Limitazioni statutarie alla cessione di partecipazioni di s.r.l.: un

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Limitazioni statutarie alla cessione di partecipazioni di s.r.l.: un
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OSSERVATORIO INTERNAZIONALE . OPINIONI
Società a responsabilità limitata
Limitazioni statutarie alla cessione
di partecipazioni di s.r.l.:
un confronto col diritto tedesco
di Valerio Sangiovanni
Negli statuti di s.r.l. è frequente rinvenire clausole che limitano la libera circolazione delle partecipazioni
sociali. In questo articolo (*) si esamina la disciplina prevista dall’art. 2469 c.c., operando una comparazione con quanto stabilito nel diritto tedesco.
Introduzione
Con riferimento alla s.r.l. (1), la legge italiana prevede
che «le partecipazioni sono liberamente trasferibili per
atto tra vivi e per successione a causa di morte» (art.
2469, comma 1, c.c.) (2). Allo stesso modo la legge tedesca sulle società a responsabilità limitata prevede che
le quote di GmbH (3) sono vendibili ed ereditabili (§
15, comma 1, GmbHG) (4). Queste due disposizioni
fissano, nei rispettivi ordinamenti, il principio della libera circolazione delle partecipazioni sociali di s.r.l. (5).
Le parti del contratto di società hanno tuttavia la possibilità di porre limiti alla circolazione delle quote. L’art.
2469 c.c. prevede, difatti, che le partecipazioni sono liberamente trasferibili, «salvo contraria disposizione dell’atto costitutivo». Il § 15, comma 5, GmbHG, dal canto suo, stabilisce che il contratto di società può far dipendere la cessione delle quote da certe condizioni, in
particolare dall’autorizzazione della società. È su questi
possibili vincoli statutari che ci si sofferma in questo articolo. È stato osservato in dottrina che la previsione
Note:
(*) Il presente lavoro si basa, per quanto riguarda il diritto tedesco, sulle
ricerche condotte durante un soggiorno di studio presso il Max-Planck-Institut für ausländisches und internationales Privatrecht di Amburgo. L’autore
desidera ringraziare i direttori di questo istituto di ricerca, J. Basedow, K.
J. Hopt e R. Zimmermann, per l’ospitalità accordata.
(1) Fra i contributi introduttivi alla riforma della s.r.l. si segnalano quelli
di V. Salafia, Il nuovo modello di società a responsabilità limitata, in questa Rivista, 2003, 5 ss.; G. Zanarone, Introduzione alla nuova società a responsabilità limitata, in Riv. soc., 2003, 58 ss. Sulla struttura organizzativa della nuova s.r.l. cfr., fra i molti, P. Benazzo, L’organizzazione nella nuova s.r.l. fra
modelli legali e statutari, ivi, 2003, 1062 ss.; G. Capo, Il governo dell’impresa
e la nuova era della società a responsabilità limitata, in Giur. comm., 2003, I,
501 ss.; L. De Angelis, Amministrazione e controllo nelle società a responsabilità limitata, in Riv. soc., 2003, 469 ss.; V. Sangiovanni, Die Neuregelung
der Geschäftsführung in der italienischen società a responsabilità limitata, in
GmbHR, 2006, 1316 ss.
(2) Sul nuovo regime circolatorio delle partecipazioni sociali cfr. S. Gatti,
La disciplina della circolazione delle partecipazioni sociali secondo il d.lgs. n. 6
del 2003, in Riv. dir. comm., 2003, I, 1 ss. Sulla regolamentazione del trasferimento di quote prima della riforma del 2003 v. F. Laurini, Disciplina
dei trasferimenti di quote di s.r.l. e delle cessioni d’azienda, in Riv. soc., 1993,
959 ss.; C. Licini, Clausole sociali che dispongono per l’evento della morte del
socio: i principi, in Riv. not., 1991, I, 423 ss.
(3) Per facilitare la lettura e ulteriori ricerche del cortese lettore, si segnala
che le abbreviazioni tedesche usate in questo scritto hanno il significato
indicato fra parentesi: AG: Aktiengesellschaft (società per azioni); AktG:
Aktiengesetz (legge sulla società per azioni e sulla società in accomandita
per azioni); BGB: Bürgerliches Gesetzbuch (codice civile); BGH: Bundesgerichtshof (Corte di cassazione federale); GmbH: Gesellschaft mit beschränkter
Haftung (società a responsabilità limitata); GmbHG: Gesetz betreffend die
Gesellschaften mit beschränkter Haftung (legge sulle società a responsabilità
limitata); GmbHR: GmbH-Rundschau [rivista]; KG: Kammergericht (corte
di appello di Berlino); LG: Landgericht (tribunale); NZG: Neue Zeitschrift
für Gesellschaftsrecht [rivista]; OLG: Oberlandesgericht (corte di appello);
Rn.: Randnummer (numero a margine di pagina); ZIP: Zeitschrift für Wirtschaftsrecht [rivista].
(4) Fra gli articoli apparsi in lingua italiana sulla s.r.l. tedesca cfr. C. Angelici, La novella tedesca sulle società a responsabilità limitata, in Riv. dir.
comm., 1981, I, 185 ss.; C. Ducouloux-Favard, La sarl francese e la GmbH
tedesca: profili di comparazione, in Contratto e impresa/Europa, 2000, 720 ss.;
C. Ibba, S.r.l. unipersonale e responsabilità del fondatore: dalla giurisprudenza
tedesca alla legge italiana, in Giur. comm., 1996, I, 611 ss.; V. Sangiovanni,
Il diritto del quotista di s.r.l. all’informazione e all’ispezione nel diritto tedesco,
in Riv. dir. comm., 2006, I, 515 ss.; V. Sangiovanni, Doveri e responsabilità
degli amministratori di s.r.l. in comparazione con la GmbH tedesca, in questa
Rivista, 2006, 1563 ss.; V. Sangiovanni, Finanziamenti dei quotisti di s.r.l. tedesca (GmbH) alla società e insolvenza della società, in Contratto e impresa/
Europa, 2006, 329 ss.; V. Sangiovanni, I limiti statutari alla circolazione di
quote di s.r.l. tedesca (GmbH), in questa Rivista, 2006, 381 ss.; V. Sangiovanni, La cessione di quota di s.r.l. e il ruolo del notaio nel diritto tedesco, in
Notariato, 2006, 82 ss.; V. Sangiovanni, Responsabilità degli amministratori
di s.r.l tedesca (GmbH) nei confronti della società, in questa Rivista, 2005,
1571 ss.; V. Sangiovanni, Il diritto delle minoranze di convocare l’assemblea e
d’inserire punti all’ordine del giorno nella GmbH tedesca, in Riv. dir. comm.,
2002, I, 813 ss.; V. Sangiovanni, La società a responsabilità limitata tra avvocati nel diritto tedesco, in Riv. soc., 1999, 914 ss.; D. U. Santosuosso, Le società non quotate in Germania dalla GmbH (s.r.l.) alla AG (s.p.a.) «flessibile» (appunti su alcune prospettive di riforma), in Riv. soc., 1999, 516 ss. In
connessione con la tematica della circolazione di partecipazioni va segnalato anche il contributo di A. P. Scarso, La responsabilità del venditore di
partecipazioni sociali nel diritto italiano e tedesco, in Riv. soc., 1999, 455 ss.
(5) Sulla nozione di partecipazione sociale nella s.r.l. italiana cfr. F. Tassinari, La partecipazione sociale di società a responsabilità limitata e le sue vicende: prime considerazioni, in Riv. not., 2003, I, 1405 ss.
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della possibilità di limitare la circolazione delle partecipazioni accentua il carattere personalistico della s.r.l. italiana (6), e la stessa considerazione vale per la GmbH
tedesca. Occorre tuttavia rilevare che questo «tratto»
personalistico della s.r.l. italiana e della GmbH tedesca
è solo eventuale; esso dipende, appunto, da una decisione statutaria in tal senso.
Della possibilità di limitare, mediante il contratto di società, la circolazione delle partecipazioni si fa largo uso
nella prassi. Ciò si verifica sia in Italia sia in Germania.
La diffusione di clausole che limitano la circolazione è
dovuta principalmente al fatto che la s.r.l. in Italia e la
GmbH in Germania sono di solito caratterizzate da una
compagine sociale composta di pochi quotisti. I soci, generalmente, si conoscono personalmente e partecipano
attivamente alla vita della società. Normalmente i quotisti (o almeno alcuni di essi) sono contemporaneamente amministratori. Il ricorso a manager esterni non risulta frequente, quantomeno nelle piccole società.
È utile soffermarsi su quelle che sono le funzioni delle
clausole che limitano la circolazione delle partecipazioni. In primo luogo tali previsioni statutarie servono a
evitare l’ingresso nella compagine sociale di nuovi quotisti non graditi agli attuali soci (7). Con apposite clausole vi è la possibilità d’influenzare l’identità di chi entra
in società. In questo modo si impedisce che il quotista
intenzionato a vendere la quota possa sostituire a sé
stesso una persona non gradita agli altri quotisti. Grazie
alla clausola che limita la circolazione si evita un risultato del genere, perché il soggetto interessato all’acquisto
della partecipazione non riesce a entrare nella s.r.l. semplicemente per effetto dell’accordo con il venditore, ma
deve essere accettato dalla società (o da altri soggetti,
come si specificherà sotto). Si immagini il caso di una
s.r.l. composta da tre quotisti legati da rapporti di amicizia, se non - addirittura - di parentela o familiari. L’attività societaria potrebbe essere nata proprio in virtù di
questi legami di carattere personale. Se uno dei quotisti
potesse cedere a chicchessia la propria quota, la «pace
sociale» rischierebbe di venire turbata. I due soci rimasti
in società potrebbero trovarsi ad avere a che fare con
una persona loro non gradita per le più diverse ragioni.
In secondo luogo le clausole che limitano la circolazione possono servire ad accrescere la partecipazione dei
restanti quotisti al capitale (8). Se un quotista esce dalla
società e gli altri soci hanno diritto di rilevare la quota
messa a disposizione, la partecipazione al capitale dei soci che rimangono in società aumenta. Si immagini che
una società sia originariamente composta da cinque
quotisti, ciascuno con il 20%. Se un socio esce e gli altri soci rilevano proporzionalmente la quota del cedente, ciascuno dei rimanenti quattro soci sale al 25% del
capitale.
In terzo luogo le clausole statutarie che limitano la circolazione delle partecipazioni possono servire a mantenere intatti certi rapporti di forza fra i soci (9). Si immagini il caso di una società composta da cinque soci,
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ciascuno con il 20% del capitale. Si immagini inoltre
che la maggioranza del 60% del capitale sia detenuta da
un gruppo di tre soci appartenenti a un’unica famiglia,
ciascuno con il 20%. Se uno di questi quotisti cedesse a
un estraneo la sua quota, i rapporti di forza nella società
si altererebbero in modo significativo. Il gruppo familiare scenderebbe al 40% e perderebbe la maggioranza,
con tutte le conseguenze che ciò implica. La possibilità
di opporsi alla cessione impedisce che si realizzi questo
risultato, nella misura in cui gli altri quotisti della famiglia dispongono di un diritto di prelazione e possono rilevare la partecipazione messa a disposizione. Se il diritto di prelazione è riconosciuto esclusivamente ai familiari, questi possono rilevare l’intera partecipazione del
socio uscente e salire al 60% del capitale. Se invece,
sempre per rimanere all’esempio fatto, il diritto di prelazione fosse riconosciuto a tutti i soci (e non ai soli
membri della famiglia), il 20% del socio uscente dovrebbe essere distribuito sui restanti quattro soci (e dunque anche sui non appartenenti al gruppo familiare).
Successivamente all’esercizio del potere di acquistare
con preferenza, ciascun quotista si ritroverebbero in mano il 25% della società. I due soci appartenenti alla stessa famiglia avrebbero il 50% del capitale e non potrebbero imporre da soli la volontà sociale in assemblea.
Nella prassi, il regime di circolazione delle quote può
variare in dipendenza delle caratteristiche del potenziale
acquirente (10). Si può cosı̀ prevedere che le partecipaNote:
(6) In questo senso M. C. Cardarelli, Commento all’art. 2469, in Codice
commentato delle nuove società, a cura di G. Bonfante, D. Corapi, G. Marziale, R. Rordorf, V. Salafia, Milano, 2004, 1030; G. Laurini, Manuale
breve della s.r.l. e delle operazioni straordinarie, Padova, 2004, 45; G. Laurini, La società a responsabilità limitata, Milano, 2000, 69.
(7) Nella giurisprudenza italiana cfr. Trib. Catania 5 maggio 2003, in
questa Rivista, 2004, 69 ss., con nota di M. P. Ferrari. Nella giurisprudenza
tedesca v. BGH, sentenza del 25 novembre 2002, in ZIP, 2003, 116 ss.;
BGH, sentenza del 31 gennaio 2000, in NZG, 2000, 647; OLG Hamm,
sentenza del 17 novembre 1998, in NZG, 1999, 600 ss., con nota di L.
Michalski, K. de Vries; OLG Celle, sentenza dell’8 luglio 1998, in
GmbHR,1999, 131 s. (la sentenza è pubblicata anche in NZG, 1999, 447
s.); LG Hannover, sentenza del 16 luglio 2004, in GmbHR, 2005, 103 s.,
con nota di C. Peetz.
(8) In questo senso, per esempio, Trib. Catania 5 maggio 2003, in questa
Rivista, 2004, 69 ss., con nota di M. P. Ferrari.
(9) In Germania cfr. BGH, sentenza del 25 novembre 2002, in ZIP,
2003, 116 ss. In Italia v. Trib. Roma 8 luglio 2005, in Riv. not., 2006, II,
541 ss., con nota di S. Clericò. Lo scopo di non alterare i rapporti di forza
esistenti fra i vari soci viene svolto anche dal diritto di opzione riconosciuto in caso di aumento di capitale. Sulla regolamentazione di questo
istituto nel diritto tedesco sia consentito il rinvio a V. Sangiovanni, Capital Increase and Exclusion of the Subscription Right in the German Joint-Stock
Company, in The Journal of Business Law, 2006, 589 ss.; V. Sangiovanni,
Aumento di capitale ed esclusione del diritto di opzione nella società per azioni
tedesca, in Giur. comm., 2005, II, 693 ss.
(10) Nella dottrina tedesca cfr. H. Altmeppen, in Gesetz betreffend die
Gesellschaften mit beschränkter Haftung, GmbHG, a cura di H. Altmeppen,
G. H. Roth, V ed., München, 2005, § 15 Rn. 95; H. Bartl, in Heidelberger Kommentar zum GmbH-Recht, a cura di H. Bartl, H. Fichtelmann, E.
Schlarb, H.-J. Schulze, V ed., Heidelberg, 2002, § 15 Rn. 3; F. Ebbing, in
(segue)
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zioni possano essere liberamente vendute solo a persone
che rivestono già la qualità di quotista della società,
mentre la vendita a estranei viene assoggettata a certi limiti. Nelle s.r.l. familiari può essere previsto che la cessione possa avvenire solo a membri della famiglia o della parentela, definite con criteri più o meno ampi a seconda delle circostanze del caso. Clausole del genere
giocano un ruolo importante nel contesto successorio.
Può cosı̀ capitare che i contratti di società contengano
disposizioni che stabiliscono che le quote possano essere
ereditate solo da certi soggetti appartenenti al nucleo familiare. Si tratta del caso affrontato in Germania dalla
Corte di appello del Brandeburgo (11). Il contratto di
società prevedeva che le quote potessero essere ereditate
solo dai quotisti (tutti membri della famiglia), dai coniugi dei quotisti e dai discendenti dei quotisti. Una
clausola del genere mira ad assicurare che le partecipazioni rimangano nelle mani degli appartenenti al gruppo
familiare.
Il ruolo del contratto di società
Può darsi che il contratto di società originariamente non
contenga limitazioni alla trasferibilità delle partecipazioni.
Nel corso dell’esistenza della s.r.l. può emergere il desiderio di vincolare le quote al fine di evitare che esse possano circolare liberamente. Vi è uniformità di visioni relativamente al fatto che limiti alla trasferibilità possono essere inseriti anche in un momento successivo alla costituzione della società, procedendo a un’apposita modifica
statutaria. Occorre però domandarsi quali siano le maggioranze necessarie a tal fine. La questione è delicata poiché il quotista, che è entrato a far parte di una s.r.l. o di
una GmbH che prevedeva originariamente la possibilità
di trasferire le quote, potrebbe trovarsi esposto al rischio
- dopo la modificazione statutaria - di non potere più abbandonare la compagine sociale. Il quotista disponeva
del diritto a cedere liberamente la propria partecipazione
che viene ora eliminato da una decisione della società.
Il problema se sia necessaria l’unanimità o se basti una
certa maggioranza per introdurre limitazioni statutarie
alla circolazione di partecipazioni non trova risposte definitive nella giurisprudenza e nella dottrina italiane. La
questione è stata affrontata dalla Corte di cassazione (12), la quale ha deciso che l’introduzione nello statuto di una s.r.l. della clausola di gradimento dell’assemblea ordinaria in caso di donazione della quota da parte
di un socio, incidendo sul diritto del socio di disporre
della propria quota, non può aver luogo senza il consenso unanime dei soci (13). Nel diritto tedesco per introdurre limitazioni alla trasferibilità delle partecipazioni in
un momento successivo rispetto alla costituzione della
società basterebbe, secondo un’opinione minoritaria,
un’ordinaria modificazione statutaria. La disposizione di
riferimento sarebbe il § 53, comma 2, GmbHG, il quale
stabilisce che la deliberazione che modifica il contratto
di società deve essere adottata con la maggioranza dei
tre quarti dei voti espressi. L’opinione dottrinale preva-
lente considera tuttavia necessario il consenso di tutti i
quotisti (14). A una modificazione introduttiva di limiti
alla circolazione delle quote si ritiene in particolare applicabile in via analogica quanto previsto dal § 180,
comma, 2 AktG per la AG. Questa disposizione prevede
che una deliberazione con la quale la cessione di azioni
viene condizionata all’autorizzazione della società necessita del consenso di tutti gli azionisti. La libera cedibilità
delle partecipazioni appare insomma essere un diritto di
tale importanza da non poter essere soppresso senza il
consenso di tutti.
Può anche verificarsi il caso contrario rispetto a quello
appena esaminato. Si tratta dell’ipotesi in cui il contratto di società contiene certe limitazioni alla circolazione
delle partecipazioni che i quotisti (o alcuni di essi), a
un certo punto della vita della società, intendono eliminare. Si pone lo stesso problema appena esaminato, ossia di determinare quale sia la maggioranza necessaria
per porre in essere una modificazione statutaria del genere. La Corte di cassazione ha avuto modo di affrontare questa questione, decidendo che è valida la deliberazione assembleare di s.r.l., adottata con le maggioranze
prescritte per la modificazione dell’atto costitutivo, che
sopprime la clausola con cui viene attribuito a ciascun
socio un diritto di prelazione sulle quote degli altri in
caso di cessione a terzi delle stesse, clausola contenuta
nel medesimo atto costitutivo o nello statuto della soNote:
(segue nota 10)
Kommentar zum Gesetz betreffend die Gesellschaften mit beschränkter Haftung
(GmbH-Gesetz), a cura di L. Michalski, I, München, 2002, § 15 Rn. 137
e 161; A. Hueck, L. Fastrich, in Beck’sche Kurzkommentare, GmbH-Gesetz, XVII ed., München, 2000, § 15 Rn. 37; M. Lutter, W. Bayer, in
GmbH-Gesetz Kommentar, a cura di M. Lutter, P. Hommelhoff, XVI ed.,
Köln, 2004, § 15 Rn. 108.
(11) OLG Brandenburg, sentenza del 26 febbraio 2002, in NZG, 2002,
872 s.
(12) Cass. 9 novembre 1993, n. 11057.
(13) Il problema si pone anche per la s.p.a. Anche con riferimento a questo tipo societario le risposte di giurisprudenza e dottrina non sono univoche. Fra le numerose decisioni giurisprudenziali è utile segnalare due pronunce di secondo grado che giungono a esiti opposti. App. Genova 14
maggio 2004, in questa Rivista, 2005, 183 ss., con nota di A. Dentamaro,
ha deciso che l’introduzione della clausola di prelazione nello statuto sociale modifica il regime di libera circolazione delle azioni, ponendo un limite al potere dispositivo dell’azionista, e deve necessariamente essere
consentita da tutti gli azionisti. La clausola di prelazione inserita nell’atto
costitutivo con delibera assembleare approvata a maggioranza è nulla. Su
questa sentenza cfr. anche L. Maggiore, Una pronuncia sulla determinazione
del quorum necessario per l’introduzione della clausola di prelazione negli statuti
di s.p.a., in Riv. soc., 2005, 946 s. App. Milano 1 luglio 1998, (decr.), in
Giur. comm., 2000, II, 359 ss., con nota di G. Bertolo, ha invece stabilito
che è consentita l’introduzione di una clausola di prelazione nello statuto
di una società per azioni deliberata con le maggioranze previste per le modificazioni dell’atto costitutivo. Sulle clausole di gradimento e di prelazione nella s.p.a. prima della riforma del 2003 cfr. U. Morello, Quorum assembleari e circolazione delle azioni, in Riv. not., 1979, I, 318 ss.
(14) H. Altmeppen, op. cit., § 15 Rn. 95; F. Ebbing, op. cit., § 15 Rn.
133; A. Hueck, L. Fastrich, op. cit., § 15 Rn. 39; M. Lutter, W. Bayer,
op. cit., § 15 Rn. 43.
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cietà (15). La deliberazione che elimina una limitazione
alla circolazione delle partecipazioni riafferma il principio generale, quello secondo cui le quote sono liberamente trasferibili. Il diritto dei quotisti di cedere le partecipazioni torna a esprimersi in tutta la sua ampiezza.
Diversamente dal caso d’introduzione di limitazioni alla
circolazione, è sufficiente - per la soppressione - il raggiungimento della maggioranza. Anche nel diritto tedesco si discute di quali siano le condizioni necessarie affinché le clausole limitative del trasferimento possano
essere eliminate dagli strumenti statutari. Secondo la
dottrina germanica basta osservare le disposizioni di legge che regolano le modificazioni statutarie (ai sensi del
§ 53, comma 2, GmbHG è sufficiente la maggioranza
dei tre quarti dei voti espressi) (16). La questione è stata oggetto di una decisione della Corte di appello di
Hamm (17). Il contratto di società prevedeva che la
cessione delle quote dovesse essere autorizzata dalla
GmbH e che la volontà sociale dovesse esprimersi con
deliberazione assembleare assunta all’unanimità. La Corte di appello di Hamm ha affermato che per modificare
questa previsione statutaria è sufficiente raggiungere la
maggioranza dei tre quarti dei voti espressi.
Il gradimento alla cessione della quota
La legge italiana prevede che l’atto costitutivo può subordinare il trasferimento delle partecipazioni al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi (art. 2469,
comma 2, c.c.) (18). La legge tedesca stabilisce che il
contratto di società può far dipendere la cessione delle
quote da condizioni, in particolare dall’autorizzazione
della GmbH (§ 15, comma 6, GmbHG).
Nel diritto italiano vengono elencati diversi soggetti
che possono essere chiamati a esprimere il consenso al
trasferimento della partecipazione: organi sociali, soci o
terzi. Nel diritto tedesco si fa esplicito riferimento alla
sola autorizzazione della società. Ma il consenso della
GmbH è indicato dalla legge in via esemplificativa, come uno dei casi in cui il contratto di società può porre
limitazioni alla circolazione delle partecipazioni. Gli
strumenti statutari possono far dipendere il trasferimento da altre condizioni.
Di seguito si analizzerà dapprima il caso in cui è previsto
il gradimento della società. Poi si esaminerà l’ipotesi in
cui gli strumenti statutari prevedono una diversa competenza a decidere sul via-libera alla cessione.
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dimento della GmbH. In materia vi sono precedenti
giurisprudenziali specifici. In un caso il contratto di società prevedeva che la cessione di quote fosse possibile
solo con l’autorizzazione scritta della GmbH, da rendersi
con deliberazione assembleare adottata con il voto favorevole di almeno il 75% del capitale avente diritto di
voto (19). In un’altra fattispecie il contratto di società
prevedeva che la cessione delle quote necessitasse dell’autorizzazione della GmbH da esprimersi con deliberazione assembleare assunta all’unanimità (20).
In questi due casi affrontati dalla giurisprudenza tedesca
era stabilito espressamente dagli strumenti statutari che
occorresse una decisione assembleare per il trasferimento delle partecipazioni. Sia in Italia sia in Germania la
situazione non è però sempre cosı̀ lineare e può capitare
che il contratto di società si limiti a stabilire che occorre il gradimento della società per la cessione delle partecipazioni senza prevedere chi debba esprimere tale volontà. In Germania si ritiene che, in assenza di particolari previsioni statutarie, l’autorizzazione della GmbH
debba essere data dall’assemblea (21). Occorre dunque
una deliberazione con la quale i quotisti esprimono il
consenso della società al trasferimento della partecipazione. Gli amministratori, a fronte della comunicazione
di un socio che dichiara di voler vendere la quota, devono convocare l’assemblea affinché questa decida. La
soluzione tedesca pare applicabile anche in Italia: il gradimento della società viene espresso dai titolari del rischio d’impresa. Spetta dunque ai quotisti decidere se
prestare o meno il consenso alla cessione della partecipazione.
(segue): b) il gradimento da parte di soggetti
diversi dalla società
Si è fin qui esaminato il caso in cui l’autorizzazione alla
cessione della partecipazione debba essere data dalla società. Ma la decisione se concedere o meno il consenso
al trasferimento della quota può essere affidata dagli
strumenti statutari a un soggetto diverso dalla società.
Nel diritto italiano l’art. 2469, comma 2, c.c. stabilisce
Note:
(15) Cass. 19 agosto 1996, n. 7614.
(16) Cfr. H. Altmeppen, op. cit., § 15 Rn. 95; F. Ebbing, op. cit., § 15
Rn. 134; A. Hueck, L. Fastrich, op. cit., § 15 Rn. 39; M. Lutter, W.
Bayer, op. cit., § 15 Rn. 44.
(17) OLG Hamm, sentenza del 30 agosto 2001, in ZIP, 2001, 1915 ss.
(segue): a) il gradimento da parte della società
In Italia è legittimo che una clausola statutaria preveda
che il trasferimento della partecipazione dipenda dal
gradimento della società. Di solito vengono stabilite le
modalità con le quali la s.r.l. esprime il proprio consenso. Normalmente si prevede che il gradimento viene
espresso mediante deliberazione assembleare. La clausola
può determinare quale maggioranza sia necessaria. Anche in Germania è possibile che il contratto di società
faccia dipendere la cessione della partecipazione dal gra-
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(18) Sulla clausola di gradimento nella s.r.l. cfr. D. Fico, Il trasferimento di
quote societarie, VI ed., Milano, 2006, 93 ss. Più in generale sulle clausole
di gradimento sia nella s.r.l. sia nella s.p.a. v., da ultimo, il contributo di
V. Salafia, Clausola di gradimento nella circolazione di azioni e quote di s.r.l.,
in questa Rivista, 2006, 1078 ss.
(19) BGH, sentenza del 25 novembre 2002, in ZIP, 2003, 116 ss.
(20) OLG Hamm, sentenza del 30 agosto 2001, in ZIP, 2001, 1915 ss.
(21) In giurisprudenza cfr. OLG Hamm, sentenza del 6 aprile 2000, in
NZG, 2000, 1185 ss. In dottrina v. H. Altmeppen, op. cit., § 15 Rn. 100;
F. Ebbing, op. cit., § 15 Rn. 146; A. Hueck, L. Fastrich, op. cit., § 15 Rn.
41.
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espressamente che la trasferibilità delle partecipazioni
può essere subordinata al gradimento di «organi sociali»,
di «soci» o di «terzi». Una formulazione dunque estremamente ampia. Anche nel diritto tedesco la cessione
della quota può dipendere dalla autorizzazione di soggetti
diversi dalla società. Come nel diritto italiano vengono
in considerazione gli organi sociali, i soci e i terzi.
Iniziamo dunque l’analisi dagli «organi sociali». Gli organi sociali che possono essere chiamati a autorizzare il
trasferimento della partecipazione sono l’organo assembleare, quello amministrativo e quello di controllo. Nell’ordinamento italiano il contratto di società potrebbe
innanzitutto prevedere che il consenso alla cessione delle quote debba essere dato dall’organo assembleare, che
deciderà a maggioranza. Anche in Germania si ritiene
che l’organo assembleare debba decidere a maggioranza.
Vi è un precedente specifico in merito: una sentenza
della Corte di appello del Brandeburgo (22). La società
era composta da due quotisti, detentori ciascuno del
50% del capitale. Uno dei due soci aveva ceduto al
proprio figlio la quota, ma aveva poi dovuto promuovere azione giudiziale perché non riusciva a ottenere l’autorizzazione dell’assemblea alla cessione per mancanza
della maggioranza, essendovi contrario l’altro socio. Il
secondo organo sociale che può essere chiamato a dare
il consenso al trasferimento della partecipazione è quello
amministrativo. In Germania la questione del rilascio
del gradimento da parte dell’organo amministrativo è
stata affrontata dal Tribunale di Hannover (23). Nella
fattispecie esaminata da questa autorità giudiziaria il
contratto di società prevedeva che l’autorizzazione della
società dovesse essere resa con dichiarazione scritta degli
amministratori. Con una previsione statutaria del genere non vi è necessità di una deliberazione assembleare.
Infine, sia in Italia sia in Germania, il terzo organo che
può essere chiamato a dare il consenso alla cessione della partecipazione è l’organo di controllo.
L’art. 2469, comma 2, c.c. prevede che la trasferibilità
delle partecipazioni possa essere subordinata al gradimento di «soci». Nel contratto di società si potrebbe
dunque prevedere che la circolazione delle quote dipenda non tanto dall’autorizzazione «della s.r.l.» o «dell’assemblea» quanto piuttosto dal consenso di «tutti» i
quotisti. In questo caso occorre il parere favorevole della
totalità dei soci. Può quindi succedere che un unico
quotista, detentore di una partecipazione del tutto minoritaria, si opponga con successo alla cessione. Il caso
ora in esame è diverso dall’ipotesi della clausola che richiede il gradimento della società o dell’assemblea, perché in queste ultime due fattispecie basta che venga
raggiunta la maggioranza stabilita dalla legge per autorizzare il trasferimento. Il quotista minoritario non è in
grado di opporsi alla cessione. Le osservazioni appena
fatte per il diritto italiano valgono anche per la Germania. Nella giurisprudenza tedesca la Corte di appello di
Hamm si è soffermata sulla distinzione fra autorizzazione
«dell’assemblea» e consenso «di tutti i quotisti» (24). Il
contratto di società prevedeva in questo caso che il gradimento della società dovesse essere espresso dall’organo
assembleare all’unanimità. La Corte di appello di
Hamm afferma che «autorizzazione dell’assemblea all’unanimità» e «autorizzazione di tutti i quotisti» sono due
fattispecie diverse. All’assemblea non è detto che intervengano tutti i titolari di partecipazioni. Può cosı̀ capitare che l’autorizzazione alla cessione della quota venga
data da alcuni solo dei quotisti (quelli intervenuti), perché gli altri non partecipano alla riunione assembleare.
Nel diverso caso, invece, in cui il contratto di società richieda l’autorizzazione di tutti i soci, è necessario che la
totalità dei quotisti si esprima in favore del trasferimento. Se manca il parere favorevole anche di un solo socio, la cessione non è validamente autorizzata.
La casistica delle fattispecie che si possono realizzare
nella prassi è però ancora più ampia del panorama sinora offerto. L’art. 2469, comma 2, c.c. stabilisce che la
trasferibilità delle partecipazioni può essere condizionata
al gradimento di «soci».
Il contratto di società può validamente prevedere che la
cessione delle quote sia subordinata all’autorizzazione
«dei restanti quotisti» (vale a dire di tutti i soci diversi
da quello che intende cedere la partecipazione). Una
previsione statutaria del genere si avvicina molto a
quella appena esaminata del consenso di tutti i soci. I
restanti quotisti, difatti, altro non sono che tutti i soci
della società meno quello che intende vendere la quota.
Si tratta di un caso affrontato dalla Corte di appello di
Hamm (25). Ulteriore particolarità di questa decisione
era che i quotisti erano solo due e le quote dell’uno
vennero cedute all’altro. In una situazione del genere
l’autorizzazione alla cessione è implicita nell’atto di trasferimento. Se Tizio e Caio, unici quotisti della società
Alfa, concordano che Tizio ceda la propria partecipazione a Caio, non occorre il consenso di altri soggetti. La
volontà di autorizzare la cessione è già stata espressa da
tutti i quotisti. Di «restanti soci» (rispetto a quello che
vende) ve ne è, nel caso di specie, uno solo: si tratta
dell’acquirente che ha partecipato all’atto di cessione.
Altri quotisti non ve ne sono. Se Caio, dopo aver acquistato da Tizio la partecipazione in forma solenne dinanzi a notaio, nega l’autorizzazione alla cessione prescritta dal contratto di società si comporta in modo
contraddittorio. L’unica spiegazione di questo comportamento è che, nel frattempo, l’acquirente abbia cambiato
idea relativamente al trasferimento e - al fine di impedirne l’efficacia - neghi l’autorizzazione. In realtà si deve
Note:
(22) OLG Brandenburg, sentenza del 26 febbraio 2002, in NZG, 2002,
872 s.
(23) LG Hannover, sentenza del 16 luglio 2004, in GmbHR, 2005, 103
s., con nota di C. Peetz.
(24) OLG Hamm, sentenza del 30 agosto 2001, in ZIP, 2001, 1915 ss.
(25) OLG Hamm, sentenza del 17 novembre 1998, in NZG, 1999, 600
ss., con nota di L. Michalski, K. de Vries.
LE SOCIETA’ N. 9/2007
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OSSERVATORIO INTERNAZIONALE . OPINIONI
ritenere che il consenso sia già stato espresso nell’atto di
cessione e non occorrono dunque ulteriori adempimenti.
Sia nel diritto italiano sia nel diritto tedesco vi è l’ulteriore possibilità che il contratto di società preveda la necessità che «un» quotista oppure «alcuni» quotisti diano il consenso alla cessione delle partecipazioni (26).
Una clausola del genere potrebbe essere utile nelle società di stampo familiare in cui il capofamiglia vuole riservarsi il diritto di decidere chi può entrare nella compagine sociale nel caso in cui gli altri membri della famiglia intendano cedere le quote. Si immagini il caso
di una s.r.l. o di una GmbH composta da quattro quotisti: il padre in possesso del 40% del capitale e i tre figli
del 20%. Con apposita clausola si potrebbe prevedere
che il padre abbia il diritto di autorizzare l’ingresso di
nuovi soci qualora uno dei figli intendesse vendere.
Sia secondo il diritto italiano sia secondo il diritto tedesco si potrebbe infine prevedere che il consenso debba
essere dato da un «terzo», vale a dire da chi non è né
organo sociale né quotista.
La mancata previsione statutaria di criteri
per la concessione del gradimento (clausola
di «mero» gradimento)
La legge italiana non stabilisce i criteri cui deve attenersi il soggetto chiamato a dare l’autorizzazione alla cessione della partecipazione. L’atto costitutivo può fissare
questi parametri e di questo aspetto ci si occuperà nel
paragrafo successivo. Gli strumenti statutari possono però omettere qualsiasi indicazione in merito. L’art. 2469,
comma 2, c.c. prevede difatti che il trasferimento della
partecipazione può essere subordinato al gradimento di
un certo soggetto, «senza prevederne condizioni e limiti» (27). La legge italiana precisa tuttavia che, qualora
l’atto costitutivo subordini il trasferimento al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi «senza prevederne
condizioni e limiti», il socio può esercitare il diritto di
recesso ai sensi dell’art. 2473 c.c. Una clausola di mero
gradimento è dunque legittima. Se il gradimento viene
rifiutato il quotista non è privo di protezione: la sua tutela consiste nella possibilità di abbandonare la compagine sociale esercitando il diritto di recesso.
Anche la legge tedesca non stabilisce a quali criteri ci si
debba attenere nel dare l’autorizzazione alla cessione
della partecipazione. Il contratto di società può senz’altro specificare tali parametri e di questa ipotesi ci si occuperà sotto. Gli strumenti statutari possono tuttavia essere vaghi e persino limitarsi a prevedere che l’ingresso
di nuovi quotisti sia subordinato a una non meglio specificata «autorizzazione». In questo modo i soci si riservano la più ampia flessibilità possibile. Spetterà a loro,
di volta in volta, in base alle circostanze concrete decidere se accettare o meno nuovi candidati allo status di
quotista. Se il contratto di società tace sui criteri di entrata nella GmbH, si ritiene in dottrina che la decisione
debba essere presa dal soggetto competente secondo
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LE SOCIETA’ N. 9/2007
n
«discrezionalità conforme a dovere» (pflichtgemäßes Ermessen). In sostanza si tratta di valutare i vantaggi e gli
svantaggi che derivano dall’operazione in capo ai vari
interessati (quotisti e società). In dottrina si afferma che
l’autorizzazione non può essere negata arbitrariamente (28). La definizione della nozione di «arbitrarietà»
non è tuttavia facile, come dimostra la giurisprudenza
che si è sviluppata al riguardo.
In un’interessante sentenza la Corte di appello del Brandeburgo ha avuto modo di occuparsi del rifiuto ad acconsentire alla cessione della quota (29). Si trattava di
un caso riguardante una società composta da due quotisti, ciascuno con il 50% del capitale. Il contratto di società prevedeva che la cessione potesse avvenire solo
con l’autorizzazione dell’assemblea dei soci. Uno dei quotisti trasferı̀ la propria quota al figlio e chiese all’organo
assembleare di autorizzare l’operazione. L’assemblea, in
cui era decisivo il voto dell’altro socio, negò il consenso.
L’azione in giudizio del venditore, mirante a far dichiarare l’obbligo di autorizzare la cessione, venne rigettata. Il
contratto di società non prevedeva i criteri in base ai
quali prestare il consenso. Per questo motivo la Corte di
appello del Brandeburgo ha ritenuto che non fosse possibile obbligare l’altro quotista a dare il permesso alla cessione. Il padre che aveva ceduto la quota al figlio aveva
cercato di ottenere l’autorizzazione al trasferimento facendo leva su due disposizioni civilistiche. Il quotista afferma innanzitutto essersi verificata una violazione del §
242 BGB, la norma di carattere generale ai sensi della
quale il debitore è tenuto a effettuare la prestazione cosı̀
come richiesto da buona fede. Il padre si richiama inoltre al § 226 BGB secondo cui non è ammesso l’esercizio
di un diritto quando il suo scopo risiede esclusivamente
nell’arrecare danno a qualcuno. La Corte di appello del
Brandeburgo evidenzia come vi possono essere dei casi
in cui il rifiuto è contrario a buona fede e la cessione deve dunque essere autorizzata. Si tratterebbe, per esempio,
dell’ipotesi in cui il quotista è costretto a trasferire la partecipazione per malattia. Il vero motivo della cessione
della quota, nel caso di specie, era invece di carattere fiscale: il cedente voleva trasferire la partecipazione subito,
per atto fra vivi, al fine di risparmiare imposte. L’autorità
giudiziaria ritiene che questo interesse del padre non sia
meritevole di tutela e non possa avere per effetto di costringere l’altro quotista a dare la sua autorizzazione. La
Note:
(26) Cfr., nella dottrina italiana, P. Revigliono, Commento all’art. 2469,
in Il nuovo diritto societario, diretto da G. Cottino, G. Bonfante, O. Cagnasso, P. Montalenti, II, Bologna, 2004, 1821.
(27) Sulla clausola di mero gradimento cfr. C. Defendi, Sulla redazione di
clausole di mero gradimento, in Vita not., 2004, 535 ss.; M. Maltoni, La
clausola di mero gradimento «all’italiana», in Riv. not., 2004, I, 1377 ss.
(28) Cfr. F. Ebbing, op. cit., § 15 Rn. 155; M. Lutter, W. Bayer, op. cit.,
§ 15 Rn. 49.
(29) OLG Brandenburg, sentenza del 26 febbraio 2002, in NZG, 2002,
872 s.
n
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE . OPINIONI
Corte di appello del Brandeburgo ritiene, inoltre, che il
rifiuto di prestare il consenso non sia stato determinato
dall’esclusivo scopo di danneggiare il padre. L’altro quotista preferiva avere il genitore e non il figlio nella compagine sociale perché il padre era più «accondiscendente» (nachgiebig) del discendente. Questa prospettazione
viene accettata dalla Corte di appello: non è l’intenzione
di danneggiare (o, comunque, non questa da sola) la ragione del rifiuto.
Anche la Corte di appello di Hamm ha affrontato un
caso di rifiuto ad autorizzare la cessione della quota (30). Un padre intendeva trasferire la propria partecipazione alla figlia. Il contratto di società prevedeva, per
l’efficacia di tale operazione, l’autorizzazione della
GmbH. Il consenso venne rifiutato dall’assemblea. Il padre agisce allora in giudizio affermando che il rifiuto oppostogli viola il dovere di fedeltà (Treuepflicht) cui sono
tenuti i quotisti. Egli chiede che la GmbH sia condannata a dare l’autorizzazione alla cessione. L’intenzione
del genitore era quella di anticipare gli effetti successori
trasferendo da subito la quota alla figlia. La Corte di appello di Hamm perviene qui a una conclusione diversa
rispetto a quella cui è giunta la Corte di appello del
Brandeburgo nella sentenza appena esaminata. L’autorità giudiziaria di Hamm afferma che gli altri quotisti non
si possono opporre alla cessione per atto fra vivi perché
essi, ai sensi del contratto di società, non potrebbero opporsi al trasferimento mortis causa. La società viene dunque condannata a dare l’autorizzazione alla cessione delle quote.
La previsione statutaria di criteri
per la concessione del gradimento
Nell’ordinamento italiano sono immaginabili clausole
statutarie che fissano con precisione a quali condizioni
il soggetto competente deve dare il gradimento alla cessione della partecipazione. Si può per esempio prevedere che il consenso debba essere dato in presenza di un
acquirente che presenta certe caratteristiche, quale l’appartenenza a una determinata categoria professionale. Si
tratta di clausole di gradimento «non mero» oppure
«improprie». A fronte di previsioni statutarie del genere, il soggetto chiamato a dare l’autorizzazione non dispone di discrezionalità. Se ricorrono i presupposti fissati
negli strumenti statutari, il permesso di trasferire la partecipazione deve essere dato. Se l’autorizzazione viene
negata, il quotista che intende uscire dalla società può
agire in giudizio al fine di far dichiarare la sussistenza
dell’obbligo di dare il consenso alla cessione. Nel caso
in cui il trasferimento delle partecipazioni è subordinato
al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi con
previsione di «condizioni e limiti», si deve ritenere che
il quotista che intende uscire dalla compagine sociale
non possa invocare il diritto di recesso quando tale gradimento non viene concesso. L’art. 2469, comma 2,
c.c. attribuisce difatti il diritto di recesso solo in caso di
clausole di mero gradimento.
Anche nell’ordinamento tedesco sono immaginabili
contratti di società che prevedono le condizioni alle
quali la cessione della partecipazione deve essere autorizzata. Il soggetto competente ha allora la sola funzione di
accertare se tali presupposti ricorrono nel caso di specie.
Se le condizioni sono soddisfatte, il consenso deve essere dato. L’interessato ha un vero e proprio diritto che
gli venga dato il permesso di cedere la quota. La precisa
definizione in sede statutaria delle ragioni in presenza
delle quali il consenso alla cessione deve essere dato riveste un ruolo fondamentale: quando il contratto di società non stabilisce con certezza i criteri che consentono
di rifiutare il trasferimento della partecipazione vi è il rischio che vengano opposti dinieghi strumentali. Dinanzi al rifiuto di concedere l’autorizzazione nonostante ne
ricorrano i presupposti, il quotista che intende vendere
può agire in giudizio con la ragionevole certezza di ottenere ragione (31). Il socio deve dimostrare, nel corso
del processo, che sussistono le condizioni fissate nel
contratto di società perché venga data l’autorizzazione
alla vendita e che - conseguentemente - il rifiuto che
gli è stato opposto è illegittimo.
La Corte di appello di Berlino ha affrontato un caso in
cui gli strumenti statutari prevedevano che l’autorizzazione alla cessione della partecipazione dovesse essere
concessa quando l’acquirente assume le obbligazioni risultanti dal contratto di società e da eventuali deliberazioni assembleari ed è in grado di rispettarle (32). Con
una clausola del genere si vuole garantire che i nuovi
quotisti dispongano dei mezzi necessari a far sı̀ che la
GmbH sia in grado di svolgere effettivamente l’attività
imprenditoriale cui è chiamata. Il contratto di società
poneva solo questa condizione per la cessione delle quote. I convenuti in giudizio (si trattava degli altri quotisti
ai quali spettava autorizzare la cessione) si rifiutarono di
prestare il proprio consenso al trasferimento con la motivazione che, in seguito all’operazione, si sarebbe formata all’interno della GmbH una nuova maggioranza.
Questa obiezione viene rigettata dalla Corte di appello
di Berlino, la quale sottolinea che - nel caso di specie l’unico criterio fissato dal contratto di società per l’accettazione o il rifiuto di nuovi quotisti è quello della integrità finanziaria del neo-socio. I restanti quotisti devono quindi dare il proprio assenso alla cessione. La soluzione sarebbe stata diversa qualora si fosse dimostrato
che l’acquirente non possedeva i requisiti necessari per
la soddisfazione degli obblighi risultanti dal contratto di
società e dalle deliberazioni assembleari.
La clausola di prelazione
Il gradimento della società o di altro soggetto è una delNote:
(30) OLG Hamm, sentenza del 6 aprile 2000, in NZG, 2000, 1185 ss.
(31) Nella dottrina tedesca cfr. H. Altmeppen, op. cit., § 15 Rn. 101; F.
Ebbing, op. cit., § 15 Rn. 154; A. Hueck, L. Fastrich, op. cit., § 15 Rn.
45; M. Lutter, W. Bayer, op. cit., § 15 Rn. 53.
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le condizioni a cui può essere vincolata statutariamente
la cessione di partecipazioni di s.r.l. Ma sono legittimi
anche altri meccanismi che limitano la trasferibilità delle quote. In particolare è frequente nella prassi statutaria, sia in Italia sia in Germania, la previsione di un diritto di prelazione (33). Si tratta di una clausola con la
quale si stabilisce che il quotista che intende vendere la
propria partecipazione deve prima offrirla in acquisto
agli altri quotisti (caso ricorrente) oppure alla società
oppure ad altri soggetti (ipotesi rare).
Si immagini che una s.r.l. sia composta da tre soci, ciascuno con il 33,33% del capitale. Si supponga che un
quotista intenda cedere la propria quota. Se il diritto di
prelazione non venisse riconosciuto in misura uguale
agli altri due quotisti, uno dei soci avrebbe la possibilità
di rilevare da solo la partecipazione del socio uscente e
di salire al 66,66%. La società, in altre parole, passerebbe da tre a due soci, uno dei quali - tuttavia - aumenterebbe la propria partecipazione dal 33,33% al 66,66%
del capitale. Questo quotista passerebbe da una partecipazione minoritaria a detenere la maggioranza assoluta.
Tramite la previsione che il diritto di prelazione spetta
a tutti i quotisti in proporzione alla quota detenuta si
evitano potenziali conflitti fra soci dovuti al variare dei
rapporti di forza.
La presenza negli strumenti statutari di una clausola di
prelazione fa sorgere in capo alle parti doveri e diritti.
Dal patto di prelazione derivano due obblighi per il
quotista uscente: il primo, a carattere positivo (o di facere), di rendere nota l’intenzione di concludere il contratto di cessione della quota con un terzo a certe condizioni; il secondo, a carattere negativo (o di non facere), di non stipulare il contratto stesso con il terzo prima
o in pendenza della comunicazione del quotista uscente
agli altri soci (34). Per gli altri quotisti il diritto di prelazione comporta, in un primo momento, il diritto di ottenere comunicazione dell’intenzione del socio di vendere e, in un secondo momento, il diritto di essere preferiti al terzo se si decidono per l’acquisto.
(segue): a) il contenuto della clausola
di prelazione e la denuntiatio
La clausola statutaria che prevede la prelazione può essere più o meno dettagliata. In assenza di previsioni precise del contratto di società possono sorgere contestazioni fra le parti in ordine all’interpretazione della stessa.
Foriero di controversie può essere, in particolare, il procedimento con cui il quotista uscente offre la propria
partecipazione agli altri soci. Questa procedura inizia
con una comunicazione del socio che intende vendere,
indirizzata agli altri quotisti, con il quale il venditore dichiara di avere trovato un potenziale acquirente della
propria partecipazione e - prima di venderla al terzo - la
offre agli altri soci. A questa comunicazione ci si riferisce con l’espressione latina di «denuntiatio».
La denuntiatio è una proposta contrattuale ai sensi dell’art. 1325 c.c. (35). È la proposta del socio uscente agli
1158
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n
altri soci di concludere un contratto di compravendita
avente a oggetto la partecipazione sociale. Il contratto
viene ad esistenza quando la proposta è accettata. Al fine di poter essere accettata la proposta deve illustrare le
caratteristiche essenziali del contratto di compravendita.
La denuntiatio è valida se contiene elementi sufficienti
per consentire agli altri quotisti, destinatari della stessa,
di valutare con cognizione di causa se accettare o meno
la proposta. La Corte di appello di Milano ha stabilito
che la denuntiatio deve contenere per la sua validità ed
efficacia tutte le condizioni alle quali il contratto potrebbe essere concluso, non essendo sufficiente che l’alienante manifesti la pura e semplice intenzione di vendere la propria partecipazione (36). Fra le circostanze rilevanti per gli altri soci, titolari del diritto di prelazione,
vanno menzionate l’identità del soggetto terzo che sarebbe disponibile a rilevare la partecipazione e il prezzo
che questi è disposto a pagare.
La questione del contenuto della denuntiatio è stata affrontata, recentemente, dal Tribunale di Roma (37).
Questa autorità giudiziaria ha deciso che in presenza di
una clausola statutaria di prelazione non dettagliata (38), al fine di stabilire se il soggetto passivo del rapporto di prelazione abbia l’obbligo di indicare anche il
nome del terzo interessato all’acquisto, si deve ricorrere
ai criteri di cui all’art. 1362 ss. c.c., individuando le finalità che la clausola tutela, sı̀ che l’indicazione del nominativo del terzo è da ritenere necessaria tutte le volte
in cui la clausola di prelazione - alla stregua degli elementi del caso concreto forniti dal tipo sociale, dalla
compagine societaria preesistente, dall’entità della percentuale da trasferire, ecc. - risulti posta anche a tutela
dell’interesse del socio a influire, mediante la sua decisione se acquistare o no, sulla possibilità d’ingresso in
società di un soggetto a lui non gradito (39). In altre
Note:
(32) KG, sentenza del 2 gennaio 2001, in NZG, 2001, 508 s. (la sentenza è pubblicata anche in NZG, 2001, 805 ss.).
(33) Sulla clausola di prelazione nella s.r.l. italiana cfr. D. Fico, op. cit.,
85 ss.
(34) Cfr. sul punto Trib. Roma 8 luglio 2005, in Riv. not., 2006, II, 541
ss., con nota di S. Clericò.
(35) Trib. Avellino 13 ottobre 2005, in Riv. not., 2006, II 553 ss.
(36) App. Milano 8 aprile 2003, (decr.), in questa Rivista, 2004, 868 ss.,
con nota di M. Delucchi.
(37) Trib. Roma 8 luglio 2005, in Riv. not., 2006, II, 541 ss., con nota di
S. Clericò.
(38) Nel caso di specie l’art. 6 dello statuto della s.r.l. stabiliva: «le quote
sociali sono trasferibili per atto tra vivi, tra coniugi. Per il trasferimento
delle quote ai soci o ai terzi, spetta ai soci il diritto di prelazione da esercitarsi, in proporzione alla rispettiva partecipazione sociale, nel termine di
trenta giorni dalla comunicazione con lettera raccomandata con avviso di
ricevimento».
(39) Cass. 18 giugno 2001, n. 7879, ha stabilito, con riferimento alla
s.p.a., che la clausola di prelazione inserita nello statuto comporta che
l’obbligo di comunicazione agli altri soci di tutti gli elementi dell’offerta
di acquisto di una partecipazione azionaria nella società, che sia pervenuta
(segue)
n
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE . OPINIONI
parole, secondo la soluzione prospettata dal Tribunale
di Roma, l’indicazione del nominativo del potenziale
acquirente non deve necessariamente far parte della dichiarazione con cui il quotista offre la propria partecipazione agli altri soci. Occorre effettuare una valutazione
caso per caso. Uno degli elementi rilevanti, in questo
contesto, è l’ampiezza della compagine sociale. Nel caso
di società a base familiare, le persone dei quotisti rivestono un’importanza fondamentale. In situazioni del genere è ragionevole che il socio che intende vendere la
partecipazione a un terzo indichi agli altri soci il nominativo di chi è interessato a rilevare la quota, affinché
gli altri soci valutino se sono disponibili a fare entrare
nella compagine sociale l’estraneo. Nel caso di specie il
Tribunale di Roma giunge a una conclusione del tutto
particolare. La s.r.l. era a ristretta compagine sociale e
ciò avrebbe imposto al quotista venditore d’indicare l’identità dell’acquirente. Ciò non fu fatto. Tuttavia, successivamente, il nuovo quotista aveva preso parte regolarmente alla vita della società. Il nuovo socio era stato
dunque conosciuto dal vecchio socio e il vecchio socio
non aveva sollevato alcuna contestazione per un periodo di circa due anni. Questa circostanza dimostra, secondo il Tribunale di Roma, che il vecchio quotista
aveva rinunciato alla prelazione. Una contestazione cosı̀
tardiva (dopo due anni) di non essere stato in grado di
esercitare correttamente la prelazione, per mancanza di
indicazione nella denuntiatio del nominativo dell’acquirente, non viene considerata degna di tutela.
Oltre all’identità del potenziale acquirente, altro elemento di centrale rilevanza nella denuntiatio è il prezzo
a cui il quotista intende cedere e il terzo intende rilevare la partecipazione. Il Tribunale di Avellino ha stabilito che la denuntiatio deve contenere tutti gli elementi
essenziali di una proposta contrattuale e dunque anche
l’esatta determinazione del prezzo (40). Il problema è
che, in genere, il reale valore della partecipazione non è
facile da stabilire. Il diritto di prelazione dei restanti
quotisti si presta a essere aggirato. Il socio uscente che,
per qualunque motivo, intende cedere la quota a un
terzo invece che ai restanti quotisti - pur in presenza di
una clausola di prelazione - potrebbe tentare di aggirare
l’obbligo che gli fa capo indicando nella denuntiatio un
prezzo di acquisto particolarmente elevato (perché fittizio). È dunque importante che la clausola statutaria di
prelazione specifici che il quotista cedente non può trasferire la partecipazione a condizioni diverse da quelle
precedentemente comunicate ai soci.
Nel diritto italiano per l’esercizio del diritto di prelazione non sono previste forme particolari. Il soggetto cui è
attribuito questo potere può fare due cose a fronte della
denuntiatio: può decidersi per l’acquisto della partecipazione oppure può rinunciare a comprare la quota. Il Tribunale di Roma ha recentemente stabilito che, come
tutti i comportamenti negoziali per i quali non sia prevista una forma solenne, anche la rinuncia può essere
manifestata con un comportamento concludente, sem-
pre che sussistano in concreto elementi idonei a manifestarlo (41). Nel caso di specie il quotista, cui spettava
il diritto di prelazione, era stato invitato dal socio uscente ad acquistare la partecipazione entro 30 giorni, ma
non aveva dato seguito a tale invito. Il prelazionario
non aveva inoltre eccepito alcunché per quasi due anni
dopo che la quota era stata effettivamente venduta a
un terzo, che era cosı̀ entrato a far parte della compagine sociale. Tale condotta del prelazionario palesa l’avvenuta rinuncia, tacita ma inequivoca, a esercitare il diritto di prelazione. Il quotista era stato invitato ad acquistare la quota con preferenza rispetto al terzo, ma non
aveva esercitato tale diritto, lasciando decorrere non solo i trenta giorni concessi dagli strumenti statutari, bensı̀
addirittura due anni. Per questo lungo periodo il nuovo
socio aveva partecipato alla vita sociale senza che il prelazionario avesse sollevato alcuna obiezione.
Anche nell’ordinamento tedesco si ritiene che l’offerta
della propria quota da parte del socio che intende abbandonare la compagine sociale non sia soggetta a forme
particolari (42). Con la richiesta indirizzata ai beneficiari
del diritto di prelazione il quotista che intende vendere
chiede se essi vogliono esercitare tale potere. La comunicazione deve indicare gli elementi essenziali del contratto di cessione della partecipazione, in particolare il nominativo del potenziale acquirente e il prezzo della quota. La dichiarazione di voler acquistare deve essere emessa entro un termine ragionevole dalla denuntiatio.
(segue): b) le conseguenze della violazione
della clausola di prelazione
Si immagini che il diritto di prelazione non venga rispettato. La clausola statutaria imporrebbe al quotista
uscente di offrire la propria partecipazione agli altri soci,
ma il socio uscente la viola e - stipulando un contratto
di cessione - trasferisce la quota a terzi. Si pone la questione di quali siano le conseguenze giuridiche di un
comportamento del genere.
Note:
(segue nota 39)
dal terzo, contenga l’indicazione di tutti gli elementi che si rendono necessari per fornire un quadro completo dei termini dell’affare e, quindi, la
possibilità di valutare la convenienza o non dell’esercizio della prelazione.
Detta comunicazione deve indicare tutti gli elementi essenziali del contratto e pertanto anche il nome del terzo. L’indicazione del nominativo
del terzo è infatti necessaria al fine di permettere una completa valutazione circa l’opportunità di esercitare o non la prelazione, sia perché la serietà e congruità dell’offerta possono dipendere anche dalla persona dell’offerente e comunque perché sussiste l’esigenza di una valutazione dell’opportunità di nuovi ingressi che assume rilievo alla stregua dell’interesse sociale.
(40) Trib. Avellino 13 ottobre 2005, in Riv. not., 2006, II 553 ss.
(41) Trib. Roma 8 luglio 2005, in Riv. not., 2006, II, 541 ss., con nota di
S. Clericò.
(42) In giurisprudenza cfr. BGH, sentenza del 25 novembre 2002, in ZIP,
2003, 116 ss. In dottrina v. H. Altmeppen, op. cit., § 15 Rn. 95; M. Lutter, W. Bayer, op. cit., § 15 Rn. 109.
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Vi sono diversi precedenti giurisprudenziali relativi a
questa questione, che non possono essere esaminati tutti
in dettaglio in questa sede. Ci si limiterà pertanto a illustrare alcuni recenti interventi della giurisprudenza. Il
problema degli effetti di una cessione di partecipazione
in violazione di una clausola di prelazione è stato, per
esempio, affrontato dal Tribunale di Roma nel
2005 (43). Questa autorità giudiziaria ha deciso che la
domanda del socio pretermesso conduce alla dichiarazione di inefficacia assoluta del contratto di vendita.
Nel 2002 il Tribunale di Catania ha deciso che alla
violazione della clausola di prelazione conseguono effetti
differenti a seconda degli interessi che la disposizione
statutaria intende tutelare (44). Questa sentenza distingue fra la posizione della società e la posizione dei quotisti: la società può rifiutare l’iscrizione dell’acquirente nel
libro dei soci, anche se l’atto di trasferimento è valido
fra le parti. L’acquirente che vuole essere riconosciuto
quotista nei confronti della s.r.l. chiede l’iscrizione nel
libro dei soci. Nel momento in cui è effettuata questa
richiesta la società viene a conoscenza del fatto che un
quotista ha venduto la propria quota in violazione della
clausola di prelazione. Ecco allora che la s.r.l. può rifiutarsi di accogliere il nuovo socio. Sugli effetti della vendita posta in essere in violazione della clausola di prelazione non vi è comunque uniformità di visioni, nemmeno in dottrina (45). Secondo l’opinione prevalente
in giurisprudenza l’atto di cessione sarebbe nullo (46).
Il Tribunale di Roma ha specificato che sono consentite
successive integrazioni della fattispecie che rendano efficace il contratto di vendita della partecipazione sociale
in favore del terzo (47). Nel caso di specie l’efficacia si
è prodotta in virtù di rinuncia del quotista al diritto di
prelazione. L’autorità giudiziaria romana ritiene che qualora lo statuto di una società accordi a ciascun socio il
diritto di prelazione in caso di vendita della partecipazione da parte di un altro socio, il diritto del primo, dopo la relativa comunicazione e con riferimento all’operazione cui si riferisce, è suscettibile di rinuncia, vertendosi in tema di posizioni disponibili, purché la stessa si
riferisca a una progettata alienazione del bene e il rinunciante sia a conoscenza di tutte le condizioni di
vendita. Una soluzione simile è stata fatta propria dal
Tribunale di Catania nel 2002 (48). L’autorità giudiziaria catanese giunge, nel caso di specie, alla conclusione
che la società abbia tacitamente rinunciato al diritto di
far valere l’inefficacia della cessione della partecipazione.
Le cessioni vennero iscritte nel libro dei soci senza alcuna contestazione. Fra l’altro l’amministratore, chiamato
a valutare l’opponibilità del trasferimento (e a effettuare
oppure a negare l’iscrizione), era proprio il quotista pretermesso che non poteva pertanto ignorare il mancato
inoltro della denuntiatio nelle forme imposte dallo statuto. Inoltre, l’acquirente operò per quattro anni come socio senza che gli venisse contestato alcunché. Da questi
fatti il Tribunale di Catania fa derivare la rinuncia tacita a far valere la violazione del diritto di prelazione.
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LE SOCIETA’ N. 9/2007
n
Nell’ordinamento tedesco si ritiene che la cessione avvenuta in violazione del diritto di prelazione sia inefficace (49).
Nella prassi statutaria tedesca ricorrono con una certa
frequenza clausole che prevedono sia un’autorizzazione
alla cessione delle partecipazioni sia una prelazione a favore dei quotisti (oppure della GmbH). In un caso affrontato dalla giurisprudenza di legittimità il contratto
di società esigeva una deliberazione dell’assemblea favorevole alla cessione (50). Tuttavia gli stessi strumenti
statutari escludevano la necessità di una decisione assembleare autorizzativa se le quote venivano acquistate
da altri quotisti. Un caso simile è stato affrontato dal
Tribunale di Hannover (51). Il contratto di società prevedeva che l’autorizzazione della GmbH fosse resa mediante dichiarazione scritta degli amministratori. Era
inoltre previsto che i quotisti avessero un diritto di prelazione sulle partecipazioni che gli altri soci intendevano vendere. Il Tribunale di Hannover ha deciso che
l’autorizzazione della società non è necessaria quando la
quota è acquistata da un soggetto che è già quotista.
Anche nell’ordinamento italiano sono legittime clausole di tipo misto, che prevedono la prelazione in favore
degli attuali soci e, contemporaneamente, la necessità
di gradimento per l’eventuale ingresso di terzi (52).
Note:
(43) Trib. Roma 8 luglio 2005, in Riv. not., 2006, II, 541 ss., con nota di
S. Clericò.
(44) Trib. Catania 20 novembre 2002, in questa Rivista, 2003, 597 ss.,
con nota di M. Leocata. L’art. 6 dello statuto della società interessata da
questa sentenza disponeva: «le quote non possono essere cedute per atto
inter vivos a pena di invalidità del relativo trasferimento e comunque della
sua inefficacia nei confronti della società, se non siano state previamente
offerte ai soci, che hanno diritto di prelazione a parità di prezzo e condizioni, riferiti a ciascuna quota. L’offerta ai soci deve essere effettuata per
iscritto e deve contenere anche la specificazione del prezzo e delle condizioni, eventualmente poste all’aspirante all’acquisto, considerati per ogni
singola quota».
(45) Per una ricostruzione delle diverse posizioni cfr. M. Delucchi, Cessione di quota di s.r.l. e condizioni per l’esercizio del diritto di prelazione, in questa
Rivista, 2004, 874 s; M. Leocata, Violazione della clausola statutaria di prelazione: effetti e legittimazione ad agire, ivi, 2003, 602 ss.
(46) M. Leocata, op. cit., 602, elenca ben 19 sentenze che sono giunte a
questa conclusione.
(47) Trib. Roma 8 luglio 2005, in Riv. not., 2006, II, 541 ss., con nota di
S. Clericò.
(48) Trib. Catania 20 novembre 2002, in questa Rivista, 2003, 597 ss.,
con nota di M. Leocata.
(49) In giurisprudenza cfr. BGH, sentenza del 31 gennaio 2000, in NZG,
2000, 647; OLG Celle, sentenza dell’8 luglio 1998, in GmbHR, 1999,
131 s. In dottrina v. H. Altmeppen, op. cit., § 15 Rn. 95; M. Lutter, W.
Bayer, op. cit., § 15 Rn. 110.
(50) BGH, sentenza del 25 novembre 2002, in ZIP, 2003, 116 ss.
(51) LG Hannover, sentenza del 16 luglio 2004, in GmbHR, 2005, 103
s., con nota di C. Peetz.
(52) Cfr. M. Ieva, Le clausole limitative della circolazione delle partecipazioni
societarie: profili generali e clausole di predisposizione successoria, in Riv. not.,
2003, I, 1362.