Venerdì mattina Nike Power Max: mica cazzi. Le
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Venerdì mattina Nike Power Max: mica cazzi. Le
Venerdì mattina Nike Power Max: mica cazzi. Le guardo sotto il banco: una vera figata da centoquaranta euro. A tutti ho detto che le ho rubate al centro commerciale. Invece i centoquaranta li ho fregati a mio padre che ha fiducia in me. Pensa che non gli rubo i soldi. Chissà come mi compro ’ste cazzo di scarpe. Manco si accorge che le porto. Ho un padre testa di cazzo. Non è poi ’sta gran sfiga. Non si accorge di nulla, pensa solo ai suoi aeroplani e a quella moretta che fa la hostess. Ti credo che mia madre lo ha lasciato, mica scema. Si è messa con un dentista molto più giovane di lei. Mamma sì che è una paracula. Piove. Merda, mi si rovineranno le Nike. Sento il terribile alito di Martina accanto a me. Forte Martina, un po’ deficiente: 15 anni, un cubo di un metro e sessantotto per ottantacinque chili; madre natura l’ha dotata di una forza strabiliante: riesce a sollevare uno Scarabeo – il cinquantino – e lanciarlo. È la mia compagna di banco, la mia guardia del corpo. Farebbe qualsiasi cosa per me, mi ammira. Ha addirittura fatto due anni in uno per stare nella stessa classe dove sto io. Però ha un alito di merda. Comunque meglio averla come amica. Una come me ha bisogno di una guardia del corpo. Sono a capo di una banda: Le Sorelle del Diavolo. Che nome scemo. Facciamo un po’ di casino, qualche prepotenza, giusto per non annoiarci. Quelle che i giornalisti per 7 GIORGIO MOLINARI bene chiamano bulle. Fa che mi capiti una di queste giornaliste del cazzo tutte Gucci, Armani & co. Noi Sorelle del Diavolo siamo quattro: Martina, Viola, Francesca detta Francy e io, Simona. Francy è la migliore: sveglia, aggressiva e anche bella. Come me, ma io sono più cattiva... e più fica. Il nostro motto è: “Prendiamoci tutto quello che vogliamo. Ora.” Le nostre vittime preferite a scuola sono due: Silvye, una francesina troietta del cazzo figlia di un funzionario dell’ambasciata francese che metà dei maschi della scuola vorrebbe scoparsi, e Luisa, una del comitato studentesco, una di quelle femministe impegnate che l’altra metà dei maschi vorrebbe scoparsi. Ci odiano. Mi odiano. Le odio. Qui, in questa scuola merdosa, sono in molti che mi vorrebbero stendere. Ma accanto a me c’è Martina. Coraggio, provate a stendermi, teste di cazzo. Quando finisce’sta lezione? Che cojoni... Offro a Martina una gomma al mentolo. Accetta. Martina non dice mai di no. Mi sento uno sguardo addosso: mi giro. Alberto mi sta guardando. Mi sorride. Ricambio e mi rigiro. Non è male Alberto, ma troppo bravo ragazzo. Mi gratto la schiena e sento la pelle e l’elastico del tanga che sporge dai jeans. Ecco quel porco cosa stava guardando: il mio culo. Altro che bravo ragazzo! Trattengo l’istinto di coprirmi: che guardi pure. Lo immagino mentre si fa una sega pensando al mio culo. Scoppio a ridere. “Signorina Coletti” mi fa la prof “può spiegarci cosa ha da ridere?Forse potrebbe divertire tutti noi.” 8 BATTI E CORRI Certo che vi divertirebbe, penso. Adesso mi guarda tutta la classe. Che troia ’sta prof, ci prova gusto a mettermi in imbarazzo. Martina si alza in piedi. Oh no, Martina. Non farlo ancora. “È stata colpa mia.” Si immola ancora una volta. “Smettila di sacrificarti per quella lì, Martina! Ragiona con la tua testa... se ce l’hai” urla Luisa, quella impegnata. Siede nel banco alla mia sinistra. Ci sono io tra lei e Martina. Mi sento spingere via e Martina si avventa sulla stronza femminista. Martina è un caterpillar: scaraventa via il banco e si lancia su Luisa. Si è scatenato un casino bestiale. “Ferme! Fermatevi!” urla la prof. Ma è difficile fermare Martina. La povera Luisa è sotto di lei a prendere ceffoni. Il resto della classe urla e fa il tifo per Martina. Ipocriti, l’hanno sempre snobbata e presa in giro. Nessuno le ha mai fatto la corte... bè, te credo. Comunque adesso è uno spettacolo vederla stendere l’impegnata femminista. Deve intervenire Giovanni, un enorme bidello chiamato dalla prof. Ma anche lui fatica a staccare Martina da Luisa. La sospendono per una settimana. Meglio una sospensione di una settimana che la prognosi di una settimana che si è beccata Luisa portata via con il naso gocciolante sangue e un livido grosso come una cacata di vacca. All’uscita io e le altre Sorelle del Diavolo ci stringiamo intorno a Martina. “Martina” le dico “non lo devi più fare, capito? Non puoi difendermi sempre. Oh, mi hai capito?” Fa cenno di sì con la testa. “Ci vediamo stasera?” ci chiede come se nulla fosse. Mi guardo con le altre: “Certo. Anzi venite a pranzo da me, mio padre non c’è.” 9