Senza nome1 - Cinema Ambrosio

Transcript

Senza nome1 - Cinema Ambrosio
AMY ADAMS, AL CINEMA CON
“ARRIVAL”, DAL 19 GENNAIO
DI ROBERTO CROCI AKA LA BESTIA - 12 GENNAIO 2017
IN ANTEPRIMA ALLA RECENTE MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA
Le vicissitudini della sua storia personale sono da sceneggiatura di uno dei suoi
film. Nata in Italia, nella base militare di Aviano in una famiglia di mormoni,
quarta di sette figli, da padre militare diventato cantante e madre che riscopre
una carriera come professionista bodybuilder, Amy Adams inizia la carriera
come cantante cabarettista nei dinner theater del Colorado – intrattenimento
teatrale + cena compresa, ora di moda anche in Italia – che la porta da Hit
Girl di Hollywood, ad attrice versatile e di talento considerata ben 5 volte per
una nomination Oscar. Occhi azzurri, curiosi, sempre inquisitori, capelli rossi –
“sono tinti, perché da bionda naturale mi offrivano solo ruoli da cattiva” –
guance rosee coperte da efelidi, viso acqua e sapone e corpo atletico da
ginnasta, nonostante i 42 anni.
Tra i suoi ruoli, Bella da Morire, satira sui concorsi di bellezza in cui
conosce Kirstie Alley che la convince a trasferirsi a Hollywood, ed alcune serie
tv, That 70s Show, Buffy l’AmmazzaVampiri, Providence, Smallville, The West Wing, e due film
indipendenti,Pumpkin e Tutta Colpa di Sara che attirano l’attenzione di Steven
Spielberg, che la vuole al fianco di Leonardo Di Caprio in Prova a Prendermi (2002).
Il ruolo che la rende famosa però è quello di Ashley, la giovane donna incinta
in Junebug, (prima volta che adotta l’iconico rosso dei capelli) film indipendente
con cui vince diversi premi, inclusiGolden Globe e nomination Oscar come attrice
non protagonista, riconoscimento ripetutosi per altri film come Il Dubbio, The
Fighter, The Master e l’ultimo, agli oscar di 2 anni fa, per American Hustle. L’ultimo
ruolo è in Arrival (presentato in anteprima alla recente Mostra del Cinema di Venezia),
film sci-fi-alieni centrato più sulla conoscenza che sull’avventura, sulla difficoltà
nel comprendere gli altri e quanto paura ci metta ciò che non capiamo, diretto
da Denis Villeneuve (Sicario e il nuovo Blade Runner 2049), tratto da Stories of Your Life,
un racconto breve di Ted Chiang. Nel cast anche Jeremy Renner e Forest
Whitaker, al cinema dal 19 gennaio.
“Mi sono preparata al ruolo lavorando con Jessica Coon, professoressa al
Dipartimento di Linguistica della McGill University, specializzata nello studio di
lingue straniere poco conosciute e quasi scomparse come i dialetti Maya che si
parlano ancora oggi nel Centro America. Nel film interpreto Louise Banks,
esperta linguista di fama internazionale, ingaggiata dal governo americano per
aprire un canale di comunicazione con un gruppo di astronavi aliene atterrate
misteriosamente sulla Terra. Oltre ad essere una storia romantica e
drammatica, è anche un film politico, perchè nel mondo in cui viviamo siamo
sempre alla ricerca di un linguaggio universale con cui comunicare. Molti dei
nostri problemi diplomatici derivano dalla difficoltà che abbiamo a comunicare
con persone che non parlano la stessa lingua, che non condividono gli stessa si
& costumi. I nostri bisogni di esseri umani, nonostante differenze culturali e
sociali, sono simili, tutti vogliamo il bene comune per la gente, per chi amiamo.
La lingua è qualcosa che ci divide, ma che allo stesso tempo ci unisce. Tutti
proviamo le stesse emozioni, a prescindere dalle nostre credenze politiche,
religiose e dal nostro orientamento sessuale. Con gli alieni non vedo un
processo diverso nel senso linguistico del termine, vedo lo stesso tipo di
approccio nel comunicare, utilizzare la conoscenza del nostro passato per
creare un ponte verso il futuro. Quando si esamina la storia della cultura di una
lingua, si capisce l’evoluzione del linguaggio nella società contemporanea. Non
abbiamo idea di come comunicare con gli alieni, ma siamo messi male anche
tra noi terrestri. Siamo come dei bambini che cercano di imparare una nuova
lingua. È un terrritorio completamente inesplorato”.
Per preparasi al ruolo, Amy Adams ha studiato cinese mandarino. “Ho fatto del
mio meglio, ma è stata dura. Inizialmente ho pensato che siccome avevo poche
battute sarebbe stato facile, avevo 2 settimane a disposizione. In realtà ho
scoperto che il mandarino è una lingua bellissima ma molto complicata, dolce e
romantico, mi piacerebbe impararlo, sto cercando di convincere mia figlia
Aviana a studiarla. Mi sono sempre pentita di non essermi iscritta all’università,
ho sempre odiato studiare, ma se potessi tornare indietro vorrei laurearmi.
Magari in antropologia, psicologia o sociologia. Amo comunicare con la gente,
mi piace scambiare idee e pensieri soprattutto con gente che non conosco, di
altre culture. Questo è il motivo per cui ho deciso di diventare attrice. Perchè
ho scoperto che era più facile esprimere le mie idee attraverso la voce del
personaggio che interpretavo. Sono di natura molto istintiva, e di conseguenza
tendo ad intellettualizzare le mie esperienze emotive. Nella mia vita reale
faccio molto fatica ad essere spontanea, ma sul set mi trasformo, mi perdo
nella vita del mio personaggio, nella sua realtà. Uno dei miei passatempi
preferiti è quello di osservare la gente, ma con il fatto che sono diventata
famosa diventa sempre più difficile. Purtroppo non posso più scomparire come
facevo una volta, mi manca l’essere una voyeur. Ci provo spesso, ma i
paparazzi mi scoprono sempre”.
Anche se viene scelta come musa da molti registi (David O’Russell, Paul Thomas
Anderson, Tim Burton, Zack Snyder), Il suo regista preferito è Mike Nichols, con
cui feceLa Guerra di Charlie Wilson (2007) e con il quale aveva una relazione
professionale speciale. “Mi ha insegnato molto non solo sul cinema, ma sulla
vita. Era un uomo che quando ti prendeva sotto le proprie ali creative, non ti
abbandonava finchè non era sicuro che potevi volare con da sola. Pensavo di
essere speciale, ma dopo la sua morte ho scoperto che era mentore di più di 50
attori. Era un uomo straordinario, spesso mi chiamava e mi invitava a pranzo.
Mi dava consigli su tante cose: come investire i miei soldi, come trovare l’uomo
della mia vita, come meditare e trovare l’energia positiva per sopravvivere nel
mondo di Hollywood. Aveva energia da vendere, con lui era impossibile
annoiarsi. Ogni volta che ci vedevamo imparavo qualcosa di incredibile. Mi
diceva sempre: “Amy, le donne sono il fulcro della vita. Se educhi un uomo,
educhi una persona. Se educhi una donna, educhi una nazione”. Aveva capito
che educare una donna avrebbe avuto un’impatto e una ripercussione
sociologica decisamente maggiore sulla società. Mi chiamava affettuosamente
Amy A. Mi diceva sempre: “Amy A. Quando vieni a New York, chiamami che ci
vediamo”. Purtoppo negli ultimi anni non l’ho mai fatto. Questo è uno dei
rammarichi più grossi che ho nella vita. Rimpiango di non averlo più visto, di
non aver ascoltato i suoi consigli per l’ultima volta. Un uomo geniale che
manca moltissimo sia al cinema che a noi attori”.