Domingo Notaro: L`arte nell`individuo e l`individuo
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Domingo Notaro: L`arte nell`individuo e l`individuo
ANIME NERE di Maria Elena Basilici Anime nere, di Francesco Munzi: tratto dall’omonimo romanzo di Gioacchino Criaco, già in concorso alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nel 2014, è stato proiettato anche a Dublino nell’ambito del Jameson Dublin International Film Festival 2015; tra altri titoli rappresenta il cinema italiano in questa rassegna dublinese, che accoglie lavori di registi da tutto il mondo. Munzi mette in scena le contraddizioni della Calabria signoreggiata dalla ‘Ndrangheta, e le ripercussioni che questo assoggettamento atavico, da cui tutti sono toccati, ha sui vari personaggi e sulla loro psiche. È la storia di tre fratelli: Luigi, il più giovane dei tre, trafficante internazionale di cocaina, cerca di spingere il nipote Leo (simbolo di una generazione perduta, sospesa tra radici ormai recise e un futuro altrettanto arido) a seguire la sua stessa strada; Rocco, milanese d’adozione, si è arricchito nel campo dell’edilizia sfruttando i soldi del fratello, anche se non ne condivide le scelte violente; Luciano, il più anziano dei tre, padre di Leo, cerca di rifugiarsi morbosamente in un ideale e arcaico Aspromonte dalla ritualità millenaria, tra i suoi animali e i fantasmi di un doloroso passato. Leo, trovando in se stesso solo il rancore, e l’ombra distorta di una fierezza, scatena una guerra tra bande i cui codici etici brutali porteranno alla disintegrazione dell’unità familiare e la folle spirale di violenza si insinuerà a corrodere anche gli affetti più profondi, in una scia nera di sangue. Domingo Notaro: L’arte nell’individuo e l’individuo nell’arte di Elena Lodovichi Una poesia tutta volta alla decomposizione delle parole, per intuirne nuovi e inediti significati, quella di Domingo Notaro. Ma al di là della semantica va il suo lavoro linguistico, abbandonandosi spesso al puro e semplice fluire del suono insito nelle parole. Nella Long Room Hub del Trinity college Dublin il poeta-pittore-scultore ha presentato il suo nuovo libro di poesie “E-le-menti delle parole”, tradotto da Catherine O’Brien e Kay McCarthy, alla presenza dell’ambasciatore italiano Giovanni Adorni Braccesi Chiassi e del direttore del dipartimento di Italianistica del Trinity College Dublin Cormac Ó Cuilleanáin. La collezione bilingue è stata pubblicata dalla casa editrice “Dedalus Press”. L’artista, intriso di avanguardia novecentesca, lavora accanto ai più grandi maestri di inizio 900’; dice lui dice Picasso” Tu sei un io bambino con molti più secoli sopra la tua statura umana. Spero che qualcuno lo comprenda perchè tu possa sviluppare al più presto tutta la genialità che hai dimostrato di possedere”. E Al primo 900’ si ricollega anche l’istanza di spingere il linguaggio oltre i limiti convenzionali. La raccolta, e in generale l’opera di Notaro, indaga i rapporti tra l’uomo e il cosmo con un equilibrio giocato tra immediatezza e controllo. L’autore si dice vittima e spettatore della propria arte che si incanala in tre diverse personalità artistiche indipendenti quella del pittore, dello scultore e del poeta. L’Irlanda, principale ispirazione della raccolta, ha sempre fatto parte del suo immaginario letterario ma l’interesse per questa terra si è concretizzato dopo l’incontro con Francis Bacon e un viaggio in questi luoghi meravigliosi; Addentrandoci nell’universo artistico di Notaro, proprio in virtù della sua cripticità siamo invogliati ad esplorare la foresta del linguaggio, materia apparentemente fin troppo familiare ma che cela al suo interno un universo l’ignoto Conferenza di Francesca Medioli a Trinity College Dublin sulle Donne italiane nella I Guerra Mondiale Servizio di Maria Elena Basilici E’ facile oggi, e sembra quasi “scontato” parlare di storia delle donne. Ma farlo attraverso le singole vicende umane è davvero inusuale. Questo è il metodo della storica Francesca Medioli, lasciatole in eredità dal suo maestro, il celebre Carlo Ginzburg. Direttrice del “Centro degli studi per le donne”, esperta in questioni storiche e sociali di genere, la lettrice durante la conferenza tenutasi nello Swift Theatre del Trinity College Mercoledì 11 Marzo, ha analizzato il periodo della Prima Guerra Mondiale partendo dalle storie di tre donne, e dai loro diari, ancora esistenti e tangibili. Ina Maria, Beatrice e Dianella: tre donne molto diverse tra loro per età e condizione ma tutte colte, e soprattutto consapevoli di essere al centro degli eventi, attrici e non spettatrici, corpi attraverso cui passa la Storia. Se si allarga la visuale in modo da sommare le storie e i vissuti particolari, c’è una storia collettiva. Le donne condivisero le esperienze della Prima Guerra Mondiale con gli uomini, non solo come ricordo lontano dei soldati in battaglia (legato alla sfera dell’amore e della casa piuttosto che a quello dell’odio e della trincea), ma attivamente sia a casa, sorreggendo l’economia del paese, che al fronte. Negli anni in cui il Paese era privato della sua forzalavoro maschile, furono le donne a scoprirsi capaci di prendere il posto degli uomini, e di poter lavorare a tutti i livelli della società: postine, autiste di tram, operaie, contadine. Sul campo di battaglia le donne si distinsero parimenti: suore e infermiere collaboravano negli ospedali. Le prime solitamente di estrazione sociale bassa; le seconde, contrariamente a quello che si è soliti pensare, principesse e contesse. Esperte nella medicina, nella medicazione, addette ad assistere durante le operazioni chirurgiche, capaci di sviluppare un occhio clinico, sono stati i loro diari a permetterci di attingere a informazioni di prima mano e a supplire alla mancanza di testimonianze da parte dei milioni di donne illetterate dell’epoca che non hanno potuto tramandarci la loro memoria. La Prima Guerra Mondiale permise alle donne di ottenere responsabilità e indipendenza che purtroppo però fu cancellata e dimenticata al finire della guerra, quando tutto cercava di ricostituirsi in “normalità”. Il nostro Paese non era ancora pronto per riconoscere che le donne potessero avere un ruolo così rilevante nella società, e si dovette aspettare la fine della Seconda Guerra Mondiale perché qualcosa cominciasse a cambiare. Messaggio itinerante di pace e unione: La fiaccola benedettina a Dublino Servizio di Elena Lodovichi La fiaccola benedettina è approdata in Irlanda a testimoniare i valori di pace e fratellanza rappresentati dalla figura di San Benedetto, eletto Patrono d’Europa da Paolo VI nel 1964. Portatrici di questo messaggio sono state le delegazioni delle città di Norcia, Subiaco, Cassino, luoghi legati rispettivamente a nascita, vita e morte del santo e strette dal 2013 da un patto di amicizia finalizzato ad una cooperazione culturale, economica e sociale. Fin dal primo incontro svoltosi il 5 marzo all’Istituto Italiano di cultura a Dublino, le delegazioni dei comuni hanno avuto modo di promuovere il loro patrimonio storico, artistico e naturale grazie alle parole dei loro sindaci accompagnate da un video promozionale rivolto ai visitatori di tutta Europa e da una degustazione delle prelibate specialità delle “Terre di San Benedetto”. La giornata si è conclusa alla Newman University Church con l’esibizione del coro polifonico “Città di Subiaco” e una sfilata di figuranti in costume medievale. Le celebrazioni sono proseguite il giorno seguente; gli incontri hanno preso il via dal saluto del Nunzio Apostolico Sua Eccellenza M.S.G. Charles J. Brown alla Navan Road Church, e sono proseguiti poi con il caloroso benvenuto da parte del Vicesindaco di Dublino Councillor Vincent Jackson, tenutosi alla Mansion house, splendida dimora storica residenza ufficiale del sindaco della città fin dal 1715. Dopo il saluto di Barbara Nolan, capo della sede irlandese della Commissione Europea, il pellegrinaggio della fiaccola ha raggiunto la Pro-Cattedrale di St. Mary dove, tra la palpabile emozione dei presenti, la fiaccola è stata accesa e accompagnata all’altare dai tedofori del CUS di Cassino; a celebrare la solenne funzione è stato l’arcivescovo di Dublino Monsignor Diarmuid Martin. Il pellegrinaggio della fiaccola intende ogni anno rinsaldare le comuni radici cristiane dell’Europa, proposito di particolare urgenza nella congiuntura storica in cui ci troviamo: divisioni e particolarismi sembrano oggi oscurare i valori di pace, unione e solidarietà a fondamento della nostro Continente; principi, questi, iconicamente riassunti nel simbolo di luce della fiaccola benedettina. Joyce had a complex and ambivalent relationship with his hometown. In those times, Dublin was a constricting place; in his books he describes the paralysis that afflicted the city with the legacy of the past and the rule of a strong sense of religiousness. To his contemporaries he was a real antichrist because he strongly criticised both Catholicism and Nationalism, which were the two pillars of Irish society. He felt obliged to leave his country to be able to exercise his artistic ability, but he never forgot the city that is the main character of his work. He wanted to describe and give literary dignity to his city but he had also a strong sense of truth; he went on despite the accusations of immorality in order to serve the purpose of describing the rapid-changes of the modern era. He needed to distance himself from Dublin in order to enhance his creative process, and to clearly analyse the city’s complex social muddle later described in his work. The first outcome of this detachment was “The Dubliners”, written, indeed, during his stay in Trieste. The book consists of 15 short stories subtly describing the paralysis, frustration and sloth of Dubliners’ lives, telling their incapability to have an active place in their lives and to make conscious choices about their condition. Dublin produces a sense of stagnation and impotence in its inhabitants, the main characters in “The Dubliners” physically walk in round patterns through the real names of squares, lanes, pubs, going repeatedly through the streets of condemnation. The psychological portraits and the analysis of the dynamics are very sharp due to his “scrupulous meanness”: he never uses more words than necessary. The moral decay affects the society at all levels, from the lower working classes (the inglorious world of Dublin laundresses) to the high-society scions. This ironical detachment is Joyce’s way to fathom the mediocre soul of his eternally beloved city.