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€ 5,90 r(*6(/0r888$0.1.64*$*5
Gianni
Pallotto
e il suono di Technicolor
La tecnologia
dei compressori
I limiti delle DAW
il lato oscuro del software
Classici Metallizzati
Extreme
FXPANSION GEIST AVID PRO TOOLS|HD NATIVE STEINBERG NUENDO 5 EASTWEST MINISTRY OF ROCK 2
IK MULTIMEDIA ARC SYSTEM APPLE MACBOOK AIR 13” SOFT SYNTH SAMPLING PER CLAVIA NORD WAVE
AVALON U5 SONUM H2O SE ELECTRONICS VOODOO VR1 NEVE 1073LB METRIC HALO LIO-8 YAMAHA HS80M
Anno VII - Mensile - N° 5 giugno 2011 - Poste Italiane Spa - Sped. in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano.
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INCHIESTA
I LIMITI DELLE DAW
di Stefano Pinzi
I LIMITI DELLE DAW
IL LATO OSCURO DEL SOFTWARE
Strumenti tuttofare
in grado di gestire
in autonomia un
intero processo di
produzione audio,
dalla registrazione
alla finalizzazione.
Ma fin dove arrivano
le capacità di questi
sistemi?
babilmente anche meglio di chi appartiene a una generazione passata) l’analisi dei punti deboli e dei limiti di queste workstation, che abbiamo voluto indagare con la collaborazione di tre noti e importanti esperti, fortemente coinvolti nel problema.
È importante sottolineare che l’intento di questa inchiesta è
ben lontano dall’essere una critica fine a se stessa, quanto
piuttosto uno spunto di riflessione per provare a comprendere le reali esigenze di un moderno professionista e per
tentare di inquadrare i margini di miglioramento e di sviluppo che nel prossimo futuro questi sistemi potranno avere.
MARCO BORSATTI
A partire dalla seconda metà degli anni ’90, le DAW hanno
segnato un importante punto di svolta nelle modalità e nelle
procedure di un lavoro di registrazione. Fino a quel momento le tecnologie esistenti avevano posto dei vincoli (computer
non abbastanza veloci e potenti, hard disc non abbastanza
capienti, ecc) permettendo lo sviluppo di software che potevano solo operare con una quantità moderata di informazioni, come un MIDI sequencer o un editor audio stereofonico. Gran parte dei sistemi che oggi sono utilizzati in ambito professionale (e non) derivano da questi progenitori. Oggi
si sono trasformati in “postazioni di lavoro per l’audio digitale”, le DAW appunto, che consentono di integrarsi con altro
hardware e altro software per un controllo sempre più completo di tutte le fasi della lavorazione di un prodotto sonoro.
Chi non ha vissuto, professionalmente parlando, questo
precedente periodo, forse non può apprezzare in toto i grandi benefici apportati da questo importantissimo sviluppo
tecnologico, ma certamente potrà ben comprendere (pro-
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La nostra analisi parte esaminando il punto
di vista tecnico di un sound engineer che
da diversi anni opera ad altissimo livello,
collaborando alle produzioni di artisti come Vasco Rossi, Laura Pausini, Eros Ramazzotti, Biagio Antonacci, Ornella Vanoni e molti, moltissimi altri.
Il primo aspetto che abbiamo affrontato con Marco Borsatti
riguarda le proprietà di questi software, che apparentemente sembrano assomigliarsi un po’ tutti ma che nella sostanza possono presentare differenze rilevanti. In base a quali criteri è possibile scegliere la DAW più adatta alle proprie
esigenze? Quali aspetti sono importanti da valutare per stabilire se un sistema faccia più o meno al caso nostro?
Ne è emerso che la scelta dovrebbe essere in primo luogo guidata dalle necessità pratiche dell’utente e da un’affinità che può variare da soggetto a soggetto. Oggi c’è chi lavora esclusivamente con l’audio e chi invece utilizza molto la
programmazione MIDI, c’è chi gestisce tutto con il computer e chi invece si appoggia anche a dell’hardware esterno.
“Se per esempio un musicista, che lavora molto con il MIDI,
sceglie di utilizzare Logic al posto di Pro Tools, io non posso
che essere d’accordo.
Logic è un programma nato originariamente come MIDI sequencer puro, allora si chiamava Logic Notator, ed è probabile che abbia sviluppato maggiormente certi aspetti, come
[COMPUTER MUSIC STUDIO ]
è avvenuto anche per Cubase. Sono dell’idea che prima di
utilizzare qualsiasi attrezzatura, hardware o software, sia di
fondamentale importanza leggerne e conoscerne il manuale. Solo in questo modo si può avere un controllo assoluto su
tutto ciò che serve per sfruttarne al meglio le qualità.
Quando si parla di registrazione audio, lasciando da
parte il processing dei plug-in, è molto importante trovare un sistema che tratti il suono con adeguata trasparenza e linearità.
Io per questo mi affido quasi esclusivamente a Pro Tools,
perché a mio avviso possiede un mixer che si avvicina molto alle caratteristiche di un sistema analogico, non solo esteticamente ma anche in termini qualitativi e operativi. Probabilmente questo è proprio uno dei motivi che hanno permesso che si diffondesse così tanto in campo professionale,
unitamente a una politica di vendita molto intelligente, che
però negli anni è andata un po’ a perdersi. Pro Tools è stato
inoltre uno dei primi sistemi a sviluppare la risoluzione a 24
bit, il primo a integrare hardware e software proprietari, e secondo me ha avuto il merito di creare un’interfaccia utente
molto semplice e intuitiva. Mettendo insieme tutti questi ingredienti si capisce come e perché sia diventato uno standard negli studi professionali.”
Non è facile però parlare di standard quando si è sottoposti
a continue routine di aggiornamenti, spesso non compatibili
al 100% con le sessioni di lavoro precedenti. Da alcuni anni
assistiamo a una sorta di corsa alla nuova versione che per
un motivo o per l’altro costringe gli utenti a rimanere sempre
al passo. Con il tempo questi software hanno acquisito un
numero enorme di funzioni (alcune utili, altre meno) che soprattutto in alcuni casi hanno portato ad avere dei menu di
gestione molto lunghi e complessi.
“Purtroppo questi aggiornamenti non sono quasi mai volti
a garantire maggiore stabilità e affidabilità del sistema, elementi che invece sarebbero fondamentali soprattutto per
una situazione professionale. Anzi, l’aggiunta di nuove feature tende di volta in volta ad aumentare la gamma di possibili problemi e il passaggio a una nuova versione è sempre
più un’incognita. Mi è capitato recentemente di azzardare
un aggiornamento proprio durante i lavori di mix di una produzione di alto livello: come risultato di questa mia presunta
imprudenza, ho dovuto ripetere molte delle operazioni sulle quali avevo precedentemente lavorato, perché in seguito
all’aggiornamento erano andate perdute! Qualcosa di simile
mi è poi capitato nuovamente nel bel mezzo di un altro lavoro importante. Sono situazioni molto spiacevoli e imbarazzanti, che non si vorrebbero mai dover affrontare in un contesto lavorativo. Parlo di Pro Tools perché è il software che
[COMPUTER MUSIC STUDIO ]
utilizzo da sempre, non mi piace fare commenti su cose che
non conosco a fondo. In certe situazioni mi sono dovuto affidare al servizio di assistenza per segnalare alcuni problemi che avevo riscontrato, ma non sempre ho ricevuto il supporto che mi aspettavo. Anche questo è un aspetto che reputo molto importante nel valutare i pregi e i difetti di un sistema di lavoro.”
NICOLÒ FRAGILE
Con l’incremento delle loro potenzialità, le workstation audio
sono diventate importanti strumenti di produzione, che hanno permesso lo sviluppo di procedure di lavoro totalmente
nuove. Anche sotto questo aspetto i benefici sono assolutamente innegabili.
“Queste macchine mettono a disposizione una gran quantità di funzioni, ma è anche importante che permettano di lavorare con semplicità e agilità!” ci dice Nicolò Fragile, uno
dei pochissimi artisti italiani noti in campo internazionale sia
come musicista, sia come produttore e arrangiatore di oltre
200 album nel corso della sua ventennale carriera.
Il lavoro che Nicolò svolge, lo porta a dover operare con diversi software, e quindi a conoscerli in modo approfondi-
“
Sono dell’idea che prima
di utilizzare qualsiasi
attrezzatura, hardware o
software, sia di fondamentale
importanza leggerne e
conoscerne il manuale.
Marzo Borsatti
”
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INCHIESTA
I LIMITI DELLE DAW
to e a usufruire al massimo delle loro capacità. “Metto sempre a dura prova il mio software, con molte tracce audio, MIDI, virtual instrument e relativi effetti e automazioni. Spesso per conservare la qualità sonora della riproduzione a 32
bit, rimango con tutti i virtual instrument aperti in tempo reale, perché facendo dei bounce rischierei di perdere davvero
molto in qualità. Oggi la musica si fa alla velocità del pensiero, quindi per me è molto importante la rapidità con la quale si riesce a operare.
A seconda del progetto che mi arriva, mi trovo a lavorare su
sessioni di Logic, Cubase, Nuendo, Pro Tools o Digital Performer. Su quest’ultimo non metto mano dal 2003, ma già
allora possedeva funzioni molto avanzate che altri concorrenti hanno integrato solo in tempi recenti. Trovo Pro Tools
molto bello per l’audio, molto semplice appunto. Ho fatto
da subito l’upgrade alla nuova versione e sono rimasto molto deluso perché mi aspettavo una workstation definitiva, e
invece mi ritrovo ancora a dover usare un altro software per
programmare la musica.
La scrittura a 32 bit del software significa per me non poter
sfruttare tutta la memoria di cui dispongo per poter caricare virtual instrument, scrivere orchestrazioni, ecc. Operazioni pensanti, insomma, che di certo non posso portare avanti
con Pro Tools, perché sarei costretto di continuo a regolare il
buffer size per riuscire a gestire il tutto. Riscrivere gli algoritmi a 64 bit richiederebbe un investimento notevole da parte
dell’azienda, non so se lo faranno, però sarebbe il massimo
avere un software in grado di fare tutto e bene.
Con Steinberg mi trovo molto bene, sto collaborando con lo-
“
Oggi la musica si fa alla
velocità del pensiero,
quindi per me è molto
importante la rapidità
con la quale si riesce a
operare.
Nicolò Fragile
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”
ro per segnalazioni e suggerimenti e devo dire che mi danno ascolto. Sto anche spingendo molto perché cerchino di
avvicinarsi di più al risultato che si ottiene con Pro Tools a
livello di mixing e di gestione del mixer. Per il resto, Cubase è un programma con il quale mi trovo molto a mio agio e
che mi permette di gestire il MIDI e gli strumenti virtuali come nessun altro, a differenza di Logic che invece trovo davvero poco intuitivo.
È scomodo dover entrare in una finestra apposita per fare
un editing accurato sull’audio; è scomodo non poter vedere la forma d’onda stereo. La visualizzazione è molto importante perché certe cose si notano guardando, mentre può
essere difficile farci caso con il solo ascolto. In generale trovo sia molto disordinato e dispersivo anche nei menu e nelle impostazioni.
Sembra quasi che a ogni versione abbiano aggiunto nuove possibilità, senza che nessuno si sia mai preso la briga di considerare tutto quello che già c’era prima e di riscrivere e riordinare il tutto in modo logico, come peraltro il nome suggerirebbe. Ci si può fare davvero di tutto, ma rischia
di essere come la classica Cinquecento con il motore della Ferrari...”
GIORDANO MAZZI
Compositore e arrangiatore, Giordano Mazzi collabora dal
1994 con il Maestro Fio Zanotti e successivamente con Celso Valli, inserendosi in importanti produzioni del panorama
musicale italiano e internazionale (Mia Martini, Anna Oxa,
Adriano Celentano, Laura Pausini, Pooh, Claudio Baglioni,
Gianni Morandi, Vasco Rossi, solo per citarne alcuni).
Insieme a Giordano siamo andati ad approfondire la questione legata alla gestione dei soft synth e degli strumenti virtuali in generale, per capire quali siano in questo ambito le prestazioni che un professionista si aspetta di ottenere.
[COMPUTER MUSIC STUDIO ]
“
Un problema che spesso rilevo
è l’eccessiva complessità di
certi prodotti, nella gestione
dei parametri ma anche
nell’interfacciamento con i
controller hardware.
Giordano Mazzi
“Faccio un uso molto intensivo e quotidiano di questi software, potrei quasi affermare di vedere più Logic di mio figlio e mia moglie... Per quanto riguarda i synth virtuali, dal
mio punto di vista posso dire che al momento non tutti sono all’altezza; ci sono aziende come Spectrasonics che offrono prodotti di altissima qualità, molto vicini alle prestazioni dell’hardware, che è un po’ il tasto dolente di questi strumenti. Per carità, i virtual instrument sono una manna dal
cielo, anche considerando i ritmi di lavoro ai quali siamo costretti ai giorni nostri.
Proprio per questo motivo, un problema che spesso rilevo è
l’eccessiva complessità di certi prodotti, nella gestione dei
parametri ma anche nell’interfacciamento con i controller
hardware, per esempio.”
L’immediatezza e la semplicità rappresentano quindi un
punto vincente per tutti questi sistemi, ancor meglio se accoppiate a un’adeguata qualità.
“La fortuna di software come GarageBand è proprio questa,
è talmente intuitivo che anche non conoscendolo riesci a ottenere dei risultati in brevissimo tempo, anche se di qualità
non eccelsa. Il futuro potrebbe proprio essere dato dal colmare questo gap: qualità e facilità d’uso.
Un’altra pecca che imputo a certe software house è quella di inondarci di librerie sonore inutili. In alcuni casi mi
sono ritrovato a perdere moltissimo tempo alla ricerca di
un suono normalissimo, disperso in mezzo a una selva di
preset con non userò mai in vita mia. Una maggiore diversificazione in categorie potrebbe certamente giovare a
una scelta più rapida e agile. Preferisco in generale avere a disposizione meno suoni, ma più curati e lavorabili,
[COMPUTER MUSIC STUDIO ]
”
piuttosto che enormi librerie composte in gran parte da
effetti sonori, più che da suoni veri e propri.
Ho invece la sensazione che, soprattutto in questo periodo,
si stia puntando sempre più verso il basso, verso le applicazioni per iPhone per intenderci, piuttosto che in direzione
del professionale. I budget sono cambiati, posso capirlo, ma
da un po’ di tempo vedo solo piccoli aggiornamenti più che
soluzioni realmente innovative.”
Ma, come si dice, la qualità si paga, e non solo in termini
economici. Un algoritmo di sintesi, per potersi avvicinare alle caratteristiche sonore dell’hardware, avrà bisogno di una
capacità di calcolo notevole che, per quanto possano essere potenti gli attuali computer, ancora crea qualche difficoltà nell’utilizzo contemporaneo di tanti virtual instrument diversi.
“Essendo un amante della semplicità, non ho per il momento particolari difficoltà in questi termini. Sono più propenso a trovare le parti giuste, poi al suono ci si arriva. Preferisco tre suoni belli che quindici suoni mediocri, ma mi rendo
conto che altri musicisti possano avere altre esigenze e altre difficoltà. In genere, quando posso, mi affido anche al fonico per migliorare e adattare il suono alle esigenze del brano. Sono dell’idea che ognuno debba esercitare il proprio
mestiere e credo ancora che l’affiatamento tra i professionisti possa dare dei risultati importanti per il prodotto artistico.
Ma questo è un argomento che potremmo trattare in una
prossima inchiesta...”
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