di mare S - Giuseppe Raudino

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di mare S - Giuseppe Raudino
Parole
di mare
di Giuseppe Raudino
STORIA
Non importa che si tratti di un lago,
di una baia o di un antico porto.
L’amore per la navigazione ha sempre
portato, e porterà, grandi scrittori a
raccontarci storie, intrighi e avventure.
a letteratura, è risaputo, è fatta
di storie coinvolgenti e si nutre di
brividi e avventure. Ma cosa può
esserci di più emozionante di una barca che molla gli ormeggi e punta verso
l’imboccatura del porto, diretta verso
mete lontane?
Non è un caso, perciò, che oltre agli spiriti liberi e agli amanti dell’avventura,
tra coloro che hanno subìto il fascino
della navigazione non siano mai mancati grandi scrittori, alcuni dei quali
hanno immortalato nelle loro pagine
momenti indimenticabili di vita vissuta
in mare. Qualcuno dei loro romanzi si
è perfino meritato un posto di rilievo
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nella storia della letteratura mondiale,
si veda il caso di Melville, Conrad, Hemingway, London o Fitzgerald, mentre
tanti altri, pur essendo famosi per differenti aspetti, nascondono tra le fitte
maglie della loro trama alcune descrizioni suggestive di luoghi e modi tipici
del mondo della navigazione.
E’ il caso dei romanzi di spionaggio,
caratterizzati da personaggi brillanti,
ricchi, amici di potenti e ben inseriti
nell’alta società. Non è un mistero che
gli agenti segreti, per mestiere, debbano
spostarsi da una parte all’altra del globo. Per farlo possono prendere un jet
privato, guidare una fuoriserie o salire
a bordo di uno yacht e sorseggiare un
Martini. Non dimentichiamoci, infatti,
che simili romanzi esercitano un grande fascino grazie alle condizioni di vita
che i protagonisti possono permettersi,
e una barca lussuosa, di tanto in tanto,
aiuta a rendere più interessante la storia, oltre che a sposarsi perfettamente
con il gusto per l’esotico e l’avventura
di cui sono assetati i lettori. Vediamo
alcuni casi di scrittori ‘di mare’.
John Grisham
“La barca era uno schooner di dodici
metri che Abanks aveva acquistato in
Giamaica per soli duecentomila dollari” scrive John Grisham nel romanzo
‘Il socio’. Il protagonista è Mitch, un
giovane avvocato multimilionario che
si trova involontariamente stretto in
un’insolita morsa tra mafia e FBI. La
cosa che gli rimane da fare è sparire
dalla circolazione insieme alla moglie,
e senza dubbio lo fa in grande stile
“Quando… ebbero caricato a bordo il
gommone, Mitch disse: «Andiamocene.
Possiamo partire?». «Come vuoi» rispose George. Mitch guardò le luci lontane
della spiaggia e disse addio agli Stati
Uniti. Poi scese sottocoperta e si versò
una tazza di whiskey.”
La storia di Mitch somiglia a uno dei
sogni più inconfessabili che ognuno di
noi, almeno una volta nella vita, pronuncia sottovoce: piantare tutto e ricominciare daccapo, magari in un posto
incantevole e lontano.
La nuova vita di Mitch ha inizio all’alba di una domenica, con George che
gli insegna i trucchi della navigazione.
“Lo schooner da dodici metri correva
verso sud a vele spiegate sotto il cielo
sereno. Abby [sua moglie] dormiva profondamente nella cabina più grande”.
Lo scopo della fuga è non farsi trovare
mai più né dalla malavita statunitense
né dai federali. La soluzione geniale
escogitata da Mitch è di fare della barca
la propria abitazione, spostarsi continuamente da un’isola all’altra nel mare
dei Caraibi e abitare sulla terraferma
solo per qualche mese all’anno.
“Per alcuni giorni navigarono in direzione di Cuba, poi l’aggirarono e proseUna dinette raccolta.
Profumo di legni e qualche
scaffale con letture
selezionate. Siamo a
bordo di Romola, uno yacht
del 1903 progettato da
Charles Nicholson in puro
stile edoardiano.
A destra, Tobermory in
Scozia, una delle località
predilette da Björn Larsson
(foto Steven Way).
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Sono le calde acque delle
Bahamas la cornice dove si
svolge il romanzo ‘Il simulatore’,
di Frederick Forsyth. Qui una
spiaggia di Dry Tortugas (foto
Alain Esteva Ramirez). Sotto, la
prua ‘ricamata’ di Romola.
più tardi, a un certo punto della rotta,
mentre sfiora le coste giamaicane e a
babordo si intravede la Montego Bay.
“Alla fine del quarto giorno di navigazione, mercoledì, giunsero in vista di Grand
Cayman. Le girarono intorno lentamente
e gettarono l’àncora a un miglio dalla
riva”.
Frederick Forsyth
guirono verso la Giamaica. Guardavano
George e ascoltavano le sue lezioni. Dopo
avere navigato per vent’anni nel Mar dei
Caraibi, era diventato molto esperto e paziente… Ascoltava e imparava a memoria
parole come spinnaker, albero maestro,
prua, poppa, timone, verricelli delle drizze, montaggio dell’albero, puntali, scotte,
delfiniera, battente del boccaporto, bugne,
fiocco, gallocce, boma. George teneva lezioni e spiegava il significato di ingavonare, orzare, filare con il vento in poppa,
bordeggiare, rubare il vento, prendere il
vento, stringere il vento.”
Nel frattempo Mitch studiava la tecnica
o si lasciava affascinare dalle terre che
scorgeva in lontananza. Non è difficile immaginarlo mentre doppia Punta
de Maisi, l’estremità sud-orientale di
Cuba, con Môle Saint-Nicolas di Haiti
che guarda dalla parte opposta; oppure,
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Il fascino dei Caraibi ha attratto anche un altro scrittore di grosso calibro
come Frederick Forsyth, che nel suo
romanzo ‘Il simulatore’ dedica addirittura un’ampia sezione a questo angolo
di paradiso dell’America centrale.
Uno dei personaggi, Julio Gomez, ama
trascorrere tutti gli anni qualche giorno
di vacanza dedicandolo completamente
alla pesca a bordo del Gulf Lady.
“Naturalmente nei Caraibi si potevano
noleggiare barche più moderne per la
pesca sportiva – scrive Forsyth – barche
con i tubi collegati al motore per pulire
il ponte, bar per i cocktail, televisori e
videoregistratori, apparecchi elettronici
per scovare i pesci e strumenti di navigazione sufficienti per fare il giro del
mondo. Il Gulf Lady non aveva niente
di tutto questo: era una vecchia tinozza
un po’ malandata con un motore diesel
Perkins che faceva parecchio fumo, ma
aveva navigato in acque agitate assai
più spesso di quanto gli elegantoni delle
Keys della Florida potessero immaginare. Aveva una piccola cabina di prua,
una quantità di canne e di lenze che
odoravano di olio e di pesce e un ponte
posteriore scoperto con dieci reggicanne
e una sola poltrona da combattimento
costruita in legno di quercia, con i cuscini come lusso extra.”
L’isola nella quale è ambientata la narrazione è un luogo fittizio: Forsyth la
chiama isola di Sunshine e nel romanzo
viene descritta come appartenente all’arcipelago delle Barclay, un territorio
d’oltremare della Gran Bretagna. Ov-
viamente non esistono nessuna isola
e nessun arcipelago con questi nomi.
Viene menzionato addirittura il porto
di un villaggio, Port-Plaisance, ma si
tratta di un toponomastico che nella
realtà corrisponde a un luogo ben lontano dalle Antille.
Forsyth, tuttavia, non è avaro di dettagli, per cui è possibile avanzare qualche ipotesi per cercare di capire se
dietro alla dissimulazione letteraria
si nasconde veramente un’isola nota,
dalla quale abbia tratto ispirazione per
i suoi fini letterari.
“Il Gulf Lady – si legge nel romanzo
– rientrò sul mare scintillante un’ora
prima del tramonto… In quel momento
[Gomez] era veramente felice. Dieci chilometri dietro di lui c’era lo strapiombo
sottomarino dove il Grande Banco delle
Bahamas sprofonda nel canale di Santaren… Lontano, sulla sua sinistra, al
di là delle Dry Tortugas invisibili al di
sotto dell’orizzonte occidentale, la sfera
rossa del sole scendeva incontro al mare e
abbandonava il caldo opprimente per arrendersi al fresco ristoro della brezza serotina e all’avvicinarsi della notte. Davanti
al Gulf Lady l’isola si stendeva sull’acqua
a tre miglia di distanza. Avrebbero attraccato nel giro di venti minuti.”
Più avanti, in un altro punto del romanzo, Forsyth descrive esattamente la posizione di queste immaginarie Barclay,
affermando che si tratta di “otto piccole
isole situate al margine occidentale del
Grande, Banco delle Bahama, a ovest
dell’isola di Andros, a nord-est di Cuba e
a sud delle Keys della Florida.”
Mettendo insieme tutte le informazioni,
ci accorgiamo che la posizione occupata dalle Barclay coinciderebbe con il
banco di Cay Sal, che prende il nome
dall’omonima isola. Nelle vicinanze, a
completare l’arcipelago, ci sarebbero
Elbow Cay a nord, Anguilla Cay a sud
est e uno sparuto numero di isolotti
collegati ad essi.
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Cay Sal è l’unica isola abitata mentre
Elbow Cay (da non confondersi con
l’omonima località a est delle Bahamas)
è forse la meta più famosa di tutta la
laguna per via dei suoi fondali che attraggono gli appassionati di immersione e di pesca sportiva, e il suo vecchio
faro ottocentesco che richiama diversi
curiosi all’anno. Il Gulf Lady di Forsyth
sembrerebbe dirigersi proprio in direzione di quest’ultima provenendo da
Sud-Sud-Ovest, rendendo plausibile la
posizione “a sinistra”, ovvero a ovest,
delle Dry Tortugas e lo strapiombo del
canale di Santaren lasciato alle spalle.
STORIA
Ernest Hemingway
Tra gli scrittori sensibili al fascino della
bella vita e della navigazione non ci si
può dimenticare di Ernest Hemingway,
attratto dai mari del sud, dalla pesca
sportiva e dai complotti di spionaggio
internazionale. Nel 1927 Hemingway
va a vivere a Key West, in Florida, dove
comincia a respirare la salsedine. Nel
1930 fa un viaggio sull’isola di Tortuga, mentre due anni dopo partecipa a
una spedizione di pesca all’Avana che
lo fa innamorare di Cuba, dove tornerà
spesso in crociera come ospite a bordo
dello yacht di un amico. Nel 1934 Hemingway acquista una barca d’altura
che verrà da lui stesso ribattezzata Pilar
e tornerà spesso all’Avana.
“Una volta – scrive Hemingway – si alzò
in piedi e orinò fuori della barca e guardò
le stelle e controllò la direzione. La lenza
segnava nell’acqua una striscia fosforescente che partiva direttamente dalle sue
spalle. Ora procedevano più lentamente
e le luci dell’Avana non erano molto for-
ti, per cui capì che la corrente li stava
trascinando verso oriente. Se ci allontaniamo dalla luce dell’Avana, si vede che
andiamo più verso oriente, pensò.”
Scrittura, mare, pesca e barche. A completare il quadro, l’adrenalina per i complotti sullo scacchiere internazionale non
tarda ad arrivare, e nel 1942 Hemingway
partecipa a un’azione di controspionaggio all’Avana, con la sua Pilar camuffata
da nave per ricercatori di museo americano di storia naturale. Esperienze simili
confluiranno in diverse opere e molte
storie saranno ambientate a Cuba, come ‘Il vecchio e il mare’, che gli valse nel
1954 il premio Nobel per la letteratura.
In particolare, l’attività di controspionaggio, con la Pilar in perlustrazione
nei Caraibi alla ricerca di sottomarini
nazisti da affondare, confluirà invece nel
romanzo ‘In mare’.
Björn Larsson
Ad ogni modo, malgrado la vasta letteratura sull’argomento, sarebbe ingiusto pensare che solo i mari caldi e
le barriere coralline possano ispirare
i grandi romanzieri. Anche le acque
gelide e le plumbee increspature del
Mare del Nord hanno dato frutto a numerose riflessioni letterarie. E’ il caso
di Björn Larsson, uno scrittore svedese
che a bordo del suo Rustler 31 chiamato Rustica ha scritto diversi romanzi,
tutti connessi col mare, la navigazione,
l’avventura e i viaggi.
“Se è vero che viaggiare consiste nel fare
esperienze, e non nel lasciarsi trasportare
– scrive Larsson – il valore del viaggio
è inversamente proporzionale alla sua
velocità… Andare a vela è un modo mol-
Montego Bay, in Giamaica, nel suo aspetto di oggi (Foto Emily McCarteny). Qui John
Grisham ambientò il suo romanzo Il socio.
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to lento di viaggiare, se non lo si fa su
quei mostri di velocità a fondo piatto,
progettati e costruiti per le regate. Con
il Rustica nel migliore dei casi viaggiavamo a cinque nodi, equivalenti a nove
chilometri orari, appena più veloci di
una camminata di buon passo… Credo che la maggior parte dei velisti sarà
d’accordo con me sul fatto che la vela
abbia una capacità tutta particolare di
far vivere esperienze e lasciare impressioni forti e durature. Viaggiare a vela vuol
dire ricordare. Si ha il tempo di ricordare
quel che passa sul cammino.”
Larsson predilige il Mare del Nord, e i
suoi libri sono pieni di descrizioni emozionanti che presentano molti di quei
luoghi vividamente e avvolti da un’aura
di rara bellezza, dalla Danimarca alle
Ebridi, da Torbermory a Saint Malo.
Francis Scott Fitzgerald
La stessa predilezione per le alte latitudini può rintracciarsi in altro scrittore:
l’americano Francis Scott Fitzgerald,
il quale nel suo capolavoro intitolato
Il ‘Grande Gatsby’ narra le vicende di
James, un ragazzo ambizioso che punta
in alto e che inizia la sua scalata proprio in barca, conoscendo un miliardario su uno yacht e guadagnandosi la
sua amicizia con un prezioso consiglio.
Scrive Fitzgerald: “James Gatz. Era questo il suo vero nome, o almeno quello
legale. Lo aveva cambiato a diciassette
anni, nel momento in cui ebbe inizio
la sua carriera: quando vide lo yacht di
Dan Cody gettare l’àncora nella secca più
insidiosa del Lago Superiore. Era James
Gatz che bighellonava quel pomeriggio
sulla spiaggia in un maglione verde consunto e un paio di calzoni di tela, ma
fu già Jay Gatsby a farsi prestare una
barca a remi, per accostarsi al Tuolomee
e informare Cody che poteva venir sorpreso da un colpo di vento e affondare
in mezz’ora.”
L’incontro si svolge nelle vicinanze di
Duluth, Minnesota, nelle acque gelide
del suo immenso lago, un vero e proprio
specchio cristallino capace di riflettere
ogni luce in lontananza, l’imponente
faro e il luccichio delle case a riva.
Per il giovane Gatsby, che tenendo fermi
i remi guardava in alto la ringhiera del
ponte, quello yacht rappresentava tutta
la bellezza e lo splendore del mondo…
Qualche giorno dopo lo portò a Duluth
e gli comprò una giacca azzurra, sei
paia di calzoni bianchi e un berretto
con visiera da yacht. E quando il Tuolomee partì per le Indie Occidentali e la
Barbary Coast, partì anche Gatsby….
L’accordo durò cinque anni, durante i
quali la nave fece tre volte il giro
del continente.
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