La fotografia e la riconquista di se stessi

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La fotografia e la riconquista di se stessi
La fotografia e la riconquista di se stessi
Domenica 27 Settembre 2015 23:00
di Sara Michelucci
Una rinascita attraverso la fotografia. Un viaggio dall’Italia a Capo Nord quello che il fotografo
italiano, Matteo Di Giovanni, racchiude nel progetto ‘Reaching the Cape’. Nell’estate 2011,
Matteo è in Bosnia Erzegovina per lavorare a un progetto fotografico che gli permetterà di
concludere il Master in Fotogiornalismo presso la University of Westminster di Londra. È vittima,
però, di un grave incidente che si conclude con l’amputazione transfemorale di una gamba. Ma
ricomincia a vivere.
La fotografia è la sua vera vocazione e si rimette in gioco proiettandosi verso questa avventura
on the road, per dimostrare come le nuove biotecnologie possano cambiare le prospettive di
una persona con una disabilità. Che non impedisce però di far nascere progetti.
“Viene fuori da un momento particolare - racconta Matteo - quando a novembre dello scorso
anno ho avuto un problema ‘tecnico’ alla protesi, unito a una problematica burocratica con la
Asl che mi ha costretto a stare un mese a casa senza potermi muovere”.
Che non appena in grado di ripartire lo fa per terre lontane e affascinanti, benché fredde.
“A parte il fatto che odio il caldo - continua il fotografo - e sono attratto dai Paesi del nord anche
per gli aspetti ‘mitologici e mitici’ che aleggiano in questi territori, c’è anche una ‘questione
tecnica’ in tale scelta. La mia protesi, altamente performante dal punto di vista tecnico, grazie
all’elettronica consente la stabilità, ma allo stesso tempo resiste a temperature di diverso tipo e
all'acqua. Questo mi permette di affrontare un viaggio così complesso anche dal punto di vista
climatico”.
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Il progetto è sostenuto da una campagna di Crowdfunding su Kickstarter, che durerà fino al 30
settembre. “Essendo un viaggio fotografico, ma anche una storia di vita, la volontà è quella di
creare intorno a questo progetto una comunità di persone che direttamente o indirettamente lo
appoggiano e lo vedono svilupparsi dall'inizio alla fine. Chiunque ha sostenuto il progetto potrà
assistere alla sua creazione e trasformazione. Inoltre, il sistema del Crowdfunding è una sorta
di annuncio al mondo in cui ti prendi la responsabilità di fare qualcosa. Non è un caso che tutti i
partner che hanno preso parte al progetto hanno sostenuto soprattutto un’idea che poi si
svilupperà in qualcosa di concreto”.
Un "on the road" che durerà due mesi, tra paesaggi estremamente differenti, dove si mischia
l’evoluzione nel campo delle protesi, che permettono a Matteo di muoversi al meglio, con quella
fotografia analogica con cui il fotografo lavora principalmente, fatta di pellicole, chimica e attesa.
“Caratteristiche che forzano a rallentare il ritmo e a concentrarsi maggiormente su ciò che si
vuole. Proprio come il processo di creazione e di adattamento del corpo a una protesi. La
fotografia analogica è un linguaggio che uso con piacere, perché ha delle fasi ben definite.
Questo ti permette di controllare al meglio tutti i passaggi, dallo scatto alla stampa. Ovviamente
il digitale verrà utilizzato nella fase di backstage dalla persona che condividerà con me questa
avventura”, racconta ancora Matteo, che sarà accompagnato dall’amico fotografo e videomaker
Lucas Pernin, il quale documenterà il viaggio in tutti i suoi aspetti.
Verranno utilizzate macchine fotografiche modulabili, protesi realizzate ad hoc, pellicole,
stampa artigianale, comunicazione digitale per la diffusione globale. Insomma elementi diversi
che si mixeranno in un unico contesto, dove l’elemento preponderante è quello della rinascita e
della riappropriazione di se stessi, della propria vita, ma soprattutto delle proprie passioni.
C’è tanto di personale, quindi, in questo lavoro. Una sorta di metafora anche dello stato di coma
che Matteo ha vissuto dopo l’incidente, dove ci si addentra in territori sconosciuti, per poi
tornare a luoghi familiari e, quindi, alla vita. Il tutto fatto da una serie di ritratti, paesaggi e
interni.
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“Questo viaggio - racconta ancora Matteo - è la metafora di un percorso che ho fatto su di me.
Un percorso in cui tante sono state le incertezze e i punti interrogativi. Andare in questi luoghi
rappresenta una riconquista dello spazio e del movimento, che sono le cose fondamentali.
Anche a livello fotografico saranno molto presenti. Quello che mi è successo mi ha portato a
rivalutare una serie di cose e a vivere con prospettive differenti. L’obiettivo è quello di realizzare
un viaggio fotografico, per dimostrare come passione e motivazione possono cambiare lo
sguardo e aprire nuovi scenari e possibilità”.
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