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Federazione Italiana
Parchi e Riserve Naturali
In questo numero:
ielardi l’altra toscana, una sorpresa di natura / rossi tutela delle diversità ecologica / bardelli l’orecchiella entra nel parco nazionale dell’appennino tosco-emiliano / baldanzi riserve naturali: le province di grosseto e siena / ielardi parchi al bivio
Con il patrocinio della Regione Toscana
Area tutela e valorizzazione
delle risorse ambientali
LE
FOTO DI QUESTO NUMERO, COMPRESA QUELLA DI COPERTINA, SONO DI
GIULIO IELARDI
toscanaparchi
Notiziario del Coordinamento Regionale Toscano delle Aree Protette, anno III, n.6
Autorizzazione del tribunale di Pisa n. 20/2001 del 25.9.2001
Direttore responsabile: Stefano Maestrelli
a cura del Coordinamento Regionale Toscano della Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali
Presidente: Dr. Giampiero Sammuri, Presidente del Parco Regionale della Maremma
Via Aurelia Antica località Pianacce - 58010 Alberese (GR)
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Segretario: Dr. Fabrizio Bianchi, V. Presidente del Parco Regionale
Migliarino San Rossore Massaciuccoli, Via Aurelia Nord, 4 - PISA,
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Coordinatore redazionale: Renzo Moschini E-mail: parchi@c ibernet.it
Segreteria di Redazione: Sig.ra Silva Biagini, presso Parco Regionale
Migliarino San Rossore Massaciuccoli, Tenuta di San Rossore, 56122 Pisa
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per l’informazione di iniziative in campo ambientale
e per la promozione di aziende e prodotti di agricoltura biologica.
Per informazioni su formati e tariffe:
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Tenuta di San Rossore, 56122 Pisa Tel.050.539205
l’editoriale
Corbezzolo Arbutus unedo
A Torino Toscanaparchi è andato via a ruba.
Così ha scritto in cronaca un giornale toscano. È
vero, alla seconda conferenza nazionale sulle aree
protette del Lingotto il nostro periodico ha fatto bene
la sua parte. E ce n’era bisogno visto che le troppe
ombre di un appuntamento mal preparato e
pessimamente gestito non hanno consentito, se non
molto parzialmente, quei confronti e bilanci di cui
le regioni per prime, e non solo lo stato, avevano
bisogno. Toscanaparchi il suo contributo l’ha dato.
Come l’avevamo dato alla vigilia di Torino con il
seminario del Gombo in San Rossore e
l’approvazione della Carta delle aree protette. Come
l’ha dato la Federazione dei parchi con la relazione
del suo presidente Matteo Fusilli e il documento di
11 punti approvato dalla assemblea nazionale delle
aree protette e illustrato in assemblea plenaria.
Non meno importante è l’impegno assunto
dall’assessore Franci a nome della Regione Toscana
nel corso di una audizione della Commissione
ambiente della Camera (7 novembre 2002) a
sostenere la istituzione in Toscana ai alcune aree
protette marine nazionali da affidare in gestione ai
due parchi regionali dell’Uccellina e di Migliarino,
San Rossore, Massaciuccoli e al Parco nazionale
dell’Arcipelago.
Anche questa sarà una importante occasione
per mettere tutti alla prova a cominciare dal
ministero che in materia di aree protette marine ha
finora mostrato – per usare un eufemismo – poca
voglia di collaborare con le istituzioni decentrate.
Il dopo Torino è dunque carico di problemi
ma anche di potenzialità come dimostra la Mozione
approvata il 30 ottobre alla unanimità dalla
Commissione ambiente della Camera che riprende
molte delle questioni poste a Torino dalla
federparchi. A cominciare da un tavolo congiunto
di tutti i livelli istituzionali in cui con l’associazione
dei parchi si possano finalmente confrontare e
concordare le politiche da fare. Tavolo che noi
pensiamo debba essere previsto anche a livello
regionale per permettere alla regione, alle province,
ai comuni e alle comunità montane di concordare
con il coordinamento toscano delle aree protette di
stabilire insieme il da farsi.
Dopo la ‘speciale Torino’ abbiamo voluto
dedicare questo numero a quella che potremmo
definire l’altra faccia della nostra esperienza. Se lo
speciale aveva messo a fuoco le situazioni e le
esperienze politico- istituzionali, in questo numero
abbiamo cercato di offrire uno spaccato, il più
significativo possibile della stato della natura nella
nostra regione. E non solo degli ambienti e località
più famosi, ma anche quelli meno noti ma
ugualmente importanti e preziosi. Una sorta di
‘Carta della natura’ toscana e di come essa in questi
anni è stata salvaguardata attraverso un sistema
molto variegato di strumenti di protezione attiva.
Alla Toscana dei monumenti, delle opere
d’arte che l’hanno resa celebre nel mondo abbiamo
voluto affiancare quella della sua ugualmente
straordinaria ricchezza naturalistica e
paesaggistica. Anche così abbiamo inteso rispondere
alle troppe ridicole polemiche sui parchi ‘ingessati’ e
incapaci di fare bene il loro mestiere.
Ecco, con questa ricognizione, sia pure
incompleta sullo stato della natura in Toscana
abbiamo voluto fornire la prova più convincente e
seria di cosa sono stati capaci di fare e cosa stanno
facendo la regione, gli enti locali, le varie e diverse
aree protette nazionali, regionali e locali per
tutelare e valorizzare il loro patrimonio naturale.
Si veda in particolare il servizio di Ielardi e si
toccherà con mano la ricchezza di una realtà che
sicuramente anche i toscani non conoscono a
sufficienza, almeno nella sua ‘dimensione’
regionale. In questa ricchezza c’è il segno evidente e
forte di una presenza, di una iniziativa forte delle
istituzioni ed insieme di tante associazioni e
volontari.
Chissà che tutto questo non serva anche a chi
con disinvolta approssimazione parla dei parchi
non conoscendoli o conoscendoli troppo poco e
male.
toscanaparchi
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Giulio Ielardi
L’altra Toscana,
una sorpresa di natura
A volo d’uccello tra parchi e riserve, oasi ed
Anpil, per guardare da vicino alle grandi e non
sempre conosciute risorse naturalistiche della
regione. Ma soprattutto per capire come il sistema
delle aree protette promuova oggi la conoscenza e
la tutela della biodiversità. Con più d’una
sorpresa, e qualche polemica.
L’arrivo dei mille è stato agli inizi d’autunno.
Una nuvola rosa planata sulla laguna, davanti agli
occhi dei pescatori di cefali e anguille, che all’avvicinarsi dell’inverno è andata ingrandendosi fino a
raddoppiare. Zampe e collo sproporzionatamente
lunghi, affondano il becco curvato all’ingiù nelle
acque basse alla ricerca di cibo. Poi a un segnale
che sfugge spiccano il volo, non prima di una breve rincorsa animata da “note di tromba” – scrivono
i manuali di ornitologia – e ripetuti, concitati arhonk.
Della Toscana dei parchi no, i fenicotteri di
Orbetello non sono certo le uniche star. Fanno loro
buona compagnia almeno i lupi di Rocconi e Pietraporciana, le lontre del Merse, i lanari di Cornate
e Fusini, le aquilegie di Acquerino. Sono i gioielli
di un sistema di aree protette fatto, appunto, anche
di piccole riserve e oasi meno note dei grandi parchi, che tutela ormai all’incirca il dieci percento
della regione. Una rete da completare e mettere a
punto, ma che già adesso è stesa a protezione di
un patrimonio di biodiversità ricco, importante, che
ha poco da invidiare a quello ben più noto della
Toscana dell’arte.
Natura protetta è anche natura conosciuta
meglio, studiata, indagata. Prima ed oltre che per
turisti, bioagricoltori, piccoli e grandi imprenditori
avveduti, parchi e riserve sono il terreno ideale per
ricercatori, studenti, università. Offrendo sfide quotidiane agli enti gestori che, tra non poche difficol-
tà e lacune, vi destinano risorse economiche e professionali. Su quest’altra Toscana anche un’esplorazione sommaria e a volo d’uccello, quale quella
che proponiamo su queste pagine, offre uno spaccato di una terra baciata dalla bellezza e dalla natura. E anche più d’una sorpresa.
Montagne
Per scoprire la prima occorre salire sull’aguzza dorsale delle Apuane, protette da un grande
parco regionale che si estende tra la costa tirrenica
e la Garfagnana. Qui pareti verticali e fitte faggete
offrono rifugio a una flora d’eccezione, ricca di
endemismi, e a una fauna che – si sapeva finora –
annovera pure un’unica preziosa superstite coppia
di aquile reali. Invece ora sono due. “I censimenti
effettuati nel corso del 2002 parlano chiaro”, dice il
guardaparco Fabio Viviani (uno dei quattro in servizio, su oltre ventimila ettari di area protetta), “anche se abbiamo osservato solo un giovane dell’anno”. Tra i monti del marmo che affascinarono Michelangelo, la speranza è di accertare una seconda
nidificazione del maestoso rapace nella prossima
estate. In aumento pure la popolazione di gracchio corallino, il simbolo dell’area protetta, che
conta ora 120-130 coppie. Sul corvide sta partendo
un progetto di ricerca già finanziato, mentre altri
studiosi si occuperanno di effettuare un censimento preciso dei mufloni, probabilmente qualche centinaio nel territorio del parco. Alle Apuane – montagne calcareee, e perciò povere di acque superficiali - sorprende pure un’altra ricerca in corso, e cioè
quella relativa ai biotopi palustri. Grazie ad essa al
già noto Padule di Fociomboli, nel retro-Corchia,
s’è aggiunta la segnalazione di un’altra decina di
zone umide, microcosmi di quota spesso dimora
di specie rare o comunque localizzate.
Se alle Apuane scarseggia l’idrografia superficiale (diversa questione è sottoterra, vedi la straordinaria estensione delle grotte del Corchia e del
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Vento), in un altro parco delle montagne toscane
l’acqua al contrario dà spettacolo. Come definire
altrimenti i salti dell’Acquacheta e degli Scalandrini, cascate che stupirono anche Dante e che si aprono il varco tra boschi rigogliosi ? Tra i ventidue
parchi nazionali quello delle Foreste casentinesi,
Falterona, Campigna è il più verdeggiante d’Italia.
Un manto di carpini, castagni, aceri e soprattutto
faggi riveste a saliscendi valli e crinali, per una superficie pari all’83% di quella complessiva (37mila
ettari, a cavallo tra Toscana ed Emilia-Romagna).
Tra i padroni di casa quassù c’è il lupo, e una ricerca in corso – affidata a Giorgio Boscagli, tra i maggiori specialisti italiani - è volta a definirne distribuzione e stato di salute. I primi dati sulla presenza, ottenuti mediante la tecnica del wolf-howling emissione di ululati per stimolare la risposta – indicano per il territorio del parco una stima prudenziale di 26-36 esemplari, vale a dire una densità tra
le più alte d’Appennino. Tra le prede del lupo
figurano cervi (più di duemila), daini, caprioli e
cinghiali, presenti a migliaia. I boschi più maturi
sono frequentati da picchi, astori e scoiattoli, ma è
pure sull’entomofauna che si concentra l’attenzione dell’ente parco che ha di recente commissionato un’indagine sui coleotteri carabidi presenti nell’area protetta. Una borsa di studio si sta occupando di una nuova catalogazione informatica di tutte
le specie animali e vegetali presenti, che porterà
anche alla redazione di un Atlante della biodiversità del parco. Finora si è giunti a quota 1294 specie
animali (di cui 1076 invertebrati) e 1107 vegetali.
Non lontano dal parco, altre oasi protette
sono le sette riserve gestite dalla Provincia di Arezzo. Per paesaggi e biodiversità spicca quella del
Sasso di Simone, nel Comune di Sestino. Tra l’altro, uno dei 123 siti d’importanza comunitaria proposti (pSIC) per la rete europea Natura 2000, che
nella regione può contare pure su 30 zone di pro-
tezione speciale (ZPS). “Si tratta di un enorme parallelepipedo di roccia calcarea di circa quattro
chilometri di perimetro”, spiega Enrico Gusmeroli,
naturalista all’Ufficio Parchi della Provincia, “con
pareti a picco alte fino a cento metri circondate da
boschi misti di cerro, faggio e carpino bianco”. Un
paesaggio vagamente western che offre diverse
chicche agli appassionati di birdwatching, come l’osservazione di specie ornitiche legate alle aree di
pascolo tra cui calandri, quaglie, ortolani. E lupi.
Dato dagli zoologi in espansione, l’areale di
distribuzione del mitico predatore interessa più di
un’area protetta toscana tra cui una delle ultime
arrivate, e cioè il parco nazionale dell’Appennino
tosco-emiliano. Le tre preesistenti riserve statali
dell’Orecchiella, della Pania di Corfino e di Lamarossa già sono state indagate negli anni passati dal
gruppo di Luigi Boitani dell’Università di Roma e
ora gli studi riguardano il versante emiliano. Sull’intero contingente faunistico è in corso di redazione una check-list da parte dello stesso Corpo
forestale, che – visto lo stallo che ha segnato il
primo anno di vita del nuovo parco - gestisce ancora in autonomia l’area. “Per noi in realtà non è
cambiato nulla”, dice Fabio Cappelli, il dirigente
forestale responsabile delle tre riserve lucchesi. “Al
parco bisognerà dare una sede e insediare il Cta
(Coordinamento territoriale per l’ambiente, in pratica il nucleo di guardie forestali assegnato per legge a ciascun parco nazionale per la sorveglianza,
ndr) e quindi eventualmente affrontare il discorso
della gestione delle riserve. Ma a livello nazionale,
più che di trasferire ai parchi la gestione (come
previsto dalla legge nazionale sui parchi n.394/91,
art.31, ndr), mi pare che l’orientamento della nostra direzione generale sia di stipulare una convenzione che consenta al parco di finanziarci la gestione”. Non lontano dal parco, altri piccoli paradisi naturali sono le quattro riserve statali pistoiesi (a
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cominciare dall’Abetone) e l’unica riserva provinciale pratese, quella di Acquerino Cantagallo. Ma
una marcia in più ce l’ha l’Orrido di Botri, gestito
dal Corpo forestale, forse la più bella gola rocciosa
dell’Appennino settentrionale. Una ricerca presentata all’ultimo convegno nazionale sui rapaci (di
Monica Lazzeri e Roberto Turini) vi ha documentato la presenza di ben otto specie nidificanti e cioè
falco pecchiaiolo, biancone, astore, sparviere, poiana, gheppio, pellegrino nonché aquila reale.
Tra l’Appennino e il mare
Lungo la costa tirrenica c’è solo l’imbarazzo
della scelta, ma nell’entroterra nessun dubbio: le
più preziose zone umide interne sono quelle del
lago di Montepulciano, nel senese, e quella che
comprende il Padule di Fucecchio e il vicino lago
di Sibolla, tra le province di Firenze, Pistoia e Lucca. Entrambi tutelate da riserve provinciali, queste
ultime due aree testimoniano di un’antica palude
bonificata a partire dal Seicento e sono un rifugio
di eccezionale importanza per l’avifauna selvatica.
I mesi invernali sono ideali per osservare grandi
concentrazioni di uccelli, mentre a primavera sbocciano a pelo d’acqua i fiori del ranuncolo, della
ninfea, del nannufaro.
Verso il mare, i rilievi dei Monti Livornesi
ospitano da qualche tempo uno dei pochi parchi
provinciali d’Italia. Ricchi di corsi d’acqua e sorgenti, sono il regno della macchia mediterranea.
All’estremo opposto del territorio provinciale sorge invece l’altro parco provinciale, quello di Montioni, a metà col grossetano. In tutto fanno 6.399
ettari: tra le due amministrazioni è operativo un
protocollo d’intesa. Gli strumenti di gestione sono
in via di ultimazione (come in buona parte delle
riserve: su questo ed altri aspetti gestionali si veda
l’articolo del responsabile parchi della Regione,
Edoardo Fornaciari, sul numero precedente della
rivista), più indietro si è invece con la fruizione e
la visibilità stessa dei parchi. “Ma stiamo lavorando
anche su questo”, sostiene Massimo Tognotti, a capo
del settore per la Provincia di Livorno. “In particolare, a Rosignano nascerà un Centro per la conservazione della natura operativo tra un paio d’anni,
che diventerà un polo di ricerca e supporto per
tutte le attività ambientali della Provincia”.
Scendendo verso sud si incontrano quindi
le riserve pisane, in realtà a metà strada tra Livorno
e Siena. Altri ambienti da conoscere, altre risorse
naturalistiche di primissimo piano: tanto per citare,
il lupo a Monterufoli e rare specie migratorie in
sosta al lago di Santa Luce (promosso da Anpil a
riserva). E nel senese vero e proprio altre undici
riserve. A Montepulciano, dove attorno al lago si
estende il più grande canneto dell’Italia centrale, la
ricchissima avifauna attira tutto l’anno birdwatchers
e fotografi naturalisti. “Ai capanni dell’oasi gestita
dalla Lipu presto si aggiungeranno altre opportunità di osservazione”, dice Domitilla Nonis dell’assessorato provinciale alle Aree protette, “come una
torre di avvistamento che sfrutterà un traliccio
modificato dell’Enel, e anche un barchino a motore elettrico per escursioni tra lago e canali”. E proprio a pelo d’acqua un’indagine vegetazionale in
corso ha fornito l’ultima sorpresa, poche settimane
fa: il ritrovamento di alcuni nuclei di erba scopina
(Hottonia palustris), data per estinta in Toscana
meridionale.
Ma il sistema delle riserve senesi (che dispone da poco di un bel sito web, all’indirizzo
www.riservenaturali.provincia.siena.it) comprende
ancora altre magnifiche aree protette. Come la riserva di Castelvecchio che ospita l’aquila dei serpenti e cioè il biancone, oppure quella di Lucciolabella, con le crete e le biancane che hanno reso
famoso nel mondo il paesaggio senese. Tra una
riserva e l’altra, poi, sulla mappa della Toscana protetta si fa largo un’ampia macchia gialla che però
parco o riserva non è. Si tratta dell’Anpil (acronimo
che sta per Area naturale protetta di interesse locale) della Val d’Orcia, estesa su 60mila ettari. Grande più dei tre parchi nazionali messi insieme, comprende da sola l’80% delle superfici regionali inserite in questa categoria di area protetta, prevista
dalla legge regionale sui parchi del ’95. Nel caso
della Val d’Orcia i valori naturali si confondono
più che altrove con quelli del paesaggio rurale e di
una diffusa presenza di beni storico-artistici (nell’Anpil sono coinvolti centri storici del calibro di
Pienza, Montalcino, Radicofani).
Autentica novità del panorama toscano delle aree protette, fin dalla loro nascita le Anpil in
realtà sono al centro di polemiche. Finora ne sono
state istituite 31 (tra le altre, il lago di Chiusi e le
aree della Val di Cornia, gestite con criteri innovativi da una Spa). Gli amministratori locali spesso
ne fanno un fiore all’occhiello: dagli ambientalisti
al contrario arrivano critiche aspre sui vincoli troppo blandi (la caccia è consentita in due terzi della
superficie complessiva, ad esempio) e perché
sottrarrebbero risorse alle aree laddove la natura è
protetta davvero. “Ma la Regione usa criteri oggettivi per l’assegnazione dei finanziamenti”, sostiene
Marco Polvanesi del dipartimento regionale Politiche ambientali. “Le aree protette diverse dai parchi
possono attingere da un unico capitolo di bilancio,
che prima finanziava anche il funzionamento e
adesso solo la progettazione. Assieme alle Provin-
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ce, noi valutiamo per ogni intervento proposto la
qualità della progettazione, i valori naturalistici e
una certa distribuzione sul territorio. Anpil o non
Anpil ”.
Varcato il confine provinciale, in terra di
Maremma gli ocra delle colline fanno più spesso
posto al verde cupo dei macchioni. Le riserve del
grossetano annoverano piccoli gioielli come il Basso
Merse, il magnifico Bosco di Rocconi, Montauto.
Alcune sono oasi che continuano nel senese, di
fatto interprovinciali, come il Farma e lo stesso
Merse, La Pietra, Cornate e Fusini. Quest’ultima riserva protegge un massiccio calcareo ricco di endemismi o comunque specie a forte rarefazione:
tra gli altri, viola etrusca nei prati assolati, trota
macrostigma nei torrenti, lodolai e gatti selvatici a
caccia nelle zone boschive. Sul Monte Penna e a
Monte Labbr o sono in corso studi botanici dell’Università di Siena. A Monte Labbro sorge pure il
bel parco faunistico dell’Amiata, gestito dalla Comunità montana, dove ai visitatori è data la possibilità – unica in Italia – di osservare in ampi recinti
animali come il lupo, il muflone, il cervo.
Davanti al Tirreno
Tra gli scorci in assoluto più belli dell’Italia
della natura, almeno a giudizio di chi scrive, ci sono
quelli colti dalle feritoie dei capanni che affacciano
sul solitario padule di Bolgheri. Soprattutto dal secondo e dal terzo osservatorio, lungo il sentiero
natura allestito dal Wwf, il visitatore getta l’occhio
incantato su un quadro vivente composto dallo
specchio d’acqua palustre, spesso gremito di uccelli, incorniciato dalle fronde dei frassini ossifilli
con le radici a mollo. Quel che si dice un mondo a
parte, un’atmosfera da eden mossa giusto dalle
improvvise e fragorose incursioni nelle acque basse dei daini e dei cinghiali. Eppure, pare incredibile, nel catalogo verde della Toscana dei parchi
Bolgheri non c’è. “Quel che manca è un’azione
decisa da parte della Provincia di Livorno per istituire la riserva garantendo le forme di conduzione
attuali”, dice Paolo Politi, coordinatore delle oasi
toscane del Wwf, “visto che con la proprietà c’è un
rapporto di fiducia e sull’area già insistono tutti i
vincoli possibili, escluso quello archeologico”.
A un pugno di chilometri da qui, nel marzo
prossimo, il Wwf aprirà al pubblico la sua quindicesima oasi toscana. E’ quella delle Colonne di
Donoratico, 440 ettari di ambienti che vanno dalla
spiaggia al bosco collinare, dove oltre ai consueti
servizi ai visitatori verrà promossa un’agricoltura di
qualità. Poco più distante c’è la riserva di Orti Bottagone, pure affidata alle cure del Panda che ha
chiesto un ampliamento verso sud-est, anche per
collegarla con l’Anpil della Sterpaia e quindi il parco provinciale di Montioni. Tra l’altro proprio in
queste settimane, tra le prime in Italia, la Regione
ha approvato un importante documento operativo
sui cosiddetti corridoi ecologici, per la creazione
di una vera rete di gestione sostenibile del suo territorio. A Orti Bottagone tarabusi e falchi di palude
sono tra gli ospiti abituali, ma i giorni fortunati arrivano pure per i birdwatchers. All’alba dello scorso 9 agosto, agli Orti, buttàti giù dal letto da un
collega c’erano gli ornitologi livornesi al completo:
l’oggetto di tanta attenzione era un rarissimo esem-
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plare di piro piro pettorossiccio (un caradriforme),
il quarto mai avvistato in Italia.
Le rarità ornitologiche, e non solo, sono di
casa anche lungo la rotta che dal continente inanella in un lungo tratto di mare le isole che compongono l’arcipelago toscano. Per l’Elba e le altre
è fortunatamente dietro le spalle il varo contrastatissimo del parco nazionale, anche se i conflitti istituzionali e una prevista riperimetrazione non tingono di rosa il futuro prossimo dell’area protetta.
Ma i tesori naturalistici ci sono sempre tutti: il gabbiano corso, la vipera di Montecristo, pesci spada
e balene, e soprattutto i paesaggi di certe calette
del Giglio, della Capraia, di Pianosa. In attesa di
tempi migliori, tra gli interventi previsti per l’anno
venturo c’è il risanamento di una delle pochissime
zone umide dell’Elba, quella della Mola. Quasi di
fronte a Gorgona, di nuovo sulla terraferma, al parco
regionale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli
la ricerca scientifica è una tradizione certo più consolidata. “Attualmente sono in corso ricerche che
spaziano dai licheni al tarabuso”, dice il direttore
del parco Sergio Paglialunga. Massaciuccoli, infatti, ospita una delle popolazioni più importanti d’Italia dell’elusivo ardeide. L’anno scorso si è pure
avviato uno studio sulla testuggine palustre, abbondante lungo i canali del Tombolo e di Migliarino, mentre a San Rossore – la splendida ex-tenuta
presidenziale ora affidata al parco ed aperta al pubblico – è attiva una stazione di inanellamento. “E
poi siamo impegnati sul fronte del risanamento del
lago, che soffre da anni di eutrofizzazione e interrimento”, continua Paglialunga. “Dal ’97 ad oggi,
con contributi diversi a cominciare dalla Regione e
dall’Arpat, abbiamo convogliato nell’operazione
circa venticinque milioni di euro”.
Scendendo lungo la linea di costa, tranne
alcune piccole riserve statali e Anpil, per arrivare a
un’area protetta vera e importante bisogna arrivare
fino al grossetano. All’Uccellina, certo, ma anche a
tre riserve di eccezionale rilievo. Quella più a nord
è la Diaccia Botrona. Alla Casa Ximenes, monumento alla bonifica grossetana che si raggiunge da
Castiglione della Pescaia, sono arrivate da qualche
tempo le telecamere. “Puntate sul padule, facilitano la sorveglianza antincendio ma pure la conta
dei fenicotteri”, dice Paolo Stefanini, a capo dell’Ufficio Aree protette della Provincia di Grosseto.
Mentre scriviamo queste note, gli eleganti trampolieri sono più di quattrocento e affollano i chiari
assieme agli aironi e alle garzette che nidificano
nella vicina garzaia, in una proprietà privata entro
i confini della riserva. “Quanto agli studi in corso
ne abbiamo in particolare sulla fauna ittica e sulla
IL TAR dà ragione
alle regioni
e torto a Matteoli
Avevano dunque ragione la regioni Emilia e
Toscana a contestare la nomina del presidente del
parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano fatta dal ministro Matteoli senza l’intesa prevista dalla
legge.
Il Tar ha ribadito che l’intesa è necessaria e
il ministro non può decidere da solo. E’ la conferma che quello di Matteoli era un atto illegittimo
sorretto soltanto dalla pretesa di decidere da solo
dove invece l’accordo è indispensabile. A stretto
giro di posta (il 4 dicembre) un comunicato stampa
del Ministero informava che il Ministro Matteoli dopo
aver parlato con il presidente della Regione Emilia
Romagna, Vasco Errani, e della Toscana Claudio
Martini, ha nominato Commissario straordinario del
Parco dell’Appennino Tosco-Emiliano il Direttore Generale della Direzione Conservazione della Natura
e della Direzione Difesa del Mare, Aldo Cosentino.
L’incarico avrà una durata di 30 giorni’. ‘La nomina, conclude il comunicato, di natura tecnica mira
a ricercare un’intesa con le due regioni al fine di
arrivare alla definitiva nomina del Presidente del
Parco’
Noi ci auguriamo naturalmente che il previsto incontro tra il ministro e i due presidenti serva
a concordare una comune posizione perché dal
punto di vista politico l’idea che chi vince a Roma
prende tutto e fa i propri comodi è in sé arrogante, dal punto di vista istituzionale è rovinosa. Come
si possono gestire grandi parchi nazionali (ma vale
anche per quelli regionali) senza ‘leale collaborazione’ delle istituzioni interessate?
E se ciò vale per l’Appennino tosco- emiliano non si vede come non debba valere per il Parco
dell’Arcipelago. Dalle elezioni escono diverse maggioranze per il governo del paese, delle regioni e
degli enti locali, non istituzioni che vincono e fanno
cappotto e istituzioni che perdono e da punire.
Speriamo che la lezione serva per il futuro.
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flora”, continua Stefanini. “Ne stiamo seguendo
l’evoluzione, poiché è in corso una salificazione
del padule”.
Le altre riserve maremmane affacciate sul
mare non sono da meno della Botrona, quanto a
bellezza e biodiversità. A Burano, appena prima
del confine col Lazio, le acque azzurre del lago
non potrebbero offrire cornice più selvatica alle
colline di Capalbio. Qui dritti voli d’anatre a ridosso di una duna insolitamente solitaria, laggiù fughe furtive di cinghiali nel folto della macchia. Ma
è a Orbetello che ogni appassionato della natura
riempie senza sforzi, in un’area relativamente poco
estesa, il suo carniere di osservazioni. L’assembramento di uccelli alla ricerca di cibo offerto in abbondanza dalle acque lagunari, per quantità e varietà, soprattutto nei mesi invernali e primaverili
ha pochi paragoni in Italia e lo sanno bene i numerosi frequentatori dell’oasi del Wwf, una delle
più antiche (è sorta nel ’71). Successivamente nell’area lagunare sono state istituite una riserva statale, nei confini dell’oasi, e pure una riserva regionale (“l’associazione potrebbe poi gestire anche la
riserva regionale, perché fanno un buon lavoro”,
manda a dire ancora Stefanini). Inutile aggiungere
che ai fenicotteri tante distinzioni non le hanno
spiegate, e già adesso si spostano senza difficoltà
nei loro spettacolari voli da un settore all’altro, sostando pure lungo il Tombolo di Feniglia dove sorge un’altra bella e importante riserva statale.
Infine - dulcis in fundo - questo breve viaggio nella natura protetta toscana si chiude al parco
della Maremma. E a ben vedere le sorprese maggiori stanno proprio qui, due notizie da prima pagina per il mondo dei parchi e della loro cerchia
sempre meno ristretta di amici. Torneranno il falco
pescatore e la tartaruga marina. “Riguardo al grande rapace, estinto da decenni come nidificante in
Italia, entro questo dicembre presenteremo un progetto comunitario Interreg con la Corsica e la riserva sarda di Tavolara”, annuncia il presidente del
parco, Giampiero Sammuri. La Corsica è infatti la
roccaforte mediterranea della specie, che grazie alla
protezione accordata dal locale parco regionale è
passata a contare localmente da 5 alle attuali 25
coppie nidificanti. E l’isola di Tavolara ha ospitato
fino al 1965 i voluminosi nidi caratteristici della
specie. All’Uccellina, da qualche anno il rapace ha
intensificato la sua presenza (un esemplare l’anno
scorso ha stazionato qui da agosto ad aprile) suggerendo così al parco di favorirne uno stabile ritorno. Quanto alla tartaruga marina (Caretta caretta),
già l’estate prossima verranno predisposti lungo la
spiaggia del parco alcuni nidi artificiali dove far
schiudere uova deposte altrove, in luoghi meno
protetti ed idonei. La speranza è che, una volta
adulte, le tartarughine nate qui vi tornino a loro
volta a deporre spontaneamente, come accadeva
sui lidi maremmani fino agli anni Cinquanta.
Frattanto al parco gli studi proseguono sulle
specie che ci sono già. Come l’istrice o le oche
selvatiche in progressivo incoraggiante incremento numerico. O i caprioli. I ricercatori del gruppo
di Sandro Lovari dell’Università di Siena, ne hanno
dotati di radiocollari ben 27 per seguirne spostamenti e ricostruirne abitudini. E tra i primi dati
emersi vi è una singolare attitudine a formare gruppi
anche di notevoli dimensioni (fino a una trentina
di esemplari) durante i mesi più freddi.
La ricerca continua, come pure – naturalmente - i rinnovati programmi di escursioni guidate notturne e alla palude della Trappola, che attirano sempre più visitatori al veterano tra i parchi
della regione. “Perché se c’è chi scopre adesso l’accostamento vincente tra parchi e turismo”, aggiunge ancora Sammuri, che presiede pure il Coordinamento toscano di Federparchi, “in Toscana conservazione della natura e sviluppo sostenibile li coniughiamo da sempre”.
toscanaparchi
10
Roberto Rossi
Stato dell’arte delle politiche
per la tutela della diversità
ecologica in Toscana
1. Premessa
In questo articolo si integrano vari contributi presentati riferiti alle politiche regionali per la
tutela della diversità ecologica in Toscana, aggiornandoli anche con le previsioni del Piano Regionale di Azione Ambientale (PRAA), la cui bozza è
stata presentata recentemente, nella VII Conferenza Regionale dell’Ambiente (12-13 dicembre 2002).
Come noto, la Regione Toscana ha sviluppato un’articolata politica di tutela della diversità
biologica. Questa politica ha abbracciato la tutela
di varie specie animali e vegetali, con norme contenute nella legislazione regionale in materia di
foreste, pesca e gestione della fauna omeoterma e
attività venatoria. Oltre a ciò, la Regione sta dando
il suo contributo più indicativo all’attuazione della
Convenzione sulla diversità biologica con quattro
leggi regionali:
¨ l.r. n. 49 del 11 aprile 1995 “Norme sui
parchi, le riserve naturali e le aree naturali protette
d’interesse locale;
¨ l.r. n. 50 del 16 luglio 1997 “Tutela delle
risorse genetiche autoctone”;
¨ l.r. n. 53 del 6 aprile 2000 “Disciplina regionale in materia di organismi geneticamente modificati (OGM)”;
¨ l.r. n. 56 del 6 aprile 2000 “Norme per la
conservazione e la tutela degli habitat naturali e
seminaturali, della flora e della fauna selvatiche
(…)”.
In quest’articolo sono riassunti in particolare gli aspetti salienti di quest’ultima legge, che sviluppa un pacchetto di norme indirizzate specificamente alla tutela della diversità biologica delle specie animali e vegetali selvatiche e degli habitat.
2. La legge regionale per la tutela degli habitat e delle specie selvatiche d’interesse conservazionistico
La legge regionale toscana 6 aprile del 2000,
n. 56 “Norme per la conservazione e la tutela degli
habitat naturali e seminaturali, della flora e della
fauna selvatiche (…)” attua la Direttiva Habitat e il
d.p.r. n. 357/1997, ampliandone il quadro di azioni
previste per la conservazione della natura, nei modi
seguenti:
1) la definizione di un elenco di specie e di
habitat d’interesse regionale, più ampio di quello
d’interesse comunitario, per i quali è possibile individuare Siti di Importanza Regionale (SIR. Oltre
153 ulteriori specie, tra vegetali, invertebrati e vertebrati);
2) l’applicazione immediata in tutti i SIR di
quanto richiesto da direttiva e d.p.r. per i siti della
rete Natura 2000: salvaguardie, valutazione d’incidenza, misure di conservazione, monitoraggio;
3) l’ampliamento ai Geotopi di Importanza
Regionale dell’insieme di aree e beni naturali destinati alla conservazione in situ;
4) il completamento degli interventi di conservazione con l’individuazione dei Centri per la
conservazione e la riproduzione ex situ delle specie faunistiche e floristiche d’interesse conservazionistico;
5) l’affidamento alle province delle competenze per l’attuazione della legge, oltre che agli
enti gestori di aree protette.
Come si è detto, si riassumono qui le modalità in cui l’amministrazione regionale sta dando
attuazione alla legge.
La rete ecologica
In primo luogo, si realizza una rete ecologica che ha delle caratteristiche particolari rispetto a
quella che stanno realizzando le altre regioni, in
attuazione della direttiva Habitat. La rete ecologica
regionale che si costituisce con la legge, infatti, è
una rete “senza buchi”, cioè non si realizza solamente il “pezzo” toscano della rete ecologica europea Natura 2000, che è costituita dalle sole aree di
rilevanza europea (siti di importanza comunitaria,
SIC, e zone di protezione speciale, ZPS), dedicate
alla tutela delle sole specie e degli soli habitat di
interesse comunitario. I SIR che compongono la
rete toscana sono tutti i siti individuati, a suo tempo, nel progetto Bioitaly, compresi i siti della rete
Natura 2000 (pSIC, SIC e ZPS), oltre che i nuovi siti
che si sono aggiunti.
Ciò sottolinea il fatto che la Regione intende
considerare e intervenire contestualmente sia nei
toscanaparchi
11
siti della rete europea Natura 2000 sia nei siti di
importanza regionale che non ne fanno parte.
Con la legge è stato approvato un elenco di
155 SIR, 22 dei quali non inclusi nella rete Natura
2000. Successivamente sono stati istituiti due nuovi
siti, inclusi nella Rete europea come ZPS, includendovi anche il SIR, già istituito, “Lago di Porta”.
Le norme di attuazione della legge, che sono
approvate dalla Giunta Regionale, sono in avanzata fase di redazione. Esse riguardano:
Le principali misure di conservazione dei siti
di importanza regionale
Sono definiti, sito per sito, i principali obiettivi e le principali misure di conservazione necessarie. La norma andrà in approvazione entro l’anno.
La pronta definizione di questi aspetti è utile per evidenziare il livello “minimo” delle misure
di conservazione da attuare, per chiarire a tutti i
soggetti, dei vari settori, quale sia l’oggetto di conservazione, e, nel caso, quali possano essere le
misure di mitigazione e compensazione possibili.
La norma è, ovviamente, soggetta a futuri
aggiornamenti, dovuti a maggiori conoscenze, alla
dinamica presente sul terreno, a successi e insuccessi delle misure di conservazione stesse.
La valutazione d’incidenza
Sono definiti e articolati concetti e criteri per
la valutazione d’incidenza.
La legge prevede:
§ per i progetti (di cui al d.p.r 357/97), la
valutazione d’impatto obbligatoria (saltando l’eventuale fase di verifica) e con soglie dimezzate (se
pertinenti), rispetto ai progetti che non interessano
SIR, da parte del soggetto competente in base alla
normativa della VIA;
§ per i piani, la valutazione contestuale all’approvazione del piano, sulla base di una relazione d’incidenza, da parte del soggetto competente
per l’approvazione del piano. Nel caso dei piani
che ricadono nell’ambito della legge “Norme per il
governo del territorio” (l.r. n. 5/1995), è richiesta
l’integrazione della documentazione già prevista per
la “valutazione degli effetti ambientali” del piano.
Sta per essere varato un nuovo d.p.r. di
modifica del d.p.r. 357/97, per il quale è in atto
una procedura d’infrazione, proprio per l’insufficiente attuazione delle previsioni della direttiva
Habitat in materia di valutazione d’incidenza. Sulla
base delle nuove norme, che estendono ad altri
tipi d’intervento e di attività la necessità di effettuare una valutazione, sarà adeguata anche la legge
regionale e saranno definite le norme di attuazione relative alla valutazione d’incidenza.
Le principali misure di conservazione dei
geotopi di importanza regionale:
Sono definiti i criteri per la loro individuazione e le principali misure di conservazione necessarie, quest’ultime nella prima fase sono articolate per tipologia di geotopo.
Una volta individuato il GIR, le misure di
conservazione saranno specificate in modo mirato.
I centri per la conservazione ex situ
Sono definiti i requisiti strutturali e gestionali che i centri per la conservazione ex situ per la
flora (CESFL) e quelli per la fauna (CESFA) devono
soddisfare per essere riconosciuti come tali.
In questa prima fase, questa definizione è
importante per accedere al previsto cofinanziamento
nell’ambito della seconda fase di attivazione dei
Fondi Strutturali 2000-2006 in aree dell’Obiettivo 2
e del cosiddetto “Phasing out”. La norma sarà approvata nel prossimo mese.
È in fase d’avvio, inoltre, l’impostazione del
processo di definizione della strategia regionale per
la conservazione (in situ ed ex situ), individuando
obiettivi di conservazione da perseguire mediante
programmi di azione regionali, nell’ambito dei quali
saranno coinvolti quindi anche questi centri.
Le aree di collegamento ecologico
Per quanto riguarda le aree di collegamento
ecologico, che sono indispensabili per l’efficiente
funzionamento della rete ecologica, gli indirizzi
normativi devono essere approvati dal Consiglio
Regionale, nell’ambito del Piano di Indirizzo Territoriale regionale (PIT).
La prima parte del lavoro impostato, relativa
alle “Indicazioni tecniche per l’individuazione e la
toscanaparchi
12
pianificazione delle aree di collegamento ecologico”, approvata dalla Giunta Regionale con la D.G.R
n. 1148 del 21-10-2002, è destinata in particolare
alle Province, cui la legge dà la facoltà di individuarle anche in assenza dei citati indirizzi normativi.
Prossimamente, sulla base delle indicazioni
tecniche, saranno sviluppati gli aspetti normativi
complessivi. Essi non riguardano solo gli aspetti
ricollegabili all’urbanistica, ma riguardano anche
tutti i collegamenti da cercare nell’ambito delle varie
normative di settore.
Ad esempio, la “Legge forestale della Toscana” (l.r. n. 39/2000) prevede l’adozione di norme
diversificate e specifiche nell’ambito dei cosiddetti
“boschi speciali”. Le aree di collegamento riferibili
alle formazioni forestali, quindi, dovranno essere
individuate come boschi speciali, per poter poi
applicare norme diverse da quelle “standard”.
Dal punto di vista dei contenuti, nelle indicazioni tecniche l’analisi strutturale, che nell’approccio di tipo urbanistico attualmente prevalente è
considerata il punto d’arrivo (i “corridoi verdi”),
rappresenta solo il punto di partenza, dando particolare enfasi alla fase dell’analisi funzionale. Occorre, infatti, definire per quali specie siano necessarie le aree di collegamento ecologico, evitare che
esse favoriscano il diffondersi di specie o malattie
indesiderate e chiarire quali caratteristiche esse
debbano avere per funzionare veramente.
3. La strategia per la tutela della diversità
ecologica
L’azione regionale, non si limita alla semplice emanazione di norme. La strategia impostata,
che è inserito nella prima stesura del prossimo Piano Regionale di Azione Ambientale (illustrato nel
corso della recente Conferenza Regionale dell’Ambiente), prevede che queste ultime siano accompagnate dalle seguenti azioni principali:
§ la predisposizione degli strumenti tecnici
necessari;
§ l’avvio delle azioni relative ai centri per la
conservazione di specie animali e vegetali ed habitat;
§ l’avvio della rilevazione dei geotopi di importanza regionale;
§ l’avvio di politiche per l’integrazione della
conservazione della natura nello sviluppo rurale;
§ la predisposizione di strumenti di controllo sull’applicazione di quanto previsto.
Gli strumenti di conoscenza
Oltre agli altri strumenti conoscitivi che fanno parte del sistema informativo territoriale regionale (SIT), è prevista la realizzazione del “Repertorio Naturalistico Toscano” (RENATO).
Il repertorio è uno strumento articolato di
conoscenza, per il quale sono previsti ne Piano
Regionale di Azione Ambientale 2003-2005 (bozza) e in parte già finanziati (nell’ambito del Piano
Regionale di Tutela Ambientale 2002-2003), tramite l’Agenzia Regionale per l’Innovazione e lo Svi-
luppo in Agricoltura (ARSIA):
§ il completamento della “banca dati” georeferenziata di tutte le segnalazioni di specie ed habitat d’interesse conservazionistico (copertura dell’intera regione a dicembre 2002), della quale è
previsto il continuo aggiornamento e l’estensione
delle;
§ la progettazione e l’avvio del “monitoraggio habitat”, interrelato con la banca dati; l’impostazione del monitoraggio, infatti, si basa sulle conoscenze della banca dati, la quale, a sua volta,
si arricchisce anche con i dati provenienti da esso;
§ l’avvio della redazione sperimentale di una
“carta geoecologica” (che descrive l’ecologia del
paesaggio); è prevista (nel primo biennio) la sperimentazione della “carta geoecologica” in tre aree
campione (a scala 1:100.000, che è costituita dalla
“carta geoecologica di base” più l’integrazione delle informazioni puntuali di vegetazione e fauna,
che sarà un prodotto ibrido, in parte cartografico
in senso stretto e in parte base di dati con apposito
programma di estrazione dati) e. nel successivo
biennio, la realizzazione della “carta geoecologica
di base” per l’intera Toscana (quest’ultima carta è il
risultato dell’integrazione dell’informazione fisiografica con quella relativa a vegetazione e uso del
suolo), la prima funzione di questa carta è la stratificazione e l’interpretazione delle informazioni puntuali della banca dati di flora e fauna, ma essa sarà
molto utile anche come base per la redazione di
una carta “completa” del paesaggio, comprendente anche gli aspetti colturali e culturali, la cui realizzazione è richiesta dalla Convenzione Europea
del Paesaggio.
Entro la primavera, la banca dati del repertorio sarà disponibile sul sito WEB del Dipartimento delle politiche territoriali e ambientali http://
www.rete.toscana.it/index.htm.
Oltre al Repertorio Naturalistico Toscano, nel
PRAA (bozza) è previsto anche l’effettuazione (nel
biennio) di uno studio finalizzato alla (successiva)
realizzazione di un sistema informatizzato, strutturato per la programmazione, l’attuazione e il controllo delle misure di conservazione da parte di
Regione, Province ed Enti gestori di aree protette.
La strategia per la conservazione di specie
animali e vegetali ed habitat
Nel Piano Regionale di Azione Ambientale
(bozza) è prevista la necessità d’impostare la strategia di conservazione di specie e habitat (di interesse conservazionistico), tramite le seguenti azioni:
§ la selezione, il coordinamento e la specializzazione dei centri per la conservazione ex situ di
flora e fauna d’interesse conservazionistico;
§ il cofinanziamento dell’adeguamento delle
strutture dei centri;
§ la definizione e il finanziamento di programmi regionali di azione per la conservazione,
integrata, in situ ed ex situ;
§ l’avvio, anche tramite cofinanziamento, del-
toscanaparchi
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l’implementazione delle misure di conservazione
di specie ed habitat nella rete ecologica.
Il supporto scientifico per le scelte in merito
ai primi tre punti sarà garantito dalla Consulta regionale per le aree protette e la biodiversità, previo l’esame delle proposte tecniche opportunamente
elaborate da un gruppo di consulenza tecnicoscientifica appositamente incaricato. La rilevazione
dei geotopi di importanza regionale
Per quanto riguarda i geotopi di importanza
regionale, nel PRAA (bozza) è previsto anche la
rilevazione della rete iniziale dei geotopi di importanza regionale (GIR). Successivamente, raccolti gli
elementi utili per redigere un adeguato progetto,
potrà essere effettuata la rilevazione di un quantitativo signoficativo di GIR (il cui incarico potrà
anche affidato tramite una gara). Successivamente
(o anche parallelamente), comunque, ai sensi della l.r. n. 56/2000, la richiesta di classificazione come
“geotopi d’importanza generale” può essere presentata alla Giunta regionale da qualsiasi soggetto.
L’integrazione della conservazione della natura nello sviluppo rurale La maggior parte della
necessità d’azione per la conservazione della natura è collocata nell’ambiente rurale. Pertanto, accanto al finanziamento di una ricerca sulla forestazione urbana e periurbana (per la quale l’ARSIA
sta predisponendo il bando), sono state intraprese
le seguenti iniziative per l’integrazione delle politiche di conservazione con quelle dello sviluppo
rurale:
§ avvio del progetto di sviluppo dell’agricoltura biologica nelle aree protette e nei siti della
rete ecologica in Toscana (tramite l’ARSIA);
§ azioni sperimentali di integrazione delle
conoscenze delle risorse naturali nei progetti di
animazione rurale, insieme all’ARSIA, per sviluppare l’identità e la consapevolezza e per tradurle in
risorse economiche;
§ avvio di un migliore coordinamento con le
politiche di settore della gestione della fauna omeoterma, dell’attività venatoria e delle attività di pesca.
Riguardo al primo punto, è stato approvato
dalla giunta regionale, con la Deliberazione di G.R
n. 1117 del 14-10-2002, ed è in fase di avvio il “Progetto di sviluppo dell’agricoltura biologica
nelle aree protette e nei siti della rete ecologica in Toscana - 2002-2004”, che è il proseguimento di un progetto triennale già attuato nei tre
parchi regionali.
Questo progetto, oltre a finanziamenti del
settore agricoltura, riceve un finanziamento specifico del settore ambiente. Attualmente, il progetto
è in fase di avvio, con l’elaborazione da parte dell’ARSIA, che ne ha il coordinamento tecnico generale, di un bando di gara per l’affidamento di buona parte delle attività previste.
La finalità del progetto è quella della salvaguardia, del mantenimento e dello sviluppo della
diversità ambientale, biologica, colturale e cultura-
toscanaparchi
14
le nelle aree protette e nei siti della rete ecologica
della Toscana.
Le aree d’interesse naturalistico, come è noto,
sono caratterizzate anche da ampie superfici a destinazione e gestione agro-silvo-pastorale, il cui
mantenimento è essenziale per la conservazione
delle loro caratteristiche peculiari. Alcune tipologie gestionali del territorio rappresentano, infatti,
una continuità nel tempo e nello spazio per quella
che si può chiamare “produzione di ambiente”.
Queste particolari forme di gestione rappresentano il miglior modo per raggiungere gli scopi generali di conservazione e tutela, cogliendo nello stesso tempo le migliori opportunità di sviluppo anche
economico delle zone interessate.
La promozione e la divulgazione dell’agricoltura e della zootecnia biologica nelle aree di
interesse naturalistico è, pertanto, lo strumento principale d’intervento per il raggiungimento delle finalità sopra esposte. Questa scelta permette, inoltre, di affiancare agli interventi propri del progetto
altre possibili iniziative, di natura più prettamente
economica, creando le opportune sinergie a favore dell’economia locale e rafforzando il principio
della sostenibilità.
Nell’ambito della finalità indicata, il progetto si propone i seguenti obiettivi diretti e indiretti:
a) Concentrare le risorse e gli interventi in
materia di “agricoltura biologica” nelle aree con
particolare presenza di beni naturali d’interesse conservazionistico, al fine di mantenerne e migliorarne le condizioni ambientali e paesaggistiche.
b) Consolidare l’agricoltura e la zootecnia
biologica nei parchi regionali toscani, ampliando
l’intervento ad altre aree del sistema delle aree protette e della rete ecologica in Toscana. Da conseguirsi tramite azioni per il consolidamento dell’esperienza di promozione e di divulgazione dell’agricoltura biologica effettuata nei parchi regionali, per
estendere tali azioni ad altre aree della rete ecologica, garantendo, però, che il flusso di informazioni arrivi fin dall’inizio a tutto il sistema di aree d’interesse naturalistico.
c) Fornire alla cittadinanza una migliore conoscenza dei meccanismi del processo di “produzione ambientale”, al fine di renderla consapevole
e di coinvolgerla attivamente.
Per quanto riguarda l’integrazione delle
iniziative di animazione rurale con l’apporto
specialistico di geografi e naturalisti, è stato
avviato, con l’ARSIA, un progetto teso a integrare
le iniziative di animazione rurale in corso, con l’apporto specialistico di geografi e naturalisti, il cui
compito è quello di fornire il supporto ai gruppi
locali per il riconoscimento e la valorizzazione delle risorse naturali presenti nel loro territorio. Per
toscanaparchi
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quanto riguarda in particolare le risorse naturali è
prevista un’opera di coordinamento, formazione di
professionalità “locali” ed eventuale esecuzione
diretta da parte di un nucleo centrale.
Per quanto riguarda il coordinamento delle politiche di settore della gestione della fauna omeoterma, dell’attività venatoria e delle
attività di pesca con quelle di conservazione
della natura, infine, è in fase di avvio, tramite
incarico a consulenti, un’attività che intende favorirlo. Il percorso prescelto è quello delll’organizzazione di incontri con gli uffici responsabili di caccia e pesca delle Province, con gli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC) e con le associazioni dei cacciatori e dei pescatori, in cui saranno illustrate le
normative per la conservazione della natura, saranno confrontate con le norme di loro più diretto
interesse e saranno individuate le sinergie possibili
e gli elementi di conflitto, da superare in modo
coordinato.
Agli incontri, naturalmente, saranno presenti anche gli uffici provinciali preposti alla protezione della natura. Il coordinamento, infatti, deve partire proprio dall’interno delle stesse amministrazioni.
È da sottolineare che, per la maggior parte
delle attività finora citate, si è scelto di mantenere
gli aspetti conoscitivi e quelli di azione orientativa
strettamente legati alla “normale” azione di assistenza e formazione dei soggetti - gli operatori agricoli (e rurali) - che svolgono (nel bene e nel male)
un ruolo importantissimo nel determinare l’evoluzione del paesaggio e delle sue risorse naturali.
Le attività di controllo
Al fine di integrare l’azione di vigilanza svolta
dai soggetti istituzionali, tra i quali hanno un ruolo
di particolare rilevanza i corpi di Polizia Provinciale e il Corpo Forestale dello Stato, è in fase di avvio
la formazione di gruppi selezionati di Guardie
Ambientali Volontarie, finalizzata al controllo delle
attività previste e attuate nei diversi siti della rete, a
beneficio di regione e province.
In questo modo, oltre a qualificare l’azione
del servizio volontario di vigilanza ambientale (l.r.
n. 7/1998), si completa il disegno delle attività di
controllo dell’attuazione delle misure di conservazione e di sorveglianza sull’eventuale effettuazione di interventi e attività contrastanti con esse.
Altre iniziative per l’integrazione delle politiche di settore
A contorno della strategia tratteggiata, in base
alle prime priorità individuate, tra le varie iniziative avviate sono da citare:
§ Interventi mirati al recupero e al mantenimento degli spazi aperti montani. Come è
stato ampiamente illustrato anche nel corso della
VII Conferenza Regionale per l’ambiente, questo
aspetto è ben inquadrato dall’amministrazione regionale. Oltre alla parte già illustrata, riguardante
lo sviluppo dell’agricoltura e della zootecnia biologica nelle aree protette e nei siti della rete ecologi-
ca, sono ampiamente dedicati a quest’aspetto l’esecuzione o il sostegno di vari progetti LIFE-Natura,
proposti in particolare da parte di soggetti pubblici.
§ L’avvio dell’approfondimento del problema del conflitto tra idraulica (difesa del suolo) e natura (conservazione e gestione) o, meglio, del conflitto tra le norme che regolano i due
settori, finalizzato all’individuazione di soluzioni per
adeguare queste ultime. Tramite esperienze di “revisione” di progetti di bonifica nell’ambito di SIR,
avviate in collaborazione di Consorzi di Bonifica e
Province, tramite l’affidamento di un incarico di
consulenza specifico (a un gruppo di studio formato da idraulici e naturalisti) e tramite la previsione di un seminario di formazione su “Idraulica,
bonifica e natura” indirizzato ai tecnici dei vari enti
operativi nel settore.
§ Partecipazione al progetto (proposto)
Interreg 3 “Programme d’action sur les zones
humides des régions méditerranéennes - MedWet/Régions” comprendente la sperimentazione,
in alcune zone umide, della realizzazione del “piano di tutela”, relativo alla qualità delle acque (l. n.
152/1994, art. 44), come piano “contenitore” delle
integrazioni relative alla conservazione della natura. Per le zone umide l’agenzia di riferimento è
l’Agenzia Regionale di Protezione Ambientale Toscana (ARPAT), dato che essa è già responsabile
delle fasi di studio e monitoraggio per la qualità
delle acque e ne detiene le relative conoscenze ed
esperienze. Il progetto nella prima selezione dei
progetti candidati al cofinanziamento Interreg 3 è
risultato il primo dei non finanziati e, quindi, sarà
riproposto nella prossima selezione, che avverrà
nella prima parte del 2003.
Concludendo, per coloro che sono interessati a ulteriori informazioni in materia di conservazione della natura e di rete ecologica, si segnalano
i seguenti siti WEB:
http://www.rete.toscana.it/index.htm, pagina: Natura (della Regione Toscana, Dipartimento
Politiche territoriali e ambientali – Area Tutela e
valorizzazione delle risorse ambientali).
http://www.minambiente.it/sito/
settori_azione/scn/home_scn.asp (del Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Direzione
Conservazione
della
Natura).
http://www.minambiente.it/sito/settori_azione/scn/
home_scn/home_scn.asp (del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Direzione Conservazione della Natura, Rete Natura 2000).
http://europa.eu.int/comm/environment/nature/
natura.htm (della Commissione Europea, Direzione Generale Ambiente, Rete Natura 2000).
http://europa.eu.int/comm/environment/nature/
legis.htm (Commissione Europea, Direzione Generale Ambiente, normativa europea sulla natura).
toscanaparchi
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Beatrice Bardelli
L’Orecchiella
entra nel Parco Nazionale
dell’Appennino Tosco-Emiliano
Il Parco nazionale dell’Appennino Toscoemiliano ha un piccolo cuore verde nella nostra
regione. Si tratta delle tre riserve naturali statali di
Lamarossa, Pania di Corfino ed Orecchiella che
coprono una porzione di circa 500 ettari di quel
bellissimo territorio che fin dagli anni Settanta è
noto a tutti come Parco dell’Orecchiella in Garfagnana, provincia di Lucca. In effetti il Parco dell’Orecchiella, mai istituzionalizzato con leggi di recepimento, è stato la più bella “idea geografica”, a
tutela di un vasto territorio montano, degli ultimi
decenni come ama definirla il dottor Fabio Cappelli del Corpo forestale di Lucca. La sua estensione di
circa 5.200 ettari ha compreso, fino alla nascita del
Parco nazionale i territori montani (le tre riserve
naturali statali e la Foresta demaniale regionale
dell’Alto Serchio) posti sulla sinistra orografica del
fiume Serchio a quote che vanno dai 1000 metri
fino al crinale appenninico tra il Passo delle Forbici e La Focerella con le vette principali del Monte
Vecchio e del Monte Prado, la montagna più alta
della Toscana con i suoi 2054 metri di altezza. Tutto questo straordinario patrimonio ambientale è
stato gestito fino ad oggi dall’Ufficio Amministrazione Forestale (ex Azienda di Stato Foreste Demaniali) di Lucca con l’obiettivo non solo di proteggere e tutelare il territorio ad esso affidatogli ma
anche di incentivare tutte quelle attività umane
necessarie alla permanenza stessa della popolazione e favorire una diffusa conoscenza del territorio
rivolta soprattutto alle giovani generazioni che non
conoscono il fascino della montagna. Ed a dire il
vero, nel vedere ed anche ammirare quanto è stato
finora realizzato, sarebbe davvero auspicabile che
la gestione della porzione toscana del Parco nazionale rimanesse nelle mani di chi ha saputo così
bene gestire il territorio con competenza, passione
e professionalità. Basta arrivare al Centro visite
dell’Orecchiella (da Lucca a Catelnuovo Garfagna-
na poi per Corfino e l’Orecchiella) per capire. Qui,
in un ambiente paesaggistico di grande suggestione, si trovano il Centro visitatori, il bar-ristorante, il
Museo naturalistico interattivo, il Museo dei rapaci,
il Giardino dei fiori di montagna e l’area di osservazione della fauna con i recinti faunistici dove si
possono ammirare e fotografare dal vivo diversi
animali che vivono qui, in ampi spazi naturali recintati. Sono una esemplificazione della grande
varietà della fauna presente sul territorio, cervi,
mufloni, caprioli, galli forcelli e persino orsi. Questi ultimi costituiscono una vera e propria attrazione sia per la rarità di trovare grandi recinti che li
contengano in relativa libertà sia per il fatto che, in
questo ambiente favorevole, gli animali provenienti
dallo Zoo di Livorno si sono potuti riprodurre in
cattività passando da tre a sette esemplari. Il Museo naturalistico che è dotato anche di sala convegni e proiezioni multivisione, biblioteca e laboratorio, ha al suo ingresso una grande Aquila reale
simbolo dell’Orecchiella ed è stato concepito come
ricostruzione dell’ambiente circostante con quattro
diorami di scene di vita animale (caprioli in fuga
dal lupo, mufloni in competizione, volpi e lepri
sulla Pania di Corfino in manto autunnale e lupi
nelle zone innevate) arricchiti dei suoni e dei rumori che si percepiscono in natura passeggiando
lungo i sentieri che dal Centro visitatori raggiungono le tre riserve naturali attraversando boschi di
cerro, castagno, larice, abete bianco e faggio fino a
raggiungere le distese di mirtilli e le praterie montane Recentemente è stato realizzato un nuovo sentiero che consente l’accesso anche ai disabili ed
alle persone anziane. In queste tre riserve naturali
la varietà della fauna corrisponde alla grande varietà di ambienti rimasti ancora pressocché integri
grazie alla tutela operata dal Corpo forestale negli
anni. Ricca anche l’avifauna dominata dall’aquila
reale che nidifica sulla Pania di Corfino come la
toscanaparchi
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poiana, dal gufo reale, dallo sparviero, dal gheppio, dal Martin pescatore e da numerosi uccelli di
passo (tordi, cesene, tordelle). E sempre vicino al
Centro visite dell’Orecchiella che diventerà una delle
porte del Parco nazionale è stato realizzato un laghetto con trote e fario portato qui direttamente
dall’Orrido di Botri. Ma questa è anche zona di
lupi che pur presente è raro incontrare. Per questo, all’ingresso del Centro visite è stato installato il
grande monumento al lupo, cinque esemplari in
bronzo in quattro blocchi dello scultore americano
Rick Sargent e dono di Valerie Gates dell’International Wolf Center statunitense alla Regione Toscana per il suo impegno nella tutela e conservazione
del lupo. Per adempiere meglio alla funzione didattica che ha ispirato l’operato dell’Ufficio Amministrazione forestale di Lucca è stato realizzato anche un Giardino dei fiori di montagna dove si può
ammirare la grande varietà floreale presente sul
territorio montano. Per incentivare una presenza
umana continua in queste aree di montagna, sono
stati costruiti anche otto rifugi (capienza da 3 a 7
persone dotati di riscaldamento) gestiti direttamente
dal Corpo forestale dello Stato che vengono dati in
affitto durante tutto l’arco dell’anno così come anche il Centro didattico-residenziale “Gaia”, di recente ristrutturazione (un tempo era un ovile), che
si trova vicino al recinto degli orsi e che risponde
alle esigenze più moderne di un turismo scolastico
intelligente. Inoltre sono stati organizzati numerosi
eventi, da mostre fotografiche delle montagne e
delle grotte del territorio a quelle di piante officinali e di montagna, di strumenti musicali in legno,
di frutti antichi della Garfagnana, di funghi, di rapaci, ed anche numerosi laboratori didattici di archeologia sperimentale, di tessitura tradizionale e
della lavorazione della ceramica. Proprio per l’attenzione data all’aspetto divulgativo del territorio,
in quest’area diventata negli anni meta turistica
molto conosciuta si è sviluppato anche un notevole indotto esterno con cooperative che gestiscono
l’ospitalità al di fuori dell’area del parco mentre la
stessa Comunità Montana della Garfagnana ha realizzato sulla Pania di Corfino un interessante Orto
botanico alpino a 1370 metri di altezza suddiviso
in aree didattiche rappresentative degli esemplari
arborei e floreali tipici della zona con tanto di Hortus sanitatis, semenzaio e giardino fenologico dove
si studiano i rapporti tra il clima ed i fenomeni che
si manifestano periodicamente negli organismi viventi.
GIOVANNI FATTORI: CONTADINA
TRA I PIOPPI
(PART.)
toscanaparchi
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Gabriele Baldanzi
Le riserve naturali:
la Provincia di Grosseto
Il territorio della provincia di Grosseto, per
collocazione geografica e per ragioni storiche legate anche all’esistenza di zone impervie, umide e
paludose (solo recentemente bonificate) presenta
molteplici aree scarsamente antropizzate e, di conseguenza, poco modificate nelle componenti ambientali. Da qui la necessità di un’adeguata tutela,
richiesta in prima istanza dal mondo scientifico e
ambientalista, ma di recente anche dalle popolazioni locali. In Maremma è cresciuta infatti la consapevolezza del valore dell’ambiente, considerato
oggi elemento essenziale per la qualità della vita e,
perché no, funzionale ad uno sviluppo socio economico. Adesso fare un viaggio attraverso le aree
protette della provincia di Grosseto permette davvero di scoprire il meglio del patrimonio naturalistico offerto dalla Maremma e dall’Amiata. La tutela delle componenti vegetazionali, faunistiche, geologiche e paesaggistiche più significative ed esclusive avviene attraverso il parco nazionale dell’Arcipelago, il parco regionale della Maremma, riserve
naturali regionali, istituti faunistici, riserve naturali
statali e anpil. In questo numero di Toscana Parchi
concentreremo la nostra attenzione sulle riserve
naturali regionali.
La volontà di promuovere il territorio, di
garantire la conservazione e la valorizzazione delle
aree più belle e significative, si è sostanziata in atti
concreti (da parte di Regione Toscana e amministrazione provinciale di Grosseto) intorno alla metà
degli anni Novanta. In questo periodo fu presentato il primo “Programma sulle aree protette”, integrato poi nel 1998 e nel 2000 con altri sette progetti avanzati a suo tempo dalla Regione Toscana. Sono
nate così, a tutti gli effetti, le riserve naturali di
Monte Labbro (Arcidosso), Poggio all’Olmo (Cinigiano), Rocconi (Roccalbegna-Semproniano), Pescinello (Roccalbegna), Laguna di Orbetello, Parco
interprovinciale di Montioni (Follonica) e, ultima
in ordine di tempo, la riserva del Bosco della Santissima Trinità (Santa Fiora), quello che l’assessore
all’ambiente della Provincia di Grosseto, Giancarlo
Bastianini, definisce “il prezioso pacchetto-ambiente
della Maremma”. Nel piano economico e sociale
delle riserve naturali, redatto dalla Provincia di
Grosseto, sono 14 le aree in fase di decollo; altre
sette, infatti, oltre a quelle già menzionate, erano
state istituite nel 1996 sul territorio montano, collinare e costiero. Si tratta di Basso Merse (Civitella),
Cornate e Fosini (Montieri), Diaccia Botrona (Castiglione della Pescaia), Torrente Farma (Roccastrada), La Pietra (Roccastrada), Montauto (Manciano) e Monte Penna (Castell’Azzara).
L’individuazione di queste aree (un sistema di oltre diecimila ettari con emergenze naturalistiche di livello nazionale e continentale) deriva
da conoscenze acquisite dalla Provincia negli ultimi vent’anni. E allora facciamo un passo indietro,
necessario a comprendere meglio come e perché
in Maremma, più che altrove, la salvaguardia dell’ambiente è da sempre un punto fermo, un valore
assoluto. In provincia di Grosseto, già negli anni
Sessanta, quando il territorio era in gran parte incontaminato e le problematiche ecologiche ed
ambientaliste iniziavano a muovere i primi passi, si
segnalarono amministratori “sensibili”; un esempio
per tutti? Il Prg del Comune di Grosseto del 1959
che individuò nel padule della Trappola, nella foce
del fiume Ombrone e nei monti dell’Uccellina aree
destinate a “verde pubblico”. A seguito di queste
attenzioni il boom economico esploso negli anni
successivi non provocò guasti irreparabili. Nel 1975
fu istituito il parco regionale della Maremma. La
stessa regione Toscana, più tardi, di concerto con
le istanze locali, pose in atto un’attenta programmazione del territorio individuando in provincia di
Grosseto, con normative puntuali quali la L.R.82/
82, la delibera 296/88 e la L.R 49/95, numerosi
toscanaparchi
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ambienti naturali ed ecosistemi meritevoli di conservazione. I vincoli, che troppe volte spaventano
chi opera e risiede all’interno di aree protette, qui
non sono micidiali come si potrebbe credere. Immaginare un territorio blindato solo perché ricade
all’interno di una riserva è un concetto superato
dagli eventi e dagli esempi. Il divieto di caccia, nel
caso di eccessivi ripopolamenti e danni al
patrimonio pubblico e privato, può essere
derogato con piani mirati di contenimento.
Tutto ciò alla ricerca di uno sviluppo socio economico compatibile, i cui risultati sono oggi largamente apprezzati.
Di recente la programmazione ambientale
della Provincia, in stretto collegamento con la crescita del fenomeno agriturismo, ha rappresentato il
volano per un’economia turistica complementare a
quella balneare, rivitalizzando le zone collinari e
montane. Ora le riserve gestite dall’amministrazione provinciale di Grosseto affiancano le riserve
naturali statali storiche di Burano ed Orbetello (conosciute come Oasi Wwf) e una serie di riserve
naturali statali gestite dal Corpo forestale dello Stato. Si tratta di territori dove fino alla metà degli
anni Novanta erano attivi provvedimenti di tutela
piuttosto precari, come gli ex articolo 25 o articolo
33 delle leggi regionali sulla caccia, di durata massima di un anno e non rinnovabili, ma esistenti in
alcuni casi da decine di anni. Oggi non è una bestemmia, quindi, parlare di “sistema”, essendo la
compagine ambientale grossetana non limitata da
barriere artificiali ed integrata addirittura con aree
di altre province, come Livorno, Siena e Viterbo.
Nel contempo è proficuo il coordinamento con il
Parco della Maremma.
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Gabriele Baldanzi
Le riserve naturali:
la Provincia di Siena
La Provincia di Siena ha istituito sei anni fa 11
riserve naturali di cui 4 in comune con la Provincia
di Grosseto, allo scopo di proteggere alcune aree
terrestri, fluviali e lacuali di rilevante interesse naturalistico. Si tratta di circa 8mila ettari di territorio in
cui sono presenti habitat e specie animali e vegetali
di notevole interesse scientifico e conservazionistico,
a livello nazionale e continentale.
“Il fine ultimo di questa operazione di sistema
– spiega il presidente della Provincia di Siena, Fabio
Ceccherini – è quello di governare al meglio territori
particolarmente fragili e ricchi di biodiversità. Le nostre riserve sono strumenti attraverso i quali è possibile sperimentare modelli di pianificazione all’insegna della sostenibilità, passando attraverso forme di
occupazione qualificata”. Ma vediamo come si sostanzia questo programma. Le 11 aree protette regionali gestite dall’amministrazione provinciale variano
nelle dimensioni, dai 2000 ettari della riserva Alto
Merse ai 271 ettari del Bosco di Sant’Agnese. Nella
maggior parte dei casi, tuttavia, si tratta di zone di
modesta superficie, individuate per tutelare emergenze
naturalistiche ben localizzate: Alto Merse, Basso Merse, Bosco di Sant’Agnese, Castelvecchio, Cornate e
Fosini, La Pietra, Farma, Lucciola Bella, Lago di Montepulciano, Pietraporciana e Pigelleto. La loro distribuzione nel territorio senese riflette la diversità degli
ambienti racchiusi all’interno dei confini provinciali,
che spaziano dai rilievi del Monte Amiata, del Monte
Cetona e dei colli del Chianti fino alla pianura della
Val di Chiana e dalle valli fluviali del fiume Merse e
del torrente Farma agli ambienti collinari della val
d’Orcia. In questa scommessa ambientale Grosseto e
Siena, come detto, vanno a braccetto. In 4 casi (Farma, Basso Merse, La Pietra, Cornate-Fosini) le riserve sono interprovinciali e legano, a doppio filo, amministrazioni e atenei. Gli sforzi sono comuni e vanno in una direzione precisa: la tutela e la valorizzazione di risorse che possono costituire anche un volano per lo sviluppo locale orientandolo verso la sostenibilità. La gestione del sistema è finalizzata alla
conservazione degli ecosistemi, alla promozione ed
incentivazione delle attività produttive e di tempo
libero compatibili, allo svolgimento delle attività scientifiche e di ricerca e alla promozione delle attività
coordinate d’informazione e di educazione ambien-
tale. Alla definizione dei confini si è giunti dopo un
confronto con i comuni e le altre istituzioni territoriali (comunità montane, consorzi, etc), rispettando le
delimitazioni naturali facilmente identificabili, preesistenti diritti acquisiti e forme di presenza umana
che potevano comportare difficoltà di gestione e
programmazione. Gli strumenti di attuazione sono il
Regolamento che disciplina le attività consentite all’interno delle aree protette, i piani di gestione delle
singole riserve, in cui vengono programmati gli interventi da realizzare al fine di salvaguardare quelle
risorse naturalistiche che ne hanno determinato l’istituzione, e poi il Piano economico e sociale, in cui
vengono definite le azioni per favorire la crescita
economica, sociale e culturale delle popolazioni che
vivono all’interno delle riserve e nei territori circostanti. Tutti questi provvedimenti sono relativamente
recenti e stabiliscono l’esercizio delle attività consentite all’interno delle riserve, le modalità con cui attuarle, in conformità alla legge quadro 394/91 e nel
rispetto di usi e consuetudini locali. La Provincia di
Siena sta inoltre investendo oltre 1 milione di euro
per la realizzazione delle strutture per la fruizione
(centri visita e sentieristica attrezzata, in fase di completamento). Non solo. Già da qualche anno, grazie
ad un accordo con l’Università degli Studi di Siena,
vengono condotte ricerche scientifiche e monitoraggi finalizzati alla dettagliata individuazione delle emergenze, alla promozione e informazione delle peculiarità scientifiche di ogni area protetta. Non meno
importante il progetto di educazione ambientale che
coinvolge scuole di ogni ordine e grado. Nell’ambito
delle azioni relative alla divulgazione va ricordata la
realizzazione del sito web sulle 11 riserve e la guida
edita nel 2001. Infine, riguardo alla gestione dei servizi per consentire la fruizione delle riserve, la Provincia di Siena, nel prossimi futuro, provvederà alla
definizione di rapporti di collaborazione con associazioni, imprese e cooperative locali, già impegnate
nell’erogazione di servizi sul territorio. Saranno elaborate convenzioni che definiscono i contenuti delle
prestazioni e le aree di intervento. Per quanto concerne la gestione delle riserve dell’area Farma-Merse,
in concertazione con l’amministrazione provinciale
di Grosseto, si è proceduto anni fa alla costituzione
di un’azienda speciale, il Consorzio Tea.
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Giulio Ielardi
Parchi
al
bivio
di Renzo Moschini
Riportiamo parte della introduzione di Giulio
Ielardi al fascicolo ‘Parchi al bivio’ di Renzo
Moschini che inaugura la serie degli E.Quaderni
del Giornale on –line della federaparchi sul sito
www.parks.it
Innanzitutto una verità. Renzo Moschini lo
leggono tutti o quasi tutti, tra chi ha per i parchi
naturali un interesse non soltanto episodico o locale. I suoi tanti estimatori, certo. Ma anche chi
crede di conoscerne le conclusioni ancor prima del
titolo, anche i suoi non pochissimi detrattori, anche i suoi ben individuati (e costanti) bersagli polemici.
Parchi al bivio è l’ultima – per ora – puntata
quasi di un diario pubblico che Moschini tiene sulle vicende delle aree protette italiane con cadenza
pressoché annuale. Infatti, dopo la pubblicazione
di titoli ormai esauriti come I parchi regionali in
Italia (UPI, 1990) e La legge quadro sulle aree protette (Maggioli, 1992), sono usciti praticamente a
ridosso degli eventi I parchi, oggi (Comunicazione,1998), Parchi oltre la cronaca (Comunicazione,
1999), La legge sulle aree protette dieci anni dopo
(2000) e Parchi alla prova (2002). Quest’ultimo,
pubblicato come il precedente quale allegato alla
rivista Parchi - fondata e diretta da Moschini per
circa dieci anni - e disponibile anche su Internet, è
stato “scaricato” dal sito web www.parks.it da ben
seimila utenti. Dunque, quasi un caso di gigantismo letterario nel cosmo lillipuziano degli addetti
ai lavori in materia di parchi & co.
*
*
Fortuna e disgrazie derivano all’Autore, nell’ordine: da una lucida visione politica della complessa vicenda istituzionale e culturale oggi costi-
tuita dall’affaire aree protette; da un’esperienza nelle
pubbliche istituzioni rara a trovarsi nel mondo dei
parchi, anzi probabilmente unica; da un’attitudine
tutta toscana (è nato e tuttora vive a Pisa) a parlare
– e scrivere ! – senza peli sulla lingua. Mi spiego
meglio sui primi due aspetti.
Il percorso pubblico di Moschini, tutto interno alle fila dell’allora Partito comunista italiano, è
quasi senza soluzione di continuità. Vicesindaco
del Comune di Pisa, quindi presidente della Provincia, poi – dal 1976 all’87 – deputato in Parlamento (commissione Affari costituzionali). A lungo è stato poi membro del consiglio direttivo del
parco naturale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli. Ma soprattutto è principalmente sua l’intuizione, decisiva per la politica delle aree protette
degli anni a venire, della necessità di coordinare
giovani e meno giovani enti parco sparpagliati per
l’Italia in un’associazione fondata nell’89: la futura
Federparchi.
Frutto e seme di tali trascorsi da amministratore, legislatore, uomo delle istituzioni nonché grande tessitore di relazioni sono una capacità di rapportarsi alla questione dei parchi mai banale o scontata. Insomma, è il vituperato ma poi ineludibile
primato della politica con la P maiuscola - anche in
materia di lupi & stelle alpine – ad aver collocato
in tutta evidenza l’elaborazione culturale di Moschini in tutti questi anni di difficile attuazione di
una legge come la 394, così avanzata per contenuti
ma pure così esposta sul piano dei rapporti istituzionali e del confronto col territorio. Un’attenzione, la sua, rivolta a meccanismi e norme non sempre facilmente decifrabili – e oltretutto da anni alla
sbarra di un infinito processo di revisione - che
regolano il funzionamento dello Stato nelle sue
diverse articolazioni. Ma sempre dalla parte dei
parchi. E con una sensibilità tutta politica di collocare giorno per giorno le conquiste e gli arretra-
toscanaparchi
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menti dei gracili parchi italiani, o meglio del sistema nazionale delle aree protette, su uno sfondo
più ampio e soprattutto nello sforzo di tenere la
rotta.
La sottolineatura costante degli aspetti più
propriamente politici del cammino dei parchi nel
nostro Paese ha procurato a Moschini un’avversione tenace da parte di una buona metà del movimento ambientalista (Wwf in testa), d’altra parte
ricambiata da una diffidenza ugualmente coriacea.
E’ questa, in fondo, la vicenda tutt’altro che positiva e non ancora pienamente superata dei parchi
italiani, dove lo spirito pioneristico – e quanto
meritorio ! – dei protezionisti a lungo non seppe
incontrare la visione olistica di approcci propri di
altre esperienze, a cominciare dai primi parchi regionali. E’ il parco “cittadella assediata” di Franco
Tassi contrapposto al parco “sistema aperto” di
Valerio Giacomini. Ha vinto il secondo e la sentenza non l’hanno sputata i revisori dei conti o, che
so, la lobby venatoria ma l’Iucn, insomma la scienza. In compagnia di non molti altri, Moschini quel
modello isolazionista del penultimo parco d’Abruzzo, prima della sofferta svolta impressa dalla cacciata di Tassi, l’ha criticato a viso aperto già in tempi lontani. E quella sincerità ha pagato, ricevendo
scomuniche e accuse di cedimento ai localismi più
ottusi. Ma è l’evoluzione del concetto stesso di parco, da istituzione meramente protezionistica a modello di sviluppo sostenibile del territorio fondato
su valori naturali di prim’ordine - e condiviso e
promosso da ogni livello istituzionale – ad avere
occupato in questi anni il tavolo di lavoro di Moschini, disturbando chi non condivideva tale disegno. In questo 2002 che ha finalmente visto l’ingresso in Federparchi dello stesso Wwf (nonché di
Italia Nostra) e del più prestigioso parco italiano –
quello oggi denominato d’Abruzzo, Lazio, Molise nuove prospettive si aprono, ma non è questa la
sede per occuparci in maniera approfondita di tale
questione. E chissà che per Moschini non sia l’oggetto di un prossimo, auspicabile libro.
*
*
*
Ma intanto: perché parchi al bivio ? Quali
insidiose deviazioni sono davanti alla via maestra
delle aree protette italiane ? Secondo Moschini il
rischio attuale – un vero e proprio deragliamento –
starebbe nella normalizzazione e nella aziendalizzazione dei parchi, e il principale imputato è il
governo e quindi l’attuale conduzione politica del
ministero dell’Ambiente. La normalizzazione consisterebbe nella sottrazione al parco di quella “specialità” assegnatagli dalla legge e dalla pratica quo-
tidiana, quale istituzione trasversale (perché governata da un ente gestore a composizione mista, e
perché in contrasto con la natura verticale della
piramide istituzionale). Tempo fa il Censis parlava
al riguardo dei parchi come di autonomie funzionali, e appunto a circoscrivere sempre più quella
autonomia mirerebbe l’attuale indirizzo politico
impresso da Roma, come testimoniano diversi atti
recenti: si possono citare gli esempi dei numerosi
commissariamenti oppure il caso dello Stelvio, riguardo a cui Moschini ricorda nel libro la strigliata
ricevuta in Parlamento (e non solo) per le scelte
del suo presidente, ritenute in contrasto inaccettabile con quelle indicate dal ministero. Ancor più in
generale, da contrastare – sostiene l’Autore già nella prima pagina di questo instant book – è “un
disegno che cerca, più di smantellare, di collocare
le aree protette in una diversa strategia e prospettiva rispetto a quella che, sia pure con ritardi, ondeggiamenti e incertezze si era tentato di delineare
in questi anni”.
Quanto alla paventata aziendalizzazione il
discorso si fa più complesso, nonostante l’accusa
più circoscritta. “Il parco, dopo un adeguato periodo di avvio, deve mirare ad essere autosufficiente
e produttivo, in forza delle sue attrezzature e delle
sue iniziative, almeno in relazione alle necessità
interne di mantenimento funzionale, ai problemi
toscanaparchi
23
occupazionali, ai servizi sociali”. A scrivere così era
Valerio Giacomini in Uomini e parchi (1982), il più
bel libro sulle aree protette italiane da poco ristampato da Franco Angeli per iniziativa, tra gli altri, di
Federparchi e della ben nota rivista Piemonte Parchi. Moschini, almeno per una volta, non è d’accordo e denuncia nelle sue pagine l’allarme che
deve suscitare, a parer suo, il fronte dell’autofinanziamento dei parchi aperto con decisione dal ministro Matteoli e ribadito dal palco della seconda
Conferenza nazionale di Torino dello scorso ottobre. Diciamo con chiarezza alcune cose. Primo: la
ricerca di risorse economiche aggiuntive rispetto ai
finanziamenti pubblici ordinari (in pericolosa diminuzione) è per i parchi una pratica non solo
auspicabile ma già attuale in tante situazioni, ed è
comunque utile sollecitarne una diffusione più
ampia. Secondo: l’obiettivo di “favorire il raggiungimento dell’autonomia finanziaria”, come recitava
il testo della legge delega presentato da Matteoli e
successivamente corretto durante l’iter parlamentare, con l’attuale assetto gestionale e normativo
degli enti parco (e non dunque per principio, come
infatti sostenuto da Giacomini) appare semplicemente irrealizzabile. Sostenere il contrario, qui e
ora, è pura demagogia. Terzo: la nuova parola d’ordine impartita dal governo ai parchi (in particolare
nazionali, in questo caso), al pari della tirata d’orecchi sui residui passivi, soprattutto per toni ma anche poi per soluzioni indicate rischia di non centrare affatto il bersaglio. La predilezione per commissari e “manager”, insomma, rivela una propensione a cercare solo nei bilanci il virus dell’inefficienza invece annidato in terreni assai più delicati,
quali quelli dei rapporti tra le istituzioni in campo.
Parco e Comune, Provincia, Comunità montana,
Regione, Ministero.
E quindi, in riferimento all’allarme lanciato
nel libro: la sottolineatura delle questioni dei soldi,
della necessità di una gestione più agile e meno
burocratica, del ruolo più forte da riconoscere all’iniziativa privata, potrebbero ben legittimamente
rappresentare il nucleo di una posizione politica
della maggioranza attuale in materia di parchi. Che
per diventare credibile, però, ha bisogno di poggiare su una rappresentazione della attuale realtà
dei parchi non caricaturale – come la definisce giustamente Moschini - e comunque veritiera, al contrario di quella presentata alla Conferenza nazionale di Torino.
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Corbezzolo Arbutus unedo - Ericacee
Il nome “arbutus” in latino ha il significato di “piccolo albero”,
mentre “unedo” deriva da “unum edere”, con riferimento ai frutti non troppo saporiti, per cui a
mangiarne più d'uno viene la nausea.
Il Corbezzolo è un piccolo albero sempreverde,
spontaneo dei boschi e delle zone aride in tutta l'area mediterranea
dalla penisola Iberica al Mar Nero.
Di lenta crescita, è più spesso presente allo stato di arbusto,
ma può arrivare ad una altezza massima di 10-12 m.
Fornisce un legno duro, adatto per piccoli lavori di artigianato,
ottimo come combustibile e per carbone.
I frutti trovano impiego per preparare marmellate o per distillare acquavite.
È coltivato come pianta ornamentale anche per la particolarità
che i fiori appaiono in autunno-inverno insieme ai frutti maturi dell'anno precedente.