmeria Reale. A tal proposito va segnalato un Rapporto riferito al Ministro dell'Interno spagnolo da parte dell’Alto Commissariato dell’ONU, nel settembre 2005, riguardante l'uso eccessivo di forza della polizia, e dell’inesistente distinzione per i rivendicatori di asilo. Il 2005 è stato un anno denso di scontri in cui hanno perso la vita le persone che tentavano di approdare in Europa attraverso le due enclavi. In tale contesto si colloca la dichiarazioni del portavoce del UNHCR, Ron Redmond, durante la conferenza stampa del 11 ottobre 2005 al Palazzo delle Nazioni a Ginevra. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha espresso la propria costernazione per la morte di ragazzo camerunense di 17 anni. L'Agenzia confida che l'inchiesta annunciata dalle autorità spagnole permetterà di far luce sui fatti accaduti a Melilla e di stabilire la responsabilità di questo tragico episodio, che ha anche causato il ferimento di diverse persone e l'espulsione di altre attraverso procedure apparentemente sommarie237 . Quest'ultimo incidente evidenzia la drammatica situazione lungo il confine delle enclave spagnole, dove insieme a migranti economici si possono trovare persone in fuga da persecuzioni, guerra e violenza, che hanno bisogno di protezione Le Haut Commissaire envoie une équipe d'experts au Maroc, vendredi 20 février 2009, , http://www.unhcr.fr 237 126 internazionale. Secondo le informazioni attualmente disponibili, non ci sono indicazioni sulla possibilità che il ragazzo camerunese fosse un potenziale rifugiato. In base alle informazioni in possesso dell'UNHCR, oltre il dieci per cento di tutti gli immigrati irregolari che provengono dall'Africa subsahariana e che arrivano nelle enclave di Ceuta e Melilla è ammesso alla procedura d'asilo in Spagna. L'UNHCR raccomanda che le autorità di frontiera continuino a ricevere un'adeguata formazione sulle loro responsabilità e sulla corretta applicazione del diritto internazionale di loro competenza. È necessario che le procedure di controllo dell'immigrazione siano conformi alla legislazione internazionale sui diritti umani e alla legge spagnola238. Guterres, Alto Commissario dell’ONU, stesso aveva già sollecitato Ginevra a intervenire per organizzare il più rapidamente possibile una riunione, per dibattere la situazione estremamente complessa che implica si migranti in fuga dalla povertà, ma anche delle persone che hanno bisogno di una protezione internazionale.239 Quello che succede ai migranti che tentano di oltrepassare i confini africani in queste due città non ha niente a che vedere con il rispetto dei diritti fondamentali dell’umanità, si è assistito a gente che restava incastrata tra il filo spinato, rimpatri coattivi che assumono l’aspetto di vere e proprie condanne a morte in cui i clandestini venivano abbandonati praticamente in mezzo al deserto senza ne cibo ne acqua240. La situazione non ha avuto una copertura mediatica; perché il mondo se ne accorgesse ci sono voluti 14 morti (8 a Ceuta, 6 a Melilla), 14 disperati africani, alcuni caduti sotto le pallottole dei militari (spagnoli o più probabilmente marocchini), gli altri impalati sulla barriera metallica, la cortina di ferro e di Comunicato UNHCR sugli scontri di Melilla, ASGI Associazione Studi Giuridici sull’immigrazione, 2 settembre 2005, http://www.asgi.it/index.php?page=nws.home&idint= cn05090 206& mode=detail&imm= 239 Le Haut Commissaire envoie une équipe d'experts au Maroc, vendredi 20 février 2009, http://www.unhcr.fr 240 http://www.unhcr.fr 238 127 filo spinato con cui la ricca fortezza Europa cerca di difendersi dall’invasione dei dannati della Terra.241 3.4.1 Le denunce delle ONG Le cortine di ferro, bollate come vergogna dalle ONG, producono effetti collaterali come si evince dai rapporti di Medici senza frontiere242: - Barcellona/El Aouina – Souatar, 7 ottobre 2005 – Medici Senza Frontiere ha localizzato questa notte un gruppo di oltre 500 immigrati di origine subsahariana abbandonati al proprio destino in una zona desertica situata nel sud del Marocco. Secondo le testimonianze raccolte, la polizia marocchina ha condotto il gruppo di stranieri, fino a questa zona, a bordo di autobus e camion. Poche ore prima la Guardia Civil spagnola aveva espulso gli immigrati da Ceuta e Melilla. L'area si trova a 600 chilometri a sud della città di Oujda. - 07/10/2005 Medici Senza Frontiere ha localizzato questa notte un gruppo di oltre 500 immigrati di origine sub-sahariana abbandonati al proprio destino in una zona desertica situata nel sud del Marocco. - MSF ha già assistito oltre 50 immigrati che presentano ferite e contusioni dovute al tentativo di massa di scavalcare le recinzioni di Ceuta e Melilla. Tra le ferite provocate da cadute o da altri incidenti fortuiti, MSF ha potuto constatare ancora una volta le conseguenze della violenza della polizia spagnola e marocchina: molti infatti presentavano ferite dovute all'impatto con proiettili di gomma o segni di percosse. P. Romano, Il confine di sangue tra Europa e Africa, Il nostro tempo, http://www.ilnostrotempo.it/drupal/?q=node/297 242 Immigrati vittime di violenze alla frontiera fra Marocco e Spagna. La denuncia di MSF. http://www.medicisenzafrontiere.it/msfinforma/comunicati_stampa.asp?id=778 241 128 -Il personale MSF ha assistito in primo luogo gli stranieri più vulnerabili, tra cui donne incinta, minori e feriti. MSF ha trasferito, e continuerà a farlo, i casi più gravi all'ospedale di una città più a nord chiamata Bouarfa. -MSF ha localizzato il gruppo di stranieri nei pressi di una città chiamata El Aouina-Souatar, più precisamente a 30 chilometri a est di questa città, molto vicino al confine con l'Algeria. Si tratta di una zona desertica in mezzo al nulla dove non esiste accesso all'acqua o al cibo. Di fronte a questa situazione MSF ha avviato un intervento di emergenza che include assistenza sanitaria, distribuzione di acqua, cibo e coperte. Al più presto verrà inviato ulteriore materiale da Tangeri. Alcuni testimoni assicurano di aver visto cadaveri di immigrati vicino alla frontiera con l'Algeria. MSF cercherà di verificare queste affermazioni. Quello che MSF può dire con certezza è che gli stranieri che si trovano in buono stato di salute iniziano un difficile viaggio di 600 chilometri attraverso il deserto per raggiungere nuovamente la frontiera con la Spagna. Javier Gabaldòn, coordinatore dell'intervento di emergenza nel sud Marocco, denuncia con forza le espulsioni e il conseguente abbandono di questi immigrati in una zona senza accesso all'acqua e al cibo, senza possibilità di ricevere assistenza medica e umanitaria, con l'aggravante che in molti casi si tratta di persone feri". Il trasferimento di immigrati, operato dalla Spagna e dal Marocco, verso un paese che non ha la minima capacità di accoglienza per garantire i diritti base delle persone viola l'articolo 3 della Convenzione contro la tortura e altre pene, o trattamenti crudeli, inumani o degradanti . Secondo questo articolo della convenzione, siglata da entrambi i paesi, nessun paese firmatario procederà all'espulsione o all'estradizione di un individuo verso un altro stato nel quale si producano violazioni sistematiche, gravi o massicce dei diritti dell'uomo.243 243 Ibidem. 129 CAPITOLO 4 UN MURO PARZIALMENTE ABBATTUTTO: LA CONDIZIONE FEMMINILE 4.1 La condizione della donna nel Marocco contemporaneo La dialettica tra tradizione e modernità, che caratterizza la cultura e le strutture politiche e sociali marocchine, si esprime in modo estremamente marcato per quanto riguarda la condizione della donna. Se la visibilità della donna negli spazi pubblici e nel mondo del lavoro è diventata innegabile negli ultimi venti anni, la sua presenza nei luoghi dove si concentra il potere è ancora molto limitata. Come accade ovunque, la popolazione femminile è la vittima principale degli squilibri socioeconomici del paese244. La donna è soggetta a un duplice statuto giuridico, che distingue tra spazio pubblico, nel quale vige una legislazione, di stampo moderno e democratico, che sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini, e uno spazio privato, retto da norme di ispirazione talora anche religiosa e sicuramente tradizionale, nel quale la donna ha diritti e doveri diversi dall’uomo. Per poter al meglio comprendere questo duplice statuto giuridico riconosciuto alla donna, bisognerà innanzitutto delineare le peculiarità del diritto musulmano, a partire dalle stesse fonti legislative. 4.2 Introduzione al Diritto Musulmano: le fonti. La legge islamica consiste nelle disposizioni giuridiche che Dio ha prescritto affinché, grazie a esse, il musulmano sia guidato sulla retta strada nel 244 Pianeta possibile, dossier dell’ONG CICSENE, http://ww.pianetapossibile.it 130 comportamento personale e nei rapporti che instaura sia con il Creatore sia con il suo prossimo. Tutto ciò che è collegato a essa, si tratti del culto, della famiglia o dell’attività sociale, o politica, tutto ciò costituisce la Legge Islamica.245 L’islam è religione di legge: nella rivelazione, Dio ha dato ai suoi fedeli le norme da seguire; esse formano la legge sacra chiamata sharì‘a. La scienza del diritto, fiqh, è tesa alla corretta comprensione della volontà di Dio. La fonte principale dalla quale gli esperti di diritto traggono le norme della legge sacra e le qualificazioni morali degli atti umani è il Corano, il Libro sacro dell’islam. Esso contiene la parola di Dio trasmessa agli uomini dal profeta Maometto attraverso la mediazione dell’arcangelo Gabriele. La comprensione della parola di Dio è illuminata dal ricorso alla sunna, ovvero la raccolta dei detti e dei fatti del Profeta Maometto. A queste due fonti di natura testuale, si aggiungono l’igmà‘, ossia il consenso della comunità, che è garanzia di verità246, e il ragionamento per analogia, qiyàs, che fissa il limite al ragionamento dell’interprete247. La ricerca delle norme di diritto musulmano è condotta sulle opere degli esperti di diritto, la scienza giuridica musulmana non è monolitica: con riferimento alle figure di grandi capi-scuola si sviluppano quattro grandi sub-tradizioni giuridiche (malikita, hanafita, sciafiita e hanbalita). Le dottrina delle diverse scuole possono trovarsi a confliggere anche su punti non marginali: ciò tuttavia non è in contrasto con il principio del consenso, che si ritiene coprire allo stesso tempo tutte le scuole. Esse sono parimenti legittime e si riconoscono a vicenda248. E’ utile distinguere il diritto musulmano, quale definito sopra, dal diritto dei paesi musulmani. Durante tutta la storia, il diritto musulmano ha sempre rappresentato la tradizione giuridica colta del mondo musulmano, H. Ahmad Amin, Dibattito sull’applicazione della Sharì’a, Dossier Mondo Islamico 1, Edizione della Fondazione Giovanni Agnelli, 1995, Torino, cit. p. 57 246 la mia comunità non si accorderà mai su un errore : Maometto. 247 H. Ahmad Amin, op. cit. p. 58-67 248 Sito Ufficiale del Consiglio Supremo della Magistratura, http://www.csm.it/ 245 131 incontrastata per autorità e prestigio. La sua applicazione, però, non fu sempre completa ed esclusiva; i concorrenti dell diritto musulmano furono la consuetudine locale e la volontà del principe. La dottrina giuridica musulmana riconosceva certamente un ruolo alla consuetudine e all’ordine del detentore del potere politico: alla prima molte norme sciaraitiche rinviavano, garantendo così l’acclimatamento dell’islam in contesti sociali diversissimi.249 La consuetudine andava combattuta, soltanto se in palese contrasto con i principi islamici. D’altra parte, il detentore del potere politico, se non era titolare del potere divino di porre il diritto, disponeva però di un potere normativo subordinato, diretto a realizzare una più completa e fedele applicazione della sharì‘a. Nella storia, sia la consuetudine che l’ordine del principe hanno occupato spazi ben maggiori di quelli riconosciuti loro dalla dottrina, e il diritto vissuto si è spesso allontano dal diritto contenuto nei libri di fiqh250. Nel XIX secolo il mondo musulmano deve confrontarsi con la cultura, la tecnica e le istituzioni sviluppatesi sul continente europeo. Nell’ambito giuridico ciò significa che la tradizione colta musulmana deve accettare la sfida lanciata da un avversario dotato di prestigio e autorità confrontabili ai suoi: una dottrina giuridica secolare i cui risultati hanno di recente acquisito la nuova forma del codice, al tempo stesso frutto e strumento del potenziamento dello stato moderno251. Al giurista tradizionale, si affianca il giurista moderno; gli antichi centri di formazione giuridica islamici assistono alla nascita di università di modello europeo. Lo Stato si dota di un sistema di codici: a seconda del settore si tratterà di recepire il modello europeo o di presentare, nella nuova forma, la tradizionale dottrina giuridica islamica252. Il diritto musulmano perde quindi il suo nominale monopolio: può tuttavia accadere che, nei settori lasciati al suo controllo, esso venga rafforzato dal Ibidem. Ibidem. 251 Ibidem. 252 Ibidem. 249 250 132 suo essere collegato allo Stato. Le norme della sharì‘a, in materia di matrimonio e famiglia, hanno sempre goduto di un alto grado di effettività e, al momento di codificarle, è raro che il legislatore le abbandoni: ciò avviene soltanto quando lo Stato abbraccia una ideologia di radicale laicismo come in Turchia, o di avversione per il fenomeno religioso come accadde negli stati socialisti europei. Concentrando l’attenzione sul mondo arabo, si osserva che alcuni paesi, come l’Arabia Saudita, continuano ad applicare il diritto musulmano nella sua forma classica. Gli altri paesi si sono dotati nel corso di questo secolo di leggi che regolano la materia del diritto di famiglia o dello statuto personale.253 Le norme si trovano dunque separate e distinte da quelle contenute nei codici civili. Ciò indica l’origine eterogenea dei due gruppi di norme e lascia intuire la diversità dei percorsi seguiti nella codificazione del diritto civile e di quello di famiglia. Mentre la codificazione civile è stata realizzata sotto l’influenza determinante dei modelli europei, il diritto di famiglia e dello statuto personale affonda le sue radici nella tradizione giuridica islamica. L’unicità dell’origine delle leggi di famiglia, tutte saldamente radicate nella sharì‘a, non deve indurre tuttavia a sottovalutare la loro marcata varietà254 . Le soluzioni adottate dai vari legislatori sono sensibilmente diverse, a volte radicalmente opposte. Ciò è peraltro facile da spiegare. Va innanzi tutto tenuto conto del fatto, già ricordato, che la dottrina islamica non è monolitica, ma si articola in L’espressione statuto personale nasce dall’evoluzione recente dei sistemi giuridici arabi. Non appartiene al vocabolario giuridico tradizionale, ma è creata come calco nel 1875 dal giurista egiziano Muhammad Qadri Basha. Il carattere personale dello statuto può dar luogo a equivoci. Esso non si riferisce in origine all’oggetto delle norme, e in particolare non va inteso nel senso che all’espressione dà il diritto internazionale privato: accanto alle questioni di stato e di capacità della persona, vi si ricomprendono infatti il matrimonio, i rapporti personali e patrimoniali tra coniugi, la tutela e la curatela, le donazioni, le successioni, gli atti di ultima volontà e in genere gli atti efficaci dopo la morte, e le fondazioni pie (waqf). Lo statuto personale è dunque una partizione caratteristica dei sistemi giuridici arabi, che si è definita storicamente come l’ambito di massima resistenza opposta dal diritto musulmano ai progetti di occidentalizzazione giuridica. 254 http://www.diritto.it/ 253 133 diverse sub-tradizioni: i materiali di partenza di cui si servono i legislatori sono dunque eterogenei. Ma la diversità tra le leggi oggi in vigore dipendono principalmente dall’atteggiamento assunto dal singolo legislatore nel codificare le norme della shar’ìa: la legge può essere concepita di volta in volta come baluardo dell’ordine tradizionale contro il mutamento, che si vuole soffocare o imbrigliare255; oppure come sanzione dei cambiamenti avvenuti nella società, considerati meritevoli di pieno riconoscimento giuridico; oppure ancora come strumento di ingegneria sociale: il legislatore disegna la famiglia desiderata, ideale, e così intende indurre o agevolare il cambiamento nella famiglia reale. Alla tradizionale varietà del diritto musulmano, derivante dell’articolarsi in scuole della dottrina giuridica, si è dunque oggi sostituita una varietà su base nazionale, determinata dalla codificazione da parte dello stato della sharì‘a.256 4.3 Lo statuto giuridico della donna in Marocco. Si capisce ora il perché le donne, vivono in Marocco una doppia situazione davanti al diritto: sono soggetti autonomi e “maggiorenni” nello spazio pubblico, ma dipendenti e “minorenni“ in quello privato. Questo accade come abbiamo detto, a causa del fatto per cui lo spazio pubblico si ispira ai principi della democrazia e della modernità per i quali le donne sono responsabili e uguali agli uomini. Al contrario, i rapporti privati si inscrivono in una concezione di ispirazione religiosa, che consacra l’ineguaglianza reale delle donne nella società e nel suo nucleo di base, la famiglia. Questo stato giuridico si è oggi ridotto grazie all’introduzione del nuovo Codice di Famiglia, ma non è completamente risolto257. L’uguaglianza di principio e la non discriminazione tra uomini e donne è Ibidem. Ibidem. 257 Pianeta possibile, dossier dell’ONG CICSENE, http://ww.pianetapossibile.it 255 256 134 sancita dalla Costituzione marocchina, in particolare per quanto riguarda i diritti civili e politici e il diritto al lavoro, nel quadro delle Convenzioni internazionali sottoscritte dal Marocco. Tra queste, la Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne del 1979 (Convenzione di Copenaghen o CEDAW), alla quale il Marocco ha aderito nel 1993. La Costituzione marocchina afferma l’uguaglianza di tutti i cittadini, senza distinzioni di genere, per quanto riguarda la cittadinanza, i diritti politici (voto attivo e passivo) e le libertà di espressione, riunione e associazione. L’uguaglianza di diritto, proclamata dalla Costituzione marocchina e dai trattati internazionali ratificati dal Marocco, è confermata da diversi testi di legge, tra i quali quelli che riguardano l’elezione e la composizione del Parlamento e le leggi riguardanti le riunioni pubbliche, la stampa, le associazioni, i sindacati. Ciò non esclude, però, che nei fatti la partecipazione politica femminile, resti estremamente scarsa, rendendo l’uguaglianza proclamata dai testi giuridici un’utopia anche nello spazio pubblico.258 Per quanto riguarda il diritto al lavoro, la Costituzione marocchina sancisce agli articoli 12 e 13 il principio di eguaglianza tra l’uomo e la donna nel diritto a esercitare funzioni pubbliche, nel diritto al lavoro più in generale, nel diritto di adesione ai sindacati e di sciopero259. Ciò nonostante, fino all’entrata in vigore del nuovo Codice di Famiglia, le leggi riguardanti il lavoro e la prestazione di servizi distinguevano tra donna nubile e sposata, rendendo necessaria per le donne sposate l’autorizzazione del marito a svolgere ogni tipo di attività commerciale. Il diritto del lavoro, garantisce gli stessi diritti a tutti i lavoratori, ma introduce alcune discriminazioni positive nei confronti della donna (congedo di maternità, tempo quotidiano per l’allattamento). Inoltre sussistono alcune “misure protettrici” per il lavoro femminile, relative alla salute e al buon 258 259 Ibidem. Ibidem. 135 costume (es. divieto del lavoro notturno o dei lavori pericolosi). Per quanto riguarda la sfera privata e lo statuto della donna nella famiglia, il codice dello Statuto Personale o Mudawwana, approvato nel 1957, è rimasto in vigore senza modificazioni di rilievo fino al 2004. Il testo, di ispirazione shariatica, poneva la donna in una condizione di subordinazione rispetto all’uomo, che poteva esercitare su di lei un’autorità quasi assoluta, in tutte le fasi della sua vita. La donna era in pratica considerata in perpetuo come un minorenne. Le contraddizioni tra la Mudawwana, gli altri testi giuridici marocchini, in particolare la Costituzione e gli impegni internazionali del Marocco, insieme con i mutamenti sociali che il Marocco ha conosciuto e che hanno reso desuete molte norme previste dal Codice dello Statuto personale, hanno condotto a una sempre maggiore mobilitazione per la riforma di questo testo, che ha dato i suoi frutti con l’entrata in vigore del nuovo Codice di Famiglia nel febbraio 2004260. 4.4 Le donne e le mutazioni della famiglia nel Marocco contemporaneo. Il Marocco ha conosciuto nel corso degli anni importanti trasformazioni riguardanti la famiglia, e quindi il ruolo della donna al suo interno, che hanno subito una netta accelerazione negli anni Novanta. Un dato è particolarmente significativo: nel 1960, l’indice di fecondità in Marocco era di 7,2 figli per donna; secondo il censimento del 1994, si era ridotto a 3,3, per scendere ulteriormente a 2,7 nel 1998.261 Diverse le ragioni alla base di tale mutamento: l’incremento del tasso di scolarizzazione femminile, la Ibidem. Indagine di Tel Quel, La donna marocchina tra pregiudizi e tradizione, 5 dicembre 2008, http://www.telquel-online.com 260 261 136 volontà sempre più diffusa tra le ragazze di proseguire gli studi, l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, l’urbanizzazione, il superamento del modello della famiglia tradizionale patriarcale e allargata a favore del modello di famiglia mononucleare, le difficoltà economiche, in particolare la disoccupazione. Questi fattori sono all’origine di alcuni fenomeni che si stanno affermando nella società marocchina: le donne si sposano sempre più tardi (oggi l’età media è 27 anni), scelgono sempre più spesso il celibato (36,7% è la percentuale di donne adulte non sposate) e ricorrono in più larga misura alla contraccezione (il 55,3% delle donne ricorre oggi a un qualche metodo contraccettivo, mentre solo il 19,4% vi ricorreva all’inizio degli anni Ottanta). La poligamia è oggi un fenomeno assolutamente residuale: la percentuale di poligami non supera l’1,5%262. 4.5 Codice di famiglia Marocchino. Per poter al meglio apprezzare i risultati raggiunti,attraverso il nuovo codice del 2004, si ritiene necessaria un introduzione al codice di famiglia approvato in Marocco in seguito all’ottenimento dell’indipendenza, in cui si evince chiaramente uno stretto collegamento con la tradizione islamica. L’apprezzamento di un mutamento è subordinato all’analisi del contesto in cui nasce, non si può giudicare un elemento solo fine a se stesso; per poter riconoscere i passi da gigante fatti dal Marocco in tema di diritto di famiglia, bisogna prima conoscere il contenuto della sharìa, e allo stesso modo per potere apprezzare la sharì’a non si può non analizzare il contesto pre-islamico. Nella famiglia dell’epoca jahiliya (del’’ignoranza preislamica) la donna era un oggetto venduto al marito dal padre. Le donne 262 Ibidem. 137 potevano essere uccise. Vi era poligamia senza limiti e prostituzione coatta. In caso di morte del marito, la moglie veniva ereditata dai figli. Questo è stato quando la gente non avevano alcun messaggero tra di loro ed erano privi di qualsiasi guida. Come è indicato nel hadith, Allah guardò loro – sia gli arabi che i non arabi - e li odiò tutti, eccetto alcuni dalla gente della Scrittura263 (che erano rimasti al vero messaggio). Nella maggior parte dei casi, la donna di questo periodo viveva in condizioni critiche - in particolare quelle relative a società arabe, odiavano la nascita di una femmina. Quindi, tra gli arab,i c’erano coloro che seppellivano le loro figlie, mentre era ancora viva fino a che non morisse sotto la terra. E tra loro, ci sono stati coloro che le lasciavano vivere solo per trovare una vita di umiliazione e degradazione.264 Il Corano rappresenta pertanto una vera rivoluzione: critica l'uccisione delle donne (6,58; 17,31-33), le rivaluta sul piano religioso (16,97; 33,32), conferisce loro diritti sotto tutti i profili, sostanzialmente pari dignità rispetto all'uomo265. Nella shari'a il matrimonio diventa contrattuale con il consenso delle parti. La donna manifesta il suo consenso, attraverso un tutore matrimoniale musulmano che può essere il padre, un parente prossimo maschio o un wali (giudice). Esiste tuttavia il jabr , il matrimonio imposto: il padre cioè può decidere del matrimonio della figlia a sua discrezione. Questo potere inizialmente era senza limiti, nel corso del tempo però i giuristi introdussero tutta una serie di limitazioni. Il principio del jabr è stato abolito nel codice marocchino, dove tuttavia si prevede la possibilità per cui il padre possa costringere la figlia al matrimonio, quando si tema una cattiva condotta da parte della ragazza. Il Mahr (la dote) nel mondo pre-islamico era il prezzo che il marito pagava al padre. Nella shari'a la dote è una somma In arabo Ahl ad-dimma, viene utilizzato nel Corano per identificare la gente del libro, ovvero i Cristiani e gli Ebrei. 264 S. S. Al-Fawzan, Lo status della donna prima e dopo l'Islam, Tanbihat ‘ala Ahkam takhtassu bil-Mu’minat, http://lucechiarasulli.it 265 http://www.cestim.it 263 138 che viene versata dal marito alla donna. È elemento essenziale perché costituisce il patrimonio di cui la donna può liberamente godere nel corso del matrimonio. Senza dote il matrimonio non è considerato valido. Il contratto, viene talvolta accompagnato da un rito religioso nella moschea, il matrimonio è una pubblica dichiarazione preparata da due notai (‘adul) e firmata dai due sposi in presenza di due testimoni, in forza della quale l’uomo si impegna a corrispondere una dote alla donna e a provvedere al suo mantenimento, con la contropartita di poter avere con lei, lecitamente, rapporti intimi. Nel contratto gli sposi possono inserire le clausole che desiderano applicare (monogamia, paese di residenza, rispetto religioso)266 Gli impedimenti al matrimonio sono: - in caso di malattia che impedisca la vita matrimoniale; - con una donna che l'uomo aveva già precedentemente ripudiata; - se nel contratto matrimoniale si parla di matrimonio a tempo; - disparità di religione: è nullo il matrimonio fra una donna musulmana ed un non musulmano (ebreo o cristiano). E' invece possibile l'opposto. Il matrimonio con pagani è comunque non ammesso. All'interno del matrimonio la donna è soggetta alla direzione del marito. Ossia il marito ha potere correzionale, ha diritto di decidere se e quali persone la moglie frequenterà al di fuori dei parenti stretti (Corano 4,34; 2,228; 2,223). L'unica vera autonomia della donna è quella patrimoniale. Ossia la donna può gestire il suo patrimonio personale. Il Codice marocchino recita: I diritti della sposa nei confronti del marito sono: il mantenimento (anche se è personalmente ricca), il diritto all'uguaglianza di trattamento con le altre spose, il diritto ad essere autorizzata a rendere visita ai suoi genitori e riceverla, la libertà di disporre 266 Ibidem. 139 dei propri beni267 . I doveri del marito sono: mantenere la moglie, consumare il matrimonio (Corano, 24,32;30,21), (nel caso di poligamia i giuristi classici spiegano in modo molto dettagliato come il marito debba adempiere a questo suo obbligo senza fare ingiustizie), coabitazione268. Per la poligamia viene imposto il limite delle 4 mogli (Corano: 4,3). La poligamia coranica è un rimedio alla poligamia selvaggia pre-islamica. La limita a 4 mogli che devono essere trattate in modo uguale. La prima moglie può stabilire nel contratto matrimoniale che non accetta altre mogli. Il talaq (ripudio) è la facoltà di sciogliere il matrimonio concessa al marito. Nel mondo pre-islamico il ripudio era semplicemente una dichiarazione del marito che diceva alla moglie: da questo momento non sei più mia moglie. Nel Corano si pongono due limiti: - Dopo tre mesi dal ripudio, il marito o non fa nulla ed allora il ripudio diventa definitivo, o può ripensarci e richiamare la moglie o può fare un altro ripudio dal quale riparte un periodo di altri tre mesi, dopo di che ha ancora la possibilità di richiamarla o di ripudiarla una terza volta in modo definitivo. - Una donna ripudiata non può risposare il marito che l'ha ripudiata se non dopo un altro matrimonio. I giuristi, per semplificare comunque la prassi, hanno pensato al ripudio triplo fatto con un solo atto. Dal punto di vista formale non è incompatibile con il Corano. - La donna ripudiata ha diritto unicamente al dono di consolazione (somma molto piccola). Essa può vivere da sola e può risposarsi senza chiedere il consenso della propria famiglia. - La donna ha la possibilità di introdurre nel contratto 267 268 Ibidem. Ibidem. 140 matrimoniale una clausola che le dà la facoltà di richiedere al marito il ripudio. Nel codice marocchino, viene introdotta la possibilità per la donna di richiedere il divorzio giudiziale per i seguenti motivi: - mancato mantenimento; - malattie non dichiarate; - sevizie fisiche, solo se provate e dopo un tentativo di conciliazione; - abbandono del tetto coniugale. Un'altra possibilità di dissoluzione è il caso di apostasia. Nel codice marocchino nel caso in cui uno dei due coniugi abbandoni la religione islamica, il matrimonio diventa nullo. L'apostasia determina infatti la perdita di tutti i diritti civili e in alcuni paesi implica anche sanzioni penali. I figli nati entro un anno dopo la risoluzione del matrimonio si presumono del marito. Rapporti genitori-figli269: Il capo e responsabile ultimo dell'educazione dei figli è il padre. Esiste una ripartizione dei compiti educativi: alla madre spetta la cura del bambino fino ai cinque / sei anni. Tale custodia è esclusivamente domestica. La madre non è padrona di istruirlo come vuole, di farlo viaggiare liberamente e non può portarlo lontano dal padre. Al padre, o in sua mancanza agli uomini della famiglia paterna, spetta la tutela che consiste nel sorvegliare l'istruzione del bambino. La tutela finisce con la pubertà. Ma per le ragazze dura fino al matrimonio consumato. Il tutore deve comunque essere musulmano. Nel diritto musulmano classico la posizione 269 Ibidem. 141 del padre era un potere assoluto nei confronti dei figli (come il pater familias romano). Se si tratta di una donna non musulmana, essa può curare l'educazione dei figli solo per i primi 5 anni. Questo perché c'è il pericolo che non educhi all'islam il bambino. In caso di ripudio i figli sono affidati al padre. I figli nati da un matrimonio misto devono comunque diventare musulmani. Obblighi dei figli270: - Ai figli è imposto un obbligo assoluto di obbedienza ai genitori, che hanno però l'obbligo del mantenimento. - Nel diritto marocchino esiste il dovere per i figli in grado di lavorare di supportare la famiglia. Successione271: La caratteristica fondamentale è che esistono due assi ereditari, uno maschile e uno femminile, con privilegio della linea maschile. Ora nel diritto marocchino esiste anche l'eredità per le donne ma con disparità rispetto all'uomo. Vi è un impedimento particolare che riguarda la differenza di religione. Un cristiano o un ebreo non possono ereditare da un musulmano e viceversa.272 Ibidem. Ibidem. 272 Ibidem. 270 271 142 4.6 La partecipazione politica femminile. I dati sulla partecipazione politica femminile dimostrano che l’eguaglianza di diritto sancita dai testi giuridici marocchini riguardo ai diritti politici non si traduce in un’eguaglianza di fatto, pur se negli ultimi anni si è registrato qualche avanzamento. All’interno dei partiti, il primo passo importante nella direzione del riconoscimento del ruolo femminile, anche nelle istanze direttive, è stato fatto nel 2001, con l’adozione delle “quote” in risposta alle rivendicazioni sostenute dalle sezioni femminili dei partiti e dall’associazionismo femminile. Il primo partito ad adottarle è stato l’USFP nel suo congresso del 2001, seguito a ruota dagli altri partiti di sinistra273. Per quanto riguarda il Parlamento, nel 1993 per la prima volta furono elette due donne (0,66% del totale). La stessa percentuale si mantenne nel 1997, per scendere allo 0,5% nel 2000. Grazie alla presa di posizione delle associazioni e delle sezioni femminili dei partiti, in occasione delle elezioni del 2002, si è introdotta una quota del 10% per le donne. Ciò è avvenuto attraverso la creazione di 24 liste nazionali per le candidate donne dei diversi partiti, alle quali erano riservati 30 seggi. Grazie a questo sistema, le elette sono state 35, pari all’11% del totale. Questi risultati non si sono però ripetuti alle elezioni comunali del 2003, mettendo in luce la fragilità dei progressi nell’ambito della rappresentanza femminile.274 Per quanto riguarda il governo, la prima presenza femminile si registra nel 1997, quando Hassan II nomina quattro donne Segretario di stato. Ma nel 1998, il nuovo governo di alternanza ne conta solo due. Bisogna attendere la salita al trono di Mohammed VI per avere la prima donna Ministro, nominata il 6 settembre 2000 a capo del Ministero degli Affari Sociali; la presenza femminile nel Governo del paese, seppur limitata, è da allora in 273 274 Pianeta possibile, dossier dell’ONG CICSENE, ww.pianetapossibile.it Ibidem. 143 crescita. Sempre per quanto riguarda l’esecutivo, oggi il Marocco conta tre ambasciatrici. Non bisogna infine dimenticare che Mohammed VI ha nominato una donna tra i suoi consiglieri personali. In generale, si può affermare che le donne ricoprono più spesso alte cariche a livello politico a seguito di una nomina piuttosto che di un’elezione. Ciò dimostra che se da un lato esiste un certo volontarismo istituzionale, particolarmente evidente nel caso del Monarca, nel promuovere il ruolo della donna nelle istanze decisionali, i limiti alla sua partecipazione politica rimangono tali da impedirne un vera affermazione nelle competizioni elettorali. 275 4.7 La ricerca di nuovi spazi di espressione: l’associazionismo femminile. Come abbiamo visto, è scarsissima la presenza femminile nei luoghi del potere e della decisione. Per sopperire all’assenza di spazi in cui esprimere la loro voce e far valere le loro rivendicazioni, le donne marocchine hanno maturato una partecipazione assai viva nel settore associativo. L’associazionismo femminile si afferma in Marocco a partire dagli anni Ottanta, in accordo con una tendenza sociale più generale; sin dagli inizi si presenta variegato e attivo. Molte associazioni concentrano la loro azione sull’attività sociale, promuovendo l’integrazione economica della donna attraverso lo sviluppo delle sue capacità professionali e culturali. Altre associazioni hanno carattere cooperativo, altre ancora raggruppano donne professioniste. Sulla scena culturale emergono molte voci femminili, in particolare attraverso la fondazione di riviste femminili e case di edizione (come ad esempio Le Fennec).276 275 276 Ibidem. Ibidem. 144 Sono soprattutto le associazioni femminili a vocazione politica a farsi più esplicitamente portatrici dell’istanza di rinnovamento della condizione femminile. Esse costituiscono la struttura portante del movimento femminile marocchino. Già dalla fine degli anni Settanta un movimento femminile si era strutturato intorno alle sezioni femminili dei partiti di sinistra, ma l’azione nei partiti aveva mostrato presto i suoi limiti: scarsissimo era il margine di manovra lasciato alle donne. Per le donne divenne necessario rendersi autonome dando vita ad associazioni proprie. Queste si affermano proprio all’inizio degli anni Ottanta, al fine di occuparsi specificamente di difesa dei diritti delle donne e di promozione del loro statuto nella società, nella politica e nel diritto. Pur rimanendo strettamente legate ai partiti, le associazioni permettono maggiore autonomia d’azione.277 La Conferenza ONU di Nairobi sulla Donna del 1985 gioca un ruolo importante nell’affermazione del movimento associativo marocchino. Essa ha un carattere propulsivo: a partire da questa data, infatti, appaiono in Marocco molte associazioni che si danno come obiettivo la promozione dello statuto giuridico della donna. La prima a vedere la luce è l’ADFM: (Association démocratique des femmes du Maroc): creata nel 1985 da donne appartenenti alla sezione femminile del PPS, si mobilita intorno ai temi della riforma della Mudawwana, dell’accesso delle donne alla politica e ai posti di responsabilità, delle rivendicazioni sociali quali l’alfabetizzazione e la scolarizzazione, del lavoro femminile. Poco tempo dopo (1987) nascono la UAF (Union de l’action féminine), strettamente legata all’estrema sinistra, e l’OFI (Organisation de la Femme Istiqlalienne), creata dal partito nazionalista marocchino su posizioni di un riformismo salafita. Una nuova fase nella strutturazione del movimento associativo femminile si apre in Marocco all’inizio degli anni Novanta. Nel clima di riforme costituzionali, apertura politica e nuova sensibilità democratica di quegli 277 Ibidem. 145 anni, il movimento femminile decide di puntare su due temi fondamentali e strettamente interconnessi: la partecipazione politica delle donne e la riforma della Mudawwana. Secondo il movimento femminile marocchino, la riforma della Mudawwana costituisce uno dei nodi della modernizzazione del paese, del suo processo di democratizzazione e del suo sviluppo economico. Le rivendicazioni delle associazioni femminili si concentrano sulla necessità di trasformare i rapporti uomo-donna all’interno della sfera privata per poter realmente democratizzare la sfera pubblica e sostengono che lo sviluppo economico del paese risenta di un’istituzione familiare non stabile, che non garantisce i diritti economici alle donne e ai bambini. 278 La nuova situazione interna, caratterizzata da una prima apertura politica condotta dal re Hassan II, e il contesto internazionale nel quale la questione femminile emerge come uno dei temi principali all’ordine del giorno delle organizzazioni internazionali (in particolare in vista della IV Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sulla Donna, a Pechino nel 1995) spingono il movimento femminile marocchino a un’ulteriore affermazione e alla maturazione279 . Vedono la luce nuove associazioni a vocazione economica e sociale, in particolare volte alla promozione dello statuto della donna. Tra queste l’AMDF (Association marocaine des droits des femmes), la LDDF (Ligue des droits des femmes) e Joussour costituiranno, insieme alla UAF, alla ADFM e all’OFI i pilastri del movimento che porterà alla riforma della Mudawwana nel 2004. Diverse reti e coordinamenti delle associazioni femminili vedranno la luce negli anni Novanta e si instaurerà anche un miglior dialogo con i partiti, che porterà questi ultimi a superare le reticenze e ad interessarsi alla questione femminile. Negli ultimi anni, a seguito dei successi ottenuti con l’introduzione delle quote e della lista nazionale nelle elezioni del 2002 e con la riforma della Mudawwana del 2004, sono emersi nuovi assi di lavoro 278 279 Ibidem. Ibidem. 146 per le associazioni femminili. In particolare si intende promuovere la riforma dei testi giuridici che ancora limitano l’eguaglianza uomo-donna (Codice del Lavoro, Codice Penale, Codice della Nazionalità della donna), la lotta, a livello sia sociale sia giuridico, contro la violenza sulle donne, e l’impegno per l’integrazione delle donne nello sviluppo economico. 4.7 Le innovazioni della Mudawwana Re Mohamed VI fin dal suo primo discorso, nell’agosto del 1999, promise di riformare la condizione della donna. All’epoca dichiarò: Come si può sperare di poter garantire la pace e la prosperità in una società mentre le donne, che ne costituiscono la metà, si vedano i loro diritti calpestati? Il re si è impegnato personalmente nel progetto mediante la nomina di una commissione che ha lavorato sulla questione per oltre due anni. Attualmente, il Marocco è dotato di uno Statuto Personale, che pur non essendo perfetto, rappresenta una minirivoluzione in seno ad una società marocchina molto legata ai propri costumi e alle proprie tradizioni culturali. Gli uomini – sia di destra che di sinistra- hanno manifestato alcune reticenze. Perderanno una parte cospicua del loro potere: la donna cessa di appartenergli, di essere sua prigioniera o di essere sottomessa al loro dominio280, perciò la moglie non deve più obbedire al marito, ma la famiglia è posta sotto la responsabilità congiunta degli sposi281. Il nuovo codice non è visto come miglioramento solo dello statuto della donna, ma come ha detto il re: si preoccupa di eliminare l'iniquità che T. Ben Jelloun, La mujer en Marruecos, Red Mundo Árabe, Madrid, 23/01/2004, http://www.mundoarabe.org/la_mujer_en_marruecos.htm 281 http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Settembre2007/pagina.php?cosa=0709lm24.02.html#1 280 147 pesa sulle donne, di proteggere i diritti dei minori e di preservare la dignità dell'uomo. Nei paesi musulmani il diritto di famiglia è trattato in testi separati dal codice civile, e affonda le sue origini nel testo cranico poiché i versetti legislativi riguardano soprattutto la famiglia e l'eredità. Il resto dei cambiamenti proposti si basano sul diritto islamico: vengono adottate prescrizioni delle varie scuole giuridiche, in particolare la malikita seguita in Marocco, e sull'igtihâd. - La tutela della donna (wilaya) diviene un diritto della donna maggiorenne, in pratica non ha più bisogno di un tutore maschio (wali) per sposarsi. - L'età del matrimonio è per entrambi fissata a 18 anni, può essere abbassata su intervento del giudice. - La custodia del figlio è portata a 15 anni equiparandolo alla figlia, poi possono scegliere con chi vivere. - Il ripudio è strettamente vincolato, viene abolito quello triplice. - La poligamia viene resa quasi impossibile, appoggiandosi al testo coranico in cui si dice di prestare le stesse attenzioni nei confronti delle varie mogli. In realtà come nell’attuale codice la poligamia è limita a due mogli, il marito deve informare della sua volontà di prenderne un’altra. La moglie nell'atto di matrimonio può far includere una clausola che impedisce al marito di imporle una seconda moglie o il decadimento del matrimonio, se non viene rispettata. - La separazione è possibile solo davanti al giudice. - Fermo restando il principio della separazione dei beni, di origine coranica, gli sposi possono decidere l'amministrazione congiunta dei beni acquisiti dopo il matrimonio. - La paternità può essere riconosciuta anche nel caso in cui non sia stato possibile sposarsi per cause di forza maggiore. - Per quanto riguarda l'eredità, i nipoti sono equiparati, il figlio 148 da parte di madre eredita dal nonno nella stessa percentuale del figlio del figlio come è stabilito nel Corano.282 In base al nuovo codice, le donne, al pari degli uomini, possono chiedere il divorzio per ragioni di discordia entro e non oltre i sei mesi - prima, l'attesa poteva durare dai dieci a quindici anni, perché la donna doveva provare, per esempio, di essere stata maltrattata. Non erano rari i casi in cui si vedeva costretta ad acquistare il divorzio.283 Dal 2006, il divorzio per ragioni di discordia è divenuto molto popolare, toccando il 73% di tutti i casi rilevati - e il 77,7% delle procedure sono iniziativa di donne. Anche gli uomini vi ricorrono, dato il costo minore rispetto al tradizionale ripudio (talaq); nei luoghi alla moda di Casablanca, li si sente lamentarsi della facilità con la quale le loro spose li piantano in asso284. Il re ha sottolineato anche che bisogna rinforzare i meccanismi di riconciliazione e d'intermediazione, facendo intervenire la famiglia e il giudice. A questo proposito ha dato disposizione al ministro della Giustizia di disporre nei tribunali, in tempi brevi, di locali riservati alle problematiche familiari e di preparare personale qualificato affinché il nuovo codice non rimanga lettera morta ma sia pubblicizzato e applicato.285 LA MOUDAWANA, Le Code de la Famille, Sito Ufficilae del Consiglio Nazionale del Notariato, http://www.justice.gov.ma/MOUDAWANA/Frame.htm 283 Pianeta possibile, dossier dell’ONG CICSENE, ww.pianetapossibile.it 284 http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Settembre2007/pagina.php?cosa=0709lm24.02.html#1 285 Pianeta possibile, dossier dell’ONG CICSENE, ww.pianetapossibile.it 282 149 CONCLUSIONE In conclusione, da questi studi è emersa l’importanza, dei soggetti esterni al Regno marocchino, delle dinamiche di politica internazionale, delle super potenze che sono riuscite a modellare le scelte politiche, garantendo al Marocco, paese amico, l’intangibilità dei suoi interessi per quanto riguarde la questione sahariana, e spingendolo verso la transizione democratica. Il passaggio tra gli anni di piombo e la democratizzazione, è stata sì il risultato delle forti pressioni interne, ma sembra essere una vittoria ottenuta anche grazie alle forti pressioni internazionali. I muri marocchini possono essere utilizzati come chiave di letture delle barriere del globo. Si percepisce una forte similarità per quanto riguarda l'origine dei conflitti, del Sahara Occidentale e quello tra Palestina e Israele, che in entrambi i casi hanno portato alla costruzione di muri. Sia nel caso saharawi che in quello palestinese la situazione del conflitto è stata ereditata da un passato coloniale, in cui le potenze che avevano il controllo dei territori prima di andarsene hanno ceduto più o meno formalmente il controllo dei territori, lasciando la situazione tragicamente ingestibile per i popoli che vi vivevano. La Spagna con l’Accordo di Madrid cede il Sahara occidentale al Marocco e alla Mauritania, l'Inghilterra invece che aveva il controllo dei territori palestinesi, con la Dichiarazione di Balfour esprime il suo appoggio alla costituzione in Palestina di una sede per uno stato ebraico e il suo impegno a compiere ogni sforzo per facilitare il raggiungimento di quest'obiettivo. Cambiano gli attori ma non cambia la sceneggiatura, l’appoggio degli USA è garantito ad entrambe le potenze detentrici,, l’unica importante 150 differenza sta nel fatto che il Polisario ha spostato il conflitto su di una linea diplomatica, abbandonando così le armi e preferendo il dialogo. La spiegazione, dell’appoggio americano al Marocco, è individuabile nel timore che gli USA avevano circa la costituzione di uno stato indipendente nel Sahara Occidentale, che avrebbe potuto costituire una minaccia per la NATO offrendo basi militari allo schieramento socialista; e l’intenzione di allargare, attraverso le loro relazioni con il Marocco, il controllo sul mercato internazionale del fosfato, di cui il territorio è molto ricco. Per quanto riguarda invece l’appoggio della Francia, è dovuto dagli interessi particolari che la spingevano a partecipare accanto agli Stati Uniti alla ricostruzione dell'assetto dell'Africa nord – occidentale. In seguito alla decisione della Spagna di abbandonare il Sahara, la Francia cerca di coinvolgere la Mauritania nella questione, al fine di assicurarle il riconoscimento di sovranità statuale da parte di Hassan II (che tempo prima l'aveva rivendicato). Proprio l'accordo del 14 novembre 1975, rappresentò l'occasione per la manifestazione di questo riconoscimento, dato che il Marocco in quel momento trattò la Mauritania come pari. La Francia temeva le ambizioni espansionistiche del Marocco in territorio mauritano. La Mauritania rappresentava, infatti, per la Francia una riserva importante di ferro necessario all'industria. Le potenze occidentali pur avendo effettivamente la possibilità di modificare l’assetto delle zone con forti problematiche, restano spesso impassibili dinnanzi a queste alle realtà disastrate. La stessa Unione Europea secondo un articolo di Lorand Bartels, considera l’assenza dell’inclusione delle clausole dei diritti umani negli accordi di associazione e co-operazione o nei rapporti commerciali di carattere bilaterale che l’UE aveva concluso con i paesi terzi come la principale caratteristica dell’EMP nella sua fase embrionale286. L. Bartels, A legal Analisys of Human Rights Clauses in the European Union’s Euro-Mediterranean Association Agreements, Mediterranean Politics, Vol.9, No.3 (Autmn, 2004), pp.368-395. 286 151 Solo con la quinta Conferenza euro-mediterranea dei Ministri degli Esteri, svoltasi a Valencia il 22 e 23 aprile 2002, si é riuscito ad imprimere una nuova e profonda svolta al Processo di Barcellona, e ciò attraverso il rilancio del terzo pilastro della politica euro-mediterranea: il partenariato sociale, culturale ed umano. In tale occasione, infatti, la Commissione e il Parlamento dell’Unione Europea hanno confermato il proprio impegno ad aumentare il sostegno a favore delle riforme democratiche e dei diritti umani nella regione MEDA attraverso il finanziamento, a partire dal 2005, di tutti i progetti volti alla promozione di tali condizioni politiche287 . Un passo così importante è stato raggiunto soprattutto grazie agli attori istituzionali e non istituzionali della politica euro-mediterranea che, attraverso una costante pressione, sono stati in grado di ottenere dal Consiglio e dalla Commissione Europea un uso più effettivo delle clausole dei Diritti dell’Uomo negli Accordi di Associazione e cooperazione euromediterranei. Grazie alla Conferenza di Valencia viene, dunque, finalmente a consolidarsi l’idea che le azioni di supporto alle istituzioni democratiche ed al rafforzamento della società civile e della legge di diritto, possono fornire basi ancor più solide per la realizzazione di una positiva politica internazionale. La politica euro-mediterranea non può assolutamente prescindere dalla cooperazione per il rispetto dei diritti umani e dalla difesa dei principi di democrazia. Sulla base di tali presupposti, la Conferenza di Valencia ha così posto particolare accento sulla situazione delle donne e sulla necessità di attuare tutti i principi della Dichiarazione di Barcellona volti ad una più attiva partecipazione femminile nella vita sociale, al libero accesso delle donne alla formazione professionale e al mercato del lavoro, alla promozione del loro ruolo nello sviluppo e nel mondo degli Riunione dei ministri degli Esteri euro-mediterranei di Valencia, 22 aprile 2002; SEC (2002) 159; http://europa.eu.int . Paesi Partner del Bacino Mediterraneo, La Conferenza ministeriale di Valencia e il suo Piano d’Azione; www.europa.eu.int 11 marzo 2003 287 152 affari. Sembra quindi, che anche la riforma della Mudawwana, adottata solo due anni dopo la Conferenza di Valencia, sia anch’essa il risultato di molteplici pressioni, sia interne ma anche esterne al regno. Da questo studio, ciò che emerge è che la transizione democratica non è stata unicamente il frutto di un lavoro interno, assolutamente non va sottovalutato, ma probabilmente i tempi sarebbero stato maggiori senza le pressione dall’esterno. Ceuta e Melilla rappresenta il classico muro tra Nord e Sud del mondo, sono il risultato delle scelte politiche volte alla protezione della Fortezza Europa. Come si può facilmente notare il denaro ha spesso più importanza rispetto ai diritti umani. Gli immigrati che vengono lasciati, dalle ricche e democratiche potenze europee, nelle mani di paese in via di sviluppo e non proprio così democratico, che speranze si hanno sul trattamento di queste persone? Come si può avere la speranza che vengano rispettati i diritti, le convenzioni e le tante belle parole sottolineate dall’ONU dall’ Unione Europea stessa? Non ci si può meravigliare se le ONG denunciano la violazione sistematica dei diritti fondamentali. 153 BIBLIOGRAFIA Ahmad Amin H., Dibattito sull’applicazione della Sharì’a, Dossier Mondo Islamico 1, Edizione della Fondazione Giovanni Agnelli, 1995, Torino. Assidon E., Sahara Occidental: un enjeu pour le nord ouest africain, Parigi, 1978. Baccalini V., Un popolo canta Lulei, Ottaviano, Milano, 1980. Barbier M., Le conflit du Sahara Occidental, l'Harmattan, Paris, 1982. Bartels L., A legal Analisys of Human Rights Clauses in the European Union’s Euro-Mediterranean Association Agreements, Mediterranean Politics, Vol.9, No.3, 2000. Ben Barka M., Option revolutionaire au Maroc. Suivi des ecrits politiques 1960-1965, Maspero, Paris, 1966. Blanchard E., Charles C., Guttman A., Intrand C., Jerossay C., Morie A. Rodier C., Saint-Saen I., Valluv J, Wender A.S., Le livre noir de Ceuta, Migreurop, 2006. 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