L`USO DI GRUPPO AL VAGLIO DELLE SEZIONI

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L`USO DI GRUPPO AL VAGLIO DELLE SEZIONI
L’USO DI GRUPPO AL VAGLIO DELLE SEZIONI UNITE: QUALCHE DUBBIO
Corte di cassazione, Sezioni unite, 31 gennaio 2013- 10 giugno 2013 n. 25401
(Presidente Lupo; Relatore Franco; Pm – concl. diff.- Fedeli; Ricorrente Galluccio).
Stupefacenti- Attività illecite- Uso di gruppo- Modifiche di cui alla legge n. 49 del 2006Rilevanza penale- Esclusione (Dpr 9 ottobre 1990 n. 309, articoli 73 e 75)
Pur a seguito delle modifiche normative introdotte dalla legge 21 febbraio 2006 n. 49 agli articoli
73 e 75 del dpr 9 ottobre 1990 n. 309, non sono punibili penalmente, e rientrano pertanto nella sfera
dell’illecito amministrativo di cui all’articolo 75, l’acquisto e la detenzione di sostanze stupefacenti
destinate all’uso personale che avvengano sin dall’inizio anche per conto di soggetti diversi
dall’agente, quando è certa fin dall’inizio l’identità dei medesimi nonché manifesta la loro volontà
di procurarsi le sostanze destinate al proprio consumo.
Le Sezioni unite intervengono sulla problematica del trattamento sanzionatorio del cosiddetto “uso
di gruppo” di sostanze stupefacenti.
Si tratta di un fenomeno di delicato apprezzamento, sia dal punto di vista materiale
dell’inquadramento del “fatto”, che dal punto di vista giuridico dell’individuazione del trattamento
sanzionario [rilevanza penale o solo amministrativa, ai sensi, rispettivamente, degli articoli 73 e 75
del dpr 9 ottobre 1990 n. 309].
Sotto il primo profilo, perché nell’”uso di gruppo” rientrano due fattispecie totalmente differenti:
quella del soggetto che proceda all’acquisto ed alla successiva cessione della sostanza per farne
"uso di gruppo" unitamente ai terzi mandanti, che previamente gliene hanno affidato l'incarico,
secondo lo schema del “mandato ad acquistare”, e quella dell’ “acquisto in comune” in senso
proprio, dove più soggetti insieme acquistano la droga per successivamente insieme assumerla. Per
le Sezioni unite entrambe le situazioni assumono rilievo solo amministrativo.
Sotto l’altro profilo, perché non è immediatamente chiaro se l”uso di gruppo”, in quanto uso “non
individuale”, debba ritenersi “non esclusivamente personale” e, per ciò, sempre penalmente
rilevante giusta il disposto dell’articolo 73, comma 1 bis, lettera a), del dpr n. 309 del 1990, nel
testo novellato dalla legge n. 49 del 2006, ovvero se l’uso di gruppo, in quanto pur sempre uso
“personale”, debba ritenersi sanzionabile solo amministrativamente ex articolo 75 del dpr n. 309
del 1990, così considerandosi l’avverbio “esclusivamente” utilizzato nell’articolo 73 come
un’aggiunta superflua e pleonastica. E’ sotto questo profilo che si è formato un contrasto di
giurisprudenza che le Sezioni unite hanno voluto risolvere, appunto nel senso della esclusiva
irrilevanza amministrativa del fenomeno.
Il contrasto di giurisprudenza.- La Corte è intervenuta, come detto, a risolvere un contrasto
interpretativo.
Infatti, secondo un primo orientamento, il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti, sia
nell'ipotesi del “mandato all'acquisto” che nell'ipotesi dell'”acquisto in comune”, deve considerarsi
sanzionato penalmente a seguito della novella introdotta dalla legge n. 49 del 2006, risultando
sussumibile nella fattispecie di cui all'articolo 73, comma 1 bis, lettera a), del dpr n. 309 del 1990,
in quanto, in tal caso, non sarebbe ipotizzabile un uso “esclusivamente personale” (secondo quanto
normativamente richiesto ai fini dell'irrilevanza penale della condotta) della sostanza stupefacente
(Sezione II, 6 maggio 2009, Mazzuca; nonché, Sezione III, 20 aprile 2011, Garofalo; ma cfr. anche,
in dettaglio, gli ulteriori precedenti citati dalle Sezioni unite).
Diversamente, secondo altre decisioni, il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti, anche
nell'ipotesi del mandato all'acquisto deve considerarsi penalmente irrilevante, anche a seguito della
novella introdotta dalla legge n. 49 del 2006, sul rilievo che l’utilizzo dell’avverbio
“esclusivamente” avrebbe l’unico significato di confermare la rilevanza penale solo delle [altre]
condotte di consumo di gruppo in cui più persone, in assenza di preventivo mandato, decidano di
consumare droga detenuta da uno di loro, in quanto in tale ipotesi il cedente è da considerare
originariamente in posizione di estraneità rispetto agli altri assuntori e, quindi, non si realizza un
uso “esclusivamente personale”. Al contrario, nell’ipotesi del mandato ad acquistare e, a fortiori, in
quella del consumo conseguente ad un acquisto in comune, sarebbe pur sempre da qualificare come
uso personale di più soggetti previamente definiti (tutti quelli appartenenti al gruppo che hanno
acquistato la sostanza ovvero, nell’ipotesi del mandato, il mandatario acquirente e i suoi individuati
mandanti) (Sezione VI, 26 gennaio 2011, Proc. gen. App. dell’Aquila in proc. D’Agostino; nonché,
gli ulteriori precedenti citati in parte motiva dalle Sezioni unite).
La Corte ha risolto il contrasto privilegiando la seconda opzione interpretativa, così affermando
l’irrilevanza penale dell’uso di gruppo, vuoi nel caso di acquisto in comune, vuoi nel caso del
mandato ad acquistare.
Il sistema previgente: la sentenza Iacolare.- Per cogliere appieno la portata della decisione, è
necessario ripercorrere brevemente lo “stato dell’arte” sull’uso di gruppo prima del novum
normativo introdotto con la legge n. 49 del 2006: operazione utile perché, sul tema, le Sezioni unite
avevano avuto già occasione di intervenire con la sentenza 28 maggio 1997, Proc. Rep. Trib.
Modena in proc. Iacolare, laddove, come è noto, ci si era già pronunciati per la rilevanza
amministrativa della condotta dell’appartenente al gruppo che assuma l’incarico di procedere
materialmente all’acquisto della droga da destinare all’uso comune. A tale sentenza anche la
decisione in esame fa ampio richiamo, riprendendone spunti ed argomenti.
Secondo le Sezioni unite Iacolare, in sostanza, doveva ritenersi l’illecito amministrativo di cui
all’articolo 75 del dpr n. 309/90, e non il reato previsto dall’articolo 73 dello stesso dpr, non solo
nel caso di "acquisto contestuale" di sostanza stupefacente per uso personale da parte di tutti gli
appartenenti ad un gruppo, ma anche in quello in cui solo alcuni dei componenti del gruppo
avevano proceduto all'acquisto della sostanza per conto [su "mandato"] degli altri e poi avevano
proceduto alla materiale suddivisione della stessa.
In estrema sintesi, per le Sezioni unite anche nell'ipotesi del "mandato ad acquistare" il fatto doveva
considerarsi solo amministrativamente rilevante dovendosi applicare agli acquirenti in nome e per
conto degli altri appartenenti al gruppo la disciplina civilistica del "mandato" e i relativi effetti
quanto all'acquisto ed alla disponibilità della sostanza (articoli 1388 e 1706 del codice civile): tutti
gli appartenenti al gruppo, in definitiva, fin da subito, proprio in ragione del mandato conferito
acquisterebbero la disponibilità pro quota della sostanza, con l'effetto che la successiva ripartizione
per l'uso in comune doveva considerarsi penalmente non significativa.
Gli argomenti delle Sezioni unite.- Per pervenire alla conclusione dell’assoluta irrilevanza penale
dell’”uso di gruppo” le Sezioni unite riprendono a piene mani gli argomenti della sentenza Iacolare,
cui sopra si è fatto cenno, ma soprattutto si impegnano a negare alcuna valenza dimostrativa
all’espressione “esclusivamente personale” utilizzata dal legislatore del 2006, sì da escludere che da
tale espressione possa farsi discendere l’attribuzione di rilevanza penale dell’uso di sostanza
stupefacente che esorbiti dall’ambito esclusivamente individuale.
Viene poi esclusa la possibilità di trarre una qualche indicazione dalla volontà del legislatore, in
ragione di lavori preparatori temporalmente contratti e non particolarmente espliciti.
Si aggiunge, ancora, la considerazione che l’introduzione di un “nuovo reato” [quello diretto
appunto a punire l’uso di gruppo] nel corpo del dpr n. 309 del 1990 con la legge n. 49 del 2006 di
conversione del decreto legge 30 dicembre 2005 n. 272 sarebbe stata operazione “illegittima” a
fronte di un orientamento costante della Corte costituzionale nel senso della violazione dell’articolo
77, comma 2, della Costituzione allorquando il legislatore, nel convertire un decreto legge,
introduca norme “del tutto estranee” alla materia ed alle finalità del medesimo.
Le perplessità suscitate dalle Sezioni unite.- Pur dovendosi apprezzare la ricchezza argomentativa
della sentenza delle Sezioni unite, ci sembra che la decisione si basi su argomenti non decisivi, con
contestuale elusione o critica immotivata di altri profili che avrebbero imposto una soluzione
differente con riguardo, almeno, all’uso di gruppo caratterizzato dal “mandato ad acquistare”.
Le affermazioni delle Sezioni unite non convincono appieno quando si concentrano su aspetti
comunque marginali.
Pare infatti inutile e non decisivo, perché sconta lo stesso vizio di arbitrarietà che viene addebitato
alla tesi disattesa, il soffermare l’attenzione sul significato da attribuire all’espressione “uso
esclusivamente personale” [da intendere o no come semanticamente equipollente all’ espressione
”uso esclusivamente individuale”]: l’espressione può essere intesa come pleonastica e inutile [come
sostengono le Sezioni unite] con la medesima dignità e valenza che ha la tesi opposta, secondo cui
tale espressione dimostrerebbe l’intenzione di sanzionare l’uso personale “non individuale”. In altri
termini, al dato letterale non può attribuirsi, in un senso o nell’altro, un inequivoco significato
ermeneutico a supporto dell’una o dell’altra tesi. Non aiuta la lettera della legge; né in tutta
probabilità, come del resto ammesso, dalla Corte, la volutas del legislatore, forse espressa in modo
non chiarissimo, almeno sul punto, in ragione della durata temporalmente contratta dei lavori
preparatori.
Non sembra parimenti argomento decisivo quello dell’ attribuire una particolare valenza
dimostrativa al rilievo che il legislatore del 2006 non avrebbe potuto -pena l’incostituzionalità della
legge di conversione per violazione dell’articolo 77, comma 2, della Costituzione- introdurre un
nuovo reato, criminalizzando cioè una condotta prima penalmente irrilevante. Vale il rilievo,
francamente decisivo, che l’irrilevanza penale dell’uso di gruppo, nel sistema normativo ante
2006, è stato il frutto solo di una autorevole interpretazione delle Sezioni unite, nella già citata
sentenza Iacolare, onde – quale che sia stata l’intenzione del legislatore del 2006- non potrebbe
certo affermarsi che sia intervenuti a criminalizzare per il futuro una condotta in precedenza
normativamente considerata di mero rilievo amministrativo. Quindi, almeno con riferimento alla
tematica del trattamento sanzionatorio dell’uso di gruppo, pur riconoscendosi la suggestività
dell’argomento sviluppato dalle Sezioni unite [che è alla base anche di alcuni incidenti di
costituzionalità della disciplina degli stupefacenti che, presto, saranno affrontati dalla Corte
costituzionale: cfr., oltre alla recente ordinanza della Sezione III della Cassazione, 9 maggio
2013-11 giugno 2013 n. 25554, anche la precedente ordinanza della Corte di Appello di Roma, 28
gennaio 2013], neppure potrebbe sostenersi l’incongruenza dell’intervento normativo [appunto, la
“criminalizzazione” ex novo dell’”uso di gruppo”] realizzato in sede di conversione di un decreto
legge che aveva ad oggetto principale la sicurezza e i finanziamenti delle Olimpiadi invernali del
2006.
Solo per incidens va osservato che il tema dei limiti di contenuto della legge di conversione del
decreto legge, che come detto a breve porterà davanti al giudice delle leggi la disciplina delle
sostanze stupefacenti introdotta nel 2006, non sembra che qui sia stato evocato pertinentemente
ove si considerino i principi sul punto forniti dalla Corte costituzionale e l’ iter che ha portato alla
approvazione della disciplina censurata.
Sotto il primo profilo, anche di recente, la Corte costituzionale ha precisato che nella legge di
conversione del decreto legge possono essere inseriti anche contenuti ulteriori rispetto a quelli
originari del decreto legge, purché sia rispettata la finalità del provvedimento governativo e non sia
alterata l'omogeneità di fondo della normativa urgente e, quindi, sia rispettata la ratio di detto
provvedimento [cfr. la sentenza n. 22 del 2012 e l’ordinanza n. 34 del 2013].
Mentre, con riferimento al secondo profilo, va ricordato che il decreto legge n. 272 del 2005, poi
convertito dalla legge n. 49 del 2006, già si occupava di problematiche relative agli stupefacenti,
contenendo in particolare disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi.
Cosicchè ci sembra difficile che la Corte costituzionale possa effettivamente apprezzare che con la
legge di conversione siano state introdotte disposizioni del tutto inconferenti.
Le ragioni trascurate dalla Corte.- In realtà, l’argomento forte a supporto della [persistente]
rilevanza del mandato ad acquistare è rappresentato dal fatto che trattasi della condotta del
"procurare ad altri", espressamente prevista e sanzionata penalmente nell'articolo 73, comma 1, del
dpr n. 309/90, già prima del novum normativo introdotto dalla legge n. 49 del 2006. Si tratta di una
condotta per nulla meno pericolosa delle altre sanzionate dallo stesso articolo 73, ove si consideri
che anch'essa finisce con il realizzare un’illecita diffusione (a terzi) della sostanza stupefacente non
foss'altro perché, ove non vi sia chi si assuma l’incarico di procurare la droga, gli altri appartenenti
al gruppo non ne potrebbero ottenere la disponibilità e/o, comunque, per soddisfare il proprio
bisogno personale, dovrebbero organizzarsi diversamente (accettando, ad esempio, il rischio di un
acquisto effettuato in prima persona).
A fronte di tale indiscutibile dato di fatto, gli argomenti delle Sezioni unite paiono elusivi e non
decisivi.
E’ infatti, semplicistico e assertivo liquidare il problema con il richiamo della sentenza Iacolare e
con la considerazione che si assume ivi sviluppata secondo cui “l’acquisto su previo mandato dei
componenti il gruppo esula dalla fattispecie del procurare ad altri, stante la qualificazione della
condotta come attività immediatamente prodromica al consumo personale di gruppo”. L’attività
sarà pure prodromica al consumo di gruppo, ma il mandatario pone in essere una condotta che non
può essere liquidata come irrilevante, non potendo la destinazione della droga all’uso comune
neutralizzare “in fatto” una condotta che è pur sempre quella del “procurare ad altri” [sia pure
appartenenti al gruppo] la droga. Non risulta, del resto, che l’articolo 73, comma 1, del dpr n. 309
del 1990, nel sanzionare tale condotta, operi un qualche distinguo, che possa consentire di ritenere
irrilevante la condotta di chi abbia procurato la droga anche a sé stesso, oltre che “ad altri”.
Ci permettiamo allora di dissentire dalle Sezioni unite allorquando patrocinano l’irrilevanza penale
anche dell’uso di gruppo caratterizzato dal mandato ad acquistare.
L’ “acquisto collettivo”.- Piuttosto, diverso discorso deve invece farsi quanto al trattamento
sanzionatorio dell'"uso di gruppo" caratterizzato dall' “acquisto in comune” della droga da parte
degli assuntori.
Si è in presenza, infatti, di una condotta che non realizza un’indebita diffusione della sostanza
stupefacente da chi materialmente acquista la droga a chi si limita solo ad assumerla, giacché
all’operazione procedono “congiuntamente” tutti i soggetti, per il proprio, esclusivo uso personale
sia pure, ovviamente, pro quota.
Anche in questo caso la soluzione va trovata non “fissandosi” sull’espressione “uso non
esclusivamente personale”, per le apprezzate ambiguità interpretative.
In realtà, una soluzione equilibrata può e deve essere considerata, apprezzando la peculiarità di tale
fattispecie, laddove non vi è appunto un’indebita diffusione della sostanza a soggetti diversi da chi
l’abbia acquistata [come nel mandato ad acquistare], giacchè tutti i componenti del gruppo
intervengono all’atto dell’acquisto, contribuendo pro quota all’acquisizione della porzione di
sostanza da riservare al proprio fabbisogno personale, pur in vista di una progettata assunzione in
comune.
Si tratta di situazione che, del resto, ponendosi nella prospettiva del singolo compartecipe
all’acquisto, non è diversa da quella che si verificherebbe laddove questi si inducesse all’acquisto
“da solo”.
E’ questa empirica considerazione che consente di ricondurre la condotta di che trattasi
nell’ambito del penalmente irrilevante, senza dovere ricorrere anche stavolta a delicate letture
interpretative del significato dell’espressione “uso non esclusivamente personale”, si da farvi
rientrare anche l’uso personale [anche] di persone diverse, ergo anche l’uso personale collettivo.
Infatti, per addivenire stavolta alla soluzione ammissiva della rilevanza solo amministrativa
dell’”acquisto in comune”, può rilevare decisivamente la possibilità di valorizzare il proprium
dell’illecito penale, che è stato consapevolmente costruito, dal legislatore del 2006, sulla
destinazione a terzi della sostanza stupefacente. Le condotte non autoevidentemente dimostrative di
tale destinazione [ergo, quelle di importazione, esportazione, ricezione e, soprattutto, acquisto e
detenzione], sono sanzionate dall’articolo 73, comma 1 bis, lettera a), del dpr n. 309 del 1990 solo
se qualificate dalla positiva dimostrazione di tale illecita destinazione. Ed allora, bene può
accedersi ad un’interpretazione che, valorizzando il profilo della destinazione della sostanza,
conduca a ricondurre nell’ambito del rilevante solo amministrativamente quelle condotte di acquisto
che, pur collettivamente realizzate, siano inequivocamente dimostrative solo di un’assunzione
“personale” del singolo acquirente, il quale, a ben vedere, con la propria condotta si limita ad
acquistare pro quota solo la sostanza destinata al proprio fabbisogno, pur se in ipotesi da
consumare insieme ad altri, senza in tal modo contribuire alla diffusione a terzi della sostanza.
Le conseguenze della decisione.- Per completezza, pur essendosi espresse riserve sulla decisione
delle Sezioni unite, ne vanno esaminati gli effetti concreti: ergo, le condizioni alla cui sussistenza
potrebbe accedersi alla soluzione dell’irrilevanza penale dell’”uso di gruppo” sostanziatosi nel
“mandato ad acquistare”.
A seguire l’impostazione delle Sezioni unite, per la rilevanza solo amministrativa del “mandato ad
acquistare” occorrerebbe:
1) che l’acquirente- mandatario, che materialmente procede all’acquisto, sia anche uno degli
assuntori;
2) che sia certa sin dall’inizio l’identità dei componenti del gruppo nonché manifesta la
comune e condivisa volontà di procurarsi la sostanza destinata al consumo personale;
3) che si sia raggiunta l’intesa in ordine al luogo ed ai tempi del relativo consumo;
4) che gli effetti dell’acquisizione “traslino” direttamente in capo agli interessati, senza
passaggi mediati, i quali configurerebbero autonome cessioni penalmente rilevanti.
Spunti in tal senso sono desumibili dalla sentenza della Sezione VI, D’ Agostino, cui la Corte ha
fatto ampia richiamo.
Rimane inesplorato, in tal decisione, ma anche nella sentenza delle Sezioni unite, il profilo della
“contribuzione economica” per l’acquisto in comune: se cioè tutti debba contribuire pro quota,
magari in anticipo, ovvero se tale aspetto non rilevi per circoscrivere la nozione di ”uso di gruppo”.
Sembrerebbe questione di notevole rilievo probatorio, atta a dimostrare il conferimento effettivo del
mandato e a smentire possibili strumentali giustificazioni a posteriori.
Conclusioni.- Al di là delle critiche che ci si è permessi di formulare, è ovvio che la decisione
della Corte non potrà non essere applicata, in ossequio alla funzione nomofilattica del giudice di
legittimità.
Attenzione particolare, dal punto di vista probatorio, dovrà farsi per poter fondatamente ravvisare
l’”uso di gruppo” e per evitare che dietro la apparente copertura del “mandato ad acquistare” possa
celarsi una vera e propria attività di spaccio. Ne sono consapevoli le stesse Sezioni unite
allorquando evidenziano giustamente che non potrebbe parlarsi di “uso di gruppo” qualora
l’acquirente non sia anche uno degli assuntori oppure abbia effettuato l’acquisto senza averne
ricevuto mandato dagli altri.
GIUSEPPE AMATO