Capitolo 1. L`assetto bipolare del mondo e la situazione dell`Italia

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Capitolo 1. L`assetto bipolare del mondo e la situazione dell`Italia
L’assetto bipolare del mondo e la situazione dell’Italia
di Donatella Carpita
Churchill, Roosevelt e Stalin a Yalta nel 1945.
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Dopo lunghi anni di guerra, la conclusione del secondo conflitto mondiale nella primavera del
1945 apre nuovi problemi di equilibrio e nuove occasioni di scontro fra le grandi potenze. Venuto meno il comune nemico, vinto il nazifascismo, l’alleanza fra i due maggiori paesi della coalizione, USA e URSS, così diversi e ideologicamente antitetici, non poteva reggere. Ben presto iniziano
a contrapporsi stendendo una rete di intese e alleanze con stati affini per sistema economico e
orientamento politico, rispetto ai quali si pongono quali paesi-guida. Il loro raggio d’azione è in
effetti planetario. Per il momento le linee di frizione riguardano i paesi che, sulle sponde opposte,
due grandi oceani, il Pacifico e l’Atlantico, separano e collegano al continente americano.
Le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki che hanno costretto alla resa il Giappone, ultimo paese del Patto d’acciaio ancora in armi dopo la capitolazione della Germania, sanciscono la
superiorità militare e politica degli USA nell’area del Pacifico e nel mondo. La Cina, sotto la guida
di Mao Tse-tung, porta a compimento la sua rivoluzione; dal 1949 è Repubblica Popolare, orientata per il momento all’intesa con l’URSS. Ciò determina il riavvicinamento, in funzione anticomunista, fra USA e Giappone cui è consentito un parziale riarmo, negato invece alla Germania.
Nella penisola di Corea sorge una prima occasione di scontro fra i due blocchi. Dal 1950, tre
anni di combattimenti e più di due milioni di morti producono la divisione permanente del paese: a nord del 38° parallelo, lo stato comunista, appoggiato da URSS e Cina; a sud, quello filoccidentale, sostenuto dall’intervento militare americano e alleato degli USA, che tuttavia hanno
mancato l’obiettivo di realizzare un unico stato, alleato dell’occidente. La loro vigilanza nell’area
dell’estremo oriente resterà molto alta. Perciò essi saranno pronti a sostenere in Vietnam, a sud
del del 17° parallelo, il governo di Saigon in guerra contro il nord comunista e appoggiato dalla
Cina. Si destabilizza così l’equilibrio che la Conferenza di Ginevra (1954), conclusa la dominazione coloniale francese sull’Indocina, ha realizzato in quell’area con la formazione di Laos, Cambogia, Vietnam quali stati indipendenti.
Soprattutto negli USA e in Europa, nel mondo occidentale, questo conflitto suscita un movimento di opinione ideologicamente molto variegato che mobilita milioni di persone contro la
guerra e quello che viene definito neoimperialismo statunitense (yankee). Ne fanno parte, in misura cospicua, giovani e studenti.
L’Europa è stata ridisegnata secondo l’assetto che le vicende belliche avevano prefigurato,
concordato da tempo dalla diplomazia interalleata. La linea da Stettino a Trieste è ben più di un
confine geopolitico: è lo spartiacque fra due mondi contrapposti. A occidente i paesi che, recuperata integrità territoriale, indipendenza politica e libertà sono sotto l’influenza degli USA; ad
oriente e nella regione balcanica, quelli che, occupati a suo tempo dall’armata rossa, restano ora
sotto l’influenza dell’URSS o sono direttamente a lei annessi se, come Lettonia Lituania Estonia,
sono sorti dai trattati di pace che hanno chiuso il primo conflitto mondiale. I governi di coalizione dei paesi centrorientali hanno vita breve. La pressione dei sovietici sui partiti comunisti che
ne fanno parte produce colpi di stato che mettono fine alle fragili democrazie instaurando regimi totalitari. All’inizio del 1948, nel marzo, a Praga, Jan Masaryk muore tragicamente in circostanze oscure. È l’uomo simbolo della tradizione liberale e democratica: aveva animato in esilio
l’opposizione contro il governo collaborazionista e l’occupazione nazista, ed era ministro agli
esteri per la coalizione nazionale al potere nel paese liberato. Subito dopo, Eduard Benes, presidente della repubblica, unico esponente non comunista del gabinetto, si dimette: il governo della Cecoslovacchia, trasformata in Repubblica Popolare, resta così ai soli comunisti che impongono il loro regime.
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La Germania è smembrata in due stati: quello orientale è uno dei paesi satelliti di Mosca. Berlino, non più capitale, è divisa in settori controllati dai tre maggiori vincitori: USA, URSS, GB: la
questione tedesca alimenterà sempre nuove tensioni nel clima della guerra fredda.
Per l’Italia la definizione del confine orientale, dove prima della liberazione avevano operato
i partigiani del maresciallo Tito, rappresenta un problema assai spinoso. Istituito il territorio libero di Trieste, che tornerà all’amministrazione italiana nel 1954, l’Istria e la città di Fiume, che
certo contavano una popolazione in parte slava, sono ceduti alla Yugoslavia, repubblica socialista. Il confine, spostato più ad est dell’Isonzo, ridimensiona però le pretese di Belgrado. I partiti democratici denunciano l’iniquità di questa assegnazione che nega alla madre patria suoi territori, ma nel sostenere quelle rivendicazioni trovano difficoltà a distinguersi dalla destra nazionalista e fascista. La questione di Trieste mette in difficoltà sopratutto il PCI, stretto fra il ruolo ormai saldamente assunto di forza nazionale e schierato perciò con le altre forze democratiche per
l’italianità dei territori contesi e il rischio di contrapporsi, a livello internazionale, a partiti e paesi fratelli.
Con sede a Mosca nasce il COMINFORM (Kominform, Ufficio d’Informazione dei Partiti Comunisti 1947-1956) l’organismo che raccoglie i partiti comunisti europei per favorire scambi di
esperienze e coordinamento d’iniziative. I dirigenti del Cremlino vedono nell’intesa con i partiti
fratelli, anche quelli dei paesi liberi occidentali, una opportunità per rafforzare la centralità della direzione sovietica e il suo controllo. Un’alleanza militare (Patto di Varsavia) e un organismo
di cooperazione economica (COMECOM, Consiglio di Mutua Assistenza Economica) rinsaldano
i rapporti fra i paesi del mondo comunista; la “cortina di ferro” li isola da quelli occidentali. Anch’essi sono collegati agli USA da un’alleanza a carattere militare, la NATO (North Atlantic Treaty
Organization, aprile 1949, anteriore al patto di Varsavia) e promuovono a loro volta i primi passi per un’intesa economica (CECA Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio). Ai popoli e ai
paesi liberi dell’Europa, l’amministrazione americana ha provveduto con ingenti aiuti tramite
l’UNRRA (United Nations Relief Rehabilitation Administration); grazie ai quali vengono distribuiti anche in Italia indumenti cibo medicinali ed altri generi di prima necessità . Dal 1947 in poi,
al pari di altri stati, l’Italia beneficerà del piano ERP (European Recovery Program) ideato dal segretario di stato George Marshall, che costituisce lo strumento col quale gli USA intervengono
organicamente a favore dello sviluppo dei paesi dell’Europa occidentale e dell’area mediterranea,
a patto che siano retti da governi che non comprendano partiti legati all’URSS. Già prima, il viaggio di De Gasperi negli USA, nel gennaio di quel medesimo anno, ha stretto il nodo di questa alleanza politico-militare che ha assicurato all’Italia un prestito di 100 milioni di dollari.
Fra i due blocchi si scatena ben presto la corsa al riarmo, secondo la logica del bipolarismo
che pone nell’equilibrio fra il potenziale militare delle forze contrapposte il fondamento della pace, in uno scenario in cui la guerra fredda si sostituisce alla guerra guerreggiata.
La propaganda attraverso violente campagne di stampa, il cinema, la radio, le affissioni ed
ogni altro mezzo alimenta la diffidenza, suscita larvatamente l’odio contro gli avversari che sono
considerati tout-court nemici. Nel mondo occidentale a combattere il materialismo marxista e
ateo dei paesi comunisti provvederanno anche le varie chiese prevalentemente cristiane. In particolare la Chiesa Cattolica Romana, che in Europa e in Italia specialmente, conta tanti fedeli.
Fra l’aprile e il maggio 1945 a San Francisco si sono riuniti i rappresentanti di cinquanta paesi per elaborare il testo dello statuto dell’ONU, secondo la bozza predisposta l’anno prima da
Cina, Regno Unito, URSS e USA. L’ONU si propone di salvaguardare le future generazioni dal
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flagello dei conflitti, di mantenere la pace e la sicurezza internazionali, promuovendo lo sviluppo economico e relazioni fondate sul principio dell’autodeterminazione dei popoli proprio quando il conflitto mondiale appena concluso con il suo tragico bilancio di morti e di devastazioni fa
sentire tutta l’importanza di queste finalità. Prevenzione dei conflitti, pacificazione (peace
making), mantenimento della pace (peace keeping) costruzione della pace (peace building) sono
i principali obiettivi politici che l’ONU si pone. Ma il progetto di governo mondiale sarà ben lungi dal potersi realizzare e parrà in varie circostanze utopistico: nessun paese è disposto a rinunciare a quote di sovranità nazionale a favore del costituendo potere di un’autorità sovranazionale che garantisca pace e legalità nell’universo mondo. E, prima di tutto, dispositivi e meccanismi
di rappresentanza e di voto nel Consiglio di Sicurezza, in particolare il diritto di veto, accordato
ai paesi membri permanenti del Consiglio stesso (per ora: Francia, Regno Unito, URSS, USA),
rendono assai improbabili deliberazioni all’unanimità, le sole vincolanti per tutti gli stati che fanno parte dell’organizzazione.
L’assetto bipolare del mondo fa sì che in Italia gli uomini di stato e i politici che guidano il
paese nell’immediato dopoguerra agiscano in uno scenario predeterminato ma non ancora saldamente assestato, come ben presto sarà, a partire dalle elezioni del 1948 e da altre vicende internazionali. La percezione di tale incidenza tuttavia sfugge a lungo a livello medio di opinione
comune, e assai lentamente, tardivamente quasi, per diverse ragioni, se ne è acquisita consapevolezza politica diffusa. Nell’elettorato della sinistra poi, nel “popolo comunista”, l’immagine mitizzata della società socialista, che è quanto dire del modo sovietico e dell’URSS, è molto presente e alimenta per lungo tempo una sorta di fede in un grande cambiamento che prima o poi, ma
certamente, avverrà.
Negli anni cinquanta, quando ormai si è saldamente imposta l’egemonia DC, l’adesione alla
NATO, al patto Atlantico, approfondisce il solco fra le sinistre e le altre forze politiche. La guerra di Corea rinfocola le contrapposizioni, spacca il paese ponendo in risalto una nuova valenza
dello scontro frontale: a fianco della Corea del Nord, che l’ONU ha proclamato, come di fatto è,
stato aggressore, allineati con l’URSS e lo schieramento che si dice antimperialista, o con l’occidente, gli USA e i paesi liberi del capitalismo: in guerra, ma per ottenere la pace.
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