esecutivo nemico del popolo - Confessione di un nemico del popolo
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esecutivo nemico del popolo - Confessione di un nemico del popolo
confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Davide Celli Confessione di un nemico del popolo C’è soltanto una cosa più onesta della politica: rapinare una banca. Pagina 1 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 La storia contenuta in questo libro è frutto della fantasia. Ogni riferimento a persone, cose o fatti realmente accaduti è puramente casuale. Citazioni e articoli di giornali, come i libri o i personaggi realmente esistiti (o tuttora esistenti), sono stati impiegati solo ed esclusivamente per rendere più realistica la trama. L’attore Aldo Maccione non ha nulla a che spartire con l’omonimo personaggio di questo romanzo. Chiunque fosse interessato a segnalare errori, richiedere precisazioni o quant’altro, è pregato di contattare l’editore inesistente telefonando al numero 320/4731739. Chi vuole dissentire o complimentarsi per il contenuto del libro può farlo spedendo un’e-mail all’autore: [email protected]. Impaginazione: Lara Bresciani Battitura dei testi: Tommaso Prendiparte, Ivana Dardi Coordinamento lettori e redazione: Paola Silvagni Consulenti lettori: Lorenzo Minciotti, Giglio Coleri e Massimo Colombari Stampato presso la tipografia Fd di Bologna nel mese di Luglio del 2010. dall’Editore Inesistente, Via dell’Unione 8, Bologna Se hai letto il libro aderisci al gruppo presente su facebook: Confessione di un nemico del popolo STAMPATO SU CARTA RICICLATA Pagina 2 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Nota per il lettore Il presente libro non si trova in vendita ed è stato stampato dall’Editore Inesistente nel numero di 500 copie. La sua pubblicazione è costata tempo, fatica e denaro a molte persone. Per questo, se dovesse capitarti tra le mani, non lasciarlo abbandonato sul comodino senza averlo letto e neanche confinalo nella tua libreria se ti è piaciuta la storia che contiene. Trovagli piuttosto un nuovo lettore contribuendo così alla sua diffusione. L’unica cosa che questo libro ti chiede è di conservarlo con attenzione fino a quando non lo avrai affidato ad un altro lettore degno di questo nome. Chi desidera segnalare l’entrata in possesso del libro stesso (bookcrossing) può registrarsi al gruppo formato dai “lettori custodi” presente su facebook. Ricordo che aderire a questo progetto significa contribuire alla creazione di una nuova forma di distribuzione dell’opera d’arte che non ha fini di lucro ed è svincolata dalle consuete logiche di mercato. Così facendo cerchiamo di promuovere la nascita di nuovi talenti a tut’oggi ancora sconosciuti. L’Editore Inesistente Pagina 3 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Pagina 4 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Dedico questro libro alla mia compagna, Lara, che mi ha sopportato per tutto questo tempo; a Lorenzo, il mio bimbo, affinchè impari come ci si può difendere dalla politica e comprenda chi è stato suo padre; a tutti coloro che hanno buttato alle ortiche la propria esistenza per una giusta causa. Davide e Golia disegnati dal maestro Sergio Toppi Studio Michelangelo Edizioni Pagina 5 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Roma. Alle ore 9.00 A.M. di questa mattina, l’ex dirigente regionale del Partito Democratico dell’Emilia Romagna Davide Celli è stato arrestato dalla Digos mentre rapinava la Banca Americana sita all’interno dell’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma. Il crimine è stato quindi commesso sul territorio di uno stato straniero. Restano ancora ignote le modalità con le quali il rapinatore è riuscito ad introdursi nel presidio aggirando la sorveglianza. La Farnesina dopo un’estenuante trattativa con il corpo diplomatico americano è giunta ad un accordo che prevede di processare l’imputato in sede italiana, ma secondo l’ordinamento del sistema giuridico americano. Resta ancora incerto il luogo dove dovrà scontare la pena qualora dovesse essere giudicato colpevole da una Giuria mista composta da cittadini di entrambi i paesi. Pagina 6 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 “Ogni opera d’arte è un crimine mancato” Theodor Adorno Io confesso! “Se per tutta la vita hai cercato di fare una cosa, proprio quando sei in procinto di farla, ti rendi conto che non te la lasceranno mai fare e a quel punto puoi essere certo di essere arrivato alla fine. Volevi cambiare il mondo e non ci sei riuscito. È tutto molto più semplice di quanto credi. Non ti sei scelto un’impresa da poco. Consolati, una buona volta. Viva Dio! Pensa solo di avercela messa tutta e fattelo bastare. “Alza il bicchiere e bevi!” Mi dissi assaporando il vino. Una settimana prima di rapinare la banca brindai a me stesso perché ero solo come un cane. Un cane riflesso nello specchio del caffè Molinari che fino a quel momento non sapevo neppure che esistesse. La saracinesca abbassata a metà. Il padrone nella stanza dei bigliardi che lava il pavimento a secchiate. Prima che se ne andasse gli domandai se potevo accendermi una sigaretta. Rispose che il bar era chiuso e mi posò accanto una bottiglia di vino nero, frizzante e un pacchetto di Nazionali senza filtro, proprio quelle con il veliero nero stampato sul cielo verde. Un consiglio forse. Una nave sulla quale imbarcarsi come l’aereo fermo nella nebbia a Casablanca. Ma era solo un vaneggiamento dato che sono quanto di più lontano ci può essere da Humphrey Bogart. La radio trasmetteva musica jazz. Incominciai a riflettere nella consapevolezza che se avessi continuato a bere non ci sarebbe stato più niente su cui riflettere. Ho perso. Non entrerò in Consiglio comunale. È l’unica certezza che possiedo insieme all’altra: ho voluto perdere. Non ne potevo 1 Pagina 1 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 più della politica, di quell’onda che travolge il buon senso senza lasciarti il tempo di capire cosa succede, di quel susseguirsi di frasi fatte buttate in pasto ad orde di febbricitanti giornalisti, di tutte quelle stringhe di notizie inutili che appaiono sui server delle agenzie di stampa. Quel pomeriggio, dopo aver appreso dei risultati, mi ero ritrovato a gironzolare senza meta fino a quando montai sul primo autobus diretto solo Dio sa dove. Guardai la città dissolversi alle mie spalle, vidi le case diradarsi, le luci della sera accendersi in modo disordinato e pensai: “Buon segno! La periferia pullula di bar dove abbandonarsi a un accogliente oblio. Locali lerci, male illuminati, legioni straniere per impiegati spinti sul lastrico dalle banche. Quello che fa per me”. Smontai davanti a un iper-mercato chiuso. Poche auto buttate alla rinfusa sulla scacchiera bianca del parcheggio. Un carrello abbandonato a se stesso aspettava qualcuno che lo rimettesse a posto mentre soffiava un filo leggero di vento tanto che sentivo un lembo dell’impermeabile battermi sul ginocchio. Mi guardai attorno fino a che non incrociai l’insegna cara ai bevitori di stelle. Entrai con passo deciso e, dopo essermi seduto, ordinai una nebulosa rossa. “ Bevi. Bevi per essere felice. Bevi ai bei tempi andati. Bevi alle comete un istante prima di vederle inabissare in mare. Bevi alle profondità dell’oceano dove danzano le Marianne. Bevi finché non saprai più perché stai bevendo, ma continua a bere senza fermarti”. Queste sono le ultime parole che ricordo prima di precipitare in una voragine d’incoscienza, rarefatta e profonda. Da quella sera incominciai a dimenticare pezzi del mio passato un po’ ovunque. Dagherrotipi consumati di ciò che ero stato si smarrivano nelle noiose mattine di luglio. Mi era diventato più facile ricordare avvenimenti lontanissimi, affondati come relitti al largo della mia memoria, rispetto agli ultimi dieci anni della mia vita. Una decade volata via in un batter d’occhio senza che potessi attribuirle un senso compiuto dal quale far scaturire un bilancio. Dieci anni affannosi, vissuti in mezzo alla strada, tra la gente, accanto a uomini, donne, animalisti, commercialisti, giuristi, casalinghe, presidenti di comitato, sindacalisti, mamme, bottegai, filantropi. Come una piuma nel vento in balia delle circostanze, e senza volerlo, mi ero innamorato di questa variegata umanità che i libri di storia, quelli antichi, chiamavano “popolo”. Forse è per questo che i pensieri fuggivano lontano da quell’amalgama vociante, così lontano nel tempo da ritrovarmi ospite in una felice epifania infantile sopravvissuta sulla pagina di un diario. 2 Pagina 2 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Caro babbo e cara mamma, ci sono mattine d’inverno in cui cammino sui prati ascoltando il rumore dei miei passi sulla brina. A lungo andare si muta in un mormorare lontano, in un racconto immaginario, in un’immutabile fiaba, sopravvissuta allo scorrere del tempo per tramandare la leggenda dei cristalli di neve che hanno imparato a raccontare le favole ai bambini solitari. Accidenti! Scrivevo bene a quel tempo. Non avrei mai dovuto rinunciare. Mi scusai non so bene con chi. Non c’era nessuno accanto a me. Abbandonai le farneticanti fantasie per diventare la preda di alcuni fastidiosi dettagli che si mutarono nel giro di poche ore in cerberi latranti. Mi accerchiarono ringhiando fino a che non mi spinsero, come cani pastori, nel bel mezzo alla dura realtà. Ci vollero due pomeriggi, umidi e caldi, per liberare il mio ufficio – armadi, cassettiere, portadocumenti, carpette, scatoloni - dalla storia che mi ero appena lasciato alle spalle. Guardavo quella scia bianca di fogli assottigliarsi alle mie spalle fino a dissolversi nel lontano orizzonte. Le interrogazioni, le interpellanze, le lettere di diffida alle istituzioni importune, gli interventi in consiglio comunale, gli articoli di giornale, gli elenchi degli iscritti al partito verde, i fascicoli con le firme raccolte in calce alle petizioni, tutta questa schiuma di cellulosa colmò dieci sacchi che sono normalmente usati per contenere la spazzatura. Contrariamente ai miei colleghi anche loro sconfitti, che avevano dato incarico ai commessi comunali, decisi che mi sarei liberato personalmente del passato recente e lo avrei fatto con la stessa amarezza di un padre che conduce all’orfanotrofio un figlio nato per sbaglio. Ma non vi nascondo - illustrissimi Giurati - che una domanda, insidiosa e senza risposta, incominciò a molestarmi come un tafano d’alta montagna mentre tutta quella carta ormai straccia finiva in quei tetri pozzi di plastica nera. Un enigma irrisolvibile palpitava nella mia mente. Come mai, pur avendo faticato tanto, sono stato così brutalmente sconfitto? Perché mai tutti quelli per i quali mi ero battuto, uno ad uno, mi avevano dimenticato? Giunsi alle conclusioni che la risposta poteva essere ricondotta ad un principio generale: i politici più disprezzati, fulgidi esempi dell’inossidabile nomenclatura che assedia da decenni il nostro sistema 3 Pagina 3 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 politico, erano stati rieletti, mentre i Consiglieri Comunali più asserviti al popolo, quelli che a lui si erano votati anima e corpo, concedendogli la passione più pura e sincera - che solo un nobile cuore può effondere - erano stati spazzati via dal voto popolare. Ecco che i morti di quella battaglia combattuta a Bologna in quel lontano giugno del 2009 (come un giorno avranno cura di scrivere nei libri) erano così numerosi che Edgar Lee Masters ci avrebbe potuto comporre il seguito dell’antologia di Spoon River. Dove sono Serafino, Valerio e Pasquino? Due di loro furono arsi dalla crescente febbre leghista, l’altro cadde da uno sbarramento elettorale. Dove sono la Tedde e Beppe Maniglia? Uno perì per le firme, l’altra si ritrovò senza quorum. Dove sono i Verdi e i Comunisti Italiani? Tutti dormono sulla collina. Gli altri, quelli che stavano dall’altra parte e non alludo alla coalizione avversa, ma a coloro che meglio di chiunque altro erano riusciti ad interpretare il “mestiere” della politica con la “p” maiuscola, che fine avevano fatto? Sergio Sebastian Borgia - primo Sindaco sceriffo d’Italia eletto nelle file del centro - sinistra - dopo aver annunciato il suo ritiro dalle scene e aver detto in più occasioni che non avrebbe mai indossato i panni dell’Onorevole - datemi del ciarlatano se dovessi ricredermi: disse ai giornali – si presentò e fu eletto a Strasburgo. Il Partito Democratico, che più di ogni altro aveva sostenuto le battaglie di Sebastian, da quelle importanti fino ai capricci, guadagnandosi per questo un’impopolarità mai raggiunta prima, presentò un altro Sindaco, il primo sindaco democristiano della storia della vecchia grassa e dotta Bologna, e vinse le elezioni. Tanti altri politici, di destra e di sinistra, furono riconfermati senza che si potesse intravvedere, anche solo lontanamente, l’abbozzo sbiadito di una logica nel volere del popolo e in loro un palpito di una meritevole ragione o l’alba embrionale di un’idea. Persino Pat Gatto che riteneva che i congiuntivi fossero un’infiammazione del bulbo oculare si vide dischiudere le porte del gran Consiglio Comunale. E nemmeno Riccardo Marchenisi che con i suoi centodieci chilogrammi picchiava la moglie ogni sera non venne punito per questo, ma eletto. Per quanto mi riguardava, in meno di nove anni, ero passato da quasi ottocento voti a poco più di duecento. Come mai? Avevo forse rubato? Niente affatto. Mi ero forse dimenticato delle promesse fatte? Nemmeno, anzi, quei dieci sacchi erano lì a dimostrare il contrario. E allora: di quale innominabile colpa mi ero macchiato? Come cercherò di dimostrare – miei cari signori della Giuria - sono stato sconfitto per una ragione che vi potrà apparire illogica, ma è l’unica che può essere addotta a causa. Sono stato battuto perché non sono riuscito a diventare un politico come gli altri. Proprio così, non ho promesso nulla in 4 Pagina 4 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 campagna elettorale che non avrei potuto concedere dopo essere stato eletto. Nessun accordo sottobanco, nessuna patto che potesse favorire qualcuno a scapito degli altri. Esattamente il contrario di quello che fanno tutti i candidati quando entrano nelle vostre case facendovi credere di essere capaci di tutto, di poter cambiare gli umani destini, di riuscire a procacciare lavori o sopravanzare le carriere, o quant’altro serva a carpire la vostra fiducia. Politici Zelig dalle opinioni mutevoli, giustizialisti e garantisti, federalisti e statalisti, ecologisti e nuclearisti, tutto e il contrario di tutto pur di andare a genio all’elettore che in quel momento si trovano di fronte. Le fatue promesse - e non i programmi - sono il sale della democrazia. Per questo motivo ogni popolo si ritrova i rappresentati che merita perché se ciascun cittadino esige di avere dei politici onesti sulla scena del Paese è pur sempre disposto a chiudere un occhio, se non perfino a buttare all’aria le più radicate convinzioni, in nome dell’interesse personale. Ma nel mio caso era prevalso un altro sentimento che finisce per premiare i candidati che appaiono più integrati nel sistema politico, i famigerati membri della tanto vituperata casta e sono puniti gli altri, quelli che per difendere il popolo sono apparsi talvolta più sanguigni, combattivi e arrabbiati. Mi sono convinto che la gente adori quei calmi, rassicuranti, grigi, burocrati di partito. D’altronde, diciamo la verità una buona volta, nessun onesto padre di famiglia accetterebbe di avere come portiere il folle Vincent Van Gogh o l’estroverso, e iracondo, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio. E così tutti gridano di voler avere una classe politica diversa da quella attuale, ma se la danno a gambe quando incontrano un politico che non rientra nello schema consolidato. Equilibrio del candidato, vestiti eleganti, e la capacità di elargire favori in privato sono quindi gli elementi principali sui quali si fonda il nostro “mercatone” elettorale che apre i battenti ogni cinque anni. In tal senso non esiste una grande differenza tra il nord autonomista e il sud clientelare in materia di “voto di scambio”. Semmai si evince una differenza dai frutti che maturano dopo le elezioni. Un appalto vinto al nord per ragioni elettorali viene portato a termine, mentre nel meridione si considerano i voti concessi più che sufficienti a sdebitarsi con chi ti ha permesso di vincere la gara d’appalto. “Certo, non tutti gli italiani sono così come ho avuto l’ardire di descriverli, ma per una buona maggioranza lo si può affermare. Per questi motivi, giusti o sbagliati che siano, sono diventato un vostro nemico. Lo confesso!” gridò l’imputato – “ Sono un nemico del popolo!” Un forte brusio si levò dalle file del pubblico. Il giudice bettè il martello sul legno chiedendo che fosse ristabilito il silenzio in aula. 5 Pagina 5 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Yes we can! La Pubblica accusa, un omaccione alto e corpulento, tossì vigorosamente come se avesse voluto interrompere l’imputato che tuttavia sembrava aver terminato il discorso. Distese le braccia sul tavolo divaricandole come le gambe di una vacca. Mantenendo il capo chino e dopo aver letto sommariamente il foglio sotto di sé, rivolgendosi al reo confesso con tono risoluto, disse: “A essere sinceri, se distogliamo per un istante l’attenzione dal fatto criminoso di cui ci troviamo a dibattere - alludo alla rapina – le vorrei ricordare che ci sarebbe qualcos’altro di cui dovrebbe scusarsi con il popolo perché, da quello che leggo…” – posò i polpastrelli sulla prima pagina dell’incartamento fingendo di aggiustarla - “…nel 2007, lei ha abbandonato il partito verde per aderire al Partito Democratico. Sbaglio forse?” – l’imputato assentì con la testa – “ Contrariamente a quello che vuole farci credere, lei è un opportunista! Un politico come tutti gli altri! Mi corregga se sbaglio. Sbaglio?” “Immagino di sì” – rispose l’imputato – “ma non rimpiango niente e se tornassi indietro rifarei tutto quello che ho fatto e per quanto riguarda il tradimento posso soltanto dire a mia discolpa di non aver rinunciato ad una sola delle mie convinzioni”. L’imputato fece una pausa ammorbidendo la sua postura e riprese a parlare con la stessa convinzione: “Mi ero stancato di essere valutato soltanto per il numero di tessere che controllavo. E così, quando si è saputo che il Partito Democratico si sarebbe fondato sulle cosiddette primarie, non me lo feci ripetere due volte e mollai il partito verde, che da lì a poco, per altro, si sarebbe estinto” “I topi abbandonano la nave quando affonda” commentò con sarcasmo la Pubblica accusa. Il Giudice lo redarguì dicendo di non essere interessato ad uno spettacolo di cabaret. Quindi gli domandò di non condurre l’udienza fuori dal tema centrale. L’accusa a sua volta si scusò chiedendo all’imputato di riprendere il racconto da dove lo aveva lasciato e fu così che ritornò ai due giorni precedenti alla rapina e successivi alla fine della campagna elettorale. “Dopo quella bevuta al Caffè Molinari mi rintanai in montagna. 6 Pagina 6 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Nessuno tra tutti coloro coi quali avevo diviso l’aula del consiglio per cinque lunghi anni mi chiamò per sentire come stavo e quell’indifferenza mi fece capire che dalle più assidue frequentazioni può anche non nascere nulla e avrei fatto bene, se solo lo avessi immaginato, a coltivarmi le amicizie altrove. Ma l’aspetto più paradossale consisteva nel fatto che il partito al quale avevo aderito e che si diceva “democratico” m’ignorava completamente tanto da non inviarmi nemmeno più le convocazioni degli organi nei quali ero stato eletto e nominato. Mi diventò improvvisamente chiaro il senso di quelle cariche: alla maggioranza consigliare che reggeva il Sindaco sceriffo, mancava un voto, il mio. Per procacciarselo il partito di Tex mi aveva prima accolto e poi premiato con l’ingresso nell’esecutivo regionale, dove sedevo in qualità di responsabile della comunicazione e nella direzione emiliano-romagnola. Ma alla fine del mandato era venuta meno la mia utilità e con essa il potere che ne era scaturito senza che lo avessi mai cercato. Credo di essere stato l’unico politico al mondo ad aver retto una maggioranza consiliare per puro spirito di servizio finendo poi nell’indifferenza più totale. Avevo imparato a mie spese che chiunque si gioca la propria vita per ciò in cui crede deve, quantomeno, farsi dare in cambio delle garanzie e non dei sogni. Bastava guardare al destino dei due membri di quella che in consiglio chiamavano la “Sinistra cip e ciop” (composta da altri due consiglieri che con i loro voti reggevano la maggioranza) per comprendere come siano onorati i contratti seri. Cip era diventato assessore, mentre a Ciop era stato promesso un seggio in Consiglio Regionale. Solo Aldo si fece vivo. Aldo - che chiamavo Maccione per la sua rassomiglianza con l’attore torinese nel fisico, ma soprattutto nei modi - scherzò con mia moglie dicendo di essere un carabiniere in forza al Ministero dell’Interno. Doveva interrogarmi per via di un traffico di rifiuti tossici nel quale ero invischiato. Lara scosse la testa con un’espressione compatita e me lo passò. Maccione voleva vedermi perché gli era capitato per le mani un grosso affare. L’ultima volta che l’avevo sentito fare la stessa asserzione mi ero ritrovato nella situazione surreale di dover contrattare un collegio elettorale “sicuro” come se fosse una partita di aspirapolvere ferma alla dogana del porto di Napoli. Malgrado ciò, mi sentivo così solo e senza amici che accettai di andare a Carpi per ascoltare la sua offerta. All’indomani, guidando l’automobile, pensai che la via Emilia è un’unica grande città, non ancora riconosciuta dalle carte geografiche, un regno declinato in un susseguirsi senza fine di case, negozi, aziende e supermercati che non finiscono mai e 7 Pagina 7 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 ne fanno un toponimo a due dimensioni, lunghezza e tempo. Quando ti distacchi dall’arteria per raggiungere quella che in passato è stata una della capitali tessili della Regione, trovi una campagna affastellata da capannoni chiusi che meglio di un’inchiesta giornalistica mostrano in maniera livida il declino dell’economia italiana. Il cielo era di un colore indefinito tra il grigio e l’azzurro tenue. Non faceva caldo, ma la solita cappa di umidità della Pianura Padana, che d’inverno si trasforma nell’inconfondibile nebbia della bassa, opprimeva i polmoni ancor prima dell’umore. Non lo aspettai al casello, non c’era posto per parcheggiare l’auto, e continuai imboccando una strada dopo l’altra con la sensazione di finire chissà dove. Vidi un monolito di cristallo piantato in mezzo ad una immensa rotonda formata da strade sfilacciate che allargandosi si perdevano nel nulla dei campi rasati. Alla base di quel mastodonte di cristallo spuntavano un Roadhouse, un McDrive e un certo numero di negozi di abbigliamento. Fermai l’auto e chiamai Aldo che impiegò meno di un quarto d’ora per raggiungermi. Ci sedemmo da McDonald’s e senza neppure chiedermi come stavo posò una carpetta nera sul tavolino. Prima di aprirla mi raccontò di come se la stava passando e se la passava davvero male. Non era stato riconfermato come assessore al secondo mandato. Dato che si trattava di un avvenimento più unico che raro gli domandai la ragione dell’abdicazione. Mi confidò che la storia d’amore con la responsabile regionale del partito era andata di male in peggio tanto che lei aveva incominciato a vedere in Maccione un perfido nemico. Per questo si era messa d’impegno, usando tutta l’influenza di cui disponeva, per eliminarlo. Ma non dovevo assolutamente dispiacermi perché un’intuizione geniale scaturita improvvisamente nella sua mente alcuni giorni prima ci avrebbe rilanciato sul mercato dei partiti e così dicendo diede per scontato che entrambi sapevamo fin troppo bene che in politica, come ai cavalli, basta puntare tutto sulla “dritta giusta” per sistemarsi tutta la vita. A quel punto notai che aveva smesso di parlare e mi guardava con l’aria di chi ha trascorso quaranta giorni nel deserto per affrontare Satana e cacciarlo. Alzò al cielo lo sguardo perdendosi in una visione vanagloriosa. Vide una folla immensa e plaudente uscire dal fondo del locale per avvicinarsi al nostro tavolo mentre dal soffitto cadevano delle stelle filanti argentate che riverberavano nei monitor dei più importanti network del mondo. I giornalisti, l’inviato della Cnn in testa, insistevano per averci in disparte così da poterci intervistare, ma indifferenti a ogni richiesta degli anchorman televisivi, sorridenti, stringendo una mano dopo l’altra e baciando i bambini sollevati in aria dai genitori, continuavamo a goderci il sapore della vittoria mentre i corpulenti agenti della scorta setacciavano la folla 8 Pagina 8 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 attraverso le spesse lenti degli occhiali da sole. Da quel momento non avremmo più dovuto sudare sette camice per portare a casa un misero stipendio, o guidare una squallida utilitaria avendo una flotta di auto blu a disposizione e neanche avremmo dovuto versare contributi all’Inps, semmai beneficiare di un numero imprecisato di pensioni che sarebbero andate via via accumulandosi fino a farci diventare i pensionati più ricchi di tutto il paese, come del resto lo sono tutti quegli onorevoli che sono stati eletti in Parlamento per più di una volta. A quel punto si scrollò dal sogno ritrovandosi seduto al tavolino del fast - food immerso nell’odore nauseabondo della carne bruciacchiata. Si guardò attorno: era circondato da bambini piagnucolanti, operai in salopette fluorescenti e impiegati annoiati dalla pausa pranzo. Contrariamente a quello che avrei immaginato non si perse d’animo, stirò un angolo della bocca in una sorta di sorriso e dopo aver aperto la carpetta sventolò in aria una stampa digitale colorata. Prese fiato e gridò: “Yes we can! Yes we can!” e ripeté ancora più forte scandendo le parole: “Yes! – We! – Can!” Cercai di non apparire seccato, ma per la prima volta da quando avevo messo piede sul suolo carpigiano mi domandai quale fosse il motivo che mi aveva spinto a percorre 70 chilometri per sentirmi ripetere per la milionesima volta lo slogan di Barack Obama. Non fece caso al mio sguardo da gatto sornione e continuò dicendo di aver brevettato con successo lo slogan “yes we can” e subito dopo, avvalendosi del talento di un grafico, lo aveva riportato su di un simbolo elettorale che sarebbe stato presentato alle prossime elezioni regionali. Indipendentemente o meno dal volere di Barack, Aldo e Davide, che nella mia testa mi suonavano già come la rivisitazione di Gianni e Pinotto in chiave atlantica, avrebbero fondato il Partito Democratico Italoamericano. L’aspetto geniale di questa trovata, secondo lui, consisteva nel fatto che il Presidente degli Stati Uniti non si sarebbe abbassato al nostro livello per smentirci e così facendo ci avrebbe concesso tutto il tempo necessario per giocare sull’equivoco la partita delle regionali. Solo allora gli chiesi quale fosse il nostro programma. “Ma quale programma?” – sbottò Aldo – “Non hai ancora capito come vanno le cose dopo tanto tempo?” mi chiese. Scossi la testa per fargli intendere che no, non l’avevo ancora capito. “Niente di male, ci sono arrivato subito” disse – “ma poi quando ho letto sul giornale di come Tonino è riuscito a rigirarsi tutti i soldi del finanziamento elettorale sono caduto in ginocchio sulla via di Damasco” Si accertò che fossi al corrente della campagna denigratoria messa in 9 Pagina 9 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 piedi dal quotidiano della famiglia Berlusconi ai danni del suo ex-capo e cioè del leader del partito dal quale era stato appena buttato fuori. Dato che non ne sapevo nulla mi spiegò che avremmo fatto un’operazione simile facendo nascere due associazioni gemelle, la prima denominata Partito Democratico Italoamericano alla quale chiunque avrebbe potuto aderire e l’altra definita Yes we can controllata dai nostri parenti più stretti. E sarebbe stata proprio quest’ultima a ricevere i soldi del finanziamento pubblico in quanto l’unica proprietaria del simbolo elettorale stampato sulle schede elettorali. L’imminente fiume di denaro pubblico sarebbe poi stato rigirato al partito solo a determinate condizioni e prese ad illustrare come: “…ci compriamo alcuni immobili prestigiosi con un mutuo che ripaghiamo affittandoli come sedi al Partito Democratico Italoamericano. L’uovo di Colombo, un gioco ‘alla Ponzi’ che ci renderà ricchi con i soldi del finanziamento pubblico”. Il “gioco alla Ponzi” era ormai entrato nel gergo usato dai politici - un po’ come il “che te lo dico a fare” di Donnie Brasco, - ritornava puntualmente nella maggior parte delle conversazioni. Bisogna a questo punto ricordare che Carlo Ponzi, detto Charles, è considerato l’inventore dello “schema ponzi” e cioè di una strategia che ancora oggi trova numerosi sotenitori. In molti avranno certamente sentito parlare dell’ultimo grande esponente del “Ponzismo”, di quell’imprenditore statunitense, Bernard Madoff, accusato di essere l’artefice della più grande truffa di tutti i tempi. Ponzi imparò da Collodi, dall’immortale Pinocchio buggerato dal Gatto e la Volpe, che non serve impadronirsi del denaro con la forza se convinci quelli che lo possiedono ad affidartelo affinché tu lo investa producendo utili da capogiro. Noi avremmo fatto lo stesso convincendo lo Stato Italiano che eravamo un partito degno di ricevere il finanziamento pubblico e per essere certi di mettere a segno il colpo era necessario raccogliere un “misero” 3% di voti. Dato che Maccione mi vide perplesso si lanciò in un’accalorata dissertazione. Non avremmo più dovuto litigare con i compagni di partito per essere candidati e neanche saremmo stati costretti ad acquistare centinaia di migliaia di tessere per avere uno strapuntino, ma soltanto incassare i soldi di un investimento che si presentava come il più lucroso fra tutte le attività economiche che avremmo potuto avviare. Soldi facili, esentasse, con un capitale d’investimento tra i più bassi dell’intera storia del capitalismo, se era vero, tanto per fare un esempio, che il movimento dei Pensionati aveva ricevuto per le elezioni europee 180 euro di rimborso a fronte di ogni singolo euro investito. Aldo si mise a sghignazzare e concluse dicendo: “Pensa a che idioti siamo stati” – rise ancora più fragorosamente – 10 Pagina 10 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 “Abbiamo passato la vita a sbatterci nel partito senza capire che per ogni sberla che ci prendevamo dai compagni, per ogni preferenza strappata agli elettori, per ogni parola azzeccata che abbiamo infilato personalmente nei programmi, qualcuno, che neanche conoscevamo e che probabilmente se ne stava seduto sul bordo della piscina di un Grande Hotel a sorseggiare Martini, ci guadagnava un pozzo di grana”. Aldo aveva ragione da vendere e vi confesso, illustri signori e signore della Giuria, che in quel McDonald’s, in quel pomeriggio afoso e grigio, per la prima volta nella mia vita, mi sono sentito un fesso, così tanto fesso che mi venne la voglia di andarmene. Ma prima di darmi alla fuga ritornai con la mente ad un viaggio in America Latina ricevuto per il mio diciottesimo anno di età. Una sera, camminando da solo, mi capitò di assistere ad un combattimento fra galli. Quelle due povere bestie, mai e poi mai, avrebbero immaginato che un omaccione ignorante, grasso e sudato, con una vistosa catena d’oro penzolante sulla canottiera sporca, viveva sulla loro pelle grazie al giro di scommesse che gestiva. I due galli combattenti si beccavano senza tregua, starnazzavano, perdevano le piume, si cagavano addosso dalla paura, sanguinavano e morivano mentre quel bastardo di un allibratore si ritrovava nelle tasche tutto il necessario per pagarsi le quattro puttane che gli stavano a fianco. Carlo Ponzi, inventore dello “schema ponzi” Pagina 11 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Vendetta Salutai Aldo dicendo che ci avrei pensato su, anche se, a dire il vero, non mi sentivo abbastanza cinico per guadagnare una fortuna alle spalle di quei poveretti che spinti dalla disperata illusione di cambiare il mondo erano disposti ad entrare in un nuovo e affascinante partito a stelle e strisce. Montai in macchina e me ne andai con un groppo alla gola. Guidai pensando che non mi fregava più niente del panorama circostante e nemmeno della crisi economica, delle emissioni di anidride carbonica, del precariato, degli orsi cinesi torturati vivi per estrarre dalla loro bile un medicamento magico, delle calotte polari e di tutte le altre fregnacce per le quali mi ero battuto. Un cinismo brutale stava bruciando tutto quello che mi era rimasto, buoni sentimenti, sogni, ideali, tutto ciò in cui avevo creduto fino a quando la dura realtà mi era apparsa dentro a un fastfood alla periferia di Carpi con indosso il suo vestito peggiore. Mi fermai ad un bar e ordinai una bottiglia di vino bianco che assaporai per una buona metà. A quel punto, con tutto quell’alcol che mi scorreva nelle vene, incominciai a sentir crescere una piacevole calma. Pensieri sparsi incominciarono ad accavallarsi fino a quando non presero la forma di un ragionamento compiuto. Mi trovavo ad un bivio. Potevo seguire Aldo Maccione nella sua impresa criminosa, sebbene del tutto legale, o farla finita per sempre con la politica e quest’ultima strada era l’unica percorribile se avessi voluto continuare a guardare mio figlio in faccia senza vergognarmi. Ma un diabolico disegno, appena abbozzato, si materializzò con la dolcezza di un feto che prende forma nel ventre folle della storia. Cercai di metterlo a fuoco ponendomi delle domande, altre domande, altre ancora: devo veramente dimenticare tutto? Ma quale interesse potrebbe mai suscitare la mia storia qualora decidessi di renderla pubblica? La verità sulla politica desterebbe ancor meno attenzioni. Passerebbero entrambe inosservate, non c’è dubbio. Qualche trafiletto sui giornali, forse, ma nient’altro di più. “A meno che… A meno che non decida di compiere un’azione apparentemente violenta per incentrare su di me l’attenzione. Non è forse vero che ricattatori della peggior razza, conosciuti al mondo col nome di paparazzi, hanno guadagnato onori, denaro e Lamborghini soltanto per aver violato l’intimità altrui? Non è forse vero che giornali senza scrupoli hanno 12 Pagina 12 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 pagato a peso d’oro le interviste rilasciate da mostruose infanticide? E quanti altri hanno dedicato prime serate, libri e dvd a terroristi bombaroli o girato film su spietati criminali di borgata facendoli interpretare da divi di gran fama? Per questa ragione, e sia questa la prima ma non l’unica, rapinerò una banca e quando i riflettori si accenderanno sul mio volto e i microfoni si spalancheranno davanti alla mia bocca come affamate piante carnivore bramose di succulente verità, solo allora, darò libero sfogo a tutti i miei racconti che amplificati viaggeranno nell’etere, di televisione in televisione, di casa in casa, di mente in mente, rendendo evidente ciò che i politici solitamente nascondono, mascherano e cancellano dalla faccia della terra. Ogni uomo, o donna, potrà scegliere allora da che parte stare e quale maschera indossare. E solo al termine di questa lunga confessione vi spiegherò perché ritengo che una rapina a mano armata altro non sia che un atto di pura onestà” Nell’aula scoppiò un boato di stupore. “Silenzio!” – gridò il Giudice – “Silenzio, per Diana! …o dovrò far sgombrare l’aula”. L’Avvocato della Difesa si alzò in piedi dopo aver chiesto la parola: “Illustrissimi Giurati, l’imputato che vi trovate davanti non è un criminale come tutti gli altri. Su questo non v’è dubbio alcuno, tant’è vero che se prendiamo in esame i suoi scritti, quelli che si trovano allegati agli atti del processo, nessuno di noi potrà negare che un certo talento bruci in lui” Fu interrotto dall’Accusa che sobbalzò sulla sedia: “Questa considerazione è irrilevante, l’imputato non è mai riuscito a farsi pubblicare un solo libro”. “Nulla toglie alle capacità dell’uomo” – riprese a disquisire l’Avvocato della Difesa con un tono eccessivamente tranquillo – “Ma andiamo per ordine e ricapitoliamo i fatti: l’imputato ha confessato di essere un politico e non ha mai negato di essere un rapinatore di banche. Ma chi è esattamente costui? Lasciate ora che vi legga un brano scritto di suo pugno: “Una volta, a notte fonda o a sera tarda non ricordo, dopo aver sputato sangue sul selciato, mi rialzai da terra e scesi le scale della pubblica latrina. Fra la sporcizia e le scritte oscene, trovai incisa sul muro una sola verità: Qualcuno, nel mondo, vi aspetta per essere salvato 13 Pagina 13 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Da questa frase, tanto semplice quanto vera, scaturì tutto ciò che avrei dovuto tenere a mente se solo avessi deciso di battermi per una giusta causa. Ricorda di non diventare mai ciò che combatti e tieni la spada in una mano e lo specchio nell’altra così che, quando vedrai crescere un tiranno sanguinario innanzi a te riflesso, sarà giunto il tempo di cedere alla nobiltà della sconfitta perché non vi è vittoria alcuna che possa dirsi tale se per conseguirla hai perso te stesso e ciò che sei stato. E in questa lotta senza fine con l’altro te specchiato ti sia di conforto sapere che l’intramontabile storia dei buoni da una parte e dei cattivi dall’altra, assolta da milioni di eroi prima del tuo arrivo, è solo in attesa di essere rivissuta. Rendi epico il tuo quotidiano. Eroica la tua vita. Anche se ora ti appare terribilmente normale non sei stato tu a volerla così, ma tu, tu solo e nessun altro, puoi cambiarla e come te potrà farlo chi vorrà seguirti in questa impresa”. “Obiezione!” - gridò ancora l’Accusa ad un passo dal perdere le staffe - “Non può essere consentito ad alcuno di sfuggire alle proprie colpe facendo uso del proprio talento. Mi sento in dovere di far rispettare il principio secondo il quale ogni uomo è uguale davanti alla legge e per questo chiedo che sia impedito a chiunque, in quest’aula, di esprimersi attraverso un uso ricercato del linguaggio. Questo è un processo e non un reading letterario” A quel punto l’imputato prese la parola. “Anche a Carlo chiesero di tacere e fu perseguitato per questo. A noi rapinatori, nemici del popolo, diseredati e poveri diavoli, non è consentito tacere, vorremmo tanto soprassedere ed essere amati e per questo venerati e premiati, ma non ci possiamo fare niente, siamo fatti così. Le parole ci escono dalla bocca senza freni e chi vuole può loro tener testa, ma non incarcerarle in noi” “Carlo? A quale Carlo si riferisce?” – indagò l’Accusa – “Siano messe a verbale le sue generalità in quanto potrebbe trattarsi di un complice dell’imputato al quale sarà affibiato un bel concorso a delinquere”. “Lo lasci terminare e la finisca di interrompere gli interventi o la farò radiare dall’aula” lo redarguì il giudice. “Non so nemmeno io quante storie come questa che sto per raccontarvi giacciono affondate negli oceani della dimenticanza. Quanti eroi maledetti, soli come cani, hanno fatto ciò che dovevano fare spinti solo dal sacro vento caldo della giustizia” 14 Pagina 14 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 La canzone di Carlo “Quando si dice la verità non bisogna dolersi di averla detta. La verità è sempre illuminante. Ci aiuta ad essere coraggiosi” Aldo Moro “bisogna ripartire sempre dai propri errori e mai dai successi” Pablo Picasso Una musa visitò i miei sonni dopo un rito iniziatico e lasciate che chiami così quella bevuta consumata in compagnia di vecchi amici, bastardi e sbandati. Carlo, uomo di condizione libera, protettore dei catechisti e dei librai, già nome di mio nonno e del grande Magno, Maestro della corte dei re Merovingi, non mi fece scegliere, mi scelse. Camminava nel suo giardino non molto lontano dall’atterrita vestale, scolpita nella pietra, che sembra essere fuggita dal Duomo di Nonantola. Di quella statua, nessuno potrà mai vedere il volto perché i suoi occhi straziati si sono smarriti nel nero calice del copricapo dopo aver chiamato a sé la storia di Carlo. Ma quella fabula inabissata - per quanto addormentata - continua fortunatamente a vivere nelle leggende degli uomini straordinari. Carlo si sedette accanto al vecchio ceppo dell’olmo di Gisors sotto le cui folte chiome, fanti, cavalieri e Re, si affrontarono a colpi di spada affinché quel patriarca verde non fosse abbattuto. M’inginocchiai accanto a lui per ascoltare le verità che l’olmo dispensava ai viandanti ogni notte. Dalle nere profondità di quel tronco cavo, si riversarono fuori mille girini grandi come comete e presero posto nell’aria rischiarata dalla luna in attesa che Carlo cantasse, ancora una volta, quella ninna nanna dolce e dolorosa. Non lo sapevo, ma molti pellegrini che mi avevano preceduto erano caduti in preda alla rabbia e alla disillusione ascoltando quanto stavo per sentire. Altri avevano perduto ogni umana pietà verso i propri simili e alla vendetta, soltanto a lei, si erano votati. Come loro avrei dovuto decidere se cedere alla prima notte di quiete, scacciare quel sogno rivelatore e iridescente, o 15 Pagina 15 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 viverlo lasciando che mi facesse diventare più forte, equilibrato e saggio, malgrado tutto il dolore che mi avrebbe causato prima di trasformarmi per sempre. Ascoltai in silenzio. Vi fu un tempo lontano - c’era una volta - in cui il profitto ebbe la meglio sulla ragione, tanto che i guardiani dei maiali decisero di stivare le loro bestie, tante quante le cavallette della piaga, accanto alla casa di Carlo. Ritennero, a torto e non a ragione, che fosse molto più conveniente ammassarle in un grande castello, rimpinzarle di cibo, stremarle di antibiotici, piuttosto che lasciarle vivere allo stato brado. Dal ventre di pietra che imprigionava le scrofe strisciò fuori un serpente che si mosse fino al più vicino corso d’acqua dove immerse la testa pur continuando a tenere la coda tra i maiali. Spalancò le fauci e dalle viscere più profonde vomitò un liquame scuro nei canali, prima di allora, templi consacrati alle rane panteiste. Ogni fosso, stagno o semplice pozza d’acqua, si spopolò e tutta la campagna circostante si ammantò di un funebre silenzio. Le rane non avrebbero più raccontato nessuna favola triste alle nubi e loro, in tutta risposta, avrebbero smesso di piangere temporali sui raccolti. Carlo, che fin da bambino aveva nuotato nei rivoli che nessuno avrebbe mai osato chiamare canali, decise che non avrebbe potuto assistere indifferente alla morte di quelle bestiole che galleggiavano a pancia in su decimate da batteri e nitrati. Come poteva permettere questo dopo aver ammirato le loro leggendarie imprese per così tanto tempo? Quando il Dio Pan si nascose in un fiume per sfuggire a Tifone non furono forse le rane a proteggerlo? Cosa ne sarebbe stato degli uomini se il Dio serpente degli aztechi e il mago giaguaro non avessero tagliato in due la prima rana primordiale per originare il cielo e la terra? E chi avrebbe indicato ai fiumi la via del mare? Solo allora il mio sogno diventò il sogno di Carlo. La madre terra degli Aztechi, la grande rana Tlaltecuhtli ci sorrise dal fondo spettrale del bosco. Si mutò nella Dea Heket, protettrice della vita nascente, invocata dagli antichi egizi per proteggere il parto, le madri e i nascituri. Fu lei a convincere Carlo che, né le rane, né tantomeno i bambini, dissetati dall’acqua avvelenata dei pozzi inquinati dovevano morire. Carlo chiamò gli ufficiali del villaggio, mostrò la testa marcia del serpente, ma per loro, era tutto regolare. Se a caval donato non si guarda in bocca, tantomeno lo si poteva fare all’idolatrica serpe - “Prima o poi le rane torneranno” dissero i politici che seguirono gli ufficiali. Eccome se tornavano, trenta rane d’oro rimpinguavano i loro conti, ma di rane vive e verdi dalmatine o temporarie - neanche l’ombra. Carlo non si perse d’animo e convinto che non si potesse sentire il 16 Pagina 16 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 puzzo di tutto quel male, si avvicinò alle fauci maleodoranti del serpente per colmare un secchio di materia purulente. Il giorno dopo attraversò la piazza e camminò sotto le volte dei portici tenendo il secchio ben stretto in una mano. Passando accanto alle botteghe cittadine vide come gli alchimisti riuscivano a mutare i maiali in salsicce e le salsicce in oro. Contemplò i garzoni stregati dal bagliore luciferino effuso dalle monete quando gli uomini le maneggiano. Pensò che per quella corporazione di avidi mercanti, le rane e i bambini valevano meno dell’oro, ma non si perse d’animo e si mise a sedere. Aspettò in silenzio. Quando, nel primo pomeriggio, le porte del Gran Consiglio Comunale si schiusero ai cittadini, nessuno si sarebbe mai aspettato di veder arrivare Carlo con quel vaso di Pandora tra le mani. Lo sollevò sopra la testa e come un gigante accecato lo scagliò su quel fiore appassito di notabili consiglieri: “Lo sentite adesso il puzzo? Vi pare che l’acqua sporca odori di zucchero filato ? …O è forse acqua di colonia? Ditemi!” - Urlò. Nessuno lo denunciò e come avrebbero potuto? Non sostenevano forse che tutta quella merda non era mai esistita? Non ancora contento - il buon Carlo - si rivolse ai giudici con un nubifragio di esposti, ma anche questa volta senza successo. Archiviato! Il fatto non sussiste! Non luogo a procedere! Non accolto! Prescritto per decorrenza dei termini! Vizio procedurale! In poche, ma chiare parole: non ce ne frega niente dei tuoi canali sporchi! Imparò l’arte degli “azzeccagarbugli”, passò le notti insonni sui libri, lesse e studiò fino a diventare un principe del foro, e lo fece sospinto dal semplice motivo che un giorno, la sua inascoltata ragione, avrebbe prevalso sulla stupidità. Ogni qual volta un giudice rifiutava i suoi esposti con futili ragioni, determinato a far conoscere al mondo la malvagità dei guardiani, ricopiava ogni riga dei loro disumani asservimenti sui manifesti che stampava in poche copie così da poterli affiggere per le vie della città. Tanto fece, tanto scrisse e tanto mostrò quanto ridicola fosse l’autorità, che qualcuno si indispettì. S’indispettiscono sempre quelli che si arricchiscono mettendo i piedi in testa ai poveretti. Chissà perché? Il signor Sindaco di allora decise che non vi sarebbe stata peggiore pena per il giusto che essere considerato un pazzo delirante. Per questo motivo quattro gendarmi, “con i pennacchi e con le armi”, presero Carlo e lo richiusero nel manicomio criminale. La ragione fu una e una soltanto: la colla dei manifesti. Si trattava di un liquame - questa volta sì ben più pestilenziale della merda di maiale - così potente, ma così potente, che quando i messi comunali rimuovevano i foglioni di Carlo, interi continenti di intonaci comunali 17 Pagina 17 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 si staccavano per andare alla deriva sui selciati. È risaputo, che il crollo dei palazzi storici, non è da attribuirsi ai terremoti, alle vibrazioni prodotte dal traffico, all’inquinamento atmosferico, al cemento abruzzese taroccato, o al volere di Dio, ma solo all’uso improprio delle affissioni, ancor più quando queste sono invereconde e piene di insolenze. Sciocco Sindaco, non sapeva che i cavalieri erranti, senza macchia e senza paura, godono della stessa libertà di espressione concessa agli artisti. Non poteva imprigionarla, come non avrebbe mai potuto chiudere la musica di Mozart dentro ad una sudicia cella. Volava sopra la sua testa, più in alto del campanile, la libertà di Carlo. E continuò a volare fino a quando non vide sotto di sé le persone giuste alle quali chiedere aiuto. Il silenzio immutabile nel quale avevano rinchiuso Carlo andò in pezzi insieme alla torre in cui era stato rinchiuso il signore degli anuri e dei bambini. Uomini giusti, professori illuminati della moderna psichiatria, unirono le penne come i moschettieri uniscono i fioretti nel romanzo di Dumas e giù, lungo quelle lame risplendenti di verità, fluì l’inchiostro luminescente della ragione. Come un fantasma, un’intramontabile perizia secondo la quale Carlo non era un pazzo, ma un uomo saggio, si manifestò nelle aule dei collegi giudicanti. Questo bastò per accendere l’attenzione del mondo politico su Carlo “il giusto”, tanto che fu candidato sotto le stesse insegne di cui mi sarei fregiato anch’io molti anni dopo. Carlo, avendo avuto tutto il diritto di dire ciò che pensava ed essendo stato ingiustamente imprigionato da chi pensava il contrario, fu insignito dai cittadini con l’onorificenza di Consigliere Comunale, emerito difensore delle acque e della terra. Carlo uscì dalla prigione una mattina, sotto lo stesso sole che lo aveva illuminato tre mesi prima. Era ancora lì, sopra di lui, ma quella buona stella avrebbe brillato ancora per poco prima di spegnersi definitivamente dentro ai suoi occhi. Infatti, la sua storia, la sua battaglia e i suoi dolori, non erano ancora finiti. Una sera si recò ad una festa politica di paese, passò sotto alla falce e al martello che a quel tempo campeggiavano ancora sull’effigie del partito comunista stringendo l’unica cosa che aveva: la buona intenzione. Raccontò, mostrò carte e documenti, illustrò come si prevaricavano le leggi e infine lesse le risposte dei giudici che permettevano alla merda di maiale di andare in giro indisturbata. In molti risero, altri capirono, ma qualcuno, ancora una volta, non gradì. Tre centurioni lo aggredirono nella stalla dove era andato a riprendere il suo destriero. Mentre uno lo teneva fermo gli altri due “gli cercarono l’anima a forza di botte” come al blasfemo di De Andrè. Finì all’ospedale e vi rimase 18 Pagina 18 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 per molto tempo. Purtroppo gli Dei non sono comprensivi con gli uomini che oscurano la loro leggenda e li puniscono nel modo peggiore piegando il fato al volere della centuria. Carlo si accasciò dopo aver discusso un’ultima volta in Consiglio. La storia era finita. I cattivi avevano vinto. Carlo mi sorrise e disse: “Un solo uomo è una rivolta”. Strinsi forte la sua mano come Cesare a Cassio: “Ci rivedremo e quando ci rivedremo ne rideremo, altrimenti valga questo quale estremo commiato” Lo vidi allontanarsi e solo quando fu molto lontano compresi che le rane, le grandi rane che avevano abitato l’infanzia spensierata di tutti i mortali lo avrebbero accompagnato dove quello strano sogno sarebbe svanito senza lasciar traccia. Nuotarono insieme nel cielo azzurro che altro non era che il riflesso dell’acqua sulla volta celeste e continuarono a navigare per allontanarsi dagli uomini, dalle loro porcilaie e da tutti quei miseri guadagni che ogni giorno mandavano in malora un pezzo di mondo dalle parti di Modena e in chissà quali altri posti. Intravidi sua moglie mentre lo salutava e quando Carlo fu solo un puntino impresso sull’orizzonte pianse a dirotto. Compresi, guardandola, che vi sono uomini che possono continuare ad essere pericolosi anche dopo la morte se è vero che quella signora, la mite moglie di Carlo, come Maria davanti a Ponzio Pilato, chiese all’autorità costituita di concederle un perito di parte che potesse assistere all’autopsia. Era necessario appurare la causa esatta della morte perché gli aguzzini di Carlo, se per caso fosse emerso un legame tra il pestaggio e il decesso, non avrebbero pagato per delle semplici seppur pesanti percosse, ma per aver commesso un “omicidio differito”. Quando il perito giunse all’ospedale l’autopsia era già stata completata e la bara chiusa per sempre. Carlo “dorme in un campo di grano” accanto alle salme dei giusti che hanno impedito a Dio di annientare il genere umano per la sua cattiveria e se conservo un rimpianto è solo quello di non averlo mai conosciuto. Se passate per Modena o dalle parti di Nonantola e chiedete di Carlo, o di quello che difendeva i pozzi dell’acqua - molti anni prima di Bové e di Erin Brockovich - le mamme spaventate affretteranno il passo stringendo la mano ai propri bambini. Nessuna di loro - ogni qual volta apre il rubinetto per dissetare i suoi piccoli - ricorda l’eroe dimenticato che perse la vita perché quell’acqua fosse pulita. I politici poi - ne ho incontrati tanti sul posto - fingono di non sapere nulla. Ma se non hanno mai sentito parlare di Carlo perché abbassano tutti gli occhi? 19 Pagina 19 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 “Suvvia! Non prendiamoci per i fondelli!” - insorse l’Accusa – “non mi venite a raccontare che tutte queste fregnacce sono realmente accadute. Al contrario, intravvedo in questo racconto la volontà da parte della Difesa di insinuare, in maniera subdola, l’idea stessa che la giustizia possa asservirsi ai più biechi disegni politici così che, quando questo collegio giudicante dovrà esprimersi, si ritroverà senza l’autorevolezza necessaria. Si tratta di ragionamenti che non dovrebbero mai muovere le azioni di un politico di sinistra e ciò fa di lei, ancora una volta, quel traditore che ammette di essere”. Abbassò il capo e restò in silenzio e solo quando il pubblico e i giurati incominciarono a chiedersi il perché di quel lungo silenzio riprese ad argomentare: “Ad ogni modo, indipendentemente dai motivi che animano il suo agire, la invito a produrre le prove di questa persecuzione perpetrata ai danni di un libero cittadino, al secolo Carlo Sabattini”. L’imputato posò la mano sul braccio del suo avvocato per invitarlo a restare seduto e quindi si alzò in piedi per rispondere di persona: “Francamente, anch’io, sulle prime, data l’assurdità di questa storia, ho pensato di aver sognato tutto, ma poi ho dovuto ricredermi”. 20 Pagina 20 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Ogni uomo è una rivolta! “Il potere” è l’immondizia della storia degli umani e, anche se siamo soltanto due romantici rottami, sputeremo il cuore in faccia all’ingiustizia giorno e notte: siamo i Grandi della Mancha, Sancho Panza e Don Chisciotte !” Don Chisciotte di Francesco Guccini Quando mi svegliai mi accorsi che la finestra era rimasta socchiusa durante il temporale notturno. Una delle due ante si apriva leggermente sul cortile che pullulava di rane come se fossero piovute dal cielo. Si dice che questo fenomeno si ripeta di tanto in tanto sebbene nessuno ne conosca i motivi. Notai una fila di anuri nascosti nella grondaia, altri rannicchiati tra i vasi di fiori, un’altra rana, più grossa delle altre, stava accovacciata sul sellino della bicicletta. Gruppi sparsi di questi anfibi verdi saltellavano alla rinfusa sul selciato del cortile. Sotto, sopra, nel corridoio che separava i giardini, sulle scale, persino sui balconi e dentro alle buchette della posta, insomma c’erano rane in ogni dove. Nel frattempo, in casa, proprio sulla tavola, accanto al caffè fumante versato da mia moglie, qualcuno, aveva lasciato delle fotocopie di vecchi articoli di giornale. Rane e ritagli di giornale, davvero una strana coincidenza. “La conversione di Sabattini da coltivatore a contestatore tout court avvenne anni fa, quando il proprietario di una porcilaia cominciò a riversare sul suo fondo a Nonantola fiumi di liquami appestanti che inondavano fossi e campi. La protesta crebbe di fronte al laissez - faire delle istituzioni e ai ritardi della magistratura. Il fenomeno dell’inquinamento naturalmente non riguardava solo Nonantola, ma tutta la Provincia di Modena. Da una parte piombo, fluoro e altri scarichi industriali, dall’altra, sempre più imponenti masse di liquami degli allevamenti suinicoli avvelenavano le acque 21 Pagina 21 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 dei canali, dei pozzi, dei fiumi ed ammorbavano l’aria… si pensi solamente a Castel Nuovo Rangone dove l’acqua di numerosi pozzi - una volta potabile - è imbevibile anche a settanta metri di profondità per la presenza eccessiva di colibatteri, o a Formigine, un comune, ove vengono allevati circa mezzo milione di maiali, venti per ogni abitante. Sabattini tutte queste situazioni ed altre le ha denunciate per anni. Da Nonantola, la sua azione si è allargata, fino ad arrivare in Regione. Nel Palazzo di Viale Silvani a Bologna versò un secchio di liquami, altrettanto fece in Comune a Modena” Giorgio Giusti sul Giornale di Modena del 12 aprile 1985. Non ci crederete, Signori della Giuria, ma fin dalla più tenera età sono stato afflitto da un’esasperata sensibilità che mi ha permesso di vedere ciò che agli altri era impedito. Per questo vedo davanti a me un uomo giovane e di bell’aspetto che assomiglia ad Amedeo Nazzari. Indossa una camicia bianca, candida come le sue intenzioni e un paio di pantaloni color kaki. Alle spalle si distende la campagna emiliana così come la ricordavano i vecchi del paese: lussureggiante e incontaminata. Quell’uomo crede ancora negli uomini, pensa ingenuamente di poterli cambiare ed è proprio questa innocenza che diventerà una forza inarrestabile. Aspetta sul greto del fosso l’arrivo dei pubblici ufficiali. È luglio, fa caldo, ma tira una leggera brezza che disperde l’odore greve e allevia l’attesa. Malgrado la tensione che sente crescere dentro è felice perché è consapevole di fare la cosa giusta, per lui, per i suoi figli e per i figli dei suoi figli. Non c’è dubbio, l’ambientalismo, quello primitivo, fine a se stesso, senza onori ne’ gloria, nasce quel pomeriggio con Carlo Sabattini che siede sul greto di un fiume impestato dalle mosche. Ma preferisco lasciarlo lì ad aspettare, lì da solo, e continuare la storia. Sebbene l’articolo riportato sopra sia stato scritto nel 1985, la causa dalla quale si origina la storia che sono in procinto di racconrtare si manifesta il 22 novembre 1976 e cioè quando Carlo Sabattini deposita una querela nei confronti dell’azienda suinicola che scarica i liquami nei corsi d’acqua che scorrono vicino alla sua abitazione. Questa sua prima battaglia si conclude con l’assoluzione dell’inquinatore grazie al rapporto redatto dal Maresciallo di Nonantola che minimizza facendo scrivere nel verbale che deve trattarsi di normalissima schiuma prodotta dai detersivi provenienti dalle case del circondario. Peccato solo che l’azienda zootecnica – come rileva giustamente Sabattini all’inizio del suo libro bianco – fosse ubicata in aperta campagna e in posizione isolata. Malgrado questa prima sconfitta 22 Pagina 22 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 continua a combattere in difesa dei corsi d’acqua e soprattutto non si perde d’animo tanto che promuove perfino uno sciopero della fame che se da un lato lo costringe prima a letto e poi all’ospedale, dall’altro riesce a far crescere intorno a sé un certo sostegno, tanto che perfino Don Arrigo Beccari, il sacerdote divenuto famoso per aver salvato un centinaio di bambini ebrei durante il fascismo e per questo proclamato membro dei Giusti tra le Nazioni, gli scrive una lettera molto tenera per ringraziarlo. Finalmente qualcosa si muove e a qualcuno viene il dubbio che i liquami possano infettare le malmesse reti dell’acqua potabile. Riconoscere ciò significa ammettere, seppur indirettamente, la presenza dei liquami. Se Dio vuole, la verità incomincia ad affiorare. “Chiusi da ieri a Nonantola alcuni tratti dell’acquedotto. L’ufficio del Medico Provinciale afferma che al momento non esistono pericoli per la salute pubblica. Una parte delle tubature sarebbe in grave dissesto a causa dell’ossidazione che ha aperto numerose falle. Le infiltrazioni hanno dato luogo a qualche fenomeno di inquinamento. La singolare protesta di un abitante di Nonantola, questi Carlo Sabattini, ha tappezzato il proprio carro agricolo con manifesti manoscritti corredati da numerose foto” Il Resto de Carlino, Cronaca di Modena, del 30/07/76, (autore non specificato) Nel partito che più di ogni altro ha espresso gli indolenti rappresentanti dell’Amministrazione Nonantolana serpeggia un evidente malcontento che si esprime, senza mezze misure, nel testo di un manifesto che viene affisso per le strade del borgo modenese. Segnate bene nella memoria questa iniziativa così che non si dica che è stato l’ecologo ad affiggere manifesti politici per primo. “Contestazione o fenomeno da baraccone? Da un anno a questa parte, un personaggio folcloristico – che ha indubbiamente molto tempo libero – imperversa nelle strade del nostro Comune e anche in altre della Provincia. Questo squalificato personaggio insieme alle cose confuse e irrazionali che dice, due questioni chiare le pone: L’Amministrazione Comunale amministra male. I Comunisti in particolare, sono i responsabili degli inquinamenti e del dissesto ecologico. Ora poiché i giochi sono belli finché durano poco, è bene precisare alcune cose. La causa vera del 23 Pagina 23 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 disastro ecologico in cui versa l’Italia è da ricercare in una totale mancanza di programmazione economica e democratica da parte di governi che si sono succeduti in questi ultimi trent’anni e delle forze politiche che li hanno sostenuti… Riteniamo che nel nostro paese, la libertà di espressione e di critica (diritti conquistati duramente con la lotta di Liberazione, difesi e ampliati in questi anni dalle lotte e dalle iniziative delle forze democratiche) siano diritti che tutti possono e devono esercitare. L’esercizio di tali diritti non va però confuso con l’arbitrio e nella misura in cui si superano tutti i limiti bisogna anche che chi si comporta in tale modo sappia che ci saranno risposte in tutte le sedi siano esse politiche che giuridiche. Alla diffamazione si deve rispondere, in modo sereno, ma preciso e netto…”. La Segreteria del PCI di Nonantola Esaltata la libertà di parola, si giunge alle conclusioni: il PCI darà una risposta “precisa” e “netta” alle esternazioni del “contestatore”, ma come si vedrà poi, questa risposta precisa e netta, non resterà confinata solo nelle sedi politiche e giudiziarie, ma andrà ben oltre i confini del buon vivere civile. Ciò che più conta, giunti a questo punto della storia, è la lettera spedita dall’assessore comunale a Carlo Sabattini ricoverato in ospedale per il protrarsi dello sciopero della fame. Il Vicesindaco lo informa di aver dato corso a tutti gli atti necessari al risanamento dell’acquedotto (una delle cause del digiuno) che sarà terminato entro l’estate del 1977. Questa battaglia può dirsi vinta, ma la guerra di Carlo continuerà senza soste con una lunga serie di proteste di cui la regione Emilia Romagna non terrà molto conto se è vero che pur avendo provveduto a dare esecuzione con un anno di anticipo alla legge Merli (varata a tutela delle acque) farà slittare l’entrata in vigore dei nuovi limiti d’inquinamento posticipandoli di quasi dodici mesi (al 31 maggio del 79). Carlo non si perde d’animo: una ragione in più per proseguire la protesta. È la volta di una scuola costruita sotto il tiro incrociato di una fabbrica di fertilizzanti chimici (i cui residui sono periodicamente riversati nell’ambiente) e alcuni “lagoni” puzzolenti e straboccanti di sostanze organiche che distano meno di settanta metri dalle aule. L’azienda non ha subito un solo accertamento negli ultimi tre anni, un’enormità considerato che si tratta di uno stabilimento inserito nell’elenco delle fabbriche più pericolose d’Italia stilato dall’Europeo. Anche gli alvei putridi non sono in regola 24 Pagina 24 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 con il testo unico delle leggi sanitarie. Ancora una volta le autorità minimizzano, i politici restano asserragliati nelle trincee consiliari e così Carlo decide che se Maometto non va alla montagna, la montagna andrà a Maometto. E lo stesso deve valere per i lagoni (di merda). Cosparsi di sterco i gradini del municipio “Carlo Sabattini, già noto per altre manifestazioni di protesta, si è anche incatenato a una cancellata. La manifestazione intendeva richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica” Segue l’articolo: “Il ‘contestatore ecologico’ …ha fatto il bis dell’exploit bolognese dell’agosto scorso quando s’incatenò davanti alla sede della Regione, dopo aver cosparso l’atrio di escrementi suini, per denunciare la situazione dell’inquinamento a Santa Maria di Mugnano… Carlo Sabattini dopo essere stato trattenuto in questura sino al pomeriggio è stato accompagnato al policlinico: alla “neuro” è stato sottoposto a una visita. Questa la diagnosi: “perfettamente sano di mente”. dal Resto del Carlino del 29 novembre 1977 Da questo momento si aprono formalmente le ostilità nei confronti di Carlo e fioccano le azioni un po’ da tutte le parti, in primis da parte del Sindaco Bulgarelli che avanza una querela che si spegnerà nel nulla dando ragione all’ecologista che, per altro, si è difeso da solo rinunciando all’avvocato d’ufficio. All’inizio, tra Bulgarelli e Sabattini, c’è solo una velata inimicizia che si trasformerà in un odio atavico, così radicato da trasmettersi da un sindaco modenese all’altro. Ma torniamo al nostro eroe. Il contadino ecologo acquista una canadese per passare dalle azioni lampo all’assedio permanente. Pianta le tende di fronte al Municipio di Modena, in piazzetta delle ova, per protestare, come lui stesso scrive: “contro una moria di animali intossicati, avvelenamento delle acque, 30.000 operai e 12.000 bambini che urinano piombo” - episodi questi che sono stati determinati – “da alcuni fatti criminali commessi nel comprensorio delle ceramiche”. Con “fatti criminali” immagino alluda all’esplosione incontrollata di un’industria nascente che in fatto di “sostenibilità”, emissioni, scarichi e scorie, non va troppo per il sottile. Sono infatti settanta le fabbriche di ceramica sorte nel giro di un decennio in un’area di 24 chilometri quadrati compresi tra Sassuolo e Fiorano. Leggendo le cronache sassolesi ci si rende conto dell’apocalisse di cui è stato testimone Carlo Sabattini, una catastrofe ambientale a “lento rila25 Pagina 25 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 scio” che lo stesso Sabattini battezza come una “Seveso pianificata”: “Abbiamo ricoverato dei neonati asmatici, un fenomeno davvero preoccupante” afferma il dottor Giulio Roccavilla, da vent’anni aiuto nel reparto di medicina dell’ospedale di Sassuolo. I ricoveri per silicosi e intossicazioni di varia natura, in questo come negli altri ospedali della zona, sono superiori del doppio rispetto alla media nazionale. La metà degli operai del comparto ceramico è intossicata. L’ottanta per cento soffre di disturbi legati alle condizioni di lavoro. Il Pretore di Sassuolo, allarmato dalla salute della popolazione, ha incaricato l’equipe diretta dal Professor Romano Olivo dell’Istituto d’igiene di stilare un rapporto le cui conclusioni sono inquietanti: “la presenza di piombo e fluoro supera i limiti di legge. 10.000 bovini sono gravemente intossicati e non riescono nemmeno a reggersi in piedi per via delle ossa che si sono deformate”. Un gruppo di zoologi dell’Università di Camerino guidati dal Professor Guido Giacomo Tedeschi, dopo attenti esami nella zona di Fiorano ha scoperto che il fluoro concentrato nel sangue delle mucche vaccine è così rilevante che in alcuni casi produce persino la morte dell’animale. Le galline non fanno più le uova. Il prugno e l’albicocco hanno cessato di fruttificare. La vite produce un vino che sa di olio di ricino. L’Osservatorio Fitopatologico dell’Università di Modena, dopo aver analizzato gli ortaggi, ha valutato persino la possibilità di vietarne la vendita. I contadini, esasperati, hanno denunciato un centinaio di industrie (dati e citazioni sono state estratte da un articolo scritto da Carlo Valentini sul settimanale ABC). E sono proprio loro, i contadini assistiti da Carlo, ammalati e impoveriti, che lo convincono a non restare immobile davanti all’incedere inarrestabile degli “effetti collaterali” del comparto industriale. Secondo loro il fenomeno si diffonderà a macchia d’olio finendo per compromettere l’agricoltura dell’intero paese. Per questa ragione diventa indispensabile far crescere l’attenzione intorno ai crimini ambientali così che ogni pubblico ufficiale, politico o amministratore che sia, volente o nolente, si troverà nelle condizioni migliori per esercitare tutte le funzioni di cui dispone al fine di tutelare la salute delle persone e dissuadere chi vuole scaricare i “costi indiretti” della produzione industriale sull’intera collettività. Bisogna poi rilevare che se le generazioni attuali si sono ormai completamente assuefatte ai crimini ambientali (che spesso sono lasciati impuniti), quelle precedenti, composte da tutti coloro che come Sabattini facevano il bagno nei fiumi, hanno vissuto l’arrivo dell’inquinamento come una calamità. Di conseguenza, ogni catastrofe ambientale andava fermata con tutti i mezzi a disposizione. Ognuno si scelse la strada che meglio gli si confaceva, alcuni come mio padre imboccarono quella della divulgazione e della 26 Pagina 26 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 ricerca scientifica, altri come mia madre le traduzioni di libri particolarmente significativi, Sabattini scelse la lotta politica, gli esposti alla magistratura e la piazza. Ed è sul ricordo di questa incombente minaccia che non mi sono mai meravigliato dei modi ostinati, talvolta irruenti dell’Ecologista di Nonantola, dal momento che eravamo tutti convinti - (mi ci metto anch’io anche se ero solo un bambino) - che ci fosse in gioco la salvezza del pianeta. Bisogna infatti ricordare che proprio in quegli anni John Crosby, sull’”Observer” del 13 settembre 1970, coniò il termine doomwriting che può essere tradotto con la parola “rovinografia”. Sotto questo nome raccolse tutte le riviste e i giornali che sostenevano come il progresso e i suoi effetti collaterali avrebbero finito per causare la distruzione del pianeta. Lo ricorda anche il professor Roberto Vacca in un suo saggio dove si spinge a sostenere che gli “allarmismi ambientali” hanno preso il posto delle antiche profezie millenaristiche. Negli anni settanta nasce quindi l’idea che lo sviluppo non è un fenomeno a sé stante, ma deve sempre tener conto delle ricadute sull’ambiente. Altrimenti, i danni prodotti a lungo termine potrebbero rivelarsi irreparabili, come scrive lo stesso Sabattini nella premessa al libro bianco: “non dimentichiamo che il reato d’inquinamento è un crimine contro l’umanità e che con la rapina delle risorse naturali si sono lucrati, da parte di poche persone, migliaia di miliardi, determinando per tutta la società danni irreparabili alla salute, rendendo l’Italia - terra, fin dai tempi dei Romani, ricca ed ubertosa - una landa inquinata e malsana con danni irreparabili alla nostra economia, all’agricoltura e al turismo, le nostre più importanti risorse naturali”. Come dire che la posta in gioco è alta. Carlo Sabattini, asserragliato nella sua tenda piantata davanti al Municipio, sembra deciso, tanto deciso che annuncia che non se ne andrà da lì fino a quando non saranno assicurati alla giustizia i colpevoli o quantomeno sarà avviata un’indagine sugli episodi accaduti tra Sassuolo e Fiorano e su altri fatti che lo hanno toccato più da vicino. Si tratta di una protesta a tutto campo. Accanto alla tenda espone fotografie dei canali inquinati dagli allevamenti, (il primo è gestito dalla Regione, un altro dalla Curia e un altro ancora da un gruppo di industriali). Distribuisce documenti ciclostilati, raccoglie firme, esibisce i referti delle analisi commissionate ad un laboratorio specializzato, analisi queste che ha pagato di tasca sua. Ogni documento prova inconfutabilmente le sue ragioni, mentre le autorità, in tutta risposta, si nascondono dietro alle procedure, alla burocrazia, o dentro a banchi di nebbiose omissioni per proteggere le attività produttive locali. Un film che si ripete anche oggi, in ogni regione, senza grandi differenze, fatta eccezione per quelle del meri27 Pagina 27 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 dione dove, Campania in testa, è permesso pressoché tutto. Sabattini resterà attendato per oltre tre mesi, al freddo, alla pioggia, persino sotto la neve così come viene ritratto in una foto che documenta la forte nevicata che si abbatté su Modena il 10 febbraio 1978. Pubblicata con due giorni di ritardo, a neve sciolta, reca una didascalia che recita: “È una suggestiva inquadratura della centralissima piazza Mazzini, con in primo piano la tenda del ‘contestatore ecologico’ Carlo Sabattini che, nonostante l’infuriare del tempo, ha resistito nel suo bunker di tela, continuando la battaglia contro gli inquinatori” e come in un film western conclude: “Solo contro tutti, in mezzo alla bufera”. Ma non tutti la vedono alla stessa maniera. L’Unità sulle prime tenta di ignorarlo, ma poi finisce per bollarlo come un “provocatore” quando non lo dileggia chiamandolo “ecologo camuffato” o lo calunnia con l’epiteto di “figuro d’aspetto losco e di indubbia moralità”. La protesta si conclude il 16 marzo, sul finire della manifestazione popolare indetta contro il sequestro Moro. Un gruppo di squadristi prende d’assalto la tenda e fa a pezzi tutto quello che capita. Qualcuno tiene stretto l’ecologista mentre un altro lo prende a schiaffi e pugni. Come ci si può ben immaginare se ne andranno solo dopo averlo percosso a tal punto da ridurlo all’impotenza. In tutta risposta, chi di dovere, anziché individuare i colpevoli e assicurarli alla giustizia, coglie l’occasione per levarsi di torno lo scomodo grillo parlante. Il questore spicca un foglio di via. È il primo perché Carlo ne riceverà un secondo emesso dal Questore di Reggio Emilia nel febbraio del 1979 per aver protestato contro “la situazione vergognosa in cui sono ricoverati gli interdetti” e poi un terzo da quello di Bologna. Ma è il primo foglio di via ad apparire particolarmente avvelenato. Nelle motivazioni, infatti, si legge che bisogna considerare: “…che in occasione di recenti legittime manifestazioni pubbliche - (N.d.R. la manifestazione contro il rapimento di Aldo Moro) - la presenza delle installazioni abusive è stata strumentalizzata da elementi facinorosi per fomentare incidenti di ordine pubblico”. Il ragionamento non fa una piega e sembra lo stesso di coloro che affermano che una donna stuprata “se l’è andata a cercare” soltanto perché indossava una minigonna. Vedi cosa succede se manifesti abusivamente? Le prendi! Il documento non è solo qualunquista, riesce perfino ad essere insolente, offensivo al limite della provocazione: “considerato che il Sabattini dimostra il pervicace intento di persistere nelle violazione della legge; che egli, pur essendo valido al lavoro, da qualche tempo è dedito all’ozio; che il suo comportamento costituisce elemento di disordine, di 28 Pagina 28 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 intralcio alla circolazione, di menomazione al decoro cittadino e soprattutto fonte di possibili implicazioni di carattere igienico sanitario per la cittadinanza”. Proprio chi denunciava gli scarichi abusivi e il conseguente abbruttimento delle campagne, è descritto come un fannullone colpevole di aver “menomato” la città e messo a rischio le condizioni sanitarie dei cittadini. Questo termine, menomato, è quanto mai significativo e sembra il presagio delle accuse di “menomazione di palazzi storici” che si abbatteranno su Carlo qualche tempo dopo. Fortunatamente per la nostra storia, il foglio di via è solo un pezzo di carta che non sembra spaventarlo più del dovuto, tanto che incurante dell’esilio, ricompare a Modena il giorno dopo per manifestare in Consiglio Comunale. Viene nuovamente arrestato davanti al Municipio in quanto contravventore delle prescrizioni e rimesso in libertà ventiquattro ore dopo dal Pretore di Lodi. Torna a Nonantola ma non ci resta a lungo. Dopo una settimana è di nuovo sotto il municipio. Scatta il terzo arresto. Lo portano in questura e lo apostrofano dandogli del “contadino ignorante” e dello “zappaterra senza diritti”, ma poi, ancora una volta, sono costretti a rilasciarlo in attesa del processo. Ma non sono tutti contro di lui se è vero che il Partito Liberale, pur non condividendo le iniziative, fa notare come un foglio di via dovrebbe essere emesso per espellere criminali e non per liberarsi di “disturbatori politici” che non si sono resi colpevoli di nessun reato rilevante. Il Sindaco glissa sull’enormità del provvedimento, ma ne approfitta per isolare il contestatore, come se non fosse già abbastanza solo. Dichiara come gli stessi “…esponenti (locali) del Partito Radicale hanno espresso la propria soddisfazione nell’atteggiamento tenuto dal Comune non ravvisando più alcuna motivazione alla prosecuzione della protesta” (L’Unità, Gennaio 1978). Poi è la volta del Partito Socialdemocratico che accusa il Sindaco Bulgarelli di una non ben definita “tolleranza repressiva” e senza saperlo inaugura, molto probabilmente, l’epoca delle odierne costruzioni retoriche illogiche che troveranno nell’ossimoro della “guerra umanitaria” la loro massima espressione. Il clima si arroventa e Bulgarelli è costretto ad emanare i primi provvedimenti che fanno scattare le denunce nei confronti dei proprietari di due porcilaie. Sabattini è convinto che prima o poi qualcuno dovrà risolvere definitivamente il problema nella sua interezza, senza eccezioni di sorta, ma perché ciò accada bisogna battere il ferro finché è caldo. L’azione di protesta deve allargarsi, rovesciarsi con forza sulle iniziative istituzionali messe in campo dalle amministrazioni. Gli paiono lodevoli, ma ipocrite, pregne di scuse assunte ad alibi. Come tali devono essere messe alla berli29 Pagina 29 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 na, sbugiardate, ridotte al Re nudo della fiaba. Probabilmente intravvede già la strategia che farà diventare la costa romagnola quel divertimentificio asfissiato dagli alberghi, disseminato di parchi giochi, discoteche e piscine straboccanti di acqua plastificata - dove la salubrità del mare, così come l’integrità naturalistica del territorio, sono solo dettagli di scarsa importanza. Argomenti buoni per noiosi convegni frequentati da ecologisti hippy con il cappello di paglia in testa. Questo approccio movimentista che svillaneggia l’autorità anche quando questa appare mossa da buone intenzioni si delinea come l’embrione di una contestazione anticonformista, certamente fuori luogo per quel tempo, che anticipa per certi versi le azioni situazioniste di Luther Blissett e per altri i toni satirici, e al contempo dissacranti, di Beppe Grillo. Un cronista dell’epoca così descrive , (sempre sul resto del Carlino del 9 maggio 1978) il “Metodo Sabattini”: “…è riuscito con coerenza anche se con metodo discutibile e subendo personalmente le conseguenze delle sue strampalate iniziative a ridicolizzare sia i regolamenti comunali sia i comportamenti dell’autorità”. Dalle verità oggettive usate da Sabattini in maniera antiburocratica – se mi rispondi ufficialmente che non ci sono liquami nei canali, io li vado a prendere di persona e te li porto in Consiglio Comunale – i politici di allora non seppero come difendersi ed è interessante notare come i loro epigoni di oggi, a distanza di quasi trent’anni, non sanno che pesci pigliare quando devono controbattere agli strali del comico genovese. Ma cerchiamo di capire come Sabattini organizzava gli atti di sabotaggio mediatico. Nel mese di giugno i quotidiani regionali elogiano la conferenza messa in piedi dalle città costiere contro l’inquinamento. Il Resto del Carlino, per mano di Aldo Ferrari, il 15/06/1978 titola in modo cupamente rassegnato: Il Mediterraneo verso la morte. “Solo nel 1977 vi sono stati riversati 37 miliardi di metri cubi di rifiuti urbani, esclusi quelli dell’industria e dell’agricoltura. Ma il nostro mare ha un ricambio completo d’acqua ogni novant’anni” L’articolo prosegue: “Tanti medici si sono riuniti al capezzale del Mediterraneo malato di cancro. Sono i sindaci, gli assessori, i responsabili sanitari delle città che si affacciano su questo mare di torti…Dopo il saluto del 30 Pagina 30 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 presidente della Regione Emilia Romagna Turci, del Sindaco di Rimini Zaffagnini, del rappresentante del Governo, Sottosegretario alla Sanità, Vecchiarelli…”. Lo stato maggiore della Regione è riunito al gran completo. Ancora una volta non trattengo l’immaginazione e li vedo materializzarsi davanti ai miei occhi mentre prendono posto al tavolo dei relatori. Indossano vestiti eleganti. Sfoggiano colletti inamidati e gemelli di madreperla ai polsini. Se gli autisti attendono fuori, accanto alle auto blu parcheggiate in strada, i portaborse se ne stanno seduti in prima fila, accanto ai giornalisti che, meglio di chiunque altro, racconteranno ai lettori quanto sia sentito il tema dell’inquinamento da chi li governa. In sala siedono anche i rappresentanti delle associazioni di albergatori, alti gradi dell’esercito, signore impellicciate e signorotti della “Rimini bene”, ma anche intellettuali, scrittori, e un’infinità di curiosi che devono ancora decidere se sposeranno la causa ecologista. Poco importa se i termini della legge Merli sono stati prorogati, l’importante è dimostrare che il problema delle feci animali che finiscono nell’Adriatico (come ribadito nell’occhiello) non è di così immediata risoluzione come qualcun altro vorrebbe far credere. Tutto sembra filare liscio come l’olio tanto che Ferrari scrive: “…la relazione generale è venuta a compendiare i tremendi problemi che alimentano i lavori della conferenza di Rimini e se essa affronta soltanto gli inquinamenti umani non per questo vuole fare dimenticare le altre fonti d’inquinamento: l’industria, l’agricoltura, le attività petrolifere. Ciascuna di queste fonti sarebbe di per sé sufficiente a mettere in forse la sopravvivenza del mare. E Monsieur Goyot ha ricordato i più recenti naufragi di petroliere come quello della “Amoco Cadiz” che ha inquinato gran parte della costa francese della Bretagna…Sembra che, contro questo tipo di incidenti si sono alleate, insieme a quelle del Mediterraneo, anche le popolazioni del Baltico, del Celtico, e del Caraibico” – il tono assume l’impronta propagandistica di un cinegiornale luce girato nel ventennio – “Ma un conto è parlare di morte, altro è morire. Non bastano volontà e parole, occorrono azione e coscienza… Intanto è necessario che per quanto riguarda le città del Mediterraneo facciano il possibile per diminuire il tasso d’inquinamento nel mare. Meno colibacilli, meno vibrioni del colera, meno spore del tetano, meno bacilli botulinici, meno streptococchi fecali riusciranno a riversare 31 Pagina 31 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 nelle acque del mare e meglio sarà…” Meno di questo, meno di quello. Il Primo cittadino greco sembra essersi dimenticato delle porcilaie italiane, ma come potrebbe affermare qualcosa al riguardo? Nessuno, volutamente o meno, si è premurato di misurare le proporzioni del fenomeno se è vero che i 37 miliardi di metri cubi non comprendono i reflui delle attività zootecniche. Sarà per questo che dai tendaggi rossi irrompe un guastatore che incomincia a far volare nella sala dei balocchi di merda. L’articolo diventa un bollettino di guerra: “Colibacilli, streptococchi e spore hanno comunque fatto una loro comparsa, molto concreta e maleodorante, anche nella sala del convegno alla fiera, allorquando un contestatore solitario è entrato all’improvviso durante l’intervento del Sindaco di Atene: da un sacchetto di plastica che aveva in mano ha sparso tutt’attorno circa due chili di liquami fecali, provocando naturalmente un fuggi fuggi generale”. La festa è rovinata e sembra quasi che anche l’articolo si sia sciupato con essa, tanto che il cronista trasforma le righe seguenti nella chimera di una foto segnaletica e di un dito puntato. Wanted Carlo Sabattini, dead or alive. Chi è il criminale? Eccovi accontentati: “Il contestatore è Carlo Sabattini, 50 anni, coltivatore diretto di Mirandola, via Vespucci 17, presidente di un comitato di lotta radicale contro l’inquinamento”. Così, chi volesse andarlo a cercare per cantargliene quattro adesso sa dove trovarlo! Ma intanto bisogna ridare un senso alle uova rotte nel paniere. Si spengono le luci e riprende il cinegiornale. Al “viaggiano i sommergibili rapidi ed invisibili” si sostituiscono i depuratori : “A parte l’improvviso inquinamento della sala gli studiosi hanno tentato un primo bilancio in chiusura di giornata. Qualcosa, dicono, si sta già facendo per tentare di salvare il Mediterraneo. Seguendo l’esempio romagnolo, depuratori di ogni tipo, stanno sorgendo tutto attorno a quel lago malato che ricambia le sue acque ogni 90 anni” Il giornalista continua a smarcarsi dalle motivazioni che hanno deter32 Pagina 32 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 minato il lancio dei sacchetti putridi e sciorina la verità di cui lui è l’unico depositario e che suona più o meno così: il problema non risiede nell’industria alimentare o petrolifera o quant’altro, ma nell’uomo stesso. Non sono quelli che allevano i maiali o che raffinano petrolio o spargono pesticidi ad avvelenare il mondo, ma siete voi lettori i primi colpevoli: “Non basta ancora” - (allude ai depuratori citati sopra) – “Siamo indietro. Un sistema contro l’inquinamento “da uomo” richiederebbe una spesa di cinque miliardi di dollari. Probabilmente non ci saranno mai”. Meglio mettersi il cuore in pace e lasciare inquinare chi inquina perché l’inquinamento è solo un riflesso condizionato del sistema consumista in cui ciascuno di noi ha scelto di vivere. ( N.d.R. a Milano devono averlo preso in parola se è vero che la città si è dotata del primo depuratore solo nel 1998). Infine conclude con quella che potrebbe essere definita l’ineluttabilità del male: “ …ma da cosa dovremmo ravvederci? Dal consumismo? Dal petrolio? Dai metalli pesanti? Dal vivere tranquilli? Dalla fame di energia? Il salto del gambero, cioè all’indietro, non è più possibile Qualunque sia il destino bisogna andare avanti su quella strada, per altri versi così esaltante, che l’uomo si è scelta”. Lieto fine con coro e alba dorata: “Il convegno di Rimini si ripropone, nei prossimi giorni, di indicare nuove vie di progresso che abbiano in fondo la luce della speranza”. Giorno dopo giorno, posseduto da una magnifica ossessione, Carlo Sabattini, continua imperterrito a denunciare i crimini ambientali e alle porcilaie si aggiungono alcuni caseifici che versano i residui caseari nei campi, poi è la volta di un caseggiato al quale è negato l’allacciamento alla rete fognaria pubblica tanto che il suo cortile, luogo prescelto dai bambini per giocare, è diventato un pozzo nero. Nemmeno le fonderie si salvano, un esposto dopo l’altro, sono segnalate alla Pretura decine e decine di attività industriali che accollano alla collettività il costo di smaltimento dei rifiuti. I tubi in eternit spuntano come minacciose canne di cannoni sui greti dei fiumi, in alcuni casi ne viene individuata la provenienza, in altri 33 Pagina 33 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 resta un mistero. Carlo deposita una memoria circostanziata per ciascuno scarico abusivo, invita sul posto i cittadini, avverte per tempo la stampa, fotografa il corpo del reato inviando le istantanee ai giornalisti che non erano presenti ai sit-in, distribuisce cronistorie, sbraita al megafono. Arriva perfino a fermare le auto chiedendo le generalità ai proprietari dei veicoli così da poterli indicare come i testimoni dell’abuso che si compie a pochi metri da loro. Ma quando giungono sul posto i Vigili Urbani, il più delle volte, non sanzionano gli illeciti, ma verbalizzano gli insulti indirizzati alle autorità prese di mira nei cartelli. Per nascondere i reati che gli stessi pubblici ufficiali avrebbero dovuto segnalare alla Magistratura ci si avvale di raffinate “costruzioni verbali” in grado di tenere al sicuro gli inquinatori. Sabattini, secondo gli zelanti scriventi, non segnala mai un reato che si compie nel tal luogo e si manifesta in una determinata maniera che dovrebbe essere descritta nei minimi particolari, ma molto più banalmente “reclamizza” – delle generiche e vaghe - “problematiche ecologiche e politiche”. Reclamizza? Reclamizzare significa far pubblicità ad una merce al fine di venderla. Può uno scarico, o la stessa merda riversata nei torrenti, trovare un compratore? L’uso improprio che si fa di questo termine inserito in una frase che diventerà quasi rituale per la sua ostinazione a ripetersi negli atti sanzionatori dimostra tutta l’inadeguatezza, anche culturale, delle autorità del tempo. Come se non bastasse, i Vigili Urbani elevano decine e decine di contravvenzioni per illecita occupazione di suolo pubblico che costeranno all’agricoltore il pignoramento delle attrezzature usate per coltivare la terra. Da sempre è giuridicamente risaputo che i creditori, finanche si tratti dello Stato Italiano, non possono appianare un’insolvenza sequestrando le attrezzature che al debitore servono per lavorare, altrimenti non si comprende come questo potrebbe ripianare i debiti. È un principio cardine che è sempre valso per tutti. Per tutti, ma non per Carlo Sabattini che si vede portar via gli aratri e i trattori. Paga le sanzioni per farseli restituire. Paga per poter affermare ciò che pensa. Paga per difendere l’ambiente e le persone. Le denunce si moltiplicano e in alcuni casi fioccano le prime condanne che decadranno ai gradi successivi, come dire che quello che si credeva fosse uno “zappaterra ignorante” si rivela essere un esperto conoscitore della giurisprudenza, dei procedimenti amministrativi e del diritto penale ed è così ferrato in materia che continua a difendersi da solo senza avvalersi di alcun avvocato. Fin dal principio della sua storia politica nessuno dei suoi detrattori riesce ad impartirgli la lezione che merita e nemmeno lo si riesce a imba34 Pagina 34 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 vagliare o quantomeno a smentire le sue verità così da esporlo al pubblico ludibrio. L’insofferenza nei suoi confronti cresce rendendo evidente che il campo di battaglia si divide tra coloro che vogliono punire chi si accanisce contro i corsi d’acqua per arricchirsi e chi, invece, deve coprire gli sversamenti in nome di un’economia nascente che farà del modenese una delle province più ricche di tutto il paese. Più ricche e industrializzate, ma a quale prezzo? Qualunque sia stato il prezzo pagato è nulla stando al risultato raggiunto. Questo è ancora quello che pensano molti politici che operano nella Pianura Padana il cui inquinamento atmosferico fotografato dai satelliti, passando dall’acqua all’aria, è pari solo a quello delle zone più inquinate del terzo e quarto mondo. È l’inarrivabile fine identificato dalla prosperità economica, un fine che giustifica l’uso di ogni mezzo, lecito o illecito che sia. Un Moloc a cui si può sacrificare tutto: l’ambiente, il cibo, la salute, persino i bambini. A difesa degli amministratori del tempo si può soltanto affermare che si ritrovarono davanti ad un fenomeno incontrollabile e di non facile gestione se si pensa che nel 1977 erano oltre mezzo milione i maiali stivati nelle porcilaie modenesi che producevano oltre quattro milioni di metri cubi di liquame il cui carico inquinante corrispondeva alle deiezioni di oltre due milioni di esseri umani. Come dire che in ciascun borgo della ridente provincia emiliana viveva una comunità di suini, invisibile perché occultata nei capannoni, il cui numero superava talvolta quello degli stessi cittadini. Numeri imponenti che cresceranno in maniera esponenziale negli anni a seguire sotto gli occhi impotenti dei politici che incominciarono così, un po’ alla volta, a mal sopportare chi segnalava il problema con tanta enfasi. Si sentirono impotenti e temettero improvvisamente che qualcuno si convincesse della loro inutilità. Diventarono astiosi incominciando a costruire quel “diffuso dissenso” da opporre a chi voleva, con le sue anomale iniziative, sfuggire alle ritualità del mondo politico e alle sedi predestinate ai dibattiti preferendo esternare il proprio pensiero in piazza o ad un angolo di strada senza le mediazione di nessuno e tantomeno dei partiti del tempo. Sabattini era per questo, prima di ogni altra cosa, l’esempio vivente che dimostrava come il singolo possa fare molto di più di quello che riesce a fare il partito politico organizzato ponendo in campo azioni che non rinnegano necessariamente il sistema, semmai lo usano mettendolo strenuamente alla prova. In virtù di questo Sabattini può essere considerato un “anarchico integrato” il cui agire rivoluzionario, pur avendo precorso i tempi, non è stato raccolto nella sua interezza dagli stessi Verdi e dai partiti della così detta “sinistra radicale” che hanno preferito puntare su azioni a spot, talk show e presen35 Pagina 35 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 za parlamentare. Detto questo Sabattini rappresentava una minaccia per le antiquate organizzazioni politiche di quegli anni, burocratizzate, lente e gerarchiche. Come tale andava combattuto ad ogni uscita, ma sopratutto isolato attraverso un’azione pianificata, sinergica e continua. L’Unità riprende lo stile del primo volantino stampato dal PCI di Nonantola che abiurava Carlo Sabattini e pubblica un trafiletto che parlando a nome di “tutti” tira le dovute conclusioni: “…del resto, è comprensibile, anche la pazienza dei Nonantolani deve avere un limite. L’iniziativa di Sabattini è stata nettamente condannata in un’assemblea pubblica che si è poi tenuta in serata presso la sala della cultura e alla quale hanno partecipato duecento persone. Nel corso dell’assemblea, promossa dal Comune, ha parlato il Sindaco, compagna Alves Monari, la quale ha messo in evidenza che il gesto di Sabattini assume il carattere di una provocazione contro il Comune e le Istituzioni. Alla condanna si sono associati i rappresentanti del PSI e della DC. Contro il Sabattini l’Amministrazione sporgerà denuncia”. A questo punto si chiedono tutti cosa voglia veramente Sabattini. Nessuno comprende che la sua è una guerra partigiana combattuta contro il dilagare della merda di maiale che si concluderà solo con la morte di uno dei due contendenti. Carlo non chiedeva l’impossibile e non era interessato a riconoscimenti ufficiali. Carlo reclamava solo un depuratore per ciascuno scarico e non gli sembrava, giustamente, di avanzare una richiesta esorbitante. Nel suo memoriale scrive che se mai i consumatori si fossero resi conto di quante poche precauzioni siano prese per tutelare la terra e i raccolti, l’agricoltura stessa ne avrebbe conseguito un danno irrimediabile. Malgrado si tratti di un’ovvietà disarmante per uno che sui prodotti della terra ci vive, si continuano a cercare altre spiegazioni fino a quando, una soltanto, non emerge su tutte le altre. Carlo Sabattini è un nemico del popolo, un anticomunista, che si è dato il compito di annientare chi crede nella libertà e nell’uguaglianza. Si tratta di un falsità bella e buona, perché non vi è miglior comunista di chi esige che ogni terreno, senza distinzione alcuna, sia preservato così da poter essere coltivato. Togliere la terra ai contadini, come facevano i latifondisti, non è poi molto diverso dall’avvelenarla facendo sì che gli stessi agricoltori non possano più lavorarla. Ed era questa verità che l’ecologista di Nonantola mostrava caparbiamente e che tutti temevano. Una verità che palesava la guerra consumata tra il com36 Pagina 36 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 parto industriale che si voleva liberare a cuor leggero delle sue scorie e il settore agricolo che si vedeva minacciato. Per questo Carlo Sabattini, a scapito della razionalità, continuò ad essere considerato un nemico dell’equilibrio che i compagni tentavano faticosamente di mantenere in piedi. Questa è la nomea che inizia a girare di sezione in sezione, di bocca in bocca. Si diffonde fino a quando non trova nella mente di uno spostato, che non è mai stato individuato, l’ambiente ideale dove evolversi in un’azione criminale notturna. Siamo alla fine di settembre del 1978 e Carlo Sabattini è al volante del suo camion. Deve raggiungere San Giovanni in Persiceto per consegnare un carico di ortaggi. Nonostante la fretta guida in maniera prudente, come sempre, senza sorpassare i 60 chilometri all’ora. All’altezza del distributore di benzina posizionato all’ingresso di Sant’Agata Bolognese scorge degli operai cantonieri che occupano la carreggiata. Potrebbe evitarli impegnando la corsia opposta dove, in quel momento, non transita nessuno. Avveduto com’è in fatto di guida preferisce fermarsi e sarà proprio questa decisone che gli salverà la vita. Frena. Frena ancora! Colpisce con vigore il pedale! Il veicolo prosegue come un bisonte impazzito che scalpita nella prateria! Incolla la mano al claxon per spaventare gli operai che si buttano di lato evitando una strage e in una frazione di tempo infinitesimale deve decidere il “da farsi”. Sterza! E continua a girare il volante con forza per entrare nello spiazzo del distributore. Ingrana la marcia più bassa, leva il pedale dalla frizione senza toccare l’acceleratore. L’abitacolo sussulta mentre il motore emette il caratteristico boato scaturito dal numero di giri che crolla al regime più basso. Il camion rallenta, si ferma. È fermo. Fuori dal parabrezza vede il benzinaio con accanto gli operai che lo fissano con l’aria di chi vuole sapere cos’è accaduto. Carlo è immobile con ancora il cuore che batte all’impazzata e le mani strette al cerchione del volante. Sta riordinando le idee che sono andate in pezzi per la paura. Calma! – si rassicura - È tutto finito! Non si è fatto male nessuno. È andata bene. Si gode quell’istante che sembra dilatarsi all’infinito, poi si riprende e decide di scendere per capire cos’è successo. Dopo una frettolosa ispezione scopre che qualcuno, nella notte, ha svitato i tappi dei serbatoi che contengono l’olio del circuito frenante. È un atto di sabotaggio in piena regola, premeditato e soprattutto ingegnoso. Ingegnoso perché quando il veicolo è stato messo in moto, quella stessa mattina, le spie della pressione non segnalavano nulla di strano. Infatti sono state le vibrazioni prodotte dal mezzo in marcia che, a lungo andare, goccia dopo goccia, sussulto dopo sussulto, hanno fatto uscire il liquido dai serbatoi portando la pressione a zero. Su questo episo37 Pagina 37 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 dio sporge una denuncia alla Procura che finisce archiviata dopo 90 giorni. Da questo momento la sua azione che fino a quel momento si era orientata a colpire prevalentemente il mondo politico (e le istituzioni rappresentative che ne derivano) si sposta lentamente, ma inesorabilmente, nelle aule dei tribunali. L’ecologista pare convincersi improvvisamente che l’astenia dei rappresentanti politici, la cecità dei pubblici ufficiali, il silenzio dei media, trovano la loro prima ragion d’essere nell’azione, talvolta discrezionale, lenta e affaticata, della Magistratura. Con ritrovato vigore si apposta davanti ai Palazzi di Giustizia con cartelli affissi a un cavalletto da pittore. Per la prima volta mette da parte i secchi di liquame perché, in fondo in fondo, crede nella Magistratura come istituzione, non a caso la definisce nei suoi appunti come “l’unico organo in grado di porre fine alle malversazioni che denuncio da anni” sebbene, per contro, sia molto risoluto e disposto a tutto pur di svergognare tutti quei magistrati, che proteggono, come lui stesso scrive: “gli industriali peggiori che distruggono l’ambiente, avvelenando le falde di superficie, rapinando le ghiaie dei fiumi e compiendo infinite altre forme di distruzione della natura” (libro bianco pag.2). Con la precisione dell’avvocato e l’affabulazione di un maestro cantastorie illustra ai passanti tutte le denunce che ha compilato, inviato a chi di dovere e che sono finite in un “non luogo a procedere”. Sono svariate decine, tra segnalazioni ed esposti circostanziati - (di cui ben 20 inviati negli ultimi cinque mesi, come scrive il magistrato che chiede al pretore di accertare le responsabilità penali di Sabattini) - le azioni intraprese dall’ecologista. La gente si ferma, lo ascolta mentre spiega ancora una volta, con una tenacia instancabile, come si aggirano le leggi o ci si attacca ai cavilli. Ridicolizza le decisioni, le smonta e le rimonta nella maniera che avrebbe dimostrato la fondatezza delle sue accuse. Mostra come ad esposti identici siano state date risposte divergenti a seconda della procura interessata. Dai una volta, dai un’altra, questa volta è la Magistratura stessa a non gradire la protesta. Ad un mese esatto dal sabotaggio del camion, davanti al palazzo di giustizia di Modena, Sabattini viene arrestato dai Carabinieri e incarcerato. Nel libro bianco, giunti a questo punto della sua vita, si assiste ad un esplodere di documenti con i quali si difende, incassa provvedimenti, contrattacca. Alcuni atti decadono, ma sono subito sostituiti da altri. Scrive, confuta, risponde e combatte strenuamente malgrado la salute incominci a cedere. Agli scioperi della fame seguono i ricoveri in infermeria, ma qualsiasi evento gli accada non dimentica mai i suoi obiettivi. Durante la detenzione nel carcere di Sant’Eufemia (12/1979) dimostra di possedere uno spirito ostinato che a nulla si piega. Mentre gli altri carcerati costruiscono 38 Pagina 38 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 velieri nel cavo delle bottiglie, Sabattini prende in esame ciò che lo circonda. Antesignano dei moderni Rizzo, Stella e Gabanelli guarda alla cosa pubblica come ad un committente raggirato in maniera sistematica dai suoi fornitori. All’occhio attento di Carlo non sfugge nulla. Si accorge che tutte le brande dell’istituto penitenziario sono sfondate. I carcerati per porvi rimedio sono costretti a commettere il reato di danneggiamento di beni appartenenti allo stato. Infatti le reti sono riparate artigianalmente usando un certo numero di strisce in tessuto strappate dalle lenzuola che così devono essere rinnovate spesso e con un notevole esborso economico per l’Ente. Non ci sono tracce di ruggine e questo significa che i letti sono nuovi o quantomeno di fattura recente. I conti non gli tornano. Si procura il contratto della ditta che ha fornito le brande all’Amministrazione Penitenziaria. Chiede e ottiene il verbale di collaudo e tutti gli allegati al contratto di fornitura. Leggendoli scopre che per costruire le reti non sono stati usati cavi d’acciaio, come richiesto dal capitolato d’appalto, ma comunissimo fil di ferro, tanto che le molle assoggettate al peso del corpo si sformano senza tornare nella posizione iniziale. Inoltre tutte le brande non possiedono i piedini necessari ad ancorarle al pavimento e questo lo induce a pensare che al collaudo siano stati presentati manufatti che non corrispondono a quelli che poi saranno consegnati alla prigione. Spiega tutto nell’esposto che inoltra, per l’ennesima volta, a quella stessa magistratura che lo ha rinchiuso. Dimostra, così facendo, coi fatti e non a parole, di nutrire per lei un’incrollabile e mai venuta meno fiducia. Bisognerebbe domandarsi perché avrebbe dovuto continuare a segnalare soprusi? Se non credi più nell’istituzione finisci per ignorarla non occupandoti più di lei. Sbaglio? Viene veramente da chiedersi cosa sarebbe successo al nostro paese se tutti i politici, i funzionari dello stato, gli alti dirigenti come i più umili impiegati, si fossero dimostrati così zelanti e attenti e tenaci come lo fu in vita Carlo Sabattini, coltivatore diretto, ecologista ed eroe dimenticato della storia italiana. Molto probabilmente, se tutti si fossero comportati come lui, non esisterebbe più il debito pubblico. Ma torniamo a quei giorni. La Magistratura non tratta con chi la prende di mira e risponde senza andare troppo per il sottile. Al danno si aggiunge la beffa. Il Pubblico Ministero archivia il reato di inadempimento di pubbliche forniture (art.355 CP) a carico dei fabbricanti di brandine e chiede al Giudice istruttore di procedere contro Sabattini per il reato di danneggiamento di materiale dello Stato come dimostrato dalla branda rattoppata sulla quale Carlo si era ritrovato a dover dormire e da lui stesso fotografata perché fosse prodotta come allegato all’esposto. Il Pretore di Lodi non si mette contro ai 39 Pagina 39 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 colleghi, ma usando l’articolo 63 CP e facendo notare come gli altri procedimenti penali pendenti a carico di Sabattini siano di entità più rilevante si astiene dal procedere nei confronti dell’imputato che non dovrà rispondere del danneggiamento di bene pubblico. Da questo momento è tutto un susseguirsi di provvedimenti a suo carico dai quali però riesce sempre ad uscirne indenne. L’obbiettivo è chiaro ai suoi nemici, ma bisogna capire come metterlo in atto dal momento che Sabattini riesce sempre a farla franca dimostrando che le sue non sono diffamazioni, ma comprovate verità e sebbene esprima anche delle opinioni o dei giudizi politici, questi non sono mai equiparabili alla calunnia. La strategia nei suoi confronti cambia in modo repentino e si fa più aggressiva. Bisogna colpire per primi e colpire duro! Nella mattina del 28 aprile del 1979 due Vigili Urbani si presentano a casa sua proprio quando non c’è, così da non dover tener testa alle sue affabulazioni giuridiche. “Chissà cosa si può inventare mai per inficiare il nostro procedimento” pensano i due pubblici ufficiali. Di fatto non si tratta di un sopralluogo, ma di un agguato preparato a tavolino, un’azione lampo giocata di sorpresa. I due ufficiali sono al corrente dell’assenza perché sanno dove si trova in quel momento il nemico a cui danno la caccia. Devono averlo seguito se è vero che nel rapporto di servizio, un po’ ingenuamente, scrivono: “sul posto non era presente il Sig. Sabattini che in quel momento si trovava in via Veneto, dove, all’incrocio con via dell’Abbazia, stava facendo una dimostrazione con cartelli contro l’olio di semi e contro il Sig. Giacobazzi. È stato visto sul posto oltre che dal sottoscritto e dal fotografo Zoboli anche dai Sig. Cavari Gianni e Cerchiari Ivano”. Non si comprende l’utilità legale di questa precisazione così zelante: si vuole forse rimarcare, scampando eventuali omonimie, il fatto che la denuncia di abuso edilizio che eleveranno a breve è indirizzata proprio a quel “contestatore ecologico” che rompe sempre le scatole con la storia delle acque nere? Il documento, non a caso, si conclude in questa maniera: “nell’allontanarci mi fermavo a guardare i fossi stradali nei pressi delle porcilaie Cigarini e dell’abitazione Sabattini e, visto che non c’era niente da rilevare, tornavo in sede”. L’odio nei confronti dell’ecologista è talmente radicato che il pubblico ufficiale, incaricato di redigere il rapporto, ne approfitta per smentire l’oggetto del vero contendere: i fossi contaminati dagli scarichi (che non hanno nulla a che vedere con l’abuso edilizio denunciato nel verbale). Bastano e avanzano queste due ultime righe per dimostrare quale fosse la vera natu40 Pagina 40 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 ra cospiratoria del procedimento avanzato contro la casa in costruzione dell’agricoltore. I due poliziotti municipali chiedono ragione alla moglie, alla signora Lina Ratti, dei lavori in corso. Sostengono che la licenza edilizia non è stata rinnovata e per questo aprono un procedimento che tra insabbiamenti e lentezze burocratiche si protrarrà per il tempo sufficiente a cagionare un danno economico di una certa entità all’agricoltore. Tanto è vero che Sabattini scriverà in uno dei tanti esposti: “… da oltre due anni le Autorità Comunali di Nonantola negano al sottoscritto Carlo Sabattini, il proseguimento delle opere di costruzione della propria abitazione rurale nonostante mi sia stata concessa regolare licenza edilizia”. La signora Lina capisce al volo che si tratta di un’azione ostile e si appresta ad entrare in casa, ma i due vigili la trattengono perché devono identificarla e subito dopo notificarle il verbale. Lei si rifiuta di fornire le generalità e per questo sporgono un’ulteriore denuncia in base all’Art. 655 del Codice Penale. Come si possa denunciare una persona che non viene formalmente riconosciuta resta uno dei grandi misteri polizieschi di quel tempo. C’è da notare che i due vigili urbani non sono nuovi ad iniziative “campate per aria” come questa e anzi sono molto ricercati per le loro qualità di “sceriffi borderline”. Tanto è vero che anni dopo, quando si scoprirà che i due sbirri s’intascavano i soldi delle contravvenzioni, lo stesso Comune di Nonantola prenderà provvedimenti all’acqua di rose, probabilmente per ricambiare i servizi ricevuti, tanto che il Capogruppo del PSI Gino Malaguti - rispondendo al giornalista del Resto del Carlino che gli domanda che cosa non è stato ancora chiarito in quella brutta faccenda - risponde: “Se non tutto molto. Infatti la vicenda si snoda con una serie di colpi di scena sorprendenti. In sintesi i fatti più rilevanti. Dopo ripetute pressioni di tre dipendenti comunali il Sindaco decide di avviare un’inchiesta amministrativa nei confronti dei due vigili urbani che verranno poi raggiunti da comunicazioni giudiziarie, quindi il comune è visitato da ladri che dopo aver forzato alcune porte entrano proprio nei locali dell’inchiesta e nonostante un armadio sia stato forzato, sembra che l’Amministrazione non denunci alcuna scomparsa, quindi si viene a sapere che due Beretta risultano mancanti” (Resto del Carlino del 21/3/1986) Si volatilizzano due pistole. Perché? Come direbbe Carlo Lucarelli: quando una pistola sparisce si cancella una prova. Già, perché ogni rivoltella che spara imprime una firma balistica su ogni proiettile esploso. 41 Pagina 41 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Contro cosa hanno aperto il fuoco le due Berette finite nel nulla? A quale azione hanno partecipato? Le risposte meriterebbero un ulteriore approfondimento che ci allontanerebbe troppo dalla nostra storia. Gino Malaguti continua a riassumere l’accaduto: “le cose non sono chiare ed i silenzi sono molti. In primo luogo il Sindaco avvia con ritardo un’indagine amministrativa su di un problema molto chiacchierato e dopo molte sollecitazioni, tale indagine sembra svolta solo dall’economo e cioè dal funzionario che già da prima avrebbe dovuto controllare queste entrate, si noti che non è stata richiesta la collaborazione dei tre dipendenti che avevano segnalato le mancanze di cui avevano una conoscenza diretta e ciò potrebbe aver portato ad un’indagine superficiale, infine i vigili inquisiti sono rimasti per tutti questi mesi a contatto con quelle che potrebbero essere le prove”. Così, se da una parte Sabattini veniva fatto oggetto di provvedimenti immotivati, denunciato e minacciato, dall’altra, due signori - questa volta sì definibili “loschi figuri” – che erano accusati di “falso in atto pubblico, distruzione di documenti e peculato” (Gazzetta di Modena del 8 febbraio del 1986) non vengono licenziati, ma solo trasferiti. Non si diffondono nemmeno le loro generalità alla stampa, ma passano alla storia semplicemente come i “due vigili”. Carlo Sabattini riuscirà a dimostrare la fondatezza delle sue autorizzazioni edilizie potendo così terminare la costruzione dell’abitazione dove vivono ancora oggi i suoi familiari. Ma non appena gli fu data ragione fu subito condannato dal tribunale di Mantova a un anno e otto mesi per calunnia e qualche giorno dopo accusato di essere, proprio lui, un inquinatore che si è reso colpevole di aver versato delle feci zootecniche nel canale. Oggi, con l’avvento dell’agricoltura organica, sarebbe stato definito un agricoltore biologico, mentre a quei tempi si guadagnò la nomea di “ecologista preso con le mani nel sacco”. E dire che proprio sul numero 7 del mensile, house organ, del Comune di Modena, stampato neanche quattro anni prima del fatto, compariva un articolo dove si affermava testualmente che: “L’Amministrazione comunale e il comprensorio di Modena, in accordo con la consulta agraria, si sono posti il problema di una proficua utilizzazione dei liquami delle porcilaie per la concimazione di terreni agricoli come rimedio all’azione inquinante provocata dagli stessi alle acque di superficie. Un vasto programma di ricerche sulla validità della fertirrigazione e sul miglioramento delle tecniche di spandimento è stato condotto in questi ultimi mesi in collaborazione con istituiti universitari e in accordo con le categorie interessate”. 42 Pagina 42 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Quindi per l’istituzione comunale modenese e tutto il comprensorio, e forse per lo stesso Sabattini (che era però contrario allo stoccaggio industriale dei liquami in estese lagune di difficile gestione ecologica) lo spargimento di letame nei campi rappresentava una pratica ammissibile se non persino ecologica, una sorta di concimazione organica che allevia i fiumi dai nitrati, tanto più che Carlo aveva usato i liquami per fertilizzare un pioppeto. Se io fossi stato nei suoi panni avrei deciso, stante il mio atteggiamento frontalmente avverso alle porcilaie, di non avere mai niente a che fare coi liquami anche quando questi erano trattati in maniera corretta, ma allora la buona fede era ancora molto diffusa e gli scandali progettati scientificamente a tavolino molto rari. Rari, ma non assenti. Per cui non sarà difficile prenderlo in castagna dicendo che quando ha sparso il concime in quel fondo dedicato all’arboricoltura lo ha in verità riversato nel fosso vicino e poco importa se quel rivo era inquinato da tempo come denunciato negli esposti dello stesso Sabattini con tanto di nomi e cognomi delle aziende responsabili. Un reato da lui denunciato, ancora una volta, gli viene ritorto contro! C’è da notare come l’azione repressiva, con questa vicenda, si sposta dal piano burocratico - amministrativo a quello delle comunicazioni di massa, infatti tutte le tv private danno la notizia con grande risalto, un’emittente locale manda in onda una striscia a fondo schermo che si ripete a loop per tutta la sera, i Dj delle radio ci scherzano sopra saldando la condanna per calunnia all’incoerenza. Si adotta quella strategia diffamatoria che definisco con il motto del ’“predica bene, ma razzola male” di cui avrò modo di parlare in altre occasioni. Nemmeno il repentino mutare della strategia adottata nei confronti del battagliero ecologista riuscirà a fermarlo. Sono ormai molti gli anni trascorsi da Carlo nelle aule dei tribunali. Si sente provato, ma senza rendersene conto è diventato invincibile. Ha imparato ad esprimersi e se solo apre la bocca non butta fuori frasi a casaccio, ma detta la sua difesa soppesando attentamente le parole, pondera ciascuna pausa, mentre denuncia ogni nefandezza in maniera circostanziata. Cita le leggi a memoria, produce testi e richiama sentenze. Dispone sempre di quanto gli serve perché si è abituato da tempo ad annotare ogni dettaglio, anche il più insignificante, che poi fotocopia e archivia. Se parla c’è quindi il rischio di dover prendere provvedimenti contro questo o quell’altro inquinatore. D’altronde se va tutto a verbale si è costretti d’ufficio a procedere nei confronti degli autori di reato. Meglio, molto meglio, non farlo parlare anche a costo di doverlo assolve43 Pagina 43 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 re. La Magistratura, quella che si fonda sull’oggettività della legge, bendata e onesta, gli riconosce l’onore della ragione e si genuflette innanzi ad un talento disinteressato, fulgido esempio di ciò che lei stessa rappresenta nel dare la caccia ai malfattori e punire le ingiustizie. “Il “Contestatore Ecologico” Sabattini è stato assolto purchè non parlasse. Il secondo Processo per Calunnia contro Carlo Sabattini, ormai noto come contestatore ecologico, è durato ieri solo pochi minuti. Il tempo per il collegio penale e la Pubblica accusa di aprire e chiudere l’udienza a tempo di record. Il Pm Dott. Giuseppe Tibis ha chiesto di assolvere subito Sabattini, senza neppure ascoltare il presunto calunniato, che era l’ex sindaco Germano Bulgarelli e così il collegio ha deciso. Sabattini non ha potuto nemmeno parlare. …A suo dire” - (Bulgarelli) – “si era reso responsabile di omissione di atti d’ufficio a proposito di un canale di irrigazione “l’Acquetta”, che, all’ispezione comunale aveva presentato 5 chilometri di liquami provenienti da un allevamento. Dopo la denuncia di Sabattini il canale venne ripulito” dalla Nuova Gazzetta di Modena di venerdì 22 gennaio 1982. Chiunque, al posto di Carlo, avrebbe lasciato perdere. Nessuno avrebbe retto ai processi e a tutto quel rancore che cresceva ogni giorno di più. Ma lui no, non poteva mollare, ne andava della sua campagna. La rivoleva com’era una volta: ridente e incontaminata. Identica a come suo padre gliel’aveva lasciata. E rivoleva anche le rane e l’acqua pulita. Avrebbe mai abbandonato le caravelle Cristoforo Colombo? I fratelli Wright il loro biplano? Leonida i suoi trecento spartani alle Termopili? Come loro, Sabattini, continuò a combattere imperterrito, con coraggio e abnegazione. I giornali dell’epoca lo testimoniano in maniera fotografica. Il Giornale di Modena: Carlo Sabattini malmenato al dibattito sulla Corni (ndr una fonderia). “Lo interrompono mentre interviene, lo afferrano, lo trascinano a forza fuori dalla riunione, lo buttano a terra”. Si è imbavagliato davanti al tribunale per contestare l’inquinamento dei cibi. La Gazzetta del 18 giugno 1981: “Sabattini a processo otto volte”. Il Giornale di Modena: “Nuove denunce per l’ecologo Carlo Sabattini”. Il Resto del Carlino: “Sabattini: mi difendo da solo! Ma il tribunale non acconsente”. Dal libro bianco senza data: “Sabattini contesta la competenza del Pretore Caruso”. (Ibidem 7 maggio 1982) “La Magistratura e la Curia contro 44 Pagina 44 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Sabattini. Le accuse vanno dalla diffamazione al vilipendio”. “La guerra di Carlo. Concitata udienza davanti al pretore che prima lo allontana e poi lo condanna”. “Carlo il contestatore si fa portare di peso davanti al magistrato”. Resto del Carlino del 26 luglio 1982: “Oltraggio alla magistratura: di nuovo manette a Sabattini. Aveva esposto alcuni cartelli in cui si accennava a presunte coperture”. “Di nuovo in manette Sabattini” “Sabattini prosciolto”. Condannato! Prosciolto! Condannato! Prosciolto! I Magistrati, che non avevano nessuna voglia di combattere una guerra a loro dire inutile, hanno ormai i nervi a fior di pelle e lo si capisce leggendo un articolo redatto da Nicola Adamo su di un giornale di cui il libro bianco non riporta il nome. Si sviluppa secondo le nostre previsioni il canovaccio dell’inquinamento in Secchia: i responsabili della strage sono fuori, l’ecologo contestatore dentro. Carlo Sabattini arrestato per oltraggio alla magistratura “Un’altra vittima indiretta della strage di pesci in Secchia: il contestatore ecologico Carlo Sabattini è stato arrestato come puntualmente (ci si perdoni il narcisismo della citazione anche se non è il caso di esserne fieri) avevamo previsto. L’arresto di Sabattini era per noi una certezza tant’è che l’avevamo annunciato come prossimo nella risposta ad una lettera che ci era giunta in redazione e successivamente ribadito quando affermavamo che sarebbe stato giusto mettere in galera gli inquinatori, ma che era più “facile” metterci Sabattini, il “matto”, che protesta contro l’inquinamento. E così Sabattini è finito dentro e gli inquinatori rimangono fuori, liberi di appestarci quando meglio lo credono…” Chi la dura la vince e la perseveranza di Carlo incomincia a produrre gli effetti sperati. Qualcosa sta cambiando nell’atteggiamento dei giornalisti. Sembra che s’incominci a superare lo stereotipo di “ecologista matto e rompiscatole” che alcuni scribacchini gli hanno cucito addosso. D’altronde la placida Emilia non era abituata ai contestatori di mezz’età, semmai ai cortei studenteschi e alla maggior parte dei sit – in organizzati dalle stesse granitiche forze politiche di sempre. Ma finalmente, piacciano o meno le “carnevalate” di Sabattini, è arrivato il momento di prendere in esame solo i fatti. Il fiume è stato avvelenato? Se i pesci sono morti dov’è il colpevole? Chi 45 Pagina 45 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 risponde? Questo cambio di rotta incomincia a preoccupare chi è preposto ufficialmente a rispondere. Nicola Adamo ricostruisce i fatti che hanno portato all’arresto mostrando come le azioni dei magistrati siano tempestive e dirette, neppure più mediate da un pubblico ufficiale, ma attuate personalmente. Se è vero che Adamo scrive: “Sabato sera Sabattini, con megafono e cartelli, protestava contro gli inquinatori che impunemente avevano provocato la strage di pesci e che ancora una volta l’avevano fatta franca. Un solerte passante ha ravvisato nelle affermazioni del contestatore ecologico gli estremi di oltraggio alla magistratura e quant’altri. Una telefonata probabilmente anonima (l’anonimato purtroppo ormai fa parte di una malintesa modenesità degli ultimi anni) è giunta in Pretura. Da qui è partito Manfredi Luongo per un accertamento. Di fronte al Pretore, Sabattini, stando alla versione ufficiale, avrebbe ribadito le accuse di complicità della magistratura e dello stesso Manfredi Luongo con gli inquinatori. L’arresto è stato immediato. Sabattini è stato trasportato al Sant’Eufemia, ma la sua destinazione è il carcere di Firenze, dove sarà processato per una prassi che stabilisce che non può essere il magistrato della città in cui è avvenuto il presunto oltraggio alla Magistratura a giudicare l’imputato”. Il giornalista si dissocia dal “contestatore ecologico” quando Carlo accusa la magistratura nel suo insieme e non solamente quei magistrati che hanno insabbiato gli esposti. Ma c’è da dire al riguardo che “forzando i termini”, esagerando nei giudizi, Sabattini cercava di attirare su di sé l’attenzione, come dire che tentava disperatamente di alzare l’audience, non tanto per averne un beneficio personale quanto per riuscire a indicare con più forza il tema che poneva o i reati che segnalava. Lui per primo è consapevole di aver agito sopra le righe tanto da diventare lui stesso un ostacolo alla comprensione della verità. Ogni buon avvocato, e lui lo era certamente malgrado non avesse mai conseguito la laurea, cerca di rendere lineare la ragione che difende, così come Michelangelo che scolpisce il Mosè “deve togliere” dal blocco di marmo “tutto ciò che non serve”. Anche Sabattini avrebbe voluto adottare questo “modus operandi” così da scarnificare la verità per renderla in tutta la sua appariscente semplicità, ma vi riuscì raramente e si convinse di un fatto solo: se gli avversari non ti permettono di presentare le cose in modo semplice perché mentono, nascondono, falsificano, in una parola 46 Pagina 46 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 “aggiungono”, ecco che allora è necessario opporre confusione alla confusione. Esagerare. Perseverare. Continuare fino a far collassare il quadro per poi ricomporlo a posteriori, quando si sono calmate le acque. Non è un caso se tutte le volte, o quasi, in cui si vede affibbiare una condanna in primo grado è poi assolto in appello. Se con il primo magistrato è burbero e maleducato con il secondo è calmo, circostanziato, metodico, quasi amabile. Viene quindi da interrogarsi su questo atteggiamento altalenante e all’apparenza contraddittorio. Ma è più semplice da spiegarsi di quanto si possa credere: Sabattini non combatte la magistratura nella sua totalità, semmai la mette duramente alla prova come l’archetipo di un hacker che infrange i sistemi perché vuole vederli diventare più sicuri e nel compiere quest’opera spera di incontrare proprio quei magistrati che possono seguirlo nella sua impresa disperata fino a condannare i veri colpevoli. Tanto è vero che lui stesso scrive, “a chi mi accusa di voler distruggere la giustizia rispondo invece che voglio solo giustizia, una giustizia fondata sulla legge che, come è scritto nelle aule dei tribunali, è uguale per tutti…perché non può esserci emancipazione e libertà, se non c’è giustizia”. (libro bianco pag. 7/8. Leggermente riveduta nella forma). La sua è una ricerca non una guerra, una ricerca rumorosa, ma in buona fede. Per questo nei suoi scritti, raccolti nei tre volumi che compongono il libro bianco più volte citato, ricorrono spesso gli inviti a leggere “le carte” senza dare nessun peso a ciò che raccontano gli articoli di giornale che si vede costretto ad allegare sebbene siano infarciti di inesattezze, ma sono pur sempre reperti storici da lasciare ai posteri. Però ribadisce: “leggete tutti gli atti processuali, leggete solo quelli!”. Infatti il libro bianco si compone di tre tomi di un chilo e mezzo ciascuno che ad una prima occhiata, dopo averli aperti, ricordano una fanzine underground con le tipiche sgranature delle riproduzioni elettrostatiche, contrasti eccessivi e perdita pressoché totale dei mezzi toni. Ma scorrendo le pagine con attenzione si scopre che si tratta di una meticolosa raccolta di documenti processuali accompagnati dalle didascalie, stringhe battute a macchina, ritagliate, e incollate sopra alle fotocopie o da una fotocopia all’altra così da collegarle in una sorta di primitivo ipertesto. La costruzione editoriale è di una semplicità solo apparente per via dei testi e delle fotografie che sembrerebbero rimontate sommariamente. Invece è proprio nella ricomposizione che s’intravvede la mano del collagista esperto, ovverosia di un artista che usa una tecnica espressiva, il collage, diretta e coerente, che molto meglio della tempera si è sempre prestata all’illustrazione delle tensioni polemiche della contemporaneità e lo sapevano bene alcuni grandi maestri del calibro di Picasso o 47 Pagina 47 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 George Braque che l’hanno sfruttata fino in fondo. Nel memoriale di Sabattini non ci sono diffrazioni di significati o impertinenze dadaiste, semmai una spasmodica ricerca della verità oggettiva che viene prima sezionata e subito dopo ricomposta sul foglio bianco quasi fosse un tavolo anatomico. Il fine è quello di mostrare il lato invisibile che nella normale visione prospettica resta nascosto dal fronte degli oggetti o dei luoghi. Questo lato invisibile, l’altra metà oscura, è per Sabattini il crimine ambientale che amputato dalle connivenze politiche deve essere esposto al centro della sala e ammirato per quello che è: la disfatta della ragione. Da questo pensiero scaturiscono tutte le centinaia di foto che con una precisione voyeuristica dettagliano con rigore ogni passo del libro. Quando compone, ritaglia, incolla e rifotocopia, accosta ogni frammento documentario per economizzare lo spazio e cancellare i vuoti. Non si tratta di “horror vacui” semmai della paura che l’imponente quantità dei materiali raccolti possa diventare un disincentivo alla lettura di questa corposa “docugrafia” storicolegale. Anche Giorgio Giusti sul Giornale di Modena lo mise in guardia da questa eventualità quando scrisse: “Il fatto è che il più delle volte, pur volendolo aiutare nelle sue battaglie contro l’inquinamento, o contro le ingiustizie di cui si diceva vittima, non riuscivamo ad afferrare il bandolo della matassa che sottoponeva alla nostra attenzione e che lui pretendeva noi dipanassimo, pena la qualifica di pennivendoli: decine di chili, che con il tempo diventarono quintali, di fotocopie, atti giudiziari e amministrativi, libri neri e bianchi, denunce, querele, controquerele, processi che s’intrecciavano e s’inseguivano nei vari tribunali, in una sarabanda di nomi e di dati da far impazzire anche il più meticoloso dei certosini”( 12/4/1985). Come Enzo Tortora che spese più di venti milioni per pagare le fotocopie degli atti processuali e combattè lungamente per organizzarli in maniera chiara e comprensibile, anche Carlo giunse alla conclusione che un memoriale voluminoso e complesso dev’essere sempre strutturato con una precisione certosina. Per evitare ogni futura falsificazione utilizzò un numero spropositato di stringhe didascaliche e con esse cucì ciascun pezzo del libro bianco, i documenti alle fotografie, gli articoli di giornale agli esposti. Le didascalie sono così diventate i punti di una sutura. Punti che non possono essere rimossi se non a rischio di compromettere l’integrità del documento, se non a costo di perdere i nessi indispensabili alla ricostruzione dei fatti. 48 Pagina 48 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Ma entriamo nel dettaglio. Ogni avvenimento documentato nel libro si apre con un testo, mai più lungo di un pagina, che descrive un fatto dove al posto di “C’era una volta…” si trova l’elemento dinamico dal quale si genera la storia: “Il 4 aprile del 1980 nel telegiornale del secondo canale viene trasmessa l’intervista ad un coltivatore diretto abitante vicino a una fabbrica di ceramiche che dichiara di non poter più fare il vino con l’uva del suo fondo perché avvelenata dal piombo” - un fatto. “L’agricoltore afferma di aver risolto fortunatamente il problema vendendo l’uva alla cooperativa che gli restituisce il vino imbottigliato e ripulito dal piombo” - un altro fatto. “Il giorno dopo mi reco in quella zona e diversi coltivatori mi raccontano di fare la stessa cosa” terzo fatto. “Vado alla cantina indicata dai produttori d’uva e dico che vorrei acquistare un certo quantitativo di bottiglie di vino, ma sono preoccupato per l’eventuale presenza di piombo” - quarto fatto. “Il venditore mi risponde di stare tranquillo perché il vino viene miscelato per abbassare la quantità di Pb e quindi inviato ad un laboratorio di Verona che certifica il suo rientro nei limiti di legge” - quinto fatto. Si tratta di sofisticazione alimentare, lui non lo dice, ma io lo scrivo lo stesso. Lui continua imperterrito: “Redigo un esposto dove racconto tutto e spiego che il vino viene distillato e miscelato. Dopo di che lo inoltro alla magistratura.” – sesto fatto. “A distanza di tre anni non ricevo nessuna risposta” - ultimo fatto, il più significativo, per il momento. Fortuna vuole che la verità sia come la merda: prima o poi viene sempre a galla. A piè di pagina, riferito all’episodio appena esposto, è redatto un indice degli allegati. L’ultima riga, che dice: “si veda prima di passare all’esposto successivo l’inchiesta del mensile AL dell’ottobre 1983” è sottolineata vigorosamente! Sabattini vuole che la si vada a vedere. Ci vado. È un collage di articoli sovrapposti malamente fra loro. Sono colpito dalla parola in alto a destra: INCHIESTA. Sotto, campeggia il titolo: Ma si può sapere che acqua beviamo? La giornalista Elena Bellei intervista gli esperti e i responsabili del servizio d’Igiene Pubblica, ma non riesco a saperne di più perché il testo è stampato in un corpo minuscolo, forse in “5”. Mi accorgo però che le ultime sette righe che chiudono l’inchiesta sono cerchiate, non riesco a leggerle finché non scopro che Sabattini le ha ingrandite in un quadretto accanto che leggo attentamente: “D’accordo, insiste la signora, ma io quell’acqua non la bevo, preferisco un bel bicchiere di vino! E intanto il Dott. Zavatta dichiara: “…dall’analisi di un certo vino, proveniente da una zona non lontana da Modena, è risultato che la concentrazione di piombo di quel vino era superiore a quella consentita nelle acque di scari49 Pagina 49 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 co industriale” – un altro fatto. No, è la verità. L’inchiesta è chiusa! Anzi non si è mai aperta. Ma la prova resta. La prova fotostatica che da quelle parti, a quei tempi, è stato liberamente venduto del vino più contaminato di una fogna. Ma torniamo a Sabattini e a dove lo abbiamo lasciato, anzi, saltiamo almeno una decina di capitoli del libro bianco per ritrovarci all’inizio degli anni ottanta. In particolare mi interessa riportare la successione dei fatti che hanno preceduto l’internamento di Sabattini nel manicomio criminale di Castiglione delle Stiviere. Devo premettere che da quando ho incominciato a raccontare (scrivere) ho sempre usato come riferimento il libro bianco e la storia si è scritta da sola. Malgrado i cinque anni trascorsi in Consiglio Comunale mi abbiano reso un esperto conoscitore delle dinamiche politiche mi ritrovo improvvisamente arenato in un banco di nebbia. Sono fermo. La precisione archivistica di Sabattini sembra farsi improvvisamente confusa. Le date dei documenti non sono più progressive. Le dissertazioni si sostituiscono a quell’incedere implacabile, essenziale, costante, che mi ha accompagnato fino a questo momento nella lettura. Per la prima volta mi domando quando Carlo Sabattini abbia scritto il memoriale. Durante? Quando i fatti accadevano lui li trascriveva subito dalla realtà alla carta? O dopo? Quando, a posteriori, ha ricomposto tutta la storia? Mi chiedo questo, ma poi rinuncio alle conclusioni. Il cambiamento di rotta è legato all’enormità degli avvenimenti che gli sono crollati addosso. Se fino ad oggi ha combattuto alla luce del sole con destrezza, menando colpi su colpi con la precisione di un giocatore di scacchi, ora mena fendenti nell’aria a casaccio. È stanco, sfinito, si trova da solo nelle buie profondità del bosco dove combatte alla cieca contro armate di fantasmi sfuggenti. Un sabba di spettri che danza sul suo “punto di non ritorno”, si proprio così, perché dal giorno in cui l’hanno internato in poi le cose cambieranno per sempre e nulla, per lui, sarà più come prima. È scesa la sera e sono ancora imprigionato nella bruma standomene seduto davanti ad una minacciosa pagina bianca. Esco a fare due passi, ma il freddo mi convince a rientrare subito. Mio figlio suona il piano, mia moglie, di sotto, prepara la cena. Sento che taglia il pane mentre l’odore della peperonata sale fino al mio studio. Ma forse è stufato di fagioli, certo non può essere ragù. Lara è vegetariana e in casa nostra si mangia carne solo quando vengono a trovarci gli amici che altrimenti ci guarderebbero storto senza una bistecca davanti e hai un bel da dire che per produrre un chilo di carne ci vogliono diciotto chili di cereali e che se mangiassimo tutti 50 Pagina 50 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 i cereali anziché il chilo di carne si risolverebbe il problema della fame nel mondo. Senza contare tutta la merda di maiale che non finirebbe più nei fiumi. Ma anche se dici così ti guardano tutti storto ugualmente. Ho divagato. Mi convinco a dare un’occhiata al terzo volume del libro bianco. Capisco al volo che molti documenti mancanti nel secondo libro sono presenti nel terzo. È come se i due volumi dovessero sempre marciare affiancati. Le ragioni di tutto ciò restano un mistero, ma riprendo a scrivere, questa è l’unica cosa che conta e anche Carlo sarebbe felice di sapere che l’avventura riprende il suo corso. Rileggo la frase che ho scritto prima di addentrarmi nella nebbia “Ma torniamo a Sabattini e a dove lo abbiamo lasciato, anzi, saltiamo almeno una decina di capitoli del libro bianco per ritrovarci all’inizio degli anni ottanta”. Sabattini ha continuato a difendere il territorio come sempre, segnalando abusi, redigendo esposti e schiamazzando col megafono ad ogni angolo di strada. Si è ammodernato e pur continuando ad usare i cartelli di cartone ha scoperto la potenzialità della tipografia cosicché manda alle stampe centinaia di manifesti che affigge personalmente davanti alla stazione, agli uffici comunali e accanto alle entrate dei Palazzi di Giustizia. Avrebbe voluto attaccarli negli appositi spazi, ma gli uffici capiscono di chi si tratta e non prendono in consegna i manifesti (...dal verbale del 1° interrogatorio). Poi si apposta con fare discreto e puntando il teleobiettivo fotografa politici, magistrati e pubblici ufficiali che passano accanto ai suoi manifesti. Qualcuno si ferma per leggere le denunce e proprio quando meno se lo aspetta: clik! Fotografato! Ecco come viene congelato nei sali d’argento l’autorevole magistrato, mentre visiona la denuncia di un reato diffusa a mezzo stampa. Ne prende atto e non interviene. È la prova iperrealista della “non azione” della Giustizia. Carlo prende le immagini dei “lettori inattivi” e le riproduce in altri manifesti che, come in un gioco di specchi, diventano la denuncia “iperrealista” della mancata azione della Magistratura. Come sempre le autorità, quelle politiche prima delle altre, non gradiscono di essere svillaneggiate. Non più su di un solo cartello, ma attraverso una campagna continuata di affissioni. Per questo l’allora Sindaco di Modena, Mario Escobar del Montes, risponde con una querela che viene depositata alla fine di novembre (03/12/83 Prot. 745) e che, nella sua più che totale assenza di contenuti, sarebbe solo una delle tante a carico dell’ecologo se non fosse per un passaggio significativo presente nel documento: “…a ciò aggiungasi il danneggiamento derivante agli stessi edifici 51 Pagina 51 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 dal fatto che l’opera di defissione più spesso non può avvenire a causa del particolare collante usato dal Sabattini, se non scrostando il muro sottostante che rimane pertanto in deplorevoli condizioni”. Questa accusa non è nuova. Il Sindaco del Montes aveva già segnalato alla Procura (con lettera del 31 ottobre 1993 PR Mo n°1193/83) scrivendo di suo pugno: “Questa Amministrazione Comunale è da tempo impegnata a rimuovere le continue affissioni abusive effettuate dal Sig. Carlo Sabattini. In diversi punti della città. Tale incombenza ha comportato oneri non indifferenti per questa Amministrazione, dovuti soprattutto ai numerosi interventi effettuati dal personale operaio, distolto da altri servizi d’istituto. La situazione pare non risolversi visto che il Sig. Carlo Sabattini continua a disattendere le norme vigenti in materia deturpando numerosi edifici e conseguente danno all’immagine della città… Con la presente segnalazione si desidera pertanto richiamare la Sua cortese attenzione, ai fini dei provvedimenti di competenza di codesta onorevole Procura, nella speranza che la situazione possa risolversi al più presto”. Fermo restando che l’affissione di manifesti aventi un carattere non pubblicitario – e questi certamente lo erano dato che si trattava di avvisi di reato a mezzo stampa - non erano sanzionabili, si opta a più riprese per una sorta di “variazione sul tema” in grado di aggravare i fatti: la colla dei manifesti. Non una colla qualunque, ma “un collante speciale” – una sorta di ameba indelebile - “che ha intriso il muro degli edifici” , “privati e pubblici, alcuni dei quali di interesse artistico e monumentale” - con conseguente “danneggiamento, deturpamento ed imbrattamento degli stessi” in quanto “le operazioni di defissione (…) nonostante l’uso delle migliori tecniche del caso non consentono di eliminare le tracce degli stampati” come scritto nel verbale inviato al Sindaco del Montes il 22 novembre 1983. Da questo momento Carlo Sabattini non è più soltanto un contestatore, ma un deturpatore di monumenti. Nel frattempo a Modena si è insediato un nuovo pretore che tutti dicono non sia solo preparato, ma anche risoluto e disposto a tutto per far trionfare la giustizia. Si chiama Alejandro Luigi Re Picos. Se non vi suona bene avete ragione perché il suo nome me lo sono inventato. Non che abbia paura a raccontare la verità, ma come avrete forse intuito stiamo parlando di Sabattini, di un perseguitato politico di cui si è voluto scientemente cancellare ogni traccia e non vorrei ritrovarmi ad essere processato a mia 52 Pagina 52 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 volta per aver detto semplicemente la verità o per aver descritto quella che sarà nota ai posteri come una cospirazione passata sotto il più che totale silenzio, degna solo di un governo sudamericano. Il Chile di Pinochet come la Bolivia di Barrientos, il Nicaragua di “Carla’s song” come la Modena in cui si trovò a vivere Sabattini da perseguitato. Da questo deriva la storpiatura spagnoleggiante dei nomi dei protagonisti di questa storia. Senza contare che molti dei personaggi collusi alla congiura che portò all’internamento di Carlo hanno fatto carriera, occupano posti importanti, sono diventati potenti e certamente non gradiscono che qualcuno, come dire, racconti le vere ragioni che hanno consentito loro di ascendere all’olimpo del potere. La repressione compiuta nei confronti di Carlo è certamente da annoverarsi tra queste. Per questo, cari signori e signore della Giuria, vi dico che sono innocente di tutte le accuse che m’imputeranno, tolta naturalmente quelle per cui mi trovo qui dinanzi a voi: la rapina a mano armata. Ma delle altre accuse: mercimonio sessuale, vendita di droga ai giardinetti d’infanzia e seduzione di minorenni mi dichiaro innocente. Alejandro è un tipo duro, uno di quelli che batte i pugni sul tavolo, e lo s’intuisce solo a vederlo: robusto nel fisico, sguardo severo, stempiato, ma non ancora calvo come Telly Savalas, il tenente Kojak al quale assomiglierà invecchiando. Visto da giovane sembra, malgrado i baffetti alla Clark Gable, un austero professore di matematica. Con Sabattini ha già combattuto qualche scaramuccia, ma non è ancora riuscito a fargli capire che lui non è un burocrate come tutti gli altri e soprattutto che non è disposto a farsi trascinare in mezzo alle sue “baracconate”. Anzi, non si considera nemmeno un Pretore. Alejandro Re Picos è la Pretura fatta persona! Ma si veda per un attimo cosa dice l’enciclopedia libera Wikipedia digitando la parola “pretore”: “ll pretore in Italia era un organo monocratico a cui era affidata la giurisdizione in materia civile e penale (oltre a secondari compiti di natura amministrativa e volontaria giurisdizione; citiamo, a titolo d’esempio, i giudizi in tema di opposizione avverso sanzioni amministrative, oppure i provvedimenti che il pretore doveva assumere in veste di giudice tutelare). Il decreto legislativo 19 febbraio 1998 n. 51 ha disposto la soppressione di tale organo sostituendolo con il Giudice di Tribunale detto anche Giudice unico di primo grado, a far data dal 2 giugno 1999 per tutti i processi civili e dal 2 gennaio 2000 per tutti i processi penali, il quale decide in composizione monocratica, escluse alcune ipotesi in cui è tassativamen53 Pagina 53 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 te prevista la composizione collegiale. La causa della sua soppressione sta nel fatto che era sprovvisto di pubblico ministero, agendo lui in prima persona contemporaneamente come Pubblico Ministero inquisitore, propulsore dell’azione penale e come giudice (seppur per le piccole cause). Questo contrastava irrimediabilmente con il principio contenuto sia nella costituzione sia nel nuovo codice di procedura penale “Vassalli” - che dovesse esservi parità tendenzialmente assoluta fra accusa e difesa (e l’antica figura del Pretore evidentemente non era compatibile)”. Questo per ricordare che Alejandro disponeva di tutti i mezzi necessari per dare del filo da torcere all’ecologista contestatore. Ma andiamo per gradi. È la mattina del 2 gennaio 1984 ed è lo stesso anno scelto da George Orwell per ambientare il romanzo che lo ha consacrato ai posteri. È la storia di un regime dittatoriale e della persecuzione subita dal protagonista del libro, Winston Smith, colpevole di aver scritto alcuni pensieri su di un diario mantenuto segreto. Anche Sabattini quella mattina scrive, ma non sulle pagine di un moleskine, preferisce la plastica di un tendone montato dal Teatro Comunale di Modena in piazza Mazzini per reclamizzare la nuova stagione. Viene colto sul fatto da due Vigili Urbani che redigono immediatamente un verbale dove si attesta che lo stand è danneggiato per sempre, ma dimenticano, come annota sarcasticamente lo stesso autore del vandalismo, di sequestrare l’arma del delitto: il pennarello. I danni alla struttura sono così irreparabili che Alejandro Re Picos, informato dell’accaduto, procederà come lui stesso scrive “in via di assoluta urgenza” (Prot. 6156/83 R.G. PEN. ) ad accertare personalmente il reato. Ma ciò che mi preme ricordare è la motivazione adottata da Re Picos per giustificare la fretta: “…in quanto oggi è nevicato e nevica a riprese e pertanto le prove documentali costituite da tali scritte stanno per essere disperse (art. 304 ter pen.com)”. E questo non vale solo per la tenda, ma anche per il distruttivo collante dei manifesti. Alejandro ribadisce il concetto in altri documenti come nell’ordinanza con la quale ordina l’analisi peritale dei campioni di colla: “Stante l’assoluta urgenza, derivante dal degrado delle tracce di colla, per esposizione a fattori atmosferici”. (n°6156/83). Ma come: non penetrava gli edifici in profondità? E si degrada così, per due fiocchi di neve? Delle due l’una: o il danno è permanente oppure è labile. Se l’azione della neve ripristina lo stato dei luoghi vandalizzati non vi è più motivo di procedere nei confronti del colpevole. Sarebbe bastata questa banale considerazione, alla quale sarebbe potuto arrivare anche un bambino, per far 54 Pagina 54 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 recedere chiunque dalle accuse, ma il cerchio intorno a Sabattini si è stretto. Leggendo le sue considerazioni ci si rende perfettamente conto che solo lui, che continua ad agire come sempre, non ha ancora capito che è già stato tutto deciso da tempo e lo si vedrà anche in seguito da come si muoveranno di concerto le istituzioni. Data la gravità dell’azione persecutoria messa in campo, il potere politico, nei panni dell’Amministrazione Comunale, incomincia a tessere quell’estesa comunità di responsabili che non potrà essere punita se malauguratamente dovesse saltar fuori la verità. Se sono tutti colpevoli, nessuno è colpevole. Tenete bene a mente questo motto perché lo ritroveremo spesso più avanti. Il Sindaco chiede quindi al consiglio Comunale di esprimersi sui continuati atti di vandalismo, dalle affissioni abusive alla tenda imbrattata, così da potersi costituire parte civile contro l’ecologo. Viene messa ai voti una delibera: liberate i cani! Che la braccata abbia inizio! Il consigliere Pancho Estrela Beccarias, che stando a quello che dirà nulla ha da spartire con l’omonimo Cesare Beccaria, presentando la delibera dichiara: “Sabattini è una figura caratteristica. Giorgio Bocca in un articolo su la Repubblica parlò del “mattocchio” citando Sabattini, cioè quella figura tipica che in ogni città è un po’ fuori dalle regole, un po’ diverso dagli altri e non è certo per questo che lo quereliamo e nemmeno per le accuse e né per gli atti che ha compiuto, né per le continue diffamazioni che muove nei confronti dell’amministrazione, ma”- perché - “siamo di fronte ad un danneggiamento che c’è stato”. Come dire che non si sta procedendo contro un attivista ecologista quale Sabattini era, bensì contro “lo scemo del villaggio” che è diventato improvvisamente pericoloso. Lo segue a ruota il Capogruppo DC, Garcia Murolos che aggiusta la definizione lasciata sfumata da Beccarias: “Io penso che il signor Sabattini faccia parte in effetti del folclore locale… La storia di tutti i paesi, di tutti i villaggi” – ecco che si avvicina al dunque – “ha sempre avuto un rappresentante un po’ originale che si qualifica un po’ per le sue originalità“ – così che – “qualcuno lo chiama l’originale del villaggio”. Se non lo chiama “scemo” è solo perché è consapevole che si tratterebbe di un’offesa perseguibile in sede giudiziaria, come dire che condanna “lo scemo” pur avendo di lui una fifa matta. Che vigliacchi… Il successivo intervento del Presidente Del Montes è ancora più significativo. Lo stesso dichiara tra le righe che ha tentato di “dissuadere” Sabattini: “Vi dico personalmente che l’ho richiamato ripetutamente facendogli presente che non danneggiava soltanto le cose, ma che facesse molta attenzione a quello che scriveva; gli ho detto: lei scrive cose per cui non può andare a finire bene. Faccia vedere quello che scrive ad un avvo55 Pagina 55 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 cato, si faccia consigliare… pensavo: scrivi, scrivi, qui non va a finire bene”. (tratti dai verbali di accompagnamento alla delibera 122 del 16 febbraio 1984). È una fredda mattina d’invero, il cielo è plumbeo e l’aria pungente penetra nei polmoni, quando Sabattini viene accompagnato davanti al pretore Alejandro Re Picos. Il documento di cui mi avvalgo si apre con la definizione dell’atto: Verbale d’interrogatorio di indiziato/imputato. Sulla parola “indiziato”, neanche a farlo apposta, è stata tirata un riga nera così che messi da parte gli indizi bisogna solo provare l’imputazione dell’imputato. Mai l’etimo fu tanto chiaro: imputato, Nondum putàtus, da purgare.L’imputato si presenta allora al Magistrato con queste parole: “Mi chiamo Sabattini Carlo, sono nato a Mirandola il 2 maggio 1928 e risiedo a Nonantola. Sono sposato, sono un contadino e ho la licenza elementare. Ho militato e partecipato alla Resistenza. Ho rifiutato la qualifica di possidente… Non intendo nominare un difensore di fiducia, ma chiedo di ottenere facoltà di autodifesa nel rispetto delle norme internazionali in vigore nel nostro paese”. Seguono le dichiarazioni dell’ecologista secondo le quali la colla da lui usata non sarebbe altro che comunissimo “Vinavil”. Mostra una sequenza fotografica dove con dell’acqua calda riesce a rimuovere i manifesti abusivi senza danneggiare l’intonaco sottostante. Poi parla del pennarello usato per imbrattare la tenda. È un comunissimo pennarello, marca “Fila”, modello “Marcher” comprato in cartoleria con 1400 lire. Per questo è subito ordinata un’indagine ad un tecnico specializzato, il Dottor Benicio dell’Anghelos, con la quale si possa smentire le affermazioni dell’imputato. La perizia non lascia margini a dubbi: la tenda è stata rovinata dal pennarello in maniera non reversibile, mentre le colonne del portico dello storico Collegio di San Carlo in Modena, come le lesene e i pannelli del Tempio di San Vincenzo in corso Canal Grande, sono danneggiate dal vinavil usato per incollare i cartelli. Il fatto poi che questo particolare tipo di colla sia rimovibile con dell’acqua calda come sanno bene i restauratori è del tutto secondario, senza contare che se i manifesti non si staccano subito lo si deve al fatto che sono stati ricoperti dai Vigili Urbani con fogli bianchi 56 Pagina 56 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 facendo uso, in questo caso, di una colla a base di soda caustica. Ma poi, anche la seconda colla, a lungo andare, mollerà la presa facendo cadere a terra i manifesti superstiti, come documentato da un ciclo di foto scattate da Carlo e allegate ad un esposto che sarà respinto senza esitazioni. Per difendere Sabattini viene scelto un avvocato d’ufficio, il dottor Richardo Pelicciardoz, che difenderà così bene Sabattini da consentire che sia giudicato malato di mente. Poco importa congetturare come lo stesso Richardo Alonzo Pelliciardoz sia stato eletto all’unanimità presidente del Rotardiaz Club, associazione che raccoglieva a quel tempo gran parte degli industriali che lo stesso Sabattini combatteva con incrollabile costanza (05/07/1985 Gazzetta di Modena). Di lui, l’imputato scriverà nel libro bianco a riprova di certe connivenze esemplari: “avvertito” - (il Pelliciardoz) – “che la perizia era stata depositata, non me ne da notizia: come mai? Come può essere definito un avvocato che non avverte il suo difeso del fatto gravissimo di essere dichiarato pazzo pericoloso?” In sostanza si chiede perché non gli sia stata concessa la possibilità di controbattere a quanto scritto dai periti. Vi pare poco? Da questo momento scattano le indagini a tutto tondo. Mosso dalla convinzione che il contestatore debba per forza essere insano di mente, Alejandro Re Picos scrive a tutte le direzioni sanitarie e a tutti gli ospedali richiedendo “Copia autentica integrale di tutte le cartelle cliniche relative ai Ricoveri del Sabattini Carlo” (n°6156/83 R.G. dell’8/10/1984. Ma Sabattini ha sempre avuto una salute di ferro e non ha mai sofferto di nervi. Tutti gli istituti interpellati, da Villa Igea a Villa Laura, dal medico di base agli ospedali pubblici, rispondono all’unisono che non dispongono di nessuna cartella clinica. Re Picos, insoddisfatto, dispone che l’imputato sia sottoposto a visita psichiatrica. Sabattini si sente così umiliato che l’11 gennaio non si presenta alla prima visita peritale. Sottoposto a ricovero coatto, tradotto forzatamente dai Carabinieri, il 25 dello stesso mese si ritrova seduto davanti ai tre professori del collegio peritale: i professori Reggianiz, Ballonitos, Roncos. Esame psichico e valutazione psicopatologica “L’esame viene condotto mediante l’osservazione diretta, il colloquio e la libera esposizione. Il periziando si presenta sufficientemente ordinato nella persona e nell’abbigliamento, con espressione mimica, gesto e tono di voce adeguati ai contenuti del discorso e al racconto dei fatti. Il controllo emotivo viene mantenuto anche quando il tema diventa scot57 Pagina 57 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 tante e la perorazione eccessiva. Non traspare irritazione né ostilità verso i periti che per altro si sforzano di superare le forti diffidenze con un contatto colloquiale bonario e con “domande stimolo” ben misurate. L’approccio in complesso è facile anche se talvolta inficiato da reticenze e da comprensibili meccanismi di difesa. Messo a proprio agio, il periziando risponde sempre alle domande ed espone liberamente le proprie idee con espressione verbale fluida e corretta. Vocabolario ricco e di gran lunga superiore al suo grado d’istruzione. Il corso del pensiero si dimostra rapido e scorrevole, sorretto da un’ottima memoria di rievocazione. L’attenzione, la concentrazione e le altre funzioni mentali di base appaiono valide e bene utilizzate senza discontinuità. Alle domande relative alla sua salute, al tipo di vita che conduce, alle sue presenti attività, Sabattini risponde a tono, però sempre divaga per tornare alle sue idee “prevalenti” ed agli argomenti che costituiscono la sua fissità di pensiero. Afferma di godere in complesso di buona salute, di buon appetito, di dormire a sufficienza, di sentirsi di umore stenico, un po’ teso, agitato: “avrei bisogno di sfogarmi…per difendermi…uno sfogo nervoso”. Per tutto quello che gli succede prova “disperazione e indignazione, “ma di più indignazione”. Appare lusingato per gli elogi alla sua memoria così dettagliata nel ricordare circostanze, episodi, date, così pronta nel citare gli articoli del Codice. Durante l’esame, Sabattini assume ben presto un ruolo attivo, organizza in prima persona le modalità. Sceglie i temi ed i contenuti dell’esposizione ai periti che possono in tal modo assai bene valutare il suo scarso adattamento alla realtà. La rigidità degli atteggiamenti, la totale mancanza delle facoltà di giudizio e di critica in riferimento a taluni assurdi principi del suo diritto che egli sostiene con incrollabile convinzione, per i quali ritiene legittimi i più eclatanti e assurdi gesti e comportamenti di rivendicazione. Invitato a raccontare qualche notizia biografica, il Sabattini ricorda la madre deceduta in ospedale psichiatrico per malattia conseguita alla spagnola (pandemia influenzale 1915-18) ricorda i sei fratelli, la sua fanciullezza e l’adolescenza trascorse nell’abbandono. Nel 1950, all’età di 22 anni, a seguito di un episodio non bene precisato “cominciò l’esperienza di guerra alla magistratura” Per oltraggio e resistenza restò in carcere per sette mesi durante i quali fece un tentativo di suicidio “dimostrativo” ferendosi i polsi con un oggetto incongruo, ferendosi i polsi con un frammento di cucchiaio di legno. Nel 1951 durante il servizio militare soffrì di disturbi gastrici conseguenza di una cattiva alimentazione. Prese parte ad una sorta di “sedizione”: io 58 Pagina 58 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 con altri ci eravamo rifiutati di rinunciare alle sigarette per accumulare denaro ai fini di fare un cinema…” egli venne congedato con l’applicazione dell’articolo 18 (oggi art. 29 d.p.r. 496) che recita “sindromi psico - neurotiche (nevrasteniche, isteriche, ossessive ed ansiose) associate o non a segni neuro distonici ecc” Sabattini, nel libro bianco sottolinea a più riprese queste ultime 10 righe e accanto scrive più volte: falso! Reticenti! Semina poi dappertutto dei punti interrogativi “?” come dire: quando mai avrei affermato queste cose? “Negli anni che seguirono, Sabattini si formò una famiglia, dimostrò efficienza lavorativa, raggiunse un discreto benessere economico. La narrazione di questo periodo della sua vita è poco probante, alterata come è da reticenze, da mancata comprensione della natura patologica delle manifestazioni, oppure dalle interpretazioni retrospettive che proiettano concezioni deliranti in un passato nel quale esse forse non erano ancora presenti. Il periziando parla con entusiasmo della sua famiglia di oggi, dei suoi quattro figli tutti sistemati “troppo bene” “troppo bravi”. Alla domenica si trovano tutti riuniti, lui parla delle sue faccende e loro sono perfettamente concordi e solidali con lui… “mia moglie è più fanatica del sottoscritto” È certo che in quegli anni la malattia mentale si è venuta consolidando con una dinamica progressiva. Che si sono accresciute le emergenti sospettosità, le diffidenze le attitudini di rifiuto. È certo che i pregiudizi hanno preso corpo e si sono ingigantiti tanto da far sembrare al malato sempre più legittime le rivendicazioni più accese del suo diritto. Il pensiero ha assunto una particolare fissità su determinate idee assorbendo ogni altra attenzione ed ogni altro interesse. Anche se mancano riferimenti anamnestici precisi, il comportamento di Sabattini si sarà fatto sempre più chiaramente patologico, spinto da una polarizzazione psichica rigida, immutabile tanto da trasformarsi in vero delirio. Nel 1976 Sabattini inizia le sue grandi esibizioni: getta escrementi e s’incatena davanti a pubblici edifici, in diverse città, porta in giro cartelloni offensivi, affigge manifesti, si dà al volantinaggio, pubblica notizie tendenziose, scrive: “i miei figli volevano addirittura portarmi all’estero per sottrarmi al manicomio” afferma. Sabattini sottolinea ancora quest’ultima frase. Scrive 3 punti interrogativi e accanto: ignobile falsità) “Poi ammette di essersi fatto visitare da un noto psichiatra di Reggio 59 Pagina 59 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Emilia, non certo per malattia mentale (afferma) bensì per rafforzare l’intelligenza e la memoria. “io mi facevo controllare dai medici per non fare errori madornali… dopo tutto quel che ho fatto io...” Descrive a tale proposito il suo studio indefesso delle leggi e del codice, le energie mentali spese per controbattere le innumerevoli imputazioni, per difendersi nel corso dei processi, per scrivere memoriali. In virtù della sua grande conoscenza della procedura è lui stesso che è in grado di combattere ”i trucchi usati dal pretore per far sparire la verità”, è lui che deve smascherare “il falso elevato a metodo”, è lui che deve intervenire presso i giudici perché “loro ignorano le procedure”, “fanno il contrario di quello che detta la procedura… è incredibile!”, “quando discutono con me a tu per tu bluffano e loro l’oltraggio lo provocano”. Richiesto se per caso non si accorga di avere idee fisse, Sabattini risponde: “se per idee fisse s’intende il libro bianco… Io valuto i fatti… io sono realista”. È appunto il libro bianco che in questo momento impegna le sue energie, occupa la sua mente, lo costringe a grosse spese. “I reati, le omissioni, gli abusi, da me denunciati con ampie documentazioni sono meglio illustrati nel libro bianco che invierò al presidente Pertini, al Consiglio Superiore della Magistratura e alle principali autorità e Istituzioni dello stato, malgrado l’elevato costo… 300 mila lire ogni copia” Sabattini si dilunga in una dissertazione sui fascicoli processuali che negli uffici giudiziari “non sono catalogati”, che giacciono nel disordine, e che pertanto sono difficilmente reperibili oppure che vengono dati per “dispersi”. “È un metodo per nascondere le verità che io denuncerò nel libro bianco” ad una precisa domanda Sabattini risponde con prontezza. “Io mi ritengo una persona normale, saranno gli altri a giudicare…” aggiunge “però se tutti fossero come me ci sarebbe lo stato di diritto” e richiesto se per caso non si accorga di essere un disturbatore, un attaccabrighe, il Periziando si fa attentissimo, molto controllato e risponde che difende l’ecologia dai quattro inquinatori più arroganti “uno per ogni colore politico” e richiesto quali altri valori egli difenda in ordine di importanza, elenca di seguito: ecologia, genuinità dei prodotti alimentari, condizioni igieniche delle case popolari di Modena, diritti civili, problema della giustizia. (“uno chiama l’altro”) situazione dell’ospedali psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia, situazione carceraria ecc…” Reggiani, Balloni, Ronco Colpevole! Da questa perizia Re Picos scaglia la sua sentenza: Pagina 60 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Il libro bianco riporta la sentenza per intero sebbene sia stata ridotta a due fogli per pagina, forse assecondando una pulsione inconscia che spinge Carlo a rimpicciolire un atto che cancella in un sol colpo anni di sacrosante battaglie che non sono state combattute per avere giustizia, ma per assecondare le pulsioni di una mente malata. È stata letta e riletta, maneggiata, sgualcita ed è tutto un fiorire di sottolineature, note sui bordi, punti esclamativi, interrogativi, croci e freccette, rimandi alle osservazioni che non si comprende perché siano state poi riportate altrove ed è lì che mi sposto consapevole che quella freddezza didascalica con la quale si apre il libro bianco è andata perduta per sempre. Riga dopo riga Carlo si oppone a quanto gli viene attribuito mostrando lo schema che ha sempre seguito e che può essere riassunto partendo proprio dalle sue stesse parole: “Il pretore indica nell’ordinanza che nei manifesti ci sono scritte cose nelle quali accuso… è quindi evidente che non è a conoscenza di queste accuse. Ma quali indagini e controlli ha fatto per verificare le mie accuse, che per legge (art.368 c.p.p.) aveva l’obbligo di verificare?” Ecco l’essenza stessa della strategia “Sabattiniana” che emerge nella sua disarmante semplicità. Il fine appare quindi così essenziale da giustificare i mezzi che si esplicano nei modi irruenti, tenaci, talvolta simili ad una prevaricazione che il “contestatore” di Nonantola ha sempre messo in atto. Infatti, quello di Carlo è stato un gioco simile al poker dove nessuno dei suoi avversari “giudici” ha mai voluto dire: “vedo!”. Nessuno cioè ha mai domandato di vedere le carte, le prove, gli esposti, le foto dei canali infetti. Tutti i magistrati, al contrario, gli hanno sempre risposto: “passo…”. Ma se il gioco non è leale per via delle stesse regole che si è dato, tanto che nessuno saprà mai se avevi in mano una “coppia” o “una scala reale”, neppure tu devi essere corretto e come tale ti devi sentire in diritto di stravolgere le regole e rilanciare in una sorta di “fuorigioco” secondo il quale “chi non vuol non vedere”, “giocare oltre le regole”, è un baro. O meglio un doppiogiochista pagato da qualcuno che pur non standosene seduto al tavolo verde è disposto a versare una posta più alta di quella che il suo “giocatore di fiducia” potrebbe vincere. L’avversario, il giocatore “cieco” – secondo Sabattini – è stato comprato per far finire la partita nel nulla. In tutta risposta il giocatore smascherato si arrabbia e dispone tutti i provvedimenti del caso per colpire l’ingiurioso delatore, ma Sabattini esulta perché spera sempre che arrivi al tavolo da gioco un nuovo sceriffo, un magistrato duro e puro, disposto a rimettere ordine nella partita a costo di dover andare fino in fondo. Sabattini sembra voler dire: se io accuso un magistrato di essersi girato da un’altra parte, bisogna quantomeno che l’autorità decida se i fatti che lui non ha voluto vedere si sono verificati oppu61 Pagina 61 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 re no. Sicché, “come nella caduta del domino, non esamineremo l’ultima tessera crollata, nemmeno la seconda, ma andremo a vedere la prima, ovverosia quella che ha originato il crollo di tutte le tessere allineate: l’inquinamento del fiume”. Soltanto dopo essere partiti dall’innesco, e aver verificato l’esistenza dello stesso, discuteremo di tutto quanto il resto, dei miei modi, dei cartelli e via dicendo. Lo stesso Sabattini ribadisce: “Se le mie denunce riceveranno la giusta attenzione e i cittadini ne saranno informati, non avrò difficoltà a procedere personalmente al distacco dei manifesti ed a pulire le colonne. Anzi prendo un impegno in questo senso, purché le autorità competenti ed in particolare il C.S.M e il Ministro della Giustizia dispongano le indagini necessarie e la mia audizione” Se dovessimo riassumere questa vicenda potremmo quindi dire che un uomo, al secolo Carlo Sabattini, è finito al manicomio criminale per via delle azioni che ha commesso per poter essere ascoltato dalla magistratura che pur tuttavia lo ha internato senza ascoltarlo. Nel memoriale si difende bene, come sempre, tuttavia saltano agli occhi alcuni punti dove si limita a riportare le frasi dell’ordinanza senza aggiungervi accanto null’altro. La mostra (l’ordinanza), così come se galleggiasse nel mare delle carte raccolte, zattera alla deriva di una crescente disperazione vissuta da un imputato senza speranza di assoluzione. Nessun lettore del libro bianco, giunto fino a questo punto della storia, potrà mai credere alla gravità delle affermazioni peritali e neanche alle conclusioni presenti nel dispositivo finale che saranno poi definite da importanti giuristi come “perfide”: “Alla malattia” – scrive Alejandro diventando persino psichiatra – “alla malattia paranoia secondo il Kraepelin si preferisce la definizione di delirio cronico, lucido, sistematizzato: esso rappresenta ‘l’insidioso sviluppo di un sistema delirante permanente ed incontrollabile, derivante da cause interne, esacerbate e accresciute da fatti occasionali ed eventi reali a carattere psicotraumantico’. Esso appare come l’evoluzione accentuata progressivamente di idee o temi prevalenti, caratterizzati da interpretazioni abnormi della realtà, con apparente logica o sistematica consequenzialità, intensa partecipazione affettiva ed andamento cronico ed uno dei contenuti più diffusi è quello persecutorio con tema di rivendicazione (delirio di querela). La cui finale evoluzione è spesso un quadro conclamato di schizofrenia paranoide”. E ancora: 62 Pagina 62 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 “…del resto, secondo un autore classico, ‘la paranoia è la malattia più insidiosa per l’indagine giudiziaria’ per la logica implacabile che nella manifestazione del delirio sistematico, il malato presenta. Si determina spesso, l’ingannevole apparenza di persona colta, il che puntualmente si è rinvenuto nel caso in esame, laddove l’imputato, nella molteplicità dei suoi esposti, non soltanto ha spesso denunziato i fenomeni dell’inquinamento, ma ha stigmatizzato finanche la violazione delle più sottili disposizioni di attuazione del C.P.P. come quelle regolamentari sull’indice dei fascicoli, a suo giudizio pretermessi dai cancellieri, per …far sparire le prove dei reati”. In questo passaggio si allude al fatto che Sabattini si era accorto che in molti processi non si procedeva contro gli inquinatori perché risultavano irreperibili parte dei documenti probanti (fotografie, verbali e perfino i suoi esposti). “Irreperibili” non significa che sono “andati perduti” - alle sparizioni seguono sempre le indagini del caso e talvolta sono messi in discussione gli uffici e il personale - ma significa che della prova, pur essendo presente in archivio, non se ne conosce la posizione. Un escamotage insomma che può essere messo in pratica evitando di redigere un indice dei fascicoli presenti nel procedimento. Per dovere di cronaca bisogna ricordare che l’aggiramento delle regole, non rappresenta sempre una violazione delle stesse. Durante tutti gli anni in cui ho vestito i panni del consigliere comunale mi sono scontrato spesso contro quelle che chiamo le “mezze reticenze”. Per esempio, se inoltri ufficiale richiesta per avere copia di un documento protocollato, (la legge afferma che ti deve essere consegnato), può capitare che ti rispondano che lo stanno cercando e ciò non significa necessariamente che non te lo vogliono dare, anzi stanno lavorando proprio per accontentare la tua richiesta! Insomma, i responsabili si trovano nell’indisponibilità momentanea di fornirtelo e questo non è certo un reato. Magari vanno avanti a scriverti per un certo numero di volte (…lo invieremo non appena la fotocopiatrice sarà di nuovo funzionante, …quando avremo un fax, …non appena i lavori in archivio saranno terminati) così che se uno non si fa un nodo al fazzoletto può capitare che si scordi di sollecitare un’altra volta ancora e l’effetto ottenuto è pressoché identico a quello di non averti consegnato il documento. Questo “trucco dell’indice fantasma” spinge Sabattini a compilare e inviare alla Magistratura, come suo solito, un ennesimo esposto che sarà utilizzato per dimostrare che la sua non è una “paranoia comune”, ma una “paranoia razionale”, fondata su basi scientifiche, 63 Pagina 63 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 quindi all’apparenza invisibile, ma per questo ancor più pericolosa. Scrive Alejandro Re Picos: “…va dunque affermato che, per tutta la durata di condotta considerata, l’imputato era privo totalmente di imputabilità, in conseguenza di vizio totale di mente consistente in vera e propria malattia mentale, classificabile come delirio sistemico di tipo persecutorio, in sintesi denominabile paranoia. Realizza invero una propria malattia mentale, tale da escludere l’imputabilità, quello stato totale e finale, frutto di progressivo deterioramento, per cui sia la capacità di ideazione responsabile, sia la capacità di autodeterminazione critica di fronte ai fatti esterni vengono irrimediabilmente compromessi dall’idea delirante dominante, di essere vittima di ingiustizie deliberate da parte delle autorità giudiziarie e amministrative. Tale malattia non soltanto determina l’imputato a ripetuti episodi di oltraggio, molestia, calunnia, ma altresì all’opera di danneggiamento aggravato, finalizzata a rendere intoccabili i mezzi di estrinsecazione del suo delirio (manifesti affissi in pubblico)”. e ancora: “Il collegio peritale enuncia altresì, rispondendo al quesito proposto e sulla base delle prove raccolte: ‘l’imputato è attualmente persona socialmente pericolosa’…”. e ancora: “ma v’è di più: da tempo il Sabattini proclama che “bande di picchiatori si aggirano per Modena per colpirlo”, che ignoti gli hanno tagliato i condotti dei freni della vettura” (ndr non era una vettura, ma il camion. Poco importa dato il tenore del documento) – “per assassinarlo… e così via. Poiché il paranoico è spesso dominato dall’idea morbosa di essere osteggiato, perseguitato, minacciato nella propria incolumità, può giungere, per rivendicare i propri diritti o per difendersi, a commettere delitti ed a compiere violenze, ferimenti ed anche omicidi, essendo la sua volontà dominata dall’idea delirante”. 64 Pagina 64 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 e ancora: “Il giudizio prognostico poggia sull’accertamento di un’infermità psichica che, così come si è manifestata, può dar luogo a reiterazione di condotte criminose… la misura di sicurezza del ricovero obbligatorio costituisce la risposta alla pericolosità del soggetto…l’attualità del pericolo di recidiva. …incontestabile esigenza di tutela collettiva e dello stesso imputato dalle conseguenze dei suoi comportamenti antigiuridici”. Intanto i giornali continuano a seguire il processo da lontano e lo fanno in maniera didascalica, senza preoccuparsi troppo di quello che potrebbe succedere da lì a breve al povero imputato. Probabilmente molti giornalisti sono convinti che finirà tutto in una bolla di sapone, in fondo chi è colpito dalle accuse si sa difendere bene e non sarebbe la prima volta che la “fa franca”: “Come ricordiamo più ampiamente in pagina nazionale, l’inchiesta penale sfociata nel ricovero di Sabattini per l’affissione risale ad alcuni mesi fa, quando l’ecologo nonantolano affisse manifestini contro la magistratura sulle colonnine del portico del Collegio e sulla facciata della chiesa di San Vincenzo. Secondo l’accusa la colla usata da Sabattini per l’affissione avrebbe danneggiato il patrimonio artistico cittadino. Chiamata una prima volta l’udienza, il Pretore ordinò il rinvio del dibattimento per procedere alla perizia psichiatrica sull’imputato. Ora ne ha disposto il ricovero, che risulterebbe però di carattere provvisorio in attesa che il processo per danneggiamento venga terminato”. il Resto del Carlino, Edizione di Modena, del 12 aprile 1985 Fortuna vuole che qualche giorno prima che sia spiccato il mandato di cattura (ndr Alejandro lo emetterà il 9/4/1985 senza tener conto che così facendo chiude in manicomio quello che potrebbe diventare un rappresentante del popolo, con tutti i conflitti che ne potrebbero derivare), i membri del nascente partito verde, quasi tutti provenienti dalle file del Partito Radicale con il quale Sabattini aveva sempre intrattenuto buoni rapporti (tolte alcune episodiche dissociazioni dalle sue azioni) gli chiedono di fare il capolista dei verdi alle elezioni comunali che si terranno a breve nel Comune di Modena. Ma ciò non impedisce a Re Picos di tirare dritto per la sua strada. 65 Pagina 65 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 P. Q. M. Visti gli artt.378 C.P.P e 222 C.P.; dichiara non doversi procedere a carico di Sabattini Carlo in ordine a tutti i reati e violazioni ascritte in rubrica trattandosi di persona non imputabile, al momento del fatto ed attualmente, per vizio totale di mente da infermità psichica. ordina il ricovero dell’imputato in ospedale psichiatrico giudiziario per un tempo non inferiore ai due anni, nell’istituto da designarsi in via definitiva da parte del competente ministero e, per l’effetto, conferma l’ordinanza 9.4.1985 di applicazione provvisoria della misura di sicurezza, la cui esecuzione ebbe inizio in pari data. Modena, 29 maggio 1985 Due agenti in borghese, alle 18,30 del 9 aprile, raggiungono Carlo Sabattini mentre lavora nei campi e lo traducono a forza nel manicomio criminale di Castiglione delle Stiviere (Corriere della Sera del 17/4/1985). Spogliato di tutti i diritti civili subisce l’iter al quale sono sottoposti i criminali comuni dichiarati infermi di mente. Gli sono tolti gli oggetti personali, negato l’uso della cintura e dei laccetti delle scarpe, sequestrati i notes e la matita. Indossa l’abito previsto dal regolamento. Nonostante tutto dà prova della sua grandezza quando racconta quei giorni nel libro bianco. Non ci ricama sopra limitandosi ad affermare che in manicomio “…ti uccidono giorno per giorno con un’azione subdola e continua”. Accenna al fatto che non gli è stato permesso di dormire, di scrivere, di leggere o di andare in biblioteca. La cella è piccola. Questo è tutto. Non si spinge oltre. Immagina che il lettore si renda perfettamente conto di quello che ha passato e non vuole crogiolarsi nella sventura. Diventa chiaro agli occhi di tutti che questa volta l’ecologo dovrà pagare un prezzo altissimo per le proteste e l’odore della cospirazione incomincia a diffondersi nell’aria, un odore marcescente, rivoltante, al quale alcuni illustri rappresentanti del mondo della psichiatria decidono di rispondere: “…un attacco durissimo ai tre psichiatri, che su richiesta del Pretore, 66 Pagina 66 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 hanno eseguito la perizia sullo stato di mente dell’ecologo Carlo Sabattini. A muoverlo sono stati Giorgio Antonucci e Vito Totire anche loro psichiatri che, insieme a De Plato, sono stati nominati periti di parte del collegio di difesa di Sabattini… Ben presto la conferenza si è trasformata in un atto di accusa nei confronti della stessa scienza psichiatrica, secondo la migliore tradizione basagliana. “La psichiatria non è una scienza” è arrivato a dire il Dott. Antonucci. “È solo uno strumento nelle mani del potere per normalizzare il dissenso”. E ha chiamato in causa personaggi illustri come Beethoven per dimostrare che le perizie di infermità mentale hanno sempre colpito gli uomini scomodi o comunque critici nei confronti dell’autorità. Antonucci e Totire non hanno escluso un intervento presso l’ordine dei medici contro i periti d’ufficio”. Tratto da La Gazzetta, cronaca di Modena del 4 maggio 1985 Molti liberi pensatori, gli stessi militanti Verdi, alcuni cittadini riuniti in comitati e altrettanti politici, sconvolti dalla gravità dell’episodio, alzano la voce per difendere l’ecologista recluso. Il capogruppo del Psi al Senato Fabio Fabbri dichiara di aver sollevato formalmente il caso chiedendo l’apertura di un’inchiesta (n.d.r che non sarà mai avviata). Sulla Gazzetta di Modena Enzo Tortora dichiara che “Sabattini non è nato schiavo”, mentre il Presidente Pertini, che ha ricevuto una petizione promossa dai Verdi che conta oltre 1000 firme, telefona ai magistrati modenesi. Tra l’altro tra tutte queste firme c’è anche quella – udite, udite – del Sindaco Del Montes, proprio lui, quello che aveva innescato il procedimento contro l’agricoltore nonantolano per danneggiamento di monumenti storici scrivendo personalmente alla Procura. La sua ipocrisia non ha limite e questo la dice lunga sulla faccia di bronzo di certi politici. L’Onorevole Negri del Partito Radicale afferma: Sabattini deve essere liberato e subito. Modena non è Leningrado anche se a qualche giudice, espressione di un certo potere, farebbe piacere. Mauro Mellini, altro deputato Radicale, rincara la dose:”Modena come Mosca!”. Marco Pannella in persona deposita un’interpellanza parlamentare. I detrattori del PCI approfittano della situazione per andare giù durissimi. Andrea Borri, Capogruppo in Commissione Vigilanza della Rai ringhia: “da noi il controllo sociale è fortissimo, chi dà fastidio deve essere eliminato”. Dal canto loro i comunisti controbattono tiepidamente e girano intorno alla vera questione: “la segretaria provinciale, Alfonsina Rinaldi, risponde al telefono 67 Pagina 67 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 dicendo innanzitutto: il magistrato ha applicato la legge. Io penso che ora molti scopriranno la necessità di applicare in tutti i casi la legge 180, in modo che Sabattini venga affidato alle cure nella zona. Non condivido né gli obiettivi, né il metodo di lotta di Sabattini, tuttavia sono dispiaciuta come cittadino di un simile provvedimento che l’applicazione della 180 avrebbe evitato”. Persino chi non vede di buon occhio l’eccentrico ecologista, in nome del volterriano ‘non condivido le tue idee, ma sono disposto a dare la vita perché tu le possa esprimere’ si schiera dalla sua parte, in primis Giorgio Giusti, che sul Giornale di Modena così descrive Sabattini e il provvedimento che lo ha investito. “Pur essendo un guascone genuino, l’uomo non ha gli strumenti culturali per diventare un Pannella di provincia. È ignorante ed arruffone (per questo ci attendiamo che ci quereli) e persino presuntuoso, quando ha la pretesa di interpretare codici e leggi meglio degli avvocati e dei magistrati. Non è nostra intenzione fare di lui un eroe e tanto meno avremmo voluto affibbiargli l’aureola di martire. Ma è la situazione che lo rende tale. Per questo gli dedichiamo una mezza pagina”. In apertura aveva premesso che: “la decisione di rinchiudere Sabattini in un manicomio criminale… non ci convince affatto, anzi ci indigna. …conosciamo Sabattini da otto anni e non ci eravamo mai accorti che fosse pericoloso se non per se stesso”. Gerardo Bianco - che è stato Capogruppo Democristiano alla Camera – trae spunto dalla vicenda per allargare il ragionamento: “la cosa che più mi impressiona in questo caso è il potere che i magistrati hanno nel nostro paese. Ma come è possibile che non debbano mai rispondere del proprio operato! Occorre approvare una legge in questo senso e il caso Sabattini ne ripropone l’urgenza”. Quest’ultima dichiarazione risulta profetica se si pensa che Silvio Berlusconi con le sue noiose litanie sulle “toghe rosse” non si era ancora affacciato sulla scena politica. Pur tuttavia, questo episodio dimostra quanto “il caso Sabattini” sia ancora di grande attualità e come già allora, nei lontani anni ottanta, ci si sia ritrovati a dover fare i conti con un conflitto insorto tra istituzioni dello Stato, delineando un problema che ancora oggi non è stato risolto e nemmeno affrontato. Gli eletti dal popolo sono per questo lasciati a marcire in un limbo di grigie tutele discrezionali che il più delle volte servono solo a mantenere la fedina pulita a quei politici che non hanno mai combattuto una sola battaglia politica. È quindi vero che taluni Onorevoli, in tutti questi anni, hanno usato la propria posizione per sottrarsi alla giustizia, ma è altrettanto vero che non bisogna mai dimenticare 68 Pagina 68 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 che l’immunità parlamentare, in qualsiasi forma essa si presenti, è pur sempre uno strumento volto a proteggere le “decisioni del popolo” e di tutti i “figli legittimi di queste decisioni”. È naturale che colui che si trova a dover combattere un sistema organizzato, che pone in campo le più bieche strategie pur di annientare il proprio nemico, debba essere protetto in tutti i modi per le azioni pacifiche che compie e le idee che diffonde. Più avanti si toccherà con mano come il conflitto in essere tra le due decisioni, quella del Pretore che ha internato Sabattini e quella del Popolo che lo vuole fuori dal manicomio e dentro al consiglio comunale, esploderà fragorosamente dimostrando ancora una volta che “il popolo è”- e non può essere altro che - “sovrano” in merito al destino di chi lo deve governare. Se talvolta può sembrare che le sue decisioni siano sbagliate, si tratta pur sempre delle sue decisioni e a dirlo è proprio colui che si è dichiarato davanti a questa Giuria un nemico del popolo e cioè un individuo che si dice convinto che il popolo cada spesso, troppo spesso e volentieri, in errore. Ma non ritenendo che ci possa essere nessuno, comitato politico, partito o direttore di giornale, magistrato o politico che sia, che possa mettere le sue decisioni al di sopra della stessa “volontà popolare” ritengo che non vi sia soluzione diversa da quella di difendere, a spada tratta e con tutti i mezzi consentiti, le scelte dei cittadini. Semmai si deve solo trovare il modo e la maniera affinché “mezzi uomini” e “mediocri caporali di partito” non distorcano le decisioni del popolo per rubare denaro pubblico o per manipolare i sistemi elettivi piegandoli al proprio disegno così da organizzare il voto per eleggere chi si riempie le proprie tasche, nonché quelle dei suoi amici, e non invece chi si batte per avere un paese migliore. Ma fate sempre molta attenzione a tutti coloro che pur essendo d’accordo con me - Dio non voglia, quasi tutti i politici dicono di esserlo - vi rifilano comitive di politici stivati come sardine dentro ai “pullman dei partiti” quali sono le patetiche “liste bloccate” in uso nella maggior parte dei sistemi elettorali. Il successo di Carlo alle elezioni è dirompente. Malgrado l’alto numero di preferenze ottenute la stampa continua a non considerarlo un attivista politico le cui azioni hanno riscosso il consenso necessario ad essere eletto, ma un “fenomeno da baraccone”. C’è la “donna barbuta”, ci sono le “gemelle siamesi” e, infine, c’è anche il “verde matto” recluso tra due virgolette che sono usate come le sbarre di una gabbia: Il “verde matto” di Modena è stato eletto in consiglio comunale. Carlo Sabattini, 47 anni, severo e indefesso predicatore contro i vizi dell’ inquinamento e i peccati contro la natura e gli animali, ha ottenuto 69 Pagina 69 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 oltre 900 preferenze (il secondo in lista ne ha avute meno di 50). Domenico del Prete su Repubblica del 15 maggio 1985 Sabattini risulta formalmente eletto, ma ciò non significa che potrà varcare le porte del palazzo comunale per sedersi sul seggio che gli spetta di diritto. Sabattini eletto, dal manicomio al Consiglio Comunale di Modena Dal manicomio giudiziario al Consiglio Comunale. Carlo Sabattini, l’ecologo di Nonantola, che un mese fa è stato ricoverato per ordine della Magistratura all’ospedale psichiatrico di Castiglione delle Stiviere è stato eletto per le liste verdi al Comune di Modena… ora però si prospetta una complicata e singolare vicenda giuridico amministrativa. Potrà infatti Carlo Sabattini ricoprire materialmente quel seggio che gli elettori modenesi gli hanno assegnato? È difficile al momento dare una risposta… il nuovo Consiglio Comunale dovrà convalidare la sua nomina”. (Dal Resto del Carlino del 15 maggio 1985) Come in un film western i due poteri dello stato si trovano uno di fronte all’altro e sono all’O.K. Corral del conflitto istituzionale. Tengono le mani aperte a poca distanza dal calcio delle pistole infilate nelle fondine. Le dita vibrano nell’aria, gli avversari si studiano mentre gli spettatori si domandano chi resterà in piedi e chi cadrà a terra morto. Vincerà il duello Billy Re Picos kid o Pat - volere del popolo - Garret? Ed ecco allora che mi viene da pensare che se a quei tempi fosse esistita una legge che impediva a chi aveva riportato una condanna penale di entrare negli emicicli parlamentari, così come oggi si richiede a gran voce da più parti, il tenace, giusto, eroico Carlo Sabattini, non avrebbe mai varcato le porte del Consiglio Comunale di Modena. Ed è veramente sconvolgente notare come le norme poste a tutela degli eletti siano così tanto avversate da far dimenticare che alcuni grandi personaggi della storia dell’umanità, (personalmente penso a Henry David Thoreau, ma gli esempi si sprecano), sono stati incarcerati e si sono visti di conseguenza “sporcare” le proprie fedine penali, non per aver rubato, ma per essere rimasti fedeli alle idee nelle quali credevano e per aver migliorato, così facendo, la storia dell’umanità. Il conflitto che sembra insanabile continua alimentando un acceso dibattito che spazia dai temi per così dire “alti” come la libertà d’espres70 Pagina 70 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 sione, o il diritto di protesta, sino alle questioni meramente tecniche. C’è chi parla persino di risolvere la situazione facendo partecipare Sabattini al Consiglio Comunale attraverso una diretta telefonica dal manicomio. Il Comune di Modena valuta la percorribilità di questa ipotesi chiedendo il parere di illustri avvocati amministrativisti. La situazione è paradossale. Tanto paradossale che sarà la magistratura stessa a trovare una via d’uscita, cavillosa, ma pur sempre in grado di salvare capra e cavoli. Ai primi di luglio la sentenza del giudice Carlo Ugolini, smentisce una sola parola di tutto il procedimento che ha comportato l’internamento in manicomio criminale. Il danno alla tenda provocato dallo sconsiderato uso di un pennarello non si doveva prefigurare come un “danneggiamento aggravato”, ma come un “danneggiamento semplice”. (Resto del Carlino del 10 luglio 1985). Per il resto tutto rimane uguale a prima tanto che i giornali spiegano così quella che potrebbe apparire come un’evidente “marcia indietro”: Il “pericolo pubblico” ieri è stato fatto uscire dal manicomio di Castiglione. Per il giudice è sempre matto, sempre pericoloso, ma con attenuanti (ibidem) Grazie alla soppressione di un parola che viene sostituita da un’altra, Carlo è libero. Libero di potersene tornare a casa! Libero di protestare! Libero di difendere le sue campagne, non più da un angolo di una strada, ma dal podio di un eletto! Per quanto sia, il primo a non essere contento è proprio Carlo che si presenta ad una conferenza dei Verdi per dire che è stata convocata senza averlo informato per tempo. I verdi lo hanno indubbiamente aiutato, se non fosse stato per loro, vuoi anche solo per averlo candidato, sarebbe ancora dentro. Ma il malumore di Carlo covava da tempo. Bisogna fare, giunti a questo punto, alcune considerazioni. Carlo Sabattini ha combattuto fino allo sfinimento e il suo “ruolino di marcia” non lascia margine a dubbi: 90 interventi della Polizia, 114 esposti, 40 procedure giudiziarie avviate grazie alle sue denunce, 3 condanne per oltraggio, 12 procedimenti in Cassazione, 23 al tribunale di Firenze (sono scambi di denunce con magistrati modenesi), 250 contravvenzioni elevate a suo carico per affissioni abusive e occupazione di suolo pubblico non autorizzata ed è stato picchiato in pubblico per ben 4 volte. A questo già pesante bagaglio si aggiunge un numero indefinibile, un migliaio almeno, di quelle che senza ombra di dubbio possono essere considerate delle legittime “iniziative politiche”, campagne di affissioni, scioperi della fame. Ha subito un sabotaggio, vandalismi, lesioni alle proprietà, pignoramenti, boicottaggi, diffamazioni a mezzo stampa, incarcerazioni e un internamento prolungato in manicomio criminale. In tutta onestà non si può sostenere che Carlo Sabattini non sia il “numero uno” in fatto di attivismo civile e politico 71 Pagina 71 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 svolto in difesa dell’ambiente. Per questo, quando i Verdi vanno da lui la prima volta, chiede di essere candidato non solo al Comune, ma anche alla Regione. Sabattini è consapevole che l’istituzione regionale è l’unica che ti può mettere a disposizione un numero di risorse tali da investirti di una sorta d’invincibilità così che chi, come lui, vuole combattere una battaglia tanto epocale quanto sgradita ai “poteri forti” possa farlo senza correre rischi. Una volta eletto potrà finalmente pagarsi la stampa del suo libro bianco, promuovere indagini e perfino comprare gli spazi sui giornali dove saranno pubblicate le segnalazioni di questo o quell’altro reato ambientale. Per dovere di cronaca bisogna ricordare che gli emolumenti del Consigliere comunale erano pari a zero e non come ora il cui ammontare varia da comune a comune, ma senza superare mai i 1.500 euro e cioè lo stipendio di un operaio specializzato. Sabattini vuole cambiare il mondo, ma lo vuole cambiare da solo e questo i verdi l’hanno capito e hanno capito anche che se quell’uomo ha finito per diffidare della natura stessa delle associazioni umane, figurarsi cosa potrà mai pensare dei partiti politici definiti nelle campagne di affissioni dei “covi di potere a delinquere”. Ritiene che siano ormai troppi gli accordi segreti stretti sulla pelle dei cittadini e troppi i giochi incomprensibili dei politici. Trame invisibili che nulla hanno a che vedere con la giustizia sono tessute nelle segrete stanze delle segreterie. Questo crede senza farne mistero con nessuno. Il patto che propone Sabattini ai Verdi è lineare: voi vi prendete la mia popolarità e in cambio mi concedete l’invincibilità. Col cavolo che i verdi avrebbero potuto starci! Non ho mai sentito che qualcuno sia riuscito a fare un accordo dove il partito diventa il contraente che ci guadagna meno. Anzi, impari il lettore questa regola: chi vi chiede di stringere un patto dove da una parte c’è la vostra popolarità, o il talento, o la storia passata di una persona e dall’altra un mancato guadagno per il partito, nove volte su dieci vuole fregarvi e chiedetelo pure a tutti quelli, e sono tanti, che si comprano il loro posto in parlamento firmando un assegno. Va bene – gli dicono i Verdi - ti candidiamo in entrambe le liste, quella di Modena per il Comune e quella di Bologna per il Consiglio Regionale. Siamo d’accordo anche che ti stampiamo il libro bianco e ti procuriamo tre avvocati in grado di difenderti. Anzi per diffondere il libro bianco stanziamo addirittura cento milioni. Nessuna delle promesse, ovviamente, sarà mantenuta compresa quella che avrebbe cambiato la storia dell’ambientalismo in Italia: l’elezione di Carlo Sabattini al Consiglio Regionale. Di questo mi dico convinto perché l’entrata di Sabattini in un’istituzione dove sono prese le decisioni veramen72 Pagina 72 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 te importanti e dove ancora sono istruiti tutti quei procedimenti d’inchiesta che consentono di conoscere la verità fino in fondo, l’avrebbe fatto crescere e insieme a lui sarebbe maturato il partito dei verdi. Sabattini era senza ombra di dubbio un genio, solo e disperato, ma pur sempre un genio la cui avversione per le aggregazioni umane si sarebbe certamente affievolita di fronte al riconoscimento ufficiale del suo valore. Infatti, l’unico tratto che è mancato a questo barricadiero ecologista, che gli avrebbe permesso di entrare in pompa magna dentro ai libri di storia senza dover essere per forza riscoperto da un ecologista (rapinatore di banche, dedito all’ozio e ai vizi, attore mancato e disegnatore di merda, gran maestro di tic tac) è stata l’empatia. Se Sabattini fosse vissuto a lungo avrebbe certamente perso quell’ostinazione cieca che nasce quando la passione si trasforma in un’ossessione. Raffreddandosi, come l’acciaio che si tempra nelle tranquille acque del consiglio regionale, avrebbe incominciato ad indagare in profondità gli uomini facendo di molti scettici dei fedeli alleati, così da non sentirsi più solo contro il resto del mondo. Sarebbe diventato calmo e riflessivo, in una parola: implacabile. Se così fosse stato, se Sabattini fosse vissuto e col tempo fosse cresciuto nella sua stessa leggenda, noi tutti avremmo avuto un partito verde di ben altre dimensioni. Ma con i “se” e con i “ma” non si scrive la storia e i Verdi elessero altri, e non Carlo Sabattini, in Consiglio Regonale. Sabattini nel libro bianco dedica un intero capitolo - intitolato “storia di una strumentalizzazione” - alla mancata elezione in consiglio regionale e scrive: “Ed il giochetto è servito a favorire altri candidati che, pur avendo ottenuto circa un terzo in meno delle mie preferenze sono stati eletti” ed è interessante notare che anche Giorgio Celli, molti anni più tardi, quando verrà eletto al Parlamento Europeo nel 1999, denuncerà un altro “giochetto” consumato alle sue spalle dagli stessi verdi. Ma di questo parlerò in maniera approfondita più avanti. Sabattini ne fa poi una questione politica affermando che le numerose omissioni dei verdi (che descrive una ad una e che sarebbe troppo lungo riportare per esteso) “erano in contrasto con i principi dei Verdi che si erano impegnati a dare pubblicità a tutto ciò che non funziona nelle varie amministrazioni pubbliche”. Non immaginava certo che i Verdi sarebbero diventati una colonna portante di quel cartello elettorale passato alla storia con il nome di Ulivo che ha permesso a molte delle allora amministrazioni pubbliche di essere riconfermate all’esercizio del potere molti anni dopo questa storia. Non lo immaginava e non avrebbe neppure potuto crederci perché il movimento verde, secondo lui, sarebbe dovuto essere una formazione politica trasversale e per questo disponibile ad allearsi con tutti, se non anche col Diavolo, 73 Pagina 73 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 pur di ottenere una rigorosa difesa ambientale. I verdi come un partito sentinella, custode del buon giornalismo perché chi non ha niente da nascondere non teme le inchieste, compagni di lotta e solo qualche volta - quando gli alleati non proteggono gli stessi inquinatori - di Governo. Un partito che rinnega le ideologie passate, le aristocrazie, i salotti, per sposare le verità scientifiche e le leggi. Un movimento duro e disinteressato che abolisca le sezioni ed elegga la strada a luogo di sperimentazione. In gruppo o da soli, ma sempre in campo con catene, megafoni e cartelli. Un partito civico - ecologista alla Beppe Grillo (che non si accorda con nessuno), giustizialista alla Marco Travaglio, (ma un Travaglio inedito che per una volta si dimentica di Berlusconi per salire sul gommone di Green Peace che naviga il fiume Po per dare la caccia ai dragatori abusivi di sabbia) e movimentista, non autoreferenziale alla Casarini, semmai variegato quanto i manifestanti che si sono ritrovati a Genova nel 2001, dagli scout ad Amnesty International. Per questi motivi Carlo Sabattini nel giorno in cui sarebbe dovuto andare a festeggiare con i suoi compagni, se ne va dalla conferenza stampa dei verdi sbattendo la porta. Anzi, scende in strada e con alcuni giornalisti che l’hanno seguito improvvisa una conferenza stampa tutta sua. Come per dire che lui non ha tempo da perdere e neanche voglia di stare dietro alle beghe dei partiti, siano questi i Verdi o chi per loro. Ha di meglio da fare e rilancia denunciando l’urbanizzazione della zona circostante la sede del Sesto Campale. Dice di possedere dei documenti scottanti che si è procurato prima di essere recluso e con grinta dichiara: “da qui ricomincia la mia battaglia!” (RdC 10/7/1985) È il Sabattini di sempre. La prigionia non è riuscito a fiaccarlo. Avanti a forza nove! Avanti tutta, anche senza i Verdi. Infatti da lì a poco il divorzio sarà inevitabile. I verdi: “caro Sabattini sei proprio una sciagura!”. Ecologisti e consigliere ai ferri corti. Tratto dal Resto del Carlino del 28/9/1985 Sabattini torna ecologo. Verde non è più il suo colore. Dopo le polemiche Vinceti e i suoi prendono le distanze. Dialogo impossibile, richieste insensate ed eccessivo individualismo. Tratto dalla Gazzetta di Modena del 28/9/85 I verdi: “Carlo Sabattini non ci rappresenta più”. Ha rifiutato di attuare il nostro programma. Ha rifiutato la rotazione 74 Pagina 74 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 in Consiglio Comunale. Ha rifiutato il rapporto con la “lista verde”. Si è chiuso in un individualismo esasperato. (ibidem) La prima frase che pronuncia non appena mette piede in consiglio comunale è: “grazie tante, ma niente sconti!”. Nel discorso di apertura è ancora più duro, ma nessuno dei presenti se ne duole perché gli hanno dato un microfono che gracchia. Solo Fiori, del PSI, gli fa notare che sono finiti entrambi dentro al “tempio degli ipocriti”. Ma i giornalisti non l’hanno ancora perdonato e continuano a ironizzare tratteggiando scenette sul genere del ragazzo selvaggio che viene forzatamente educato dal dott. Jean Itard nel film di Truffaut. Un “verde” a lezione di galateo. Ha partecipato alla riunione dei capigruppo per imparare “le regole di comportamento”. Tratto da La Gazzetta del 12 luglio 1985 e scritto da Stefano Lusardi. Da che mondo è mondo, le lezioni di comportamento non sono mai state impartite in sede di “conferenza dei presidenti” o così detta “capigruppo” che collabora semmai all’organizzazione dei lavori consiliari. Per questo ogni Consigliere deve conoscere in anticipo ogni regolamento se vuol confutare o approvare l’ordine di svolgimento del Consiglio Comunale. Ma ciò è del tutto ininfluente dal momento che il giornalista nello stesso articolo dirà che “Sabattini parla con un microfono maledetto che… distorce e rende ancor più confuso il suo discorso” – questo – “Perché lui non è un parlatore, non è un uomo di cultura, non ha dialettica”. E scriverà ancora che è “farraginoso e incoerente”. Inutile ricordare che i quotidiani dell’epoca erano spesso finanziati attraverso le inserzioni pubblicitarie acquistate degli stessi industriali che investivano in molte delle attività combattute dall’ecologo. Il dileggio è continuo. Sabattini stia calmo! Bagarre in Consiglio Comunale. Si era “scaldato” per la macchia oleosa del 25 gennaio. Intervenuti i questori. Tratto da La Gazzetta del 9 ottobre 1985 Nessuno mi può sopportare “Carlo Sabattini prima divorzia coi verdi che lo hanno eletto consigliere. Ora paralizza il Consiglio: fa perdere sedute e sedute ed è in lite con 75 Pagina 75 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 tutti. Carlo Sabattini non è una sciagura soltanto per i compagni di partito che lo hanno fatto eleggere, e che adesso lo hanno già ripudiato (dicono: è insopportabile, fa tutto da solo, litiga con tutti). Stanno perdendo la pazienza anche i suoi colleghi consiglieri, l’ultima seduta del Consiglio è stata un vero florilegio d’invettive, dopo il solito litigio su una questione d’inquinamento di cui si è riparlato. Il Comune come è noto ha denunciato i titolari di una ditta che l’inverno scorso avrebbe riversato nel Naviglio quintali di olio combustibile, e si è costituito parte civile”. Dal Resto del Carlino del 9 ottobre 1985 Si noti il titolo: nessuno mi può sopportare. Non è virgolettato e quindi non si tratta di una frase pronunciata dallo stesso Sabattini, ma scritta così si lascia supporre che lo sia. Bisogna poi ricordare che si era diffusa la moda di canzonare Sabattini canticchiando per le strade il motivetto di Caterina Caselli opportunamente riadattato: “nessuno mi può sopportare nemmeno tu. La verità mi fa male, lo so…”. Storie di ordinaria provincia, ma torniamo all’articolo. L’elemento centrale del dibattito viene etichettato come “il solito litigio” su una non ben definita “questione d’inquinamento” che poi tanto indefinita non è se è vero che il comune ha speso oltre 100 milioni per recuperare il combustibile. Sicché il lavoro del giornalista non consiste nel capire se effettivamente il Comune - come sostiene Sabattini - non usa tutti gli strumenti di cui dispone per perseguire i colpevoli o se i tecnici dell’Amiu hanno agito con competenza o ancora, se l’assessore ha occultato le prove che confermano l’avvenuta “fuga di olio dagli impianti Amiu di via Caruso” (ibidem), ma si trasforma nella cronistoria di un “insopportabile” consigliere comunale che “interviene a tutti i dibattiti che si svolgono in città” e si “aggira impassibile nelle ore del mattino davanti agli uffici comunali brandendo fascicoli” e che “di tanto in tanto chiede qualche chilo di documenti che si affrettano a dargliene quintali” (ibidem). Tutti questi elementi, indicatori di una encomiabile dedizione al lavoro di consigliere, sono ridicolizzati e presi a pretesto per dimostrare la crescente insofferenza nata intorno al “fastidioso” protagonista di questa storia. Ed è certo che i colleghi Consiglieri non lo sopportano quel rompiscatole di un “Don Chisciotte” senza macchia e senza paura. È così testardo da negarsi - e negare ai compagni - i benefit che derivano dall’appartenenza a quella che oggi chiamano “casta”. Non a caso, nell’agosto del 1985, due mesi prima dell’articolo che denuncia il “diffuso malessere”, Sabattini aveva sdegnosamente restituito la tessera concessa dall’Amministrazione per entrare gratuitamente alla piscina comunale: “Se 76 Pagina 76 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 voglio entrare in piscina pago come tutti gli altri” - aveva abbaiato – “Cosa sono questi privilegi? Quante di queste tessere gratuite sono rilasciate? A chi? Fuori i nomi! Quanto costa questa generosità alle tasche dei cittadini?” Si tratta indubbiamente di una persona insopportabile, soprattutto per chi vuole entrare in piscina gratis. Ma c’è una cosa, una cosa soltanto, che più di ogni altra, rattrista Carlo Sabattini ed è l’essere bollato come pazzo pericoloso. D’altronde, chi lo ha rinchiuso dentro a quella definizione è consapevole che non c’è prigione migliore di quella landa grigia che fonda la sua esistenza sul dubbio. Così che tutti si devono chiedere: Carlo è veramente pazzo? O, al contrario, è vero tutto quello che afferma e cioè che nessuno persegue i crimini commessi in nome di un’economia in ascesa? Meglio, molto meglio, far prevalere la riposta alla prima domanda così che nessuno possa vedere in quel contadino ignorante un Guevara della bassa. Che il boia risponda alla prima domanda con la scure delle decisioni definitive e che Carlo Sabattini, agricoltore di Nonatola, che visse e combatté per difendere i campi e i fossi dalla brama di denaro dei suoi simili, sia consegnato all’eternità della storia come “demente” e lì abbandonato per sempre. Malgrado Sabattini non sia un soggetto pericoloso che deve essere internato in manicomio è comunque folle. A quei tempi si mise in atto una strategia che ultimamente va molto di moda: ti dichiarano colpevole, ma il reato è prescritto. Come dire che sei libero, non marcirai in galera, ma chiunque incontri per la strada ti può dare del ladro, del mafioso o del pazzo senza doverti pagare i danni. Un esilio dalla rispettabilità. La Cassazione ha deciso: il consigliere verde è pazzo. Carlo Sabattini, l’ ecologo contestatore di Nonantola, è sano di mente. No, è completamente pazzo. La figura dell’ estroso consigliere comunale, internato per tre mesi in manicomio giudiziario, è destinata a diventare un caso nazionale. In un curioso balletto di perizie lo si definisce un giorno sano di mente e il giorno dopo pazzo. Solo l’ altro ieri Sabattini aveva annunciato che la corte d’ appello di Firenze (dove ha in corso alcuni procedimenti penali per oltraggio e calunnia nei confronti di magistrati modenesi) lo aveva dichiarato sano di mente... Ieri però, all’ ufficio istruzione del tribunale è arrivata una sentenza della corte di cassazione che conferma la totale infermità di mente di Sabattini. Chi ha ragione? Difficile stabilirlo, anche se la sentenza della suprema corte è inappellabile e tra l’ altro c’è ora la possibilità che Carlo Sabattini venga dichiarato decaduto dall’ incarico di consigliere comu77 Pagina 77 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 nale. Questo comporterebbe un’ altra conseguenza: l’annullamento di tutte le delibere votate dall’ ecologo in consiglio. Sono solo due o tre, dicono in municipio a Modena, ma intanto della questione hanno investito l’ ufficio legale. Forse sarà necessario disporre una superperizia che stabilisca una volta per tutte lo stato psichico di un personaggio destinato a far discutere ancora”. Da Repubblica del 19 novembre 1986 Carta che taglia e inchiostro che brucia! Sabattini è affranto, disperato, deluso. Come potrebbe non esserlo di fronte alla notizia di una tale durezza. Ma poi si riprende: pazienza! Si dice. La battaglia continua! Questo è l’unico fatto che conta. I cattivi compagni Ricordate cosa scrisse il pretore per dimostrare la pazzia di Sabattini? Chiamò in causa le “manie di persecuzione” che lo dominavano, in particolare scrisse: “…ma v’è di più: da tempo il Sabattini proclama che “bande di picchiatori si aggirano per Modena per colpirlo”. Diede così per scontato che non c’era nessuna squadra investita del compito di andare a caccia di ecologisti. È la sera del 9 settembre del 1988 quando Carlo Sabattini si aggira per gli stand della Festa dell’Unità dove è stato invitato ufficialmente. Il titolo di quella edizione che campeggia in ogni striscione è il rosso nel verde ed è stato scelto per alludere al fatto che la kermesse si tiene in un rigoglioso parco alle porte di Modena. Ma riletto a distanza di tempo sembra un segno premonitore, foriero di sventura. Il rosso, rosso come il colore dei comunisti e il verde, verde come Sabattini. Carlo trova il modo di polemizzare con alcuni militanti di Amnesty International, ma poi preferisce farsi un giro, comprare un paio di libri e raccogliere qualche depliant. Si accorge che alcune persone lo seguono con fare molto discreto. Incomincia ad osservarli senza farsi notare e loro spariscono, ma poi ricompaiono come fantasmi nell’ombra, tra la folla spensierata, dietro ai tavoli dei ristoranti. Si rassicura: ma sì, non preoccuparti! Sono solo agenti in borghese che mi tengono d’occhio. Raggiunge la sala centrale dove si svolge un dibattito sul risanamento del 78 Pagina 78 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Po. È stanco e vorrebbe tornare a casa, ma poi si convince a restare nel caso che a qualcuno salti in testa di raccontare le solite balle, così resiste fino a sera inoltrata. Stefano Marchetti sul Resto del Carlino continua il racconto di quella sera: “…tutti si attendevano un suo intervento, magari provocatorio e polemico, e invece il consigliere era rimasto tranquillo, forse un po’ annoiato: a quel punto, verso le 22 se ne era andato. Come era avvenuto già in altre occasioni, il PCI e l’UIGOS avevano disposto che un paio di uomini “tenessero d’occhio” Sabattini, in maniera molto discreta. Volevano evitare che lui stesso potesse passare dei guai – riferisce Alberto Benvenuti, Portavoce Ufficiale del PCI –. Quando Sabattini si è avviato al parcheggio gli uomini l’hanno “lasciato”. - (Quali uomini lo lasciano solo? Gli agenti dell’Uigos o i volontari del servizio d’ordine? Il giornalista non lo chiede, ma continua a scrivere senza dar troppo peso a queste sfumature) - “Purtroppo in seguito è capitato quello che non avrebbe assolutamente dovuto succedere”. Infatti, Sabattini stava per salire in auto quando si è sentito chiamare da alcuni sconosciuti: non ha fatto neppure in tempo a rendersene conto, che già un pugno lo aveva colpito in pieno volto”. ( “Assalito e percosso Carlo Sabattini” 7 settembre 1988) Al primo cazzotto ne seguono altri, più dolorosi e violenti, come si conviene ad un pestaggio in piena regola. Gli sembra di essere colpito alla testa con un ferro di cavallo, ma non lo vede bene. È buio! …forse è il calcio di una pistola, di quella pistola che sparì dal Comune di Nonantola due anni prima? Non importa sapere da dove venga quell’oggetto contundente perché ormai Carlo giace a terra tramortito, si contorce dal male, e non ha il tempo di pensare ad altro, duramente percosso com’è da tutti quei calci. Trova la forza di gridare a pieni polmoni fino a quando gli aggressori non scappano impauriti dall’arrivo dei soccorritori richiamati dalle urla disperate. Lo ricoverano in ospedale dove gli viene diagnosticato un trauma cranico facciale con una frattura orbitaria sinistra e contusioni su tutto il corpo. La prognosi, salvo complicazioni, è di 25 giorni e di questi, cinque, li passerà ricoverato in ospedale. A questo punto tutti si aspettano che Sabattini andrà in escandescenze non appena si sarà ripreso e invece lui trova persino la maniera di scherzarci sopra con il primo giornalista che lo va a trovare: “Ecco vede cosa succede a chi si batte per delle cause giuste? Guardi un po’:” – mostra lividi e ferite – “mi hanno picchiato, mi hanno 79 Pagina 79 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 trattato come una bestia. E poi dicono che sono un Don Chisciotte: quelli menavano duro, altro che mulini a vento!”(ibidem). Dopodiché, dando prova di un’umanità smisurata, arriva persino a capire il gesto disperato degli aggressori e al giornalista che gli chiede come mai usi tanta comprensione verso di loro, porge l’altra guancia: “Sì, non li accuso e se riconosceranno quello che hanno fatto sono anche disposto a perdonarli. L’ho detto chiaramente (…) fino ad ora non ho fatto nessuna denuncia, tutto è partito d’ufficio. E se i responsabili diranno la verità non sporgerò querela nè mi costituirò parte lesa in sede di giudizio”. Non è buonista per partito preso o perché le circostanze lo rendono ancora più magnanimo di quello che già appare, ma solamente ritiene che i suoi aggressori siano figli di: “…una cultura politica che condiziona le persone e che non lascia spazio nemmeno per la ribellione pacifica. Questa cultura sbagliata e assurda, nel caso della mia aggressione ha avuto come risultato di rovinare tre famiglie di gente perbene” (La Gazzetta del 11/9/1998). Proprio così, per Sabattini, i suoi aggressori appartengono a “famiglie di gente perbene”. Avrebbe potuto chiamarli picchiatori, fascisti, nazisti, boia e rievocare l’olio di ricino, le macchine da scrivere buttate dalla finestra, il confino per i dissidenti, i manganelli, l’omicidio Matteotti, Stalin, i Gulag. Invece preferisce combattere la cultura della “negazione del dissenso” che nasce nei regimi totalitari per poi infiltrarsi subdolamente in tutti i partiti, finanche in quelli che più degli altri credono nella democrazia. Andrea de Pietri, Consigliere Comunale del PSI, qualche giorno dopo l’intervista descriverà così quella stessa cultura: “Una cultura incapace di qualsiasi dubbio, che si sostanzia nel semplice presupposto che esiste una sola verità e, rispetto a questa, il mondo si divide in due: chi l’ha capita e chi non l’ha capita. La tolleranza per questo modo di pensare, si limita a permettere che chi non l’ha ancora capita, un giorno, finalmente la capirà. Una cultura totalizzante, certamente minoritaria nell’attuale partito comunista, ma ancora saldamente presente. Basti solo ricordare che lo stesso Luciano Lama si è battuto contro i rimasugli di questo autoritarismo egemonico e, dalla tribuna del congresso comunista, ha affermato rivolto al partito: bisogna che ciascuno di noi superi il fastidio delle opinioni diverse” (Gazzetta di Modena, “4/9/1985). Sabattini sostiene di aver riconosciuto i suoi aggressori. A malmenarlo sarebbero stati in tre e farebbero parte del servizio d’ordine del PCI. Li ha visti più volte, in altre occasioni, ai dibattiti e in corteo. Non li conosce per nome, ma si dice certo di poterli riconoscere dalle fotografie. Scattano le indagini e i responsabili della festa dell’Unità, così come lo stesso partito comunista che nel frattempo ha condannato fortemente l’aggressione, offrono la massima colla80 Pagina 80 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 borazione agli inquirenti, almeno in principio. Sono ascoltati i testimoni e rivoltate le sezioni come calzini, ma proprio quando stanno per essere presi i colpevoli, questi escono alla luce del giorno e confessano di essere loro gli artefici del pestaggio: Autodenuncia: “L’abbiamo picchiato noi”. “Consegnano la tessera i due del servizio d’ordine alla festa dell’Unità di Modena autori della violenza contro il Consigliere Comunale verde… Si sono presentati spontaneamente in questura l’altra sera” – la consegna volontaria è rimarcata per la seconda volta nell’articolo anche dal capo dell’Uigos Enzo Stingone – “…in modo responsabile si sono presentati spontaneamente. Erano mortificati,” – per un attimo sembrano quasi due monelli che hanno rotto i vetri di una finestra e non i due quarantenni di costituzione robusta che hanno malmenato un uomo più vecchio di quasi vent’anni – “…hanno capito di averla fatta grossa. Hanno ammesso le loro responsabilità”. (L’Unità. 9/9/1988) Ma non è solo l’Unità a trattare i due aggressori con guanto di velluto. Anche le altre testate descrivono due persone dal volto umano, affrante e sconfortate. In tutt’altra maniera avrebbero raccontato i fatti se al loro posto ci fosse stato l’ecologo matto e mi sia consentito per un momento di sdrammatizzare il crescendo della tragedia. Il PCI piange il compagno “Otto”. Condanne, ma anche affetto per Torquato Grassi. C’è anche chi pensa ad un suo sacrificio. “..Torquato Grassi, detto “Otto”, portinaio della Federazione di Modena e Ovilio Musatti, carpigiano, tutti e due iscritti al partito da una vita, militanti esemplari, hanno restituito la tessera e se ne sono andati con un groppo alla gola. Anni e anni di militanza severa, fedele, appassionata, bruciati in un attimo.Tutti questi anni bruciati nel parcheggio del festival. Mille volte hanno avuto i nervi saldi, l’altra sera sono esplosi. In federazione Torquato Grassi, detto Otto, è il più conosciuto, forse il più amato. Baffi rigogliosissimi e cipiglio fiero, un po’ duro, ruvido in superficie, ma assicura chi lo conosce bene, tenero e generoso sotto la scorza. Era un pompiere, dice un compagno all’ombra di uno stand. Uno che ha sempre cercato di placare gli animi e non ha mai fatto il duro”. 81 Pagina 81 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Nel seguito dell’articolo si rilevano alcune informazioni che sono molto interessanti, soprattutto se si considera che sono presenti all’interno di un racconto che tenta in tutti i modi di costruire un alone di casualità intorno all’accaduto e ci riesce dopo aver umanizzato i responsabili del pestaggio. Il cronista, imbastendo una confusa strategia assolutoria nei confronti di Otto, finisce inconsapevolmente per lanciare un’ulteriore ombra di mistero sull’accaduto. “Il compagno Otto” - continua a raccontare il compagno all’ombra di uno stand -“..nel servizio d’ordine ci stava proprio per questo, per la sua affidabilità. Del resto aveva la responsabilità della portineria. In federazione tutti si fidavano di lui. Proprio non riesco a capire, non me lo sarei mai aspettato. Katia Mussati la centralinista della federazione che con Otto ci ha lavorato gomito a gomito lo conosce e gli vuole bene. Nemmeno lei riesce a crederci: ‘quando l’ho saputo sono rimasta senza parole. Una di quelle cose che fanno venire la pelle d’oca. Stamattina è venuto qui per restituire la tessera e salutare i compagni. Non ho avuto il coraggio di parlargli. Ma non mi stupirei se si fosse autodenunciato per coprire qualcun’altro.”. La Gazzetta del 10/9/1988 di S. Gimelli Ora si tratta solamente di leggere tra le righe e mettere insieme tutti i pezzi, questa volta secondo uno schema diverso da quello tracciato. Se è vero quanto abbiamo appena letto, e diamo per buono che lo sia, Otto è una persona in gamba che non ha mai perso le staffe, è rude - il che non guasta - e con “i nervi saldi” del pompiere. Otto è un veterano iscritto “da anni e anni” al PCI, tanto da poter essere considerato un “militante esemplare” di grande “affidabilità”. Non a caso “si fidano tutti di lui”. Infine è di animo “generoso”, così altruista che la sua collega più stretta non si stupirebbe “se si fosse autodenunciato per coprire qualcuno”. Riassumendo, Otto è un elemento fedele, fidato e tutto d’un pezzo. A uno come lui - in nome e per il bene del partito - si può affidare qualsiasi incarico, anche il più delicato. Ma i fatti vanno per il verso sbagliato ed è una vera fortuna che Otto sia anche un tipo generoso. Devi prenderti la colpa tu - gli viene ordinato - tu e quell’atro Mussatti che ti sei portato dietro, proprio lui, quello di Carpi. Lui accetta a denti stretti, incassa, ma si domanda perché il terzo aggressore deve rimanere sconosciuto. Ed è quello che la stessa giustizia dovrebbe domandarsi a distanza di quasi vent’anni. Perché il terzo uomo è rimasto segreto? Quale prestigiosa carriera ha 82 Pagina 82 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 intrapreso? Chi si è voluto coprire? È diventato Onorevole? Senatore? Sindaco? Consigliere regionale? Presidente di una municipalizzata? Oppure, come accade in tutti i misteri italiani, si è trattato di un agente di chissà quale servizio segreto? Le domande che non sono state fatte si sprecano e vale la pena ripeterle, ancora una volta, ad alta voce: perche gli uomini dell’Uigos hanno lasciato solo Sabattini prima che entrasse nel parcheggio? Ma non erano insieme al servizio d’ordine della festa dell’Unità? Perché, come domanda lo stesso Sabattini in un esposto depositato dopo il pestaggio, nessuno gli ha mai mostrato una sola foto segnaletica dei possibili sospettati e neanche i ritratti di tutti i membri del servizio d’ordine, malgrado lui avesse espresso più volte questo desiderio alle forze dell’ordine? La lettura del libro bianco è terminata. Prendo la busta che mi ha consegnato la signora Lina Ratti, la moglie di Carlo. Me l’ha data quando sono andata a trovarla. Mi ero portato la telecamera perché pensavo che avrei voluto dedicare al marito un documentario, ma lei rifiutò l’intervista e io mi trovai in difficoltà senza poter disporre di una guida audio. Si scusò dicendo che temeva sarebbero riprese le ostilità con le quali avevano perseguitato il marito per tutta la vita. “È stato lui stesso a chiedermelo quando incominciò a sentirsi stanco sul finire degli anni ottanta”- mi disse la signora Ratti e aggiunse – “lascia che la maledizione che mi sono tirato addosso muoia con me. Usò proprio queste parole”. Anche oggi, a distanza di tempo, di tanto in tanto, quando sento risuonare questa frase nella mia mente mi viene da piangere. E non me ne vergogno. Piango e rifletto su come è stato ripagato quell’uomo che voleva soltanto difendere la natura. Una vita spesa contro tutti per il bene di tutti. Questo è il paradosso della ballata di Carlo. Mi rivedo in casa sua seduto di fronte a quella cara signora della moglie, in quel caldo pomeriggio di cui non ricordo nemmeno più la data esatta. Lina mi consegnò il libro bianco prima ancora che potessi sedermi, come se si trattasse della prova ineludibile che suo marito era nel giusto. Dopo rovesciò sulla tavola una scatola di ritagli di giornale che aveva messo da parte dopo la morte del marito, delle foto, lettere di cittadini e toccandoli uno ad uno mi raccontò alcuni aneddoti. Mi incantai ad ascoltarla e il tempo volò. Mi fece un caffè forte e profumato e al volgere della sera mi accompagnò alla macchina. Prima di salutarmi m’indicò la porcilaia che aveva dato origine a tutto, l’Hiroshima delle deiezioni che in fin dei conti aveva avuto la meglio trasformando Carlo Sabattini in un’ombra impressa nel nulla delle storie sconosciute. La fabbrica era ancora là, al suo posto. Irremovibile e spettrale. Una 83 Pagina 83 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 chimera dal corpo di cemento, con le viscere rigonfie di maiali vivi, morta fuori e viva dentro. Un mostro gemente di mille grugniti soffocati. Di fronte a lei, dall’altra parte della strada che avevo percorso per arrivare lì, c’era il terreno contaminato dalle defecazioni suine, recintato e inagibile, quasi fosse una sorta di mausoleo vivente eretto in onore delle gesta di Carlo. Non osai chiedere se avevano smesso di scaricare nel fosso la merda di maiale. Non domandai per paura di perdere le staffe e decidere di abbandonare il libro che intendevo scrivere per concedermi, anima e corpo, al lato oscuro della vendetta. Ma gli impulsi presero ugualmente il sopravvento e guardai nel fondo del fosso. L’acqua era limpida, non c’erano rane in giro, solo un tubo dalla cui fauce fuoriusciva una ciocca di filamenti neri che vibravano nella corrente fino a perdersi alla vista. Alghe, forse… Srotolate nelle viscere delle terra come tumori dell’epidermide. Presi un frammento di terra e lo misi in tasca sapendo che a casa l’avrei chiuso in un barattolo di vetro con scritto sopra “Terra di campagna difesa da Carlo Sabattini. Prelevata nel 2007 dopo Cristo a Nonantola”. Un giorno, prima di morire, lo regalerò a mio figlio in maniera che si chieda il perché di quello strano souvenir e subito dopo sia spinto a pensare che ciò che ognuno di noi pesta coi piedi ogni giorno non è solo materia inanimata, ma la pelle di quella meravigliosa creatura che ci ospita sul dorso, quella stella spenta, occhio azzurro posato sul mantello nero dello spazio, che tutti noi chiamiamo Terra. Il nostro pianeta. Carlo morì d’infarto 5 mesi dopo il pestaggio. Così è stato detto perché, stando a quanto riferito dalla moglie, l’autopsia si svolse senza il perito di parte malgrado la famiglia ne avesse fatto specifica richiesta. Perché? “…la chiave di lettura dell’esposto è da intendersi proprio in relazione a quest’ultimo episodio. Lina Ratti infatti chiede si accerti “L’eventuale nesso di causalità tra le lesioni subite in quella circostan84 Pagina 84 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 za e la morte” del marito. La moglie di Carlo Sabattini afferma di essere stata indotta a presentare questo esposto, che sarà materialmente depositato dal suo legale, Enrico Aimi, sulla scorta delle testimonianze di alcuni presenti al momento del mortale malore del Consigliere Verde. “Un attimo prima di morire – riferisce infatti Lina Ratti – pare che Carlo si sia portato entrambe le mani alla tempia nel punto dove era stato colpito dal primo pugno infertogli dagli aggressori all’uscita dal festival”. “Esposto sulla morte di Sabattini” pubblicato su La Gazzetta dell’11 febbraio 1989 Vi è poi un’altra circostanza inquietante da segnalare. Carlo Sabattini, nei giorni precedenti alla morte, sembra che abbia confidato “a più di una persona” di aver incontrato e quindi riconosciuto il terzo aggressore (La Gazzetta del 12/2/89). Proprio lui: il terzo uomo che ancora oggi non è ancora stato identificato. Ed è da questa mancanza che nasce l’ultimo interrogativo: perché le persone con le quali Carlo Sabattini si è confidato non sono mai state individuate e tanto meno interrogate? Questa domanda non ha ancora trovato una risposta e sarebbe doveroso conoscere la verità anche a distanza di tanto tempo. Ma temo che non sarà facile perchè ci siamo ormai abituati alle stragi impunite, alle domande non fatte, alle prove sparite, ai depistaggi. Da piazza Fontana alla strage del 2 agosto, da Ustica ai recenti fatti di Genova. I grandi uomini, morendo, lasciano un vuoto incolmabile, ma anche un inevitabile, insidioso, velato, sollievo. Cerchiamo di essere come loro, ma non del tutto. In fondo, il genio è solitudine. Molto meglio, allora, i modi consueti della politica con una sfumatura eroica e niente di più. Ma se sono stati proprio “i modi” a fare la differenza, a far sì che ogni porcilaia non infesti i fiumi, perché rinnegarli? La quiete dopo la tempesta, a Carlo subentrò la normalità di sempre. “I radicali assieme a 869 elettori ti ricordano. Il messaggio, appoggiato ad un mazzo di fiori, è stato l’ultimo saluto che i sostenitori del Consigliere Comunale della lista Verde, Carlo Sabattini, hanno affidato al banco vuoto poco prima dell’inizio della seduta di ieri. Con la surrogazione del Consigliere deceduto, proprio una settimana fa, fra le stesse pareti della residenza Municipale, si è aperta la riunione che ha votato all’unanimità l’ingresso del nuovo rappresentante della lista verde. Mazzacani, nel dichiarare fedeltà alla coe85 Pagina 85 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 renza di vita espressa da Sabattini, ha poi anticipato che la sua linea di condotta politica non adotterà gli stessi metodi del Consigliere scomparso, anche se identica sarà la tenacia, il desiderio di trasparenza, la difesa dei diritti individuali e collettivi”. Luce Tommasi sulla Gazzetta di Modena del 17/02/1989 Nel corso della sua vita Carlo Sabattini fu diffamato. Era spesso chiamato dai giornali, non da tutti per fortuna, “matto”, “figura non qualificata”, “ecologo camuffato”, “ contestatore”, quando andava bene e “mattocchio” cercando di fare della satira da “Bagaglino”, ma anche “bieco figuro” e “contadino ignorante”. Solo nei coccodrilli stampati dopo la sua morte si incominciò a parlare di lui come di un Don Chisciotte moderno. Fu perseguitato in mille modi – girava in auto con quattro pneumatici nuovi nel baule perché non passava un giorno senza che qualcuno gli tagliasse le gomme – fu internato come malato di mente, privato dei suoi diritti civili, malmenato, pignorato nei suoi beni, isolato come rappresentante pubblico, screditato, infangato, dimenticato dalla storia e dai suoi concittadini, infine bollato per sempre come “malato di mente”. Tutto questo perché qualcuno - almeno si sapesse chi - nelle segrete stanze del potere decise che si potevano bellamente inquinare i fiumi per incrementare i profitti. Mi domando se gli oppositori di Sabattini non avrebbero impiegato minor fatica installando qualche depuratore. Ci voleva tanto? Forse aveva ragione Marco Pannella nel rispondere ad un giornalista in questo modo: “Sabattini è un pazzo? No, i veri matti sono gli altri!” Ed è forse questa la frase che meglio di ogni altra rappresenta la vita di Carlo Sabattini, che come il Robert Neville di Io sono leggenda, ha vissuto combattendo i propri simili dopo aver assistito ad una metamorfosi che ha trasformato alcuni uomini in vampiri assetati di risorse terrestri. La guerra di Neville, come quella di Sabattini, non è fine a se stessa e Carlo non è il Colonnello Walter Kurz di Apocalypse now, nulla a che vedere con il prigioniero della tetra foresta, ancor prima della follia, che non riesce più a distinguere il confine esistente tra l’anima civile e quella ancestrale, violenta e amorale, abbandonandosi a quest’ultima. Al contrario, Robert e Carlo, figure epiche e speculari, sperano sempre di trovare un antidoto al virus, una cura in grado di guarire l’umanità dal male in cui versa. Se il primo usa il microscopio, cavie e colture virali, il secondo scrive esposti e studia le leggi. Ma entrambi, secondo un crescendo rossiniano, sono destinati a soccombere sotto il peso della maggioranza nascente. I vampiri, come gli inquinatori protetti dai politici, sono di più e quelli che sono “in di più” vincono sugli 86 Pagina 86 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 altri (lo sanno bene i pellerossa d’America) e chi vince, a chiusura del cerchio, scrive la storia come crede sia giusto scriverla. Da “Io sono leggenda” di Richard Matheson: Neville sollevò lo sguardo su di lei. Il suo sorriso era quello teso e forzato di una donna che cerca di reprimere la propria femminilità a favore della dedizione. “Robert Neville. L’ultimo della vecchia razza” L’espressione di Neville s’indurì. “Ultimo?” mormorò, mentre dentro di sé sentiva aprirsi il baratro della solitudine assoluta. “Per quanto ne sappiamo” - disse lei con noncuranza - “Sei l’unico, sai? Quando te ne sarai andato, non ci sarà più nessuno come te nella nostra società”. Lui fissò la finestra. “Lì fuori… Lì fuori ci sono… delle persone” Annuì: “Stanno aspettando” “La mia morte?” “La tua esecuzione” Spostò lo sguardo su di lei, avvertendo una fitta. “Allora sbrigatevi” disse impavido, con il tono improvvisamente inasprito dalla sfida. La storia di Carlo è terminata e come mi capita sovente sono preso da un senso di vuoto al quale segue un’incrollabile tristezza. Raccolgo le carte infilandole nelle buste trasparenti. Prendo i tre volumi del libro bianco e li rimetto a posto nella libreria. Poi ci ripenso e assecondando un gioco che facevo sempre da bambino quando mio padre mi lasciava solo nella biblioteca di casa afferro un volume a caso e lo apro. È la pagina di un esposto, spedito alla Prefettura, dove Carlo lamenta i modi con cui, l’Amministrazione modenese ostacola il suo lavoro da Consigliere Comunale: “…come risulta da un articolo della stampa locale, fin dalla prima seduta, sono stato isolato per evidenti scopi ed anche il mensile dell’Amministrazione ha pubblicato notizie false e distorte per screditarmi”. Un modo come un altro per dimostrare ai suoi elettori che l’aver votato un ecologista intransigente non sarebbe servito a nulla e vedremo poi come la stessa identica strategia sarà adottata nuovamente, a distanza di molti anni, con il partito verde reduce dal successo elettorale del 2004 a Bologna. Facendo diversamente quanti altri uomini avrebbero potuto 87 Pagina 87 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 seguire Carlo? Uno, cento, mille Sabattini! Nessuno sarebbe riuscito a fermarli. Massacrandolo - colpendone uno per educarne cento - nessun altro individuo avrebbe osato sostituirlo. Credo di sapere cosa provava Carlo, ci sono passato anch’io, ed è davvero terribile constatare come ogni fardello, ogni accordo traversale tecnico e politico, ogni impensabile alleanza “consociativa”, possano essere poste in campo per zittire chi “disturba”. Perché questo era Sabattini per i suoi colleghi: un “increscioso fastidio” che nuoceva al lavoro tranquillo delle forze politiche. Più i tuoi disegni sono oscuri e più avranno bisogno di crepuscolo e silenzio. Il rumore, soprattutto quando si tratta del fragore della giustizia che s’infrange, attira l’attenzione, risveglia le menti intorpidite, scuote gli indecisi. Silenzio. Nulla è meglio del silenzio per chi trama nell’ombra e coltiva interessi privati. Ricordatevelo sempre. La verità urlata da Carlo, pura e semplice nella sua essenza, è dura da ingoiare. Per questo non va gridata, ma mediata, centellinata da coloro che credono di saper “guidare i cambiamenti” di un’economia crescente, fossero anche quelli che cagionano un danno ai cittadini. Ma guarda caso gli assertori della calma sono proprio quei politici che hanno fatto della politica un mestiere senza passione. Già, dov’è finita la passione? Tutti i politici, se li senti, dicono di mettere passione in ciò che fanno, ma non può essere passione quella di chi vive negli agi o dentro alle auto blu. Non è passione quella di chi si fa proteggere dalle scorte pur non avendo detto mai nulla di sconveniente e viene il dubbio che costoro non temano tanto i terroristi, quanto il popolo stesso che li ha eletti e che hanno così spudoratamente buggerato. Passione, invece, è quella dell’uomo che si gioca tutto quello che possiede per un’idea, una sola idea capace di cambiare il mondo o, come nel caso di Carlo, per difenderlo o renderlo migliore di quello che è. Questa è passione! Il resto, quello di chi sbandiera la passione come fosse un cencio vecchio, è solo cenere di un fuoco che ha smesso di ardere da tempo. Ai politici di sinistra dico: uscite dai palazzi e tornate alle periferie, incontrate la gente. Smettetela di rincorrere le decisioni della magistratura e finitela di cercare scorciatoie. Affrontate il vostro nemico a viso aperto, sui programmi e sui problemi da risolvere e una volta per tutte lasciate che siano i giovani a fare quello che a voi non è riuscito. Avete perso! Incominciate dall’ammettere questo e giunti a questo punto la gente vi capirà e il nemico da abbattere sarà vinto. Sabattini concludeva il suo documento con un giudizio significativo sulle politiche immobiliari della città dove era stato eletto: “Sono stati acquistati appartamenti per sfrattati per un importo di sei 88 Pagina 88 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 miliardi al prezzo per mq da L.700 ad un 1.000.000, mentre se ne possono trovare sulla piazza a 500.000 – 600.000 il mq. Quanto riferito è solo una parte dei fatti che si verificano nella nostra città e che ho ritenuto opportuno mettere a sua conoscenza” Circa quattordici anni dopo questo esposto, un replicante venuto da lontano, detto Roy, porrà nuovamente il problema in un altro luogo e da un altro punto di vista, ma di questa storia, parleremo più avanti. Onore e gloria a Carlo Sabattini, ecologista barricadiero di fine secolo! L’allevamento suinicolo costruito a pochi metri dalla casa di Carlo Sabattini Pagina 89 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 La creatura: il leviatano. Un'espressione contrita si scolpì sul volto della Pubblica accusa. Gli occhi che fino a quel momento avevano brillato di un'intensa vivacità cominciarono a spegnersi in uno sguardo opaco che a chiunque, e ancor di più ai giurati presenti in aula, sarebbe potuto sembrare lo specchio di un'imminente sconfitta. Il magistrato che vestiva i panni della Pubblica accusa scosse la testa, tossì e si passò il palmo della mano sulla fronte imperlata di sudore. Appariva molto più vecchio di quello che era. Sentiva l'angoscia montare dallo stomaco alla testa. Era certo che il tempo non gli sarebbe bastato per trovare qualcosa di convincente da dire e così tossì di nuovo e chiese che gli fosse portato un bicchiere d'acqua fresca. Questo leggero malessere nasceva dalla convinzione che la giustizia trae la sua linfa vitale dal bianco candore della veste che indossa e che la fa risplendere come un faro nel crepuscolo ombroso della modernità. In un mondo senza ideali che veglia il cadavere della verità, solo la legge può dipanare le sconfinate zone grigie che intorpidiscono i comportamenti umani. Per questo, ammettere - se pur a distanza di quasi vent'anni - che la magistratura si fosse a suo tempo piegata alla politica, come nel caso di Carlo Sabattini, significava riconoscere la possibilità che la giustizia non è uno strumento infallibile. Questa considerazione infida sarebbe potuta entrare improvvisamente nell'aula incantando i presenti ed era ciò che la Pubblica accusa temeva più di ogni altra. Infatti, quando un procedimento giudiziario viene corrotto nella sua purezza tutti gli altri processi incominciano a marcire nel qualunquismo e nelle frasi fatte. L'Accusa si riprese, animata da una rinata convinzione che non sarebbe stato conveniente restare in silenzio ancora a lungo. Prese il bicchiere e dopo aver placato la sete disse: “Stando a quello che l'imputato ci ha raccontato dovremmo considerare Carlo Sabattini alla stregua di un eroe?” “Ci può scommettere sopra la pensione” rispose il rapinatore di banche. “Mi spieghi allora perché lei è l'unico ad essersene accorto” confutò l'avversario. A quel punto l'imputato si allentò il colletto e fece un cenno al commesso così da fargli intendere che se avesse aperto la finestra alle sue spalle tutti quelli che si trovavano in quella stanza- e non solo lui- ne avrebbe90 Pagina 90 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 ro tratto giovamento. Quando sentì l'aria fresca carezzargli la schiena sudata l’imputato si degnò di rispondere: “La politica, signori e signore della Giuria, è un'allieva che non si accontenta di superare i propri maestri, ma preferisce di gran lunga ucciderli. Mi sia almeno consentito di prenderla un po' alla lontana per arrivare ad una riposta convincente. Contrariamente a quello che comunemente si crede, ogni aggregazione umana organizzata non si fonda su di un sistema gerarchico piramidale, ma si regge prima di tutto sulle variegate relazioni instaurate tra gli individui che compongono il gruppo. Questi rapporti diventano dei vincoli garantiti da una reciproca convenienza. Le relazioni vincolanti e le convenienze sono il “sale” di ogni associazione e lo sono fin dall'antichità, da quando gli uomini si sono riuniti in tribù per meglio difendersi dalle belve, dai nemici o per procacciarsi il cibo. A quei tempi l'agire della comunità era dettato dall'analisi del mondo circostante. L'ospitalità di un luogo era determinata dalla presenza di animali da cacciare o dall’esistenza di sorgenti alle quali dissetarsi, più tardi dalla fertilità del terreno. Queste valutazioni fondate sull’osservazione erano molto più utili delle selci e dei chopper ai fini della pura sopravvivenza. Gli antichi uomini primitivi vivevano contemplando e quindi ragionando sui fenomeni che impregnavano la realtà e ogni “errore di valutazione” poteva rivelarsi fatale causando la distruzione dell'intero gruppo. La vita a quei tempi era particolarmente dura. Quando la comunità sceglieva una caverna come dimora doveva prima scacciare l'inquilino legittimo e alludo ad un orso che poteva raggiungere i tre metri di altezza e oltre 600 chilogrammi di peso. Il cacciatore delegato a questo compito doveva essere il più forte del gruppo in virtù del fatto che la natura non è affatto dialettica: se sei forte uccidi l'orso, se non sei forte sei ucciso dall'orso. Il problema nacque quando il gruppo incominciò a crescere insieme alla domanda di grotte, di conseguenza crebbe anche il numero dei cacciatori di orsi. Questa specializzazione venatoria comportò la nascita di una classe sociale primitiva che ben presto si assunse il compito di decidere quanti orsi dovevano essere abbattuti e quante caverne espugnate. Ci fu quindi bisogno di un capo e per ottenere un ruolo di così grande importanza diventò necessario reperire il consenso dal maggior numero di cacciatori. Da questo momento, l'essere più o meno forti dell'orso ha incominciato a perdere d’importanza e l’abilità premiante è diventata quella che si fondava sulla capacità di costruire una maggioranza. Ogni mezzo diventò buono per raggiungere il fine. Se, per esempio, un cacciatore decideva di 91 Pagina 91 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 condividere la moglie con un altro cacciatore poteva ottenere un voto, se diventava il tenutario di un bordello molti di più. Dal canto loro i cacciatori che componevano la maggioranza puntarono a massimizzare i benefici derivanti dalla cessione del proprio assenso all’investitura del capo. Per questo incominciarono a ragionare congiuntamente come se fossero una creatura pensante. Un essere vivente indipendente dagli individui che formano il suo corpo. Questa lettura potrebbe apparire come la visione di un pazzo se non fosse che da molto tempo autorevoli sociologi specializzati nella psicologia delle organizzazioni hanno incominciato a credere che molte organizzazioni siano in grado di “pensare, imparare, ricordare”, non solo, talvolta sembrano possedere “emozioni con logiche del tutto simili a quelle di un individuo” (Claudio Peri). Da quella belva abbattuta nella notte dei tempi, da quell'Ursus Spelaeus, i cui resti giacciono ancora oggi nelle viscere di una caverna preistorica, ne è nata un'altra: il leviatano. La pelle del Leviatano “I marines muoiono, esistono per questo, ma il corpo dei marines, quello non muore mai, e dunque voi non morirete mai” Il Sergente Hartman in Full metal jacket Il corpo della creatura, agglomerato di individui autonomi, è una struttura complessa che punta ad essere percepita come una forma compatta. Ciascun individuo che accetta di rientrare nel corpo deve per forza rinunciare a se stesso. Chi dissente distrae lo sguardo dall’insieme. Chi rivendica la propria individualità diventa un antagonista dell’entità collettiva che lo ospita e si trasforma in un nemico, interno o esterno, poco cambia. L'adesione ad un partito non è poi così diversa dalla spersonalizzazione coatta subita dal marine “palla di lardo” di Full Metal Jacket, perché ciascuna organizzazione mira ad uniformare i suoi membri attraverso un processo che li trasforma nei pezzi identici e intercambiabili di una macchina. Dietro a questo procedimento simbolico si nasconde l’innata ricerca di immortalità della quale riparlerò più avanti quando tenterò di spiegare come gli antichi sarcofagi siano riusciti a trasformarsi nelle moderne mar92 Pagina 92 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 che commerciali. Il corpo dei marines sopravvive alla morte biologica dei singoli marine che a loro volta sopravvivono simbolicamente nel corpo dei marines. L’addestramento militare è certamente diverso da una qualsiasi scuola di partito, diversi sono i metodi e diversi i tempi, ma simili sono gli obiettivi da raggiungere: l’annullamento della personalità, l’autocostrizione del “corpo unità” e il suo assoggettamento all’ “istituzione corporea”, infine, il reciproco controllo che nasce tra i membri del gruppo. Non è un caso se la prima regola che ti viene impartita non appena indossi i panni del dirigente politico afferma che tutti (gli individui) sono utili, ma nessuno è indispensabile. Anzi, il tuo compito sarà proprio quello di far sì che nessuno diventi insostituibile perchè a quel punto sarà lui, e non il partito, a stabilire il “prezzo” della sua utilità. In questo modo si ritrova in vantaggio chi riesce a dimostrare di rientrare nella media, mentre chi eccelle è malvisto, talora perseguitato. Ogni critica è bandita e l'analisi dell'esistente deve procedere sul codice binario della linea dettata dal partito: se approvi fai parte del partito, se non approvi sei contro il partito. Chi discute su come si possa migliorare il partito minaccia la “già faticosa stabilità interna”. Cose dette e ridette, ma non combattute mai abbastanza. Questa omologazione dei singoli non è un tratto esclusivo dei partiti, ma di tutte le aggregazioni umane tanto è vero che Irene Tinagli, nel suo libro, “Talento da svendere” ha fatto notare che: “Come scriveva Whyte in Organization man, nell'era organizzativa lo sforzo principale era indottrinare il talento, farlo rientrare nei ranghi, e nei meccanismi oleati dell'organizzazione. Per questo, più o meno esplicitamente, l'era organizzativa portava avanti una vera e propria guerra contro il genio: l'elemento che emerge disturba e rompe l'equilibrio, occorre appiattirlo”. Ed è proprio assecondando dinamiche come queste che si sono originati i collassi improvvisi che hanno contraddistinto l'economia dell'ultimo decennio. Il colosso dell'energia Enron, considerata dalla rivista Fortune come una delle aziende più innovative di tutti gli Stati Uniti, è crollata aprendo una voragine che ha rischiato di far fallire l'intera economia americana. Così in Italia la Parmalat, a Dubai i megaprogetti immobiliari. Le organizzazioni producono catastrofi perché le sentinelle sono state giustiziate, i critici esiliati, i riformatori ridotti al silenzio, mentre i controllori, i revisori e i certificatori di bilanci, sono sul libro paga del controllato che riesce a nascondere le peggiori malefatte. Così facendo si trasformano dei castelli di sabbia in fortezze di pietra indistruttibile, ma sono solo miraggi che si dissolvono al primo calar del sole. Ogni uomo politico al quale ho esposto questa tesi si è sempre dichiarato d'accordo. Ma quando poi mi sono ritrovato ad illustrare un progetto 93 Pagina 93 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 fuori dalla norma o semplicemente diverso da quello elaborato dai miei colleghi - e non ho la presunzione di affermare che fosse migliore - ho ottenuto l'unico risultato di farmeli nemici. Da quel momento, dal momento in cui si accorgono che stai cercando una strada nuova, si convincono che vuoi emergere e subito dopo si coalizzano per punirti e nel giro di poco tempo ti ritrovi emarginato. Fortunatamente, la “vita da mediano” a cui la creatura ti costringe non è definitiva e chiunque può librarsi in volo, ma solo dopo aver pagato un prezzo adeguato. Chi tenta la fuga deve prima di tutto annullarsi, dimostrare alla creatura che non possiede alcuna qualità, quindi inchinarsi al suo cospetto, convincerla che saprà sdebitarsi al momento opportuno. Sono quindi le convenienze, o “la capacità di ricompensare i propri seguaci”, come sosteneva Weber, che permettono ad un mediocre caporale di mutarsi in un generale fregiato di medaglie. Se Giulio Cesare poteva arrogarsi tutta la gloria dopo aver sottomesso la Gallia, ai leader moderni è vietato fare altrettanto, anzi, alla già vasta galassia di comportamenti sociali si è aggiunta la “collettivizzazione del merito”. La creatura chimerica, il Leviatano, prima di ogni singolo beneficio destinato agli individui che compongono le sue membra, pretende un esclusivo riconoscimento Nel frontespizio del Libro di Thomas Hobbes, il “corpo” dello Stato è raffigurato come come un gigante il cui corpo è a sua volta formato dai corpi dei singoli individui. Nella foto sopra è riprodotta la rivisitazione moderna dell’antico leviatano: il photomosaico del volto di Obama composto dalle foto dei suoi sostenitori. L’idea rinnova la sua rappresentazione. 94 Pagina 94 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 politico per sè. Pierluigi Bersani, dopo aver vinto le primarie del 2009, ha dichiarato: “Nella vittoria di tutti c'è anche la mia”. Ragion per cui ha vinto il Partito Democratico che è riuscito a coinvolgere un numero altissimo di partecipanti. Hanno vinto i circoli che si sono aperti al pubblico. Hanno vinto i Bersaniani. Infine, da ultimo, ha vinto il politico, la persona in carne ed ossa, Pierluigi Bersani che con grande umiltà d'animo (o totale costrizione, impossibile stabilirlo) ha reso omaggio alla creatura e solo dopo si è incoronato vincitore. Bersani ha ribadito che l'insieme, il gruppo, la corrente, il suo seguito - chiamate la creatura come volete - sono gli unici artefici della vittoria. Da che tempo è tempo, i leader non hanno mai potuto servire i propri scopi fino in fondo, ma sono vissuti come ostaggi di chi ha concesso loro il potere. Da questo punto di vista, i grandi uomini della storia possono essere inquadrati come le eccezioni, che sebbene abbiano obtorto collo confermato la regola, sono riusciti ad infrangerla o quantomeno a non diventarne schiavi. Niente di nuovo quindi giacché, Luigi Pirandello, nel “Il fu Mattia Pascal” predisse la dittatura della “creatura collettiva” scrivendo che: “quando il potere è in mano d'uno solo, quest'uno sa d'esser uno e di dover contentare molti; ma quando i molti governano, pensano soltanto a contentar se stessi, e si ha allora la tirannia più balorda e più odiosa; la tirannia mascherata da libertà”. Non molto dissimile è l'analisi compiuta da uno studioso junghiano, Edward F. Edinger, quando parla di quel folto gruppo che accolse Cristo facendolo camminare sulle palme: “Tutte le collettività sono organismi psichici inconsci dotati di grande forza e pericolosità. Essi incarnano le energie archetipiche prive della mediazione dell'Io inconscio e sono notoriamente volubili. ‘Più è vasta la folla e più irrilevante diventa l'individuo’, ma il portatore di una coscienza è proprio un individuo. Dice ancora Jung: ‘Cristo ha forse scelto i suoi discepoli in un incontro di massa? L'aver dato da mangiare ai cinquemila, non gli ha forse procurato dei seguaci che in seguito avrebbero gridato insieme agli altri: crocifiggilo!’ E, dobbiamo aggiungere, la folla che lo acclamava come Figlio di Davide non era la stessa che più tardi avrebbe invocato la sua condanna, quando apprese che il suo regno non era di questo mondo?”. (L'archetipo Cristo) Da allora, la folla si è evoluta. Ha trovato il modo di dotarsi di una forma organizzata capace di contenere le ancestrali intemperanze e gestire le convivenze tra le difformi individualità che compongono il “corpus” associativo. Si è scelta un rappresentante, un leader, che parlasse a nome di 95 Pagina 95 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 tutti e quindi a suo nome, ma il ruolo centrale che detiene non può mai essere messo in discussione, nemmeno a parole, in qualsiasi sede e neppure quando si chiacchiera amabilmente dietro le quinte di uno studio televisivo. Lo racconta Ivan Scalfarotto nell'intelligente “Instant book” dedicato alla prima edizione delle primarie italiane intitolato “Contro i perpetui”: “…la mattina dopo le primarie - molto presto, ero deluso e stremato, negli studi di La7 - commentavo i risultati con Livia Turco e Willer Bordon. Dissi che quattro milioni e mezzo di votanti significavano una precisa intenzione; gli elettori avevano detto all'unisono: “Lasciate fare a Prodi”. Livia Turco era oltraggiata, livida, quasi l'avessi insultata: “I partiti sono importantissimi, é in gran parte merito loro se le primarie sono state un successo!”. Se un politico si ritrova nelle condizioni di essere ben visto dal popolo attira su di sé tutti i malumori della creatura che si sente scavalcata. Nel Partito Democratico di Bologna risulta particolarmente significativa in tal senso la storia di Maurizio Cevenini. Il Cev - come lo chiamano i fan - possiede un curriculum di tutto rispetto: è simpatico, ha sempre la battuta pronta, è il più richiesto presentatore di tombole nei centri anziani di tutta la provincia, è amatissimo dai tifosi del Bologna, è un ospite fisso nelle trasmissioni locali, è un ambito celebratore di matrimoni, possiede oltre diecimila amici su Facebook. Quando si presenta ad una consultazione - elezioni o primarie poco cambia - incassa una valanga di preferenze, mediamente circa quattro o cinque volte di più rispetto ad ogni altro candidato sostenuto dalle dirigenze locali. Come lui stesso afferma, i suoi voti, vengono tutti “dal di fuori”. La logica dovrebbe indurre i dirigenti a candidare Cevenini nelle competizioni elettorali più importanti: se da solo è capace di tanto, cosa potrebbe fare se lo sostenesse l'intero partito? Questa è la domanda alla quale bisognerebbe rispondere prima di scartare il candidato Cevenini. Senza contare che i vertici dovrebbero, quantomeno, studiare il fenomeno e non ripudiarlo o, ancor peggio, bollarlo come il frutto di una “simpatia” scaturita nella cittadinanza per frivole ragioni. Invece, il buon Cevenini, viene sempre sballottato da una carica ben remunerata all'altra in cambio della sua abdicazione o meglio di una “non candidatura”. Ai giornalisti che domandano le motivazioni di questa avversione lo si dileggia con uno slogan: “Cevenini? C'è di meglio!” Così ha risposto una “collega” di Cevenini eletta in parlamento dal Pd. Tutto, si può fare, ma non rendere inutile la creatura. Se Cevenini vince: vince da solo. Se vince da solo non 96 Pagina 96 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 deve niente a nessuno. Stai a vedere che se non deve niente a nessuno finisce per governare facendo il bene di tutti e non quello della creatura. Non sia mai, anche Cofferati ha vinto da solo e si è visto com'è andata a finire. Questo si sussurra nei corridoi senza avere il coraggio di affermarlo ad alta voce. Il sospetto che la creatura sia all'origine dell'odierna decadenza della politica è così radicata che lo stesso Beppe Grillo, quando si è ritrovato ad organizzare il MoVimento 5 stelle, se n'è guardato bene dal concedergli una struttura simile a quella adottata dagli altri partiti. Stando a quello che scrive il movimento dovrà restare un agglomerato di individui dove “ognuno vale uno”, dove ognuno non è il tutto, non è l'insieme, non è la creatura. Grillo notifica nel suo libro che “il movimento possiede un non-statuto, non ha sedi, non ha referenti politici, né provinciali, né regionali, né nazionali e non ci sarà neanche il tesoriere… I referenti del movimento saranno le nostre liste civiche e i nostri meetup”. Il progetto 5 stelle nasce quindi come un modello antitetico, ovverosia, la negazione delle odierne organizzazioni, siano queste di natura politica o di ispirazione economica. Non è un caso se Grillo combatte con la stessa tenacia tanto i partiti quanto la Telecom. Intravvede, evidentemente, le stesse distorsioni in entrambe le organizzazioni. Il suo è quindi un esperimento di laboratorio dove cerca con tutte le forze di impedire la formazione delle “reti di relazioni degenerate” che pur concedendo la sopravvivenza ai singoli, finiscono per eludere gli scopi che l'organizzazione stessa si è data. Bisogna ricordare su questo che già Nicolò Macchiavelli, tra la fine del 1400 e l'inizio del 1500, affermava “che vi sia qualcosa nella composizione dei corpi politici (esattamente come accade a quelli organici) che li espone alla decomposizione una volta che abbiano terminato il corso stabilito dalla natura” (Federico Boni citato a memoria). Come dire che i partiti, la creature, cessano di vivere dopo aver raggiunto gli scopi che si sono dati. Subiscono la stessa sorte quando li dimenticano o, ancor peggio, li aggirano. Paradossalmente, il comico genovese, l’Albert Sabin dell'antipolitica (le parole “antipolio” e “antipolitica” sono in tal senso profeticamente simili) è l'unico che sta cercando un vaccino capace di salvare i partiti e con loro l'intero paese, perchè, che piaccia o meno, la democrazia non potrà mai fare a meno delle associazioni politiche. Il MoVimento 5 stelle si presenta pertanto come un “partito di eletti” che non deve sottostare a nessun'altra forma rappresentativa antagonista ovverosia alle convenzionali strutture di partito, tutt'al più deve tenere in considerazione gli esiti delle votazioni che sono il frutto di episodiche adunanze. Il movimento è un'organizzazione “in potenza”, un’associazione compressa, ma decomprimibile, molto simile ai formati usati nelle moder97 Pagina 97 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 ne tecnologie digitali che permettono lo scambio dei file di grandi dimensioni ridotti da “un algoritmo di compressione”. Finalmente qualcuno incomincia ad attingere spunti dalla realtà, in questo caso dalle innovazioni tecnologiche. In contemporanea con il comico genovese, lo stesso Walter Veltroni durante la costruzione del Partito Democratico propose un’organizzazione che possedesse una “forma liquida”, ma fu subito strangolato dalla creatura prima che potesse ultimare l’opera. Ed è da questo primo obiettivo mancato che si è originato il catastrofico fallimento del Partito democratico. Non si è voluto capire che il superamento di due realtà politiche diverse, quali Ds e Margherita, doveva accompagnarsi ad una riforma radicale dell’organizzazione politica. Caduto il Pd resta in buona salute solo la “non - creatura a 5 stelle” e tutti si chiedono se continuerà a mantenere il vigore che la contraddistingue. Ci si domanda anche se ce la farà a costruire un programma politico attraverso lo stesso procedimento che ha visto nascere il software libero Linux, unico antagonista della Microsoft (per chi ancora non lo sapesse ricordo che Linux, come l’enciclopedia Wikipedia, sono frutto di procedimenti creativi di natura collettiva e volontaristica). L'inizio non è entusiasmante da questo punto di vista, malgrado gli eccellenti risultati elettorali ottenuti dal MoVimento, ma quantomeno bisogna premiare l'audace tentativo di mettere in piedi un'alternativa che si opponga ai due soffocanti modelli partitici, quello del “partito azienda” e quello del “partito cooperativa”. L'importante per Grillo non sarà riconfermare il risultato, e nemmeno continuare a testimoniare un dissenso, ma resistere per il tempo che serve alla costruzione di una nuova e avveniristica organizzazione politica. Al momento attuale non resta che studiare i partiti “classici”, dove la repressione dei più capaci continua ad essere l'unico strumento che permette ai “soliti noti” di mantenere malamente in piedi lo stato di fatto. Anzi si faccia molta attenzione a come i partiti abbiano finito per individuare un'ulteriore ragione per giustificare questa “Little Bighorn” dei cervelli. Se è vero che una persona di talento può trovare un lavoro al di fuori del partito, lo stesso non può dirsi di un incapace che perdendo il posto all'interno dell'organizzazione finisca disoccupato. Ergo: l'incapacità di un individuo è direttamente proporzionale al grado di controllo che può essere esercitato sullo stesso. Più l'individuo è inadeguato al mondo e più sarà governabile da coloro che lo hanno scelto, nutrito e mantenuto. Questo spiega perché Alexis de Tocqueville ha scritto: “Al mio arrivo negli Stati Uniti fui molto sorpreso fino a qual punto il merito... fosse scarso nei governanti... Quando voi entrate nell'aula dei 98 Pagina 98 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 rappresentanti a Washington restate colpiti dall'aspetto volgare di questa grande assemblea. Invano voi cercate un uomo celebre, quasi tutti i suoi membri sono oscuri personaggi il cui nome non vi dice nulla”. (La democrazia in America). Ogni uomo e ogni donna che finiscono in questi frangenti (dove i meriti sono spartiti come bottini di guerra, i talenti perseguitati e le vittorie divise come torte di compleanno) si sciolgono come neve al sole. Viene quindi da domandarsi come possano accettare di perdere se stessi con tanta leggerezza. La “contropartita” offerta dai partiti all'annullamento delle capacità è rappresentata da una sorta di “elisir di lunga vita”. Come dire: rinunciate a voi stessi, a ciò in cui avete sempre creduto e vivrete - non in eterno - ma senza essere oppressi dai problemi che affliggono i comuni cittadini! Alla firma di questo patto faustiano consegue che ogni decisione assunta dall'organizzazione verterà sull'annullamento di tutti i rischi nei quali potrebbe incorre il firmatario. Il principio di “collettivizzazione delle vittorie e dei meriti” è così traslato alle sconfitte. I mezzi usati per raggiungere l’obiettivo sono svariati. Attorno ai leader si generano organi direttivi oclocratici. Esecutivi, coordinamenti, comitati di affiancamento, non importa conoscere la loro reale funzione, ciò che conta è che siano formati da membri che rappresentino tutte le anime della creatura. Le decisioni fondamentali sono quindi prese in accordo con tutti. Questa regola non è nemmeno più taciuta, anzi si guadagna i caratteri cubitali dei giornali. “Veltroni: Bersani mi accusa? Tutte le decisioni le abbiamo prese insieme” - ha titolato Repubblica il 23 luglio 2009. All'interno dell'articolo, il primo presidente del Partito Democratico, rispondendo a chi gli incollava addosso le ragioni della sconfitta, ha dichiarato: “non può dire che veniva da un altro pianeta, ci riunivamo tutti i martedì, abbiamo preso collegialmente decisioni difficili, non ho deciso nulla da solo, non ho una vocazione leaderistica”. Una dichiarazione sincera che dimostra quanto la sconfitta possa essere equamente divisa. A questo punto, vincere o perdere diventa ininfluente e i gruppi di potere restano al loro posto malgrado tutto quello che accade nel mondo. Concorda anche Gianfranco Burchiellaro, ex Sindaco di Mantova, che in seguito alle elezioni che hanno consegnato la sua città alle destre, sul Corriere della Sera (13 aprile 2010) elenca le cause della caduta: “Avete mai visto un gruppo dirigente che nonostante una serie impressionante di sconfitte continua a rimanere al suo posto? Il Partito democratico negli Stati Uniti non si sognerebbe mai di farlo, lo stesso accadrebbe in ogni 99 Pagina 99 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 altro paese civile. Ecco a Mantova e in Lombardia sta succedendo esattamente questo. Si insiste su una forma di partito priva di ogni senso, dove contano solo gruppi dirigenti che prevalgono in base ai pacchetti di tessere che riescono a garantire. E invece i gruppi dirigenti vanno selezionati in base ai risultati e non sulla base della subalternità ai referenti politici nazionali”. Se tutti hanno deciso, tutti hanno sbagliato, e quando tutti sbagliano nessuno può essere condannato. La creatura resta al comando, ma la cristallizzazione che la farà affondare è già incominciata. In Puglia a Niki Vendola viene contrapposto Francesco Boccia e poca importa che alle primarie precedenti del 2005 avesse perso sonoramente contro lo stesso avversario che dovrà affrontare di nuovo per la seconda volta. Vendola batte nuovamente Boccia e si presenta alle elezioni dove sconfigge il candidato del Centro-destra e viene rieletto. La lotta non si consuma più tra il Partito Democratico e il Popolo delle libertà, ma tra la creatura, tra i tutti divenuti uno, ovverosia il partito, e il politico di talento. Casini plaude alla scelta del Partito democratico che ha candidato Boccia contro Vendola, lo vuole assolutamente anche se ha già perso le primarie precedenti. Nulla di che stupirsi, Pierferdinando in Emilia, al presidente uscente Vasco Errani ha contrapposto Gian Luca Galletti da poco sconfitto alle provinciali del 2009 dove correva come presidente in antitesi ai candidati del Pd e del Pdl. Intendiamoci, Galletti è un politico di grande esperienza che non è certo facile da rimpiazzare, ma i partiti come l'Udc, se veramente credono nei giovani, devono dimostrarlo candidandoli. La lista dei “perdenti riproposti” è fin troppo lunga per essere riportata integralmente e ci si deve accontentare di questi due esempi per comprendere come l'odierna competizione politica sia dominata sempre dagli stessi giocatori. Ritenta e sarai più fortunato, è il motto dalla creatura. Come se la vittoria, dai oggi e dai domani, prima o poi dovesse toccare a tutti. Il quadro è chiaro e non resta che prenderne atto. Si sono creati dei gruppi di potere immuni alle conseguenze che derivano dagli errori o, peggio ancora, dalle sconfitte. Se nel mondo reale chi sbaglia paga, in politica chi cade in fallo viene premiato. Ed è questo l'aspetto più dolente di tutta la questione: tanto le sconfitte quanto le vittorie sono diventate dei fenomeni di pura apparenza e le interminabili discussioni impostate su chi ha vinto e chi ha perso le ultime elezioni sono degli “specchietti per le allodole” buoni solo ad illudere gli elettori che la “selezione naturale” vale per tutti e ancor di più per i partiti. Falso! I partiti non possono fallire perchè godono di lauti finanziamenti. Non si meraviglia quindi più nessuno se la giornalista del Corriere, Maria Teresa Meli, alla vigilia delle 100 Pagina 100 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 primarie del 2009, ha raccolto da Beppe Fioroni questa emblematica - per quanto sintetica - dichiarazione lampo: “Io, comunque vada, vinco”. Proprio così. Chi appartiene ai giri dell'alta politica si trova nel casinò del paese dei balocchi, dove si vince sempre. A pagare il conto dei bari - solo i bari non perdono mai - sono i cittadini che si ritrovano con una classe politica irremovibile, vecchia, senza lo straccio di un'idea e un paese sull'orlo del baratro. Se anche qualcuno riesce ad entrare in Parlamento, come Scalfarotto, Marino o la stessa Debora Seracchiani, il cui iniziale entusiasmo è apparso come una ventata d'aria fresca insufflata nell'asfittica stanza dell'obitorio politico, viene subito fagocitato da una forma organizzativa morente, non premiante, devastata dalle guerre intestine e infine digerito. Ma c'è una logica superiore rispetto a questo difendersi vicendevolmente, a tutte queste mani che lavano le altre. Il potere di dispensare immortalità serve tanto ai politici, quanto alla creatura, a quello stesso partito che potrebbe ritrovarsi in determinate circostanze a compiere scelte difficili e profondamente impopolari. L'indulto, le leggi “ad personam”, il risarcimento concesso alla Libia in piena crisi economica, da sinistra a destra, viene da chiedersi come un parlamentare possa avvallare, se non persino diventare l'artefice, di iniziative di questo genere se non fosse assolutamente certo di farla franca. Questi fautori di assai poco lodevoli lodi, le madrine di indulti e i padrini di altre leggi vergognose, sono sempre e puntualmente riconfermati in Parlamento. Qualora dovessero diventare così impresentabili da far perdere voti al simbolo del partito, riceveranno comunque la danarosa poltrona di un consiglio di amministrazione, di una comunità montana, di una partecipata, o di un ente di secondo grado. Ed è così che il dissenso diventa una lucrosa fonte di guadagno per i traditoridel popolo. I famigerati enti inutili, le contestate “comunità montane senza montagne”, entrambe popolate dagli esponenti della famigerata casta di cui tanto si è detto e scritto, servono come ricoveri per tutti quei politici investiti dall’immortalità. Tutto torna, tutto è chiaro. A coronamento di questa “sopravvivenza forzata” sono state introdotte nei sistemi elettorali, non solo italiani, queste ridicole “liste bloccate” che permettono a chiunque, anche ad un ferro da stiro arrugginito, di entrare in Parlamento. Sono solo l'ultimo ritrovato della “rappresentatività impositiva”, rivisitazione in chiave moderna della decisione episodica che permise a Caligola di investire il suo cavallo della carica di Senatore. Ed è bene non dimenticare mai che con un sol colpo di spugna si è cancellato il rapporto “causa - effetto” dal sistema elettorale. Deputati e Senatori non sono più eletti dal popolo, ma sono nominati dai partiti, anche se sarebbe meglio defi101 Pagina 101 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 nirli dei “beneficiati” che molto raramente si oppongono a chi ha concesso loro il “beneficio” e cioè la “carica” di eletto. Ecco spiegato perché Senato e Parlamento si sono riempiti di “Onorevoli Wanted” la cui fedina non si è sporcata sulle barricate, difendendo i fiumi dallo sterco di maiale o picchettando le fabbriche o per qualche altra ragione di principio, ma per corruzione, abuso d'ufficio, truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato, favoreggiamento e quant'altro. Ma che importa, forse, avevano un mandante che ha preferito premiarli anziché ripudiarli. Chi è il vero colpevole? Il partito, la creatura, quel gioco perverso di relazioni e ignobili convenienze che determina l'immortalità. “La faccia finita!” lo fermò la Pubblica accusa che sembrava aver recuperato una forza inaspettata e continuò chiedendo: “Vuol forse raccontarci che la soluzione sarebbe quella di abolire i partiti?” Sorrise beffardamente come se sapesse di avere già in tasca la risposta e con fare convinto arringò: “Posso anche essere d'accordo con lei, con un rapinatore di banche, ma solo se riuscirà a dimostrarmi che la democrazia può esistere anche senza di essi. Perché come disse quel tale, la democrazia è costosa, fallace, ma non esiste un'alternativa” Dopo di che si avvicinò all'imputato e gli chiese: “Ci vuole spiegare come possiamo fare a meno dei partiti?” L'imputato non fu colto alla sprovvista perchè si era immaginato, che prima o poi, gli sarebbe stata rivolta una domanda del genere. Abbozzò un sorriso e rispose. La recluta dei Marines “Palla di lardo” viene addestrata dal Segente Hartman che farà di lui una macchina da guerra Pagina 102 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Partito vs Nuvola nera - “La società in cui viviamo ha in sé una contraddizione mostruosa: la tecnologia è moderna, ma l’organizzazione sociale è arcaica. Sono anni che i politici cianciano della necessità di avere un maggior numero di scienziati, di tecnici e così via. Ma pare non capiscano che esiste un numero assai limitato di sciocchi” - “sciocchi?” - “Sì, la gente come lei e come me, Geoff. Noi siamo gli sciocchi. Siamo noi a pensare per una massa sorpassata di deficienti e poi ci lasciamo prendere in giro perché costoro sono più trafficoni di noi” L a n u v o l a n e r a ” di Fred Hoyle “L Tornando da Carpi a Bologna pianificai i giorni seguenti valutando il tempo che mi sarebbe servito per organizzare la rapina e senza volerlo incominciai a riflettere su come i media avrebbero raccontato tutta la storia. Mi convinsi che avrei dovuto produrre un effetto “spaesante” esibendo, almeno durante i giorni precedenti al colpo in banca, l’esistenza tranquilla del grigio burocrate di partito. Così, giunto a casa, presi carta e penna e scrissi una decina di lettere ai vari responsabili del PD informandoli che non nutrivo alcun rancore verso i compagni, compreso Salvatore Monarca, l’artefice occulto della mia sconfitta. Per fugare le voci che circolavano - il Corriere della Sera aveva persino scritto che ero finito a fare il lavapiatti in una pensione della riviera - li rassicurai in merito alle mie condizioni economiche informandoli che disponevo di tutto il necessario per vivere agiatamente per almeno un anno. Concludevo la missiva, come si usa dire, mettendomi a disposizione del partito, pur sapendo che al Partito Democratico non importava nulla di come me la stavo passando. Non volevo assolutamente essere messo alla porta o degradato dalle cariche che mi ero così faticosamente guadagnato: responsabile della comunicazione e membro della 103 Pagina 103 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Direzione Regionale eletta al congresso regionale di Riccione. Se ciò fosse accaduto la storia dell’alto dirigente finito a rapinare le banche avrebbe perso gran parte del suo fascino. Or dunque, quando un mio ex collega consigliere mi domandò se ero disponibile a dargli una mano diventando un sostenitore della mozione Marino accettai di buon grado. Mi diede appuntamento alla sede di via Murri dove non vidi nessuna faccia conosciuta tolta quella del vecchio e battagliero Serra che con quel codino legato dietro alla nuca sembrava essere appena uscito dal set del film “Pirati dei Caraibi”. Gli dicevo sempre che se avesse indossato una gamba di legno e posato un pappagallo sulla spalla avrebbe certamente trovato lavoro come comparsa a Gardaland. Passai davanti alla sala principale dove un ragazzo alla Robert Downey Junior illustrava pregi e difetti del candidato Ignazio Marino. Mi sembrò il meeting di preparazione di una squadra di agenti assunti per piazzare sul mercato un nuovo prodotto. Continuai a camminare fino a che non mi ritrovai davanti all’uomo che mi aveva reclutato. Antonio Lomumo, un avvocato diventato famoso per aver fondato un’associazione che difende gratuitamente i senzatetto. Possedeva la parlantina svelta dei venditori di tappeti pakistani ed era stato tra i primi, in tempi non sospetti, a spronarmi affinché mollassi il partito verde, che a suo dire era infestato dai perditempo, per aderire al PD. Per questo ho sempre creduto di essegli simpatico e il fatto che si fosse ricordato di me, malgrado la mia caduta in disgrazia, dimostrava che non mi ero sbagliato. Stava finendo di istruire un certo Frisola che conoscevo da tempo immemorabile, un tale che nella sua vita ha militato nell’intero arco dei partiti, passando da uno all’altro, dopo aver litigato con tutti. Mi salutò frettolosamente dicendo che se mi avevano “trombato” alle comunali mi stava bene. Che accoglienza! Secondo lui non avrei mai dovuto pubblicare un libro di vignette perché la politica va presa seriamente. “Mica ci si può ridere sopra come fai tu” sentenziò. Non lo degnai di una sola parola mentre andavo a sedermi davanti a Lomumo che mi parve molto felice di avermi ritrovato stando a tutte le feste che mi fece. Mi aveva preparato personalmente il kit del presentatore di mozione. Aprendo la carpetta trovai gli indispensabili “ferri del mestiere”: una breve biografia di Ignazio Marino appuntata a quella di Thomas Casadei, il candidato regionale collegato alla mozione nazionale; il testo della mozione in versione integrale; una versione ridotta; un’altra schematica, suddivisa per punti salienti. Nelle note a piè di pagina si consigliava di tenere quest’ultima sott’oc104 Pagina 104 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 chio durante l’esposizione. Infine, sotto i fascicoli trovai una minuta “non ufficiale” dove erano esposte le differenze sostanziali tra il “nostro” candidato e gli altri. Considerazioni risapute che pur tuttavia non potevano essere ufficializzate per paura di irritare le squadre avversarie. Come dire che andavano usate se qualcuno dei presentatori avesse deciso di alzare il tiro. Le cito a memoria: Bersani è favorevole alle alleanze, compresa quella con l’Unione di Centro mentre Marino non ha preclusioni di sorta, ma qualsiasi alleanza può essere sancita solo dopo aver firmato un programma chiaro. I nodi che possono generare conflitti tra posizioni politiche diverse devono assolutamente essere sciolti in anticipo e non dopo aver vinto le elezioni. Ricordare sempre alla platea che Salvatore Cuffaro è una delle punte di Casini. Se Bersani si allea con l’Udc si accolla anche Totò vasa vasa. Altro punto: i sostenitori della mozione Franceschini hanno posizioni politiche troppo distanti tra loro. Si va dalla cattolica Binetti, passando per la Serrachiani, per finire a Cofferati. Non riusciranno mai a governare il partito se dovessero vincere! La costituzione del PD si è fondata fino ad oggi sull’antagonismo esistente tra Veltroni e D’Alema. Marino è indipendente da entrambi e rappresenta l’unica vera offerta programmatica. Noi non abbiamo nient’altro che le nostre idee per farci strada. Eccetera… Seguiva un lungo elenco di ragioni che rappresentavano quelle che David Ogilvy avrebbe chiamato reason why se avesse dovuto“vendere” il Senatore Ignazio Marino agli elettori. Sembrava l’inizio di una corsa automobilistica. Pierluigi Bersani in pole position, segue Franceschini e dietro ancora si trova l’outsider Ignazio Marino. Mancava meno di una settimana al via! “Durante la tua esposizione c’è un dettaglio che è stato da più parti nascosto e che devi trasformare nella chiave di volta della presentazione ” mi disse Lomumo - “Quelle che si terranno non sono le primarie vere e proprie, ma si tratta di una votazione interna che serve per raccogliere il numero minimo di voti affinché ciascun candidato possa partecipare all’elezione del segretario nazionale. Come dire che coloro che voteranno per la mozione Marino potranno poi votare per Bersani o Franceschini alla votazione vera e propria che si terrà alla fine di ottobre. Tutto ciò deve essere ribadito per dimostrare che si tratta di un voto che non è concesso alla persona, ma all’idea che il nostro dibattito interno debba avere un’impostazione pluralista senza necessariamente ridursi ad uno scontro tra i franceschiniani, exveltroniani e i bersaniani filo dalemiani. Capisci cosa intendo? ” Risposi che mi era chiaro. Ignazio Marino serviva per drenare i voti degli scontenti e per attrarre quelli di chi ancora si aspettava dal Partito 105 Pagina 105 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Democratico una linea politica chiara, riconoscibile, laica, di sinistra, e non un guazzabuglio appiattito su vuote alleanze post democristiane o isterico comuniste. Marino era quello che i miei vecchi compagni avrebbero chiamato un “baleniere”, un cacciatore di cetacei stufi di nuotare nella solita vecchia minestra. In effetti, come mi accorsi durante il tour delle serate di presentazione, le idee di Marino accendevano una luce alla fine del tunnel Fu così entusiasmante battersi per delle buone ragioni che in un batter d’occhio mi ritrovai alla fine dell’ultima presentazione che si teneva in un circolo sperduto sui monti dell’Appennino: “Concludo dicendo che questa sera non si voterà per il segretario del PD, ma si voterà per consentire ai tre candidati di partecipare alle primarie. Se credete nel talento dei vostri figli, nella laicità dello Stato e nella rivoluzione verde iniziata da Barak Obama negli Stati Uniti, alla quale il nostro Paese non si deve assolutamente sottrarre, o se quantomeno ritenete utile che questi temi, insieme agli altri che vi ho appena illustrato, trovino posto all’interno del dibattito, se sono riuscito a convincervi di questo, votate per la mozione di Ignazio Marino! Così facendo contribuirete a mantenere vivo il pensiero di quel grande filosofo che ci ha lasciato in eredità queste parole: non condivido quello che dici, ma sarei disposto a dare la vita pur di fartelo dire. Se votate Marino, voterete Voltaire!”. Ci fu un attimo di silenzio tanto che pensai di aver usato troppe volte la parola “votate” e solo quando incominciai a domandarmi se non avessi sbagliato qualcos’altro, scoppiò un applauso fragoroso. Alcuni dei presenti si erano alzati in piedi per applaudire e malgrado sapessi che non significava nulla in termini di voti mi fece piacere sentire quel caloroso scalpitare di mani attorno a me. Anche una sola preferenza sottratta a Bersani era un mattone tolto all’Onorevole Monarca che faceva parte del fior fiore dei bersaniani. Ammetto che malgrado la vendetta non mi abbia mai affascinato incominciavo a provare piacere se la sentivo vagire nel profondo dell’anima. Come non dar corda a questo spregevole 106 Il Parlamentare Europeo Salvatore Monarca, detto “Caronte” Pagina 106 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 sentimento, carezzandolo, nutrendolo, curandolo ogni giorno, in modo da farlo crescere forte e robusto? Ero stato l’ultimo dei relatori. Da questo momento saremmo dovuti restare in silenzio mentre gli iscritti intervenivano perorando le ragioni a favore dell’una o dell’altra mozione. Ne approfittai per dare un’occhiata intorno a me. Un filo di polvere ricopriva ogni cosa. In un angolo vidi una libreria con l’intera opera di Gramsci, quattro copie uguali del Capitale, consumate a tal punto da essere tenute insieme da un elastico, e una raccolta di volumi stampati dagli Editori Riuniti che spaziavano un po’ in tutti i campi. Alcune foto in bianco e nero di Berlinguer erano appese ai lati della stanza, mentre sulla parete di fondo pendeva una bandiera dei Democratici di Sinistra che era rimasta al suo posto malgrado il succedersi degli avvenimenti. Quella grande quercia ricamata sovrastava il nutrito gruppo di vecchi compagni che avevano tutto l’aspetto di essere rimasti a presidiare una “Fortezza Bastiani” dove il cambiamento, al pari dei Tartari, non sarebbe mai comparso all’orizzonte. Li avevo osservati fino a convincermi che solamente loro erano i colpevoli della mia mancata rielezione. Se non loro in prima persona, per essere più esatti, lo era quel gioco di cui facevano parte. Proprio così, avevo imparato a mie spese che gli iscritti ai circoli del Pd, primancora ai DS, sono sempre stati usati dalle dirigenze per selezionare “gli ultimi arrivati” colpevoli di non essersi accodati al gregge. Come dire che tutta questa umanità senescente ha sempre obbedito al partito e votato secondo le indicazioni fornite per mano del presidente di circolo. Si tratta in gran parte di anziani convinti di rappresentare la parte più importante dell’unico soggetto politico capace di governare il paese con assoluto rigore, onestà e profondo senso di giustizia. Gente con “la schiena dritta”, come direbbe Bersani. Persone perbene che non immaginano nemmeno lontanamente cosa stiano facendo al piano di sopra per accaparrarsi e dividersi i loro voti. Così che quando si accorgono che una gazza ladra è stata fatta passare per un canarino diventano delle belve assetate di sangue come nel caso del Sindaco Delbono e dei suoi presunti viaggi “di piacere” pagati dalla Regione. La maggior parte di questi fedeli che il Professor Sofri definì “militanti antichi e devoti”, provengono da forme associative collaterali ai circoli del partito quali possono essere i piccoli e i grandi sindacati, da quelIl senatore Ignazio Marino 107 Pagina 107 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 lo degli inquilini alla Cgil. Ma si pesca anche nei centri anziani, nelle polisportive, nelle bocciofile, nelle associazioni ricreative e nei gruppi di promozione sociale, da una rosa di strutture che lavorano in parallelo al partito pur mantenendosi a debita distanza. Una volta cooptati, gli iscritti saranno suddivisi nei circoli territoriali di appartenenza diventando l’indispensabile parte viva e attiva del partito. Discuteranno documenti e voteranno mozioni facendo la fortuna (o la fine) di politici, candidati e leader. Ma con la sola politica non si tengono accesi gli entusiasmi e per questo, tenendo un piede nel circolo e l’altro nell’associazione collaterale, si organizzano feste dove si mangia, si beve, e si balla. Crescentine, sottaceti, albana, una bella tombolata e in chiusura di serata: filuzzi, fisarmonica, spumante a volontà. Le feste del pesce, del cinghiale e delle povere rane fritte si moltiplicano a dismisura. Tutto quello che serve dev’essere fatto pur di mantenere fidelizzata una massa di manovra che ha sempre permesso alle dirigenze di pilotare gli esiti di un congresso o determinare la composizione di un Consiglio Comunale attraverso una distribuzione mirata di bigliettini con indicato il candidato prescelto. Il povero candidato che non può contare sull’appoggio di un presidente di circolo e si presenta alle elezioni deve combattere contro sfidanti che ricevono la maggior parte dei loro voti senza aver mosso un dito o fatto la benché minima fatica. Il partito indica il “predestinato” e il circolo lo vota. Per il neofita che deve partire da zero (e non da un + 400 preferenze) non c’è nessuna speranza di vincere. Proprio così, in democrazia c’è chi si conquista i voti e chi li riceve d’ufficio dall’organizzazione, un altro trucco con il quale si potrebbe far eleggere “Otzi la mummia” come segretario nazionale. Ma questa comunità che si genuflette al Dio del bigliettino và lentamente scomparendo e molti “devoti” hanno incominciato ad esserlo un po’ meno. Fidarsi é bene, ma non a prescindere. Il “cibo precotto”, preparato al piano di sopra, va quantomeno assaggiato e da tempo si assiste ad un certo “imprevedibile” rinnovamento tra le file del Partito Democratico. Avvilente e terribile: ero stato battuto da un potere occulto sprigionato da un piatto di crescentine fumanti. Soprafatto da nonni gementi e giustiziato da un manipolo di canute adepte della polka. Ucciso a colpi di carciofini. Bastonato dai salami. Affogato nel lambrusco. Si alzò dalla sedia il più anziano del gruppo, un tipo robusto, dal volto rubizzo e dalla pelle incartapecorita sulle guance. Aveva tutta l’aria di essere il più importante ristoratore della zona. Un uomo che si è fatto da solo, prima zappando fino a farsi venire i calli nelle mani e poi mettendo a frutto i soldi guadagnati nella più rinomata trattoria di tutto il circondario. 108 Pagina 108 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Chiese la parola con una voce per nulla intimorita: “Mi chiedo per quanto tempo ancora dovrà andare avanti questa storia” – disse con marcato accento bolognese – “ma io dico, possibile che nessuno di quelli là che stanno a Roma se ne rende conto? Dimmi mo te cosa ci stiamo a fare noi qui, se poi vengono fatte ‘ste primarie e arriva a votare della gente che non si è mai vista prima qua dentro? Per questo voterò Bersani che ci rimette a posto il partito com’era prima perchè abbiamo bisogno di un meccanico, mica di chiacchiere” In un lampo mi apparve la verità, quel genere di verità che con grande disinvoltura spoglia il “nocciolo della questione” dalla buccia, da tutti quegli inutili fronzoli nei quali se ne stava nascosto. Walter Veltroni, istituendo le primarie, aveva aggiunto un’incognita al mare magnum di strategie, artifici e trucchi usati dai burocrati di partito per ottenere ciò che volevano. Walter era quindi diventato un nemico della creatura colpevole di aver messo in pericolo il sacro equilibrio interno da sempre edificato sui giochi di potere derivanti dal possesso delle tessere, perché le tessere, come si vedrà più avanti, rappresentano la creatura, ne definiscono il perimetro, il peso, la grandezza delle membra. Quel vecchio militante scontento che avevo davanti non capiva quindi perché una persona avrebbe dovuto iscriversi al partito, militare al suo interno, pennellare striscioni, “ciclostilare” volantini e cuocere salsicce alle feste dell’Unità se qualcuno “che non si era mai visto prima” poteva dire la sua alle primarie esercitando lo stesso potere di un iscritto al partito dalla notte dei tempi. Non a caso, durante quel tour di presentazioni, quando i presentatori delle altre due mozioni si mettevano a litigare dietro alle tende, il bersaniano finiva sempre per rimproverare al franceschiniano che “Veltroni aveva umiliato i poveri circoli”. Eccola là la creatura che spunta fuori nuovamente, ma questa volta è in compagnia. Qualcuno, o qualcosa, vuole competere con lei: “specchio, specchio delle mie brame: chi è la creatura più forte del Reame?”. In quel momento si trovavano davanti allo specchio due “identità collettive” che erano entrate in conflitto. La prima era quella del partito con i suoi iscritti, le dirigenze, le maestranze elette al seguito dell’esercito di opliti senili nutriti a cetriolini, mentre l’altra era rappresentata da una nuvola nera, di Hoyleiana memoria, formata da individui sconosciuti, per giunta esenti da qualsiasi logica di potere, che potevano al massimo essere definiti col termine di cittadini. Costoro, gli atomi della nube, non erano mossi da un tornaconto personale, fosse anche questo un ruolo marginale all’interno di un organigramma di potere, ma volevano dire ciò che pensavano punto e basta. Purtroppo per loro, così numerosi e variegati com’erano, nessuno 109 Pagina 109 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 sarebbe riuscito a governarli con la stessa facilità di gioco fornita dal “monopoli” fondato sui pacchetti di tessere. Tanto è vero che quando si concluse il giro di votazioni dedicate alle mozioni, in tanti incominciarono a temere che le primarie vere e proprie avrebbero potuto produrre un risultato diverso da quello previsto. Già, proprio così: cosa sarebbe potuto succedere se Bersani, la cui mozione aveva totalizzato il 55 % piazzandosi per prima, non fosse riuscito a riconfermare il risultato su di sé? Il partito ha votato la mozione Bersani? Il popolo preferisce Franceschini come leader! 1 a 1. Un pareggio, ma anche una sconfitta. Per la prima volta un partito ha rischiato di prendersi un sonoro ceffone dalla cittadinanza attiva. Quanto stava accadendo sarebbe dovuto essere un motivo per gioire della forza del popolo che penetra nei partiti per metterli alla prova. Al contrario si videro lampeggiare nel buio i risentimenti di chi rischiava di essere messo alla porta dalle Primarie. I rumour esondarono sulle pagine dei giornali. Paolo Franchi, sulle pagine del Corriere, dipinse così la situazione che si era venuta a creare: “per calcolo, per imperizia o per distrazione, o per tutte e tre le cose insieme, è stata innescata, potenzialmente, una specie di bomba a orologeria. Se un augurio si può fare al Pd è che il timer, per un motivo o per l’altro, vada in tilt”. Gli fece eco Paolo Pombeni, esimio politologo, che alla vigilia del voto mise in guardia il popolo da se stesso, da quel bambino viziato e volubile che dimostra sempre di essere: “Questa cosa (le primarie) è messa in mano a una platea di irresponsabili” e alla giornalista del Carlino che domanda se non si tratti di un giudizio un po’ troppo severo risponde: “Irresponsabili in senso tecnico. Voglio dire persone che oggi votano in un modo e domani in un altro. Gli iscritti, invece, sono responsabili perché hanno comprato le azioni del partito”. “Gli elettori invece no?” - lo incalza Rita Bartolomei . “No” – ribadisce il professore – “perché si muovono per vincere le elezioni, non per il bene del Pd”. Si accoda anche Luciano Violante che indignandosi con il giornalista de La Stampa, Enrico Martinet, dichiara: “…è impensabile che il Segretario di un partito non sia scelto dagli iscritti, ma dagli elettori” - ai quali si può tutt’al più rifilare il contentino di - “…essere coinvolti su grandi temi referendari, ad esempio la questione del nucleare”. Adduce infine un esempio a sostegno di questa opinione: “Sarebbe come se il gradimento del direttore di un quotidiano fosse dato dai lettori e non dalla redazione giornalistica”. Si spiega così perché tutti i giornali devono vivere di denaro pubblico. Evidentemente, si è deciso di finanziarli per evitare che siano i lettori, comprando le copie, a determinare chi è il direttore più capace. Ancora una volta non sono i numeri a dettar legge e neanche il libero mercato o il talento delle persone, ma solo le amicizie nei partiti e nei ministeri che fruttano la moneta sonante dei finanziamenti. Ecco allo110 Pagina 110 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 ra che i redattori diventano “fornitori di assenso” e il direttore un “rappresentante della redazione” in debito con la redazione che lo ha votato. Strada facendo i giornali diventano dei “metapartiti” al soldo delle forze politiche. Non c’è niente da fare, la politica appartiene alla creatura e chi vuole farne parte deve farsi dominare. La partecipazione non può essere lasciata al caso e tutto dev’essere fatto rientrare nello schema rituale di sempre. Emblematico è ciò che scrisse Max Weber a proposito della creatura e del leader: “ciò che egli (il leader) di fatto realizza in tali condizioni non dipende pertanto dal suo volere, ma gli è piuttosto prescritto da quei moventi dell’agire del suo seguito, per lo più eticamente meschini, i quali possono essere tenuti sotto controllo soltanto fino a che una fede sincera nella sua persona e nella sua causa animi perlomeno una parte dei suoi compagni. Non si tratterà mai della maggioranza di essi”. Tutto il resto è solo “sete di vendetta, di potere, di benefici e di bottino” Alla fine dell’ottobre di quel lontano 2009, Pierluigi Bersani, riconfermando il risultato delle votazioni interne al partito, fu eletto Segretario del Partito Democratico. Vinse il partito e vinsero gli impauriti nemici delle primarie. Il predecessore di Bersani, Walter Veltroni, sarà invece ricordato come il politico che ha spalancato le porte del partito al tanto temuto, quanto sconosciuto, popolo delle primarie. “Per quella felice intuizione” - scriveranno i posteri - “non gli fu concesso alcun riconoscimento se non la condanna a morte spiccata dalla creatura “unus et omnes” - midollo molle delle associazioni umane - che ha sempre temuto la forza del popolo più di ogni altra”. L’imputato fece una pausa e abbassò gli occhi. “Non ha risposto alla mia domanda” lo redarguì la Pubblica accusa. “No” – rispose senza timore – “non possiamo fare a meno dei partiti se è questo quello che vuole sentirsi dire. Ma quantomeno possiamo ridimensionare enormemente il loro ruolo, così da poter ridurre la creatura all’impotenza”. “Mi chiedo” – s’interrogò a voce alta l’Accusa –“e tutti in questa aula se lo chiedono, come mai lei non sia riuscito a combinare nulla. Eppure, per sua stessa ammissione, vestiva due ruoli importanti all’interno del partito. Ci spieghi tutto, ci spieghi perché in quasi due anni la sua attività dirigenziale è stata pari a zero”. “A questo proposito” - illustrò l’imputato - mi sia permesso di raccontare un aneddoto sull’accoglienza riservata ai progetti che proponevo al partito”. 111 Pagina 111 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 La tirannia del tempo presente Presi il treno per Roma in una fredda mattina d’inverno. Immaginavo che ad accogliermi nella Capitale avrei trovato un clima più mite, cielo terso e luce cristallina, tutt’altri colori rispetto all’opaco piombo dei cieli emiliani. Adoro Roma, ad eccezione del traffico tentacolare. Avrei voluto portare anche mio figlio con me, ma ci rinunciai dal momento che il partito non mi rimborsava nemmeno il biglietto del treno (...chissà mai dove andranno a finire tutti questi soldi del finanziamento pubblico?) Durante la riunione precedente, uno dei responsabili di Youdem, un signore corpulento dalla folta chioma argentata, aveva chiesto ai responsabili regionali di buttar giù un paio di idee da discutere all’incontro successivo. Eravamo andati lì per conoscere il piano di comunicazione nazionale e invece scoprimmo che eravamo noi a dover decidere come il Pd avrebbe comunicato. O meglio, loro avevano creato i contenitori come la tv Youdem, il sito, i blog, e a noi spettava il compito di riempirli. Questo è lo specchio dei tempi, si parte con la produzione dei contenitori vuoti senza preoccuparsi di cosa dovranno contenere. Ha proprio ragione Milena Gabanelli, il prezzemolo serve solo a rifilarci una vaschetta di plastica che costa sei volte di più di quello che contiene. Quando tornai a casa e informai la Federazione Regionale ci restarono di stucco abituati com’erano ad eseguire gli ordini impartiti dall’alto. Un vero capo, secondo loro, deve dirigere. Chiedere ai sottoposti di collaborare è un segnale d’incapacità. E giù a dirne di tutti i colori biascicando strane storie sulla buona gestione aziendale. Sembrava di sentir parlare mio zio che ha messo in piedi una catena di supermercati. Me ne infischiai di quello che pensavano Monarca e soci, tanto che presi quella richiesta con slancio. Finalmente si cambia! Mi dissi eccitato. La vittoria si gioca sul filo delle idee e non sulle raccomandazioni. Ero attraversato da uno stato febbricitante e pensai al progetto che avevo in mente per tutta la notte, girandomi e rigirandomi nel letto. La mattina dopo non misi nulla sulla carta per paura di perdere l’entusiasmo e la genuina spontaneità che ritengo debbano permeare le idee che sono esposte in pubblico per la prima volta. Dopo circa un mese mi giunse una e-mail che mi chiedeva di recarmi alla sede del Partito Democratico in via delle Fratte. Davanti all’ingresso trovai un soldato che imbracciava un fucile lucidato ad olio; passandogli davanti immaginai che mi avrebbe domandato chi 112 Pagina 112 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 ero e invece infranse l’aspettativa, sbadigliò e fece finta di niente. Salendo in ascensore incominciai a riflettere sull’intervento. Avevo una paura terribile di fare una brutta figura. La signorina con il cappuccino in mano mi guardò con lo sguardo sofferente. Mi ripresi dai miei pensieri accorgendomi che le porte dell’ascensore si erano aperte sul piano dov’ero diretto. Mi scusai e imboccai lo sconfinato terrazzo che domina Roma dall’alto e che funge da anticamera a cielo aperto della sala dedicata alle conferenze stampa che si vedono nei telegiornali. Sul lato destro si affacciava la stanza scelta per l’incontro. I miei colleghi scesi, o risaliti, dalle altre regioni si erano seduti attorno al lungo tavolo. Riconobbi soltanto l’Onorevole Gentiloni, responsabile politico del dipartimento e proprio mentre mi toglievo il cappotto comparve sulla porta Veltroni. Era sorridente, pettinato, e indossava un completo chiaro appena stirato. Con quell’aria felice sarebbe andato a pennello per interpretare Willy Loman in “Morte di un commesso viaggiatore”. Non mi si chieda perché, fu solo un’associazione casuale. Un tipo sul fondo aprì i lavori dopo aver chiesto la parola. Non ero mai intervenuto prima di allora. Agli altri incontri avevo assistito in silenzio fingendo di prendere appunti. Confesso che non mi sentivo per niente a mio agio. È una regola che mi sono dato: non parlare mai davanti ad una platea di cui non te ne sei fatto un’idea precisa in anticipo. Sentivo il cuore battermi nel petto e il respiro diventare affannoso, mi domandavo se ce l’avrei fatta a tenere in piedi il discorso senza perdermi in qualche vicolo cieco. Non aprire parentesi! Mi ordinai. Se le apri finirai per perdere il filo del discorso. Va sempre a finire così quando apri tutte quelle parentesi. Ne apri una, poi un’altra e alla fine non sai più come chiuderle. Non fare il fesso e fai vedere quello che vali. Come coach di me stesso andavo fortissimo. Feci segno che volevo intervenire al responsabile esecutivo della comunicazione, un tipo dallo sguardo intelligente, ma un po’ triste. Mi lanciò un’occhiata, tanto per capire chi fossi, e mi concesse la parola. Presi fiato e incominciai da una teoria che imputa la morte delle storie al proliferare incontrollato del tempo presente: “Se è vero che l’opera d’arte - come afferma Walter Benjamin - nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, è stata decontestualizzata dai suoi luoghi canonici di fruizione, allo stesso modo, le vite delle persone sono transitate dal privato al pubblico di pari passo con il diffondersi dei telefoni cellulari. Questi moderni strumenti di comunicazione rappresentano il primo passo di un fenomeno in veloce evoluzione che mira alla spettacolarizzazione delle esistenze umane. Anche se le nostre vite sono di una banalità disarmante, non importa. Per il solo fatto di essere esibite in pub113 Pagina 113 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 blico trovano in questo una loro ragion d’essere: diffondo il mio riflesso quindi esisto, anzi, più lo divulgo e più esisto. Non importa far sapere chi si è realmente, l’introspezione è roba vecchia, un arnese da romanzieri che richiede troppo tempo per essere assimilato. Meglio usare le immagini digitali o la loro trasfigurazione letterale in frasi ermetiche (i 140 caratteri di Twitter). Entrambe sono immediate, istantanee, come recita lo slang dei blogger, “arrivano subito”. Questa iper-riproduzione pornografica della propria esistenza ha prima comportato la morte delle cabine telefoniche (rifugi usati dagli antichi per conservare le conversazioni private*) e subito dopo ha preteso nuovi territori da occupare non accontentandosi più di quelli circostanti. Gli spazi coperti da una conversazione al cellulare ascoltata all’interno di uno scompartimento ferroviario, in autobus o dentro alla sala centrale di un ristorante, si sono rivelati troppo angusti. Ogni produttore di auto-pubblicazioni esistenziali mira ad aumentare l’audience emulando il comportamento di quei mass-media, prima fra tutti la televisione, che traggono la misura del proprio successo dalla quantità degli ascolti e non dall’indice di gradimento del messaggio. Facebook e tutti gli altri social network sono quindi nati per trasformare la vita privata delle persone in un reality show dove ciascun membro del gruppo diventa l’editore che intrattiene il pubblico stampando e diffondendo la propria esistenza nel momento stesso in cui si compie. Tutti i corpi virtuali si mescolano in un gioco di specchi dove gli editori diventano spettatori e gli spettatori si trasformano a loro volta in editori. Guardoni ed esibizionisti sono attratti da “impressioni flash” sparate dentro alla rete sotto forma di “attimi fuggenti surgelati”, “Madeleine Findus”, “frammenti esistenziali”. Un’esplosione di “istanti presenti” che finisce per ricoprire passato e futuro in un incessante mescolarsi di sacro e profano, di bello e di brutto, di inutile e prezioso. Lo spettacolo della realtà, ovverosia l’inconfutabile verità pornografica di ciò che appare per quello che è, senza più nessuna mediazione, falsificazione o filtro, si antepone ad un mondo dove i mezzi di comunicazione, al soldo della politica e dei monopolistici gruppi di mercato, procedono in senso contrario diffondendo informazioni distorte o fortemente compromesse dalle interpretazioni. I cittadini antepongono se stessi, i propri corpi, le proprie vite, a tutte le falsità che opprimono lo spazio reale. Per questo, tutti sanno quello che stanno facendo gli altri pur trovandosi in un posti diversi. Non si tratta di un fenomeno nuovo e gli antenati dell’”istant life” sono numerosi. Nella soap Sentieri, Charita Bauer interpreta Berta Bauer dalla versione radiofonica del 1956 fino a quella televisiva del 1984. Gli eventi salienti della vita di Charita, come la nascita di un figlio o la perdita della gamba causata dal diabete, si trasformano in puntate della fiction. Quando l’attrice muore 114 Pagina 114 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 anche il personaggio Berta la segue. Nicholas Ray in Nik’s film di Wim Wenders si spegne lentamente davanti alla macchina da presa. Tra la realtà e la finzione sfumano i confini mentre la televisione invade le case. In soggiorno o in camera da letto compaiono delle immagini colorate, nanificate, parlanti, docili come un pesce rosso e innocenti come un bambino. Tu credi di doverle educare e invece sono loro che ti addomesticano e a lungo andare si è finito per perdonare loro ogni stupidità, o peggio, per lasciarle fare, e dire, ciò che vogliono. Per la prima volta nella storia dell’evoluzione un’entità immateriale, solo apparentemente viva, è riuscita a condizionare un essere vivente. Per questo i politici hanno intravisto nella tv lo strumento più idoneo alla creazione del consenso, uno specchio magico che orienta le opinioni e influenza i comportamenti. L’apetto informativo ha così prevalso sugli altri facendo diventare la tv un distributore di avvenimenti. Film, telefilm e varietà sono diventati gli internmezzi collocati tra i telegiornali. I sistemi d’informazione collegati alla carta stampata, sorella flemmatica del tubo catodico, sono stati i primi ad adeguarsi alla richiesta di istantaneità. Le agenzie di stampa, ad esempio, hanno iniziato per prime a produrre notizie all’istante ben sapendo che la descrizione di un evento dev’essere assolutamente trasformata in un file di testo e pubblicata sul “server” senza attendere la sua naturale conclusione. Una volta compresa l’importanza della diretta, anche tutti gli altri media hanno così incominciato a catturare, riprodurre e trasmettere l’inarrestabile evolversi della realtà. Ogni avvenimento che accade in questo momento nel mondo si materializza un pezzo per volta attraverso una sorta di crescendo informativo. Un fatto ogni ora, un frammento dello stesso ogni mezz’ora, migliaia di messaggi ogni minuto, centinaia al secondo. Si tratta di un bombardamento che restringe, fin quasi ad annullare, lo spazio compreso tra un’informazione e l’altra, nell’ambizioso tentativo di dare vita ad un unicum temporale molto simile a quello che si genera nei social network. Ragion per cui ha preso piede una sorta di dittatura del presente dove il prima e il dopo, il passato e il futuro, hanno perduto ogni utilità e si sono estinti come animali rari. Persino le favole dei bambini non iniziano più con il rituale preparatorio del “c’era una volta”, ma con un improvviso annuncio: “ci sono i Simpson alla televisione!”. Proprio così, la televisione che ogni famiglia lascia perennemente accesa si è sostituita agli orologi e lo spostamento delle lancette è scandito dall’inizio e dalla fine di un programma. Il palinsesto della programmazione ha preso il posto del quadrante. Come il cucù della pendola Svizzera, l’altoparlante della tv chiama a raccolta gli spettatori interessati, mentre informa gli altri dello spazio temporale - mattina, sera, pomeriggio o notte - in cui si trovano. 115 Pagina 115 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Un’ulteriore conferma alla tirannia del tempo la si trova consultando i giornali o assistendo ad un notiziario televisivo con un paio di giorni di ritardo dal verificarsi di un accaduto importante. Capita spesso di non riuscire a capire cosa sia successo esattamente. Come se un “fatto esteso” si fosse trasformato in uno sceneggiato a puntate dove non compare nessun riassunto degli episodi precedenti. Questo accade perchè ogni notizia, dovendo apparire inedita, viene depurata e subisce l’asportazione di tutto ciò che appartiene al passato e quindi dei residui delle notizie precedenti. È interessante notare come l’attentato alle Torri Gemelle sia stato costruito per rispondere a questa vorace richiesta di eventi colti nell’istante esatto in cui si verificano. L’aereo che si è abbattuto sulla torre nord è stato ripreso soltanto dalle telecamere amatoriali puntate accidentalmente sul luogo del disastro, ma è servito a richiamare i cronisti sul posto che hanno potuto riprendere in maniera professionale, in diretta e con le telecamere montate sul cavalletto, il secondo aereo che si è abbattuto sull’altra torre. Il primo Boeing dell’American Airlines si è comportato come la “band supporter” che suona prima della rockstar per scaldare il pubblico, mentre il secondo aereo dell’United Airlines ha funzionato come la finale mondiale di un campionato di calcio. Se quella dell’informazione è una guerra, le immagini dirette dal regista Bin Laden hanno soprafatto le altre stando al numero di volte in cui sono state trasmesse. Sono riuscite ad “iconizzarsi” nella mente dell’umanità soltanto poche ore dopo la tragedia. Nulla ha finora preso il posto della voragine vuota che si è creata là dove un tempo si alzavano le torri gemelle. Per quale motivo? Forse per l’incapacità di creare un “alter-icona” più forte di un simbolo americano che finisce in mille pezzi? Vi chiederete a questo punto cosa c’entrano i politici in tutto ciò. I politici sono le prime vittime dell’attuale dilatazione del presente. Il ruolo ricoperto impone loro di essere sempre al centro dell’attenzione e li costringe ad avere una risposta su tutto ciò che accade. Senza averlo voluto sono diventati dei “dispenser di opinioni”. Il giornalista inserisce la monetina, pone una domanda, e loro elargiscono la risposta. Appaiono sui tele116 Pagina 116 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 schermi come fantasmi di mattina presto, ritornano all’ora di pranzo e continuano ad emettere suoni fino a notte fonda. “Ma chi sono? Chi sono quelle figure bercianti davanti a Palazzo Madama o con un corridoio di Montecitorio alle spalle?” Si chiedono i telespettatori. “Cosa provano? Amano e piangono? Vivono come noi? E da dove vengono? Sono forse fuoriusciti dai grossi baccelli verdi prodotti dall’invasione degli ultracorpi?”. Sono corpi vuoti senza una storia alle spalle. Otri ripieni di parole da pescare a caso, talvolta per comporre poesie dadaiste da gettare in pasto a folle di sconcertati lettori. Non è un caso se i consulenti di Ronald Reagan, che molto prima di noi si trovarono a dover fronteggiare la dissoluzione del tempo e dello spazio, abbiano deciso di porvi rimedio ricorrendo all’uso di artifici rubati alla narratologia. Mediante la ricostruzione del vissuto passato di Ronald Regan sono riusciti a ricongiungere il Presidente alla storia degli Stati Uniti e quest’ultima al popolo americano secondo uno schema simile a quello usato nel film Forrest Gump dove il percorso esistenziale del protagonista diventa, attraverso un’uso sapiente dell’empatia, la storia dell’America e dunque di tutti gli americani. Citai Evan Cornog quando afferma che: “…dalle origini della Repubblica americana fino ai giorni nostri coloro che hanno cercato di conquistare le cariche più alte dello stato hanno dovuto raccontare a chi aveva il potere di eleggerli delle storie convincenti sulla nazione, sui suoi problemi, e soprattutto su loro stessi, perché senza una storia giusta non c’è né potere né gloria”. Mi fermai per riprendere fiato. Non sono mai riuscito a tirarla tanto in lungo senza mai fare una pausa. Mi accorsi con piacere che chi avevo visto parlottare con il vicino si era girato dalla mia parte per ascoltare con attenzione quanto stavo dicendo. Non dovevo assolutamente allentare la presa ed ero pronto per il round finale. Continuai a ragionare affermando che “La Casta” non era un’inchiesta giornalistica, ma una raccolta di storie politiche. Una lunga serie di storie negative sui politici che avevano trovato un ambiente ospitale dove riprodursi e propagarsi. Tutto quello che restava della canonica comunicazione politica nella quale rientravano stuoli di ridondanti opinioni, mandrie di fatue prese di posizione e branchi di sterili comunicati, erano diventati dei signal hurdle**. Messaggi inutili che gli elettori annoiati saltavano a piedi pari. Se il Partito Democratico, più di ogni altro, aveva intercettato i malumori sprigionati da “La casta” - (come si sosteneva in tutte le sedi) - era necessario adottare gli stessi rimedi che la Nike aveva posto in campo quando si era trovata a dover fronteggiare la storia dei bambini sfruttati che cucivano i palloni in qualche sperduto paese del terzo mondo. Cosa aveva fatto la Nike? Non solo aveva rivisto le sue politiche commerciali introducendo regole ferree nell’aggiudicazione e 117 Pagina 117 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 nella gestione degli appalti, ma si era messa a scrivere storie sulla riconversione. Storie buone da opporre a quelle cattive. Storie da usare come antidoto al diffondersi incontrollato del presente. Storie di un partito nascente, storie di un’impresa epica. Tante storie per consolidare un sogno e rendere più umani i leader democratici”. Questo era il succo del mio progetto che avrei spedito a tutti all’indomani spiegando nei dettagli come declinarlo nella realtà. I circoli, per esempio, sarebbero stati rimodernati tecnologicamente fino a diventare delle Street tv. Questo e molto altro ancora. Fine! Non dissi nient’altro. Mi guardai attorno facendomi delle domande. Ero stato troppo prolisso? Spocchioso? O avevo messo troppa carne al fuoco? Un attimo di silenzio e incominciarono ad arrivarmi alcune benevole occhiate. Qualcuno mi sorrise, ma la maggior parte dei presenti sembrava che stesse ancora pensando alle mie parole. Li avevo colpiti, non c’è dubbio. Il signore che mi sedeva di fronte, un regista cinematografico con la barba non fatta, mi strizzò prima l’occhiolino, quindi scosse la testa e col pollice e l’indice rivolto verso di me a mo’ di pistola mi sparò facendomi intendere che avevo centrato il problema. Anche il responsabile esecutivo della comunicazione “fece sì” con la testa sibilando un “bravo!” tra i denti. Sorrise e passò la parola ad un altro dirigente. Gli interventi che seguirono, compreso l’ultimo, quello dell’Onorevole Gentiloni, mi citarono più volte e, senza darlo a vedere, fui travolto dalla felicità. Lo storytelling, quale metodo di lavoro, sarebbe stato adottato dal partito all’unanimità dei presenti. Così mi ero illuso di credere. Terminata la riunione seguì un buffet dove alcuni colleghi mi chiesero se all’indomani avrei potuto inviare a tutti il testo dell’intervento. Due ragazze, una più carina dell’altra, (incaricate di seguire i siti internet e le varie redazioni di YouDem l’emittente, modello YouTube, del partito) mi vennero incontro e anche loro mi fecero i complimenti. Le contraccambiai dicendo che mi sarebbe piaciuto lavorare insieme a loro e per un breve periodo sarei stato disposto a farlo gratuitamente. Anzi, dissi che mi sarei offerto volontario e che sarei andato a casa soltanto per prendere lo spazzolino, lasciare mia moglie, e mettere mio figlio all’orfanotrofio. Avrei voluto tornare a Roma il giorno seguente, ma da quel giorno non si fece sentire nessuno. In politica, evidentemente, anche le buone idee hanno bisogno di una “spintarella” per essere adottate. * È interessante notare come la sparizione delle cabine telefoniche sia stata accompagnata dalla scomparsa dei bagni pubblici con il successivo proliferare delle deiezioni, liquide e solide, nelle strade e nelle piazze di molte città. Un altro effetto della spettacolarizzazione della privacy nel quale rientra l’urinare in pubblico. ** I Signal hurdle sono messaggi che ottengono lo stesso risultato dei cavalletti usati per la corsa ad ostacoli. Basta osservare un cittadino mentre fa colazione al bar, e contemporaneamente legge il giornale, per accorgesi di come gli articoli che trattano argomenti di politica siano letteralmente saltati dal suo sguardo. Pagina 118 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Il calderone di Medea “Viviamo in un’epoca che è in preda ai dolori del parto e tutte le forme di pensiero e di attività, che posseggono un largo patrimonio d’utilità o una segreta virtù, sono messe in persistenza a una prova suprema per rinascere sotto nuove parvenze. Il mondo di oggi è come un enorme calderone di Medea ove tutto viene fuso, smembrato, sperimentato, combinato e ricombinato, per servire di materia a nuove forme, risorgere in una nuova giovinezza e nuovi modi d’esistenza”. S r i A u r o b i n d o Poeta e filosofo “Quindi se ho ben capito” – rimuginò la Pubblica accusa carezzandosi la barba bianca – “i partiti, questi strani agglomerati umani che hanno preso vita e si sono messi a pensare, assistono impassibili alla morte della loro stessa ragion d’essere. Dal ponte di comando, senza muovere un dito, la guardano mentre affonda in un oceano di “momenti presenti” dove ad ogni azione se ne sovrappone un’altra. È questo quello che ha voluto dirci?” chiese. “Storia - recitano i vocabolari - altro non è che una diffusa narrazione di fatti, avvenimenti e cose degne di cui si vuol tramandare ai posteri la memoria” – asserì l’imputato – “e, contrariamente a quello che dovrebbe essere, i partiti, come qualsiasi forma vivente, non hanno bisogno di nessun’altra ragion d’essere se non quella, l’unica, che permette loro di sopravvivere e la storia non è inclusa fra queste. Il resto, le altre ragioni, sono solo i richiami dell’uccellatore le cui prede si fanno ogni giorno più furbe. Anzi, rinunciare ad avere una storia alleggerisce dalle responsabilità di dover restare fedeli a quello per cui si è combattuto. Liberi di poter fare tutto quello che si vuole e il contrario di tutto ciò che si è stati. Nella “dimensione adesso”, così come l’abbiamo descritta finora, il cambiamento non è più quell’addivenire inarrestabile di istanti dove ci si lascia alle spalle frammenti di presente congelati nella memoria, ma uno stato indispen119 Pagina 119 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 sabile alla costruzione di un’attesa permanente, che non possiede né capo né coda, ed è la condizione adottata dai capi per non pagare un prezzo alla propria incapacità. Le cose vanno male? Cambiando miglioreranno. Il partito non funziona? Fondiamone un altro. La legge elettorale è imperfetta? Variamone una nuova. Veltroni è inadeguato? Mandiamolo a casa! Casini dissente? Via dalla coalizione! Fini si lamenta? Rinasca un nuovo PDL senza di lui! Questi cambiamenti sono l’osso buttato in pasto ad una muta di cani latranti che non ne può più di sentirsi dire che tutto cambierà presto. Tanto che agli altri, ai cani tranquilli, non importa più sapere se si è cambiati in meglio o in peggio, per loro ciò che conta è cambiare. Cambiare ad ogni istante così che i dubbiosi resteranno in educata attesa del benefico effetto prodotto dal cambiamento. Da quando sono entrato in politica, ormai dieci anni or sono, ho assistito ad un estenuante susseguirsi di rinnovamenti che avrebbero dovuto produrre un miglioramento dei partiti, dell’intero sistema politico, delle istituzioni, del paese, ed è stato tutto un moltiplicarsi di metamorfosi senza che mai una volta, una sola volta, mi sia capitato d’incontrare qualcuno veramente interessato a valutare l’efficacia della trasformazione. Viceversa erano tutti troppo presi dalla nuova, sempre diversa, trasmutazione in corso, così che ad un fuoco che avrebbe potuto diventare un faro si è preferito dare vita ad un firmamento di fiammiferi accesi sulle teste di un nutrito popolo di “attendenti”. Prendete un qualsiasi politico e domandategli cosa stia facendo nel momento in cui lo interrogate. Vi risponderà a caldo affermando che sta preparando un congresso, fondando una corrente, istituendo un’associazione, collaborando alla stesura di una legge. Nove volte su dieci vi descriverà un’azione, dilatata all’infinito, il cui compimento produrrà un significativo miglioramento dello stato delle cose. La stessa azione dei partiti non si valuta più dai risultati raggiunti, ma dalla capacità di far credere che i millantati cambiamenti produrranno un effetto. Un esempio su tutti: il famigerato “contratto con gli italiani” firmato da Silvio Berlusconi a Porta a porta. Di cosa si è trattato se non della spettacolarizzazione di una promessa che si è dilatata all’infinito e continua a tutt’oggi ad espandersi come una gigantesca macchia d’olio? A quale verifica o analisi è stata mai sottoposta? In verità, la politica muta senza produrre mutamenti, questo è il vero problema. La Lega continua a cacciare i clandestini, il Pdl continua a non far pagare le tasse agli italiani e la sinistra continua a rappresentare la parte migliore del paese. Ecco a cosa è servito l’essere riusciti a dilatare il presente: è stato di fatto impedito a chiunque di giungere alle conclusioni”. 120 Pagina 120 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Un bambino di non più di dodici anni saltò il parapetto di legno che conteneva il pubblico correndo vicino all’imputato. “La prego” – implorò il fanciullo – “La prego, ci racconti un’altra storia come quella di Carlo Sabattini” Due ufficiali gli si lanciarono addosso per portarlo via, ma il giudice fece segno di soprassedere. “D’accordo” – disse l’imputato – “ti racconterò la storia di un altro spirito libero che ha dimostrato quanto sia feroce l’azione coordinata degli uomini. Il genio è il vero martire della storia” Il processo aveva preso una piega anomala. L’Accusa ebbe come l’impressione di trovarsi davanti ad un navigato conferenziere. Dove vuole condurmi l’imputato? Quale strategia persegue? Si domandò dentro di sé e poi guardò in un angolo della sala come per nascondere lo sguardo alla Giuria. “Interessante, molto interessante, continui” annuì il giudice dispensando sguardi benevoli in direzione dell’imputato. Pagina 121 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Sacrificate in nome della scienza “Dovunque e comunque si manifesti l’eccellenza, subito la generale mediocrità si allea e congiura per soffocarla” A. Schopenhauer “Il Dottor Semmelweis, visse a cavallo dell’Ottocento, e la sua storia rappresenta un buon esempio di quella ‘guerra all’eccellenza’ combattuta senza tregua in ogni angolo del globo dalle associazioni umane. Nel maggio del 1847, Ignác Semmelweis, subito dopo la morte di un amico che si era accidentalmente ferito col bisturi utilizzato per sezionare un cadavere, formulò l’ipotesi che la febbre puerperale, una piaga che mieteva migliaia di vittime tra donne e neonati, potesse dipendere dalla mancanza di adeguate norme igieniche. Bisogna far presente che a quei tempi le cognizioni di microbiologia erano pressoché inesistenti e soltanto nel 1864, quasi diciassette anni dopo l’inizio di questa storia, il biologo francese Louis Pasteur riuscirà a dimostrare scientificamente che i microbi sono incapaci di generarsi spontaneamente in ambienti sterilizzati e mantenuti tali nel tempo. Intuizione questa sulla quale si fonderanno le linee di igiene e profilassi adottate nelle odierne strutture sanitarie. Semmelweis partendo dal bisturi infetto che aveva ucciso il collega Jakob Kolletschka, la cui salma presentava lesioni simili a quelle prodotte dalla febbre puerperale, scoprì che nel suo ospedale tutti gli studenti di medicina, così come i medici e il personale infermieristico, dopo aver frequentato i tavoli anatomici, si trasferivano nei reparti di ostetricia venendo a contatto con le partorienti. Considerato che nessuno cambiava l’abito e nemmeno si disinfettava le mani, i germi si trasmettevano dai cadaveri alle degenti che nel giro di poco tempo si ammalavano e morivano. Il medico ungherese intuì, molto prima di Pasteur, che un’adeguata disinfezione avrebbe potuto ridurre la trasmissione delle malattie. Convinto di questo costrinse il personale ospedaliero a lavarsi le mani in una soluzione battericida di cloruro di calcio e da quel momento i numeri incominciarono a dargli ragione. Dopo il primo anno di sperimentazione le morti di donne e neonati si dimezzarono e l’anno successivo si ridussero del 99%. 122 Pagina 122 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Da quel momento il metodo del dottor Semmelweis fu adottato in tutti gli ospedali salvando così milioni di vite. Al padre di questa benefica innovazione furono conferite le più alte onorificenze del paese e l’intero mondo accademico europeo gareggiò per averlo come relatore nei propri convegni mentre gli editori più prestigiosi si sbranavano per garantirsi l’autobiografia dell’eroe che passerà alla storia come il Salvatore delle madri. La città natale, Budapest, diede il suo nome all’ospedale comunale, nonché al museo della medicina, ed eresse una statua monumentale scolpita in memoria della sconfitta della febbre puerperale. Negli anni che seguirono Ignác Semmelweis visse negli onori e nella gloria. Ma le cose andarono proprio così? Nel modo in cui le ho raccontate? Ognuno di voi, tutti i giurati dal primo all’ultimo intendo, vogliono con tutto il cuore – immagino che siano andate in questo modo. Sbaglio forse?” I membri della Giuria guardarono l’imputato con occhi assenzienti. Alcuni, i più entusiasti del racconto, si spinsero ad annuire con la testa. No, mi spiace. L’imputato scosse il capo. “Le cose”- continuò l’imputato con aria affranta - “andarono molto diversamente. Ignác Semmelweis, forte dei suoi numeri, informò il mondo accademico, ma nessuno gli diede ascolto tanto che il tasso di mortalità negli altri ospedali non diminuì affatto. La scoperta avvalorata dai risultati ottenuti gli attirarono addosso le gelosie e le invidie di molti colleghi a incominciare dal direttore dell’ospedale dove prestava servizio che si sentì scavalcato dalle decisioni prese da un sottoposto gerarchico. Come si permette questo Semmelweis di impartire disposizioni di mia esclusiva competenza? Le infermiere si sentirono umiliate dal doversi lavare le mani e le pazienti non gradirono l’aumento dei costi determinati dai cambi frequenti delle lenzuola. Sulla base di queste argomentazioni non gli fu rinnovato il contratto cosicché il precursore di Pasteur, Koch e di Joseph Lister (la cui storia assomiglia per alcuni aspetti a quella del suo antesignano ungherese) si ritrovò disoccupato. Cadde in depressione e fu rinchiuso in manicomio. Qualche giorno dopo essere stato percosso dagli inservienti dell’istituto manicomiale morì di setticemia, sebbene la medicina del tempo, per voce di qualche antenato di Re Picos, abbia attribuito la causa della morte ad una sifilide contratta in gioventù. Sarà solo nel 1965 che un’indagine paleopatologica smentirà definitivamente questa ipotesi squalificante. Viene quindi da chiedersi perché la comunità scientifica del tempo scelse di non avvalersi del metodo scientifico per verificare l’ipotesi formulata dal dottor Semmelweis. La risposta è più semplice di quanto si possa credere: la comunità scientifica risponde alle stesse regole a cui sono assoggettati i 123 Pagina 123 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 partiti politici e di conseguenza, come ho già avuto modo di spiegare, non può essere concesso nessun merito personale se la popolarità che ne deriva non ricade anche sulla comunità di individui che deve dispensare il riconoscimento. Non a caso, se tutti i colleghi di Semmelweis avessero accettato all’unanimità la tesi delle ‘mani sporche’, Ignác sarebbe diventato un eroe e gli altri medici una manica di untori assassini. Non sia mai! La corporazione medica, la creatura, ha difeso se stessa infrangendo il Giuramento di Ippocrate. Tutta la scienza pare averla seguita dimenticando i presupposti fondamentali dai quali si è originata. Dal libro scritto dal Prof. Evandro Agazzi (Il bene, il male e la scienza): ‘Ma un passo ancora più impegnativo fu presto compiuto: esso concentrava la critica della scienza non più sul suo possibile impiego e sulle sue conseguenze, ma direttamente sulla sua struttura noetica (cioè conoscitiva), negando che essa fosse quel modello di conoscenza imparziale, pubblica, controllabile e critica che, a lungo, si era creduto che fosse. Si proclamò, al contrario, che la scienza è sempre il prodotto di una comunità sociale, che essa cresce a partire dalle fondamentali visioni del mondo e dalle convinzioni preconcette che caratterizzano una tale comunità, che essa tende a servire inevitabilmente gli interessi della classe dominante, a sostenere i suoi fondamenti ideologici, a fornirle strumenti intellettuali e pratici per preservare le sue posizioni di privilegio. La pretesa oggettività e controllabilità delle dottrine scientifiche fu dichiarata puramente fittizia, mentre si sottolineò fino all’eccesso che l’organizzazione gerarchica della comunità scientifica, i legami tra i suoi leader ed il potere politico e/o economico, il controllo esercitato sulle pubblicazioni, l’accesso ai fondi per la ricerca, l’effettiva possibilità di esprimere opinioni (scientifiche) dissidenti, erano tutte determinate da potenti fattori extra-scientifici’. Se persino la scienza si è piegata al volere scaturito dalla maggioranza è segno che l’occidente non è più soltanto al tramonto, ma è precipitato nella notte più profonda. Basta guardarsi attorno per scoprire che non sono soltanto le discipline scientifiche, ma anche tutte le altre attività umane ad essersi politicizzate. Il vecchio metodo scientifico fondato sui risultati dove 1+1 ha sempre fatto 2 in qualsiasi parte della terra è stato soppiantato dal ‘dogma maggioritario’ secondo il quale 1+1 può anche fare 3. Fa 3 se è la maggioranza ad esserne convinta mentre i sostenitori del 2 soccombono. La capacità di stringere e consolidare relazioni, la costruzione di un’alleanza 124 Pagina 124 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 capace di dominare l’intero gruppo, ha prevalso sui risultati. Dalla medicina al libero mercato non sono più le merci che devono incontrare i favori del pubblico per essere acquistate, ma sono le condizioni create dalle maggioranze che dominano il mercato a decidere quali prodotti si guadagneranno l’apprezzamento degli acquirenti e quali non raggiungeranno mai gli scaffali dei punti vendita. Le società miste pubblico - privato, le cosiddette multi – utility italiane rappresentano solo la punta dell’iceberg. Non hanno concorrenti, non sono soggette al controllo dei rappresentanti del popolo (se non a costo di ottemperare a lunghe trafile burocratiche), hanno la piena facoltà di stabilire i prezzi dei servizi erogati. Sebbene non ci sia nulla di che rallegrarsi si tratta di un fenomeno globalmente diffuso che permette di spiegare come certi ‘grandi’ manager siano riusciti a restare in sella malgrado i pessimi risultati descritti dal Corriere della Sera (30 marzo 2009) con queste parole: ‘Rick Wagoner, (ndr numero uno della General Motors) sopravvissuto a tutti i disastri degli ultimi anni – crolli delle vendite, perdite record, accordi falliti, errori nella scelta di nuovi prodotti – se ne va’. L’articolo continua spiegando che per scalzare questo guru delle perdite non è bastata l’evidenza dei fatti, ma ci sono voluti 38 miliardi di dollari del Governo Americano concessi in cambio delle sue dimissioni. La politica ha dovuto pagare fior di quattrini per ottenere la testa di Rick dalla maggioranza che lo ha prima incoronato e subito dopo mantenuto al suo posto durante una lunga reggenza da incapace. A Grillo lasciamo il compito di descrivere le qualità dei nostri manager: ‘Mediobanca, quotata in Borsa, è lo snodo della finanza italiana. Il presidente Cesare Geronzi è indagato per il crack Parmalat per usura aggravata e concorso in bancarotta fraudolenta. Per il crack Cirio è indagato per frode, per l’emissione e il collocamento dei bond Cirio tramite Capitalia. Per il crack Italcase è stato condannato in primo grado per bancarotta a un anno e otto mesi più l’interdizione di esercitare uffici direttivi presso qualunque impresa per due anni, poi è stato assolto in appello… Fatevi dunque qualche domanda: perché chi dirige le banche è milionario anche se i suoi clienti perdono soldi? Milioni di euro di stipendi senza risultati. Fai fallire un’azienda e in cambio ottieni, quasi come per Alitalia, Ferrovie dello Stato, Telecom Italia, bonus a volontà, stock option, compensi da mille e una notte’. (A riveder le stelle, Rizzoli) Di che lamentarsi se i partiti, che dovrebbero dare il buon esempio, 125 Pagina 125 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 hanno abolito per primi tutte le conseguenze che derivano dagli errori e dalle sconfitte? Perché illudersi che gli altri facciano diversamente? La triste verità è che in questo “paese per vecchi” le persone geniali sono esiliate da maggioranze che non possiedono nessun’altro talento se non quello di essere le più abili tessitrici di una fitta rete di relazioni fondate sulle convenienze reciproche. Se non sei parte del gioco, non sei nessuno!” “Vuole convincere quel povero bambino che la propensione dell’uomo a collaborare è quanto di più nefasto ci possa essere? Vuol fare di lui un individualista a cui non importa un accidente della società? Un anarchico bombarolo?” Domandò con voce roboante la Pubblica accusa. “Niente affatto” – ribatté l’imputato – “Voglio solo metterlo in guardia così che un giorno possa difendersi dalle degenerazioni associative. D’altra parte, se qualcuno dovesse mai rifarsi ai padri della ‘psicologia delle organizzazioni” troverebbe numerose conferme alla mia teoria. Si prenda Sofer quando afferma che se i fattori individuali finiscono per prevalere sulle esigenze generali dell’organizzazione essi finiscono con l’impedire all’organizzazione di realizzare i propri obiettivi’. Compito della medicina è quello di salvare la vita umana e se alcuni medici sono venuti meno a questo principio lo si deve alla vanità dalla quale non si sono saputi difendere. Ma la vocazione a ripetere dell’essere umano non ha limiti. I partiti, allo stato attuale dei fatti, non sono forse affetti dalla stessa sindrome che ha colpito i medici nemici di Semmelweis più di cento anni or sono? E lei…” – continuò fissando intensamente l’accusa negli occhi – “sarebbe contento di sapere che il chirurgo che le estirperà quel malevolo polipo dalla gola non è diventato primario grazie alle medaglie guadagnate sul campo, ma in virtù delle importanti amicizie che ha saputo coltivare? Come si possono spiegare altrimenti quei novanta pazienti che muoiono ogni giorno nei nostri ospedali per errori medici? (fonte: Beppe Grillo). Questi biechi trafficoni non sono forse i figli dei figli dei figli di quei criminali che pur di non dare ragione a Semmelweis fecero morire molte donne e molti bambini di febbre puerperale!” L’accusa si toccò il collo e deglutì. Avrebbe voluto dissentire, ma tacque miserevolmente perché l’imputato aveva ragione. “Questa e la verità!” – gridò l’imputato – “Tutti i politici che ogni giorno vanno in giro a raccontare il contrario hanno incentivato la lottizzazione politica del sistema sanitario e sono stati così tenaci da obnubilare la mente dei burocrati ospedalieri che sono diventati più realisti del Re. A Bologna, come avrò modo di raccontare, uno stimato chirurgo, al secolo Ignazio Marino, non è stato arruolato dal prestigioso ospedale Sant’Orsola 126 Pagina 126 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 soltanto perché si è reso colpevole di essersi presentato alle primarie contrapponendosi al candidato protetto dal Presidente della Regione Emilia Romagna Vasco Errani. Signori e signore della Giuria, quando vi ritroverete distesi sul tavolo operatorio non dimenticate mai di domandare al chirurgo, un attimo prima che intinga il bisturi nelle vostre carni, per chi ha votato alle primarie del Pd. Chiedete o potrebbe esservi fatale. Un medico raccomandato dispone sempre di tutti i mezzi che gli servono, salvo forse l’unico mezzo veramente indispensabile: il talento. Ma che importa: cosa sarebbe stato Michelangelo se il Papa non gli avesse pagato pennelli e colori? Sicchè oggi è meglio avere degli imbianchini col pennello, che non dei Picasso a mani vuote e lo stesso vale per i medici”. L’imputato si calmò e quando riprese a parlare il tono era mansueto: “Volevo convincere quel bambino soltanto di questo e non mi sarei mai sognato di mettere in dubbio i grandi progressi dell’umanità, frutto, mi si permetta un’espressione calcistica, di un gioco di squadra. Il problema è di natura strutturale e non può essere circoscritto a nient’altro. Compito dei partiti sarà quello di trasformarsi o morire.” “Suvvia, dica la verità” – insinuò l’accusa con aria mefistofelica – “dica la verità e confessi che lei teme gli uomini quando si uniscono. Ammetta che vorrebbe che ogni cittadino vivesse da eremita!” “È vero: temo gli uomini! Ma non quando portano doni, soltanto quando si associano ” – confermò l’accusato – “e non sono il solo”. Forse era giunto il momento per l’imputato di alleggerire il dibattito. Il terzo uomo Gabriele era un romagnolo di una volta, schietto, sincero e sanguigno, tanto amante del Sangiovese quanto delle belle donne. Sarà forse per via di queste caratteristiche che non si è mail librato nei cieli alti della politica restando confinato nei recinti malmessi del partito verde. Soltanto in un’occasione gli permisero di indossare l’abito da assessore ai lavori pubblici. Ma poi si mise a porre le solite domande seccanti: “Perché quella strada costa più di quello che dovrebbe costare?” “Perché dobbiamo aggiungere al bando di gara questo capoverso che farà vincere soltanto quell’azienda?” Gabriele non sapeva che certe questioni vanno nascoste sotto il tappeto come se fossero le briciole di un’abbuffata indecente. Va da sé che 127 Pagina 127 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Gabriele lasciò ben presto la politica per dedicarsi alla lavorazione del legno. Fu così che diventò uno stimato costruttore di nidi per uccelli selvatici che rivendeva personalmente nei mercatini di paese o durante gli stessi congressi ecologisti. Ma prima di allora, subito dopo essere stato licenziato dal Sindaco, tentò la strada del dirigente politico e in qualità di Vicepresidente del Consiglio Federale Regionale fu spedito a sedare un contenzioso correntizio sorto a Modena. Prese armi e bagagli e da Ravenna partì per la ridente cittadina emiliana. Prima di uscire da casa telefonò alla federazione provinciale chiedendo di essere raggiunto alla stazione da un membro dell’esecutivo modenese, voleva assolutamente un accompagnatore in grado di condurlo nel luogo individuato per lo scontro tra correnti. Sceso dal treno non trovò nessuno ad aspettarlo. Attese prima un’ora e fece passare anche la seconda. Solo alla terza, la pioggia cadeva copiosa ed era ormai notte fonda, prese un taxi. Raggiunta la riunione chiese ragione dell’assenza del cocchiere promesso e scoprì che nessuno dei litiganti si era spostato dalla stanza perché la discussione su chi dovesse andarlo a prendere era ancora in corso. L’assenza di uno dei tre - stando a quanto affermavano i presenti - avrebbe potuto comportare l’alleanza dei rimasti e nessuno se la sentiva di finire in minoranza. Bastano due uomini per fare un partito, il terzo farà da minoranza. Guardatevi dal vostro dirimpettaio. Potrebbe essersi alleato con il portiere e la donna delle pulizie. “Ci ha parlato dei partiti, di questa creatura che come l’ircocervo è una e un’altra allo stesso tempo, dei leader, ostaggi della creatura, ma non ci ha raccontato ancora nulla dei simboli politici. Di queste misteriose rappresentazioni che troviamo stampate sulla scheda elettorale” argomentò il Giudice. “Non vorrei annoiarvi troppo con la teoria ” rispose l’imputato. “Niente affatto!” – esclamò il giudice e quindi concluse –“Tuttavia, se qualcuno dei Giurati dovesse annoiarsi potrà abbandonare l’aula per andare a fumarsi una sigaretta, lavarsi le mani o bersi una bibita nel corridoio, senza dover chiedere il permesso. Se vorrà, potrà rileggersi poi, in assoluta calma, quanto messo a verbale” “Mi oppongo!” – insorse l’Accusa –“questo tema non è pertinente” “Opposizione respinta” – sentenziò il Giudice – “l’imputato risponda alla domanda sui simboli politici”. 128 Pagina 128 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Il sogno visionario del simbolo politico Il simbolo è un atomo immobile nel caos. La verità può perdersi nei boschi oscuri delle opinioni, la storia mutare, il tempo distorcersi, ma ogni simbolo resta uguale a se stesso per tutta l’eternità e sembra vivere di un’apparente indissolubilità che ha sempre affascinato gli uomini e le donne nel profondo delle loro anime. Forse non ci crederete, ma quanto vi racconterò è frutto di un sogno incubato durante una notte incredibilmente tormentata. I simboli possono morire, è vero, ma indubbiamente possiedono una vita infinitamente superiore a quella di tanti altri materiali considerati indistruttibili. Fu forse per questo che moltitudini di apprendisti stregoni al soldo dei regnanti si convinsero che il “grande nulla” poteva essere sconfitto da un sapiente uso delle dinamiche simboliche. Incominciarono a sperimentare empiricamente tutti quei procedimenti destinati alla conservazione degli involucri di carne, un tempo dimora dell’anima regale del Re. I corpi dei regnanti defunti furono trattati con muffe, esposti a climi secchi per disidratarli, spalmati di unguenti e infine liberati da viscere e fluidi marcescibili. Questo lungo processo d’imbalsamazione sottraeva i corpi al disfacimento, ma allo stesso tempo li trasfigurava in fantocci deformi di carne secca e brunastra che poco o nulla ricordavano lo splendore magnificente del sovrano. Si pensò allora di costruire un sarcofago, vale a dire un involucro che fosse allo stesso tempo la fedele riproduzione del regnante, quando ancora era vivo, e il contenitore della salma dopo la morte. Scrigni, come calchi corporei rovesciati, impreziositi dall’oro e dalle pietre preziose, scolpiti per tramandare l’immagine regale e proteggere la “prova” e cioè la mummia che si trovava così ad assolvere un’importante funzione “probante”. Il sarcofago è una statua cava, scolpita a grandezza naturale, che riproduce fedelmente l’originale all’esterno e ne conserva all’interno ciò che resta. Si tratta di un simbolo che mostra e documenta. Questa manipolazione di significati mi induce a ritenere che sebbene i maghi abbiano iniziato a manipolare i simboli fin dai tempi più remoti, incominciarono solo da questo momento a farne un uso talmente complesso da generare nuove forme di vita parallele fino a quel momento sconosciute. Già allora, quel sarcofago, non conteneva un solo corpo, ma due, e alludo ai due corpi del Re, secondo la celebre definizione di Ernest Kantorowicz. Il corpo del sovra129 Pagina 129 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 no era mortale ed eterno allo stesso tempo perchè le sue carni non erano formate dalle cellule e dai tessuti, ma dagli individui che formano il “corpo politico” dello stato raffigurato nel Re Leviatano di Thomas Hobbes a cui si è già accennato in precedenza. Gli stregoni, incantati da questa scoperta, giunsero alla conclusione che sarebbe stato possibile invertire il sistema delle relazioni non appena l’evolversi della democrazia, nonché dei sistemi sociali e dell’economia, lo avessero permesso. Con il passare del tempo il sarcofago cessò di contenere il corpo mummificato del Re che fu spodestato dal suo stesso corpo politico. Non fu quindi un caso se alle antiche autocrazie subentrarono nuove forme democratiche che fecero perdere al sarcofago il suo aspetto antropomorfo che non tardò a trasformarsi in bandiere ed emblemi. Ma allora, prima di questa mutazione, posando l’orecchio sul torace di quella anomala entità si poteva sentire il brusio delle piccole creature presenti al suo interno. Se anche una di queste fosse morta, un’altra avrebbe preso il suo posto. La grande madre, il simbolo, incominciò a sentirsi essa stessa un essere vivente e si chiese: “non fa forse parte della vita delle api il tronco cavo, l’albero morto, dove è insediato il favo?” Non potendo esprimersi personalmente chiese alle piccole creature di trovare qualcuno che lo facesse in nome di entrambe, un leader capace di assolvere ai compiti un tempo affidati al Sovrano, ma questa volta non era il Re che avrebbe determinato il suo seguito, ma viceversa era il seguito ad indicare chi doveva parlare a nome di tutti gli altri. Nacque così quello strano sodalizio che lega da sempre gli uomini ai simboli “inumani” che loro stessi si sono scelti e che servono con grande abnegazione dal giorno in cui fu stretto il patto. Ancora oggi, i resti di quell’accordo primordiale si ritrovano all’interno di molte cerimonie rituali. Le salme dei soldati sono rimpatriate avvolte nelle bandiere. La bandiera prende così la forma del corpo, mentre il corpo diventa la bandiera. Si tratta di uno scambio consolatorio dove il simbolo viene usato come un sudario, ossia come un sarcofago molle, che presuppone al suo interno la vita perenne originata da tutte le creature che quel simbolo lo vivono e lo servono. Al termine della celebrazione la bandiera viene tolta dalla bara per essere ripiegata a forma di triangolo e subi130 Pagina 130 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 to dopo è nuovamente ammainata in cima al pennone. La morte è ancora una volta sconfitta da un procedimento di trans-mutazione simbolica. Si può quindi ipotizzare che i simboli moderni, dalle bandiere alle marche commerciali, come gli stessi simboli politici, abbiano continuato a collocarsi all’interno di molti processi che scaturiscono dal desiderio di immortalità presente nell’inconscio umano, ma ciò che più mi interessa descrivere è il conflitto che nasce tra gli esseri “contenuti” e la creatura “contenitore”. Alludo ad una guerra combattuta tra gli esseri umani che servono i simboli (e vorrebbero a loro volta mutarsi in essi) e i simboli che non vogliono concedere a nessun altro il loro “status d’immortalità” così duramente conquistato. Già, proprio così, le marche, esattamente come i Testimonial senza un’identità precisa loro antenati, i sarcofagi (sarko – phagos mangiatore di carne), hanno un disperato bisogno di esseri viventi per continuare a vivere. Si comportano come un parassita che sopravvive solo in presenza di un ospite da sfruttare. La Nike ingaggia Michael Jordan. La Marlboro preferisce affidarsi ad un rude cow boy senza nome, mentre l’importante catena di ristorazione Pizza Hut assume un pezzo vivente della storia del novecento, l’uomo che ha mandato in pensione la “guerra fredda”, il leader carismatico dell’ex Unione Sovietica, Mikhail Gorbaciov. McDonald intraprende una via intermedia tra il “testimonial senza identità anagrafica” della Marlboro e la mascotte di una squadra di calcio sottoponendo i “due archi dorati” ad un morphing capace di trasfigurarli in Ronald McDonald, un inquietante pagliaccio che si presenta al pubblico in due versioni, una di plastica posizionata sui prati dei McDrive e un’altra in carne ed ossa, impersonata da un attore, che compare tanto ai compleanni dei bambini quanto negli spot tv. La Coca cola punta tutto su Babbo Natale, belle ragazRonald McDonald: un testimonial un po’ maschera e un po’ mascotte Pagina 131 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 ze e famiglia. Come sostiene Naomi Klein, le marche possono fare a meno di tutto, persino delle stesse merci sulle quali sono stampate o incise o degli stabilimenti di produzione che, come nel caso della catena di montaggio della Ford T, le hanno rese famose, ma non possono rinunciare ad un uomo, o ad una donna che insuffli la vita all’interno della loro vuota apparenza. D’altronde le marche cercano di instaurare delle relazioni con il proprio pubblico, relazioni tali dall’essere considerate alla stregua di quelle che intercorrono tra un individuo ed un altro, (Manaresi 1999) ed è quindi normale che per riuscire in un’impresa simile antepongano un essere umano tra se stesse e i consumatori. Questa “vestizione carnale” della marca non è esente da effetti collaterali. Uno fra tutti, nel caso della già citata Nike, la popolarità di Jordan si è saldata così bene al brand della nota produttrice di scarpe da costringerla ad accettare una sorta di sub-marca denominata Air Jordan. Michael Jordan reclutato per lanciare un brand si è trasformato esso stesso in un brand come spiega Vanni Codeluppi: “Nel corso degli anni, infatti, Jordan si è sempre più fuso con la marca Nike, mentre quest’ultima, a sua volta, si è progressivamente incarnata in lui. Nike, cioè, ha portato sino alle estreme conseguenze le possibilità offerte dall’impiego del testimonial da parte di una marca, sfruttando totalmente l’immagine del personaggio scelto, ma assumendo anche tutti i rischi conseguenti all’associazione con esso”. Conflitto iconico: il simbolo/la marca Nike e il testimonial (Michael Jordan), marca “autogenerata” Lo stesso conflitto si registra in campo politico tra leader politici e simboli elettorali. Bisogna ricordare che se e le merci servono per vendere le marche ai consumatori (Klein), i politici servono per smerciare i partiti 132 Pagina 132 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 agli elettori. Bisogna però rilevare che questa relazione mutualistica, in ambito politico si presenta come un fenomeno reversibile e i ruoli tendono spesso a rovesciarsi. Ciò accade quando i partiti s’indeboliscono o si screditano sotto il peso degli scandali, della corruzione o di altri fenomeni di “malapolitica”. Ecco allora che i simboli politici lasciano il posto ai volti dei candidati che vengono usati in dosi sempre più massicce durante le odierne campagne elettorali. Candidati “desimbolizzati” A questo utilizzo feticistico della fisiognomica si accompagna l’esibizione di alcuni aspetti “caratteriali”, che se ad una prima analisi potrebbero apparire controproducenti, servono in realtà sd avvicinare il politico all’elettore medio. Pagina 133 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 L’uso e il riuso del volto produce lo stesso fenomeno di “iconizzazione corporea” subito da Jordan. Si osservi in tal senso l’evoluzione grafica del primo piano di Obama raffigurato sopra la parola “change”. Una foto iperrealista prima, un’illustrazione a due colori poi e infine una macchia schematica che gli esperti di tecnologie digitali chiamano bit-map. Il simbolo dei Democratici americani, l’asinello, si ritrova nelle stesse condizioni della Nike ed è costretto a competere con l’icona Obama. Iconizzazione di un leader politico L’aspetto esteriore del simbolo subisce lo stesso processo di semplificazione anche quando la mutazione non inizia da un essere umano. La mela dell’Apple computer, che nasce come un’insegna araldica scolpita nel legno, si trasfigura nella siluette di una mela colorata dall’arcobaleno. Se la osserviamo a distanza di trent’anni vediamo che ha perduto la scritta sottostante e assomiglia ad un ectoplasma o meglio ad una goccia di gelatina trasparente che sembra essere caduta accidentalmente sul computer. Sui portatili lo stesso logo figura inciso e la sua forma si delinea grazie al chiaroscuro composto da ombre, parti piene e parti vuote, come se si trattasse di un calco o di un bassorilievo invertito. Il percorso di dissoluzione della marca è più che evidente. 2010 1976 Pagina 134 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 A cosa si deve questo progressivo impoverimento? La prima ragione risiede nella necessità di non essere osservati, ma percepiti in frazioni di tempo infinitesimali. La slide di chiusura degli spot, dove compare il logo della marca, dura pochissimi secondi. Lo sguardo di un automobilista che cade sul cartellone pubblicitario si riduce ad un’occhiata fugace. Un logo non ha il tempo di pavoneggiarsi indossando un vestito fatto di fronzoli e merletti. Appare e scompare come una macchia che si deve incollare alla memoria. Bisogna infine far notare che si tratta di un procedimento dove i significati cosparsi sul logo sono stati con il tempo interiorizzati dallo spettatore. Costui non ha più bisogno di trovare conferma del fatto che la mela è la metafora del desiderio, che il morso è sinonimo di conoscenza, che l’arcobaleno rappresenta la speranza, mentre i colori dell’arcobaleno (invertiti di posizione) richiamano l’anarchia. Gli aficionados dell’Apple sanno il perché della mela e dell’arcobaleno rovesciato e non importa ricordarglielo ancora. Uomini che diventano marche come Jordan e marche che diventano esseri “umani” come Ronald McDonald. I simboli, siano questi un logo pubblicitario o emblemi politici, non sono per nulla immutabili come potrebbe sembrare ad una lettura superficiale. I simboli si muovono, cambiano, sembrano affetti da un continuo “dinamismo simbolico”. Ma credo, ed è quello che tenterò di dimostrare, che dietro a questa metamorfosi, legata perlopiù a ragioni pratiche, si nasconda un procedimento di “spoliazione” che consente alla marca di superare la barriera dell’iconema, di quell’ “immagine finale, di confine, che permette ancora la riconoscibilità del soggetto” (Giorgio Celli citando Thomas Maldonado) trasformandosi in puro significato. Ogni marca ambisce quindi ad assumere uno status simile a quello rivestito da una divinità. Sarebbe a questo punto molto interessante riuscire a calcolare quanto tempo l’intera umanità dedica alle marche e quanto invece alla religione. Forse Dio, come ci ha suggerito John Lennon, (“i Beatles sono diventati più famosi di Gesù”) ha perso la guerra degli ascolti. Le marche sono acquistate, mangiate, bevute, indossate, vissute molto di più di qualsiasi altro “immaginario sacro” e ci sono riuscite prima ancora di essere ascese agli spazi celesti. Sono ancora qui, sulla terra, intorno a noi, ma per gran parte di esse l’apoteosi è già incominciata. Si osservi quindi la Disney il cui aspetto grafico è cambiato poco o nulla dalla sua nascita ai giorni nostri. Alla firma usata come logo si è aggiunto un castello, sullo sfondo, che Pagina 135 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 rende esplicita la vocazione edificatoria del simbolo. Non è infatti un caso se la Disney è l’unica marca che ti permette di vivere al suo interno e come tale può essere considerata la prima e più importante “marca abitabile” sul mercato. Anche l’Holiday Inn, la famosa catena di hotel, ti permette di soggiornare nelle sue confortevoli camere, così come quando si pranza da McDonald’s si consuma il pranzo all’interno di una sala ristorante, ma entrare in un parco tematico è un’esperienza completamente diversa dove ti viene proposta un’alternativa al mondo di tutti i giorni, un’altra dimensione fantastica e ricca di nuovi stimoli. Inoltre, ogni strategia commerciale perseguita dalle “marche abitabili” mira a trattenere i visitatori all’interno del proprio corpo per il maggior lasso di tempo possibile. “Più resti e più guadagno!”questo è il principio da perseguire. La Disney, pur di raggiungere questo scopo, è disposta a tutto, finanche a creare uno “stile di vita” che mira a trattenere il cliente per sempre. Walt Disney attrae i consumatori con la sua aria paterna, materializza personaggi di fantasia e concede a tutti gli adulti l’opportunità di poter ascoltare di nuovo le favole senza farli sentire ridicoli. Walt, un uomo, diventa la Disney, una donna, nel disperato tentativo di riconciliare la dolorosa separazione dalla madre, citando Otto Rank, con il desiderio di ritornare al grembo materno. La marca si è quindi sostituita al simbolo che da sempre ci ha permesso di mantenere un legame con la realtà originaria dalla quale ci siamo separati attenuando il trauma che n’è scaturito. La Disney è una madre modello il cui intento prioritario è quello di avocarsi quanti più figli riesce. Per questo motivo, Disneyland è il discendente in linea retta del primo Leviatano, una cugina di segno femminile, ma per capire meglio di cosa stiamo parlando bisogna incominciare l’analisi dal padre Walt e non da sua figlia. Sappiamo tutti chi è Walt Disney, un genio, forse l’unico grande talento del secolo scorso. Incominciò la carriera disegnando delle creature antropomorfe che diventarono ben presto i beniamini delle platee di mezzo mondo. Topolino, Minnie, Pippo, Pluto, chi non li conosce? Dopo una breve vita a due dimensioni scesero dallo schermo come nel film di Woody Allen “La rosa purpurea del Cairo” per colonizzare gran parte del mercato, dall’abbigliamento all’industria dolciaria, dall’editoria alla tv. Sull’onda del successo economico e con le rendite accumulate si materializzarono all’interno di una città fantastica fatta costruire appositamente per loro così che i bambini potessero non solo guardare i propri beniamini al cinema e alla tv, ma anche incontrarli di persona e trascorrere un po’ di tempo insieme a loro. Il fatto che gli adulti siano sempre stati molto felici di regredire alla propria infanzia per assecondare i desideri dei 136 Pagina 136 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 figli rappresenta l’intuizione più geniale mai avuta dallo Zio Walt. Ancora oggi, folle immense di visitatori, di tutte le età, fanno la fila per poter entrare nel castello di Cenerentola. Visitatori, ma anche “consumatori che hanno smesso di consumare per essere consumati” (Fight club) dalla marca. Disneyland nasce nel 1955 dove prima c’era un frutteto di arance a circa 40 chilometri da Los Angeles. L’idea è semplice, creare un luogo dove il cittadino medio americano possa trascorrere il fine settimana con i figli. Non un comune “luna park”, bensì un parco dei divertimenti dove si possa vivere nelle favole. Nasce così un “alter orbis” ricostruito di tutto punto con strade, alberghi e ristoranti che si trasformerà 14 anni dopo nel Walt Disney World Resort, la più grande fabbrica del divertimento esistente, a sua volta suddivisa in 4 parchi tematici. Uno dei quattro parchi, Epcot, la cui attrazione regina è rappresentata da una sfera sarà interamente dedicato alla scienza e alle innovazioni della tecnologia, in una parola, al futuro. Ma non solo. La marca Disney, dopo essersi espansa e aver occupato uno spazio fisico, incomincia a ragionare come un essere vivente che s’interroga sui rapporti di natura mutualistica che bisogna instaurare con il simbionte di riferimento: l’uomo. Punta quindi ad allocarlo in una condizione di felicità stabile non accontentandosi più di fornirgli un transitorio divertimento. Per questo Walt Disney aveva previsto che Epcot, acronimo di Experimental Prototype Community Of Tomorrow, incorporasse una comunità pilota in grado di testare un nuovo stile di vita derivato da ricercate prossemiche urbanistiche e inediti assetti sociali che lo stesso Walt descrisse Il geode di Epcot così: “Sarà una comunità pianificata e controllata, una vetrina dell’industria e della ricerca, delle scuole e dalle infinite possibilità culturali ed educative. In Epcot non ci saranno slums perché non lasceremo che ne sorgano. Non ci saranno proprietari terrieri e quindi nessun controllo elettorale. La gente affitterà le case, invece di comprarle, e gli affitti saranno modesti. Non ci saranno pensionati. Tutti dovranno avere un’occupazione” (Thomas 1980). 137 Pagina 137 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 Il papà di Topolino non riuscirà a materializzare quest’ultima idea, ma la Disney, rimasta orfana del suo creatore, impianterà altrove gli embrioni che sarebbero dovuti crescere ad Epcot. Celebration, è il prototipo della città perfetta che si sviluppa tra casettine rassicuranti, laghetti, campi da golf, siepi topiarie e boschetti tropicali in miniatura. Chiunque vi risieda ha scelto la propria abitazione fra i sei Il “rover” di “The prisoner” modelli presenti in catalogo e ha dovuto sottoscrivere un severo regolamento che lo obbliga a tagliare il prato settimanalmente, a non stendere i panni davanti a casa o non ridipingere lo steccato senza attenersi all’elenco di tinte pastello approvate: grigio perla, verde penicillina, bianco ghiaccio. In ultimo, non si può stare lontani da casa per più di tre mesi (Giroux 1999). Quest’ultima regola ricorda il villaggio neopalladiano della serie The Prisoner nel quale vige una diffusa tranquillità che stona in confronto alle ragioni che ne hanno determinato la nascita. Si tratta infatti di una prigione dove sono stati segregati i membri ribelli dei servizi segreti internazionali. Chiunque tenti di fuggire viene raggiunto da una gigantesca sfera bianca denominata Rover, quindi soffocato oppure stordito e riportato a casa. Una sfera simile al geode di Epcot. Il villaggio di The prisoner e Celebration, oltre alla sfera geodetica, hanno in comune una caduca serenità dove si tenta con insoddisfacenti risultati di rievocare “l’età della quiete, della sicurezza e della stabilità, quando la società non era ancora minacciata dai fastidi e dai pericoli della modernità” - all’interno di una comunità artificiale che - “si rivolge all’insicura classe media americana, che si ricorda tuttora della vita autentica vissuta dai propri nonni in luoghi dove i bambini potevano ancora giocare per strada e dove tutti i vicini erano amici” (Steiner 1996). Come gli animali clonati, che pur risultando identici ai genitori muoiono a pochi mesi dalla nascita, così Celebration sopravvive di vuota apparenza riconfermandosi come un’utopia propriamente detta è cioè come un “luogo felice, ma inesistente” (Wikipedia) o se esitente - rovescaindo il principio - fintamente felice. Tanto è vero che “In questo sogno di cartapesta” – come fanno giustamente osservare Gianni Emilio Simonetti e Stefano Montani nel testo di una delle loro esercitazioni – “l’ordine, la quiete, la ricchezza, la sparizione della storia nascondono il culmine della violenza simbolica, perché eliminano dall’idea di felicità ogni suo carattere 138 Pagina 138 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 soggettivo. Qui, l’arroganza dei world-menders del capitale finanziario ha rimpiazzato le utopie sociali e politiche (che sono sempre state caratterizzate da passioni rigorose battute da un vento di follia) con le utopie tecniche, capaci di realizzare una formidabile economia del reale che, però, ha il suo topos fuori dalla storia, oltre ogni speranza, nei deserti della forma di spettacolo. Così, quella incommensurabile distanza – che una volta fondava l’ontologia classica – tra l’idea e la realtà, il possibile e l’attuale, il necessario e l’utile ha perso a Celebration ogni senso. Ad un piano urbanistico rigoroso dei luoghi corrisponde un programma rigoroso della vita dei suoi abitanti. Paradossalmente questo “sito abitativo protetto” fuori dalla storia è ossessionato dall’impiego del tempo che qui non può lasciare all’imprevisto nessun margine, né spezzarsi tra tempo di lavoro e tempo libero. A Celebration incombe un’idea di tempo sociale per il quale l’ozio, a dispetto di Paul Lafargue, è il più grande dei delitti!”. Celebration è quindi un “non luogo” esente da ogni qual si voglia indicazione capace di ricondurre la materia vivente alla scintilla che l’ha generata. Non a caso quindi si presenta in tutto e per tutto “deiconizzata”. In ogni strada, piazza o locale pubblico, la pubblicità è bandita! Niente Starbucks, Virgin, McDonald’s! Neanche la stessa Disney, può infrangere il divieto. Il vecchio parco tematico ha fatto il suo tempo e gli americani che possono permetterselo preferiscono un eden dove la marca Disney per prima ha rinunciato alla sua stessa rappresentazione secondo un riformulato divieto “antico testamentario”. Celebration è quindi una marca che non ha più bisogno di una rappresentazione, è una marca sublimata, è l’essenza stessa dell’idea consumista che punta ad un’accettazione incondizionata della merce da parte del consumatore. Al marketing subentra la fede. Se Dio è infinto anche Celebration lo è malgrado occupi poco più di 27 mila acri. Digitate il suo nome su “Google ricerca immagini” e al contrario di quello che accade con qualsiasi altra marca “terrena” non vedrete comparire sullo schermo nessun simbolo grafico riconducibile ad essa, bensì una serie infinita di paesaggi, scorUna pubblicità di Celebration, si noti l’assenza totale di simboli e marche. Pagina 139 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 ci e vedute. Case e prati, prati e case, talvolta, molto raramente, un anziano dall’aria felice. Non troverete neppure una sola figura antonomastica che possa essere considerata rappresentativa di quello “stato inesistente”. Celebration non è la Parigi della Tour Eiffel o la Roma del Colosseo. Celebration è un luogo formato da infiniti luoghi. Una cosmologia di immagini, ogni volta diverse, ma con la stessa atmosfera riconoscibile. Celebration esiste, ma non può essere congelata all’interno di un immaginario stabile e le sue raffigurazioni sono come le cellule dell’epidermide, muoiono e si riformano continuamente all’interno di un icomosaico dinamico, una immagine di derivazione “aiconica” che raffigura senza raffigurare. L’icomosaico Celebration tratto da “Google immagini” Giunti a questo punto assume un’importanza particolare la decisone di Walt Disney di farsi ibernare. Non desidero sapere se ciò corrisponda al vero, ciò che m’interessa è verificare se la mia tesi continua a funzionare dopo aver inserito nel mosaico questa nuova tessera. Il corpo congelato di Walt equivale alle spoglie mummificate del sovrano, la marca Disney è il prezioso sarcofago sepolcrale, Celebration rappresenta l’emancipazione da entrambi, il punto di arrivo del processo di mitogenesi che ha permesso all’essere umano Disney di elevarsi al rango di Dio. Non si può intravvedere Walt Disney in Celebration come non si può vedere Dio. Ma Cristo, visibile, è Dio. Certo, come Celebration è Disney. L’analogia è certamente azzardata, ma interessante quanto basta per essere 140 Pagina 140 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:24 approfondita. Ricapitoliamo: Walt Disney è il corpo, il doppio corpo del sovrano; la marca Disney è la sua raffigurazione, Celebration è allo stesso tempo la marca che ha preso vita e l’uomo che si è elevato dalla sua condizione terrena. Il risultato è un’entità terrena e divina, individuale e collettiva, che potrebbe essere definita come una “metamarca”. L’archeologo Howard Carter esamina il sarcofago di Tutankamon rinvenuto nella tomba da lui stesso scoperta Due operatori della Alcor sistemano un corpo all’interno di una capsula criogenica affinché sia ibernato. (da www.alcor.org) Accostiamoci pertanto alla religione cristiana dove troviamo alcuni elementi simili: il corpo di Cristo, la croce, lo Spirito Santo. Prima di approfondire questo parallelismo mi servo dell’esempio offerto da Michel Scoumarnec nel suo volume (I simboli cristiani) per definire la differenza esistente tra segno e simbolo: “quando si vede una bandiera dai colori blu, bianco e rosso, si riconosce la bandiera francese (segno), ma quando si issa questa bandiera in uno stadio olimpico dopo la vittoria di un atleta francese, costui si mette a piangere per l’emozione e i telespettatori si emozionano a loro volta, è l’atleta che diventa un simbolo”. Si tratta sostanzialmente del conflitto tra uomini e simboli che abbiamo già incontrato quando abbiamo parlato della Nike e di Michael Jordan, ma per entrare nel merito del fenomeno citiamo ancora Scoumarnec “…per i non francesi durante i mondiali di calcio la bandiera era un segno. Per i francesi invece, quando la loro squadra ha vinto, l’hanno portata in giro, sventolata ed esibita, ed era” - diventata – “come un simbolo fortissi141 Pagina 141 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 mo d’identità, di appartenenza, integrazione, di fierezza e di giubilo” Questo sostanzialmente dimostra che un segno, per poter diventare un simbolo, e cioè acquisire degli ulteriori significati mitici trascendendo quelli puramente informativi, deve essere caricato dell’energia necessaria a farlo risplendere di quell’alone magico che i francesi chiamano “allure” e che fa risplendere i simboli nell’universo caotico di segni. Questa energia deriva da un avvenimento che si compie, nella fattispecie: la finale di un campionato mondiale di calcio. La reazione che trasforma un segno in simbolo avviene solo se si usa come catalizzatore una storia. Ecco allora che nella religione cristiana troviamo sia il segno che il simbolo. Un segno, la croce essenziale, quella formata due segmenti legnosi di lunghezze diverse che s’intersecano perpendicolarmente e un simbolo rappresentato dalla stessa croce unita al corpo di Cristo. Bisogna poi non dimenticare che vi è una terza “raffigurazione cristologica” riconducibile alla figura del Messia decontestualizzato dalla croce. Si pensi all’Ultima cena di Leonardo da Vinci, ma questa branca può essere considerata come una sorta di preparazione dell’evento catalizzatore simile alle partite del campionato che precedono la finale che si concluderà con il pianto dell’atleta. La chiave di volta del mio ragionamento si fonda sulle ragioni che non hanno pemesso al fenomeno di spoliazione di far scomparire completamente il corpo di Cristo dalla croce. Come è potuto succedere? Per quale motivo sono sopravvissuti due simboli omologhi contrariamente a quello che accade solitamente? Si può azzardare l’ipotesi che le due versioni della croce siano come i due toni di un mantra. Segno e simbolo sono sopravissuti per acconsentire il dispiegarsi di una storia a “loop”, di un prima e di un dopo che si ripetono, come in quelle cartoline lenticolari che mostrano un’immagine o un’altra a seconda del punto di vista. Le due croci sarebbero quindi i due “frame” della crocefissione e al contempo i due estremi all’interno dei quali si compie la mitogenesi del primo simbolo della cristianità in una sorta di antropoclastia reversibile. La crocefissione è in primis il dispiegamento del processo di “sfigurazione” di Gesù Cristo, la rimozione della carne intorno allo spirito. Lo stesso San Leone Magno paragona il Redentore ad un agnello che accetta mansueto di essere liberato da “l’inutile ingombro delle sue lane”. Non rimane giustappunto soltanto la croce a rappresentare “il corpo della chiesa” dopo la deposizione del “corpo”? Potrebbe essere la parabola del corpo, quello vero, che soccombe al suo alter ego metaforico? La passione dura 18 ore, ma la distruzione corporea inizia ancor prima della cattura. Il Nazareno, rifugiatosi nel giardino dei getsemani, suda sangue. Questa “autotomia” dovrebbe indurre a considerare gli artefici della 142 Pagina 142 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 scarnificazione come gli esecutori inconsapevoli di un rito doloroso, ma necessario. Tutt’altra cosa da quello che Caifa o lo stesso Pilato immaginano. Credono scioccamente di uccidere un uomo senza sapere che sono gli artefici inconsapevoli della sua immortalità. Cristo, condotto nel Sinedrio, viene percosso dai guardiani, processato sommariamente e quindi consegnato a Ponzio Pilato che lo condanna formalmente e lo fa legare alla colonna del supplizio dopo averlo denudato. Le fruste dei legionari si abbattono con violenza sulla schiena, sui fianchi, sulle gambe, per oltre le quaranta volte consentite. Leggendo l’impronta della sindone c’è chi dice persino che non siano state meno di cento. I flagelli sono strumenti micidiali che producono ferite esiziali, così profonde da provocare la morte. Proprio per questo, molte punizioni ingiunte per reati politici a quel tempo si mutarono in esecuzioni capitali mascherate con la complicità del boia. L’usanza di versare un obolo al fustigatore da parte del pubblico abbiente si diffuse a tal punto da diventare una consuetudine necessaria alla buona riuscita dello spettacolo punitivo. Al robusto manico del “flagrum” romano sono fissati fino quattro strisce di cuoio, talvolta nervi o tendini di cavallo, annodati a chiodi uncinati, frammenti taglienti di ossa frantumate di montone (dette talus). Si usano anche delle perle di ferro il cui compito è quello di aggiungere contusioni ai già numerosi tagli prodotti dallo strumento di sofferenza. A forza di colpire si strappa la pelle lasciando scoperti i muscoli, s’intravvedono i nervi, le viscere, affiora il biancore screziato di rosso delle costole. “Al termine della flagellazione il corpo di Cristo, si trova ridotto ad una massa gonfia e informe di carne lacerata e sanguinante” (Will Durant) tanto che appare come “una sola ferita” (Maria di Agreda). Quando cessa la punizione e gli sono sciolte le funi il messia cade riverso a terra, ma gli è subito gettata addosso dell’acqua fredda per farlo rinvenire. Gli cingono la testa con la corona di spine, lo vestono di un abito color della porpora, lo schiaffeggiano ancora (Giovanni) e quindi lo costringono a salire al Golgota trascinando la croce sulle spalle. Intorno a mezzogiorno, ciò che resta del suo corpo viene inchiodato alla croce che si carica di tutta la drammaticità dell’evento e dell’intera storia di Gesù Cristo, simbolo e segno si uniscono per generare un immaginario di “secondi sensi”, che renderanno vivi due inanimati pezzi di legno per i secoli a venire. Malgrado ciò, le carni del simbolo, inchiodate al segno, sono ancora ben visibili. Il simbolo, l’atleta che piange di cui ci ha parlato Scoumarnec, deve trasmettersi al segno perché è il segno che deve cessare di essere tale per diventare simbolo e, data l’importanza che si troverà a rivestire, non ammette doppioni. Per questo il corpo del Signore continua ad essere martoriato, dalla 143 Pagina 143 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 lancia di Longino piantata nel costato, svuotato dal sangue che cola dalle stigmate e delle ferite riportate durante la flagellazione, umiliato all’interno dall’aceto versato nella bocca. Un accanimento senza fine. Soltanto dopo 18 ore il “corpo simbolo” sarà liberato dalla “croce simbolo” per essere prima coperto dal sudario, equivalente povero dell’antico sarcofago, e quindi deposto nel sepolcro. Da questo punto di vista la successiva resurrezione di Cristo può essere considerata come la rivincita postuma del corpo sulla croce o la storia che ricomincia da capo, da una croce vuota, secondo lo schema circolare di cui si è accennato in precedenza. La coesistenza dei due simboli cristiani, uno sintetico e l’altro, per così dire barocco, impedisce che uno prevalga sull’altro e crea nella mente dello spettatore una sorta di “immagine iconica reversibile”. Alla luce di questo non sembra poi così casuale che la religione cristiana, nel corso della sua storia, abbia continuato a mortificare il corpo con lunghi digiuni, privazioni di ogni genere (voto di castità, riduzione al silenzio) e auto flagellazioni. Straziando le carni, debilitando il corpo con lunghi digiuni, ha continuato a recitare il mantra della creazione simbolica senza smettere mai di chiedere la liberazione da quell’uomo effimero che continua ad opprimere tutte le croci dalla nascita del cristianesimo ai giorni nostri. Dirò di più, al primo corpo di Cristo, si sono aggiunti quelli dei martiri cristiani votati al martirio per nutrire la croce di nuove scarnificazioni e altre inedite storie. Per questo possono essere considerati i primi “spin story” sacrificati, non in onore di un partito, ma per ispessire il corpo delle narrazioni religiose. In molti si chiederanno come mai mi sono spinto ad elaborare una simile tesi. Francamente non lo so neppure io, ma posso solo dire che in prigione c’è sempre tutto il tempo che serve per pensare, leggere e scrivere. La carne del simbolo nell’era della riproducibilità seriale Fu una frase che mi fece nascere nella testa alcune considerazioni dalle quali sono partito per giungere alle conclusioni che ho illustrato. L’intervento di Massimo D’Alema al Congresso Costituente dei Verdi, conclusosi con la riconferma di Grazia Francescato alla guida del partito dei Verdi nel 2000, si aprì con una frase che ordinava molte confuse supposizioni che mi erano girate per la testa fino a quel giorno: “La politica” - disse lanciando un sorriso mefistofelico alla debuttan144 Pagina 144 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 te - “ha bisogno di carne fresca per poter sopravvivere”. Il partito, l’emblema gigantesco che sovrastava minacciosamente la platea di Chianciano, aveva una fame irragionevole. Fame di nuove idee, fame di un linguaggio inedito, fame di tutto l’entusiasmo che solo il neofita possiede. In cinque semplici parole: aveva fame della mia carne. Nei mesi che seguirono mi confortò sapere che non ero l’unico ad essere affetto dalla “logofobia”. Il terrore di diventare la “carne” da buttare in pasto ai simboli era talmente diffuso che ogni persona alla quale domandavo di tesserarsi rifiutava la proposta per paura di essere “marchiata”. Non a torto evidentemente, alla luce di quanto affermato poc’anzi, la parola “stigmate”, una delle tante conseguenze che derivano dall’essere letteralmente inchiodati ad un segno, deriva dal greco “stigma” che significa “marchio”. Nel bene e nel male, tra un marchio e una marca, tra un marchio e un simbolo, non c’era quindi una gran differenza e non si comprendeva come mai le paure si concentrassero solo sui simboli della partitocrazia e non su tutti gli altri. Mi chiesi se gli obiettori temevano inconsciamente di subire lo stesso destino di Cristo o se, molto più semplicemente, non volevano sentirsi “omologati” e cioè inseriti all’interno di quel procedimento che impone ai membri di un’associazione di uniformarsi gli uni agli altri. Forse, era l’una e l’altra cosa. Decisi che l’analisi sui simboli andava ulteriormente approfondita e ricondotta al rapporto storico esistente tra la merce e il suo produttore. Mi convinsi leggendo Marx che nei processi di produzione l’eliminazione dell’artefice manifatturiero è iniziata nel momento stesso in cui la sua firma è stata sostituita da una sigla che solo più tardi diventerà un “marchio” e dopo ancora una “marca”, e cioè quando l’atto del firmare il manufatto sarà sostituito da un segno impresso meccanicamente sullo stesso. Questo passaggio significativo ha reso immortale la merce non più percepita come il frutto di un uomo la cui morte avrebbe comportato la fine della produzione di una raccolta di opere uniche, ma come il prodotto di un processo costruttivo a sé stante, gestibile da chiunque e indipendente dal creatore del primo pezzo della serie, da quell’oggetto “primogenito” che in epoca industriale prenderà il nome di prototipo. Nei partiti, come nei processi di produzione seriale, nulla cambia. Sulla rivista Anarchy, John Zerzan in apertura del capitolo “Il simbolico come impero” ha scritto: “L’esito dell’imperialismo del simbolico è il triste luogo comune per il quale l’essere umano non gioca alcun ruolo essenziale nel 145 Pagina 145 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 funzionamento della ragione o della mente. Anzi, è vitale per eliminare la possibilità che le cose siano state diverse una volta. La postmodernità elimina risolutamente il soggetto all’origine”. Per questo motivo, la quasi totalità dei cittadini, che temono di “essere marchiati” da un simbolo politico non vogliono perdere la propria unicità e non sono nemmeno disposti a barattarla per l’eternità che ogni simbolo potrebbe “faustianamente” concedere loro in cambio. Neanche vogliono lasciarsi assorbire da un processo di significazione che sacrificherà il loro corpo in nome di una seconda vita del segno. Ecco quindi spiegata la relazione esistente tra il simbolo e l’uomo, tra il partito e il suo rappresentato: amore per la bandiera e morte del cavaliere. Amore e morte. Si ritorna sempre a loro. Effetti collaterali La Pubblica accusa fece entrare due commessi che trascinarono al centro dell’aula la riproduzione ingigantita di tre fotogrammi tratti dal circuito chiuso della banca. Nella prima immagine si poteva vedere l’imputato a volto scoperto fotografato nell’istante esatto in cui impugna la pistola contro il cassiere. “Come potete vedere si tratta dell’imputato. Non vi è alcun dubbio” esordì l’accusa. L’avvocato della Difesa si alzò di scatto dalla sedia e con fare risoluto domandò: “Sono d’accordo, siamo tutti d’accordo. Quell’uomo è l’imputato, ma non è ancora stato dimostrato che in quel momento stesse impugnando una pistola” “Come no” – sorrise beffardamente l’Accusa beccando la controparte con una battuta: “Quello che stringe nella mano è forse un ombrello?” “Se quella è un’arma” – rispose la Difesa – “chiedo che sia prodotta come prova” – e proseguì con grinta – “ La voglio qui. Adesso!” – batté con forza il pugno sul tavolo – “Subito! Voglio che sia mostrata l’arma del crimine ai Giurati” L’Accusa cadde a sedere, piantò i gomiti sul piano e si coprì il volto con le mani. Il pubblico, le stenografe, i commessi, tutti i presenti si scam146 Pagina 146 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 biarono occhiate perplesse. L’Accusa appariva paralizzata dalla vergogna. Quel pover’uomo avrebbe voluto trovarsi da un’altra parte. Ovunque, ma non lì, non davanti a tutti, genuflesso com’era dalla vergogna. “Non è possibile” - rispose una voce tremolante – “Il reperto n°1, il famigerato revolver sequestrato dalle forze dell’ordine è sparito” “E che fine ha fatto?” chiese tra l’incuriosito e il severo il signor Giudice. L’Accusa si alzò in piedi e dopo essersi aggiustata la toga: “Presumo” – argomentò – “che dopo essere stata catalogata e archiviata nel deposito generale nella scansia numero 12…” “Al bando i dettagli: che fine ha fatto l’arma del crimine?!” lo chiamò all’ordine con foga. “Quando ho avanzato ufficiale richiesta all’archivio, mi è stato risposto che se la sono…” – afferrò un foglio dattiloscritto fingendo malamente di leggerlo per la prima volta – “c’è scritto così anche se può apparire ridicolo” “Scritto cosa?” chiese la Difesa Lesse testualmente dalla minuta: “Ignoti si sono mangiati l’arma del crimine” Il Giudice fece un salto sulla sedia: “Mangiati cosa?” domandò con occhi esterrefatti. “Mio Dio, come hanno fatto ad inghiottire una pistola di ferro?” “Potrei avanzare un’ipotesi se mi promette di non prendersela con me” rispose l’avvocato della Difesa. Il Giudice assentì. “Malgrado fosse in tutto e per tutto identica ad una Smith and Wesson, stesso colore, dimensioni e peso, difettava in un solo particolare” “Quale?” domandò la Difesa stringendo l’Accusa nell’angolo. “Era una pistola di cioccolata”concluse la Difesa. Nell’aula esplose un boato di risate. “Silenzio!” – gridò il Giudice – “Fate silenzio o farò sgombrare l’aula”. “Quando si mangia di gusto, si finisce sempre per mordersi le mani” – intervenne l’imputato – “Ho sempre saputo che la mia pistola sarebbe finita nello stomaco di qualcuno. È dai tempi di Adamo ed Eva che l’uomo non si trattiene dal prendersi ciò che desidera. Una mela, del cioccolato, del denaro, una bella donna. La storia dell’uomo è affastellata di furti come una galleria d’arte lo è di quadri. La stessa democrazia è un furto. Proprio così, avete capito bene, signori e signore della Giuria. La democrazia è lo strumento che ha sempre permesso ai politici di rubare il consenso al popolo 147 Pagina 147 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 per farne ciò che più piaceva ai ladri. Con i voti ricevuti hanno fatto di tutto, tutto tranne quello che il derubato avrebbe voluto. Ma ogni azione di questa siffatta natura non è mai indolore e genera molteplici effetti collaterali dei quali vorrei parlarvi in maniera più approfondita”… Conflitti tra deleghe È opinione abbastanza diffusa che il politico debba, o quantomeno dovrebbe, rendere conto a chi lo ha votato e cioè ai cittadini. Ahimè, non potrà quasi mai mantenere fede alla promessa e dopo la sua elezione sarà il partito a dettar legge. D’altronde è il partito che lo ha messo in lista ed è sempre il partito che detiene il simbolo. Nei sistemi proporzionali che prevedono l’uso della preferenza, (le elezioni europee, le comunali e parte delle regionali) vale la stessa regola, e al candidato, se non altro, è lasciata la possibilità di rivendicare la propria autonomia attraverso il numero di consensi, alludo alle preferenze, che ha raccolto personalmente. Come dire che gli si lascia un’arma in mano con la quale potrà tentare malamente di difendersi dalle scelte che gli verranno imposte. Nonostante questo, se tenterà di ribellarsi, gli sarà subito ricordato che le “sue” 18.000 preferenze personali non sarebbero bastate a farlo entrare a Strasburgo. Infatti, se avesse voluto diventare Onorevole senza l’aiuto del partito avrebbe dovuto trovarsi altri cinquecentomila voti che sono andati al simbolo. Il partito si considera quindi il custode di una dimensione metafisica formata dai “voti senza preferenza”, in altre parole, le croci sui simboli. Proprio così, ogni partito può essere visto come un cimitero straripante di croci normalmente utilizzate per redimere l’indipendenza di tutti coloro che sono stati eletti dal popolo. Capita talvolta che nello stesso territorio dove il candidato ha raccolto le 18.000 preferenze siano attivi dei dirigenti politici che non sono riusciti a produrre un adeguato numero di iscritti. Si delinea così un conflitto tra due tipi di deleghe diverse, tra quella concessa dall’elettore al candidato e quella concessa dagli iscritti al partito. Pertanto, un Parlamentare Europeo, destinatario di queste 18.000 preferenze, si può ritrovare nelle penose condizioni di dover sottostare al volere di un Presidente Regionale eletto dai centoventi miseri iscritti che hanno partecipato al congresso regionale. La vecchia Democrazia Cristiana, per risolvere questo conflitto, 148 Pagina 148 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 convertiva il voto di preferenza in una adeguata quota di rappresentanza che l’eletto poteva utilizzare nelle votazioni congressuali. Come dire che saggiamente non si consideravano gli elettori come soggetti diversi dagli iscritti e senza alcun potere nelle dinamiche interne, ma come elargitori di un consenso che andava smistato tra la sede elettiva e l’organizzazione politica. (fonte: Patrizio Gattuso) Del modello statutario della Dc verrebbe da dire quello che un noto urbanista disse dell’architettura fascista: l’abbiamo sempre considerata malissimo fino a quando non abbiamo visto quello che sarebbe venuto dopo. Bisogna infine ricordare che se i risultati prodotti dal sistema elettorale, e cioè il numero di preferenze assegnate a ogni candidato, sono certificate e reali, lo stesso non può dirsi per gli iscritti al partito. Secondo Marco Travaglio, (Annozero del 12/03/2009) i tesserati della Margherita a Gioia Tauro erano 168 mentre gli elettori che avevano votato per lo stesso partito soltanto 55. A Locri i diellini sfioravano quota 255 a fronte di 123 voti. A Siderno c’erano 95 iscritti e solo 21 preferenze. Insomma, più iscritti che votanti. Nomine e preferenze Il movimento di Beppe Grillo è certamente la vera novità di questi ultimi anni. Se non avessi avuto paura di veder andare in pezzi un sogno per la terza volta, dopo essere stato esiliato dal Partito Democratico, avrei certamente aderito a questa strana entità che in fondo è una rivisitazione dei Verdi in salsa giustizialista. Senza contare che non avrebbero mai accettato un ex membro della casta, transfugo da ben due partiti e rapinatore di banche. Il MoVimento 5 stelle appare come un “metapartito”, in quanto si tratta di un “gruppo” che pur affermando di non essere un partito deve svolgere gli stessi compiti. Ma questa non è la sola contraddizione. Ve n’è un’altra certamente più evidente. Una delle prime battaglie del comico genovese, che si è conclusa con una raccolta firme per l’istituzione di una legge che non verrà mai varata, prevede la reintroduzione delle preferenze nei sistemi elettorali. Grillo crede, e lo credo anch’io, che debba essere assolutamente ripristinata una relazione diretta tra il voto dei cittadini e gli eletti, mettendo così fine alle dinastie di parlamentari “nominati” dai partiti. Beppe Grillo si dice convinto che se non ci fossero le liste bloccate, pregiudicati della peggior razza 149 Pagina 149 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 non riuscirebbero ad entrare in Parlamento. Non sono pienamente d’accordo, ma sono quantomeno disposto ad ammettere che l’uso della preferenza rappresenta l’unica maniera per impedire ai politici indipendenti, sgraditi all’establishment, di entrare in Senato e Parlamento. Come dire che ci sarà sempre un politico disonesto che riuscirà a farsi eleggere comprando le preferenze una ad una, ma quantomeno non ne sarà negata la possibilità, come invece accade ora, a tutti gli altri politici che raccolgono voti per le idee che possiedono e i progetti che propongono. Sicché, quando Beppe Grillo ha presentato le liste civiche Città a cinque stelle non si è candidato a Sindaco in nessun luogo lasciando che fossero i cittadini, senza nessuna esperienza alle spalle, a farlo. Così facendo ha dato luogo ad una palese contraddizione rispetto alla battaglia combattuta in favore della preferenza. Infatti, ogni consigliere eletto dalle liste civiche di Grillo è riuscito ad entrare in Consiglio Comunale soltanto perché si trovava nella posizione privilegiata di candidato sindaco e non invece per aver ottenuto il numero più alto di preferenze tra tutti i 44 candidati che correvano insieme a lui. Come dire che i meet-up hanno mandato in consiglio comunale il proprio candidato usando lo stesso principio sul quale si fondano le liste bloccate dove viene eletto il primo della lista. A seconda dei voti presi dalla lista viene proclamato un secondo eletto e così via. Alle comunali, per fortuna, questo secondo eletto è rappresentato dal candidato consigliere che ha incassato il maggior numero di voti. Grillo avrebbe fatto bene a presentarsi in testa ad ogni lista (con la promessa di dimettersi il giorno dopo la vittoria) permettendo in questo modo a chi si è guadagnato il maggior numero di preferenze di ricevere gli allori del trionfo. Mai ripetere gli errori degli altri. Pagina 150 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Tutto per colpa di una scarpa Le preferenze sono state abolite perché favorivano la genesi del tristemente noto “voto di scambio” o almeno così si vocifera nei corridoi della politica. Ti viene poi ricordato che al sud è persino successo che ogni preferenza concessa era sempre ricambiata con un pacco di pasta. Dopo la guerra, agli spaghetti sono subentrate le scarpe. Prima si consegnava una scarpa sola come anticipo e dopo il voto, riscontrata la preferenza, era recapitata anche l’altra del paio. Con il passare del tempo e al crescere del costo della vita, calzature e generi alimentari sono stati soppiantati dai posti di lavoro, dalle case popolari o dai finanziamenti a pioggia di ogni genere, basti solo ricordare che in Calabria il “finanziamento pubblico” rappresenta la prima industria del paese. Per questo, per arginare questo dilagante fenomeno, sì è pensato di riformare il sistema elettorale eliminando la preferenza che aveva contraddistinto intere generazioni di politici nati e vissuti durante quella che oggi è conosciuta come la “Prima Repubblica”. Così, se oggi non possiamo votare per chi ci pare, la colpa è di una scarpa I partiti, la Telecom e gli elefanti “Siamo come marionette in balia di un branco di elefanti” Edgar Allan Poe Quando sono andato ad abitare in un bosco per rimarginare le mie ferite ho chiesto alla Telecom di dotarmi di una normalissima linea telefonica. L’abitazione accanto, che non distava più di cinquanta metri dalla mia, era dotata di un bellissimo telefono di bachelite e ciò mi convinse che non si trattava di una richiesta onerosa. Mi sbagliavo. Con il diffondersi dei telefonini le reti fisse sono cadute in disgrazia e chiedere di essere raggiunti da un filo è un’impresa disperata. Ma la cosa che mi colpì fu l’invalicabile impermeabilità che la Telecom era riuscita a creare attorno a sé. Se telefo151 Pagina 151 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 navo al call - center ricevevo risposte evasive a domande semplicissime del tipo: “Entro quanto tempo potrò avere un telefono?”. Gli operatori si alternavano con una tenacia incrollabile: “Pronto? Sono Francesco cosa posso fare per lei?” Sono Paola. Michela. Susanna. Franco. Cambiavano i nomi, ma non le chiose: “Abbiamo preso nota e le faremo sapere”. Oppure: “la sua posizione è all’attenzione degli incaricati”. Ad un certo punto, sfinito dal susseguirsi da questi “rosari” di rifiuti, incominciai ad insistere: “D’accordo, ma non mi potrebbe passare il suo superiore?” “Sono spiacente, ma non siamo tenuti a darle questa informazione” “Almeno mi dica il nome di un incaricato qualsiasi - per Diana! - e provvederò a cercarlo sull’elenco del telefono” “Neppure noi abbiamo accesso a questo genere d’informazioni. Le ricordo che la sua pratica è in iter e molto presto le faremo sapere. Grazie per averci chiamato. Arrivederci” e riattaccavano. Una mattina vidi un uomo in giardino con l’atteggiamento di chi compie un sopralluogo. Buon segno: in fondo alla strada sterrata era parcheggiato un furgone bianco dotato di scala e matasse di filo legati sul tettuccio. Dopo aver indossato frettolosamente l’accappatoio gli andai incontro. Si trattava effettivamente della ditta che avrebbe dovuto portarmi il filo, ma non spettava a lei decidere quando incominciare il lavoro. Il loro compito consisteva solo nel redigere un rapporto con indicati i tempi necessari, i costi e altre eventuali informazioni tecniche. D’accordo, non sapevano dirmi nulla, ma forse potevano indicarmi il nome del responsabile di zona e quindi chiesi: “Mi serve nome e cognome di chi la paga” “Riceviamo gli ordini via e-mail da aziende terze che non sono la Telecom e abbiamo ragione di credere che neanche il personale con il quale ci rapportiamo possieda le informazioni che la interessano”. “Ma non lavorate mica per la Cia” – mi guardò storto, ma continuai a lavorarmelo - “non mi vorrà far credere che se bisogna riparare un palo del telefono abbattuto da un fulmine le lasciano un comunicato anonimo nella buchetta” Se ne restò in silenzio e mi guardò con l’aria mesta di chi si trova in difficoltà. “Un’e-mail?” rilanciai. “Dobbiamo chiedere l’autorizzazione prima di cederla a terzi” rispose. Ottenere il nome di un funzionario della Telecom appariva praticamente impossibile e questa smisurata riservatezza adottata dall’azienda mi 152 Pagina 152 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 parve pari solo a quella di una società massonica. Di conseguenza non mi restavano molte strade da prendere. Dovevo tramortirlo, trascinarlo in casa, legarlo e infine torturarlo fino a fargli sputare un nome e un numero telefonico. Non feci naturalmente nulla di tutto ciò limitandomi a chiamare alcuni miei amici giornalisti per informarli che la Telecom avrebbe impiegato più di un anno per stendere 50 metri di filo. Un paio di giorni dopo squillò il telefono e dall’altra parte della cornetta risuonò la voce calda di un uomo. Si presentò dicendo di essere “l’agente” Telecom addetto alla pratica. Chiesi di sapere con chi stavo parlando, il nome e il cognome del misterioso interlocutore. “No, non può. Le basti sapere che nel giro di qualche giorno avrà il suo telefono” rispose e riattaccò. Fortuna volle che a distanza di una settimana il telefono fu finalmente installato, ma i miei guai non ancora finiti. La Telecom inserì un indirizzo sbagliato nel contratto. Telefonai - non ricordo neanche più quante volte - al call center senza mai essere preso sul serio così che le bollette continuarono ad essere recapitate altrove. Al mancato ricevimento delle fatture conseguì un ritardo nel pagamento e la soppressione del servizio da parte della compagnia telefonica. Stufo di non riuscire a far valere le mie ragioni, inacidito dal dover ripetere la storia dal principio tutte le volte che chiedevo ragione delle sanzioni legate al ritardo dei pagamenti, cambiai compagnia passando a Fastweb. A quel punto, la Telecom diede incarico all’agenzia di recupero crediti di farla rientrare dei soldi che ancora le dovevo. In tutta risposta la trascinai davanti al difensore civico regionale e al comitato regionale radiotelevisivo a cui era delegato questo genere di contenziosi. Non solo ottenni ragione, ma mia moglie (l’intestataria del contratto) spuntò persino un risarcimento per ingiusta interruzione del servizio. Da quel giorno mi sono convinto che le grandi multinazionali spendono più risorse per difendersi dai clienti anziché investire energie nella risoluzione dei problemi. Gli stessi manager, profumatamente pagati, che dovrebbero essere quanto mai attenti alle possibili falle che si aprono nel sistema, preferiscono trincerarsi dietro a plotoni di operatori telefonici il cui unico scopo consiste nel sollevare i superiori dalle scocciature. Se poi i clienti diminuiscono non ci s’interroga sui motivi, ma ci s’indebita per pagare attori di grido e campagne pubblicitarie miliardarie che vengono pompate dai mezzi di comunicazione a suon di spot. In tutta questa sarabanda, i poveri clienti, quelli che in fondo tirano fuori la grana per pagare i sottopagati operatori del call - center e tutto il resto della “banda” sono solo l’ultimo e dimenticato anello della catena. La marionetta in balia del bran153 Pagina 153 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 co di elefanti. Aumentare i clienti senza dover rendere conto di nulla agli stessi, e nemmeno agli azionisti, a nessuno insomma, sembra questo l’obiettivo da raggiungere. Sono occupati alla creazione di entità economiche che devono diventare autonome dal giudizio di chi si avvale dei beni e dei servizi delle stesse. Questo mi spinge a pensare che se le grandi aziende hanno istituito i call center per le ragioni prese in esame, i partiti, che ormai sono diventati anch’essi aziende, hanno varato i sistemi elettorali a lista bloccata per non essere in totale balia dell’elettorato. Evidentemente entrambi, i partiti come le aziende, vogliono imporci il loro operato senza dover rendere conto di nulla. Si può dire lo stesso dei “Governi tecnici” “di transizione” o “di salute nazionale”che si formano senza aver consultato il popolo. The fly Il finto proporzionale a liste bloccate introdotto da Berlusconi ha generato alcuni mostri degni di un film dell’orrore. Seth Brundle, lo scienziato del film “la mosca”, compie esperimenti sul teletrasporto. Una mattina entra nella cabina di smaterializzazione con una mosca e si ricompone mescolato all’insetto. Dalla nostra cabina elettorale nel 2006, per non essere da meno del regista David Cronenberg, siamo “La mosca” di D. Cronenberg riusciti a far uscire un politico mezzo animalista e mezzo cacciatore. Tutto incominciò quando i Verdi e i Comunisti Italiani, per meglio sopravvivere alla nuova soglia di sbarramento si fusero originando una lista rosso – verde. In Emilia Romagna fu collocato a capo di questa lista Armando Cossutta mentre Sauro Turroni, verde fin dalla nascita, finì al secondo posto. A fronte di un bacino di voti che avrebbe eletto un solo rappresentante, si comprese che gli elettori “rossi” sarebbero stati premiati a scapito di quelli “verdi” e così fu. Quindi, ogni animalista che ha votato per i Verdi avendo in mente di fare del bene agli animali (da sempre i Verdi si sono dichiarati vicini alle associazioni protezioniste), ha mandato in Senato un politico a capo di un partito che è stato da sempre vicino alle associazioni venatorie e per questo inviso agli animalisti. Un po’ sconcertato, quando incontrai la consigliera regionale del partito verde, Daniela 154 Pagina 154 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Arregu, le accennai a questo palese controsenso mi rispose con gli occhietti di chi ritiene di aver fatto una furbata: “Ma che t’importa? Se qui da noi eleggiamo un amico dei cacciatori con i voti degli animalisti, da un’altra parte eleggeremo un animalista con i voti dei cacciatori!” Quando i giochi di prestigio non sono frutto dell’abilità del mago, ma della disonestà di un baro le mosche sono le prime a finire schiacciate, tanto è vero che dopo le politiche del 2008 Verdi e Comunisti Italiani hanno cessato di amalgamarsi e sono spariti per sempre da Senati e Parlamenti, ma c’è chi continua a sostenere che è stata tutta colpa di Veltroni e del suo “andiamo da soli”. Tana libera tutti. Subito dopo le politiche del 2006, controllando la posta elettronica, mi accorsi di aver ricevuto un’e-mail dove mi si chiedeva di firmare una petizione a favore di una candidata affinché potesse essere eletta una volta per tutte. Restai di stucco. C’eravamo da poco lasciati alle spalle le operazioni di scrutinio e pensavo che tutti i giochi fossero fatti. Eppure non era così, le elezioni continuavano all’interno delle segreterie dei partiti. La petizione spiegava che la candidata dal nome esotico, Tana, era stata presentata al secondo posto in un collegio, al terzo in un altro, al quinto in un altro ancora. Nel collegio dove lei riteneva di aver alzato i maggiori consensi si ritrovava davanti il Presidente del suo partito che si era autocandidato capolista in tutte le circoscrizioni. In breve quella povera ragazza, (se il Presidente non si fosse dimesso) non sarebbe mai entrata in Parlamento. Sicché il potere di eleggere i membri di Senato e Parlamento era stato trafugato al popolo da politici e partiti. La mail chiedeva quindi di scrivere all’onnipotente Presidente per invitarlo a “non optare” – come si dice in gergo – “per il collegio di Tania”. L’alternativa fornita a chi apprezzava l’operato del Dio dell’elettività consisteva nel domandargli genericamente di far dimettere altri candidati in altri collegi, così da poter, da una parte o dall’altra, eleggere la beniamina degli elettori “fregati” che figurava al quarto e al terzo posto in altre circoscrizioni. C’era quindi un piano A ed un piano B di riserva, entrambi costruiti su di un “ingranaggio” o meglio “un gioco a incastro” che poteva essere fatto 155 Pagina 155 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 funzionare solamente da un certo numero di azioni prodotte internamente al partito. M’immaginai il Presidente seduto nel suo ufficio mentre giocava a risiko con le riproduzioni miniaturizzate dei candidati. “Questo lo facciamo entrare in Parlamento, questo no. Questo si, quest’altro no” – afferrava i “soldatini/candidati” e li buttava nel cestino - “Quest’altro è stato tanto, tanto, cattivo, ma niente sculacciate, meglio non farlo eleggere”. E via un altro. Contrariamente a quello che si crede comunemente, il popolo è molto meno sovrano di quello che ci s’immagina! Post scriptum:Tana De Zulueta rientra in Parlamento L’Esecutivo nazionale dei Verdi ha definito le opzioni relative ad Alfonso Pecoraro Scanio e Stefano Boco, in modo tale da consentire l’elezione di Tana De Zulueta alla Camera dei Deputati nella circoscrizione della Toscana. Il presidente Pecoraro Scanio ha ringraziato la Federazione regionale della Calabria per aver accolto l’opzione di Boco in quella regione. L’Esecutivo del ‘Sole che ride’ ha chiesto a Stefano Boco la disponibilità ad essere indicato dai Verdi per un incarico di Sottosegretario. Ex corrispondente del settimanale Economist in Italia, De Zulueta ha lanciato nei mesi scorsi la campagna per ‘Un’altra tv’, con una proposta di legge d’iniziativa popolare per una profonda riforma del servizio pubblico radiotelevisivo per la quale è in corso la raccolta delle firme. (http://www.verdi.it/politica/8569-elezioni.-verdi—tana-de-zuluetarientra-in-parlamento.html) Liti elettive Sono molti i film dove ad un certo punto della trama compare una scena nella quale due donne incominciano a picchiarsi per le ragioni più varie. Mentre le scazzottate tra uomini sono descritte in maniera drammatica, i litigi femminili scadono quasi sempre nel ridicolo consumandosi tra graffi, gambe all’aria, capelli tirati e borsette che volano da tutte le parti. Anche la lotta per uno strapuntino tra Onorevoli non è da meno di questi “round in gonnella”. Alla sconcertante petizione in sostegno di Tana, qualche giorno dopo, ne seguì un’altra pressoché identica a firma di tale Alessandro 156 Pagina 156 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Ronchi di Forlì che non ho mai conosciuto malgrado appartenesse al partito in cui militavo. Era una lunga lettera che riporto nelle sue parti più significative. “Lettera di sostegno per l’elezione di Sauro Turroni al Senato. I giornali di tutta la regione hanno pubblicato con grande risalto la notizia della esclusione da parte della direzione dei Comunisti italiani di Sauro Turroni dal Senato. L’organismo politico di quel partito avrebbe indicato a Armando Cossutta di optare per l’Emilia Romagna non accettando la Lombardia, né le Marche o la Toscana dove pure è stato eletto. Cossutta, durante tutte le manifestazioni pubbliche a cui ha partecipato in Emilia Romagna, ha dichiarato pubblicamente che non avrebbe optato per l’Emilia Romagna e che Sauro Turroni sarebbe diventato il futuro Senatore della regione. Dal canto suo, Sauro Turroni in tutte le manifestazioni (organizzate dai Comunisti italiani per altro) era sempre indicato come “Capolista dei Verdi”. Non conosciamo i motivi che hanno indotto i Comunisti Italiani a cambiare le precedenti decisioni e disattendere gli accordi, ma ciò è per noi inaccettabile per i motivi che seguono. I comunisti italiani non possono decidere chi sono i parlamentari dei verdi. Se ciò accadesse la nostra credibilità sarebbe ridotta a meno di zero. I parlamentari dei verdi sono decisi dagli organismi verdi…Non riteniamo accettabile che l’Emilia Romagna che dà ai verdi il 10 % dei loro voti e il 10 % degli iscritti, che ha sempre avuto tutte le province riconosciute, non abbia neppure un eletto mentre altre regioni come la Lombardia con l’esclusione di Sauro verrebbero ad averne addirittura 4, mentre l’unico altro posto in regione è appannaggio dell’esecutivo nazionale.…Invitiamo quindi il presidente dei verdi e l’esecutivo a respingere il tentativo di esclusione messo in atto dai comunisti italiani e di chiedere loro di rispettare quei patti che lo stesso Cossutta ha così chiaramente reso noti in tutte le manifestazioni pubbliche a cui ha partecipato, e che anche nelle ultime ore si dichiara del tutto disponibile a mantenere. Invitiamo altresì il presidente dei verdi e l’esecutivo a rispettare le precedenti decisioni concretizzatesi nell’indicazione secca di Sauro Turroni dopo Cossutta in Emilia Romagna, indicazione fatta in tale modo proprio perché Cossutta al momento dell’opzione non danneggiasse esponenti del nostro partito né noi potessimo danneggiare esponenti del suo. Ogni altra decisione infine premierebbe personaggi che in particolare in questo ultimo periodo hanno cercato di contrastare l’azione politica di Sauro Turroni che con rigore applicava le posizioni della federazione nazionale e del suo presidente”. Questo giochetto delle “eleggibilità ad incastro” si presta magnificamente ad eliminare i possibili rivali di tutti i segretari nazionali. Non c’è che dire, si tratta di un mezzo efficace, ma è terribilmente umiliante nei confronti degli elettori. Fui colto dalla nausea pensando che nel mio paese stesse succedendo una tragedia del genere. I cittadini italiani, terminate le elezioni, si vedevano costretti a raccogliere le firme e sottoscrivere lettere 157 Pagina 157 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 di protesta per cercare di eleggere il proprio candidato. Deve essere l’assuefazione al peggio che impedisce al popolo di fare la rivoluzione, altrimenti non me lo spiego proprio tutto questo dimesso silenzio. Apostoli, body bag e le false maggioranze Il Marchese di Condorcet Chi vota non è certo che sarà rappresentato. Ma chi non vota potrebbe perfino rimetterci la vita. Ne sapeva qualcosa Jean Antoine Nicolas de Caritat, meglio conosciuto con il nome di Marchese di Condorcet, che teorizzò il paradosso che da lui prende il nome. Fu il primo a capire che “se non ti occupi di politica, la politica, prima o poi, si occuperà di te”. La dimostrazione più esplicita del paradosso di Condorcet la si ritrova nelle elezioni a doppio turno. Se tre partiti si confrontano, solo due parteciperanno allo spareggio. La vittoria potrebbe essere incassata da un partito numericamente inferiore rispetto alla somma degli elettori appartenenti ai due schieramenti sconfitti. Nella Bologna di Sergio Cofferati lo stesso principio si manifestò in modo analogo, ma in forma ancora diversa. I Democratici di Sinistra e la Margherita disponevano - da soli - di un numero di voti consiliari superiore alla somma di Verdi, Rifondazione, Lista Di Pietro e Occhetto – facenti parte del centrosinistra – e di tutta l’opposizione composta dalla lista civica la Tua Bologna, Alleanza Nazionale e Forza Italia. Una diarchia che comportò l’esclusione dal Governo non solo di chi aveva perso - è ovvio - ma anche delle forze minori che avevano legittimamente contribuito alla vittoria del sindacalista. Dal micro al macro, il paradosso si ripete. Negli Stati Uniti, durante un alternarsi di Presidenti pressoché identici è sempre andato a votare il 50% degli aventi diritto. In quelle occasioni, il primo cittadino americano è nato dal grembo di una palese minoranza. Infatti può ben dire di aver vinto con il 26% degli aventi diritto al voto, sbaragliando 24% degli elettori che hanno votato contro la sua nomina e il 50% dei cittadini che non sono andati a votare. La maggioranza del paese, il 74% dei “potenziali” votanti, è stata posta sotto il giogo di un minoritario 26%. Se a questo si aggiunge che lo schieramento vincente discende da un’elite politica estremamente ridotta si può concludere, che pochi uomini, danarosi e ben attrezzati, decidono del destino di un intero popolo. Paolo Ricci (su di un sito che ha ces158 Pagina 158 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 sato la sua esistenza da tempo, www.osservatorio politico.org) commentò la vittoria di Bush con queste parole: “Il 49% dei neri d’America se ne infischia di votare. Alle ultime elezioni di questo 49% di votanti, il 90% avrebbe votato Gore e il 10% Bush. Questo 49% di afro americani, non andando a votare, ha perpetrato un’autentica follia: ha consegnato il potere alla destra guerrafondaia di Cheney, Wolfowitz, Pearl e soci. Il risultato finale di questo astensionismo suicida? La destra ha scatenato la guerra in Iraq. Ma i soldati mandati a combattere di che colore sono? Sono in maggioranza neri o ispanici e figli delle classi bianche meno agiate. L’astensionismo nero e ispanico ha creato le condizioni affinché i figli dei poveri vengano massacrati in una guerra sponsorizzata da una maggioranza bianca, sostenitrice di oligarchie finanziarie, che ha consegnato il potere a Bush votandolo al 54%, ma prima si è fatta garantire che i propri figli non sarebbero stati spediti in Iraq per farsi sbudellare. Ora che quei poveri ragazzi ritornano chiusi nei “body bags”, i poveri si rendono conto di cosa significhi “perdere per una manciata di voti”: un voto nero compatto avrebbe evitato che Bush vincesse contro Gore”. Dal vangelo secondo Matteo: beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli. Sono d’accordo, ma l’apostolo avrebbe dovuto aggiungere: beati anche i poveri di voti perché il regno della terra è già nelle loro mani. Maggioritario con proporzionale e paracadute Ai tempi del vecchio “mattarellum” le cose non andavano certo meglio di oggi. I candidati, soprattutto i leader, che perdevano nei collegi maggioritari, erano “ripescati” e subito dopo rieletti forzatamente in Parlamento grazie ad una lista proporzionale dove si erano fatti posizionare ai primi posti. Si trattava del famigerato “paracadute”, al quale nessun politico ha mai rinunciato, eccezion fatta per Massimo D'Alema quando decise di correre esclusivamente nel collegio uninominale di Gallipoli. La sua rinuncia diventò un evento epico e talmente inconsueto che si guadagnò le prime pagine dei giornali. Mia nonna, che era solita stirare le camicie davanti alla televisione, ascoltando questa notizia, sentenziò: "Credevo che D'Alema avesse una barca, non un aeroplano". 159 Pagina 159 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Rappresentatività surrealista dell’assenza Come dimostrato dalle conclusioni espresse da molti esponenti politici in merito al mancato raggiungimento del quorum sui “referendum in materia di fecondazione assistita”, i non votanti e cioè coloro che se ne rimangono a casa durante una consultazione popolare sono diventati soggetti, che al pari dei votanti, esprimono una presa di posizione. La competizione non si era affatto consumata tra chi aveva cercato di convincere i cittadini a votare sì o no, ma tra due schieramenti che domandarono, il primo di partecipare alle consultazioni e il secondo, capeggiato dalla Chiesa, di disertare le urne rendendo nullo il referendum per mancato raggiungimento del quorum. Casini e Pera, che all’epoca indossavano due importanti vesti istituzionali, teorizzarono la triplice possibilità di voto: votare sì, votare no o non andare a votare. Come se non andare a votare fosse diventata una terza opzione di voto rieditata sottoforma dell’ossimoro del “non volere è potere”, il potere di non esercitare lo strumento referendario per consolidare la posizione di una parte politica. Sarebbe come se una squadra di calcio decidesse di non gareggiare contro un’avversaria perché ha paura di perdere. La verità è che i politici temono le decisioni del popolo come i Troiani temevano i Greci (Timeo danaos et dona ferentes). Con una scusa o con l’altra, “andate al mare, ai monti a mangiar fuori, ma non recatevi assolutamente alle urne” convincono il popolo a lasciarsi mutilare senzareagire. A quei tempi ricordo di aver pensato che qualcuno avrebbe finito per istituire il Partito dell’astensionista, che non ha un presidente perché la base si rifiuta di votarlo, non ha un programma perché nessun dirigente si cura di redigerlo e non possiede un solo aderente perché ciascuna iscrizione viene rispedita al mittente ...non esistendo una sede, non può esistere neanche la buchetta delle lettere. Insomma, sarà un partito fondato sull’inesitenza elevata ad attività politica. Pagina 160 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Vota la pipa di Magritte! Il grande regista spagnolo, Luis Bunuel, sul finire della sua vita, scrisse che l’esperienza surrealista era finita perché la modernità stava abbondantemente superando le capacità oniriche dell’uomo. Gli avvenimenti quotidiani erano, e lo sono ancor più oggi, molto più assurdi di “una macchina da cucire che incontra un ombrello sul tavolo del chirurgo” (Max Ernst citando Lautréamont). Qualche mese dopo le polemiche nate intorno al referendum sulla fecondazione assistita, navigando nella rete, incontrai la pagina di un nuovo partito. Appariva ai miei occhi increduli come l’avverarsi della “profezia surrealista”. “16 milioni di italiani non vanno a votare. Per loro è nato il “partito” degli astensionisti che, con una lista civica nazionale recante nel proprio simbolo la scritta “IO NON VOTO”, sarà presente, in tutta Italia, alle prossime elezioni politiche. Come è illustrato nell’animazione in home page, barrando questo simbolo di colore rosa, ogni elettore che, ancora una volta o per la prima volta, vorrà astenersi potrà recarsi a manifestare, validamente, nella discrezione della cabina elettorale, il proprio legittimo desiderio di non votare. Ma la straordinaria novità consiste nel doppio valore di questo voto : da un lato, l’elettore potrà dare la massima dignità ai sentimenti che finora lo hanno indotto a disertare le urne e, dall’altro, potrà attribuire al proprio voto un ulteriore e importantissimo significato umanitario”. (estratto il 20 marzo 2006 da: www.iononvoto.it) I contributi elettorali incamerati dall’assenso astensionista sono devoluti alla ricerca sul cancro. Almeno una buona idea arde nella pipa di Magritte. Pagina 161 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Romero’s party. Come tutti sanno, in taluni casi, è necessario raccogliere un certo numero di firme per poter presentare una lista di candidati alle elezioni. Qualche giorno dopo la nascita del partito astensionista, e qualche mese prima delle elezioni, incappai in una storiella divertente. Me la raccontò il protagonista in persona, un tipo alla John Belushi che fumava il toscano e bazzicava quelle zone grigie situate tra il centrodestra e le liste civiche. Si faceva chiamare Cicci Bau o qualcosa del genere e davanti ad un buon bicchiere di vino rosso incominciò il racconto. Due anni prima, se ne stava seduto ad un tavolino per la raccolta firme posizionato sotto uno dei portici bolognesi. Restava in attesa che qualcuno si fermasse per siglare quei moduli di vitale importanza per la sopravvivenza elettorale del partito. Malgrado si fosse vantato con l’avvenente segretaria bionda di essere il miglior mietitore di firme di tutta la regione non era riuscito a strapparne neanche una ai passanti. Faceva un freddo cane e tutti tiravano dritto senza degnarlo di uno sguardo. Si chiese cosa avrebbe detto la segretaria, dopo di lei i dirigenti, quegli insopportabili damerini in doppiopetto blu. Ci pensò sopra fino a quando prese atto che la leggenda di Cicci Bau, il grande mietitore, sarebbe colata a picco un istante dopo che tutti lo avessero visto rientrare a mani vuote. Fu così scosso dalla paura che quasi svenne. Per riprendersi entrò in un bar accogliente della zona universitaria e lì rimase per un paio d’ore pensando a come poteva cavarsi da quella brutta situazione. Dopo essersi mangiato una messicana, quella pasta a forma di lumaca, uscì in strada e bighellonò per le arterie che dal centro si diramano in periferia. Camminò a lungo fino a quando non si trovò davanti all’entrata del cimitero monumentale. Aggirandosi tra i rigogliosi bossi della Certosa e pensando al film di George Andrew Romero, La notte dei morti viventi, che aveva visto la sera prima in televisione, gli prese forma nella mente un’idea luminosa. Dalle lapidi trascris- Pagina 162 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 se i nomi, i cognomi e le date di nascita sui moduli elettorali. Si disse certo che nessuno dei defunti avrebbe avuto a che ridire. Aveva ragione. Anzi, sarebbe filato tutto liscio se non si fosse messa in mezzo la curiosità di uno zelante dipendente dell’ufficio elettorale che con i suoi controlli incrociati fece venire a galla la storia dei sottoscrittori zombie. Di storie come questa la politica è piena, ma nessun Parlamentare, eletto in un’elezione truccata in questo modo, ha mai dovuto rinunciare alla propria poltrona. Ma cosa importa? Se riusciamo a rappresentare gli astensionisti perché dovremmo far mancare una rappresentanza ai morti? Ghost stories Tempo fa, la trasmissione satirica, Le Iene, ha mostrato il Parlamento Regionale Siciliano durante una particolarissima seduta. Si tratta di un vero e proprio cammeo partorito dai nostri emicicli rappresentativi. Il Presidente dell’Assemblea Siciliana- ripreso dalla telecamera - approvava una delibera dopo l’altra sputacchiando le parole alla velocità di un mitragliatore. Nemmeno il timpano più fine avrebbe potuto comprendere una sola sillaba, figurarsi il senso degli atti amministrativi. In aula erano presenti solo dieci consiglieri e le numerose assenze non erano casuali. I provvedimenti posti in votazione avvallavano l’ennesimo condono edilizio e altrettante discutibili deroghe venatorie. Il Presidente “mitraglietta”, intervistato da una iena, rispondeva dicendo che la partecipazione risicata era il frutto di un accordo tra la maggioranza e l’opposizione. Aggiunse che non accade nulla negli organi legiferanti - al Parlamento Nazionale pare sia una consuetudine consolidata - senza un accordo precedentemente stilato tra maggioranza e opposizione. Ma ai telespettatori cosa importava di sapere che c’era un accordo? Se anche c’era, come si può addurlo a giustificazione? Indipendentemente da questo, quel giorno, non stavano votando i presenti, bensì gli assenti che permettevano ai primi di agire incontrastati. Questo è un classico esempio di voto degli assenti. Pagina 163 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 I deputati vestono Yankees! L'attore Leonardo di Caprio nel film “Prova a prendermi” interpreta Frank Abbagnale, un falsario che per un molto tempo ha viaggiato gratuitamente sulle linee aeree della Pan Am fingendosi un pilota di linea. Quando l'Fbi decide di catturare questo impostore semina agenti in borghese in ogni aeroporto. Frank, messo alle strette, si ricorda di una conversazione fatta col padre a proposito di una squadra di baseball. Il padre di Frank: "Sai perché gli Yankees vincono sempre Frank?" Frank: "Perché hanno Mickey Mantle?" Il padre di Frank: "Naah. Perché gli avversari non riescono a staccare gli occhi dalle righine delle loro divise." Memore di quella chiacchierata si circonda di bellissime ragazze vestite da hostess. Da quel momento, tutti coloro che si trovano in aeroporto, agenti infiltrati dell'Fbi e comuni passeggeri, sono attratti dalle affascinanti signorine e nessuno presta attenzione all'impostore. Il padre di Frank aveva ragione, le ragazze sono come le righine della divisa degli Yankees! Così arriva il giorno in cui la Camera deve riscrivere un articolo della legge sulla caccia per adeguarlo alla normativa europea. Il popolo degli animalisti si mobilita per chiedere agli Onorevoli italiani di non votare quella modifica Leonardo Di Caprio in una scenda del film “Prova a prendermi” che comporterebbe l’allungamento della stagione venatoria di ben 10 giorni. Partono centi164 Pagina 164 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 naia di e-mail, lettere e cartoline indirizzate agli eletti. Il rischio di finire sulla “black-list” dei nemici degli animali è molto alto. A questo punto, qualcuno, impossibile sapere con esattezza chi sia stato, decide di far indossare ai deputati la divisa a righe degli Yankees in maniera da far sì che l'attenzione non si focalizzi sui fatti. Il giorno dopo il voto, sul “pianeta facebook”, incominciano a circolare gli esiti delle votazioni. Un mio amico che si occupa di fotografia naturalistica, un fervente protezionista, apre il dibattito chiedendo agli elettori di sinistra se non sono Mickey Mantle con la divisa a righe rimasti delusi dal fatto che il Partito Democratico si sia astenuto, mentre la Lega abbia votato contro in modo compatto. Si moltiplicano i commenti degli animalisti che inneggiano al Carroccio e non è la prima volta dato che il partito di Bossi è stato l'unico che si è opposto duramente al recepimento della direttiva europea sulla macellazione rituale degli animali. Incomincio a preoccuparmi: anche se le tematiche animaliste diventano patrimonio dalla Lega non mi resta che fare il cosiddetto “salto della quaglia” tanto per restare in tema di uccellini. Ma prima della decisione irrevocabile scrivo a Carla Carrara, responsabile regionale della Lac, la Lega Anti Caccia. Le chiedo conferma di quanto successo. Mi risponde affermando che quanto ho imparato è vero, ma bisogna interpretare il voto. Interpretare il voto? Si vota a favore, contro o ci si astiene. Cosa ci sarà mai da interpretare? In politica tutto è possibile, avrei dovuto immaginarlo. Mi racconta che il voto contrario della Lega è stato determinato dai dieci giorni della deroga, il Carroccio ne voleva venti e per ripicca si è schierato contro il provvedimento. Così vado a leggere i verbali sul sito della camera scoprendo che la maggior parte dei voti contrari appartengono proprio a quei deputati che si definiscono degli sfegatati sostenitori dei cacciatori. Porgo quindi i miei più sentiti complimenti ai “registi occulti” che sono riusciti a rimodellare “la pietra del contendere” facendo passare per animalisti chi ha votato per l’allungamento del calendario venatorio. Pare proprio che ad accorgersi di questo controsenso sia stato solo l'Onorevole Giulio Santagata, che ha dichiarato in aula: 165 Pagina 165 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 “Signor Presidente, quest'anno prendo la mia quarantaquattresima licenza di caccia, ma non ci sto a farmi iscrivere al gruppo di chi pensa che i cacciatori abbiano diritto ad un'attività non regolata. Mi ero orientato a votare contro questo emendamento, perché ritengo un crimine aumentare di dieci giorni la pressione venatoria sulle specie migranti. Ma, visto l'atteggiamento dell'altro gruppo, dovrò votare a favore e lo farò convintamente, da cacciatore”. Se io fossi stato alla Camera quel giorno, dato che sono contrario all’aumento della stagione venatoria anche di un solo giorno, mi sarei ritrovato affratellato ai rappresentanti della lobby dei cacciatori e avverso a quella parte di deputati ambientalisti che hanno concesso 10 giorni oggi per non doverne concedere 20 domani. Senza contare che gli Onorevoli, grazie a questo versatile risultato, potranno dire agli animalisti di aver votato contro la caccia perché sono dei veri amici degli animali e alle doppiette che sono dalla loro parte a tal punto che volevano il doppio delle giornate concesse al calendario di caccia dal Governo Berlusconi. Non c'è che dire, si tratta proprio di una gran bella divisa a righe! Professione fontaniere L’Accusa frugava nei corposi incartamenti accumulati sul piano del tavolo. Muoveva la testa come il rullo scorsoio di una vecchia macchina da scrivere che sopravanza lentamente ad ogni battuta per poi tornare indietro di scatto quando arriva alla fine della riga. Il pubblico, le parti civili, tutti quanti insomma, erano in attesa di sapere quale sarebbe stato il prossimo argomento dibattuto. L’imputato dispensava un’aria annoiata. “Fate entrare il teste Zeta” recitò l’Accusa. Un uomo alto e dall’espressione contrita si affacciò sulla porta della sala. Si guardò attorno spaesato camminando con passo deciso. Andò a sedersi al banco dei testimoni, si aggiustò gli occhiali e ripose lo stuzzicadenti che aveva tenuto in bocca fino a quel momento dentro al taschino della salopette. L’Accusa incominciò l’interrogatorio dalle formalità: “Potrebbe gentilmente declinare le sue generalità ad alta voce?” Il testimone pronunciò il nome, l’indirizzo di casa e la data di nascita. 166 Pagina 166 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Parlava con molta calma così che la stenodattilografa potesse trascrivere l’interrogatorio senza errori. La cadenza risentiva di un greve accento romano. “Qual è la sua professione?” chiese l’Accusa. “ A Stagnino” “Potrebbe essere più preciso?” lo incalzò. “E che te devo dì? Fontaniere? Idraulico? Stura – cessi? Ognuno me dà er nome che vò” Stura – cessi? Pensò il Giudice prima di scuotere la testa. “Conosce l’imputato?” chiese l’Accusa. “Ce puoi scommettere tu sorella!” Nella sala scoppiò un boato di risate assortite. “Risponda solo con un sì o un no e non faccia commenti che potrebbero influenzare la Giuria”. Riprese quindi ad interrogarlo: “Come vi siete incontrati?” “Per via der cesso, quante volte te lo devo dì che sturo de tutto? ” Altre risate. L’idraulico scrollò le spalle come per fare intendere che non aveva voluto far ridere nessuno. “Si è mai occupato di politica?” “me possino cecà” “Si reca alle urne quando ci sono le elezioni” “Regolarmente come se annassi de corpo” Esplosero altre risate ancora. “Non sono un qualunquista ” – argomentò l’idraulico – “ma non me fido di quello che stanno a fà i politici e così dentro alla scheda je metto na’ bella fetta de mortadella e ce scrivo sopra: provate a magnavve pure questa!” “La finisca con queste volgarità!” – lo troncò l’Accusa – “se continua la farò radiare dall’aula!”. Scese il silenzio e un velo di rossa vergogna calò sul volto dell’artigiano. La Pubblica Accusa si rese conto di averlo stretto in un angolo. Era venuto il momento di mandarlo a tappeto senza concedergli la benché minima tregua: “Se è vero che non si è mai occupato di politica e se è vero anche che annulla ogni volta la scheda, mi spieghi perché mai ha deciso di iscriversi al partito dell’imputato” Alzò una busta trasparente che conteneva un talloncino di cartone verde grande quanto una carta di credito. La sventolò come il cartellino rosso di un arbitro per attirare l’attenzione su quella che riteneva una prova inoppugnabile. 167 Pagina 167 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 “La firma che si trova su questa tessera non è forse la sua?” “È la mia: buon Dio! Dove l’avete trovata?” Rispose in perfetto italiano. “Siamo noi che facciamo le domande qui! Forza: mi risponda! Come mai ha deciso di iscriversi ad un partito se la politica non la riguarda?” “ Che te devo dì?” – deglutì rumorosamente “Eccola qua la verità signori e signore!” - proseguì l’Accusa - “Ma non basta! anzi, dimostrerò che un migliaio di individui inermi, giovani e vecchi, ricchi e poveri, si sono lasciati abbindolare dall’imputato che li ha trasformati in un branco di topi al servizio di un cinico pifferaio magico. Tutti noi conosciamo la fine di quelle povere bestie: non è vero? Possiedo un lungo elenco di testimoni che chiameremo a questo banco, tutti, uno per uno, per farci raccontare quello che poc’anzi abbiamo già sentito dall’idraulico”. “Non ce ne sarà bisogno” lo fermò l’imputato dopo essersi alzato in piedi. “Ancora una volta confesso senza nessuna vergogna” “Bene” – sogghignò l’Accusa – “Se si è deciso a vuotare il sacco ci racconti tutto sulle tessere da lei prodotte senza dimenticare il minimo dettaglio” Cimitero vivente “Tesseramenti gonfiati no. Perché nei nostri congressi votano le persone e non le tessere. Può capitare che quando ci sono i congressi ci sia un numero spropositato di iscritti che servono per vincere il congresso. Poi magari, l’anno dopo, quando non c’è più il congresso, gli iscritti diminuiscono. Non è una pratica simpatica e bisognerebbe metterci mano. Io credo che il tesseramento sia importante. Non mi convince contrapporre il partito delle tessere con il partito delle primarie. In fondo, con la stessa logica con cui un notabile può comprare molte tessere per molti cittadini può portare molti cittadini a votare alle primarie. Il tesseramento è importante perché è la forma in cui il partito assume il carattere di una comunità di persone”. Massimo D’Alema (Intervistato da Zoro durante la festa del tesseramento del PD) 168 Pagina 168 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 “Una volta, pochi giorni prima che morisse, chiesi a mio padre cosa bisognava cambiare per far vincere la giustizia in Italia. Lui mi rispose che fino a quando una tessera di partito avrebbe avuto più valore di un uomo dello Stato, la mafia non sarebbe mai stata battuta”. Nando dalla Chiesa intervistato all’Altra televisione. Partecipare alle primarie costa solo un euro, mentre per acquistare una tessera bisogna sborsare da sette, a trenta, sino a 120 volte di più, dipende dal partito al quale si intende aderire e dal tipo di tessera. In ogni caso si tratta di un divario consistente pari a quello che divide il costo di un biglietto per un cinema parrocchiale da quello che ti permette di entrare a teatro per assistere ad un’opera lirica. Senza contare che l’iscrizione comporta una sorta di schedatura, mentre la partecipazione alle primarie è aperta a tutti. Risulta quindi evidente che gli uomini di partito “alla vecchia maniera” preferiscano tesseramenti e congressi alle insidiose consultazioni pubbliche. I pregi del primo metodo sono molteplici. Il partito incassa un maggior numero di risorse, riesce a gestire internamente tutte le fasi congressuali e le dirigenze possono prevedere in anticipo i risultati. Pochi rischi e incognite ridotte a zero. Questi sono i desiderata di ogni politico di professione la cui vita è già abbastanza tribolata senza che qualcuno si metta d’impegno per complicarla ancora di più. Se dovessimo sezionare il fenomeno congressuale nella sua interezza si verrebbero ad avere sei momenti che prenderò in esame attentamente nelle pagine a venire. Apertura del tesseramento. Chiusura del tesseramento. Conta delle tessere. Formazione delle cordate Congresso. Votazioni. Scrutinio. Vincitori e vinti. È opinione abbastanza diffusa che il correntismo e la suddivisione delle correnti in sottoprodotti conosciuti con il nome di “pacchetti di tessere” siano “articoli congressuali” legati alla Prima Repubblica. Si è lavorato duramente in tutti questi anni per archiviare entrambe le cose o meglio si è tentato malamente di nasconderle sotto i tappeti della storia. Ma da sotto i tappe169 Pagina 169 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 ti, come dal “cimitero vivente” di Stephen King, si può sempre fare ritorno: “Adesso la Margherita torinese inizia a somigliare davvero alla sua lontana antenata: alla Dc, insomma. Le correnti si moltiplicano come cellule impazzite che si separano l’ una dall’ altra. E si moltiplicano le tessere: sarebbero 28 mila secondo alcuni, 33 mila per altri, numeri da Prima Repubblica appunto. Tessere tutte da verificare (i vertici regionali hanno già disposto controlli) ma che serviranno per pesare di più nei prossimi mesi, per far sì che le diverse anime del partito possano ottenere quei posti (di governo, ma soprattutto di sottogoverno) senza i quali come ben sanno gli eredi del Biancofiore (o quelli arrivati negli ultimi tempi da altri lidi, come Giusi La Ganga) non si va da nessuna parte”. Repubblica del 29 novembre 2005 sezione: Torino Una sola tessera, analizzata singolarmente, è un pezzo di carta senza valore, ma se aumenta il numero di tessere è tutto un altro discorso perché questi, all’apparenza innocui, tasselli colorati che ricordano una carta di credito, sono l’unità di misura con la quale si esprime la potenza di un politico. Chiunque metta piede in un partito si rende subito conto che senza il controllo di un discreto numero di tesserati “non si va da nessuna parte”. Le conferme non mancano di certo. Rosy Bindi parlando di un suo collega Ministro sul “Il Resto del Carlino” del 25 maggio 2006, e non ai tempi del “divo Giulio” o di Cirino Pomicino, ammette che sono le tessere che “fanno il bello e il cattivo tempo” e qualche volta anche i Ministri della Repubblica Italiana: “Gli hanno dato quel ministero perché nel partito ha più tessere. C’è stata un’assoluta attribuzione con criteri cencelliani, tanto ai partiti e dentro ai partiti, tanto alle correnti…io non ne ho quasi nessuna, a parte la mia e quella di qualche amico, ho sostenuto che forse potevano anche non mandarmi al governo se il criterio era questo”. Tesserare serve. Serviva ieri e continua a servire oggi. Per ogni politico agli esordi, questa pratica è diventata un pretesto per ottenere una posizione di prestigio bruciando le tappe all’ombra di queste periodiche rese dei conti che si consumano tra i leader dello stesso partito. Per quelli che sfornano tessere diventa più che naturale abbandonare le sane motivazioni di una volta per assecondare il proprio tornaconto personale. Tutti sanno che 170 Pagina 170 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 le tessere servono al leader quanto le fiches al giocatore d’azzardo. Il capo saprà ricompensarti a dovere se riuscirai a metterne insieme così tante da fargli giocare una bella partita. Per questa ragione le tessere crescono copiosamente ovunque, tanto nei territori mal governati del sud, quanto nelle circoscrizioni del nord, fulgidi esempi di buona amministrazione. L’inesistenza di una correlazione tra la cattiva o la buona politica e le adesioni ai partiti che ne consegue, dimostrano come il tesseramento sia un fenomeno a sé stante, interno ad una sub-comunità e indecifrabile dai comuni cittadini: “Eravamo convinti, per esempio, che l’ epicentro della crisi del Pd fosse Napoli. Napoli, la città dello scandalo Romeo, degli assessori arrestati, del sindaco col registratore, del tramonto di Bassolino. La città di Riccardo Villari, il «presidente eletto» che s’era incollato alla poltrona, mirabile esempio di homo novus del Pd. Proprio a Napoli, credevamo, la base si ribellerà con più rabbia. E sbagliavamo. Perché i numeri - la forza della matematica - dicono che sta succedendo l’ esatto contrario: i napoletani sono così soddisfatti che corrono a prendere la tessera del Pd. Al contrario del resto d’ Italia, dove c’ è un’ emorragia di adesioni, solo a Fuorigrotta le tessere sono aumentate del 360 per cento, da 600 a 2177. Più scandali scoppiano, più iscritti arrivano. Evidentemente c’ è qualcosa che sfugge”. Sebastiano Messina (su Repubblica del 29 gennaio 2009) Da Napoli a Bologna la musica non cambia, ed è tutto un fiorire di adesioni indipendenti dai rifiuti per le strade, dalla malavita o dagli scandali che scoppiano nel cuore della vetrina rossa: “Pd, il caso Delbono non frena le tessere. + 1300 nel 2010. “Chi si aspettava che il Cinzia-gate con le conseguenti dimissioni del Sindaco Delbono avesse provocato un crollo delle tessere del Partito democratico dovrà, almeno per ora, ricredersi. Perché il primo bilancio del partito, aggiornato al 15 febbraio parla di 10.830 tessere rinnovate contro le 9.500 già sottoscritte nello stesso periodo del 2009”. Olivio Romanini sul Corriere della sera del 28 febbraio 2010. Edizione di Bologna. Ogni attività, umana, ripetuta per un numero spropositato di volte, perde la sua ragion d’essere trasformandosi in un’azione meccanica e se a 171 Pagina 171 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 farla da padrone sono i numeri, tutti i mezzi diventano leciti: “Chi ha danneggiato il nostro partito deve pagare». Nando Dalla Chiesa – sottosegretario al ministero dell’ Università e della Ricerca e presidente cittadino della Margherita - ha deciso: «Depositerò una denuncia in Procura contro chi ha presentato false tessere della Margherita milanese». Pare di capire che lei sappia chi è il responsabile... «Abbiamo un’ idea ben precisa, ma sarà la magistratura a individuare il responsabile… Ma come vi siete accorti del tesseramento fantasma? «Quando ho ricevuto l’elenco dei presunti tesserati, come presidente cittadino ho scritto una lettera di ringraziamento. Così ho ricevuto lettere e telefonate di persone stupite perché del tutto estranee alla Margherita”. (Ferruccio Sansa su Repubblica del 4 dicembre 2006 sezione: Milano). Il responsabile non sarà mai individuato, ma nel frattempo continuano a piovere tessere, anche nelle tasche di tutti quei politici, che al contrario dei cattolici della Margherita, pensano che la religione sia l’oppio dei popoli: “…C’è anche la denuncia del segretario PRC Mario Giordano: “metà della nostra direzione provinciale di Milano ha ricevuto la tessera della Margherita”. (Ibidem del 26 ottobre 2006) Nemmeno ai nemici più agguerriti è risparmiata l’adesione forzata al partito di Prodi: “A denunciare il caso è il consigliere regionale e vice coordinatore pugliese di Forza Italia, Massimo Cassano, il quale accusa che lo scandalo delle tessere false della Margherita è arrivato a Bari e ha riguardato due iscritti baresi di Forza Italia: Riccardo Russo e Maria Gabriella Daniello. «Le persone che hanno ricevuto le tessere non le avevano mai neanche richieste, ovviamente - afferma Cassano - si sono viste recapitare a casa una lettera a firma di Francesco Rutelli con i simboli di Ulivo e Margherita, con cui li si ringraziava per aver aderito alla Margherita e gli si inviava la tessera personalizzata con nome, cognome, data di nascita, indirizzo e numero di tessera”. (Ibidem del 7 novembre 2006 sezione: Bari) 172 Pagina 172 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Quando Endrigo cantava che “per fare un tavolo ci vuole il legno” non avrebbe mai immaginato che “per fare una tessera del PD ci sarebbe voluto un circolo”. Uso il condizionale perché in politica – è risaputo – le deroghe sono frequenti: “Il circolo fantasma del Pd di Ponte di Nona, chiuso e inattivo dal primo giorno della sua fondazione, ha consegnato alla federazione romana 200 tessere di pseudo - nuovi iscritti». A denunciare il fatto è il coordinatore del Pd del Municipio VIII, Andrea Sgrulletti. «È molto singolare - prosegue Sgrulletti - che le stesse persone che sono rimaste inerti per mesi abbiano ritrovato slancio e zelo proprio nel momento in cui bisogna riempire i cedolini utili al congresso del partito”. (Ibidem 29 luglio 2009, sezione: Roma). Ogni “circolo fantasma” ha degli indiscutibili vantaggi che gli altri non possiedono. Per esempio ci si può ritrovare iscritti senza dover sborsare la quota d’iscrizione e subito dopo, senza neppure esserne informati, si viene promossi dal grado di semplice iscritto al rango superiore: “In uno sperduto paesino della Sicilia, un signore che vuole iscriversi alla Margherita si presenta nel giorno, nell’ora e nel luogo che gli sono stati indicati. Solo che si tratta di un BAR, e per giunta chiuso. Dopo poco però gli si avvicina un tale, «Non ti preoccupare: sei iscritto lo stesso al circolo della Margherita, e anzi sei anche già stato eletto delegato”. (La Stampa del 18 marzo 2007. Ed. Nazionale. Rampino Antonella) Bisogna però ricordare che qualcuno, quantomeno, ha tentato di darsi delle regole per evitare che tra i suoi iscritti ci finisse chinque. Si naviga a vista, ma si può anche tesserare a vista: “L’Udc inaugura la formula dei “tesserati a vista”, vale a dire che chi intende aderire alla campagna di tesseramento del nuovo partito a Genova, dovrà iscriversi di persona e solo durante le manifestazioni con i leader nazionali organizzati dai dirigenti liguri e genovesi” Il deputato Gianni Cozzi spiega le motivazioni che hanno ispirato il provvedimento: “Questo tipo di tesseramento lo abbiamo deciso per evitare “i signori delle tessere”: per avere iscrizioni dirette, traspa173 Pagina 173 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 renti, perché si riteneva che alcune persone venissero iscritte non dico contro la loro volontà ma senza quell’ impegno che l’ adesione ad un partito richiede”. (Ibidem del 7 ottobre 2003 sezione: Genova). Le regole non servono se sono i numeri a farla da padrone. Chiunque, e dico chiunque, anche un criminale, può prendere il comando di un pezzo, seppur marginale, del partito. “Trovo davvero incredibile che un criminale che già 13 anni fa era stato coinvolto in odiosi reati di violenza sessuale possa essere arrivato a coordinare un circolo del Pd”. È un duro attacco quello che il senatore Ignazio Marino, medico-candidato alle primarie del Partito democratico, scaglia contro i criteri di selezione dei dirigenti locali riferendosi all’arresto dello stupratore seriale a Roma, coordinatore di un circolo democratico nella Capitale. (http://www.corriere.it) Se chi naviga a vista naufraga, chi “tessera a vista” finisce per incagliarsi in un banco di sabbia: “Il congresso dell’UDC, che era stato già fissato per il mese di febbraio e’ stato rinviato a data da destinarsi. Lo ha deciso ieri la direzione del partito e il vero motivo, al di là delle spiegazioni ufficiali, sta nella sorprendente dilatazione del numero delle tessere rilevato il 10 dicembre, data ultima per il tesseramento che ha avuto picchi altissimi soprattutto a Catania e Siracusa. Nel corso della riunione non sono mancati momenti di forte tensione” (La Stampa del 27 gennaio 2005) Insomma, pur di “far tessere” non ci si ferma davanti a niente, neppure davanti ai confini che la natura ci impone: “Dopo il caso del consigliere comunale Giulio Cesare Rattazzi, che pur non essendo iscritto alla Margherita da quattro anni continua a ricevere la tessera, spunta il talloncino con il nome di un defunto. È arrivato lunedì in via Monastir 40, zona Mirafiori Sud, nella buca delle lettere di Dino Banzi, scomparso a luglio. L’iscrizione è finita nelle mani del figlio Maurizio che ha telefonato a Striscia la notizia 174 Pagina 174 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 per un nuovo caso di tessere fantasma. (La Repubblica del 18 ottobre 2006 sez. Torino, Diego Longhin). Ci si può tesserare da vivi come da morti, per questo il rinnovo della tessera è indipendente dallo stato di salute dell’iscritto. Lo rivela Angelo Sanza, ex DC, che alla Stampa dichiara: “La verità è che molti dei defunti erano stati tesserati sul serio, quando erano in vita, però continuavano a esser tali anche da morti”. Giunti a questo punto, una domanda sorge spontanea: perché la maggior parte dei politici si butta in questo disperato tesseramento selvaggio? Cosa ci si guadagna di tanto importante? È presto detto: il potere. O, male che vada, una posizione politicamente redditizia: “L’era dei blitz mette alla berlina i partiti. Un paio di settimane fa un pacchetto inaspettato di 200 tessere, pari a un terzo del totale, ribalta la geografia interna dei Verdi eleggendo lo psichiatra Gianni Varrasi nuovo portavoce. E se oggi il gruppo storico fiorentino (che con Vincenzo Bugliani e Tommaso Franci ha portato i suoi uomini alle responsabilità del governo cittadino e regionale) è finito in minoranza, domani rischia di essere estromesso da tutto” (Ibidem del 4 marzo 2003 sezione: Firenze, Massimo Vanni). Ben vengano quelli che rinunciano ad un’importante posizione politica per dedicarsi ad una luminosa carriera. Tessere permettendo: “Era stato arrestato a ottobre per tangenti e adesso uno dei manager della sanità pubblica milanese ha confessato: rastrellava centinaia di tessere di Forza Italia tra amici e collaboratori perché i “cartoncini azzurri”, pagati di tasca sua, erano la via più breve e sicura per la scalata verso il successo. A tre mesi dall’avvio dell’inchiesta sulla corruzione dentro gli Istituti clinici di perfezionamento, la procura è alle prese anche a Milano con un “caso Odasso” (il direttore generale delle Molinette di Torino che si garantiva una posizione di potere attraverso il mercato delle tessere di Forza Italia). (Ibidem del 31 gennaio 2003, pagina 28). 175 Pagina 175 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Viene citato Odasso non a caso. Quando era conosciuto come l’illustre manager del più importante ospedale torinese intascava tangenti che in parte convertiva in tessere di Forza Italia, come se il denaro contante, ma anche bot e cct, derivati e futures, valessero meno dei “titoli di adesione” emessi dai partiti. Un investimento imponente, quello di Odasso, che gli consentì di controllare il 3% di tutti gli azzurri piemontesi (la Stampa del 2/2/2002. Cronaca Piemonte). Ma come può prendere corpo un’anomalia così strana? Evidentemente deve trattarsi di una convinzione abbastanza diffusa se è vero che a Bari, sei anni dopo, a proposito di alcune nomine: “I carabinieri stanno verificando se ci sia stata una spartizione politica che coinvolgerebbe una serie di esponenti del centrosinistra e un paio di situazioni anche del centrodestra: l’ipotesi è che, in alcune Asl, si sia proceduto alle nomine non per meriti o curriculum ma per tessere di partito. Niente tangenti, ma in cambio sostegni elettorali per le elezioni politiche, amministrative o in alcuni casi per appoggi congressuali nei singoli partiti. (da La Repubblica del 20 settembre 2009, sezione: Bari) Eppure se poni il problema nelle sedi preposte ti senti rispondere che si tratta di invenzioni giornalistiche. E “se anche fosse vero quello che sostieni” ti sbattono in faccia un pilatesco lavaggio di mani: “si tratta dell’ iniziativa presa da un singolo. Il partito è parte lesa in tutta questa storia”. Sarà, ma provate a mettervi contro “ a chi comanda” o contro ai candidati scelti “da chi comanda”. Provateci e nel giro di pochi giorni vi ritroverete esiliati, diffamati e schiacciati dal potente che avete avuto la cattiva idea di sfidare. Se a mettersi di traverso è un illustre chirurgo di fama internazionale, il risultato non cambia. Non cambia niente neppure se il luminare fa parte dello stesso partito di “chi comanda”. Come ho già tentato di dimostrare, in politica, la guerra è un fenomeno indipendente dagli schieramenti. Ciò che conta è che quando sei contro “a chi comanda”, amico o nemico che sia, sei contro. E se sei contro, sei un nemico da abbattere! L’ episodio che ha coinvolto Ignazio Marino, il senatore chirurgo lascia uno strascico amaro. Riassumo i fatti: nella primavera del 2009 Marino, che ha continuato anche dopo il rientro dall’ America ad operare, nel campo dei trapianti di fegato, riceve la visita del direttore generale del più grande ospedale di Bologna, il Sant’ Orsola, Augusto Cavina, venuto appositamente a Roma per caldeg176 Pagina 176 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 giare l’ offerta a Marino di un contratto per eseguire i trapianti nella struttura bolognese. Marino è ben contento, ha molti pazienti ed avere una collocazione stabile dove operare è importante. Ricevendo uno stipendio da parlamentare non vuole, però, alcun compenso dai malati, ma solo un rimborso spese dall’ amministrazione di 2000 euro lordi per trapianto. La sua attività si svolgerà solo il lunedì, quando il Senato è chiuso. Dopo poco il contratto gli arriva con decorso dal 22 giugno. In quel periodo, con la proclamazione delle primarie Pd, matura in Marino l’idea di parteciparvi, nella illusione, più o meno motivata, di rappresentare, tra Bersani e Franceschini, quella società civile, a parole tanto corteggiata. Preso dagli adempimenti elettorali e dalla formazione della sua lista, trascura per qualche settimana di firmare il contratto, cosa che, peraltro fa’ a metà agosto, scusandosi per il ritardo. A questo punto, però, il direttore generale ci ripensa, scopre all’ improvviso che deve ristrutturare le sale operatorie, che non c’ è più posto neppure il lunedì, che Marino è meglio ripassi nel 2011. A questo punto Marino si preoccupa dei suoi malati di cancro al fegato che non possono attendere e cerca altri posti dove operare. A chi gli chiede cosa sia successo, risponde: «I dirigenti sanitari emiliani hanno cambiato idea. Sul perché non ho una risposta». Risposta che viene da una inchiesta già in corso della procura di Bologna sulla sanità, dove emergono intercettazioni a bizzeffe sul fatto che lo sgambetto a Marino sarebbe scattato come ritorsione alla sua decisione di candidarsi contro i due big emiliani, Bersani e Franceschini. Naturalmente ora tutti negano e si stracciano le vesti. (Ibidem del 25 gennaio 2010, sezione: commenti, a firma di Mario Pirani) Non è poi così grave emarginare un chirurgo di chiara fama per fini congressuali. Suvvia, sono solo “quisquilie e pinzillacchere”. Per mettere in produzione tessere ad un livello industriale si è fatto di peggio. Certo, sono d’accordo: i fini giustificano i mezzi. Da Machiavelli ai nostri giorni nessuno è mai riuscito a smentire questa regola. Anzi gli avvenimenti la confermano. Uno a caso: “Il finto onorevole prometteva assunzioni nella telefonia. Vantava amicizie altolocate nella politica che conta. Chiedeva denari per i suoi amici che avrebbero garantito i posti di lavoro. Ma una parte 177 Pagina 177 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 di quei soldi, su un totale di sette miliardi di vecchie lire, sono invece stati utilizzati per comprare tessere del Ccd. Conclusione: chi cercava una occupazione, chi ha pagato, è rimasto senza lavoro, ma si è ritrovato iscritto ai cristiano-democratici. Racconta questo e molto altro l’ inchiesta del pm Vincenzo Piscitelli approdata ieri a 4 arresti”. (Ibidem del 4 ottobre 2002, sezione: Napoli) Il vitello d’oro “Una tessera costa 30 euro. Chi ha speso tanti soldi per comprare tessere false dimostra di avere disponibilità economiche e una visione del partito come di una società per azioni, dove compri le quote per conquistarne il controllo”. Nando dalla Chiesa su Repubblica (ed. Milano) del 4 Dicembre 2006 Dopo questa lunga carrellata di incontrovertibili fatti si può solo concludere che il “fenomeno del tesseramento” è diventato indipendente dalla storia dei partiti come da qualsiasi altro ragionamento collaterale che esuli dalla quantità. I grandi tesseramenti che hanno contraddistinto la Prima Repubblica non sono quindi da considerasi come un tratto caratteristico di quell’epoca, ma come la comparsa del primo sintomo di una malattia che si è poi trasformata in una sorta di “metro” universalmente adottato. Se il potere del leader si basa sul numero di tessere che controlla, gli ascolti televisivi si valutano contando i telespettatori. L’Auditel e i congressi si assomigliano, in fondo, sono entrambi uno strumento di misura. Evidentemente, non s’impara mai nulla dalla storia che ci siamo lasciati alle spalle. Nessuno sembra fare tesoro di quello che il Comandante Che Guevara ha scritto: non è mai la grandezza di un esercito a sovvertire il nemico, ma la forza delle motivazioni nutrite da ciascun singolo uomo, sia questo un generale o un semplice soldato. L’audience televisiva non ti dirà mai se gli otto milioni di telespettatori seduti davanti al televisore erano soddisfatti del programma o dormivano sulla poltrona, così come un qualsiasi congresso di partito 178 Pagina 178 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 non potrà mai certificare la buona fede dei tesserati ammessi alla conta. Il modello consumista ha finito per far credere a tutti noi che per ottenere il consenso, che precede immancabilmente il successo, non resta che individuare la scorciatoia più comoda. In fondo, il pubblico non distingue chi si è guadagnato la parte grazie alla costanza dedicata allo studio del personaggio da chi ha ottenuto lo stesso risultato passando dal letto del produttore. Al successo, come al “caval donato” del proverbio, “non si guarda in bocca”. Lo accettiamo indifferentemente dalle ragioni che l’hanno prodotto. Il successo produce un’attenzione contemplativa come la televisione dalla quale il più delle volte si origina. È la rivisitazione in chiave moderna del biblico vitello d’oro nato dall’assenza, e non dalla presenza, di un Profeta. Il successo assolve perciò da ogni colpa. Ne sono consapevoli anche quei cantanti in corsa al festival di San Remo (come appurato da Striscia la notizia in più occasioni) che hanno commissionato ad agenzie specializzate la spedizione di centinaia di migliaia di sms inviati a sostegno della loro canzone. Pupo, intervistato dall’inviato Staffelli, non aggira la domanda. Nemmeno si prende il disturbo di mentire. Stringe a sè Staffelli e sussurra al suo orecchio. Nessuno saprà mai cosa si sono detti, ma un simile comportamento presuppone l’esistenza di un deprecabile segreto che non può essere confessato ai telespettatori. La tv esige prove iperrealiste incontrovertibili, non versioni riportate all’orecchio che possono essere prima dette e poi smentite. La linea di Striscia la Notizia è un’altra, si fonda sulla ricerca implacabile della verità. Staffelli si reca per la seconda volta presso la società di telemarketing che ha spedito gli sms su richiesta di un “fantomatico” committente. Interroga la responsabile che, senza fare nomi, ammette di essere stata assunta da un cantante. Striscia ricostruisce l’identikit di Pupo attraverso una lunga serie di coincidenze. È davvero Pupo? Il noto cantante si è comprato gli sms per taroccare il risultato oppure no? Non lo sapremo mai, ma nemmeno è importante saperlo dal momento che Pupo ha vinto. Ecco dimostrato come l’autocostruzione del consenso non sia più un “modus operandi” confinato negli asfittici agoni congressuali, ma abbia finito per dilagare in ogni campo delle attività umane. L’idea dostoevskijana che identificava il genio quale frutto di “una lunga pazienza” è stata soppiantata dalla ricerca di una strada furbesca, breve e in discesa. La nostra è diventata una sociètà fondata su presupposti che sono esentati da ogni qual si voglia verifica, che aprono la strada ai bari, ai prestigiatori facoltosi, alle bande di affaristi mercenari che non finiscono più dietro alla sbarre. Anzi, di loro ci vengono mostrate in tv le avvenenti amanti, lussuose auto o sfar179 Pagina 179 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 zose ville dai cancelli di ferro decorato. I bilanci falsi della Enron come gli sms taroccati Sanremesi, i “titoli tossici” come le tessere inviate ai morti. In ogni caso, sono sempre i furbi e i disonesti a fare la differenza in questa “società della falsificazione”. Per tutti questi motivi è diventato normale identificare ciascuna tessera con un’azione societaria. Maggiori sono le tessere azionarie e maggiore sarà il controllo esercitabile sulla Spa (Società Partito per Azioni) e c’è persino chi prova a fare due conti su quello che costa acquisire il controllo totale del Partito Democratico: “Napoli. Sei milioni di euro. Occorrono non più di sei milioni, a 15 euro a tessera, per fare un’ Opa totalitaria sul Pd. Neanche quel che costa rilevare una microazienda in difficoltà, forse meno di quello che Berlusconi spende ogni anno per Villa Certosa… Per godere di visibilità congressuale contano le percentuali, per cui a Milano se si vuole contare basta spendere poco e avere ottomila tesserati (120 mila euro), invece degli 80 mila, quattro volte quelli di Roma e cinque quelli della Liguria, che la principesca megalomania partenopea impone, conquistando più di un quinto del totale nazionale delle tessere. Ma, si sa, qui le cose si fanno in grande…” Alberto Statera. Ibidem del 16 luglio 2009 sezione: politica interna. Questo è quello che succede così come lo raccontano le cronache. Ma cosa accade realmente a chi si trova a dover mettere insieme un pacchetto di tessere? Pagina 180 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 A pranzo con Quentin Tarantino Il film “Le iene” diretto da Quentin Tarantino incomincia all’interno di una caratteristica trattoria americana con un gruppo di gangster seduti intorno ad un tavolo. Mangiano e discutono. Di scene così se ne sono già viste a bizzeffe nei film statunitensi, ma immaginate quegli stessi gangster, con le stesse facce, seduti al ristorante sotto casa vostra nel suo giorno di chiusura. Il titolare ha fatto venire appositamente per loro il cuoco e il cameriere. Nessun altro, oltre a noi, può ascoltare quello che si dicono. Mister Pink: “Quante sono in tutto? Mille e duecento?” Mister Black: “Mille e trecento per l’esattezza” Mister Red: “Come dividiamo?” Mister Pink: “In parti uguali se non vi dispiace” Boss: “Non siamo in un consiglio comunale del cazzo, tu farai quello che dico io ” Mister Black: “Giusto e poi i conti non tornano, c’è una differenza tra chi ne ha di più e chi di meno. Stiamo ragionando come se avessimo lavorato tutti quanti nello stesso modo” Ora vi chiederete di cosa discutano. L’unica cosa certa è che si tratta di una spartizione. Di denaro? Forse… ma non ne sarei così sicuro, perché l’oro, come il demonio, può assumere sembianze diverse. Mister Pink: “Faremo il possibile perché non accada. Mister Black si prende il segretario nazionale, la mia corrente il tesoriere mentre mister Red si porta a casa le presidenze, Copasir, Antitrust e compagnia bella” Mister Red: “Si può fare, ma solo se blindiamo il congresso” Ora è chiaro, non si tratta di gangster, ma di capi corrente che si dividono il potere e dietro alla porta che sta per aprirsi su quel pittoresco cenacolo mi sento a disagio nella mia inedita veste di “signore delle tessere”. Provate ad immaginarmi pettinato, con indosso il vestito nuovo della domenica e la testa piena di sogni vanagloriosi del tipo: “per abbattere le rego181 Pagina 181 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 le bisogna usare le regole”. Balle! Le regole non dipendono da noi, ma da qualcuno che ha tutto l’interesse a mantenerle come sono. Mi consola solo sapere che altri potranno un giorno riuscire dove io ho fallito. In fondo, il primo passo di qualcuno è sempre l’ultimo passo di chi lo ha preceduto. Ma torniamo a quel ristorante nel giorno di chiusura settimanale. Quando entrai nella sala nessuno ci fece caso e tutte quelle iene continuarono a discutere davanti alle bottiglie di vino mezze vuote e ai resti delle fiorentine spolpate sparsi nei piatti. Un rumore di stoviglie, forse qualcuno le stava riponendo dopo averle lavate, giungeva attraverso la porta aperta della cucina. Sul fondo della sala il cameriere sistemava i coperti, una forchetta là, un tovagliolo lì, aveva un’aria così disinteressata che mi venne il sospetto che il pranzo fosse stato offerto dal gestore in cambio di chissà quale favore. Forse quella veranda che sbordava sulla strada era la ragione di tanta cortesia. L’Onorevole Torrazzi, che sperava di avermi dalla sua parte, si alzò da tavola e mi venne incontro. Una veloce stretta di mano, un sorriso abbozzato malamente e mi prese sotto braccio per condurmi sul retro dove mi avrebbe spiegato come andavano le cose nel partito e quella fu davvero una gran fortuna perché in politica nessuno ti spiega mai niente e devi sempre capire tutto al volo da solo. “Vedi, mio caro ragazzo” - disse camminando - “nel nostro mondo…” - mi piacque quell’espressione tra il settario e il paternalistico, mi sembrò veramente di essere finito dentro ad un film americano - “Nel nostro mondo il numero di tessere che controlli è l’unica cosa che conta. Tutto il resto, gli ideali, le qualità personali, l’iniziativa, la cultura, sono solo bigiotterie e comunque concorrono solo in minima parte al successo di un politico”. Bigiotterie? Come esempio calzava a pennello. Gli ideali paragonati a ninnoli di scarso valore, luccicanti quel che basta per rifilarli al popolo. Compresi che in quel pomeriggio avrei imparato molto di più sui partiti e i loro scagnozzi che in un anno trascorso a leggere La Repubblica di Platone. Ascoltai il seguito con attenzione. “Se il mondo produce beni, noi produciamo tessere, voti e nient’altro. Vedi un po’ tu come organizzarti”. Si staccò dal mio braccio per andarsi a sedere su di una sedia abbandonata in quel grande giardino disteso sul retro del ristorante. Il peso la fece scricchiolare e solo quando fu certo che avrebbe resistito si accese un toscano, ma prima buttò un’occhiata sfuggente alla finestra aperta dalla quale s’intravedevano i commensali di prima. Ridevano e parlottavano senza dare l’idea di tessere una trama criminosa alle nostre spalle. Diede un’altra bella boccata al toscano e mi chiese: 182 Pagina 182 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 “Li vedi quelli là?” - feci segno con la testa che li vedevo -”Dovrai farci due conti se vuoi fare carriera. Se invece hai abbastanza tessere da prenderti in mano tutto il partito da solo puoi mandarli a puttane, ma te lo sconsiglio caldamente perché sono una bella squadra di piantagrane e se non vuoi rogne devi tirare un osso nel mucchio per tenerteli buoni. Sia che vinci e sia che perdi. Ma se tu dovessi vincere il congresso e fai tutto da solo non te li cavi più da torno. Non t’immagini nemmeno lontanamente cosa sono capaci d’inventarsi per farti le scarpe” Sbuffò un anello di fumo che salì al cielo tremolante, chinò la testa e parve appisolarsi. Ne approfittai per guardarmi intorno, sopra i fiori del prato ronzavano le api e poco sotto, nascosti tra i ciuffi d’erba, frinivano i grilli. Musica di una natura selvaggia della quale incominciavo a sentire una certa mancanza. “Quante ne alzi?” chiese tenendo le palpebre abbassate. Mi girai verso di lui: “Di cosa?” “Di tessere! Per Diana” – s’irritò bruscamente sgranando gli occhi come due palle da biliardo - “Di cosa abbiamo parlato fino adesso se no?” L’impulso incontrollabile del pivello mi lasciò sfuggire una titubante risposta. Sbagliai rovinosamente: non bisogna mai rivelare il numero dei cannoni a quelli che all’indomani potrebbero diventare tuoi nemici. “Cento?” - fiatai con un filo di voce e ripetei – “Cento, bastano?” “Ci fai la birra” rispose. Dopodiché scrutò il cielo con fare pensoso. “Va bene, ti rifaccio la domanda: quante tessere riesci a pagarti?” Compresi che non dovevo farmi intimorire, anzi, bisognava prendere il toro per le corna e dargli una bella strizzata. “Centocinquanta e ciascuno si paga il biglietto del cinema” “Pagarsi il biglietto del cinema” significava che avrei avviato una campagna di tesseramento chiedendo i soldi a ciascun tesserato. Una simile usanza presuppone l’impiego del doppio, se non addirittura del triplo, del tempo richiesto per fabbricare una sola tessera in altre circostanze più favorevoli. Si tratta di convincere le persone ad entrare in politica seriamente e perciò bisogna dar fondo a tutte le munizioni sparando fino all’ultima cartuccia: progetti, idee, entusiasmo. Chi più ne ha, più ne metta. Al contrario, se chiedi a ciascuno di farti un favore personale che si risolve con un paio d’ore spese al congresso è tutto molto più semplice, se poi scambi le tessere con i favori, che fingi di poter fare, fila tutto liscio come l’olio senza che neanche te ne accorgi. Sorrise beffardamente. Gli avevo appena buttato un amo e sapevo che 183 Pagina 183 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 sarebbe stato lui a proporsi come finanziatore. Un paio di giorni e avrei ricevuto la visita di un “Agente arancio” con un bel pacco di banconote tenute insieme da una graffetta. Così fu e abboccò come un vecchio tonno rimbambito dall’età. “Se ci riesci” – mi disse eccitato – “te le ricompro tutte sborsandoti il 20% in più per ogni cammello. Bada bene che deve restare lì fino alla fine, deve votare! Hai capito? Non parlo di ‘ipotetici iscritti’, ma di voti dentro all’urna! Pago per quelli mica per dei pezzi carta. Se tutto va bene, ti intaschi il costo vivo di ogni cammello che viene a votare e in più ci aggiungo una bella provvigione. Un 10% di rimborso spese con il quale potrai farti una bella vacanza quando sarà tutto finito” Sulle prime non compresi a cosa alludesse, mi vide perplesso e spiegò: “Non sei mica come il Senatore Steno Varani che fa tutto per telefono e promette posti a cani e porci. Te li dovrai lavorare per bene i tuoi iscritti e metti caso che per convincerli li devi portare in pizzeria o che bisogna affittare una sala da ballo, salatini, qualche bibita, un po’ di musica. Ti vengo incontro anche sugli extra. Va bene?” Restammo in silenzio. Pensai che mi faceva un po’ schifo reclutare delle persone per poi rivenderle al primo venuto come se fossero state dei tranci salati di stoccafisso. Lo fissai cercando di restare impassibile. Faceva un caldo terribile, si deterse la fronte dal sudore e guardando la punta incandescente del toscano fumante argomentò: “Senti un po’” – diede un’altra boccata – “Centocinquanta sono un po’ pochine: non è che riesci ad alzarti fino a quota trecento?” – mi aveva appena promosso da mandriano di vacche a pilota di linea – “Ma non provarci nemmeno ad iscrivere qualcuno alla ‘boia di un Giuda’ perché ti giuro che se scopro che bari non caccio un centesimo e ci rimetti più di ventimila euro, tra spese, tessere, baracca e burattini”. Baracca e burattini, un’altra metafora del congresso che calzava a meraviglia. Continuò imperterrito a disquisire senza accorgersi dello stato assorto nel quale ero sprofondato, sentivo le sue parole in sottofondo: “D’altronde il prossimo non sarà uno di quei congressi preconfezionati con l’esito deciso dai capi-bastone a tavolino. Ci conteremo a vicenda fino all’ultimo voto e nessuno potrà bleffare. Quindi niente tessere riconducibili a morti, bambini o battone reclutate sui viali”. Battone reclutate sui viali. Ecco un’altra mirabolante allegoria degna del “dolce stil novo”. Incominciai a riflettere ad una velocità supersonica. Pensava che mi sarei accodato alla comitiva in cambio di qualche spicciolo. Si sbagliava. A quel tempo credevo veramente che avrei cambiato il 184 Pagina 184 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 mondo e non mi andava di rivendermi sottobanco le persone che avrebbero scelto volontariamente di stare dalla mia parte. Sapevo che mi sarei sporcato le mani comunque, ma non volevo metterle a bagno completamente nella lordura, tutt’al più contaminarmi con qualche impercettibile schizzo di opportunismo che avrei lavato via facilmente. In fondo, si trattava di un gioco dalla natura intrinsecamente strumentale, una partita corrotta a prescindere dal comportamento dei giocatori, una giostra dalla quale era impossibile uscirne puliti. “Mi porterò al congresso centocinquanta tessere” – e guardandolo dritto negli occhi aggiunsi – “E non ti rivendo un bel niente” Questo, in parole povere, voleva dire che gli stavo facendo un torto non accettando la sua proposta. “Fai come credi” disse. Rientrammo nella sala, prese il borsello dal quale sfilò una copia dello statuto che mi consegnò con una smorfia e prima di rimettersi a tavola con gli altri mi salutò con freddezza. Anni dopo venni a sapere che non aveva nessuna intenzione di allearsi con me e quella bella pantomima era stata architettata di comune accordo con tutti gli altri capi corrente che si sarebbero divisi le mie tessere in parti uguali e senza quindi alterare il potere di ciascuna corrente. Fortuna volle che il vento girasse quel che bastava da cambiare tutte le carte in tavola. L’Onorevole, che era un tipo iracondo che perdeva la pazienza facilmente, dichiarò guerra alle altre correnti a pochi mesi dalle elezioni regionali. Ma intanto, quel maledetto pomeriggio di un giorno da cani, avevano fatto un accordo alle mie spalle prima ancora che potessi mettere piede ufficialmente dentro al partito. Un accordo, per loro, davvero conveniente: il partito ci guadagnava le quote d’iscrizione, l’equilibrio interno non ne avrebbe risentito e l’ultimo arrivato, il sottoscritto, si sarebbe ritrovato con un pugno di mosche in mano. Non c’è che dire: una gran bella accoglienza. 185 Pagina 185 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Lo statuto del Cacao meravigliao “La prima regola è che non ci sono regole” Fight Club di David Fincher Lo statuto del partito, epurato dagli scopi, non era altro che un insieme articolato di regole che coesistevano a stento, alcune si contraddicevano, altre parevano enigmi irrisolvibili. Purtroppo mi resi ben presto conto che dietro a quel brogliaccio si nascondeva un’altra sorpresa. Le poche regole che parevano chiare mutavano al mutare di chi le doveva, di volta in volta, far valere. A modo loro incarnavano l’idea weberiana dei “principi riconosciuti” che non sono più considerati come “assoluti” ma diventano “relativi”. Di che lamentarsi, non si è forse sempre detto che “le leggi s’interpretano per gli amici e si applicano ai nemici”? Bene, quello statuto era un capolavoro di arbitrarietà e come tale, aveva bisogno di qualcuno che lo interpretasse ufficialmente. Tutte le volte che sorgevano delle questioni che potevano essere risolte soltanto dal libello, e qualche malcapitato se ne avvaleva, si materializzava l’Onorevole Torrazzi, soprannominato da Aldo Maccione “Torrao meravigliao”. Questo perché Roma lo aveva investito dell’incarico di pompiere, grande cerimoniere delle beghe e soffocatore di tutti i conflitti nord-orientali. Quando lo si vedeva giungere sul luogo dell’incendio si portava appresso la pesante valigia di pelle marrone che conteneva un minuzioso archivio cartaceo. Voilà! Sfilava un foglio consunto da un mazzo e lo faceva girare in modo che tutti potessero leggerlo. Era l’interpretazione di una regola che ne stravolgeva il senso o lo ribadiva a seconda delle necessità. Tale interpretazione della norma risultava essere stata approvata dall’Esecutivo Nazionale il giorno tal dei tali del tal’altro mese dell’anno “parapapà”. Guarda caso, questi brogliacci riesumati in “zona Cesarini” davano sempre inconfutabilmente ragione a quella parte di litiganti che Roma aveva deciso dovesse aver ragione e mai agli altri. In questi frangenti diventava chiaro da che parte bisognasse stare per accattivarsi le simpatie di Torrazzi che poi avrebbe consegnato “a chi di dovere”, come diceva lui, la lista dei buoni e dei cattivi. Così, anche i più agguerriti sostenitori della “norma”, chiamata in causa e diventata oggetto del dibattimento, cambiavano repentinamente opinione allineandosi al 186 Pagina 186 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 volere di Roma. Queste damascate conversioni avvenivano in qualsiasi momento, perfino nel bel mezzo di una discussione in corso. Bastava anche solo una telefonata ed ecco che, con facce di bronzo da manuale, ti ritrovavi contro tutti quelli che fino ad un istante prima avevano sostenuto la tua stessa opinione. Dallo stupore che nasceva da situazioni come queste derivò appunto il nomignolo di Torrazzi, alias Torrao Meravigliao, un derivato politico della nota trasmissione Indietro tutta, ideata da Renzo Arbore. Indietro tutta non solo dalla rotta, ma anche dalle opinioni.Ai tempi del Partito Comunista questa performance era ricordata con la frase esemplare e ricorrente: “contrordine compagni!” Quando mi capitò di sporcarmi le mani con un grumo d’inchiostro fresco incollato ad una firma posta su di un deliberato vecchio di tre anni smisi per sempre di perdere tempo con le “questioni statutarie” e mi dedicai ad altro. Intermezzo Il mutare improvviso delle opinioni è uno dei fenomeni più frequenti con il quale mi sono ritrovato a fare i conti e non riguarda soltanto gli argomenti di natura statutaria. Ricordo di quella volta quando mi ritrovai a discutere con alcuni consiglieri comunali di un fatto accaduto durante le festività natalizie. Ero da poco entrato nel gruppo del Partito democratico quando l’Assessore alla sanità, dopo essersi candidato come membro del consiglio di amministrazione di una Società delegata all’informatizzazione delle istituzioni pubbliche, si era visto sbarrare la strada dal Direttore generale del Comune che sosteneva la sua incompatibilità in quanto membro della Giunta. Questo avvenimento fu dipinto dalla stampa come uno dei tanti fattacci riconducibili alla casta e sebbene i consiglieri comunali non ci avessero trovato nulla di male, l’assessore Giuseppe Mariuolo decise ugualmente di convocarli per illustrare i fatti. Mi colpì l’intervento di un collega, un conosciuto e apprezzato primario di ostetricia in servizio presso il più grande ospedale della città. Sosteneva che l’assessore - nella vita svolgeva la mansione di informatico era il più indicato a ricoprire quell’incarico. La riunione continuò al grido 187 Pagina 187 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 di: “Viva l’assessore!”, “Non sprechiamo le competenze!”, “Morte ai politici che millantano professionalità che non possiedono!”, “viva Socrate che la pensava come noi!” e via discorrendo. L’assessore si sentì sollevato da tanta calorosità e se ne ritornò felicemente in ufficio mentre i Consiglieri salivano le scale per raggiungere l’aula del consiglio Comunale in procinto di aprire i lavori. Presero posto in sala e votarono la prima delibera che insediava un collega alla Presidenza della commissione sanità del Comune di Bologna. Vi chiederete chi fu il beneficiario di tale incarico? Fu forse il professore di ostetricia? O un suo collega, anch’esso promosso al rango di consigliere dopo una vita dedicata alla cardiologia? No, tutt’altro. Come presidente della commissione sanità fu eletto un professore del liceo Copernico e tutti votarono a favore dicendo negli interventi che era la persona più indicata. L’idraulico Decisi così che non mi restava altro da fare: avrei avviato una produzione intensiva di tessere. Ancora oggi non saprei ricordarne il numero esatto, ma la prima, la prima tessera staccata dal blocchetto, quella non si scorda mai. “Ecco qua” mi disse consegnandomi il sifone del mio lavandino bucato dalla ruggine. Era un tipo casereccio, romano di nascita, ma bolognese d’adozione. Da dove venisse non aveva nessuna importanza e credo che dalle Alpi alla Sicilia si sarebbero comportati tutti come lui rispetto a quello che sono in procinto di narrare. Il rispetto che nutriva nei miei confronti lo si intuiva dal modo con cui si sforzava di parlare in italiano corretto, mettendo da parte il grossolano accento capitolino. Misi una mano in tasca e gli allungai una banconota da cento che afferrò istintivamente. Ci ripensò ed estrasse il centone dalla tasca. “Ma no dai, sono troppe” – e aggiunse – “ne bastano ottanta” Lo guardai come se mi avesse offeso e lui se ne stupì. “Da quanto tempo sei il mio fontaniere?” domandai. Mi fissò con un’aria tra lo stupito e il perplesso. “Da quanto tempo?” lo incalzai. “Non saprei? Vediamo” appoggiò la cassetta da idraulico a terra e alzò due occhi pensosi al cielo. 188 Pagina 188 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 “Dieci anni circa” mugugnò. Un vecchio trucco che mi hanno insegnato quando vendevo aspirapolvere, e ne vendevo sempre tanti, è che non devi mai permettere al cliente di razionalizzare, di chiedersi se sta facendo una cosa giusta. Il suo primo impulso è quello di fare acquisti, perciò devi andargli sotto come un pugile che ha stretto l’avversario nell’angolo. Il cliente avrà tutto il tempo per pensare se ha fatto un buon affare dopo che te ne sei andato con l’ordine firmato in tasca. “Dieci anni” - dissi - “Sono dieci anni che ci conosciamo e mi spiace se non ci vedremo più. Sei stato il migliore idraulico che abbia mai avuto: sempre disponibile, economico, ingegnoso” – annuì compiaciuto – “Ricordi quando sei riuscito a ripararmi quel vecchio sciacquone usando una molletta per capelli?”. Sorrise. “Cosa vuoi mai” – continuai – “Ho ficcato il naso dove non avrei dovuto quando sono andato a vedere come funzionano gli appalti per la manutenzione annuale dei bagni comunali. I miei colleghi, quei bastardi, volevano dare l’incarico ad una ditta di amici loro” L’idraulico scosse la testa con l’espressione tipica di chi pensa che la politica non si smentisce mai. “Mica sono come te, sono una masnada di fannulloni” aggiunsi. Mentre lo arringavo gli vidi accendersi una luce negli occhi, una scintilla che non avevo mai visto prima. “ Sai” – era bene mettere altra carne al fuoco - “Non sono come quei politici che lucrano sui lavori dell’Amministrazione” - feci schioccare la lingua e scossi la testa - “Credo, proprio, di no. Mi accontento soltanto di promuovere le persone che hanno voglia di lavorare molto e ad un prezzo conveniente, ma purtroppo, per via di questi manigoldi dovrò andarmene dopo il prossimo congresso. Sai com’è: loro controllano molti più iscritti di me”. Un altro, al suo posto, si sarebbe prima chiesto perché stavo raccontando gli affari miei proprio a lui, tanto più che avevo finito per illustrargli un argomento delicato in maniera forzata. Ma lui non si pose nessuna domanda e forse neanche mi ascoltava. In quel preciso momento se ne stava con la “pinza grip” stretta nella mano mentre una sola cosa, e una soltanto, gli girava per la testa: l’appalto annuale di manutenzione dei gabinetti pubblici. Tutto il resto non aveva più nessuna importanza. Appalti e politica. Quante volte aveva sentito pronunciare queste due parole in televisione a proposito di questa o quell’altra inchiesta. Possibile che fossero sempre gli altri a concludere affari d’oro mentre a lui toccava farsi venire i calli 189 Pagina 189 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 sulle mani per un tozzo di pane? Pensava a questo mentre correva faticosamente da una casa all’altra per sturare lavandini e liberare cessi intasati dalle defecazioni altrui. Ma ora, gli era stata appena offerta la possibilità di entrare nel gran bazar “partitini, affari e affini”. Mai e poi mai avrebbe sospettato che il fautore di tanta fortuna non contava un accidente di niente. Se il mio idraulico fosse stato contattato da un membro di un’azienda importante si sarebbe informato della posizione ricoperta dall’interlocutore, invece diede per buono quello che gli stavo facendo credere senza approfondire alcunché. Come lui, la maggior parte delle persone che si affacciano sul mondo dei partiti, s’illudono che i politici siano potenti a prescindere. Ignorano che il potere, quello che può cambiare il corso di un’esistenza, lo si conquista duramente nel corso degli anni. Per ogni uomo di potere ce ne sono almeno mille, gli “ominicchi” di Sciascia, che non contano assolutamente nulla pur rientrando nella categoria dei politici. Abbassò la testa come se si vergognasse e mi chiese: “Cosa posso fare per aiutarti?” “Quanti siete in famiglia?” domandai. L’idraulico aderì al partito pagandosi persino la quota e a quella prima iscrizione ne seguirono altre, quelle dei fratelli, della moglie, della madre, del vicino di casa e così via. Consegnavo ogni tessera di mio pugno e quando andavo in visita al nuovo iscritto offrivo caffè o aperitivi, dipendeva dall’ora. Consegnare la tessera ai single insieme ad un paio di pizze fumant,. specialmente all’ora di cena, produceva reazioni appassionate. Chi si mostrava disponibile otteneva un ulteriore trattamento in omaggio mirato ad ottenere un maggior coinvolgimento. La strategia che funzionava meglio era la solita, quella dei cattivi che vogliono sempre fare fuori l’ultimo arrivato animato da ferventi ideali. Ma ciò che cambiava di volta in volta era la causa, già perché le cause da combattere sono come le puttane: ognuno ha la sua. Dovevo solo tirare a indovinare quale fosse. ”Le vogliono tagliare l’albero in giardino?” e m’incatenavo al tronco per fermare le motoseghe. “Ti hanno rinchiuso il cane al canile?” e l’andavo a riprendere. “Ti vogliono montare l’antenna davanti alla finestra?” e occupavo il tetto dopo aver convocato la stampa. Per cui posso ben dire di essere stato il più grande trasformista di tutti i tempi, un Arturo Brachetti della “causa persa” che a forza di fingersi barricadiero lo è inconsapevolmente diventato. Già, proprio così, se avessi saputo quando fermarmi, quando cessare di fare l’interesse della gente, la mia carriera politica non sarebbe finita nel peggiore dei modi e in questo momento mi starei gustan190 Pagina 190 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 do un piatto di “cavatelli al salmone e zucchine” alla buvette di Montecitorio. Quando fai l’interesse della gente finisci per farti prendere la mano, mentre un vero politico sa sempre come rivendersi la causa al miglior offerente sulla piazza. Una fabbrica di asfalti inquina il quartiere? Se ti metti dalla parte dei cittadini stai sicuro che, presto tardi, ti dimenticheranno. Diranno che hai fatto soltanto il tuo dovere! Se invece sposi la causa degli asfaltatori abusivi aiuti e ricompense non mancheranno mai. Per questo i politici avanzano e quelli come me restano al palo. Per questo sono diventato un nemico del popolo - illustrissimi signori e signore della Giuria! - per via di coloro che predicano invocando da più parti la buona politica, ma che poi, nell’urna, razzolano male, così male da eleggere le peggiori canaglie del circondario. Basta tombole, basta crescentine e polka. Basta bigliettini! Che il popolo - una buona volta - incominci scegliersi i suoi rappresentanti senza farsi consigliare da qualcuno! Ma torniamo a quei pomeriggi passati a consegnare le tessere. Non fu difficile, anzi, direi che essendo quella la prima volta, è stata una passeggiata. Mi ritrovai accanto a uomini e donne di tutti i tipi. Parrucchieri, ingegneri, agronomi, cugine, zie, vecchi compagni di scuola, entrarono tutti a far parte della mia corrente e, lo confesso, entrarono anche un paio di quelle “battone dei viali” di cui Torrazzi non voleva assolutamente sentir parlare. A ripensarci non erano certo le più anomale di tutta la compagnia. Ero riuscito a tesserare un “clochard” che si guadagnava da vivere disegnando la pietà di Michelangelo sul marciapiede di via Rizzoli. Gli scroccai l’adesione in cambio di una cassa di birre e un bagno caldo. Assoldai un rumeno che partecipava alle corse clandestine di automobili senza sapere come si guadagnasse da vivere, un esule cubano, una famiglia di cinesi dello Zhejiang, un esperto di peronospora, due pakistani che gestivano un negozio di frutta e verdura, un tassista e il presidente di un’associazione ufologica romagnola. Mai, come a quei tempi, sono stato tanto vicino al popolo, a tutto il popolo, indipendentemente dalle classi sociali, dall’età e dal colore della pelle. Nonostante questa folta schiera di amici devo tutto al mio idraulico. Ogni processo aggregante inizia sempre dal primo uomo che decide di seguirti, senza di lui nessuno farebbe altrettanto. Lo ricordo con affetto, ma c’è una cosa che non gli ho mai detto: a quei tempi non esisteva nessun appalto per la manutenzione dei bagni pubblici. ...mai fidarsi dei politici. 191 Pagina 191 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 A ciascuno il suo Sono sempre stato criticato aspramente per i miei tesseramenti selvaggi, ma nessuno è mai riuscito a punirmi per questo. Il partito ci guadagnava denaro, iscritti, incontri, e, in fondo, non ho mai fatto nulla di male. Non ho mai tesserato un morto e nemmeno ho barattato pacchetti di tessere in cambio di denaro, favori o prestazioni sessuali. Una sola volta mi sono fatto pagare le quote d’iscrizione da uno “sponsor” poco prima di mandare tutto a monte. E, infine, chi mi dice che compito del politico non sia anche questo: andare in mezzo alla gente per reclutarla, ma solo dopo averla convinta che non tutto è perduto? Screditati com’erano i partiti, e come continuano ad esserlo tuttora, credo di aver cercato di riavvicinare la politica al popolo. Mi sbaglio? Le mie erano soltanto le strategie di un topo cresciuto nella dispensa della bassa cucina politica? Nessun’altro, se fosse stato al mio posto, avrebbe tesserato il suo idraulico? Pensate questo? Recentemente ho letto un articolo interessante sul Corriere della Sera. Durante uno dei tanti comizi di Barack Obama, l’allora candidato presidente degli Stati Uniti fu messo in serie difficoltà da una domanda sulle tasse rivoltagli da un anonimo cittadino. John McCain, l’acerrimo avversario di Obama, proprio in quel momento stava assistendo all’evento seduto davanti alla tv. Senza pensarci due volte decise che avrebbe tolto dall’anonimato Joseph Wurzelbache, l’uomo della domanda insidiosa. Da lì a poco lo lo fece diventare la mascotte della campagna elettorale dei Repubblicani in quanto rappresentava al meglio il “simbolo di quell’America semplice e profonda che ha sempre rifiutato l’attivismo fiscale di Washington” (Paolo Valentino). Dopo la campagna elettorale che vide McCaine perdere sonoramente contro Obama, Joseph Wurzelbacher si rivoltò contro il Senatore che l’aveva reso celebre: “Non gli devo nulla, mi ha rovinato la vita. McCain ha cercato di usarmi, è un complotto!” dichiarò alla stampa colui che nel frattempo era diventato celebre con il nome di Joe the plumber, così soprannominato per via della sua professione di fontaniere. Evidentemente, non tutti gli idraulici la prendono con filosofia quando scoprono che non esiste nessun appalto Joe “The plumber”, e Barak Obama per la manutenzione dei bagni pubblici. A Bologna come a Washington. Pagina 192 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 L’accordo “…per gli avvocati, le probabilità di vincere una causa civile in tribunale sono due contro una. Pensate: avete più possibilità di sopravvivere alla roulette russa che di vincere una causa in dibattimento. Allora perché tutti lo fanno? Non lo fanno, si accordano!” Dal film “A civil action” Dopo aver raccolto un certo numero di tessere, seduto nel mio ufficio, ripensai a quel pomeriggio in giardino e al discorso dell’Onorevole. Ero giunto alla conclusione che non sarei mai riuscito ad alzare un numero di tessere necessarie per prendere in mano il partito da solo. Nessuno può immaginare quanto desiderassi levarmi di torno tutte quelle iene. Avrei tanto voluto sostituirle con gente nuova, non ancora logorata, ma dato che mancava meno di un mese all’ora x era praticamente impossibile alzarmi in volo a quota 500 tessere. Con 500 seguaci sarebbe stato un gioco da ragazzi, con 150 una battaglia strategica giocata sulle alleanze. Apparentemente poteva sembrare una cosa da nulla costruire un patto robusto, ma le alleanze sono come i ponti e non sai mai se reggeranno per il tempo che serve ad arrivare dall’altra parte. Solo per il fatto che il congresso era diventato per ogni capobastone un fatto di vita o di morte mi ritrovavo in una posizione di svantaggio. Al contrario dei miei rivali non avevo nulla da offrire, al massimo una tessera rilasciata in omaggio che di fatto non serviva a niente. A ciò si aggiunga che le correnti andavano scremate in quanto non tutte erano arruolabili. Ad esempio, nel gruppo consiliare regionale, lavoravano un paio di ragazzi che si fingevano indipendenti e dicevano di controllare due pacchetti da 15 e 25 tessere ciascuno. Malgrado mercanteggiassero tessere a destra e a manca sapevo che non avrebbero mai rischiato di perdere lo stipendio fisso elargito dal gruppo mettendosi contro al consigliere regionale Daniela Arregu e forse era proprio lei che li spingeva a contrattare per capire cosa si muovesse nella “friggitoria” precongressuale. Come quei due, altri politici, assessori e consiglieri comunali, avevano ottenuto il loro posto grazie ad un “padrinato” instaurato con qualche Onorevole e molto difficilmente avrebbero buttato a mare il benefattore che li aveva messi dov’era193 Pagina 193 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 no. Quindi bisognava guardare attentamente dentro a questa massa informe di politici, convincere i “cani sciolti” come Davide Fabri di Cesena o Alessandro Piloti di Forlì e infine trovare i marescialli scontenti che potevano consacrarsi al nuovo. Quindi incominciai a lavorare alla costruzione di quello che comunemente viene chiamato un “accordo”. Cos’è un accordo? Detto così sembrerebbe una sorta di promessa e certamente lo è, ma perché l’accordo regga, ogni contraente che fa parte di questo patto deve essere beneficiato da una convenienza. Per cui, immaginatevi che un accordo stretto tra correnti non sia altro che una pesca parrocchiale dove ogni giocatore che afferra un tappo deve per forza portarsi a casa un un premio. Sindaci, assessori, consiglieri comunali, ma anche le presidenze delle società miste pubblico/privato, i consigli di amministrazione degli enti pubblici, sono i tesori luccicanti che attirano i politici più ingordi. La loro distribuzione è garantita dagli “accordi” sanciti tra i membri di una stessa cordata. Nel partito in cui mi trovavo allora non c’era molto da spartirsi: una presidenza regionale con al seguito un esecutivo che avrebbero determinato le cariche elettive (consiglieri regionali, assessori e quant’altro) conseguenti ai risultati delle imminenti elezioni regionali. A quei tempi pensavo che l’accordo fosse un fenomeno prettamente congressuale. Solo più tardi ho capito che gli accordi sono uno dei tratti ricorrenti del nostro sistema sociale e se mai un sociologo dovesse occuparsi di questo fenomeno in maniera scientifica scoprirebbe che il loro numero è certamente superiore a quello degli accordi sottoscritti nelle sedi ufficiali. Non si sanciscono accordi soltanto all’interno del partito, ma fra partiti diversi e persino con partiti avversari. Accordi tra politica e stampa, accordi tra tecnici e politici, accordi tra politici di partito e schiere di politici eletti, tra politici e associazioni di categoria, tra politici e sindacati, tra forze dell’ordine e politici. Accordi, accordi, accordi. Tutto il nostro mondo gira intorno a questa parola e sembra che non possa succedere nulla senza di essi. Una qualsiasi azione illuminata per la società, per quanto intelligente o indispensabile possa essere, non viene minimamente presa in considerazione se non rientra in un accordo che produce delle convenienze bilaterali ai contraenti. Per ogni patto visibile ci sono sotto almeno dieci accordi stretti segretamente. Parla Luciano Violante alla Camera nel 2003: “L’Onorevole Berlusconi sa per certo che gli è stata data la garanzia piena - non adesso, ma nel 1994 – che non gli sarebbero state toccate le televisioni, lo sa lui e lo sa l’Onorevole Letta. Qui la questione è 194 Pagina 194 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 un’altra, voi ci avete accusato di regime nonostante non avessimo fatto il conflitto di interesse, avessimo dichiarato eleggibile Berlusconi nonostante le concessioni, mentre il fatturato di Mediaset, durante il centrosinistra, è aumentato di 25 volte”. Da Viva Zapatero di Sabina Guzzanti Indubbiamente, questo descritto da Violante, rappresenta un accordo. Telefonai al mio amico Onorevole e gli domandai se gli andava di pranzare al solito ristorante. Il lunedì, durante il giorno di chiusura, come sempre. Da quel luogo alla Quentin Tarantino avrei iniziato a tessere le mie prime alleanze, tanto più che la guerra tra correnti era stata dichiarata ufficialmente. I giochi si erano riaperti e il precedente accordo che mi aveva tagliato fuori da tutto era saltato. Caramelle colorate Quando entrai nel locale trovai l’Onorevole già seduto a tavola. Mi salutò dicendo:“Ho saputo delle due battone che hai reclutato” Mi costrinsi a restare buono e risposi con sarcasmo: “Perché me lo domandi: forse ti interessano?” Touché! Fece una smorfia. Presi posto a sedere mentre congedava una ragazza che doveva aver pranzato con lui. Mi domandai se pranzasse sempre due volte a mezzogiorno. “Direi che possiamo presentare due mozioni collegate ad un unico presidente regionale da eleggere” disse sbucciando la mela. Non risposi e lui pensò che dovevo essere d’accordo tanto che continuò a lavorarsi il frutto: “Non la voglio fare troppo lunga” - non la voleva mai fare troppo lunga, anzi questo suo modo cinico di andare al sodo mi mortificava facendomi sentire come un suo simile - “Non la voglio fare troppo lunga perché al prossimo congresso nessuno di noi due avrà i numeri per vincere, ma…” - sul viso prese corpo un’espressione luciferina - “Ma se uniamo le forze, la loro sarà una “vittoria di Pirro” con solo uno, forse due voti, di distanza da noi. Vinceranno, ma saranno costretti a trattare, tanto più che ho una mezza idea di fare ricorso e chiedere l’annullamento del congresso”. 195 Pagina 195 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 “Mi domando come possiamo inoltrare un ricorso prima ancora di aver messo in piedi il congresso” chiesi ingenuamente. ...Devo ammettere che non avevo ancora iniziato a ragionare da politico. “Adesso mi è tutto chiaro: non ci stai con la testa?” Ma chi è questo qua? – meditai - Cosa vuole da me? Non ci conosciamo neanche da un mese e mi tratta come se fossi il suo maggiordomo. Stavo giusto pensando a quando gli avevo concesso di darmi del tu che si mise a ridere fragorosamente: “Non hai capito un cazzo e io che perdo tempo con te devo essermi bevuto il cervello” Era diventato paonazzo per le risate, ma finalmente trovò la maniera di continuare a parlare: “Credi davvero che basti gettare le tessere sul tavolo del congresso e vedere chi ha una doppia coppia e chi un poker?” “Dimmelo tu” risposi. “Ragiona” – si mostrava paziente - “se i nostri avversari avessero una maggioranza schiacciante, un ricorso non avrebbe alcun senso. Ma se loro si ritrovano con due ceci a far la differenza tra un ristorante e l’altro, può darsi che Roma si convinca a passare dalla nostra parte. Lasciatelo dire, i romani sono stanchi di fare le donne di servizio, muoiono dalla voglia di aver voce in capitolo” – sprizzava eccitazione da tutti i pori - “pensa come vuoi, ma dobbiamo spingere i nostri nemici sulla fune come se fossero dei saltimbanchi dilettanti e quando saranno arrivati a metà, li lasceremo lì, a cuocersi per benino, mentre sentono il nostro fiato caldo sul collo. Un colpetto e... Puf! Si ritrovano sfracellati per terra”. Ecco a voi - signori e signore - lo stupefacente numero del Re funambolo. La principale condizione in cui si trovano avvinti i nostri leader. Ma anche tutti i gruppi dirigenti o Governi che siano, si fondano sul controllo che altri gruppi riescono ad esercitare su di esso. Questo dominio può essere messo in pratica mediante il ricatto diretto, ma anche attraverso uno stato di precarietà che può essere creato “ad hoc”. Le vicende che hanno visto il moltiplicarsi di ricorsi durante le elezioni regionali del 24 e 25 marzo 2009 dimostrano inconfutabilmente che “il numero del Re funambolo” condiziona strumenti che dovrebbero dare luogo a istituzioni rappresentative fondate su esiti inoppugnabili. Non bisogna meravigliarsi più di tanto quando si scopre che vi sono corporazioni politiche, di destra e di sinistra, che lavorano alla stesura di patti che puntano alla costituzione di uno “stato di precarietà” permanente. Marazzo all’inizio dello scandalo si “autosospende” ed evita le dimissioni da Governatore. Come lui il Sindaco Delbono dice di 196 Pagina 196 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 rimanere al suo posto malgrado l’improvvisa esplosione del “cinziagate”. Entrambi hanno trovato frotte di sostenitori perché non c’è niente di meglio per gli “affari” dell’avere un trono precario e un regno prossimo alla caduta. Vasco Errani in Emilia Romagna, come Formigoni in Lombardia, dopo due mandati non avrebbero potuto ricandidarsi, eppure lo hanno fatto. Benvenuti nell’era del Re funambolo, oggi è sul filo, domani, chissà! Domandai all’Onorevole cosa ci guadagnasse di tanto utile nel ritrovarsi dentro a un partito spaccato, commissariato, leso nelle capacità politiche, screditato agli occhi degli alleati e dei cittadini. “Te l’ho già detto” - sbuffò seccato - “Se io non governo la Regione, neanche loro la devono governare e si devono accordare per uscire dalla secca” Si trattava di una riedizione in salsa partititocratica dell’aforisma di William Blake che suona così: “meglio regnare all’inferno piuttosto che servire in paradiso”. Dio ci protegga da questi politici, molti si sono estinti, ma temo che altri ne verranno. “Se alludi a quello che posso spuntare” - il tono s’intrise di rancore “ti fermo subito dicendo che non sono cazzi tuoi!” Cadde in silenzio per riflettere su quello che aveva detto e su come lo aveva detto. Gli servivo come alleato e aggiustò il tiro: “Ti farà piacere sapere che ho pensato di farti correre come capolista alle prossime elezioni regionali”. Ecco finalmente spiegato perché un politico si guadagna una posizione di prestigio senza aver mai fatto un solo discorso in pubblico. Grandi ideali? Macché! Buone intenzioni? Nemmeno. Un’oratoria imbattibile? Ma va. Una mente geniale? No. Un pugno di tessere? Esatto! Non c’è niente da fare, le tessere sono il fulcro della politca. Non importa averne tante, piuttosto averne il numero sufficiente al momento giusto. Per chi gioca al congresso, come per chi gioca in borsa, non conta tanto la quantità di denaro investita quanto il “dove” e il “quando” s’investe. “Ci stai?” Chiese l’Onorevole che mi fissava come Jack Nicholson scruta la moglie in Shining subito dopo aver buttato giù la porta a colpi d’ascia. Risposi senza esitazione che mi poteva andar bene, ascia a parte. “Perciò” - disse l’Onorevole - “Te ne vai a casa e ti metti a scrivere una bella mozione in sostegno del nostro candidato alla presidenza regionale del partito che verrà fuori dal prossimo congresso”. Chiesi chi fosse il nostro candidato presidente, ma lui non lo sapeva 197 Pagina 197 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 ancora e poi: “Uno vale l’altro” concluse. Certo – rimuginai - uno vale l’altro. Come dire che il mio testo sarebbe potuto andar bene tanto per Theodore Roosvelt che doveva parlare al Senato americano quanto per un congresso di Adolf Hitler tenuto in una birreria della bassa Baviera. “Ma poi” - argomentò - “le mozioni politiche sono soltanto la carta colorata con cui s’impacchetta il “cioccolatino” e cioè l’accordo. Mica possiamo raccontare ai giornalisti che abbiamo messo in piedi una gigantesca baracconata soltanto per spartirci le poltrone”. No, certo che no. Non avevo più la forza di rispondere ed ero estenuato dall’aver dovuto tener testa a tutta quella boria che mi aveva sbrodolato addosso per l’intero pomeriggio. Gli ideali come ninnoli. I programmi come bigiotterie. Le mozioni neanche buone per pulirsi il culo. Ancora oggi mi chiedo se quell’uomo che non vedo da anni si è mai pentito di essersi mostrato ai miei occhi in quel modo, non so se più cinico o amorale. Amorale? Non ne avevamo ancora parlato, ma non osavo chiedergli una delle sue “ricercate” definizioni. Mi chiedo se gli sia mai nato qualche dubbio sull’esempio che mi diede e a chissà quanti altri lo diede... Forse è per questo che molti politici ecologisti vivono come eremiti sulle montagne. Ed è sempre per ragioni simili se il “padre fondatore” del partito ecologista, molti anni or sono, si è impiccato ad un pesco fiorito. Quali altre ragioni avrebbe dovuto avere altrimenti? Ma oggi, a mente fredda, posso dire che Torrazzi non era un ecologista, ma l’usurpatore di una posizione politica che era stata creata da altri che poi se n’erano andati o, peggio, si erano uccisi pensando che il mondo fosse di esclusivo appannaggio di certa brutta gente. I migliori se ne vanno, i Torrazzi restano. Mozioni Sebbene Torrazzi la pensasse diversamente, le mozioni sono “l’atto di muovere i seguaci”, un catalizzatore che innesca una reazione a catena, un’esplosione che imprime forza al gruppo spingendolo verso un obiettivo preciso. Le mozioni sono astrazioni, le uniche che riescono a produrre delle forti emozioni, quando sono scritte bene, s’intende. Sono le “idee che diventeranno azioni” (parafrasando Pound). Si rivolgono tanto al 198 Pagina 198 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 cuore quanto alla testa. Nonostante questo ho ascoltato raramente dei presentatori di mozioni che siano riusciti ad appassionare la platea che avevano davanti. Molto spesso l’autore del testo appartiene alla categoria dei “ghost writer” scrittori fantasma passati al soldo della politica. Si dividono sostanzialmente in due categorie. Ci sono quelli che hanno frequentato un corso di scrittura creativa e quelli che invece si sono formati ascoltando un comizio dopo l’altro. Quest’ultimi sfornano, nove volte su dieci, le cosiddette “Mozioni copia e incolla” che sostanzialmente sono dei collage di vecchie mozioni usate in precedenza. Gli unici tratti che appartengono al talento dei ghost writer “copia e incolla” sono i “passi attualizzanti”, quei punti nevralgici dove una frase scopiazzata da un discorso di Togliatti è saldata ad un episodio recente. Poi ci sono le “lime”, tornitori dediti all’ “aggiustaggio” delle frasi che potrebbero indispettire qualcuno. Dormono con il vocabolario dei sinonimi sotto il cuscino e sono abilissimi nel descrivere concetti dalle molteplici interpretazioni. Se la mozione deve incontrare il plauso di quelle categorie economiche che fondano la propria esistenza sull’edilizia, il “fantasma” scriverà che “bisogna riconsegnare alla storia della città gran parte dei luoghi attualmente dequalificati”. Quando si vuole chiudere un presidio ospedaliero per tagliare i costi si farà presente che “è diventato necessario superare la forma dell’attuale sistema sanitario cittadino”, per aumentare le tasse si dirà che “bisogna rammodernare il profilo dei prelievi per una maggior equità fiscale”. Infine ci sono i gosth writer specializzati nelle “mozioni tematiche” che contengono principi generali da seguire. Ad esempio, ci si dichiara contrari alle guerre, allo sfruttamento del lavoro minorile, alle mine antiuomo e ad un’infinità di altri temi condivisibili da chiunque. Sono le compresse digestive, le alka-seltzer, in grado di curare la sbronza di poltrone. Le mozioni sono effimeri feticci congressuali dai quali non si può pretendere l’impossibile. Dopo la loro redazione sono sottoscritte, duplicate, diffuse, messe ai voti e infine destinate ad una lunga clausura trascorsa in solitudine, nel buio di un cassetto o sul ripiano polveroso di un archivio. Ci si può accorgere di quanta distanza esista tra le mozioni politiche e la realtà se le si decontestualizza. Alle volte, per scherzo, trasformavo le mozioni che mi capitavano per le mani in documenti storici che poi facevo girare in rete. Qualcuno si arrabbiava, ma altri ridevano a crepapelle. Ciò che conta è che Cristoforo Colombo non avrebbe mai convinto la Regina di Spagna a concedergli tre Caravelle se avesse usato – parafrasando il testo di una mozione – queste parole: 199 Pagina 199 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 “Facendo poche remate, ma fatte bene, navigando in modo critico, con rigore e serietà, dopo aver studiato e approfondito a fondo la volta celeste e intrapreso nuove rotte, innovative e poco radicali, dopo aver promosso la cultura del buon equipaggio, troveremo una nuova strada per l’India”. Al contrario, inginocchiato dinanzi a Isabella di Castiglia, trasformò un viaggio verso l’ignoto in un’impresa che ha cambiato la storia dell’umanità. Sognante navigatore delle ipotesi è riuscito a dimostrare che la terra non è piatta con tre malridotte caravelle, una ciurma di carcerati e un entusiasmo sconfinato. Non so dire cosa si siano detti il navigatore italiano e la regina di Spagna, ma sono certo, straordinariamente sicuro, che Cristoforo Colombo non abbia usato lo stile di una delle nostre mozioni. Una vita, mille battaglie Così me ne andai a casa e scrissi la mia prima mozione intitolata “Una vita, mille battaglie” di cui riporto l’inizio tanto per far comprendere qual è l’abissale distanza che separa gli ideali contenuti in una mozione politica e le allucinanti origini dalle quali è scaturita. Non essendo del tutto convinto che tra un candidato presidente ed un altro non vi fosse differenza scelsi di riferirmi al tema di cui il partito si faceva paladino: l’ambiente. “Il pensiero verde è cresciuto ed è maturato nell’emergenza ambientale. Per questo, essere ambientalisti significa avere piena consapevolezza di quello che sta succedendo, dei pericoli ecologici che incombono sul nostro pianeta e sui guasti irrimediabili che sono già stati prodotti. Sappiamo che il futuro delle generazioni a venire non sarà roseo, e questo deve spingerci a salvare il salvabile. Essere ambientalista può significare non solo aver coscienza dei disastri, ma conoscerne le cause e saper ipotizzare i rimedi possibili. Per cui militare nelle fila del nostro partito, vuole dire diventare esperti di ecologia, acquisire, al di là di una coscienza politica, che non basta, una consapevolezza scientifica. Non si esige da un verde che acquisti la professionalità di uno scienziato, ma gli si chiede di 200 Pagina 200 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 raggiungere delle competenze tali da poter capire l’essenza dei problemi e in tal modo intraprendere un dialogo a due voci con gli addetti ai lavori. Gli ambientalisti devono dar vita ad una sorta di laboratorio politico, in cui le istanze culturali e scientifiche che presuppongono una gestione sostenibile del pianeta, vengano discusse, interpretate e sottoposte ad opzione critica. Solo la scienza può, oggi, salvarci dalla scienza e lo stesso deve dirsi della tecnologia. Ci è necessario elaborare una nuova nozione di progresso, inteso non come crescita indiscriminata, ma come sviluppo armonico e, come suol dirsi, sostenibile. Un progresso che faccia progredire insieme l’uomo e la natura, le piante e gli animali, in forza di una nuova alleanza tra l’intelligenza, che crea e non distrugge, e la politica che progetta il futuro e non l’accesso al potere.... ” Il mio primo congresso costituente Il pacchetto di tessere che misi insieme servì in due occasioni, al congresso regionale che mi indicò capolista alle elezioni regionali del 2000 e al congresso costituente che si tenne a Chianciano. L’esperienza nella città termale fu certamente molto più istruttiva dell’altra. Arrivai con qualche ora di anticipo sull’apertura formale del congresso che si teneva all’interno di una tensostruttura di plastica bianca che faceva assomigliare l’assise politica al tendone di un circo equestre. Quel giorno, in quel posto, sarebbero arrivati quindicimila congressisti per meno di centocinquanta poltrone che avrebbero permesso ad un manipolo di miracolati di vivere agiatamente per i cinque anni successivi. Un fuoco di Sant’Elmo dove la maggior parte dei convenuti sarebbero stati stritolati in trame che neanche conoscevano. L’unico fatto accertato è che ci saraemmo ritrovati tutti al centro di uno scontro epocale consumato tra le manovalanze del nord-est provenienti dai centri sociali di Luca Sacarini e le truppe cammellate reclutate nel Napoletano e dintorni da Alfonso Bovaro Sgozzo. I partiti battezzano sempre le località termali quali luoghi dove consumare gli scontri congressuali. Montecatini e Chianciano sono le cittadine più gettonate, ma anche Fiuggi è stato il teatro di rinnovamenti radicali. I partiti, come anziani e malati convalescenti, sembrano volersi depurare dalle impurità accumulate durante la reggenza eletta al congresso precedente. 201 Pagina 201 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Talvolta si disintossicano completamente dal proprio passato, come accadde a Fiuggi, dove il Movimento Sociale Italiano si mutò in Alleanza Nazionale. A dire la verità, suppongo che la scelta dipenda in gran parte da ragioni strettamente economiche dato che i partiti, come ebbe modo di confessarmi un tesoriere, ricevono provvigioni molto consistenti dagli albergatori che si ritrovano a riaprire hotel e pensioni al di fuori della stagione turistica. Chiunque può rendersi conto che alloggiare e nutrire dai tremila delegati ai dodicimila tesserati rappresenta un’occasione ghiotta per qualsiasi commerciante. L’albergo che il partito mi aveva prenotato, malgrado pagassi una bella cifra, era fatiscente, con gli intonaci dei soffitti crepati, le mattonelle del bagno risalenti alla prima guerra mondiale e le lenzuola sporche, nonché cosparse di peli non miei. Non ci fu verso di trovare un’altra sistemazione, la cittadella era al gran completo e fui costretto a restare all’Hotel Topaia. Con me, oltre a mio padre, c’era Paolo, detto Radicchio, Lara, mia moglie, e Piero il mio “fedele scudiero”, come lui stesso amava definirsi quando faceva il cretino. In fondo, si trattava del primo congresso nazionale anche per lui. Nel giro politico era noto come “il cubano” perché arrotondava lo stipendio da venditore “porta a porta” di enciclopedie impartendo lezioni private di salsa, merengue e chissà cos’altro. L’avevo conosciuto per strada durante la campagna del 1999 mentre attaccavo i manifesti di mio padre. Si avvicinò chiedendomi se conoscevo quell’uomo, il professore amico degli animali, che aveva visto alla televisione prima che sul manifesto. Quando risposi che ero suo figlio restò di ghiaccio e mi chiese come mai dovevamo attaccarci i manifesti da soli senza ricevere nessun sostegno da parte del partito. Gli spiegai che il partito, come lo chiamava lui, se ne sbatteva altamente di entrambi. “Telefona a tuo padre per dirgli che non siete più soli” mi disse e aggiunse: “Lavorerò per lui nel tempo libero senza chiedere in cambio nemmeno un centesimo”. Da quel giorno siamo diventati amici. Piero, pur avendo un qualche annetto di troppo sulle spalle, sembrava molto più giovane di quello che era per via del suo fisico asciutto e l’aspetto atletico. Possedeva inoltre una dote stranissima che non ho mai ritrovato in nessun’altra persona: ispirava familiarità fin dal primo istante in cui lo incontravi. Ti sembrava di averlo sempre conosciuto tanto che anche un spia del Kgb avrebbe finito per confidargli tutti i suoi segreti dopo neanche un’ora di piacevole conversazione. Sta di fatto che non appena mise piede a Chianciano, come al solito, incominciò a gironzolare in lungo e in largo 202 Pagina 202 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 ficcando il naso da tutte le parti tanto che s’imbatté in un curioso episodio. Quando mi raccontò cos’era successo feci un po’ di fatica a credergli, ma la sua ragazza, Manuela, aveva assistito anche lei alla scena e confermò la storia di Piero dall’inizio alla fine. Passeggiando nel viale centrale delle terme avevano notato un pullman di napoletani fermo davanti all’albergo. Mentre l’autista e un altro tipo tarchiato scaricavano le valige, il buon Piero capì che non si trattava di turisti, ma di tesserati. Si avvicinò per attaccare bottone come al solito e mentre chiacchierava con un certo Mimmo, che metteva la lettera “zeta” al posto della “esse”, gli cadde l’occhio sul fondo del bagagliaio aperto. Vide un fascio di bandiere di Alleanza Nazionale e un po’ stupito chiese cosa ci facessero lì. Si sentì rispondere che quell’allegra comitiva aveva deciso di partecipare al congresso soltanto per fare un favore ad “Alfonzo”, all’Onorevole che in quell’occasione era il padrone incontrastato della maggior parte delle tessere, che secondo un’antica tradizione italiana provengono principalmente dal sud, anzi, per dirla tutta, nel partito verde si diceva con rammarico che le tessere si facevano al sud, mentre i voti si prendevano al nord. Quando Piero chiese ragione di questo palese controsenso si sentì rispondere che prima di ogni altra cosa veniva l’amicizia. Alfonzo, futuro ministro, era un buon amico e allo stesso tempo un ottimo investimento. Ribadì che alle elezioni nessuno avrebbe votato per il partito di “ziniztra” di Alfonzo, ma per un congresso interno si poteva chiudere un occhio. Prima di andarsene chiese a Piero se per caso non fosse anche lui iscritto ad Alleanza Nazionale. La notte che seguì a quel racconto allucinante non fece che confermare i presagi che avevo maturato nel pomeriggio. Mi rivedo ancora oggi con una chiarezza straordinaria nel cuore della notte mentre vago da un albergo all’altro tentando di ricevere udienza da questo o da quell’altro capobastone. Compaiono nella mia memoria intrecci confusi di strade affastellate dove strisciano lunghe file di lumache dai gusci zeppi di tessere. Fantasmi di portaborse vagano come navi alla deriva nelle hall degli alberghi, lividi faccendieri dagli sguardi guardinghi confabulano sottovoce in fondo ai corridoi, larve di tirapiedi pranzano nei ristoranti deserti degli alberghi. Mi rivedo a consumare le interminabili attese che precedono le udienze. Eccomi seduto accanto ad altri politici dalle mani sudate. Ci troviamo avvolti in atmosfere umide e fumose, rischiarati dalle flebili luci giallognole delle lampade a muro. Dietro al bancone della reception compare l’alba. Si staglia sul vetro appannato con il volto malaticcio di un sole pallido. 203 Pagina 203 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Il capobastone in fondo alla stanza se ne sta seduto dietro ad un tavolo imbandito di fogli sparsi. Stringe gli occhi, se li frega vigorosamente con i pugni chiusi, ma poi si mostra imbarazzato quando il segretario lo informa all’orecchio che c’è un tale con trenta tessere che chiede udienza. Scrolla le spalle come per dire che non sono tante, ma poi ci ripensa e lo sento borbottare che “tutto fa brodo”. E sia! Sono pronto per tuffarmi nel brodo! Speriamo solo di non bruciarci. Pensai al plurale per darmi coraggio. Mi fa segno di entrare. Sorride. Senza fare tanti convenevoli apre il tabulato e cioè un fascicolo con riportati tutti gli iscritti che si sono registrati al congresso. Accanto a ciascun nome si trovano le iniziali del promotore di ogni tessera. Ma nel mio caso, come nel caso di tutti i poveretti che stanno sotto le cento (tessere), c’è scritto nome e cognome per esteso. Mi chiede se sono Daniele Cenni “venti” di Pavia. Rispondo che no, mi chiamo Celli e non Cenni. Seguendo la sua logica dico di essere Davide “trenta” di Bologna. Si assicura che sia proprio io e non il Davide Celli “cinque” di Piacenza. Nessun errore è solo un omonimo. Ci pensa un po’ su, mi guarda, gli si materializza sul viso un’espressione incerta. Chissà chi è? Si domanda. Assume improvvisamente l’aria di chi si è convinto di aver sprecato una buona parte del prezioso tempo che manca all’apertura del congresso. Infine si decide: arrivederci e a presto “Davide trenta”, mi saluti tanto i suoi cammelli. Presenterò, rispondo al signor “duemila” (tessere in tasca). Quella notte vidi gli uomini dedicarsi anima e corpo ai numeri. Numeri e ancora numeri. Matematici del consenso al lavoro su masse informi di anonima carne umana. Addizioni esistenziali e anime divise per gruppi. Della politica, quella che dovrebbe produrre argomentazioni, educare le masse, individuare nuove strade, neanche un’ombra sbiadita. Nessun sogno, nessun ideale, nient’altro vale di più del numero di seguaci, veri o finti che siano. E non importa a nessuno sapere se hai convinto i soldati che ti seguono con il cuore, con la forza della ragione, o se li hai comprati con del vile denaro, o elargendo favori come se piovesse, droga o puttane della peggior razza. Queste “sottili” differenze, ad un congresso, sono del tutto ininfluenti. L’etica è morta. Andate ad un congresso qualsiasi e tolte le belle parole dei comizianti chiamati uno ad uno sul podio ad argomentare, troverete solo delle marce ragioni, putridi giri di boa, fetide fratellanze. Per questo i politici sono quello che sono, se le ragioni che attribuiscono il potere sono queste, non potrebbero essere diversi neanche se lo volessero. La mattina che seguì ai pellegrinaggi notturni rientrai in albergo di buonora. Nell’aria c’era odore di caffè caldo e croissant. Le mie “trenta tesse204 Pagina 204 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 re” prendevano posto ai tavoli apparecchiati per la colazione. Erano all’oscuro di tutto e non appena mi videro entrare mi seppellirono di domande. Volevano sapere se ero riuscito a mettere in piedi un gruppo in grado di cambiare la politica. Da un tavolo chiesero se avevo conosciuto qualcuno che ci avrebbe aiutato a diffondere i nostri progetti di riforestazione urbana. Sorrisi e mi mostrai entusiasta mentre rispondevo che sì, tutti i temi erano all’attenzione dei più alti dirigenti del partito. Non era vero. Per mentire a quel modo feci uno sforzo disumano e nessuno ha mai saputo, per fortuna, come andarono veramente i fatti quella notte. Salutai la compagnia facendo intendere che stava filando tutto liscio: “Ce la faremo” – rincuorai gli astanti – “vi assicuro che riusciremo a cambiare la politica”. Dissi così, lo ricordo bene. Dispensai questa colossale balla ai miei amici e me ne vergogno ancora, anche se dicono tutti di avermi perdonato. Me ne andai ad ubriacarmi non ricordo più dove e prima che il vino facesse effetto rammento di aver combattuto contro un’incazzatura crescente convinto com’ero che gli uomini fossero diventate le creature più spregevoli di tutto il creato, peggio persino dei tirannosauri che li avevano preceduti. Se gente così finiva nella “stanza dei bottoni”, tutte le terre libere sarebbero state occupate nel giro di una stagione e poco dopo inumate di cemento. Le foreste abbattute, gli animali uccisi, l’acqua dolce dilapidata, i mari ridotti a pozze salmastre dove neanche i batteri sarebbero riusciti a sopravvivere. Il cielo… No, non esisterà più nessun cielo azzurro da guardare, ma solo un manto caliginoso di polveri fini. E questi sarebbero ecologisti? Macché: sono solo un esercito di occupazione permanente del pensiero ecologista. Conclusi al quinto bicchiere. Non c’è più niente da fare: il mondo è perduto. Nessuno riuscirà a salvarlo. Prosit! E giù altro vino. Addio. Insomma, la vidi più brutta di quello che era perché di veri ecologisti, come ebbi modo di scoprire negli anni a venire, ne ho incontrati moltissimi. Ognuno con la sua guerra, ognuno da solo e rimpiango solo di non essere riuscito ad unirli. Qualcuno mi riaccompagnò in albergo dove sfangai la balla, una delle sbronze più colossali dalle quali sia uscito indenne. Mi svegliai all’inizio della sera quando il congresso volgeva al termine. Sentivo i congressisti vociare in strada, ridacchiare. Un piacevole brusio. Avrei voluto essere da tutt’altra parte. Quella sera decisi che un giorno, dopo aver chiuso con la politica, mi sarei ritirato in un bosco inospitale e disabitato, lontano dalla civiltà. Desiderio che si è puntualmente avverato. Inutile aggiungere che in quell’occasione non fui eletto dirigente, ma presi coscienza di come funzionava la democrazia interna ai partiti. Non 205 Pagina 205 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 fui eletto perché mio padre era mal visto da tutti i suoi colleghi che non gli avevano ancora perdonato di essere diventato un Parlamentare europeo senza aver avuto bisogno del loro aiuto. Come per certe gravidanze, quando ci s’imbatte in un’elezione “non cercata” si manifestano immediatamente tutti i comportamenti persecutori che derivano dalla mancata collettivizzazione della vittoria e non cessano fino a quando l’outsider non indossa il saio di San Francesco e da fondo a tutte le sue finanze fino all’ultimo centesimo. Poi dicono che i Parlamentari guadagnano molto, provateci voi a nutrire una bolgia di inferociti questuanti e vedrete che i soldi non bastano mai. Dopo l’elezione di mio padre al Parlamento europeo, infatti, non passava giorno senza che incontrassimo qualcuno - Onorevoli, dirigenti, politici di tutti i tipi, presidenti di pseudo comitati, ma anche semplici militanti – con richieste che vertevano sull’assumere questo o quell’altro tirapiedi, stipendiare amanti, offrire “vacanze convegno” a giornalisti “d’area” che non avevamo mai sentito nominare, reintegrare segretarie dismesse, comandare uscieri perché fossero promossi a commessi parlamentari, finanziare iniziative, acquistare servizi, libri, magliette, stock di biciclette cinesi da regalare ai passanti, o mille altre stramberie. Ovviamente, senza dare nulla in cambio. Non abbiamo mai capito se la gente ci provasse “d’ufficio” o fosse veramente convinta che il ruolo di un Onorevole dovesse necessariamente ridursi ad una sorta di Wunderkammer di favori. E ad ogni diniego, un altro nemico andava ad aggiungersi alla già vasta galassia dei nostri detrattori. Terminato il congresso un portaborse che bighellonava nel parcheggio dell’albergo ci salutò ricordandoci che il nostro non era un partito, ma un movimento. Aveva ragione, era proprio un gran bel movimento, …di tessere e cammelli. 206 Pagina 206 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Tutta colpa di Pizzaballa Uscito dall’albergo non feci subito ritorno a casa, ma decisi che avrei fatto due passi a piedi per sgranchirmi le gambe. Gli ultimi congressisti caricavano le valige in auto, ma il grosso del pubblico se n’era già andato da un pezzo. Chianciano stava tornando ad essere la tranquilla cittadina deserta che era stata fino a quando non si era deciso di farla diventare un circo. Passai davanti all’albergo dov’ero stato durante la notte appena trascorsa. Dietro alla porta spalancata vidi la sala centrale che emanava un’aria completamente diversa. Il sole, sebbene affaticato, aveva dissipato l’umidità e cancellato quella fastidiosa puzza di muffa. In giro non c’era nessuno, una scena alla Matheson di “I am legend”. Nella sala dove avevo incontrato “il signore delle tessere” erano sparsi dei pezzetti di carta che, a guardar bene, erano conteggi di tessere, numeri di telefono, appunti indecifrabili. Pizzini congressuali di tutte le fogge. Ne raccolsi uno da terra e lo lessi: Ronchi lo trovi all’Hotel Impero, ma non rompergli i coglioni se non sono cose importanti. Innocuo. Ne afferrai un altro: Cervi Bortolozzi Canizza Lotti 109 45 58 224 Siamo ancora sotto! In alcuni c’erano persino i disegnini a tutela della privacy: 70 d 17 v 121 k 207 Pagina 207 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 I foglietti dedicati ai conteggi erano la maggioranza, ma quello che più mi stupì fu questo: Senti da Benetti che ha degli iscritti antiabortisti che gli danno dei problemi con i cattolici di Melissa Cordivilla. Ti conviene dargli in cambio sei dei tuoi animalisti per questi dieci e se ce la fai mi richiami. Dieci antiabortisti in cambio di sei animalisti. Tutto chiaro. Gli animalisti li puoi infilare dentro a qualsiasi corrente, tolta quella dei cacciatori, mentre i cattolici sono meno malleabili. Fu allora che mi ricordai di quando giocavo con le figurine Panini. Durante la ricreazione ci scambiavamo quelle rare con le altre più comuni e ricordo che Faustino Goffi valeva come minimo duecento figurine che non sarei riuscito a raccogliere neanche se avessi spalato le neve per tutto l’inverno. Ma il vero Graal, la figurina più mitica che ritornava in tutte le conversazioni scaturite tra bambini era quella del portiere dell’Atalanta, dell’angelo biondo, Pier Luigi Pizzaballa. C’è chi dice che non sia mai esistita e che si tratti di una bufala inventata da Luther Blissett quando ancora portava i pantaloni corti, ma allora i bambini della Lunetta Gamberini ci credevano - “eccome se ci credevano!” - alla figurina di Pizzaballa. Ahimè, nessuno sapeva con esattezza quando sarebbe riuscito a vederla dal vivo. Mi tornò in mente il capobastone della sera precedente che non aveva preso minimamente in considerazione le mie tessere, ero di nuovo là, davanti a lui nella penombra umidiccia di quel salone vuoto. “Facciamo così” – dissi guardandolo fisso negli occhi – “le mia trenta tessere per le tue tremila” Il capobastone sussultò non sapendo se ridere o cacciarmi dalla sala. “Ma alle mie trenta aggiungo la mitica Panini Pizzaballa” “Pizza chi? Trenta tessere più quella di Pizzaballa? Fanno trentuno, cambia poco” disse con l’aria furba di chi non vuol essere fregato. Non c’era niente da fare. Trascorrevano tutto il tempo a scambiarsi tessere come fossero figurine e non sapevano nulla della leggendaria figurina di Pizzaballa. Ma andatevene tutti a quel paese… 208 Pagina 208 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Avrei potuto restarmene assorto nella lettura dei bigliettini per un intero pomeriggio ricostruendo storie, situazioni e mercanteggiamenti di ogni tipo, ma scelsi di farmi largo nella sala centrale dell’albergo gironzolando tra le poltrone e i divani. Mi piaceva quella calma piatta dopo la tempesta. Una lattina di birra intonsa era appoggiata su di un libretto stampato con una Xerox e malamente rilegato con dello spago. Avrei potuto bermi la birra alla salute di chi l’aveva abbandonata, viceversa, fui attrat- La mitica figurina Pizzaballa to da quell’oggetto insolito che fungeva da sottobicchiere. Spostai la birra e ad una prima occhiata mi sembrò di avere tra le mani un manualetto usato per erudire un portaborse alle prime armi. Sulla copertina non c’era nessuna intestazione, ma pensai che avrei potuto mandarlo alle stampe con il titolo “bestiario politico” per via dello stile che tra il serio e il faceto ricostruiva la vita delle chimere che si aggirano ai congressi. La maggior parte delle voci erano schematiche come quelle di un glossario, ma integrate a dovere ne avrebbero fatto un’opera interessante, un reperto di quella storia invisibile che si consuma all’ombra dei congressi. Quella che segue e la descrizone di quel libello integrata da ricordi personali, appunti e aneddoti vari. Bestiario politico Ogni partito stabilisce un termine alla campagna di tesseramento così da fermare le iscrizioni e permettere ai dirigenti di organizzare il congresso a “bocce ferme”. Il congresso, la grande conta, la resa finale dei conti, risulterebbe falsato se tutti i capi corrente continuassero ad immettere tessere in circolo fino alla sera precedente all’apertura dei lavori. Questa regola che tutti conoscono come la “chiusura del tesseramento” è straordinariamente simile alla tempistica dettata ai giocatori della roulette francese che non possono puntare il denaro dopo l’inizio del gioco. Il partito, Chef de table, apre la partita dicendo: “Faites vos jeux messieurs!”, (fate i vostri giochi). A questo punto tutti i capibastone sistemano sul tappeto verde le tessere/fiches cercando, per quanto possibile, di puntare tutto sul rassemblement 209 Pagina 209 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 che viene dato per vincente. Dopodichè il capo croupier ferma le giocate gridando: “Le jeux sont faits, rien ne va plus!” (Il tesseramento è chiuso) e subito dopo apre i lavori tirando la pallina d’avorio dentro al piatto girevole. Si contano le tessere, la tensione sale. E sale. “Voilà monsieur le Président gagnant!” grida il bouler. “Ecco a voi il futuro segretario nazionale del partito!” ripete in perfetto italiano. È tutto molto più semplice di quanto si possa credere. Tessere Ogni tessera equivale ad un iscritto e rappresenta la cifra più piccola di tutto il partito. In biologia sarebbe una cellula, in chimica un atomo, nel mondo delle unità di misura ogni tessera equivarrebbe al millimetro, la corrente al centimetro, il partito al metro. Ogni individuo riceve la tessera dopo aver compilato il modulo di adesione e versato la quota d’iscrizione. Tesserarsi – come si suol dire - costituisce la prima azione necessaria per chi intraprende la carriera politica e il possedimento della tessera è un tratto che accomuna il militante di base al Presidente Nazionale o a qualsiasi altro eletto nei ranghi più alti delle Istituzioni senza distinzione alcuna. Si tratta di un’azione semplice, così semplice, che avremmo cinquanta milioni di iscritti ai partiti se fosse vero quanto si dice in giro e cioè che “basta avere una tessera in tasca” per vincere gli appalti o lavorare alla Rai. Infatti si dice che non basta “fare le tessere”, ma per fare affari è necessario sapere come “farle girare”. Le tessere riunendosi formano “le correnti” che se a parole vengono paragonate a delle “metastasi” tumorali, nei fatti sono indispensabili per ogni leader che le deve organizzare all’interno di una cordata per vincere il congresso e acquisire il controllo del partito. Se ne parla male in pubblico e le si sfrutta nell’ombra e dato che il termine “correnti” equivale ad una bestemmia pronunciata sul sagrato di una Chiesa è stato sostituito dalla parola “area” che sta per “area di appartenenza” nella quale rientrano i semplici tesserati come gli esponenti politici di lungo corso. Questo è l’unico cambiamento che si è verificato negli ultimi anni in fatto di tessere e correnti. 210 Pagina 210 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Cammelli Quelli che compongono il branco di tesserati possono essere suddivisi in due grandi ordini. Il primo è formato da coloro che hanno ancora fiducia nella politica e per questo s’iscrivono liberamente e partecipano alle attività del partito. Sono pochi, pochissimi, delle mosche bianche. Il secondo ordine comprende molti altri animali, ma i più numerosi sono i cammelli che pur vivendo allo stato brado, dalle savane agli enti pubblici, sono soggetti a improvvise migrazioni che li conducono nelle oscurità delle cabine congressuali dove non depongono uova nelle urne, ma schede precompilate. Come avviene esattamente questa strana migrazione? I cammelli entrano alla spicciolata nella hall dell’albergo dove si svolge il congresso e mentre si guardano intorno incuriositi sono presi al lazo dal tirapiedi. Costui, che ha ricevuto l’incarico di organizzare le famigerate “truppe cammellate” per conto del capobastone, infarina a dovere ciascun gruppo di cammelli: “Lasciate il cappotto al guardaroba, poi andate al banco degli accrediti e date un documento, avrete in cambio il tesserino. Per il caffè c’è un buffet gratis al primo piano. La toelette, in fondo a destra. Il guardaroba al piano interrato. Se vi interessa ascoltare gli interventi prendete posto in sala. No? non siete interessati?” chiede il tirapiedi. “No! Non ci interessa” è la risposta di un cammello. “Andate pure, ma tornate qui alle sei quando si vota e mi raccomando la puntualità ”. Un istante prima del loro commiato sopraggiunge il cammelliere, capo riconosciuto della corrente. Baci e abbracci o strette di mano e sorrisi, la misura dipende dalla confidenza elargita a ciascun gruppo. I cammelli se ne vanno quindi a zonzo sapendo di dover tornare quando serve se è vero che non appena scatta l’ora x, e si aprono le urne, la hall si riempie nuovamente di quadrupedi. A quel punto ciascun “tirapiedi” distribuisce i fac-simile delle schede, ovviamente, già precompilati. I cammelli girano i carteggi e le rigirano nell’aria come fossero la cartina geografica nelle mani di un turista sprovveduto. Puntano col ditino i nomi dei candidati e le mozioni collegate e chiedono: metto qui la croce? Più giù? Più su? Di là o di qua? Quando finalmente hanno chiaro il punto dove far cadere la matita se ne vanno ad 211 Pagina 211 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 ingrossare le file davanti alle cabine elettorali. Votano e se ne vanno senza aver udito nemmeno un solo discorso di tutti i politicanti che si sono avvicendati sul podio del congresso per arringare una platea semideserta. Ogni uomo è moneta La denominazione di “cammelli” riporta alla mente la storiella dell’avvenente fanciulla acquistata dal facoltoso sceicco in cambio di una mandria di questi preziosi animali del deserto che non temono la sete. Il padre della ragazza accetta i cammelli al posto del denaro. Questo significa che i cammelli sono stati utilizzati come un possibile sostituto della moneta corrente. Tutto ciò sembra essere confermato dall’analisi etimologica della parola “capitale” che deriva, appunto, dai capi di bestiame. Prima dell’avvento della moneta coniata, il baratto, - lo scambio degli oggetti, ma anche degli animali e quindi dei capi - era alla base di ogni commercio e l’addomesticamento degli animali e delle piante ha quindi coinciso con la nascita del capitalismo primitivo. Chi disponeva di molti capi, possedeva quindi un capitale. Attribuire il soprannome di cammelli ai delegati che partecipano ad un congresso segna la regressione del denaro ad una delle sue tante forme primordiali all’interno di un processo che vede un “agglomerato umano” trasformarsi in merce commerciabile. Il bestiame è stato soppiantato dalle monete e la monete sono state tramutate nuovamente in corpi biologici, quelli dei congressisti, il cerchio si chiude. Per cui, per il politico moderno e più in generale per i partiti che fondano l’attribuzione del potere sulla base dei numeri, ogni uomo è moneta. 212 Pagina 212 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Il canotto Come emerso da una famosa inchiesta condotta da Striscia la Notizia migliaia di cittadini si sono ritrovati misteriosamente iscritti alla Margherita senza averlo mai chiesto. Sono stati tesserati, molto probabilmente, per gonfiare i numeri delle correnti e nella speranza che il congresso si sarebbe chiuso con un esito “preconfezionato” e senza arrivare alla conta che assomiglia allo Showdown del poker, quando un giocatore dice: “Vedo le tue carte!”. Quando un politico iscrive le persone a loro insaputa si dice che: “Ha gonfiato un canotto per attraversare l’oceano” come dire che con i canotti e le tessere taroccate non si va da nessuna parte. Le correnti L’insieme delle tessere forma una corrente la cui forza sarà determinata tanto dal numero complessivo degli aderenti, quanto dalla quantità di rappresentanti eletti nelle istituzioni o presenti nei vari enti satelliti. Il partito è composto da una somma di correnti locali espresse dai quartieri, dalle città e dalle regioni, che a loro volta, concorreranno alla creazione delle correnti nazionali. Una corrente dopo essersi collocata all’interno di una cordata mutua il suo nome in “componente”. Le componenti sono definite omogenee quando perseguono eguali linee politiche, eterogenee in caso contrario. Pur avendo posizioni politiche opposte si incomincia a scalare il potere venendo meno ai propri ideali. Crociati e taumaturgi Nelle cordate formate da componenti eterogenee può succedere che prendano corpo alcuni conflitti programmatici dato che non si può essere 213 Pagina 213 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 allo stesso tempo laici e cattolici o animalisti e cacciatori. Come si riesce ad accorciare le distanze e far convivere le diversità? Buona norma sarebbe quella di sedersi a tavolino per trovare un punto d’incontro, ma ciò richiede tempo e fatica, meglio affidarsi a tecniche più sbrigative. La vecchia storia “del bastone e la carota” è certamente tra queste. Vediamo quindi come funziona il bastone e come la carota che diventano “il crociato” e “il taumaturgo” nell’episodio che segue. Un autorevole esponente del partito si leva a difesa dei cattolici bacchettando i gay. L’area del partito di cui fanno parte quelli che si battono per i diritti civili, le “unioni di fatto” e altri temi simili, insorge duramente. Le contestazioni si moltiplicano e in tanti annunciano l’imminente dipartita. A queso punto, il partito argina l’emorragia di scontenti schierando una punta, un leader della comunità gay che spegne tutte le animosità dicendo che il “democratico crociato” ha parlato a titolo personale e quella “lavata di testa” non rappresenta certo la linea del partito. Missione compiuta: da un lato si è lanciato un segnale chiaro agli elettori cattolici e dall’altro si è riusciti a smentirlo rassicurando i gay. Un colpo al cerchio assestato dal Crociato e un colpo alla botte inferto dal taumaturgo. Peccato solo che a forza di colpi, la botte si rompe. Il crociato CHIESA BOLOGNA. PD GELA I GAY: MANIFESTAZIONE INTOLLERANTE. ACETO: OFFENDE TUTTI PER QUALCUNO CHE SBAGLIA, SERVE MODERAZIONE (DIRE) Bologna, 24 apr. - Il Pd difende la Chiesa di Bologna, presa di mira oggi dalla manifestazione di Arcigay, Arcilesbica e Rete laica nel centro di Bologna contro le affermazioni del cardinale Bertone in seguito allo scandalo pedofilia. Di”Intolleranza laicista”, parla Pietro Aceto, responsabile Comunicazione del Pd. “In tutte le istituzioni ‘larghe’- sostiene il democratico- può esserci qualcuno che sbaglia, però estendere a tutta la comunità ecclesiale le accuse di Franco Grillini e’ un errore gigantesco e grossolano”. Per Aceto infatti “bisogna avere moderazione nell’esprimere concetti che offendono la dignità di persone oneste, caritatevoli e ben disposte ad aiutare il prossimo”. Inoltre “ingiusto e denigratorio” e’ inserire anche il leader nazionale del Pd Pierluigi Bersani, accusato dai manifestanti di avere espresso solidarietà a senso unico per Bertone, nel novero dei “baciapile” del Vaticano. “Bersani si e’ sempre dimostrato spirito aperto, laico e rispettoso di tutte le appartenenze”, sottolinea Aceto. Gli insorti Come da copione il PD difende chi ci insulta quotidianamente (e ci insulta tutti noi omosessuali, non solo quelli che sbagliano...). Non ricordo tanto impeto da parte del PD nel 214 Pagina 214 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 difendere la dignità delle persone omosessuali insultate. Quel che è peggio il PD difende chi usa la propria influenza e credibilità sociale per nascondere abusi sessuali perpetrati nei confronti di bambini e, ancora una volta, nella dichiarazione rilasciata non c’è una sola parola per le vittime. A mio avviso non vale la pena aggiungere altri commenti, siamo alle solite: il partito di “sinistra” difende i reazionari e finisce per essere più monarchico del re. Va bene così. D’altra parte penso che ormai sia evidente a tutti cosa interessa davvero al Partito Democratico: i voti (dei cattolici). Di bugia in bugia, il mio voto se l’è giocato da un pezzo e credo di essere in buona compagnia. Materiali tratti dalla nota di Sandro Mattioli su Facebook: Il Pd difende la Chiesa di Bologna (http://www.facebook.com/notes/sandro-mattioli/il-pd-difende-la-chiesa-dibologna/390267536737) Il taumaturgo Pietro Aceto ha parlato a titolo personale. Io non ho replicato perché ero a Londra e sono tornato ieri sera. Oggi ho scritto due righe sul sito dell’Uaar che mi aveva chiesto il mio parere: Questo fine settimana sono stato all’estero e non ho avuto modo né di partecipare alla manifestazione contro la pedofilia di sabato scorso né di leggere le reazioni alla manifestazioni prima di ieri sera. Ho letto con stupore le dichiarazioni di Pietro Aceto, che ovviamente non condivido, ed ho verificato subito con il segretario del PD di Bologna Andrea De Maria se quelle dichiarazioni fossero state concordate con altri. Come ero certo, si tratta di dichiarazioni personali non concordate né condivise dal PD di Bologna. Per quanto riguarda il mio pensiero sull’argomento, ne ho scritto a più riprese sul mio blog …Il segretario del Pd di Bologna mi ha confermato che la dichiarazione non solo non era concordata ma non era da lui condivisa. Capirete quanto mi sono girati i girabili quando ho letto (purtroppo due giorni dopo) quella dichiarazione. Però, ragazzi, non fatemi la scortesia di dire che se dico una cosa io parlo solo a nome mio e se la dice Aceto allora quella è la linea del Pd! (http://www.sergioloGiudice.it/blog/2010/03/21/pedofilia-e-omosessualita-cronaca-di-un-depistaggio/ http://www.sergioloGiudice.it/blog/2010/04/14/ma-mi-faccia-il-piacere/) Immagine tratta dal sito www.chiesaviva.com - Pagina 215 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Il Capobastone Ciascuna corrente dipende da un capobastone (o capo corrente che dir si voglia) che è stato delegato alla trattativa con gli altri capi dai membri del raggruppamento. Quasi sempre si tratta di Parlamentari o di eletti che dispongono del denaro necessario per stipendiare un congruo numero di meccanici che faranno funzionare la “macchina” nel modo migliore. Le risorse economiche del capo corrente servono inoltre, come si dice in gergo, per “coprire le tessere”. Il tirapiedi Il tirapiedi è una sorta di maresciallo del capo corrente. È anche detto sottopancia. Si tratta principalmente di un coordinatore delle risorse umane, un po’ segretario, un po’ factotum, alle volte “imminenza grigia”, altre volte “dog - sitter” e procacciatore di svaghi. Con l’avvento dei “social - network“ la figura del tirapiedi si è molto evoluta diventando una sorta di “copia supplente”, un clone del capo che chatta e scrive post come se fosse il capo stesso dal quale è stato costretto ad assorbire non solo il pensiero politico, ma i tratti comportamentali, le battute di spirito e le espressioni ricorrenti. I tirapiedi sono spesso utilizzati come assistenti durante le campagne elettorali del leader e dei suoi sottoposti. Dopo la proclamazione degli eletti, i tirapiedi che li hanno serviti sono assunti come assistenti o segretari particolari, capi di gabinetto, addetti stampa, consulenti e messi così in carico ai contribuenti. Un Sindaco, per esempio, ha diversi tirapiedi: il suo sottopancia personale, un altro indicato dal partito e un altro ancora indicato dalla corrente. Se il Sindaco viene da un’altra città si porta dietro il tirapiedi che aveva nel luogo dal quale se n’è andato aggiungendo un altro fardello ai tre previsti dall’etichetta. Durante ogni congresso il tirapiedi sgrava il capobastone dal lavoro logistico necessario allo spostamento della corrente. Deve informare gli iscritti sulle date e il tempo richiesto, affitta pullman, prenota i biglietti del 216 Pagina 216 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 treno, spedisce mappe fotocopiate e lettere di richieste. Telefona e discute le richieste dei leader territoriali o dei “pacchettari” (detentori di pacchetti di tessere). Prenota l’albergo per il soggiorno dei tesserati (o dei delegati dipende dalla natura del congresso). Organizza gli incontri del capobastone, indice riunioni e sceglie i ristoranti più adatti agli incontri riservati. I capi bastone utilizzano i tirapiedi soltanto quando hanno piena fiducia in loro e la prima qualità richiesta è quella di non essere coinvolti nelle vicende del partito. È capitato che questi fidati segretari siano perfino appartenuti ad altri partiti se non addirittura alle file degli avversari. Il capo cordata Il capobastone che riuscirà a realizzare l’alleanza più estesa è destinato a diventare il leader della cordata e da quel momento sarà conosciuto da tutti con il nome di capo cordata, futuro numero uno del partito. Per riuscire in questa impresa titanica dovrà garantire uno spazio di visibilità adeguata a ciascuna corrente e ripartire oculatamente, e in anticipo, tutti i benefici che deriveranno dalla vittoria. Molto probabilmente la “collettivizzazione del successo” deve la sua diffusione a questa prassi consolidata. Ancora una volta, maggiori saranno i debiti contratti dal capo cordata e maggiore sarà il controllo che i capi bastone eserciteranno su di lui secondo l’immortale “regola dell’ostaggio”. Per questo motivo, i leader politici appaiono sempre più deboli e meno carismatici dei loro predecessori, ma nonostante tutto continuano a governare fino a che non vengono dismessi dagli stessi uomini che li hanno incoronati. L’Agente arancio Il capo corrente che organizza una corrente dovrà procurarsi le risorse di tasca propria oppure trovarsi uno sponsor. Nel secondo caso, può anche accadere il contrario e cioè che sia lo sponsor a chiedere ad un politico di vestire i panni del leader per formare una corrente. Questo perché lo sponsor, trasformato in un burattinaio, ha tutto l’interesse a restare 217 Pagina 217 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 nascosto così da non destare sospetti quando sarà ripagato con appalti e quant’altro. Le risorse economiche utilizzate in questo genere di operazioni sono veicolate da galoppini comunemente chiamati agenti arancio. Per chi non lo sapesse l’erbicida usato in Viet Nam, meglio noto come l’Agente Arancio, era utilizzato dagli americani per rimuovere le foglie dagli alberi e spogliare le foreste tropicali che nascondevano il nemico. Il termine agente arancio viene quindi preso in prestito dalla storia moderna per descrivere il lavoro di chi, recandosi da un finanziatore, riesce a fargli perdere le foglie e cioè il denaro, le banconote, necessarie alla realizzazione di un progetto politico. L’ufficiale di reclutamento Come dice la parola stessa è la figura strategica che si occupa di procacciare i cammelli per conto del capobastone o più in generale di un politico che si presenta per la prima volta ad un congresso. L’ufficiale di reclutamento è l’uomo delle false promesse, pragmatico e spontaneo, disposto a tutto pur di riuscire a coinvolgere il maggior numero di persone Non è un caso se rimanda l’assolvimento delle promesse al giorno dopo la fine del congresso. Assomiglia ai due Marines che nel film“Nato il 4 luglio ” vanno in visita ai licei per illustrare le “fortune” del combattente. Nessuno ha mai il piacere di incontrarli dopo aver perso le gambe su una mina. Le mosche cocchiere Alle mosche cocchiere è attribuito l’ingrato compito di trasportare i cammelli renitenti al congresso. Quando le votazioni volgono al termine e la vittoria è incerta, i capi bastone sguinzagliano un esercito di tirapiedi motorizzati. Consultando una minuta riempita di indirizzi e numeri di telefono le “mosche cocchiere” vanno di casa in casa costringendo gli ultimi iscritti ad uscire di casa per recarsi al congresso. Corrono senza risparmiarsi da Pagina 218 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 una parte all’altra della città, in macchina, in taxi o su orde di motorini sgangherati, consapevoli che anche un solo voto potrebbe fare la differenza. Usano i più biechi ricatti e ogni inimmaginabile pressione per caricare in auto quei cammelli che si sono persi per la strada. Il pontiere Il pontiere è un’altra figura emblematica in grado di determinare l’esito di un congresso. Se il capobastone è il generale che muove le truppe sul campo, il pontiere è il diplomatico che lo precede. Se fosse un pezzo degli scacchi sarebbe la torre che guarda lo spiegarsi geometrico delle truppe sul campo, una via di mezzo tra una prostituta d’alto bordo e Machiavelli. Il pontiere entra in scena quando si riesce a quantificare l’estensione esatta delle correnti. La strategia che persegue più di frequente è quella che si fonda sulla costruzione di un’area formata da fazioni che sono sempre state avverse. La sorpresa e l’alleanza impossibile, sommate l’una all’altra, possono diventare un’arma dirompente. Il pontiere si mostra intelligente, affabile e deve dare l’idea di vivere al di sopra delle mediocrità senza per questo apparire presuntuoso. La sua storia personale deve esibire un alto profilo, un vero pontiere non deve essersi mai piegato apertamente ad un capobastone ricevendo incarichi, soldi o favori dozzinali. Neanche deve aver mai preso parte ad un gioco meschino o aver pagato buffoni, lestofanti e delatori di professione. Infine deve disporre di un discreto pacchetto di tessere, o altri benefici, da mettere in gioco. Il cavallo ruffiano Sappiate sempre distinguere il pontiere dal “Cavallo ruffiano”. Alcuni allevamenti equini, per accelerare i tempi di monta degli stalloni, usano far scaldare le puledre da un altro cavallo dalla razza incerta, ma dal temperamento focoso. Sottratto alla femmina sul più bello lascerà il posto allo stallone di razza. Un pontiere che alla chiusura di un accordo cede il suo posto allo sponsor o ad altre “eminenze grigie”, prende il nome di “Cavallo ruffiano”. 219 Pagina 219 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 I buffoni di corte Per capire quali saranno gli scenari congressuali i capi bastone liberano degli squallidi personaggi che di peggiori non se ne trovano. Questi sono i buffoni di corte, cagnetti attaccabrighe, discendenti diretti dei “giullari” che infestavano le corti medioevali. Sono stati addestrati alla semina del vento che precede l’immancabile tempesta. Il Dott. Bovoli de Basoli (da giovane e senza gli occhiali da miope) Attaccano gli avversari sui giornali, li bistrattano pubblicamente durante i comizi e spargono infamie nei social - network e in tutti newsgroup dispersi nella rete. Si tratta di “mezzi uomini”, ciarpami di bassa lega, contro i quali si può sempre agire legalmente, ma solo dopo aver deciso di perdere le spese processuali e l’onorario dell’avvocato. Non a caso tutti i buffoni sono dei “nullatenenti” che possiedono soltanto il proprio livore, quella cattiveria senza fine che ti vomitano addosso quando ti vengono a cercare. Come dicevo, ogni buffone è un innesco che riesce a far esplodere la “friggitoria precongressuale” con qualche giorno d’anticipo sul congresso. Ne dicono di tutti i colori sull’avversario che vogliono colpire e continuano ad insultarlo fino a quando i difensori del diffamato, usciti allo scoperto, permettono al committente del buffone di tratteggiare il profilo della cordata nemica che si presenterà al congresso. I buffoni usano spesso nomi di fantasia. Alfredo Roccione, magazziniere e filosofo, no global, durante il fine settimana si esprimeva a nome di tutto il movimento cittadino all’interno del quale, ovviamente, nessuno sapeva chi fosse. Poi c’era Flavia Vento, che non dispensava giudizi da velina, ma i rimproveri severi di “una giovane cittadina” come lei stessa era solita firmarsi. Invece, l’anonimo mirabolino, profeta e professore in pensione, meglio conosciuto come il bieco Bovoli, malgrado firmasse i libri con uno pseudonimo, durante i pubblici dibattiti preferiva attaccare a viso scoperto. 220 Pagina 220 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Il bieco Bovoli Il “bieco” Bovoli, all’anagrafe Alberto Basoli de Bovoli, mi ha perseguitato per anni. Era un buffone insolito, assai tenace nel perseguire la distruzione dell’avversario, un maestro nell’inventarsi accuse infondate. Aveva intuito molto prima di altri che ogni diffamazione che si rispetta dev’essere costruita partendo da una “mezza verità”. Se dicevi ad un tale che avresti denunciato le sue malefatte e quelle della moglie stampando un manifesto da affiggere sulla pubblica piazza, il luciferino Bovoli scriveva ai giornali affermando che avevi minacciato di morte e con modi mafiosi alcuni compagni e le loro famiglie. Quando mi capitò di chiedere ragione a Bovoli di quel suo modo di fare mi rispose che considerava la realtà come creta, un materiale informe che attendeva di essere sottratto all’oscura incomprensibilità del mondo. Disse di parlare spesso con la verità e di ricevere da parte sua tutto il riconoscimento possibile. Da affermazioni come queste avresti detto che era visibilmente affetto da demenza, e invece, per via di un’incomprensibile lucidità che talvolta attraversa la follia più allucinata, sapeva fare il mestiere di calunniatore meglio di chiunque altro. Lo sentivi compiacersi di come una bugia, se ripetuta per un numero imprecisato di volte, potesse trasformarsi in una verità riconosciuta e tutte le volte, per dimostrare questa tesi, ti rammentava di questo o di quell’altro poveretto ai quali era riuscito ad appioppare una nomea di tutt’altra natura da quella posseduta. Questa era la gente con la quale sono stato costretto a vivere per servire il popolo e ditemi voi, signore e signori della Giuria, se non avrei meritato, solo in virtù di tutta la pazienza che ho speso in nome di una tenace resistenza, di essere premiato anziché abbandonato ad un malconcio destino da pugile suonato. Non saprei dire se Bovoli fosse massone - dubito che i massoni accettino gente di questa fattura - ma si vantava di essere un esperto di esoterismo, e soprattutto un profondo conoscitore delle profezie di Nostradamus. Non ci sarebbe stato da preoccuparsi se non fosse che illustri Ministri e Consiglieri Regionali gli avessero pagato la stampa dei saggi sul veggente occitano in cambio dei ferali servizi che dispensava. I rappresen221 Pagina 221 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 tanti più alti delle istituzioni si mescolavano ai rappresentanti più bassi e abietti del sottobosco politico. C’era persino chi organizzava reading letterari dai quali gran parte del pubblico, giunto per ricambiare un favore al consigliere regionale Daniela Arregu, si defilava a gambe levate allo spegnersi delle luci. Il bieco Bovoli non appariva insolito solo nel comportamento, ma anche nell’aspetto esteriore. A vederlo avresti detto che si trattava una creatura nata dalla mente di David Lynch (Eraserhead). Indossava pantaloni dal cavallo alto abbottonati sopra lo stomaco, così corti che lasciavano intravvedere i calzini. Le giacche di velluto marrone gli calavano malamente sulla camicia a quadretti come gli stracci indosso ad uno spaventapasseri. Attraverso le lenti degli occhiali, quelle spesse da miope, s’intravvedevano due perle grigiastre che ricordavano gli occhietti di un grosso topone. Benché se ne andasse in giro così conciato non mi ha mai suscitato ilarità, anzi, emanava la stessa inquietante ambiguità infantile di un film di Tim Burton. Interrompeva puntualmente i miei interventi durante i congressi additandomi come la reincarnazione di un despota tutte le volte diverso. Questa considerazione, derivata da una quartina interpretata la sera precedente all’apertura dei lavori, avrebbe dovuto convincere i presenti a sbarrarmi la strada il prima possibile. Malgrado non mi dispiacesse affatto di essere accomunato a tanti illustri personaggi della storia, tolto naturalmente Adolf Hitler, non gradivo assolutamente questo genere di intermezzi e se avevo la malaugurata idea di rispondere a tono si alzava di scatto dalla sedia roteando i pugni e gridava anatemi in latino nella mia direzione. Dopo di che si precipitava sotto al palco e mi gettava manciate di sale che teneva in tasca. I pochi presenti lo lasciavano fare ridacchiando della sua follia. Lui credeva di essere divertente, al contrario, quelli che non erano spaventati da una siffatta cattiveria d’animo, ridevano delle sue stramberie. In realtà, la vita di quel povero uomo nascondeva un passato di tristi vicessitudini. Professore di liceo, attivo nel volontariato, era incappato in un fatto tanto grave da farlo finire alla gogna. Responsabile di un comunità di recupero di ex-tossicodipendenti lasciò senza controllo uno dei suoi assistiti che trucidò la fidanzata a coltellate. Affranto dal giudizio degli altri, criticato e colpevolizzato, decise da quel momento che avrebbe scaricato sul prossimo tutto il male ricevuto. Per questo fu facile per molti miei compagni additarmi ai suoi occhi spiritati come l’incarnazione di tutti coloro che lo avevano fatto a pezzi ai tempi della disgrazia che rovinò la sua vita. Come avrebbe detto Salomon, le storie ci permettono spesso di capire tante cose, in questo caso quella feroce follia che possedeva un pover’uomo, grande esperto di congiure e maldicenze. 222 Pagina 222 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Onoff man: l’uomo acceso-spento Yesman! Chi non ha mai sentito parlare di loro? Sono gli uomini assenzienti che dicono sempre di sì. Il partito ordina e loro eseguono. In politica ce ne sono una moltitudine, ma nonostante ciò si tratta di un articolo esaurito per via delle ingenti richieste. Meno frequenti, sebbene siano più interessanti dal punto di vista fenomenologico, sono gli Onoffman, gli “uomini acceso – spento” che agiscono come se fossero un codice binario e non hanno stati intermedi tra il manifestarsi e l’assenza di uno stato di coscienza. Un mio collega che si chiamava Delly Lombar viveva due vite parallele, quella del consigliere comunale e quella di funzionario di partito. In cinque anni non l’ho mai sentito pronunciare una sola parola nei corridoi, in anticamera o per la strada. Giungeva silenziosamente in Comune e altrettanto silenziosamente se ne andava. Pareva affetto da un mutismo di natura ascetica e il corollario di espressioni che comparivano sul quel viso da eremita si riducevano a non più di due: l’espressione impassibile e l’altra impassibile. In quali circostanze si vedeva costretto ad infrangere il voto del silenzio? È presto detto. Capitava che durante una seduta di commissione, o nel bel mezzo di un consiglio comunale, squillasse improvvisamente il cellulare di Delly Lombar. Il soldato silenzioso rispondeva sottovoce, quindi ascoltava attentamente per un paio di minuti e infine riponeva l’apparecchio nella tasca. Qualcuno aveva chiamato dalla sede del partito per informarlo della posizione da assumere in merito all’argomento messo ai voti in quel momento. Ciò accadeva solo quando il capogruppo delegato ufficialmente alle “prese di posizione” era assente o irraggiungibile. A quel punto, Delly Lombar si accendeva per emettere i vocaboli di un discorso, mai troppo lungo, mai troppo corto, mai pronunciato con enfasi o facendo uso di termini ricercati, mai risentito o complimentoso. Un capolavoro di atonalità simile alla lettura delle didascalie che si trovano nel libretto di istruzioni allegato a una lavastoviglie tedesca. Dopo di ché si rimetteva a sedere spegnendosi fino alla successiva telefonata. 223 Pagina 223 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Il baleniere, cacciatore di cani sciolti e perdute speranze Non tutto il pubblico di un congresso é orientato nella scelta. Ancora oggi continua a sopravvivere in tutti i partiti di sinistra una frazione di “cani sciolti” composta dai “reduci” (ex comunisti, ex sessantottini, ex di qualcosa), dai “giocatori di ruolette russa” (quelli che si sono iscritti per corrispondenza sospinti solo dalla curiosità), dai militanti “non praticanti” (coloro che passavano di lì per caso) e dai Peones che per varie ragioni non hanno mai fatto parte di una cordata vincente. Il partito, stando all’opinione di questi iscritti “non allineati”, è finito nelle mani dei “soliti noti” che lo hanno sempre usato, e continueranno ad usarlo, per fare carriera. Se tutti questi “cani sciolti” non se ne vanno lo si deve alle strategie attuate dai dirigenti che puntano alla riduzione degli abbandoni. I balenieri devono quindi dimostrare di essere dei veri rivoluzionari, leader indipendenti, avulsi alle logiche di potere, allergici ai rituali e acerrimi nemici degli intrecci tra affari e politica. Sono il nuovo, e, come tali, si mostrano indomiti ed entusiasti, straboccanti di idee come un fiore lo è di nettare in estate. Insomma, possiedono tutto quello che serve per arpionare i “cani sciolti” che hanno già un piede fuori dalla porta. Cosa sarebbero state le primarie del Pd del 2009 se non avesse partecipato l’illustre baleniere Ignazio Marino? Un avvilente scontro interno tra due correnti. Non a caso, durante le presentazioni delle tre mozioni, lo schema si è sempre ripresentato identico ogni volta. Gli interventi del pubblico in sostegno della mozione del famoso chirurgo erano sempre molto duri nei confronti del Pd e dei suoi dirigenti, disillusi e anche Un rappresentante della corrente dei “giocatori di roulette russa” (John Savage nel film “Il cacciatore” di M. Cimino) Pagina 224 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 un po’ malinconici, ma non si sono mai conclusi con la considerazione che era giunto il momento di abbandonare il “progetto democratico”. Meglio assistere ancora ad un giro di pista concedendo un’altra chance al partito. Non è stato quindi un caso se Marino è andato ben oltre le aspettative malgrado avesse dietro di sé un gruppo di sostenitori giovani e non professionisti. Sergio Gaetano Cofferati Il Deus ex machina Il Deus ex machina, comunemente detto “briscolone” dalle parti di Bologna, è un candidato completamente estraneo alle correnti politiche presenti all’interno di un territorio. Se in una regione sussistono conflitti insanabili tra “correnti - enclavi” che continuano ad indire congressi con un dissanguamento estenuante del partito, i dirigenti nazionali, fanno apparire all’improvviso - come gli Dei che scendevano sul palco delle tragedie greche - una candidatura “super partes” e fuori dai giochi. Così facendo, tutti i capi corrente penseranno di avere le stesse possibilità di accreditarsi al nuovo arrivato che si ritroverà con tutte le porte aperte e un clima disteso dal quale ripartire. Il plebiscito che ne consegue blinda sempre, nel bene e nel male, ogni decisione futura del leader disceso dal cielo. Un esempio di Deus ex machina, traslato in campo elettorale, lo si ritrova nella candidatura di Sergio Cofferati avvenuta a Bologna nel 2004. Dopo le amministrative del 1999 che avevano visto il centrosinistra sfasciarsi sotto i colpi delle faide interne consegnando Bologna alle destre, la discesa dall’alto del Cinese era l’unica via d’uscita per la coalizione. Tutti lo accolsero con gioia facendolo camminare sulle palme, ma poi, passate le elezioni, si accorsero che avrebbe governato la città senza piegarsi alle richieste delle consorterie e dei “gran ciambellani” che da tempi memorabili hanno sempre vissuto succhiando il sangue all’Amministrazione Comunale. Anzi, l’ex sindacalista della Cgil mosse i primi passi in senso contrario, tagliò le teste inutili, azzerò gli sprechi furbeschi e diede il via ad una serie di riforme che infransero la maggior parte delle rendite di posizione considerate intoccabili fino a quel giorno. A quel punto, l’odiarono tutti e tutti si coalizzarono per cacciarlo. Alle volte si scende dal cielo, ma ti costringono ad uscire dalla porta di servizio. 225 Pagina 225 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Il falso nemico e le aringhe rosse “Al momento di marciare molti non sanno che alla loro testa marcia il nemico. La voce che li comanda è la voce del loro nemico. E chi parla del nemico è lui stesso il nemico” Bertolt Brecht, “Breviario tedesco” La storia insegna che il nemico non può essere lasciato a se stesso. Tutt’altro! È necessario conoscerlo bene, frequentarlo, parlarci e se serve finanziarlo o, all’occorrenza, proteggerlo. Bisogna avere con lui un solido rapporto che sfiori la più sincera amicizia perché “è più facile concludere accordi, se questi vengono conclusi al piano attico, su di un terrazza dove tutti si conoscono” (Five Mons Square). Questa strategia viene spesso confusa con il fenomeno del “consociativismo”, ma si tratta di una dinamica molto più raffinata del banale patto di spartizione dei benefici tra una maggioranza di governo e una minoranza di opposizione. Siamo nel campo dell’alta politica. Devo dire che non presi coscienza della “strategia del falso nemico” dopo aver letto Brecht, ma grazie ad un bellissimo film italiano. Una sera giunsi a casa giusto in tempo per vedere l’inizio de La piazza delle cinque lune. Comparve il volto di un indimenticabile Donald Sutherland che nel film interpreta un vecchio magistrato in pensione alla ricerca della verità sull’assassinio di Aldo Moro. Ad un certo punto della storia s’imbatte in un uomo definito “entità” che spiega come gli americani siano riusciti a controllare le Brigate Rosse, ma ciò che m’interessa maggiormente non sono le conclusioni alle quali arriva lo spettatore, bensì il metodo. Cito a memoria: “Molti anni or sono, a Parigi” – racconta il misterioso agente segreto – “…esisteva una scuola per interpreti chiamata Hyperion. Aveva lo scopo di formare, addestrare e organizzare, le classi dirigenti dei più efferati gruppi terroristici internazionali come l’Eta o l’Ira. Solo in seguito si è scoperto che dietro all’Istituto, come in un gioco di scatole cinesi, si nascondeva la Cia”, Gli americani, in prima persona, favorivano la nascita dei luoghi dove 226 Pagina 226 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 si potessero annidare i loro nemici. Era come se avessero deciso volontariamente di covarsi “la serpe in seno”. Siamo di fronte alla riproposizione in chiave strategico – politica dell’occupazione delle nicchie ecologiche che se lasciate libere saranno prima o poi occupate dai cosiddetti animali colonizzatori. Per lo stesso motivo e cioè per impedire ad un nemico sconosciuto di occupare una posizione, la Cia favoriva la nascita e l’insediamento di un “nemico conosciuto”. A quel punto rammentai la cura adoperata per combattere il cancro del castagno. Mi era stata suggerita da un fitopatologo per guarire il castagneto di mia madre affetto da una strana infezione che screpolava le cortecce degli alberi e ingialliva le foglie. I tecnici avrebbero inoculato un ceppo virale addomesticato in grado di spodestare il virus all’origine dell’epidemia in corso. Questo secondo virus aveva rinunciato ad essere letale imparando a convivere con le piante senza necessariamente doverle uccidere come invece faceva il predecessore. I vecchi saggi orientali hanno intuito che le nature universali, come il virus del Castagno, non sono integre perché: “non c’è male che non contenga un po’ di bene e non c’è bene che non contenga un po’ di male” e certamente non avrebbero mai immaginato che un principio di questo genere avrebbe avuto le più diverse applicazioni, dalla biologia alle scienze politiche, per finire ai congressi dei partiti. Sono pochi i capi bastone che riescono a mettere in piedi una strategia congressuale simile. Quando succede creano per i loro nemici, ancora non organizzati, un leader fantoccio che afferma di essere il più grande nemico del suo creatore occulto. Il fantoccio inizia a raccogliere adesioni che non tiene per sé, ma inocula all’interno della corrente avversa al burattinaio. I capi della cordata penseranno di aver avuto una linea politica premiante, e, cosa ancor più importante, non promuoveranno altre iscrizioni avendone già tante. Così facendo, i nemici dello stratega si chiuderanno nella trappola con le loro mani fidandosi del gruppo di “neo tesserati” misteriosi. Al congresso, il falso nemico e la folla di nuovi iscritti non si faranno vedere lasciando i nemici dello stratega da soli, agnelli belanti in balia del lupo. Alle volte la strategia del “falso nemico” è conosciuta anche con il nome di “aringa rossa” anche se, per essere più esatti, si tratta di una variazione sul tema. L’arringa rossa non presuppone necessariamente la presenza di un antagonismo tra leader diversi e indica generalmente l’utilizzo di “specchietti per le allodole” o di “false piste” come spiega la libera enciclopedia Wikipedia: “L’espressione Aringa Rossa deriva sia dall’usanza di salare e affumicare le aringhe (che con questo trattamento diventano rosso brunastre) per conservarle a lungo, ma anche dai trucchi in uso ai vecchi bracconieri. Le arin227 Pagina 227 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 ghe affumicate, durante le campagne di caccia, potevano essere usate da un cacciatore per sviare i cani dei concorrenti su false piste” Le elezioni, di qualsiasi natura esse siano, pullulano di “aringhe rosse”. Le si usa per spaccare il quorum degli avversari, e cioè quell’insieme compatto di voti che solitamente converge su quei partiti che si sono costruiti una solida fama negli anni. Si incomincia clonando il partito da indebolitre che si ritrova, così facendo, in competizione con un aringa rossa molto più agguerrita e radicale di lui. Dopodiché si creano le condizioni affinche l’arringa possa nuotare nell’acquario elettorale attirando gli elettori nemici sul simbolo di un “falso nemico”. L’autenticazione delle firme necessarie alla presentazione di liste apertamente fasciste alle elezioni del 2005, avvenuta per mano di alcuni politici di sinistra, rientra perfettamente in questo schema . Macchiavelli insegna, il nemico del mio nemico è mio amico: “Un consigliere provinciale della Quercia “autentica” le firme della lista Mussolini per le regionali. Atto formale, notarile, ma dalle immediate conseguenze politiche. Il diessino protagonista della vicenda è Renato Ballotta, che spiega così il suo ruolo: “Me lo hanno chiesto alcuni conoscenti di Forza Nuova, che erano in difficoltà. Resto convinto della correttezza istituzionale del mio comportamento. Ho solo garantito un diritto. E ora non si dica che ho “sdoganato” i fascisti. Non ho portato io le firme in Tribunale, ho solo messo il mio nome sugli elenchi”. La capogruppo Ds a Palazzo Malvezzi, Gabriella Ercolini, prende subito le distanze: “Iniziativa personale del consigliere Ballotta della quale non sapevo nulla”. Ma a polemizzare è il deputato di An Enzo Raisi: “L’ Ulivo ha fatto la stessa cosa anche in Toscana. Si chiarisce ora a chi sono funzionali le liste della Mussolini, c’è un piano nazionale dei Ds per legittimare Alternativa sociale contro la Casa delle Libertà e contro An in particolare. Vorrei sapere come ha fatto Ballotta a autenticare la lista Mussolini. Si è seduto allo stesso banchetto di Forza Nuova per controllare e identificare centinaia di firmatari? Sono curioso di sapere come si giustificherà la Quercia il prossimo 25 aprile”. (Andrea Chiarini su La Repubblica del 6 marzo 2005, Ed. Bologna) 228 Pagina 228 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Il cilindro del prestigiatore Cosa ha in comune la “terrina di rombo con astice e salmone in macedonia di quinoa alle mandorle tostate e salsa gazpacho” con l‘aristocratica tuba inglese del prestigiatore? Nel mondo dei comuni mortali c’entra ben poco, ma quando si parla del “trucco della tuba” possono essere considerate come le due facce di una medaglia. Ecco dunque che nel doppio fondo della tuba, meglio conosciuta come il “cilindro del prestigiatore”, non si nascondono solo colombe bianche e coniglietti, ma ben altri articoli che non svelerò per non rompere la suspense. A Imola in questo piccolo, ma decisivo seggio della provincia di Bologna, il risultato congressuale del partito verde è sempre stato identico fin dalla notte dei tempi e cioè da quando Daniela Arregu fu eletta consigliere regionale per la prima volta. Da allora è andato in scena sempre lo stesso trucco. Se funziona, perché cambiare? Mormorava sempre il Dott. Cianolu, braccio destro dell’Arregu, più fidato di un notaio e più attento di un cane da guardia. Era lui che prima dell’inizio delle operazioni di voto posizionava l’urna nella cabina elettorale. Come era preciso quando la sigillava e come seguiva le regole attentamente. Tutte le regole, tranne una: l’urna non era mai vuota. Se qualcuno avesse controllato avrebbe scoperto che conteneva un certo numero di schede già votate a favore della corrente “Arregu, Cianolu & figli”. A ciò si aggiunga che la signora Arregu era bravissima nel distogliere l’attenzione dei rappresentanti di lista inviati sul posto dai suoi concorrenti. Queste sentinelle che avrebbero dovuto controllare lo svolgersi regolare del congresso, o quantomeno confrontare il numero dei partecipanti al congresso con le schede votate, hanno sempre preferito partecipare ai pranzi pantagruelici, divenuti poi leggendari, offerti dall’Arregu. Banchetti luculliani che da mezzogiorno si protraevano fin quasi alla sera, ai quali nessuno ha mai saputo opporre resistenza. Questo insegna che quasi sempre sono le strategie più semplici a sortire i risultati migliori e si può dire che in questo caso la vittoria non la fecero gli iscritti al partito verde, ma il cuoco del rinomato San Domenico e come si può facilmente intuire, “Uova mollet in crosta di pane con caviale, tortelli di ricotta, maggiorana e cannella in salsa di pachino e cialda croccante” possono valere molto di più di un buon pacchetto di tessere. 229 Pagina 229 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Il broglio voluto Truccare le votazioni di un congresso è molto complicato, certamente non impossibile, ma è molto più facile riuscire a far credere che qualcuno abbia inquinato il procedimento così da poter chiedere l’annullamento del congresso o quantomeno riportare la decisione in seno agli organi giudicanti del partito. In fondo, basta qualche banale incongruenza per mandare tutto all’aria e come ho già ripetuto in diverse occasioni, una legittimazione adombrata dai sospetti è quanto di meglio ci possa essere per esercitare il controllo sul neoeletto segretario. L’arma del broglio é quindi giocata quando la sconfitta è pressoché certa oppure quando il futuro trionfatore locale è sgradito alle dirigenze nazionali che non sono riuscite a batterlo democraticamente nella sede congressuale. Un broglio si mette a segno molto facilmente, basta inserire nell’urna qualche scheda in più rispetto al numero dei votanti registrati. Prima di tutto bisogna clonare la scheda di voto. Non è difficile, basta fotocopiare i fac-simile che girano tra le correnti un giorno in anticipo sulle votazioni. Se invece non si dispone di un facsimile a portata di mano si può sempre sottrarre una scheda al momento del voto. La confusione è tale che nessuno presta mai la giusta attenzione all’inserimento nell’urna della scheda, ma se qualcuno dovesse aguzzare la vista si può sempre infilare un foglio bianco al posto della scheda vera avendo cura di trattenere l’originale. La scheda sottratta, fotocopiata in una tabaccheria vicina, sarà consegnata ai complici che voteranno nel corso della giornata. Ottenute le copie non resta che falsificare la vidimazione del Presidente del seggio. Non importa neppure sforzarsi di falsisicarela firma perché le schede saranno usate come prove per invalidare l’intero procedimento. Ricordo di un commissario che pensò di sventare un broglio dotandosi di un timbro. Il tirapiedi di un capobastone se ne accorse e si procurò un tappo di spumante. Dopo averlo tagliuzzato lo usò a sua volta come valido sostituto del sigillo originale. Fogli bianchi, firme fasulle e schede taroccate in sovrannumero faranno impazzire gli scrutatori, litigare la presidenza e daranno il via ai ricorsi e alle richieste di annullamento. Questo genere di contenziosi sono risolti da Giurì e Collegi di Probiviri composti generalmente da avvocati radiati dal230 Pagina 230 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 l’albo e interdetti dai pubblici uffici al servizio di questo o quell’altro potentato. Se la democrazia si fonda sui partiti, i partiti si fondano su delle vere e proprie truffe sulle quali nessuno indagherà mai. Questo è il più grande paradosso dei nostri tempi. L’unghia del diavolo L’unghia del diavolo è un trucco poco diffuso che solo uno specialista della contraffazione elettorale è capace di mettere a segno. Si dice che sia utilizzato, non soltanto ai congressi, ma anche alle elezioni vere e proprie. Prima di tutto bisogna riuscire a far entrare “il nostro uomo all’Avana” nel comitato degli scrutatori. Sotto l’unghia del pollice - che deve essere lasciata crescere appena un po’ più delle altre, ma non così tanto da attirare l’attenzione - dovrà essere incollato il frammento di una mina di matita. Generalmente si usa una colla “a presa rapida” e l’Attak è di gran lunga la marca preferita. Immaginate che allo specialista, quando si trova a scrutinare le schede, ne capiti una bianca. Infilerà il pollice tra le due ante e mantenendo nascosto il dito sfregherà l’unghia sul simbolo da segnare. Alcuni nel farlo tossiscono, altri chiedono chi ha bussato così che quando tutti si girano in direzione della porta fanno scattare l’unghia. La stanchezza dei presenti è sempre un grande alleato, ma non sempre si riesce a tracciare una croce perfetta e bisogna quindi discutere animatamente per far passare come voti validi tutti i simboli barrati o semplicemente scarabocchiati. L’assenza di schede bianche e un insolito proliferare di strani segnacci dimostrano sempre e inconfutabilmente la presenza di un diavolo dall’unghia di grafite. Scavenger Lo scavenger deve il nome agli archeologi americani che scavano nelle discariche alla ricerca di reperti che risalgono all’inizio del secolo precedente. Il business delle informazioni non risente della crisi e “gli uomini dei dos231 Pagina 231 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 sier”, quelli che scavano nelle vite degli altri, si arricchiscono accumulando cifre vertiginose. Le informazioni, come appurato da numerose indagini della magistratura, sono quotate da poche centinaia di euro fino a cifre che toccano i centomila. Non resta quindi che prendere atto dell’inarrestabile susseguirsi di scandali che si alternano sulle pagine dei quotidiani e che delineano l’esistenza di una guerra permanente dove non volano i missili, ma i titoli dei giornali. Notizie con licenza di uccidere che vanno e vengono da una barricata all’altra mentre si moltiplicano le intercettazioni e fioccano gli avvisi di garanzia relativi a processi di cui nessuno conoscerà mai l’esito. In tutto questo liquame, quello che nuoce è il brusio di fondo, questa nube di suoni e immagini che offusca le verità più evidenti e rende ogni azione, per giusta o sbagliata che sia, onesta o disonesta, uguale alle altre. In questo modo si cancellano le differenze tra uno schieramento e l’altro e ogni fazione diventa buona per i propri sostenitori e corrotta per gli avversari e viceversa. Come ha giustamente fatto osservare Barak Obama si finisce per rinunciare al proprio senso critico. Si perde il senso della misura così che chi si macchia di un crimine ignobile viene riposto sullo stesso piano di chi è stato accusato di una facezia. Chi poi finisce incastrato in questa gogna mediatica vi rimane imprigionato malgrado ogni possibile assoluzione che sopraggiunge. Una volta accusati si resta colpevoli per sempre. In questo ribollire di vicende le strategie utili a far fuori l’avversario si moltiplicano. L’analoinfamia è quel procedimento con il quale si cerca di estendere la nomea di un personaggio delittuoso ad un altro. Se ad una cresima - a chi non è mai capitato di essere invitato ad una cresima? - ti trovi seduto allo stesso tavolo dove siede un mafioso, sei anche tu un mafioso. Se poi la testata vuole evitare di pagare un risarcimento al diffamato costruirà l’intera inchiesta sulle domande. Quali rapporti legano il diffamato al mafioso? La risposta sarebbe più che scontata: nessuno. A chiunque può capitare di trovarsi accanto ad un poco di buono. Senza contare che chi si presenta ad una festa non chiede il certificato penale ai convenuti o al padrone di casa. Se anche ne facesse formale richiesta scoprirebbe che non è affatto facile conoscere i precedenti penali di un libero cittadino. Per cui, oltre al danno la beffa: non solo non ti puoi difendere dai malavitosi appurando i loro crimini, ma questi ti possono essere ritorti contro per procurare un danno alla tua immagine pubblica. L’inchiesta prosegue elencando i crimini del mafioso con il quale hai pranzato. Proprio così: li si elenca tutti, uno per uno, con dovizia di particolari e accostando sempre il tuo nome e non il suo. Al lettore non resta che accumunarti al traffico di droga, alla compravendita di 232 Pagina 232 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 voti, al commercio d’organi, alla prostituzione, ecc. La criptoinfamia presuppone che i tuoi successi siano in realtà il frutto di una strategia segreta e avulsi da qualsiasi merito personale. Una strategia commerciale progettata a tavolino ha determinato il successo di Gomorra e di Saviano. Berlusconi ha ricevuto i soldi dalla mafia per costruire il primo impero immobiliare. Di Pietro ha ricevuto la laurea in legge dalla Cia. E via dicendo. Che poi si tratti di menzogne è un secondo problema, ciò che conta è che si tratta di uno schema logico che funziona. La metainfamia è il procedimento che permette di costruire un’intera campagna di diffamazione sulla base di una sola informazione che non sarà mai verificata, il “caso Boffo” risulta esemplare in tal senso. La rotoninfamia si fonda sulla rottura di un’aspettativa, Alberto Stasi avrebbe dovuto amare la fidanzata e invece l’ha uccisa. La Franzoni avrebbe dovuto amare suo figlio e invece l’ha massacrato. La logoinfamia salda un luogo comune ad un avvenimento. Tutti i genovesi sono tirchi, quindi Beppe Grillo (la sua ricchezza è sottointesa) fa pagare l’albergo ai Grillini quando si reca in visita alle varie città dove si è costituita una lista civica del MoVimento Cinque stelle. Ci sono svariate decine di strategie, ma ciò che conta è l’humus. Ogni strategia trae la sua forza dalla mancanza di punti di riferimento, dall’assenza di dati oggettivi, o come direbbe Marco Travaglio dalla “scomparsa dei fatti”. Si è già colpevoli prima ancora di essersi potuti discolpare perché a tutti interessa lo spettacolo prodotto intorno alle accuse, i commenti, le dichiarazioni, i teatrini e non la dimostrazione della tua effettiva colpevolezza. Ecco un altro deleterio effetto della società dello spettacolo. Il pubblico adora gli idoli che cadono, si compiace nel guardarli andare in pezzi, agonizzare e morire. Chi ha tirato le monetine a Craxi, chi ha reclamato i patiboli, o festeggiato la morte suicida dei colpevoli, non ha mai chiesto giustizia e non ha mai reclamato la verità, ma si è solo goduto lo spettacolo. Sono gli illustri discendenti di quel pubblico circense che con il pollice verso chiedeva la morte di gloriosi gladiatori. Nessuno può, stando così le cose, condannare un imputato con la certezza che dietro alle sue colpe non si nasconda un complotto e questo è quanto di meglio ci possa essere per i veri colpevoli. Nessuno può sapere se quel nemico del popolo sia veramente tale o se non sia al contrario il miglior difensore di quello stesso pubblico che così brutalmente lo ha gettato in pasto ai leoni senza pensarci un istante. Provate voi a rompere quella cortina di parassiti, magnaccia e brutta gente che ogni giorno assedia le istituzioni del paese e su queste lucra e si arricchisce e vedrete cosa potranno mai dire di voi. Provateci e 233 Pagina 233 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 vedrete. E non sapreste neanche chi sono costoro senza le intercettazioni e neanche di cosa sono stati disposti a fare pur di guadagnare denaro. Così che ridere sui terremotati è stata una ben misera cosa rispetto a tutto quanto il resto. Siamo tutti colpevoli e siamo tutti “non” colpevoli. L’unica verità alla quale ci si può appellare è quella di un motto irlandese che recita: cerca di entrare in paradiso prima che il Diavolo se ne accorga. Tutti possiamo essere accusati, tutti noi dormiamo sulle colpe, piccole o grandi, non fa più nessuna differenza. Il segreto del Re dannato Un agente dei servizi segreti inglesi nel telefilm britannico “The prisoner” viene prima catturato e poi tradotto in un villaggio situato in una imprecisata località dove sarà tenuto prigioniero. L’organizzazione per la quale lavorava ha scoperto che il “numero 6”, questo è il nome che gli è stato attribuito, è depositario di alcuni segreti che non vuole rivelare e per questo non può essere lasciato in libertà. Il numero 6, non rivelando i misteri di cui è venuto a conoscenza nega ai compagni il loro status di membri dell’organizzazione. Proprio così, i segreti sono indipendenti dalla verità che custodiscono, sono pezzi e pedine del grande gioco del potere. Come per taluni “patti sinarchici” può accadere che il segreto sia rappresentato dall’inesistenza stessa di una qualsiasi verità da nascondere. Questo perché i segreti, grandi o piccoli che siano, servono a cementare legami che a loro volta devono restare segreti. Segreto chiama segreto. Berlusconi telefona a Marazzo per informarlo delle voci che sono giunte alle sue orecchie. Qualcuno - non sa dire chi - sta tentando di vendere ad un giornale il servizio fotografico che prova il coinvolgimento del Presidente della Regione Lazio in losche storie di cocaina e transessuali. Ora tu sai che io so, siamo legati dallo stesso segreto, potrei rovinarti, ma non ti rovino. Sottintende Berlusconi a Marrazzo. A questo bisogna aggiungere che i segreti vengono resi pubblici molto raramente. Un uomo che teme di essere rovinato è controllabile, mentre un uomo distrutto dagli scandali non ha più niente da perdere. Il grande fratello, l’entità, chiamatela come vi pare, non ti uccide come nel romanzo di Orwell, e non ti manda nessun O’Brie a torturarti. Il grande fratello è felice se fumi crack o se pratichi la pedofilia, se sei un ladro 234 Pagina 234 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 o ti fai massaggiare l’inguine da una colf alla quale non hai pagato i i contributi. Farà delle tue depravazioni un argomento di pubblico dibattito non appena romperai il patto che ti lega a lui. Ma prima di allora, il grande fratello farà di te una stella, perché più in alto ti farà salire e da più in alto ti farà cadere. Da ragionamenti come questi ne deriva che un politico, paradossalmente, non deve essere onesto, ma è bene che lo appaia solamente. Anzi, più grandi saranno i suoi crimini e maggiore sarà il numero Patrick MacGohan interpreta il numero 6 di sostenitori sui quali potrà contare. In nella serie “The prisoner” un mondo dove l’etica è decaduta, dove bene e male hanno cessato di serbare una differenza, dove alla “parola data” e all’onore non è più attribuito alcun senso, i dossier riservati, come i servizi fotografici scandalistici acquistati e poi mantenuti riservati, sono le uniche garanzie rimaste ai taglieggiatori, sono le ceralacche putrescenti, il sangue infetto, con i quali sono siglati i patti. Ogni gruppo organizzato, non credo si tratti neppure più di partiti, si avvale di leader dalla faccia pulita, onesti padri di famiglia e laboriosi lavoratori, che lontano dai riflettori si trasformano in belve. Regnanti non più soltanto nudi, ma morenti, depravati, dissipati sessualmente, drogati, corrotti. Politici di carta bruciano sulle pire patinate dei quotidiani e riposano sotto i titoli cubitali come i morti dormono a ridosso delle lapidi. Politici smascherati, politici torchiati dai magistrati, politici che danzano in un vortice di cenere. Siate voi i politici o non avrete più nessuno di cui avvalervi. Una nuova agghiacciante bandiera si è dispiegata in quello spazio che separa le più alte istituzioni dello Stato da quello scantinato sporco dove un Re drogato e morente giace abbracciato ad un fatiscente transessuale. Il corpo del Re si è corrotto perché il suo secondo corpo, l’hobbessiano leviatano, si è a sua volta corrotto. Entrambi stanno morendo. E tutti a interrogarsi sulle ragioni di questa dicotomia, del come sia potuto succedere che un partito abbia scelto “Giano bifronte” senza sapere cosa si nascondesse dietro a quello smalto di luminescente, intonsa, integrità. Lo sapevano cosa si nascondeva, lo sapevano eccome, anzi lo hanno scelto proprio per questo il loro “Re dannato”, così che fosse possibile avocarlo a sé per tutto il tempo del suo regno. 235 Pagina 235 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Il tatuaggio di un pennivendolo La storia della mia sconfitta alle regionali del 2000 è stata raccontata da una giornalista locale come uno scandalo di grande portata. Naturalmente senza neppure darsi la pena di contattare il diretto interessato, ma anche in questo caso si tratta di ricostruire una diffamazione all’interno di un luogo comune. Dora Servi mi serve su di un piatto d’argento il suo “benvenuto” usando uno stile più ironico che patetico su di una testata “free press” locale. Su “La tribuna” il tribuno scrive: “Dai Gava ai Celli Li chiamano figli d’arte, li troviamo ovunque tra gli attori, i giornalisti, tra gli imprenditori, tra i professionisti. I giovani rampolli vengono subito instradati sulle orme paterne. Se il padre canta loro gorgheggiano, se il genitore scrive, anche loro ben presto cominciano – come si suol dire – a mettere nero su bianco. E via di questo passo…Succede anche in politica. Ricordate la Prima Repubblica? I Gava, padre e figlio, ad esempio, i De Martino, I Craxi… un conto è lasciare alla prole una bottega da pizzicagnolo o uno studio dentistico… pretendere, invece, di trasferire il consenso popolare sa troppo di clientela, di capi – bastone, di pastelle elettorali… Roba d’altri tempi, direte voi; ora, grazie al pool di Milano, è scoppiata la virtù. Macché. Prendete la famiglia di Armando Cossutta: Dario e Maura hanno seguito il loro cursus honorum sulla scia del padre; il primo fa il manager (pubblico, naturalmente), la seconda è parlamentare… Anche da noi, dunque, non scherziamo. Prendete il caso della famiglia Celli. Il padre aveva lasciato il posto al figlio in lista … alla consultazione regionale. Ricordate quel giovane che accarezzava un animaletto, forse un coniglio, sui manifesti murali?” Era un gatto, ma in questo pamphlet i dettagli non contano più di tanto. “Talis pater, talis filius: ambedue animalisti…chi di verde si veste, di sua beltà si fida, diceva sempre mia nonna ogni volta che mi vedeva indossare un golfino che mi piaceva tanto. Si vede che non aveva mai incontrato i due Celli, senior e junior. Purtroppo, però, anche agli entomologi non sempre le ciambelle riescono col buco. Il padre desiderava sistemare il figlio in Consiglio Regionale. Invece è stato trombato. Apriti 236 Pagina 236 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 cielo! … si è incacchiato moltissimo. Sembrava Maurizio Costanzo quando voleva piantare baracca e burattini, dopo che avevano cancellato il programma di Maria de Filippi…”. Non si limita ad inserirmi nello stereotipo, ma si spinge ad inquadrarlo storicamente. Perfino una frase di sua nonna - riesumata dalla tomba torna buona per dimostrare quanto la mia candidatura fosse incastonata nel malaffare millenario che vede i padri sistemare i figli. Naturalmente, per non essere querelata, ha utilizzato un tono sarcastico e l’unico dettaglio interessante che avrebbe fatto cadere il suo castello accusatorio è stato sapientemente tralasciato. Infatti questa Servi non ha minimamente accennato al fatto che alle elezioni regionali del 2000 ero stato candidato capolista all’interno di un listino dove per essere eletti era necessario incassare un numero considerevole di preferenze. Non ero quindi alla stregua di chi è entrato in un consiglio di amministrazione dell’azienda di famiglia o di chi vince un concorso bandito dalla facoltà presieduta dal padre. Io dovevo prendere i voti e la gente non ti vota perché sei il figlio di qualcuno, semmai, delle due, pensa che tu sia un privilegiato. C’era una differenza nel mio caso. C’è sempre una “maledetta” differenza quando ti accusano a torto. C’è, ma nessuno se n’accorge. Alta tensione! I ricatti sono spesso affiancati ad altre forme di pressione più dolci esercitate da chi detiene una posizione di potere. Durante i lavori organizzativi che precedono i congressi (telefonate frenetiche, spedizioni di lettere, organizzazione di incontri serali e aperitivi) mi capitò di condividere la stanza con una ragazza di nome Arianna che faceva l’assessore in un piccolo comune della bassa. Una sera in cui eravamo entrambi molto stanchi squillò il telefono. Fu lei a rispondere e se ne restò in silenzio ascoltando attentamente chi le stava parlando dall’altra parte del ricevitore. Improvvisamente la vidi sbiancare in volto e quando ripose la cornetta le domandai cosa fosse successo. Mi disse che avrebbe dovuto rinunciare all’incarico d’assessore. A chiamarla era stato il Sindaco per il quale lavorava. Voleva informarla della conversazione intercorsa con un altro assessore di ben più elevato grado, il 237 Pagina 237 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 nostro “potentissimo” Assessore regionale alle politiche sociali G.B. Roghi. Mi raccontò che Roghi aveva voluto far sapere al Primo Cittadino di quel piccolo “comunello” che la “sua beneamata Arianna” militava in una corrente che da tempo voleva la testa del magnificente assessore Roghi. Per questo semplice motivo l’Assessore Regionale si scusava con il Sindaco perchè il settore alle politiche sociali, e cioè la Regione stessa, non avrebbe più finanziato le attività giovanili che si tenevano nel suo comune. “Corro il rischio” – affabulò Roghi – “che i miei soldi producano delle tessere che possono essere usate contro di me al prossimo congresso, ma se Arianna annunciasse ufficialmente il suo ritiro dall’evento congressuale potrei anche ripensarci…” così disse testualmente Roghi al termine della telefonata al Sindaco. A quel punto, il Sindaco, come naturale conseguenza della dritta appena impartita, aveva telefonato ad Arianna per domandarle, in via del tutto eccezionale, se ci tenesse davvero tanto al Congresso da non potersi dare ammalata. Giunti a questo punto vi chiedo: cosa fece Arianna? Provate a indovinare. Ma prima di rispondere vorrei ricordarvi che gli Assessori non sono eletti dal popolo, ma sono scelti dai Sindaci. Che brutto raffreddore si prese Arianna in quei giorni! Il finto boicottaggio Quando non si dispone di informazioni riservate e neanche ci si trova nelle condizioni di poter esercitare una qualsiasi forma di pressione può essere utile costruire ad arte un finto boicottaggio, in sostanza bisogna inventarsi dal nulla una malefatta da accollare al politico che si vuole diffamare. A tutti i politici è capitato di essere boicottati e anche mio padre, quando ancora era un parlamentare europeo, ha subito il fardello della menzogna spacciata per vera. Il finto boicottaggio si differenzia dalla comune diffamazione perché presuppone che lo sdegno si trasformi in un’azione di contrasto attuata nei confronti del bersaglio. Le liste dei candidati che correvano alle Elezioni Regionali del 2000 dovevano essere corredate da un certo numero di firme. Nell’inverno di quell’anno, a Modena, gli ambientalisti locali delusi dal partito verde, a loro dire assai poco attento al problema dell’alta velocità che da lì a breve avrebbe tagliato in due la bella Ghirlandina, architettarono un 238 Pagina 238 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 colpo gobbo da manuale. Ad una settimana dal deposito delle firme che avrebbero permesso al partito di presentarsi alle elezioni, i ribelli modenesi informarono i dirigenti regionali di non averne raccolta neanche una. Motivarono il sabotaggio affermando che l’assenza del partito verde alle regionali avrebbe acceso l’attenzione su Modena e sull’imminente devastazione della Tav. Il partito si accorse improvvisamente di essere stato messo con le spalle al muro. Senza i voti di Modena non si sarebbe raggiunto il quorum per eleggere un solo consigliere regionale, una rovina perché, da che mondo è mondo, le risorse dei gruppi consiliari servono per mantenere in piedi i piccoli partiti, compreso quello verde. Bisognava assolutamente correre ai ripari raccogliendo migliaia di firme in pochissimi giorni. Come riuscirci? Il presidente nazionale, Francesca Graziato, cessò per un istante di conversare con l’Arcangelo Michele, come suo solito, e telefonò a mio padre. Nel corso di una lunga conversazione lo pregò, anzi lo supplicò, di andare davanti ai supermercati modenesi per attirare i passanti in virtù della sua grande notorietà televisiva. Una volta avocate a sé frotte di cittadini avrebbe dovuto far firmare loro i moduli andati in bianco per colpa di quelli che definì dei “poveri ecologisti idioti dal cappello di paglia in testa”, ma anche dei “deficienti, poveretti, piantagrane, rompicoglioni a caccia di visibilità”. Non avrebbe potuto pensarla diversamente dato che la sua amica del cuore, tale Donata Nani, che sedeva nel consiglio delle Ferrovie dello Stato, si era molto infastidita per le intemperanze degli ecologisti Anti - Tav. Chi ha orecchie per intendere: intenda... Sulle prime mio padre rispose che aveva già la valigia pronta e i biglietti dell’aereo in tasca. Non poteva certo cambiare programma su due piedi rinunciando alla sessione del Parlamento Europeo che si teneva ogni mese a Strasburgo. Tanto fece e tanto disse la Graziato che alla fine riuscì a convincerlo e fu così che Giorgio Celli se ne restò seduto davanti ad un supermercato modenese per una settimana intera. Mangiò panini sorseggiando Malox per via di un’ulcera che gli si era da poco riaperta e conversò coi passanti e, ancora, si fece fotografare insieme ai bambini che ne fecevano richiesta. Dopo soli quattro giorni di permanenza aveva raccolto quanto serviva per consentire al partito verde dell’Emilia Romagna di presentarsi alle elezioni. Avrebbero dovuto fargli un monumento. Sbaglio? Invece trovarono un modo molto originale per ringraziarlo. Negli stessi giorni in cui mio padre non era al Parlamento perché occupato nella raccolta firme, una Direttiva che apriva le porte dei mercati europei al surrogato di cioccolato fu approvata per soli due voti. Molti giornali italiani incominciarono a chiedersi perché avremmo dovuto man239 Pagina 239 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 giarci del cioccolato di pessima qualità per colpa dell’assenteismo di due Onorevoli italiani che se fossero stati al loro posto avrebbero evitato un disastro. “Piatto ricco, mi ci ficco!” - pensò il Consigliere uscente, Daniela Arregu, alla quale avevo rubato la posizione da capolista facendola finire al secondo posto. Radunò i suoi tirapiedi, li pagò profumatamente, distribuì i copioni con le battute della farsa che bisognava recitare davanti ai giornalisti e si recò al più vicino discount per acquistare della cioccolata da distribuire al popolo. Dato che quel giorno i militanti disponibili erano quattro gatti assoldò un trentina di comparse e inscenò la protesta in Piazza Maggiore. Daniela Arregu era una mia concorrente alle elezioni, se avesse parlato contro il capolista avrebbe fatto una figuraccia, ragion per cui lasciò il microfono al portavoce cittadino, un certo Gianni Prugnoli, un radiologo dal volto rubizzo e la voce pigolante. “Un’assenza molto grave (quella di Celli) su una battaglia molto sentita”, ma sentite cosa dichiara ai quotidiani locali questo meschino Portavoce Comunale mentre il giornalista, un altra “canaglietta” anonima che sapendo di mestare nel torbido non si è neppure firmata, riprende lo stile malinconico: “Fra diffusi imbarazzi” - il portavoce Prugnoli, alias Pinocchio – “Si prende la responsabilità di raccontare il disagio dei militanti”. Seguì una gemebonda lamentazione scaturita dall’aver perso un’importante battaglia sulla genuinità dei cibi e la salubrità del cioccolato. Il Portavoce aggiunse al danno la beffa dicendo che ero stato candidato da Roma come dire che la mia era una “candidatura partitocratica”. In tutta questa storia ad una sola domanda non sono ancora riuscito a rispondere. Mi chiedo come mai il presidente del partito Francesca Graziato chiese di compiere il “miracolo” della raccolta firme a mio padre e non al suo intimo amico, l’Arcangelo Michele. Evidentemente, come avrebbero detto i vecchi camuni, “chi mamgia i santi caga i diavoli!” Nota: virgolettati tratti da La Repubblica (Edizione di Bologna) del 22 e 24 marzo 2000. Il motto “Maia Signùr e càga Diaòi” è tratto da wikipedia.che a sua volta rimanda a: Lino Ertani. Vita camuna d'un tempo. Esine, Litotipografia San marco, 1979. Pagina 240 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 La regola della trincea Giorgio Guazzaloca, il macellaio che sconfisse la sinistra a Bologna dopo cinquant’anni di buon governo, spuntò la vittoria usando “la regola della trincea”. Non si tratta di una strategia come le altre, ma piuttosto di una convinzione da radicare nel pensiero comune. Vi sono leader, senza qualità alcuna, che pur affermando di essere giusti opprimono i soldati senza ragione. Sono generosi nel dispensare tozzi di pane nella stessa misura in cui sono tiranni, ma con il nemico alle porte le truppe vivranno in trincea senza protestare, con l’elmetto in testa, i piedi affondati nel fango umido e tenendo il fucile sempre puntato sull’orizzonte. Nessuno noterà quanto sia cattivo il rancio e quanto invece sia opulente il pasto del cattivo tenente. Nessuna importanza sarà data alle sfuriate, alle scelte ingiuste e alle punizioni immeritate. Con il nemico alle porte nessuno penserà di ribellarsi se il nemico sarà ritenuto peggiore del tiranno. Bravo sarà quel nemico che riuscirà a convincere i soldati avversari della sua immensa bontà. Il nemico non combatte contro di voi, ma per liberarvi dalla tirannia. Il nemico vuole farvi vivere come non avete mai vissuto prima e prepara per voi libertà e giustizia. Arrendetevi alla liberazione per il vostro bene! Tutto questo bisognerà riuscire a far credere ai soldati nemici per ottemperare alla regola della trincea. Quando cessai di oppormi al consigliere regionale Daniela Arregu e alle sue politiche “collaborazioniste”, il manipolo di tirapiedi che l’aveva difesa fin dal mio ingresso nel partito incominciò a disgregarsi. Compresi come la mia azione di contrasto politico l’avesse mantenuta in vita per tutto quel tempo. Una folgorazione: l’avevo rafforzata anziché indebolirla. Ero stato la sua linfa vitale senza saperlo e quando smisi di scorrere nelle sue vene, e cioè cessai di sfidarla apertamente, lei iniziò a morire. Senza più un nemico alla sua altezza dilapidò iscritti e voti. Si rinchiuse in un tetro castello e le poche volte che uscì alla luce del sole lo fece per correre in sostegno di questa o di quell’altra lista. Fu così che scoprì di essersi ridotta ad una manciata di preferenze. Su tutti i giornali fu canzonata e additata come incapace per i miseri risultati conseguiti, indegni, a detta di tutti, di un Consigliere Regionale. 241 Pagina 241 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 L’alchimista Comprate un libro intitolato “Elezioni di successo” * per comprendere la reale importanza dello sponsor. Quello che non vi troverete scritto è perché un facoltoso sostenitore dovrebbe finanziarvi. Ma andiamo per gradi. Lucio Libertini nel 1992 poneva la domanda da un’angolazione diversa: “Per essere eletti sono necessari soldi e clientele e spesso grande servilismo nei confronti dei boss delle lobbies. La soglia economica dell’elezione è alta e cresce sempre. Oggi (il libro è stato stampato nel 1992) va verso il miliardo (di lire). Senza appoggi finanziari e politici non si è eletti. Dunque, questi meccanismi portano in parlamento persone già aperte alla corruzione e alla compromissione che non hanno nella vita civile e professionale alternative valide o avide di potere…”. È incredibile leggere queste parole che pur risalendo a molto tempo fa sono straordianriamente attuali, ma continuiamo a leggere Libertini: “Sono sempre stato colpito dal fatto che l’opinione pubblica, sollecitata dalla stampa, si appassiona all’indennità e si preoccupa poco delle spese elettorali e delle fonti di finanziamento. Se i parlamentari facessero le campagne elettorali a loro spese, senza sponsor occulti o palesi, le indennità non sarebbero davvero elevate (ci vorrebbero cinque anni di legislatura solo per rientrare delle spese elettorali)”. Lucio Libertini “La truffa svelata” (Ed. Roberto Napoleone). Si tratta forse di una considerazione inedita, specchio della degenerazione politica alla fine del novecento? Direi proprio di no e guardandosi alle spalle, andando molto indietro, si incontra Cicerone il cui pensiero pare il riflesso speculare di quanto appena affermato: “Coloro che comprano una carica si adoperano per esercitare la loro carica in modo da riempire il vuoto del loro patrimonio”. Dunque, vediamo un po’. Cicerone è nato e vissuto pressappoco 242 Pagina 242 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 cento anni prima di Cristo. Duemila e cento anni dopo, sulle pagine dei quotidiani della mia città compare un articolo che informa la cittadinanza di quanto denaro è stato stanziato da un imprenditore molto conosciuto e rispettato che si è candidato Sindaco correndo contro Flavio Delbono, un professore di economia, già assessore al bilancio di Vasco Errani, Presidente della Regione Emilia Romagna: “Alfredo Cazzola non ha badato a spese per candidarsi a sindaco di Bologna, e la cifra esatta è stata pubblicata all’ albo pretorio: la campagna del candidato che ha costretto Flavio Delbono al ballottaggio, ma poi si è fermato sotto quota 40%, è costata 1.212.852,65 euro. Il record va ai tre grandi happening che hanno segnato la sua corsa verso il voto, dalla fastosa convention del 16 febbraio a palazzo Re Enzo, alla presentazione di programma e candidati al Paladozza il 18 maggio, fino alla chiusura della campagna elettorale il 3 giugno sul crescentone. Il tutto per 397.000 euro, quasi l’ intero importo dichiarato da Delbono. Ben 57.221 euro sono stati spesi per l’ affitto delle sale, 99.692 per il catering delle cene a cui erano invitati i cittadini nei quartieri, 240.456 per gli allestimenti. Altri 378.032,80 euro sono andati in materiale e mezzi di propaganda. Per gli addetti stampa (ne ha cambiati diversi in corso d’ opera) ha sborsato 108.024 euro. Di tasca propria ha messo 1,017 milioni, raccogliendo contributi per 195.700 Euro”. Tratto da la Repubblica del 29 luglio 2009, cronaca di Bologna. Se Cazzola avesse vinto le elezioni avrebbe percepito uno stipendio lordo pari a circa centomila euro all’anno che moltiplicati per i cinque anni del mandato avrebbero toccato una cifra pari a cinquecentomila euro lordi. Viene da chiedersi come pensasse di rientrare di tutti i soldi spesi. Nessun imprenditore sano di mente dilapida un capitale sapendo in anticipo che guadagnerà meno di quanto ha investito. Forse, Alfredo Cazzola non si era fatto bene i conti. Oppure, ed è questa la ragione alla base della scelta, si deve essere convinto che per una giusta causa si può anche investire denaro a fondo perduto. Ma gli altri? Quelli che non sono mossi dai buoni sentimenti e spendono almeno cinque volte di più di quello che guadagneranno dopo essere stati eletti? Come rientrano? La risposta è semplice: rubano! Perché stupirsi. Se in politica le qualità migliori dell’essere umano non servono, è più che naturale che i candidati finiscano per “acquistare” il consen243 Pagina 243 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 so con i soldi e non invece proponendo un programma o illustrando delle buone idee. E nessuno s’illuda che sono solo gli italiani che hanno sostituito la passione e i programmi con il denaro. Tutto il mondo è paese, tanto che Brioschi, nella sua Storia della corruzione, racconta che un Senatore americano deve accumulare circa settemila e cinquecento euro al giorno per disporre delle risorse economiche che gli permetteranno di presentarsi alle successive elezioni. Certamente lo stipendio non basta e bisogna trovarsi dei finanziatori. Viene quindi da chiedersi come gli americani possano illudersi che un eletto, sia questo un Senatore o lo stesso Presidente degli Stati Uniti, non ricambierà tutti quelli che hanno sborsato fior di quattrini per la sua campagna elettorale. Sarebbe bello se gli sponsor agissero a “fin di bene” o soltanto per detrarre le donazioni dalle tasse, ma l’esperienza insegna che ogni investimento, in politica come in qualsiasi altra attività commerciale, deve rientrare con tutti gli interessi. Solamente Barak Obama, caso più unico che raro nella storia americana, ha rinunciato ai grandi sponsor in favore delle migliaia di donazioni dei singoli cittadini rastrellate usando principalmente la rete. Tutti gli altri candidati, lo sfidante McCain prima di tutti, sono stati finanziati dalle potenti multinazionali d’oltreoceano. Il “Mc-candidato” farà l’interesse del popolo o del suo “Mc-Sponsor”, Re degli hamburger? M’immagino quindi che sia per via dei contributi elargiti alle campagne elettorali che non sono mai stati vietati i “Super Size Menu”, concentrati letali di grassi e zuccheri. Si è lasciato che fosse l’azienda stessa che li produceva a ritirarli dal mercato, magari sull’onda del successo del docufilm “Super size me” proiettato al Sundance film festival. Ed è probabilmente per lo stesso motivo che poco prima dell’uscita del film di Morgan Spurlok è stata varata una legge che rende impossibile intentare una causa a tutte quelle aziende alimentari che somministrano cibi che sono la causa principale di obesità, ipertensione e infarto. Si potrebbe obiettare che se bastasse pagare le campagne elettorali ai politici, le sette sorelle del tabacco non si sarebbero ritrovate a dover risarcire i malati di cancro al polmone. È vero, ma se sono state esemplarmente punite lo si deve sostanzialmente a due ragioni: hanno scelto delle agenzie di pubbliche relazioni gestite da incapaci e c’era bisogno di un capro espiatorio che riuscisse a dimostrare che la politica continua a mantenersi dalla parte del popolo, malgrado tutti Morgan Spurlok interprete e regista di Super Size me Pagina 244 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 i contributi offerti dalle Corporation. Lo schema di molte trame hollywoodiane si fonda sull’idea che il “sistema America” tende alla corruzione, ma per fortuna c’è sempre qualcuno - un eroe solitario, un giornalista incompreso, un avvocato ossessionato dalla giustizia, un’associazione di cittadini, persino una segretaria, senza arte e ne parte, come Erin Brockovich - capace di smascherare il complotto facendo trionfare verità e giustizia. I politici hanno quindi adottato lo stesso “plot” lasciando che fosse inflitta all’industria del tabacco una vera e propria condanna a morte stando all’entità del risarcimento. Da quel giorno questo film è stato proiettato agli americani per dimostrare che i contributi versati dalle corporation non sono come le “indulgenze” papali che ti assolvevano da colpe e peccati. Sostanzialmente si è voluto “Colpirne una…” - parafrasando Mao - “per dimostrare di non essere schiavi di cento multinazionali”. Eppure, anche in Italia, passa quasi inosservata la strana coincidenza determinata da quell’imprenditore che oltre ad essere titolare di un numero considerevole di appalti in mezza Italia è anche un importante finanziatore della Margherita (non faccio nomi per non datare queste riflessioni). I giornali s’interrogano su questa “strana coincidenza” chiedendo ai politici se l’imprenditore ha pagato delle tangenti per avere in cambio tutto quel “ben di Dio” di lavoro. Il tesoriere risponde di aver dato il via ad un controllo a tappeto. La questione appare quasi ridicola, il versamento di una tangente si differenza dal “contributo” in forza di una ricevuta e la successiva iscrizione al bilancio. Un pezzo di carta, trasforma un crimine in un’azione consentita. Terminate le indagini, il tesoriere risponde: “è tutto regolare”. Ma certo che è tutto regolare! Come potrebbe non esserlo! Che bisogno aveva l’imprenditore di finire in galera quando poteva versare gli oboli legalmente? L’argomento sul quale sarebbe valsa la pena interrogarsi in circostanze come queste è un altro: l’imprenditore ha vinto tutti gli appalti perché le sue aziende erano le migliori sul mercato in quel momento o, viceversa, perché sono state scelte come conseguenza delle contribuzioni elargite? Una prima risposta la individua un certo Geronimo, ex democristiano della prima repubblica, che senza remore nel suo libro (“Strettamente riservato” Mondadori) scrive: “Con la mia azione, comunque, crescevano gli investimenti al sud. Di conseguenza aumentavano anche i fatturati di tutte le aziende. Di tutte le aziende, sia chiaro, e dunque anche di quelle di proprietà dei miei amici. In una fase di crescita economica è naturale che chi è da sempre abituato a sostenere i partiti lo faccia in maniera più generosa. Non c’era alcun collegamento però tra l’attività della pubblica amministrazione e i finanziamenti ai partiti”. 245 Pagina 245 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Perfetto, è riuscito a mettere in luce il nocciolo della questione che può essere riassunto così: il politico finanzia l’imprenditore e l’imprenditore finanzia il partito, ma nessuno può mettere in relazione le due cose. Tanto più che la storia del “finanziamento ai partiti politici” si è sviluppata a singhiozzo e si riassume in un continuo alternarsi di “si può” e “non si può” come scrive lo stesso Geronimo: “Quello del finanziamento illecito è un reato ben strano. Fino al 1974 non esisteva, poi nel 1981, venne in parte depenalizzato e totalmente “cancellato” fino al 1989 con l’amnistia di quell’anno. Con la riforma del 1993 fu di nuovo ridotto ad illecito amministrativo. Si tratta di un raro esemplare di reato a macchia di leopardo Così, passata Tangentopoli, le tangenti sono diventate legali. Pur tuttavia devono essere inserite nei bilanci pubblici del partito, sebbene, grazie ad una “leggina” denunciata in televisione solamente da Francesco Rutelli è possibile incassare denaro dal proprio sponsor in forma anonima. Una vera novità: la firma del benefattore viene registrata solo dopo aver superato cinquantamila euro di contributo elettorale. Il limite precedente era di seimila (Panorama del 16/03/2006). Economia politica. Non è certo facile trovare una soluzione valida al problema della corruzione. Il “dare e l’avere” sono collocati in un limbo dove i soldi contenuti nelle valige si possono trasformare in servizi regolarmente fatturati. Io do una cosa a te e tu dai una cosa a me. Io ti faccio vincere un appalto e tu mi compri beni e servizi dove dico io. I giochi non sono sempre così lineari, si evolvono. Il Sindaco del Comune acquista cento posti in un nido privato. L’ imprenditore sociale, in cambio, assume dieci dipendenti segnalati dal Sindaco. Il Sindaco, a sua volta, si rivende i dieci posti di lavoro con attività volontaristiche svolte dai neo-assunti in campagna elettorale, oppure ci ricava un “pacchetto di tessere” formato dalle famiglie dei lavoratori, o ancora, incamera i “contributi economici” devoluti dai padri apprensivi che hanno voluto trovare un posto di lavoro ai figli. Poi ci sono un’infinità di variazioni sul tema, troppe per essere riportate tutte, e non sono gli schemi che bisogna studiare, ma gli effetti degli stessi. Queste “catene di Sant’Antonio del 246 Pagina 246 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 beneficio” si innervano nel tessuto economico finendo per strangolare il “libero mercato” e qualsiasi criterio di selezione meritocratico. “L’essere più bravi” viene di fatto soppiantato da un intreccio di convenienze diverse e quegli imprenditori che potrebbero fornire un “posto nido” ad un prezzo inferiore di quello ottenuto dai “raccomandati” si ritrova tagliato fuori dai giochi senza nemmeno sapere il perchè. Questo è l’unico vero problema che si finge di non vedere: l’economia è morta e la politica ha preso il suo posto! Per questo poi, quando metti in vendita una compagnia come l’Alitalia nessuno se la compra. Ormai è risaputo: nel nostro Paese gli appalti si vincono grazie agli “amici degli amici” e non più sulla base dell’offerta migliore. Se non si è iscritti ad un partito non si può fornire nessun servizio alla pubblica amministrazione. In nessun campo, dalle arti al settore industriale, non si fa strada senza avere “le spalle coperte”. Non è un caso se i simboli immortali dell’economia italiana sono frutto del passato. Dove sono i nuovi Gianni Agnelli e gli Enzo Ferrari? Gli Ermenegildo Zegna e i Fratelli Ferretti della Riva? Dov’è il nuovo Federico Fellini? E andando ancora più indietro: dove sono i successori di Leonardo da Vinci o Michelangelo Merisi? Se nascessero oggi nel nostro paese avrebbero solo due possibilità: lavorare in un call center, un contratto “a chiamata”, un CoCoCo, o espatriare. In politica poi, non ne parliamo. Stando così le cose non si diventa dei politici “di peso” se non si rientra nella categoria di “politicoop” è cioè in quel fenomeno amorale che Ivan Cicconi chiama “il rito emiliano” dove i dirigenti delle cooperative diventano politici e i politici diventano dirigenti delle cooperative. Il fine deliberato di questo bipolarismo “economico - politico” è quello di avvantaggiare la realtà dalla quale si proviene e alla quale si dovrà tornare e non importa se si arriva dall’una o dall’altra parte, ciò che conta è mantenere attivo lo scambio. Questo ha imposto a tutte le aziende fornitrici di beni o servizi, e non più solo alle cooperative, di adottare il “rito emiliano” che ormai non è più un tratto esclusivo dell’economia “rossa”. Non ci sarebbe nulla di male in tutto questo se le aziende competessero tra loro, invece attuano una sorta di spartizione, anche in questo caso, mediata dal potere politico. Ci si spartisce il lavoro tra i partiti e all’interno dei partiti lo si ridivide per correnti - pardon! - per aree. Così, quando ti ritrovi seduto in un comunissimo Consiglio comunale - (figuriamoci cosa può accadere altrove) - scopri di essere accanto ad eletti che rappresentano appaltatori di lavori pubblici, consorzi, “global service” e società per azioni. Anche chi risulta essere stato eletto da un gruppo di cittadini o da un’associazione, persino da un movimento religioso come può essere quello di “Comunione e libe247 Pagina 247 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 razione”, a ben guardarci scopri un cordone ombelicale che lo riconduce ad una determinata realtà economica. Prova ne sia che gli eletti dal popolo sono una componente residuale che non è mai superiore al 5% dei consiglieri totali e che non dura più di una legislatura. Il famigerato “conflitto d’interessi berlusconiano” rappresenta quindi la punta di un iceberg che galleggia in un mare di piccoli ed numerosi conflitti d’interesse che, siccome sono locali e non nazionali, non sono fatti rientrare nel fenomeno. A Bologna, per esempio, la tipografia che vince la quota più consistente di appalti tra Comune, Provincia e Regione è la stessa che stampa la propaganda elettorale per il partito più rilevante della città i cui eletti amministrano tutti e tre gli enti. L’agenzia pubblicitaria che ha incassato dalla Regione Emilia Romagna più di un milione di euro senza passare da una sola gara d’appalto include tra i suoi soci la moglie del capogruppo del Partito Democratico in forza alla stessa Regione che ha dispensato il denaro (La Repubblica, Bologna, del 20 marzo 2009). Esempi come tanti, che non danno neanche più nell’occhio, tanto è fitto l’intreccio tra politica, parentele e aziende. I soldi che escono dalle casse pubbliche ritornano nelle tasche dei politici che li hanno fatti uscire o si trasformano in un voti che confluiscono in questo o quell’altro partito o, ancora, rientrano in entrambi i modi. Ma sì! Guardiamo in faccia alla realtà e cominciamo col dire che i partiti sono diventati delle aziende. Come ogni impresa che si rispetta promuovono il proprio marchio; dispongono di personale pagato; investono le proprie finanze in immobili, azioni, giornali, televisioni; partecipano - seppur indirettamente - alla scalata di prestigiosi istituti di credito …quando ci riescono - realizzano parchi a tema (le feste di partito) simili a giganteschi Disneyland del comizio dove gli spazi pubblicitari, come ogni stand, sono rivenduti a peso d’oro. Eppure, una differenza, neppure tanto piccola, c’è. Le aziende possono fallire, mentre i partiti prosperano negli sperperi dal momento che godono del finanziamento pubblico pescato direttamente nelle tasche dei cittadini. I partiti sono immortali e per questo continueranno a raschiare il fondo del barile fino alla fine. 248 Pagina 248 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 I furbetti del quartierino Al momento, malgrado gli utili inesistenti e le ingenti perdite denunciate da gemebondi tesorieri, i partiti restano sempre al centro di affari miliardari la cui riuscita dipende esclusivamente da loro. Nonostante ciò si evince, con un certo stupore, una notevole disparità di condizioni tra i malmessi bilanci dei partiti e la smodata ricchezza degli imprenditori d’area e cioè di tutti coloro che gravitano intorno alla politica. Macchine lussuose, abiti firmati, vacanze in Costa Smeralda da una parte e l’Unità che chiude dall’altra. Ai politici, evidentemente, non importa granché se il profitto è fuori dalle proprie casse e dentro a un’impresa commerciale, ciò che conta è disporre di tutta la liquidità necessaria quando serve. Come se la cassaforte migliore fosse quella allocata nelle segrete stanze, in un luogo sconosciuto ai geografi e ai magistrati, dove i favori accumulati nel tempo possono essere trasformati in moneta sonante da far rientrare nelle tesorerie, o nelle proprie tasche, al momento opportuno. Per questo, il denaro, potrà sembrare banale ribadirlo, è l’unico strumento finanziario che conta veramente, tanto in economia quanto in politica. Maurras in “Mes idèes politiques” (rielaborate da Fisichella ed estratte da “Il potere del denaro svuota le democrazie” edito da Settimo Sigillo Edizioni) è stato a sua volta molto chiaro nel denunciarlo: “Da qualunque parte lo si prenda, un dato risulta certo: è il denaro che fa il potere in democrazia. Lo sceglie, lo crea, lo genera. Esso è l’arbitro del potere democratico perché in sua assenza tale potere precipita nel nulla. Niente denaro, niente elettori. Niente denaro, niente opinione espressa. Il denaro è il genitore e il padre di ogni potere democratico, di ogni potere eletto, di ogni potere tenuto nelle dipendenza dell’opinione…Ciascun partito tenta di svergognare l’altro. Ma sono tutti svergognati nelle misura in cui sono democratici e riconoscono al potere il diritto di nascere come nasce. La folla non ne sa niente, ciò fa parte della farsa…”. 249 Pagina 249 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Istruzioni per l’uso Quindi se dopo essere diventati Sindaci, assessori o quant’altro e siete interessati ad intascare dei soldi dall’azienda chi vi ha pagato la campagna elettorale e che, del tutto casualmente, ha vinto le gare d’appalto emanate dall’amministrazione nella quale operate, non dovete mai, e dico mai, accettare soldi, assegni, bonifici e neanche contanti. Semmai, se proprio avete bisogno di liquidi, fatevi rigirare un bancomat così che nessuno possa sapere chi ha prelevato il denaro. Geniale. Veramente geniale. Si tratta della prima tangente “On - demand”. In ogni caso evitate assolutamente che tutti quelli che passano dal vostro ufficio se ne vadano dimenticando una valigia, una busta, un sacco nero, una scatola di spumante con doppio fondo o un cilindro da prestigiatore. Soltanto i corrotti meno fantasiosi, le menti impoverite da una lunga degenza dentro ai palazzi del potere, i reduci dal bunker, accettano le mazzette in questa maniera degradante e palese. Tutti gli altri, i veri artisti della concussione, sempre ligi alla legge, fanno girare le mazzette in altre mille fantasiose maniere. Il metodo più semplice, come già illustrato in precedenza, consiste nel chiedere che il denaro si trasformi in un contributo elettorale. Il vostro migliore amico, un imprenditore di successo, dopo aver versato soldi nelle casse del partito di Catania si ritroverà ad aver miracolosamente vinto un appalto a Trieste mentre l’imprenditore di Trieste vincerà un appalto a Catania. È semplice, basta solo scambiarsi gli sponsor! Sembra proprio che il denaro e gli appalti si comportino secondo la famosa teoria del caos: “Se una farfalla sbatte le ali a Pechino, una tempesta si abbatte su New York!”. Se poi non si vuole mandare un’azienda al confino si può sempre chiedere al titolare di acquistare spazi pubblicitari sui giornali e nelle tv del partito. Capite ora perché è così importante per un partito, da quello di Fassino alla Lega di Bossi, possedere una banca? Perché i soldi devono girare. Triangolare. Andare dal punto A al punto B per poi finire al punto C senza farsi notare troppo. E chi meglio di una banca riesce a spostare i soldi con discrezione? Se poi qualcuno dovesse incomin250 Pagina 250 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 ciare a mettere in relazione gli appalti con i versamenti elargiti al partito si può sempre cambiare il tipo di triangolazione. Il finanziatore che intende rendersi utile al politico può finanziare un’iniziativa pubblica dedicata ad un tema a lui caro e se non dovesse bastare può sempre acquisire l’intero giornale mettendo la redazione al suo servizio o pagare lo stipendio dei suoi portaborse facendoli figurare come rappresentanti aziendali o, ancora, potrà acquistare migliaia di tessere, pagare abiti, procurare escort, appianare debiti, ristrutturare l’appartamento dell’amante, assoldare massaggiatrici, colf, cubiste, regalare appartamenti con vista sul Colosseo, ecc. Potrà fare tutte queste cose legali senza dover pagare un prezzo alla giustizia. Per contro, il politico disporrà a sua volta di un certo numero di articoli finanziari da proporre allo sponsor in maniera da ripagarlo di tutto, articoli che possiedono nomi strani: edificabilità, indice di edificabilità, volumetria, edifici dismessi da svendere per un nonnulla, terreni da riqualificare, urbanizzare, attrezzare. Si pensi solo a quale guadagno produce trasformare un metro quadrato di terra agricola in un equivalente metro quadrato edificabile. Con rapporti di guadagno che variano da uno 1 a 50 per borghi sperduti nelle provincie e da 2 a 3000 per le città, così da poter dire: “…et quello che hera tera et fango, nella sua mano diventava oro”. Il desiderio degli antichi regnanti che prendevano sotto protezione gli alchimisti nella speranza che riuscissero a trasformare il piombo in oro si è avverato. La terra può trasformarsi in valuta preziosa. E stiamo parlando di prodotti finanziari con la percentuale di guadagno più alta perché ce ne sono altri molto meno lucrosi, ma pur sempre appetibili. Ecco alcuni interessanti fondi d’investimento: gli appalti di manutenzione delle strade, i servizi di pulizia, la potatura delle piante, la produzione dei pasti per le mense scolastiche, posti nido, distribuzione e costruzione delle case pubbliche, la gestione delle strutture sanitarie, le licenze (taxi in testa), l’affidamento dei parcheggi pubblici, e così via tanto che potrei riempire pagine su pagine senza farmi bastare un libro intero. Nei piccoli paesi dell’Appennino persino le autorizzazioni dei selecontrollori, ossia le licenze per la caccia agli ungulati destinate a coloro che si procacciano la carne gratuitamente, sono suddivise in percentuali derivate dai consensi elettorali dei partiti. Tutto ciò che gira intorno all’amministrazione pubblica può essere monetizzato e ceduto in cambio del denaro investito in politica, nei politici o nei partiti. Ed ecco spiegato perché la spesa pubblica è salita fino a coprire il 50% del prodotto interno lordo e continuerà a salire fino a quando la nostra classe politica, al sud come al nord, si vedrà costretta a reperire il consenso attraverso la distribuzione delle finanze amministrate. 251 Pagina 251 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Una scomoda verità Sono certo che vi sentite profondamente disgustati da quanto ho raccontato, delusi da come sia facile aggirare le leggi per frodare lo stato. In questo momento odiate i politici, ma siete veramente sicuri di essere diversi da loro? Lo siete veramente? Diversi, intendo. Ve lo chiedo perché il vecchio Giovanni della Casa nel suo Galateo ha scritto che “gli uomini odiano negli altri uomini i loro stessi vizi”. Ho scoperto che aveva ragione quando mi ritrovai a dover affrontare lo scandalo sollevato dall’assessore del mio stesso partito in merito all’assegnazione “irregolare” delle case popolari che avveniva attraverso l’uso di una commissione composta da politici. Se scrivo che mi ritrovai travolto è perché ogni giorno ero assalito dai giornalisti che mi chiedevano quanta verità ci fosse in quella brutta faccenda, tanto che si spinsero a telefonarmi di notte sperando che, ancora addormentato, mi sarei lasciato sfuggire qualche informazione. Ma la cosa degna di nota fu l’insolito comportamento di alcuni cittadini, fortuna volle che non fossero la maggioranza. In quei giorni capitava spesso di incontrare uomini e donne dalle proposte indecenti. Dopo aver esordito con un “ …Beh, se le cose stanno così come dice il tuo assessore” mi domandavano se ero in grado di procurare un alloggio senza i crediti necessari. E da quel giorno è stato tutto un chiedere favori e violazioni in mille maniere diverse. Paradossalmente proprio chi mi chiedeva di “aggiustare” i suoi problemi lo faceva a breve distanza dall’aver detto di non credere più nella politica e nemmeno nei politici, a suo dire, tutti ladri, dal primo all’ultimo. Dalle classi benestanti a quelle povere, senza distinzione alcuna, sono fioccate proposte a tutto andare. Un attore cinematografico che non sentivo da alcuni anni si fece vivo per chiedermi di permettere ad un suo progetto di rientrare all’interno di un concorso dopo la chiusura del bando. Tentennai e lui non si fece più sentire. Un piastrellista mi domandò se riuscivo a fargli revocare una multa per eccesso di velocità. Un professore universitario voleva che gli facessi avere un “permesso handicap” senza passare dall’apposita commissione sanitaria. Un fornaio che girava in Porsche mi spedì a casa un cabaret di paste perché voleva una casa per la bellissima compagna slava. Un ballerino di salsa cubana reclamò un aiuto per corrompere la commissione di esame in modo da fargli avere un diploma di scuola superiore. Risposi che non potevo e lui 252 Pagina 252 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 si rivolse ad un consigliere regionale. Non so dirvi cosa rispose, ma il ballerino passò l’esame mlagrado fosse un totale analfabeta. Nessuno di questi mi ha più votato e così mi sono convinto che gli elettori, per il politico onesto, sono come le scaglie di un serpente, più ne perdi e più sei costretto a fartene spuntare delle nuove sotto le vecchie che hai perduto per sempre. Non c’è niente da fare, gli uomini adorano sentirsi privilegiati rispetto agli altri e lo amano a tal punto da chiederti di esercitare il potere anche quando non ce n’è bisogno. Ricordo di un artigiano che voleva un permesso per circolare con l’auto nel centro storico. Gli dissi che per ottenerlo era più che sufficiente procurarsi un estratto della Camera di Commercio dove si attestava che la sua merceria era ubicata all’interno dell’area pedonalizzata. Insomma, non aveva alcun bisogno che intervenissi personalmente facendo pesare il mio “titolo” di Consigliere Comunale. Ma nonostante tutto continuò ad insistere dicendo che dovevo interessarmi personalmente. Per levarmelo di torno, esasperato dalle continue richieste, mi feci consegnare i documenti necessari e mi recai all’ufficio preposto senza dire chi fossi. Protocollarono la richiesta rilasciandomi il permesso all’istante. Ancora oggi, quando incontro quell’artigiano, mi chiede cosa può fare per sdebitarsi. Mi offre regali, aperitivi, pranzi, cene. Evidentemente, adora avere un politico al suo servizio. Al contrario, non ho mai incontrato nessuna persona pronta a sostenermi in virtù della mia attività. Ho impedito la devastazione di giardini pubblici, ho bloccato la penetrazione dei cacciatori nei territori comunali, sventato l’abbattimento di almeno quaranta alberi monumentali, fermato immonde cementificate, ne ho fatte tante da essere ricordato, ma neanche una che mi abbia permesso di avere al fianco un esercito durante le mie campagne elettorali. A onor del vero ho avuto molti sostenitori disinteressati come Sandro Bianchi, Giosuè Calabria, Francesco Eolini e la sua ragazza l’Antonella, Marco Vincenzi, Maria Pia Rossi, la Iole e la signora Bianca. Senza dimenticare la mia più grande sostenitrice, la professoressa di tedesco Daria De Bernadis. Tutti costoro mi hanno sempre aiutato perchè credevano nelle mie idee, ma in dieci anni di attività politica mi sembrano davvero pochi. La disonestà e i clientelismi pagano di più di ogni altra buona azione che puoi compiere, questo è fuor di dubbio. Una scomoda verità di cui ogni politico è consapevole, la stessa verità che restituisce al popolo i rappresentanti che si merita. Per la maggior parte degli italiani i politici devono essere uomini integerrimi in pubblico e degli abili contraffattori di concorsi pubblici in privato. Altrimenti non si spiegherebbe perché i cittadini di Napoli eleggano amministratori che li fanno vivere in mezzo ai rifiuti. Tanti favori personali e nessun favore alla città nel suo insieme. 253 Pagina 253 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Il Sonnambulo I sonnambuli sono l’ombra del potere esterno all’associazione politica. Sono i figli dell’attività lobbistica, dei gruppi economici, della criptocrazia e dei comitati d’affari che non metteranno mai apertamente la firma sotto il sostegno che elargiscono. Nascono e si riproducono di notte per un proprio fine personale e camminano addormentati negando la relazioche li lega all’evento politico da condizionare. Non troverete in questo caso una farfalla che sbatte le ali in cima alla montagna per far piovere a valle. Vedrete sbattere le ali, questo sì, ma senza sapere dove si abbatterà la tempesta. Le armate invisibili istituiscono baluardi di sonnambuli a difesa del proprio burattinaio. Sponde amiche dentro al sistema. Piccoli uomini politici - senza alcun peso - si ritrovano proiettati dalle stalle alle stelle, dopo aver firmato il patto col Letzel delle ombre. La definizione di “Sonnambulo” è tratta da un libro poco conosciuto su Adolf Hitler. Secondo De Silva, autore del libro Il numero sette (Ed. Mondadori), è proprio nel sonnambulismo di Hitler che deve essere individuata la ragione delle sue capacità devastanti: “È veramente un dato interessante, perché ci dimostra che Hitler era più amico della luna che del sole ed apparteneva alla pericolosa minoranza dei nottambuli. C’è anzi da pensare che il suo strano potere fosse intimamente legato a questa condizione. Non dimentichiamo che la notte è madre di tutte le grandi concezioni e di tutti i delitti…sono notturne le grandi crisi psicologiche, notturno il nascere e il morire, notturne le orge e la perpetrazione delle cose orrende. Di notte sono stati scritti i più allucinanti poemi e tracciati i piani più temerari …è un dato curioso, ma importantissimo, l’irritato sonnambulismo di Adolf Hitler contribuì certo in maniera non trascurabile alla sua grandezza ed alla sua catastrofe…Ecco perché, appena nominato capo del piccolo partito che doveva condurlo al potere, rispondeva a tutti quelli che gli domandavano quale fosse il suo programma: proseguirò per il mio cammino con la precisione di un sonnambulo”. 254 Pagina 254 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Nel mondo dei sonnambuli si trova la risposta per spiegare tutto ciò che accade, ma siccome a gente come me non è consentito entrare in quelle terre lascio ogni risposta inevasa e questo paragrafo incompleto. Sonnambuli graduati Nei congressi che determinano le elezioni comunali o provinciali, cavalcano le orde sonnambule governate dai gruppi legati al mercato dell’edilizia. Dai congressi regionali fino ai congressi nazionali vivono i sonnambuli evocati dalla chimica, dalle biotecnologie, dalle mutue corporazioni, dalla massoneria e dalla mafia. Queste due ultime categorie meritano un ragionamento a parte. Secondo la Dia, fonte Panorama del 13 agosto 2003, “…la densità criminale della Calabria, ove si operi un rapporto tra affiliati ai clan e popolazione, è del 27 per cento. Nelle altre regioni il rapporto è rispettivamente, del 12 per cento in Campania, del 10 per cento in Sicilia, e del 2 per cento in Puglia”. Dati alla mano è logico concludere che la massa enorme di affiliati che non nutrono alcun timore ad apparentarsi ad associazioni illegali sicuramente più sconvenienti di un semplice ed innocuo partito politico - può diventare un prolifico vivaio per la produzione standardizzata di sonnambuli. Non dimentichiamo il colossale mercimonio di voti che i mafiosi riescono a gestire in campagna elettorale dopo essere usciti dai ristretti ambiti della nanocrazia. Chiunque pensi che la mafia sia stata battuta per sempre non ha fatto bene i conti con la natura estremamente debole e permeabile delle associazioni politiche. Voti e tessere, due chiavi che chiunque può afferrare e far girare come crede. Meglio non andare oltre e non minare le fondamenta stesse del sistema… Licio Gelli, il gran sonnambulo La P2 è stata in passato la più grande generatrice di sonnambuli conosciuta ed è noto da tempo che questa arcana e settaria forma d’aggregazione sia penetrata nei processi politici finendo per occupare i gradini più alti 255 Pagina 255 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 delle istituzioni determinando avvenimenti che hanno tinto di sangue la nostra Repubblica . La P2 è stata l’ultima operazione “tangibile” di “sonnambulizzazione” perchè ora, chi raduna e addestra truppe di sonnambuli se ne guarda bene dal redigere elenchi o stilare programmi. Le moderne società sonnambule sono associazioni rituali e mnesiche, si fondano cioè su raduni episodici e sul loro ricordo. La loro forza si fonda proprio su questo, sulla ricerca d’immaterialità. Per uno Stato non c’è nulla di più pericoloso del silenzio e di un agire sconosciuto. Resta il fatto che la P2 ha saputo cogliere nel profondo il repentino cambiamento della politica italiana del tempo. Su questo conviene riguardarsi quanto scritto da Licio Gelli ponendo a confronto un passo chiave del programma di “Rinascita Democratica” . Alla voce “procedimenti” si legge: “Nei confronti del mondo politico occorre: selezionare gli uomini ai quali può essere affidato il compito di promuovere la rivitalizzazione di ciascuna parte politica… in caso di risposta affermativa, affidare ai prescelti gli strumenti sufficienti - con i dovuti controlli - a permettere loro di acquisire il predominio nei rispettivi partiti”. Tradotto: paghiamogli le tessere, sosteniamo le campagne elettorali, e garantiamo una copertura mediatica per averli dalla nostra. Si noti il trasversalismo degli “uomini ai quali affidare la rivitalizzazione di ciascuna parte politica”. Il vero partito è trasversale, si estende da una “parte politica” all’altra e si fonda su denaro e affari. Il Gran Maestro aveva capito tutto ...purtroppo. Incursori Mi è capitato spesso di incontrare colonie di sonnambuli chiamate a raccolta dal partito egemone della coalizione. Milizie di sonnambuli incursori a “due velocità”, leggi con due tessere in tasca, sono state paracadutate nei congressi dei partiti minori per agevolare i candidati più vicini al partito dominante. Quante storie potrei raccontare su questo... Tale procedimento prendeva il nome di “stabilizzazione” ed era molto in voga negli anni novanta. I partitini del vecchio Ulivo erano assoggettati a periodiche azioni stabilizzanti, che taluni dirigenti chiamavano “lavaggi”, indicando la necessità di scrostare quei politici che non gradivano le gestioni “supine”. Con la crescita del bipolarismo, il fenomeno si è andato attenuando sebbene si ripresenti all’occorrenza: “…Persino a Firenze, le primarie che incoronarono Matteo Renzi, nuovo sindaco ragazzo, si narra che furono gonfiate dalle truppe berlusconiane di Denis Verdini”. Sarà vero? Chi può dirlo, i veri sonnambuli sono invisibili. (da La Repubblica del 16 luglio 2009 a pagina 13, politica interna) Pagina 256 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Il risveglio dei dormienti Opporsi allo stato consolidato dei fatti può sembrare un’impresa impossibile. Ogni cambiamento potrebbe rinnovare gli uomini, ma non i loro comuni destini. Michels lo sapeva bene quando concluse le sue riflessioni scrivendo che proprio “coloro che avevano in precedenza accusato la democrazia di oligarchia salgono a loro volta nella classe dominante per permettere ai “nuovi difensori della libertà” di insorgere in nome di una democrazia che non esiste.” Sebbene ci si possa scoraggiare dinanzi a simili conclusioni, la storia dell’umanità è lastricata da dilemmi insolvibili risolti e cause perse vinte dalla pervicacia di alcuni. Senza le eccezioni, nulla sarebbe cambiato. Non è forse stato dimostrato dai navigatori che la terra è rotonda o che la gravità esiste perché cadono le mele sulle teste assonnate dei fisici? Perché non bisognerebbe fare altrettanto con i partiti politici? Le riflessioni di Michels vanno lette in senso positivo e non come ammonimenti. Se quasi tutti finiscono per diventare il nemico che hanno sempre combattuto, nessuno può esimersi dal dovere di provarci ancora una volta e forse sarà questa la volta buona. McKenna ci ricorda delle catene di cui dobbiamo assolutamente liberarci: “…da troppo tempo dormiamo incatenati dal potere che abbiamo attribuito alle parti meno nobili di noi stessi e ai meno nobili della nostra società…È ora di prendere la scatola degli attrezzi, i nostri animali e i sogni più antichi e di partire attraverso il panorama visionario di una consapevolezza sempre più profonda”. Proprio così, una consapevolezza capace di svegliare i dormienti custodi degli ultimi “Frammenti di un insegnamento sconosciuto: “Se vi sono due o tre uomini svegli tra una moltitudine di addormentati, quelli si riconosceranno subito, mentre gli addormentati, non sapranno distinguerli…Duecento uomini coscienti, che stimassero necessario il loro intervento, basterebbero a cambiare tutte le condizioni dell’esistenza terrestre” (Ouspensky). 257 Pagina 257 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Nel sonno cercherete i duecento uomini meno uno, che avvolti nella fredda notte scura hanno mantenuto vivo il senso della giustizia. Con loro riformerete gli statuti e affronterete le orde sonnambule. Con loro riscriverete le regole che una volta per tutte dovranno valere per sempre. Il gigante Tolkien a futura memoria dei dormienti che si sveglieranno ha scritto: “Dalle ceneri rinascerà il fuoco, l’ombra sprigionerà una scintilla, nuova sarà la lama ora rotta e Re quei ch’è senza corona”. Mi “ f i d o ” di te. Al prode cavaliere che preferisce i sentieri tranquilli all’infausto inferno congressuale non restano molte alternative. Stanco di dover produrre tessere in continuazione arrivai alle conclusioni che sarebbe stato meglio trovare un altro modo per spendere i pochi soldi che mi restavano. Ridendo e scherzando avevo dilapidato l’intera eredità che un vecchio zio mi aveva lasciato dieci anni prima. Incominciai quindi a cercare un varco che mi consentisse di far politica senza gettare denaro al vento o promettere favori che non sarei riuscito ad adempiere. Ero sfinito dal dover sempre temporeggiare in mille maniere diverse quando i questuanti si presentavano all’incasso per chiedere assunzioni, lavoro e quant’altro. Tenere unito un gruppo all’interno di un piccolo partito è incredibilmente snervante. Dopo lunghe ricerche intravidi un ponte che faceva al caso mio, pochi passi e mi sarei trovato a vivere anch’io nella terra dei balocchi. Lo sanno tutti, anche le rane del mio stagno, che se entri in certi giri sei a posto fin che vivi. Prima in Parlamento, poi consulente, poi membro di quel consiglio di amministrazione e via così fino alla pensione. Fu Maccione a condurmi dalla Fata Turchina che qualcuno aveva messo a guardia del ponte. Era quello stesso Maccione che, anni dopo, avrebbe tentato di convincermi a fondare una succursale del partito di Obama in Italia. Ci recammo insieme all’appuntamento. Entrambi ne avevano piene le scatole degli onorevoli ecologisti romani che si erano rammolliti a forza di andare ai cocktail di beneficenza. Ormai frequentavano solo i salotti romani, gli uffici stampa pieni di belle donne e i gran galà del Quirinale. Era 258 Pagina 258 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 invidia? Anche, ma non solo. Gli Onorevoli ecologisti se la cavavano soltanto a chiacchiere, mentre la gente ti chiedeva una forte presenza sul territorio e una risposta adeguata all’attacco ambientale, al consumo esasperato di territorio, agli organismi geneticamente modificati. I nostri papaveri verdi, al contrario, sciorinavano quattro battute davanti ad un pubblico allibito dal logorroico politichese e se ne ritornavano a Roma dopo un pranzo a base di aragosta. Ci recammo presso la sede di un nuovo partito fondato da un ex magistrato entrato da poco nell’agone politico. Questo signore non mi dispiaceva perché mescolava i modi diretti - volendo un po’ naïf - ad uno spirito bonario che gli consentiva di avere sempre la battuta pronta. Non era riuscito ad allearsi alle due coalizioni dominanti per via di certe scelte discutibili compiute da quelli che sulle prime avevano favorito la sua discesa in campo. Dopo avergli messo la bandiera in pugno avevano avuto la faccia tosta di candidare alcuni personaggi a cui aveva dato la caccia quando era ancora un Magistrato. Ad esempio, riteneva che Giuliano Amatopolino sarebbe dovuto starsene ad Hammamet con l’amico Bettino e non a capo di quel ministero chiave che gli era già stato destinato in caso di vittoria. Sui giornali non ne fece mistero e fu quindi messo alla porta. L’aver rinunciato al premio di maggioranza che l’Ulivo dispensava agli alleati “supini” era più che sufficiente per fare di lui un eroe e se a quell’epoca non gli ho dato manforte abbandonando l’acidulo partito verde è solo perché amava farsi fotografare durante le battute di caccia al fagiano che si svolgevano sulle montagne del Mugello. Odiavo la caccia e amavo i fagiani vivi, capisco di non essere del tutto a casa, ma non posso nascondere la verità. Avrebbe quindi corso alle elezioni da solo, ma per riuscirci doveva chiudere le liste al più presto. Purtroppo per lui non era ancora riuscito a risolvere un problemino che nasce tutte le volte che si mette in piedi un partito da zero: non aveva una lira. Per questo aveva incaricato i collaboratori di reperire ovunque tutte le risorse disponibili. Il suo uomo all’Avana, in forza a Bologna, era una ragazza con le lentiggini, due occhi da cerbiatta e con due seni rotondi delicatamente adagiati in un corpetto a balconcino. Anche Maccione nutriva un certo interesse per quelle due sfere celestiali. Nugoli di cupidi serafini, nati da esuberanti fantasie che non era riuscito a trattenere, si mescolavano alle frasi sconnesse che gli cadevano fuori dalla bocca come pezzi di baccalà salato. Ancor prima di essersi seduto al tavolo delle trattative aveva già deciso cosa fare. L’avrebbe seguita, spada in pugno, fin nelle più sperdute lande parla259 Pagina 259 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 mentari. Con noi, da solo, con altri, non aveva nessuna importanza. Il dado era tratto! La fata turchina ci fece accomodare attorno al tavolo e se non fosse stata così affascinante da farsi perdonare ogni crimine avrei classificato le maniere con le quali ci propose di entrare a far parte del suo partito come un atto di puro opportunismo mercantile degno di un fruttivendolo, tanto per restare in tema di oggetti globiformi. Chiunque si fosse voluto candidare doveva firmare una fideiussione fino ad un massimo di cento milioni. Il costo dipendeva dal collegio scelto che saliva o scendeva eleggendosi ad unità di misura in base ai voti raccolti dal partito alle precedenti elezioni europee. Il dito della Fatina correva sulla carta geografica, mentre i pregi e i difetti delle circoscrizioni, erano sviscerati in modo così meticoloso da farla apparire come un convincente imbonitore televisivo in procinto di rifilarti l’ultimo modello di un noto aspirapolvere. Il candidato avrebbe poi dovuto garantire la sua onorabilità allegando la documentazione inerente al possesso di immobili o di qualsiasi altro bene. Le Mercedes usate sarebbero state valutate in base ai chilometri. Quando domandai se le qualità personali incidessero sulla scelta mi fu risposto: “non più di tanto…”. Qualora il partito avesse totalizzato il quattro per cento, i soldi sarebbero stati restituiti. In caso contrario, smarriti completamente. Nel frattempo le perdite potevano essere compensate dalla vendita di magliette, dalle percentuali sottratte alle cene elettorali, dai gadget e quant’altro. Ingenuamente chiesi se era disponibile un collegio da cinquecentomila lire. Mi guardò come si guarda un fesso e sorrise. Non c’era nessun “collegio discount” alla portata delle mie finanze e fui costretto a rinunciare. Prima di andarmene la salutai dicendo che speravo nei saldi di primavera. Quel partito si avvicinò al 4% senza raggiungerlo e così, in un primo tempo, nessun candidato fu risarcito delle fideiussioni. Cambiarono la legge e il finanziamento fu concesso anche ai partiti che non avevano raggiunto la percentuale richiesta, ma non ho mai saputo se l’investimento sia poi rientrato nelle tasche dei candidati. Maccione non venne eletto e soltanto un candidato di quel neonato partito riuscì ad entrare in Parlamento grazie a indecifrabili alchimie elettorali. Questo fortunato signore, anzichè gioire e ringraziare, dopo neanche un giorno, cambiò bandiera. Se il diavolo fa le pentole, ognuno si sceglie i coperchi da solo. 260 Pagina 260 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 I salmoni Niente paura, la strada della rappresentanza è dura ma non impossibile. Nulla deve essere lasciato intentato. Se un principe si trasforma in rospo dopo essere stato baciato dalla principessa, un candidato può sempre trasformarsi in un pesce per essere eletto in Parlamento. I salmoni risalgono i torrenti per raggiungere il lago di montagna dove avviene la riproduzione. Si tratta di un viaggio lungo, disseminato di trappole e irto di ostacoli. Gli alberi caduti nel letto del torrente, gli orsi affamati e le stesse cascate che bisogna risalire nuotando controcorrente possono apparire come barriere insormontabili. Ma i salmoni possiedono un corpo snello dotato di pinne mosse da vigorosi muscoli natatori che permettono considerevoli balzi in avanti. I salmoni hanno così imparato a saltare gli ostacoli nel corso dell’evoluzione. E non sono i soli. “La determinazione” - si legge in (E)lezioni di successo di Alberto Cattaneo e Paolo Zanetto, edito da Etas - “la determinazione delle liste elettorali è comunemente compiuta dalle segreterie di partito e dai loro leader. Per l’aspirante politico si tratta di “giocarsi” al meglio le relazioni che possiede con i decisori all’interno del partito per entrare a far parte della lista.” All’aspirante politico, sprovvisto di finanze e senza alcun seguito, non resta quindi che “giocarsi” il capo “al meglio”. Il salmone invia doni assortiti al capo, Champagne Magnum, libri, quadri, cd, dipende dai gusti. A Natale compone ceste natalizie, botanico dilettante cerca frutti sconosciuti, interroga gli enologi sui vini rari così da imbandire ricche cornucopie. Ma ogni segretario che si rispetta non dirotta gli aerei, ma i regali. Prende le ceste del salmone, cambia il biglietto d’auguri e le rispedisce ad altri. Ci sono ceste di salmoni che, a insaputa dei loro primi mittenti, hanno fatto promuovere un deputato a sottosegretario e un tirapiedi a senatore. Altre ceste natalizie, meno pregiate delle precedenti, sono in viaggio da un ufficio a un altro da non meno di dieci anni e sembra proprio che continueranno a girare dentro a Montecitorio ancora a lungo. Il salmone è quindi costretto a ricominciare tutto da capo. Batte i barbieri fino ad una calvizie indotta da forbici e rasoio. 261 Pagina 261 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Frequenta i salumieri alle ore dedicate dall’Onorevole alla spesa salvo poi scoprire che i “castigiani” mangiano tutti alla buvette. S’intrufola nei circoli esclusivi, bridge, canottaggio, golf e tennis, dove mogli e figlie dei potenti ammazzano la noia chiacchierando all’oscuro dell’imminente safari del salmone. Offre Martini e Cuba Libre con gli ombrellini, frizzantini a non finire, così da non far apparire troppo esplicito il suo scopo. Dispensa cocktail a destra e a manca e riempie il calice a chiunque, anche ai ragionieri, maestri di rovescio, che poco o nulla hanno a che vedere con l’alta politica romana. Dai oggi e dai domani, dai cocktail è rovinato. Dai barman protestato. Dai tribunali liquidato. Ma la corsa dei salmoni non si ferma nel disdoro se la meta è una poltrona tutta d’oro. Lo sponsor “ff a i d a t e ” Se fallisce la vita da salmone e le risorse continuano a scarseggiare si può sempre promuovere una campagna di finanziamento. L’applicazione del found raising alla politica verte sostanzialmente sull’organizzazione di pranzi e cene la cui finalità viene spesso fraintesa. Facciamo un passo indietro per capire cosa intendo. Durante il vecchio proporzionale era consuetudine guadagnarsi le preferenze invitando gli elettori al ristorante. Il solito indiano di nome Geronimo racconta che durante le vecchie campagne elettorali, quando ancora viveva libero nelle sconfinate praterie della Prima Repubblica, per pranzi e cene elettorali si poteva spendere fino a due miliardi di vecchie lire per collegio. A quei tempi tutti gli invitati erano al corrente che alla fine del pranzo, subito dopo il caffè e l’ammazzacaffè, nessuno avrebbe dovuto aprire il portafoglio per saldare il conto. Bastava intascarsi il fac-simile della scheda precompilata per andarsene dal locale senza aver sborsato un centesimo. Tale consuetudine non è andata perduta e sopravvive ancora ai giorni nostri pur rivolgendosi agli elettori, meno abbienti, del candidato. Gli altri, quelli ricchi, subiscono un trattamento completamente diverso. Tant’é vero che al termine del pranzo il santino elettorale giunge insieme al conto. A quel punto si guardano tutti attorno imbarazzati. Si rendono conto che il candidato non chiede soltanto il voto, ma anche un sostegno economico alla campagna elettorale e si verifica cioè l’esatto contrario di 262 Pagina 262 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 quello che accadeva una volta. Qualcuno fugge di soppiatto, altri se ne vanno fingendo di non aver capito, i meno fantasiosi si nascondono sotto il tavolo. E questo improvviso smaterializzarsi di elettori non è l’unico inconveniente. Bisogna fare sempre molta attenzione nel dividere gli invitati che mangeranno gratis da quelli che saranno costretti a diventare i finanziatori della campagna elettorale. È opportuno verificare ogni eventuale conoscenza, perché si può facilmente incorrere nelle ire dei “paccati” *, il cui zio o cugino, invitato la sera prima ad un banchetto simile, non ha dovuto cacciare cento euro per una lasagna surgelata, affettati in vaschetta e vino con il coperchino schiarito col metabisolfito. * Paccati: sinonimo gergale di fregato, destinatario di pacchi mancini. Meno raccomandate per tutti Spedire una lettera costa qualcosa di più di un caffè. Ma nel libero mercato ciascuna azienda può decidere liberamente il prezzo dei servizi erogati. Tempo addietro mi colpì una notizia apparsa sui quotidiani. A chiunque fosse venuto in mente di presentare la propria candidatura al Presidente “meno tasse per tutti” doveva sborsare una decina di milioni solo per essere certo che la proposta finisse sulla scrivania di Arcore. Meno tasse per tutti, ma non certo per i politici. Quindi, per spedire il proprio curriculum vitae, chiuso in un plico di pochi grammi, da una qualsiasi località italiana in provincia di Milano, restando pur sempre all’interno dei confini nazionali, bisognava chiedere un finanziamento alla banca. Si trattava della spedizione più costosa di tutta la storia postale dell’umanità. Sicché, se i politici sono costretti a rubare la colpa non è la loro, ma di quei corrieri che richiedono cifre da capogiro per trasportare una lettera da una città all’altra del paese. 263 Pagina 263 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Ritorno in aula L’imputato aveva terminato di leggere il bestiario di zoologia politica ritrovato casualmente in quell’albergo di Chianciano. Malgrado la durata dell’esposizione, tutto il pubblico presente in sala, la Giuria e i giornalisti, non sembravano affatto stanchi. Anzi, grazie a tutti quegli aneddoti potevano finalmente vedere il mondo della politica con occhi diversi. Dalle espressioni s’intuiva che volessero continuare ad ascoltare delle altre storie e quello che doveva essere un processo si era mutato in un’avvincente confessione, nella resa dei conti di un uomo che non ha più nulla da perdere se non le sue catene. Anche il Giudice, forse soprapensiero, si dimenticò dell’Accusa che stava interrogando l’imputato e gli chiese se poteva ricominciare dal principio e cioè dal giorno in cui aveva deciso di entrare in politica. “Le motivazioni” – sottolineò il Giudice – “le motivazioni che l’hanno spinta a fare il grande passo m’interessano particolarmente, quelle che l’hanno costretta ad abbandonare una vita normale per concedersi anima e corpo alla creatura” “Non vorrei deluderla” – si rammaricò l’imputato – “in principio non credo di essere stato mosso da una ragione profonda. O meglio, diciamo così” – fece un pausa per cercare le parole più adatte – “Quando presi coscienza che mio padre aveva bisogno di un aiuto per via di alcuni meschini politicanti che assediavano il partito verde decisi che non avrei potuto restarmene con le mani in mano. Dovevo arruolarmi per consentirgli di fare quello per cui è sempre stato tagliato e cioè un buon lavoro. Da quel lontano 1999 i giorni, i mesi, gli anni, sono volati via all’ombra di mille battaglie” - abbassò il capo - “soltanto quando vidi che la salute di mio padre era stata così duramente provata da costringerlo al ritiro, presi il suo posto. Ma è bene, come mi chiede vostro Onore, ricominciare dall’inizio”. 264 Pagina 264 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Nani, alpinisti e ballerine Nel 1999 il partito degli ambientalisti candidò mio padre: Giorgio Celli. Questa decisione fu maturata dall’allora Presidente, Luigi Manicon e un ruolo di primo piano lo giocò un mio caro amico di Rovigo, il dottor Claudio Modena, che avevo conosciuto poco prima di girare un documentario sul Delta del Po. Fu proprio lui, che lavorava per il Ministero dell’Ambiente ed era sempre a Roma, ad intercedere con Manicon, il quale non sapeva neppure che mio mio padre fosse iscritto al partito verde. Mancon era un sociologo, un professore universitario, imprestato alla politica per dare un senso al disordinato movimento verde. Si trattava di un politico colto e dalle letture ricercate, anche se un po’ troppo sbilanciato sulle questioni sociali. In seguito ho riscontrato quanto fosse diffusa questa attitudine. Alle riunioni degli ecologisti era molto più facile discutere di problemi legati all’immigrazione e molto meno di biodiversità, quasi per niente di alberi e riforestazione urbana. In tempi più recenti, quando ho letto che a Milano pianteranno 36 carpini in piazza Duomo ho capito di non aver lottato invano, ma allora, quando il partito verde veleggiava intorno ad un misero 3%, se parlavi di alberi ti ridevano dietro. Insomma, Manicon era un ottimo presidente, ma ugualmente ritengo che sarebbe stato più adatto a presiedere il Partito di Rifondazione Comunista che non quello verde. Mancavano meno di tre mesi alle elezioni europee. Tre soli mesi per raccogliere voti in una delle campagne elettorali più assurde di tutto il sistema democratico. Alle europee i cittadini sono costretti ad eleggere un rappresentante che entrerà a far parte di un’istituzione che, oltre a possedere dei poteri estremamente limitati, è scarsamente conosciuta. Da molti antieuropeisti è considerata un ente inutile, o peggio, un covo di burocrati che vorrebbe dettar legge su tutto, compreso il diametro dei fagiolini. Un tale discredito deriva dal fatto che la Comunità Europea, con tutto l’apparato burocratico che la circonda, si fonda su processi decisionali che finiscono per nascondere la paternità delle sue azioni attraverso una sorta di scaricabarile all’incontrario. Solitamente, nei governi locali accade l’opposto. Se in una ridente cittadina di campagna il Comune decide di chiudere una strada al transito, i commercianti, da quei grandi cacciatori di responsabilità che sono sempre stati, andranno in Comune per farsi consegnare gli esiti delle votazioni e procurarsi un’inconfutabile prova cartacea che il Consigliere Gino 265 Pagina 265 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Bianchi ha votato a favore e Sandro Neri contro. Da quel momento, fra un etto di prosciutto e un bicchiere di vino rosso, un biliardo e una camicia ritirata al lavasecco, il Consigliere Bianchi sarà conosciuto per “…si dice in giro che venda droga ai giardinetti d’infanzia” piuttosto che per essere riuscito a far ristrutturare l’ospizio cittadino. Maldicenza dopo maldicenza, il Consigliere Bianchi sarà passato per le armi al tramontar del sole. La Comunità Europea risolve il problema dell’individuazione del colpevole. Intanto, solo un’esigua minoranza riesce a pagarsi un viaggio fino a Bruxelles. E anche quando le finanze lo permettono non è affatto facile per i manifestanti trovare la strada giusta per il Parlamento Europeo. Se vai a Parigi e vuoi farti un giro ai magazzini generali puoi raggiungerli facilmente usando il metrò perché sotto la fermata Chausée d’Antin, riportata su tutte le piantine, ci trovi scritto La Fayette, mentre se vai nella capitale belga scoprirai che sotto la fermata Schuman non c’è scritto nient’altro. Certo, chi conosce la storia può facilmente immaginare che, essendo Robert Schuman uno dei padri fondatori dell’Unione Europea, quella sia certamente la fermata più vicina all’Europarlamento, ma per il povero contestatore straniero - poco incline al francese e al fiammingo, spossato dalla lunga trasferta - il gioco si fa duro. A tutto questo si aggiunga che le Direttive Comunitarie sono recepite a distanza di anni da tutte le istituzioni sottoposte come Stati e Regioni, istituendo una comunità estesa di responsabili dove è impossibile individuare il capro espiatorio da immolare sulla pubblica piazza. La decisione presa dalla UE che permettere ai mussulmani di sgozzare i montoni (senza stordirli prima di tagliar loro la gola) è stata presa quasi di nascosto. Solamente quando i Parlamenti degli Stati Membri si sono trovati costretti a dover recepire la direttiva sulla “macellazione rituale” si è aperto un accalorato dibattito, ma ormai era tardi per impedirne l’adozione. “Non si può certo mettere l’Italia contro la Comunità Europea!”, sentenziarono molti Onorevoli che votarono a favore della legge, tolta la Lega è pochi altri. Si è quindi trattato di un evento che rientra in quel fenomeno che Ralf Dahrendorf ha definito come “emigrazione delle decisioni”, anche se sarebbe stato meglio chiamarlo: “istituzione dell’impunità elettorale”. Su questo, il sociologo tedesco si è espresso chiaramente: “Comunque si definisca o si descriva lo spazio tradizionale delle istituzioni democratiche, almeno da un punto di vista europeo, è certo che esso sta perdendo rapidamente terreno rispetto alle decisioni importanti: è la Banca Centrale Europea a decidere i tassi d’interesse; è la Nato a pianificare gli attacchi aerei; è il Fondo Monetario Internazionale a decidere chi debba o 266 Pagina 266 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 meno ricevere ulteriore aiuto da parte della comunità internazionale. In questi casi, almeno, ci si confronta con delle istituzioni”. Per questo e per molti altri motivi, in primis l’estensione del collegio, le elezioni europee costringono i partiti alla scelta di candidati la cui fama riesca a compensare la scarsa conoscenza del Governo Europeo. La scena si popola allora dei cosiddetti “nani e ballerine” così sopranominati in maniera dispregiativa dagli stessi politici di professione che soffrono non poco per la celebrità altrui che si trasforma nello stesso consenso elettorale che a loro è costato lacrime e sangue. Ce n’è per tutti i gusti: transessuali, calciatori, modelle, igieniste dentali, massaggiatori sportivi, cartomanti, imbonitori e, come nel caso di mio padre, conduttori televisivi. Sono la “carne da cannone” con la quale i partiti tentano di succhiare al popolo tutti quei voti che non sarebbero mai concessi ai simboli politici, ma solo alle persone celebri. Questi candidati saranno ripagati nel peggiore dei modi perché lo stesso partito, concentrando ad hoc le preferenze di cui dispone li farà cadere fulminati come mosche, bollandoli con fare dispregiativo con il nome di “trombati”. Non vi era quindi miglior “nano” che gli ambientalisti potessero scegliersi nel 1999 quando candidarono Giorgio Celli, mio padre. Il Professore, così lo chiamavano tutti, amici e nemici, studenti ed amanti, annoverava molto talento e un’infinità di frecce al suo arco: autore televisivo, presentatore, scrittore, drammaturgo, poeta, critico d’arte, adoratore dei gatti, ecologista, etologo, entomologo, professore all’ultimo grado della scala universitaria, fondatore della prima bio - fabbrica italiana di insetti utili, curatore di percorsi museali e leggendario donnaiolo. Insomma, non avrebbe avuto rivali rastrellando voti in ogni dove, dalle metropoli alle sperdute province. Ma se chiodo scaccia chiodo confezionarono per lui una di quelle trappole di cui nessuno immaginerebbe mai l’esistenza. Dopo che mio padre aveva sottoscritto la cosiddetta “accettazione della candidatura” candidarono una leggenda vivente dell’alpinismo, al secolo Reinnhold Ermes. Alla fama opposero la fama sperando di annullarle entrambe per trarne il maggior beneficio possibile per loro, per i dirigenti romani del partito verde, s’intende. L’avventura non stava quindi filando liscia come l’olio, anzi in giro c’era solo dell’appiccicoso catrame nero sparso da chi aveva tutto l’interesse che Giorgio Celli perdesse le elezioni. In un tardo pomeriggio di inizio estate mio padre alzò il telefono e mi chiamò. Per la prima volta nella mia vita aveva bisogno del mio aiuto e non io del suo. 267 Pagina 267 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Attenti al lupo Avevo da tempo maturato l’idea che dietro all’apparenza innocua degli avvenimenti, anche i più banali, si nascondesse l’agire occulto di qualcuno. Ero così convinto nell’affermare questo principio che in casa mi ero guadagnato la nomea di dietrologo. Qualcosa mi diceva che una dote di questa strana natura, mi sarebbe prima o poi servita a sopravvivere e così fu. Quel tardo pomeriggio, quando incontrai mio padre nel suo studio all’Università, faceva un caldo terribile malgrado ci trovassimo solo all’inizio dell’estate. Mi chiese di scendere a fare due passi nel giardino della facoltà: un eden arboreo arroccato dietro alle vecchie mura medioevali della città dove in seguito, le solite cooperative, avrebbero poi costruito un parcheggio. All’ombra dei tigli profumati c’erano due file di casettine colorate delle api, poco distanti dalla panchina dove solitamente andavamo a sederci. Davanti a noi, proprio all’ingresso del giardino, dimorava la maestosa e possente quercia centenaria sotto la quale avevo trascorso gran parte dei pomeriggi della mia infanzia mentre l’illustre Professor Celli faceva lezione agli studenti bramosi di conoscere i segreti delle coccinelle, avide divoratrici di afidi. Mio padre si fermò a controllare le telecamere che usava per scoprire se gli apoidei possedessero una mente cognitiva. Una leggera brezza accarezzò i nostri volti concedendoci una tregua dal caldo, mentre l’impeccabile silenzio di quel pomeriggio era rotto solo dal ronzio delle api che bottinavano i fiori del prato. Mi lanciò uno sguardo sornione: “Se sei un dietrologo” – disse – “ spiegami un po’ perché, dopo avermi candidato, nessuno mi risponde più al telefono?”. Il grande professore, emulo di Karl Von Frisch, malgrado avesse studiato per tutta la vita l’etologia degli animali, non riusciva a trovare una risposta ad un comportamento umano. Dopo essere rientrati nel suo studio mi ritrovai fra le mani un volume di uno dei padri dell’Entomologia, vissuto a cavallo del secolo, Cavaliere Templare degli scarabei, nonché maestro di mio padre: il professor Guido Grandi. Una frase di questo libro dedicato agli insetti mi colpì così profondamente da identificarla come un segno del destino: 268 Pagina 268 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 “È una tale apocalittica stirpe di esseri che noi tenteremo di porre innanzi, con parole piane, al lettore, perché impari a conoscere alcune delle più occulte e stupefacenti manifestazioni della vita, e a trarne i dovuti e salutiferi insegnamenti”. La più occulta e stupefacente manifestazione della vita è certamente la politica e l’apocalittica stirpe di esseri sono, senza dubbio alcuno i politici e non certo gli innocui insetti. Guardai il Professore mettere in ordine la scrivania. Chiusi il libro e accettai l’incarico: “Ci penso io!” – dissi. Il dietrologo aveva appena raccolto il guanto di sfida lanciato da suo padre. Stavo per diventare un politico, o forse, lo ero sempre stato senza saperlo. La sede del partito Incominciai così a frequentare la federazione locale del partito. Il Presidente provinciale Filippo Boriazzi aveva avuto la brillante idea di affittare un’ex pellicceria. Non si era preso neppure il disturbo di cambiare l’arredamento, così, quando entravi, ti saresti aspettato di trovarti faccia a faccia con una lontra morta o uno zibellino cucito a forma di sciarpa. Si accedeva alla sede oltrepassando una vetrina situata sotto il portico di via Augusto Righi, al fianco della pizzeria Il rosso, ora soltanto ristorante, ma pur sempre un luogo caratteristico della Bologna di una volta. Un centinaio di metri quadrati erano stati divisi in tre uffici di rappresentanza (l’ufficio e l’anticamera del Parlamentare eletto nel collegio e la segreteria del partito regionale governata da un’acida signora di 200 chili), una cucina con tanto di stoviglie arrugginite, un bagno, e una grande sala conferenze che sfoggiava un colossale tavolo di marmo color tabacco. Alle pareti erano rimasti appesi alcuni specchi incorniciati da croste dorate mentre sui muri spiccava una carta da parati turchese. C’erano poi degli stucchi sugli spigoli e un decoro floreale di gesso incollato al soffitto. Una mostruosa pacchianeria frutto della fusione di un film Peplum con un pub situato nella zona rossa di Amsterdam gestito da studenti fricchettoni con il pallino della politica. In giro ci potevi trovare di tutto: fasci di manifesti, torri pendenti di pieghevoli, bandiere sporche, lattine vuote di birra, manifesti arrotolati. Odore di polvere e di carta vecchia si mescolavano al fumo delle sigarette 269 Pagina 269 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 di cui si faceva un gran uso durante le riunioni. Ma quello che più ti colpiva era la scollatura esistente tra il programma elettorale e lo stato delle cose. Nessuno differenziava la carta. Lo sciacquone del bagno scrosciava acqua in continuazione per via di un manicotto rotto e non certo per ionizzare l’ambiente come una fontanella zen. Per arrivare alla sala riunioni bisognava arrampicarsi su per una scala ripida e tortuosa che avrebbe dissuaso ogni handicappato in carrozzina giunto ad una riunione dei vertici locali del partito per chiedere l’abolizione delle barriere architettoniche. Nessuno sembrava convincersi del fatto che chiunque fosse entrato in quel posto, dopo aver fatto due più due, avrebbe detto addio per sempre agli ecologisti scesi in politica per far valere le ragioni dell’ambiente. Evidentemente, se il partito continuava a sopravvivere tra gli zero virgola delle percentuali elettorali, lo doveva alla scarsa conoscenza che gli elettori avevano della sua sede o quantomeno alla mancanza di una valida alternativa. Ogni giovedi sera si svolgeva la consueta riunione settimanale moderata dal Portavoce Comunale, Gianni Prugnoli, il tecnico di radiologia che viveva nella speranza di essere prima o poi trasferito in Regione o presso un gruppo istituzionale in modo da potersi dedicare interamente al partito. Renzo Banderuoli era sul libro paga del cognato Onorevole e faceva sempre gli onori di casa con la discrezione di un maggiordomo inglese. Tra tutti era il più simpatico e quando rideva gli spuntavano dalle labbra due grossi fanoni di balena a forma di zappa ai quali subentrò nel giro di pochi anni una bella dentiera. Ci parlavo volentieri, anche se rimaneva inguaribilmente fedele alla linea dettata dal partito, e cioè a quella del cognato. Franco Piana, era pelato e con la barba. Ci teneva particolarmente a far risaltare un aspetto riflessivo stringendo la sigaretta tra l’anulare e il mignolo. Parlava poco e quando apriva bocca il tono era pacato, alle volte così sussurrato che si faticava a sentirlo, ciò nonostante le sue deduzioni erano intrise di maldicenze maleodoranti quanto lo sarebbe potuto essere un pannolino sporco. Infine c’era Amed Birichini un arabo che era riuscito a farsi assumere alla Regione come responsabile “parapapà” di un non meglio precisato “organo istituzionale”. Si diceva comprasse i voti per cinquanta mila delle vecchie lire da quei pochi extracomunitari che potevano votare. Un voto oggi a Tizio e un voto domani a Caio ed ecco che si era sistemato per tutta la vita alla faccia dei poveretti che devono alzarsi tutte le mattine per andare a scaricare le cassette di frutta nei mercati. Alle riunioni partecipavano raramente gli eletti, quasi mai i cittadini e non tardai a comprenderne le ragioni. I convenuti seduti ordinatamente davanti a Prugnoli, che con l’andar del tempo aveva finito per assomiglia270 Pagina 270 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 re ad una pustola arrossata in procinto di scoppiare, discutevano ogni volta sul ruolo e il peso che il partito verde avrebbe dovuto avere all’interno dell’Ulivo. Dibattiti noiosi, talvolta combattuti, che si mutavano in discussioni sul ruolo che ogni presente avrebbe dovuto rivestire in questo o quell’altro ente di secondo grado o in un’altra appetitosa istituzione dove imboscarsi e vivere per sempre alle spalle della collettività. Nel corso della serata si spartivano tutti i posti liberi da Cattolica a Piacenza salvo poi convenire che i Ds erano così cattivi ed egoisti che avrebbero tenuto tutte le cariche per loro. Dopodiché si apriva un dibattito che verteva sul decidere quali eletti si erano resi colpevoli di aver male interpretato la linea dettata dal partito. Citando il pensiero degli innumerevoli elettori assenti - solo i presenti riuscivano a coniugarne le aspettative – sentenziavano condanne a tutto spiano malgrado l’indisposizione degli imputati. Individuati i capi d’accusa, la serata terminava scrivendo lunghi papiri di scomunica inviati ai consiglieri comunali di ogni dove che regolarmente levavano le tende dal partito senza farselo ripetere due volte. Non si trattava tanto di pavoneggiare la forza delle dirigenze elette da qualche congresso taroccato, quanto di godersi il gusto particolare di essere riusciti a scacciare qualcuno. Credo ci godessero. Anzi si vantavano persino e quando litigavano tra loro si minacciavano appellandosi a tutte le espulsioni di cui dicevano di essere stati gli unici artefici. Se poi ti mettevi ad indagare scoprivi che gli espulsi erano stati troppo autonomi da quel gruppo di lunatici ecologisti. In una parola avevano fatto quello che ritenevano giusto in nome di chi li aveva eletti senza cedere alle richieste di chi voleva spuntare qualche poltrona per sé. Quando restava un po’ di tempo erano indette decine di azioni suddivise tra volantinaggi e manifestazioni, quasi tutte rimandate a data da destinarsi per mancanza di volontari. Imparai ben presto che se volevo proporre un’azione politica questa doveva rispondere a due requisiti. Non doveva contestare alcunché che gravasse intorno ai Ds e soprattutto andava proposta in privata sede e in anticipo a Prugnoli, cosicché lui avrebbe potuto presentarla come un’iniziativa sua che veniva affidata a me. Detto questo chiunque poteva aderire, ma siccome ero l’ultimo arrivato nessuno aderiva. Così che tutti gli alberi che ho piantumato in città me li sono sempre piantati da solo. Per un paio di volte tentai di vivacizzare le serate invitando alcuni amici all’oscuro di tutto, ma al termine della riunione mi sentivo in dovere di offrire loro da bere in cambio della pessima serata e a quel punto mi chiedevano come riuscissi a sopportare uno “sfogatoio” simile. Usarono pro271 Pagina 271 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 prio questo termine che non avevo mai sentito e che si adattava benissimo a quelle serate: da incubo. Se questa è la politica: tenetevela! Salutavano e chi li vedeva più? Lo sa bene Piero Nobile che correva dietro ai fuggiaschi cercando di trattenerli in tutti i modi. Se penso agli anni che hanno preceduto Genova mi convinco di averli vissuti in un clima opprimente, attarversato da relazioni acide e altri rancori. Mi ritornano alla mente quei sedili di plastica della sala riunioni, risento le voci di quelle tediose serate, ritornano i manifesti ingialliti e mezzo scollati dalle pareti e l’odore artificioso del deumidificatore nel quale la segretaria della federazione versava dolciastre essenze di pino silvestre. Dopo un’esperienza del genere chiunque avrebbe visto nel nuovo Portavoce Roy - tuttavia ancora molto lontano - l’angelo della salvezza. Appuntamento al buio Ad ogni occasione domandavo di conoscere la linea del partito e cioè chiedevo di conoscere con esattezza quali strumenti organizzativi sarebbero stati posti in campo per animare la campagna elettorale, ma gli interpellati lasciavano cadere la domanda con una certa indifferenza. Immaginavo, forse ingenuamente, che i candidati al parlamento europeo sarebbero dovuti essere invitati ad un certo numero di iniziative organizzate dal partito, un “plafond” di incontri dove veniva illustrato il programma e le battaglie più significative da combattere in sede europea. Al contrario, incominciai a capire che la promozione elettorale era affidata all’intraprendenza dei singoli. Il capo di quella banda, il famigerato parlamentare di collegio, dopo molte insistenze, mi concesse un appuntamento. Passai due ore seduto in anticamera aspettando di ricevere udienza. Quando finalmente arrivarono alcuni suoi amici pensai che era finalmente arrivato il mio turno e che prima di farli entrare avrebbe ascoltato quanto avevo da dirgli. Mi sbagliavo. L’Onorevole uscì dalla porta, abbozzò un sorriso nella mia direzione e abbracciò festoso i visitatori tra i quali riconobbi Nando della Cattedrale che a quel tempo portava ancora due corposi baffoni. Li guardai andar via mentre si facevano inghiottire dalla ripida scala uno dopo l’altro. Dalla finestra li vidi mentre attraversavano la strada ed entravano nella pizzeria di fronte. Poco dopo comparve l’elefantesca segretaria che uscendo bofonchiò 272 Pagina 272 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 che quando me ne fossi andato avrei dovuto tirarmi dietro la porta. Ero rimasto solo in quel posto deserto mentre la controparte del mio appuntamento stava molto probabilmente mangiando a quattro palmenti. Me ne restai lì da solo e ancora una volta mi guardai intorno. Solo la poltrona che vedevo attraverso la fessura della porta che dava sull’ufficio dell’Onorevole emanava la solita autorevolezza di sempre. Lo schienale ovale, slanciato verso l’alto, richiamava il trapezio muscoloso del culturista, mentre l’essenza legnosa, lucidata a specchio, incorniciava un’imbottitura di raso vermiglio incoronata da una fila di borchie dorate. L’ utilizzatore finale era ovviamente il deputato che se n’era appena andato. Un tipo spettinato che ai cortei indossava sempre completi sdruciti di jeans e scarpe a tennis, girava in bici, ma poi, quando rientrava in ufficio si stravaccava su quella bella poltrona da “commenda”. Aveva rinunciato a tutto, ma non a quei pochi feticci che dall’antica Roma a oggi hanno sempre fatto da corollario all’attività dei politici. Tornai a casa verso l’alba, ma prima di andarmene mi ero trascritto l’agenda del partito. La lasciavano sempre abbandonata sui tavoli dei segretari e non c’era niente di male nel servirsene per contattare qualcuno a Roma. Ero deciso: avrei preso il toro per le corna. Voti uno, eleggi due Dopo un’infinità di Senatori, Deputati, Portaborse e Segretarie – le donne delle pulizie furono le più gentili - compresi che nessuno avrebbe fugato i miei dubbi. Rispondevano evasivamente, con frasi fatte, o affermazioni banali. Decisi allora di fare l’unica cosa possibile: imbastire una strategia. Ma prima, avrei dovuto scoprire il trucco, perché ogni silenzio non può che nascondere un disegno. Contattai un mio carissimo amico, uno studente di scienze politiche scrutatore perditempo - esperto di sistemi elettorali quanto basta per farsi un’idea di quello che i politici combinano. Gli spiegai che mio padre era stato candidato in due collegi: nord est (Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige) e nord ovest (Piemonte, Lombardia, Liguria, Val d’Aosta). I candidati che avrebbero potuto vincere erano sostanzialmente tre: Gianni Ramino, l’europarlamentare uscente, mio padre e l’alpinista Reinnhold Ermes; quest’ultimo correva come capolista in entrambi i colle273 Pagina 273 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 gi, mentre il Professore, come secondo nel nord-ovest e come terzo, dopo Ramino, nel nord-est. Nord ovest Lista al Nord est Reinnhold Ermes Giorgio Celli Reinnhold Ermes Gianni Ramino Giorgio Celli Non ci volle molto per arrivare alla soluzione dell’enigma e il mio amico mi spiegò quanto segue. Il vincitore della competizione era dato dal numero di preferenze totalizzate da ogni singolo concorrente indipendentemente dalla sua posizione di lista. Come dire che anche l’ultimo candidato della lista avrebbe potuto vincere se totalizzava più preferenze degli altri. Bisognava poi tenere a mente un’altra informazione molto importante. Su ciascuna scheda elettorale potevano essere espresse contemporaneamente due preferenze e cioè l’elettore avrebbe potuto votare contemporaneamente per due candidati presenti nella stessa lista. Ed era proprio la possibilità di poter accoppiare le preferenze che avrebbe influito sui risultati. Ma intanto bisognava partire dal presupposto che Reinnhold Ermes, ineguagliabile scalatore di vette e testimonial di una nota marca di acqua minerale che lo mandava in onda a suon di spot a tutte le ore del giorno e della notte, era il cavallo dato per favorito e come tale avrebbe incassato il risultato migliore. Restava quindi da capire come il bacino di voti dell’alpinista sarebbe stato usato strumentalmente dal partito verde. Dopo un giro di telefonate scoprimmo che il partito aveva dispensato l’ordine a tutte le sedi locali presenti nel nord est di convincere gli iscritti ad esprimere una doppia preferenza: una per l’alpinista Ermes e l’altra per Ramino, il Parlamentare uscente. Alle sedi del nord ovest era invece stato ordinato tassativamente di votare e fare campagna elettorale attiva solo esclusivamente per Reinnhold Ermes. Questo “escamotage” era la chiave di volta del gioco politico orchestrato alle spalle di mio padre. Per il mio amico era tutto chiaro come il sole. L’alpinista avrebbe vinto in entrambi i collegi, sia al nord est che al nord ovest e a quel punto avrebbe dovuto scegliere il collegio di elezione optando per il nord ovest, dove il partito non aveva indicato nessun altro nome oltre a lui. A mio padre, sconfitto al nord ovest, sarebbe rimasto il nord est dove l’uscente Ramino, sebbene fosse un politico pressoché sconosciuto, era stato accoppiato a Reinnhold Ermes. 274 Pagina 274 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Questa insolita fusione avrebbe fatto sì che i voti di Ramino si sarebbero sommati al rigoglioso bacino elettorale di Reinnhold. Così facendo, mio padre sarebbe stato sonoramente battuto. Ma da chi esattamente? Da un candidato più bravo e quindi più meritevole di lui? No di certo, da un candidato più furbo che si era gemellato ad un altro candidato per sfruttarne biecamente la fama. L’accordo del partito con l’alpinista diventò chiaro nella mia testa. Il Presidente del partito, un istante prima di stringere la mano a Reinnhold, doveva aver scoperto le carte in tavola: “Noi ti eleggiamo, ma tu ci consenti di eleggere uno dei nostri con i tuoi voti”. Ma quanto sono furbi questi politici! Mi dissi mentre ribollivo di collera. Non c’era dubbio, la sindrome della “ballerina trombata” si stava profilando all’orizzonte. Ecco spiegata una volta per tutte la ragione del silenzio: stavano fregando mio padre. E questo non potevo certo permetterlo. Cannonate Mio padre aveva effettivamente bisogno dei voti del partito? Certamente no, ma bisognava far sapere a tutti che era candidato e l’unico modo - d’altra parte “à la guerre comme à la guerre” - era quello di sparare cannonate sul partito verde ribadendo la presenza in lista di se stesso. Può sembrare paradossale, ma viviamo nell’era dell’insulto, tanto è vero che se sputi in faccia a qualcuno, lo insulti o gli salti addosso, finisci sul giornale, se invece gli dedichi un poema e lo incensi nessuno ne parlerà. Così - su mio consiglio - uscirono le prime bordate del Professore che denunciavano la truffa confezionata alle sue spalle: “Il presidente è una lingua biforcuta!” - gridò! …e giù a rigirare il coltello nella piaga - “Mi hanno usato per poi trombarmi.! Non cadete nella trappola, potrebbe essere eletto Reinnhold! Non votate per me!”. Avete mai sentito un candidato chiedere al popolo di non votarlo? Eppure, queste affermazioni sfondarono le prime pagine dei giornali. In realtà, mio padre stimava molto il Presidente Luigi Manicon, lo riteneva una delle poche persone intelligenti del partito, aveva perfino letto gran parte dei suoi libri, ma sapeva di dover sparare le ultime cartucce. Ora tutti conoscevano l’esistenza di mio padre che andava tuttavia ribadita con una buona campagna pubblicitaria. 275 Pagina 275 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo Un gatto alla riscossa 9-11-2010 9:25 “Avete candidato Celli? Mi spiace per lui che le api non possano votare.” Battuta di Romano Prodi a Filippo Boriani. Da tempo avevo incominciato a riflettere su quale potesse essere l’idea visiva da sfruttare nella campagna elettorale. In fondo era la mia specializzazione, fin dalla più tenera età ho sempre disegnato di tutto: fumetti, illustrazioni, simboli pubblicitari e per un certo tempo, dai dodici ai diciassette anni, ero riuscito a mantenermi disegnando vignette per il Corriere di Romagna diretto a quel tempo da Michele Bovi. Quando, in estate, mettevo da parte la matita arrotondavo qualche spicciolo recitando come attore e molti registi, primo fra tutti Pupi Avati, mi hanno fatto conoscere il mondo del cinema. Avevo ragionato lungamente passando in rassegna l’arte sacra alla ricerca di un simbolo che fosse fortemente evocativo. Indubbiamente la palma d’oro andava alla crocefissione. Ma scartai subito l’ipotesi perché la reputai troppo difficile da citare. Ma ve n’era un’altra di immagini, anch’essa conosciuta e molto meno cruenta della Passione: la madonna con bambino. È un’icona universale, archetipica, e magnetica. Risplende di un amore puro, è la prima e più importante figura di tutto l’immaginario umano. Davide Celli e Pupi Avati sul set di “Una domenica si” Pagina 276 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Tutte le madri della terra, dalla comparsa dell’ Homo sapiens fino ad oggi, hanno stretto i figli tra le braccia per proteggerli dai pericoli del mondo. Avrei potuto ricalcarla assoldando il bambino di un amico, ma poi mi ricordai di aver letto su di una rivista di propaganda americana che la maggior parte degli elettori ritiene che la politica sia per sua natura sporca e per questo non ama veder coinvolti i bambini nelle campagne di comunicazione. Avrei quindi dovuto trovare un degno sostituto del Bambin Gesù. Un lampo mi attraversò improvvisamente la mente: Lucy, l’adorabile gatta di mio padre avrebbe fatto al caso nostro. Ingaggiai un fotografo e lo convocai a casa di mio padre. Una volta piazzata la macchina sul treppiedi chiesi a Giorgio di prendere in braccio Lucy e stringerla a sé. Così nacque un manifesto unico nella storia della propaganda politica che Dino Gavina, il famoso Designer del mobile, definì geniale. L’immagine del professore con un gatto tra le braccia - icona rassicurante dell’uomo custode della vita indifesa, Madonna barbuta con gatto bambino - s’insufflò di vita propria e prese a navigare da sola nell’immaginario collettivo. Il simbolo del Partito verde scompariva al confronto di quella maternità felina. L’uomo era riuscito a trasformarsi in un simbolo senza essere stato ucciso dalla metamorfosi, per questo valeva mille volte di più di qualsiasi araldo che chiedeva in pegno la carne del portabandiera. Ancora oggi i politici per i quali lavoro mi domandano un’idea magnetiGiorgio Celli e la gatta Lucy ca quanto quella prima intuizione. Dispenso sempre loro un lampo, una scintilla luminosa, che vale più di tutto il denaro che possono racimolare, perché niente a questo mondo è più forte dell’ispirazione e della fantasia messe e insieme. Stampai oltre ventimila copie tra cartoline depliant e manifesti e con la mia Twingo (stracolma di rulli, secchi e colle) incominciai a battere le regioni del collegio. Quando montavo in macchina alla mattina Lara, mia moglie, la riempiva di cibo sapendo che sarei potuto tornare alla sera come dopo un’intera settimana. 277 Pagina 277 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Attaccai personalmente cinquemila manifesti e in meno di due mesi accumulai talmente tanti chilometri da dover dire addio per sempre alla mia amata automobile che se ne andò in pensione sostituita da una ben più capiente Suzuki Baleno. Ovunque andassi, accompagnato da Piero - detto il cubano - incontravo persone che si facevano in quattro per aiutarci. Tutti, gattari, gelatai, piccionare, postini, chiedevano di poter attaccare personalmente il “signore dei gatti”. Lo stesso Gabriele Salvatores, incontrato casualmente per strada, mi interrogò sulla presenza di Lucy e gli risposi che per la prima volta stavamo tentando di far eleggere un gatto al Parlamento europeo. Il signore che lo stringeva tra le braccia, il professor Celli, faceva solo da testimonial in sostegno al candidato gatto. Deve avermi preso per matto. Dove non riuscivo ad arrivare mi sostituiva Paolo, l’instancabile assistente di mio padre e quando non ce la feci più assoldai un commando di “attacca stacca”. Ormai era una guerra aperta tra candidati, ma i miei attacchini erano imbattibili, tanto che mi telefonò l’Onorevole Sauro Torrazzi dicendo che se avessi continuato a stracciare i manifesti di Ramino in quel di Forlì mi avrebbe fatto spaccare braccia e gambe da un amico scaricatore di porto. Non male per un Parlamentare della Repubblica Italiana. Rimpiango solo di non aver avuto un registratore a portata di mano. Gatti, cani e un tapiro Ma il vero colpo di fortuna, l’altro animale che fece la differenza, doveva ancora uscire dalla savana. Dio salvi pure la Regina, ma non si dimentichi di proteggere l’antico ordine cavalleresco dei tapiri, animali erranti, dal vello d’oro, che hanno preso il posto degli antichi cavalieri di Re Artù. Qualcuno, non si è mai saputo chi, spedì a Striscia la Notizia una rivista tedesca dove Reinnhold Ermes veniva fotografato in primo piano mentre imbracciava un fucile a cannocchiale che teneva puntato sul lettore. Era la copertina di un servizio dedicato alla caccia e ai suoi trofei. Dopo qualche giorno, un inviato del telegiornale satirico, il grande Sir Parsifal de la Staffel, consegnò al famoso scalatore il tapiro d’oro chiedendo come mai, il capolista del partito verde (che si batte per abolire la caccia, che si dichiara animalista e a favore dei vegetariani) pubblicizzasse un fucile da caccia. Reinnhold si arrab278 Pagina 278 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 biò scacciando l’inviato di striscia in malo modo come se ignorasse di essere ripreso. Se l’avesse buttata sul ridere, nessuno ci avrebbe fatto caso, invece s’infilò nella trappola con le proprie mani. I fatti che seguirono sono storia nota, l’alpinista si allarmò e smise di farsi campagna elettorale nel nord-ovest, optando per il luogo a lui più congeniale, ovvero per il collegio dove era nato e vissuto: il nord-est. Bingo! Il vento girava, questa volta, dalla nostra parte. Nei giorni seguenti, mio padre si trovò subissato dalle richieste degli ambientalisti del nord ovest che erano rimasti orfani del capolista Ermes. Ognuno reclamava la presenza di un candidato e ancor più di una persona meno compromessa con le armi da caccia. Dal canto suo l’alpinista incominciò a vedere nell’accoppiata con il Parlamentare uscente Ramino un concorrente che avrebbe potuto sottrargli dei voti. Così smise di chiedere all’elettorato di esprimere due preferenze, rivendicandone una soltanto, per sé e nessun altro. Allo stesso tempo incominciò a scalare i palazzi comunali di molte città adombrando completamente la visibilità di Gianni Ramino. La malevola strategia ordita dal partito andò in mille pezzi grazie al fendente di un pavido tele-moschettiere di Canale cinque. Mio padre fu eletto al Nord ovest e l’alpinista al Nord est, il povero Ramino fu costretto a ritornare a casa. Se c’è qualcuno che ha fatto eleggere il Professore non sono stati gli Onorevoli Verdi, ma un signore che anche nell’aspetto fisico ricorda molto uno dei tre moschettieri di Dumas, tale Antonio Ricci de D’Artagnan, da sempre schierato contro i “cardinali Richelieu” che affliggono la terra con le loro tiranniche congiure. Un autore televisivo che ha rivoluzionato la satira italiana gettando le basi di un nuovo modo di fare giornalismo fondato sull’agguato, sull’ostinazione dei reporter e sulla ricerca della verità. Elementi questi che saranno poi ripresi integralmente non solo da altri proAntonio Ricci grammi televisivi, ma dallo stesso movimento di Beppe Grillo. Insomma, per concludere: viva Antonio! Alle cinque di mattina, ricevetti una telefonata da un mio carissimo amico che m’informava dell’avvenuta elezione di mio padre al parlamento europeo. Ce l’aveva fatta! 279 Pagina 279 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Il burattinaio In quell’estate calda del 1999 il partito verde crollò miserevolmente incassando la percentuale elettorale più bassa di tutta la sua storia. Per questa ragione l’esecutivo che reggeva il Presidente Luigi Manicon imputò a lui tutte le ragioni adducibili alla cocente sconfitta e dopo averlo scacciato in malo modo sciolse il partito per entrare in una fase costituente che avrebbe dovuto far risorgere l’ecologismo entro le regionali del 2000. Quello fu l’inizio di una nuova fase costituente segnata dall’ingresso di un garante messo a capo di un esecutivo transitorio in grado di rappresentare tutte le correnti superstiti. Entrambi, reggente ed esecutivo, avrebbero traghettato il partito fino al congresso di Chianciano, alla devastante Hiroshima di tessere che ho descritto in precedenza. Il garante sarebbe quindi stato eletto da un posticcio congresso organizzato su due piedi. La ritenni un’occasione da non perdere per assistere ad un partito morente che risorgeva come una fenice dalle sue ceneri fumanti. Per questo decisi che mi sarei trasferito a Roma per un paio di giorni. Durante il viaggio in treno mi ritrovai con alcuni compagni ecologisti provenienti da diverse province dell’Emilia Romagna. Si lamentavano per quanto riportato dai giornali quella stessa mattina. La Repubblica anticipava l’esito del congresso affermando che si sarebbe concluso con l’elezione di Francesca Graziato, una giornalista ecologista, stimata e conosciuta nella galassia ecologista. A quel punto, tutti i presenti si chiedevano cosa andavamo a fare a Roma se avevano gia deciso tutto a tavolino. E giù a dirne di tutti i colori. Il congresso si svolgeva in una sala interrata come un bunker, rivestita di marmo marrone e in prossimità della Tiburtina. Fin dal primo intervento si accesero le ostilità verso la decisione “già presa” e da quel momento si discusse solo di quello. Durante questo fiume ininterrotto di lamentele e soliloqui notai che attorno ai parlamentari si formavano dei gruppetti di persone confabulanti. A turno si sguinzagliavano in sala formando altri gruppetti e questo brulicare febbricitante di formiche continuò senza placarsi per tutto il pomeriggio. Finalmente, dopo l’ultimo intervento, che per la centesima volta chiedeva ragione della decisione inopportuna, si alzò dalla sedia un tale, forse un senatore, e disse: “Bene, bravi, ma adesso la facciamo finita e votiamo per alzata di mano. Alzi la mano chi è a favore 280 Pagina 280 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 della candidata. Alzi chi è contro. Alzi chi si astiene”. Votarono tutti a favore senza neanche un voto contrario. Da quel momento compresi che il partito verde, unico produttore di eletti ecologisti in tutte le istituzioni, non era nelle mani dei congressi che già erano taroccati, bensì al servizio di entità ignote che nell’oscurità di qualche segreta stanza riuscivano a far approvare decisioni prese in barba ad ogni organo statutario. Chi erano i burattinai? Gli Onorevoli? Non sono mai riuscito a saperlo con esattezza, ma riporto un passaggio tratto dal libro “Politica occulta” scritto da Marco Dolcetta. I conti tornano: “…è infatti agevole riscontrare come funzionari dalle medie capacità organizzative e professionali, per giunta non strettamente allineati con l’uno o con l’altro dei partiti dominanti, vengano insediati ai vertici di compagnie pubbliche o di aziende dalle ingenti proporzioni, e riescano a mantenere questa loro posizione nonostante le crisi di mercato, le alternanze fra maggioranza e opposizione, e simili. Specie in Italia, si verifica poi che i leader di partiti politici quasi inesistenti, creati ad hoc e comunque dalla consistenza elettorale insignificante, vengono chiamati a far parte di governi, e spesso si vedano affidati alcuni dei ministeri chiave, oppure la guida di sindacati nazionali, la presidenza di commissioni parlamentari di importanza strategica. In simili casi l’azione della commissione, del comitato o di entrambi non può essere sottaciuta, e spesso vale come ricompensa per servigi precedentemente prestati o per avere a suo tempo favorito l’uno o l’altro esponente in ascesa.” Anche in questo caso “tutto il mondo è paese” e capita ancora oggi di non sapere dove e da chi siano state prese le decisioni. Anzi si è persino coniato un termine ad hoc per indicare le cosiddette “riunioni del caminetto”, dove sono definite le azioni alle quali tutti i mortali cittadini dovranno poi, volenti o nolenti, adeguarsi. Quando mi chiedono come mai - all’estero, in Francia, in Germania - i Verdi stranieri raggiungono percentuali vicine al 20% mentre in Italia spariscono, rispondo raccontando la storia di come fu eletta Francesca Graziato. Una storia che la dice lunga, molto lunga, su come il partito verde sia stato pilotato da parte di finti ecologisti e manovrato da orde di sconosciuti sonnambuli. Proprio così, io credo si sia impedito agli ecologisti di esprimere una linea politica capace di opporsi alla cementificazione, all’inquinamento e alla costruzione degli inceneritori. Beppe Grillo, che di fatto è subentrato al partito Verde, ha sfondato una porta aperta 281 Pagina 281 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 conferendo all’ecologismo politico la dignità che merita e che non gli è mai stata concessa fino ad oggi. L’inizio della fine ai primi di giugno del 2004 Dopo l’elezione di mio padre mi dedicai ai congressi locali. Per difenderlo dai latrati dei cani organizzai una corrente e diventai un capo corrente. Praticai l’ecumenica arte del pontiere. Mi elessi a baleniere e senza mai pentirmi incarnai ruoli e strategie prima di allora incomprensibili alla mia vecchia vita. Ai libri di poesie si sostituirono i dossier, alla creatività le acuminate lame delle diffamazioni da scampare. Pugnalai alle spalle e fui pugnalato diventando la cosa più lontana dal bambino che rivedevo seduto nel giardino della scuola. Sotto i ciliegi fioriti la maestra raccontava la storia della fionda e del gigante. Spiegava ai miei compagni delle elementari che il mio nome, veniva da lontano, dallo stesso luogo dove nascono le fiabe. Significava “amato” e per il Re che lo portava “amato da Dio”. Amato. Quanto mi suonava lontana quella parola! Cosa stavo facendo per essere amato? Il contrario di quello che avrei dovuto fare. Ma le regole non le avevo scritte di mio pugno e mai, ancor meno in quel momento, sarei riuscito a cambiarle. Forse era proprio questo il gigante da abbattere. Ma ci sarebbe voluto molto tempo ancora prima di poterlo affrontare “faccia a faccia” e le elezioni si avvicinavano. Dovevo scegliere e scelsi. Il partito, stando al numero spropositato di tessere di cui lo rifornivo, accettò di buon cuore la mia candidatura, pensò, forse a ragione, che si sarebbero trasformate in un discreto numero di voti. Credo che a Roma si fossero convinti di riuscire a fare con me tutto quello che non erano riusciti a fare con mio padre. Proprio così, fui candidato perché volevano impartirmi una bella lezione. Ridurmi ad una sonora sconfitta. Ma, ancora una volta, sarei riuscito a stravolgere le loro aspettative. 282 Pagina 282 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo Un disegno di Giuseppe Leoni 9-11-2010 9:25 Pagina 283 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Il vecchio leone Se i cittadini sapessero quanto tempo perdono i politici nelle campagne elettorali sarebbero certamente più comprensivi. Se non finisci “cotto” per bene, come si usa dire quando si cade in uno stato di confusione permanente, s’insegue un solo obiettivo. Soltanto quello ti preme: essere eletto. Gli affetti, la famiglia, le amicizie, tutto ciò a cui tieni veramente, viene dopo. Quando mi recai all’ospedale e lo vidi disteso sul letto, dolorante, afflitto da un cancro incurabile, compresi che questa volta non avrebbe potuto aiutarmi. E dire che prima di vederlo avevo pensato ad un acciacco da poco, un’ulcera, un’ernia iettale, nulla di cui preoccuparsi insomma. Giuseppe, era la persona più introversa, scontrosa e geniale allo stesso tempo che mi sia mai capitato d’incontrare. Da ragazzi, al liceo, ci capitava spesso di marinare la scuola. Al contrario di quello che facevano molti nostri coetanei non abbiamo mai sprecato le mattine nelle sale giochi. Sui vecchi tavolacci dei caffè della Cirenaica, tra boccali di birre nere bevute di mattina, mi insegnò ad affinare le tecniche del disegno. Conservo ancora i suoi schizzi: le Divine Commedie, i Promessi sposi, i Malavoglia, raccontati a fumetti sulle tovaglie di carta gialla da salumiere. Una matita dal talento inestinguibile a cui devo il senso dell’umorismo, una sorgente alla quale ho attinto gran parte del mio talento. Se mai un giorno avrò il potere di farlo mi piacerebbe occuparmi degli artisti che vivono nell’anonimato. In questo paese di passacarte, l’arte e le idee non hanno più alcuna rilevanza. Non servono a nessuno, non fanno guadagnare, anzi, costringono la gente a pensare. Meglio, molto meglio, trasformare il popolo in pubblico così da non dovergli più dare nient’altro di diverso dalle tette e dai culi che la televisione sforna ogni giorno. Giuseppe, non era solo un fine umorista ed un grande disegnatore, era un temerario, un cowboy cresciuto all’ombra del ponte di via Libia e lungo i terrapieni della ferrovia, quelle praterie sassose dove crescono soltanto i cespugli di sambuco e gli alberi del paradiso. Non mancò mai di vivere all’altezza della sua leggenda incominciando dalla nostra prima gita scolastica. In una discoteca di Siena un gruppo di militari in libera uscita importunarono le nostre compagne. Erano in tanti, grossi e forse ubriachi. Ma ciò non impedì a Beppe di esprimere a tutti loro un benvenuto da gentleman inglese: “Mi punge vaghezza che siate solo un branco di pezzenti maleducati”. 284 Pagina 284 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Non ricordo bene cosa accadde dopo. L’infrangersi di un’onda umana sui nostri corpi. Mani svolazzanti. Grida. Rumore di schiaffi. Colletti strappati della camicia. Dopo, un buco nero. Insondabile, totale. Non ci volle altro per costringerci alla fuga verso l’Istituto d’Arte. La misura dei nostri insegnanti era colma. O ve ne andate o ci penseremo noi. Così suonò l’ultimatum del Preside e a nulla servì prendere in ostaggio le cavie del laboratorio di biologia per cambiare le cose. Emigrammo dal Copernico fra la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno. Ma il problema di fondo che ci aveva spinto a naufragare altrove si ripresentava puntualmente alla fine di ogni anno scolastico. Ma questa volta la sensibilità del personale scolastico era diversa. Le altezzose e agghindate professoresse di latino avevano lasciato il posto a pittori scapestrati, docenti di tempere, estimatori di anici e “punte secche”, acqueforti, rossi di Montalcino e pennelli di Martora. Non eravamo più così soli come prima. Tuttavia qualche professore conformista continuava la sua guerra all’”arte degenerata”. La temibile Volpi, ad un passo dalla pensione, per lei era peggio della morte, decise che avrebbe trascinato nell’Ade quanti più asini poteva. Eravamo i primi della lista, indisciplinati, depravati e beoni, ma anche vignettisti strafottenti e questo faceva di noi dei perfetti “capri espiatori” da giustiziare. Fu così che il collegio docenti si trasformò in un’aula giudiziaria e la Volpi chiese e ottenne il voto consiliare. Il nostro professore di grafica, un gigante dagli occhi azzurri conosciuto da tutti come “il buon Mazzoli” chiese la parola per tessere le lodi di “quei due, solo in apparenza, disastrati”. Mi sembra ancora di sentirlo parlare dietro all’uscio di quel conciliabolo: “Non è forse stato bocciato dal politecnico Evariste Galois, illustre matematico. Ebbene sì! Cara professoressa Volpi, lei ci vorrebbe forse far credere che il padre dell’algebra astratta fosse un cretino così come dovremmo dedurre che lo siano questi due ragazzi? Ma non sono i numeri astratti quanto l’arte che consuma questi studenti distratti?” - Numeri astratti e studenti distratti dall’arte, Mazzoli era un genio – “Così, secondo lei, noi tutti, dovremmo passare alla storia con la stessa fama di coloro che non seppero riconoscere il talento di Vincent Van Gogh e di Amedeo Modigliani? Passi pure vivere nella memoria di tutti come un insegnante che ha fatto il suo dovere, non sia mai come colui che non ha saputo distinguere la genialità dall’irrequietezza”. Fu chiaro a tutti in quel momento, a Di Bernardo tiratore scelto di pistola a spruzzo e alla Carla Casarini eroina dell’ecolina, come a Costa che dipingeva trenini, che non potevamo essere dei cretini. Quel pomeriggio, chino dietro alla porta, appresi i primi rudimenti di retorica: le parole servivano allo studente, quanto un pennello serve al pittore… almeno per non rimanere confinato a scuola per tutta la vita. Da quel giorno andammo spesso a trovare 285 Pagina 285 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Mazzoli nella sua casa in campagna e dopo averci accomodato all’ombra delle viti, sul patio della casa, ci stappava una bottiglia di vino contadino. Davanti a noi restavano solo i bicchieri vuoti e gli sterminati campi di grano dorato appena mietuto e tutte quelle conversazioni pregne di aneddoti sui vecchi tipografi bolognesi che continuavano fino nel cuore della notte. Quando ci capitò di chiedere a Mazzoli se credeva veramente alle cose che aveva detto al consiglio di classe si mise a ridere fragorosamente e solo quando riuscì a calmarsi ci chiese: “non mi dire che ve la siete bevutà anche voi la storia di Modigliani e Van Gogh?”. Giuseppe, oltre ai fumetti, coltivava un grande interesse per la storia. Conosceva il succedersi degli avvenimenti, le battaglie, le armi e i mezzi corazzati. Aveva trascorso l’infanzia leggendo libri e riviste di strategia militare. Una volta - scherzando - gli domandai con quanti bulloni era tenuto insieme il caccia zero dei kamikaze giapponesi. Mi stupì prima ancora di rispondere, chiedendo se alludevo al modello più conosciuto, al Mitsubishi A6M o alla sua variante, l’A6M3. Era fatto così, un’enciclopedia ambulante. Se fosse nato in America avrebbe fatto fortuna, magari ad Hollywood. Dico questo perchè era praticamente impossibile vedere un film di guerra in sua compagnia. Durante la proiezione di Pearl Harbor fummo scacciati dalla maschera dopo neanche mezz’ora perché aveva strillato per tutto il tempo maledicendo il consulente militare che aveva sbagliato il colore dei caccia. Quando Beppe si ammalò mi ritrovai diviso tra lui e la campagna elettorale che non poteva capitare in un momento peggiore. Le iniziative mi impedivano di andarlo a trovare ogni giorno e così quando gli facevo visita lo trovavo visibilmente peggiorato. La radioterapia gli aveva fatto cadere tutti i capelli e il cortisone lo stava sfigurando. Incominciò a soffrire moltissimo. Solo chi è Pagina 286 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 stato vicino ad un malato terminale può sapere cosa prova. Le dosi di morfina continuavano a crescere, ma nulla sembrava placare quel mostro asserragliato nello stomaco. Dopo aver domandato il permesso ai genitori presi l’iniziativa e telefonai alla responsabile di un centro “antidolore per malati terminali”. Chiesi se lo potevano accogliere e liberare da quel male lancinante. La direttrice fu molto cordiale, il suo maestro - un illustrissimo oncologo scomparso da qualche anno - era stato un grande amico di mio padre. Mi consigliò di richiedere una visita presso un ospedale cittadino abilitato al vaglio delle richieste. Così feci, ma il medico, dopo averlo visitato, scartò la richiesta dicendo che non si trattava di un malato terminale. Diagnosi sbagliata in pieno! Giuseppe spirò sette giorni dopo. Quando sua madre mi informò del diniego mi convinsi che certi fiori all’occhiello della nostra regione crescono solo nel giardino del Re e per entrarci bisogna conoscere il giardiniere giusto. Proprio così. La famosa imparzialità dell’amministrazione pubblica è soltanto una mera utopia. Gli amici degli amici hanno la possibilità di salvarsi la pelle entrando nelle strutture sanitarie all’avanguardia. Gli altri, gli amici di nessuno, crepano come cani rabbiosi. Avete capito bene: crepano! Lasciate che lo ripeta ancora signori e signore della Giuria. Gli altri, quelli che non sono raccomandati da nessuno, trapassano nel loro letto tra le maledizioni gridate a squarcia gola. Giuseppe, il mio inseparabile amico, una settimana prima del voto, si spense nel suo letto di casa poco dopo aver chiesto ai genitori di salutarmi. Non ero con lui. Ero troppo occupato a dimostrare che si poteva ancora credere nel sistema. Che pazzo sono stato. Non ti dimenticherò mai vecchio leone e come avresti detto tu: “Go oder creve! Marcia o crepa!”. (motto dei mercenari in tre lingue) Giuseppe Leoni e Davide Pavlidis Pagina 287 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Area addestramento cani Mi colpì molto quando Giovanni Cossiga descrisse al giornalista di un quotidiano la sua innata predilezione per i segreti. Ne parlò così affettuosamente da farli sembrare gli oggetti rari di una collezione. Si collezionano soldatini, farfalle, francobolli e infine c’è chi raccoglie e conserva i “segreti”. Mi chiedo dove Cossiga li conservi, se in una scatola entomologica o nella sua memoria o dietro alla libreria girevole di certi film degli anni 50 con Vincent Price. Tirando il primo volume del “secretum secretorum”, un’opera di origine araba, scorrono gli scaffali e si può accedere a una “camera grigia” che funge da museo delle verità trafugate alla storia. Vi lavorano uscieri mascherati che sorvegliano le opere esposte: la borsa di Aldo Moro, l’agenda rossa di Paolo Borsellino, la mappa che indica dov’è sepolto il tesoro di Mussolini, il capitolo scomparso del romanzo Petrolio che pare abbia causato la morte di Pier Paolo Pasolini, i tracciati radar di Ustica, i quaderni scomparsi di Ilaria Alpi. I segreti appaiono irrisolvibili, legati ad ambienti importanti, irraggiungibili dai comuni mortali. Ciò nonostante, i segreti crescono ovunque, nascono nelle segrete stanze e si diffondono nelle istituzioni incominciando proprio da quella Amministrazione comunale in cui stavo tentando disperatamente di entrare. Questo che racconterò fu solo il primo di una lunga serie di segreti che conservo nell’armadio dei miei segreti abbattuti. Come si uccide un segreto? Nella maniera più semplice: svelandolo. Ad un paio di mesi dalle elezioni si fece vivo un certo Rousseau che abitava a Borgo Panigale. Malgrado il suo accento emiliano avesse ben poco da spartire con l’omonimo doganiere francese, manteneva l’aspetto distinto e pacato dell’ex impiegato delle ferrovie in pensione. Nei suoi occhi balenavano i lampi di un’ingenuità alla quale non aveva mai rinunciato nel corso degli anni. Alcuni cacciatori, quella stessa mattina, armati di pali e reti, avevano recintato un parco pubblico facendolo diventare un’area dedicata all’addestramento dei cani da caccia. Era inferocito perché questa novità nuoceva ad un’oasi felina dove trascorreva il tempo accudendo un gruppo di gatti abbandonati. Dal giorno in cui si erano fatti vedere i cani, quelle povere bestie erano state costrette alla vita arboricola. Come se non bastasse, tutti 288 Pagina 288 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 i cittadini, desiderosi di far passeggiare il cane lungo il fiume e assai poco inclini all’inseguimento di quaglie e fagiani, dovevano sottoscrivere l’adesione all’associazione venatoria. Dulcis in fundo: avrebbero dovuto pagare un biglietto per accedere ad un luogo che avevano frequentato gratuitamente fino al giorno prima. Alle prime richieste di delucidazioni, mi furono consegnate le autorizzazioni in materia di caccia, indispensabili all’esercizio di un’attività prevista dalla legge. Apparentemente sembrava tutto regolare, ma una vocina, il vecchio e mai sopito istinto da cacciatore di lupi mannari, mi sussurrava che i conti non tornavano. Aiutai Rousseau a compilare gli esposti da consegnare al Comune, alla Regione e all’Azienda Sanitaria Locale. Quest’ultima andava informata della casa di legno posta su di un basamento di cemento armato appena gettato. Impossibile capire chi fosse il proprietario dal momento che non vi era affisso nessun cartello recante i numeri delle autorizzazioni edilizie e il nome del direttore dei lavori. Agli esposti non seguì alcuna risposta. Insieme a Sandro, il presidente cittadino degli “Animalisti Italiani”, convocai una conferenza stampa sul posto, ma a nessun giornalista venne la voglia di passare da quelle parti. E lo credo bene, l’Amministrazione era di destra, mentre il Quartiere era governato dalla sinistra. Si trattava di un inciucio dal quale si tenevano tutti alla larga. Ero finito nel vicolo cieco dell’indifferenza e non mi restò che chiamare Marmiroli, il mio avvocato. Concordammo un appuntamento. Seduti al tavolino di un bar sotto l’orologio di Piazza Maggiore buttò un occhio alle carte: “non dicono assolutamente niente” – disse scuotendo il capo –“ abilitano l’associazione all’esercizio di un’attività venatoria, ma non citano affatto l’autorizzazione del proprietario del terreno. Mi spiego, chiunque ti può autorizzare ad aprire un bar, ma bisogna verificare se qualcuno ti ha affittato i locali. La prima cosa da scoprire è il proprietario dell area. È il Comune o la Regione?”. Prese il fascicolo e lo ripose nella borsa. Fece per andarsene quando lo trattenni per stringergli la mano. Sapevo che soltanto lui poteva mettermi sulla strada giusta. Quanto emerse in seguito, si annovera tra le cose più sconcertanti alle quali mi sia mai capitato di assistere. Dalle carte, negate per almeno tre volte e ottenute a colpi di diffide, risultò che il terreno su cui sorgeva l’area di addestramento, era di proprietà del demanio regionale. Nessuno dei suoi responsabili aveva autorizzato alcunché – anzi - attraverso una lettera, era stato fatto presente all’associazione dei cacciatori rapinosi, che il terreno era stato ceduto al Comune affinché lo trasformasse in un parco, presupposto in netto contrasto con un’attività fondata sul289 Pagina 289 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 l’esclusività di accesso imposta dai cacciatori. I Vigili urbani del quartiere, messi alle strette, furono persino costretti a dichiarare che l’area era stata concessa dal Quartiere malgrado “non avesse alcun titolo per farlo”. Quindi, per concludere, un parco pubblico era stato sottratto ai cittadini per un paio di mesi senza che nessun rappresentante istituzionale avesse nulla da ridire. E non si poteva neppure pensare che le autorità competenti non lo sapessero dato che gli esposti di Rousseau, ai quali si erano aggiunti quelli più circostanziati dell’avvocato Marmiroli, erano stati regolarmente protocollati. Finalmente la questione finì sui giornali grazie alla costanza di Sandro. La baracca fu demolita, le reti abbattute, i cacciatori scacciati e il parco “rubato” tornò alla cittadinanza. Nonostante questo, nessuno ha mai pagato il conto per quanto accaduto, anzi il Presidente del Quartiere, tale Rolis Pora, che aveva permesso una simile ignominia, fu persino eletto sindaco di un paesello vicino. Ecco come ho ucciso il mio primo segreto che in molti hanno cercato di proteggere. Qualche giorno dopo suonò il campanello e un vigile urbano con una busta stretta fra le mani mi disse: “Buon giorno Consigliere” – allungò la busta – “Complimenti e benvenuto in Comune”. Gli animalisti italiani: al centro Sandro Bianchi, Davide Celli e, a sinistra, Giosuè Calabria Pagina 290 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 L’ape operaia delle cause da combattere Stringendo la lettera di proclamazione mi recai al Comune dove furono tutti molto gentili. I dirigenti dello Staff mi consegnarono le chiavi dell’ufficio e aggiunsero una nuova segretaria all’altra che già prestava servizio al gruppo consiliare di cui sarei diventato Presidente. Avevamo preso il 5% e al crescere dei voti erano cresciuti i benefici. Si raccomandarono di non disertare assolutamente il primo consiglio comunale. Chiunque incrociassi nei corridoi mi sorrideva e si complimentava e mi chiedeva cosa avrebbe potuto fare per farmi sentire a mio agio. Ma tutta quella cordialità, nei giorni che seguirono, si dissolse e i Consiglieri di opposizione, che fino a quel momento avevano mantenuto un atteggiamento distaccato, resi lividi dalla sconfitta, si trasformarono in un banco di pescecani. Questo mi convinse fin dal principio che l’esercizio della democrazia all’interno delle istituzioni non era solo incessante, ma anche faticoso. Rituale ed avvilente. Non ci volle molto a capire che i consiglieri comunali trascorrono gran parte del loro tempo esercitando le uniche due facoltà che sono a loro attribuite: il controllo e l’indirizzo politico. Per fare un buon lavoro bisogna quindi dedicarvi tutta la settimana e talvolta anche il sabato e la domenica. Quello del consigliere comunale è un’occupazione che non prevede orari, è mal remunerata e ti procura più nemici che amici. Non a caso si usa dire che: in Comune ti pagano poco per fare l’eroe, mentre in Regione ti coprono d’oro per fare il bastardo e cioè per farti girare dall’altra parte quando l’istituzione non fa gli interessi dei cittadini. L’attività prevalente dei consiglieri Comunali consiste nel chiedere la convocazione di tutte quelle commissioni che servono per affrontare e discutere i temi importanti della città. Le commissioni sono quindi il teatro di accese discussioni che si fondano su argomenti molto diversi che spaziano da quelli al limite del ridicolo fino alle questioni di vita e di morte. Dalle cimici rosse che infestano gli olmi in 4^ commissione alle 9.30 si passa alla discussione sull’accanimento terapeutico promossa dalla 5^ commissione in tarda mattinata. Dalla grandezza dei caratteri impressi sui segnali di “rimozione forzata” ci si sposta alle politiche per la riduzione del danno in materia di sostanze stupefacenti. Dal micro al macro. Il Consigliere comunale che cade in questa bolgia è travolto da un incessante addivenire di cause da combatte291 Pagina 291 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 re che si alternano e talvolta si sovrappongono senza mai arrestarsi. Ma ci si adegua in fretta ai tempi e ai modi della guerra consiliare che si è chiamati a combattere. Personalmente, soprattutto per resistere alla tensione, incominciai a scrivere dei resoconti dedicati agli avvenimenti nei quali mi ritrovavo implicato di volta in volta. Scrivere mi aiutava ad estraniarmi, mi faceva sentire come un cavaliere che non avrebbe mai perso se stesso nella selva oscura. Proprio così, questo era ciò che temevo di più, non volevo diventare un’altra persona o perdere l’entusiasmo o quella fiducia che mi spingeva a credere che il mondo sarebbe potuto essere diverso da come si presentava sempre. I racconti che seguono non hanno nessuna ambizione se non quella di lasciare una traccia a mio figlio Lorenzo. Sono il diario di bordo di quel viaggio che mi portò ad oltrepassare le Colonne d’Ercole per addentrarmi nei territori sconosciuti della democrazia. L’anello La prima cosa che mi colpì del Consiglio Comunale fu la sua forma. Alludo alla disposizione dei banchi consiliari che pur essendo contenuti nella pianta rettangolare dell’aula rivelano un’inconfutabile natura circolare. Presero così corpo nella mia mente alcune relazioni confuse che non riuscivo a dipanare. Giunto a casa, tormentato da forze sconosciute, mi buttai sul divano stringendo fra le mani il “Signore degli anelli”. Ero sospinto dalla convinzione irrazionale che sarei uscito da quel brutto incantesimo scrutando quel libro come un’indovina insegue il futuro altrui nelle viscere di un animale sventrato. Lessi dell’impavido Frodo e del difficile compito assegnatogli dal destino: custodire l’anello senza mai indossarlo. “Un anello per domarli. Un anello per trovarli e nel buio incatenarli”. Chi viene fatto prigioniero dall’anello? Mi sembra evidente: i politici. Tutti i luoghi destinati all’emanazione delle leggi, dall’emiciclo della comunità europea sino ai Parlamenti nazionali, scendendo fino ai ben più modesti consigli di quartiere, possiedono una struttura circolare, la stessa identica forma di un anello. Tolkien, fra le pieghe del suo romanzo, ci ha dispensato un consiglio: se volete sopravvivere al potere non assimilatevi ad esso. Portate l’anello senza mai calzarlo perché altrimenti diventerete tutt’uno con lui. A voi la scelta. 292 Pagina 292 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Il primo giorno Sono appena stato eletto, eppure non sono contento. I conti non tornano. Scrissi queste parole sul “diario di bordo” il giorno in cui entrai per la prima volta in consiglio comunale. La mia, era una battaglia persa in partenza e mi ritrovavo dentro ad una maggioranza composta da due grandi partiti e da tre minori. Anche senza i voti degli ecologisti la diarchia avrebbe marciato ugualmente. Se un lungo viaggio incomincia con un solo passo, il mio primo passo poggiava sull’Apocalisse. Non importa, mi confortai tra me. “Combatterò ugualmente senza mostrarmi impaurito e abbaglierò i nemici con la purezza delle mie ragioni migliori” Rileggendo queste parole a distanza di tanto tempo, mi convinco di aver sbagliato a non aver mantenuto questa linea fino alla fine. Quando ti voti ad una causa tanto nobile quanto persa non credere mai di aver raggiunto la meta e neanche devi illuderti di pensare che i tuoi nemici ti ascolteranno se andrai con loro cessando così di combatterli. Lotta sempre e non fare nient’altro e trova il modo di fartelo bastare. La gente te ne sarà grata. Se non lo sarà: che vadano tutti alla malora! Il resto è solo umana vanità. Conflitti di maggioranza L’autonomia totale di cui godeva la diarchia Ds - Margherita produsse la nascita di un’opposizione all’interno della maggioranza. Un “rassemblement des enfants sauvages” formato da due consiglieri di Rifondazione Comunista, Forteventi e Sconciaforni e da un reduce dall’Italia dei Valori al secolo Serafino 293 Pagina 293 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 D’Onofrio. Tutti insieme finimmo per oscurare l’opposizione ufficiale formata da Forza Italia, Alleanza Nazionale e da La Tua Bologna. Dopo essermi Marlon Brando e Martin Sheen in Apocalypse Now di Francis Frord Coppola unito ai ribelli, nel frattempo soprannominati “l’altra sinistra”, incominciai ad avanzare richieste che puntualmente venivano bocciate. Gli inflessibili “diarchi” non volevano riconoscere nessun merito ai tre fratelli minori che avevano contribuito alla vittoria. Dopo lunghe ore di esacerbati dibattiti sentivo crescere nel mio cuore il desiderio di vendetta, ma non ho mai ceduto a quel sentimento consapevole che non vi fosse peggior cosa per un uomo di ritrovarsi improvvisamente cambiato rispetto a ciò che avrebbe voluto essere. Ai voti contrari non opposi mai il mio voto preferendo motivare le astensioni dichiarando quanto segue: “Intanto ringrazio il capogruppo di maggioranza. Ultimamente ogni sua parola è un’esecuzione. Ed è inutile infierire dal momento che la nostra battaglia è persa per sempre. Gli ambientalisti sconfitti giacciono sul campo di quest’aula. Ma uno strano incantesimo ci tiene in vita riponendo nelle nostre mani le spade con cui colpire, questa volta, il vostro ordine del giorno. Un critico di Conrad ha scritto di “Cuore di tenebra”: chi vive nella foresta, dentro alla ferocia dell’evoluzione, che consente agli animali di sopravvivere con artigli e zanne ai loro simili, diventa l’essenza dell’evoluzione diventa la temibile foresta. Chi combatte una guerra diventa la guerra. Siamo noi ambientalisti la feroce evoluzione, siamo la foresta e la guerra? La risposta è no. Non lo siamo. “Abbiamo risalito quel fiume, viaggiato a ritroso verso i più remoti primordi del mondo, quando la vegetazione invadeva la terra, i grandi alberi ne erano sovrani e le belve si dilaniavano. Abbiamo trovato uno spazio vuoto incantevole e misterioso una macchia bianca che un bambino può riempire di sogni” * Nessuno degli apostoli vendette le vesti per comprare le spade, neppure dopo il responso del Sinedrio. Se lo avessero fatto nessuno avrebbe compreso la bontà del messaggio cristiano. E voi un po’ ingenuamente avete pensato che avremmo fatto, noi ecologisti, il contrario. Per questo riponiamo le nostre peggiori 294 Pagina 294 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 intenzioni e ci asterremo. Traggano i nostri compagni, le nostre avverse lance, che questa sera si sono unite al nostro vero nemico, il giusto insegnamento. Prometto a tutti voi consiglieri, di maggioranza e opposizione, che la prossima volta tornerò a parlare da politico, così come si conviene, al buon gusto di un Consigliere Comunale”. Questo intervento non solo non sortì alcun cambiamento, ma neanche si fece notare l’inedita prosa. Avevo volutamente stravolto l’oratoria consiliare usando una forma ricercata e nessuno ci aveva fatto caso. Così, al Consiglio seguente recitai un brano della Divina Commedia e ancora una volta nessuno se ne stupì. Fu poi la volta di un trattato di istologia, il manuale d’uso di un videoregistratore, le tabelline, sotto la panca la capra campa... Nessuno ascoltava gli interventi dei colleghi, figurarsi la maggioranza. (*Conrad, Cuore di tenebra) Dibattito sull’ora esatta “Che diavolo ne so io della verità” dissi. Ma la voce mi rispose: “non preoccuparti della verità, io ti metterò le parole in bocca” – e la voce continuò – “non credere che io ti parli di verità eterna o verità definitiva o verità assoluta. Ti parlo di verità umane. Transitorie e temporanee”. Dal film Quinto potere Dopo aver preso parte ad un certo numero di Consigli Comunali compresi che se la Dea della giustizia era bendata, la Dea della verità aveva i tappi nelle orecchie. Se solo avesse sentito come gli uomini la tiravano per la giacchetta, la stravolgevano e la sezionavano per poi ricomporne il corpo in modo amorfo, si sarebbe certamente tolta la vita. Pat Gatto, si chiamava così quel Consigliere che fu incaricato dall’opposizione di porre la famigerata “domanda delle cento pistole” all’assessore ai 295 Pagina 295 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 lavori pubblici, Mao Zam Burns, un tipo filiforme che era la copia identica di Mr. Burns dei Simpson. Mancavano pochi istanti alla votazione del piano traffico quando Pat aprì bocca: “Come mai?” – chiese inviperito – “come mai non avete ancora installato i tabelloni luminosi che diffidano gli automobilisti dal varcare la Zona a Traffico Limitato?” – e concluse - “La vostra non è pigrizia, ma un cinico calcolo. Gli automobilisti che incorrono nelle sanzioni rimpinguano il vostro bilancio ed ecco scoperto il perché di tanto torpore. Mi dica lei, caro assessore... Non ho forse ragione?” Da tempo, forse da più di un mese, percorrevo la via che conduceva al Comune passando sotto a questi, tanto invocati, tabelloni luminosi. Le scritte, iridescenti e pulsanti, diffidavano le auto dal violare la Ztl senza un permesso. Ma di che si lamenta? Mi domandai. L’assessore, ne ero ormai certo, avrebbe fatto fare una gran brutta figura al Consigliere dopo averlo invitato ad andare a vedere con i suoi occhi i tabelloni in tutto il loro magnificente splendore elettronico. L’assessore Burns non menzionò nemmeno alla lontana i tabelloni limitandosi ad enunciare pedissequamente i pregi del piano traffico. Fu allora che compresi quanto la verità non servisse più a nulla. Il povero Schopenhauer, pur avendo ribadito con i 38 stratagemmi che la dialettica si fonda molto di più sulla strategia retorica e molto meno sulla realtà oggettiva dei fatti, non avrebbe mai immaginato che i presupposti evidenti sui quali poggia ogni disputa sarebbero venuti meno fino al dissolvimento totale. Le discussioni alle quali assistevo non apparivano come un dibattito dove ciascuno opponeva la propria tesi a quella dell’avversario, ma si erano trasformate in pure esposizioni vocali fini a se stesse. Soliloqui di macchine parlanti che si perdevano negli sguardi annoiati dei presenti. Fu così che vidi morire quel minimo di coerenza che impedisce alla maggior parte delle persone di affermare una cosa un giorno e il suo esatto contrario il giorno dopo. Se per gli ecologisti il centro storico era invaso dalle automobili, agli occhi dei commercianti si era desertificato. A chi si lamentava del “Sindaco sceriffo”, le cui maniere erano troppo repressive, si contrapponevano i comitati di cittadini nati per contrastare il dilagare incontrollato del degrado. Tutti i Consiglieri della vecchia amministrazione che avevano sostenuto l’acquisto di questo strano tram chiamato Civis, finiti all’opposizione, se ne andavano di negozio in negozio, di condominio in caseggia296 Mister Burns dei Simpson Pagina 296 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 to, per incitare i cittadini alla rivolta e il fatto che fossero loro i padri di quell’aborto su gomma rappresentava un fatto di scarsa importanza. Un dettaglio del tutto inutile. In questo clima di menzogne e verità centrifugate si poteva dire tutto e il contrario di tutto, tanto che ogni ragione, anche giusta, si perdeva in mezzo a mille inutili battibecchi. Ad un giornalista che pose questa domanda: “…intanto Bologna si conquista la fama internazionale di città proibizionista. Ormai è un luogo comune da programma satirico televisivo” Libero Mancuso, pregiatissimo assessore alla sicurezza, rispose: “C’è chi vuole liberalizzare gli orari dei locali, e chi chiede la repressione di comportamenti sgradevoli” – ammise ed aggiunse con una sincerità singolare: “il curioso è che spesso si tratta delle stesse persone”*. Proprio così, chiunque si poteva permettere di affermare una cosa e rimangiarsela nel giro di venti minuti senza nessuna vergogna. Ricordo di quella volta che mi scrisse il presidente di un comitato nato per fronteggiare le notti selvagge di via del Pratello, una strada del centro storico che attrae studenti fino a notte inoltrata grazie ad una massiccia presenza di bar e osterie: “…chiedo quale sia la sua posizione in merito al contenimento della fruizione delle bevande alcoliche da parte dei giovani. Chiedo ciò perché ritengo che lei non abbia agito in maniera abbastanza incisiva, anzi mi spingerei ad includerla fra coloro che non hanno mai mosso un dito per salvaguardare i nostri ragazzi da una vita dissoluta” Una richiesta ineccepibile. Il politico eletto rappresenta tutti i cittadini e non solo coloro che lo hanno votato, senza contare che ogni cittadino ha il sacrosanto diritto di assumere la posizione politica che più gli aggrada. Per questo motivo, la Presidente di quel comitato avrebbe avuto tutto il diritto di interrogarmi in merito all’abuso di sostanze alcoliche se non fosse stato per la professione da lei svolta. Che lavoro faceva? Lavorava presso l’azienda del padre che era il più grosso importatore di liquori della città. Giunti a questo punto sarebbe potuto succedere di tutto. Ho assistito a dibattiti pubblici dove un Consigliere Comunale che nella vita faceva l’edicolante spiegò cosa fosse un’arma impropria a Libero Mancuso e cioè ad uno dei più importanti magistrati italiani. Mi è poi capitato di essere presente mentre venivano presentati ordini del giorno che chiedevano l’introduzione di provvedimenti già adottati. Ne ricordo uno dedicato alla riduzione dell’Ici da applicare a chi avesse acquistato una porta blindata. Tutto il Consiglio ne discusse per ore, fino a quando feci notare che le detrazioni erano già previste dalla passata Finanziaria (ndr avevo appena cambiato 297 Pagina 297 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 la porta di casa). Ho assistito alla presentazione di risoluzioni che furono bocciate dagli stessi presentatori quando sedevano sui banchi della maggioranza nel precedente mandato. Non erano solo i Consiglieri ad abusare di questo stato confusionale: chiunque si poteva permettere il lusso di sparare balle pur di fare una bella figura. Mi invitarono ad un dibattito radiofonico e dopo un primo scambio di battute litigai con Bruno Pizzimente, Presidente di una importantissima associazione ambientalista che ha sedi in tutta Italia. Quel giorno recitò la parte del saccente presuntuoso e quando si scagliò contro la mia inerzia politica decisi che non avrei incassato il colpo in silenzio. Così gli feci notare che il numero delle battaglie perse dai politici era identico a quello delle associazioni e lo inviati a smentirmi elencando i successi che aveva conseguito personalmente. Divagò tanto che lo richiamai all’esposizione dei fatti. Ci pensò un istante e si vantò di essere riuscito a fermare la costruzione di una centrale termica al quartiere Barca. Andava particolarmente fiero di questa vittoria strappata ad un’attività industriale che aveva tutte le carte in regola e le autorizzazioni urbanistiche approvate da almeno due anni. In quel momento ricordo che mi fece piacere sapere che la centrale era stata spenta, ma il giorno dopo, quando mi recai sul posto, la trovai in piena attività con furgoncini che andavano e venivano dal cancello e sbuffi di fumo bianco che dalla ciminiera si disperdevano in cielo. Mentipizzi aveva raccontato una balla senza paura di fare una brutta figura davanti ai radioascoltatori. Aveva rischiato puntando la sua credibilità sulla mia ignoranza. Altro esempio, altra storia. Il deputato della Lega, Matteo Salvini, viene sorpreso da una telecamera mentre intona una canzone razzista che dileggia i napoletani. Il giorno seguente tutti i telegiornali annunciano le dimissioni del deputato leghista facendo credere che la Lega sia un partito che punisce chi esagera. Solo a due giorni di distanza si precisa che Salvini si è dimesso da deputato italiano per ricoprire l’incarico di Deputato Europeo, incompatibile col primo. Ma intanto, chi non è riuscito ad ascoltare questa seconda notizia è ancora convinto che la Lega non è poi così razzista come sembra, anzi punisce persino gli eccessi dei suoi esponenti. Ecco un altro effetto di questo mondo liofilizzato e istantaneo che manca delle puntate precedenti e di quelle future. La nostra quotidianità è declinata al presente, ed è senza passato e senza futuro, è come il quadrante di un orologio dal quale sono sparite le lancette come nel film “Il posto delle fragole” di Igmar Bergman. Ognuno può dire di vivere nell’ora che più gli fa comodo. Quelli che poi cercano la verità, in mezzo a tutte queste balle, hanno un bel da fare... * I miei sei mesi a Palazzo d’Accursio, intervista a Libero Mancuso di Michele Smargiassi, stampata sul quotidiano la Repubblica, edizione locale di Bologna, il 22 ottobre 2006, pagina 3. Pagina 298 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 Grand Hotel Bunker Sembra proprio di vivere dentro ad un sistema nato per farti perdere ogni entusiasmo, ancor peggio, architettato per sottrarti alla realtà. Nel corso della nostra storia è molto più facile incontrare Re prigionieri di loro stessi piuttosto che del nemico. Hitler chiuso nel bunker ad un centinaio di metri dagli alleati continuava a ripetere che la vittoria della guerra era prossima al compimento. Chi vive rinchiuso nella reggia nera della politica, all’interno di uno dei tanti palazzi dove alberga il potere, si ammala ben presto della “sindrome del bunker”. I sintomi sono chiari e ineludibili: la mente si affatica, la ragione scompare mentre le affermazioni idiote si moltiplicano a tal punto da dover essere rigettate dal corpo. La delirante paura di diventare meticci - emblematico esempio di mente bunkerizzata – è stata illustrata da un nostro egregio presidente del Senato mentre si trovava davanti ad una platea di filantropi che hanno costruito pozzi nel deserto, scuole nella giungla, nutrito gli affamati, curato gli ammalati. Chi partecipa a queste nobili imprese può ritrovare l’amore fra i colori della pelle più diversi. Poco importa sapere che la metafora del “meticcio” è riferita ai valori perché il “meticciato culturale” è comunque offensivo fondandosi sull’idea di una cultura bastarda nella quale crescono uomini impuri. La peggiore oratoria da bar non possiede quindi alcun limite. I cittadini assuefatti ripiegano i giornali dopo aver letto che a Vicenza, il “Senatur” ha aizzato la folla gridando: “Silvio ti devo dire che ce l’abbiamo duro ed è per questo che qui è pieno di donne”. Ma quante volte l’abbiamo sentito? Berlusconi risponde a Bossi presentando pubblicamente la “sezione menopausa” del partito che raccoglie un manipolo di attempate signore freddate dalla battuta. Il Cavaliere, evidentemente, ignora che la fine dell’età fertile nella donna equivale ad una tragedia. Dal genitale eretto, passando per la menopausa si giunge all’elogio dello stupro. Due Capi di Stato hanno appena terminato la conferenza stampa: “Mi saluti il suo presidente”, - debutta il primo- “Abbiamo scoperto che è piuttosto vigoroso!” - e continua – “Ha stuprato dieci donne, non me l’aspettavo da lui”. Infine, per non lasciare scoperta la sinistra, si leva uno stimato esponente del Partito Democratico che dichiara che il nascente PD dovrà 299 Pagina 299 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 copiare l’organizzazione della Sacra Corona Unita se vuole vincere alle Elezioni che verranno. Vincere cosa? Una guerra tra partiti o tra mafie? Forse voleva suggerirci che sono la stessa cosa? Dall’estero all’Italia, da destra a sinistra, sono in troppi ad essersi bevuti il cervello per sopravvivere alla solitudine del bunker. Bruno Ganz interpreta Adolf Hitler nel film “La caduta”che narra degli ultimi giorni del fuhrer trascorsi all’interno del bunker I campi elisi Gli opliti erano dei fanti pesantemente armati comandati dallo strategos. Di questi antichi soldati, malgrado i tendini recisi, gli stinchi scheggiati e il sangue versato, non è rimasto nulla. Nulla rimane degli opliti come nulla resta dei consiglieri comunali.Nulla degli uni e nel nulla gli altri. Eppure questi soldati armati solo di parola hanno dato vita ad imprese leggendarie, sventato congiure, combattuto segreti e vinto le trame più oscure. Soldati di cenere piangete per il fuoco che vi fece risplendere e che vi ha ridotto a ciò che siete. Gridate la vostra rabbia quando sarete dispersi come polvere da quel vento caldo che spazza i deserti. M’illudo che qualcosa della mia vita trascorsa tra questi banchi resti impressa nei ricordi di qualcuno, ma è solo una lontana speranza accarezzata da chi dormirà sepolto sotto una spanna di terra insieme ai compianti suoi fratelli. Ma oggi, in questo momento, mentre cammino verso l’aula del consiglio mi domando dove siano finiti. 300 Pagina 300 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 “Dove siete?” chiedo. E loro rispondono alla chiamata. Li sento respirare. Bisbigliano. Mi chiamano con la voce rauca dei fantasmi. Percepisco la loro presenza, ma non riesco a vederli. Immagino carcasse di ossa eburnee come le zanne di un elefante aggirarsi tra il sonno e la veglia. Pezzi di armature arrugginite s’infrangono come barattoli di latta sugli scogli delle dimenticanze. Spade spezzate che non sibileranno più nell’aria, goliere senza più gole da difendere, staffe ossidate orfane della vittoria di Poitiers. Quanta fatica hanno speso per ritrovarsi dimenticati. Vogliono che io lo sappia, vogliono svelarmi quanto sia irriconoscente la storia senza sapere che io conosco già la verità. I consiglieri comunali condividono il sentiero delle ombre con gli opliti, con i capi sioux, con i trecento spartani e i vecchi elefanti di Annibale. Discutono fino all’alba chiedendosi se ferisca più l’acciaio o il verbo, più le parole delle frecce, più il pensiero delle lance, senza mai venirne a capo. Gli antichi abitanti della Gerard Butler interpreta Re leonida nel film “300” di Zack Svyder valle di Borges cresciuti dentro alle profondità degli specchi raccontano che si aprì un abisso davanti al palazzo del Re. Un soldato armato di tutto punto, cavalcando lancia in resta, vi si gettò dentro per sconfiggere la tenebra, ma da questa ne fu divorato. A quel soldato ne seguirono altri, ma del primo nessuno ricorda nulla. Su quella voragine nera fu edificato il primo Parlamento a futura gloria del soldato senza volto e sanza nome. I grandi territorivori Al cineclub di via Pietralata proiettano il film di Rosi “Le mani sulla città”. Entro, mi siedo e penso: via Pietralata, che strano nome. Rifletto sulla pietra con le ali. Da quando le pietre possono volare? Volteggiano 301 Pagina 301 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 sopra la mia testa, sono tante, sono un centinaio di pietre volanti. Si mescolano ai mattoni e all’impalpabile polvere di cemento, alle tegole. Una creatura vorticosa che volteggia nell’aria come una ballerina di Pigalle. Mi sveglio di soprassalto: quello non era l’inizio del film, ma un sogno. Lo spettacolo è incominciato mentre dormivo. Sullo schermo compare Edoardo Nottola, che ricopre il doppio ruolo di speculatore edilizio e politico interpretato da un grande Rod Steiger. Arringa i tirapiedi su come si riesca a guadagnare denaro nella maniera più semplice: “la città sta là, questa” - (indica la terra sotto i suoi piedi con un bastone) – “è zona agricola e quanto può mai valere oggi. Trecento? Cinquecento? Mille lire al metro quadrato? Ma domani questa terra, questo stesso metro quadrato, ne può valere, sessanta, settantamila e pure di più. Tutto dipende da noi. Cinquemila per cento di profitto. Eccolo là: quello è l’oro” - (indica un gruppo di nascenti palazzoni) – “ e chi te lo da oggi l’oro? Il commercio? L’industria? L’avvenire industriale del Mezzogiorno? Si, investi i tuoi soldi in una fabbrica: sindacati, rivendicazioni, scioperi, cassa malattia… Ti fanno venire l’infarto e invece, niente affanni e niente preoccupazioni. Tutto guadagno e nessun rischio. Noi dobbiamo solo fare in modo che il Comune ci porti qua le strade, le fogne, l’acqua, il gas, la luce e il telefono” All’inizio pensavo che la speculazione edilizia avrebbe colpito solamente il meridione. Ma poi vidi che molte città incominciarono ad essere accerchiate da nuove costruzioni, invase da centri commerciali, ricoperte da parcheggi pertinenziali, mentre le zone industriali esplodevano come i puntini del morbillo sulla faccia di un bambino. Nulla a che vedere con le vele di Scampia o l’Hotel Fuenti di Salerno, i nostri mansueti “territorivori” hanno sempre mostrato un’indole saggia, ma non per questo meno voraRod Steiger in un’inquadratura del film “Le mani sulla città” di Francesco Rosi Pagina 302 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 ce. In tutto il nord danno bella mostra di sé le cosiddette “villette a schiera”, stecche di casette formate da cubetti abitativi incollati l’uno accanto all’altro. Chi te le vende le chiama “condomini orizzontali” come dire che hanno tutte la comodità di un condominio e l’autonomia di una villetta. Ognuna di queste casette sfoggia un prato verde in formato A4 dove ogni sera una bella mogliettina, con il bambino in braccio, attende l’arrivo del marito. A fianco si trova sempre il garage e il barbecue dove si rosolano gli hamburger così da allineare l’Italia allo stile statunitense. In fondo alla strada si erge l’immancabile centro commerciale servito di tutto punto, ma non dai mezzi pubblici. Questi centri abitati periferici sono comunità costruite a misura di pneumatico, inutilizzabili da chi non possiede un’auto con la quale fuggire da queste favelas di lusso. Nasce così lo “spostamento a scacchiera” e cioè da un parcheggio ad un altro. I percorsi schematici che servono per congiungere le villette al “resto del mondo” diventano un agglomerato di tubi, un intestino che decompone le comunità in corpi isolati. Percorso a: villette – asilo - lavoro -villette. Percorso b: villette – supermercato - villette. Percorso c: villette - altre villette di amici e parenti - villette. Percorso d: Villette – cinema – McDonald- villette. Tutto quello che succede nei paraggi, fosse anche la rivoluzione o un colpo di stato, è negato alle esistenze tubolari. Gli anziani che un tempo si recavano ogni mattina al caffè dove incontravano gli amici, non disponendo più di un autobus, sono confinati in soffitta insieme alle cianfrusaglie o, quando va male, rinchiusi in ricoveri specializzati. Tutto questo rappresenta il modello urbanistico indicato dai più grandi sociologi del momento quale causa di morte delle metropoli. Cambio scena. Sono nell’ufficio del Capogruppo dei Ds, Lucio Medraghi, sono trascorsi pochi mesi dal giorno in cui sono stato eletto. Abbiamo avuto entrambi una giornata dura ed è forse per questo che Medraghi, solitamente muto come un pesce, si lascia scappare alcune frasi in libertà. Me ne sto seduto accanto a lui mentre osserva sul monitor del computer la pianta di Casalecchio di Reno visto dall’alto. Si tratta di una cittadella alle porte di Bologna di cui avrò modo di riparlare. Googlemaps permette di setacciare il nucleo urbano nella sua interezza e lungo tutte le direzioni. 303 Pagina 303 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 “gli agglomerati di vecchie case appaiono bordeaux per via dei tetti foderati di coppi rossi, le zone industriali, con i capannoni, sono grigiastre. Le aree adibite a parcheggio sono nere screziate di bianco. Le aree verdi neanche a dirlo sono verdi. Le ultime, quelle edificabili si riconoscono dalle tonalità marroni, erba secca, terreno incolto ” – spiega Medraghi “Guarda!” – aggiunge – “hanno quasi esaurito tutto il territorio che avevano a disposizione. Avanzano ancora cinquantamila metri quadrati di residenziale e dopo bisognerà occupare la collina, parco Talon, o le aree adiacenti al fiume. Questa decisione, come certo immagini anche tu, scatenerà le ire della cittadinanza. Si rischia di perdere il consenso. Ma così, senza la possibilità di costruire, senza più disporre del denaro proveniente dagli oneri urbanistici, il Comune andrà in rosso e non avrà di che pagarsi i servizi sociali, le scuole, la manutenzione”. È la descrizione di uno “scacco matto” amministrativo, qualunque sia la mossa, si perde la partita comunque. Ma ciò che spaventa maggiormente è l’idea che gli amministratori si sono fatti del territorio. Al di là di ogni successiva speculazione edilizia che non manca mai di aggiungersi alle altre, il terreno è diventato la benzina necessaria al regolare funzionamento della macchina amministrativa. La classe politica partorita dai partiti, esentata da ogni forma di selezione, può solo vendere ciò che è di tutti pur di procrastinare se stessa. Nessuno cerca nuove fonti di approvvigionamento economico, nessuno progetta un’idea alternativa al consumo di suolo. Una disfatta. Preso coscienza di questo, sul mio diario scrissi quanto segue: Non voglio finire nel futuro che stanno progettando per me. Se lo tengano. La loro idea mi disgusta, figuriamoci cosa potrò pensare quando avranno spinto l’acceleratore a tavoletta. Molti miei compagni - ecoguerrieri discesi in politica negli ormai lontani anni ottanta - si trovarono prigionieri in mezzo al guado. Sulla riva opposta del torrente spiccava un mondo devastato, inquinato e mortificato dal potere economico. Gli uomini non ancora contenti di aver pianificato ogni tappa si erano spinti a blindare la rovina con le leggi. Quanto di peggio potesse esserci per piegare all’amarezza ogni entusiasmo. Come i miei predecessori - avvinto ad un comune destino - mi ritrovai con i piedi imprigionati nel fango, nel freddo fluire della corrente. La felicità svaniva mantenendo gli occhi spalancati a forza su quel che restava del mondo. In nome del profitto tutto quanto si spostava intorno a me, mutava, si espandeva. Una febbricitante umanità mordeva il territorio colando bave di cemento. Masticava terra umida e vomi304 Pagina 304 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 tava asfalto. Tesseva reti di strade e moltiplicava tralicci e alzava antenne sui tetti. Nel silenzio ardevano milioni di fuochi imprigionati nei cilindri dei motori a scoppio. Se qualcuno li avesse liberati dalla costrizione avrebbe trasformato la terra in una stella ardente. Ma ciò che brucia nascosto nel buio, distrugge ugualmente. Non si vede, ma penetra negli alveoli e ti divora peggio della febbre. L’importante era – e lo è tuttora - fare i soldi, immolarsi al Dio denaro, vivere spudoratamente al di sopra delle proprie forze, senza fatiche, e senza pagare un prezzo. Quello che resta è ben misera cosa: frattaglie, alibi pericolanti per coscienze lavabili in lavatrice. Pinocchi eletti a regnanti. Le questioni ambientali sono legate alle sorelle economiche in modo tale che se ne rifiuti una ti costringono a rifiutare anche l’altra. Se un Amministratore permette la costruzione di un parcheggio privato si giustifica sostenendo che il ricavato servirà per finanziare la fascia boscata, promessa alla città da almeno vent’anni. Se costruiscono un casermone ti omaggiano con un giardino, se rovesciano catrame per fare una strada ci aggiungono una ciclabile, se abbattono un bosco per allargare una rotonda dicono che respirerai aria pulita senza avere più le auto ferme al semaforo del vecchio incrocio. Per costruire la nuova stazione fanno interrare i treni lasciando che le ferrovie (private nei guadagni e pubbliche nelle perdite) si rivendano i vecchi depositi ai costruttori che ci costruiranno un nuovo quartiere. Edificabilità in cambio di un servizio che il privato avrebbe dovuto pagarsi di tasca sua. L’ecologista che osa opporsi si ritrova seppellito sotto una pioggia di critiche tossite dai giornali. Scribacchini e pennivendoli si fanno in quattro per dileggiarlo nei trafiletti. Lo ricoprono d’inchiostro mescolato alle accuse di essere contro gli ecologici treni elettrici e a favore delle lampade a petrolio, delle caverne, dei calessi, delle macchine da cucire a pedali. Ma il silenzio è d’oro, soprattutto in casi come questo dove non si ha modo di rispondere. Tanto più che i sonnambuli della betoniera sono riusciti a calare “l’atto del costruire” in una dimensione irraggiungibile negata a tutti coloro che combattono l’inurbarsi del mondo. Gli ecomostri (voraci terrivori tipici del periodo cementaceo) che l’impavido ecologista pensava di abbattere sono germinati da destinazioni urbanistiche approvate quando quest’ultimo non era ancora nato o giaceva in fasce nella culla. L’ultima autorizzazione necessaria al compiersi definitivo dello scempio è stata approvata nel precedente mandato e ogni provvedimento amministrativo varato non è revocabile. Come dicevano gli antichi Faraoni, che in fatto di costruzioni ne sapevano qualcosa: “così è stato scritto e così sarà fatto”. Sono riusciti a fare in modo che la colpa non sia di nessuno, tutt’al più di politici morti. L’urbanistica è un’opera al nero scritta da 305 Pagina 305 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:25 politici morti. Cadaveri sepolti. Il concetto di sviluppo immobiliare, non prevede soste e si può permettere, al massimo, una fievole riduzione del danno. La chiamano “perequazione”, come dire che le costruzioni - così come ogni grande opera - non possono essere fermate, ma delocalizzate. Trasportate nei luoghi abitati da cittadini inermi, incapaci di lamentarsi, addomesticabili con l’urbanistica partecipata. Proprio così: laboratori di urbanistica partecipata. Sono luoghi abitati da fantasmi che dispensano assensi persino al peggior grattacielo di cinquanta piani. Se poi indaghi scopri che i membri di questi conciliaboli sono dipendenti e amici del costruttore o iscritti al partito che protegge il costruttore, politici travestiti e consiglieri comunali trombati. Gente la cui moglie impedisce loro di spostare una credenza da una camera all’altra è chiamata a decidere quanto grande dovrà essere lunga la ciclabile ai piedi del grattacielo. Posti di lavoro mal pagati, panchine e giardinetti sono le consuete merci di scambio subentrate alle collane di perle e agli specchietti luccicanti, generosamente elargiti agli indigeni dai novelli Pizarro del cemento in cambio dello spazio pubblico. Che male ci sarebbe nel dire di no - almeno una volta - ad un’autostrada o all’ennesimo condominio? Eppure dicono sempre tutti di sì perché l’affare è più seducente di qualsiasi altra esperienza. Ma torniamo a queste “natività edili”. Il terreno è svenduto al costruttore di turno perché occupato dai campi nomadi o da altrettanti pericolosi tralicci. Invaso da piaghe bibliche - di ogni genere e sorta - quando manca una causa evidente. Il male sociale, ambientale e bestiale si stempera tra i rigurgiti del nuovo eden immobiliare prossimo alla nascita e sono proprio le oculate Amministrazioni, il più delle volte, a risolvere a spese proprie ciò che pareva irrisolvibile prima dell’arrivo di ruspe e mattoni. Ogni terreno agricolo, ogni fabbricato industriale smesso, ogni minuscolo frammento di spazio libero, giace opzionato dalla grande multinazio306 Pagina 306 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 nale del mattone in attesa di veder nascere nuove edificabilità e i giacimenti di buchi urbani continuano ad essere la miglior forma di finanziamento per i padroni occulti dei camaleontici piani regolatori. I demiurghi della toponomastica, inchinati a caste di eletti e baronie nominate spacciano l’ultima onda anomala di cemento come una forma benevola di sviluppo, una delle tante necessità legate alla crescita economica. Nella mia città, da almeno vent’anni, i giardini sono realizzati dagli stessi costruttori. Mi domando quando un comune pagherà di tasca sua un giardino senza farlo pagare ad un palazzinaro? Già, non si chiamano palazzinari, ma imprenditori, urbanisti, benefattori della riqualificazione, motori dello sviluppo e non fanno altro che sottrarre sabbia ai fiumi per trasformarla in cubetti abitabili che non saranno nemmeno usati come case, ma contabilizzati sotto forma di fidi bancari usati per produrre altri cubetti abitativi e via all’infinito di villetta in grattacielo. Che fantasia... Paradossalmente, per crescere un albero ci vuole il cemento e da un punto di vista politico non è del tutto sbagliato. Cosa produce un parco? Produce svago e lo svago è l’anticamera dell’ozio. L’ozio è pensiero. Il pensiero è ragione. La ragione è rivoluzione. Così, per scampare alla rivoluzione, i politici riducono la dimensione dei parchi. Senza contare che diminuendo gli ettari di verde si riduce il divertimento e si aumenta il tempo dedicato al lavoro. Eliminando l’ombra di un ippocastano si spinge l’impiegato a rimanere in ufficio durante la pausa. Ma queste sono solo fantasie. Magari ci fosse dietro una strategia che punta ad opprimere il popolo. Purtroppo non c’è più neanche quella. I soldi ci sono dietro, i soldi e nient’altro. Alle Chiese succedono i supermercati, dove il “credo” diventa un “credito” non più mediato dal Sacerdote, ma dalla Visa. La fede cede il passo ai fidi, ad una costellazione di segni e numeri - più e meno, meno e più - che camminano in fila, quasi fossero formiche, sull’estratto conto. Questo è il mio mondo e nessuno dica che non ho provato a cambiarlo. *(http://www.youtube.com/watch?v=m_dbXrqghWo) 307 Pagina 307 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Archeosupermarket! “È tutta una questione di soldi. Il resto è solo conversazione” Gordon Gekko in Wall Street di Oliver Stone Fin dai lontani anni ottanta, il potere politico emiliano romagnolo, dopo essersi insinuato e quindi stabilmente innervato in quello economico si è liberato di tutti gli oppositori. Una dopo l’altra sono state limate le asperità, dai politici non allineati sino agli intellettuali. Rispetto a questi, alle “intelligenze di sinistra” bisogna far notare come la loro scomparsa abbia creato le condizioni che hanno permesso al modello culturale berlusconiano, di forte impronta televisiva, di consolidarsi nel paese senza che gli fosse opposto un degno rivale. Come dire che molti governi, troppi, si sono preoccupati di sviluppare prevalentemente l’economia favorendo il mercato dell’edilizia, attuando una sorta di inarrestabile moltiplicazione dei contenitori vuoti, a scapito dei contenuti e cioè dei “valori culturali”. Neanche gli imprenditori, quelli che non rientravano in una delle variegate ali della politica si sono salvati. Del libero mercato, che aveva fatto grande l’economia emiliana e permesso la nascita di industrie e marchi conosciuti nel mondo, è rimasto poco o niente se non l’aura di un passato che pur continuando a splendere non ha saputo adattarsi ai cambiamenti e ripetersi. Ricordo di aver letto da qualche parte che lo stesso Berlusconi consigliò ai manager della Fiat di mettere il marchio Ferrari dappertutto. Che cos’è questo consiglio se non una palese abdicazione? Prova ne sia che le piccole e medie imprese odierne, che si sono sostituite alle grandi imprese del passato, dipendono principalmente dagli enti pubblici e dal mondo della politica. Ciò lo si deve principalmente alla “buona amministrazione” che accompagnata ad un diffuso benessere rappresenta una panacea capace di assuefare i cittadini ai cambiamenti radicali che non producono alcun beneficio per loro. Ma torniamo agli albori della chimera economico-politica, a quegli anni ottanta in cui sugli schermi di mezzo mondo impazzava il cinico Gordon Gekko di Wall street, un “cattivo maestro” che ha ispirato intere generazioni di giovani manager che una volta cresciuti 308 Pagina 308 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 hanno occupato una “posizione chiave” e subito dopo si sono ritrovati al centro di scandali finanziari senza precedenti come la Enron, la bolla immobiliare, i mutui spazzatura e la truffa della Lehman Brothers. Senza più nessuno che potesse contrastarla, la chimera è uscita allo scoperto facendosi sempre più arrogante, così arrogante da perdere il senso della misura. I suoi frutti sono tutt’ora sotto gli occhi di tutti. Alle porte di Bologna, sul ridente fiume Reno, è presente un borgo di case che se all’inizio del secolo poteva sembrare un villaggio fluviale, oggi può essere considerato come una sorta di città satellite che orbita intorno al capoluogo emiliano. Al crescere del centro abitato sono quindi aumentate le richieste di servizi quali supermercati, cinema, negozi, parcheggi e perché no, altre abitazioni che non devono mai mancare. Così, la lungimirante amministrazione Casalecchiese ha pensato di costruire quello che può essere definito il satellite di un città satellite: il quartiere Meridiana. Allo stato attuale, chi vuole fare due passi da quelle parti può visitare questa città del “dormi, divertiti e compra” che si presenta come un insediamento protetto da una quarantina di poderose torri condominiali. All’interno si trovano numerose attività produttive come un supermercato Esselunga, una multisala cinematografica, negozi di abbigliamento, una libreria, bar, ristoranti, fontane, campi da tennis, da calcio, palestre, sale ricreative, giardini e piste ciclabili. Tutt’attorno si srotolano strade aggrovigliate, si alzano rampe e si curvano svincoli, rotonde, sottopassi e gradinate per pedoni. Insomma, si tratta di una bella colata di cemento servita di tutto punto. Quando incominciai a frequentare il centro Meridiana – a quei tempi ero ancora un giovane simpatizzante di sinistra – mi convinsi che fosse giusto riqualificare quegli assolati campi incolti che servivano solo a qualche vecchio cane incontinente. Certo, si sarebbe potuto piantumarci un bosco, ma reduce da les Halles di Parigi e dato che di spazio attorno a Casalecchio ce n’era tanto conclusi che gli alberi avrebbero potuto aspettare mentre valeva la pena lasciarsi andare ad una ventata di modernità. Così credevo senza avere la minima idea di cosa si nascondesse sotto le erbacce ingiallite. Anni dopo, quando mi ritrovai faccia a faccia con la verità ne fui sconvolto. Successe quando due carissimi amici, Emanuele e Teresa, m’invitarono al compleanno della figlia Matilde. Per l’occasione avevano preso in affitto una sala del quartiere sita nel complesso della Meridiana. Al suo interno, affisse alle pareti, tra palloncini colorati e festoni, trovai la storia passata di quel luogo. Lessi attentamente i pannelli espositivi, uno in particolare: 309 Pagina 309 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 “Fin dal secolo scorso il territorio di Casalecchio di Reno è stato oggetto di ritrovamenti di notevole importanza. A partire dalla metà degli anni ottanta l’ampio progetto di urbanizzazione dell’attuale quartiere Meridiana ha consentito alla soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia Romagna di programmare un articolato intervento di tutela preventiva, grazie anche al concreto intervento dell’impresa Galotti spa. La complessa operazione è stata realizzata nel corso di oltre dieci campagne di scavo dirette dal Dr Jacopo Ortalli, ed eseguite dai tecnici delle società archeologiche Archeostudio, Csr, Lares e Tecne, talvolta affiancati da specialisti di altre discipline (geologi, zoologi e archeobotanici). Le indagini hanno consentito di delineare un quadro esauriente sull’evoluzione insediativa, economica e ambientale della zona, lungo un arco cronologico di circa diecimila anni, dal Mesolitico all’Età moderna. La distribuzione dei ritrovamenti archeologici nella zona dell’attuale quartiere “Meridiana” ne evidenzia la vocazione insediativa: fin dai tempi più remoti l’uomo ha trovato in quest’area un ambiente ideale per lo stanziamento e lo sviluppo delle proprie attività” E deve essere la stessa cosa che hanno pensato i costruttori quando hanno deciso di trasformare un insediamento archeologico nell’ennesimo centro commerciale. Sembra che i resti archeologici presenti in loco siano serviti per uniformare le decisioni del passato a quelle future, come per far intendere che si è deciso di costruire dei condomini e dei supermercati dove gli antichi avrebbero fatto altrettanto se solo avessero potuto. Si conia per questo una terminologia ad hoc: “vocazione abitativa” per rendere al meglio l’idea. Evidentemente se c’è la vocazione religiosa ci può anche essere quella abitativa. Insomma, si tratta di un alibi che dimostra come tentano in tutti i modi di ammorbidire le decisioni sbagliate attraverso un uso oculato del linguaggio. Riqualificare è diventato sinonimo di miglioramento. Per me, significa il contrario. Chi decide di sostituire gli alberi, le foglie, l’erba profumata, i rospi, le lucertole e la terra umida con del cemento, dell’acciaio e del catrame compie una profonda ingiustizia subita dall’intera collettività. Il disegno stampato sotto le parole è ancor più avvilente. L’immagine raffigura la medusa “economopolitica” con torri e strade al posto dei serpenti che dimorano sulla testa mitologica. Come tentacoli penetrano il territorio soffocando le tracce del passato. La tomba di un bambino 310 Pagina 310 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 di età neolitica è rimasta imprigionata al centro di uno svincolo stradale. Su di un sepolcreto altomedievale è stato costruito un parcheggio. Un pozzo dell’età del bronzo dimora in un giardino condominiale tra le panchine di plastica. Una villa romana è finita sul lato di un campo da calcio. Resti mesolitici accanto ai garage. Ma guardate voi stessi: Un’istituzione che sacrifica la propria storia - se non la sacrifica interamente la imprigiona all’interno di una speculazione commerciale non è poi così diversa dai barbari che facevano tabula rasa di tutto ciò che incontravano sulla loro strada. Non è questione di Magistratura, di lecito o illecito, di progresso o arretramento economico, si tratta soltanto del rispetto per la cultura che ogni popolo dovrebbe avere. Gli artefici di un tale scempio sono le stesse persone che accusano Berlusconi di avere reso volgari gli italiani con le televisioni private. Sono gli stessi che lamentano l’abusivismo nella Valle dei Templi. Bene, a costoro chiedo: qual è il vostro progetto culturale? Questo? Sarebbe bene farsi venire in mente un modello alternativo, anche una sola idea potrebbe bastare. Una sola idea. 311 Pagina 311 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Un certo fiuto per gli affari, degli altri Una sera mi telefonò un signore e mi raccontò della notte precedente. Aveva avvertito un odore di nafta molto forte, così intenso che si era messo a gironzolare per il quartiere cercando di capire da dove provenisse. Dopo un lungo vagabondare si era imbattuto in un campo disseminato da chiazze di gasolio. Aggiunse di aver stimato la perdita in molte migliaia di litri, non rammento con esattezza il numero, ma sul momento pensai ad una infiltrazione profonda che poteva aver contaminato la falda. Dopo di ché mi riferì che i mezzi dell’Azienda Trasporti Comunali usavano abusivamente una cisterna di gasolio interrata che era situata proprio nel campo di fronte all’ingresso del deposito. Sul momento ebbi l’impressione di parlare con un dipendente comunale che non voleva denunciare apertamente un disastro ambientale per motivi oscuri. Ribadì più volte - forse troppe - che erano andati dispersi milioni e milioni di lire sotto forma di nafta. Lo spreco di denaro pubblico veniva prima del disastro ambientale. Da un veloce accertamento appurai che si trattava di un terreno del Comune mentre l’Azienda Trasporti Comunali chiamata in causa aveva le cisterne dei carburanti da un’altra parte ed erano assoggettate a controlli di sicurezza molto severi. Perché qualcuno avrebbe dovuto usare una cisterna abusiva con tutti i rischi che ne potevano derivare? Per far figurare un consumo di carburante superiore a quello effettivamente impiegato? Avanzai un’ipotesi. Qualche autista truffaldino, prima di riconsegnare il mezzo, svuotava il serbatoio in maniera da rivendersi sottobanco il gasolio ad un distributore nelle vicinanze. Ma forse quella sera qualcosa era andato per il verso sbagliato: durante il travaso il combustibile era finito nel campo anziché nella vecchia cisterna. Ci pensai sopra a lungo convincendomi che si trattava di una teoria assurda. Troppi rischi e troppo poco guadagno, le due cose non vanno mai d’accordo. Senza contare che il campo era al centro di un agglomerato di palazzoni e nessuno si azzarda a giocare al piccolo contrabbandiere sotto gli occhi di tutti. Ve lo vedete l’autista di un bus che mette in gioco la carriera per qualche milione di vecchie lire? A scanso di equivoci scrissi un’interrogazione per il Consigliere in carica dove si chiedeva in forma semplice e diretta se dalle parti di via Marx si 312 Pagina 312 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 erano verificate delle perdite di gasolio. La risposta fu altrettanto concisa: no, nessuno sapeva nulla di nulla. Così mi dimenticai completamente di tutta quella faccenda e persi anche i recapiti di quel signore che mi aveva segnalato l’accaduto. Qualche anno dopo mi trovai davanti ad una delibera che prevedeva la bonifica proprio di quel campo al centro di quella strana storia. Decisi così di ricostruire l’intera faccenda che risaliva agli anni settanta. C’era una volta un cameriere che aveva ereditato dalla propria padrona svariati ettari di terreno sparsi per la città. Per uno di questi appezzamenti, nel lontano 1985, fece causa al Comune che lo aveva vincolato a verde pubblico senza però darsi la cura di espropriarlo e di pagare un indennizzo. Il cameriere ottenne ragione dalla Magistratura costringendo la controparte a sborsare una cifra che si avvicinava al milione di euro. Questo credito fu quindi acquistato da un costruttore che bussò alla porta del Sindaco con una proposta a suo dire allettante. L’imprenditore edile avrebbe rinunciato ad incassare il milione di euro in cambio di un terreno dove costruire l’ennesimo condominio. A quel punto, l’Amministrazione propose proprio quel campo dove si era verificatala la contaminazione, ma il costruttore fece mettere a verbale che il costo di ogni eventuale bonifica sarebbe stato caricato sul Comune. Sapeva anche lui della perdita di carburante? No di certo, la ragione addottata fu un’altra. Sotto al campo si trovava un ex-cava tombata negli anni settanta e quindi, da quelle parti, poteva esserci seppellito di tutto. L’Amministrazione si trovò quindi a dover sborsare un milione di risarcimento sotto forma di terreno edificabile più un altro milione di euro per la bonifica, anche questo convertito in edificabilità. Quando incominciai a girare per gli uffici facendo intendere che c’era il sospetto che qualcuno avesse potuto inquinare volontariamente l’area, mi fu detto che se anche era andata così nessuno sarebbe riuscito a dimostrarlo, come dire che: “sarebbe stato come rovesciare del latte dentro a un caseificio”. Ci fu anche chi mi avvicinò facendomi intendere che il mio voto contrario sarebbe stato smerciato alla città come il gesto irresponsabile di un ecologista che si opponeva a prescindere, perfino alle bonifiche, pur di ritagliarsi quindici minuti di celebrità. Contattai i tecnici e passai un’intera mattinata al Settore Ambiente senza cavarci un ragno da un buco. Ricordo di essere stato trattato come un rompiscatole senza alcun titolo in geologia o risanamento ambientale che potesse in qualche modo giustificare quella strana storia di inquinamento del terreno avvenuto per mano di ignoti. Neanche i giornalisti, a parte “Il Bologna”, s’interessarono della questione sollevata in sede di commissione e mi sembrò che intorno a quella strana storia ci fossero 313 Pagina 313 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 troppi silenzi imbarazzati e altrettanti sorrisi tirati. Ad ogni modo giunsi alle conclusioni che non avrei potuto votare contro se non a costo di passare per un idiota che voleva mantenere contaminata la città. In effetti non ero tanto contrario alla bonifica quanto al fatto che dovesse essere il Comune a pagarla immaginando che poi sarebbe stato costretto ad andare ben oltre il primo milione di euro stanziato. Incominciarono i lavori e si scoprì, guarda caso, che tutto il campo di via Marx era intriso di gasolio mescolato all’acqua, forse “gasolio bianco”, un combustibile prodotto per ridurre le emissioni nocive in ambienti urbani e utilizzato dalle aziende di trasporti pubblici. Eppure l’Amministrazione era stata avvertita della contaminazione da un gruppo consiliare prima ancora di individuare il terreno da permutare. Un’ecologista, che non possedeva nessun titolo in geologia o risanamento ambientale, ha saputo, ancor prima dei tecnici comunali (i protocolli delle interrogazioni mi sono testimoni) che in una data zona, oggetto di un accordo economico, sarebbe stato rilevato un inquinamento da gasolio. Ammetto quindi di non avere nessuna preparazione, ma solo un certo fiuto. Un certo fiuto per gli affari, degli altri, s’intende. Oltre il giardino Durante l’ultimo Natale mi sono rivisto con i parenti di mia madre che non vedevo da tempo e abbiamo pranzato insieme in un agriturismo della bassa. C’era anche mio cugino Gianluca, quello che da ragazzo chiamavo “il mitico Gianluca”. Si è trasferito a Milano dove lavora come Art Director ed è diventato “un pezzo da novanta”. Ci sediamo vicini e mi racconta di essersi divertito quando si è concesso per qualche mese alla politica. Era il primo di una lista alle comunali, quella che ha sostenuto Dario Fo come candidato Sindaco della Madunina. Non è stato eletto per un soffio, per un voto di differenza, uno solo, peccato. Quando gli chiedo come gli è saltata in mente l’idea di candidarsi mi risponde che a poche centinaia di metri da casa sua c’è un giardinetto degradato. Così si mette a raccogliere le firme, poi si reca nella sede del Pd per consegnarle al rappresentante di zona, quindi diventa presidente di un comitato e vi risparmio tutto il resto, ma è la solita storia della politica che ha bisogno di “carne fresca” per sopravvivere. In molti hanno incominciato così e anch’io ho avuto il mio giardinetto 314 Pagina 314 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 da riportare in seno alla cittadinanza. Quale politico non ne ha avuto uno, dico io. Il mio era un piccolissimo appezzamento verde incastrato tra le case vecchie del centro dove di verde ce n’è poco o niente. Un luogo a quel tempo frequentato solo da spacciatori e ubriaconi, oltre al sottoscritto, tanto che attorno si chiedevano tutti come mai nessuno avesse pensato di renderlo accogliente. Come mio cugino, diedi prima il via ad una raccolta firme e Peter Sellers è Chance giardiniere in “Oltre il giardino” subito dopo convocai una riunione di tutti i firmatari. Comprai vanghe e rastrelli. Un vicino vivaista mi regalò degli arbusti malandati da rivitalizzare e delle bustine di semi scaduti che non riusciva più a vendere. Un tubo di gomma rattoppato, ma funzionante, fu gentilmente offerto dal barista all’angolo mentre un muratore tunisino mi regalò tre panchine nuove che aveva in magazzino. Insomma, con l’aiuto di tutto il vicinato e di un’instancabile nonnetta, spuntarono fiori, prati e giovani alberi, là dove prima c’era solo terra brulla e siringhe usate. Naturalmente, terminato il lavoro, il politico del posto decise di mettere il cappello in testa al nostro lavoro. Saltò sul carro a giochi fatti, e fatica spesa, per organizzare una festa che, una chiacchiera dopo l’altra, si trasformò in una vera e propria inaugurazione tenuta a battesimo dal Quartiere, con tanto di Presidente, portaborse e tirapiedi. Mi rincuorai pensando che questo invadente “ultimo arrivato” in cerca di popolarità me ne sarebbe stato almeno grato. Invece, il giorno dell’inaugurazione, fece fatica a salutarmi e tutte le volte che si avvicinava qualcuno per ringraziarmi me lo vedevo parare davanti biascicando frasi imbarazzate a denti stretti. Passata la festa non ebbi mai più il piacere di incontrarlo e solo dopo tre lustri, una volta eletto consigliere, mi fu spiegato da un collega il motivo di tanto malcelato livore. Quel giardinetto lo voleva rimettere a posto lui. Per farlo aveva già incaricato una ditta di amici, ma non aveva ancora trovato i soldi. Per fare il lavoro dei “giardinieri senza gloria”, stando ai lucrosi preventivi che aveva raccolto, ci sarebbero voluti un pacco di milioni. Gli avevo portato via, senza saperlo e neanche volerlo, il pane dalla bocca. Se i giardini sotto casa restano incolti, chiusi, mal frequentati è per questi stessi motivi: nessuno ci guadagna abbastanza dal renderli accoglienti. 315 Pagina 315 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Le piramidi Ricordo ancora di quando, ancora bambino, vidi il film “I dieci comandamenti”. Mi colpì la scena in cui la vecchia schiava rimane imprigionata nei tronchi posati sotto i blocchi di pietra utilizzati per la costruzione delle piramidi. Sarà lo stesso Mosè a salvarla. Fortunatamente, al giorno d’oggi nessuno è più costretto a trascinare cubi di pietra di molte tonnellate a costo di rimetterci la vita. Così credevo fino a quando non ho ascoltato un’intervista a Ivan Cicconi sulla nuova sede del Comune di Bologna. Con la scusa di non sborsare un solo centesimo l’Amministrazione ha varato quello che gli esperti di bilanci chiamano un programma di finanziamento. Costruttori e banche mettono i soldi per pagare l’opera che costa (a chi la costruisce) settantacinque milioni di euro. Terminati i lavori il Comune prenderà possesso del bene pagando una sorta di canone semestrale per la durata di 28 anni durante i quali dovrà versare un totale di duecento milioni di euro prima di diventare l’unico proprietario dell’edificio e cessare il pagamento dell’affitto. Quindi non si muore più per i colpi di sole o per l’afa del deserto, di sete. Neanche si viene stritolati da qualche cubo di pietra. Ugualmente ci si vede costretti a pagare cifre esorbitanti contratte a cuor leggero da spensierati amministratori pubblici. Debiti questi che finiranno per appesantire la tarsu (la tassa dei rifiuti), l’Ici, le rette degli asili e tutto il resto. Chi non potrà pagare sarà prima pignorato e poi buttato in mezzo alla strada perché abitare in una città spendacciona diventerà un lusso che solo una pregiatissima elite si potrà permettere. Tutti gli altri non saranno presi a frustate come gli schiavi dell’antico Egitto, ma colpiti a sangue da salatissime imposte. Il caso vuole che il Governo egiziano abbia dichiarato recentemente di aver scoperto che i costruttori delle piramidi non erano schiavi, ma uomini liberi. Anche noi siamo liberi, liberi di andarcene per non pagare tasse esorbitanti. 316 Pagina 316 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Il buco di bilancio prodotto dai fenici nel 1000 a.c. Come abbiamo visto i Bolognesi pagheranno un canone esorbitante per 28 anni. Sembrano tanti, ma questo è niente se si pensa a quello che dovranno sborsare i sardi per rientrare delle spese sostenute per i lavori della Maddalena. Ce lo rivela Fabrizio Gatti invitato ad Anno zero il 6 maggio del 2010*. L’arsenale, questo monumentale complesso turistico, è stato affittato al Gruppo Marcegalia per 65 mila euro al mese più il pagamento di una cifra “una tantum”. Insomma per non farla troppo lunga, la Regione Sardegna, per rientrare dei soldi che ha impiegato per l’intervento edilizio e stando all’importo dell’affitto impiegherà tremila anni per rientrare dell’investimento. Viene da chiedersi cosa penserebbero i Sardi se i Fenici, approdati lungo le loro coste intorno all’anno 1000 prima di Cristo, avessero lasciato un buco di bilancio che ancora oggi non si è chiuso. Il bello di certi debiti è che il genere umano, molto probabilmente, si estinguerà prima di vederli ripianati. *youtube: L’affare 3/16 Canile Olimpo Mi accorsi ben presto che la cosiddetta “questione urbanistica” come il conseguente “consumo di territorio” erano di limitato interesse per gli organi d’informazione. Non ho mai capito se questa scarsa propensione al tema fosse determinata dall’ineluttabile corsa del progresso identificata con il crescere incessante delle costruzioni o da tutti quegli annunci immobiliari che spesso occupavano il doppio delle pagine dedicate alle cronache locali diventando così un’importante fonte di sussistenza. Le commissioni indette per la revisione dei progetti “già approvati” erano disertate tanto dai consiglieri quanto dagli stessi assessori che le ritenevano un’inutile perdita di tempo. Mi sentivo come se stessi tentando di fermare una locomotiva lanciata in corsa sui binari, un’impresa impossibi317 Pagina 317 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 le. Per questo incominciai a dedicarmi ad altri temi pur sempre interessanti. Una delle favole decisamente strane giunta alle mie orecchie, era la storia di un canile ombra che operava in parallelo al servizio municipale. Secondo le mie fonti i cani dei punkabbestia erano catturati e rinchiusi in un luogo misterioso con modalità simili a quelle adottate dai centri di detenzione temporanea, i Cpt previsti dalla Bossi - Fini sull’immigrazione. L’Assessore alla Sicurezza del vecchio governo, tale Gianni Monguz, abitante del pianeta Mongo di Flash Gordon e scrittore a tempo perso di romanzi, aveva pensato bene di porre rimedio al proliferare di questi molossi in maniera anomala e ciò che più m’infastidiva era che i suoi atti amministrativi erano stati ereditati dalla nuova amministrazione senza che nessuno si accorgesse della loro natura discriminante. Queste delibere parlavano chiaro: “ …nell’ambito degli interventi sui punkabbestia che gravitano nel territorio si è reso necessario per motivi di sicurezza e cautela prevedere l’accalappiamento e il ricovero dei cani da essi detenuti” in quanto i punkabbestia - altra delibera - “vivono notoriamente per strada con i loro cani, nella generalità dei casi sono dediti all’accattonaggio e poco inclini al rispetto delle fondamentali regole di convivenza civile”. E chi se ne frega, se esiste qualcuno che non appartiene al campo del “notoriamente”. Ed è proprio su generalizzazioni come queste che si è avvallata la deportazione degli ebrei. I discendenti di Davide erano per i nazisti, “notoriamente” degli usurai le cui finanze compromettevano l’intera economia tedesca. Se uno era povero, per i nazi, era pericoloso ugualmente. Se s’istituisce il campo del “notorio” non serve fare delle distinzioni. Quando si crede in una razza superiore bisogna poi dimostrare che le altre sono inferiori, questo è il principio su cui si fonda il razzismo. I punkabbestia possono anche non piacere, ma questo non autorizza qualcuno a fare delle discriminazioni o a violare il possesso delle loro cose, siano esse inanimate o viventi quanto un cane. Vi erano poi altri aspetti incongruenti di natura economica e istituzionale. Il gestore del canile municipale aveva vinto un appalto dove era scritto nero su bianco che avrebbe dovuto accalappiare i cani in ogni occasione: “…al sabato, alla domenica, nei festivi, di giorno e di notte”. Perché istituire un servizio “doppione” per la gioia della Corte dei Conti? Perché non catturare i cani e farli portare al canile dal gestore regolarmente pagato e controllato per questo? 318 Pagina 318 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Evidentemente, l’assessore non voleva far sapere ai punkabbestia dove finivano gli animali sequestrati perché prima che il provvedimento entrasse in vigore chiunque di loro poteva andare al canile per riprendersi il cane e tornare dopo neanche un’ora a bighellonare a Piazza Verdi, abituale ritrovo di tutti i perditempo con bestia, o senza, al seguito. Invece, lo stratagemma costruito da Monguz metteva l’Amministrazione nelle condizioni di poter aprire una contrattazione: …“Se mi prometti di sparire ti dico dove puoi andarti a riprendere il cane che teniamo chiuso in un canile fantasma”. Era un po’ come in certi film western dove lo sceriffo ti sbatte in galera fino a quando non ti decidi ad andartene da Tombstone city. Non potendo fare lo stesso con le persone lo si faceva con i cani. Questo provvedimento da far- west, indipendentemente dagli effetti che sortiva, esulava dalle leggi sul randagismo, ingrigiva le procedure adottate comunemente (il servizio era controllato da un settore al quale non corrispondeva la delega sugli animali) ed era costruito sulla base di ragionamenti beceri, indegni di un’amministrazione pubblica. Furono catturati molti cani (non solo quelli dei punkabbestia) e rinchiusi nel “canile Olimpo” fino a quando non incominciai a lamentarmi pubblicamente di questa palese ed ingiusta prevaricazione. L’assessore competente, Giuseppe Mariuolo, sulle prime negò perfino l’esistenza delle delibere, ma quando gli furono sbattute in faccia durante un’accalorata riunione di commissione si rese conto del grosso casino nel quale si stava infilando e me la diede vinta sospendendo le catture e il pagamento dell’affitto versato ai gestori del canile ombra. Ancora oggi, non si sa nulla di circa una quarantina di “cani desaparecidos” che furono sequestrati a quei tempi. Dove sono finiti? Si dice che cinque alla volta siano stati adottati in Calabria, ma temo che si tratti solo di una copertura. Nessuna associazione animalista è mai voluta andare fino in fondo a tutta questa storia, neanche quando il vecchio gestore fu cacciato in seguito al sequestro del canile ordinato della Magistratura. Qualche giorno dopo la mia faticosa vittoria, alla Festa dell’Unità di Bologna, due ragazzi, “notoriamente inclini al rispetto delle fondamentali regole di convivenza civile” sventarono uno stupro. L’edizione locale di Repubblica titolò: “Due punkabbestia hanno messo in fuga il violentatore” *. Mi sono sempre chiesto se avessero con sé il cane o se si trovasse ancora rinchiuso nel canile Olimpo. *Amelia Esposito, su La Repubblica Bologna del 29 agosto 2006 (pag.3). 319 Pagina 319 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Il lupo mannaro Tutti i giorni accompagnavo mio figlio a scuola. Talvolta capitava che la mensa scolastica chiudesse i battenti per sciopero lasciando gli alunni a bocca asciutta. Informato per tempo mi fermavo al bar delle Caserme Rosse per acquistare succo di frutta e panini in modo da non lasciare il piccolo Lollo a pancia vuota. Un giorno mi capitò tra le mani il contratto che regolava il rapporto tra il Centro di Produzione dei Pasti e l’Amministrazione Comunale. Vi era scritto chiaro e tondo che in caso di sciopero l’azienda produttrice dei pasti doveva in ogni caso garantire il cibo: Art. 14 “…dovrà essere assicurato nei limiti del possibile un servizio alternativo alla somministrazione dei pasti”. Moltiplicate il costo del panino sostitutivo per il numero dei bambini bolognesi, rimoltiplicate ancora per i giorni di sciopero e scoprirete che si è trattato di un bel regalo che l’Amministrazione ha concesso all’azienda di produzione pasti. In compenso, un bambino, i cui improduttivi genitori non erano riusciti a pagare la retta della refezione, veniva regolarmente spedito in cortile a mangiarsi un tramezzino portato da casa. Ve lo vedete un bimbo tradotto dalle bidelle in giardino come fosse un carcerato? Eccolo seduto sulla panchina, da solo, mentre si domanda il perché della povertà. Era quel genere di cose che mi causava un formicolio sulla schiena. Incominciai a sentire le unghie allungarsi mentre la saliva filava da un angolo della bocca. Mi crebbero i canini e comparve una folta pelliccia grigia sul viso. Senza volerlo 320 Pagina 320 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 mi ritrovai ad ululare sulla scrivania del dirigente come un lupo mannaro affamato, pronto per un pranzo a base di burocrate. Fino a quando ho indossato le vesti del Consigliere Comunale i bambini poveri hanno avuto di che sfamarsi. Fortuna vuole che a nessuno sia mai venuto in mente di acquistare dei proiettili d’argento. Amianto Era incredibile riscontrare come fosse diverso l’approccio ai temi da risolvere. La città trasudava amianto. Se i cittadini chiedevano di rimuovere un tetto sbriciolato, la risposta dei responsabili del controllo, suonava così: “ …per quello che si è potuto osservare, la copertura si presenta corrosa all’esposizione degli agenti atmosferici.. è a pochi metri da finestre e terrazze di civili abitazioni… un albero e la vegetazione provocano la caduta di foglie e rami sul tetto… i supporti metallici di fissaggio della copertura sono precari…” - pur tuttavia - “si invita il proprietario dell’immobile ad adottare gli opportuni provvedimenti per il controllo e la bonifica della copertura…entro novanta giorni”. Si invita!? Avrebbero dovuto ordinargli di farlo subito - “Porca miseria!” - non chiederlo entro tre mesi. E se qualcuno - in quel fottuto lasso di tempo - si fosse ammalato? Magari potevano spedire una cassa di vino al proprietario per convincerlo a “darsi una mossa” come si dice a Bologna e forse anche altrove. Impiegarono 5 mesi per rimuovere quel tetto infetto. L’amianto è sempre stato la coperta calda del capitale che isolava dal freddo ad un prezzo irrisorio. Per non scoprire i piedi al “padrone” abbiamo impiegato anni per decidere, una volta per tutte, che l’amianto è pericoloso per la salute, ma noostante ciò, come si è visto, occorrono tempi biblici per ottenerne la rimozione. Ricordo che quando alcuni operai delle ferrovie scoprirono che le massicciate dei binari, quei cumuli di sassi bianchi su cui poggiano le traversine di legno, erano anch’esse di amianto, l’assessore Mariuolo non le fece rimuovere subito, ma tergiversò lungamente. Le Ferrovie risposero che non c’era pericolo perché le pietre erano state 321 Pagina 321 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 coperte da un collante in grado di impedire la diffusione nell’aria delle particelle. Ma perché non rimuoverle definitivamente e per sempre? Chiesi allibito. Così saltò fuori che in regione c’erano ancora delle cave di amianto funzionanti che davano il lavoro ad una cinquantina di persone. Se le pietre venivano rimosse, le cave avrebbero smesso di vendere inerti e cinquanta lavoratori sarebbero finiti in mezzo alla strada. Come dire che per non far mancare il pane a qualcuno si deve far morire qualcun’altro. L’assessore chiese alle Ferrovie di pagare un esperto che valutasse l’effettiva pericolosità delle pietre. Il luminare prescelto si espresse nel solito modo dichiarando che le pietre non erano pericolose, ma, prima o poi, bisognava rimuoverle. Intanto, per arrivare a questa conclusione elementare alla quale ci sarebbe potuto arrivare anche un bambino, passò un altro anno. Dopo quell’episodio ne incontrai altri. La pericolante scuola di mio figlio, situata a pochi metri dai cantieri della Tav, era monitorata da uno zelante ingegnere. Da chi era stipendiato costui? Neanche a dirlo da uno dei costruttori impegnato a scavare un parcheggio interrato nelle vicinanze. Incominciai a capire che il “tecnico responsabile”, promosso al rango di “controllore”, figurava sempre sul libro paga del controllato. Al Comune serviva un “capro espiatorio”, rigorosamente esterno alle burocrazie comunali, che potesse essere immolato sul rogo al sopraggiungere inaspettato di una catastrofe. Questa è l’unica cosa che importa ai politici presenti negli enti pubblici: la certezza di “farla franca”. E la fanno sempre franca se è vero che quando il Presidente dell’associazione esposti amianto denunciò la presenza di condotte dell’acqua potabile in cemento amianto per una lunghezza di 14 chilometri nessun giornale ne parlò. “Non è una notizia interessante” mi rispose una bella giornalista dai capelli rossi. Già, ci sono talmente tante ragioni che possono procurare il cancro che una in più non fa certo notizia. Aveva ragione lei... Lavatrice per cani Con gli occhi ancora chiusi tastai il piano del comodino facendo cadere l’orologio, degli spiccioli che tintinnarono e un bicchiere ancora pieno d’acqua. Afferrai la cornetta e l’avvicinai all’orecchio senza chiedere chi ci fosse dall’altra parte. “Sono Lilia! Alzati corri alla Fiera dove c’è una ragazza che ti aspetta! Allo Zoomark ci trovi un tale che lava i gatti con una lavatrice” 322 Pagina 322 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 “…ma figurati se mette i gatti.” Riattaccò senza lasciarmi il tempo di capire se si era trattato di uno scherzo. Presi i miei quattro stracci e chiamai un taxi. Nei periodi fieristici trovarne uno equivale all’avvistamento dell’unicorno, quindi lasciai perdere e montai in automobile. Probabilmente si tratta di una bufala. Riflettevo a voce alta mentre m’imbottigliavo nel traffico. Le animaliste sono delle signore anziane facilmente impressionabili. Sarà sicuramente un malinteso. Ma dai! È proprio fuori di testa questa Liliana. Lilia o Liliana? Figurati se si può mettere un gatto nella lavastoviglie. Ti sbagli, mi corressi, era una lavatrice. Di quale modello? Boh, vattelappesca sapere cos’è successo realmente. Parcheggiai l’auto e corsi verso l’ingresso della manifestazione. Arrivato nel bel mezzo del viale, sito tra i padiglioni espositivi, trillò il cellulare: “Sono Claudia, mi hanno detto di cercarti. Mi vedi? Sono davanti a te” - chiese. Guardai sul fondo e vidi una signora bassa, rotonda e con lo sguardo ebete che parlava al cellulare. La solita eccentrica! Mi dissi, ma poi, dalle spalle della signora spuntò una fanciulla alta e longilinea. Non nascondo che se non ci fosse stato un gatto infradiciato da quelle parti sarei andato a cercarlo fino in Groenlandia. “Vieni ti accompagno” – disse prendendomi la mano. Camminando mi raccontò del giorno precedente. Insieme ad un’amica aveva visto chiudere un gatto certosino dentro alla lavatrice dalla quale era stato tirato fuori mezzo morto dopo quattro ore. I due ragazzi che lo custodivano si erano giustificati con loro dicendo che operavano per conto del Comune di Bologna. Giunti davanti allo stand non riuscivo a credere ai miei occhi: un ometto tarchiato, dai lineamenti spagnoli, illustrava i programmi di lavaggio di una lavatrice per cani e gatti che aveva la forma di un armadio con un’anta di vetro e il rivestimento in acciaio inox. Una guardia giurata ci aveva appena chiuso dentro un pastore tedesco. Incominciai a telefonare a destra e a manca. Chiamai una prima volta i Vigili, una seconda e poi una terza. Stanco di telefonare interpellai i Carabinieri, la Polizia, la Guardia Forestale. Nessuno aveva tempo o voglia di intervenire per fermare quella diabolica invenzione. Tempo addietro, avevo conosciuto un ispettore della Polizia giudiziaria molto stimato nell’ambiente animalista. Era un pubblico ufficiale preparato, un paladino degli animali e anche una brava persona. Anche questa volta non mancò di alimentare la sua leggenda smuovendo le montagne e minacciando di denunciare l’omissione di intervento. Quando arrivarono i Vigili Urbani, il cane imprigionato nell’uggioso cunicolo, fu restituito al padrone e la lavatrice spenta per sempre. A quel punto, 323 Pagina 323 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 il ragazzo che aveva fornito gli animali per la dimostrazione, mi venne incontro lamentandosi. Non aveva fatto nulla di male e anzi era stato l’ufficio degli animali del comune ad organizzare il servizio di “fornitura bestie” allo spagnolo. Questo ragazzo era il figlio di un tizio che si spacciava per animalista, ma che in realtà si guadagnava da vivere catturando i piccioni su mandato di molte Amministrazioni pubbliche. Li custodiva dentro a delle grandi voliere e nessuno ha mai saputo dove finissero. Diventavano cibo per cani? Saltimbocca alla romana per mense caritatevoli? Bersagli rivenduti ai poligoni spagnoli dove si pratica il “tiro al piccione”? Questo Giuliano era protetto politicamente, tanto che lo chiamavano l’intoccabile di San Donato, dal nome del quartiere dove si trovava la sua azienda agricola “animalista” che era in realtà un podere concesso in affitto dal Comune per pochi miseri spiccioli. Quindi non mi meravigliai più di tanto quando nel pomeriggio mi dissero che la polizia municipale se n’era andata senza stendere neanche uno straccio di verbale. Insomma, era come se non fosse successo niente. “Sono passati per farsi quattro risate” rispose un agente alla richiesta di spiegazioni. Quattro risate? Quando si assiste ad un palese insabbiamento non resta che rivolgersi ai giornali. Presi carta e penna e scrissi non ricordo neppure più quanti comunicati e fu così che la storia sulla lavatrice per cani e gatti rimbalzò da una testata all’altra dello Stivale. Mi intervistarono il Telegiornale Regionale e un paio di emittenti locali. Il resoconto dell’avvenimento finì in prima pagina sul Corriere della Sera provocando un corodi proteste in tutta Italia. La Magistratura, messa di fronte all’accaduto dai media, aprì un’inchiesta e da quel momento non ho più visto la lavatrice per cani e gatti in funzione da qualche parte. La responsabile dell’ufficio animali, che nel frattempo era finita al centro dello scandalo per aver fornito un servizio estraneo al suo ruolo, si dimise dall’incarico di responsabile dell’Ufficio Animali. Credo che lavori in una lavanderia, ma il proprietario le fa stirare solo i panni tenendola lontana dalle lavatrici. Non si sa mai che le venga qualche strana idea. Pagina 324 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo Le clientele altrui 9-11-2010 9:26 Avvalendomi di una delle due facoltà attribuite ai Consiglieri Comunali, il fantomatico “potere di indirizzo”, pensai che sarebbe stato utile lavorare all’istituzione di un consultorio per animali che potesse prevenire il fenomeno del randagismo. Si tratta di una piaga insanabile che ogni estate affolla i canili di bestie abbandonate. Trovai quindi nella scuola di educatori cinofili dell’etologo Roberto Marchesini uno strumento ideale che si sarebbe fondato sulla consulenza fornita ai proprietari di animali residenti in città dagli allievi comportamentisti. La scuola cinofila aveva bisogno di cani da educare e il Comune di educatori in grado di insegnare la nobile arte della felice convivenza a chi avesse un problema con il fedele amico a quattro zampe. Alla base di questa iniziativa c’era l’idea che prevenendo le disfunzioni che talvolta insorgono all’interno del rapporto “uomo – animale” si sarebbe riuscito a diminuire il numero degli abbandoni. Non vi era quindi un posto migliore del canile dove insediare il consultorio. Proposi di cedere alla scuola una modesta stanzetta che fino a quel tempo era stata dimenticata da tutti. Storsero il naso in molti incominciando dall’Assessore Giuseppe Mariuolo che per primo si mise di traverso. Secondo lui, una mansione di questo tipo, sarebbe degenerata in un conflitto di competenze con il gestore del canile e la stanzetta, fino a quel giorno adibita a ripostiglio per le scope, diventò improvvisamente indispensabile per svolgere altre mille irrinunciabili mansioni. Il malefico assessore mi accusò di avvantaggiare i miei amici per ricavarne una manciata di voti. Purtroppo c’era una differenza tra me e lui: io domandavo che l’Amministrazione istituzionalizzasse un servizio gratuito, mentre lui aveva insediato al canile un’associazione animalista fondata da un suo amico che non aveva nessuna esperienza e che comunque veniva profumatamente pagato per gestire gli animali abbandonati. Mariuolo, vedendo che tenevo duro e che avevo dalla mia parte la maggior parte delle associazioni animaliste, mise in cantiere un accordo con l’opposizione per sbarrarmi la strada. Perciò, una bella fetta di consiglieri, di destra e di sinistra, si opposero al consultorio sbandierando ragioni astruse e traballanti. Rimasi veramente sconcertato capendo con quale facilità Mariuolo era risuscito a comprare l’appoggio di alcuni colleghi tirando un tozzo di pane secco nella mischia. Da quel momento nessuno parlò più del consultorio e il canile conti325 Pagina 325 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 nuò ad essere gestito da questa associazione presieduta da un tipo che anni dopo finì sul giornale come responsabile di una catena di siti internet che pubblicizzavano i servizi di avvenenti battone. Cani e puttane, questi erano i principali interessi dell’uomo scelto dall’assessore cattolico del Comune dov’ero stato eletto come consigliere comunale. Ora sapete perché i canili - nell’ottanta per cento dei casi - vanno a catafascio. Le galere dei cani sono luoghi frequentati da cittadini disposti a tutto pur di allietare la vita dei cani abbandonati e per questa banale ragione rappresentano un bocconcino prelibato per il politico a caccia di voti. Ma se veramente si vuol essere certi che la forchetta finisca nella bocca giusta, nel partito giusto, bisogna farla tenere alle persone adatte e non lasciarla nelle mani di quelle preparate che, come tali, non devono niente a nessuno. In politica, quando si tratta di canili, è quindi molto meglio affidarsi ad un “magnaccia” che non ad un etologo di chiara fama. La nostra dose quotidiana di merda da ingoiare Colpisce scoprire come la zootecnia abbia tentato, prima della diffusione del morbo della mucca pazza, di smaltire i rifiuti solidi urbani trasformandoli in mangimi ed è il sogno di ogni imprenditore quello di riuscire a guadagnare denaro dai rifiuti anziché pagare per smaltirli. Si è arrivati persino a credere che fosse possibile liberarsi dei fanghi dei depuratori facendoli rientrare in circolo sotto forma di alimenti per animali. Anni fa sarebbe sembrato impossibile anche solo immaginare una cosa del genere, eppure il sospetto che le multinazionali ci rifilino della merda si è diffuso a tal punto che Richard Linklater ha diretto un film incentrato su questo timore. S’intitola Fast Food Nation e tra gli interpreti figura Bruce Willis artefice di uno strepitoso cameo. È la storia di un manager che si reca in Messico per scoprire come mai negli hamburger Big One siano presenti imponenti quantitativi di feci bovine. Giunto sul posto incontra Herry Riddell, l’intermediario tra le aziende di trasformazione della carne e le catene di fast food. Bruce Willis, alias Herry, è al corrente della contaminazione fecale, ma non ritiene che si tratti di un grosso problema perché, in fondo in fondo, come lui stesso afferma: “Tutti nella vita dobbiamo mangiare un po’ di merda prima o poi”. Anch’io, molto modestamente, mi sono occupato di sicurezza alimen326 Pagina 326 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 tare e in particolare di mense scolastiche. A quel tempo le mie indagini venivano ostacolate in tutti i modi. Il Centro di Produzione Pasti pur essendo stato privatizzato continuava a godere di una sorta di protezione. Dopo un certo numero di richieste inevase mi furono finalmente recapitate le tabelle merceologiche che includevano la tracciabilità dei prodotti, i recapiti dei produttori e le certificazioni ottenute. Conservavo questo grosso incartamento a portata di mano perché capitava piuttosto spesso che i genitori di alcuni scolari venissero a lamentarsi di qualche graffetta ritrovata nella minestra, pane gommoso, olio trasparente o conserva eccessivamente acida. Ed ecco spiegata la ragione di tanto interesse. Proprio in quei giorni, come un fulmine a ciel sereno, scoppiò il famoso scandalo delle uova marce. I Nas, su ordine della Magistratura, avevano messo sotto sequestro quattro stabilimenti alimentari. Uova marce, contenenti muffe e vermi, invece di essere smaltite in discarica, erano consegnate ad appositi impianti che le pastorizzavano, imbustavano e rimettevano in circolazione sotto forma di un semilavorato alimentare che i giornali definivano con il termine di ovoprodotto, un ingrediente questo alla base di quasi tutte le comuni merendine che si trovano in commercio. Spinto da turpi sospetti mi precipitai a consultare l’incartamento scoprendo che una delle aziende coinvolte nello scandalo ci rivendeva uova pastorizzate. Rivelai l’accaduto in Consiglio pensando che i giornali ne avrebbero parlato. Ancora una volta non apparve una sola riga, ma quantomeno i prodotti sospetti furono eliminati dalle tavole imbandite dei bambini. Ma facciamo un passo indietro. Qualche anno prima dello scandalo delle uova marce l’associazione illegale “Animal Liberation Front” mise a segno un boicottaggio contro la Nestlè che si realizzò con la spedizione di due panettoni avvelenati alla redazione dell’Ansa di Bologna. Sopra ad ogni confezione i militanti dell’Alf si preoccuparono di incollare un cartello che a caratteri cubitali avvertiva della presenza del veleno così che a nessun giornalista sarebbe potuto venire in mente assaporare una bella fetta di panettone. Si trattò quindi di 327 Pagina 327 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 un’azione puramente dimostrativa. Non appena Lilia, una nota animalista cittadina, lo imparò scrisse un comunicato stampa per informare i giornali che approvava l’azione dell’ALF. Personalmente non avrei fatto lo stesso, ma ugualmente ero interessato a conoscere le ragioni che l’avevano spinta e così le telefonai. Disse che finalmente si era riusciti a destare l’attenzione di tutto il Paese sull’esistenza degli organismi geneticamente modificati di cui la Nestlè faceva un grande uso. In questo aveva ragione, la spedizione dei panettoni avvelenati può essere considerata come il fiammifero che ha infiammato una discussione che non si è ancora spenta. La povera Lilia si ritrova ancora oggi a dover calcare le aule dei tribunali per difendersi dall’accusa di “apologia di reato” nonostante non abbia mai toccato un solo panettone della Nestlè durante tutta la sua vita. Al contrario, lo Stato Italiano ha evitato rigorosamente di far conoscere i nomi delle grandi aziende alimentari che hanno acquistato e utilizzato l’ovoprodotto fabbricato con le uova marce, muffe e vermi. Neppure il nome delle merendine inviate ai supermercati sono state rese note. D’altronde il Natale, ormai alle porte, avrebbe riempito le case degli italiani di appetitosi panettoni e dorate fette di pandoro, prelibatezze natalizie la cui produzione necessita di ingenti quantitativi di ovoprodotto, marcio o meno che sia. Vogliamo forse mettere in ginocchio l’industria alimentare? Vogliamo licenziare gli operai che ci lavorano? Rovinare la più importante festività degli italiani? Così si devono essere detti a Montecitorio rispondendo all’interrogazione dell’Onorevole Mauro Bulgarelli rimasta inevasa. Povera Lilia, avrebbe potuto aspettare qualche anno per gridare al mondo con tutta la sua forza che i panettoni, tutti quanti e non soltanto quelli spediti dall’ALF ai giornalisti, erano avvelenati. Avvelenati – per Diana! - questa volta non da un anonimo insurrezionalista, ma da un elegante commerciante di uovo marcio capace di far soldi sulla pelle dei consumatori. Ma di che ci lamentiamo? Il capitalismo è come il maiale, non si butta via niente! Vendere, vendere e vendere. Vendere tutto a tutti. Neppure i rifiuti devono essere buttati se qualcuno è in grado di trasformarli in un business. In molti paesi le scorie nucleari rappresentano un problema, mentre per gli Americani sono diventate una risorsa. Basta solo trasformarle in proiettili, inventarsi la guerra in Iraq, ed ecco come un paese normale diventa una discarica di uranio impoverito, una discarica situata lontano dalle case di chi acquista l’energia dalle centrali nucleari e non ne vuol sapere di rifiuti dietro l’angolo. Ha proprio ragione Riddell: una dose di merda 328 Pagina 328 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 quotidiana ci spetta a tutti e quando si tratta soltanto di merda c’è quasi da considerarsi fortunati! Agli irakeni è andata peggio. Strane storie Incontrai i coniugi Horn - naturalmente il loro vero nome non è questo - all’inaugurazione della nuova sede del mio vecchio partito. Me li presentò un amico, un ingegnere dei trasporti che sembrava Beetlejuice, spiritello porcello. Mi avvicinarono parlando con tono confidenziale, come se avessero sempre seguito la mia attività politica da vicino. Subito dopo avermi stretto la mano, mi chiesero se potevo fare qualcosa per loro. Dissero di vivere in un luogo funestato dalle onde elettromagnetiche. Tom Horn aggiunse che la piccola fabbrica dove abitavano (e anche lavoravano) era stata presa di mira dalla sua ex moglie che aveva assoldato un malfattore con il deliberato compito di rendere inabitabile quel luogo nel raggio di cinquanta metri. Mal di testa, diarrea, nausea e un’infinità di altri sintomi impedivano lo svolgersi di una vita normale affliggendo non solo gli Horn, ma tutti gli ospiti che invitavano a casa. La prospettiva di vivere in solitudine li deprimeva molto di più della sofferenza fisica. Fino a quel giorno avevo sentito raccontare molte strane storie dai cittadini. C’era il furgone nero che rapiva i cani, il barone nero che si era arricchito importando illegalmente cuccioli dalla Romania, la ganga di assicuratori che nel tempo libero avvelenava i piccioni, ma un avvenimento del genere era totalmente inedito. Forse si trattava solo di una forma delirante di paranoia nata intorno ad una spinosissima causa di divorzio. Oppure era l’inesorabile marcia delle antenne sui tetti delle case ad aver accresciuto le paure inconsce della collettività. Li salutai dicendo di rivolgersi all’Arpa e mi dimenticai completamente di quell’episodio. Dopo qualche settimana ricevetti una telefonata di Tom. Aveva assoldato un tecnico del CNR che purtroppo, colpito da diarrea e forti mal di testa, aveva rinunciato per sempre a venirne a capo. Mi chiese di andare sul posto. Le commissioni mi impedivano di abbandonare i palazzi comunali e declinai l’invito, ma si rifecero vivi altre due volte e così per far cessare le richieste presi la motocicletta e guidai fino alla zona industriale. Correndo sulla via Emilia riflette329 Pagina 329 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 vo su quello che stavo facendo. Motivavo la mia entrata in questa faccenda assurda pensando che fosse giusto assecondare ogni richiesta dei cittadini smentendo così il solito tormentone sui politici che se ne sbattono della gente. Ma che vita è quella del Consigliere Comunale? Pensavo. Ammesso che questa storia sia vera: chi me lo fa fare di andare a casa di qualcuno che neanche conosco per farmi venire mal di testa, crampi e diarrea? Forse conveniva andarci per avere un’altra storia da scrivere sul mio diario di bordo. Ma si, come ragione mi poteva bastare. Quando arrivai mi aspettavano in giardino tenendosi per mano. Lei era vestita di bianco e indossava un paio di occhiali scuri che nascondevano completamente lo sguardo. Tom indossava il solito gilet da pescatore con cacciaviti e utensili multiuso Leatherman infilati nei taschini. Mi fecero salire due rampe di scale finché spalancarono l’uscio di casa che si affacciava sul salone. La situazione mi apparve paradossale fin dalla prima occhiata. Le pareti erano foderate di alluminio, le tapparelle abbassate erano state inchiodate in modo che non potessero più alzarsi. Sulle cornici degli infissi era stato spalmato del silicone. Al centro del soggiorno, tra le scrivanie e i divani, si trovava una baracca di lamiera, di quelle usate nei cantieri. Se ne servivano per schermarsi dalle onde. Ovunque c’erano delle piante in pessime condizioni usate come bioindicatori. Chiunque le avesse viste avrebbe concluso che senza luce e aria fresca sarebbero morte indipendentemente da qualsiasi altra ragione. Sui tavoli c’era di tutto: misuratori di campo, contatori geiger, maschere antigas e altre apparecchiature mai viste. I computer, come i telefoni, e tutti gli altri elettrodomestici erano stati smontati per cercare una cimice. Ma la cosa paradossale è un’altra. Incominciai ad avvertire un malessere diffuso con un senso di compressione al torace e alla testa. Era come se mi sentissi imprigionato dentro al mio stesso corpo e ancora oggi credo che fu quell’aria viziata a produrre un’improvvisa costipazione. Chiesi se potevamo uscire in giardino e seduto sotto ad un bellissimo cedro del Libano ascoltai il racconto degli Horn. Avevano ingaggiato un detective per smascherare le malefatte della prima moglie di Tom, ma poi, come accade spesso in guerra, il mercenario si era venduto al nemico. In un primo tempo avevano pensato ad un’arma elettromagnetica importata clandestinamente dall’est-Europa e per convincermi che non si trattava di un’impresa impossibile mi mostrarono un giornale in cirillico pieno di illustrazioni e fotografie di lanciafiamme, occhiali a infrarossi e tante altre strane diavolerie in vendita a prezzi stracciati. Per questo avevano comprato i rilevatori che se ne stavano sparsi in giro. Non avevano rilevato nulla di strano, niente onde, radon, uranio e nemmeno un grammo di 330 Pagina 330 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Zyklon b. Successivamente alle indagini svolte da un altro investigatore avevano scoperto che il persecutore era anche un tecnico di radioprotezione e pensando di essere sottoposti ai raggi x si erano affidati ad un’azienda che aveva posizionato densitometri ovunque. Infine mi raccontarono come “il persecutore” fosse riuscito a deviare le chiamate del fax su altre destinazioni con il deliberato fine di ostacolare le commesse dei clienti e far fallire l’azienda. Aggiunsero che i vicini di casa li spiavano con microspie nascoste nel lampione di fronte alla finestra. Guardai il lampione. In effetti c’era un lampione. Ma feci loro notare che messo a quel modo - aveva il fusto piegato e dalla cappa penzolava una matassa di fili attaccata alla lampadina – poteva servire a ben poco. Lei disse che era stato Tom ad urtarlo volutamente in modo da far cadere la microspia che poi non era mai stata trovata. La situazione oltre che paradossale stava diventando ridicola tanto che incominciai a pensare che presto mi avrebbero parlato di quei piccoli omini verdi che ogni notte passeggiavano sul tetto del capannone. Tornato a casa scoprii l’unica cosa utile che forse può realmente interessare al lettore. Da un rapporto di una commissione del Senato appresi che il nostro paese non è in grado di fronteggiare le nuove armi elettromagnetiche. Chi dovesse decidere di rovinare la salute al prossimo con gli ultimi ritrovati della scienza bellica può farlo senza correre il rischio di essere scoperto. Scorrendo le pagine di alcune associazioni umanitarie incominciai a conoscere da vicino le armi ad onde magnetiche. Sono nate inizialmente per fronteggiare le sommosse in ambiente urbano in quanto causano dolori lancinanti che paralizzano i muscoli. A potenze inferiori la loro utilità non cessa del tutto perché cagionano un diffuso senso di paranoia in grado di creare conflitti all’interno dei gruppi organizzati che, per esempio, occupano uno stabile per scopi dimostrativi. Sicché, se i coniugi Horn erano dei paranoici, poteva trattarsi benissimo dell’esposizione continuata a questo nuovo tipo di tecnologia. Poveri Horn, se anche avessero avuto ragione nessuno avrebbe potuto dimostrarlo e ancor meno punire chi li stava perseguitando. Abbandonarono la fabbrica e vissero in un camper, spostandosi da una località ad un’altra, senza soste e sempre inseguiti dall’ombra del persecutore, fino a quando li persi di vista per sempre. Purtroppo, anch’io avevo i miei persecutori e mentre mi dannavo per far incassare al mio partito due nuovi voti, c’era chi lavorava per perderne uno: il mio. L’esecutivo cittadino aveva tentato a più riprese di far dimettere il nostro assessore alla casa e il mio ruolo era stato più volte messo in discussione perché non mi ero unito al gruppo. Come può un partito ripudiare 331 Pagina 331 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 un assessore indicato dagli stessi dirigenti politici al Sindaco soltanto pochi mesi prima? Non può certo andare davanti ai cittadini e dire che si è sbagliato. Se avessimo imboccato questa direzione avremmo fatto la figura dei peracottari. A dispetto di ciò, Daniela Arregu, cinica capo cordata del partito e dirigente nazionale, mi imputava ogni colpa. Non le importava se i cavatori abusivi depredavano la sabbia del Po’ e neanche se spuntavano batterie di villette abusive alla foce. Se i lavori della variante di valico stavano distruggendo il fiume Setta dal quale Bologna attinge gran parte dell’acqua potabile. L’unico problema ero io, il capogruppo del Partito Verde al Comune. D’altronde, il clima avvelenato che avvolgeva la città dopo l’arrivo del Sindaco sceriffo, era perfetto per chi voleva liberarsi di uno scomodo concorrente. Una delle due mozioni presentata dai miei nemici al Congresso appena concluso - firmata da Filippo Boriani e Silvia Zamboni, il primo era l’ex Capogruppo e la seconda l’ex Assessore del precedente Governo amministrativo - parlava del mio operato senza peli sulla lingua: “Si è purtroppo registrata una preoccupante debolezza della presenza istituzionale del partito, soprattutto in Comune, dove si è registrata l’assenza di rappresentatività, incapacità di iniziativa politica e totale subordinazione ai ricatti, posti dal Sindaco, dai DS, e dal partito del mattone e del motore, come è avvenuto per la poco edificante vicenda sul voto del metrò. Certo è che l’improvvisazione e il nepotismo non aiutano, e vengono al pettine i nodi che ci hanno portato a questa scelta”. Compresi che c’era qualcosa di molto peggio dei piccoli omini verdi che si aggiravano sui tetti di casa Horn ed erano i loro fratelli terrestri, sempre verdi, che vagavano nel mio stesso partito. (Ndr Per correttezza di cronaca, Silvia Zamboni, mi telefonò il giorno dopo il congresso scusandosi e dicendo che aveva firmato la mozione senza averla letta. Personalmente non le ho mai creduto). Pagina 332 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Il dentifricio di George Bush e i pomodori dei no-global. “come molti altri, Victor Brack, fece di tutto per mobilitare i medici tedeschi al servizio della vittoria. Egli giustificava le atroci sperimentazioni mediche con la necessità di trovare nuove terapie efficaci. La guerra è la guerra – soleva ripetere” C.D. juive contemporaine Per molto tempo pensai di aver concesso troppo spazio alla storia dei coniugi Horn. In realtà, incominciando dalle armi elettromagnetiche di ultima generazione, ero finito per intraprendere un lungo viaggio all’interno delle ragioni che muovono i popoli alla guerra. Quasi un anno dopo, Gianluca Borghi, eletto in Consiglio Regionale, mi chiamò alla presentazione di un documentario sul raggio della morte *. Tutti i presenti si chiesero cosa avrei potuto dire e non dissi certo nulla che non fosse già noto, ma è sempre bene ricordare come i grandi persuasori ci imbrogliano stravolgendo il senso delle parole. Repetita iuvant, dicevano gli antichi. “Vietnam, il primo conflitto che ha mostrato al mondo cosa significa combattere una guerra. Poco importa sapere se questa presa di coscienza sia nata casualmente, ciò che conta veramente è aver avuto la possibilità di vedere quella bambina che fugge nuda da un esplosione, o assistere alla morte di quel ragazzo, un vietcong, trucidato con un colpo alla tempia dal Generale Nguyen Ngoc Loan. Immagini indelebili che sono entrate a far parte di quel grande immaginario collettivo che ci ricorda quanto sia terribile ogni guerra. Ma vi è un altro immaginario costruito di proposito durante la prima Guerra del Golfo e contrapposto volutamente al primo. Eddie Adams è stato un grande fotografo di guerra che con i suoi reportage ha raccontato 13 conflitti Pagina 333 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Anzi: chi si ricorda più della guerra del Vietnam? Da quel giorno, altre immagini, questa volta rassicuranti hanno incominciato a conquistare le sconfinate pianure dove crescono le tracce mnesiche della nostra memoria. Alle 2 e 38 del mattino del 17 gennaio 1991 ha inizio l’operazione Desert storm, la prima e più potente azione militare alleata dopo il 1945. Non è una guerra come tutte le altre, ma la metamorfosi del significato stesso che è sempre stato attribuito alla guerra. Cittadini del mondo non abbiate paura: un ingorgo, una città bombardata, i risultati delle partite, i ritardi ferroviari, aerei che decollano da una portaerei, l’ultimo disco di Michael Jackson, un conflitto globale… sono solo notizie! La guerra è un avvenimento come un’altro. Nulla di che spaventarsi. Cittadini del mondo sedetevi a tavola alle 20, cenate e non cambiate canale. Nessun boccone, questa volta, vi andrà di traverso. Abbiamo imparato la lezione. Basta bombe, sangue e soldati morti che ritornano avvolti nelle bandiere, basta con i vietcong che tirano napalm sui rifugi dove gli adulti hanno nascosto i bambini. Basta villaggi incendiati dagli elicotteri. Ecco a voi L’inquadratura del jet che decolla dalla portaerei è l’immagine la nuova, rassicurante, benefica, guer- più utilizzata dai telegiornali durante la prima guerra del golfo ra globale. In tutti i telegiornali si susseguono le stesse identiche immagini di un “loop ipnotico” che si ripete per tutta la giornata. Si crea un’atmosfera insolita, inquietante per chi non si abbandona al lento e inarrestabile fluire dei messaggi. Le notizie si diradano, il tempo si contrae in uno spazio vuoto che tutto può essere fuorché minaccioso. Ogni inquadratura per la prima volta nella storia della tv viene studiata attentamente prima di essere mandata in onda. Aereo che decolla da una portaerei. Niente di cui preoccuparsi è una guerra aerea. Bombardamenti notturni ridotti a punti luminosi che rotolano sul cielo verde. Niente di cui preoccuparsi è una guerra lontana. Edificio che esplode sul display di un armamento sconosciuto. Nulla di cui preoccuparsi è una guerra tecnologica. Macchine contro macchine. Alle immagini si alternano i commenti dei giornalisti che parlano. E parlano. E parlano. Parlano ininterrottamente, ma non dicono assolutamente nulla. Ribadiscono che non c’e nulla di cui preoccuparsi. I Generali che compaiono nelle conferenze stampa, non più di tre per ogni giornata di guerra, sono rasati così 334 Pagina 334 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 bene che si può persino sentire l’odore del dopobarba. Vestono eleganti divise con il colletto della camicia inamidato. I bottoni d’oro scintillano. Malgrado le luci intense dello studio non mostrano una sola goccia di sudore sul viso. Illustrano lo svolgimento della campagna con uno sguardo tranquillo e il tono pacato. Ribadiscono anche loro, ancora una volta, che non c’è nulla di cui preoccuparsi. Dall’altra parte dello schermo i telespettatori hanno bisogno soltanto di questo, di uno “spazio aperto sul mondo, dove è possibile trattare con un sorriso qualsiasi tipo di notizia” (Slogan della trasmissione Rai Matinée) . Interrompiamo i programmi per informarvi che 10 missili Scud sono stati lanciati su Israele! State calmi! Ancora una volta, non c’è nulla di cui preoccuparsi, alle 18 andrà in onda una nuova puntata di “ok il prezzo è giusto” presentata da Iva Zanicchi. A seguire il telegiornale e dopo le venti non perdetevi la prima visione di “Trappola di cristallo” con Bruce Willis. Ma la vera trappola di cristallo è proprio lei, la televisione tanto che l’immagine più famosa di tutta la Guerra del Golfo è diventata la più grande bufala di tutta la storia della comunicazione. Il famoso cormorano invischiato nel petrolio dei pozzi fatti saltare in aria da Saddam era in realtà la vittima di una petroliera naufragata a molte miglia di distanza dall’Iraq. Esplodono i pozzi? Finalmente potete preoccuparvi di qualcosa. Di cosa? Dei morti? Dell’inquinamento del mare? Dei bambini irakeni intossicati? Ma no, non sia mai, nella nostra “guerra educata” non succedono cose del genere. Cittadini del mondo commuovetevi se proprio volete, ma solo per quel povero uccellino che non siamo riusciti a salvare. Lui è l’unica vera vittima di questa guerra che non abbiamo incominciato noi! Da quel primo giorno di bombardamenti la guerra, la politica e i media sono diventati una sola cosa. La guerra, quella vera, ha stretto un patto con la politica, con l’unica creatura che sarebbe riuscita a manipolare i significati da gettare in pasto al popolo. Non l’aveva forse previsto anche Carl von Clausewitz quando scrisse che “la prima vittima della guerra è la verità”? E quando incominci a mentire non puoi più fermarti. Se ogni guerra è uno scontro che si apre con la discesa in campo degli eserciti diventa nel giro di breve tempo un conflitto semantico. Parole contro parole. Batterie di ossimori cannoneggiano i telespettatori prima ancora di aver colpito le postazioni nemiche. Che cosa sono gli ossimori? Delle contraddizioni rassicuranti. S’incominciò con la bomba atomica. Quando nacque, i giornalisti presenti a Los Alamos, titolarono “baby is born”, letteralmente “il bambino è nato”. Avrei preferito che quel bambino fosse andato all’asilo e mi sarebbe piaciuto vederlo crescere. Invece quel “ragazzino”, Little boy per gli america335 Pagina 335 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 ni, fuoriuscì dal ventre della mater tenebrarum “Enola Gay” per infrangersi sul Giappone provocando la morte di oltre un milione di persone, di cui 130 mila il primo giorno. Quel fanciullo nato e svezzato a Los Alamos può essere considerato l’illustre antenato, ma anche il corpo bellico, il segno capovolto, delle moderne bombe intelligenti nate dopo di lui. Ordigni che sanno distinguere i nemici dai civili, discernere il bene dal male. Sono il bisturi affilato di un’operazione chirurgica che amputa solo la parte malata, le metastasi militari del nemico, i soldati anonimi, i mezzi, i depositi vuoti e mai i civili inermi, i feriti, i neonati. Poi scopri che le bombe vanno a finire sul tetto di un ospedale e non sul deposito di carri armati se è vero che i bambini rappresentano il 43% delle vittime degli attacchi aerei, mentre sono solo il 6,5% delle vittime dei conflitti a fuoco (Andrew Lawless). Ciò vuol dire che un cervello umano collegato ad un fucile funziona meglio delle bombe teleguidate dai satelliti e assistite dai computer. Non sono poi così intelligenti come si vuol fare credere, forse devono prendere delle lezioni private. Bombe intelligenti, ma ripetenti. Ci penso un po’ su e mi convinco che forse sono davvero intelligenti perché si sono rifiutate di obbedire agli ordini dei generali americani. Bombe così sagge che hanno letto il saggio “disobbedienza civile” di Henry David Thoreau. I generali hanno ordinato alle bombe di cascare qua e loro sono cascate là. Pazienza, le bombe sono solo un aspetto di tutta la “guerra preventiva”. Proprio così, per prevenire la guerra bisogna combattere un’altra guerra. Una prima guerra, reale, mantenuta “sotto controllo”, serve per scongiurare l’esplosione di una seconda guerra, questa volta ipotetica, ma molto più spaventosa e incontrollabile della precedente. Paradossalmente il termine “prevenzione” ha un connotato sanitario se è vero che lo slogan di un dentifricio recitava che “è meglio prevenire che combattere”. Se Bush fosse stato un dentista ci avrebbe estratto tutti i denti sani per essere certo che non si sarebbero cariati. La Videogiochi, film, soldatini e oggetti di abbigliamento sono i feticci che mescolandosi alle immagini reali attenuano la paura della guerra Le scarpe Nike in stile “Desert storm” Pagina 336 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Ai feticci e alla neoestetiche si aggiungono le immagini provenienti dalle fonti vicine al dipartimento della difesa. Si tratta quasi sempre macchine con un’evidente mancanza dei soldati che si mostreranno durante la seconda Guerra del Golfo grazie al diffondersi delle macchine digitali, videotelefonini, blog e social network.. “guerra preventiva” si trasforma così in una “guerra umanitaria”, dove, se anche si è costretti ad uccidere lo si fa per evitare il genocidio che il nemico avrebbe compiuto se non fosse stato fermato dalle “forze del bene”. Si noti su questo come il termine di “guerra mondiale” non è stato più usato perchè troppo coinvolgente sebbene gli attuali conflitti militari coinvolgano un numero spropositato di nazioni disseminate da una parte all’altra del globo. La guerra, cannibale dei significati, non si dà pace e continua a mutare senza tregua. Si trasforma in una “guerra giusta” organizzata da “soldati – missionari di pace”. Se poi si vince e si deve rimanere sul posto, la “guerra umanitaria” diventa un “impegno umanitario” e l’esercito un “contingente di pace” che “non è un esercito di occupazione!”. Ma se non siamo occupanti: cosa siamo? Turisti? Tirate fuori subito la prenotazione dell’hotel! Studenti fuorisede? Dov’è l’iscrizione all’Università? Spuntano le tende degli ospedali militari, bambini appena vaccinati sono tenuti in braccio dal medico di campo. Ruspe al lavoro nel grande business della ricostruzione. Ma i colpi restano al caldo dentro alle canne dei fucili, le mitragliatrici in cima alle torrette dei carri e le bombe nei ventri freddi dei bombardieri. Chi desidera continuare l’ana- Ai feticci si aggiungono neoestetiche fondate su immagini paradossali che pur provenendo da strumenti ipertecnologici, quali visori a infrarossi e amplificatori di luce notturna, sono estremamente grossolane e poco dettagliate. Mostrano una guerra “sgranata” attraverso immagini rarefatte e appiattite in un limitato numero di tintequali bianco e nero, verde e rosso. Pagina 337 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 lisi può affidarsi alla rete scoprendo un aspetto ancora più paradossale, l’ultimo tassello, posto a coronamento della grande mistificazione. Digitando “desert storm” su Google immagini compaiono le inquadrature di alcuni videogiochi mescolate agli scenari della guerra vera. È tutto solo un videogame! Un War Game! Il prossimo livello: dopo la pubblicità! Un’immagine tratta da un videogioco Ad una settimana di distanza da quella sera in cui parlai della guerra, l’Altrasinistra, il gruppo trasversale di Consiglieri Comunali di cui facevo parte, mi chiese di firmare un comunicato congiunto in cui ci dichiaravamo contrari alla presenza delle Forze Armate durante le celebrazioni della Repubblica. Quanto detesto la logica della linea tirata, del “di qua o di là”, del “con noi o contro di noi”. Ma si potrà mai vivere al di fuori degli schieramenti imperanti per una sola volta? Non trovavo giusto imputare ai soldati una responsabilità. Piuttosto mi sembrava opportuno sottolineare una contraddizione palese tra il dire e il fare. È il Governo che impone all’esercito di andare in guerra e il nostro nuovo governo (di centrosinistra) aveva detto chiaramente di voler abbandonare l’Iraq. Perché prendersela con le Forze Armate? Perché sposare la linea dei centri sociali a priori pur di 338 Pagina 338 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 mostrarsi come quelli “duri e puri”? La ricerca del consenso non deve comportare l’accoglimento di una posizione a prescindere. Semmai si poteva affrontare un tema molto più profondo sul fenomeno della manifestazione estetica dello strumento militare. Perché sfoggiare le armi se la Costituzione sulla quale si fonda la Repubblica Italiana ripudia la guerra? Ripudiare la guerra non significa forse ripudiare anche i suoi strumenti, incominciando proprio dalle armi quali fucili, pistole, carri e quant’altro? È proprio sull’ambiguità del doversi difendere che s’incomincia a disseppellire le asce di guerra. “Sì all’esercito e no alle armi e si dia il via ad un dibattito sulla fenomenologia dell’estetica militare” questo era l’emendamento che proposi. Quando il Capogruppo di Rifondazione fece ritorno nel mio ufficio con l’ultima versione del comunicato la mia frase era stata cassata tirandoci sopra una lunga linea rossa. L’Altra Sinistra non spedì alcun comunicato stampa e questo fece buon gioco ai soliti quattro Disobbedienti. Le Forze Armate, durante la Festa della Repubblica, furono accolte al grido di “mercenari” e “assassini” e da un copioso lancio di pomodori e uova marce. I manifestanti erano per la pace, ma contro qualcuno. Lo stesso ossimoro su cui si reggono le guerre. Il Tex Willer di Magnus Di nuovo in aula L’imputato si arrestò improvvisamente e guardò nel vuoto. “Sono tutte piccole storie” – disse con sguardo sognante - “Aneddoti che fanno parte della routine di ogni consigliere comunale. Sarebbero le sole storie che potrei raccontare se non fosse stato per il Sindaco che governò la città, il Sindaco Tex, come lo soprannominò la stampa” “Il sindaco sceriffo!” esultò il Giudice. “Proprio lui. Un uomo dalle letture ricercate, cosa rara nell’ambiente. Mi andò a genio fin dal principio e come avrei potuto fare altrimenti sapendo che teneva sul comodino il libro “Gli androidi sognano pecore elettriche?” dal quale è stato tratto l’immortale Blade Runner” “Continui, la prego” supplicò il Giudice. 339 Pagina 339 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Sergio Sebastian Borgia “Ho fatto cose discutibili. Cose per cui il Dio della biomeccanica non mi farebbe mai entrare nel suo paradiso”. Roy in Blade Runner Sono arrivato ad una conclusione sulla “legalità”, su questo proclama rivendicato ossessivamente dal Sindaco sotto il quale ho prestato servizio. Non si è trattato mai, neppure per una volta, di uno strumento di propaganda fine a se stesso, ma dell’urlo angosciato di un uomo afflitto dai ricatti, dall’amoralità e dall’ignoranza. La legalità è l’essenza stessa di tutte le leggi. È l’angoscia del cavaliere che giace disarcionato a terra dopo aver combattuto la battaglia più importante e leggendaria di tutta la sua vita. Per questo, quando mi trovai a dover convalidare l’esito delle elezioni in Consiglio Comunale, dedicai a Sebastian la poesia “O Capitano! Mio capitano!” scritta da Walt Whitman in onore di Abramo Lincoln. Nonostante questo dono non mi volle mai al suo fianco e mi trattò come il suo luogotenente Roy Battle. Entrambi, Roy e Sebastian intendo, benché siano ora due acerrimi nemici, sono appartenuti alla stessa cerchia di uomini che sono soliti combattere da soli. Dalla loro solitudine, e da nient’altro, traggono la forza che li anima e li nutre. Che gli Dei siano generosi con voi quanto lo sono stati con chi scrive. Che gli Dei possano concedervi in dono i libri amati dai vostri avversari Da sinistra a destra: Rutger Hauer alias Roy Batty in “Blade runner”, Cesare Borgia e lo storico francese Lucien Febvre Pagina 340 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 perché se conoscerete i libri che leggono, o che hanno letto, saprete con esattezza di quale pasta sono fatti. E fu scorrendo le pagine di “Onore e patria” di Lucien Febvre, abbandonato accidentalmente sulla scrivania del Sindaco, che intravidi ciò che sarebbe successo, scrutai quei “tratti selvaggi” di Sebastian che avrebbero condizionato l’imminente futuro. Contemplai imprese e affanni, gioie e dolori, tutti sommersi nelle acque iridescenti di queste parole: “Ma cos’è dunque il senso dell’onore? L’onore è innanzitutto un rifiuto, un rifiuto di scendere a patti con ciò che è brutto, basso volgare, interessato, non gratuito. Il rifiuto di inchinarsi dinanzi alla forza in quanto tale, dinanzi alla pace in quanto tale, dinanzi alla fortuna in quanto tale. L’onore implica, in colui che lo porta, un senso altero e risoluto del rischio, del gioco in cui si rischia di perdere la vita o di guadagnarsi la stima dei propri pari, un senso tragico del destino e al tempo stesso della dignità nella cattiva sorte; e tutto ciò si affianca sovente ad un grande desiderio di isolamento, a un grande rifiuto di venire a patti col mondo, col male, e una gran voglia di ritirarsi nella sua torre d’avorio… Da qui l’obbligo di cancellare ogni lordura. Di liberarsi di ogni onta per mantenere in tutta la sua purezza la dignità della propria persona, per restare fedeli a ciò che si è”. Aristofane raffigurò la pace sotto le mentite spoglie di una puttana. Se Cesare vuole la pace deve pagare i senatori, i mercanti e i generali e ciò fece sino a quando l’insaziabile avidità si trasformò nelle siche acuminate dei congiurati. È vero, “un uomo che non si compra con 12 sesterzi si compra con 13”, ma è altrettanto vero che non ci sono mai abbastanza sesterzi per comprare tutti i cospiratori, come dimostrano le “idi di Marzo”. Tanto vale quindi non ricompensare nessuno e dichiarare guerra al mondo intero. Sebastian il creatore di replicanti insieme a Priss in una sscena di “Balde runner” (William Sanderson e Daryl Hannah) Pagina 341 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Quelle quattro nereidi che affascinarono Sebastian fin dal primo giorno, strizzandosi i seni ai piedi del gigante oceanico, non domandarono giustizia a chi avrebbe dovuto difendere il loro candido onore, ma denaro, favori, potere e a queste richieste se ne aggiunsero altre, di altri. E furono così tanti i mercanti che bussarono alla porta da disgustare il capitano fin nel profondo del suo cuore. Fu allora che sfiancato dalla battaglia, poco prima dell’alba, quando il sole non era ancora sorto e la luna tramontata e tutto quel mondo intorno al Nettuno dormiente appariva senza tempo, Sebastian fece un sogno. Cesare Borgia e le sterminate terre di Romagna da lui donate al fedele luogotenente, Ramiro Lorqua, detto poi, per via dell’agire sanguinario che lo distinse, Ramiro dell’Orco. Ramiro dell’Orco, da quel nome e quella storia Sebastian fu rapito e posseduto. “Ramiro” - sussurrò il Valentino - “mio fedele Ramiro, prendi queste lande rivoltose, questi borghi fradici di cospirazioni e cancrene e corruzione e in nome del Borgia fanne un regno degno del mio nome e del mio onore. E non lesinare le violenze, il sudore del boia e la rafia dei capestri perché i mezzi - Dio non me ne voglia - giustificheranno sempre il fine”. A quei tempi - come ai tempi di Sebastian poi - fu l’occupazione abusiva di alcune case da parte degli uomini di Giannotto il francese ad innescare la rivolta. Da quel momento Ramiro, uomo tanto capace quanto brutale, mise ogni contrada a ferro e fuoco, e arrossò i fiumi di sangue e torturò e uccise e fece piangere come se piovesse. Fu detto anche che mise in vendita il grano dei villaggi e che era disonesto e che fece bruciare un paggio solo per aver versato del vino fuori dal calice dorato. Fece così tanto male e per così tanto tempo che i cittadini ne chiesero ragione al Valentino. “Ramiro?” - chiese il Borgia al popolo riunito - “Ramiro il mio luogotenente? Ramiro servo di un principe retto nello spirito e leale e generoso verso i cittadini del suo regno? Ramiro ha fatto tutte queste cose? “ domandò incalzante Cesare Borgia, Duca di Valentino. “Sì, Ramiro. È stato lui, Ramiro!” Rispose il popolo fremente. “Non sia mai!” - gridò il Borgia – “Non sia mai che qualcuno possa aver compiuto cotanta abominevole ingiustizia a mia insaputa!” Ramiro fu decapitato di mattina, davanti al popolo che aveva oppresso, nel lontano dicembre del 1552, su ordine di Cesare Borgia che così dimostrò quanto grande fosse il suo amore per la Romagna. Le terre che un tempo furono patria di corruzione e disonestà rifiorirono su quello stesso sangue che era stato versato per riportarle all’onorabilità perduta. Solo i grandi uomini hanno il potere di cambiare la storia, addivenire al fine, e far dimenticare i mezzi. “Aut Caesar aut nihil”, o Cesare o niente. 342 Pagina 342 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Dieci piccoli indiani A Genova in quella lontana estate del 2001, su quel suolo che fu già terra di navigatori, giullari, menestrelli e prostitute nacque questa storia. I dieci piccoli indiani reduci da quel massacro che pose fine alle speranze dei movimenti, si ritrovarono dispersi nella notte, impauriti, arenati in un banco di sabbiosa disillusione. Alle prime luci dell’alba si convinsero che avrebbero dovuto fuggire dalle urla che ancora strangolavano le strade, dai vetri infranti, le auto incendiate, dai cattivi gendarmi. Lontano da quel corpo che videro disteso inerme sull’asfalto. Liberato dalla maschera funeraria di un nero passamontagna si mutò in un bambino ucciso nella vastità del mondo. Volevano dimenticare quei volti impauriti, i corpi rannicchiati, l’ardore dei carnefici. A loro non rimase nulla, se non quel treno di fuggiaschi che lasciò dietro di sé una scia di sogni infranti. Dimenticare tutto per ricominciare altrove. A Bologna, forse. A Bologna dove un piccolo partito di ecologisti affaticati li avrebbe accolti a braccia aperte. Insieme avrebbero marciato uniti per aprire un varco al capitano d’aprile, alla maschera Balinese meglio nota con il nome di “Cinese”. I reduci dimostrarono, ancor prima di veder brillare le cinque nuove stelle del mattino, che non tutto era perduto e che la politica poteva essere cambiata. Nella sede dove avevo contato le tessere, mercanteggiato uomini e donne inconsapevoli della tratta, in quel luogo deputato alla noia, tempio di livori e litigate, fiorirono dei giovani ragazzi, studentesse e scrittori di talento. Una primavera di idee, accarezzata da nuove brezze di parole, affastellata dai boccioli di inedite amicizie rinnovò il partito verde di Bologna che in questa atmosfera crebbe in tutto il suo splendore. Chi guidò i giovani e i forti, i saggi e i dubbiosi? Roy Batty, il temerario. Roy Batty che combatté i maghi della torre e dai maghi fu sconfitto, ma che mai indossò l’anello. Di Roy e dei reduci da Genova, come dei dieci piccoli indiani, “alla fine non ne rimase nessuno”. 343 Pagina 343 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Il Sindaco macellaio Quella campagna elettorale del 2004 fu molto dura, di più, devastante per chiunque vi avesse preso parte, vincitori e vinti. Il vecchio Sindaco uscente, il macellaio di Palazzo, non appena vide i risultati elettorali scacciò gli assistenti, congedò le segretarie e si rintanò nel buio dell’ufficio. Girò due volte la chiave e due volte singhiozzò come un animale ferito. Nessuno ha saputo cosa fece quella notte nella quale fu travolto dall’acrimonia ardente di una sconfitta evidente: 56% dei voti allo sfidante forestiero e 40 a lui, al Sindaco uscente. Com’era potuto succedere? Lui, il Sindaco uscente, i portici li aveva mantenuti lustri e perfino il Crescentone, nube di porfido lattescente, era emerso da un cielo grigio di millenaria sporcizia. Così la scalinata del Pincio, di bianco vestita, l’aveva concessa in sposa ad un rinnovato cassero di porta Galliera. Passò in rassegna i suoi bambini, le sue creature, e carezzandole si disse: “Ho fatto di un forno decrepito un museo d’arte moderna, di un cinema malmesso un auditorium, di un covo di lussuriosi omosessuali il museo della Madonna. Ho alzato statue, rianimato santi di pietra e risvegliato garibaldini di bronzo”. “E il parco di piazza Trento e Trieste?” chiese una voce misteriosa al Sindaco affranto. Ma lui non rispose ad alta voce e si mise a pensare che se qualcuno, un giorno, in un lontano futuro, avrebbe scritto di lui, del signor Sindaco che fece rinascere quella piazza abbandonata, non si sarebbe certo dimenticato della fontana che non ha più smesso di piangere dalla felicità per le panchine nuove, i vialetti rifatti e per le siepi ben tosate. Sconfitti i comunisti, anzichè gli Austriaci, si era ripreso anche lui Trento e Trieste. “Voglio vedere le aiuole fiorite!” - gridò il Sindaco macellaio rivivendo quella storica battaglia – “In fiore sempre! Bada bene: col caldo e con il freddo, non deve far nessuna differenza!” E dal giorno in cui fu impartito l’ordine fu tutto uno sboccato sbocciare di corolle e boccioli, un florilegio di colori, un turbinio di delicati odori. Mughetti e bucaneve, violette e margherite, a primavera. Rose sempre. Calle in autunno, non bianche care ai cimiteri, ma gialle, tutte quante fatte portare in piazza Trento e Trieste da lui, e solo da lui, dal Sindaco Macellaio che è nato a Bologna e che è vissuto a Bologna e che ha respirato l’aria di Bologna fin da quando giravano i tram e c’era Dozza come Sindaco. Proprio così era lui il Sindaco di 344 Pagina 344 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Bologna e nessun altro avrebbe potuto prendere il suo posto. Ancor meno uno straniero: “Puttana!” gridò il Sindaco con tutta la forza che aveva. Non inveiva contro la lista civica che lo aveva sostenuto o i nemici, neanche imprecava alla fortuna. Lui malediceva lei, quella gran puttana della signora dotta e grassa. “Stramaledetta Bologna!” Gridò piangendo e obnubilato com’era dal rancore, sbronzo di risentimento, intravide tra le lacrime il fantasma di una possibile ragione, una vittoria invisibile che affiorava dal mare tumultuoso della sconfitta. “E se questa mia disfatta” – si chiese maligno – “Non fosse giunta per caso, o per sventura funesta, o per scacciarmi, ma per assecondare il volere di certuni che ad un prigioniero volevano soltanto sostituirne un altro?”. Aveva ragione. Quel giorno, 15 giugno, anno domini 2004, settecento e non so quanti anni dopo, si stava ripetendo quanto accaduto in un lontano passato. Stregato da questa visione si domandò ad alta voce: “Nel 1249, non fu forse catturato a Fossalta il sovrano di Sardegna, Re Enzo? Non fu trasmesso in catene a Bologna? Rinchiuso in uno dei palazzi comunali che da lui prese il nome? Non vi morì, in qualche segreta nascosta dentro a questi consumati mattoni, il figlio dell’Imperatore di Svevia? Così come accadde allora, anche l’avversario che mi ha sconfitto creperà di dolore in questo tetro palazzo che nasconde una galera. Ma non tirerà le cuoia con dolcezza. Tutt’altro! Non lo immagina la mia cara Signora che il forestiero le farà pagare ogni sua connivenza, ogni tradimento, ogni ipocrisia. Lui, il mio nemico, mi renderà vendetta. E sarai punita, vedrai, e non sai quanto ti farà soffrire!”. Rise e fu una risata roboante, infernale. Chi vide il Sindaco macellaio mentre usciva dal palazzo del Podestà, raccontò di aver visto sul suo volto un’espressione felice, quella di certi naufraghi scampati a un tifone. Il Sindaco macellaio non si stava affatto ritirando di soppiatto. Il Sindaco abbracciava la libertà lasciando le catene al suo successore. Il Sindaco Macellaio, Giorgio Guazzaloca Pagina 345 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Roy Batty Era forse l’umana paura della sconfitta ad aver spinto Roy a compiere i primi passi nel mondo dei movimenti, ma quella mattina, quando sua madre gli domandò cosa intendesse fare dei suoi vecchi abiti, pareva essersene dimenticato per sempre. Ma era solo una dimenticanza momentanea perché l’angoscia sarebbe tornata ben presto. Stringeva la felpa nera quasi fosse il bozzolo da cui era appena uscita una farfalla palpitante desiderosa di avventurarsi in un mondo inesplorato e immenso. Il cappuccio somigliava all’esuvia vuota di un passato che sebbene gli fosse andato bene fino a quel giorno, gli era diventato improvvisamente troppo stretto. Non avrebbe più calato l’orlo nero sul viso per nascondersi agli scatti della Digos e tantomeno occupato le case sfitte, infrangendo porte o scavalcando cornicioni. Avrebbe fatto molto di più. Avrebbe soffocato nella culla le ragioni dei diseredati liberando gli alloggi pubblici da ogni assedio. Per riuscirci, le regole dovevano assolutamente cambiare perché ogni povero, giovane o vecchio che fosse, meritava un tetto sulla testa. Ringraziò sua madre, lasciò cadere la felpa nel cesto dei rifiuti, e strinse il nodo alla cravatta. Viaggiando sul taxi quella mattina rimirava la città con un sentimento inedito. Sentiva, per la prima volta, il senso di appartenenza mescolarsi alla possessione. L’amava prima ancora di aver ricevuto il mandato ufficiale dal Sindaco. Accarezzava i muri con lo sguardo, baciava i portici, sentiva scorrere sotto di sé i basoli del selciato. In una parola la stava facendo sua senza averle domandato la mano. E come l’aveva lungamente corteggiata e quante attenzioni, quante premure, fatiche, aveva speso prima di quel viaggio nuziale. Dopo Genova era nata la sua devozione, nel momento magico in cui i centri sociali veneziani – di cui faceva parte ed era un saldo caporale - gli avevano domandato di aprire la strada verso la grassa e dotta signora. Con loro era politicamente sbarcato in città malgrado vi abitasse da tempo; malauguratamente non vi è storia senza tradimenti e la sua pareva confermarlo. Si rese ben presto indipendente e crebbe i suoi nuovi paladini nella terra nutrita dai compagni scacciati in minoranza per eccesso di disobbedienza. Condusse il suo gregge dentro al partito Verde protetto da potenti influenze romane dalle quali si sarebbe ben presto liberato. Come Giovanna D’Arco in marcia su Orleans, la sua ascesa fu inarrestabile. Si 346 Pagina 346 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Pagina 347 alleò ai vecchi mentori ecologisti per sventare l’idea dell’invasore straniero e solamente dopo aver varcato le colonne d’Ercole li annientò tradendo per la seconda volta chi aveva creduto in lui. Questa volta, dentro al partito. Non si sentiva in colpa per questo. Chiunque avrebbe fatto lo stesso, lui era stato solo più abile. Non sanguinario, non infido, soltanto il più bravo. Malauguratamente per lui, le sconfitte insegnano molte più cose ai condottieri delle stesse vittorie. “Un generale che non è mai stato sconfitto almeno una volta, non è un buon generale”, scriveva Sun Tzu molti secoli prima di Roy. Questa assenza di sconfitte sulle quali riflettere, insieme ad una leggera mancanza di umiltà, l’avrebbe costretto, ineluttabilmente, a perdere. Ma lui, quel giorno, non lo sapeva ancora. D’altronde, come avrebbe potuto saperlo? Tra pochi istanti si sarebbe seduto accanto a Sebastian, alla persona più importante di cui aveva sempre sentito parlare o letto nei libri. Sì, dentro ai mazzi di carta rilegata, sconosciuti ai suoi genitori immigrati nella laboriosa Germania che gli aveva concesso i natali. Fin da giovane, esploratore delle lettere, era solito rincasare con appresso un bottino rapinoso, libri rubati o chiesti in prestito poco importa, che rappresentava quel continente sconosciuto bagnato solo dal mare d’inchiostro nero nel quale amava avventurarsi. Dentro alle miniere di lettere, in ogni riga, scendendo di capoverso in capoverso, cercava instancabilmente suo padre, il padre politico, la guida saggia che ognuno di noi desidera. Era Sebastian suo padre? Erano il tormento e l’estasi, le fuggevoli dame inseguite nelle sue notti insonni? Dopo essere stato proclamato assesRoy Batty nella famosa scena finale di “Blade runner” sore uscì dal Consiglio e ad attenderlo trovò Cinzia, la sua vice, con un mazzo di rose rosse. Accanto a lei, la sua ragazza e i leali compagni. A loro bastava essere lì, dentro all’istante fuggevole, soddisfatti dal profondo legame che avevano con Roy, con il loro presidente, leale condottiero, incoronato Assessore. Mi guardò sorridendo e io ricambiai. L’uso astuto delle lame damascate ci univa nella vittoria, concedendo ad entrambi il perdono per la guerra appena consumata perché ogni ascesa è una guerra. 347 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Sebastian L’Aula del Consiglio, con i suoi giganti dipinti sulla volta, con quei dolci cherubini svegliati all’alba dall’incendiarsi impetuoso di muranici lampadari, attendeva di veder ammainata la bandiera del nuovo governo. Non vi era luogo, stanza o corridoio - vuoi popolato dai commessi, vuoi assediato dai cittadini sotto l’Ercole dell’omonima sala, vuoi calpestato dai frementi giornalisti - esonerato dall’apprensione e dal sudore. Il rito si doveva compiere ineludibile, così come si è sempre compiuto dalla nascita dei Comuni ai giorni nostri. Il rito del nuovo Sindaco proclamato regnante. Il Comandante sarebbe entrato con passo di velluto sfilando davanti alla platea accecata dal bagliore carismatico del capitano d’aprile e avrebbe preso posto dietro alla plancia di radica dove siede la Giunta, i luogotenenti del Comandante, e i tecnici della corvetta. Erano in molti ad immaginare le sue inoffensive mani, due rose lattiginose, guidare delicatamente il microfono alla bocca per dissetare gli astanti con il verbo della vittoria. Ma quel pomeriggio, Sebastian era in ritardo. Aveva preferito una passeggiata all’automobile di Palazzo. Salirvi significava anticipare l’evento, perdere parte di quella magia che solo una residenza centenaria può donare al nuovo dimorante. Non era solo. Al suo fianco marciavano gli uomini della scorta, non tanto per difenderlo, ma per materializzare l’idea stessa della partecipazione, di questa fascinosa intuizione, costola del suo incontestabile trionfo. I passanti festosi lo salutavano. I commercianti uscivano dalle botteghe per stringergli la mano mentre le anziane nonne, chinate sui passeggini, indicavano ai nipoti il Primo Cittadino. Si sentiva al centro di una città medioevale stretta nella morsa di una cintura selenitica, sciaguratamente, non solo da quella. Nessuno sembrava dolersi di una siffatta costrizione. I portici esprimevano una diffusa tranquillità con le botteghe degli orologiai, le vetrine straboccanti di mortadelle e i cesti ricolmi di tortellini fatti a mano. Ma tutti, in quella città, ignoravano che le cose sarebbero cambiate ben presto. Nessuno può chiudere un orso nella gabbia senza averlo prima addomesticato e nessuno si era dato la premura di fare altrettanto con Sebastian. Ce l’avevano spinto a forza in quel serraglio. Senza chiedere, senza discutere, come spesso accade in politica, si erano limitati ad aprire una porta dopo aver appiccato l’incendio che lo avrebbe 348 Pagina 348 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 fatto fuggire nella trappola. Gli orchi della rovere, gli ufficiali della tessera, avevano ridotto il loro migliore capitano, l’armigero incendiario delle piazze, cotanto esperto nel fronteggiare i predoni del mestiere interinale, alla resa definitiva. Non più lance sull’orizzonte sconfinato degli eserciti, ma rotonde e cassonetti sporchi lo aspettavano. “La pagheranno” - si diceva Sebastian nel suo incedere - “La pagheranno cara i fratelli. Pagheranno gli alleati e i loro scribacchini. Tanto i mandanti e ancor di più i sicari. Tutti malediranno di avermi chiuso qui dentro” Che lo si voglia ammettere o meno, anche un bambino avrebbe riconosciuto in quell’uomo un condottiero rinchiuso a Sant’Elena. Il giorno stesso in cui si dischiusero le porte di Chateau D’If, Edmond Dantès, Conte di Montecristo, custodiva già nel suo cuore un disegno preciso. Da lì a poco, la città sarebbe diventata un grande “reality show”. Si illumina il teleschermo e compare Daria Bignardi: “Benvenuti signori e signore! Benvenuti nel castello di Sebastian, tra poco vedremo come il sindaco sbaraccherà i Rumeni dalle rive del fiume Reno, ci racconterà come si tengono a bada i lavavetri e subito dopo il Confessionale conosceremo le nomine della serata. Affrettatevi a votare inviando un sms alla redazione. Chi volete eliminare da Chateau D’If ? L’insolente Roy? Il Partito verde o quello di Rifondazione Comunista? O le schiere di questuanti che vivono alle spalle di ogni amministrazione? O, infine, chiederete la morte dell’autore di questa storia che vi stiamo narrando? Vi aspetto dopo la pubblicità” Roy vs Forteventi “…le domande più importanti, sono sempre quelle che scegliamo di non fare” dal film, Edison City Bisogna a questo punto fare un passo indietro per cercare di capire cosa aveva interrotto l’inarrestabile ascesa di Sebastian. Prima di indossare la fascia tricolore, molto prima, aveva tenuto testa al governo di centro destra sull’articolo 18 e per farlo si era visto costretto ad aizzare le folle, incendiare girotondi e risvegliare movimenti. Nel giro di poco tempo era 349 Pagina 349 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 così diventato la risposta vivente all’urlo di Nanni Moretti, l’alternativa ai Fassino e ai Rutelli, svillaneggiati dal regista che disse: “con questi qui non si va da nessuna parte”. Sebastian era il puro che si faceva strada nell’opposizione sonnolenta dei partiti che molto poco gradivano di essere adombrati da questo straripante condottiero. Ma c’è sempre qualcosa che impedisce al bene di sopraffare il male, al nuovo di redimere il vecchio. Alcune e-mail, scritte da un consulente del lavoro caduto sotto i colpi delle Brigate Rosse imputavano a Sebastian una sorta di responsabilità morale. In quanto, lui ed altri oppositori alla riforma del lavoro, “criminalizzano la mia figura”, così aveva scritto allarmato il giuslavorista, poco prima di essere ucciso. Le mail continuavano affermando che, sempre costoro, avrebbero finito per attirare le attenzioni su di lui facendolo diventare un bersaglio ideale per la Stella a cinque punte. All’epoca dei fatti, alludo all’inizio della caduta di Sebastian, queste e-mail furono rese pubbliche da un mio collega Consigliere, un gigante dallo sguardo bonario, tale Valerio Forteventi. Imponente come un giocatore di rugby, paladino dei diseredati, trascorreva il resto delle giornate dirigendo l’edizione di un quindicinale locale. C’è da dire che Forteventi se n’era guardato bene dal pubblicare le lettere nella loro interezza e aveva omesso cautamente il passaggio su Sebastian, ma i giornali si procurarono la versione integrale buttandola in pasto ai lettori in tutta la sua interezza. Forse, per questa ragione, il buon Sebastian era diventato refrattario all’umanità come la pietra di un camino al calore del fuoco. Aveva imparato, a proprie spese, in che modo una sacrosanta battaglia combattuta a fin di bene può essere all’occorrenza trasformata in una grave colpa o in pesanti insinuazioni che possono essere scagliate come frecce avvelenate. È pur vero che quando si usa con forza l’oratoria, si cade spesso fuori dalle righe, è normale, se tutti prendessero per buone le parole accese, ogni cerino diventerebbe un bosco in fiamme e tra il dire e il fare c’è pur sempre di mezzo il mare. Senza contare che non sapremo mai chi divulgò le lettere del professore di diritto. Per questo non ho mai pensato che Sebastian, un uomo mite che ascoltava Erik Satie, fosse in grado di farsi volontariamente artefice di un clima che potesse in un qualche modo minacciare la vita di qualcuno e la faccenda delle lettere, nella mia testa, ha sempre emanato l’odore acre del lavoro sporco di quei sonnambuli romani che da anni condizionano la vita politica italiana usando falsi scandali e mezze verità che solo in una colonia degli Stati Uniti come la nostra possono essere fatti passare per veri. Il fatto poi che nessuno abbia mai voluto chiarire la questione, e neanche posto l’unica doman350 Pagina 350 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 da importante, avvalora di molto la mia tesi. Sta di fatto che da questo episodio nebbioso nacque il profondo rancore di Sebastian nei confronti del gigante Forteventi e non vi fu per lui miglior rimedio di farsi curare il dolore da un altro acerrimo nemico del rugbista. Roy, infatti, aveva caparbiamente conteso la stessa area movimentista al suo titanico alter ego, leader riconosciuto dei centri sociali cittadini. Ed era stato proprio là, in quel vecchio teatro trasformato in uno spazio polivalente, che si erano contesi la leadership. Sebastian sapeva che solo il risentimento altrui, quello di Roy, sarebbe stato capace di curare il suo. La moltiplicazione geometrica dei replicanti Durante il quarto giorno di mandato prese corpo il clima inacidito scaturito dalla corona di assessore che il Sindaco aveva riposto sul capo di Roy. Era il primo sintomo – il presagio – del malessere che avrebbe accompagnato il laborioso amministratore delle case comunali. Una famiglia di migranti stava per essere sbattuta in mezzo ad una strada con tutti i figlioletti al seguito. Roy si precipitò sul posto per scacciare l’ufficiale giudiziario e ad attenderlo non trovò le palme distese sotto i suoi nudi piedi qualche giorno prima, ma le associazioni di occupanti con tanto di striscioni infamanti. “Ti sei vestito per la festa, ma la festa te la facciamo noi!”, gridavano. “Misero voltafaccia, hai usato la nostra causa per fare carriera” Insulto dopo insulto il fiele cadeva copioso: “Torna alla casa che hai preso in affitto sui colli e lasciaci alle nostre miserie!”. Era evidente: non importava a nessuno cosa avrebbe fatto degli sfrattati e anzi, per quanto paradossale potesse apparire, le sue intenzioni rispondevano in pieno alle richieste degli insolenti manifestanti. Chiese all’Ufficiale Giudiziario di rimandare lo sgombero e il solerte impiegato si adeguò, ma gli insulti continuarono, perché Roy, sventurato ingranaggio caduto per caso nell’orologio sbagliato, non serviva a nessuno se non alla verità della giustizia. Per l’Ente Gestore delle Case Popolari era uno spocchiosetto appena arrivato, reo di porre le uniche domande – le uova di Colombo - rimaste inevase dalla notte dei tempi: “Quante sono le vostre case? Quante sono sfitte?” – Sollecitava Roy 351 Pagina 351 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 “Quante in ristrutturazione?”, “Fermati Roy !” gli gridavo, ma lui continuava imperterrito: “Spiegatemi perché, quando l’ente gestore delle case chiede l’intervento di un auto spurgo per levare merda da una fogna, fa pagare all’Amministrazione il doppio di quanto richiesto ad un privato cittadino dalla stessa ditta?” Un interessante interrogativo. Per il Partito del Sindaco era un usurpatore seduto sopra la betoniera di Chateau D’If, per Rifondazione il muro alzato attorno ad un tema infinitamente caro e per i movimenti – da ultimo - un arrivista traditore. Chi denunciava l’interferenza dell’Amministratore sullo sfratto, (le agguerrite Associazioni di Proprietari) - per un fatto stranamente incongruo - si ritrovava alleato a coloro che lamentavano il polso debole dell’ex compagno. Feci salpare un’agenzia di stampa dopo aver dichiarato ai cronisti che “Roy – prima di essere un Assessore - era un uomo” * e ogni uomo, che si ritiene tale, non avrebbe permesso a due bambini di finire sotto un ponte. Ed era ora di finirla con tutte queste occupazioni abusive cresciute in modo abnorme. L’unico risultato che raggiungevano era quello di impedire ai legittimi destinatari, perlopiù vecchi e indigenti, di poter usufruire dell’alloggio che faticosamente si erano conquistati. L’occupazione come forma di lotta? Una baggianata bella e buona che permetteva ai manifestanti di vivere in una casa pubblica saltando le graduatorie. I partiti della sinistra estrema, anziché condannare, sbrodolavano arringhe di condanna nei confronti dell’assessore Roy e se qualcuno avesse avuto il buon cuore di fargli due conti in tasca avrebbe scoperto che era riuscito a raddoppiare il numero di alloggi elargiti al popolo. Ma ciò che volevano i detrattori era proprio il contrario di quello che era giusto fare, ovverosia volevano appropriarsi di un’abitazione saltando leggi e regolamenti. Case per sé o per i propri amici, solo questo nascondevano quei “gloriosi” dibattimenti che vertevano sul dare un tetto a tutti. Quello che conta è che non ci sarebbe potuto essere un mare in burrasca peggiore di questo, doppiando Capo Horn, tra gli oceani di sinistra allo scontro. Le occupazioni crebbero così fino a toccare la cinquantina e l’Amministrazione, che non aveva fino a quel giorno maturato la benché minima idea di cosa fosse un occupante, si ritrovò a dover fronteggiare un’armata di piedi di porco che si ingrossava al passare dei giorni. Ma gli esperti incursori dei portoni, le vedette della finestra socchiusa, erano arrivati da tempo in città - già prima delle elezioni, sospinti dalla speranza che il nuovo Sindaco avrebbe dispensato tetti e muri a chicchessia - o erano 352 Pagina 352 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 stati scientemente chiamati a raccolta da qualcuno per dimostrare l’incapacità del neonato assessore e dello stesso Sindaco? Bella domanda. * James Dean: “Prima di essere grandi attori, bisogna essere grandi uomini” Sun Tzu e l’arte della guerra I giorni seguenti al primo Consiglio Comunale offrirono la possibilità di capire chi realmente fosse il prigioniero. Ma Sebastian appariva impermeabile ad ogni evento e alla più piccola confidenza. Il passato di quell’uomo pareva avergli congelato ogni qualsivoglia tratto emotivo. Se parlava, emetteva suoni composti e scanditi, in modo da rendere chiaro il significato del discorso all’ascoltatore più disattento. Quando stava seduto dietro al timone di comando esprimeva qualche piccolo tic che neppure un giocatore incallito di poker sarebbe riuscito a interpretare. Se incrociavi il suo sguardo rispondeva con il flebile cenno di un sorriso e subito dopo appariva pensoso. In realtà non lo era affatto e più volte mi capitò di sentirmi osservato. Mi scrutava con la stessa profondità del chirurgo. Rifletteva e archiviava nella sua mente ogni particolare, anche il dettaglio più insignificante sapendo che prima o poi gli sarebbe potuto tornare utile. Anatomista dell’anima, etologo del potere, entomologo degli emitteri eletti, prevedeva in anticipo le mosse di ciascun consigliere. Talvolta, stirava le braccia per liberare il dorso delle mani dai polsini. Se un giornalista gli poneva una domanda insidiosa, per guadagnare un attimo di tempo, si allargava il colletto della camicia con un dito e faceva una leggera smorfia con la bocca, come se volesse mascherare una fitta. Di fronte ai quesiti semplici si limitava ad aggiustarsi gli occhiali o li sfilava per guardare con un occhio mezzo chiuso lo stato di pulizia di una lente. Prima di convincerti con le parole ci provava coi gesti. Neppure il suo ufficio poteva essere d’aiuto a chi voleva capire chi fosse realmente Sebastian sebbene la sua scrivania apparisse come una cornucopia rovesciata. Un mazzo rosso di peperoncini, una piccola campana di bronzo, una statuina di Tex Willer, la famosa maschera balinese usata per lanciare messaggi criptati al grande vecchio che l’aveva rinchiuso a Palazzo D’Accursio, monete, tagliacarte, soldatini e infine una corposa raccolta di 353 Pagina 353 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 vignette che gli avevo regalato durante i primi estenuanti Consigli Comunali. Quando qualcuno si sedeva davanti a lui finiva per chiedere ragione di questo o quell’altro oggetto dando così modo a Sebastian di aggirare o quantomeno ritardare le pedanti argomentazioni, quasi sempre richieste di favori o denaro, con le quali ogni visitatore lo assillava. Ma in mezzo a tutto questo ben di Dio si trovavano due indizi, due edizioni economiche tolte a quell’oceano disordinato di libri ricevuti in omaggio che dormivano sulle scaffalature ai lati dello studio. “Il manuale del leccaculo”, indispensabile strumento in grado di farti comprendere se la stima dell’ospite è sincera, e “l’Arte della guerra” - di Sun Tzu - in versione tascabile. Erano sempre lì nell’angolo a sinistra del grande piano di cristallo trasparente. Questo la diceva lunga su Sebastian. Poteva anche indossare la maschera balinese, o quella di Baldovino, ma una dichiarata predilezione per il capostipite della nobile arte dei conflitti militari riconduceva quel politico al raffinato stratega. Sebastian era quindi un combattente vigoroso che nascondeva una coriacea armatura, spade e pugnali, sotto l’aspetto pacifico di un sindacalista in pensione. Quanto di meglio ci può essere per farsi sottovalutare dal nemico che sarà così annientato da una forza con la quale non avrebbe mai immaginato di doversi confrontare. Per creare una spada è necessario fondere del buon acciaio di Laredo e Sebastian lo sapeva bene, tanto, da aver fatto lo stesso con le deleghe. L’urbanistica era stata spezzettata e divisa su tre assessorati. A Roy toccò l’edilizia pubblica e privata, ad un compagno del partito di Sebastian, Mario Merola, andò il piano regolatore, mentre i lavori pubblici finirono nelle mani di un erede di Carlo Marx, l’assessore Mao Zamburns. In questo modo, se il partito di Sebastian avesse voluto scavalcarlo usando un Assessore, non ci sarebbe mai riuscito. Per costruire ci vogliono contemporaneamente queste tre deleghe e cioè le strade con tutte le utenze (non si può certo arrivare al condominio in groppa ad un somaro), il piano regolatore (che prenderà il nome di piano strutturale comunale) e la programmazione tra pubblico e privato. Era come se nella fretta avessero lasciato entrare nel castello, Dantès con il suo tesoro al seguito. Ma una stecca incandescente, quanto la delega urbanistica appena sciolta, non fa del ferro una daga tagliente. Bisogna battere a lungo prima di veder spuntar fuori dai fumi della fucina una lama affilata e lucente. A Sebastian mancava un martello. Mi sembra di vedere Roy seduto nell’anticamera di Sebastian. Attende composto sulla poltrona di fronte alla segretaria. Finalmente il Sindaco lo 354 Pagina 354 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 chiama a sé, lo fa sedere, chiede che gli sia servito un caffè, dopodiché, quando lo vede a suo agio, gli sorride. Sembra in procinto di confidargli un segreto: “Caro vecchio Roy, ricordi quando hai accennato allo stato balcanizzato in cui versa il settore che si occupa di case pubbliche?” Dovrebbe rispondere di sì, che ricorda, che sperava che proprio lui, il sindaco in persona, gli dicesse di andare fino in fondo per rimettere le cose a posto riportando la giustizia ancor prima dell’efficienza, là dove prima c’erano solo clientele. Dovrebbe, ma non risponde. Riflette chiedendosi dove Sebastian lo vuole condurre. Il tempo si ferma in quell’attimo dilatato di silenzio. Calmati Roy! Stai per essere promosso a luogotenente di Sebastian. Il Sindaco continua a fantasticare come soltanto lui sa fare. “non ti preoccupare, risponderemo alle bordate degli occupanti. Riporteremo la giustizia e la rispettabilità in questo borgo marcescente e noi due, da soli, marceremo insieme verso l’empireo futuro che ci aspetta, cammineremo sulle strade della storia fino a che non saremo ricordati per l’eternità e lo saremo eccome. Lo saremo per aver sconfitto tutti quei balordi che impediscono alla sinistra di rinnovarsi e quegl’altri, le caste di approfittatori che suggono linfa alle istituzioni e lucrano e rubano e ridono sui terremotati e pensano solo a se stessi. Io e te, Roy, cambieremo il mondo incominciando proprio da questa città corrotta. Da questo momento ti chiami Deckard* e sei un poliziotto assoldato per cacciare i “lavori in pelle”** dai palazzi comunali. * Rick Deckard, il poliziotto protagonista di Blade Runner . ** Un nome gergale dato ai replicanti Ho visto cose che voi umani non potreste immaginare Gli androidi sognano le pecore elettriche perché le macchine sono diventate più umane degli uomini. Ma cosa sognano le pecore elettriche? Sognano di tornare ad essere gli animali dai quali discendono. Sognano di potersi liberare dai simulacri di metallo in cui sono state imprigionate. Sognano di conoscere la verità su se stesse e sul mondo che le circonda, ma non c’è un solo luogo che non abbia il suo bel mattatoio dove si macel355 Pagina 355 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 lano tutte quelle povere bestie sognanti. Ma è presto ancora per vedere la pecora morire. Eccola allora la nostra pecora elettrica mentre siede a pochi metri da Sebastian e da Roy. Guardatemi come sono elegante con quella giacca rapita alle tarme dell’armadio, nelle occasioni importanti. Mi ero incontrato con Roy il giorno precedente e insieme avevamo scritto la domanda che avrei dovuto porgli il giorno seguente in Consiglio Comunale. Ma non c’è tempo per ricordare ancora perché il Presidente del Consiglio mi ha appena concesso la parola: “Consigliere Celli può illustrare la domanda all’assessore”. Ancora oggi mi risuonano nella mente queste parole dal tono altisonante che cambiarono il corso della vita di Roy, della mia e di quella dell’intero partito verde. Mi alzai in piedi e chiesi quanta verità vi fosse nelle dichiarazioni che aveva rilasciato ai giornali una settimana prima: “Si è forse sbagliato quando ha pubblicamente affermato che le case sono state attribuite ai senzatetto dai politici sulla base di criteri clientelari?” domandai. Roy pareva tranquillo. Non una sola goccia di sudore colava dalla sua fronte. Non era ricurvo sul microfono, come sono soliti stare gli stanchi assessori. Lo si vedeva impettito quanto una statua, sorretto sembrava, solo da se stesso e neppure la risposta tanto agognata si piegò all’oratoria molliccia dei politici del tempo, anzi uscì dritta dalla bocca dell’interrogato con la forza di una sarissa macedone: “Io ne ho viste di cose che vuoi umani non potreste immaginare. Regole in fiamme al largo delle nostre case popolari... Ho intravisto nel buio la ragione dei tecnici piegarsi ai desideri dei politici. Ho visto uomini ricchi e benestanti accedere alla commissione, non per ragione o necessità, ma sospinti dal vento caldo del potere. Ho visto indigenti e poveretti calpestati nei propri sacrosanti diritti. Ho visto la corruzione e l’ingiustizia dilagare nel cuore del sistema. E tutte queste azioni delittuose non andranno perdute, ma le consegnerò all’eternità della giustizia. È tempo di morire. E sia questa la sorte - poiché è la stessa che il fato assegnò a Sansone e ai Filistei - di tutti i consiglieri che si sono attribuiti un alloggio o l’hanno dispensato a chi non lo meritava” * Il borbottio cessò improvvisamente nella sala. Alla resa dell’assessore si era sostituita una dichiarazione di guerra a cui il Consiglio Comunale 356 Pagina 356 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 avrebbe potuto rispondere solo con l’istituzione di una commissione d’indagine. Se quanto affermato era vero, ogni documento - ogni lettera, e ogni atto amministrativo - doveva essere passato al setaccio dai commissari eletti. Ne andava della rispettabilità della stessa Amministrazione. * “Io ne ho viste cose che vuoi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione... e ho visto i raggi b balenare nel buio vicino alle porte di Tannhauser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.” Liberamente tratto da Blade Runner di Ridley Scott Il codice di “fine esistenza” Sapevo che non sarebbe stato semplice venire a capo dello scandalo perché la forza che ti permette di vincere qualsiasi battaglia politica può essere tratta solo dalle vere ragioni da cui è scaturita la tempesta. Spogliato il dibattito dai depistaggi, dalle menzogne, dalla propaganda di parte, non resta che l’essenza della verità alla quale ci si può asservire per far trionfare la giustizia. Quale rappresentante dei cittadini avevo quindi l’obbligo morale di comprendere come erano state attribuite le case che rientravano nel patrimonio immobiliare comunale. Roy aveva composto un dossier dove sia i nomi dei beneficiati, sia i cognomi dei Consiglieri Comunali - solerti costruttori dei “regali immobiliari” - comparivano censurati dalla grossa linea nera di un pennarello. Si trattava di mossa sbagliata: maledizione! Se vuoi fare una denuncia la dici tutta, altrimenti sembra che tu stia contrattando la verità sottobanco con qualcuno. Ma forse erano stati i timori di Roy, che temeva di essere sepolto dalle querele, ad averlo spinto ad intraprendere una strada tanto ambigua. Stando così le cose, per ricostruire il documento, si dovevano mettere le mani in un archivio che occupava almeno due stanze. Un’impresa che si rivelerà lastricata d’insoliti imprevisti. Ogni qual volta mi capitò di incontrare Roy, molto pedantemente rinnovavo la richiesta di avere il dossier in versione integrale. Ma ogni sforzo fu vano. A suo dire non era questo un argomento alla mia portata. Come ebbe più volte a ripetere, avrei finito per cacciarmi nei guai o, peggio, “mi sarei fatto male”. Su, su, vai a giocare con i tuoi amici che con i grandi ci gioco io. Vai a quel paese Roy! Lascia che te lo dica che a quei tempi eri proprio un bastardo quando mi trattavi così. Ad ogni modo, non si era trat357 Pagina 357 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 tato solamente di mettere in piazza il malaffare politico, sotto c’era molto di più. L’apice della freccia conficcata nella ferita aperta era la prima mossa di un gioco molto più vasto di cui nessuno voleva svelarmi l’esistenza. Ma in realtà Roy non era l’artefice della strategia, ma solamente un esecutore. I tempi di cottura erano decisi in altra sede e da un altro chef. Quando questo mi fu chiaro, dichiarai ai giornali che “La povera gente non doveva diventare merce di scambio politico”. Ma nessuno comprese cosa volessi dire e non ci fu un solo giornalista che volle approfondire questa frase. La lasciarono lì, da sola, in cima alle colonne, come una stele antica che nessuno ha mai voluto decifrare. Evidentemente temevano di addentrarsi in una terra ostile, piena di insidie, dove si rischiava di non trovar più una via d’uscita. Lo denunciai in più occasioni, lo sa solo Dio quante volte: i Consiglieri comunali dovevano smetterla di giocare con i “poveretti”. Tutti quelli che si erano rivolti agli uffici pubblici per scampare al freddo e agli stenti meritavano, non tanto un processo al passato, quantomeno una riforma del sistema e in ogni caso non andavano trattati come le pedine di un monopoli politico. In una sola cosa Roy aveva ragione. La vecchia commissione, distributrice di case alla cittadinanza, era uno strumento amministrativo “falsato” dove i politici si erano andati a sostituire ai tecnici, contrariamente a quello che prevedeva la legge. Non a caso si trattava di un organo bipartisan, composto dai membri di ogni partito presente in Consiglio Comunale (ad eccezione del partito verde nel mandato 1999 – 2004). Insomma, di un bel bacile straboccante di grigie decisioni in cui tutti avevano infilato le mani. Incominciai a capire quanto sarebbe stato difficile per Roy ottenere ragione dal momento che, Sindaco a parte, si era messo contro tutti. E quando tutti sono colpevoli – è già stato ribadito molte volte - nessuno è colpevole. Fin dai primi giorni ogni accadimento, ogni azione e comportamento, sembrava confermare l’esistenza di un’entità sconosciuta che muoveva i fili standosene nascosta nell’ombra. Chiesi di poter accedere agli archivi, ma una fuga di gas radioattivo, incredibile a credersi, rendeva impossibile l’accesso. Poi si ruppe un tubo e fu la volta di un allagamento. “I funzionari sono fuori ufficio…Ritenta e sarai più fortunato” - sembravano suggerirmi all’unisono i centralinisti. Alle scuse subentravano altre scuse. Qualcuno, evidentemente, stava mettendo in ordine le carte e non gli fu certo difficile farlo. Infatti, alla mia prima visita scoprii che non tutti i documenti archiviati erano protocollati. Come dicevano i latini, “Quod non est in actis, non est in mundo” quello che non è negli atti, non è nel mondo. I documenti potevano quindi essere sostituiti o più semplicemente buttati nella 358 Pagina 358 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 spazzatura senza che nessuno se ne potesse accorgere. L’archivio era un’entità mutevole che cambiava d’aspetto ad ogni visita così come il camaleonte cambia il colore del mantello al sopraggiungere di un predatore. E fu proprio questa deliberata assenza dei protocolli che avrebbe affossato lo scandalo liberando tutti quegli spettri che ancora oggi si possono vedere riflessi negli specchi del palazzo comunale. Ed è sempre su questo dettaglio, sottovalutato da Roy, che si fondò la sconfitta dell’Assessore alla casa del partito verde che aveva ricevuto la delega in quella calda estate del lontano 2004. Quando finalmente la torta fu pronta, Roy si prese la cura di inviarmi gli estremi censurati del Dossier e quando mi trovai a difenderlo in commissione - caso per caso – presi coscienza per la seconda volta della sorte predestinata del replicante. Nella totalità dei suoi esempi ce n’erano circa venti su ottanta completamente infondati. Il ricco cinese si rivelò l’affittuario di una cantina dove manteneva la moglie, una figlia prostituta e un bambino analfabeta. Il benestante marocchino diventò un muratore malpagato e malato di cancro che non riusciva neppure a saldare la retta del garage dove abitava con la famiglia. Certo c’erano anche gli altri, il milionario che risiedeva nella casa popolare, l’idraulico indigente che girava in Ferrari, la ricca ereditiera con tre ville da mantenere sulle spalle, la figlia e l’amante del Presidente di quartiere, ma perché mescolarci dei casi totalmente infondati? I conti non mi tornavano e le domande si moltiplicavano nella mia testa. Chi aveva aperto i cassetti a Roy? Chi disegnato una strategia all’apparenza sicura, ma disseminata di trappole nascoste? Chi - per Diana! aveva clonato uno scenario diverso dal reale? Molte le ipotesi in campo, una sola la più attendibile. Sebastian, dato il carattere estremamente infido del campo minato in cui Roy si era avventurato, era stato così accorto da tatuare un “codice di fine esistenza” nel DNA del replicante. Se qualcosa fosse andato per il verso sbagliato, il Dio della Biomeccanica, avrebbe potuto “terminare” in prima persona la sua creatura. Ma non ve ne fu bisogno perché Roy si sarebbe “terminato” da solo. Roy e Sebastian entrano alla Tyrrell Corporation per scoprire come si può annullare il “codice di fine esistenza” dei replicanti (da Blade Runner) Pagina 359 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Gli sponsor dei poveracci Cosa realmente avesse visto Roy - prima dei cataclismi accaduti agli archivi - nessuno può saperlo, ma la sua tesi era concettualmente fondata. Potrebbe essere definita come la “Teoria dell’inclusione relativa”. Chiunque necessitava di un alloggio poteva usare due strumenti: la graduatoria e la Commissione Casa per le emergenze abitative. La prima ragionava con le persone come se fossero dei numeri, la seconda le trattava da esseri umani. In questo secondo girone di giudizio i consiglieri comunali stabilivano un ordine di grandezza alla sfortuna che variava tutte le volte perché alla fine, ciò che veramente importava, consisteva nel far quadrare i conti: tante case ad un consigliere, tante case ad un altro, secondo il principio di “sponsorizzazione del poveretto” così chiamato dal Consigliere Davide Ferrari. I consiglieri consigliavano ai propri prescelti come supportare la disgrazia con le carte e indicavano le strade giuste da intraprendere con la perniciosa pedanteria del ragioniere. Il problema nasceva dal fatto che a pochi poteva venire in mente di rivolgersi ad un politico della commissione. Dato questo carattere esclusivo - solo chi possedeva una certa dimestichezza con la politica poteva pensare di intraprendere questa strada con successo – la commissione casa si era trasformata, a detta di Roy, in una macchina in grado di ottenere voti in cambio di alloggi. Per eliminare una vocazione simile, un’inascoltata legge tentava da almeno dieci anni di porvi rimedio. Stando alla legge, l’operato del tecnico andava distinto da quello del politico, soprattutto in materia di politiche abitative. Il tecnico attribuiva e il politico sorvegliava e non il contrario come stava succedendo. Roy aveva ragione da vendere, ma non quanto basta a provarla, quella sua stramaledetta ragione. Riguardai le carte del dossier ancora una volta e ancora una volta ne fui rabbrividito trovandomi davanti a storie incredibili. Un distinto signore, pur avendo un reddito da cento milioni, aveva ottenuto un bilocale. L’anziana in affitto che pur avendo già una casa ne ottenne un’altra più bella, questa volta pubblica. C’era la badante extracomunitaria che si era messa sotto sfratto da sola, con tanto di corrispondenza intercorsa con il consigliere che le suggeriva di non pagare l’affitto in maniera da farsi sfrattare. Agli atti c’era persino la lettera del suo avvocato: 360 Pagina 360 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 “Se mi può fare avere copia delle ricevute dei pagamenti le garantisco di riuscire a strappare al padrone dell’immobile un regolare contratto di locazione”. Niente ad fare, la badante rispondeva: “…Non mi daranno mai la casa del Comune se possiedo un alloggio in affitto e per questo sono con la presente a revocarle il mandato” Nonostante queste affermazioni fossero agli atti nessuno le vide e le fu assegnata una casa. Avevano ripulito gli archivi da tutte le malefatte, ma, evidentemente, non proprio da tutte. Insomma, c’era di tutto e di più, ma cosa vi fosse realmente non aveva nessuna importanza perché le carte sarebbero mutate al mutare dell’inchiesta. Inoltre era praticamente impossibile collegare queste, chiamiamole “buone azioni”, all’operato di un membro della commissione. Nessun consigliere avrebbe lasciato una firma sulle carte. Era un reato indicare la via giusta al questuante? Se i Commissari esulavano dai compiti, era perché qualcuno lo aveva permesso e questo qualcuno si chiamava Istituzione. Difficile, anzi impossibile, addossarle la colpa. Io so. “Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi” Pier Paolo Pasolini Le commissioni politiche, salvo rarissime eccezioni, non sono mai servite a scoprire la verità, semmai a nasconderla. Sono il luogo che permette ai politici di guadagnare il tempo che serve per tessere gli accordi. Sono il mercato dove la verità è barattata col silenzio pagato a peso d’oro. Ma io sapevo. Sapevo che dietro alla commissione si nascondeva Forteventi defraudato da Sebastian del ruolo di “Sindacalista dei poveri”. Sapevo che l’esiliato Sebastian minacciava di rendere pubblico tutto il marciume che avrebbe infranto ciò che restava della “vetrina rossa” d’Italia mandando in rovina il partito che era riuscito a costruire la propria leggenda sul “buon governo” dei comunisti emiliani. Sapevo che i Consiglieri, di destra e di sinistra, non potendo più incidere sull’attribuzione delle case si ritrovavano con una freccia in meno al proprio arco. Sapevo che tutti i nemici di 361 Pagina 361 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo Sebastian morivano dalla voglia di dargli una lezione incominciando proprio da un assessore della sua giunta. Sapevo che i futuri transfughi dei Ds, la granitica sinistra del partito, volevano tessere alleanze con Rifondazione che a sua volta aveva preso a mal volere l’assessore alla casa per via delle occupazioni combattute a suon di sgomberi, denunce e un dispiegamento massiccio delle Forze dell’ordine. Sapevo tutte queste cose che insieme ad altre formarono un coacervo di intenzioni che poco o nulla avevano a che fare con la giustizia e la buona politica. 9-11-2010 9:26 Pier Paolo Pasolini Scaricatori di porto Nel giro di poche sedute la commissione casa diventò un luogo impraticabile e di conseguenza un organo inutile. Il consigliere Alberto Zannini, che per altro ricopriva l’incarico di presidente e per questo avrebbe dovuto garantire il regolare svolgimento dei lavori della commissione, all’unisono con il consigliere Paolo Foscherini, praticava una forma di ostruzionismo fondato sull’insulto. Dopo averti concesso la parola ti azzannava improvvisamente senza darti nemmeno il tempo di reagire. Abbaiava offese e grugniva critiche e tra le bave filanti riusciva a farti tacere. Stando così le cose sul verbale ci finivano solo gli interventi che erano considerati in linea con l’opinione “corrente”. Per questo incominciai ad allontanarmi per lasciarlo sfogare. Il tavolino dove i commessi riponevano il caffè caldo del mattino fu eletto a rifugio, ma anche lì, il pedante Foscherini trovò il modo di molestrami. Mi si avvicinò alle spalle e sottovoce mi consigliò di lasciar perdere. Disse che avevano un dossier “bello caldo” sul mio conto ed erano pronti a renderlo pubblico. Gli domandai se avessero scoperto che alle medie rubavo i “lecca lecca” a Samoggia che ne aveva tanti perché era il figlio di un tabaccaio. Ora che ci penso devo avergli rubato anche una “gomma pane”. Era colorata, di un bel verde smeraldo, le mie erano sempre state bianche, poi la si poteva lavorare come se fosse “pongo”. Insomma, non ho resistito 362 Pagina 362 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 e la pagai con due giorni di ritardo e solo dopo che mia madre si accorse del furto. Foscherini continuò a fissarmi con due occhietti taglienti che mi parvero assi stonati su quel viso bonario da panda: “Non importa che tu abbia fatto qualcosa di male o meno” – disse – “l’importante è riuscire a far credere alla gente il peggio, così da sputtanarti per il tempo che serve”. Mi ero trovato una bella compagnia, non c’è che dire. Fui costretto a scrivere le mie considerazioni su dei pezzetti di carta che consegnavo al Presidente affinché li mettesse a verbale. Se andava bene finivano nel cestino o restavano ammonticchiati sulla tavola. Quando era di cattivo umore li faceva in tanti piccoli pezzi e me li buttava in faccia. Così i lavori della commissione diventarono il teatro di una farsa. Gli unici individui chiamati a testimoniare erano proprio quelli presi di mira nel dossier di Roy, alludo ai tecnici e ai politici, che se ne guardarono bene dal dire la verità. Quando questi testimoni ripetevano le loro banalità che peraltro avevano già dichiarato ai giornali, i membri della commissione si riunivano a gruppetti per confabulare su chissà quali misteri. Pissi pissi, bau bau. Ma che importa? Mi dissi. Tanto, era già stato tutto deciso. Uomini di vetro Roy non si vedeva in giro da tempo. Si era rinchiuso in se stesso. Sfogliava le giornate guardando i piccioni svolazzare sulla piazza dalla finestra dell’ufficio. Aveva finalmente preso coscienza della sua fine imminente. Non vi è peggior destino per chi ha fatto del tradimento un’arte, di sentirsi a sua volta tradito. Sugli spalti del palazzo comunale - ne era ormai certo - non avrebbe incontrato nessuno. Né Sebastian e neanche il suo fantasma. Era solo. Abbandonato dall’Edmond con cui sarebbe dovuto fuggire dal Castello. Forse l’aveva deluso, era andato oltre, troppo lontano da lui. Qualunque fosse la ragione, non digeriva il fatto di essere stato costretto ad alcune connivenze che lui stesso aveva contestato ai suoi predecessori. Non era riuscito a scacciare gli affittuari arricchiti a tal punto da non meritare più un alloggio e - cosa ancor più grave – si era visto obbligato ad aumentare le quote attribuite alle emergenze abitative. Fino a prova contraria, una delle sue tesi affermava che la commissione casa per le emergenze - l’orrendo mercimonio in mano ai consiglieri - aveva via via carpito 363 Pagina 363 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 immobili alle graduatorie destinate ai cittadini “senza conoscenze”. Così si ritrovava smentito da un agire, imposto a forza, che non condivideva assolutamente. Tuttavia anche questo faceva parte della sistematica demolizione della sua autorevolezza organizzata proprio da quelle stesse persone che aveva contestato duramente. Assediato dal proliferare delle milizie di occupanti che scacciate si riversavano in altri immobili con la rapidità dell’acqua. Inviso all’Ente “Paracomunale” delle Case Popolari che non tollerava di sentirsi controllato a vista, non passava giorno senza che un’azione intangibile lo svuotasse ancora un po’ dei già miseri poteri che gli restavano. Goccia dopo goccia, granello dopo granello, il suo corpo si era ridotto ad un’armatura vuota, rilucente di un’instancabile volontà, è vero, ma pur sempre vuota. La pecora elettrica, attratta da questa storia oscura, avrebbe voluto aiutare Roy, ma si sentiva sempre rispondere nello stesso modo: “Quando serbi un obiettivo chiaro non devi mai farti distogliere da esso. Devi proseguire dritto verso di esso, in silenzio, e con grande determinazione. Non pensare al sapore dolce della vittoria e nemmeno ai corvi neri che precedono l’amara disfatta. Null’altro puoi fare se non attendere che il tuo destino si compia nel solco tracciato dal fato”. Credo che amasse scrivere e con questa prosa volle farmi intendere che la sconfitta doveva essere soltanto sua e di nessun’altro. Malgrado una siffatta nobiltà non me ne facevo una ragione di doverlo lasciare solo. Arrivò il giorno in cui avrei dovuto firmare la relazione della commissione casa. Se firmavo entravo senza volerlo nel campo dei suoi oppositori. Bloccai Roy in corridoio per chiedere se per caso non avrebbe voluto qualcuno al fianco durante la battaglia risolutiva. Ma gli Dei accecano coloro che vogliono perdere, tanto che rispose: “Non importa, so cavarmela da solo”. La relazione era un guazzabuglio commemorativo del lavoro dei commissari. Non ho mai visto nulla affermare tante cose senza arrivare ad una sola conclusione. Neanche un funambolo sarebbe riuscito a camminare sul filo di tutto quel nulla, ma chi scrisse una simile raccolta di scempiaggini, tre anni dopo, si guadagnò per questo un seggio in consiglio regionale. Le lettere non resero mai tanto neanche a Petrarca. Sicché, chi vuole arricchirsi, non deve passare le notti in bianco a rivisitare il dolce stil novo, ma è bene che spenda il suo tempo a leggere le relazioni delle commissioni d’inchiesta. Secondo la relazione non era successo niente, nessun reato era stato compiuto, nessun colpevole andava punito, ma questo bastava per distrug364 Pagina 364 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 gere la credibilità di Roy. La domanda era però un’altra: “Sebastian avrebbe lasciato giustiziare Roy?” Questo si chiedevano tutti a Palazzo e io con loro. Pensai a quello che avrebbe potuto dire l’assessore e sulla falsa riga di questa ipotetica supposizione scrissi un lungo intervento. Né glorie, ma neanche dolori. Roy sarebbe potuto restarsene al suo posto senza l’onere di dover pagare un prezzo per aver posto la questione per primo. Scelsi una formula molto simile al salvagente lanciato al naufrago e mi presentai in Consiglio il giorno in cui Roy avrebbe dovuto rispondere alle “tesi” espresse nella relazione partorita dalla Commissione d’indagine sulla casa. “Non è dei forti la guerra, non è degli ambasciatori la velocità, perché il caso e il tempo sono gli unici artefici dei nostri destini. * Se dico questo è perché durante tutti questi mesi in cui ho partecipato ai lavori della commissione d’inchiesta, ho sempre avuto l’impressione di camminare su di un lago ghiacciato. Ho marciato senza fermarmi accompagnato dal dubbio e mi sono domandato chi mi avesse condotto su questa fragile palpebra congelata. In molti credono che sia stato l’assessore ad accompagnarmi fin qui dopo avermi preso per mano. Può essere, ma chi lo ha convinto a recarsi dove interi eserciti sono precipitati negli abissi siderali del lago dove tuttora riposano. È questo che si vuole? Qualcuno pensava forse che sarei annegato in silenzio con il mio assessore fra i costoni di ghiaccio spezzato? Io non ho paura. Tutt’altro. Siete voi che dovete aver paura. Paura della verità. Paura della giustizia. Paura del giudizio dei cittadini. Chi ha condotto l’assessore sul lago voleva farlo sprofondare con il suo partito. Voleva dimostrare l’inattendibilità assoluta degli amministratori verdi e a questa prima ragione se ne sono aggiunte altre così che ognuno ha potuto aggiungere la sua pietra al cumulo lapidario. Noi tutti sappiamo, inutile nascondercelo, che la vecchia politica uccide la nuova dopo averla usata per attingere i voti agli elettori innocenti che mai li avrebbero concessi a politicanti di mestiere. Questa è la strategia di cui la sinistra si è sempre servita. Non è vero? Ma mi chiedo cosa vi abbia spinti ad unire la destra con la sinistra, nell’adempimento di un simile disegno. Se è stato più l’interesse o gli affari che avete combinato”. Sebastian mi fissò con uno sguardo impassibile, ma un rivolo di sudore gli colò lungo la tempia. Continuai imperterrito: “Vi ho sentito molto convinti delle vostre ragioni. Percepisco la vostra sicurezza. Mi sembra quasi di poterla toccare, ma questa neve che cade 365 Pagina 365 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 su di noi, su questo fragile lago ghiacciato, non è bianca e non è nera. La neve che cade oggi è grigia. Quando si parla della vecchia commissione casa bisogna fare attenzione a non finire come il contadino che deve trasportare il cavolo, la pecora e il lupo sulla barca. Il nostro cavolo è la vecchia commissione casa. La pecora è l’Assessore Roy. Il lupo è la commissione d’inchiesta istituita per far luce sulle ragioni che hanno spinto la pecora a mangiarsi il cavolo. In molti vorrebbero, a questo punto, che il lupo si mangiasse la pecora, se non altro per pura vendetta. Naturale: i lupi finiscono sempre per divorare le pecore. Ma prima di lasciare cadere l’assessore nelle fauci umide della belva bisogna rispondere ad una sola domanda. Se la commissione casa è stata abolita, una ragione ci dovrà pur essere stata. Delle due l’una: o l’assessore si è sbagliato e bisogna istituire subito un’altra commissione di politici per attribuire gli alloggi comunali, oppure l’Assessore ha fatto una cosa giusta e la commissione casa resta soppressa per sempre. Se resta soppressa, resta in carica l’assessore. O mi sbaglio? Così dovrebbe essere, stando al buon senso. Ma qualcuno mi corregga se sbaglio”. La mia era logica allo stato puro. Li tenevo nell’angolo tanto che se qualcuno dei consiglieri avesse voluto rispondermi si sarebbe dovuto arrampicare sugli specchi. Mi lanciarono sguardi rabbiosi. Lividi. Altro che lupo sulla barca, quelli erano un branco di leoni digiuni che avrebbero voluto pasteggiare con le mie carni e succhiare il midollo fino all’ultima delle mie ossa. Ma non cessai di infierire: “Non vedo come si potrebbe convincere la città che l’Assessore viene dimesso perché si è reso colpevole di aver preso una decisione giusta che per questo non sarà modificata. L’uomo e il suo agire non potranno mai essere disgiunti. Sono una cosa sola”. Continuai a parlare per almeno un’altra ventina di minuti, ma nessuno dei presenti, ad eccezione di Sebastian, parve cambiare opinione sebbene quello strano silenzio mi fece capire che non tutti i silenzi sono uguali e per questo bisogna imparare a distinguerne alcuni dagli altri. Quello era un silenzio di vetro. Il silenzio degli uomini di vetro, che seppur appaiano forti e arroganti, possono andare in mille pezzi improvvisamente. Un reduce che ritorna a casa, dopo aver vissuto in trincea, trova ad accoglierlo due possibilità. Può continuare a credere che combattere la guerra sia stata una cosa giusta o concludere di essere stato preso per i fon366 Pagina 366 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 delli raccontando le ingiustizie, le atrocità e infine l’inutilità della guerra. Roy scelse la prima lasciandosi cadere nel vuoto. In Consiglio ripeté le ragioni e le accuse che già aveva espresso senza togliere o aggiungere nulla. Rivendicò le sue convinzioni nel modo con cui un cane braccato, latrando e mordendo, si sarebbe difeso dagli accalappiacani comunali. Quando lo incontrai nel cortile era sera inoltrata. Le dimissioni erano appena giunte sulla scrivania del Sindaco. Sebastian l’aveva salutato sommessamente ed era consapevole di essere in parte crollato con lui. Fino ad allora si erano convinti in parecchi, compreso il sottoscritto, che Sebastian fosse il cambiamento personificato, ma l’addio di Roy aveva infranto per sempre la grande illusione. Ve lo vedete Butch Newman Cassidy che spara a Sundance Redford Kid nel finale del film western di George Roy Hill dicendo: - “Vecchio mio, non te lo volevo dire, ma ti ho appena venduto all’esercito boliviano”? Un finale così non me lo sarei mai aspettato. Butch Cassidy e Sundance Kid nell’omonimo film di George Roy Hill sono interpretati da Paul Newman e Robert Redford Pagina 367 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Roy mi corse incontro a braccia aperte. Sembrava come liberato da un peso opprimente. Era fiero del suo gesto e assaporava la fine nello stesso modo in cui il pubblico si gusta le ultime sequenze di un film americano di successo. Ma quella sera, seduto sulle poltrone di quel cinema, non c’era nessuno. Non c’erano i detenuti del carcere di Brubaker per l’ultimo saluto al direttore colpevole di aver tentato di riformare il penitenziario. Non c’erano neppure gli studenti dell’Attimo Fuggente, in piedi - sui banchi - a gridare: “Capitano o mio Capitano!”. C’ero solo io. Ma cosa importa? Quel “momento andrà perduto nel tempo come lacrime nella pioggia” ** o forse colerà come inchiostro sulle pagine di questo libro che non leggerà mai nessuno. * Munich di Steven Spielberg ** Blade Runner Post scriptum a Roy Robin Williams in “L’attimo fuggente” Il cane accovacciato sulla tomba di questa storia attende ancora di veder svelata la verità e non sa dire se il protagonista abbia agito da solo o su ordine di Sebastian e neanche saprà mai se quest’ultimo si comportò come Cesare Borgia. Può solo cercare nelle parole di Abramo Lincoln una lontana ragione per spiegare il comportamento di Roy Battle il replicante che sfidò il suo creatore: “Molti uomini possono sopravvivere alle avversità, ma se volete veramente mettere alla prova il carattere di un uomo, concedetegli il potere”. Al posto di Roy subentrò un magistrato andato da poco in pensione. Roy, prima di abbandonare la carica, aveva spedito il dossier alla Procura e 368 Pagina 368 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 molti politici si domandavano se la scelta di un Giudice fosse stata imposta dalle circostanze che richiedevano la nascita di un nume tutelare. Solo un paio di mesi dopo ci si rese conto che si era trattato di una coincidenza. Quando la Magistratura si ritrovò a dover affrontare lo scandalo delle case popolari diede ragione a Roy . Proprio così, nella richiesta di archiviazione si può leggere testualmente: “…sono infatti certamente fondati i rilievi di illegittimità amministrativa dei provvedimenti adottati dalla commissione casa nel periodo storico considerato così come ampiamente documentato dall’Assessore nei suoi numerosi interventi pubblici”. Ma una cosa è riconoscere la fondatezza delle accuse che hanno fatto scoppiare l’indignazione generale e un’altra è trovare un colpevole all’interno di una comunità composta da figure istituzionali che non hanno dissentito, assistenti sociali ridotti al silenzio, uffici distratti e politici a detta loro inconsapevoli. Una comunità non soltanto estesa, ma diffusa capillarmente nel tessuto amministrativo. Roy non mi aveva mai ostacolato da quando era stato eletto Presidente del partito. Mi lasciò sempre inseguire i miei castelli in aria senza distruggerli, contrariamente a quello che avevano fatto i predecessori. Per la pecora elettrica, cresciuta nel fiele avvelenato della politica, non fu questa una piccola cosa. Sotto di lui il partito verde crebbe fino a superare il 5% unico caso nella storia di quel tempo. Guidato da Roy diventò la terza formazione di sinistra della città e se i dirigenti di allora fossero stati mossi da ben più nobili ideali e non dal desiderio di tenere il culo incollato alla poltrona sarebbero certamente riusciti ad ottenere la tanto promessa piantumazione di un albero per ciascun voto ricevuto. In questo modo avrebbero consolidato l’eccellente risultato elettorale e continuato l’esperienza amministrativa nel migliore dei modi. Se questa crescita poteva apparire ai più come un merito non lo fu certo per il mio partito che scacciò Roy (l’unico espulso della sua storia) e non lo fu per i movimenti, nel bene e nel male era pur sempre uno di loro, e nemmeno per tutti quelli che si videro profanati del proprio decrepito potere messo a dura prova dal rinnovamento politico che seguì ai fatti di Genova. Sebastian non solo aveva distrutto la sua creatura, ma anche i boschi nei quali era nata e cresciuta. Perché lo fece? Perché la sua strategia, così tanto contestata dalla città, si fondava sulla demolizione sistematica di tutto quello che aveva 369 Pagina 369 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 intorno. Immagino si fosse convinto che una nuova macchina amministrativa, moderna ed efficiente, poteva essere ricostruita soltanto ripartendo da zero e non sui cascami di una fitta rete di consuetudini e di scambi politici e di clientelismi che avrebbero soffocato qualsiasi riforma. Questo fu certo un progetto ambizioso, così ambizioso da inabissarsi trascinando con sé tutti quelli che ne fecero parte o ne furono soltanto testimoni. Non so dire che cosa ottenne Sebastian dallo scandalo delle case popolari. Forse un seggio al Parlamento Europeo? Nessuno lo saprà mai, ma basti al lettore sapere che dopo la cacciata di Roy, le famose deleghe si ricomposero, tornando ad essere, quello che erano prima. L’urbanistica tornò all’ovile e il mio partito verde all’1% di consenso elettorale, in una parola sparì completamente dalla politica italiana. In città qualcosa stava cambiando per sempre e gli ultimi avvenimenti erano solo un cristallo di neve nella bufera. Il Partito Democratico stava per nascere e Sebastian aveva egregiamente dimostrato a Veltroni come ci si può liberare dagli alleati “minori” logorandoli fino alla loro morte. Qualche anno dopo Roy tentò invano di entrare in altri partiti senza successo, la sua fama di “cavaliere della legalità” lo precedeva facendo di lui il fardello che ogni politico non avrebbe mai voluto ritrovarsi accanto. La complessità del gioco in cui si era trovato invischiato e l’incapacità di spiegarlo chiaramente, con umiltà e ammettendo i propri errori, lo mutarono in una figura indecifrabile che si prestava ad essere infangata da chiunque, magari proprio da chi non aveva capito assolutamente nulla dello scandalo delle case popolari. Roy non è stato un voltagabbana e neanche un arrivista, certamente ha finito per diventare la pedina di un gioco molto più grande di lui. Ad ogni modo mi sono convinto che Roy sia sempre stato stato mosso da nobili ideali e da un grande altruismo. Tentò la carriera del giornalista entrando nella radio di un noto imprenditore immobiliare. Svolse una decina di inchieste con la grinta di sempre prima di essere licenziato in tronco e buttato in mezzo a una strada. Fu sostituito da una rubrica radiofonica di satira demenziale. Infine pubblicò un libro sulle infiltrazioni mafiose in Emilia Romagna presso un editore semisconosciuto, ma le librerie si rifiutarono di venderlo. Roy continuò così a vivere nell’anonimato senza vedersi riconoscere alcun merito. 370 Pagina 370 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Ancora oggi, quando il sambuco imbianca le chiome di fiori e i tigli profumano l’aria, penso a quel giugno del 2004. Mi domando dove siano finiti tutti quei ragazzi, reduci da Genova, che hanno creduto con così tanto ardore nella politica. Mi pare di risentire i loro discorsi appassionati, così immensamente solidali con il mondo intero, se vuoi un po’ ingenui, ma sinceri e puri. Li ascolto ridere. Li rivedo mentre raccolgono offerte vendendo birre ai passanti. Mi chiedo se continuano a credere in quello che fanno o se hanno finito per non credere più in niente. A voi, dieci piccoli indiani, brindo nelle mie sere d’estate. Non lo sapete perchè ci siamo persi di vista, ma anch’io sono stato ucciso. Sono solo l’ultimo di tutti voi, l’ultimo dei dieci piccoli indiani di cui non ne rimase nessuno. Per quanto mi riguarda continuai la mia attività di Consigliere Comunale consapevole che il mio partito aveva dimostrato di non essere un soggetto politico affidabile. Un consigliere senza un partito alle spalle, volente o nolente, perde gran parte della sua forza. Diventa il reduce di una guerra persa. Un relitto alla deriva che può essere salvato soltanto dalla sua ardente passione per le ingiustizie da combattere. Per questo lasciai il partito verde un attimo prima di vederlo colare a picco per lo scandalo dei rifiuti napoletani. Quando il Presidente del partito, illustrissimo Ministro dell’Ambiente, rispose alla stampa affermando che si trattava di una questione che non lo riguardava me ne andai verso altre formazioni ecologiste dove non ebbi nessuna fortuna. Gli spari sopra “Sono in ritardo e gli altri non mi aspetteranno” - pensai entrando nel cantiere. Dopo aver salito le scale raggiunsi la terrazza appena restaurata scelta per l’appuntamento. Il responsabile delle collezioni comunali ci avrebbe accompagnato in visita dentro alla nuova Galleria d’Arte Moderna nata sulle ceneri del vecchio forno del pane. Ma intanto, un uomo e una donna, due consiglieri comunali, passeggiavano chiacchierando amabilmente. Lui pareva leggermente seccato, ma lei lo confortava con dovizia di particolari: “La pratica non era completa” – mi lanciò un’occhiata, forse aveva sentito tintinnare i tasti della macchina da scrivere dietro alla porta del mio sgabuzzino – “Ero andata da loro in veste non ufficiale…” – rafforzò il tono - “… come un cittadino che conosce le cose” – mi fissò per comprendere se avevo inteso la precisazione - “Ho ribadito che nessuno avrebbe scambiato la permanenza senza titolo con un’occupazione, altrimenti - se fosse malauguratamente successo - avreb371 Pagina 371 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 bero cestinato la richiesta di alloggio. Poi gli ho preso un appuntamento col funzionario preposto, ma loro non si sono presentati e non sono neppure passati a prendere dal mio ufficio l’ISE e l’ISEE ” - alludeva a delle certificazioni sul reddito rilasciate dall’amministrazione pubblica – “..e adesso vanno in giro a dire che non vogliamo dare loro la casa, dopo tutta la fatica che ho fatto…”. Si era da poco chiuso lo scandalo delle case popolari e già c’era chi istruiva le pratiche per i senzatetto che poi sarebbero stati cooptati in qualche progetto politico. Povero Roy, pensavi veramente di far vincere l’imparzialità amministrativa facendo a pezzi un tavolo di legno? Me ne andai disgustato e montai su un taxi per fare ritorno a casa. La radio andava a tutto volume sparando nell’aria le parole di una nota canzone di Vasco Rossi: “… È sempre stato facile fare delle Ingiustizie! Prendere. Manipolare. Fare credere!........ma adesso state più attenti! Perché ogni cosa è scritta! E se si girano gli eserciti e spariscono gli eroi. Se la guerra (poi adesso) cominciamo a farla noi. Non sorridete, gli spari sopra, sono per voi! Non sorridete, gli spari sopra, sono per voi!” Un avvertimento sensato quello di Vasco. Sensato, ma improbabile. Gli Italiani perdonano sempre tutto ai loro governanti. La fiducia è il nostro tratto migliore. Se così non fosse così, non oso pensare a cosa potrebbe succedere. L’uomo che sfidò il generale M a p a c h e “Vado a prendere il diavolo per la coda” Crazy Lee in “The wild bunch” di Sam Peckinpah Siete stanchi, demotivati, angosciati e disillusi. Il mondo che vi ho mostrato è irrimediabilmente perso. Non è così. L’arte di raccontare belle storie vincerà sempre su quelle mediocri, sulle povertà umane e sulla gente che spreca la propria vita in scaramucce senza importanza o si vende l’anima per un caffè. Fate della vostra esistenza una bella storia e andate a prendere il Diavolo per la coda! Siate gli eroi di voi stessi prima che degli altri perché a tutti si può mentire, ma non al proprio cuore. 372 Pagina 372 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Tombstone “Tutti sogniamo di tornare bambini, anche i peggiori di noi. Forse i peggiori lo sognano più di tutti” Don Jose in “The wild bunch” di Sam Peckinpah Il Sindaco decise di spegnere il vigile elettronico utilizzato per multare le auto non autorizzate che entrano in centro. Strumento indispensabile per contenere l’inquinamento e i suoi nefasti effetti sulla salute. Spento per le feste natalizie e spento al sabato per sempre. Ero stato fino a quel giorno un politico naïf, ma nulla di più. Malgrado non volessi affatto diventare Pike Bishop, il capo del leggendario Mucchio selvaggio, non sapevo ancora che gli avvenimenti futuri, come sempre, avrebbero serbato molte sorprese. Presentai un ordine del giorno che ne chiedeva la riaccensione. Mi convocò il capogruppo dei DS, la persona più tranquilla che abbia mai incontrato, ma non per questo meno spietata di quanto il suo ruolo di capo gli imponesse. “Ritiralo e vota a favore del nostro Odg” mi ordinò Lucio Medraghi “Non è giusto” risposi “Non è mai questione di giusto e sbagliato. Non devi mai dire quello che pensi, bensì devi pensare a quello che ti conviene dire. Tutto qui.” Sentenziò andandosene. Voleva solo farmi capire che in politica non importa avere veramente ragione, ma è sufficiente riuscire a farlo credere. Se non avesse pronunciato quella frase avrei certamente ritirato l’ordine del giorno. Mi sono sempre chiesto perchè Pike Bishop e i suoi compagni che formano quel meraviglioso “Mucchio Selvaggio” del film di Sam Peckimpah, non si prendono i soldi del Generale Mapache senza per forza rivolere indietro il loro amico Angel. In fondo, è stato proprio Angel a mettersi nei guai regalando una cassa di fucili ai nemici del generale. Sono solo dei banditi quelli di Wild Bunch, ma come la maggior parte dei rapinatori di banche sono 373 Pagina 373 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 anche delle brave persone. Da bambino, quando vidi questo film, compresi che vi sono momenti nella vita di ogni uomo in cui è necessario andare fino in fondo. È il destino che bussa alla tua porta e ti chiede se vuoi far parte della storia o preferisci passare il resto della vita in pantofole. Nelle ore che seguirono ammirai la verità svelata mentre esce dalla confusione infernale. La scorsi camminare come una dama bianca in mezzo alle pressioni degli alleati, accanto alle minacce palesate dal Primo Cittadino, dentro alle notti irrequiete e ai frugali pasti ingozzati nella fretta. Felice, come solo le donne sanno essere. La guardai stregato. Dovevo ritrovare il bambino che ero stato un tempo. Prenderlo per mano e fare la cosa giusta. ero pronto alla sfida. Composi l’intervento di presentazione all’ordine del giorno e lo lessi in Consiglio. La terza e più importante spada sono le parole, quelle parole che non si fermano davanti a niente: “Ora voi vi aspettate un mio intervento da politico. Non lo sarà. Non può esserlo quando emerge un sentimento profondo che ti impone di 374 Pagina 374 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 dire quello che pensi e non a pensare a ciò che, in veste di politico, sia conveniente dire. A Tombston, Arizona, c’è un cimitero. Su di una lapide è possibile leggere un epitaffio che ci riporta a questo Consiglio Comunale. Qualcuno ha scolpito là sopra queste parole per renderle immortali: Era un brav’uomo e aveva ragione. Ma noi eravamo di più e l’abbiamo impiccato. Se incomincio il mio intervento partendo da una sperduta località dove la legge americana ha trovato i suoi fondamenti imbracciando Winchester, Colt e doppiette belghe, è solo perché in questo preciso momento non stiamo discutendo solamente di tenere acceso un vigile elettronico. La nostra discussione esula completamente da questa domanda. Oggi il partito più importante della coalizione di centro sinistra deciderà, se i numeri devono prevalere sulla ragionevolezza. In questa città, inutile ricordarlo, le forze minori hanno contribuito alla vittoria del Sindaco. Ora io vi chiedo: passata la festa gabbato lo santo? Di questo si discute oggi. Può il mio partito che ha totalizzato più del 5% essere messo alla porta in seguito alle richieste di un’Associazione di commercianti? Di questo stiamo discutendo oggi. Ci tengo a precisare che riconosco l’Associazione di commercianti di cui parlo, sono convinto che rappresenti un’opinione di cui si deve tenere conto, ma ritengo improponibile e dannoso porre la sua opinione al di sopra dei partiti che si sono presentati al voto e che compongono questo consiglio comunale. Entro poi nel merito ricordando l’esempio fatto da me in commissione. Prendiamo un bicchiere. Riempiamolo fino a farlo tracimare. È tracimato! Voi mi dite che ci vuole una sperimentazione per arrivare alle conclusioni. E sia! Prendiamo un altro bicchiere, riempiamolo nuovamente, questa volta davanti ai comitati, agli esperti, ai commercianti con i loro scontrini e rovesciamolo nuovamente nel bicchiere già colmo d’acqua. Qualcuno avrà il coraggio di sostenere che il bicchiere non tracimerà? Che la tracimazione è finalmente controllata, monitorata, studiata? Cosa diversa sarebbe stata se si fosse deciso di stabilire un prima e un dopo, una città sperimentata con il vigile spento e una città sperimentata con il vigile acceso. In questo caso potrei intravedere lo spettro delle buone intenzioni sulla sperimentazione, ma anche su questo ci avete detto di no. Un “sì” avrebbe rap375 Pagina 375 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 presentato entrambi gli interessi. Avrebbe posto l’economia sul piatto della bilancia scientifica del monitoraggio accanto alla salute. No alla data e no all’alternanza, cosa rimaneva per noi ecologisti? Nulla. Dove sono tutte le proposte ventilate alla stampa che ci sarebbero state fatte oggi? Dormono sulla collina di Tomb Stone. Ecco dove sono! Vengo al nostro bene amato Assessore alla Mobilità. In commissione abbiamo appreso che il vigile elettronico non è servito a diminuire l’inquinamento. Brutta frase questa perché potrebbe portare all’abolizione completa dello strumento. Un pensiero sventurato o un opinione servita su di un piatto d’argento alla futura commissione per il monitoraggio? Ma la cosa ancor più grave è che l’Assessore non parlava ai consiglieri, ma alle loro coscienze. Sedava i loro mal di pancia dicendo: “Se anche oscuriamo il vigile elettronico non vi saranno rischi maggiori rispetto a quelli a cui sono stati soggetti i cittadini fino ad oggi”. Rifiuto questa logica, rifiuto il bucato di coscienza. Il vigile elettronico spento non lava più bianco. Rifiuto la sperimentazione sugli animali e tanto più quella sugli uomini. Detto questo mi appello io, questa volta, ai consiglieri e spero che il finale non assomigli al mezzogiorno di fuoco che ha riempito il cimitero di Tomb Stone. Quanti tra di noi si riconoscono nell’epitaffio della lapide?. Nel “aveva ragione, ma noi eravamo di più e l’abbiamo ammazzato”? E quanti nel “era un brav’uomo e aveva ragione”. Ora, voi tutti pensate che io abbia finito. Non è così. Gli ecologisti, e mi saranno grati i colleghi consiglieri della Margherita, “hanno venduto le vesti e comprato la spada”. Quindi come ultimo desiderio concesso al condannato a morte intendo rivolgere un pensiero al primo cittadino. Dalle sue dichiarazioni ho avuto l’impressione che lei non abbia ben compreso l’essenza del nostro comportamento. Mi spiego, recentemente ha detto che presto diventeranno incompatibili i ruoli assolti dagli ambientalisti all’interno di tutte le istituzioni rette dal centrosinistra e mi riferisco alle Presidenze della Commissione Cultura e del Quartiere. Come se noi, noi ambientalisti, subentrati in una guerra non incominciata da noi, e lo ricordo, ma appoggiata per uno sgarbo, per un’Elena dal suo senno fuggita, dubitassimo che lei non riuscirà a ribadire, ancora una volta, che è il più forte in questa città. Che i ribelli pagheranno care le loro scelte. Eravamo certi di questo, perché chi cammina all’inferno non teme di tenere in mano un fiammifero acceso. La rassicuro, lei è il più forte. Se oggi i suoi consiglieri non brandissero un pulsante, ma una spada, non potremmo neppure ricordare 376 Pagina 376 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 ai nostri figli come sono andate le cose, perché come lei sa bene, e ce lo ricorda un po’ troppo spesso, la storia la scrive chi vince, o meglio chi ha i numeri per vincere. Quasi sempre. Non sempre certo, è accaduto anche il contrario. Ma non ci interessa affatto dimostrare il contrario o rappresentare l’eccezione, stiamo solo tornando all’origine, torno io, figliolo prodigo, in seno alla sua falange minacciosa ordinata nei ranghi dai miei stessi compagni, un tempo ventre della madre ulivista, che mi ha permesso di essere qui oggi in Consiglio, davanti a lei, davanti al padre che mi ha abbandonato in mezzo al guado, al padre che ho amato e che continuo ad amare, che ho chiamato solo pochi mesi or sono “Capitano o mio capitano” e che, temo, divorerà tra poco i suoi figli così come fece Crono. Questo per ribadire che non vi è nessuna prova di forza se lei ha deciso di fare una cosa sbagliata, ma solo un sacrificio. Un sacrificio, travolto dal tema della legalità destinato forse a non essere neppure compreso. Sono le aspettative che avevamo, i sogni, l’amore per un orizzonte che sembrava vicino. Perfino io, il gattaro, lo sciocco Forrest Gump della politica, perfino io, ho creduto che lei fosse il sogno che aspettavo da una vita. Speravo che lei mi avrebbe fatto crescere e non combattere contro i miei fratelli. Celebrerò, celebreremo, in questa sede quella che i giapponesi chiamano la nobiltà della sconfitta, la perdita dei nostri comuni e condivisi obiettivi che ci eravamo dati e ai quali ci sacrifichiamo onorevolmente in loro ricordo. Si ricordi però che uccidermi, uccidere gli ecologisti sul campo di quest’aula, sterminarli in ciascuna istituzione da loro retta, farà di lei un tiranno, della sua maggioranza fedele un esercito poco motivato e dei nostri sogni solo uno sbiadito ricordo”. Seguì un istante congelato dal silenzio. I consiglieri sembravano ancora assorti nelle mie parole. L’opposizione - mentre il gigante di Rifondazione si tergeva gli occhi lucidi – fece scattare l’applauso. I plaudenti furono redarguiti dal Presidente del Consiglio, il mite Professor Sofri: “Non applaudite!” - gridò e dopo aver riflettuto un istante aggiunse sconsolato: “..semmai ci vorrebbe un minuto di silenzio”. Il Presidente provinciale dei Ds, Salvatore Monarca, seduto anche lui sui banchi del Consiglio mi si parò davanti. Mi aveva sempre intimorito, non certo per i galloni cuciti sulla giacca, forse di più, per l’aspetto fiero e lo sguardo magnetico del principe tuareg appena scampato al Ghibli della 377 Pagina 377 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Libia. Sulle prime pensai che mi avrebbe coperto d’insulti, invece, scosse la testa come per dirmi: “ben fatto!” e strinse forte il palmo della mia mano. Alle sue spalle, in fila, attendevano per complimentarsi tutti quanti i miei compagni d’aula. L’ordine del giorno fu bocciato, chi cresce le querce, custodisce le asce. La mia maggioranza si avvalse delle spade nemiche, ma nell’esercito più forte quattro guerrieri decisero di non partecipare all’esecuzione premendo il pulsante dell’astensione. Per la prima volta il partito dei Democratici di sinistra si spaccò in due pezzi. Non fu quindi un guerriero di lungo corso e nobili origini che riuscì a spezzare quell’inossidabile fraterna unità, ma un perdente eletto dalle gattare cittadine e protetto solamente dal grande gatto Fritz che ci domina dall’alto dei cieli. Il giorno seguente, il Primo Cittadino ritirò l’ordine del giorno sulla legalità con cui avrebbe scacciato il partito Verde e Rifondazione Comunista dalla maggioranza. Non ho mai pensato di essere stato io a convincerlo, un armigero che ha saputo tener testa al grande cavaliere nero delle televisioni non si fa certo intimorire dalle parole di un gattaro - ma quando racconto la favola della fionda a mio figlio, mi piace lasciargli credere il contrario: “C’era una volta un fanciullo di nome Davide. Il fanciullo era molto amato dagli abitanti del villaggio e per questo li proteggeva con la sua fionda. La sapeva maneggiare tanto bene che nessun drago, orco o gigante osava avvicinarsi. Ma una notte, un gigante cattivo fece sparire tutte le pietre. Così, il fanciullo, quando si svegliò, si trovò senza più nulla da scagliare. Ma lui era molto saggio e decise che avrebbe usato le parole al posto delle pietre sapendo che ferivano molto di più e non uccidevano nessuno. Fu così che gli fece un indovinello”. “Quale indovinello babbo?” chiese Lorenzo. “Come si fa a far entrare un elefante dentro ad una cinquecento in tre mosse?” “Come si fa, dimmi” insistette Lollo. “Si apre la porta, lo si fa entrare, si chiude la porta”. Dormi piccino, dormi tranquillo, dormi vicino al tuo babbo. Domani ti racconterò del piccolo sole che tutti chiamavano Sirio, e di quello stesso fanciullo che fece pentire il gigante cinese per aver spento una stella del firmamento. 378 Pagina 378 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Arrivederci ragazzi! Avevo perso insegnando a tutti come farlo nel modo migliore. Ero diventato un politico vero, uno di quelli che riescono a far cambiare idea ai compagni e ai nemici pronunciando un discorso. Chi l’avrebbe mai detto? I giornalisti di tutta Italia mi telefonarono per chiedermi se potevo inviare alla redazione il testo integrale del mio intervento. Quella sera il Sindaco si era complimentato dicendo: “Hai trasformato un melodramma in una tragedia greca. Bravo!” e prima di andarsene mi regalò un’onorificenza d’argento che aveva ricevuto dal Governo Cileno. Da un lato vi era impressa l’effigie di Gabriela Mistral e dall’altra il profilo di Pablo Neruda. “Conservala con la stessa cura con la quale ti scegli le parole” mi disse. Quando uscii nel chiostro del Palazzo, il campanile batteva la mezzanotte. La piazza si era spopolata, un vento sottile che sapeva dei boschi dell’Appennino sembrava voler trascinare via con sé tutta la tensione della serata. Mentre andavo a riprendermi mio figlio - lasciato ai vicini di casa pensai che, malgrado tutto, - malgrado le tessere, i coltelli, e i veleni - la politica rimaneva l’unico luogo dove avrei potuto combattere. Non era vero ciò che avevo sempre pensato e cioè che le parole in politica non contano nulla, che solo le tessere concedono il potere. Mi sbagliavo. Il mio partito era poi l’unico soggetto che mi avrebbe sempre permesso di dire ciò che pensavo. Onore alla politica, onore al mio partito. Mi ripetevo. Tornato in casa strinsi fra le braccia Lorenzo. I suoi occhioni brillavano di una gioia luminosa nel buio della notte. Lo misi a letto e gli rimboccai le coperte. Sul plaid vidi disegnate tante buffe ranocchie verdi, le rane di Sabattini proteggevano il mio bimbo e, suo padre, il vecchio Davide, avrebbe dovuto a sua volta proteggerle. Tutto tornava, tutto torna sempre quando si difende la natura e tutti i suoi figli. Ma, forse, sarebbe stato meglio dire addio alle mie battaglie. Ritirarmi per sempre dalla politica per stare con Lorenzo e Lara. Avrei dovuto farlo. No. Non lo feci e decisi che non avrei mai abbandonato quel mestiere da cowboy delle parole. Mi sbagliavo, ma quella sera pensavo che ci fossero ancora tante battaglie da combattere. Vidi stagliarsi all’orizzonte 379 Pagina 379 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 nuovi inceneritori da affrontare, colsi l’inarrestabile incedere delle orde venatorie, ascoltai il frastuono delle armate al soldo dei palazzinari mentre battevano le benne sugli scudi. Animali da difendere, ambienti da preservare, diritti da far valere. Avrei dovuto continuare a combattere perché quelle battaglie erano diventate la mia vita. Alzate al cielo i calici oh miei soldati! Alzate le coppe in alto, così in alto, da brindare alle stelle del mattino. Stringete le lance al petto e respirate un’ultima volta l’aria pulita di questa notte perché domani all’alba una nuova impresa ci aspetta. E se mai dovessi cadere un giorno in battaglia, continuate voi, eroi che ancora dovete nascere, dall’impronta lasciata dal mio ultimo passo. 28 novembre 2005 Cosi credevo senza sapere che dopo essere entrato nel Partito Democratico sarei stato miseramente sconfitto e umiliato. “Ma questa” - come direbbe Conan, il Re dei cimmeri - “è tutta un’altra storia”. Verso la conclusione del processo I membri della Giuria sembrarono entusiasti del racconto malgrado facessero di tutto per nasconderlo, qualcuno si asciugò le lacrime fingendo di essere stato colto da un attacco improvviso di allergia. Era evidente che l’imputato era riuscito a toccare i loro cuori. Ma i volti dei giurati si rannuvolarono subito dopo e dagli sguardi un po’ persi subentrati all’iniziale emozione s’intuì quale fosse lo stato d’animo in cui si trovavano: l’imputato meritava di essere altrove, a combattere per un mondo migliore, e non dentro a quell’aula. Ma il reato di cui si era macchiato era pur sempre una colpa indelebile. La Pubblica accusa, che meglio di chiunque altro seppe cogliere quel benevolo sentimento soffocato, andò in escandescenze: “Lei vorrebbe veramente farci credere di essere diverso dagli altri politici? Ma andiamo, non mi faccia ridere! Abbiamo tutte le prove per dimostrare che lei è colpevole di un’infinità di reati e per quanto riguarda il suo eroe, quel Roy, è un disoccupato della peggior razza, Sebastian un perdente che ha mentito spudoratamente dicendo di volersi dedicare al figlio salvo 380 Pagina 380 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 poi farsi eleggere a Strasburgo. E quell’altro, quel Sabattini, ancora oggi non ci risulta sia stato riabilitato dalla follia che gli fu ascritta. Senza contare che l’imputato si è molto probabilmente inventato di sana pianta tutte le storie che ci ha raccontato”. “Ha perfettamente ragione!” - rispose l’imputato alzandosi - “Ma non ha nessuna importanza che le mie storie, come le chiama lei, siano vere o false, l’importante è che io sia riuscito a convincere anche un solo ragazzo o una sola ragazza, presenti in quest’aula, che la politica non può essere lasciata a se stessa”. Chinò il capo e mantenendo gli occhi bassi continuò a parlare: “Ho perso tutte le mie ultime guerre, questo è vero. Ho rinunciato agli ideali in cui credevo e non ricordo nemmeno più quante soddisfazioni possono scaturire dal combattere una giusta causa. Io sono colpevole, ma non sono colpevole di aver rapinato una banca. Io sono colpevole di essere un politico. Ditemi voi: è più colpevole chi compie un atto criminoso alla luce del sole o chi compie quello stesso identico gesto mascherandosi in mille maniere? È più criminoso privare una banca dei suoi soldi impugnando una pistola o è più criminoso fare la stessa cosa falsificando i bilanci della Parmalat. È più criminoso gridare “mani in alto” o avvelenare le merendine dei bambini con uova marce o i succhi di frutta con degli inchiostri cancerogeni. Avete forse visto qualcuno pagare un prezzo per questi reati? È più criminoso far stendere la gente a terra nel caveau o rovesciare merda nei fiumi facendo rinchiudere in manicomio, come malato di mente, chi si oppone? È più criminoso fuggire nella notte col bottino o cambiare i piani regolatori rubando pezzi di terra alla città per donarli ai propri amici costruttori che meglio di chiunque altro sanno come ricambiare cotanta generosità? Io sono un criminale che ha rapinato una banca: è vero! Lo sono! Non lo nego. Ma almeno mi si riconosca di averlo fatto a volto scoperto e non calzando un passamontagna da Onorevole o da Palazzinaro o da Lobbysta. Io sono un criminale che mostrando di essere se stesso ha compiuto un impareggiabile gesto di onesta lealtà verso il mondo. Condannatemi signori della Giuria, se lo credete giusto, ma condannatemi per aver rinunciato ai miei propositi, per aver abusato dei miei elettori, per essere diventato un politico come tutti gli altri. Condannatemi! E sia! Ma per la misericordia di Dio, non infliggetemi una pena per aver rapinato un banca! Per essere stato l’artefice dell’unica azione onesta, limpida e visibile, di tutta la mia vita! L’unica che incontrerete da qui alla fine dei vostri giorni. Io sono un rapinatore di banche, l’uomo più onesto che abbiate mai incontrato!” 381 Pagina 381 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 La Pubblica Accusa decise che non poteva lasciare che l’imputato continuasse ad arringare la Giuria: “Invece no!” – gridò – “Io chiedo per lei la massima pena computabile così che possa marcire nelle peggiori galere del paese e se non dovesse bastare io sono pronto ad accusarla anche….” Intervenne il Giudice: “Si calmi per favore” disse con voce calma e leggermente seccata e continuò: “La vorrei pregare di mantenersi all’interno della consueta dialettica consona alla sede in cui si trova. Per un attimo ho avuto come l’impressione che l’imputato fosse lei”. La Giuria e il pubblico risero fragorosamente. “Chiedo quindi ai giurati di ritirarsi” – continuò il Giudice – “e chiedo inoltre che l’imputato sia ricondotto in cella. La seduta è sciolta. Ci aggiorniamo a domani per il verdetto”. L’imputato fu preso in consegna dagli agenti mentre la Giuria si ritirava nella saletta riservata. Il Giudice si accomiatò con le frasi di rito: “Durante questa lunga deposizione l’imputato si è volutamente allontanato dal crimine che ha commesso e per il quale sarà giudicato, per questo ricordo a tutti i Giurati, e sia messo a verbale, di giungere ad un verdetto che stabilisca se l’imputato si è reso colpevole di aver rapinato una banca o se al contrario è innocente. Il resto non ci interessa. A domani allora”. In cella Quando l’imputato rientrò in cella trovò ad attenderlo il suo vecchio amico di sempre, quell’Aldo Maccione che per molte indecifrabili coincidenze gli era stato sempre accanto nella buona e nella cattiva sorte. Gli buttò le braccia al collo stringendolo con forza mentre l’imputato restava impassibile senza ricambiare tutta quella inutile calorosità. “Sei stato fantastico!” – disse eccitato Maccione – “Ho seguito il processo su Sky dall’inizio alla fine”. L’imputato scosse la testa come per fargli capire chiaramente di non essere più interessato a quanto accadeva nel mondo. “Ma dai, non fare cosi!” – lo rincuorò Maccione – “Tutti parlano di te, dell’onesto rapinatore di banche. Gli indici d’ascolto sono schizzati alle stelle, persino l’Espresso ti ha dedicato l’ultima copertina. Ma non capisci? 382 Pagina 382 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Sei l’uomo del momento, un eroe del popolo!” L’imputato si andò a sedere sulla brandina senza mostrare alcuna emozione. Maccione senza mollarlo un istante andò a sedergli accanto e lo strinse nuovamente a sé con forza, come un allenatore stringe il campione. “Ricordi quella fondazione di cui ti ho parlato?” – chiese Maccione – “Quella messa in piedi dal numero uno degli industriali? Quella dove confluiranno anche Francesco e Gianfranco. Anzi, pare persino che anche Pierferdinando sarà della partita. Come puoi ben immaginare cercano gente in grado di gestire un nuovo partito creato ad hoc per scalzare l’ormai logoro Berlusconi. Anche loro ti conoscono e mi hanno parlato molto bene di te. Così mi sono permesso di venirti a reclutare personalmente, come ai vecchi tempi di Tonino. Ricordi? Ma questa volta non hai altra scelta mi par di capire” Maccione rise da solo della battuta. “Infatti: questa volta non ho altra scelta. Non uscirò da qui per i prossimi cinque anni” lo bloccò l’imputato. “Sbagli perché ho preso tutte le informazioni del caso e sono pronto a corrompere tutti i giurati se serve, tutti, dal primo all’ultimo, ci rifaremo dei soldi col partito”. “Sei sempre stato un gradasso”. “Può darsi, ma come disse Giulio Cesare, un uomo che non si compra con 12 sesterzi lo si compra con 13. Te ne sei dimenticato? Mi è sempre piaciuto quel tuo modo di fingerti cinico per poi voler dimostrare tutto il contrario…”. “Francamente” - argomentò l’imputato – “non penso proprio che il nostro paese abbia bisogno di un altro partito. Lo stato in cui versano le finanze, la disoccupazione crescente, questo susseguirsi senza fine di scandali, processi, intercettazioni. Quello che si scopa la ragazzina, quell’altro che si fa fare le seghe in cambio di un appalto. Questo scontro permanente di cui non s’intravvede la fine mescolato ad una melassa maleodorante… Il nostro paese avrebbe bisogno soltanto di una bella rivoluzione, questo sì. E quando i tempi saranno maturi, molte teste cadranno dai patiboli! E vedrai quante ne cadranno! Il popolo non potrà sopportare ancora a lungo”. “È qui che ti sbagli” – Maccione si fregò le mani compiaciuto – “Il popolo - il tuo popolo – è morto! Guarda cos’è successo in Grecia. Hai visto forse una folla incendiare i Parlamenti? Manifestanti in strada che lanciano le monetine come ai tempi di Craxi? Tutt’altro. Non è successo un benedetto accidente di niente, se non un morto e qualche scaramuccia. Si lasciano colare a picco! Questa è la verità! Gliel’hanno data vinta! …e lo sai perché?” 383 Pagina 383 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 “Dimmelo tu” L’imputato fece no con la testa. “La caduta è iniziata da tempo e come i passeggeri del Titanic continuiamo tutti quanti a far finta di niente. Ma che importa... Devi solo decidere da quale parte stare: se startene dalla parte di chi avrà di che godersela fino alla fine dei suoi giorni o dalla parte di chi continua a ballare sul ponte della nave prima di andare a fondo. Se così non fosse, prova a spiegarmi perché la corruzione dilaga ovunque. Te lo dico io perché, perchè ognuno vuole la sua parte, il suo fondo nero personale, la sua scialuppa di salvataggio, la sua casa con vista sul Colosseo. Per questo ci vuole un nuovo partito, per riportare l’ordine e permettere soltanto ad alcuni di beneficiare di un’agiata pensione. Che diamine! Non ci sono mai abbastanza scialuppe per tutti”. “Per un istante mi ero quasi illuso che il tuo nuovo partito avrebbe rimesso a posto il Paese, riportato l’ordine, come tu stesso hai detto e invece è la solita storia del lupo che perde il pelo, ma non il vizio di assecondare la deviata natura che lo possiede. Ma lo sanno gli altri tuoi compagni che serbi questi progetti?” chiese beffardamente l’imputato senza ottenere risposta. Si alzò in piedi e accompagnò Maccione alla porta. Congedandolo disse: “Come sai, in tanti anni, non mi sono mai permesso di entrare a far parte di una lista bloccata e la mia vecchia veste da consigliere comunale me la sono sempre sudata con le preferenze. Dal popolo sono nato e al giudizio del popolo voglio fare ritorno. Come dire che preferisco marcire in galera piuttosto che illuderere la gente ancora una volta. Avresti dovuto immaginarlo” sorrise - “Da quando rapino le banche ho messo la testa a posto, sono diventato una brava persona. Cosa credevi?”. Maccione lo guardò, sorrise a sua volta e lo abbracciò con forza. In quel preciso istante capì che non si sarebbero più rivisti e ne fu profondamente commosso. Quando Maccione si ritrovò fermo davanti alla stazione dei treni infilò la mano in tasca per afferrare il denaro da consegnare al tassista. Insieme alle banconote trovò la pagina strappata di un libro. Lesse distrattamente quelle poche righe tratte dalla “Storia di Roma” di Sallustio: “I potenti incominciarono a mutare la dignità in boria e la libertà del popolo in licenza. Ognuno di loro afferrava tutto ciò che poteva, strappava, rubava. Tutto si divise in partiti e questi straziarono lo stato governandolo con l'arbitrio di pochi. Controllavano il tesoro, le provincie, le cariche, la gloria, i trionfi. I cittadini erano oppressi dalla miseria, costretti al servizio nelle legioni. I capi si dividevano le prede, mentre le persone erano scacciate dalle loro terre, se per sventura, erano desiderate da un potente. Gli esponenti dei partiti profanavano e devastavano tutto. Nulla premeva loro e nulla consideravano sacro. Finché sprofondarono nell'abisso scavato dalle loro mani”. Pagina 384 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 9-11-2010 9:26 Il verdetto Non fu certo una decisone facile. I giurati restarono reclusi per tutta la giornata e per l’intera notte seguente. Fu solo verso l'una del giorno dopo che presero posto in aula. "Siete giunti ad un verdetto unanime?" chiese il Giudice quando li vide seduti. Il Presidente della Giuria si alzò e annuì con la testa: "Potrebbe gentilmente dirci se avete ritenuto l'imputato colpevole o innocente?" Il Presidente della Giuria restò in silenzio per un tempo infinitamente lungo. Il Giudice lo incalzò: “Vi ho gentilmente chiesto se siete giunti ad un verdetto?”. Il presidente della Giuria tacque. “Esigo una risposta dalla Giuria popolare!” gridò, ma nessuno rispose. Il banco dell’Altrasinistra: Roberto Panzacchi, DavideCelli e Serafino D’Onofrio Pagina 385 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo Stampato nel mese di luglio del 2010 presso: Tipografia Fd via San Felice 18 a 40122 Bologna 051/227879 L’EDITORE INESISTENTE c/o Davide Celli Via dell’Unione 8 40126 Bologna 320/4731739 [email protected] 9-11-2010 9:26 Pagina 386 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 387 9-11-2010 9:26 Pagina 387 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 388 9-11-2010 9:26 Pagina 388 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 389 9-11-2010 9:26 Pagina 389 confessione di un nemico del popolo :esecutivo nemico del popolo 390 9-11-2010 9:26 Pagina 390