Storia della pena di morte - Benvenuti nella Città di Chiari
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Storia della pena di morte - Benvenuti nella Città di Chiari
Storia della pena di morte L'OTTAVO GIORNO! … il settimo giorno Dio si riposò. E l'ottavo giorno l'uomo prese possesso del mondo. È un po' questa, senza dover cercare tanto lontano, la strada che ci porta verso la pena di morte. A partire dall'origine dei tempi, quando l'uomo si è eretto sulle proprie gambe ed ha deciso di conquistare e dominare il mondo e sino ai giorni nostri, la storia dell'umanità, così come noi la conosciamo è stata troppo spesso caratterizzata dal male e dalle ingiustizie, attraverso uno spudorato uso del potere e della violenza, contro i diritti naturali dell'essere umano anche e soprattutto con l'uso delle condanne a morte. Insomma, già presso le comunità preistoriche la pena di morte era comminata abbondantemente. Ma, essendo le leggi tramandate oralmente non sono giunte a noi testimonianze di codici penali scritti. Tra l'altro le leggi erano applicate in modo soggettivo e arbitrario da parte dei capi e la condanna a morte era utilizzata per punire crimini come omicidio, furto, delitti di lesa maestà e sacrilegi. Nella Bibbia (Esodo, Levitico) leggiamo che le persone venivano giustiziate solitamente mediante lapidazione per crimini che andavano dall'omicidio alla sodomia. È solo con i Babilonesi, invece, che compare il primo codice scritto, il Codice di Hammurabi, nel quale la pena capitale è largamente prevista per crimini come furto, omicidio e mancanze commesse nell'esecuzione del proprio lavoro. Non è un codice equo (la gravità della colpa e della pena comminata dipendono dalla classe sociale a cui appartengono il colpevole e la vittima). Esso tuttavia rappresenta pur sempre una conquista importante perché elimina l'arbitrarietà e la soggettività dei giudizi, grazie all'oggettività della legge scritta. Presso gli Egizi, la pena capitale era applicata per coloro che infrangevano la Regola universale, che prevedeva crimini come omicidio, furto, sacrilegio, attentato contro il Faraone (visto come un garante della Regola), spionaggio e infrazioni fiscali. La pena di morte era applicata tramite la decapitazione, il sacrificio, o l'annegamento nel Nilo all'interno di un sacco chiuso. Nella civiltà greca l'idea della giustizia, pervenutaci anche attraverso le opere dei grandi tragediografi, appare come obbligo di vendetta spettante soprattutto ai figli della vittima. È con i Greci ad ogni modo che si registrano i primi ripensamenti sulla pena di morte ed il graduale superamento del concetto di punizione come vendetta. In alcune opere di Platone viene affermata l'eccezionalità della pena di morte da comminare in casi gravissimi (sacrilegio, omicidio di parenti, crimini contro lo Stato) e nei confronti degli incorreggibili, secondo la legge del taglione. In età romana, almeno nei primi secoli, sappiamo che l'autorità pubblica interveniva solo per punire i delitti che in qualche modo avessero violato l'ordine generale e che venivano perciò considerati di pubblico tradimento. E in questi casi interveniva in modo molto duro, spesso con la pena capitale. Per i delitti privati si applicava invece la legge del taglione, che spesso portava all'uccisione del colpevole. I modi che ricorrevano per le pene, a quanto risulta dalle Leggi delle XII tavole (V sec. a.C.), erano veramente feroci: decapitazione, fustigazione a morte, impiccagione, taglio degli arti, annegamento, rogo, sepoltura da vivi e la crocifissione per coloro che non godevano della cittadinanza romana. Ancora nei primi secoli dell'era volgare i cristiani, ritenuti colpevoli di sovvertire l'ordine pubblico, erano dati in pasto alle belve negli anfiteatri. Inoltre, in base al Diritto Romano Arcaico la pena capitale veniva comminata per tradimento della patria e uccisione del pater. Un accenno infine alle popolazioni precolombiane (Maya, Aztechi, Incas), presso le quali non esistevano le carceri e la punizione per i reati tendeva a compensare, ove possibile, il danno commesso, talchè l'omicidio era punito con la morte solo se il colpevole non fosse riuscito a procurare un risarcimento alle vittime. Il sistema feudale che si afferma in tutta l'Europa durante il Medioevo affida l'esercizio del potere di amministrare la giustizia non soltanto ai magistrati cittadini, ma anche ai feudatari. Ciò determinò il frequente uso arbitrario di tale potere, che comprendeva la comminazione, fra le altre, della pena capitale (mediante la decapitazione, l'impiccagione, l'annegamento o la tortura fino alla morte). In Francia durante l'Ancien Régime i modi per giustiziare le persone erano diversi, anche in base al ceto sociale del condannato: la ruota, ad esempio, era utilizzata per i colpevoli di crimini considerati aberranti e il rogo per i colpevoli di crimini contro la religione; per lo stesso crimine i contadini venivano impiccati, mentre gli aristocratici venivano decapitati. Dopo la Rivoluzione la differenza fra le classi venne abolita e venne introdotta la ghigliottina per tutti i crimini e per tutte le persone. In Italia la pena capitale si afferma con Enrico II nel Basso Medioevo, per le varie forme di omicidio, andando a sostituire il risarcimento in denaro che l'uccisore doveva effettuare alla famiglia dell'ucciso per evitarne la vendetta. L'uso della pena capitale sarà legittimato nei secoli dagli stessi padri della Chiesa, Sant'Agostino e San Tommaso d'Aquino, sulla base del principio della 'conservazione del bene comunè, in nome del quale diveniva lecito uccidere singoli malfattori. Per un lungo periodo della storia europea le torture ed esecuzioni capitali furono particolarmente frequenti ed applicate anche a reati che oggi definiamo di opinione. Nel '500 e '600 la commistione tra potere politico e potere religioso porta al trionfo della violenza legale in nome della "ragion di stato" e la pena capitale, accompagnata da ogni sorta di torture raccapriccianti quali la ruota, il rogo e lo squartamento, viene inflitta per punire un'amplissima gamma di reati. In particolare la condanna colpisce chi si discosta dalle posizioni della Chiesa: l'accusa di eresia sarà per secoli causa di atroci torture e di morte per una moltitudine di uomini e donne. La condanna capitale resta nella maggior parte degli ordinamenti giuridici fino alla fine del 1700, quando comincia ad affacciarsi con il pensiero illuminista la possibilità di un ripensamento sulla validità della pena di morte. Nel 1764 la pubblicazione del libro "Dei delitti e delle pene" di Cesare Beccaria stimolò una riflessione sul sistema penale vigente, sostenendo l'inefficacia della condanna capitale come mezzo di prevenzione del crimine, sottolineando la possibilità dell'errore giudiziario e suggerendo, in alternativa alla pena di morte, la pena dell'ergastolo. L'opera di Beccaria ottenne grande attenzione anche fuori dall'Italia e influenzò in maniera decisiva i movimenti di riforma del diritto penale. Uno dei primi esempi di abolizione totale della pena di morte si deve a Pietro Leopoldo I di Toscana, che nel 1786 abolì dal Granducato di Toscana sia l'uso della tortura sia quello della pena di morte (purtroppo tali disposizioni restarono in vigore solo per quattro anni in quanto nel 1790 lo stesso Leopoldo reintrodusse la pena di morte contro i 'ribellì ed i 'sollevatorì ed in seguito per altri reati). A partire dal XIX secolo, in numerosi Stati, prima Europei e poi in molti altri, la pena di morte venne abolita e sostituita da altre punizioni come il carcere a vita. Nell'ultimo secolo ed a tutt'oggi essa ha continuato e continua ad essere applicata in prevalenza dai governi dittatoriali, come mezzo di eliminazione del dissenso, ma anche in Stati democratici come molti degli Stati Uniti d'America. In Italia, abolita sin dal 1889, la pena di morte fu reintrodotta da Mussolini nel 1926 per coloro che avessero attentato alla vita o alla libertà della famiglia reale o del capo del governo e per vari reati contro lo stato, e confermata poi nel 1930 (con il codice Rocco), per un assai più vasto numero di reati. Caduto il fascismo, una delle prime decisioni del nuovo governo fu l'abolizione della pena di morte, il 10 agosto 1944; essa fu però mantenuta in vigore per i reati fascisti e di collaborazione con i nazi-fascisti. Finalmente con la nuova costituzione della repubblica italiana del 27 dicembre 1947 la pena capitale fu bandita (l'art. 27 recita: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte"), salvo che per i reati militari commessi in tempo di guerra, per i quali è stata abolita nel 1994, l'Italia è così diventata un paese totalmente abolizionista . Ormai, all'inizio del 3° millennio, la pena capitale non è più una realtà in Europa. L'Unione Europea e i suoi membri in diverse occasioni hanno pubblicamente espresso la propria opposizione a questa pratica. Inoltre, la Commissione sui Diritti Umani delle Nazioni Unite ha adottato diverse Risoluzioni su questa questione ed è intervenuta in numerosi casi singoli. Quando la Risoluzione del 1998 venne presentata, in aprile, per la prima volta venne raggiunta un'assoluta maggioranza all'interno della Commissione per i Diritti Umani per la lotta contro la pena capitale nel mondo. La stessa Commissione stabilii anche successivamente che "l'abolizione della pena capitale contribuisce all'accrescimento della dignità umana e al progressivo sviluppo dei diritti umani" chiedendo ai Paesi mantenitori di "dichiarare una moratoria sulle esecuzioni in vista della totale abolizione della pena di morte". Dato l'alto numero di moratorie in atto nel mondo e di abolizioni de facto, sappiamo che le cose si stanno muovendo nella giusta direzione. La posizione chiara presa dagli organismi più importanti che si occupano di diritti umani all'interno delle Nazioni Unite non può essere ignorata. Nell'appello indirizzato alle Nazioni Unite, presentato nel 1999, per una moratoria sulle esecuzioni (appello firmato, fra gli altri, da Sua Santità il Dalai Lama, dagli attori Danny Glover, Susan Sarandon, dall'Arcivescovo Desmond Tutu, dal Cardinale Jaime Sin, dagli scrittori Paul Coelho e Louis Sepulveda, dai Premi Nobel Rigoberta Menchù e Dario Fo), si legge: "Dopo l'abolizione della schiavitù e della tortura, il diritto a non essere uccisi in seguito ad una sentenza legale potrebbe rappresentare un altro comune denominatore, un nuovo inalienabile aspetto dell'essere umano che ci rende una famiglia". Forse, è cominciato il tramonto di quest'ottavo giorno! METODI DI ESECUZIONE IN VIGORE FUCILAZIONE Tempo di sopravvivenza: incerto La sentenza viene eseguita da un fuciliere o da un plotone il cui numero varia da Paese a Paese (in alcuni è previsto che fra le armi dei fucilieri ve ne sia una caricata a salve). L'ufficiale che comanda il plotone ordina la scarica, quindi si avvicina al condannato per sparare il colpo di grazia, alla tempia o alla nuca. IMPICCAGIONE Tempo di sopravvivenza: 8-13 minuti Il condannato viene fatto penzolare da una corda posta intorno al collo ed è ucciso dalla pressione esercitata dalla corda stessa contro il corpo, spinto verso il basso dalla forza di gravità. Lo stato di incoscienza e la morte sono provocati da lesione alla colonna vertebrale o da asfissia. Talora si rende necessario tirare le gambe del condannato. Sebbene privo di sensi, il corpo può avere degli spasmi ed il cuore può continuare a battere per alcuni minuti. Il condannato diventa cianotico, la lingua sporge in fuori, i bulbi oculari escono dalle orbite, vi è un solco alla cute del collo; ci sono inoltre lesioni vertebrali e fratture interne. INIEZIONE LETALE Tempo di sopravvivenza: 6-15 minuti Fu introdotta in Oklahoma e Texas nel 1977, la prima esecuzione fu in Texas nel dicembre 1982. Viene introdotta per via endovenosa di una quantità chimica letale di un barbiturico ad azione rapida combinato con un agente paralizzante. Il cuore continua a battere per un periodo che può variare dai 6 ai 15 minuti; il condannato prima viene messo in uno stato di incoscienza e poi viene ucciso lentamente per paralisi respiratoria e successivamente per paralisi cardiaca. In Texas viene usata una combinazione di tre sostanze: un barbiturico che rende il prigioniero incosciente, una sostanza che rilassa i muscoli e paralizza il diaframma in modo da bloccare il movimento dei polmoni e un'altra che provoca l'arresto cardiaco. Si ritiene che questo sia il metodo di esecuzione più umano, invece possono esserci anche gravi complicazioni: l'uso prolungato di droghe per via endovenosa da parte del prigioniero può comportare la necessità di andare alla ricerca di una vena più profonda per via chirurgica; se il prigioniero si agita, il veleno può penetrare in un'arteria o in una parte di tessuto muscolare e provocare dolore; se le componenti non sono ben dosate o si combinano tra loro in anticipo sul tempo previsto, la miscela si può inspessire, ostruire le vene e rallentare il processo; se il barbiturico anestetico non agisce rapidamente il prigioniero può essere cosciente mentre soffoca o mentre i suoi polmoni si paralizzano. LA SEDIA ELETTRICA Tempo di sopravvivenza: 10 minuti Fu introdotta negli USA nel 1888. Il condannato viene legato ad una sedia di legno ancorata al suolo e isolata elettricamente. Tutto inizia 3 giorni prima, rinchiudendo il prigioniero in una cella speciale che affaccia sulla stanza dove è posto lo strumento di morte. Un faccia a faccia corrosivo che porta il prigioniero a morire ancor prima di morire fisicamente: si giunge quindi all'annullamento della persona. Vengono fissati elettrodi di rame inumiditi sulla testa, con una specie di elmetto di cuoio, e ad una gamba (che sono state rasate per assicurare una buona aderenza). Vengono quindi trasmesse a brevi intervalli potenti scariche elettriche: un elettricista, agli ordini del boia, immette la corrente per la durata di due minuti e diciotto secondi variando il voltaggio da 500 a 2000 volt, altrimenti il condannato brucerebbe (2000 volt). La morte è causata da arresto cardiaco e da paralisi respiratoria. Il procedimento procura effetti visibili devastanti: il prigioniero a volte balza in avanti trattenuto dai lacci, orina, defeca o vomita sangue, gli organi interni sono ustionati, si sente odore di carne bruciata. Benché lo stato di incoscienza dovrebbe subentrare dopo la prima scarica, in alcuni casi questo non accade: a volte il condannato è solo reso incosciente dalla prima scarica, ma gli organi interni continuano a funzionare, tanto da rendere necessarie ulteriori scariche. Sono numerosi e documentati i casi di condannati per i quali le scariche elettriche previste non sono state sufficienti a procurarne la morte e che pertanto hanno dovuto subire atroci torture prima di essere definitivamente stroncati da ulteriori e più potenti scariche. CAMERA A GAS Tempo di sopravvivenza: 8-10 minuti Questo metodo di esecuzione fu introdotto negli USA negli anni '20, ispirato dall'uso di gas venefici durante la prima guerra mondiale e dal largo impiego del forno come metodo di suicidio. Il prigioniero viene fissato ad una sedia in una camera stagna. Uno stetoscopio fissato al suo torace viene collegato a cuffie che si trovano nella stanza adiacente, dove stanno i testimoni, in maniera tale che un medico possa controllare il progredire dell'esecuzione; nella camera stagna viene quindi liberato gas cianuro che uccide il condannato. La morte avviene per asfissia: il cianuro inibisce l'azione degli enzimi respiratori che trasferiscono l'ossigeno dal sangue alle cellule del corpo. Lo stato di incoscienza può subentrare rapidamente, ma l'esecuzione durerà più a lungo se il prigioniero tenta di prolungare la propria vita trattenendo il fiato o respirando lentamente. Così come avviene con gli altri metodi di esecuzione, gli organi vitali possono continuare a funzionare per un breve periodo, a prescindere dal fatto che il prigioniero sia cosciente o meno. LAPIDAZIONE Tempo di sopravvivenza: sino a 4 ore Il condannato viene solitamente sepolto nel terreno fino al collo, o bloccato in altri modi. La morte può essere causata da danni al cervello, da asfissia o da una combinazione di ferite. La persona può essere colpita più volte senza perdere conoscenza: di conseguenza la morte può essere molto lenta. Spesso la comunità assiste o partecipa alla lapidazione. È comminata prevalentemente nei casi di adulterio. Il codice penale iraniano descrive minuziosamente le modalità dell'esecuzione ("le pietre non devono essere così grandi da far morire il condannato col lancio di una o due di esse; non così piccole da non poter essere definite come pietre) e, a dimostrazione di una millenaria discriminazione, dispone che le donne siano seppellite fino alle spalle, gli uomini invece fino alla vita. Se durante il supplizio, che avviene normalmente il venerdì nello stadio dopo la partita, riescono a liberarsi, ottengono la grazia, poiché quella è stata la volontà di Allah. Eventualità che può riuscire agli uomini, impossibile alle donne. DECAPITAZIONE Tempo di sopravvivenza: 1-2 minuti Metodo usato in base al quale la testa del condannato viene staccata dal corpo per mezzo di una spada. Lo shock provocato alla colonna vertebrale dovrebbe provocare l'immediata perdita dei sensi, ma possono rendersi necessari parecchi colpi per provocare il distacco della testa. In Arabia Saudita, nei casi che le autorità ritengono più seri, può essere prevista la crocifissione dopo l'esecuzione. CROCIFISSIONE Tempo di sopravvivenza: incalcolabile Il condannato viene inchiodato a polsi e caviglie ad una croce e lasciato morire fra atroci sofferenze. METODI DI MORTE UTILIZZATI NELL'ANTICHITÀ O POCO UTILIZZATI OGGI ALLUNGAMENTO Il condannato veniva legato ai polsi e alle caviglie con corde che venivano tirate da parti opposte con argani; in questo modo era "tirato" fino alla morte. ANNEGAMENTO Il condannato veniva buttato in acqua legato, in modo che non riuscisse a nuotare. Questo sistema era usato soprattutto nei luoghi di mare. Veniva utilizzato per verificare la colpevolezza di una presunta strega: se essa annegava, era considerata innocente; se l'acqua la respingeva ed essa galleggiava, era considerata colpevole e veniva messa al rogo. BOLLITURA Il condannato veniva posto in un calderone pieno d'acqua che veniva riscaldato. Questa tecnica era usata soprattutto nel Medioevo. CALDERONE Un recipiente di ferro veniva posto sullo stomaco del reo con l'apertura in basso, poi veniva alzato affinché entrassero alcuni topi; quindi veniva riscaldato e i topi, per uscire, non potevano fare altro che rosicchiare lo stomaco del condannato. CAVALLO DI LEGNO Il condannato veniva posto a cavalcioni in una struttura a V, come su un cavallo; venivano poi posti dei pesi ai suoi piedi affinché egli venisse tirato sempre più giù, fino a quando non si divideva in due. ESSERE GETTATI DA GRANDE ALTEZZA Il condannato era gettato giù da una montagna o da un alto muro. IMMERSIONE NELLE FOGNE La condannata (adultera o prostituta) veniva legata ad un'asse e quindi immersa nel punto del canale in cui confluivano gli scarichi delle fogne; questa tecnica è stata in seguito migliorata mettendo la poveretta in gabbia. Pratica usata soprattutto nel Medioevo. LETTO (o sedia) DI FERRO Il prigioniero vi veniva fatto sedere, poi si riscaldava il ferro fino all'incandescenza. MORTE DA INSETTI Ci sono molte variazioni di questa pratica. In genere il condannato veniva fissato al suolo, poi cosparso con una sostanza dolce (ad esempio miele), e abbandonato per essere mangiato da insetti. MORTE PER FAME Il condannato era posto in una cella e non veniva nutrito. Celebre l'episodio del Conte Ugolino descritto da Dante nella Divina Commedia. PENDOLO Un pendolo con lama affilatissima veniva lentamente abbassato sul condannato che giaceva sulla schiena; come nel racconto di Edgar Allan Poe "Il Pozzo E Il Pendolo". PERCOSSIONE Il condannato veniva percosso fino alla morte, spesso con strumenti quali il gatto a nove code; un esempio è quando gli schiavi americani venivano picchiati dai loro padroni. PRESSATURA Il condannato veniva posto fra due lastre di pietra; sulla lastra superiore venivano posti oggetti pesanti, finché egli non moriva schiacciato. ROGO Il condannato veniva legato a un palo, poi si incendiava il palo alla base del quale vi era materiale incendiabile come fieno. Questo metodo era usato ai tempi della caccia agli eretici ed alle streghe, quando esse non venivano condannate all'impiccagione. RUOTA Vi erano molti modi di usarla. Per esempio, il condannato poteva venir legato al cerchio esterno della ruota, che veniva fatta rotolare lungo un percorso spinato o giù per una collina. SBRANAMENTO DA ANIMALI Il condannato veniva gettato in un'arena insieme a leoni. Questo metodo era usato soprattutto nell'antica Roma. SCORTICAMENTO La pelle del condannato veniva tolta a strisce con svariati strumenti. SOTTERRAMENTO Il condannato veniva sotterrato vivo e lasciato a morire. Questo metodo è stato largamente usato in tutti i secoli. In India, ad esempio, sotterravano le donne fino al collo, poi le lasciavano, con solo la testa all'esterno, a cuocere al sole. SPARO DI CANNONE Il condannato veniva posto dinanzi la bocca del cannone, poi veniva sparato un colpo. TRAFISSIONE CON FRECCE Il condannato veniva legato ad un palo o ad un muro e degli incaricati gli tiravano delle frecce. Questa pratica era usata fra Indiani e Vichinghi, che miravano alle parti non vitali del corpo per prolungare l'agonia il più possibile. Una delle vittime più note della trafissione è San Sebastiano, vissuto nel III sec. d.C., che fu martirizzato con frecce; essendo queste simbolo della peste, il santo fu assunto come protettore contro tale epidemia. VERGINE DI FERRO Consisteva in una sorta di sarcofago femminile fatto di legno o ferro, scavato dentro e riempito con chiodi appuntiti. La vergine di ferro veniva aperta e il condannato vi veniva inserito. Quest'ultimo, alla chiusura del portello, veniva "abbracciato" dalla vergine e veniva trafitto dai chiodi. CROCIFISSIONE ... Inizialmente praticata su alberi, questa pratica era riservata agli schiavi dell'antica Roma. (viene tutt'oggi utilizzata) DECAPITAZIONE Un boia, generalmente incappucciato, tagliava la testa del condannato con un'accetta. Molto diffusa in Inghilterra nel 1500-1600. L'accetta usata per l'ultima decapitazione, avvenuta nel 1747, può essere vista alla Torre di Londra. (viene tutt'oggi utilizzata) LAPIDAZIONE Venivano tirati sassi contro il condannato finché non moriva; spesso la comunità assisteva e partecipava allo "spettacolo". È ancora praticata nei paesi islamici. Anche la Bibbia e il Vangelo vi facevano riferimento per quanto riguarda la pena da comminare alle adultere. (viene tutt'oggi utilizzata) Fonti: Rick Halperin - Ansa - Adn Kronos - Associated Press - Reuter- Coalizione Italiana Tinquest.org/23685 Febbraio 2001 - M.C.B.