Artisti | Associazione InBlues
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Artisti | Associazione InBlues
ALBERT CUMMINGS Questa è una storia che parla di musica, di lavoro, di automobili, ma soprattutto una storia che nasce nella provincia americana ed è proprio dallo stato del Massachusetts che prende vita la storia di Albert Cummings: artista blues capace di fondere insieme sonorità vive e passionali che si è imposto sulla scena dapprima locale e poi nazionale come miglior chitarrista di talento e cantante blues per il 2010. Formatosi musicalmente in un intenso periodo con i “Double Trouble”, nel 2003 ha pubblicato il suo primo album ma è soltanto nel 2006 che ha firmato per la “Blind Pig” “Working Man”: il suggello del suo successo negli States con ottime canzoni di trasandato e tagliente blues-rock. Anche se è dura ammetterlo, i molti fans di Stevie Ray Vaughan sono, dalla sua mai troppo compianta scomparsa, alla ricerca d’un degno sostituto, uno che nei loro, nostri cuori e orecchie possa ammansire la nostalgia per il blues tutto fuoco ed energia del texano. Molti epigoni hanno cercato di copiarne la ricetta ma senza riuscire a svelarci i miracolosi ingredienti dell’originale. Sicuramente questo ragazzone del New England si presenta come l’ennesimo pretendente a colmare il vuoto che la scomparsa del re ha lasciato, e grazie ad una miscela esplosiva di capacità tecniche, un’attitudine sanguigna e verace acquisita in anni di serate nel duro circuito dei club di Williamston, Massachusetts, riesce ad elevarsi alla grande dai soliti imitatori e, tra quelli ascoltati negli ultimi tempi, è il più autorevole alla successione. Per il suo debutto su “Blind Pig”, Albert si è circondato d’una schiera di personaggi tra i quali Steve Gaines, il producer più apprezzato nel circolo del blues-rock, e l’ex “side man” dello stesso Stevie Ray Vaughan, Tommy Shannon bassista che, dai tempi del Silver Train Johnny Winter ha cavalcato tutte le onde che hanno attraversato il blues elettrico texano in questi ultimi trent’anni. La cosa che sicuramente convince appieno è la presenza di ben 10 pezzi autografi. La devastante intensità di “Come up for air”, il boogie di “Your sweet love” e l’atmosferica “Sleep” sono sicuramente gemme che fanno di questo suo nuovo lavoro, grazie forse anche all’importante contributo svolto da un’etichetta che è oramai una major del blues, un vero piccolo gioiello che riuscirà sicuramente ad eccitare a dovere i molti amanti del blues più sanguigno. Albert Cummings è un uomo del suo tempo che ha saputo innovare la tradizione e costruire il suo percorso musicale dove esprime pensieri e sogni. Line Up Albert Cummings – Guitar and vocals Karl Allweier – Bass Guitar Conor Meehan - Drums MOJO QUEEN nasce in Louisiana ma si sviluppa professionalmente in Tennessee, tra Memphis e Nashville. Figlia d’arte (la madre cantava gospel in Louisiana), ha cominciato ad esibirsi nei locali pubblici con i fratelli fin dall’età di 12 anni. Oggi è in grado di cantare il blues in tutte le sue sfumature, accompagnando le sue interpretazioni vocali con una notevole presenza scenica. La sua voce da soprano è al tempo stesso robusta e passionale, in grado di trascinare il pubblico in uno spettacolo ricco di emozioni. Oltre ad essere una grande interprete è anche una brava compositrice; e nelle sue canzoni ricorrono i tradizionali temi voodoo e romanzi bayou che l’hanno accompagnata nella sua infanzia in Louisiana. Mojo Queen trova ben presto un posto nella casa “del Blues”. I suoi passionali toni e la sua colorita immagine diventano una caratteristica riconducibile a lei da tutto il pubblico, le sue profonde e ricche espressioni vocali che trasportano anche il più disattento degli ascoltatori dalla gioia alla tristezza e, qualche volta, anche attraverso le ferite più profonde della sua anima le regalano lo pseudonimo di “The Louisiana Mojo Queen” Inizia ben presto a lavorare in numerosi progetti e demo, guadagnandosi così una professionale reputazione in eccellenti collaborazioni con numerosi artisti, ma il lavoro con cui si crea definitivamente la sua immagine è con il rinomato cantante Little Milton. L’artista rimane talmente impressionato dalla sua bravura che le chiede immediatamente di partecipare al suo progetto “The Angels”, nonostante il suo ruolo sia come “opening act” e corista (senza però volerlo screditare) questo le darà la possibilità di “poter volare con le proprie ali”. Numerosi club, impressionati dalle sue espressioni musicali, la ingaggiano come solista, il Beale Street di Memphis le da la possibilità di esibirsi per oltre una decade attraverso il circuito dei Beale Street clubs come leader della propria band. “Creare un feeling con il pubblico è qualcosa di speciale; non è tanto importante quanto tu sia bravo o che idee tu possa esprimere. Di cantanti ce ne sono a dozzine ma ognuno ama un particolare interprete. Questa è la mia filosofia. Tutti quelli con cui ho lavorato ti possono dire che mi risveglio nel momento in cui metto un piede sul palco...è la cosa che mi rende molto orgogliosa della mia professionalità.” Parole e musica di Louisiana Mojo Queen. Fra le sue collaborazioni ricordiamo B B King, Issac Hayes, Woody Harelson, Courtney Love, Travis Tritt, Lou Diamond Phillips nonché ha aperto concerti per Leon Russell, Edgar Winter, Omar & the Howlers, (late) Lil Milton, Bo Diddley, Lynn White, Ann Pebbles, Otis Clay, Bobby Rush, (late) Rufus Thomas, the late Ollie Nightengale, (late) Albert King e molti altri. Ad oggi ha alle spalle ben 6 lavori tra i quali Recording Live in Verona, realizzato con la famosa band italiana Morblus e Old Family Recipe un progetto di brani originali realizzato in collaborazione con David Brewer. La sua forte personalità ha conquistato il cuore e le menti di centinaia se non migliaia di persone, mentre tecnicamente la sua scala musicale si estende dal contralto al basso e soprano contemporaneamente le combina, con una naturale facilità, a reali sentimenti e intense emozioni; completando il tutto con un look sensuale spesso insolito per il mondo blues. Passionale e seduttiva trasporta i suoi ascoltatori in un mondo surreale, da uno stato all’altro, da un continente all’altro, in ogni direzione lei voglia spingerli rendendo il suo spettacolo ogni volta un piacevole viaggio. La critica la considera un vera, sorprendente e talentuosa artista. NEAL BLACK La sua musica è un misto di Texas Blues-rock, atmosfere vagamente roots e intrise di swamp rock e voodoo, la voce roca e vissuta, sempre più segnata dalle intemperie della vita e una notevole abilità alla chitarre, acustiche, elettriche e resonator oltre che che a SRV lo avvicina al compianto John Campbell. Texano di San Antonio ha registrato sei dischi riconosciuti ed apprezzati da Rolling Stone con resoconti da 4 stellette e la sua candidatura alla poltrona lasciata vacante da Stevie Ray Vaughan, come tanti prima, durante e dopo. Uno di quei musicisti di cui vien da dire che ha l’asfalto della strada nella voce (non per niente è stato accostato a Tom Waits) e i graffi dell’esperienza nelle mani. Ispiratosi alla chitarra di maestri quali Albert Collins, Johnny Winter, Steve Ray Vaughan e alla tecnica del jazzista Herb Ellis, vanta collaborazioni con Papa John Creach, Chuck Berry, Johnnie Johnson, Johnny Copeland. Dagli anni della band dei Dolmen (i ’70) alla creazione degli Healers a New York, passando attraverso il Woodstock 20th anniversary, il Montreal Jazz Festival, il Nottodden Blues e il Montreux Jazz, Neal Black conosce notorietà a livello nazionale e internazionale, fino ad essere inserito nella compilation Blues Story, della Polygram, con mostri sacri quali Muddy Waters, Bo Diddley, Chuck Berry. Dopo il trasferimento a Guadalajara, in Messico, produce il suo miglior disco, Dreams are for losers. Recentemente è entrato a far parte, con Nico Wayne Toussaint e Alain Rivet, della Blues Cospiracy, un interessante e originale progetto destinato al pubblico blues d’Europa. Line Up NEAL BLACK / Guitar & Vocals KRIS JEFFERSON / Bass VINCENT DAUNE / Drums MIKE LATTRELL / Piano CHARLIE MUSSELWHITE Charlie Musselwhite è un gran tipo. Coi suoi modi da vecchio gentiluomo del Sud, la valigetta piena di armoniche e i suoi blues tutti in testa… è uno di quei tipi che ti entrano dritto nel cuore. Un passato avventuroso quello dell’ex-ragazzo di Kosciusko, Mississippi, speso tra i juke-joint del profondo Sud, la Memphis degli anni ‘50 e i bassifondi di Chicago… se non a lui, a chi altri avrebbe potuto ispirarsi Dan Aykroyd per dar vita al personaggio di Elwood Blues? Un’esistenza consacrata al blues, la sua, cominciata in anni in cui il colore della pelle faceva la differenza, vissuta come fosse una canzone e “suonata” accanto ad amici come Muddy Waters e John Lee Hooker – che, tra l’altro, gli fece da testimone il giorno delle nozze -. Charlie si ritrova ora con due dozzine di album sulle spalle, una lista di collaborazioni troppo lunga per poter essere anche solo pensata e una luce nello sguardo che lo fa sembrare il giovane ribelle di un tempo. Quello che ha finito per rappresentare Charlie Musselwhite per il blues non è affatto scontato: non sono molti i personaggi che hanno trascorso indenni i lustri mantenendosi sempre al passo con i tempi, finendo per divenire figure di culto e al tempo stesso attuali a tutti gli effetti. Quelli come lui, ribadiamo, non sono molti; personaggi rilassati ma inquieti, gente che sperimenta in continuazione, con grande coerenza, portando risultati estremamente consistenti, in linea certo con la tradizione. Hanno suonato con tutti e visto di tutto, intrattenuto corpose platee come quelle intime dei bar; sono capaci di fare quattro chiacchiere nei backstage dei blues festival più periferici, non sono mai divenuti rock star, ma sono rispettati da tutti. Nella fattispecie, ci siamo lasciati coinvolgere da Charlie Musselwhite fin dall'inizio della sua carriera, da Stand Back e per tutto il periodo in cui "il colore della pelle contava eccome"; siamo rimasti definitivamente affascinati da quello che ha fatto negli ultimi dieci quindici anni, con dischi come Continental Drifter, Sanctuary, Delta Hardware, o il mai troppo considerato Darkest Hour, gioiellino acustico. Charlie occupa una sezione non troppo distaccata dell'arte più pura, con il Tom Waits di Mule Variations, i Blind Boys che comparvero proprio in Sanctuary, e tanti altri, in altre parole rientra in quella ristretta cerchia di personaggi straordinari; ne sa qualcosa il "nostro" Fabrizio Poggi. Charlie Musselwhite apparve sulla scena nazionale con il suo album di debutto, Stand Back! Here Comes Charlie Musselwhite's Southside Band, verso la metà degli anni '50; si trattava di uno dei primi album di successo pubblicato durante il revival del blues degli anni '60 da una artista non afro americano. Dal quel momento iniziò a guadagnarsi il rispetto degli artisti blues in tutto il mondo e continua anche ora a sorprendere i fan di blues a ogni nuova incisione. Nato da genitori nativi americani, Musselwhite si trasferì a Memphis dove affinò la sua abilità nel suono dell'armonica lavorando con tradizionali artisti blues del posto, tra cui Furry Lewis e Bing Joe Williams. Partendo alla volta di Chicago nei primi anni '60, Charlie divenne presto una presenza importante sulla scena dei club blues locali, sfruttando l'occasione di stare accanto a Little Walter, Big Walter Horton e Sonny Boy Williamson II, dai quali imparò molto. Prima di formare il suo primo gruppo, Charlie incise con Tracy Nelson e John Hammond Jr., oltre a fare coppia con Walter Horton in un' incisione per la Vanguard. Quando l'album Stand Back! iniziò a essere trasmesso dalla stazione radio, Charlie si trasferì a San Francisco. Negli anni mise insieme eccellenti complessi, incidendo per una moltitudine di etichette e suonando nell'area del Bay. GAI BENNICI Passionale ed esplosivo, capace di notevoli acrobazie sul manico della sei corde, Gai Bennici è riconosciuto oggi dalla stampa specializzata come “uno dei migliori chitarristi blues d’Italia”. In attività dalla fine degli anni ’80 vanta un curriculum di prim’ordine, ha infatti diviso il palco con autentiche stelle del blues mondiale: S. Robertson, B.B.Morganfield, C. Banks, H. Brothers, C Musselwithe, E Floyd e la leggendaria Blues Brothers Band ed altri. Il suo stile gli deriva dagli insegnamenti dei maestri che lo hanno maggiormente influenzato: A Collins, J. Winter , E. Clapton, B Guy , i 3 King, SRV, ma anche chitarristi come R. Blackmoore, A. Lee, J. Beck . Grazie soprattutto ad una intensa attività live,alla visibilità su YOUTUBE ed alla pubblicazione dei cd “ROOM 209” del ’98, “FEEL YOU SO” del ’01, “SOUNDS GOODS” (raccolta del meglio del blues in Italia per l’etichetta discografica Crotalo International) del ’03, HOT BLUES NIGHTS LIVE! del ’06 e il DVD “IN CONCERT”del ‘07 prodotto da Antares Produzioni Video che hanno avuto ottime recensioni sulle principali riviste e siti web del settore, la Gai Bennici Band con Angelo Spataro alla batteria e Domenico Cacciatore al basso si è conquistata negli anni un seguito di appassionati sempre crescente ed una buona considerazione da quanti in Italia si occupano di blues. In fase di lavorazione il nuovo CD “Blues To Drive” che dovrebbe vedere la luce entro Giugno 2011. Dicono di Lui: “…l’infuocata chitarra di Gai Bennici, uno dei migliori manici del blues nazionale e dei piu’ efficaci interpreti di quello stile che si rifa’ al blues elettrico texano”. La Repubblica , 24 Sett. 2005 “…Gai Bennici bluesman agrigentino ormai unanimemente riconosciuto dalla stampa specializzata come uno dei migliori chitarristi blues d’italia”. La Sicilia, 17 Febb. 2004 “…uno degli artisti piu’ apprezzati del panorama blues nostrano da cui sprigiona tutta l’energia e la classe del puro blues”. Giornale Di Sicilia, 30 Dic. 2004 “Il sound di Bennici è il blues: la sua vocazione musicale, il suo tormento, una passione irrinunciabile. Egli esprime la sua dichiarazione d’amore nei confronti del blues attraverso un potenziale sonoro che e’ tutto dentro la sua chitarra, a volte accarezzata e a volte strapazzata, con coinvolgimento emotivo incontenibile”. Giornale Di Sicilia, 26 Febb. 2005 “…la sua chitarra sicura ed incisiva…” Jamboree n.35, Ott./Nov. 2002 “…la Gai Bennici Band e’ un buon trio che ha messo sulla stessa bilancia le apprezzate risorse individuali…” Il Blues n.78, Marzo 2002 “Gai Bennici, chitarra e voce, animale da palcoscenico, carismatico, è un piacere vederlo suonare, possiede una padronanza dello strumento impressionante, ne possiamo apprezzare il tocco sopraffino, aspetto del suo “playing” che sembra migliorare con gli anni come il buon vino”. www.viviantares.it recensione di ven. 26.1.’07– BOUNTY – Milazzo (ME) “…collocandosi chiaramente nel solco della tradizione che da Jimi Hendrix porta a SRV ma mostrando un tocco e un approccio alla materia decisamente personale. …Gai Bennici mostra senza alcun dubbio una grande padronanza dello strumento ed è capace di sviluppare una notevole dinamica, passando dal pianissimo al fortissimo,…Notevole è anche la capacità di scrittura e l’originalità degli arrangiamenti…” www.bluesguitar.it ItalianBluesmenCommunity “ Questo DVD realizzato dalla Antares ci fa vivere appieno l’intensità live di Gai Bennici, grande virtuoso della chitarra. ….Il ritmo e’ sostenuto e la chitarra di Gai travolgente.” Jamboree n.57, Aprile/Giugno 2007 “… è nato e si è sviluppato il talento di Gai Bennici, uno dei piu’ abili chitarristi italiani. … Conserva la “rabbia” per i momenti in cui chiude gli occhi e fa viaggiare le dita, come in una sorta di trance, sulla tastiera dell’inseparabile Telecaster rossa” KBLF - Blues Web Magazine . “Un chitarrista che negli anni ha saputo crearsi uno stile del tutto personale ed originale, senza ombra di dubbio uno dei piu’ grandi chitarristi blues nel territorio nazionale.” Dedalo n.14, luglio 2007 “Gai si mette in evidenza come un ottimo chitarrista, sia solista che ritmico, e anche come un buon autore. Il suo stile si riferisce prevalentemente al blues texano di SRV e soci, ma non si può non notare un certo atteggiamento hendrixiano nel playing e nel rapporto con lo strumento. Chitarre n. 260, Ottobre 2007 “…il lavoro di cantante , chitarrista e autore viene svolto in modo egregio da Gai, con cuore e con passione per lo strumento e per la tradizione. Con uno stile vicino a quello di SRV, Bennici si dimostra un ottimo chitarrista con un gran tiro e suono, oltre a possedere anche una buona tecnica…” Chitarre n. 259, Settembre 2007