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THE BLACK BOOK
2011 version
una produzione TheBlackParade ( http://moschenere.forumfree.it/ )
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INDICE:
Prefazione.............................................................................p. 4
Savior, Blond In The Wind………………………………………………………………………………. p. 5
Sacchan . : Pride and … Plates………………………………………………………………….……….p. 7
Berty_Poppins: Piece of life………………………………….…………………………………………..p. 12
Tikkia: Una cosa è certa: in Paradiso non ci si sposa…………………………………………p. 174
DirtyCharity: Like a black Horse and a white Queen………………………………………….p. 177
Shatzy: Replica: I’m waiting for you………………………………………………………………..p. 184
michiyo1age: il compito di una kunoichi……………………………………………………………p. 200
Aphael: Smoking in the dark……………………………………………………………………………p. 221
Clahp: It’s Friday, I’m in love…………………………………………………………………………..p. 224
rolly too: Seven days………………………………………………………………………………………p. 246
Sakura Akaichi: Cespuglio……………………………………………………………………………….p. 291
.:(Hinata-Hyuga):. : Life goes on, capitolo 1……………………………………………………...p. 293
Appendici..............................................................................p.299
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PREFAZIONE
a cura di michiyo1age
Questa raccolta si presenta come il così-detto “meglio del meglio” delle utenti del forum
TheBlackParade. Si è arrivati a questo risultato tramite un sistema di votazione a
sondaggio di tutte le fanfic (scritti prodotti da ammiratori di una certa serie, basandosi
sulla serie stessa) ShikaxTema prodotte dalle scrittrici dall'inizio fino al 22 ottobre 2011
data che segna il primo compleanno del forum sopracitato.
Il forum si concentra sulla coppia formata da Shikamaru Nara e Temari della Sabbia,
personaggi appartenenti al mondo di Naruto (Masashi Kishimoto, Shueisha 1999). Se si
volesse approfondire il tema è stata redatta un'enciclopedia che descrive e analizza tutto
ciò che si deve sapere su questa coppia
(http://theblackparademoschenere.jimdo.com/progetti/enciclopedia-nera/ ).
Le fic partecipanti, inoltre, possono mostrare delle similitudini o un leitmotiv comune a
causa delle iniziative mensili indette dall'utenza tra l'ottobre 2010 e l'0ttobre 2011: prima
di ogni racconto è riportata una breve descrizione che servirà a chiarire il singolo pezzo. In
appendice invece saranno rese noti il giorno di pubblicazione e la pagina di EFP
dell'autore. Inoltre verranno illustrate le iniziative citate nella presentazione del racconto.
La scelta è stata basata su sondaggi all'interno dell'utenza che hanno espresso la propria
preferenza sui singoli pezzi candidati dagli stessi autori-utenti. Una volta decretato i
vincitori, anche attraverso ballottaggio per i risultati a pari merito si sono raccolti tutti gli
scritti in quest'opera variegata. Non vi sono limiti o caratteristiche: possono essere fanfic
lunghe (che comprendono numerosi capitoli) o molto brevi (anche di poche pagine).
Ognuno degli autori partecipanti può essere reperito sul sito EFP e alla fine del libro si
possono trovare i singoli link che portano alla pagina dell'autore se se ne volesse
approfondire la conoscenza.
Lo staff formato da due fondatrici Sacchan e Clahp e quattro moderatrici michiyo1age,
DirtyCharity, Selene e Tikkia, ha voluto far restare in modo tangibile e ufficiale il lavoro e
la dedizione di ogni singolo membro in un mezzo imperituro quale il libro cartaceo. Se la
prima edizione avrà buon esito, non si esiterà a riproporre l'iniziativa anche per l'anno
seguente, eliminando però dai sondaggi la fanfic già oggetto di voto in questa edizione.
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Savior
Blond In The Wind
La fanfic è stata scritta per l'iniziativa “Happy Birthday Mr Crybaby” . Si tratta di una
one-shot ambientata durante la serie “Naruto Shippuden” contenente spoiler per tutti
coloro che non hanno raggiunto il capitolo 342. La storia si dipana grazie al dialogo tra
Shikamaru Nara e la coetanea Hinata Hyuuga.
Una farfalla dalle ali cremisi volteggiava tra le margherite di una fioriera. Shikamaru dalla
strada fissava immobile la scena,
mentre stringeva sottobraccio la
scacchiera da shogi.
-Shikamaru-kun!Hinata gli stava venendo incontro
dalla strada al suo seguito.
–Hinata-chan…-Hai fatto visita a Kurenai-sensei?Lui annui pacato. –Già.Hinata sorrise e sistemò una ciocca di
capelli. –Hai notato come Il pancione
le cresce ogni settimana?Shikamaru abbassò lo sguardo ed
annuì con un sorriso, avanzò di un
passo lento e l’altra lo imitò
seguendolo.
C’era un pacifico silenzio mentre
entrambi camminavano alla luce del Disegnato da Selene
tardo pomeriggio, da un giardino di
fianco la strada, un albero carico di arance lasciava pendere un frutto che dalla prospettiva
del ragazzo si poneva proprio davanti al sole, conferendogli una strana aura. Hinata la
colse dolcemente e cominciò a sbucciarla, dividendola con Shikamaru.
Silenziosi, forse per la pigrizia nel cominciare un discorso di uno o la timidezza dell’altra,
continuarono a camminare come se l’altro fosse assente. Non era un silenzio imbarazzante,
ma una reciproca compagnia accondiscendente.
Fu il ragazzo a spezzare il silenzio. –Hinata, mi si è stuzzicato l’appetito, prendiamo dei
takoyaki?La ragazza intrecciò le dita e con un sorriso annuì.
Dopo essere passati tra le vie commerciali di Konoha, consumarono le frittelle alle
panchine del belvedere del villaggio fissando il crepuscolo.
Un forte ronzio annunciò l’arrivo di una mosca nera che si posò sulla scacchiera posata al
loro fianco, il tempo di percorrerlo in lungo e riprese il volo per scomparire. Shikamaru
abbozzò un sorriso. –Hinata sai giocare a shogi?La ragazza si voltò aggiustandosi una ciocca. –Beh… conosco le regole…L’altro si mise a cavalcioni posizionando la scacchiera tra di loro e tirò fuori dalla tasca il
sacchetto delle pedine per posizionarle. –Avevo intenzione di fare una partita con il
maestro Kurenai, ma non è stata una buona idea.Alla ragazza sfuggì una risata. –Immagino che non fosse di buon umore.Mentre giocavano i minuti passarono in silenzio mentre il buio del cielo notturno si
intensificava. –Hinata…5
-…Si?-Cos’è che vuoi dirmi?Arrossendo alzò lo sguardo verso l’altro ed incrociò i suoi occhi, aveva intuito da un pezzo
che la sua presenza aveva un motivo. Tolse con grazia le mani dalla scacchiera e abbassò lo
sguardo. –Shikamaru-kun…Chinò leggermente il capo in avanti nascondendo il volto con i fluenti capelli neri. –Ti sono
grata per il sostegno che hai dato a Naruto… dopo la perdita del Maestro Jiraya.Strinse i pugni sulle ginocchia, la voce le si abbassò di tono –Io… non riuscivo a trovare
una parola di conforto… che potesse…Il ragazzo allungò il braccio poggiandola sulla sua spalla. –Non mi devi ringraziare, ne devi
sentirti in colpa di nulla.Hinata si voltò di lato. –Mi sento inutile…-Beh… l’essere stata vicina a Kurenai dopo la morte di Asuma dimostra il contrario.L’ atteggiamento di Hinata sembrò tornare rilassato, Shikamaru abbozzò un sorriso. –
Tuttavia una cosa dovresti dirla a Naruto.-…e sarebbe?-Ciò che provi per lui.Lei arrossì violentemente e scattò in piedi dalla panchina coprendosi il volto con le mani. –
Shi… Shikamaru…Ridendo anche l’altro si alzò mettendosi al suo fianco, rivolti verso le strade che
cominciavano a risplendere delle luci delle lanterne. –Hinata, sappiamo benissimo quanto
è breve la vita di noi shinobi, non dovremmo mai perdere l’occasione di rivelare i nostri
sentimenti.Lei lo guardò di sottecchi. –Beh… dovresti tenerlo presente anche tu la prossima volta che
Temari-chan viene a fare visita al villaggio...Lui imbronciò il muso e arrossì quanto l’altra. –Ma… di che stai parlando?Hinata alzò lo sguardo verso l’orizzonte. –Lo sai, Ino è una gran pettegola.L’ altro si grattò la nuca. –E’ complicato…-Allora puoi capire la mia situazione…Timidamente incrociarono gli sguardi, entrambi dal volto arrossato, ed insieme
cominciarono a ridere. Shikamaru si risedette sulla panchina. –Devo ammettere che non è
facile da gestire… lei… è come il vento.La ragazza alzò lo sguardo verso le prime stelle. –Lui è il vento…- Shikamaru abbassò lo
sguardo verso la scacchiera, mosse la pedina del suo turno. –Scacco.Hinata si voltò portandosi una mano al mento. –Certo che sei davvero bravo a shogi…Lui abbozzò un sorriso. –A questo punto paghi penitenza, ti dichiarerai a Naruto.-Eeeeeh? Ma… ma… io… non c’erano queste condizioni all’ inizio.- -Spiacente, applicati di
più la prossima volta.Hinata unì le mani sul petto. –Va… va bene… ci sto, alla condizione che anche tu lo farai
con Temari-chan.Il ridere dell’ altro si fermò. –Ma era solo uno scherzo!Fu la ragazza a ridere stavolta. -Non mi interessa, adesso si va fino in fondo.-Uff… che seccatura.-Grazie per la compagnia Shikamaru-kun, buonanotte.Mentre l’altra si allontanava ricambiò il saluto alzando il braccio, continuando a fissare gli
scacchi rosso come un pomodoro.
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Sacchan .
Pride and… Plates
Il racconto è il primo ad essere pubblicato della raccolta “Pride and...”. La storia non
prende forma in un determinato periodo del manga e in ogni episodio si scorgono
spaccati della vita quotidiana dei due protagonisti. I temi trattati restano a livello degli
avvenimenti giornalieri descritti con allegria e leggerezza.
Temari inghiottì velocemente l’ultimo boccone del suo pranzo, cercando allo stesso tempo di
vestirsi e di trovare quelle dannate pratiche che non si decidevano a saltar fuori.
- Ehi crybaby! – urlò riemergendo frenetica dalla sala, fermandosi per un momento a squadrare
con puro odio il suo più grande errore, - devo andare dall’Hokage e sono incredibilmente in ritardo,
quindi i piatti lavali tu, capito? Shikamaru Nara, uomo terribilmente consapevole di avere un quoziente intellettivo pari a
duecento e di non saperlo utilizzare –consapevolezza dimostrata nel momento in cui aveva deciso
di accettare che le seccature entrassero a far parte della sua esistenza, danneggiandone la
precedente, perfetta, tranquillità- si bloccò improvvisamente con la forchetta a mezz’aria, e squadrò
la sua dolce metà con un sopracciglio lievemente sollevato.
- Stai scherzando, vero? – proruppe scettico, osservando Temari correre per la cucina ribaltando
tutto il ribaltabile, nel disperato tentativo di trovare una delle tante cose sepolte nel caos di quella
casa.
La kunoichi si fermò un momento e lo squadrò: doveva essere stata proprio masochista, a sposare
quell’elemento.
- Scusa Nara, non vorrei turbare la tua tranquilla routine, ma temo che dovremmo invertire i turni
di lavaggio. Ti disturba così tanto? - Si che mi disturba! – si lamentò lui, allungandosi ancora di più sulla sedia e ficcandosi le mani in
tasca, - Tu stasera tornerai a casa stanca morta, e mi costringerai a lavare i piatti anche se l’avrò
fatto a pranzo. Ergo… - Se quando torno a casa non hai fatto ciò che devi, - sibilò lei assottigliando minacciosamente gli
occhi, - rimpiangerai di avermi incontrata, Nara! –
- Oh, quello lo faccio tutti i giorni. – borbottò lui aprendo leggermente un occhio.
Temari lo ignorò sprezzante, e strappando alcuni fogli da una pila di carte di notevoli dimensioni, si
avviò verso la porta.
- Lo sai Shikamaru, perché non voglio avere bambini tra le scatole? Perché te basti e avanzi! Esclamò canzonatoria, prima di sbattersi la porta alle spalle.
***
Era tardi e le strade erano ormai deserte, illuminate debolmente dalle luci delle case che la
costeggiavano. Temari si soffermò a osservare attraverso una finestra le figure di due genitori
giocare col figlio, e si ritrovò a sorridere e sfiorarsi la pancia con una mano. Un momento dopo
sobbalzò e scosse infastidita la testa, per cacciare quella strana e per niente positiva punta di
desiderio che aveva avuto, e ricominciò a camminare più veloce. Di una cosa era sicura: lei e
l’istinto materno erano due universi separati e senza possibilità di incontro.
***
7
Aprì piano la porta, borbottando tra se qualcosa sul fatto che tutte le case vicine erano piene di vita
e nella loro le luci erano già spente, il che stava a significare che qualcuno già dormiva, e si diresse
a passi strascicati in cucina con tutta l’intenzione di trafugare qualcosa dal frigo e andare a
riposare.
I piatti… beh li avrebbe lavati con calma la mattina dopo, non c’era fretta.
O magari avrebbe trovato un modo per convincere un certo Nara a farlo al posto suo, concluse con
un ghigno.
E accese le luci.
E lo vide.
I piatti del pranzo e della cena di quella sottospecie di ameba, graziata sì della facoltà di parlare, ma
evidentemente non di quella di recepire quello che gli veniva ordinato, impilati nel lavello, sporchi
come li aveva lasciati.
Fu un attimo.
Afferrò il ventaglio e si diresse a passo deciso verso la stanza da letto, meditando su quale fosse il
modo più crudele e spietato di svegliarlo prima, e di ucciderlo dopo.
Aprì la porta con tanta violenza che quasi la divelse dai cardini, ma si fermò furente sulla soglia.
- Dove sei, Nara?! Vieni fuori e paga per le tue azioni! – urlò aprendo gli armadi, nel tentativo di
scovare il suo nascondiglio.
Inutile. Non c’era proprio, il vile.
- Se vuole la guerra, guerra avrà! E poi non dica che non lo avevo avvisato! – sibilò dopo aver letto
il biglietto che aveva trovato sul tavolo, sui cui era scribacchiato qualcosa riguardo un impegno
improvviso e un “Lava pure i piatti tu, io in caso lo farò domani a pranzo al posto tuo”.
Con uno sbuffo stracciò il pezzetto di carta, ed aprì il frigo.
Oh sì, l’avrebbe pagata cara.
***
Quello che Shikamaru Nara avrebbe dovuto fare, invece che starsene insieme a Chouji sdraiato su
un prato fuori dal villaggio (e lontano dalla moglie), sarebbe stato pensare alla sola pecca della sua
geniale idea: due anni prima aveva avuto la geniale idea di sposare la donna più terribile e
vendicativa del globo.
***
8
Shikamaru aprì piano la porta di casa, e si azzardò a sporgere la testa all’interno, guardandosi
intorno con fare circospetto.
Le cose di Temari non c’erano, il che stava a significare che la seccatura era già uscita.
Sollevato decise che poteva smettere di trattenere il respiro, e stiracchiandosi si diresse verso il suo
tanto amato letto, su cui la notte precedente non aveva osato poggiare la testa temendo di
risvegliarsi senza.
Ma prima di arrivare alle scale si fermò, come folgorato.
- Chissà se… Titubante si diresse verso la cucina e si accorse con orrore che la porta era chiusa, e attaccato vicino
alla maniglia c’era un biglietto.
Lo prese, se lo rigirò tra le mani, e con un sospiro lo gettò a terra.
Sicuramente ci sarebbe stato scritto qualcosa che avrebbe turbato il suo prossimo sonnellino,
quindi tanto valeva lasciarlo lì.
Girò i tacchi per andarsene, ma dopo pochi passi si fermò; cercò di convincersi che ignorare la
situazione non era codardia, ma puro istinto di sopravvivenza.
Si riavvicinò piano al foglietto, e cautamente lo prese in mano e lo aprì.
“Se non sbaglio, hai scritto che a pranzo lavavi tu. Buon lavoro!”
Ormai non poteva fare finta di niente.
Sapeva che lo aspettava qualcosa di terribile, ma aprì temerariamente la porta della cucina e
guardò dentro.
Cacciò uno strillo spaventato e la richiuse, stringendo gli occhi con forza e pregando tutti i Kami
esistenti di potersi svegliare e rendersi conto di essere in un incubo.
Con estrema cautela, la riaprì: poteva aver visto male, aver avuto una allucinazione… Ma in cuor
suo sapeva che non era così, e squadrò triste il cumulo di piatti e stoviglie disseminati per tutta la
stanza.
Quella seccatura… aveva svuotato completamente la credenza! E magari si aspettava che lui
avrebbe ceduto e lavato tutta quella roba!
Si sedette contro il muro e ridusse gli occhi ad una fessura.
- E così è guerra. – ghignò tra sé e sé.
Ne era assolutamente certo.
Non era ancora nata la donna capace di mettergli i piedi in testa.
***
Quando, in tarda serata, la kunoichi della sabbia arrivò a casa, era certa che ad attenderla ci
sarebbe stata una contromossa.
Per questo si stupì, quando spalancò la porta della cucina e vide tutte le stoviglie sparite,
volatilizzate.
Corse al piano superiore, e si accorse incredula che c’era la vasca da bagno già pronta per lei, con
tanto di schiuma e acqua calda.
Marciò confusa verso la camera da letto, chiedendosi se fosse il caso di cominciare a ringraziare i
Kami, ma notò con orrore che lui non c’era.
E questo significava solo una cosa: aveva preparato un contrattacco.
E se non se ne era ancora accorta, voleva dire che il crybaby aveva messo in moto il suo super
quoziente intellettivo, e questo poteva essere un problema.
La sua mente non smise un secondo di pensare, mentre lei si svestiva e si dirigeva verso il bagno.
Fece per immergere un piede nell’acqua, e lo tenne lì a mezz’aria per un istante, pensando al perché
del bagno caldo e a dove fossero spar- Nara! ***
9
- Cosa hai fatto?! – esclamò Choji con gli occhi sgranati, dimenticando di masticare la patatina che
si era messo in bocca.
- Cioè tu… hai riempito di acqua e detersivo la vasca da bagno e ci hai buttato dentro tutti i piatti?!
–
Shikamaru finì la contemplazione di una nuvola particolarmente interessante, quindi si girò
lievemente verso l’amico.
- Uhn, si, perché? ***
Shikamaru aprì piano gli occhi, cercando di riattivare tutte le sue facoltà mentali che si erano
addormentate nel momento in cui, sospirando, si era gettato sul suo amato letto.
Guardò l’orologio, e decise che era ancora presto per il rientro della seccatura, quindi si girò
sull’altro fianco e fece per richiudere gli occhi, quando lo vide.
Poggiato sul comodino c’era un biglietto.
Si mise velocemente a sedere, improvvisamente sveglio, e lo aprì tremante: “Dal momento che non
ci sono più piatti puliti, io vado a mangiare fuori. Ah, dimenticavo… ho preso il tuo portafoglio.”
- Cazzo! Shikamaru si vestì in fretta e furia, mentre i suoi duecento punti di quoziente intellettivo
lavoravano come mai avevano fatto prima d’allora.
L’obiettivo: colpire senza alcuna pietà, e distruggere.
Sarebbe stato il colpo di grazia, il punto finale che avrebbe posto fine alla battaglia. Ovviamente,
con la sua vittoria.
***
Temari aprì piano la porta di casa, ed entrò il più cautamente possibile: da uno come Shikamaru
doveva aspettarsi di tutto.
Quindi salì al piano di sopra camminando rasente i muri, e solo quando giunse alla loro camera si
azzardò a mettere la testa all’interno.
E Nara non c’era.
Allentò lievemente la presa sul ventaglio e rilassò i muscoli, ma senza abbassare la guardia: se il
crybaby non c’era, significava che era fuggito, il che significava che aveva preparato un attacco.
Ora doveva solo scoprire di cosa si trattava , per poter valutare se fosse il caso di ricorre a quello,
per poi chiudere la questione definitivamente e dare una bella lezione al crybaby.
***
- Comunque voi due non è che siate tanto normali, lasciatelo dire! – asserì Chouji scuotendo un
pacchetto di patatine, nella speranza di individuare una qualche superstite.
Shikamaru aprì pigramente gli occhi e mugugnò qualcosa che suonava molto come “sopravvivere” e
“seccature”, e si girò su un fianco.
Da quando era iniziato quello stancante combattimento aveva dovuto abbassare – e di molto – la
media delle sue ore di riposo.
- Beh, in ogni caso stai pur certo che è tutto finito! – annunciò, senza poter nascondere il sorriso di
sadico godimento che gli era spuntato alle labbra.
Aspettò un istante prima di raccontare, solo per gustarsi la faccia preoccupata ed incredula
dell’amico, e infine, con non poca fierezza, rivelò: - Semplicemente, la seccatura arriverà a casa, e
non trovandomi inizierà a cercare di smascherare il prossimo attacco che riceverà da parte mia,
ovviamente più elaborato di quello della vasca. E il bello sta proprio qua: non ho fatto
assolutamente niente. Quindi Temari perderà ore a cercare qualcosa che in verità non c’é. –
Chouji aprì un nuovo pacchetto di patatine e sospirò. – Ricordami di non provare mai a sfidarti,
Shikamaru. Non credo reggerei. –
10
***
Shikamaru Nara aprì tranquillo la porta di casa, ed entrò senza esitazione. Era dell’idea che
nessuno potesse rispondere ad un attacco se non sapeva di cosa si trattava, ergo non avrebbe
trovato brutte sorprese.
Quindi attraversò con calma la sala, entrò deciso in cucina, e si fermò davanti al lavandino: i piatti
erano immersi in acqua e detersivo, pronti per essere lavati.
Subito nella sua testa scattò l’allarme, ed iniziò a perlustrare i mobili alla ricerca di un qualche
biglietto, di una qualche provocazione, ma non trovò nulla.
Si fermò a squadrare accigliato il lavello, interrogandosi sul subdolo inganno che poteva aver
tramato la seccatura: magari era un sottile attacco psicologico, o forse…
- Devo aspettare per molto? Una voce piena di sadico divertimento e terribilmente conosciuta gli fece gelare il sangue nelle
vene. Si girò piano, pregando in cuor suo di aver avuto una spaventosa allucinazione, ma lei c’era:
Yoshino Nara lo fissava dalla porta, le braccia incrociate al petto ed un ghigno spaventoso sul volto.
Shikamaru iniziò a pensare freneticamente ad un modo per salvarsi: se solo fosse riuscito a
raggiungere la finestra prima di lei avrebbe potut- E no, non pensare nemmeno all’eventualità di scappare da tuo padre. Lo sai che è troppo pigro
per mettersi contro di me. - Oh cazzo! – esclamò il Nara lasciando cadere le braccia.
Ora, era decisamente nella merda.
***
Quando Temari era arrivata a casa, la sera prima, aveva cercato per ore di scovare il subdolo
trucchetto che certamente il crybaby aveva piazzato per casa, ma non ottenne alcun risultato.
Dunque aveva dovuto ricorrere alla sua ultima arma disponibile, nonostante avesse di gran lunga
preferito evitarla: Yoshino.
L’unica donna capace di assoggettare tutti i Nara con un solo sguardo e che evidentemente non
aveva fallito nemmeno quella volta, pensò Temari con un ghigno, mentre osservava il marito chino
a lavare tutti i piatti di casa.
- Comunque giochi sporco, donna. Quello era un colpo scorretto, e tu lo sai bene! – si lamentò
Shikamaru senza girarsi, avendo intuito la presenza della moglie dietro di lui.
Temari sbuffò, roteando gli occhi: - Non ci parliamo da quasi quattro giorni, e questo è tutto quello
che sai dirmi? –
Il Nara si girò verso di lei, un piatto insaponato in mano e l’espressione tremendamente scocciata: Perché, tu hai di meglio? –
- In effetti sì. Sono incinta, crybaby. E fu nel momento in cui vide il marito impallidire all’istante e il piatto frantumarsi a terra, che ne
fu certa.
Aveva vinto lei.
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Berty_Poppins
Piece of life
Questa fic è una raccolta che consta di 22 capitoli tutt'ora in corso che si dipana per un
lungo arco di tempo fuori dal contesto del manga. La storia racconta la vita della
famiglia Nara, e non solo, in ogni momento della sua esistenza. Più capitoli possono
riferirsi allo stesso anno o mese oppure distaccarsi completamente dal precedente. Gli
stessi capitoli presenti non sono posti in ordine cronologico, dando proprio l'idea di
vedere la vita dei protagonisti attraverso le fotografie sparse sul tavolo. I personaggi
cardine sono Shikamaru e Temari a cui fanno capo però genitori, figli, amici, figli degli
amici in un turbinio di personaggi molto spesso inventati dall'autrice con una loro
personalità e storia originale.
Capitolo 1: Troublesome women, lazy man…
Quella mattina; ambulatorio, ore 9:48.
- Non vuole uscire.Sakura roteò gli occhi al cielo mentre si lavava le mani - Sei soltanto all'inizio del nono
mese.- Soltanto?, parli così perchè non hai niente dentro la pancia tu, a parte lo stomaco. Questo
bambino deve uscire adesso!- In tutta sincerità Temari,- la guardò appoggiando le reni al bancone e incrociando le
braccia al petto - qual è il problema?La bionda sbuffò più volte prima di lanciarle un'occhiata illuminante - Il problema è che la
mia schiena urla di dolore, e non posso dormire in nessuna posizione. Sento caldo e mi
avete portato via ventaglio e kunai!- Che c'entrano i kunai con il caldo?- Uccido e mi rinfresco.- borbottò gettando la testa indietro, si portò la mano sinistra
sull'evidentissimo rigonfiamento che la faceva somigliare vagamente ad una palla e sbuffò
ancora - Un rimedio qualunque, un taglietto, una pinza, qualcosa!Sakura si trovò a pensare che la gravidanza doveva essere una gran brutta cosa nelle ultime
settimane se Sabaku no Temari era andata da lei in cerca di un qualsiasi aiuto. Che lei,
purtroppo, non
poteva darle - Non
si possono
accellerare le cose,
la natura deve fare il
suo corso...- Questo bambino,e s'indicò la pancia
con un'espressione
alquanto isterica,
stava pure sudando
da morire quindi
l'immagine
d'insieme non
doveva essere molto
rassicurante - è figlio del cry baby, ok? Non m'interessa del corso della natura o delle altre
stronzate, va bene? Questo bambino mi sta deliberatamente facendo un dispetto!12
E Sakura dovette trattenersi per non scoppiarle a ridere in faccia - Non credo che...- Si!, è pigro, come suo padre, e siccome sa che io non lo voglio più dentro la mia pancia se
ne starà bello comodo e tranquillo ad oltranza. Non voglio arrivare al periodo di gestazione
delle balene è chiaro!?- Temari, sei isterica.- Non sono isterica!- e gemette perchè aveva appena tentato di mettersi a sedere troppo
velocemente - Visto!- e la guardò con gli occhi sgranati e lucidi, cercò comunque di
calmarsi perchè era consapevole di stare esagerando - Deve uscire.- Tra un mese uscirà.- No che non uscirà!.- ululò trucidando l'altra con lo sguardo.
- Non vedo perchè non dovrebbe.- sospirò Sakura che di tutta quella situazione ne aveva
piene le tasche - Non vuole farti un dispetto, non è colpa sua se ci vogliono nove mesi per
partorire e non è di sicuro colpa sua il caldo; ti abbiamo tolto il ventaglio perchè hai cercato
di uccidere Naruto...- Mi stava appiccicato manco fossi sua madre!-... E potresti mettere in pericolo il bambino usandolo, idem per i kunai e non fare quella
faccia.- bofonchiò quando l'espressione tramortita di Temari la colpì in pieno - E' per il tuo
bene.Più tardi, casa Nara - cucina.
La seccatura più seccante di tutte le seccature seccanti viventi era che Shikamaru se ne
sbatteva dell'umore nero della sua compagna, infatti continuava a guardarla come se nella
sua faccia ci fosse qualcosa di molto interessante - o imbarazzante, a scelta. E Temari
trovava quel suo ghignetto lì molto, molto irritante - Mi prendi per il culo, Nara?Il cry-baby sembrò risvegliarsi dal suo rimuginare e la guardò con noia - Non ho detto
niente.- Gli occhi parlano.- disse tra i denti mentre strofinava i polpastrelli sul legno del tavolo;
Shikamaru inarcò un sopracciglio - Ti hanno detto che ho sonno?Sbattè le mani sul tavolo e lo trucidò con lo sguardo - No, imbecille, tu mi stai apertamente
criticando!- Io?- Si!- Sul serio?- sghignazzò sorreggendosi la testa con la mano - Senti seccatura, fatti una
dormita.E, in secundis, la seccatura per eccellenza - Shikamaru l'aveva dimenticato - diventava un
pericolo ambulante quando qualcosa non andava come lei aveva previsto andasse - Non
dirmi quello che devo fare!- sbraitò alzandosi con qualche difficoltà, si portò una mano alla
base della schiena e lo uccise, di nuovo, con lo sguardo - Non sono una qualche specie di...gesticolò con la mano libera - Di animale da compagnia!E allora Shikamaru strabuzzò gli occhi e la guardò - Eh?- Hai capito!- e s'indicò il pancione.
Quindi fu davvero semplice per Shikamaru iniziare a ridere mentre il colorito di Temari
cambiava man mano che l'uomo continuava; si arrivò al punto di rottura quando il bimbo
scalciò obbligandola e prendere un profondo respiro.
Shikamaru, nel frattempo, aveva rispreso la sua compostezza e adesso la stava guardando,
di nuovo, come se tutto il suo corpo avesse qualcosa di veramente interessante - o
imbarazzante, a scelta.
- Smettila.- borbottò tra i denti mentre un distinto calore le si diffondeva sul retro del collo,
distolse lo sguardo quando quello di Shikamaru si fece più torbido.
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- Non ti prendo per il culo.- disse scrollandosi nelle spalle - Sei solo... tanto incinta.Lei tossì, guardò ovunque tranne che a lui e poi uscì ciondolando dalla cucina - Ho fame.gli disse prima di sparire.
- Seccatura.Tempo dopo, salotto - gelato time; ore 18:25
Il periodo di gestazione delle balene durava dagli 11 ai 12 mesi e Temari non sapeva come
facessero quelle povere bestie a
sopportare qualcuno che ti prende
a calci ( fastidiosi, tanto )
direttamente da dentro il loro
stesso corpo. Ora, lei non era
sicura che i balenotteri
scalciassero, ma il suo lo faceva,
soprattutto di mattina quando lei
faceva colazione.
E a volte anche di sera, tanto il
dormire, ormai, era diventato un
optional per lei; e c'erano quelle
volte che si sedeva sul pavimento,
fusuma* aperte e guardava fuori.
Si era pure addormentanta
qualche volta - e si era risvegliata
in tarda mattinata con una coperta
che lei non ricordava di aver
portato con sè, ma Shikamaru non
aveva mai aperto bocca quindi
neanche lei l'aveva fatto.
Ma questo che c'entrava con il
periodo di gestazione della
balene?, Temari si passò le mani
tra i capelli e, gelato tra le grinfie, si sedette ( ovvero si distese poggiando il peso su un lato
del corpo, la sua schiena la ringraziò ) cercando di riprendere il filo dei suoi pensieri da
dove l'aveva lasciato.
Lei era al nono mese ed era sicura che suo figlio se la sarebbe tirata fino all'ultimo - piccolo
pigro che non era altro. Con la prima cucchiaiata si sentì libera da ogni male, Shikamaru
entrò in casa proprio in quel momento e la guardò tra il serio e il faceto - Com'è?Lei leccò il cucchiaio in risposta - Buono e mio, stai lontano.- E chi te l'ha chiesto?- si scrollò nelle spalle.
- Dove vai?- Doccia.- replicò - Ah, Sakura ha detto che dovresti andare a farti controllare.Prese un'altra cucchiaiata e soppesò l'idea di ascoltare la ragazza in rosa - Vediamo, se sono
dell'umore forse.- Mh.- la sua faccia era così vicina che Temari si domandò quando caspita si era mosso, le
rubò un po' del gelato rimasto nel cucchiaio e si leccò le labbra - Magari ti faccio
compagnia.Lei in risposta nascose la vaschetta dal prezioso contenuto e gli rifilò una linguaccia Puzzi.- Mhmh.-, la baciò, succhiando il labbro inferiore e strofinandole le dita sulla nuca sudata,
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pressò la mano libera sullo schienale del divano e soffiò sulle sue labbra non appena si
separarono, sghignazzò notando l'aria trasecolata della sua seccatura - Doccia.- Mhmh.- gli tirò un orecchino - Magari ti faccio compagnia.Due settimane dopo, sala d'attesa; ore 2:40 a.m. - Domenica.
- Tieni.L'odore del caffè gli arrivò alle narici solo quando il bicchiere fu sotto il suo naso, guardò
Choji prima di prenderlo - Grazie.- Da quanto è... - Non lo so.- E non ha...- Non ancora.Il respiro impaziente del suo migliore amico quasi lo fece sorridere, ma era decisamente
troppo teso per permettere alla sua faccia una qualsiasi espressione - l'avrebbero chiamata
parilisi facciale. Choji si sedette accanto a lui, un pacchetto di caramelle gommose alla
frutta tra le grinfie e tanta fame nervosa - Ti hanno detto qualcosa?- Stanno aspettando che si...- fece un gesto con entrambe le mani, come se stesse cercando
di aprire qualcosa, il respiro si fermò in gola quando quell'immagine gli colpì la testa Dilati.- concluse.
- Ah,- tossicchiò per alleggerire la tensione - mh, Ino sta arrivando.- l'altro annuì - Credo
sia andata a buttare giù dal letto gli altri, sai com'è è un tantino tardi...Annuì ancora e prese un sorso di caffè.
In sincerità non aveva poi tutta questa voglia di fare conversazione; lui non era neanche a
casa quando Temari era stata portata in ospedale - l'Hokage gli aveva rifilato una caterba
di dossier sulle missioni svolte negli ultimi cinque mesi, gli facevano ancora male gli occhi
per l'appunto.
Choji era arrivato in ospedale un quarto d'ora dopo di lui, la divisa piena di briciole di
patatine.
La sua dispotica madre si era addormentata qualche sedia più in là - dopo averlo
barbaramente rimproverato per non sapeva quale motivo - e suo padre se ne stava
tranquillo fuori - ovvero era stato il più furbo di tutti.
Stare ad aspettare che serviva?, si chiese prendendo un altro sorso di caffè. Le cose non si
sarebbero di certo velocizzate con lui che guardava quella porta manco volesse scioglierla.
Sakura era uscita due volte per avvertirli che ancora non se ne parlava, gli aveva pure
chiesto se voleva entrare, ma lui sapeva che la seccatura l'avrebbe ucciso se fosse entrato, la
conosceva, e Sakura era sembrata d'accordo con lui.
- Ancora un po',- disse Choji - e diventerò zio!- e gongolò quasi mentre gli riservava uno
sguardo luminoso, lui non ebbe la voglia di contraddirlo, e non c'erano motivi per farlo.
- E tu papà.Shikamaru distese le gambe e scivolò sulla sedia, il bicchiere mezzo pieno sullo stomaco Mh.- Sei spaventato.- Non sono spaventato.- Hai ragione,- ridacchiò - sei fottutamente terrorizzato!- e rise sul serio quando il futuro
padre si prodigò in un gemito dolorante - Hey,- lo colpì leggermente su una spalla - è
normale sai?- indicò la porta che entrambi avevano guardato per chissà quanto tempo - Là
dentro c'è la tua donna e tuo figlio sta per nascere, credo sia normale esserne terrorizzati.Non le ascoltò realmente quelle parole, perchè già lo sapeva. Gli fu comunque grato per lo
sforzo.
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- Se, normale.- si scrollò nelle spalle - Normalissimo.- si alzò - Vado un attimo...- Da tuo padre.- ... fuori a fumare.- bofonchiò.
- Certo, certo.- sventolò una mano in aria - Se nasce butto un urlo.- Uhn, grazie.Fuori, ore 3: 04.
- E' una seccatura.- Già.- Davvero.Shikaku guardò il figlio - Lo so.- continuò a guardarlo mentre si accendeva una sigaretta Il giorno più lungo di tutta la tua vita.- Eh, grazie.- sbuffò una densa nuvola di fumo - Grazie mille.- E' vero.- la sua grassa risata tolse un po' della tensione - Hai mangiato qualcosa?- Bevuto un caffè.Shikamaru si appoggiò alla parete, faceva caldo, ma ad agosto era normale che facesse
caldo anche di sera, soprattutto lì a Konoha. Lui voleva rilassarsi un attimo, ma fumare
non sortiva quell'effetto stranamente, e si ritrovò a pensare che fare conversazione fosse
l'idea migliore. Pensò di tornare dentro e iniziare a parlare con Choji di qualsiasi cosa non
implicasse Temari - perchè non gli piaceva essere preoccupato, assolutamente no, gli si
corrodeva lo stomaco, non riusciva a dormire e i Kami solo sapevano quante anime
riusciva a tirar giù dal cielo.
- Potevamo giocare.- Già.- Perchè non hai portato...- Sono un tantino nervoso.- lo bloccò grattandosi il collo - In queste situazioni non si gioca
bene, Shika.Tirò ancora maledicendo la sua cattiva sorte - Mh.- E quelle non aiutano.- e gli sbadigliò allegramente in faccia dopo averlo detto, poi sollevò
gli occhi al cielo - Tua madre partorì verso quest'ora.- Bello.- ... L'hai stremata, non volevi proprio uscire.Shikamaru non lo voleva sentire, davvero, non c'aveva proprio voglia - Fa caldo.- e suo
padre sorrise mentre lui corrugava la fronte, non si era mai sentito così scombussolato in
tutta la sua vita - Anche tu stavi...- s'indicò con un gesto nervoso.
- No.- si scrollò nelle spalle - Tua madre è sempre stata una gatta da pelare, una vera
seccatura. In un certo senso sapevo che se la sarebbe cavata anche senza di me.- Non sei entrato?- Nah, non ne vedevo l'utilità.- rispose muovendo il collo.
La sigaretta era finita, la calpestò infilando le mani nelle tasche - Fa davvero caldo.- E potevamo giocare, ho capito.Shikamaru si morse l'interno delle labbra, combattuto - Non è che, uhn.- guardò altrove Non sarà sempre...- Nah, dopo la tempesta c'è sempre il sole.- gli schiaffò la mano sulla testa e gli scombinò i
capelli - Un bel sole.Sakura era uscita due ore dopo, un sorriso da un orecchio all'altro - E' un bel maschietto,
Tsunade sta facendo i controlli per Temari, ma è andato tutto bene, non sembrava neanche
che stesse partorendo.- lo aveva guardato maliziosa - Tra un po' te lo faccio vedere.16
Lui era riuscito ad annuire, poi era si era buttato sulla sedia e aveva respirato - la paralisi
facciale accantonata, un sorriso da vero imbecille sulle labbra.
Dopo, probabilmente mattina.
Non gliel'avevano fatto vedere subito. Era rimasto salato come una sarda su quella sedia,
incapace di cambiare espressione anche quando Ino l'aveva abbracciato - e poi preso a
schiaffi.
Quando Sakura era ritornata, però, era saltato sul posto e non aveva neanche ascoltato
quello che lei diceva, l'aveva seguita lasciandosi dietro la folla che era arrivata in ospedale tra amici e parenti vari ed eventuali potevano riempire uno stadio.
Gliel'aveva messo tra le braccia guardandolo seria - Non lo dovrei fare, se il primario lo
viene a sapere mi degrada, quindi acqua in bocca!- bisbigliò.
Lui ebbe qualche difficoltà per capire come tenerlo, Sakura mimò con le braccia e aspettò
che lui eseguisse. Poi uscì dicendogli di non farsi notare.
Era una cosa assurda, quanto poteva pesare tre kg?, anche meno per quanto ne capiva.
Si sedette sul pavimento stando attendo a non fare nessun tipo di movimento con le
braccia, non riusciva a sbattere le palpebre; era completamente catturato da quell'esserino
lì, che se ne stava bello stranquillo con la testolina adagiata nell'incavo del suo gomito,
respirò piano accarezzandogli con il pollice una guancia.
Seppe immediatamente che si era rincoglionito.
- Shirai, eh?Completamente rincoglionito.
- Buongiorno.- accarezzò di nuovo la guanciotta e gli sfiorò la fronte con la punta del naso.
- Non stai facendo una bella figura.- Stà zitto.Shikaku si chinò sulle ginocchia e guardò suo figlio, poi il nipotino - Shirai?- La mamma.- Capisco.Non l'aveva neanche guardato. C'era così tanto da dire eppure non riusciva a spiccicare
parola, l'unica cosa che era in grado di fare era sorreggere suo figlio tra le braccia,
accarezzargli piano la guancia e guardarlo, non gli importava l'espressione della sua faccia
nè quello che suo padre poteva pensare, anche se credeva non gli importasse poi molto, a
suo padre.
- Questo è...- prese un profondo respiro - wow.- Ha i capelli.- considerò suo padre.
- Sono quattro peli...- bofonchiò in risposta.
- Bhè, anche tu avevi quattro peli in testa e qualcuno nelle orecchie, ma sono caduti poi.Finalmente Shikamaru lo guardò - Và via.- Fammelo tenere.- Non ci penso neanche.- Sono il nonno.- Sono il padre.- Io sono il padre del padre.Guardò di nuovo quel grande pezzo di vita che teneva tra le braccia, poi sospirò - Stai
attento.- Che seccatura, lo so fare meglio di te non scassare...Quel pomeriggio.
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- Ti dico che sto bene accidenti!- Temari hai appena partorito.- E quindi?, non sono mica un'invalida!- Non se ne parla!L'Hokage quando voleva poteva diventare davvero una rottura di palle, Temari lo stava
appunto scoprendo - Ma...- Niente ma, l'Hokage sono io e non si discute.- Ma è il mio ventaglio!Tsunade le scoccò un'occhiata tra il seccato e il divertito - Mi sorprende che tu voglia avere
il tuo ventaglio invece che tuo figlio.Boccheggiò senza aver biente da dire, strinse le dita sulle lenzuola candide e si adombrò Mi hanno detto che... per gli esami...- Shikamaru starà arrivando,- disse guardando la cartella clinica, poi guardò lei con un
sorriso - Aspettiamo ventiquattro ore per allattare, eh?- Hai pianto!- Non ho pianto!Temari sghignazzò alla faccia sua - Hai dannatamente pianto!- e poi gemette respirando
tra i denti, Shikamaru si avvicinò al letto con circospezione, in braccio suo figlio.
Figlio loro.
- Uhn, tutto ok?- Si, dolori insignificanti, ho sofferto di peggio.- i suoi occhi caddero inevitabilmente sul
bambino infagottato in una copertina bianca - Morirà di caldo.- E' nato da poche ore...- Guarda, non lo sapevo!- lui arrossì e lei ridacchiò prima di allungare le braccia in un
chiaro ordine a darle il suo bambino.
E lui, al solito, obbedì - Sono arrivati i primi regali.- Ma và.- in tutta sincerità non le interessava, proprio no - C'è un ventaglio più grande?- Non per te.- Che cosa crudele.- fece melodrammatica, poi la sua attenzione fu catalizzata dal neonato.
Quando gliel'avevano messo tra le braccia*, pochi minuti prima che iniziassero con i primi
esami, era troppo distratta per capire l'emozione che le aveva liquefatto il petto, ora
l'avvertiva in tutta la sua interezza.
- Ti rendi conto?, tu... papà.- Si dice la stessa cosa di te là fuori.- Ah, sarei un padre migliore di te, questo è certo.Lui sbuffò - Accontentati di essere solo una mamma eh?, poi ne riparliamo.- Ah!- Che c'è?- Si è attaccato.- Vedo.- sua madre gli diede una manata.
Shikamaru non sapeva più cosa dire, non che avesse detto molto, e vedere Temari che
allattava, in sincerità, non poteva essere una cosa sminuita dalle parole - o almeno era
quello che si sforzava a pensare.
Si sedette vicino a lei e guardò - ricordiamo che era completamente rincoglionito.
- Com'è?Lei respirò un po', soppesò le parole - Un po' fastidioso all'inizio.- Non ti fa male?18
- No, non ha i denti e comunque no, non mi fa male.- Lo sai che dovrai restare in ospedale si?Respirò di nuovo e lo guardò - Resti con me?- Mhmh, o gli infermieri impazziranno.- Stronzo.- riportò lo sguardo sul suo pigro e affamato bambino - Capito?, non osare
diventare come tuo padre o assaggerai la potenza del mio ventaglio.Ventaglio che, per l'appunto, se ne stava appoggiato accando a Temari, minaccioso. Da
morire.
Capitolo 2: I like coffee so much…
Al mondo ci sono molte cose che inducono a pensieri omicidi. Come le risse appena fuori
da un locale; un imbecille ubriaco che non solo ti sbatte il muso della macchina in culo, ma
ha anche l'ardire di giustificarsi perchè era ubriaco*; il pacchetto delle sigarette vuoto e via
discorrendo. Solo uno, però, era capace di farti buttare tutti i tuoi buoni propositi fuori
dalla finestra con un voglioso " Vaffanculo " stretto a stento tra le labbra : il lunedi.
Il giorno della settimana che ti fa partire l'emicrania già prima che venga, il solo pensarci ti
butta un masso mastodontico sulle spalle e qualche anima pia ben pensa di schiacciartelo
ancora di più addosso con un piede ( leggesi : genitori indisponenti che buttano giù la
porta della tua stanza con la sola forza dell'ugola ).
E la sveglia del lunedi, non ne parliamo, perchè se pensi che la sera prima eri buttato tipo
nababbo sul divano di casa tua, con in mano una birra e una sigaretta tra le dita, ti salgono
i bollori alle orecchie; perchè non è concepibile vedere la porta dei tuoi sogni di conquista
aprirsi il sabato per vederla chiudersi sul tuo naso la domenica sera. No, che non lo è, è una
cosa masochista, un pugno sulle gengive, una sega fatta male.
No, Shikamaru Nara proprio non lo digeriva l'inizio della settimana; non quando aveva
un'emicrania post sbornia e una voglia matta di ricominciare a dormire, ma soprattutto
non quando sentiva così caldo da pensare di far volare le lenzuola - calde - sul pavimento probabilmente caldo -, togliersi il pigiama umido ed eventualmente anche i boxer.
Il problema, però, stava nel fatto che non poteva neanche muoversi.
Restò ancora qualche minuto con gli occhi chiusi pensando che si, doveva smettere di
uscire con Kiba perchè quel ragazzo aveva una strana tendenza ad infilarsi in tutti i locali
del villaggio per bere quantità abnormi di alcolici, facendo impazzire i gestori che,
puntualmente, vedevano le loro cantine svuotarsi nello stomaco dell'Inuzuka, manco fosse
una spugna aliena. Strofinò la lingua sul palato e fece una smorfia disgustata subito dopo :
il suo stomaco non aveva un buon sapore. La strofinò sui denti e corrugò la fronte
muovendo appena le sopracciglia.
Cercò di puntare i piedi sul materasso, ma non ci riuscì e fu allora che il suo sopracciglio
sinistro si inarcò a dismisura. Avvertì una sensazione strana alla base della schiena, tipo un
brivido, e socchiuse gli occhi ritrovandosi a fissare il soffitto della sua camera, sbattè più
volte le palpebre e deglutì mentre cercava di non richiudere gli occhi infastiditi dalla fioca
luce che c'era nella stanza.
Una volta abituato alla fastidiosa sensazione di essere sveglio abbassò lo sguardo sulle sue
gambe, colpevoli di averlo fatto svegliare, e il suo sopracciglio si inarcò di più.
Nude; una sorta di panico s'insinuò all'interno del suo stomaco quando capì di essere nudo
come mamma l'aveva fatto e che non c'era nessun lenzuolo a coprire le sue vergogne.
Grugnì qualcosa di indefinito e mosse il braccio destro, scoprendolo troppo pesante. Mise
sù un'espressione inebetita e sussultò quando avvertì un movimento contro il suo fianco
sinistro.
Voltando lentamente la testa e abbassandola di poco per riuscire a delineare i contorni, si
rese vagamente conto che c'era una testa bionda sopra il suo braccio. Trattenne
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bruscamente il respiro quando quella figura si mosse di nuovo, avvicinandosi ancora di più
al suo corpo umido.
La sentì emettere dei suoni incomprensibili mentre si ritrovava completamente
sormontato dalle braccia della ragazza e irrigidì i muscoli del collo quando osservò quella
testa bionda spostarsi dal suo braccio al suo petto, e restò così.
Assurdamente imbarazzato e caldo e sudato da fare schifo.
Si portò la mano libera al volto e la strofinò energicamente contro gli occhi, quando si rese
conto che era realmente sveglio e che quello non era un fottutissimo scherzo abbassò di
nuovo gli occhi e allargò le braccia sul letto. La mano destra penzolava fuori, quasi inerte, e
la sinistra sfiorava casualmente l'altro cuscino, tastandone la superficie, sfiorando i punti
più caldi come se ci fosse qualcosa di veramente importante lì, dove il tessuto era più
stropicciato.
Deglutì di nuovo e la guardò come se si trattasse di un nemico pericolosissimo e, senza
volerlo veramente, sollevò la mano destra e con essa sfiorò alcune ciocche di capelli che gli
solleticavano la pelle sopra il torace; avvertì un brivido quando la sentì schiacciare il naso
contro quel punto e respirare, mugugnare debolmente per poi ricadere nel silenzio.
Shikamaru studiò attentamente il profilo rilassato che aveva davanti, così diverso da quello
che si vedeva quando era sveglia, ne tracciò leggermente i contorni con l'indice e
sghignazzò mollemente quando quella arricciò il naso - Donna petulante.- borbottò
abbandonando di nuovo la testa contro il cuscino, scivolò più giù in modo da far
appoggiare completamente la testa sulla sua spalla, le circondò il collo con il braccio
sinistro e schiacciò la guancia contro la sua tempia, sospirò - Vediamo di non fare troppo
casino quando sarai sveglia eh, seccatura?- Tutta Konoha pensa che stiamo insieme!Sarebbe bastato lo sbattere della porta per far capire a Shikamaru Nara che quella non
sarebbe stata una bella giornata, ma ovviamente c'era quella piccola, insignificante tonalità
vocale altamente cancerogena a far pensare al Jonin di licenziarsi e darsi all'ippica.
Per non parlare dei pugni sbattuti con violenza sulla sua scrivania, gli occhi spiritati e il
colorito fiammeggiante che Sabaku no Temari aveva; sollevò appena lo sguardo dal
fascicolo che stava completando - erano le valutazioni degli esami Chūnin, sarebbero
bastati pochi minuti perchè lui lo finisse, perchè il mondo lo perseguitava a forza di
seccature?- e la guardò con le sopracciglia terribilmente abbassate - Davvero?- e riprese a
scrivere da dove si era fermato.
- Si!- sbraitò quella strappandogli il foglio da sotto gli occhi, gli gettò un'occhiata e,
appurato che la cosa di cui voleva parlare era più importante, se lo gettò alle spalle dopo
averlo appallottolato.
Shikamaru si rilassò sulla sedia, si accese una sigaretta e la riguardò, più annoiato di prima
- Sul serio?- Si ti dico!, mi hanno pure fatto le felicitazioni, capisci? Felicitazioni!A dirla tutta e in completa buona fede... non lo capiva e non gli interessava neanche, a lui
bastava lavorare quelle ore che aveva da lavorare, scrivere quello che aveva da scrivere e
poi sparire dalla circolazione - Ah si?- SI!A quel punto Shikamaru non aveva più niente da dire e sperava che neanche lei avesse
qualcosa da aggiungere - E ora che me l'hai detto puoi andare via?Temari lo fulminò con un'occhiata e sbattè di nuovo le mani sulla sua scrivania - Tu...sibilò ad una spanna dal suo viso e Shikamaru sentì l'istinto di scappare farsi impellente non capisci o vuoi farmi incazzare.- e non era una domanda, considerò il moro - Ti ho
appena detto che il tuo fottuto villaggio crede che io me la faccio con te.20
Sbattè le palpebre cercando di allontanarsi il più possibile da lei - E non è così?- No.- ringhiò in risposta e allora Shikamaru non aveva davvero più niente da dire.
- Davvero?- o quasi.
Gli occhi di Temari scintillarono pericolosamente e le dita si chiusero a pugno sulla
superficie legnosa della scrivania - Nara...- l'avvertì - Non sono dell'umore.- Temari, che c'entro io se il mio fottuto villaggio crede che tu te la fai con me?- replicò
iniziando a massaggiarsi la base del collo - Sono tre ore che sto chiuso qui dentro, non
venire a scartavetrarmi l'animo per questo, seccatura.- bofonchiò riprendendo la sigaretta
tra le dita e infilandosela tra le gengive.
- Devi fare qualcosa!- s'impuntò raddrizzandosi.
E Shikamaru lo sapeva che non ci sarebbe stato verso di farla ragionare, lei non lo faceva
mai, quindi si alzò infilandosi immediatamente le mani in tasca, colpì una gamba della
sedia con il tallone e la sorpassò - Pausa.- Che vuol dire ' pausa '?!, Nara!!- Quindi secondo te se sistemo questo vaso all'entrata...- ... la intaserebbe.Ino si girò furente verso di lui, incrociò le braccia al petto e mosse le anche per sottolineare
la sua incredibile irritazione - Prima hai detto che avrebbe creato più spazio da quella
parte!- e indicò lo spazio lasciato vuoto dal vaso, Shikamaru si scrollò nelle spalle mentre
lei iniziava seriamente a spazientirsi - Se hai avuto una brutta giornata, evapora. E in
fretta.- Che significa, ti sto aiutando...- Ceeerto, come no -, e con sguardo sconsolato osservò i girasoli, poi guardò lui - E' vero?- Si, ti sto veramente aiutando.- ... che quando ci metteva impegno buttava il suo genio alle
ortiche, in tutti i sensi.
Dopo aver - più volte - roteato gli occhi al soffitto ed averlo - molte più volte - insultato, Ino
pensò che era cosa buona che almeno Choji non fosse presente, onde evitare fini analisi
psicologiche sul comportamento indifferente di Shikamaru.
Una volta lei e il buongustaio erano arrivati a dire che il comportamento di Shikamaru era
stato causato da una bruttissima, orribile e terribile esperienza non meglio identificata, ma
che vedeva protagonisti il di lui padre e madre. Ovviamente Shikamaru se n'era lavato le
mani e li aveva lasciati lì a rimuginare sulle sue fisime.
- Dico, tu e la Sabaku?- Ah, si, l'ho vista poco fa.- Dico, tu e la Sabaku insieme?- lo aiutò e sperò che il tono malizioso della sua voce
suonasse abbastanza malizioso alle sue orecchie.
Shikamaru buttò la testa indietro, la fronte corrugata in profonda concentrazione Quando?E Ino scoppiò - Per tutti i tanga!- lui la fissò orripilato - Ti sto chiedendo se tu e la Sabaku
siete andati a letto insieme!- Ah, quello.- tossicchiò leggermente, mediamente imbarazzato di stare parlando di quello
con Ino ( insomma era una femmina! ) - Non lo so, tu che dici?Lei iniziò a sistemare alcuni fiori - Tutto il villaggio ne parla, la voce è arrivata pure a tua
madre mi sà.- e ridacchiò - Sicuramente quando Temari lo sentirà darà di matto.- Già fatto.- Oh, bene.- Bene un cazzo.- bofonchiò grattandosi il collo - Senti, metti in giro la voce che è tutta una
stronzata, eh?- Perchè scusa?, è così divertente!21
- E' una seccatura.Lei sospirò melodrammatica - Va bene, va bene.- e appena sentito quello che voleva
sentire, Shikamaru sparì.
Tre giorni dopo.
Temari non aveva mai assistito ad una cosa del genere, davvero, era una cosa del tutto
nuova.
Il fatto era questo : lei era appena uscita dal tabacchino - doveva comprare le caramelle quando era stata letteralmente travolta da una figura a tratti arancione e a tratti bionda;
non aveva fatto in tempo a porconare che la suddetta figura sclerotica si era attaccata a mo
di polpo ai suoi fianchi, gemendo come un matto da legare. Non appena aveva alzato gli
occhi si era ritrovata a guardare l'Haruno in tutta la sua rosea collera. Aveva sbattuto le
palpebre, poi aveva lanciato uno sguardo indagatore all'Uzumaki - che nel frattempo si era
nascosto dietro di lei - e in risposta aveva avuto un indice puntato contro l'Haruno, un
borbottio indistinto da parte dell'additata e un ringhio animale da parte dell'additatore.
In sintesi, non ci aveva capito una mazza, ma ormai era in mezzo e, anche se non aveva
davvero mai assistito ad uno scambio così pittoresco di... cose strane che non riusciva
neanche a classificare.
- Uzumaki.- disse.
- E' colpa sua!- Naruto...- sibilò Sakura ad un passo oltre la soglia della mera rabbia.
- E' colpa tua e lo sai!, non andrò da Tsunade per dirle che sono stato io perchè non è vero!il biondo diventò rosso - E' colpa tua, Sakura-chan!L'Haruno, ahilei, divenne così pallida che avrebbe orgogliosamente sfidato una mozzarella,
Temari era così stranizzata che non riusciva a muovere un muscolo.
- Che è successo?- Oh, Shikamaru!,- esclamò Sakura esasperata - aiutami.Lui inarcò un sopracciglio, guardò Naruto dietro la schiena di Temari e rilassò le spalle L'Hokage ti cerca.- e con un cenno del mento indicò Temari - In fretta.L'Uzumaki mollò i suoi fianchi solo dopo essersi guadagnato uno sguardo omicida e non
appena restò senza protezioni si dileguò a velocità impressionante, inseguito da Sakura
che, in sincerità, non aveva un'espressione rassicurante; Temari li guardò allontanarsi
sbattendo più volte le palpebre, poi indicò la via dove erano spariti con il pollice e si rivolse
a Shikamaru - Stanno insieme?- Non che io sappia.- bofonchiò quell'altro, s'incamminò annoiato, mani in tasca e occhi
rivolti al cielo.
- Hey!.- lo trattenne per il braccio - Il palazzo degli Hokage è dall'altra parte!L'espressione sofferente di Shikamaru poteva anche essere divertente in determinate
circostanze, ma Temari la trovava piuttosto fuoriluogo in quel preciso momento - Era una
balla, non posso spiegarti sempre tutto, seccatura.E c'era da dire che loro due non passavano i giorni a guardarsi nelle palle degli occhi senza
dire niente, perciò rispondere alla sua velata provocazione fu quanto mai semplice - Io non
ho bisogno che qualcuno mi spieghi le cose, specialmente non ho bisogno che tu me le
spieghi,- incrociò le braccia al petto - comincio a pensare che la tua mascolinità nascosta se
ne sia andata.- Se, magari ha bussato alla tua porta, mh? Sei tu l'uomo mancato, non scassare.Gli si fece vicina per poi mettersi di fronte a lui, uno sguardo malizioso negli occhi e il suo
proverbiale ghigno stampato sulla bocca - Non ti sei lamentato.- ricevette uno sguardo
disattento, poi Shikamaru la sorpassò - Hey!22
- Io non me la faccio con te, seccatura.Assottigliò gli occhi, ma continuò a camminare dietro di lui, non abbastanza motivata per
rispondergli, ma certamente incazzata per quello che le aveva detto. Era la coerenza fatta
persona, lei. Stavano camminando ai margini del fiume, alcuni ragazzini ci si erano infilati
dentro fino alle ginocchia mentre alcuni adulti tenevano la canna da pesca tra le gambe, un
cappello calato sugli occhi e la pelle abbronzata dal sole.
Andò a sbattere contro la sua schiena qualche secondo dopo e prese a massaggiarsi il naso
prima di gettargli una serie di insulti e sguardi davvero poco femminili - L'hai fatto di
proposito!- Non dovresti camminare così vicina all'acqua...- ponderò ad alta voce, si girò verso di lei,
posizionò la mano destra al centro del suo petto - E dovresti anche sciacquarti la bocca...- e
spinse.
Le paroline carine che Temari gli urlò furono le più illuminanti che avesse mai sentito, la
guardò divertito mentre cercava di rialzarsi, ma i vestiti le rendevano la cosa più
complicata del previsto.
- Quando finirai di fare la stupida vieni a cercarmi, magari ti offro un caffè.- VAFFANCULO!Lui rise.
Era pomeriggio inoltrato quando Temari riuscì dal suo appartamento, asciutta e linda
come doveva essere e abbastanza incazzata per far allontanare qualsiasi tipo di creatura nel
raggio di un miglio.
I suoi occhi non promettevano niente di buono quando raggiunse l'ufficio del Nara dannato Nara; come al solito sbattè la porta e camminò verso di lui con passo marziale, gli
occhi fissi nei suoi ( molto annoiati e di conseguenza tanto irritanti ) e le mani rigide lungo
in fianchi.
Shikamaru sapeva cosa gli avrebbe urlato, all'incirca. E non ne era preoccupato, per niente.
Quel tuffo se l'era meritato, punto. E si meritava pure un raffreddore, certo.
Quindi lui non avrebbe spiccicato neanche una parola, non prima di lei sicuramente.
- Intelligente?- anche lui era la personificazione della coerenza, non c'era che dire.
- Sei un coglione.- disse d'un fiato - Se mi prenderò un raffreddore sarà colpa tua, quindi
vedi di non essere nei paraggi quando questo accadrà.- Fino a prova contraria...- Fino a prova contraria il ragazzino sei tu, non io. Non mi è piaciuto lo scherzo e sono
venuta qui per dirtelo, non per chiederti scusa o le altre stronzate che ti aspetti da me. Io
sono questa, se ti piace bene. Se no, cazzi tuoi.- i suoi gli scrutarono freneticamente la sua
faccia, il verde era oscurato dalla rabbia, era come se quella volta fosse davvero lui nel
torto, e non gli piaceva per niente la sensazione di essere guardato come un ragazzino.
Lui non era più un ragazzino, aveva già diciannove anni e fare il ninja non era una cosa da
niente. Aveva imparato a prendere decisioni drastiche anche nelle situazioni più
traballanti, ma quando si trattava di lei non sapeva mai come comportarsi se non nel solito
modo, il modo che ormai tutti conoscevano.
Non pensava che aver condiviso il letto con lei gli avrebbe procurato tutti quei problemi e
tra l'intero villaggio che spettegolava e lei che negava l'accaduto, bhè, Shikamaru non aveva
passato momenti rilassanti, proprio no.
Il fatto che lei, adesso, si trovasse davanti a lui, affermando che o la prendeva per com'era o la lasciava in pace, diceva molto di quello che Shikamaru non voleva sentire.
Che loro erano stati amici, una volta.
Mise sù la solita espressione annoiata - L'hai negato tu.- Io non ho negato niente.- sibilò - E' successo una volta sola, quindi io non me la faccio
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con te.- strinse le mani a pugno - Non ho negato niente, io.- e guardandolo con puro odio
negli occhi, uscì.
E Shikamaru ebbe di che pensare, nelle ore seguenti.
Il modo che tutti conoscevano sparì nei seguenti giorni. Ino continuava a guardare quei
due che s'ignoravano con un misto di divertimento ed impazienza nello sguardo; da quel
poco che conosceva della Sabaku, si aspettava sfuriate e ventagliate nei posti dove non
batteva il sol, ma non accadde nulla nei tre giorni seguenti La lite.
Lite di cui lei non sapeva nulla, lite che Choji classificava come " Inutile tecnica di
sfiancamento " e che, sicuramente, si sarebbe protratta a lungo se nessuno dei due
abbassava la cresta.
Cosa impossibile, a detta di Ino che, guarda caso, si trovò in rotta di collisione con la
Sabaku proprio quella mattina - Buongiorno balena!- Gli stecchini si usano per pulire i denti, lo sai?- Oh, si, ma sia dia il caso che questo stecchino,- e s'indicò con entrambi gli indici - oggi
abbia un appuntamento...Le scoccò uno sguardo iroso - Tante belle cose.- ... con un certo qualcuno che è più di tre giorni che non consideri.Temari sogghignò sfiorando con i polpastrelli il ventaglio sulla sua schiena, prese un
silenzioso respiro e la guardò senza tradire nessun tipo di emozione - Ripeto : tante belle
cose.- ... Si, hai ragione. Shikamaru è proprio bravo... oh, ma tu non puoi saperlo!- Come, scusa?- Ma si, Shika mi ha detto che non è successo niente tra voi due,- mosse la lunga chioma su
una spalla - mi ha pure chiesto di smentire le voci che circolavano al villaggio.- si picchiettò
l'indice sul labbro inferiore - Ci hanno subito creduto, sai? E' matematicamente
impossibile che Shikamaru s'interessi ad una come te, non sei neanche di Konoha.- si
scrollò nelle spalle mentre Temari irrigidiva i muscoli delle braccia.
Aveva una voglia matta di spaccarle la faccia.
- Sicuramente mi porterà al suo posto preferito, - le schiacciò l'occhio - così se la situazione
lo richiede...- ma lei era già sparita.
Ino roteò gli occhi al cielo, si guardò le unghie e sospirò - Cosa sarebbe il mondo senza di
me?- Cosa faresti se io, adesso, andassi dal tuo amico grasso e me lo portassi a letto?- Pregherei per lui e per la sua anima, che cosa vuoi, seccatura?Temari sganciò il ventaglio e lo infilò con forza nel terreno tra le sue gambe, Shikamaru la
guardò indifferente - Hai chiesto alla tua amica di rompermi i coglioni?- Quale amica?Lei fece una smorfia schifata e spinse il ventaglio più a fondo - Quella con cui hai un
appuntamento oggi.- scimmiottò il tono di Ino e lui inarcò entrambe le sopracciglia.
Appuntamento?, con Ino?
Aaaah, certo. Ghignò - E anche se fosse?- Credo pregherei per te e per la sifilide che ti verrà.- Almeno Ino se la fa con me, a differenza tua.- Sai che bellezza...- bofonchiò trucidandolo subito con lo sguardo - Tienimela lontana.Shikamaru si sostenne sugli avambracci e sforzò il collo per guardarla - Diglielo tu, stavo
dormendo.- Dirglielo io?, dico, sei completamente partito di cervello? Non sono stata io a dirle : " Vai
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a rompere le palle a Temari ", quindi tienimela lontana!- Gelosa?Assottigliò le palpebre stringendo la presa sul ventaglio - Stà attento, cry-baby.- Se lo dici ti sentirai meglio, ma non adesso, sono stanco.- e si ributtò disteso sull'erba, le
braccia incrociate dietro la nuca, l'espressione rilassata come se lei non fosse più lì.
Non le piaceva, quindi gli diede un calcio e lui uggiolò di dolore rotolandosi su un fianco,
rannicchiò le ginocchia, entrambe le mani a tenere la parte lesa e gli occhi stretti dal dolore
come i denti.
A Temari questo piaceva e sghignazzò disincastrando il ventaglio dal terreno per
appoggiarlo al suo fianco; si gustò la scena come se stesse assistendo ad un film molto
interessante, vagamente dispiaciuta per il ragazzo, ma molto più divertita dall'espressione
dolorante dei suoi occhi quando voltò la faccia per guardarla - Stronza.- Grazie.- Sei davvero,- prese un profondo respiro - una stronza.- ringhiò tra i denti, le falciò le
gambe facendola cadere e prima che lei avesse il tempo di lamentarsi per la botta al sedere
le fu sopra; le bloccò i polsi, stringendoli con forza, e si avvicinò così tanto alla sua faccia
che Temari cercò di affondare ancora di più nell'erba - Mi hai fatto male.- sibilò stringendo
ancora di più i polsi, lei strinse le labbra in una smorfia dolorante, ma non disse nulla - sei
davvero insopportabile. T'incazzi per la minima cosa, sei orgogliosa da far schifo, mi
disturbi il sonno e sei così bugiarda...- scosse la testa - Sono veramente stanco di te.Si guardarono, lei neanche mosse i polsi, lui smise di stringere - tanto sapeva che non si
sarebbe liberata e lui era troppo pigro per lasciarla andare.
- Non te la fai con lo stecchino.- lui sghignazzò e scosse la testa - Non le hai neanche detto
di rompermi le scatole.- assottigliò le palpebre irrigidendo le spalle - Però le hai chiesto di
smentire le voci.- Sei piombata nel mio ufficio e lamentata come una ragazzina per quelle voci. Dovresti
ringraziarmi.- Fanculo, Nara.- Questo tipo di relazione è una grande seccatura.- Non abbiamo nessun tipo di relazione...- bofonchiò chiudendo per un attimo gli occhi,
giusto il tempo perchè lui si stendesse accanto a lei, gli occhi scuri rivolti al cielo - Hey, crybaby...- si stese di pancia, il capo sorretto dalle mani, lui neanche la guardò - Se più tardi
vieni a casa mia, magari ti offro un caffè.- Me lo puoi offrire anche adesso, il caffè.Poco lontano Choji coprì gli occhi di Ino, rosso come un peperone.
Aveva un disperato bisogno di cose salate - Andiamo a comprare le patatine?- Non possiamo rimanere?, magari è la volta buona che decidi di dimagrire...- Giammai, a me, le patatine, piacciono fritte.- Che bella analisi...Capitolo 3: Promises: buon sangue non mente!
La scacchiera era come l'aveva lasciata la sera prima, imbronciò il labbro inferiore e
ingogiò l'istinto di far volare pezzi e scacchiera fuori in giardino, non sarebbe stato un
comportamento maturo.
E lo sapeva che perdeva sempre, lo sapeva che non era bravo come suo padre o suo nonno,
però gliel'aveva promesso. E le promesse si mantegono sempre, qualunque esse siano e a
chiunque le si facciano.
Shirai aveva cinque anni e non era certo un genio come il suo papà; certo, era intelligente e
molto sopra la media rispetto ai suoi coetanei, ma non era un genio e non sapeva giocare a
shogi.
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In un certo qual modo lo infastidiva. Si sedette, imbronciato, a gambe incrociate sul tatami,
le braccia serrate al petto e gli occhi scuri puntati sul giardino. Lui non era in casa.
Sua madre entrò in quel preciso istante, il kimono leggero e ventaglio in spalla, stava
uscendo anche lei.
La guardò con un misto di rabbia e tristezza che mosse lo stomaco di Temari (era sua
madre, in fondo, un po' d'istinto materno ce l'aveva).
- Mamma...- bofonchiò a mo di saluto, e tanti saluti alla bella giornata, pensò Temari - Stai
andando a lavoro?- Già.- E quando torni?La donna appoggiò il ventaglio sul tatami e s'inginocchiò a fianco al figlio - C'è qualche
problema?Lui tirò su col naso e indicò la scacchiera, Temari non comprese il nesso tra il suo
malumore e uno stupido gioco da tavolo, ma quando collegò lo shogi con suo figlio arrivò
all'unica soluzione possibile: Shikamaru era un padre degenere.
Sospirò, rinunciando immediatamente ad arrivare in orario al suo appuntamento con
l'Hokage e osservò Shirai che stringeva le labbra per non piangere - Lo sai che non lo fa
apposta.In risposta, il bambino annuì leggermente - E che in questo periodo è molto impegnato;
tuo padre è sicuramente un idiota, ma non lo fa di proposito.- si scrollò nelle spalle,
Temari, sorpresa da se stessa (stava difendendo il crybaby, dopotutto) - E' così e basta.- E a me non piace.Ok, a questo non era preparata, prese un respiro profondo e gli permise di rifugiarsi tra le
sue braccia quando prese a piangere.
Shirai non era un bambino debole e c'erano volte che sembrava più grande della sua età,
ma quando c'era di mezzo Shikamaru diventava morbido e friabile. Lui adorava suo padre,
lo venerava quasi, e non poteva fare a meno di voler sempre stargli attorno, ma questo non
era possibile e avrebbe dovuto capirlo, prima o poi.
- Shirai, non fare così!- disse perentoria, lo allontanò delicatamente, giusto lo spazio per
guardarlo negli occhi dal taglio uguale al suo e scuri come quelli di suo padre - Tuo padre è
un jonin, capisci? Ed è un bravo ninja e un bravo ninja deve fare tante cose, ci sei?- lui
annuì con gli occhi ancora lucidi, lei sospirò, un sorriso appena accennato sulle labbra - E
devi essere fiero di lui, non lamentarti perchè non gioca con te oggi. Tanto lo farà domani.- Davvero?- Si, davvero.Shirai sorrise e l'abbracciò.
Era una bella sensazione, le piaceva proprio.
Shikamaru picchiò la testa sulla scrivania, gli occhi gonfi e arrossati dal sonno; il chunin
che aveva davanti l'osservò con le sopracciglia inarcate e un'espressiome mediamente
sconvolta che avrebbe fatto innervosire un Uchiha, e tanti saluti alla buona educazione Che c'è?- L'Hokage ha detto...- Lo so, cos'ha detto, e ora sparisci.- bofonchiò riappoggiando la testa sulla scrivania,
sbadigliò sonorosamente mentre il ragazzino arrossì di rabbia.
- Ma...!- Ma un cazzo, le cose sono due: o ti accompagni fuori, o ti faccio uscire a modo mio.
Comprendi?Si, una persona con parecchie ore di sonno arretrate può diventare parecchio
acida/molesta/insopportabile e per niente di compagnia, Shikamaru ne era l'esempio
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vivente; per questo, quando il ragazzino se ne andò rabbiosamente, Shikamaru pensò di
prendersi almeno tre giorni di pausa, a partire da quel momento.
Ma bussarono alla porta e, coprendosi la testa con entrambe le braccia, si preparò a
sorbirsi un altro imbecille.
- Colazione?Sua moglie non era un'imbecille, assolutamente no; sollevò lentamente lo sguardo, il
mento appoggiato al legno. Doveva avere un'espressione molto divertente visto che Temari
ridacchiò - Buongiorno.- Un corno.- lei ridacchiò ancora prima di chinarsi e baciarlo lievemente, lui seguì le sue
labbra con noiosa soddisfazione - Non hai preso il caffè.- Lo prendo adesso.- replicò sedendosi sulla scrivania e scartando il pacchetto.
Il forte odore del caffè riempì presto le narici di Shikamaru e, con un sospiro appagato,
prese il bicchiere di carta che Temari gli aveva allungato, ne prese subito un sorso Shirai?- L'ho accompagnato da tua madre,- sorseggiò lentamente il caffè - e sono sicura che tuo
padre lo porterà da qualche parte lontano da casa, di nuovo.- l'uomo sbuffò divertito e lei
decise di parlare chiaro - Gli hai detto qualcosa?- A mio padre?, no, è tre giorni che non lo vedo...- Al bambino, Shika.Lui sembrò parecchio confuso, ma quell'espressione fu presto sostituita da una lieve
preoccupazione - E' successo qualcosa?- Non lo so, dimmelo tu.- Che significa 'dimmelo tu'?, non so di cosa stai parlando, Tem.- Dimmi che non gli hai promesso niente.Shikamaru fece mente locale. Allora, quella settimana era stato a casa si e no sedici ore e la
maggior parte del tempo aveva dormito; giusto ieri sera era riuscito a scappare dalle grinfie
dell'Hokage schiavista e si era catapultato a casa dove aveva trovato suo figlio che guardava
la scacchiera con sguardo meditabondo...
... O cazzo.
- Lo sapevo.- sibilò Temari, e lui sospirò - Lo sai che ha pianto, si?- Non farmi sentire una merda...- Ma lo sei.- sbottò, per poi calmarsi - Senti, lo so che è complicato per te...E Shikamaru era troppo stanco mentalmente per sopportare una discussione con lei, anche
solo ascoltare quello che lei aveva da dire era impensabile - Sentimi tu.- bloccò la
ramanzina con un gesto seccato della mano - Sono stanco e devo lavorare, devi lavorare
pure tu e con mio figlio me la vedo io.Gli occhi rabbiosamente socchiusi di Temari erano come fari, la piega incazzosa delle
labbra era oltremodo presagio di cataclismi cosmici, ma lei si limitò a ghignare
amaramente - Bene.- Bene.- fece lui.
- Bene!- e rovesciò il caffè rimasto nel suo bicchiere dentro il cestino, gettò anche il
bicchiere e quando uscì, si sbattè la porta alle spalle.
I cardini tremarono e anche lo stomaco di Shikamaru: si era riportata i cornetti.
Tornare a casa dopo una lunga e straziante giornata di lavoro era un cosa... aaah. Inserì
impaziente le chiavi e trascinò i piedi fino alla cucina dove sgranocchiò uno dei biscotti di
Temari, quelli al cioccolato, che ti si scioglievano in bocca e mille kcal al pezzo. Non che gli
importasse ingrassare e non avrebbe potuto neanche, visto il lavoro da bue che faceva.
L'Hokage, non appena aveva visto le profonde occhiaie che solcavano il volto di
Shikamaru, gli aveva categoricamente vietato di presentarsi in ufficio, l'indomani, e lui non
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si era mai sentito così felice in vita sua (tranne quando Temari aveva accettato di vivere
con lui a Konoha e quando aveva accettato di sposarlo, la nascita di suo figlio...) e aveva
lasciato il lavoro incompleto, tanto c'era Kakashi, forse.
Si liberò della divisa e camminò per casa in boxer; libero da ogni pensiero si diresse verso il
salone, aprì le fusuma e si distese.
Il sonno non veniva e la scacchiera lo stava guardando con gli occhi di suo figlio, rotolò su
un fianco ma non cambiò molto; Temari non sarebbe tornata presto e molto
probabilmente suo figlio già dormiva a casa dei suoi, nella sua vecchia stanza.
Si rivoltò, la schiena pressata sul tatami e la scacchiera lo stava fissando di nuovo - E'
inutile che fai così.- mugugnò mogio - Io non mi alzo.- ma non la smetteva di fissarlo, era
irritante - Ti ho detto che non...- Papà?Si sedette di botto, maledicendo la dannata scacchiera per avergli fatto fare la figura del
pazzo che parlava da solo; perchè non c'erano dubbi, quella voce apparteneva a suo figlio
(e, in vero, ne aveva solo uno, quindi fece finta di non aver pensato quello che aveva
appena pensato), al suo unico figlio (appunto).
- Uhn, ciao.- e sollevò una mano, indeciso su cosa dire - Come va?E c'era da dire che Shirai non era un bambino come gli altri, infatti sbarrò gli occhi tanto
così, le sue labbra tremarono e Shikamaru avvertì la fine del mondo sopraggiungere - Non.
Piangere!Ma, ovviamente, era anche figlio di sua madre e, dato che Temari era una disfattista nata,
era impossibile che loro figlio ascoltasse quello che lui diceva, infatti pianse e lui entrò nel
panico - No!, Shirai!- lo afferò per le spalle e gli coprì gli occhi con il suo braccio - Smettila
immediatamnente!E c'era anche da dire che la sua autorità era pari a zero quando suo figlio si lasciava andare
a quelle, rare, crisi esistenziali. Il bambino continuò a singhiozzare, parlando a tratti, le
parole strozzate dai singhiozzi, il collo paonazzo e il corpicino tutto tremante.
Shikamaru si sentì un animale, perchè per lui erano tutte seccature, ma più si diceva che
non era niente, che i bambini imparavano, e più non riusciva a classificare quella come
seccatura. E allora fece l'unica cosa che, sapeva, avrebbe fatto smettere tutto quello strazio
- Lo dico alla seccatura.E Shirai s'irrigidì, deglutì e smise di piangere, con qualche difficoltà, ma smise. E poi lo
guardò con rabbia, quella rabbia che nei bambini a volte sembra comica - Sei un bugiardo!Non sapeva perchè, ma, effettivamente, non aveva niente per discolparsi. Effettivamente
lui era un bugiardo - Si, lo so.- disse roteando gli occhi al cielo - Ma non lo faccio apposta.- Ca...cavolate.- bofonchiò - Sei un bugiardo.- Si, lo so.- E io non ti voglio più bene.Shikamaru incrociò le gambe e lo guardò con il sopracciglio inarcato, si disse che era ora di
fare il padre - Bugiardo.- a modo suo.
- Non è vero!Fece finta di pensare mentre suo figlio lo guardava, rosso di rabbia - Quella volta che hai
rotto quel vaso e hai detto che non eri stato tu,- e alzò il pollice - quella volta che hai
coperto l'Uchiha di dentifricio, e non eri stato tu. Ah, e quando hai mangiato tutti i biscotti
di tua madre, ma non eri stato tu...Shirai, man mano che le dita aumentavano, incassava la testolina tra le spalle e arrossiva.
Nella sua testa non era stato lui a fare tutte quelle cose, nonono, lui non le faceva, quelle
cose. Era che suo padre lo voleva far arrabbiare e basta, perchè il vero bugiardo era lui e
punto.
-... Shirai,- ma nel frattempo lui, l'innocente bambino, aveva abbassato gli occhi e stava per
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piangere di nuovo - anche io posso sbagliare.- No.- bisbigliò negando ferocemente col capo - Tu sei papà.E grazie tante, la logica dei bambini, a parere di Shikamaru, era la cosa più pericolosa che
esistesse - Non c'entra. Ci sono...- corrugò la fronte e sfiorò il braccio del bambino, lasciò le
dita li - Tante cose che ancora non puoi capire.Tirò su col naso - Mi hai promesso di giocare, d'insegnarmi.Però non c'era e questo, suo figlio, lo capiva.
Shikamaru non sapeva cosa significasse non avere un padre, perchè lui l'aveva avuto, un
po' strano e incasinato, ma l'aveva avuto e l'aveva ancora, quindi non voleva far crescere
suo figlio con la convinzione che il suo, di padre, fosse un bugiardo. Cosa che, in realtà, era,
ma non era questo il punto.
Lui non era patologicamente bugiardo, quindi la promessa che aveva fatto a suo figlio
l'avrebbe mantenuta. Dopo aver tranquillizzato il bambino e dormito almeno otto ore,
s'intendeva.
Prese un respiro profondo - Io e tua madre... litighiamo?- dopo un momento di confusione,
Shirai annuì - La facciamo la pace?- annuì ancora e Shikamaru si torturò l'interno delle
labbra, profondamente imbarazzato - Vuoi fare pace?Shirai incrociò le braccia al petto, sollevò gli occhi al soffitto per qualche secondo,
tamburellò il piede sul tatami e poi sorrise* - Solo se m'insegni a giocare...- A questo proposito...- Ora!- ... che seccatura.Capitolo 4: Voglio combattere! Chiedilo alla mamma…
Non è difficile diventare padre. Essere padre : questo è difficile.
Wilhelm Busch
Si sentiva leggermente disturbato, come quando una mosca fastidiosa si avvicina
all'orecchio o come quando Choji e Ino facevano comunella per fargli saltare i nervi,
oppure quando la Seccatura decideva che era da troppo tempo che non gli fondeva i
neuroni.
Quel tipo di disturbo riusciva a riportarlo nel mondo dei vivi con una facilità
insopportabile e lui che prendeva ogni occasione per sbracarsi in ogni luogo pianeggiante e
non, la trovava una cosa più che fastidiosa.
Socchiuse un occhio per poi abbassare repentinamente la palpebra, corrugò
profondamente la fronte e strofinò la lingua sui denti non appena il suo giaciglio venne
mosso da qualcun'altro.
- Papà...E quasi si lasciò scappare un gemito dolorante quando il ginocchio di suo figlio si adagiò
sul suo stomaco, respirò tra i denti e si costrinse ad aprire entrambi gli occhi che si
rivelarono arrossati e gonfi e con una buona dose di intolleranza a renderli lucidi, ma il
pargolo schiacciò i propri gomiti sul petto del padre e sghignazzò - Ohayou.*- Se, uhn, ciao.- borbottò strofinandosi gli occhi - Che ore...?Shirai allargò il ghigno - Non so leggere le ore.- Ah no?- il bambino negò col capo e Shikamaru capì che voleva più attenzioni del previsto
quel giorno, - Vai dalla seccatura e fattelo insegnare.- ma lui non aveva nessunissima
intenzione di dargliele.
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- La mamma non c'è.- Mh.- ... Papà...- Mmh?- Voglio giocare.- Che ore sono?.Shirai assottigliò le palpebre e pressò con più forza i piccoli gomiti sul suo petto - Ti ho
detto che non so leggere le ore!Cinque anni ed era già tale e quale la sua seccante genitrice, Shikamaru sentì distintamente
il bisogno di riaddormentarsi - Allora, se la lancettacorta è su un numero prima del dodici
è ancora presto.Il bambino s'illuminò - Davvero?- Se.- e richiuse gli occhi convinto di aver risolto il problema.
- Quindi i numeri dopo il dodici significano che è tardi?- Mhmh.Si ritrovò la sveglia ad un palmo dal naso e non appena vide l'effettiva ora provò un istinto
così omicida che avrebbe tanto voluto prendere il muro a testate - Allora puoi alzarti,
vedi?- e indicò la lancetta corta che stava proprio sopra il numero tre - E' tardi papà!Quando un bambino si sbucciava le ginocchia, di norma, tirava giu dal cielo tutti i Santi,
piangendo istericamente fino a quando la sua mammina non lo tirava su e lo consolava.
Dopo cinque minuti il bambino correva di nuovo felice di qua e di la, fregandosene delle
ginocchia sbucciate e delle raccomandazioni della madre.
Shikamaru non li capiva proprio, i bambini; non che lui avesse tutta questa esperienza in
fatto di bambini piagnoni visto che Shirai piangeva solo quando faceva comodo a lui. Il
suddetto bambino, per l'appunto, stava dondolandosi in piedi sull'altalena, cosa alquanto
rimproverabile per la maggior parte delle donne che gli passava davanti, ma Shikamaru,
anche se sembrava guardare per aria, scoccava molte occhiate a suo figlio, una profonda
ruga d'espressione sulla fronte e la sigaretta accesa tra le gengive.
Shirai, d'altro canto, non aveva paura di cadere o di farsi male (era un bambino, non ci
pensava a queste cose stupide!), anzi, si dava la giusta spinta per toccare le foglie più alte
dell'albero con la testa.
Ci fosse stata la seccatura avrebbero entrambi passato un brutto, orribile, terrificante
quarto d'ora. Ma Temari era partita per Suna quella mattina presto, troppo presto per
Shikamaru, che si ricordava di aver appena sollevato il braccio mentre lei usciva dalla loro
camera.
Venti minuti dopo era entrato suo figlio, che adesso si divertita come un matto.
Era tutto contento per aver passato l'esame d'ammissione all'accademia e aveva rotto le
palle mattina, pomeriggio e sera per avere i suoi kunai (di plastica, ma questo lui non lo
doveva sapere).
- Pà.- disse dondolandosi - Mi insegni a combattere?- Compito di tua madre.Il bambino bloccò progressivamente il moto dell'altalena per poi sedersi e piantare la
punta dei piedi sul terreno - Ma la mamma è una femmina!- ... non esattamente.- bofonchiò senza essere sentito dal suo pargolo che guardò per aria in
cerca di chissà quale risposta e quale domanda, a Shikamaru non piaceva quello sguardo,
significava che stava per arrivare qualcosa che, a lui personalmene, non sarebbe affatto
piaciuto.
- La nonna è un ninja?- No.30
- Però fa paura.- considerò il bimbo, picchiettandosi l'indice sulle labbra - Posso farmi
insegnare da lei?- A lanciare padelle e pentole?Shirai sbuffò pensando che, il suo papà, era davvero strano. Molto strano.
- Ma Kyosuke e Ryo sono più piccoli e già scalano le pareti!Ah, ecco il problema.
I due lattanti appena nominati da suo figlio non erano altro che i gemelli Uchiha. Ovvero
una doppia tragedia, una doppia disgrazia, un doppio cataclisma, la coppia che non
sarebbe mai scoppiata. I degni eredi di Sasuke, insomma. E suo figlio era geloso,
tremendamente geloso.
Shikamaru lo trovava divertente, molto divertente. Temari meno, ma non era quello il
punto.
- Anche tu scali le pareti.- Ma loro sono più piccoli!Ah, la logica dei bambini.
- Non t'insegnerò a combattere solo perchè sei geloso.Shirai scattò in piedi, le mani ancora strette alle corde dell'altalena - Io non sono geloso!- No?- No!- Davvero?- Papà!E lui rise.
Quando Temari era arrivata davanti la porta di casa, aveva già il sentore dei problemi sotto
il naso, era entrata con una scrollata di spalle e un'espressione tutt'altro che tesa.
Suo figlio era seduto sulle scale, la testa tra le mani e un broncio bambinesco sulle labbra.
Non aveva neanche alzato gli occhi per salutarla.
- Mà, mi insegni a combattere?- Compito di tuo padre.E allora Shirai aveva proprio sbroccato - Mettetevi d'accordo!- ed era corso in camera sua,
probabilmente ad imprecare.
Temari inarcò profondamente un sopracciglio e si liberò del ventaglio appoggiandolo alla
parete e si diresse in cucina.
Seduto su una sedia, la testa tra le mani, e un'espressione scocciata in viso, c'era
Shikamaru. Non aveva neanche sbuffato per salutarla e lei aveva scrollato, nuovamente, le
spalle mentre apriva il frigo.
- Avete le vostre cose mensili, voi due?- Mh.- Perchè nostro figlio si comporta già come una ragazzina di quattordici anni?- Uhn.La bionda kunoichi sorseggiò il succo d'ananas con un ghigno divertito sulle labbra - Avete
litigato?- Non abbiamo litigato.- bofonchiò.
- Lui ha litigato con te?-... probabile.- E allora?, chiedigli scusa.Shikamaru l'aveva, finalmente, guardata e lei per poco non era scoppiata a ridere Seccatura...- Che ha fatto stavolta?-, l'uomo non aveva risposto - Si è rotolato nel fango?Lui aveva scosso la testa, divertito.
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- Ha mangiato tutti i tuoi gelati?, ha riempito di briciole il letto? E' caduto, si è fatto male e
ti ha dato la colpa?- E' geloso.- Oh, fantastico, nostro figlio è una femminuccia. La prossima volta che rimango incinta,
vedi di non farti più vedere su questa terra.-... E vuole imparare a combattere solo per questo...Temari arricciò il naso, indispettita - Non vedo dove stia il problema.Anche Shikamaru aveva fatto una smorfia - Non è un gioco, Tem.- Certo che non lo è, ma lui è piccolo, non può capire.- Io sapevo per cosa dovevo combattere, alla sua età.Voleva essere confortato, per caso?, o preferiva un pugno in testa?
Era più predisposta per la seconda, decisamente, ma con due poppanti in casa le riusciva
difficile ubbidire ai suoi bisogni omicidi, almeno fino a quando Shirai era così piccolo Imparerà comunque, qui o in accademia.- si grattò il gomito, profondamente imbarazzata
a parlare di quello.
- Non è questo il punto...- borbottò grattandosi la testa.
- Il punto è che Shirai non è te, non è me. Ed è ancora troppo piccolo per capire per chi e
per cosa si combatte. E' normale che sia geloso, è un bambino, e quindi vuole imparare a
combattere perchè altri lo sanno fare e lui no; se capirà per cosa combattere è un altro
discorso che non puoi fargli adesso.Aveva riposto il succo d'ananas nel frigorifero, improvvisamente a corto di parole.
- Quindi dovrei dargli dei kunai veri?- I tuoi primi kunai a che età li hai avuti?, io a cinque.- si era scrollata, di nuovo, nelle
spalle mentre lui si alzava per arrivarle dietro e circondarla con le braccia.
Aveva sistemato le mani sulla sua pancia, il mento nell'incavo del suo collo e aveva
sospirato - Va bene.E lei si era rilassata immediatamente, quasi Shikamaru fosse un tranquillante. La
stanchezza per il viaggio era sparita, sostituita dalla calda e confortante sensazione di casa
che le sue braccia le davano; ma, questo, non l'avrebbe mai detto.
- Che hai detto riguardo la prossima volta che resterai incinta?- Che te lo taglio, crybaby.- Ma io voglio una femmina.Temari si era crogiolata ancora un po' nelle sue braccia, reclinando la testa dietro e
lasciando che lui le baciasse il collo un'infinità di volte - Adesso no.- Mmh?- Devi riportare tuo figlio dalla valle dei morti.Lui aveva sbuffato, borbottato e sbuffato di nuovo - Diventa mio figlio solo quando è
incazzato?- No, diventa tuo figlio quando si comporta da ragazzina.- Fanculo, me la fai sempre.- corrugò la fronte - Comunque non avrà dei veri kunai.Temari roteò gli occhi al soffitto - E perchè mai?- L'altro ieri ha cercato di farsi i buchi alle orecchie con uno dei tuoi...- e lo disse come se
fosse una cosa del tutto normale, ma Temari restò di sale e si voltò meccanicamente verso
di lui.
- Lui. Ha. Fatto... COSA?!-
Capitolo 5: Perchè, i genitori, sono fatti per romperti le scatUHle!
Quando Naruto Uzumaki aveva deciso che era meglio farsi gli affari propri, evidentemente
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non aveva messo in conto un piccolo, trascurabilissimo particolare: lui odiava farsi i fatti
propri. E questo lo portava sempre a finire con un piede nella fossa e l'altro all'Inferno, ma
non per questo si sarebbe fermato.
Naruto aveva smesso i panni del moccioso invadente per indossare quelli dell'uomo rompi
coglioni e c'era chi, davvero, non riusciva a vedere la differenza palese tra le due cose. Sua
moglie Hinata, tra l'altro, era sempre pronta a riportare il consorte con i piedi per terra
ricordandogli che la grande pazienza del mondo, evidentemente, non capiva il suo senso
dell'humor.
Per questo il biondo shinobi si era alzato che il sole non c'era ancora e si era inoltrato nel
villaggio addormentato, con le mani intascate e l'aria di chi è perso nei suoi pensieri.
Aveva incontrato un suo allievo poco dopo le quattro e mezzo di mattina.
- Che ci fai qui?- domandò con aria confusa.
Era raro incontrare uno dei suoi tre allievi in giro a quell'orario indecente, soprattutto nel
loro giorno di riposo e, gli sembrava di ricordare, che tre giorni prima avessero avuto una
missione bella tosta, per questo si stranizzò tanto quando non vide le occhiaie sotto gli
occhi di Shirai Nara - nella sua testa sottolineò Nara tre volte - e fu soprattutto per questo
che quasi si strozzò quando il ragazzo gli rivolse un pigro sorriso.
- Stavo per venirti a cercare.- disse il giovane diciottenne, si picchiettò il filtro di una
sigaretta sulla gamba piegata e sbattè più volte le palpebre prima di riportare lo sguardo
scuro sugli occhi azzurri del suo sensei - Devo consegnarti il rapporto.L'uomo arcuò un sopracciglio e alzò un angolo della bocca - E da quando ti svegli a
quest'ora per portarmi il rapporto?- vide l'altro scrollarsi nelle spalle - E dov'è, tra l'altro?- L'ho dimenticato.- ghignò - Camminiamo?- chiese accendendosi la sigaretta - O sei troppo
vecchio?Mentre il suo sensei scoppiava a ridere, Shirai pensò che forse aveva ragione, avrebbe
dovuto dormire un altro po' prima di uscire di casa. Tra l'altro, era sicuro al centodieci
percento che sua madre gli avrebbe tirato dietro il ventaglio quando sarebbe tornato a casa.
Non aveva neanche avuto la voglia di mettersi a tavola la sera prima, quando era tornato
dalla missione, era filato dritto nella sua camera, bofonchiando scuse incoerenti che non
erano riuscite, comunque, a fermare lo sguardo ironico di suo padre e il ringhio inumano
della sua genitrice. Tanto valeva scappare per il paese della liquirizia e non fare più ritorno.
Il braccio pesante del sensei si sfracellò sulla sua spalla, infortunata, e lo distolse
dolorosamente dai suoi pensieri - Oh, scusa tanto Shirai-chan.- cinguettò il biondo - Ti ho
fatto male?- No.- alitò con le lacrime agli occhi e tossicchiando il fumo che aveva, ahimè, ingoiato Piuttosto,- cercò di riportare la sua voce a toni più consoni - Come sta Hinata-sama?presero a camminare per le strade deserte e quasi non sentivano il vento che trasportava
polvere e foglie secche.
Naruto si ritrovò a ricordare che c'era stato un momento, nella sua vita, in cui aveva
creduto che non sarebbe mai più riuscito a rivedere il suo villaggio, a percorrere le stradine
che lo avevano visto correre, crescere... Piangere. Uno strano sorriso sorse intrepido sulle
sue labbra e pensò che, alla fine, quel villaggio era molto più forte di quello che credeva, che
i nuovi shinobi erano molto più predisposti alla guerra di lui, quando aveva la loro età.
Non sapeva spiegarsi se giudicare bene o male quel dettaglio e sapeva che, se le cose erano
cambiate così tanto, era in parte merito, non riusciva a farsene una colpa, suo. E
dell'Hokage, ma questo lei non lo doveva sapere.
- Benone.- rispose e gli fregò il pacchetto di sigarette, ci guardò dentro e quasi non prese
fuoco dai capelli - Tuo padre lo sa che fumi più di lui e me messi insieme?- bofonchiò
portandosi una sigaretta alle labbra.
- Certo che lo sa, non li esco io i soldi per le stecche.- replicò - Credo abbia perso le
speranze.- continuò con un tono di voce meditabondo, alzò gli occhi al cielo che pian piano
33
andava schiarendosi; tossicchiò leggermente mentre il sensei si accendeva la sua sigaretta e
roteò gli occhi al cielo quando lo vide fare una smorfia disgustata - Compratele, scroccone.ringhiò riprendendosi il pacchetto.
Lui sbuffò una minuscola nuvola di fumo - Smetti, imbecille,- replicò - o almeno cambia
sigarette, queste puzzano.- Ma puzzerà il tuo alito!- Se se,- sventolò una mano in aria - avanti, qual è il problema?Se c'era una cosa che infastidiva il giovane Nara più di tutte, questa era il fatto di essere
prevedibile. Vero era che Naruto Uzumaki l'aveva visto nascere, il fastidio di sua madre
quando ricordava quel giorno era abbastanza graffiante da portarlo a ritanarsi in camera
sua, e che in seguito l'aveva fatto correre avanti e indietro per il villaggio con i suoi due
compagni di squadra ma il fatto di risultare prevedibile lo faceva inalberare sempre e
comunque anche quando si trattava di suo padre che, tra l'altro, era meglio non nominare
visto che aveva la schifosissima abitudine di comparire ogni qual volta si pronunciava il suo
nome invano.
Sbuffò e gettò la sigaretta che si era pure spenta da sola - Ho... combinato un casino.Naruto incassò la testa tra le spalle, un broncio infantile sulle labbra e la fronte corrugata al
massimo - Hai dato fuoco ai rapporti del mese scorso?- No.- Hai ucciso tua sorella!- e sbattè il pugno destro sul palmo sinistro - Lo sapevo che
somigliavi troppo al teme per non cascare in queste cose...- Idiota,- ringhiò - non ho ucciso Aiko.- Ah, no?- No!Naruto, allora, guardò attentamente il ragazzo negli occhi, le sopracciglia vicinissime l'una
all'altra. Se c'era una cosa che faceva combinare casini a Shirai e che lo obbligava a parlarne
con lui invece che con suo padre, bè, quella era una ragazza.
Una ragazza di due anni più piccola, la migliore amica di sua sorella, il cui cognome iniziava
per I e finiva per nuzuka.
Naruto si era fatto furbo, negli anni, anche se certe volte se lo scordava - Hai litigato con
Kiba junior?-, il ragazzo chinò la faccia, le guance arrossate e le mani nascoste nelle tasche;
il biondo roteò gli occhi al cielo e sbuffò.
- Non solo... litigato.Alchè, Naruto, si dimenticò di essere furbo e adulto - Che?E Shirai, che in quanto pazienza faceva ridere le cornacchie, si bloccò in mezzo alla strada,
lo sguardo acceso dalla rabbia e un ringhio a stento trattenuto dai denti.
Somigliava vagamente ad un cane.
- Hai litigato con la dolce nipote dell'Inuzuka?-, il ragazzo annuì - Però non ci hai solo
litigato...- Shirai negò col capo - E' successo quando?Arrossì ancora più profondamente - I...ieri.- tossicchiò per ritrovare il contegno perduto Sera, a casa... mia.Naruto fece mente locale. Shirai era tornato da una missione importante tre giorni prima,
non l'aveva visto fino a quella mattina. La sera prima Shikamaru e Temari erano stati
invitati a cena dall'Hokage, e lo sapeva perchè era presente anche lui; per quanto ne sapeva,
Aiko aveva dormito con Karen (la sua figlioletta adorabile, la sua Karen) e Shirai non si era
visto in giro.
Corrugò profondamente la fronte - Tu hai diciott'anni, giusto?- l'altro annuì e lui prese a
grattarsi il mento e a battere un piede sulla strada.
Avevano litigato, ma non solo, lui aveva diciott'anni e lei sedici... a casa da soli... soli... due
adolescenti a casa da soli.
Sbarrò gli occhi.
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Lo guardò.
Si schiaffò una mano sulla fronte.
Gli diede una pacca sulla spalla - Hai dimenticato a comprarle i fiori, eh?, ma stai
tranquillo, non si offendono mica!Shirai arrossì come un'aragosta - Lascia perdere, non è niente. Hai proprio ragione, non si
offendono...Rientrò in casa con il morale sotto le scarpe, si grattò la nuca e poi passò entrambe le mani
sui capelli che si scombussolarono ancora di più, ma lui aveva sempre avuto il punk nel
sangue, visto che i suoi capelli o se ne stavano sparati o facevano schifo.
Si liberò della maglietta, non pensando assolutamente che la sua adorabile sorellina potesse
avere un infarto a vederlo a petto nudo (certe volte somigliava vagamente ad un'oca, ma la
maggior parte delle volte era una tipa ok).
Aprì il frigo, la maglietta arrotolata intorno al collo, e cercò in lungo e in largo qualcosa di
dolce da bere - Il succo d'ananas è finito.- disse una voce assonnata alle sue spalle.
- Quello alla pesca?- Ma che schifo.- Buongiorno anche a te, chibi*.Aiko gli stampò un bacio sulla guancia e poi gli sbadigliò in faccia - Hai fatto un casino
quando sei rientrato, volevo dormire un altro po'...Il maggiore afferrò una bottiglia d'acqua e ne ingollò la metà in meno di due minuti - Tu
perchè sei tornata?, potevi restare da Karen.- Nah, di mattina è logorroica, una gran seccatura e poi Hinata-san è incinta, mi fa
impressione.- e suo fratello rise - La prepari tu la colazione?- E perchè dovrei?- Perchè ieri l'ho fatta io.- replicò con una scrollata di spalle, aprì uno sportello e arricciò il
labbro inferiore - Ah, settimana prossima viene lo zio, mi prendi il miele?- Kankuro?, e come mai?- le porse il barattolo del miele e lei si diresse al tavolo, si sedette a
gambe incrociate sulla sedia e lo guardò ironica, lui sbuffò - Lascia perdere, non sono in
vena di tradurre i tuoi pensieri.Lei borbottò qualcosa riguardo biscotti e tè e lui eseguì, mettendole il tutto sotto il naso Non lo so perchè, il messaggio non diceva perchè e alla mamma non glielo chiedo.- Litigato?- Mh.Sospirò teatrale - Papà?- Doveva parlare di qualcosa con Neji, non ho ben capito cosa. Ah, mi spieghi perchè
Murasakimaru* dormiva davanti casa nostra?Arrossì vistosamente per la terza volta in meno di due ore, tossì un paio di volte mentre
avvitava la caffettiera e la metteva sul fornello - Che ne so, io?, quel cane è una piaga, lo
sai.Addentò un biscotto con sopra il miele e si leccò le labbra - Secondo me, vuole ucciderti.- Grazie, chibi, mi serve proprio la tua comprensione.- Suki da*.- Watashimo*.La porta che sbatteva produsse un suono assordante, poco dopo suo padre entrò in cucina,
uno sguardo assassino e stava fissando lui. Aiko alternò uno sguardo al fratello e uno al
padre, si scrollò nelle spalle, prese biscotti e miele e, con un sorriso tutto sua madre, sparì.
Shirai, rimasto solo con le sue disgrazie (perchè se suo padre si arrabbiava erano cazzi per
mezza Konoha, lui compreso), deglutì e cercò di sorridere - Pà! Da quanto non ti vedo,
accidenti! Sei più alto?35
- Sei un uomo morto.Sua madre entrò in quel momento, ventaglio in mano e occhi fuori dalle orbite Doppiamente morto.Lui indietreggiò, assolutamente terrorizzato, non sapeva cosa dire.
E, siccome i ragazzi diventano particolarmente stupidi quando messi di fronte alle
intemperie varie ed eventuali della vita, disse quello che nessun sano di mente avrebbe
detto.
- Che ho fatto?Tanti bernoccoli e un'ora dopo, Shirai sedeva imbronciato sul tatami, suo padre gli sedeva
di fronte e sua madre camminava nervosamente in giro per la stanza, borbottando
maledizioni e insulti verso di lui e i suoi geni Nara, perchè era sicura che, se avesse preso
almeno la metà dei suoi geni, tutto quello, non sarebbe accaduto. Mai e poi mai.
Shikamaru fumava e lo guardava dritto negli occhi.
Shirai era molto, molto incazzato in quel preciso istante, perchè odiava essere trattato come
il bambino che non era (aveva diciotto anni, mica sedici!) e il fatto che i suoi non volessero
neanche ascoltarlo aggiungeva paglia al fuoco.
Gli faceva male la testa e voleva chiudersi in camera e non uscirne per almeno due giorni
(non era un bambino!), ma gli occhi di suo padre lo tenevano fermo, immobile e muto come
una statua.
Faceva anche più paura della mamma, quando era in quello stato, perchè almeno la
mamma parlava e ti faceva capire di averla profondamente e tragicamente delusa, lui
invece si limitava a fissare con costanza e non diceva una parola.
Shirai era terrorizzato, pensava che suo padre fosse in grado di uccidere in quello stato e
sapeva che aveva ucciso per molto meno.
Non aveva ancora capito cos'aveva fatto per meritarsi uno strazio del genere, ma la cosa si
sarebbe protratta per le lunghe, conoscendo i suoi.
- Vuoi una sigaretta?Il tono di suo padre era calmo, senza nessuna nota rabbiosa, ma Shirai sapeva che c'era il
trucco e lui non si sarebbe fatto infinocchiare così facilmente - No.- rispose.
- Bene, perchè, appena ti vedo con una sigaretta in mano, ti sego le dita.- fece sua madre, le
braccia incrociate al petto.
- Ci parlo io con lui, Tem.Dopo un momento di sbigottimento generale, sua madre soffiò come un gatto (le si
elettrizzarono anche i capelli) e uscì pestando i piedi e sbattendosi la porta alle spalle.
E lui restò solo con il suo incubo peggiore, ma non lo diede a vedere e incrociò con fare
sicuro le braccia al petto, inarcò un sopracciglio e guardò suo padre con un'espressione che
tutto era, meno che intelligente. Ma Shikamaru non era un tipo che si infiammava per così
poco, assolutamente no, altrimenti, con tutte le cose che i suoi figli gli avevano combinato,
sarebbe già morto di infarto. Otto volte, minimo.
Quindi gli lanciò il pacchetto di sigarette e non cambiò assolutamente espressione quando
lui se ne accese una, gli avvicinò pure il posacenere e Shirai incurvò le spalle, colpito in
pieno dal suo silenzio.
- Hai fatto sesso con Kin?Il fumo gli andò di traverso, iniziarono a lacrimargli gli occhi mentre tossiva furiosamente,
la gola gli bruciava e gli occhi si arrossavano, ma suo padre non cambiava espressione.
Negò ferocemente col capo, tossì ancora - No...- alitò prendendo fiato - Cosa... che cazzo ti
salta in mente! Accidenti a te!- Shirai, hai fatto sesso con Kin Inuzuka?- NO!36
Shikamaru assottigliò le palpebre - Shirai.- Ho detto di no!, perchè dovrei mentire? A te, poi!- spense la sigaretta appena iniziata con
un gesto stizzito - Ma che vi salta in testa a tutti quanti!Lui non aveva fatto sesso con Kin!
- Spiegami perchè Naruto è venuto da me a dirmi che ieri sera Kin ha passato la maggior
parte della notte qui.Shirai arrossì, di nuovo, e distolse velocemente lo sguardo; Shikamaru iniziò a spazientirsi,
non gli andava di ascoltare stronzate visto che Kiba, ora, voleva uccidere suo figlio perchè
aveva deflorato la sua nipotina preferita. E se suo figlio doveva andare al patibolo,
Shikamaru pretendeva una spiegazione, e anche esauriente.
- E poi che t'importa?, saranno anche cose mie...- bofonchiò.
- Le cose sono due: o me lo dici tu, così evitiamo omicidi e quant'altro, o vado a chiamare
Kiba e il padre di Kin e te la vedi tu.Shirai incassò la testa tra le spalle - Non c'ho fatto niente con Kin. Ieri sera mi annoiavo,
sono uscito cinque minuti e l'ho incontrata, siamo venuti qua, ci siamo fatti una partita a
shogi e ho vinto. Abbiamo litigato...- borbottò torturandosi le mani - perchè lei dice che se
non mi do una svegliata resterò single a vita,- si scrollò nelle spalle - e l'ho baciata, lei mi ha
baciato, l'ho riaccompagnata a casa e non so come siamo rimasti. Il suo cane ha dormito
davanti casa nostra perchè vuole uccidermi e ora scopro che tutto il villaggio vuole la mia
testa come centrotavola. Che mondo di merda.Shikamaru sbattè le palpebre, mediamente confuso e abbastanza divertito, tirò un sospiro e
si appoggiò sui gomiti - Baciata?- Se.- E basta?- Cos'altro ci dovevo fare, scusa?- chiese sfilando una sigaretta dal pacchetto.
- Bè, sai com'è, due ragazzi da soli, in una casa grande e vuota, nessun adulto intorno...ridacchiò, poi prese un respiro profondo - Non morirai.- Grazie tante,- bofonchiò - non mi avete neanche fatto parlare, cazzo!- Bè, la cosa era molto... chiara.- ricevette uno sguardo seccato e sbuffò, molto, molto
divertito - Tua madre sarà contenta di sapere che sei ancora vergine...Si strozzò, di nuovo, con il fumo, ma stavolta non per lo sconvolto. Stava ridendo.
Ridendo da morirci, era rosso in faccia e i singulti del riso gli stavano facendo lacrimare gli
occhi - Ve...- rise ancora, sbuffò una nuvola di fumo, tossì - Vergine?- altre risa - IO?Shikamaru sbattè le palpebre - Eh?- Io... ho perso la verginità... a...- rise - Sedici anni!Shikamaru sbiancò, si portò una mano alla faccia e...
Sbottò a ridere.
Con chi suo figlio avesse perso la verginità, non lo voleva assolutamente sapere.
Capitolo 6: Patologicamente simili - o idioti, che dir si voglia...
In accademia s'imparano tante cose.
I sigilli, le tecniche, come lanciare uno shuriken senza mozzarsi il braccio e come lanciare
un kunai senza ciecarsi. Lui aveva una mira fortissima, centrava sempre il bersaglio e non si
era tagliato neanche una volta (tranne le orecchie, ma quello era un altro discorso).
Non imparavi solo quello, però.
Shirai era patologicamente curioso, patologicamente rompi palle e disgraziatamente
silenzioso quando decideva di esserlo, per questo riusciva ad intrufolarsi nel bagno delle
femmine manco fosse un ninja consumato, come Kakashi-sensei (lui adorava Kakashi37
sensei). Pochi minuti prima, aveva visto due alunni più grandi mangiarsi la faccia, era stato
uno shock per lui.
Non che non avesse mai visto una cosa del genere, visto e considerato che sua madre era
una pervertita e suo padre le dava corda con molta facilità, ma almeno i suoi genitori lo
facevano di nascosto, quando lui non c'era e, quando c'era, limitavano quelle cose orribili.
E quei due ragazzini che aveva visto si stavano davvero mangiando la faccia!
Battè ciglio più volte, largamente confuso e scombussolato, si sistemò la cartella in spalla e
corrugò la fronte non appena uscì dall'accademia. Evitò in tutti i modi di farsi vedere dal
maestro Iruka (lo terrorizzava, decisamente) e quatto quatto s'infilò nella strada principale,
affollata come sempre.
La gente che lo conosceva (era molto popolare, si si), lo salutava con un gesto della mano,
ma stranamente lui non si sentiva dell'umore per scroccare qualche caramella all'idiota di
turno. Era completamente assorto nei suoi pensieri quando andò a sbattere contro qualcosa
di duro, di nero e di irritante.
- Uh?- Ah,- rispose il bambino - ciao Sasuke-malefico.Dire che per Sasuke quell'incontro era tutt'altro che desiderato, era dire veramente poco.
Guardò il bambino dall'alto, inarcò un sopracciglio e sghignazzò non appena vide
l'espressione turbata che il bambino aveva.
Il suddetto bambino, non era affatto turbato da lui, per la cronaca, stava solo pensando a
come quei due ragazzi visti prima riuscissero a respirare. Quindi guardò l'Uchiha dritto in
faccia, un'espressione impertinente sul viso - Scusa se ti ho fatto male.- disse riferendosi al
loro incontro/scontro.
Sasuke inarcò profondamente il sopracciglio precedentemente inarcato, il bambino sbuffò,
l'Uchiha roteò gli occhi al cielo.
Se la intendevano alla grande, non c'era che dire.
- Ma non lavori mai, tu?- Sparisci, nano.- La mia mamma dice sempre che sei un raccomandato.- La tua mamma ha perfettamente ragione.Shirai rise - Ma lavori?- Evapora.Il bambino lo guardò con gli occhi più innocenti che Sasuke avesse visto, Shirai vide l'uomo
rilassare le spalle e sorrise - Ce l'hai una caramella?-, Sasuke gliela porse e il bambino
sorrise di nuovo, profondamente - Grazie!- e scappò via.
- Shirai!Si raggomitolò su se stesso, coprendosi fino alla testa.
- Shiraaaaaaaaai!Prese il cuscino e se lo schiacciò sulle orecchie, coperte dalla coperta; serrò gli occhi,
borbottò qualcosa di incomprensibile e aspettò che la sua mamma la smettesse di scocciare.
- NARA SHIRAI! SCENDI TU O SALGO IO?Scattò seduto, i capelli sparati in aria alla punk, l'espressione altamente confusa. Il contatto
dei suoi piedi contro il freddo del pavimento lo costrinse, per forza di cose, a svegliarsi
almeno un tantino.
Scese le scale appoggiandosi al muro con una mano e strofinandosi gli occhi con l'altra,
arrivò in cucina saltellando su un piede (aveva sbattuto).
Sua madre lo guardò critica, la fronte corrugata - Che fine hanno fatto i pantaloni?Solo allora Shirai si accorse che si era perso i pantaloni del pigiama per strada - Ehm... bò.- Siediti e mangia.38
- Non ho fame.Temari lo guardo, di nuovo, le sopracciglia vicinissime l'una all'altra - Siediti. E. Mangia.
Sei uno stecchino, non farmelo dire di nuovo.Shirai non la trovava una cosa giusta che sua madre dovesse trattarlo così di prima mattina,
ma guardando le sue braccia sottili dovette ammettere che non aveva proprio torto, quindi
si sedette buono buono e appoggiò il mento sul tavolo, guardando sua madre che
spadellava.
La mattina, loro, non parlavano quasi mai, non che a lui andasse, comunque. Si rilassava a
guardare sua madre, questo era anche vero.
- Che è 'sto casino?Suo padre era un altro discorso.
Infatti, Shikamaru, trovava abbastanza divertente affondare la mano nei suoi capelli e
scombinarglieli ancora di più. E l'aveva appena fatto.
- Devo essere dall'Hokage tra mezz'ora, non rompere, siediti e mangia.- Non ho fame.Temari trattenne gli insulti spontanei in gola, e gli piantò il caffè sotto il naso - Seduto.Esattamente cinque minuti dopo, stavano mangiando come Temari comandava: in religioso
silenzio. Shirai guardò attentamente i suoi genitori, profondamente turbato, ma quando
sua madre incontrava il suo sguardo, lui, lo riportava immediatamente ai suoi biscotti.
Questo accadde almeno otto volte prima che Temari sbattesse la tazza sul tavolo - Che c'è?- Eh?- si scopose, saltando sulla sedia, suo padre ridacchiò - Io?Lo sguardo della donna non era molto promettente - Cos'è successo?- Cos... niente!- Shirai...- Davvero!Si lasciò andare sulla sedia, chiudendo strettamente gli occhi, in attesa di una spiegazione
convincente, che non arrivò - Cos'hai fatto?Shikamaru, nel frattempo, sorseggiava il caffè e mangiucchiava cereali.
- Io non ho fatto niente!- Shirai...Il bambino incassò la testa nelle spalle, incrociò le braccia al petto e s'imbronciò, tanto sua
madre tra poco sarebbe uscita, non poteva continuare a tartassarlo visto che odiava arrivare
in ritardo, ma Temari sghignazzò - Bene, posso sempre arrivare dopo, dall'Hokage...E Shirai tremò dentro. Letteralmente terrorizzato - Ma se mi dici cosa c'è...- continuò sua
madre - Può anche darsi che non lo faccia...Il bambino aprì la bocca, poi la richiuse. L'aprì di nuovo, e la richiuse; corrugò la fronte
pensando a quello che doveva dire - Tu e papà quando vi...- e unì i suoi indici, avvicinandoli
e allontanandoli - Quando vi...- Litighiamo?- il bambino negò col capo - Abbracciamo?- di nuovo no - Picchiamo?Shirai, roteando gli occhi al cielo, decise che era meglio se andava dritto al punto - Usate la
lingua?Appunto.
- E perchè la usate?Ahia.
- E lo fate spesso?, e perchè? E' una cosa normale?Temari boccheggiò: troppe domande. Guardò l'orologio - Vado.- guardò Shikamaru (messo
peggio di lei visto che si era completamente paralizzato) e strabuzzò gli occhi - L'Hokage, si,
non posso arrivare...- si alzò dal tavolo mentre suo figlio la guardava stralunato - Ritardo,
non posso...- si sistemò il ventaglio in spalla - Assolutamente no.- si bloccò un attimo, gli
occhi fuori dalle orbite - No, no, no...- aprì la porta - Assolutamente, no!- e uscì.
E Shirai non potè fare altro che guardare suo padre, che lo guardò di rimando.
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L'uomo sembrò rabbrividire profondamente, strinse e allentò le mani, guardò ovunque e
suo figlio non la smetteva di fissarlo - Non pretenderai che te lo spieghi io?!Sbattè le palpebre - Posso sempre chiedere a Sasuke-malefico.- NO!Il bambino sghignazzò.
Lui era un genio.
- Pà...- Eh?- Perchè mi hai portato qui?Shikamaru guardò per aria - Perchè mi andava.- Ah...- arricciò il naso - Ma... non ci potevi venire da solo?In quel momento uscì una cosa tutta verde, Shirai urlò terrorizzato, si andò a nascondere
dietro il padre che mise su un'espressione scocciata, ma divertita - Ciao, Lee.- Che la giovinezza ti sia vicina.- Se, se, lo so.- borbottò - Mi serve un favore.- Sono sempre disposto ad aiutare un amico in difficoltà! Ah, mi ricorda tanto i vecchi
tempi, quando correvamo felici inseguiti dai nemici, la giovinezza tra le dita...Shirai era molto, molto terrorizzato. Davvero tanto.
Assai.
- Si, certo, ricordo anch'io la felicità, possiamo entrare?- Ma certo!Uscirono da quella casa tre ore dopo. Tre ore.
Tre ore per spiegare ad un bambino che cos'era un bacio.
Tre maledettissime ore.
C'era da dire che Shirai non avrebbe mai più fatto una domanda del genere, Shikamaru
l'aveva portato da Lee proprio per raggiungere questo scopo.
Il bambino strinse i pantaloni del padre, imbronciato.
- Pà...- Mh?- Non lo fare più.Arricciò le labbra per fermare il riso, gli scompigliò i capelli e se lo caricò in braccio - Nah.- Papà...- sbadigliò - Perchè le femmine sono stupide?- Non sono stupide.- Quelle che conosco io si.- La mamma è stupida?Shirai sbattè più volte le palpebre, pensando che suo padre era veramente stupido - La
mamma non è una femmina.- sbadigliò di nuovo, guardò il cielo - E poi le voglio bene.- Già.- E' strana anche lei, però.- corrugò la fronte - Però mi piace.- Facciamo che non fai più domande strane, così lei non si fuma i neuroni.- Neuroni?- Te lo spiego un altro giorno, eh?Accoccolò la testa nella spalla di suo padre, respirò e socchiuse gli occhi - Non sono
pesante?- Tremendamente.- Non è vero.- Si che è vero, ti pesa il sedere, come a tua madre.40
- Non è vero!- un altro sbadiglio - Pà, non sono belle le nuvole?Shikamaru guardò per aria - Mh.- Sono morbide?- Si, sono morbide.Strinse le dita sulla maglia, gli occhi quasi chiusi - Come la mamma?Ma Shikamaru non fece in tempo a rispondere che già dormiva.
Shirai aprì di scatto gli occhi e si guardò in giro confusamente. Sbadigliò forte, senza
preoccuparsi di coprirsi con la mano, tanto la mamma non lo poteva vedere, e pensò che
aveva sete.
Pensò che aveva tanta sete e tanta fame, sbadigliò ancora e guardò fuori dalla finestra. Oltre
le tende e il vetro era buio, sbattè gli occhi, poi si scrollò nelle spalle.
Aveva fame uguale, quindi uscì silenziosamente dalla sua camera, i pantaloni del pigiama
abbassati fin sotto il sedere e, di conseguenza, lunghi fin sotto i piedi; li riportò in sesto,
saltellando.
Entrò in cucina guardandosi attorno, era buio, ma non eccessivamente e lui non aveva
paura del buio, assolutamente. Deglutì, la sua pancia brontolò e lui la massaggiò con la
mano.
Quando aprì il frigorifero socchiuse le palpebre, gli occhi disturbati dalla lieve luce. Si rese
conto che non arrivava a prendere il prosciutto e corrugò la fronte.
Non si poteva arrampicare, l'ultima volta si era rotto il sedere e un barattolo di non sapeva
cosa gli si era rovesciato addosso. Ricordava, però, che aveva puzzato di aceto per giorni.
Si grattò la pancia e sollevò lo sguardo e lo vide.
Il budino. Al cioccolato.
Di sua madre, ma lui aveva fame!, però il budino era molto più in alto del prosciutto.
Si scrollò nelle spalle e corse a prendere una sedia, la trascinò con qualche difficoltà, ma il
pensiero del budino consolò le sue pene. Sistemò la sedia davanti il frigo e vi salì sopra, la
lingua tra i denti.
Stava per raggiungere il tesoro... Si alzò sulle punte, c'era quasi...
- Che fai?Si strozzò con la sua stessa saliva, il suo equilibrio vacillò, si voltò per vedere chi diavolo era
e il suo equilibrio lo mandò a quel paese con tanti saluti.
Shikamaru lo prese al volo, gli occhi arrossati e seccati rivolti a suo figlio - Si può sapere
cos'hai in testa?- Il budino?- Si fotta il budino, sai che stramaledettissime ore sono?Shirai trovò il contatto con il pavimento molto confortante, ma gli occhi di suo padre non
promettevano nulla di buono, si morse le labbra e incassò la testa nelle spalle - Non so
leggere le ore.- bofonchiò.
Shikamaru borbottò qualcosa che lui, fortunatamente, non colse e gli prese il budino - E'
tardi.- E se lo sapevi perchè l'hai chiesto a me?- sbottò incrociando le braccia al petto, secondo
lui la sua frase era molto giusta, secondo Shikamaru suo figlio voleva morire prima dei dieci
anni.
Se era così già a cinque anni, non osava immaginare come sarebbe stato a quindici; il solo
pensiero lo rendeva nervoso.
Risistemò la sedia e suo figlio si sedette, tutto contento per aver ottenuto il budino. Lui si
accese una sigaretta e aprì la finestra - Potevi farti male...Lui affondò il cucchiaino e arricciò le labbra prima di infilarselo in bocca - Mi hai salvato.- Potevo non scendere.41
- Però sei sceso.- prese un'altra cucchiaiata - E non mi facevo male uguale, sono un ninja!L'uomo sbuffò una nuvoletta di fumo - Che non sa stare in equilibrio sulle sedie.- Ma comunque un ninja!- replicò, gli angoli della bocca sporchi di cioccolata - E poi avevo
fame.- E ti sazi con il budino di tua madre?Shirai incassò la testa tra le spalle e lo guardò innocentemente - Non lo dici alla mamma,
vè?In risposta schioccò la lingua al palato e poi guardò il bambino che mangiava quella cosa
molle che lui detestava.
- Come va in accademia?Inghiottì - Bene!, l'altro ieri ho centrato il bersaglio sette volte di seguito! E Kiba-san mi ha
fatto fare un giro su Akamaru, Naruto mi ha insegnato a lanciare tre shuriken insieme e ho
scroccato una caramella al malefico!- Ah, come sta Sasuke?- Non è Sasuke!, è malefico! E non lo so come sta,- si scrollò nelle spalle, allontanando il
contenitore del budino, ormai sparito nella sua pancia - a me sembra sempre uguale.Shikamaru rise gettando la sigaretta fuori dalla finestra e poi appoggiò i gomiti sul
davanzale - E com'era la caramella?- Alla menta, mi piace la menta, però non era quella menta...- gesticolò - Quella che prendo
sempre, era più forte. Mi piace.- stropicciò l'orlo delle maniche - Pà, ma perchè malefico e
Naruto litigano sempre?- Perchè si amano alla follia.- bofonchiò roteando, poi, gli occhi al soffitto - Storia lunga.Shirai dondolò i piedi e guardò il soffitto - Voglio andare dallo zio.E Shikamaru strabuzzò gli occhi - Che?- Si!, voglio andare dallo zio Gaara perchè quando viene lui, qui, sta sempre chiuso
dall'Hokage e io non lo vedo, perciò se ci vado io deve per forza stare con me!- Gaara fa, uhn, lo stesso lavoro dell'Hokage a Suna, non ha mai tempo per niente.- Però io sono suo nipote.- Eeh, - tossì - ne riparliamo.- Il suo unico nipote.- Si, lo so che sei il suo unico nipote...- Il suo unico, bellissimo, intelligentissimissimo nipote.- Shirai, ho detto che ne riparliamo.- e il bambino si ammutolì, imbronciato - E poi io e tua
madre abbiamo un sacco di lavoro, non c'è tempo, e tu devi andare in accademia.S'imbronciò ancora di più, ma non ce l'aveva con il suo papà, perchè il suo papà aveva
sempre ragione o almeno era quello che pensava. E non era cattivo, il suo papà, quindi non
era che non voleva che lui andasse dallo zio Gaara. E lui era un bambino comprensivo,
dopotutto.
- Voglio un altro budino.- Tu vuoi dormire.- e se lo caricò in spalla, ignorando i suoi lamenti e le sue gambe che gli
colpivano l'addome - E stai fermo!- Ma io ho fame!- Hai mangiato il budino.-... ora voglio il panino col prosciutto.- Magari domani.- Papà!Shikamaru sbuffò sonorosamente - Ti giuro, Shirai, se svegli tua madre, il panino, te lo
faccio uscire dal naso.- sibilò.
Lui sbattè le palpebre, molto confuso - Si può fare? Come? Me lo insegni?, daidaidai!Gemette, letteralmente distrutto - Sei una seccatura.Stette zitto per tutto il tempo che suo padre salì le scale, poi fece un sorriso dentato, non
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visto dall'uomo - Tanto lo so che mi vuoi bene.Shikamaru non rispose, ma quando lo ributtò nel suo letto non era più così infastidito, gli
scompigliò i capelli - Dormi.- E tu dove vai?- A comprare il budino.- borbottò, Shirai chiuse gli occhi, coprendo le risate con la coperta
mentre suo padre usciva.
Nah, non era cattivo il suo papà.
Capitolo 7: Pregnat, again (tanto lo so che è una femmina!)
Ai suoi occhi tutto quel verde era impossibile da guardare e l'odore, Kami, quello era
davvero insopportabile, ma era in missione - una missione complicata - e non poteva
distrarsi con pensieri di quel genere.
Si erano fermati nei pressi di una delle tante cascate presenti in quel territorio, l'umidità
era lo spettro che infestava ogni angolo e i massi umidi gocciolavano sulla pozza - che
proprio pozza non era, ma calzava comunque - davanti ai suoi occhi.
Qualche erbetta svettava prepotente ai margini mentre il fitto della foresta, sotto la luce
abbacinante del sole, splendeva alle sue spalle; qualche animale azzardava avvicinarsi per
bere, ma spariva a velocità inaudita non appena qualcuno si muoveva e non si poteva certo
dire che fossero un gruppo statico, loro.
Temari si allacciò una garza sulla coscia, stringendo i denti, il taglio della ferita bruciò come
la pressione del sangue venne bloccata. La pelle attorno al taglio era violacea, il taglio
stesso, ai suoi occhi di consumata kunoichi, non sembrava neanche tanto grave, ma la
perdita eccessiva di sangue poteva essere un problema.
Gli occhi clinici di Sakura osservarono la ferita e Temari lo sapeva che l'arteria era sana e
salva, perciò non capiva proprio lo sbattimento eccessivo per un taglietto; taglietto che, agli
occhi degli altri, sembrava più una voragine, ma non era colpa sua se quelli erano deboli di
stomaco o troppo sentimentali; fatto stava che quando era stata ferita durante lo scontro
avvenuto venti minuti prima, Temari aveva notato una certa apprensione ingiustificata
negli occhi del ninja medico - Sakura, appunto - e delle altre anime tormentate che
l'Hokage le aveva affiancato.
L'unico che se n'era altamente sbattuto era l'Uzumaki che, in vero, aveva un che di materno
da quando, per l'appunto, era diventato padre, ma la kunoichi pensava che la ritenesse
abbastanza forte da non preoccuparsi di un taglietto che dal lato destro della coscia si
spostava fino al retro del ginocchio.
Non che non fosse fastidioso, eh!, lo era eccome! Lei era semplicemente molto fortunata ad
avere una soglia del dolore abbastanza alta, altrimenti si sarebbe messa a strillare come una
donnetta.
Sakura accostò la mano sinistra sulla ferita e il chakra verdino - che lei trovava
insopportabile - iniziò a fare il suo lavoro e prudeva, la bionda aveva un impellente voglia di
grattarsi e poco importava il fatto che la ferita si stesse richiudendo.
- I fatti tuoi mai, eh?Gli occhi smeraldini di Sakura le scoccarono un'occhiataccia - Sono un medico.- si giustificò
candidamente, ritornando a prestare attenzione alla sua gamba - Se la lascio così fino al
ritorno, la cancrena è inevitabile, e in quel caso l'amputazione è d'obbligo. Vuoi perdere la
gamba per un taglietto simile?Sicuramente l'Haruno conosveva i suoi polli, l'aveva considerata una ragazzina inutile
prima di vederla realmente in azione, ora credeva che potesse anche servire a qualcosa, ma
ciò non toglieva il fatto che quel chakra insopportabile prudeva; quindi bofonchiò un
insulto davvero poco femminile e voltò il capo dall'altra parte.
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- Pioverà.Sasuke Uchiha, il genio, il redento, aveva una propensione davvero singolare nell'attirare
sulle persone un numero spropositato di sventure e il fatto che, a ventisei anni, non era
capace di cambiare taglio di capelli, per lei, era un qualcosa di veramente insopportabile.
Almeno non è verde, pensò con un ringio mal trattenuto - Non. Dirlo. Uchiha.Gli occhi di pece neanche la guardarono e si prodigò in un ghigno dei suoi, capace di far
saltare i nervi anche ad un moccioso, e l'incofutabile fatto che la sua donna (e madre dei
suoi figli, sottolineò mentalmente con un che di fatalistico) le stesse medicando una ferita
aveva un che di derisorio, nell'insieme generale, e l'Uzumaki la pensava esattamente come
lei visto che iniziò una raffica di insulti verso i capelli a culo di papera dell'Uchiha.
Sakura si gettò uno sguardo alle spalle quando sentì un indistinto splash!, e, scuotendo la
testa con amarezza, ritornò al suo lavoro con un accenno di rosso in più sulle guance e
qualche gocciolina di sudore sulla fronte. Temari si ricordava che aveva consumato molto
chakra, il giorno prima, per curare l'Uzumaki - che, per l'appunto, aveva la grazia di un
babbuino ubriaco in una sala da tè - e anche se non le sembrava possibile, capiva che
doveva essere uno sforzo più mentale che fisico riuscire a curare anche lei in pochi minuti.
Per questo la scostò da sè con uno sbuffo insofferente - Va bene così.-, ma l'altra non era del
suo stesso avviso.
La bionda la chiamava distorsione professionale quella, a lei i medici non piacevano per
questo. Avevano sempre la malsana idea di rendersi utili in ogni modo e quando capitava
loro l'occasione di esercitare le loro abilità su qualche esimio essere umano, si sentivano
così in dovere di scassargli le palle che proprio... Avevano pure l'ardire di dichiararsi
assolutamente indifferenti - perchè i pazienti non sono persone, ma malati - e invece nel
profondo sapevano di stare mentendo.
Si facevano troppe paranoie e, al minimo graffietto, ecco che scattava l'impellente bisogno
di fare qualcosa, Temari lo trovava seccante.
- Ho detto,- ridisse con voce più sibilante - che va bene così, non si vede neanche più, pensa
ai tuoi patetici compagni di squadra e ad Hatake che sta sanguinando dal naso...La rosa era riuscita a tramortire i due litiganti vomitando parole su parole, elargendo pugni
di saggezza ora ad uno ora all'altro, mentre Kakashi era sulla via del dissanguamento e a
Temari era sembrata una scena famigliare come quando lei litigava con Kankuro e Gaara
stava lì, ghignante, a guardare i suoi due stupidi fratelli maggiori.
Oppure quando la Yamanaka si prendeva il diritto di sbatterle in faccia dei fiori dicendole
che, se non dimagriva, l'avrebbero scambiata per un dinosauro - maschio - incinto; o
quando l'Hokage la invitava a bere del sakè o a la sfidava a carte.
Poi, irrimediabilmente, pensò di essere una donna ormai, e a ventinove anni aveva tutto il
diritto di definirsi tale.
Kakashi le si sedette vicino, a sera, quando l'Uchiha e Naruto si erano sfidati a chi riusciva a
stare sotto la cascata per più tempo e quando Sakura si era rassegnata dell'imbecillità del
suo uomo e del suo migliore amico.
- Perciò, come va?- Leggere porno ad ogni ora, alla sua età, è patetico.- rispose con una scrollata di spalle,
l'uomo inarcò il sopracciglio visibile e lei si sentì un tantino presa in giro - Bene.- bofonchiò
distendendo la gamba.
E pensò che, davvero, stava bene. Cosa che non poteva dirsi per i due uomini sotto l'acqua,
la faccia dell'Uchiha era sparita sotto i capelli e l'Uzumaki aveva sempre avuto dei problemi
nel tenere la bocca chiusa, quindi il fatto che stesse vomitando acqua a fiumi era
perfettamente normale.
- Sakura è incinta.- le disse il sensei a voce bassa - Non è bene che le saltino i nervi.- L'Uchiha lo sa?E il sensei sbarrò l'occhio voltandosi a guardarla come se gli avesse appena dato del pudico
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- Ovvio che no.Si scrollò nelle spalle iniziando a ripassare mentalmente tutti i sigilli - Felicitazioni.- Non lo sa neanche lei, in vero.- Questo la dice lunga su molte cose...- Però lo è.Si voltò finalmente a guardarlo, lo studiò a lungo mentre la notte calava - Lei è un
impiccione.- Lo so.- Un pazzo.- quello annuì - Come lo sa?- Vomita.- Anche l'Uzumaki sta vomitando, non è mica incinto per questo.- Vomiti anche tu.Sbarrò gli occhi e sbiancò, si fece un conto mentale, corrugò la fronte quando qualcosa non
le tornò e iniziò a contare da capo.
Alla fine giunse alla conclusione che l'ultimo ciclo era passato da circa due mesi, ma poteva
anche essere lo stress visto che era stata molto impegnata nelle missioni. E poi già ne aveva
uno di moccioso per casa e le bastava e avanzava.
Sfiorò il ventre con la punta delle dita - Nah, impossibile.Ma Kakashi sorrise - Felicitazioni.- Ho detto che è impossibile!- sbottò con il fuoco negli occhi.
Lui si scrollò nelle spalle e riacciuffò il suo libro indecente - In ogni caso: felicitazioni.Stettero in silenzio, lei troppo nervosa per prendere sonno e lui troppo interessato
alla lettura per fare lo stesso; era l'alba quando decisero di mettersi in marcia per Konoha e
Kakashi l'affiancò quando erano a metà del cammino - L'ultima volta Shikamaru è caduto
dalle scale, diglielo in un posto più pianeggiante stavolta, eh?Lei ingoiò il magone e aumentò l'andatura.
Un altro no!
Fare rapporto era sempre stata una rottura di palle per il semplice fatto che gli adetti erano
così lenti a svolgere anche le faccende più semplici che i neuroni prendenvano il volo per
lande desolate e desertiche, poi c'era l'incontro diretto con l'Hokage se la missione aveva
avuto complicazioni; in definitiva, dall'ingresso nella città, erano passate su per giu quattro
ore e lei aveva un assoluto bisogno di una doccia, anche veloce, bastava che la facesse.
Tra l'altro le era venuta una voglia matta di tornare a casa, cosa che non avrebbe mai
ammesso ad amina viva.
Shikamaru si era sicuramente dimenticato del suo ritorno e in quel momento, lei ne era
sicura, era insieme a Choji.
Era pomeriggio inoltrato quando, finalmente, uscì dal palazzo degli Hokage, e si diresse a
passo sostenuto a casa dei suoceri, anche se il doverlo fare la riempiva di imbarazzo; leggesi
come : lei e Yoshino s'intendevano alla grande, ma lei non lo voleva ammettere anche se era
sicura che la donna l'aveva capito da tempo.
- Sei tornata.- Già.- Vuoi entrare?- chiese la donna con un sorriso malizioso - Shikaku dorme.Sbuffò - Lo immaginavo, no,- rispose alla sua domanda - il marmocchio?- Dorme,- si scostò per farla passare - entra.E lei entrò, aspettando che la donna la precedesse per togliersi gli stivali e nascondere, così,
la fasciatura che le avvolgeva la coscia - Shikamaru l'ha portato verso le quattro, aveva una
riunione con la squadra.- la informò non appena entrò in cucina - La prossima settimana
andranno in missione.45
- Ah.- currugò la fronte, tossicchiò - Bene.La donna le posizionò davanti una tazza di tè fumante, che lei bevve con sorpreso piacere La missione?, è andata bene, presumo.- e adocchiò la fasciatura con un sorriso sarcastico a
cui Temari rispose allo stesso modo.
- Se, liscia come l'olio.- quando finì il tè il suo stomaco si contrasse, ma riuscì a frenare la
nausea prima che la salivazione aumentasse e si sedette stancamente sul divano, la tazza
vuota tra le mani ghiacciate.
Il suo colorito non doveva essere dei migliori, visto che Yoshino le si avvicinò con un panno
bagnato in mano, che poi passò sulla sua fronte e sulle guance - Come l'olio eh?, tsè, sempre
a minimizzare, certe volte, ti giuro...- si bloccò a metà frase con un sospiro - Lasciamo
perdere, và.- Ecco, brava.- replicò pressando con più forza il panno sulla fronte, sospirò appagata Tanto non è niente, mi si abbassa la pressione.- Si, come no.- Sveglia il marmocchio.Lo sguardo fulminante della donna la indusse a schiacciarsi contro il divano, senza essere
notata, ovviamente, borbottò qualche insulto inconsistente anche alle sue orecchie e
quando fece per alzarsi venne ributtata a sedere con una leggera spintarella - Risposa un
attimino, non muore nessuno se resti.- Ma voglio andare a casa e farmi una sacrosanta doccia!- protestò - Andiamo, suocera, non
farmi saltare il cervello.- Quale cervello?- lei ringhiò, sollevandosi - Puoi dormire nella vecchia stanza del mio
unico, inutile figlio, c'è anche il tuo, se può interessarti.Anche Yoshino conosceva i suoi polli, si disse la bionda una volta entrata nella suddetta
stanza dove, giustappunto, anche il suo, di marmocchio, stava dormendo; si concesse uno
sguardo sommario alla figura placidamente addormentata e, sedendosi, passò due dita
sulla nuca del bambino.
Il fatto che si sentì subito al suo posto, quando il bambino sollevò appena le palpebre, passò
subito in secondo piano quando la chiamò con voce impastata - Mamma,- sorrise,
stringendo le dita sull'obi - dormi con me.Aveva ventitre anni quando si era scoperta incinta e se n'era rimasta paralizzata per una
settimana a letto obbligando Shikamaru a dormire per terra o sul divano, non riusciva a
capacitarsi della cosa, non riusciva a credere che dentro il suo ventre ci fosse suo figlio. Suo
e del cry-baby.
Lo sconvolto non l'aveva lasciata neanche quando l'esame medico l'aveva informata che era
incinta di tredici settimane, non l'aveva detto a Shika, non subito.
Man mano che la consapevolezza si faceva più forte, più radicata, aveva compreso che era
cambiata, irrimediabilmente cambiata; stava attenta a dove metteva i piedi, si allenava di
meno e mangiava più sano come Tsunade le aveva detto di fare.
Aveva l'impressione che la sua pancia si fosse fatta più liscia e il toccarla la lasciava li, con la
bocca socchiusa in una smorfia estasiata; aveva scoperto una sensibilità che pensava le
fosse preclusa per principio.
Kankuro era stato il primo a saperlo, dopo Tsunade, e l'espressione inebetita che aveva
messo su era stata tutto un programma, poi era scoppiato a ridere come l'imbecille che era
e lei l'aveva preso a pugni.
Poi, per forza di cose e anche perchè non ce la faceva più a tenerselo per sè, l'aveva detto a
Shika proprio nel momento peggiore.
[ Stavano litigando, ovviamente, e, come sempre, per una cosa dall'importanza minima.
- Sei un coglione.46
- E tu una seccatura.- aveva risposto mentre metteva a posto alcuni dossier sulle missioni,
la sigaretta posizionata in bilico tra il posacenere e il tavolo si stava fumando da sola e
Temari non era nelle condizioni per sopportare il fumo, ma no!, ovviamente, lui, faceva
sempre quello che lei diceva di non fare.
Quindi se Temari diceva di buttarsi dal tetto, lui continuava a respirare e camminare per
farle dispetto; se gli chiedeva di smetterla una buona volta di avvelenare i polmoni di
entrambi, lui, sempre per dispetto, fumava di più.
- Spe gni la!- sillabò puntandolo con l'indice e pestò anche un piede a terra, cosa che lui
classificò come ' molto divertente ' visto che prese a sbuffare con un cretino - Shikamaru!- Se, se.- dette un ultimo tiro alla sigaretta ormai consumata e la spense, le soffiò il fumo
direttamente in faccia - Contenta?Inutile dire che gli scaraventò addosso tutto quello che trovò a portata di mano e, quando
uscirono dalla stanza, Shikamaru sfoggiava un colorito che andava dal giallastro al grigio Che cazzo ti frega se fumo o bevo o respiro!- e, ovviamente, stavano ancora litigando.
- Mi frega che casa puzza!- ringhiò iniziando a scendere le scale e le salì la nausea al solo
pensare a quella puzza di sigaretta spenta e cenere.
Terribile - E anche il tuo alito!- sbottò fissando la schiena di Shikamaru davanti a lei, lo vide
prendere un'altra sigaretta nell'esatto momento in cui decise che doveva far valere le sue
ragione.
Shikamaru s'infilò la sigaretta tra le gengive, avvicinò l'accendino e mosse il piede per
sorpassare l'ennesimo gradino - Sono incinta.Il piede si bloccò a mezz'aria lasciando così il proprietario in bilico, la sigaretta e
l'accendino caddero e lui, mosso da non sapeva che istinto, fece per girarsi.
E, ovviamente, perse l'equilibrio e ruzzolò giu, mentre Temari sghignazzava - Lo vedi che
ho sempre ragione io?, fumare fa male!- ]
In compenso aveva ricevuto nove mesi di totale liberazione da sigarette e puzza e una
quantità abnormi di auguri e scongiuri; Shikamaru non era cambiato poi molto, dopo la
notizia che sarebbe diventato padre, cercava sempre di nascondere l'espressione tra l'ebete
e il terrorizzato (un marmocchio con le sembianze di Temari non era una bella immagine
per nessuno, a suo dire) quando c'era lei in giro, ma era consapevole del fatto che la causa
di quella pancia era da accreditarsi a lui.
Non sapeva perchè, ma il pensiero non lo disturbava di striscio.
Si era fatto aspettare, il marmocchio, e Temari era sempre sulla via della crisi isterica.
Diceva che doveva spicciarsi da uscire fuori perchè sennò ci avrebbe pensato lei, e si
lamentava. Si lamentava sempre.
Poi era nato e Sakura gliel'aveva messo tra le braccia con gesti stanchi.
Per i primi giorni aveva avuto paura di romperlo, non sembrava neanche vero che un essere
umano potesse stare comodo sul suo avambraccio, anche se neonato, ad un certo punto
Shikamaru aveva preso a ridacchiare come un pazzo.
Temari era troppo esausta per prestargli la dovuta attenzione, l'unica cosa che voleva era
dormire. E i punti tiravano porca vacca!
L'avevano chiamato, o meglio Yoshino li aveva obbligati a chiamarlo Shirai, e ora aveva
quasi sei anni.
- Che significa ' non osare avvicinarti a me o ti eviro seduta stante e poi te lo faccio
mangiare '?Certe volte capitava che Temari si sorprendesse ancora della terribile propensione degli
uomini, specialmente di quell'uomo, a non sentire il malumore nell'aria, in quei momenti
stentava a trattenere la rabbia.
- Significa esattamente quello che pensi.- replicò aprendo e chiudendo le ante in cerca di
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cosa non lo sapeva neanche lei, sapeva solo che aveva fame e non una fame di qualcosa in
particolare, fame e basta, sarebbe riuscita a mangiare un'insalata insipida se solo l'avesse
trovata una volta aperto il frigorifero ma, fortunatamente per il suo stomaco, non c'era
alcuna traccia di quella cosa orrenda verde pallido.
Con uno sbuffo da manuale prese ad armeggiare ai fornelli, sbattendo la padella sul ripiano
e occhieggiando con fare melodrammatico le uova che aveva tirato fuori dal frigo - Vai a
comprare...- Non mi muoverò da qui, seccatura.- ... è finito il latte.- lo fulminò con lo sguardo - Vuoi fare colazione col mio caffè?, non
pensarci neanche!- lo puntò con il coltello.
Per contro, Shikamaru aprì la finestra e prese a fumare sotto lo sguardo assassino della
moglie e, ahilui, non notò la nota isterica nella vena che prese a pulsare sulla tempia della
bionda - Neanche lo bevo, il latte.- bofonchiò il moro per difendersi, e allora Temari sembrò
calmarsi.
- Lo dici tu, a tuo figlio, che il latte è finito?In vero, Shirai aveva una fissazione per il latte da quando Ino gli aveva detto che se non lo
beveva tutti i giorni sarebbe diventato brutto come Sakura, cattivo come Sasuke, scemo
come Naruto e basso come Konohamaru. Non c'era da stupirsi che, se finiva il latte,
l'impiastro non la smetteva di frignare inviperito per il resto della giornata e neanche il
lancio del kunai sembrava consolarlo abbastanza a lungo.
Shikamaru reprimette un lungo ed intenso brivido quando Temari l'occhieggiò con
sarcasmo - Eh?, glielo dici tu?Masticò un isulto e gettò la sigaretta - Seccatura.Temari si morse il labbro superiore quando lui prese la porta - Shika!- Cosa!?- abbaiò visibilmente imbufalito.
E, improvvisamente, le uova sembrarono un botto interessanti, a detta sua; si stropicciò le
mani nel vano tentativo di smorzicare qualche parola, ma capì che era come chiedere
all'Uzumaki di smettere di essere Naruto, quindi sospirò - Niente, l'ho dimenticato.- Seccatura...- inarcò un sopracciglio - a te le uova non piacciono.- Si, lo so.- si passò entrambe le mani sul collo, poi le posizionò sul ripiano della cucina e
irrigidì le spalle - Lo so che non mi piacciono.Bè, non era che... si sentiva strana, ecco.
Il problema era che, ancora una volta, non riusciva a capacitarsi della cosa e non era
neanche sicura che lo fosse davvero, incinta, non era andata a fare l'esame anche se aveva
preso appuntamento e il fatto che Sakura avesse annunciato giusto l'altro giorno che anche
lei aspettava un bambino (di nuovo) non la faceva sentire meglio. Avere Shirai era stato un
bel problema, anche se adesso non le importava più, ma non si poteva neanche dire che
fosse una madre normale!
Non era mai stata brava nelle dimostrazioni d'affetto, anche se si era scoperta molto
predisposta verso il marmocchio (questo non significava che se lo sbaciucchiava ad ogni ora
o che non vedesse l'ora di vederlo quando tornava a casa da una missione, sarebbe stato
abbastanza sconvolgente un suo cambiamento così radicale e repentino).
Il problema era che un'altra gravidanza... sono comunque nove mesi pesanti, anche se dopo
si dimenticavano, rimanevano quello che erano e la sua prima gravidanza non era stata così
facile da sopportare visto e considerato che lei odiava sentirsi inutile.
Guardò Shikamaru, che evidentemente aveva intuito che qualcosa non gli tornava e si era
appoggiato allo stipite della porta della cucina così che potesse guardarla da vicino, lei si
morse ancora le labbra e allontanò le uova - E' che... ti sei dimenticato di fare la spesa.- Non la faccio io, la spesa.- si grattò l'orecchio sinistro - Senti, sei tornata due settimane fa
da quella missione, non è che ci stai mettendo troppo per...- gesticolò muovendo
leggermente il polso, poi scostò lo sguardo, rimuginando su quello che avrebbe voluto dire.
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Il problema era che lui non era geneticamente fatto per fare il padre, ma chi lo era
dopotutto?
Uno per lui era già abbastanza e Temari sapeva che Shirai era la cosa più bella che avessero
fatto insieme, ma un altro...
Lei non poteva... Non avrebbe potuto continuare con le missioni con due bambini, e si
sentiva già abbastanza in colpa a lasciare Shirai, Shikamaru aveva pure la sua squadra e le
sue missioni.
Nove mesi sono tanti, per non parlare del dopo.
[ ma lei lo voleva quel bambino, se c'era, lo voleva ].
- Sono incinta, forse.- sbottò alla fine chiudendo le mani a pugno.
Trepidante, spostò lo sguardo dalle sue mani a lui, ai suoi occhi chiusi. Lo vedeva respirare
terribilmente piano, le spalle si alzavano così lentamente che quasi credette stesse per avere
un collasso, poi però Shikamaru aprì gli occhi e annuì vagamente, si passò una mano tra i
capelli e, portandosi la mano chiusa alla bocca, morse le nocche per nascondere il sorriso.
Strinse il legno con l'altra mano, aumentando e allentando la presa come le sue emozioni
uscivano fuori. Fece un passo verso di lei e Temari si sentì in dovere di ricordargli una cosa
che, lui, sembrava non aver afferrato - Ho detto forse!- esclamò nel momento in cui lui
scattava e l'abbracciava quasi sollevandola da terra - Accidenti a te!- ululò puntando le
mani sulle sue spalle - Ho detto...- Ho capito, ho capito.- accostò la bocca alla sua fronte - Che seccatura che sei...- respirò
forte e se la schiacciò addosso - Stavolta il nome lo decido io.- Forse.- Si, certo, ti piacerebbe.- Ho detto forse!Le mordicchiò il lobo dell'orecchio mentre le sue mani andavano a coprirle il fondoschiena
- Mhmh, smettila di parlare.- Ma...- respirò tra i denti quando s'intrufolò tra le sue gambe - Shirai, che schifo, vuoi fare
sesso con tuo figlio in casa?!- lo spintonò, ma non ottenne un risultato meritevole di nota
visto che le si incollò al petto - Shika...- Shirai dorme, è tardi. E ora stà zitta, Nara.Temari roteò gli occhi al soffitto, buttò fuori un sospiro pesante e gli strinse la gamba
sinistra su un fianco, non appena Shikamaru intrufolò le dita.
Le reni spinte contro il piano della cucina, le uova dimenticate, la sua lingua ovunque.
- E' una femmina...- ... forse...- Lo è.Si alzò sulle punte, seguendo il movimento del suo bacino, stringendosi alle sue spalle,
impossibilitata ad articolare qualcosa di sensato - Possiamo... riparlarne?- lo baciò,
bloccando la sua replica - Chiudi il becco e muoviti!-
Capitolo 8: Just another day, just another life. My King.
Scostò i capelli dal viso sudato e si guardò allo specchio.
No, avere la nausea e filare in bagno non era il modo migliore per iniziare la giornata. Ed
erano anche le tre di mattina.
Ruotò il pomello del rubinetto, bagnandosi faccia e collo con l'acqua gelata, battè ciglio
quando sentì il tocco delle dita di Shikamaru sulla sua schiena.
- E' presto.- Non lo dire a me, crybaby.49
Shikamaru la osservò mentre continuava a sciacquarsi il viso. Si era svegliato quasi subito,
quando lei si era alzata dal letto, e non perchè aveva fatto rumore; non gli piaceva quando
Temari si alzava dal letto, se non quando dovevano farlo entrambi.
Si grattò la nuca sudata, gli occhi gonfi, e le si avvicinò proprio quando Temari iniziava a
strofinare lo spazzolino sui denti. Le circondò la vita, temporeggiando sull'evidente
rigonfiamento, con le braccia e sistemò il mento sulla sua spalla, la comoda sensazione di
poterla tenere così vicino senza il pericolo di perdere qualche arto era così tranquillizzante
da indurlo al sonno.
- Capita anche fuori?- le chiese, non appena la donna si sciacquò la bocca.
Temari si rilassò contro il suo petto, abbandonando la testa sulla spalla muscolosa - Solo
quando devo fare su e giu per le scale, velocemente e più volte.- si lamentò socchiudendo gli
occhi - Ma no, di norma non mi da problemi. E le nausee sono anche diminuite.L'uomo le accarezzò piano il ventre, usando solo i polpastrelli, sollevò di poco la sua maglia
che Temari usava per pigiama, e vi infilò entrambe le mani; ne posizionò una sotto
l'ombellico e una subito sopra. Un piccolo movimento lo fece sussultare.
- Stai diventando troppo sentimentale...- bofonchiò la bionda, non appena lui iniziò ad
accarezzarle la pancia.
- Mh,- aprì la bocca sul suo collo, mordicchiando appena per poi passare la lingua bollente
sulla pelle arrossata, Temari seguì i suoi movimenti, chiuse gli occhi e intrecciò le dita sui
capelli sciolti di Shikamaru, avvicinandolo - non tirarmi i capelli, seccatura.Temari ridacchiò - Hai ragione, meglio tirare altre cose.- s'inarcò contro di lui,
sghignazzando maliziosa. Lui la morse con più forza.
Shirai sfoggiava l'espressione più assonnata che Temari avesse mai visto. Suo figlio non era
un mattiniero, specialmente di domenica, ma quando lei l'aveva chiamato per fare
colazione (un sacramento, a casa Nara) era subito sceso, i pantaloncini del pigiama scesi fin
sotto il sedere e gli occhi lucidi e rossi di sonno.
- Hai dormito male?-... voglio il ventilatore in camera.- bofonchiò il bambino, appoggiando il mento sul tavolo Fa caldo.Temari appoggiò i gomiti al tavolo - Ti fa male la testa se stai tutta la notte col ventilatore
acceso.- Ma fa caldo!, e io non riesco a dormire! Non mi piace stare sveglio!Temari sghignazzò e, girandosi per controllare il latte sul pentolino (suo figlio beveva latte
caldo pure d'estate), prese la tazza e la colmò quasi fino all'orlo. Fece attenzione a non far
uscire nessuna goccia di latte dalla tazza, onde evitare che suo figlio morisse di infarto, e la
mise sotto il naso del bambino e gli affiancò i biscotti - Finisci la colazione e poi fila in
camera da letto.Shirai si illuminò. La camera dei suoi genitori era decisamente la meno colpita dal sole, e
c'era un ventilatore enorme che faceva circolare l'aria in una maniera impeccabile.
Suo padre entrò in quel momento, si stava sistemando la cintura dei pantaloni, gli
scompigliò i capelli e afferrò un biscotto - Ritardo.- Imbecille.- gli rispose Temari, senza neanche guardarlo.
- Torno tardi, bevuta con Choji, tante belle cose.- e sparì.
Durante la giornata, visto che l'Hokage le aveva espressamente vietato di lavorare
nonostante fosse ancora al sesto mese di gravidanza, Temari si dedicò a pulire
meticolosamente tutti gli angoli della casa, mentre Shirai aveva dormito botte di ore nel
lettone dei suoi genitori, il cuscino di sua madre sulla pancia e quello di suo padre sotto la
testa.
Non faceva molto caldo, anche se l'aria umida era molto fastidiosa. Temari stese e stirò e,
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non contenta, tirò giù le tende e le infilò in lavatrice.
Stava pulendo, di nuovo, le finestre quando sua suocera entrò in casa e si guardarono con le
fronti aggrottate.
- Ti sembra il momento per fare la casalinga?- borbottò Yoshino, legandosi i capelli e
afferrando un panno per aiutare l'indisponente kunoichi.
- Ti sembra normale rompermi le scatole?- replicò la bionda, quando la donna iniziò a
pulire l'altra finestra, gia così pulita che facevano male gli occhi.
Yoshino sospirò pesantemente - Da quanto è che pulisci?- Non è che conto le ore, se pulisco, pulisco.Che risposta esauriente.
- Ti rendi conto che sei incinta?- le scoccò un'occhiataccia - E se cadi, mh?- Non cadrò, il mio equilibrio è migliore di quanto tu pensi.- Questo non significa che non può succedere...Temari si voltò, scocciata, verso la donna - Se hai intenzione di tormentarmi, quella è la
porta, Yoshino.- Dico solo quello che penso, Temari.- ah, che cosa bella la famiglia...
- Non pensarmi troppo, mi consumo.- fece la bionda, sarcastica, osservando il giardino
oltre la finestra e improvvisamente si sentì stanca.
Stupida gravidanza del cavolo, pensò non appena la testa cominciò a girarle.
Era sempre così, bastava un attimo e la sua pressione scendeva a livelli polari per poi
risalire ai massimi storici. Odiava essere incinta, odiava star male e odiava non poter
lavorare per questo. Certo, il pensiero che da li a tre mesi sarebbe diventata madre un'altra
volta non era così odioso, ma trascorrere altri quattro mesi nell'inutilità più totale buttava il
suo istinto materno fuori dalla finestra.
Per non parlare della gente che, vedendola per strada, si lasciava andare ad auguri e vecchie
storie che lasciavano Temari li li per una crisi esistenziale. E il tempo delle crisi isteriche
non era ancora arrivato!
Si ritrovò seduta sul divano ancor prima di averci pensato, reclinò la testa all'indietro
mentre sua suocera roteava gli occhi al soffitto e bofonchiava insulti verso di lei che, più per
il malessere che per altro, Temari non colse.
- Acqua e zucchero.- disse Yoshino.
Stranamente, Temari non si sentì meglio, sentendola, anzi. E arrivò un calcio che la fece
sussultare. Ahia.
Prese un profondo respiro e strabuzzò gli occhi quando al primo calcio, ne sussegurono altri
due e poi Temari la sentì distintamente stirarsi. Sollevò la maglia e appoggiò la mano destra
sul rigonfiamento e i movimenti dentro la sua pancia rallentarono. Respirò profondamente
e afferrò il bicchiere che Yoshino le stava porgendo senza staccare gli occhi dal suo ventre Si muove.- disse, come se fosse la cosa più importante di tutte, sorrise lievemente - Si
muove sempre.Yoshino imitò il suo sorriso e le accarezzò la pancia, avvicinò la testa - Ciao marmocchia, io
sono la nonna.- Che se non la smette non ti vedrà mai.- ringhiò Temari, molto imbarazzata.
- Oh, non fare la disfattista...- un movimento vicino la porta le fece girare entrambe e c'era
Shirai che le guardava con gli occhi a palla.
Della serie: "Quando tuo figlio ha l'intelligenza di un Nara, ma non riesce a collegare nulla".
Il bambino, dopo un momento di completa immobilità, trotterellò fino a loro - Lo dico io
che 'sta pancia è strana, visto nonna?- guardò la madre e sorrise - Io sarò il primo a tenere
in braccio mia sorella, veroverovero? Diglielo tu, al nonno, perchè non mi da mai retta e, e,
e poi voglio,- premette leggermente le mani sulla pancia di sua madre - voglio insegnarle a
lanciare i kunai e a giocare a shogi, anche se non mi potrà mai battere. Hai sentito?!- la
bionda non sapeva perchè, ma la scena era molto divertente, vedere Shirai che parlava con
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la sua pancia, Shikamaru sarebbe morto dalle ghignate - Non mi batterai mai! Perchè io
sono il più intelligente, fortissimoebellissimo fratello maggiore!- Credo sia meglio dargli una botta in testa.- bofonchiò la suocera, alzandosi lentamente Vado a prepare il pranzo.- Perchè?, mangi qui?- quell'esaltato di suo figlio non aveva la minima decenza, pensò
Temari.
- Il tuo inutile nonno, se non arriva entro sei minuti, dormirà per terra per i prossimi sei
mesi.Un altro calcio fece capire a Temari che era ora di cambiare posizione.
Stupida gravidanza del cavolo.
- Ci siamo, eh?Temari guardò Tsunade e prese un profondo respiro, con qualche difficoltà visto che era
all'ottavo mese e praticamente i suoi polmoni erano compressi, visto che l'utero era
aumentato di volume.
Dall'ecografia appena fatta, Tsunade si era accertata che la posizione della bambina era
giusta* e che era lunga 43 centimetri, più tutte le altre cose che l'ecografia permette di
appurare e gli altri esami* che, all'ottavo mese, sono obbligatori.
- Ok, allora. Mangia più latticini che puoi e non m'interessa se il formaggio non ti piace,- la
donna scoccò uno sguardo anche a Shikamaru - vedi di controllarla di più, ha problemi di
pressione accidenti a te!Shikamaru abbassò le spalle - Mh.- E' bella tosta,- continuò l'Hokage riferendosi alla lunghezza della bambina - riesci a
reggerla?Si scrollò nelle spalle - Nessun problema.L'Hokage roteò gli occhi al soffitto - Lo so che è pesante, sai?, è inutile che fai la dura
perchè so anche che la schiena ti fa un male cane, che senti tutte le articolazioni al posto
sbagliato e che il tuo ombellico tira. Quante contrazioni hai al giorno?Temari si grattò la nuca e fece mente locale - Non le ho contate.- Fantastico.-... ma non sono poche, se è questo che vuoi sentirti dire.- bofonchiò tetra.
Dopo qualche altra frase, i borbotii indistinti di Shikamaru fecero capire ad entrambe che
era cosa buona smettere di litigare.
- Allora, ci vediamo in sala parto.- Com'è che mi sembra una minaccia?- Stavolta la vuoi l'epidurale?- No.Tsunade pensò che era meglio non tirare la corda, era sempre una donna incinta, quella che
aveva davanti; si girò verso Shikamaru - Io e te dobbiamo fare una chiaccherata,
prossimamente.- Riguardo che?- Se vuoi assistere al parto o no, devo spiegarti un po' di cose.Shikamaru non sembrò turbato dalla cosa e, dopo una scrollata di spalle, pressò la mano
sulla schiena di Temari e uscirono.
Camminarono in silenzio e Shikamaru osservò per bene la donna che gli camminava a
fianco. Aveva notato quanta fatica le costasse camminare e fare troppi sforzi, Temari non
riusciva a dormire e si lamentava del mal di schiena, diceva che si sentiva una mongolfiera
in rotta di collisione con un iceberg e aveva la fissazione per la pulizia. Durante la fine del
settimo e l'inizio dell'ottavo mese (ora era alla seconda settimana dell'ottavo mese,
gliel'aveva ripetuto così tante volte che, ora, dimenticarlo non era possibile) si era dedicata
alla sistemazione della nuova camera e guai chi diceva biz riguardo i suoi gusti.
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Shikamaru non si ricordava che per Shirai fosse stato così complicato.
Uscendo, finalmente, dall'ospedale non potè fare a meno di ripensare all'ecogafria. Non ci
aveva capito molto, anche se Tsunade aveva cercato di essere chiara nelle spiegazioni,
Shikamaru sapeva soltanto che quella li era sua figlia e si muoveva.
- Vuoi andare a casa?Temari corrugò la fronte - Spesa, formaggio, che schifo.- l'uomo ridacchiò - Shirai lo va a
prendere tuo padre, si?- disse alzando la testa per guardarlo.
Di una cosa era sicura, non voleva assolutamente che sua figlia diventasse alta quanto suo
padre. Non che Shikamaru fosse esageratamente alto, si era sviluppato bene, il crybaby e
non era lei ad essere bassa!
- Se,- svoltarono su una traversa e si affacciarono sulla strada principale di Konoha,
trafficata di gente e ragazzini come al solito - cos'è che manca a casa?- Mmmh...- corrugò la fronte - E' finito il pepe, dobbiamo compare il pesce e... i biscotti,- gli
strinse fortissimo la mano che giaceva immobile sulla sua grossa pancia, trattenendo il
respiro per poi rilasciarlo a tratti; a contrazione passata, Temari allentò la stretta - la
carne,- riprese - e il... dannato formaggio.- Posso farlo da solo, Tem.- provò a convincerla, non si sentiva tranquillo sapendo che stava
male, ma, una volta che il pensiero di lasciarla a casa da sola fece capolino nella sua testa,
decise che era molto meglio essere con lei per qualsiasi evenienza - Lascia perdere, è meglio
che stai fuori.- Ti stai preoccupando per me, crybaby?- sghignazzò sollevando di nuovo la testa, lui roteò
gli occhi e mosse le dita sulla sua pancia, lei ridacchiò.
Dopo aver comprato quello che mancava a casa, formaggio incluso, s'incamminarono di
nuovo e Shikamaru notò come le donne guardassero Temari. Era uno sguardo tenero che la
maggior parte delle volte lo imbarazzò; alcune ragazzine, potevano avere quindici, sedici
anni, ridacchiarono al loro passaggio, ma non era una cosa cattiva o cose del genere.
- Voglio andare a casa.- Ci stiamo arrivando.- Se non vado a casa adesso, uccido qualcuno.- Tem...- No, ti giuro, è una cosa impossibile! Come fanno le persone a fare cose diverse, ma
guardare me indipendentemente da cosa stiano facendo! Ma ti sembra una cosa normale?,
non mi piace essere fissata, lo odio.- sibilò senza neanche prendere respiro, con il risultato
che dovette respirare più volte per non avere il fiatone - Tra l'altro i miei polmoni sono
messi peggio dei tuoi e io non fumo neanche!Shikamaru sbuffò leggermente, attirandola un po' di più a sè, cos'è che aveva detto Tsunade
la scorsa visita? Ah, si: darle sempre e comunque ragione.
- Hai ragione.- Non parlare!- Tem...- Chiudi il becco.L'uomo, esasperato, si guardò un po' in giro - Quello di Sasuke è maschio o femmina?- Non è di Sasuke, non è Sasuke che ha sopportato, di nuovo, nausee e mal di schiena, calci
e notti insonni e non sei di sicuro tu che dovrai sopportare fottutissime ore per raggiungere
la giusta dilatazione e spingerespingerespingere fino a farti uscire la trachea dal naso!- in
tutto quello, Shikamaru aveva dovuto incassare la testa nelle spalle, come se davvero fosse
colpevole di qualcosa.
Poi Temari si calmò e cominciò a mordersi il labbro inferiore - Scusami.- bisbigliò.
Lui, in risposta, la strinse di più, capendo al volo cosa c'era che non andava - Andiamo a
prendere tuo figlio.- bisbigliò sulla sua tempia.
Temari strinse di nuovo la sua mano - E' anche tuo.53
- Lo so.- e sghignazzò, orgoglioso, per tutto il tragitto da li fino all'accademia.
Nove mesi e una settimana dopo
- AAAAAHIAAAA!Tsunade osservò la donna sopra di lei, rossa di sforzo, sudata a mollo e con i denti stretti Non. Spingere.- ordinò perentoria, gettò un veloce sguardo a Shikamaru, completamente e
stranamente padrone di sè - Parlaci.- Se ci parlo mi stacca la lingua a morsi.- replicò quello oltre la mascherina.
In vero, Shikamaru non era affatto tranquillo. Era per lo più a corto di idee a terribilmente
sconvolto dalla forza impressionante con cui Temari gli stava stritolando la mano.
Stritolando, a dire la verità, era un eufemismo. Era tipo... una patata pressata da
un'incudine o qualcosa di molto vicino a quello.
Prese un veloce respiro mentre Temari rivoltava gli occhi e gettava la testa sudata
all'indietro, respirando pesantemente e Tsunade lo guardò di nuovo come se volesse
rimproverarlo - Recita una poesia, canta una canzone, ripeti una ricetta, qualunque cosa.Se ripetere una ricetta avesse tranquillizzato Temari, Shikamaru l'avrebbe di certo ripetuta,
il problema era che Temari non si sarebbe tranquillizzata e lui non si ricordava
assolutamente nessuna ricetta.
Dov'era Choji quando serviva?
Temari respirava tra i denti e cercava di trattenere lo stimolo di espellere la cosa che le
stava facendo così male, sapeva di dover respirare regolarmente, ma i suoi muscoli si
rifiutavano di obbedire agli ordini del suo cervello. Non era più padrona del suo corpo.
E Shikamaru lo sapeva - Allora... facciamo che ad ogni cosa che dico... tu fai un bel respiro,
ok?Temari lo guardò con la coda dell'occhio, non rispose e strinse ancora più forte la sua mano.
Lui sussultò - Ci sei?- altra stretta, ecco, e ora cosa diceva?
Pensapensapensapensapensacazzopensa!
- Questa è una seccatura.- la sua donna respirò profondamente - E mi fa male la mano.- lei
respirò ancora, due volte, almeno la cosa funzionava, si avvicinò al suo orecchio - Mi stai
praticamente rompendo le dita, Tem.- lei tentò di ridacchiare, con scarsissimi risultati, e
respirò dal naso altre due, profonde, volte - E quando quella dispotica li, ti dirà di spingere,
lo farai.- Certo che lo farà,- ringhiò Tsunade - non possiamo stare qui tutto il giorno.Shikamaru roteò gli occhi al soffitto - Ed è anche tardi, saranno le quattro di mattina,
respira Tem.- Non dirmi cosa cazzo!, devo fare!- s'inarcò sul lettino, tutti i muscoli del volto contratti, lui
la vide stringere così forte i denti che temette di vederli frantumarsi, ma Temari respirò
profondamente una, due, quattro volte - Ancora no?- Sopporta un altro po', ci siamo quasi.- Fa un male fottuto.- gemette ributtando la schiena sul lettino.
Shikamaru corrugò la fronte, nuovamente a corto di idee, fece per parlare quando Temari
gli lasciò improvvisamente la mano e si agganciò al lettino, buttando fuori respiri ritmici.
Tsunade fece cenno al Shizune che l'affiancava - Eccola...- blaterò e Shikamaru non aveva
nessuna intenzione di guardare in mezzo alle gambe di sua moglie per sincerarsi di quello
che aveva capito fosse spuntata - Dammi una bella spinta.E Temari spinse, digrignando i denti e trattenendo il respiro, contrasse il collo e strinse il
lettino sotto di lei. Ed era come se Shikamaru fosse sparito, lui le accarezzò la fronte sudata,
prima di sistemare la mano sulla sua testa. Temari fece dei profondi respiri e, quando
Tsunade glielo disse, diede due forti spinte consecutive e ringhiò forte.
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Poi, evidentemente il parto non era una cosa tanto semplice, buttò un urlo liberatorio e
soffocò tutte le parole insultanti che avrebbe voluto dire spingendo ancora. Tsunade, sotto
la mascherina, non era minimamente turbata da quella vista.
Due giorni prima c'era stata Sakura, su quel lettino, e in linea di massima, lei e Temari,
stavano avendo le stesse reazioni, anche se Sakura aveva dato molti più urli liberatori di lei.
Saggia donna, quella.
- Altre due... forza e coraggio, uno, due, tre...- e Temari spinse, contraendo tutti i muscoli,
dall'addome in su... e poi si sentì svuotata.
Shizune, prendendo uno di quei panni verdi che usavano i medici, prese la neonata dalle
mani di Tsunade, che nel frattempo si alzò per prendere l'occorrente che serviva a fermare
il cordone ombellicale. Shikamaru guardò quella cosina leggermente cianotica, non sbattè
neanche più le palpebre quando dette i primi vagiti. Ritmici, con lo stesso tono.
Seguì tutti i movimenti di Tsunade, dal taglio del cordone fino a quando sistemarono sua
figlia in un lettino grande abbastanza per farcela stare tutta. La pulì del sangue, mentre
quella continuava a vagire, piangere o qualunque cosa fosse quel suono.
Temari, quando Tsunade le diede la bambina, sorrise. Gli occhi lucidi e, accarezzando
lievemente sua figlia che non aveva neanche per un momento smesso di emettere quel
suono ritmico che erano i primi vagiti, lo guardò.
Shikamaru, stanco anche lui e non capiva neanche perchè, sospirò pesantemente, sentì le
ginocchia deboli come quando aveva preso per la prima volta Shirai in braccio. Appoggiò la
fronte vicino alla testa di Temari, la mano che le aveva messo sulla testa non si era spostata
di un millimetro.
- Sssh, stai facendo un casino.- bisbigliò la donna, rivolta alla neonata.
La voce debole, il corpo completamente bagnato di sudore, gli occhi stanchi, ma non una
minima parte di quella stanchezza si rifletteva nelle sue iridi verdi, Shikamaru serrò gli
occhi, umidi - Ti amo.- E ci scommetto che il sole sorge e tramonta per me...- bisbigliò ancora - Non lo farebbe ti
ucciderei...Lui le strinse la testa, gli occhi ancora chiusi.
Ecco chi erano, il Re*.
Capitolo 9: I'm not a girl
Il dolore fu lancinante.
Era la sua prima volta; buttò la testa indietro, gli occhi serrati e il labbro inferiore
trattenuto dai denti. Un ringhio fuoriuscì disperato attraverso i suoi denti e trucidò con lo
sguardo chi le stava davanti - Fa male.- disse con un tono di voce vicininissimo al pianto.
Degli occhi divertiti la guardarono - Se trattieni il respiro è peggio.- si limitò a rispondere.
- Ma fa male!- miagolò, strinse le dita a pugno sul lettino, piegò un ginocchio e ringhiò
quando quel dolore insopportabile giunse di nuovo, mandando scariche elettriche
direttamente al suo ipotalamo.
Un palmo si appoggiò sul suo inguine, premendo leggermente - Non esagerare...bofonchiò, l'altra serrò di nuovo gli occhi verdi, un'espressione dolorante sul volto - Sei una
kunoichi, trattieniti.- Non possiamo smettere e ripensarci domani?- Il lavoro si comincia e si finisce.- replicò - E se continui a lamentarti, tua madre verrà a
sapere che le tue prestazioni sono indecentemente scarse.Deglutì la rispostaccia che le era salita in gola, guardò il soffitto - Sbrigati.Gli occhi azzurri si sollevarono al soffitto, stese la cera su un'altra porzione di inguine e,
posizionata la striscia, trattenne un ghignetto malefico prima di tirare; la ragazzina
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sussultò.
- Ouch!, ahiaahiaahia!Si sa che, per le donne, la cosa più terribilmente dolorosa, fisicamente parlando (oltre al
parto naturale, oltre al mignolo destro sbattuto contro uno spigolo, ai dolori mestruali e alla
prima volta in generale - anche se quel dolore variava da persona a persona), era la prima
volta dall'estetista. Ovvero la prima ceretta inguinale e guai a chi diceva che la prima volta
non faceva male!
Aiko aveva quattordici anni e sua madre, viste le condizioni disastrose dell'inguine di sua
figlia, aveva deciso che era giunta l'ora di porre qualche rimedio all'eccesso di peluria,
assolutamente inaccettabile, a suo parere, per una femmina.
Ad Aiko non importava molto dell'estetica, non le fregava assolutamente nulla se quasi
tutte le sue coetanee avevano iniziato a pinzettarsi le sopracciglia da sole e giravano per il
villaggio in gonnelline assolutamente indecenti e senza un pelo in vista.
Lei, nelle gambe, ne aveva pochissimi, di peli e molti la ritenevano la ragazza più fortunata
del mondo, visto che non aveva la necessità di cerettarsi tutta, dal polpaccio in su.
Fortunata un corno!, pensò gettando un'occhiata al suo inguine e anche alle gambe (si, sua
madre era sadica e non le importava un fico secco del fatto che sua figlia avesse quattro peli
contati sulle gambe: dovevano sparire).
Alcune puntine di sangue facevano capolino sulla pelle arrossata dell'inguine e, il pensiero
che c'era ancora l'altro lato da fare, la gettò nella disperazione più totale.
Quando sua madre l'aveva informata d'aver preso un appuntamento dall'estetista più brava
di Konoha, suo padre l'aveva guardata da capo a piedi, le sopracciglia inarcate, con il
dubbio scritto a caratteri cubitali sulla sua fronte. "Non è troppo piccola, per questa cosa?",
aveva mollemente chiesto l'uomo (il suo papà era un uomo intelligente e altamente
protettivo verso di lei, in quel momento l'aveva amato più del miele a colazione), ma sua
madre li aveva fissati tutti e due e, dopo, aveva continuato a cucinare come se il marito non
avesse parlato.
"Una ragazza non può essere disordinata, per quanto riguarda il suo corpo," aveva replicato
la donna, assaggiando il brodo di pesce con un'espressione meditabonda, aveva aggiunto un
pizzico di sale "non è solo una questione di estetica, ma di igiene personale", aveva
guardato il marito con un sopracciglio inarcato "Una cosa che tu non puoi capire, visto che
vai in giro con la foresta amazzonica in mezzo alle gambe".
E lì, la discussione, era finita.
In quel preciso istante, Aiko, avrebbe tanto voluto essere nata maschio. Cercò di pensare a
cose che le piacevano per arginare il fastidioso bruciore.
Le classificò per ordine d'importanza nella sua testa, gli occhi chiusi in
concentrazione: miele, nonno, mortadella, salame, pesca, sake, zio Gaara, papà, nonna,
stupido fratello, mamma, prosciutto, onigiri, zio Choji, Sasuke-sensei, pranzo, colazione,
cena e spuntino.
Li pronunciò silenziosamente mentre l'estetista continuava la sua tortura e, quando avvertì
il fastidioso bruciore propagarsi anche dall'altro lato, capì che aveva concluso.
- Ora sistemiamo questi cespugli qua,- e toccò le sue sopracciglia, con un tenero sorriso
sulle labbra - e poi abbiamo finito.Sospirò, la tensione scivolò via dalle sue spalle. Per quanto ne sapeva, le sopracciglia non
davano problemi troppo grossi alla soglia del dolore.
Certo, qualche lacrimuccia involontaria scappò via dai suoi occhi quando la pinzetta lavorò
sulla parte inferiore, ma niente di particolarmente fastidioso.
Uscì dal salone tutta accaldata, le gambe lucide a causa della creama idratante che
l'estetista vi aveva applicato, onde evitare rossori indesiderati; scappò in direzione casa,
consapevole del fatto che vi avrebbe trovato il suo stupido fratello con i suoi stupidi
compagni di squadra e scommetteva che anche metà dei ninja di tutta Konoha era a casa
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sua, visto che, e non sapeva spiegarsi perchè, casa Nara aveva un che di affascinante per
quelle teste di rame.
Sospirò abbattuta, forse era meglio dirigersi verso casa Uzumaki, almeno avrebbe parlato
un po' con Karen che era da due giorni che non la vedeva visto che l'amica era stata
costretta a letto da un brutto raffreddore.
Ma se fosse andata a casa Uzumaki, vi avrebbe trovato l'altro fratello di Karen, quello di due
anni, la cosa minuscola che sapeva correre, sbraitare, piangere, picchiare e insultare. Era un
essere insopportabilmente adorabile e terribile allo stesso tempo.
Per quanto riguardava il fratello maggiore di Karen, ovvero l'essere amorfo che era in
squadra con suo fratello, Aiko sperava vivamente che fosse crepato.
Era tre anni più piccolo di Shirai, ma era stato ammesso all'esame chunin nonostante l'età,
insieme ai gemelli innominabili. Aiko non si capacitava della cosa. Minato, questo era il suo
nome, non era certo un genio, ma aveva sviluppato il byakugan molto presto e aveva
affinato le tecniche che esso permetteva sotto la guida di suo zio Neji. Era inutile dire che,
oltre a quella abilità innata, Minato era la fotocopia sputata del padre, caratterialmente
parlando, e lei non lo poteva soffrire anche se suo fratello Shirai cercava sempre un modo
per farglielo piacere. Diceva che era un bravo ragazzo e un compagno di squadra affidabile,
a lei non importava.
In vero, Aiko detestava tutti e due i compagni di squadra del fratello, in maniera diversa.
Per Minato provava una specie di repulsione, perchè non le piaceva il modo in cui si
relazionava con gli altri e quegli occhi così chiari le mettevano fin troppa agitazione; era
consapevole che l'Uzumaki non era una cattiva persona, perchè Naruto-bakasensei non era
una cattiva persona (ed era pure l'Hokage, quindi non poteva essere una cattiva persona) e
neanche Hinata-san lo era, però il figlio era di un insopportabile peggio di una zanzara.
E poi c'era Mirai. Morino Mirai e il cognome era una garanzia, per cui era inutile, da parte
sua, darsi un'ulteriore motivo per non sopportarla, visto che il padre l'aveva fatta uscire di
cervello durante la prima parte del suo esame chunin.
Pensò a chi altro poteva aver occupato casa sua e il pensierò volò ai gemelli innominabili.
Kyosuke e Ryo e che i Kami se li portassero. Erano un misto tra arroganza, superiorità e
intelligenza (anche se contro suo padre Shikamaru, suo nonno e suo fratello perdevano alla
grande).
L'educazione volava fuori dalla finestra quando c'erano quei due e lo stuolo di ragazze che
svolazzava intorno a loro era veramente una cosa inguardabile. Aiko ammetteva di aver
avuto una cotta tremenda per entrambi durante la sua permanenza in accademia, ma la
cosa era scemata subito dopo averli conosciuti meglio.
Non si poteva certo dire che fossero uguali in ogni aspetto. Ryo era quello che se la cavava
meglio nei rapporti con gli altri, era anche simpatico certe volte, mentre Kyosuke, il più
delle volte, si limitava a scrutare chiunque gli stesse parlando con uno sguardo che
descrivere indifferente era poco.
Aiko ci aveva fatto un'unica conversazione seria, durante la quale avevano pure litigato, e,
da quel giorno in poi, i loro rapporti si erano fermati al ciao e al crepa bastardo/stronza;
Ryo la trovava una cosa divertente. Dei due, Ryo era il più grande (se si poteva dire così) e
nelle occasioni peggiori tirava fuori un comportamento da pazzoide che Temari additava al
suo gene materno; in quei casi era meglio lasciarlo sbollire e allontanarsi il più velocemente
possibile.
La sua migliore amica, Karen, era innamorata persa di Kyosuke, il quale non la degnava di
uno sguardo neanche a pagarlo oro e questo era uno dei principali motivi che avevano
portato Aiko ad odiare più lui che il suo pazzo gemello.
La ragazza sospirò, diminuendo l'andatura, sempre meno propensa ad andare a
casa. Sicuramente ci sarà Kin, pensò fermandosi davanti una macelleria.
A lei piaceva Kin, era una tosta ed era una sua amica, sempre pronta a far casino.
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Apparentemente, piaceva a suo fratello e, di conseguenza, Kiba, che era suo zio, attentava
alla vita di Shirai ogni volta che lo vedeva insieme alla nipote.
Da quello che sapeva, non era mai successo niente di serio tra loro, forse neanche ne
avevano parlato, visto che suo fratello diventava un imbecille ogni qual volta Kin entrava in
una stanza.
Senza neanche accorgersene, si ritrovò davanti casa sua e la prima cosa che vide fu un
enorme cane*, dal pelo lungo e marrone, con riflessi rossicci sotto la luce. Il cane se ne
stava tranquillamente accucciato sotto l'ombra del balcone, gli occhi socchiusi si mossero
verso di lei quando si avvicinò.
Murasakimaru era il cane di Kin e ad Aiko aveva sempre ricordato più un leone, che un
cane. Si piegò sulle ginocchia e affondò la mano sinistra sul folto pelo, il cane socchiuse di
nuovo gli occhi e la lasciò fare, lei sorrise - Ti piace il mio giardino, mh?- le orecchie del
cane si mossero leggermente.
- Adesso parli anche con i cani?La ragazza non cambiò espressione - Sempre meglio che parlare con gli idioti.- replicò,
accarezzando delicatamente il pelo sul collo del cane.
Alle sue spalle, sua madre sghignazzò, una cesta vuota tra le mani indicava che aveva
appena finito di stendere la biancheria dall'altra parte del giardino. La donna si chinò sulle
ginocchia e guardò prima il cane, poi la figlia - Ah, finalmente vedo la tua faccia.- disse,
riferendosi alle nuove sopracciglia della figlia - Somigliavi più a lui che ad un essere
umano.- continuò riferendosi al cane, il quale mosse leggermente il muso in evidente
indignazione.
- Il tuo supporto rinvigorisce lo spirito, mà.- la donna rise al tono offeso della figlia e le
scompigliò i lunghi capelli neri prima di rialzarsi.
- C'è un po' di casino, dentro.- le disse con un tono per niente promettente - Questa casa
diventerà un'associazione a delinquere prima di sera.- Come se non lo fosse già, con te e papà.- bofonchiò guardando la madre in faccia, sorrise Visto che c'è casino, posso andare da un'altra parte?- Chiedilo a tuo padre.Roteò gli occhi al cielo - Mi dirà di no.- Appunto.Aiko si rialzò, scoccò al cane uno sguardo disperato, ma l'animale sembrò essere sulla
stessa lunghezza d'onda di suo padre quando dormiva: encefalogramma piatto, nessun
segno di vita. Sospirò affranta - Non capisco perchè ti ostini a gettare tutte le responsabilità
su papà. Sinceramente, sei mia madre o cosa?- borbottò seguendo la donna all'interno della
casa, si liberò degli scarponcini saltando alternativamente sui piedi per non cadere.
- Certo che sono tua madre, da chi credi aver preso il tuo lato migliore, eh?, da quella cosa
inutile di tuo padre no di certo.- Tsk, se è inutile perchè è sempre lui a vietarmi o permettermi le cose?- Perchè è divertente.- si scrollò nelle spalle - E anche io ti vieto o permetto le cose, sei tu
che, comunque, corri sempre da tuo padre quando io ti dico di no.Ecco, ora si sentiva una mocciosa.
Sbuffò e incrociò le braccia al petto - Questo perchè... perchè...- arricciò il labbro inferiore,
incapace di continuare.
Temari la guardò oltre la spalla, un ghigno divertito sulle labbra - Perchè sono la mamma
migliore del mondo.La ragazza incassò la testa nelle spalle, arrossendo furiosamente e, sentendo la risata di sua
madre, s'imbronciò ancora di più - Vado a mangiare.- Attenta a non inciampare sulla tua stessa lingua.Che seccatura.
Era quasi arrivata sulla soglia del salone, quando il rumore assordante le colpì le orecchie e
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capì per quale motivo Murasakimaru non aveva osato entrare in casa. Sbarrò gli occhi,
completamente sconvolta dalla quantità di voci che sentiva, i toni si accavallavano
formando un'armonia orribile e, con un passo indietro, decise che era meglio andare a farsi
una doccia, nella speranza che, quando ne fosse uscita, se ne fossero tutti andati a casa.
- Non ci sperare.- disse sua madre con un piccolo sbuffò - Quell'idiota di Akimichi s'è messo
in testa di fare una grigliata.Aprì e chiuse la bocca, deglutì quando la risata sguaiata dell'Uzumaki le raggiunse - Pe...
perchè?La donna si scrollò nelle spalle, gli occhi verdi mandavano lampi di indignazione - Si
festeggia l'anniversario dell'indecenza, a quanto pare.- Eh?Sua madre gesticolò con una mano - Ovvero: il primo giorno in cui, tuo padre e l'Akimichi,
hanno condiviso la culla con solo il pannolino addosso.Aiko gonfiò le guance, ma cercò di trattenere la risata e si limitò a sghignazzare nella stessa
identica maniera di Temari, la quale roteò gli occhi al soffitto, molto probabilmente
chiedendosi il motivo che l'aveva spinta a sposarsi con il crybaby - Sembra una... cosa
divertente.- E non hai ancora visto le foto.- ghignò.
- Allora... forse è meglio...- trattenne ancora le risate - Che m'infilo nella doccia...- Se. E non affogare.- le strinse la punta del naso tra le dita e la mosse a destra e sinistra,
mentre Aiko rischiava di morire asfissiata.
Shikamaru guardò il soffitto bianco della macelleria, l'odore di carne cruda gli aveva fatto
perdere la sensibilità al naso e, con uno sguardo che scocciato era dire poco, guardò il suo
migliore amico che ciarlava di costolette di maiale e salsiccia con l'uomo dietro il bancone.
Sinceramente, cos'è che si doveva festeggiare?, quello era il suo giorno libero dopo una
lunga, lunghissima settimana di sfacchinamenti vari ed eventuali, visto che Naruto si era
messo in testa di farlo lavorare non-stop per quanto riguardava fascicoli, rapporti e
coordinamento delle nuove squadre.
In verità, Shikamaru doveva lavorare insieme a quel buontempone di Kakashi, ma era
palese che il cavaliere mascherato si era fatto vivo si e no tre volte in tutta quella settimana,
giustificandosi con balle altamente impossibili (come l'atterraggio di una navicella spaziale
nel cortile di casa sua che aveva disgraziatamente rovinato i cespugli a cui, oh!, teneva così
tanto; oppure dicendo di essere stato disgraziatamente rapito dal fantasma libertino di
Jiraya, il quale l'aveva portato alle terme per spiare le donne e altre cose così). Shikamaru,
quindi, oltre a doversi sorbire ore ed ore di scartoffie, aveva stoicamente accettato il fatto
che il suo collaboratore fosse inaffidabile, almeno per quanto riguardava il lavoro dietro la
scrivania.
Il solo pensare che Naruto aveva voluto Kakashi come suo secondo, mandava i neuroni del
Nara in pappa.
Gli ultimi due giorni, fortunatamente, l'Uchiha, mosso a pietà, si era praticamente offerto di
aiutarlo, il che era già una cosa impossibile e che trasgrediva ad almeno otto regole
dell'universo. In seguito, si era venuto a sapere che l'Uchiha si stava deliberatamente
nascondendo dalla dolce consorte, incazzata nera per non si sapeva che cosa (l'Uchiha
aveva avuto la brillantissima idea di litigare con il suocero).
Inutile dire cosa Shikamaru avesse intenzione di fare, durante il suo sacrosanto giorno
libero: dormire, dormire, dormire come un orso in letargo. Ma no!, perchè Choji aveva
avuto la bellissma idea di festeggiare il loro anniversario.
Anniversario!, neanche lui e Temari festeggiavano l'anniversario (e non era vero, perchè lo
festeggiavano, non con le costolette di maiale e, di sicuro, non stavano in piedi durante i
festeggiamenti - ma a volte capitava, doveva ammetterlo).
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- Secondo te, sei kg di carne sono pochi?Sbattè gli occhi più volte, si fece due conti mentali e, sapendo che almeno quattro kg se li
mangiava tutti Choji, concluse che si, erano pochi. L'omone che aveva posto la nefasta
domanda sorrise e, voltandosi verso l'altro uomo dietro il bancone, aprì tutte e due le mani.
Il macellaio strabuzzò gli occhi - Dieci?- Choji annuì - Dieci kg di carne?- ridisse, sperando
che il suo cliente stesse scherzando.
- Si!, dieci kg di carne. Sa, siamo tanti stasera e non vorremmo restarne senza. Mia moglie è
pure incinta, ah! Metta anche due petti di pollo, così non dice che a lei non ci penso... e, a
che c'è, anche un po' di tritato, così Temari fa le polpette, che come le fa lei non le fa
nessuno e anche...Shikamaru buttò la testa all'indietro, si coprì gli occhi con le mani e allungò le gambe:
sarebbe stata una lunga, lunghissima giornata.
Uscì dal bagno già vestita, i capelli coperti da un asciugamano blu scuro e il viso arrossato
dall'acqua calda.
Ciabattò nel corridoio e si trovò davanti suo fratello, i capelli legati in una coda bassa, ma
disordinati come al solito. Il piercing sul suo sopracciglio sinistro si mosse appena, quando
la vide - Hey!- Uhn.- rispose, continuando a frizionarsi i capelli - Il bagno è libero.- Tranquilla, mi sono lavato prima di te.- la guardò attentamente e lei inarcò il suo nuovo
sopracciglio - Aaah, certo. Estetista?Aiko roteò gli occhi al soffitto - Fai una battuta e ti depallo.Lui ridacchiò - Sono salito a prendere le sigarette, perchè non scendi?- Ora?, nah, scendo quando arriva papà.- suo fratello si scrollò nelle spalle e prese le scale.
Aiko sospirò e, una mano sull'asciugamano, aprì la porta di camera sua, certa di potersi fare
un pisolino, visto che conosceva lo zio Choji e sapeva che era impossibile per lui sbrigarsi
quando si parlava di cibo.
Ma le sue aspettative vennero tragicamente smontate quando vide un suo compagno di
squadra, quel compagno di squadra, spaparanzato sul suo letto, un suo libro tra le mani.
Era un film horror, una cosa orribile&terribile. Che cazzo ci faceva lui, in camera sua?
- Prima che la tua testa prenda fuoco, bakaiko, non ho toccato niente a parte il tuo letto e
questo libro.- Uchiha...- sibilò chiudendo la porta con un calcio - Che ci fai tu qui?Gli occhi neri del coetaneo la guardarono pieni di sarcasmo - Mi rilasso?- Rilassati da un'altra parte, magari su un palo della luce...Uchiha Ryuichi aveva la sua stessa età e avevano frequentato l'accademia insieme, sempre a
litigare. Al loro ultimo anno, quel sadico di Iruka li aveva messi nella stessa squadra, anche
se Aiko sapeva che c'era lo zampino dell'Hokage, in mezzo (allora era Tsunade-hime, e
Tsunade-hime aveva un senso dell'humor tutto particolare). Il fatto che non si
sopportassero a vicenda, divertiva da morire l'altro compagno di squadra, Chojiro Akimichi
(perchè le tradizioni son dure a morire).
Aiko guardò Ryuichi, Ryuichi continuò a leggere - Vattene. Via.- Ma anche no.- fece quello, molleggiandosi un po' sul letto all'occidentale - E' comodo.- Ti ammazzo.Sollevò ironicamente un angolo della bocca - Ti piacerebbe.Aiko sospirò pesantemente e camminò verso il compagno di squadra, lo sguardo
temarinesco avrebbe spaventato un leone affamato, ma gli Uchiha erano delle personcine
tutte particolari e dedite allo scazzamento altrui, quindi il ragazzo non si stupì quando il
libro che teneva in mano gli venne violentemente a mancare. Ryuichi sollevò lo sguardo su
di lei - Resterai zitella a vita.- Almeno io non sono impotente.- sibilò in risposta, sistemò il libro sul suo posto legittimo e
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incrociò le braccia al petto, battendo la punta del piede sul pavimento, le sopracciglia
profondamente inarcate.
L'Uchiha sghignazzò e sollevò i fianchi - Vuoi vedere?- Sparisci.- Eeh, poi non dire che nessuno ci prova e che nessuno ti vuole, però.Aiko sentì la rabbia montarle dentro lo stomaco - Non l'ho mai detto.- ringhiò.
- Ma lo pensi ogni volta che una tua amica esce con qualcuno.- E da quando, di grazia, riesci a leggere le menti delle persone?, non sei neanche capace di
fare due più due senza la calcolatrice.- e aveva appena detto una balla colossale, visto che
Ryuichi era uno dei ragazzi più intelligenti diplomatisi all'accademia durante il loro anno,
ma non poteva certo restare zitta e tranquilla di fronte una delle sue provocazioni!
Sarebbe stato uno smacco al suo orgoglio e lei ci teneva, al suo orgoglio.
Certo, non si poteva dire che il più piccolo (e caustico) degli Uchiha fosse brutto (e come
poteva, con un padre che era praticamente un porno che camminava?), ma Aiko non lo
sopportava soprattutto per quello.
Perchè Ryuichi dava per scontanto il fatto che chiunque l'avrebbe seguito, in qualsivoglia
circostanza, perchè era sempre stato circondato da ammiratrici assatanate che superavano
anche quelle dei suoi fratelli. Per lui era una cosa normale, e Aiko non lo sopportava.
Il moro si portò le mani sulla nuca e incrociò le caviglie, il ghigno non era ancora
scomparso dalle sue labbra (Aiko avrebbe voluto strapparglielo con la ceretta) quando parlò
- Sei una perdente.- Asino che dice cornuto al toro...- roteò gli occhi al soffitto e spostò il peso dalla gamba
sinistra, alla destra - Adesso che hai espresso te stesso, puoi andare via?- Nah, è comodo...- Dannazione, Uchiha!- ringhiò sbattendo un piede - Devo sopportarti tutti i santissimi
giorni e questa è camera mia e io deciso chi o cosa può entrare e tu... tu perchè non vai a
martoriare l'animo a qualche animale o cosa?!Quello non sembrò minimamente colpito da quello scoppio d'ira, anzi. La guardò piuttosto
divertito, la stava prendendo per il culo!
Aiko sentì la voglia di uccidere farsi impellente e aprì la bocca per avvertirlo di quanto male
gli avrebbe fatto da li a pochi minuti, quando la testa di suo fratello fece capolino dalla
porta.
Shirai guardò prima il volto paonazzo di sua sorella e poi il ragazzo tranquillamente
spaparanzato sul letto di quest'ultima. Inarcò profondamente il sopracciglio sinistro, con la
mano stava cercando i kunai, ma non li aveva.
Cosa ci faceva Uchiha-malefico junior nella camera di sua sorella?
Corrugò la fronte e poi decise di lasciar perdere visto che sua sorella sapeva cavarsela anche
da sola (e, lui lo sapeva, se Aiko avesse avuto bisogno di un kunai in più gliel'avrebbe di
certo detto senza troppe paranoie).
- E' arrivato papà,- guardò il ragazzo - e il malefico ti vuole immediatamente al suo
cospetto.- ed era una mezza verità, visto che Sasuke-malefico l'aveva veramente chiesto (le
esatte parole erano state: "Dov'è mio figlio?", Shirai aveva pensato che, nella domanda, vi
fosse l'ordine preciso&conciso di trascinare suo figlio al suo cospetto, e non aveva tutti i
torti. Li capiva bene, lui, gli Uchiha).
Shirai stette un attimo immobile, quando sua sorella riprese a respirare e gli fece cenno di
aver afferrato il concetto, scoccò un'occhiata seccata a Ryuichi e si defilò.
Il ragazzo si alzò dal letto e si rassettò i pinocchietti scuri, senza dire una parola arrivò alla
porta, ma, prima di aprirla, si girò verso di lei con ancora quel ghigno insopportabile
stampato in faccia - Giusto perchè tu lo sappia: non te lo farei mai vedere.- e si riferiva alla
sua, tristissima, battuta.
La guardò da capo a piedi e inarcò un sopracciglio - Tu sei... un maschio con i capelli
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lunghi.Aiko non rispose, lo guardò con rabbia e sdegno e aspettò che lui chiudesse la porta, prima
di abbassare testa e spalle.
Chiuse le mani a pugno, un distinto e fastidioso bruciore agli occhi. Si disse che era il fresco
che li aveva infiammati e, passandosi entrambe le mani sui capelli umidi, pensò che era
quello il principale motivo del suo odio verso l'Uchiha.
Perchè lui colpiva sempre dove faceva più male.
Iniziò a tagliare i pomodori subito dopo aver messo le patate nel forno, dal giardino
provenivano le voci dei loro ospiti, tanti ospiti e tanti marmocchi.
L'ultimo di casa Uzumaki si era addormentato sul divano subito dopo aver mangiato,
perchè, da che mondo e mondo, i bambini mangiavano sempre prima solo per levarseli di
torno il più in fretta possibile.
Purtroppo, questo non si poteva fare con quelli più grandi di otto anni e in quel momento
l'età media era di quattordici. Temari guardò il pomodoro che aveva tra le dita e, con un
sospiro, riprese a tagliarlo.
- Che seccatura.-, la donna neanche lo guardò e continuò a lavorare di polso sul pomodoro Dov'è il sale?- C'è l'aveva tuo figlio, s'è messo in testa di purificare gli Uchiha.Shikamaru appoggiò un fianco al bancone della cucina, proprio accanto a lei, e la osservò
mentre tagliava meticolosamente quella cosa immonda che i più chiamavano pomodori Insalata?, chi è morto?Temari lo guardò appena - l'Uchiha e l'Uzumaki sono a dieta.- Mh.- ... e dovresti farla anche tu.- continuò buttando uno sguardo al ventre dell'uomo - Hai dei
rotolini...- Più belli dei tuoi.- replicò circondandole il collo con un braccio - Io non mi lamento, anche
se sei pesante quando stai sopra.- ricevette una gomitata e le sghignazzò sulla guancia.
- Dillo di nuovo e non la vedi più, crybaby.- Ne parli come se fosse la cosa più bella del mondo...- bofonchiò, respirando l'odore dei
suoi capelli, affondando il naso sulla sua tempia.
Temari si rilassò all'istante e lasciò perdere il dannato pomodoro - Shika...- Ciao.- fece lui, appoggiò le reni al bancone, divaricò le gambe e la sistemò in mezzo, le
mani sui suoi fianchi, il volto affondato nel suo collo.
- Shika...- l'avvertì allontanando un po' il collo, ma lui la riprese stringendo una mano sulla
sua nuca, lei sbuffò - Dovrebbero chiamarti allupato mannaro, accidenti a te.- Mhmmh, Ai?- Non l'ho vista scendere.Shikamaru strofinò il naso nell'incavo del suo collo e respirò - Vado a riprenderla.- Mi sembra proprio il caso.Le morse la pelle sensibile sotto l'orecchio - Tanto ti lego al letto, stanotte.- disse,
accarezzandole ancora un po' i fianchi, prima di lasciarla andare.
Temari inarcò un sopracciglio, le guace arrossate - Ti piacerebbe.- Anche a te.- Voi due mi preoccupate.- Oh, qual buon vento?- sbottò la donna, voltandosi di tre quarti verso la figlia.
Aiko si grattò il collo e deviò il suo sguardo da quello della madre - Ho sistemato l'armadio.Shikamaru e Temari batterono ciglio più volte, Aiko li guardò altamente imbarazzata e,
capendo che era meglio sparire, corse in giardino dov'erano gli altri, l'espressione
terrorizzata sul volto.
La donna inarcò profondamente un sopracciglio, Shikamaru abbassò tragicamente le spalle
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- 'azzo le è successo?- ringhiò osservando la moglie, la quale non aveva la minima idea di
quello che fosse successo alla figlia.
- Avrà litigato con qualcuno, no?L'uomo la guardò fissa - E chi?Temari sghignazzò - Non ne ho la più pallida idea.- e aveva un'espressione così innocente in
volto, che Shikamaru non le credette neanche per un secondo.
Le donne erano tremende.
- Prendi la costoletta.- No zio, non mi va, sono piena...- Prendi. La. Costoletta!- gli occhi corrucciati di zio Choji facevano sentire in colpa
chiunque e Aiko non era l'eccezione che confermava la regola, con un sospiro prese la
costoletta dalle enormi mani del suo adorato(e adottato) zio e, tanto per farlo contento,
staccò un po' di carne con le dita e se lo portò in bocca.
Choji sorrise e le scompigliò i capelli, trascinandosela contro per torturarla a suo modo - Sei
un manichino!- sbottò pizzicandole le braccia - Devi mettere su qualche kg, se non vuoi
sembrare un manico di scopa.E, ovviamente, si riferiva anche al suo seno (seno?, quale seno?) che faticava a crescere,
eppure i geni della mamma non erano così scarsi, in quel frangente. Aiko sorrise appena,
pensando che, anche se puzzava di fumo e anche se la circonferenza del suo corpo era
veramente esagerata, era veramente bello abbracciarlo.
E a lei piaceva veramente tanto abbracciare le persone, testimoni suo fratello, suo padre e
Murasakimaru.
- Dov'è Chojiro?- Mah, l'ho visto otto costolette fa...- borbottò l'omone, ritornando a prestare attenzione alla
sua adorata carne - Se lo vedi, digli che se ha ancora fame è meglio se si sbriga.Lei roteò gli occhi al cielo, limpido e pieno di stelle. Si allontanò, notando che il giardino
cambiava completamente, quando c'erano tutte quelle persone ad occuparlo.
Kin e Murasakimaru si erano strategicamente appostati vicino al tavolino che sorreggeva le
bevande analcoliche, visto che i minori di diciotto anni, a casa sua, potevano bere solo
acqua (naturale o gassata), tè (obbligatoriamente preparato dalla mamma, visto che Shirai,
a sedici anni, aveva ben pensato di correggerlo un tantino con la vodka - stupido fratello) e
tutte le altre cose prive di qualsiasi tipo di alcol o caffeina (neanche il caffè, nono).
Si avvicinò a lei, osservando i suoi capelli corti sulla nuca e quelle poche ciocche castane che
le ricadevano sulla fronte. Kin aveva provato a portare i capelli lunghi, ma non era una cosa
per lei. Se li era pure tagliati da sola, chiudendosi in bagno tutta la notte una sera che Aiko
era rimasta a dormire; lei si era addormentata nella vasca da bagno e la mattina aveva
trovato l'amica con i capelli cortissimi e un sorriso impertinente sulla bocca.
Hana, la madre di Kin, era quasi morta d'infarto non appena aveva visto cosa aveva fatto
suo figlia. La reazione di suo padre (un ninja medico specializzato in chirurgia toracica) era
stata, in ordine cronologico: fissare la figlia da capo a piedi, bere un po' di caffè, inarcare un
sopracciglio e dire che, forse, il lato destro era più lungo del sinistro. Dannata distorsione
professionale.
- Hey!- ululò l'Inuzuka, non appena Aiko le fu davanti - Kami!, non ti fai vedere da una
vita!- Missioni e cose del genere.- le si sedette accanto, la costoletta dimenticata tra le sue mani
venne ceduta sentitamente a Murasakimaru.
- Se, se. Missioni un cazzo!- le circondò il collo con il braccio - Sei una dannata pigrona!- Perchè devo venire sempre io, mh?- replicò la giovane Nara, inarcando un sopracciglio e
facendo arrossire l'altra - Solo perchè ti piace mio fratello...- la sua bocca venne tappata
dalla mano dell'altra prima che potesse terminare la sua fantastica frase sarcastica.
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Kin le scoccò un'occhiataccia - Non lo dire e non fare quell'espressione. A me, tuo fratello,
non fa nessun tipo d'effetto.- le liberò la bocca mentre Murasakimaru accucciava l'enorme
testa tra le zampe e socchiudeva gli occhi. Sembrava sghignazzare.
- Comunque,- fece Aiko, roteando gli occhi al cielo - settimana prossima ho un sacco di
missioni.- incassò la testa nelle spalle, mentre Kin appoggiava la testa nelle braccia
incrociate sulle ginocchia - Due molto fuori Konoha.Kin socchiuse le palpebre - Livello A?Si scrollò nelle spalle - Dicono che non siamo ancora pronti per quelle di livello S, una
seccatura in meno; non ci tengo a morire a questa età.- Bè, prima o poi capiterà...- Se capiterà verrò da te e mi farò rompere un braccio, così non ci vado.Kin corrugò la fronte - Non ti facevo così codarda.- il suo cane rizzò le orecchie e Kin
affondò una mano sul folto pelo dell'animale, tranquillizzandolo.
- Non sono codarda, non ho paura di farmi male o cosa,- prese un profondo respiro - le
missioni di livello S richiedono tempo e io non sono mai stata lontana da qui per più di due
settimane.- sbadigliò rumorosamente - Non so come potrebbero reagire i miei neuroni,
sotto pressione e la cosa non mi piace.Kin la guardò attentamente, poi sorrise - Siete troppo diversi.- Eh?- strabuzzò gli occhi all'improvviso cambio di argomento. Di che stavano parlando
adesso?
- Tu e Shirai, dico.Aaaah, certo. E a lei, suo fratello, non faceva nessun effetto, mh?, Aiko scosse la testa e
decise che voleva studiare - Davvero?- Uhn, si.- accarezzò la testa del cane, uno sguardo docile - Cioè, tu pensi.- Anche quello stupido pensa.- considerò - E non è neanche tanto stupido, non sono ancora
riuscita a batterlo a shogi, quel disfattista...- disse tra i denti, risentita.
- Nel senso...- sghignazzò - tu ci perdi del tempo, a studiare cose e persone, lui sembra... più
sciolto.Aiko non ci aveva mai fatto caso, per lei suo fratello era suo fratello e lo conosceva, quindi
quando una persona evidenziava un solo aspetto del suo carattere si trovava un tantino in
difficoltà. Perchè, secondo lei, non si potevano classificare le persone in base ad un singolo
particolare; le persone si dovevano studiare in toto e nel loro ambiente naturale, altrimenti
era come esaminare un calamaro dentro la tana di una volpe.
Era vero che lei e suo fratello avevano delle differenze, perchè Shirai era un minestrone tra
sua madre e suo padre, c'erano le volte in cui era più Nara e volte in cui era tutto Temari.
Lei, da suo padre, aveva preso solo l'abilità di esaminare velocemente le cose e di studiare,
altrettanto velocemente, una strategia per non restare schiacciata da esse. Il resto del suo
carattere era il risultato della convivenza con sua madre, suo padre e suo fratello, anche se
ammetteva di essere molto vicina al carattere calmo di sua madre (quando non c'erano
Uchiha attorno). Ma era una che sapeva adattarsi, altrimenti non sarebbe riuscita a
sopravvivere senza uscirne pazza.
Reclinò il capo indietro, guardò le stelle e il cielo scuro - Non lo conosci così bene, mio
fratello.- Mh?Sollevò un angolo della bocca - L'hai mai visto, che so, triste o arrabbiato?- la guardò
seriamente - Hai mai pensato che...- scosse la testa - Lascia stare.- Cos'è, un rimprovero?- replicò l'Inuzuka, il collo rigido.
- No,- scosse di nuovo la testa - non ne ho motivo.- E allora che volevi dire con "Hai mai pensato che..."?- le fece il verso, non riuscendoci.
Arricciò il labbro inferiore - Non lo so neanche io, sai? Chissà cosa volevo dirti...A Kin caddero le braccia - Sei più strana dell'Hokage.64
- Adesso non essere offensiva, per cortesia.- bofonchiò la giovane Nara.
Si guardarono e scoppiarono a ridere, Murasakimaru le guardò con la lingua di fuori, prese
a scodinzolare.
Cinque minuti dopo, Shirai raccattò la sorella per le orecchie, bofonchiando di ossa che si
vedevano e salsiccia arrostita, Aiko si lasciò trasportare, annoiata a morte e quasi sbadigliò
in faccia a suo padre quando l'uomo le piantò un piatto di plastica ricolmo di carne tra le
mani - Mangia.- le disse, un forchettone nella mano sinistra che, in quel momento,
sembrava molto minaccioso.
- Non ho fame, pà, non scassare...- Vado a prendere l'imbuto?- replicò quello, un sopracciglio inarcato.
Lei sbuffò - Che seccatura...- alzò gli occhi e si ritrovò a guardarne un altro paio.
Scuri, ghignanti, che la stavano di nuovo sminuendo. Arricciò il labbro inferiore mentre gli
occhi si inumidivano di nuovo e distolse lo sguardo, abbassandolo sui piedi di suo padre
che, per contro, intercettò gli occhi dell'Uchiha.
Corrugò la fronte, guardando la figlia con un filino di preoccupazione - Devi dirmi
qualcosa?- Vado dalla mamma.Subito dopo, Shirai affiancò il padre, le braccia toniche incrociate al petto - Facciamo così
pà, prendi questo forchettone e ci infilzi i malefici in fila, poi li diamo a zio Choji e se la vede
lui!- Certo che quando ti ci metti ne dici di cazzate...Era sera, sera tardi e il giardino era tornato vuoto.
Aiko se ne stava seduta su una sedia lasciata fuori, le gambe divaricate e una bottiglia di
limonata tra le mani, gli occhi erano puntati sul cielo scuro e non si muovevano da lì da più
di dieci minuti.
I piedi nudi pigiavano sui ciottoli, qualche volta li muoveva per non farli intorpidire. L'aria
era fresca; le piaceva stare così, di sera.
- Ai...Non si mosse neanche alla voce di sua madre che, trascinando una sedia con sè, si sistemò
accanto a lei, piegandosi sul busto, i gomiti appoggiati alle ginocchia e il volto girato verso
di lei.
- L'estetista ha fatto così male?- Non scassare, mà.- bisbigliò, guardando come il bagliore latteo delle stelle si confondeva
con il nero del cielo. Era una cosa meravigliosa, la rilassava, la faceva sentire in pace col
mondo e con se stessa.
Sapere che ovunque il cielo è uguale, che piova o ci sia il sole, era un pensiero bellissimo
che non poteva essere sminuito da niente. Si stupiva quando la gente le chiedeva perchè le
piacesse il cielo, non era normale amare quella distesa inconsistente? C'era ma non c'era,
era un limite che solo in pochi riuscivano ad oltrepassare. Quanti uomini avevano
desiderato stare lì in mezzo, volare alto?
A lei sarebbe piaciuto, solo che lei non sarebbe più voluta scendere.
Sospirò, distogliendo finalmente lo sguardo - Non ha fatto tanto male.- Giusto perchè tu lo sappia, non sarà l'ultima volta che ci andrai...- fece Temari, un ghigno
impertinente sulle labbra.
- Giusto perchè anche tu lo sappia: farti odiare da tua figlia non porterà belle cose.- replicò
con una smorfia alla Nara di cui suo padre e suo nonno sarebbero stati certamente
orgogliosi - Perchè ti impunti?Temari aspettò un attimo prima di rispondere, come se fosse in un certo qual modo difficile
trovare una risposta giusta - Io non ho un istinto materno degno di essere definito tale, Ai,65
disse con voce tranquilla - ma questo non significa che non lo posseggo. Mandarti
dall'estetista, negarti le cose e permetterti altre, sono tutte cose che so fare. Quindi non
brontolare se non ti piace, dimmelo in faccia e ne parliamo.Aiko fece una smorfia - E' che non mi piace essere sbattuta in giro.- Seriamente Ai...- Sono seria, non m'importa essere... carina o qualunque cosa sia, non lo voglio essere. Sono
un ninja, non mi serve essere carina!E sua madre la guardò in faccia - Abbiamo un bel problema qui...- Non farti i film...- gemette buttando la testa indietro.
- Che ti ha detto?E Aiko s'irrigidì.
Delle cose che non sopportava di sua madre, quella era la peggiore di tutte. Il fatto che
riuscisse a capire sempre e comunque cosa non andava o se aveva litigato o se aveva fatto a
botte o se aveva voglia di piangere, sua madre lo sapeva sempre prima. E diceva di non
avere l'istinto materno? Stronzate!
- Niente.- sviò, arrossendo furiosamente.
E Temari sghignazzò com'era solita fare nei momenti peggiori - Facciamo che, se me lo dici,
da domani il tè te lo fai da sola.Inarcò un sopracciglio, guardando sua madre con la coda dell'occhio - E il caffè la
domenica.- Andata.Sospirò - Ha detto che sono un maschio con i capelli lunghi e ci può anche stare perchè,
dai!, mi vedi no?- e s'indicò - Niente tette, piatta come una tavola da surf, per non parlare
del sedere!- respirò profondamente - E' che non mi piace essere giudicata per il mio aspetto
e lui me lo sbatte sempre in faccia, sai cosa voglio dire no? Quando sai che vali più di un suo
dito indice, però non riesci a dimostrarlo quando se ne esce con certe frasi. Non sembrerò
una ragazza, ma lo sono...- bofonchiò infine.
- E il problema è tutto qui?- ricevette un'occhiataccia in risposta, così ridacchiò e si rilassò
sulla sedia - Le tette cresceranno, Ai e non hai un brutto sedere, hai detto che non ti piace
essere giudicata per l'aspetto,- si scrollò nelle spalle - fottitene.Incassò la testa nelle spalle.
Sua madre aveva ragione, dannatamente ragione e ce l'aveva sempre.
- E' che l'Uchiha ti piace!Sbarrò tanto così gli occhi, la bottiglia le cadde dalle mani e sentì la sua testa prendere
fuoco - No... non... no!- Oh, si.- Ti sbagli!- ululò, fosforescente dall'imbarazzo.
Temari sbuffò e scoprì i denti - Dicevo anch'io così per tuo padre.Stettero in silenzio, una troppo sconvolta per parlare, l'altra, se avesse di nuovo aperto
bocca, sarebbe scoppiata a ridere e non si sarebbe più fermata.
Aiko mosse i piedi sui ciottoli, si morse il labbro inferiore e adocchiò sua madre - Non lo
dici a Shirai, ne?- No.- E neanche a papà.Corrugò la fronte, pensando che Shikamaru forse l'aveva già capito, ma meglio non gettare
benzina sul fuoco - No.E Aiko si lasciò andare ad una risata quasi isterica - Lo odio, lo detesto, lo voglio morto,
impiccato, legato come un salame e buttato giù da un ponte. Lo odioodioodio!Che aveva detto riguardo il carattere calmo di suo padre?
Ah, giusto:non gli somigliava per niente.
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Capitolo 10: Concern - Don't do it anymore...
Suo figlio non era ancora rientrato. Esco un attimo, tempo due ore e torno.
Un attimo 'sto cazzo!
Si che aveva diciassette anni, si che ormai era più alto di lei e riusciva a sollevarla da terra
con un braccio solo, ma questo non significava che poteva prenderla per il culo.
Shikamaru, steso sul tatami, sfumacchiava alla faccia sua, i capelli scompostamente legati;
Temari non riusciva neanche a guardarlo senza provare un impellente bisogno di ucciderlo,
appenderlo a testa in giu e ucciderlo di nuovo e continuare all'infinito.
Perchè era tutta colpa dei suoi geni se Shirai era quello che era (e non era vero, visto che
Shirai somigliava più a lei che a Shikamaru)!
- Dove cazzo si è andato ad infilare?- Nelle mutande di qualcuno?- biascicò l'uomo, la sigaretta tra le labbra, Temari lo fulminò
con lo sguardo e sbattè con violenza il bicchiere che teneva in mano sul tavolo, Shikamaru
preso un respiro profondo - Mai sentito parlare di pazienza, seccatura?- Vuoi litigare?- sibilò lei, le palpebre pericolosamente assottigliate - No, perchè è tutta
colpa tua se succedono cose come queste!La sigaretta si mosse appena quando lui strinse i denti sul filtro e tirò, per poi buttare fuori
fumo e respiro - Seccatura...- E non chiamarmi seccatura, coglione!Shikamaru si tirò su a sedere, le braccia mollemente buttate in avanti, i polpacci scoperti si
contrassero, mettendo ancora più in evidenza i muscoli che li modellavano - Diventa mio
figlio solo quando fa cazzate...- bofonchiò allontanando la sigaretta dalle labbra - Lascialo
vivere.- Tsè, sai dove arriveremo di questo passo?- Felici e contenti?- replicò con sarcasmo, alzandosi e sbadigliando sonorosamente - Vado a
letto.- disse avvicinandosi a lei, che, rigida come una statua, lo trucidò con lo sguardo più
trucidante che possedeva.
Le passò una mano tra i capelli biondi, stando attento a non tirare troppo (perchè le donne
erano pur sempre donne e si facevano male quando un uomo non moderava la forza), lei
non si rilassò neanche per un momento - Vieni?- le chiese.
E lei stette ferma, immobile contro le dita sui suoi capelli, che le massaggiavano la testa con
movimenti quasi impercettibili, sentì un po' della tensione scivolare via, ma non era in vena
di andare a letto, non con quel nodo nello stomaco - Lascia le sigarette.E, c'era da dire, quando Temari si metteva a fumare le cose erano due:
1) o era ubriaca e quindi impossibilitata a capire dov'era, chi era, che giorno era e tutte
quelle belle domande esistenziali che ti colpiscono quando hai il sangue nell'alcol;
2) o era così incazzata da non riuscire ad incanalare la tensione da nessuna parte.
Nel caso in cui era l'ultima ad avere la meglio, le cose erano tre:
1) Shikamaru avrebbe passato un orribile giornata;
2) era preoccupata, ma tanto preoccupata, molto preoccupata. Ma proprio assai;
3) Shirai.
E non c'era bisogno di aggiungere nulla all'ultimo punto, visto che in quel nome stavano in
allegria tutte le calamità del mondo.
C'era da ammettere che gli adolescenti erano le creature più infime e pericolose sulla faccia
della terra, e non solo perchè provocavano con una facilità assurda le ire dei propri genitori,
ma anche per l'inconfutabile fatto che non avevano la ben che minima concezione del giusto
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e dell'opposto; il che portava ad ore ed ore di patemi d'animo da parte dei loro genitori e
affini, ramanzine al limite della decenza quando tornavano a casa (in ritardo) e punizioni di
settimane o più indipendentemente dall'errore commesso (leggesi come: hai ritardato per
due minuti, due settimane a casa; hai bevuto così tanto da non reggerti in piedi?,
benissimo! Scordati la libertà di espressione per almeno tre mesi o più, e se ti lamenti, non
vedrai mai più la luce dello strobo e del sole per il resto della tua infima vita).
Gli adolescenti non avevano il senso della misura, e adolescenti lo siamo stati tutti, chi più e
chi molto di più, quindi non c'era da stupirsi, se Shirai se ne stava coricato su uno scivolo,
così ubriaco da far vomitare un sobrio e con un sorriso così storto che è meglio non
dilungarsi su questo punto.
Accanto a lui, in ordine di altezza, stavano Kyosuke Uchiha (quattordici anni di cristiano,
alto quanto un albero secolare - era un'ingiustizia), il suo gemello (che nascondeva il gin dal
Nara), Minato Uzumaki (che cercava invano di far alzare il compagno di squadra, gli occhi
lattei mandavano scintille di rabbia a destra e a manca) e Mirai Morino (l'unica femmina e
l'unica diciassettene oltre Shirai in quel gruppo di scoppiati).
- Gli diamo una botta in testa, per cortesia?- sbottò lei, dopo l'ennesimo tentativo andato a
male dell'Uzumaki, il quale le scoccò uno sguardo incazzoso e altamente infastidito, i capelli
scuri, legati in una coda bassa ancora troppo corta per meritare il nome di 'coda', si
mossero appena quando voltò stizzito il volto sul suo compagno di squadra moribondo.
- Chiudi il becco, stronza.- replicò l'Uzumaki.
La figlia di quel figuro tanto simpatico che era il torturatore di Konoha si scrollò
indifferentemente nelle spalle - Guarda che alzandolo e abbassandolo ci rimetti solo tu.- E perchè?- Vomito?- fece sarcastica, sollevando un fine sopracciglio.
Shirai ridacchiò, o almeno sembrò ridacchiare, mentre la sua testa cozzò di nuovo contro lo
scivolo - Ha rrraaaggione 'ei.- masticò appena, continuando a ridacchiare.
Minato inorridì e si allontanò di tre passi.
- Botta in testa.L'Uzumaki si voltò verso l'Uchiha che aveva aperto bocca, ovvero Kyosuke - Tu lo ammazzi,
altro che botta in testa!Quello roteò gli occhi al cielo scuro - Come ti pare.- Che cazzo di risposta è 'come ti pare'!? Ma ci provi gusto?Il degno erede di Sasuke Uchiha se la ghignò alla grande - Lo porti a casa tu, in braccio?Minato ammutolì.
- Non per fare lo scassapalle, ma è tardi anche per noi, eh...In quel momento, Shirai decise che era cosa buona e giusta rimettere tutto l'alcol che aveva
ingerito; Kyosuke lo guardò disgustato, il suo gemello si pizzicò teatralmente il naso mentre
Mirai e l'Uzumaki continuarono ad osservare il loro (al secolo) compagno di squadra.
Minato abbassò le spalle, troppo combattuto per muoversi di più - Botta in testa, ma
appena finisce...Nessuno di loro si era immaginato che la signora Nara fosse ancora sveglia, per questo,
quando Temari apparve davanti ai loro occhi, sigaretta accesa tra le labbra, sguardo
omicida e kunai in mano, Minato rischiò un collasso.
Ma Temari se ne strafotteva di quei ragazzini, la cosa che aveva attirato la sua attenzione
era stata suo figlio, svenuto, sulla schiena dell'Uzumaki. Nel suo cervello scattarono così
tanti meccanismi che nominarli era impossibile, men che meno descriverli. L'unico
pensiero coerente era stato quello di ucciderli. Tutti.
Strinse le dita sul kunai e assottigliò le palpebre - Dentro.- sibilò, la sigaretta si mosse, il
cuore di Minato si fermò.
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- Uscire di casa senza dire niente a nessuno, siete usciti dalla finestra!, avete la minima idea
di che cosa mi è passato per la testa!? Vi sembra modo di comportarsi? E guardatemi in
faccia quando vi parlo, Uchiha!Ryo e Kyosuke incassarono contemporaneamente la testa elle spalle e guardarono la loro
genitrice - Scusa...- bisbigliarono insieme.
Sakura diventò ancora più rossa - Scusa un cazzo! Siete in punizione!- Ma io ho solo nascosto la bottiglia!- protestò veementemente Ryo.
Sakura lo ammazzò con lo sguardo - Doppiamente in punizione.- sibilò truce.
- Non abbiamo mica ucciso qualcuno...- fece Kyosuke.
- In punizione, per tre settimane.
- Ma!- sbottarono entrambi.
- Quattro!- sbraitò, gli occhi quasi fuori dalle orbite - E tu,- si voltò verso il marito - non
provarci neanche a farli uscire senza il mio fottuto permesso, o è la volta buona che chiedo
il divorzio!Sasuke la guardò impassibile - Hmpf.Naruto sospirò, Hinata lo guardò, Karen sbadigliò mentre Minato chiuse strettamente gli
occhi - Sono in punizione?Suo padre si grattò la nuca - Bè, si.Minato chinò il capo - Per quanto?- E tu per quanto ci vuoi stare?- replicò Naruto.
- Tu per quanto me la vuoi dare?- Tu per quanto puoi sopportare?- Insomma!- sbottò Karen - Due settimane, facciamo tre, più lavori forzati a casa, che c'è il
rubinetto del bagno che perde!Naruto annuì - Concordo.Sua moglie lo guardò con la coda dell'occhio: sbagliava o Naruto aveva trovato il modo di
riparare il rubinetto senza alzare un dito?
Mirai non ottenne nessuna punizione, anzi. Suo padre sembrava piuttosto divertito.
Aveva un mal di testa da buttarsi fuori dalla finestra a calci, il sapore orribile che aveva in
bocca lo indusse a filare in bagno in cerca dello spazzolino da denti e del dentifricio, ma
appena vi entrò, la nausea lo colse come un pugno in pieno stomaco.
Si chinò sulla tazza del water, sentendosi il cervello pulsare contro il cranio, lo stomaco
sottosopra e tutti i muscoli indolenziti.
Respirò pesantemente dalla bocca, gli occhi gli lacrimavano e ci vedeva appannato. Alzò un
braccio per strofinarlo sulla fronte e si rese conto di quanto i suoi movimenti fossero goffi e
provocassero una specie di disturbo a tutti i muscoli del suo corpo.
In poche parole: postumi da sbornia abbastanza pesante.
Sentì un rumore e voltò la testa, solo per trovare suo padre, lo sguardo altamente scocciato,
un piatto enorme con... era frutta quella? Lui non mangiava frutta, lui la detestava, la
frutta.
Che schifo, la frutta.
- Uhn...- Lavati i denti, coglione, io sono qui,- e indicò la stanza di suo figlio, si voltò e prima di
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uscire definitivamente dal bagno, lo guardò da sopra la spalla - solo a scopo informativo:sei
in punizione.Shirai fece appena in tempo a registrare le ultima parola che un nuovo attacco di nausea lo
colpì.
- Mangia.- Non... non mi piace la frutta.- bofonchiò buttandosi sul suo letto, dove stava anche suo
padre.
Shikamaru lo guardò, una sigaretta spenta tra le dita, indicò la frutta con un movimento
leggero del polso - Mangiala.Il ragazzo deglutì e guardò il piatto enorme che gli stava davanti con occhi lucidi e
sconsolati - Non posso bere un caffè amaro come fanno tutti?Shikamaru prese un profondo respiro - Perchè non lo chiedi al tuo stomaco?, quanto vuoi
vomitare, eh, Shirai?Lui incassò la testa nelle spalle e afferrò una mela già sbucciata - Il caffè non aiuta*?- No.- disse soltanto - E' una leggenda metropolitana.- Shirai mordicchiò la mela e quando
il padre lo guardò con la fronte corrugata si decise a strappare un grosso morso - Perchè?Shikamaru non aveva mai pensato che, un giorno, si sarebbe ritrovato a gestire una
situazione del genere. Credeva di essere stato chiaro riguardo il consumo di alcolici e
credeva che suo figlio fosse più furbo e intelligente di quello che, adesso, si trovava davanti.
Lui non era un santo, sapeva cosa significava sbronzarsi e sapeva cosa significava affrontare
i postumi, ma c'era sempre stato un motivo per bere, e non l'aveva fatto più di tre volte.
Certo, sapeva che il desiderio di risolvere i problemi con l'alcol non portava da nessuna
parte (e, a volte, non si tornava neanche più a casa), ma quando si hanno sedici/diciassette
anni non si capisce a cosa si va incontro.
Potevano succedere un casino di cose, mentre si era sbronzi. Quanti ragazzi erano finiti in
ospedale in coma etilico?, e quanti non erano stati soccorsi in tempo?
Suo figlio sapeva cosa significava avere il tre per mille di etanolo nel sangue?
Shikamaru scosse lievemente la testa, cercando di cacciare via quei pensieri dal suo
cervello. Non era successo quello, fortunatamente, ma ciò non toglieva che suo figlio era
uscito di casa con l'intenzione di farsi stare una merda.
Non gli andava bene.
Shirai masticò un altro pezzo di mela e inghiottì senza guardare il padre in faccia - Non lo
so.E Shikamaru annuì, prima di dargli un pugno così forte in testa che Shirai sentì il suo
cervello uscire fuori dalle orecchie - Fallo di nuovo e ti spezzo tutte le ossa. Tua madre è
rimasta sveglia tutta la fottutissima notte ad aspettarti e non credere che io abbia dormito,
perchè non l'ho fatto.- e le occhiaie parlavano per lui - Non puoi fare di testa tua, non puoi
ridurti così per un motivo che neanche conosci.Shirai si morse, colpevole, il labbro inferiore e abbassò la mela - Hai ragione.- Non pensare di fregarmi, non sono un tuo amico.- sibilò, gettandogli uno sguardo così
deluso che Shirai si sentì la terra mancare da sotto i piedi - C'è un motivo per il quale
abbiamo uno stomaco e un fegato, e non hai nessun diritto di distruggerli. E non venirmi a
dire che quello,- e indicò rabbiosamente il figlio - è il tuo corpo, perchè ci sono anche io lì
dentro.- Scusami.- bisbigliò, gli occhi lucidi di lacrime - Non volevo... farvi star male, sul serio
non...- si bloccò e chiuse strettamente gli occhi - mi dispiace, papà.Shikamaru prese un silenzioso, ma profondo, respiro e incrociò le gambe sul letto - Mangia
'sta cazzo di frutta.Temari non si era mai sentita così stanca in vita sua, neanche il bagno era riuscito a
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rilassarla un po', per questo si buttò sul letto subito dopo essersi infilata una maglietta larga
di Shikamaru che le arrivava dieci dita sopra le ginocchia.
Sbattè le palpebre pesanti, eppure non aveva sonno. La preoccupazione circolava ancora
nelle sue vene, più amara dell'amaro stesso, così totalizzante che faticava a ricordarsi le
cose basilari.
Shikamaru la trovò così, distesa sul letto, le mani che coprivano gli occhi e il petto che si
alzava ad abbassava veloce.
- Come sta?- chiese Temari, la voce appena udibile talmente era fiacca.
- Come vuoi che stia, Tem?Lei deglutì amaro - Vorrei picchiarlo così forte che, cazzo!, lo ucciderei...Shikamaru si sedette sul letto - Mh.- Che c'è?!- Sono cose che capitano...Temari tolse le mani da sopra gli occhi e si alzò sui gomiti, guardandolo come se gli fossero
spuntate delle antennine fosforescenti sulla testa - Oh, non ci provare Shika.- disse tra i
denti stretti - Non osare difenderlo!Shikamaru incassò il colpo stoicamente, conscio che quello che stava facendo non era la
soluzione migliore, ma aveva guardato Shirai negli occhi, lui conosceva suo figlio e sapeva
che era davvero dispiaciuto - Non lo difendo, dico che sono cose che capitano, le ho fatte io
come le hai fatte tu.Lei si alzò furente - Io non sono mai uscita di casa con la precisa intenzione di svuotare una
bottiglia di alcol!, non provarci nemmeno, Shika, ha fatto una cazzata e questo perchè gli
abbiamo dato fin troppa libertà!- Ok,- annuì - sulla libertà ci siamo, ma che vuoi fare?, tenerlo a casa?- Legato al letto e imbavagliato.- Tem...E lei contrasse e rilassò le spalle a quel tono, sembrava che la bambina della situazione
fosse lei, aprì la bocca per dire qualcosa mentre lui si alzava e le si avvicinava - Non mi
piace.- bisbigliò la bionda.
Lui si scrollò nelle spalle - Vaglielo a dire...- Oh! Ci puoi giurare che glielo vado a dire!Shikamaru respirò profondamente quando lei uscì dalla loro stanza, si lasciò andare di
nuovo sul letto, la testa affondata nelle lenzuola fresce - Seccature, seccature, seccature.
Fottute seccature.- e strinse le dita sulla faccia pallida - E chi cazzo dorme più, quando
escono*?- La vedi questa?!Shirai sbattè più volte le palpebre, adocchiando la bottiglia (vuota) di un alcolico che sua
madre gli aveva piazzato davanti agli occhi. Si chiese chi non riusciva a vederla, prima di
decidere che era meglio non tirare troppo la corda - Ehm... si... ?- E' l'ultima che vedrai.- sibilò sua madre ad una spanna dal suo viso, alzò il cestino
dell'immondizia che aveva strategicamente prelevato dalla cucina e vi buttò la bottiglia, la
fronte profondamente corrugata - La prossima volta che fai una cosa del genere, non ti
faccio più entrare a casa. Non mi piace che i miei figli bevano e non mi piace che esagerino,
sono stata chiara?- disse minacciosa come un cobra davanti un topolino.
Lui deglutì - Cristallina.Temari annuì, prima di far schiantare il suo poderoso pugno contro la testa vuota del figlio,
che si afferrò la parte lesa, lacrime che scendevano sulle sua guance - Se devi andare in
bagno, mi devi chiedere il permesso e non m'interessa se stai per pisciarti sotto. Vai agli
allenamenti e, quando finiscono, ti rivoglio a casa cinque minuti dopo; non esistono
passeggiate nè chiaccherate per strada. Se vuoi parlare con qualcuno di diverso da me, c'è
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tua sorella e non guardarmi così perchè se tuo zio Gaara fosse qui, sta sicuro che ti avrebbe
strizzato così forte le palle con la sua fottuta sabbia da non farti più capire se sei femmina o
maschio. Tutto chiaro?Shirai, al nome dello zio, era impallidito così velocemente da far schifo, annuì
vigorosamente mentre Temari lo guardava con un ghigno sadico sulle labbra - A scopo
informativo:sei in punizione.-
Capitolo 11: Della serie: la mamma fa paura, ma papà è più subdolo!
Quello che stava per fare poteva costargli la vita, ma a quasi diciotto anni non t'importa poi
molto delle conseguenze e Shirai non era mai stato un tipo che si fasciava la testa prima di
essersela rotta.
Prese un profondo respiro, ben sapendo che, da lì a poco, gli sarebbe servito molto
coraggio.
Era appena tornato dal suo allenamento serale (ovvero la lunga corsa che si faceva ogni sera
da quando aveva quattordici anni, seguita da tre serie di piegamenti prima sulle braccia e
poi sulle gambe) e sapeva che, forse, era meglio farsi una bella doccia prima di entrare e
mangiare, ma era impaziente.
Così impaziente che il suo stomaco tremò e non solo per la fame.
Prese un altro lungo respiro, si passò una mano tra i lunghi e disordinati capelli e buttò
all'aria le preoccupazioni.
Entrò nella sala da pranzo con il solito sorriso scanzonato che piaceva tanto a sua nonna e
alle ragazze in generale - Ciao mà, pà...Suo padre sbuffò in risposta, senza neanche muoversi dalla posizione scazzata che aveva
(ovvero con il sedere quasi fuori dalla sedia e le mani dentro le tasche dei bermuda leggeri),
sua madre lo adocchiò un attimo, prima di inarcare un sopracciglio - Niente doccia?- Ho fame.Sua sorella, che sembrava una di quelle bambine dolci e graziose a cui non si vuole far nulla
oltre che abbracciarle e tirar loro le guance, lo guardò dall'alto della sua superiorità
intellettuale, e lo era, intelligente. Sicuramente non quanto lui, non ancora visto che non
era ancora riuscita a batterlo a shogi (e se non riusciva a battere lui, era una cosa inutile
provarci con loro padre o, peggio, con il nonno).
- Che vuoi?- sbottò, appoggiando il gomito sul tavolo e la testa sulla mano, era mezzo
voltato verso di lei così che la potesse guardare negli occhi.
Occhi verdi come quelli di Temari, grandi e con le ciglia più lunghe che lui avesse mai visto,
sembrava che avesse messo il mascara, ma le aveva così di natura. Shirai si domandava
spesso da chi le avesse prese, perchè nè Temari nè Shikamaru avevano ciglia così lunghe,
ma lasciava cadere sempre l'argomento quando sua sorella apriva bocca.
- Niichan,- disse con voce stucchevolmente falsa - puzzi.- Non è colpa mia se hai il naso sempre sollevato, chibi.Lei inarcò immediatamente un sopracciglio, lo guardò dal basso verso l'altro, poi perse
interesse - E sei anche una seccatura.Lo sbuffo di Shikamaru seguì quella sentenza sacrosanta, mentre Temari sistemava in
tavola le cibarie (ovvero carne e insalata per lei e i pargoli, e insalata per Shikamaru che di
sera non mangiava)
Come Shirai sapeva da tempo immemore, a colazione, pranzo e cena non si parlava. Era
tipo l'undicesimo comandamento di casa Nara, visto che entrambi i suoi genitori avevano la
stranissima abitudine di cominciare a litigare, sbraitare dal profondo dello stomaco e
prendersi a schiaffi; non era una bella vista, anche perchè i suoi genitori se ne sbattevano
altamente della presenza dei loro figli e continuavano ad oltranza fino a quando o Shirai, o
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Aiko, decidevano che era meglio chiamare la protezione civile.
Lui ricordava che, una volta, erano piombati in casa loro gli Anbu, capitanati da Capitan
Malefico-sono-un-figo-da-stupro-Uchiha; avevano creduto che si stesse svolgendo una
strage (Shirai l'aveva sempre saputo che il Malefico soffriva di qualche tipo di disturbo
compulsivo-ossessivo, ma da lì a credere che in tutte le famiglie ci fosse un maniaco
omicida che sviscerava indifferentemente corpi e tende, bè, gli sembrava un po' eccessivo.
Tanto più che i suoi avevano sempre litigato, ma che problema ti fai, Capitan Malefico?)
In sintesi, comunque, per i pasti non si doveva aprire bocca.
Sapeva di stare commettendo un crimine dei più efferati nella storia dei Nara (Hidan
escluso), ma doveva per forza sputare quello che aveva in testa, quindi masticò lentamente
la carne che aveva appena infilato in bocca e scoccò uno sguardo strategico a suo padre
(impegnato e litigare con un chicco di mais) e poi lo spostò a sua madre. E Temari gli
restituì lo sguardo e lui sobbalzò.
Seriamente, ma leggeva le menti?, come faceva a sapere sempre dove lui avrebbe guardato,
come, quando e, soprattutto, perchè?! Sua madre era un'associazione a delinquere,
decisamente.
Inghiottì rumorosamente e chinò lo sguardo sul tavolo - Ecco... io volevo...- Parlare di te?- lo bloccò sua madre, le sopracciglia inarcate e un ghigno alla Sabaku no
stampato sulle labbra - Lo fai a ruota continua...- No, mà.- fece, abbattuto ancor prima di cominciare.
Sua sorella alzò gli occhi verdi su di lui, odiandolo per averla distratta dal suo cibo
(influenza di zio Choji) - Secondo me, vuoi morire.E lui incassò la testa nelle spalle, sperando che almeno sua sorella non gli leggesse nella
mente, altrimenti era veramente fottuto - Chiudi il becco, nana.- Hn, seccatura.- replicò quella.
- Comunque!- sbottò, stanco di tutto quel girare intorno la questione - Ho deciso che voglio
il piercing.Silenzio.
Shirai iniziò a temere (temere-Temari, erano sinonimi!) per la sua vita (e non li aveva
ancora fatti, diciotto anni).
Ancora silenzio, doppiamente silenzio, fottuto silenzio.
Aiko sbattè le palpebre - Ma te le programmi prima 'ste cose, o ti vengono sul momento?lui non rispose e non sapeva neanche come rispondere, in realtà.
Sua madre chiuse lentamente gli occhi e sembrò pensare seriamente alla cosa, chinò un po'
il capo, come a concentrarsi di più, corrugò anche la fronte e Shirai sentì accendersi un
lumino di speranza.
- No.... che scoppiò in tante bolle blu quando suo padre decise che era ora di mettere fine alla
questione - Eh!? Perchè?E il quinto comandamento di casa Nara (ovvero il comandamento del no) era: "Quando
papà dice di no, non chiedere perchè; quando lo fa mamma, vai da papà e chiedigli
perchè la mamma ha detto no, ma non chiedergli il permesso per la cosa e/o cazzata che
volevi fare - ti dirà di no uguale".
- Perchè no.- Ma non ti ho neanche detto dove voglio farmel...- Quale parte di no non hai capito?,- bofonchiò suo padre, il gomito appoggiato al tavolo e
la forchetta che infilazava lattuga e mais - La n, la o, o la parte in cui mi alzo e ti faccio
il piercing dove so io?Shirai sparì letteralmente sotto il tavolo, mentre sua sorella tagliava la carne con uno
sguardo sadico e divertito.
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Ah, ma Shirai non si arrendeva così facilmente.
Una volta era riuscito a pedinare per quattro giorni consecutivi ero-Kakashi-san, e solo per
farsi spiegare perchè l'erba del prato non si fumava mentre quella che vendevano per strada
si.
E una volta era riuscito a far incazzare Naruto-sensei (si, Naruto era stato il suo sensei
prima di diventare Hokage) così tanto che al biondo erano uscite corna e code, e, in fondo,
lui non aveva mica detto niente di male. Aveva solo ricordato al biondo che lui e l'Uchihamalefico litigavano sempre perchè si amavano alla follia (gliel'aveva detto suo padre). Non
contento, aveva continuato a ripeterlo così tante volte che al futuro Hokage erano girati i...
si(gin)gilli.
Quindi, premettendo che Shirai non era più un bambino, lui non era un tipo che si
spaventava o si ritirava.
Rigirò tra le dita un kunai, pensieroso e scomodo, visto che stare sui talloni per mezz'ora
non era una cosettina che tutti farebbero a base giornaliera, ma stava aspettando la sua
vittima, ovvero suo zio Kankuro che si trovava a Konoha come guardia del Kazekage (si,
c'era pure lo zio Gaara).
Sapeva che sarebbe passato di lì perchè lui era un genio e lo sapeva per forza di cose.
Appena intravide la grande testa di suo zio, balzò giu dall'albero, trovandoselo proprio di
fronte; sperava in una qualche reazione spaventata e/o sorpresa, ma suo zio sbadigliò
mollememte, una lacrimuccia gli scivolò per la guancia prima che lui decidesse di
asciugarla con il palmo della mano callosa - Cosa vuoi, mentecatto?- Ciao zio!- e sorrise. Ah, sapeva fingere così bene!
Kankuro lo guardò dall'alto e incrociò le braccia al petto - Ti devo soldi?- No!- Tu li devi a me?- Zio...E quello sbuffò - Falla spiccia.- Allora, mi serve il tuo aiuto perchè voglio farmi il piercing al sopracciglio, e sto per fare
diciotto anni quindi non capisco perchè la facciano tanto lunga, ma comunque! Lo voglio, e
siccome mamma e papà sono stupidi, mi servi tu dato che non sono ancora maggiorenne e
ci vuole il permesso di un mio parente, che non deve per forza essere mamma o papà e,
visto che sei mio zio, mi puoi accompagnare?Kankuro corrugò la fronte e lo guardò da sopra a sotto, le braccia ancora incrociate al petto
e poi sghignazzò - Ti sembro stupido?- Assolutamente no!- Sei un leccaculo, lo sai, si?- e suo nipote si scrollò indifferentemente nelle spalle - No.Shirai si schiaffò una mano sulla fronte - Perchè?- gemette, la disperazione dilagò e Shirai
seppe perchè gli Uchiha erano psicopatici: se uccidevi chiunque si mettesse sulla tua strada,
evitavi problemi, seccature e paranoie. Erano furbi, gli Uchiha.
- Perchè tua madre è terribile e io sono troppo giovane per morire.- Hai paura di Ino...Kankuro voltò il capo dall'altra parte - Ognuno ha la sua.Quando sui zio se ne andò, Shirai capì che gli era rimasta l'ultima possibilità.
Zio Gaara. E che i kami lo benedissero.
- ... - Si zio, lo so che sono un coglione...- bisbigliò, gli occhi socchiusi, rossi e lucidi a causa
della sabbia che suo zio ci aveva amorevolmente soffiato sopra (era il suo modo di
trasmettere il suo amore, visto che il tatuaggio non sembrava sortire effetti visibili nelle
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persone che lo fronteggiavano).
Gaara, nelle vesti di Kazekage, sedeva su una sedia, la caviglia della gamba destra
appoggiata sul ginocchio sinistro, le braccia incrociate al petto e gli occhi chiari puntati sul
nipote.
Socchiuse le palpebre e sollevò un angolo della bocca. Erano due ore, due fottutissime ore,
che Shirai cercava di convincerlo a fare quella ragazzata, ed erano due fottutissime ore che
Gaara si divertiva come un pazzo (e non lo era più, nononono).
- Tuo padre ha detto di no.- e non era una domanda.
Il Kazekage si alzò e Shirai restò dov'era mentre suo zio lo sorpassava e apriva la porta - ... - Si, zio, mi alzo zio, grazie zio.Gaara roteò gli occhi. Tutte quelle formalità per un buchetto. E poi era lui il folle.
- ... così, quello è tuo zio...Shirai quasi scavalcò il bancone per strozzare l'uomo che doveva soltanto fargli un
fottutissimo buco al sopracciglio, infilargli la barretta e avvitare i pallini, e invece sembrava
che quel... quell'essere fosse piuttosto interessato al suo albero genealogico.
Sentì distintamente la rabbia montagli nello stomaco e strinse i pugni - Si,- sibilò - lui è mio
zio, il Kazekage, il fratello di mia madre, ora può gentilmente dirmi quello che voglio
sentirmi dire?L'uomo, che doveva avere su per giu ventisette, ventotto anni, lo guardò con il sopracciglio
(con due piercing) sinistro inarcato, il suo braccio (tatuato dalla clavicola in giu) pescò
qualcosa da sotto il bancone - Mettiamo la barretta curva, puoi scegliere il colore o lo vuoi
classico?- Classico.Quello annuì e gli fece cenno di seguirlo nella saletta, dove Shirai (tampinato da suo zio)
trovò una poltrona reclinabile, tipo quelle che usavano i dentisti (o tortura cinese, come
Shirai le chiamava) e vari tavolinetti dove erano sistemati tutti gli attrezzi.
- Siediti.E lui lo fece, avvertendo una scarica di adrenalina percorrergli la spina dorsale quando
l'uomo si lavò le mani e indossò i guanti in lattice.
Lo guardò quando gli si avvicinò, un pinza* in mano - Quale sopracciglio?- Sinistro.- replicò, trovando difficoltà a stare fermo.
Gaara guardò con un certo interesse l'uomo che si reclinava appena, stringeva la pelle del
sopracciglio e chiudeva la pinza su di essa; non doveva far male, visto che Shirai non fece
nessuna espressione di sorta, ma l'uomo stava stringendo sia con la pinza che con le dita e
Shirai lo osservava.
Il piercer si allontanò per prendere della garza e uno spray per insensibilizzare ancora di
più la parte, sistemò la garza sull'occhio per evitare che lo spary lo colpisse, poi prese la
cosa (Gaara non sapeva come chiamarla, visto che sembrava un'asticella appuntita che,
ovviamente, l'uomo avrebbe usato per fare il buco, ma non era in metallo) e guardò Shirai Respira.E il ragazzo lo fece e contemporaneamente l'uomo esercitò la pressione necessaria per
perforare il sopracciglio - Espira.Con una pinza chirurgica (una di quelle lunghe, in sintesi) tagliò l'estremità dell'ago, se così
si poteva chiamare, e adocchiò Shirai, prima di afferrare la barretta, togliere l'ago e
sostituirlo con essa. Avvitò i pallini e poi passò un creama lucida sulla parte.
Il sopracciglio si era arrossato e anche un po' gonfiato, ma non eccessivamente, e Shirai non
aveva assolutamente sentito nulla.
- Per ora non toccarlo, non pensarci neanche,- gli disse l'uomo, una volta ch'ebbe pagato vai in farmacia e prendi questa crema,- gli passò un foglietto - mettitela tre volte al giorno
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per quattro settimane.Shirai era troppo euforico per pensare a come nascondere il sopracciglio gonfio e il
piercing.
Ma a quasi diciotto anni le conseguenze sono solo cazzate, almeno fino a quando qualcuno
non ti dice che il cazzone sei tu.
Temari stava controllando che Aiko non uccidesse a mazzate suo suocero, quando sentì il
rumore della porta d'ingresso che si apriva e chiudeva. Quella mattina Shirai era uscito
presto per tornare solo adesso, che erano le sei di pomeriggio; tra l'altro anche suo fratello
era praticamente svanito nel nulla e Temari non era una stupida.
Immaginava che Shirai avesse costretto Gaara a sorbirsi le sue lamentele riguardo il 'no
piercing' della settimana prima, e pensava che Gaara avesse ucciso il nipote e trasportato il
suo cadavere da qualche parte fuori da Konoha.
Con un sospiro aspettò che Shirai entrasse, ma sentì solo il rumore del frigorifero che si
apriva e qualcuno che cercava di uscire sileziosamente dalla stanza.
Battè ciglio, avvertendo la solita scarica di rabbia trapassarle il cranio da parte a parte. Che
cazzo aveva combinato, stavolta?
- Shirai?- Si, mamma!?Troppo veloce, troppo nervoso - Dove sei stato?- Ah, sono andato ad allenarmi, ho chiesto a zio Kankuro se voleva farmi compagnia, ma
non ha voluto, così ho chiesto a zio Gaara.- Ah.- fece Temari, sentendo la rabbia scivolare via - E chi ha vinto?- Lui, ovviamente, ma perchè bara!- sbottò Shirai e sembrava davvero addolorato - Vado a
farmi la doccia, quando è pronto mi chiami, ok?Temari non ebbe il tempo di dire 'no' che lui era già sparito.
Aiko sbadigliò in faccia al nonno - Ho vinto.Shikaku sbuffò, pensando che sua nipote fosse un demonio incarnato - Sento odore di
seccature...- Shirai non morirà, ho scommesso anche su quello con Sasuke-san, non posso perdere!Lui era cresciuto amando le cose semplici e questo era risaputo; per lui, divertirsi,
significava stendersi sull'erba e guardare le nuvole, e non pretendeva neanche che la gente
capisse perchè non faceva come tutti gli altri che si sbattevano notte e giorno per ottenere
dei risultati, tanto, se voleva, lui otteneva quello che voleva con il minimo sforzo (come era
successo con Hidan e con Temari poi).
Quindi, per lui, desiderare che qualcuno ti bucasse la pelle del viso... era una cosa assurda.
E non gli fregava un tubo se moda e massa pubblicizzavano a iosa i piercing, non esisteva
che suo figlio si facesse bucare la faccia; o, almeno, era quello che aveva pensato prima di
vedere suo figlio entrare in quel salone, con Gaara. E l'aveva visto uscire con una cosa
metallica sul sopracciglio.
Dire che era incazzato da far paura ad un Uchiha, era veramente, veramente poco. Sul serio,
cosa c'era di così complicato nel monosillabo no?
Shirai era riuscito a nascondere il piercing per due giorni interi, ed era già tanto visto che
l'occhio di sua madre sembrava possedere una qualche specie di Sharingan a raggi X. Suo
padre non gli aveva rivolto la parola in tutti e due i giorni, e la cosa era abbastanza strana
visto che non aveva fatto niente per meritarsi quel silenzio (piercing escluso, e suo padre
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non poteva neanche saperlo!), ma aveva pensato che il lavoro con i fascicoli gli stesse
rubando troppo tempo e aveva fatto correre la cosa.
Quando, il terzo giorno, era sceso a colazione con il piercing in bella vista, c'era solo sua
madre che beveva il caffè, altra cosa strana. Di mattina erano sempre, sempre, a casa; tutti
quanti, tranne quando Shikamaru o Temari partivano per una missione, o se lui stesso
andava in missione, ma, normalmente, c'erano sempre tutti.
Aiko, pensò, avrà dormito dai nonni, dato che lei era praticamente un gallo e si svegliava col
sole, ma suo padre? E perchè sua madre era ancora in pigiama?, non andava a lavorare?
- 'ngiorno, mà.Lei non rispose, continuò a bere il suo caffè, gli occhi puntavano la porta finestra del salone
e sembravano voler dar fuoco al vetro, Shirai corrugò la fronte e le si piazzò davanti Mà...?E Temari puntò lo sguardo smeraldino nei suoi occhi scuri, poi fissò l'affare metallico che
adornava il suo sopracciglio - Tuo padre ti ha visto quando sei entrato in quel salone e ti ha
visto uscire con quello...- e indicò il piercing.
A Shirai si abbassò la pressione, aprì la bocca per dire qualcosa, una stronzata qualsiasi, ma
l'unica cosa che gli riuscì fare, fu sbattere le palpebre e aprire e chiudere la bocca.
Temari scosse la testa, e con essa i codini - Quando uno dice no, Shirai, non significa 'fai
quello che cazzo ti pare', quante volte vuoi sentirtelo ripetere ancora?- ... Dov'è papà?- Non lo so dov'è papà,- sibilò la bionda - ma Shikamaru Nara è uscito ieri sera.- Seriamente Shika, cosa ti ha fatto quella patatina?Alla sua domanda non seguì nessun tipo di suono, ch'esso fosse sbuffo o grugnito. Solo il
silenzio accolse la frase sarcastica che Choji aveva rivolto al suo migliore amico da tempi
immemori.
Un migliore amico che, in quel momento, era di pessimo umore e pronto a sbriciolare una
patatina tra le dita come se quella fosse il collo di qualcuno.
Shikamaru era piombato a casa sua verso le tre di notte e aveva trovato Choji nel suo
spuntino pre-colazione; il fatto che trovare uno Shikamaru sveglio a quell'ora fosse
classificabile come catastrofe ambientale non aveva colpito neanche il cervelletto
dell'amico, il quale gli aveva sbattuto una ciotola (o, per meglio dire, insalatiera) ricolma
fino all'orlo di gelato a tre gusti (cioccolato, fragola e panna) con un fiume di nutella sciolta
a bagnomaria sopra.
C'era da dire che sotterrare i dispiaceri nel gelato e/o dolci, non erano solo le ragazze a
farlo, quindi era una cosa normalissima, per Choji, lamentarsi della moglie che, da quando
Chojiro era nato, gliela faceva vedere solo su richiesta firmata, imbustata e spedita minimo
una settimana prima (perchè lei doveva organizzare l'agenda, mica per niente) e, mentre lui
si faceva il monologo, Shikamaru diventava minuto dopo minuto più taciturno, e il gelato
non aiutava la sua rabbia a sparire.
Così, la mattina dopo colazione e conseguente rimprovero della consorte (una kunoichi del
villaggio delle nuvole che lui aveva conosciuto durante il summit organizzato dal Raikage)
per non averla svegliata quando Shikamaru era arrivato, erano usciti relativamente presto,
visto e considerato che sia Shikamaru che Choji avevano il giorno libero.
E, in quel momento, Shikamaru guardava le nuvole con le briciole della patatina
appiccicate alla mano e Choji guardava le suddette briciole con sguardo dispiaciuto,
pensando sicuramente che quella patatina avrebbe fatto una fine migliore se si fosse
sbriciolata sotto i suoi molari.
- Hai litigato con Temari?- chiese, infilandosi quattro patatine in bocca e masticando
rumorosamente.
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- No.- e sembrò che la sua voce provenisse direttamente dallo stomaco, vista la sfumatura
roca e tremante che quel no aveva.
Choji continuò a sgranocchiare patatine per i successivi minuti, aspettando che la rabbia di
Shikamaru cambiasse rotta e andasse lontano da lì; lui lo conosceva bene, Shikamaru, e
sapeva che quando la rabbia offuscava la sua ragione, era meglio trovarsi molto, molto
lontani da lui.
Con i nemici era diverso visto che il Nara incanalava la rabbia per raggiungere uno scopo
ben preciso (ovvero l'annientamento del nemico), ma quando si trovava ad essere incazzato
nero con qualcuno della sua famiglia, c'era poco da fare. Perchè non poteva annientarli, non
poteva combatterli nè a suon di ninjustu nè con il taijutsu, e Choji sapeva quanto desse
fastidio a Shikamaru dover usare la forza fisica per farsi rispettare.
Ma anche il Nara era un essere umano, e s'incazzava, voleva picchiare qualcuno, voleva
sbattere la testa di Temari contro il muro quando la moglie s'impuntava, voleva appendere
suo figlio a testa in giu e cose del genere.
Choji guardò pensieroso il cielo e inghiottì per poi spazzolarsi la bocca - Qualunque cosa
sia, Shika, non è così grave.- e l'amico chiuse gli occhi con un ringhio a stento trattenuto in
gola - Dico sul serio. Ci sono un sacco di cose nel nostro lavoro che una persona normale
non si sognerebbe mai di fare.- Quando uno dice no, è no.- borbottò tetro, i muscoli delle gambe contratti, come quelli
delle braccia.
Choji annuì - Quando Asuma-sensei ci diceva no, noi facevano l'opposto di ascoltarlo...- e
sospirò - Fare il padre è più di un no, Shika.Non era stato facile, per lui, guardare in faccia suo figlio e trattenersi dallo strappargli quel
coso a mani nude e Shirai era veramente troppo spaventato per guardarlo negli occhi.
La guancia si suo figlio era gonfia, quindi Temari aveva fatto il lavoro sporco prima che lui
tornasse a casa, e Shikamaru voleva pensare che la bionda l'avesse fatto per proteggere il
figlio dalla sua ira, piuttosto che pensare all'enorme piacere che Temari aveva provato.
E in fondo Choji aveva ragione. Nessuno ascoltava i no all'età di Shirai o di Aiko, ma questo
non significava che lui era meno incazzato.
Shikamaru strinse forte i pugni, sotterrati nelle tasche - Domani mattina ti aspettano
all'ufficio degli anbu,- Shirai s'irrigidì appena - dato che sei abbastanza grande per fare
quello che cazzo ti pare, ho pensato che sostenere l'esame anbu ti avrebbe fatto piacere.continuò con un tono indifferente - Se lo passi puoi tenere quell'affare, se non lo passi ti
farai quattro mesi a Suna, ad allenarti con Gaara.Shirai incassò la testa nelle spalle - Va bene.- Non mi serve il tuo permesso per farti fare quello che voglio io, Shirai.- replicò ancor più
indifferente e quasi si scrollò nelle spalle per sottolineare il suo apparente disinteresse L'esaminatore sarà Ibiki Morino.- e uscì dal salone.
Temari tornò a casa un'ora dopo, stanca morta. Naruto, ovvero l'Hokage (era difficile
ricordarselo), l'aveva chiamata perchè suo fratello Gaara esigeva la sua presenza per far
capire al biondo che era inutile inviare shinobi della Sabbia a Konoha, visto che già c'era lei
che faceva per mille.
Si liberò del ventaglio non appena mise piede in casa e il silenzio l'avvolse come una
coperta. Salì le scale, convinta che in casa non ci fosse nessuno, e partì spedita per la sua
camera da letto, pensando già alla doccia che si sarebbe fatta.
Ma, una volta entrata in camera, trovò Shikamaru, la faccia sepolta dal cuscino e dalle
coperte e non stava dormendo visto come borbottava riguardo seccature, cazzate e cazzoni.
Temari pensò di uscire e occupare il bagno di suo figlio, quando la faccia di suo marito
riemerse dalla montagna che lui stesso si era costruito sopra - Non si dorme...- ringhiò, gli
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occhi mezzi chiusi.
- Camomilla?- fece lei, spogliandosi della divisa per restare in magliettina intima e
pantaloncini - E, per inciso, se la vuoi te la devi andare a prendere.E lei non voleva assolutamente creare un malinteso, assolutamente no. Perchè era stanca e
non era veramente dell'umore per rotolarsi sul letto con lui in mezzo alle gambe e
soprattutto non lo voleva fare per conciliargli il sonno!
Ma quando l'imbecille la capovolse sul letto, le sfilò la maglia e pantaloncini e allineò il
volto proprio lì, l'unica cosa che Temari riuscì a fare fu... gemere.
E' inutile dire che Shirai non passò l'esame e che fu costretto a partire con i suoi zii per
Suna, dove sudò e sudò e sudò, visto che suo zio Gaara aveva la stranissima abitudine di
inseguirlo comodamente seduto su un'onda di sabbia, mentre lui correva per non morire
soffocato.
E quello era solo l'addestramento di base.
Ma il piercing non se lo toglieva, ormai si era impuntato.
Assolutamente no!
Capitolo 12: When a word doesn't mean anything (just an happy birthday)
[Quando una donna è turbata, diventa pericolosa.
E' un dato di fatto innegabile che il genere femminile sia quello più meschino, perchè le
femmine agiscono sempre per un secondo fine.
Per non parlare del fatto che usano il sesso come la chiave di ogni porta, e, in vero, ci
riescono a circondarti di cazzate fino a quando tu sei troppo stanco per batterti o far valere
le tue inutili, zoppicanti e altamente urtanti opinioni.
Perchè, se vuoi far cambiare opinione ad una donna, non servono i fiori. Puoi anche
portarglieli, ma sta sicuro che all'interno del suo cervello starà pensando a cento e più modi
di farteli mangiare con tutto lo stelo. E tanti saluti all'orgoglio maschile.
Orgoglio che, in vero, serve a poco visto come i maschi si fanno sfruttare.
Dicono che una donna innamorata sia davvero uno spettacolo; ebbene, l'uomo innamorato
lo è ancora di più, la ragazza per cui il cuoricino di un maschio batte, può essere la peggior
specie di essere umano, può avere la reputazione più orribile esistente, può vestirsi alla
stessa maniera per tre giorni di fila, può bere meglio di lui e reggersi sulle sue gambe, non è
importante. Perchè il ragazzo, quando s'innamora, si rimbambisce.
Le donne mirano a questo e guai se il suddetto ragazzo fa parte di quella stretta categoria di
maschi a cui va bene anche un cesso all'aria aperta. Guai se il ragazzo non presta
abbastanza attenzioni, guai a lui.
Perchè poi la donna inizia a farsi le paranoie, inizia a porsi domande pericolose fino a
quando non lo diventa lei, pericolosa.
Non esiste che, al primo appuntamento, ognuno si paga il suo: o paghi tu, o stai sicuro che
ti guarderà come il più orripilante insetto esistente;
amara se non le fai i complimenti: perchè l'esemplare femmina diventa altamente
cancerogeno in quelle circostanze;
se le proponi di farle conoscere i tuoi, pensaci minimo ottocento volte più una, visto che la
femmina tende a pietrificarsi all'idea, anche se, a te, non lo darà mai a vedere.
Per me, che sono un maschio, le donne non sono complicate. Sono assurdamente difficili,
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vero; e non importa quante volte dici 'ti amo', non ti crederanno mai fino in fondo; le donne
sono quell'incognita che non sai mai quanto vale, neanche dopo anni.
E, io, ci litigo facilmente, con le donne. Perchè fanno un sacco di cose stupide.
Tipo rosicare dalla gelosia quando non serve; fasciarsi in vestitini imbarazzanti solo per
fare bella figura e camminare con tacchi indecentemente alti per slanciarsi.
Come se il loro ego non fosse già abbastanza alto di per sè.
Hanno una strana tendenza all'introspezione, le donne. Alcune non le capisci sul serio
quando si mettono a ragionare sul mondo e sul genere maschile in generale.
Di una cosa sono assolutamente sicuro: le donne non sono tutte uguali.
C'è quella con il carattere più simile ad un trattore, quella timida, quella eternamente
vergine, quella svampita, quella snob, quella viziata, quella politicamente scorretta, quella
che non si fa problemi a piantarti un paletto nel cuore alla prima occasione, quella
tendenzialmente portata per il tradimento.
Quella che puttana lo è, e basta; quella stronza e quella che, stronza, lo è nelle occasioni
migliori.
C'è quella che occuperà sempre uno spazio nel tuo petto, nonostante ti abbia fatto male e
quella che sarà sempre la tua migliore amica e non potrà mai aspirare a qualcosa di più.
Poi ci sono quelle che non sopporti a pelle, quelle che non ti degneranno mai di uno
sguardo, quelle che stanno sempre con il tipo giusto e con la compagnia giusta.
E sono tutte, indipendentemente dal carattere, una seccatura abnorme.
E tutti, tutti, hanno la sua.
Che puoi anche amare, ammirare o idolatrare, non fa nessuna differenza.
Sono una seccatura in ogni caso.*]
Guardò con occhi annoiati la torta che gli era stata piantata davanti, la panna era così
abbondante che, sciogliendosi, stava sporcando il tavolo; poi Shikamaru alzò lo sguardo
sulle due Seccature più seccanti che avesse mai avuto l'onore di possedere.
- E' un buon compleanno?- chiese a labbra quasi socchiuse, gli occhi scuri che vagavano
dall'una all'altra.
La più piccola aveva le mani intrecciate sotto il mento e ostentava un'espressione
vagamente seccata e indifferente al tempo stesso; la madre, invece, se ne stava con le gambe
divaricate, le mani pressate sui fianchi e un ghigno impertinente sulle labbra piene - Sono
trantadue, crybaby, puoi davvero piangere adesso.- e ghignò di più - Buon compleanno!La cosa più sensata che Shikamaru riuscì a fare fu assaggiare la torta, spingendo l'indice
sulla panna e fino in fondo il ripieno di cioccolato. Si leccò le labbra subito dopo e, senza
neanche pensarci due volte, afferrò la torta con entrambe le mani e gliela lanciò addosso,
colpendo anche sua figlia che non ebbe neanche la forza di bestemmiargli dietro, dato che il
cioccolato le piaceva tanto.
L'urlo inumano si propagò per tutta Konoha, rompendo i timpani ai più sensibili e quelli di
Shikamaru, ovviamente, che, in barba al decoro, lasciò che La Seccatura gli saltasse
addosso, sporcandolo di torta e lui, nel frattempo, cercava di non farsi soffocare.
Sputacchiò un po' di panna, roteò gli occhi al soffitto e sbuffò quando un po' di cioccolato
gli colò lungo la guancia - Che noia, seccatura.-
Shirai schivò appena in tempo un piatto volante e si andò a nascondere dietro il divano,
dove trovò anche sua sorella tutta presa a leggere un libro di matematica (ma come
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faceva?!); il pupattolo battè ciglio quando un forte rumore sancì la morte di suo padre, Nara
Shikamaru.
- Si può sapere cosa... cosa...- Auguri.- Che?Aiko sollevò appena gli occhi verdi dal libro e lo guardò con una smorfia deliziosamente
derisoria sulle labbra - La mamma gli sta facendo la festa, no?Evidentemente, Aiko non aveva afferrato il reale concetto di quella frase, ma sempre meglio
di niente; Shirai sbuffò e incrociò le braccia al petto, le labbra imbronciate - Non è possibile
che ad ogni compleanno distruggono la cucina, ma ti sembra una cosa normale?- Sei una seccatura.- Chiudi il becco, chibi.Aiko lo riguardò - Tanto ho ragione io.- No!-... si.- sbadigliò e si stropicciò gli occhi assonnati - Uhn, nii-chan?- Eh?- bofonchiò altamente seccato.
- Poi gliela cantiamo 'Tanti Auguri' a papà?-
Capitolo 13: Understand what!?
Non che lei avesse tutta questa voglia di setacciare ad oltranza, sia chiaro; il problema era
che, lei, non riusciva a capacitarsi della cosa.
Detto in sincerità, l'amore vero non può esistere e visto che la sua età non era propriamente
avanzata poteva candidamente dire che lei non ci credeva nell'amore a prima vista, non
credeva nell'amore dopo due settimane, non credeva nei 'ti amo' davanti un tramonto sembrava una cosa abbastanza costruita a suo parere, per essere originale, ormai, bastava
dirlo davanti una pizza e una birra.
La ragazza guardò il sole, socchiuse gli occhi a causa della profonda luce e si coprì la fronte
con la mano quando si rese conto di avere la fronte sudata. Si, per chi non l'avesse ancora
capito, faceva un caldo fottuto e si, lei aveva molto tempo da perdere.
Distese le gambe e resse il peso del suo corpo con i gomiti, reclinandosi quanto bastava per
non avere la luce del sole sbattuta in faccia; e il fatto che avesse indossato quella che suo
nonno definiva 'moda mare' non aiutava a diminuire il calore.
I pantaloncini di lino, infatti, sembravano volersi fondere con la pelle delle sue gambe e la
maglietta attaccata al collo - che con sommo orrore di suo fratello le lasciava una minuscola
porzione di schiena scoperta; Shirai doveva riscrivere la lista delle sue priorità - era
maledettamente fastidiosa in quel preciso istante.
Lei, comunque, non sarebbe neanche voluta uscire di casa, ma sua madre aveva tanto
battuto sul fatto che la sua vita sociale somigliasse vagamente a quella di un cavallo
azzoppato, che Aiko non aveva proprio avuto la forza di contraddirla - a che pro,
comunque?, la mamma è la mamma.
Prese un profondo respiro e guardò il cielo di un celeste così violento da far male agli occhi,
non c'erano nuvole in vista e quelle che lei vedeva erano così piccole e trasparenti da non
attirare la sua attenzione.
Suo padre, in quel preciso momento, doveva essere l'uomo più infelice del globo e sua
madre, invece, la donna più realizzata visto che il fatto rendeva infelice papà. Erano una
coppia strana, si. Tanto che Aiko si chiedeva come ci fossero finiti insieme.
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Aveva pure azzardato a chiederlo, una volta, ricevendo sbuffi e frasi del tipo 'quando sarai
più grande, fattelo spiegare dal nonno/da Choji/da Ino/da qualcuno'.
Mosse le labbra, canticchiando una canzone sentita da qualche parte. Presente quelle
canzoni che le ascolti una volta e ti resta sempre qualcosa?, che magari la canzone in sè è
stupidissima e non piace alla maggior parte della gente, però ti ritrovi ad imitare la
melodia, canticchiare una parola, facendo irrimediabilmente la figura della pazza scappata
dal manicomio; una di quelle canzoni lì, comunque.
Lei aveva pure disertato l'allenamento e, con quel caldo, era meglio se Neji-sensei non
venisse a prenderla per i capelli - cosa abbastanza improbabile, il suo Sensei era l'emblema
dell'indifferenza in casi come quelli, e lei lo amava per questo, cosa che lasciava suo padre
con tanti punti di domanda sulla capa e uno più grande dell'altro.
Evidentemente, pensò quando vide la chioma corvina di Karen, non era stata la sola ad
avere quella geniale pensata.
La mezzana di casa Uzumaki, oltre ad essere la sua migliore amica per un motivo ancora
sconosciuto, era pure la tipica ragazza che non avresti mai giudicato fuori dal coro.
Era un tipo normale, che pensava normale, parlava normale e agiva ancor più normale.
L'emblema della normalità insomma, e non fosse stato per quegli enormi occhi celesti, che
andavano sul blu quasi, uguali a quelli del padre sarebbe stata considerata una tra le tante.
Quegli occhi, invece, l'avevano sempre distinta.
Era il suo tratto distintivo: "Karen dagli occhi blu".
Alzò pigramente una mano per salutarla quando l'altra fu abbastanza vicina per vederla Yo.- Ciao.- salutò piantandosi davanti a lei, coprendola dai raggi del sole con sua somma gioia Che ci fai qui?- Guarda, potrei farti la stessa domanda, ma dato che ho molto tatto, io, non te la faccio o
tuo padre potrebbe materiallizzarsi qui.Come d'abitudine, Karen arrossì furiosamente.
Altro suo tratto distintivo: il suo perenne colorito violaceo, molto vicino al rosso aragosta,
che molte persone consideravano ereditario per chissà quale motivo; sua zia Anabi, Santa
Donna, pregava sempre affinchè la nipote non prendesse la stessa strada della madre,
causando risate generali e, per l'appunto, l'enorme imbarazzo di Karen e Hinata.
Fortunatamente gli occhi non erano l'unica cosa che Karen aveva preso dal padre, viva Dio;
infatti vantava una serie infinita di ragazzate, quali appostarsi su un tetto e bagnare i
passanti, o abbassare pantaloni e mutande di suo fratello Minato mentre parlava in mezzo
alla strada, terrorizzare bambini indifesi usando la Sexy no jutsu e altre cose carine di quel
genere.
Ma, oltre a questo, la stranissima propensione ad arrossire era radicata in lei, come Aiko
stava, giustappunto, nuovamente scoprendo.
Riprendendosi dall'imbarazzo, la ragazza le si sedette accanto, avvicinò le ginocchia al
petto, se le abbracciò da sotto le cosce e sistemò la guancia su di esse.
- Neji-san non sarà contento.- bofonchiò l'Uzumaki, le parole le uscirono così piano che
Aiko dovette accendere il suo traduttore simultaneo incorporato per capire cosa stava
dicendo.
Quando afferrò il concetto, ovvero neanche tre secondi dopo, roteò gli occhi al cielo - Si,
sentirà così tanto la mia mancanza che mi farà un altare...- E' che la tua sta diventando un'abitudine...- Di disertare, dici?- Mhmh.Aiko gonfiò un po' le guance, più per fare qualcosa che per altro, e poi si scrollò nelle spalle
- Non che m'interessi molto; è davvero una seccatura allenarsi con l'Uchiha mentre Chojiro
mangia a manetta.82
Gli occhi di Karen si illuminarono di una luce ironica - A te piace Ryuichi.- Come il manico di una scopa ficcato nel sedere...- Tanto lo so, e lo sai anche tu.Arma letale numero due: imbarazzare la migliore amica così che chiuda la bocca; stato:
attivo.
- Ecco, vedi?, è così che ti voglio: aggressiva! Quando vedi Kyosuke, vai dritta al punto,
saltagli addosso e fagli una profonda ispezione delle tonsille!Ovviamente ottenne un risultato immediato: a Karen stava per scoppiare la testa.
- Ma... ma... ma cosa vai dicendo!?- La verità.- la scrutò attentamente - Tanto lo so, e lo sai anche tu.- e sghignazzò diabolica.
Le era tornata di nuovo in mente quella canzone, arricciò le labbra cercando di ricordarsi le
parole, ma l'unica cosa che le veniva in mente era il ritornello.
- Fottuta canzone, esci fuori, esci fuori, esci fuori, esc...- Che cosa stai facendo?Ecco come far pensare a tuo fratello che sei partita di cervello: parlare da sola e insultare
una canzone.
Aiko sorrise radiosa, cosa che fece sgranare ancora di più gli occhi di Shirai - Assolutamente
nulla!- Chibi...- Dimmi!Shirai inarcò il sopracciglio - Ci sono i due imbecilli giu.- Papà e zio Choji?- ... gli altri due...- Ah, lo zio e l'altro zio?- Aiko...Ed ecco come fare scoppiare le cellule cerebrali a tuo fratello: fare la scema.
Rise mentre Shirai corrugava profondamente la fronte, ovviamente chiedendosi come
facevano, loro due, ad essere parenti. Se lui non avesse personalmente visto la
pancia enorme di sua madre sedici anni prima, avrebbe sicuramente pensato che Aiko non
fosse sua sorella.
Era decisamente più stupida di lui e lui, decisamente, era un idiota.
- Comunque la canzone che vuoi farti uscire fuori... se vuoi dopo te la passo.- No grazie.Lui sghignazzò - Scendi. E poi ti passo la canzone.- la guardò dall'alto al basso - Non puoi
metterti qualcosa addosso?, sei praticamente nuda!- Adesso non esagerare...- Io non esagero mai!- e gonfiò il petto come un pavone.
- Se, come no, infatti sono io quella che dorme nuda con solo due gocce di profumo e sono
sempre io quella che la domenica esce in giardino con i gingilli di fuori per fargli prendere
un po' d'aria. Capisco che le tue possibilità di liberare i tuoi, ehm, semini siano molto scarse
al momento, ma far penzolare quell'affare ogni giorno in giardino spaventa i vicini.- lo
guardò da sotto in su, gli occhi ironici tanto simili a quelli di Temari - E me, oserei
aggiungere. Praticamente a undici anni sapevo già come fossero fatti i genitali dei maschi,
non è un bell'esempio, sai?Lui, che aveva una faccia tosta assurda, fece un sorriso tutto denti, ma così acido che lo
stomaco di Aiko si contorse dal dolore - Fin tanto che i gingilli sono i miei non devi
preoccuparti.- Sei un porco.-... e, tra parentesi, se qualcun'altro vuole farteli vedere, chiamami.83
La ragazza roteò gli occhi al cielo - Tu e papà dovete riscrivere le vostre priorità, te ne rendi
conti, mh?Quello sventolò la mano in aria, l'altra era strategicamente sprofondata nella tasca
anteriore dei pantaloni - Quisquiglie.- Due palle...- Ne avessimo tre, sarebbe un vero supplizio.Sembrava dolorante; Kin, pensò Aiko, doveva aver colpito di nuovo il suo orgoglio
maschile. E non in senso figurato.
Certe volte suo fratello le faceva proprio pena.
Tornando al discorso dell'amore: Aiko proprio non riusciva a concepire il fatto di essere
fottutamente innamorata di un Uchiha.
Se quell'Uchiha fosse stato Sasuke-malefico, lei, non avrebbe di certo protestato! Chi
l'avrebbe fatto, dopotutto? Quell'uomo era l'incarnazione dei sette peccati capitali, aveva la
parola sesso incisa a caratteri cubitali non solo sulla fronte, ma ovunque. E lampeggiava
pure!
Che poi, Sakura-san era una donna veramente fortunata. Tutta la popolazione di Konoha si
chiedeva come si sentisse ogni mattina quando, al risveglio, si trovava quell'uomo accanto,
o sopra, o incastrato tra le gambe.
Ma no! Lei non solo non si era innamorata dell'uomo sposato, ma di suo figlio! Il più
giovane per essere fiscali e che era pure un suo compagno di squadra.
Temari, che aveva un senso dell'umorismo tutto particolare, le aveva detto che quella cosa
era normale, che prima di Aiko c'era stata un'altra tizia che si era innamorata di un Uchiha
e quell'Uchiha era pure un suo compagno di squadra; Aiko non aveva propriamente
afferrato il senso di quell'affermazione, ma aveva capito che gli Uchiha portavano rogne.
Quell'Uchiha, poi, era l'incarnazione di tutto quello che lei odiava!
Era supponente, tremendamente sicuro di sè, era così pieno di ego che tra un po' scoppiava.
E, ovviamente, era un ottimo ninja, bravo in tutto e, quindi, corteggiatissimo.
Aiko lo odiava, davvero, quindi non riusciva davvero a capire perchè, oltre ad odiarlo, lo
amava (usiamo questa parola per comodità - anche se l'autrice si sta stancando di scriverla)
pure!
Bò, non si capiva neanche lei!
E, in vero, lei stava giustappunto litigando furiosamente con il fetente.
Nel vero senso della parola, infatti lo mandò, oltre a quel paese, pure a sbattere contro il
muro - Tieni le tue chiappe lontane da me, Uchiha!Quell'altro, massaggiandosi la spalla, la guardò con gli occhi assottigliati - Almeno io le ho,
le chiappe!Chojiro si riempì la bocca di patatine per avere la bocca occupata e, così, evitare
d'interrompere la loro milionesima lite. Ma erano stupidi o semplicemente orbi?
No, perchè lui vedeva tensione sessuale ovunque quando quei due erano vicini.
- Le mie chiappe, fottuto Uchiha, sono più grandi di quell'uccellino che tu hai in mezzo alle
gambe!- sbraitò la ragazza, la faccia congestionata dalla rabbia.
Ryuichi sghignazzò - Sono anni che te lo ripeto, bakaiko: non te lo faccio vedere!- E chi lo vuole vedere!?- Tu, ovviamente.- Oddio, quanto sei idiota Uchiha!Temari passò di lì per puro caso e, sempre per puro caso, tenne lontani Shikamaru e Shirai
dal giardino (è che, entrambi, avevano qualche problema con il fattore 'padre-fratelloproteggiamo-insieme-la-più-piccola'... o qualcosa del genere).
- ... e scusami se la tua impotenza non mi fa frignare di dolore!84
- Bakaiko!- Uchiha!- e, per lei, chiamare lui Uchiha era il peggiore degli insulti.
Che lui non la vedesse così era irrilevante.
- Affogati!- ululò il ragazzo, i pugni chiusi.
- Impiccati!- Ammazzati!- Smembrati!- Ah!, la tua vaga somiglianza ad una ragazza mi fa vomitare!Aiko assottigliò gli occhi - Non passare le tue frustrazioni a me!, lo sappiamo tutti che sotto
sotto sei più di la che di qua!- COSA!?- LO SAI!- TI UCCIDO!E, quella dannata canzone, non si era ancora cancellata dalla sua testa.
Canzone che l'avrebbe perseguitata per anni, con sommo piacere di suo fratello.
Capitolo 14: O. M. D!
Aiko sfoggiava un broncio che si trascinava sul pavimento, la cosa poteva essere vista come
una manna dal cielo visto che Temari non aveva nessuna intenzione di pulire casa quel
giorno, ma l'altro fatto (quello che Temari aveva classificato come 'catastrofe - attenzione a
tutti i neuroni: vostra figlia è triste, quindi molto instabile, di conseguenza molto, molto,
molto, molto pericolosa per voi') era quello che lei stava vedendo in quel preciso istante...
ovvero la testa di sua figlia accasciata sul tavolo della cucina, il broncio che penzolava.
Temari ingollò il tè che avrebbe tanto voluto godersi in santa pace (ma in quella casa, la
pace, non esisteva neanche con l'Hokage in ginocchio e le mani giunte in preghiera - alla
fine era sempre colpa di Naruto) e posò il più silenziosamente possibile la tazza nel lavello,
sperando che Aiko non si fosse accorta della sua presenza. Guardò con occhi felini la porta
che dava sul giardino e si leccò le labbra, pensando di poter riuscire a correre fino a lì senza
palesare la sua presenza.
Fece un passo strategico e scoccò un'occhiata a sua figlia con ancora la testa abbandonata
sul tavolo, iniziò a contare mentalmente e si preparò allo scatto non appena in dieci si
disegnò nel suo cervello.
- Lo sai che i genitori che lasciano i propri figli in queste condizioni sono la causa dei disagi
psicologici e fisici degli stessi?La bionda ingurgitò gli epiteti che le erano saliti in gola, qualcuno fuoriuscì dai suoi denti
serrati mentre sua figlia appoggiava il mento al tavolo e la guardava con quegli occhi verdi
che le ricordavano maledettamente qualcuno - Ma dai...- bofonchiò, rinunciando alla
ritirata, tanto ormai la frittata era fatta.
Aiko la guardò con le palpebre socchiuse e si morse il labbro inferiore - Ti lamenti sempre
che noi due non si parla, poi quando ho bisogno che tu mi parli, che mi dica qualsiasi cosa,
scappi.- sibilò la ragazza.
Temari non era sicura di aver ben capito che diavolo stesse dicendo sua figlia, ma era sicura
che volesse litigare. Litigare quando si è già infastiditi da qualcos'altro non è mai una bella
cosa, più per le cazzate che potrebbero uscirti dalla bocca che per altro; tra l'altro Temari
era fottutamente brava a litigare e non voleva certo far piangere sua figlia.
Che secondo lei, Aiko aveva qualche problema ai condotti lacrimali, visto che l'ultima volta
che aveva pianto era stata... quando aveva furiosamente litigato con suo fratello, un anno
fà.
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- Bè, scusami se il tuo broncio non mi fa vedere rose e fragole.- Quale broncio?, non ho nessun broncio io. Questa è l'inconfutabile dimostrazione che tu,
papà e Shirai vi immaginate le cose.La kunoichi più grande inarcò profondamente il sopracciglio destro e appoggiò le reni al
bancone della cucina, le mani che stringevano il bordo del marmo - Che succede?- Niente.- replicò - Voglio solo scavare una buca, infilarmici dentro e riempirla, magari
perfezionerò la Moltiplicazione del Corpo, visto che due cloni mi vengono sempre piccoli
come fagioli.- le parole uscirono smorzicate, dato che Aiko non sembrava voler staccare il
mento dal tavolo.
Ma vuoi vedere che le è saltato il ciclo?, pensò la bionda.
Oddio, pensò ancora, ma ha diciassette anni! Non può saltarle il ciclo a diciassette anni!
- Dì un po'...- No, mamma, non mi è saltato il ciclo. E si, prima che i tuoi flash mentali brucino i tuoi
neuroni, sono vergine, così vergine che lì dentro ci sta stretto pure uno stuzzicadenti.bofonchiò chiudendo gli occhi per qualche secondo.
Oh, questa era una bella notizia... bè... non proprio, ma almeno adesso sapeva la sua unica
figlia femmina era ancora sana, pulita, vergine come era quando lei l'aveva fatta uscire dal
suo utero.
Si chiese se quella cosa dello stuzzicadenti fosse stata provata, poi, rendendosi conto che
una madre non dovrebbe fare dello spirito sulle (dis)grazie della propria figlia, scosse la
testa e arricciò il naso. Era una madre degenere, Yoshino lo diceva sempre.
Poi un flash le trapassò il cervello. Guardò Aiko attentamente e realizzò che il problema
stava tutto lì.
Sbarrò gli occhi tanto così, arrossì come un pomodoro e un peperone rosso messi insieme e
aprì la bocca per dire qualcosa di intelligente.
-...- al primo tentativo, e lo sapete anche voi!, non si riesce mai - Oh. Mio. Dio!... certe volte neanche il secondo funziona.
Ma lei sfidava chiunque a reagire quando una figlia ti chiedeva implicitamente di parlare
di... quello!
Shirai aveva le orecchie piene di fischi, gli prudeva il naso e non riusciva a starnutire, gli
stavano lacrimando gli occhi anche se era all'ombra e anche se nessuno gli aveva calciato le
palle dentro il suo corpo, i suoi capelli non stavano al loro posto e quella mattina sua sorella
l'aveva guardato come una condannata al patibolo.
E forse il problema stava tutto lì.
Il fascicolo che teneva in mano sembrava così pesante che il ragazzo ebbe l'istinto di
buttarlo all'aria, fregandosene altamente di Sasuke-malefico, strategicamente appostato
(come un uccello del malaugurio) di fronte a lui.
E c'era da dire che Shirai non aveva mai avuto nessun problema ad ignorare quello lì, ma
quel pomeriggio sembrava tutto così difficile che anche l'Uchiha number uan riusciva ad
essere interessante.
La labbra dell'Uchiha si mossero leggermente, ma i fischi nelle sue orecchie gli impedirono
di sentire quello che stava dicendo; quindi corrugò la fronte mentre Sasuke prendeva un
grosso, enorme respiro - E' che non ci sento bene oggi.- si giustificò Shirai, mentre l'Uchiha
tentava invano di sgonfiare la vena sulla sua tempia.
- Sei un coglione.- Hey!- ululò in risposta.
- E' che il tuo cervello sente solo quello che vuole sentire, microbo. Ora lascia quel fascicolo
sopra la mia scrivania e vatti a buttare sotto qualche treno.Shirai non aveva mai capito quale grande tragedia avesse trasformato un bell'uomo come
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quello in un cubetto di ghiaccio circondato da bombe atomiche. Si, il Nara sapeva
benissimo che il clan Uchiha era stato tragicamente distrutto dal fratello ancora più pazzo
di Sasuke-malefico, ma questo giustificava solo metà di quello che l'Uchiha number uan
era.
Il ragazzo pensava che purificare tutti gli Uchiha con il sale avrebbe risolto il problema;
anche appendersi dell'aglio al collo poteva allontanare la loro nera aura e un paletto di
legno e/o argento sempre dietro era una cosa buona. L'acqua santa non serviva a niente:
aveva provato ad affogare il più giovane degli Uchiha nella tazza del water, benedetta da lui
stesso con del sale giustappunto, ma era riuscito solo a far incazzare Ryuchi come un
politico accusato di frode (ogni riferimento è puramente casuale; nessun politico di Naruto
e/o del nostro mondo è implicato in problemi vari ed eventuali, blablabla).
Sasuke guardò il ragazzo con la sua solita boria. Ma vuoi vedere che il microbo si è
finalmente reso conto della sua inutilità?, pensò con una punta di soddisfazione l'uomo.
- Posso chiederti una cosa?- No.- E' che mio padre è in missione, mia madre ha le sue cose,- Sasuke fece una smorfia
disgustata - e tu sei l'unico con il quale posso parlare di... qualcosa.- il Nara posò il fascicolo
e si sedette con grande dispiacere dell'Uchiha, il quale si vide costretto a chiudere
ermeticamente i suoi timpani - E' che credo...- Shirai corrugò profondamente la fronte Veramente lo so, ma la speranza è l'ultima a morire, no?, comunque credo/so che mia
sorella e tuo figlio abbiano/hanno litigato.Sasuke non battè ciglio. E cos'avrebbe potuto dire?, suo figlio e Aiko Nara litigavano sempre
e comunque, anche mentre dormivano e Ryuichi si era praticamente abbonato al pronto
soccorso da quando la seconda femmina dei Nara aveva scoperto che anche gli Uchiha
avevano un organo genitale, pensiero che, anni prima, non l'aveva sfiorata di striscio.
- Hn.- Il fatto è che questa cosa non può andare avanti! Litigano da quando si sono visti la prima
volta, nelle missioni è tanto se non si fanno gli attentati a vicenda! Aiko è sempre piena di
lividi, ma come diavolo lo stai educando, si può sapere?- una vena sul collo dell'Uchiha si
gonfiò pericolosamente - Non si picchiano le donne, anche se sono kunoichi, sono sempre
donne e Aiko è mia sorella. E se un giornò le farà del male sul serio?, guarda, sei avvisato
Malefico, te lo faccio diventare femmina se le fa davvero male!Un'altra pericolosa pulsazione e l'Uchiha diventò così pallido che Shirai dovette unirsi alla
sedia per evitare l'aura maligna e assassina che l'Uchiha stava egoisticamente allargando.
Poi qualcosa sembrò calmarsi quando la sua dolce, tenera consorte entrò nel suo ufficio
senza neanche bussare.
Sakura li guardò entrambi, poi incrociò le braccia al petto e scoccò uno sguardo così deluso
e infastidito all'Uchiha number uan che anche il Malefico dovette appiattirsi sulla sedia Non so cosa stia accadendo e non lo voglio sapere, ma il fatto che tu continui a comportarti
come un pazzo uscito dal manicomio dopo anni e che continui a distribuire la tua fottuta
aura in giro come se fosse una torta al cianuro, mi fa leggermente schifo, Uchiha.Sasuke rabbrivì e serrò le labbra per non rispondere, mentre Shirai le serrava per non
scoppiare a ridere. Dieci minuti dopo Sakura uscì, Sasuke sembrava così esausto che il Nara
ne ebbe quasi pena; fece per alzarsi e lasciare il Malefico alle sue macchinazioni (paranoieseghe mentali-ancora paranoie e propositi omicidi/suicidi), ma l'Uchiha gli scoccò uno
sguardo molto serio (come se il Malefico possedesse altri tipi di sguardo, bà!) che lo
inchiodò sul posto.
- Sesso.Quell'altro sbattè le palpebre, molto confuso - Eh?Sasuke sospirò, affranto (affranto!!!!) - E' il sesso.- Non voglio conoscere i tuoi problemi sessuali con Sakura-chan, Malefico.87
Ancora una volta, la vena sul collo si gonfiò; era incredibile come quel microbo riuscisse a
farlo incazzare, gli sembrava di avere un altro dobe a cui dedicare la tua pazienza, come se
Naruto non facesse per otto!
- Sei un coglione, microbo. Quei due,- e fece La pausa, quella che serve a creare suspance o
a far incazzare qualcuno, dipende dai casi - vogliono scopare.Oh. Mio. Dio!
- UCHIHA!Se qualcuno si chiede ancora quale sia l'insulto più maledettamentefottutamente insultante
che esista, eccolo servito su un piatto d'argento.
- DANNATO, MALEDETTO, STRAFOTTUTISSIMO UCHIHA!Infatti, Aiko Nara era molto propensa agli insulti... letteralmente.
Il problema era che l'insultato in questione non sembrava neanche tanto sorpreso di essere,
per l'ennesima volta, preso di mira da quella strega impossibilitata a tenere la bocca chiusa.
E che aveva fatto stavolta?
Non le aveva tirato cose addosso, non le aveva neanche rivolto la parola in effetti; non aveva
inavvertitamente sfiorato il suo Santissimo e Purissimo braccio nè spalla nè piede; non si
era premurato di ricordarle, per l'ennesima volta in diciassette anni, quanto lei fosse
maschia invece che femmina; non aveva, di certo, sparso, di nuovo, in giro la voce che la
piccolateneradolce Nara se la faceva con mezza Konoha; non le aveva assolutamente ficcato
la testa sotto l'acqua per farla stare zitta e, assolutamente no, non l'aveva
neanchepensata morta... quindi che cazzo voleva quella lì, da lui, non lo sapeva e non lo
voleva sapere.
Infatti non la cagò manco di striscio.
Ah, ma quella era più dura del diamante, quindi Ryuichi si aspettava l'enorme sasso che gli
venne scagliato contro, esso, infatti, si posò delicatamente vicinissimo ad un bambino di
appena tre anni e la di esso madre (che lo guardò malissimo. A lui!).
Alchè si girò, le braccia incrociate al petto e gli occhi inespressivi (vanto della sua razza,
davvero, la sua stessa madre era terrorizzata dalla somiglianza tra lui e suo padre: Ryuichi
non riusciva a spiegarsi perchè) che neanche la stavano guardando.
Tanto sapeva cos'avrebbe visto: un tizio (bugia, Uchiha) con i capelli lunghi, le gambe
lunghe e due protuberanze che non potevano neanche definirsi protuberanze (bugia,
imbecille), con gli occhi verde marcio e la bocca digrignata che mostrava i denti storti.
Quella era Aiko Nara per lui.
L'Anticristo.
- Cosa vuoi, bakaiko?La ragazza, rossa di rabbia, lo trucidò con lo sguardo - L'hai fatto di nuovo!- ululò,
spaventando i bambini.
Visto?, aveva sempre ragione, lui - Sebbene trovi abbastanza rivoltante il fatto che tu,
esimia cosa, mi cerchi ogni qual volta capita qualcosa nella tua assolutamente eccitante
vita, giudico ancor più rivoltante il fatto che non so di cosa tu stia parlando.Lei divenne ancora più rossa e si avvicinò di cinque passi - Sei entrato in camera mia e mi
hai...mi hai!- strinse così forte i pugni che l'Uchiha sentì le unghie graffiare la pelle - Mi hai
distrutto l'armadio!Ah, quello, se l'era dimenticato.
E' che si annoiava!, ma cosa pretendeva quella, mh?
- Non sono stato io.- Balle!- Lo giuro sul mio onore.- replicò alzando il mento, la ragazza ghignò malefica.
- Quale onore, Uchiha?- sibilò, infatti, fece un altro passo avanti, adesso erano a minimo
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otto centimentri di distanza.
Stava occupando il suo spazio vitale, se ne rendeva conto, si? Solo perchè erano compagni
di squadra non significava che lei poteva stargli così vicino senza il suo permesso! Era
rivoltante, per essere fiscali.
- Quella cosa lì, che tu non conosci neanche perchè tu sei, apparentemente, una donna e, di
conseguenza, l'unica traccia di onore che avevi l'hai persa quando ti sei scopata l'Uzumaki?
Si, bakaiko, io ce l'ho ancora a differenza tua.Gli occhi verdi della ragazza persero per un attimo la loro nota limpidezza, ma
riacquistarono subito vita quando qualcosa scattò all'interno del suo stomaco: la rabbia.
- Tu, l'onore, non sai neanche dove abita, Uchiha e sai perchè?Lui inarcò un sopracciglio e alzò un angolo della bocca - Illuminami.- perchè ad una
provocazione si risponde sempre.
- Perchè insultando me, Uchiha, insulti anche tua madre. E questo fa di te un bastardo
ingrato, ed è per questo,- sputò mandando lampi dagli occhi - è per questo che se tu
crepassi, io sarei la donna più felice del mondo!Ryuichi prese un respiro profondo e incrociò le braccia al petto e, stranamente, cominciare
a fumare non gli sembrò più una cattiva idea, anche se lui odiava profondamente il fumo,
l'odore, il sapore che lasciavano e la tosse che procurava, ma Aiko Nara riusciva a fargli
salire il sangue al cervello e non per il desiderio, ma per la rabbia fottuta che gli procurava Senti un po', Nara, non m'interessano le tue fisime.- bofonchiò, già stanco di discutere.
- Certo che non t'interessano!- ululò gesticolando con le braccia - Non t'interessa niente!- E ora di che diavolo stiamo parlando?- chiese guardandola dritta negli occhi.
Lei boccheggiò un po' prima di ricomporsi - Del mio armadio distrutto.- Te ne compro uno nuovo, anzi, te ne compro due così la smetti di scassare. Kami, sei una
seccatura.Lei diventò così rossa che anche un'aragosta sarebbe impallidita a confronto - Non
chiamarmi seccatura, seccatura!- Cretina.- Imbecille!- Stupida.- e roteò gli occhi al cielo quando la madre con il bambino lo guardò ancora più
male di prima.
- Non sono stupida, razza di vegetale!- Un cactus o un' altra pianta ornamentale?- sghignazzò in allegria quando lei fumò dalle
orecchie.
Aiko chiuse strettamente gli occhi e voltò il capo dall'altra parte - E' inutile discutere con
te.- Perchè?, io mi sto divertendo.- ghignò ancora di più - O devo pensare che andare a letto
con l'Uzumaki abbia fottuto anche i tuoi neuroni?Lei si morse le labbra e respirò più volte prima di guardarlo ancora, gli occhi lucidi, ma lui
pensò fosse per la discussione appena avuta.
Aiko non disse niente, trattene il labbro inferiore tra i denti obbligando gli occhi dell'Uchiha
a focalizzarsi lì, poi gli voltò le spalle - Domani non ci sarò agli allenamenti, dillo tu a Nejisensei.- Non ci penso neanche, bakaiko, sono fatti tuoi e io non ci guadagno niente, in ogni caso.- Già,- disse lei - lo immaginavo.Le sue orecchie continuavano a fischiare.
Era una cosa maledettamente fastidiosa, come se una mandria di mosche si fosse
arbitrariamente infilata nelle sue orecchie e non volesse più uscire, neanche l'allenamento
serale era riuscito a far calmare quella cosa.
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Shirai si asciugò il sudore sulla fronte con l'asciugamano che sua sorella gli aveva lanciato.
... 'spetta n'attimo...
- Oddio! Quando sei arrivata?- si sconvolse da solo quando focalizzò sua sorella per bene,
era proprio lei e non si stava immaginando le cose.
- Da un po'.- E come mai sei qui?, non dovevi essere da un'altra parte?La discussione con l'Uchiha l'aveva scombussolato giusto un po', ma un pochinoinoinoino.
Aiko sbadigliò e appoggiò i gomiti alle ginocchia unite - Sono a casa.- Si, lo so che siamo a casa, ma io ho una valida motivazione per starci, tu no!Sua sorella sbattè le palpebre - Hai fumato?- No!- Non arrabbiarti, accidenti! Perchè non dovrei stare qui?, è casa mia!Shirai boccheggiò, gesticolò incoerentemente e poi fermò ogni muscolo del suo corpo Lascia stare... malefico, Uchiha, seccature. Tu non c'entri assolutamente niente.Se mai una cosa del genere fosse stata possibile, Aiko non capì un tubo, ma in verità non
era così - Che c'entra Sasuke-san?- Non chiamarlo san!- Senti, non è colpa mia se le tue manie ossessive/compulsive non sono riuscite a traviarmi;
ora, che diavolo c'entra Sasuke-san?Lui bofonchiò qualcosa e roteò gli occhi al cielo - Ma niente! Cosa vuoi che c'entri il
Malefico?, praticamente è un agnellino che si immagina le cose, altrimenti non so proprio
spiegarmi perchè sto qui a segarmi il cervello.- Nii-chan...- sospirò - Secondo me dovresti ascoltare Tsunade-sama e chiamare uno
strizzacervelli.- Non insultarmi, per cortesia.- E chi t'insulta, ti ho solo dato del folle, non è un insulto, ma un dato di fatto!- Come non è un insulto?!, e io non sono pazzo!Aiko sorrise, scoprendo i denti - Dicono tutti così, anche lo zio Gaara.Lui ringhiò e gettò l'asciugamano per terra in un gesto stizzito, poi l'additò con
un'espressione ombrosa sul viso - Tu non andrai a letto con nessuno, segnati queste parole!
Specialmente, non andrai a letto con nessun Uchiha e quando papà torna, troverò il modo
di tenerti a casa e allontanarti dalle tentazioni malefiche dei Malefici, chiaro?!Lei, superato lo sconcerto, trattenne la risata che le era salita in gola - Ad una condizione,
fratellone.- Quale?!- Devi picchiare Minato.Lui strabuzzò gli occhi - Eh?, non posso picchiarlo!Si guardò le unghie con le palpebre socchiuse, un'espressione anonima in viso - Ha messo
in giro la voce che io e lui...- e usò quelLa pausa lì, che serviva a creare suspance, a far
incazzare qualcuno e, contemporaneamente, a ridurre qualche neurone in poltiglia abbiamo fatto sesso.Non ebbe neanche il tempo di finire la frase che Shirai era sparito in direzione ovest, ovvero
verso la residenza dell'Hokage.
Aiko si chiese se Naruto-l'Hokage-scemo avesse la minima idea di come si combatteva un
fratello geloso/pazzo/ossessivo e paranoico; con un sospiro Aiko pensò che Shirai era
davvero scemo.
Ma uno scemo utile.
Quando Shikamaru tornò a casa, tre giorni
dopo Quello Che Nessuno Voleva Dirgli Era Successo, si trovò davanti una scena che mai in
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vita sua avrebbe scordato.
Suo figlio con due occhi neri (il terzo chissà dov'era fuggito), il labbro gonfio e un sorriso da
folle stampato sulle labbra; sua moglie con un mestolo bollente in mano che minacciava di
morte un gatto che aveva avuto la fantastica idea di rovesciarsi la farina addosso e ora
sgambettava per la cucina mentre Temari se ne stava immobile, le gambe leggermente
divaricate e il braccio sollevato con il mestolo fumante che tremava tra le sue dita; Minato
Uzumaki, noto rompi coglioni come ai tempi lo fu suo padre, con un livido enorme in fronte
e annesso bernoccolo, il naso fasciato e le lacrime agli occhi.
E in ultimo sua figlia, che stava violentemente stringendo il naso fasciato (e probabilmente
rotto) dell'Uzumaki.
Il Nara number ciu (perchè Shikaku era ancora vivo, a differenza di Fugaku che, ahinoi, era
spirato tempo addietro, costringendo il suo unico figlio sano di mente ad impazzire, cercare
vendetta e blapuntinipuntinipuntinibla) battè ciglio più volte, fino a quando le parole che
sua figlia stava sibilando al figlio dell'Hokage non raggiunsero il suo cervello.
Nello stesso momento in cui Temari scattava per uccidere l'ignaro micio, Shikamaru ululò
alla luna mentre Shirai continuava a sghignazzare tutto contento.
In un'altra casa, vicino alla residenza dell'Hokage (Il Malefico si era premurato di mettere
tra lui e Naruto un muro alto dieci metri, con il filo spinato e trappole per topi sul terreno,
così che ogni dobe capace di scavalcarlo trovasse una morte certa e dolorosa), Ryuichi
Uchiha faceva rimbalzare una pallina da tennis sul soffitto, per poi riprenderla e
ricominciare da capo almeno fino a quando o suo padre, sua madre e i gemelli non
l'avessero minacciato di infilarlo in lavatrice insieme alle loro mutande.
Le cuffie ficcate nelle orecchie, che mandavano le canzoni che Shirai Nara aveva aggiunto
alla sua già numerosa playlist. Il rock non era proprio il suo genere, ma ammetteva che
certe canzoni... bè, erano ascoltabili.
Mosse appena le labbra, canticchiando la canzone che in quel momento gli affollava le
orecchie.
Your tears don't fall, they crash around me; her conscious calls, the guilty to come home.
Your tears don't fall, they crash around me; her conscious calls, the guilty to come home...
(Bullet For My Valentine - Tears Don't Fall)
E chissà perchè, mentre l'ascoltava, pensava alla femmina-uomo-per-metà-Nara.
Lee avrebbe avuto tante, tantissime cose da dire... e pure Sasuke, ma lui era un uomo con
dei solidi principi. Infatti non avrebbe mosso nessun muscolo fino a quando suo figlio non
si fosse fatto intelligente... poi lo avrebbe picchiato per i guai che giornalmente gli
procurava... e poi si sarebbe congratulato, forse... sicuramente l'avrebbe fatto dopo che
Sakura avesse smesso di torturare suo figlio... ma forse.
Capitolo 15: To Pretend
Lei non stava facendo dei pensieri erotici sul suo fidanzato.
Lei non stava, assolutamente no, immaginandosi il suo fidanzato in una qualsiasi posizione
anche lontanamente erotica.
Non stava neanche pensando di non pensarci.
Lei non si stava immaginando pressata contro un muro e/o superficie dura o morbida
(avrebbe nettamente preferito la prima, ma, visto che non ci stava pensando, il problema
non sussisteva), pressata da lui, ovviamente, e non stava pensando a quelle labbra, quei
capelli, quel meraviglioso culo e quel fantastico, fenomenale, fantasmagorico,
mozzafiatante caz...
Però non ci stava pensando, quindi il problema non sussisteva, no?
Sabaku no Temari non stava pensando a Shikamaru Nara in nessun modo, men che meno
sessuale; infatti, lei, se ne stava giustappunto andando quando lui era entrato nel chiosco.
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Certo, non che il fatto di pensare cose sessuali sul suo fidanzato fosse sbagliato, ma una
scommessa è una scommessa e lei non aveva intenzione di perdere; e poi c'era l'eventualità
che Shikamaru crollasse prima di lei, o almeno così sperava molto segretamente, così
segreto che neanche lei sarebbe riuscita a trovarlo se solo quel pensiero non fosse stato, bè,
suo.
Il fatto era che odiava sentirsi debole per qualcosa, e lei e il Nara avevano praticamente
battezzato (non nel modo tradizionale, certo che no, altrimenti non si sarebbero contati i
Santi scesi in terra per ucciderli--o anche Naruto che, da quando l'Uchiha aveva
detto 'si'all'Haruno navigava nella più patetica emosità, tanto che la sua dolcissima
consorte aveva iniziato a farsi qualche domadina, e si sentiva in diritto
di spallificare qualsiasi essere vivente sorpreso a fornicare fuori dalle mura domestiche o
del villaggio. Temari lo aveva sempre pensato che quel tizio era più qualificato per fare lo
scassaballe che l'Hokage) ogni superficie esistente e resistente presente in casa e nel
Villaggio (tranne le dimore altrui, anche se Temari avrebbe tanto voluto visitare casa
Uchiha, più per vedere se c'era ancora del sangue, ma nel frattempo una poteva
sbizzarrirsi).
Ciò non toglieva che lei non ci stava assolutamente pensando, no.
Neanche quando Shikamaru le si sedette accanto, precludendole ogni via di fuga,
sfiorandole casualmente la gamba con il suo ginocchio e, contemporaneamente,
pizzicandole il braccio per verificare quanto grave era la cosa.
- Non ci sto assolutamente pensando.- grugnì e si maledisse subito dopo, visto che il tono
della sua voce risultò più ansimato del previsto.
Shikamaru sollevò un sopracciglio e la guardò attentamente per qualche secondo.
Nessun pensiero sessuale, nessun pensiero sessuale, nessun pensiero sessuale.
Shikamaru chinò appena la testa, le sue labbra che sfioravano appena il suo orecchio.
Proprio nessuno, non ci sto assolutamente pensando.
Il suo respiro vicino al collo e quelle strafottutissime labbra che non si muovevano da dove
lui le aveva messe.
Nessuno.
La mano di Shikamaru scivolò casualmente sulla sua gamba e lo fece in un modo
così casuale che, Temari ne era convinta, nessuno nel chiosco se ne era accorto. Quella
mano scivolò lentamente in su, poi in giu.
Quando le dita si chiusero sull'interno coscia, Temari si lasciò sfuggire un rantolo che
poteva essere interpretato in svariati modi, Shikamaru scelse il più ovvio e ridacchiò piano,
le labbra ancora vicinissime al suo orecchio.
Ah, questa gliel'avrebbe pagata, oh se gliel'avrebbe pagata.
Il bicchiere volò dalle mani di Temari fino alla parete opposta, Sakura non fece una piega,
ma sospirò, probabilmente per la perdita prematura del suo bicchiere.
- Ci tengo ad informarti che le cose non sono mai così gravi come sembrano.- Non me lo dà!La bocca di Sakura formò una perfetta 'o' mentre il suo volto arrossiva, abbinandosi
orribilmente ai suoi capelli - Ah...- tossicchiò un po' prima di ritrovare la serietà perduta, se
mai l'aveva avuta - Bè, magari è stanco per le missioni, sai come vanno queste cose, noi non
possiamo pretendere la luna quando il loro...- Cazzo!Sakura tossì di nuovo - Stavo per dire 'quando il loro lavoro li sfianca', ma se vuoi metterla
in questi termini...La bionda le scoccò uno sguardo assente, come se non avesse ascoltato una sola parola di
quello che lei aveva detto - Tu che cosa faresti?92
Quella roteò gli occhi al soffitto e incrociò le braccia al petto - Intendi chiedermi che cosa
farei io se Sasuke si rifiutasse di fare sesso con me per un tempo indeterminato?- Esattamente.- replicò lei, aspettandosi una risposta sensata.
- Quello che faccio da un mese: metterlo all'angolo e abbassargli i pantaloni, funziona
sempre.A Temari venne quasi da ridere - L'Uchiha si rifiuta di fare sesso?- Se, vuole tenersi lindo per il matrimonio, ma stai sicura che se non la smette resterà zitello
a vita.- Come se l'idea lo terrorizzasse.- bofonchiò strofinandosi gli occhi con due dita - Non posso
certo mettere all'angolo un Nara.- protestò dopo qualche minuto di silenzio - Men che
meno riuscire ad abbassargli i pantaloni, è come se lui sapesse sempre che cosa mi passa
per la testa!- Bè, questa è una cosa buona.- No che non lo è!- sbottò livida - Io voglio fare sesso, capisci?, è quella stupida scommessa
che non me lo permette e se io dovessi, ammettendo che qualcuno ci sia mai riuscito a parte
Yoshino, riuscire a metterlo all'angolo, non potrei comunque fare più di questo perchè
perderei!Sakura si chiedeva che problema avesse quella donna. Prima accettava una scommessa che
non poteva vincere, poi si lamentava perchè sapeva di non poter usufruire degli angoli visto
che, poi, l'abbassamento delle mutande l'avrebbe fatta perdere. Non capiva, bà.
- E dormiamo insieme!- E che problema c'è?, spediscilo sul divano.- Non gli farei nessun danno,- ringhiò - dormirebbe comunque e io voglio farlo soffrire.Sakura cominciava seriamente a stancarsi, quindi si scrollò nelle spalle e disse la prima
cosa che le passò per la testa per togliersi quella seccatura di torno (doveva pur cercare di
trovare Sasuke, disperso da ore chissà dove e chissà perchè) - Provocalo.- Certo,- annuì - mi metterò a camminare mezza nuda per casa e lui mi guarderà con la
solita espressione da... da Nara e il mio orgoglio andrà fuori dalla finestra, no!, dai confini!- Oh, come sei esagerata.- Provaci tu a vivere con un Nara. Facciamo una cosa, tu mi dai l'Uchiha per tre giorni e io
in cambio ti presto il Nara.La neo-medico inarcò profondamente un sopracciglio - Tu odi Sasuke.- Appunto, non c'è pericolo che mi vengano pensieri sessuali mentre lo guardo.- argomentò,
in maniera molto spiccia e coerente come suo solito.
- A me Shikamaru non ha mai fatto schifo...- fece l'altra, accavallò le gambe e sollevò il
mento come se stesse pensando - E più di una volta mi sono accorta di quanto siano large le
sue...- Vuoi morire?Lo sguardo sbigottito di Sakura somigliava più agli occhi di una sardina appena pescata No, veramente no.- e si stava pure divertendo!
- Aaaaaaaaah, tanto è inutile. Dovrò fare i conti con il periodo più orribile di tutta la mia
vita, e neanche quando Gaara era nel suo momento più nero ho mai pensato una cosa del
genere. Secondo te dovrei tornare a Suna?- Ti serve un medico.- Tu sei un medico, guariscimi.Il sopracciglio di Sakura s'inarcò di nuovo - E' una proposta indecente?- Bà, vedila un po' come ti pare, basta che risolvi il problema sono aperta a tutto.- Pure allo stetoscopio?, ho una specie di fetish...- Oddio, non così aperta.- Bè, possiamo sempre usare la katana.Temari rabbrividì - Hai un fetish per lo stetoscopio? Ew.93
- Ho detto una specie, non me lo sogno mica la notte.- Scommetto che ne hai uno sul comodino e nel momento clue lo guardi perchè sennò non
concludi.Sakura rise apertamente, reclinando la testa indietro - Si, certo, e il mio ultimo pensiero
prima di addormentarmi è immaginare come sarebbe se, insieme allo stetoscopio, ci fosse
anche la katana.- Ma il manico, intendi?- Di che cosa stiamo parlando?Temari mise su un'espressione saggia - Del manico della katana dell'Uchiha.- Ah, allora ho molte cose da dire.Temari fece una smorfia orripilata, seguita da un singulto disgustato.
Sakura ridacchiò - Scommettiamo che la katana di Sasuke batte quella di Shikamaru.- Ti pentirai di questa affermazione, fiorellino.[Per la cronaca: Sasuke in quel preciso istante era fuori dalla porta che ascoltava, con uno
sguardo che andava dall'orripilato, al perplesso, al compiaciuto, al terrorizzato.
Ovviamente, nessuno avrebbe capito quale espressione avesse l'Uchiha nè che tipo di
sguardo stesse lanciando alla porta, ma Kakashi, la quarta volta che passò di lì, si chiese che
cosa diavolo stesse facendo il suo pupillo, fermo come una statua di marmo, di fronte casa
sua].
Alle otto meno venti tutta Konoha sentì l'urlo sofferente di Naruto la cui unica colpa era
quella di esistere e Ibiki Morino gliel'aveva, giustamente, ricordato dopo averlo rincorso per
mezz'ora per chissà quale giustissimo motivo.
Hinata, quando l'urlo si propagò, stava in bilico su una scala... inutile dire che fine
indecorosa fece; TenTen era troppo occupata a mangiarsi con gli occhi Neji che lottava
nell'acqua con Lee mentre Gai delirava al solito suo per accorgersi di altro; Sakura aveva
finalmente trovato Sasuke e quando Naruto aveva urlato, lei aveva casualmente gettato uno
sguardo su una katana a caso, mentre Sasuke si chiedeva perchè, oh perchè!, la sua mamma
l'aveva fatto così bello.
Temari, che non stava veramente facendo nulla, guardò con perplessità fuori dalla finestra
e si scrollò subito dopo nelle spalle quando vide Kakashi entrare a parabola nel suo campo
visivo per poi cadere orgogliosamente in piedi e iniziare a correre.
Per lei Konoha era sempre stata una colonia di pazzi fumati e sclerotici, basti pensare che il
D. N. A. di Orochimaru proliferava ancora grazie all'Uchiha, che il futuro Hokage era un
pazzo ossessivo e che l'attuale Hokage era, in ordine d'importanza, un'accanita giocatrice
d'azzardo, un'alcolizzata e una donna alla quale il botox faceva il baffo.
La bionda kunoichi si passò stancamente una mano sul collo, districando con le dita i
riccioli sudati e, contemporaneamente, cercare di non guardare il suo fidanzato
amabilmente sbracato sul divano, mezzo nudo e sudato.
Cosa poteva fare una donna?
- Senti, io la prossima settimava vado a Suna.- Salutami i granelli di sabbia, uno per uno, mi raccomando.Temari roteò gli occhi al soffitto e gli si avvicinò per guardarlo in faccia. Lui, ovviamente,
aveva gli occhi chiusi, una mano sulla nuca e l'altra sulla pancia; Temari si sedette sul
pavimento e incrociò le braccia sul divano - Ti chiederei di accompagnarmi...- No.- Quanto sei dolce.- grugnì.
Ma quello non mosse neanche un muscolo, lei voleva picchiarlo e violentarlo insieme, e la
cosa era illegale in ogni continente a lei conosciuto - Ho un casino di lavoro, seccatura. Tre
giorni per andare, i tuoi fratelli ti trattengono sempre per una settimana o due, tre giorni
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per ritornare...- Si dice che per amore si scalano le montagne.- bofonchiò.
- Certo amore, ma io non ce la voglio l'Hokage a seguirmi mentre scalo questa fantomatica
montagna.Lei borbottò qualcosa che neanche il più bravo traduttore sarebbe riuscito a comprendere e
nascose la testa ricciuta tra le braccia, più per nascondere il sorriso che per altro - L'Uchiha
ce l'ha più grande.Ma neanche qui ebbe una reazione degna di questo nome, infatti il Nara sbadigliò e poi
inarcò un sopracciglio - Non mi dire...- No, davvero, cioè, lo so che Sakura esagera sempre quando c'è di mezzo l'Uchiha, ma qui
si parla di...- distanziò i palmi e sospirò - una cosa di questo genere.Shikamaru voltò il capo e socchiuse gli occhi, solo per richiuderli come se qualcuno gli
avesse puntato uno strobo in faccia - Non stiamo parlando dell'Uchiha in quel senso, mh?Lei ebbe la faccia tosta di sghignazzare - Non stiamo parlando dell'Uchiha, ma del
piccolonontantopiccolo Uchiha.- incrociò di nuovo le braccia sul divano e sospirò - E poi è
tutta colpa tua.- Ma non mi dire...- E della fottuta scommessa...Il Nara sghignazzò apertamente - Sei una ninfomane.- Ha parlando la vergine sacrificale!- Dai seccatura, un mese, cosa vuoi che sia per te, oh somma valchiria?- le parole uscirono
ovattate dalla sua bocca, visto che aveva metà della faccia pressata sul cuscino - Non è colpa
mia se sei fatta male, Tem.- Certo, tanto alla fine è sempre colpa mia.- sbuffò dando un piccolo pugno sui cuscini del
divano, poi, ricordandosi che sentiva decisamente troppo caldo, optò per una doccia
rinfrescante che aiutava sempre, quindi si alzò, tanto il Nara sarebbe stato fuori uso per
tutto il giorno, visto che si era appena addormentato.
Shikamaru fu esiliato dalla camera da letto quella stessa notte, non tanto per la scommessa,
sia chiaro, ma Temari aveva sentito l'esigenza di avere il letto tutto per sè. Inutile dire che,
per Shikamaru, non faceva nessuna differenza dormire sul divano, quindi Temari non ebbe
la soddisfazione di sentirlo brontolare.
La bionda si chiese cosa potesse veramente fare una donna con un cretino come quello per
fidanzato, e gli chiese quella stessa domanda la mattina seguente, mentre facevano
colazione.
Shikamaru nascose la bocca con la mano, esibendosi in uno sbadiglio degno di un tricheco
affamato e si asciugò la lacrimuccia appena formatasi con il dorso della mano - Cos'è che
vuoi, seccatura?- Sapere cosa devo fare?- rilanciò mentre guardava con estrema attenzione la tazza di caffè.
Lui gemette e si passò entrambe le mani sui capelli sciolti - Riguardo a cosa, Tem?Tutte quelle domande di prima mattina non facevano bene, Temari avrebbe dovuto saperlo
che il cervello di Shikamaru sarebbe andato in fumo, ma non si dette certo per vinta - Al
sesso, Nara.- Ah, si, quello.- battè ciglio, sicuramente per schiarire la visuale ancora appannata; aveva
un'espressione apertamente vulnerabile in quel preciso istante - Esperienza bellissima,
devo dire, un po' stancante però.- Shika...- Il sesso è bello, volevi questo, mh?Lei sospirò affranta e, prendendo la sua tazza ormai vuota, si alzò e raggiunse il lavello. Con
occhi amareggiati e la bocca che formava una linea sottilissima, riempì la tazza d'acqua,
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impugnò la spugna già insaponata e si mise al lavoro cercando di non pensare troppo
all'idiota seduto.
Temari sapeva che non poteva offendersi, dato che quella scommessa, lei, l'aveva accettata,
ma non poteva neanche restare indifferente alle risposte di lui che, in sincerità, avrebbero
fatto imbestialire anche un sasso.
Quindi non voleva veramente ferirlo quando lui le accarezzò la schiena, ottenendo solo uno
scatto stizzoso che lo lasciò lì, sopracciglia corrugate e labbra socchiuse. Temari adagiò la
tazza sul ripiano, si morse il labbro inferiore e, come se lui l'avesse appena insultata, uscì da
quella stanza mentre Shikamaru chiudeva i pugni e guardava fisso davanti a sè.
Lui stava guardando fuori, fumava in silenzio.
Lei si mordeva le labbra e aspettava che l'acqua bollisse, guardava le foglie di tè nel
contenitore di porcellana e pensava a quanto stupida, inutile e ironica fosse l'azione
dell'aspettare.
Aspettare che le scuse riuscissero ad uscire dalle sue corde vocali, per farlo finalmente
girare e guardarla. Perchè a sbagliare, questa volta, era stata lei.
Ed era stupida perchè sarebbe bastato un fiato, un singolo, minuscolo respiro.
Era inutile perchè non ci riusciva, nonostante lo volesse tanto.
Ironica, si. Lo era perchè lei riusciva a chiedere scusa quando lo colpiva troppo forte,
quando lo spingeva per sbaglio, quando lo toccava con le dita bagnate, quando per sbaglio
lo mordeva e, si, anche quando il silenzio era troppo e la prima a cedere era lei.
Ma non riusciva a scusarsi per essersi offesa.
Ironico, mh?
Temari deglutì e strinse le labbra in un blando tentativo di palesare la sua frustrazione.
Azione inutile dato che lui non la stava guardando. Ed erano passati due giorni.
Due.
Giorni.
Non l'aveva chiamata seccatura neanche una volta in quei due giorni.
Lei non voleva partire per Suna con loro in quello stato. Non senza chiarire, senza almeno
litigare; perchè se lui litigava significava che gl'importava, che lei per lui contava.
E invece niente, non ci riusciva.
Chiuse le mani a pugno mentre il vapore dalla pentola saliva fino alla sua faccia, le
lacrimarono gli occhi, spense il fornello, spostò la pentola, prese il mestolo e riempì una
tazza.
Tutto così schematizzato che Temari si vedeva quasi. Metallica.
Robotica.
Fredda.
La cosa buffa era che grazie a quella stupida scommessa era venuto fuori un lato del loro
rapporto che lei non aveva mai creduto esistesse. Il loro rapporto era fragile come la
porcellana.
Non era bello capirlo, lei non avrebbe mai voluto capirlo.
Lei lo sapeva che Shikamaru conosceva quel lato da molto tempo; era sempre stato lui a
parlare di cose veramente serie, a dubitare della reale serietà nei rapporti di coppia e di
quanto fragili potessero essere i rapporti tra un uomo e una donna. Lei non aveva neanche
pensato che il loro rapporto fosse normale, perchè non lo era.
Erano diversi come l'acqua e il fuoco, volubili, instabili.
E se una scommessa era riuscita a farlo incazzare, Temari non voleva sapere cosa potessero
aspettarsi in futuro.
Lui era placido come l'acqua.
Lei lo faceva ribollire.
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Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, raccolse ogni molecola di ossigeno nei
polmoni, trattenendolo dentro fino a quando non iniziarono a pulsarle le orecchie.
- Il tè è pronto.- disse a voce abbastanza alta, così che, se lui l'avesse ignorata, il dubbio che
non l'avevesse sentita non sarebbe stato un'optione valida.
- Lasciamelo sul tavolo, ora non ne ho voglia.- giunse la risposta, ma era come se qualcuno
gliel'avesse presa con le pinze, non era neanche strascicata, era forzata.
- Bè, se ti piace il tè freddo...- protestò piano, passandosi una mano sulla faccia per coprire
gli occhi che bruciavano, bruciavano, bruciavano, bruciavano, ma tanto lui non la guardava
giusto? Che problema si faceva?, non c'era nessun bisogno di nascondersi.
[Non l'aveva chiamata seccatura in quei due giorni, mai. Nemmeno. Una. Volta].
- Quando vai?La sua testa ricciuta scattò verso di lui - Dove?- A Suna.- e non la stava guardando cazzo!
- Martedi mattina. Presto, perchè?La sua scrollata di spalle fu un pugno in pieno stomaco - Così, per sapere.Lei deglutì una seconda volta e guardò le foglie di tè dentro la sua tazza - Tu cos'hai fatto
oggi?- Il solito.E la kunoichi, semplicemente, scoppiò - Hai intenzione di continuare a far finta di non
conoscermi?Shikamaru mosse appena il collo per poterla guardare, un sopracciglio inarcato anche se
non c'era nessuna traccia di ironia nella sua espressione - Certo che no.- E allora tagliala!- ruggì - Non lo sopporto.Il ragazzo prese un breve respiro e annuì - Certo, guai a chi infastidisce Sabaku no
Temari...- borbottò come se stesse parlando ad un muro di mattoni, poi Shikamaru scosse
la testa come se un'improvvisa realizzazione l'avesse investito - Tanto è inutile. Lascia
perdere il tè: sto uscendo.Temari lo seguì con gli occhi fino a quando non si disse che non era giusto, e allora gli si
avvicinò con poche falcate e, una volta ch'ebbe le sue spalle davanti agli occhi, lo spinse così
forte che se Shikamaru non avesse posseduto un equilibrio invidiabile sarebbe finito a
gambe all'aria; la bionda assottigliò le palpebre, succhiò il respiro tra i denti - Io non lo so
perchè sono così, ficcatelo in testa dannato Nara. A me non piace perdere, a me non piace
sistemare le cose che sistematicamente sparpaglio in giro e odio quando tu mi fai sentire
come un minuscolo, essere inutile e se non inizi a guardarmi ora, Shikamaru Nara, giuro
sul mio strafottutissimo orgoglio che sarò io ad uscire!Ma Shikamaru scosse di nuovo la testa, aprì le braccia e, contemporaneamente, si scrollò di
nuovo nelle spalle - Cosa vuoi che ti dica, resta?, non lasciarmi?- Bè sarebbe un inizio!- Hai sbagliato pollo.Lei prese letteralmente fuoco - Hai perfettamente ragione, sei un pollo! Ma cosa pretendi
che faccia, eh?- Lascia perdere.Shikamaru fece un mezzo tentativo di voltarsi, ma le dita di Temari serrate sulla sua spalla
lo bloccarono con una distinta voglia di scaraventarla contro la parete opposta e farle uscire
l'umiltà a forza; quindi le circondò il polso con le dita, stando comunque attento a non farle
troppo male.
- Non voltarmi le spalle mentre parliamo.- gli disse con un tono che era quasi tranquillo, un
po' turbato, che gli graffiò la ferita ancora aperta del suo orgoglio sbrandellato (perchè
quando un uomo si innamora, diventa cretino, ma non abbastanza per permettere ad una
donna di prendere a calci la sua dignità o il suo amor proprio o qualsiasi altra cosa che gli
appartiene; Temari era davvero brava a distruggere le cose) facendolo sentire un po' in
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colpa, ma era incazzato.
Lo era.
- Non stiamo parlando. Tu non sai neanche che cosa stai dicendo, apri la bocca solo per
giustificarti dato che non puoi sbagliare, tu. Non sei umana, non commetti errori, sei
sempre nel giusto e nessuno deve venirti a rompere le scatole per le cavolate che fai. Non
stiamo parlando, Temari. Tu vuoi solo, per l'ennesima volta, mettere le mani avanti e dire
che non è colpa tua. Non è mai colpa tua.
E sai cosa?, mi sono rotto. E pretendo le tue scuse Temari. Le voglio, ti è chiaro il concetto?detto questo le mollò il polso, le voltò le spalle, e uscì.
Temari si chiese come mai, quando qualcosa si incrinava, le persone si muovevano come se
avessero qualche bullone arrugginito. Era come se, quando qualcosa si spostava senza il
loro permesso, loro stesse si arrugginissero.
Così meccaniche.
Robotiche.
Fredde.
Capitolo 16: To Forgive
[Non è amore quell'amore che muta quando trova un mutamento.]
William Shakespeare
Suo padre diceva sempre che la mattina è il momento migliore per litigare, Temari aveva
sempre creduto che suo padre fosse un tantino fatalista, un tantino assai per essere fiscali.
Per non parlare di tutte le volte che il suo amato padre aveva tentato di accoppare lei, il suo
ventaglio e la sua colazione.
C'era da dire che, nonostante la pazzia dilagante nella sua famiglia, lei e i suoi fratelli (più o
meno) erano venuti su bene, vuoi per il loro sensei, vuoi per l'istinto di sopravvivenza;
quindi non c'era da stupirsi se Sabaku no Temari diventava una personcina caustica
quando s'inalberava per benino.
Testimone l'albero che aveva appena abbattuto e un gruppetto di genin poco lontano, ai
quali tremavano le ginocchia e lacrimavano gli occhi (sembrava che l'albero appena
deceduto fosse il loro punto di ritrovo-Temari non trovava dentro sè il dispiacere per i
piccoli vedovi).
Chiamatela isterica, chiamatela mostro, ma lei sfidava chiunque a restare calmi e pacifici
quando il vostro ragazzo (e amico, amante, convivente, ombra) vi piantava in asso a casa
vostra, pretendendo le vostre scuse perchè voi siete fatte male.
La bionda kunoichi si passò la mano sinistra sulla bocca, la sua fronte era sudata e i capelli
sulla nuca si erano attaccati ovunque riuscissero ad attaccarsi. I suoi occhi erano sbarrati, le
pupille piccolissime che facevano risaltare il verde dell'iride.
Incazzati pure quelli, e anche turbati, forse più turbati che altro.
Il dubbio provoca sempre strane reazioni, strani battiti, strani pensieri.
Temari, nella sua vita, aveva dubitato tanto su tante cose.
Su suo fratello Gaara in primis, poi sul Suono e poi anche su Konoha. Aveva dubitato di se
stessa quando Kankuro era stato avvelenato, pensando che se ci fosse stata lei, con lui,
magari il danno sarebbe stato minore.
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Aveva dubitato della sanità mentale di suo padre e di quell'istinto paterno che, forse, era
stato dimenticato oppure mai posseduto.
Sabaku no Temari aveva dubitato dell'Uzumaki, di Sakura, dell'Uchiha, di tutta Konoha.
Mai di lui. Di Shikamaru mai. Neanche adesso ci riusciva, eppure avrebbe dovuto e invece
no, perchè Shikamaru era così statico, i suoi atteggiamenti sempre gli stessi, anche il modo
in cui la guardava non cambiava mai, neanche quando erano in missione, neanche quando
lei doveva partire.
In quel momento Temari dubitava, ancora una volta, di se stessa, della sua capacità di
adattarsi, di adeguarsi ad un'altra persona. Dubitava che sarebbe riuscita a fare le sue
scuse, ora che lui le aveva pretese.
Le pretese fanno male, era come essere traditi dal tuo migliore amico, come un ultimatum
che tu non vuoi e non puoi accettare. Un compromesso.
O così o niente, è orribile sentirselo dire, soprattutto se sei una con un carattere
particolarmente forte, particolarmente orgoglioso, particolarmente tutto. Il brutto dei
dubbi e delle pretese è che nessuno, tranne te, può darti un motivo per accettarli, perchè se
qualcun'altro avesse le risposte che ti servono non esisterebbe nè l'uno nè l'altro.
E, in fondo, abbiamo tutti bisogno di un motivo per credere, per convincerci che quello è
sbagliato è quell'altro è giusto.
Lei non li trovava questi motivi, nenche dopo due giorni senza parlargli, senza guardarlo
negli occhi, senza lui nel letto. Neanche dopo tanto li trovava. E allora era normale dubitare
della realtà dei suoi sentimenti, perchè quando una cosa ti fa male è normale allontanarla,
ma quando la mancanza di quella cosa, quella persona, non ti fa dormire la notte (e ti fa
male lo stomaco, ci pensi a ruota continua anche quando non dovresti) è altrettanto
normale cercare di riprendersela, no?
E allora perchè lei non ci riusciva?
Il dubbio ti fa marcire dentro, ti corrode il fegato tanto che lei certe volte credeva di non
riuscire a respirare.
Guardò l'albero che aveva abbattuto, poi pensò ai piccoli genin, voltò la testa per cercarli e
ne era rimasto solo uno. Un marmocchio di appena undici/dodici anni, gli occhi grandi di
un marrone che era quasi vivo, la fronte aggrottata, la bocca socchiusa come se volesse dire
qualcosa.
Aveva i pugni chiusi con così tanta forza che Temari catalizzò il suo sguardo lì, credendo
che da un momento all'altro si sarebbe rotto le dita. Lei aprì la bocca, poi la richiuse.
Perchè lei non ci riusciva?
Si morse a sangue le labbra, respirò dal naso, il sudore si ghiacciò sulla sua pelle.
Mi dispiace, era così difficile da dire? Ad un bambino per di più. Era davvero impossibile?,
così complicato? Il bambino non le stava neanche chiedendo niente, nessuna pretesa.
Perchè non ci riusciva?
Prese un respiro profondo, cercò di districare i capelli attaccati sulla nuca con gesti nervosi
delle dita e fece un passo avanti, guardò il bambino negli occhi che adesso avevano un non
so che di stupito.
- Ti va un frappè?-
- Chi è morto?Di una cosa il mondo intero era sicuro: Naruto era stupido, ma uno stupido divertente la
maggior parte delle volte.
Shikamaru non lo guardò neanche, ma la rigidità dei suoi muscoli facciali si intensificò
quando il biondo si sedette di botto al suo fianco - Sai, sono passato per la via principale e
ho visto questo negozio qui, quello nuovo hai presente? Quello che ha aperto il figlio di
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quella donna, quella amica di tua madre, presente? Comunque ci sono passato davanti ed è
davvero interessante!, non credi anche tu che sia interessante?- Vendono arredamenti, Naruto.- Appunto! C'era questo, come si dice?- pressò due dita sulla fronte, in profonda
concentrazione - Cesso!- Water...- E' uguale. Comunque c'era questo 'water' con un programma! Praticamente ti parla
mentre tu... bè, espelli.- Oddio, ha appena usato 'espelli'...- gemette il moro.
Naruto strabuzzò gli occhi, poi arrossì - Non si può?- Dovremmo festeggiare invece. Chi te l'ha insegnata?- Sakura poco fa, mi stai prendendo in giro, Mister Genio?- il Nara, più per noia che per
altro, decise che era cosa buona e giusta lasciare l'Uzumaki nel dubbio, quindi non rispose.
Tra l'altro aveva problemi ben più grossi di Naruto per la testa, tipo una bionda kunoichi
testarda che sarebbe partita per Suna, il loro rapporto che vacillava e l'incazzatura.
Si, erano problemi ben più grossi di Naruto e del suo water parlante, cos'avesse da dire
poi...
Il biondo staccò un filo d'erba e se l'infilò tra le gengive, poi si sorresse sui gomiti e guardò
il cielo con una ruga sulla fronte (segno divino, ovvero: stava veramente pensando).
- Sai...- Non l'ho visto.- replicò il Nara, sperando che l'omino arancio capisse che non aveva
proprio voglia di stare a sentire i suoi vaneggiamenti.
- Non lo sto mica cercando, quel pervertito fedifrago.E fedifrago chi gliel'ha insegnata, l'Uchiha?
- Comunque stavo pensando che potrei andare con Temari-san a Suna, sai... per Gaara.quando il Nara non rispose, Naruto pensò che non gli interessava la sua opinione in merito,
poi un pensiero orribile, come un fulmine, gli folgorò i neuroni e arrossì - A-ah, ma non...
cioè io non sono, voglio dir...urgh!- sbarrò gli occhi e Shikamaru lo guardò solo per
sincerarsi che non stesse soffocando, ma Naruto, una volta che incrociò i suoi occhi, arrossì
ancora di più e voltò il capo mentre si grattava la nuca - Cioè, non... non mi piace Temarisan...- il Nara arcuò profondamente un sopracciglio, Naruto sembrò ancora più
imbarazzato, era totalmente arancione adesso - Bè si, mi piace come... come la porchetta,
non come ramen e porchetta...Le sue similitudini stavano via via diventato umanamente insostenibili. Shikamaru si
chiedeva spesso se il DNA della volpe non si fosse legato a quello di Naruto, visto che il
biondo somigliava sempre più ad un animale quando cercava di puntualizzare un concetto.
Tipo quando l'Uchiha si era rotto il migliolo del piede (aveva brutalmente sbattuto contro
uno spigolo mentre Sakura e Naruto lo stavano inseguendo, di nuovo, per evitargli di
scappare, di nuovo) e Naruto aveva ben pensato che era cosa buona e giusta far fare ad un
cane la pipì sul suddetto mignolo, perchè Tsunade aveva detto che in caso di morso, l'unica
soluzione era l'ammoniaca, se non c'era, si usava la pipì -- no, Naruto non faceva nessuna
distinzione tra una medusa ed un cane o un comodino -- (l'Uchiha dormiva eh, altrimenti
avrebbe attivato sharingan e affini per accoppare, finalmente, il suo migliore amico).
Ma dato che non c'interessa nulla del mignolo dell'Uchiha, diremo che Naruto aveva un
istinto particolare e basta.
In quel momento la priorità vitale di Naruto era far sapere a lui, Nara Shikamaru, che
Temari non gli piaceva come gli sarebbe piaciuta un'Hinata ricoperta di ramen e porchetta,
o qualcosa del genere.
- ... quindi non essere geloso!- concluse il biondo mentre Shikamaru tentava di cancellare
l'immagine di ramen e porchetta cosparsi su un'Hinata compiacente.
- Hn.- rispose piantando bene i piedi sull'erba e incrociando le dita sulla nuca.
100
Sollevò il busto e, infine, appoggiò i gomiti alle ginocchia, passandosi una mano tra i capelli
sfuggiti alla coda - Ci tieni proprio, mh?Quello arricciò il naso e corrugò le sopracciglia - Eh?- Per il Kazekage...- Ah, si. Bè, è da un po' che non ci si vede. Mi brucia, perchè vorrei andarci da Hokage una
buona volta, però è un po' che non ci si vede, così...- si grattò il mento - Non è che potresti
chiederlo tu a Temari-san?- Ti spaventa?Naruto sembrò scandalizzato, e forse lo era - No!, posso andare io se tu sei spaventato!- il
Nara reprimette la risata - Però Sakura-chan dice sempre che tra moglie e marito non
bisogna metterci caval donato... o qualcosa del genere...- gesticolò incoerentemente mentre
il filo d'erba che aveva tra le gengive si muoveva - E poi Temari-san mi è sembrata... non lo
so, un po' diversa in questi giorni...- sputò il filo d'erba e si leccò le labbra Cooooooomunque,- battè le mani sul terreno e si alzò spazzolandosi i pantaloni - spero che
non sia grave come sembra, Mister Genio.- Cosa vai blaterando?- bofonchiò, disegnando con l'indice cerchi e quadrati sui pantaloni.
- Bè, se Temari-san va a Suna...- si scrollò nelle spalle - Voglio dire, se va a Suna senza
nessun motivo per ritornare, quella mica torna! Te lo dico io!, magari è stanca...- si bloccò
all'improvviso, le mani a mezz'aria - Bè, non ha molto senso, è solo che... ho questa
sensazione eh? Non offenderti, ok? Ci vediamo!Tsunade sentiva il fetore dei guai poco prima che questi bussassero alla sua porta; era
grazie a questo sesto senso che riusciva ad evitare i membri del Consiglio ed Iruka la
maggior parte delle volte. In quel momento il quinto Hokage rabbrividì dalla punta dei
piedi fino alla nuca e fece per togliere i piedi dalla scrivania quando Sabaku no Temari
entrò dalla finestra.
Quella lì, pensò Tsunade, aveva capito tutto di lei ed era una cosa molto preoccupante.
- Non mi guardi così.- grugnì la kunoichi piantando i piedi sul pavimento - Non sono mica
Umino.Tsunade roteò gli occhi al soffitto e fece cenno alla donna di accomodarsi davanti a lei,
tanto per essere sicura che la Sabaku non volesse ammazzarla - Qual buon vento ti porta
qui?- a quest'ora indecente, avrebbe voluto aggiungere, ma lei era l'Hokage, doveva
conservare un minimo di autorità!
- Il permesso.- Permesso?, quale permesso?Temari chiuse pazientemente gli occhi e prese un respiro profondo contando fino a dieci Non posso partire per Suna senza il suo permesso, scritto di suo pugno, con la sua firma
sopra.- Ah.- fece tetramente
- Già.- replicò altrettanto tetramente l'altra bionda.
Un pesante silenzio piombò su di loro, come se stessero preparando uno scontro, Tsunade
tossì, Temari spostò il peso da un piede all'altro.
L'Hokage si grattò il mento e battè ciglio - Te lo farò recapitare al più presto.- Mi serve adesso.Una vena pulsò sulla tempia della sennin - Sono impegnata ora.- Aspetterò.- Sabaku...Quella digrignò i denti e la guardò con la parola testardaggine stampata a caratteri gotici
sulla fronte.
Passarono i minuti e Tsunade reprimette la voglia di chiamare Iruka e far scrivere a lui il
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permesso (perchè lo faceva sempre e aveva una bella grafia, sapeva anche usare il punto e
virgola senza andare in iperventilazione come accadeva sempre a Kakashi. Un leader deve
saper usare al meglio le capacità dei suoi sottoposti e non è abuso d'ufficio o di potere!, ma
semplice buon senso), ma lo sguardo fermo della kunoichi le diceva che non avrebbe
accettato un permesso proveniente da altre mani.
Che palle.
Al limite dell'esasperazione (erano minimo dieci minuti che stavano a guardarsi negli occhi,
anche un topo si sarebbe esasperato!) battè le mani sul tavolo, riposizionò i piedi sul
pavimento e afferrò rotolo e calamaio, rischiando di rovesciare l'inchiostro sul suo vestito
nuovo (costato un patrimonio perchè, sapete, il suo petto aveva bisogno di misure speciali e
c'era assolutamente bisogno della migliore sarta di Konoha), per poi cominciare a scrivere Sabaku no Temari...- recitò con tono irritato - è autorizzata a lasciare i confini di Konoha
sotto il...- bagnò il pennino con l'inchiostro - permesso ufficiale dell'Hokage, la quale
predispone il ritorno della sovracitata Ambasciatrice,- avrebbe voluto scrivere trita ovaie,
ma, ovviamente, il suo buon senso la fece desistere - dieci giorni dall'arrivo a Suna. La
firma,- sigillò il rotolo con un'espressione iraconda - e ora che ho adempiuto ai miei
compiti, evapora.- poi qualcosa le passò per la testa - Vai a Suna?- Si, il permesso per favore.Tsunade non ricordava di averle ordinato di andare a Suna. Perchè andava a Suna?, eh,
senza un motivo non poteva mica lasciarla andare! Diamine, quella voleva il suo permesso
ufficiale senza un motivo?!
- Perchè vai a Suna?E Temari non aveva una risposta valida a quella domanda, l'Hokage lo capì quando la
kunoichi distolse lo sguardo dal suo - Sabaku, non posso lasciarti partire se non mi dai un
motivo.- affermò autoritaria, rizzando la schiena e stringendo le dita sui braccioli della
poltrona.
- Voglio assicurarmi che vada tutto bene.- Non sono arrivati messaggi allarmanti da Suna, i vostri confini sono sorvegliati.La kunoichi non replicò.
L'Hokage roteò indolentemente gli occhi al soffitto e le porse il permesso - Se uccidi
qualcuno dirò che non sono stata io a scrivere questo permesso.- Che gentile.- Faccio quel che posso per adempiere ai miei compiti.- Di paraculismo?- Soprattutto quelli!- si massaggiò le tempie con gli occhi socchiusi, e chissà a quale
catastrofe stava pensando - Da quando l'Uchiha è tornato il Consiglio mi sta addosso peggio
di una cozza allo scoglio, quindi non fare stupidaggini perchè non possiamo certo
incolpare lui se ammazzi qualcuno. Porta i miei rispetti al Kazekage e torna per il tempo
prestabilito o ti manderò dietro il Team 7, cani, volpi e...- gesticolò incoerentemente - hai
capito.Inutile dire che, quando Naruto si presentò nel suo ufficio entrando, pure lui, dalla finestra,
Tsunade si sentì un po' presa per il culo quando capì che il marmocchio pretendeva, pure
lui, un permesso ufficiale per andare a Suna; ovviamente Tsunade non scrisse alcun
permesso, nonostante Naruto scalciasse per ottenerlo; in cambio gli disse che cercavano un
ninja qualificato per trasportare ramen nei vari, piccoli villaggi dentro i confini.
Perchè Tsunade conosceva i suoi polli e sapeva come tenerseli fuori dai piedi senza darlo a
vedere.
La prima cosa che notò fu lo sguardo della Yamanaka che si puntò sulla sua faccia come i
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fari di un camion che stava per investire qualcuno.
Si, quando l'unica femmina del Team 10 non era dell'umore si vedeva. Della serie: "Se osi
avvicinarti ti faccio a fette, poi ti ricompongo e ti sbrandello e infine ti sputo pure nell'unico
occhio sano che ti ho lasciato", insomma si vedeva lontano un miglio che Ino Yamanaka
non era affatto contenta di vedere lei, Temari Sabaku no, nel negozio di suo padre.
Cos'avesse fatto di male per meritarsi tanta ostilità era riassumibile in due semplicissimi
concetti:
1. Shikamaru e Ino erano amici e compagni di squadra;
2. Temari aveva fatto incazzare Shikamaru che era un amico e compagno di squadra di Ino.
In sintesi era come se Temari avesse detto all'Uzumaki che l'Uchiha non meritava di essere
vivo.
Morale?, non era molto sicura di aver scelto il negozio giusto, vuoi perchè non aveva voglia
di litigare con una donna, vuoi perchè non aveva davvero tempo per quel genere di
divertimento.
E si, diciamo pure che non voleva macchiare il pavimento con il sangue della Yamanaka o
lasciare che lo stecchino affilasse i suoi artigli sulla sua pelle, sporcando il pavimento.
C'era da dire che Temari non sapeva davvero dove andare altrimenti, e se avesse anche solo
potuto scegliere di ignorare il senso di colpa, non sarebbe, in qualunque caso, riuscita a
dormire quella notte; quindi tanto valeva uccidere il problema ed andare avanti.
Avanti in senso figurato, s'intende, dato che in quella particolare situazione si poteva solo
fare dietro front, impacchettare armi e mutande e ritornare definitivamente a casa (non che
ci avesse pensato sul serio, eh).
Ino continuava a fracassarle il cranio con quello sguardo tra l'omicida e il tremendamente
offeso, Temari sbuffò e borbottò fino a quando Ino non inarcò un fine sopracciglio e
appoggiò entrambi i gomiti al bancone, reclinando il busto in avanti, mettendo in risalto la
scollatura e le ossa delle clavicole (ma quanto era sottile quella lì?).
Era come se la Yamanaka si aspettasse qualcosa da lei...
- ... ciao?E in quel preciso istante (si, quando le guance lattee della fioraia diventarono bordeaux e gli
occhi ancora più chiari perchè le pupille si assottigliarono, si, in quel preciso istante quando
sembrò che un'aura maligna s'impossessasse del suo esile corpo, proprio in quel
momento...) Temari comprese che aveva scelto la parola errata.
Dicono: "Ritenta, sarai più fortunato".
- Ciao?!- gracchiò l'altra bionda - Tu dici a me 'ciao'?!- Bè, cosa dovrei dirti?- Cosa dovres... ascoltami bene tu, brutta infingarda fedifraga... traditrice!, come osi?- Tecnicamente non ho ancora osato niente, ma se ci tieni...- replicò socchiudendo gli occhi
e stringendo le labbra in una linea sottile.
Ino non sembrò affatto disturbata - Tu...- sibilò e gesticolò incoerentemente, poi prese un
respiro, si passò una mano sulla fronte, chiuse gli occhi e poi fece un gesto con entrambe le
mani, come se stesse buttando via qualcosa - Ok, va bene, cosa vuoi?- Sei pazza?Sulla tempia di Ino pulsò una vena - Cosa. Tu. Volere?- Si, sei fuori peggio di un citofono scassato...- e prima che il cervello dell'altra scoppiasse,
decise che si era stufata - Un albero che cresce in fretta?- Il pioppo* e ci tengo che tu sappia che sono assolutamente dalla parte di Shikamaru!Lei sospirò - E dove lo trovo un pioppo?- E' pieno di pioppi qui in giro, cretina. Ah, e sappi che sono assolutamente convinta che se
non ti scusi ti mollerà!- E se, diciamo, ne prelevassi uno? Non ci vuole un permesso?Ino sgranò i suoi occhioni - Vuoi prelevare un pioppo?103
- Ipoteticamente parlando.- bofonchiò, arrossendo appena.
La fioraia battè ciglio, poi si ricordò che era assolutamente, profondamente,
irrimediabilmente, tragicamente arrabbiata con Sabaku no Temari e incrociò le braccia al
petto - Un pioppo non si preleva ipoteticamente, e Shikamaru ha sempre ragione.- Ti offendi se ti dico dove te la puoi infilare questa ragione, tesoro?- Ti offendi se ti infilo l'ipotetico pioppo su per il retto, amore?Accidenti.
- Ok,- e dire che, se fosse rimasta a Suna, il problema 'albero abbattuto -> bambino infelice'
non sarebbe mai esistito - ho accidentalmente abbattuto un albero che era il punto di
ritrovo di un gruppo di bambini...- Sei un mostro.- ... e voglio... sistemare le cose quindi sono venuta qui perchè sei la fioraia più vicina e mi
veniva di passaggio perchè io stavo casualmente passando di qua e mi serve sapere se posso
o non posso sradicare un pioppo dalla foresta di pioppi e scaricarlo lì dove l'altro albero
stava così quel bambino dormirà sereno la notte.- prese silenziosamente respiro e la guardò
dritta negli occhi - Ma se non puoi aiutarmi, vado da qualche altra parte.Ino roteò gli occhi al soffitto, slegò il grembiule e lo buttò di lato, si sistemò i capelli
guardandosi allo specchio e aggirò il bancone - Ci servirà Lee.- poi si ricordò che
era assolutamente, avete capito, arrabbiata con Temari Sabaku no e praticamente attaccò il
naso a quello dell'altra, piantandole pure l'unghia dell'indice sul collo - Ma sappi che se non
ti scusi con Shikamaru e lui finisce col vegetare ad oltranza come stamattina, io ti giuro che
il pioppo finirà dritto dritto dentro il tuo intestino crasso!La riccia inarcò un sopracciglio - Nara ti ha fatto qualcosa?Ino si voltò rabbiosa verso l'uscita - Quel fetente doveva aiutarmi a scaricare fiori e vasi
stamattina!- Doveva?- la seguì.
- Si, doveva!, perchè invece di portare il suo culo qui è rimasto tutto il giorno a poltrire in
un prato, mentre io mi rompevo la schiena!- poi Ino ringhiò - Ma sono comunque dalla sua
parte!- Se, se, ho capito.- Sono seria!Tornò a casa che erano le undici e mezza di sera passate e aveva ancora le mani sporche di
terra.
Sentiva la schiena protestare e le ginocchia reclamare a viva forza un sostegno, ma con uno
sguardo schifato alle sue mani, Temari si rese conto che la sua priorità era preservare la sua
salute dai batteri e non riposare le sue povere, vecchie membra.
Una volta che aprì il rubinetto e vide che nel lavello non c'erano nè piatti nè posate, capì che
molto probabilmente Shikamaru non era in casa. Alzò per un attimo gli occhi al soffitto, poi
li chiuse e, una volta che la temperatura dell'acqua si aggiustò, iniziò a rimuovere la
sporcizia nelle sue mani usando una quantità industriale di sapone che bruciò i tagli che
aveva su entrambi i dorsi e i palmi delle mani.
Una volta finito, prese la spugna e pulì il lavello per tenersi occupata.
Lo pulì per mezz'ora tanto che anche l'acciaio, adesso, implorava pietà.
Era strana la facilità con cui riusciva ad evitare pensieri scomodi quando era fuori ed era
strano il fatto che non riusciva a non pensarci quando era circondata dai confini di casa sua.
E poi quella postazione, il lavello, aveva qualche cosa di particolare. Creava una reazione in
lei che neanche il più bravo psicologo... o Shikamaru stesso riuscivano ad ottenere.
Respirò dal naso - Ok. Doccia.Ma le sue ginocchia la inchiodarono lì, tremando in protesta tanto che Temari si vide
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costretta a stringere le dita sui bordi del lavello, così forte che le nocche diventarono
bianche.
Si, venne mandata al diavolo anche dai suoi muscoli, decisamente stanchi di assecondare i
pensieri folli della loro padrona (perchè non era normale trasportare un pioppo da un posto
ad un altro) e stremati per la giornata in generale.
Temari borbottò una sequela di insulti destinati a nessuno in particolare, poi afferrò una
sedia e ci buttò il proprio culo sopra.
Se doveva morire sarebbe morta comoda.
Non si aspettava di trovarla sveglia, vuoi perchè era veramente tardi e vuoi perchè lui
sperava vivamente di trovarla addormentata. Perchè se si dovevano ignorare era meglio
farlo quando uno dei due non era in grado di sentirsi ferito, dato che nessuno dei due era
veramente masochista.
In quel caso, Shikamaru aveva fatto tardi di proposito, monopolizzando il suo migliore
amico fino a quando quest'ultimo non si era addormentato, per evitare un confronto diretto
con Temari. Non perchè aveva paura, ma perchè le parole che aveva detto Naruto avevano,
in qualche strano modo, disturbato la sua tranquillità mentale.
E c'era da dire che Naruto, negli anni, era diventato un esperto nei brutti presentimenti.
Quindi era con quella punta di dubbio e trepidazione che era entrato in casa; e se Temari
non fosse stata sveglia, lui sarebbe sicuramente entrato nella loro camera da letto solo per
sincerarsi che lei c'era e stava dormendo.
Si era psicologicamente preparato a non fare rumore prima di entrare, poi l'aveva vista.
Sveglia. Seduta. Immobile.
Gli aveva fatto un po' impressione a dire la verità.
E si era bollito nel dubbio di chiamarla o ignorarla, di avvicinarsi o andarsene, di
perdonarla o punirla. L'amore è crudele, ci sono volte che non ti lascia neanche il tempo di
pensare e volte che di tempo te ne lascia o troppo o troppo poco.
E' un po' una presa per il culo.
Shikamaru aveva pensato, davvero, ci si era messo d'impegno perchè capiva che il loro non
era un problema risolvibile con un mazzo di fiori o un abbraccio, no. Ed era arrivato alla
conclusione che, nel loro rapporto, non esisteva un'equità.
Ma questa equità non era mai esistita, neanche quando erano soltanto colleghi, e gli andava
bene prima, sul serio.
Lui non voleva cambiarla, l'aveva amata così com'era, se l'era presa così com'era
conoscendo i limiti che potevano e non potevano sorpassare. Non l'aveva scelta per una
cosa sola, ma tutta.
Non aveva messo in conto il suo carattere, perchè se lui dava venti, chiedeva almeno dieci.
Ed è inutile che si continua a dire che in amore e in amicizia non si pretende nulla e non si
può chiedere nulla.
Lui dava, lui chiedeva di rimando. Era una cosa naturale.
Erano naturalmente entrati in conflitto, loro due, per un motivo stupido che aveva fatto
affiorare problematiche pesanti che entrambi non avevano mai pensato di poter avere nè
sopportare.
Lui sperava che il loro rapporto fosse di più. Un più generale.
E adesso non sapeva cosa cazzo fare; e se davvero lei non fosse più tornata? E se lei non
aveva intenzione di chiedergli scusa? E se la situazione fosse andata avanti, cosa sarebbero
diventati? Si sarebbero odiati?
Dubbio.
Roba brutta il dubbio.
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Poi Temari alzò la testa e lo guardò, anche lei sembrava abbastanza sorpresa di vederlo; da
quella distanza Shikamaru non sapeva dire con certezza che gli occhi di lei fossero davvero
rossi come sembravano, in realtà non era neanche sicuro di volerlo sapere visto che si
sarebbe subito sentito male, perchè se lei aveva pianto (e lui sperava che non fosse successo
niente del genere) la colpa sarebbe stata completamente sua.
Camminò fino al frigo, che aprì subito così che l'anta nascondesse la sua faccia - Non riesci
a dormire?- le chiese, afferrando una bottiglietta d'acqua per poi riposarla ed optare per
una birra.
- ... Non ne ho voglia.- la sua risposta arrivò solo quando Shikamaru stappò la bottiglia di
birra e si sedette su una delle sedie; osservò Temari deglutire e grattarsi il palmo della
mano destra, quello con il maggior numero di taglietti, alcuni avevano arrossato la pelle
attorno, stava per chiederle cos'aveva combinato quando Temari coprì come meglio poteva
la mano - Cos'hai fatto oggi?- gli chiese per fargli distogliere l'attenzione.
- Niente di nuovo, il solito, noioso lavoro.- prese un lungo sorso di birra senza neanche
gustarla, la inghiottì come avrebbe inghiottito una fetta di limone - Tu hai litigato con un
cactus?- Un pioppo.- Un pioppo?Lei annuì, lui la copiò.
- E cosa ti ha mai fatto di male un albero, mi chiedo...Temari ridacchiò piano, si passò una mano tra i capelli ignorando il lieve bruciore che ogni
movimento provocava - E sono stata dall'Hokage,- guardò attentamente la reazione di
Shikamaru, come se si aspettasse uno scatto di rabbia, quando non vide alcun segno
negativo continuò - per il permesso.- E come motivazione per il viaggio? Cosa le hai propinato, mh?- inquisì, e nonostante
sentisse la birra rinfrescare la sua gola, sentì improvvisamente caldo come se qualcuno gli
avesse infilato un fiammifero acceso nelle orecchie.
Temari si ritrasse appena sulla sedia, mordendosi le labbra - Che intenzioni hai?- gli chiese,
infastidita.
- Nessuna.- Perchè a me sembra il contrario?- lo fulminò con lo sguardo.
- Massì, dimmi pure quali intenzioni devo avere Temari, illuminami.- cercò di non fare
troppo rumore quando appoggiò la bottiglia sul tavolo, ovviamente fallì nell'intento e il
rumore del vetro che sbatteva contro il legno sembrò il piombare di un macigno sul
cristallo.
- Smettila.- disse, guardando lui e la bottiglia come un nemico.
- Perchè?Respirò pesantemente mentre Shikamaru stringeva le dita sul vetro e la guardava Smettila.- disse lei a denti stretti.
- Io mi sento preso per il culo.- la bloccò, nonostante lo sguardo che gli lanciò, la fermò,
neanche lui sapeva perchè - Perchè continui a volere andare a Suna nonostante tutto, è una
presa in giro.- Non ne voglio parlare.- Perchè?- lei si alzò, ma non rispose, preferì aprire e chiudere le mani visto che le si erano
addormentate, scelse di riempire un bicchiere con l'acqua del rubinetto, bere un po' e poi
svuotarlo nel lavandino.
Shikamaru continuava a fissarla, la birra dimenticata, non sentiva neanche il bisogno della
sigaretta tanto era livido; a lui non piaceva svicolare, non in quelle circostanze. In ogni caso
non voleva e non poteva più aspettare.
Tutta quella situazione era una stronzata, e se Temari non riusciva a chiedergli scusa lui
non le voleva più. Davvero.
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Si passò una mano sul collo sudato e chiuse gli occhi - Quindi andrai a Suna.- e lo disse a
denti stretti, come se pronunciare quella sentenza gli costasse troppo ossigeno. Si alzò,
lasciando la bottiglia ancora piena sul tavolo e accarezzò la schiena di Temari con gli occhi
prima di sospirare - Io vado a dormire,- lei annuì lentamente, Shikamaru sospirò ancora sali anche tu quando ti senti.E la lasciò da sola; non sapeva in quale altro modo gestire la situazione. Temari non
imparava nè con le buone e neanche con le cattive, doveva per forza sfarinarsi il cervello per
capire veramente dove stava sbagliando e perchè stava sbagliando. Shikamaru non poteva
davvero farci niente, lei era così e, da come stavano le cose, le possibilità di un
cambiamento erano nulle, o all'incirca tali.
Dirle di salire non era un tattica per farla crollare, lui voleva farle capire che nonostante la
rabbia l'avrebbe sempre accolta, sempre ripresa.
E forse Temari era troppo orgogliosa per accettare una tregua del genere, forse il
compromesso non le stava bene e magari questa volta voleva davvero portare la loro
relazione ad un altro livello e voleva seriamente capire dove, come e perchè aveva sbagliato.
In un certo senso la capiva, era una donna dopotutto, e le donne sono esseri
fantasticamente mentali e terribilmente introspettivi; capiva che, forse, a lei serviva solo
altro tempo (che lui, in onor del vero, le aveva ampiamente lasciato); certo questa sua
consapevolezza non cambiava il fatto che lui era arrabbiato e offeso, no che non la
cambiava, ma Shikamaru era sempre stato un uomo paziente, certo che poteva aspettarla.
E non si addormentò tranquillamente come al solito quella notte, aspettò per due ore che
Temari salisse, ma quando la sveglia segnò le quattro di mattina il sonno e la stanchezza
presero sopravvento e si addormentò con un braccio fuori dal letto e l'altro che stringeva un
cuscino che non era il suo. Così, come un bambino.
Temari, invece, non dormì affatto. E si, ci aveva provato, ma il divano non le sembrava più
così comodo. E dire che Shikamaru ci dormiva così bene, o almeno così credeva.
La tentazione di salire da lui era così forte che le gambe spasimavano di muoversi
nonostante la stanchezza. Salire quelle scale, aprire quella porta ed infilarsi in quel letto...
non poteva.
Quindi sospirava stringendosi le mani sugli occhi, sfregandosi la fronte sudata con il
braccio e cambiando posizione ogni due secondi.
Alle cinque di mattina sfoggiava due occhiaie che erano una meraviglia e quando qualcuno
bussò delicatamente alla porta fu tentata di non aprire e far credere a chiunque ci fosse la
fuori che no, Nara e Sabaku non erano in casa, ma sarebbe stato infantile e irresponsabile.
Se fosse stato Kakashi o Yamato, venuti a cercare uno di loro due per una missione o
qualsiasi altra cosa inerente il villaggio (Shikamaru era a capo di una squadra dopotutto, e
lei era ancora un'ambasciatrice), cos'avrebbero pensato non trovandoli a casa?
Si alzò svogliatamente dal divano, i codini sfatti che mostravano quanto in realtà fossero
lunghi i suoi capelli ricci, e aprì la porta con decisione.
Si trovò davanti Choji con il braccio alzato, pronto a bussare un'altra volta. Quando la vide
sfoggiò uno dei suoi sorrisi migliori, uno di quelli che gli trasformavano il viso e
illuminavano una stanza intera - Heylà, Temari!- disse spostando il peso del corpo da un
piede all'altro - Mi fai...?- e indicò l'interno della casa con un gesto della mano; Temari si
fece da parte e chiuse la porta una volta che l'altro entrò.
- Volevi qualcosa?- sempre dritta al punto, lei, non le piaceva perder tempo.
- Ah,- Choji si diresse verso il frigorifero, sempre con il sorriso stampato in faccia, lo aprì e
afferrò i quattro budini al cioccolato che lei adorava mangiare il pomeriggio, e lo fece come
se fosse a casa sua (ed effettivamente lo era, visti gli anni di amicizia che lo legavano sia a
Shika che a lei, figuriamoci, non la chiamava più Temari-san da anni) - in realtà mi sono
svegliato troppo presto ed Ino è ancora al settimo sonno,- borbottò mentre apriva un
budino - pensavo che Shikamaru fosse sveglio, quindi...- si sedette e Temari lo imitò - Scusa
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l'irruenza eh, ma non ho ancora fatto colazione.Temari lo liquidò con un gesto della mano, non poteva arrabbiarsi con Choji, sarebbe stato
come lanciare kunai ad un bambino - C'è anche una torta...L'espressione di Choji s'illuminò ulteriormente e si alzò subito. Lei si lasciò scappare un
sorriso intenerito quando Choji le voltò le spalle per aprire di nuovo il frigorifero.
- Mmmmmh, al cioccolato...- aveva quasi la bava alla bocca quando si risedette con la torta
davanti agli occhi.
- Vuoi caffè o qualcosa?Choji negò col capo e prese un'abbondante cucchiaiata di torta, alla terza però Temari iniziò
a sentirsi scrutata e, alzando gli occhi, notò che Choji non aveva smesso di fissarla da più di
dieci minuti.
- Ho qualcosa in faccia?- A parte le occhiaie?- replicò senza mezzi termini il ragazzo, posò il cucchiaio e si grattò
una guancia imbarazzatissimo - Scusami.- Tranquillo. E' vero. Non ho dormito.- lo guardò di rimando, ma le parole che erano uscite
dalla sua bocca erano più meccaniche di quello che avrebbe voluto; Choji ovviamente se ne
accorse, ma era un tipo troppo gentile per farle notare quanto forzata era la sua voce.
- E non avete fatto pace.- sospirò - Siete due testoni.- Non credo che questi siano fatti tuoi.- poi chiuse gli occhi e respirò profondamente - Forse
lo sono, ma non è con me che dovresti parlarne.- Io non devo parlare con nessuno, Temari.- strabuzzò gli occhi - Al limite ascolto, e sono
giorni che non faccio altro che ascoltare, vuoi la mia opinione?- Non te l'ho mica chiesta...- Secondo me,- appoggò entrambi i gomiti sul tavolo - tutto questo è stupido e voi due
testoni.- Choji...- Ma non sono venuto qui per sistemare le cose, Shikamaru si è dimenticato le sigarette a
casa mia e lo sappiamo tutti e due che la sigaretta mattutina è un sacramento.- sbuffò
infilando la manona nella tasta anteriore dei pantaloni, sfilò il pacchetto di sigarette e lo
posò sul tavolo - Non volevo sbafarmi la tua torta...- e abbassò gli occhi molto più
imbarazzato di prima.
Se quello era un modo carino per farsi perdonare, bè, c'era riuscito - Ne farò un'altra, ho
molto tempo da perdere in questi giorni.Choji gettò uno sguardo esasperato al soffitto, ma Temari finse di non averlo notato.
Dopo cinque minuti buoni di silenzio (durante i quali lei aveva messo via i budini e buttato
il vassoio dove un tempo riposava la sua bellissima torta al cioccolato) Temari si sentì
toccare leggermente la spalla - Non devi per forza chiedergli scusa, sai?- lei si morse il
labbro inferiore - Non essere nervosa, sii te stessa, digli tutto quello che ti passa per la testa
come hai sempre fatto, lui capirà.- E le cose torneranno esattamente come prima.Choji si scrollò nelle spalle - Non lo puoi sapere davvero Tem.- e si raddrizzò (perchè si, era
molto, molto più alto di lei) - Ah, mi sento pieno di buone intenzioni oggi, dai le sigarette al
ghiro e poi spediscimelo, ok?, dobbiamo allenare i poppanti oggi.- era quasi uscito dalla
cucina quando si voltò di nuovo, il labbro inferiore trattenuto nervosamente dai denti Temari,- lei lo guardò in risposta - qualche volta, non sempre, qualche volta bisogna
trovare...- schioccò le dita - un punto d'incontro, un compromesso accettabile per entrambi
e non deve essere per forza un limite e non per forza deve far star male o fuori posto.- gettò
uno sguardo alle scale che portavano al piano di sopra - Lui capirà.- E se il problema non fosse lui? Sono io quella da raddrizzare!- sbottò e strinse le mani,
mentre Choji la scrutava con quegli occhi troppo belli, troppo umani, non si poteva mentire
a quegli occhi.
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- In questo villaggio c'è solo una persona che deve essere raddrizzata, e non sei tu.
Shikamaru non ha mai detto che ti vuole diversa, lui vuole solo essere un normale ninja
poltrone con una donna kamikaze accanto,- si scrollò nelle spalle - non vi ho mica capiti,
io.- e lei rise.
Quando Choji uscì, tutto sorridente e compiaciuto (perchè aveva di nuovo salvato il culo al
suo migliore amico senza darlo a vedere), Temari si appoggiò di fianco alla porta e si
accorse che stava fissando le scale solo quando iniziarono a bruciarle gli occhi.
Con un sospiro e i denti che torturavano le labbra, salì il primo gradino cercando di fare il
più piano possibile. Si fermò a metà della scala quando Shikamaru entrò nel suo campo
visivo, già vestito per uscire.
Da quanto era sveglio?, non che fosse un problema, lei e Choji non avevano detto niente di
nuovo (il fatto che Choji le avesse detto quello che già sapeva funzionava come un
incoraggiamento a fare quello che doveva fare, ovvero abbassare la testa e ammettere che
lei era una cretina e che lui aveva ragione a pensare che la causa di tutte le disgrazie
mondiali fosse lei), ma il piano non era quello.
Lei doveva salire tutte le scale, per cominciare, entrare in camera da letto e svegliarlo.
Perchè lui era già sveglio quando lei era ancora a metà delle scale? Perchè doveva sempre
rovinarle il gioco, accidenti a lui?!
Shikamaru aveva ancora la vista appannata dal sonno, ma la vide.
E non sapeva cosa fare (perchè lui, ovviamente, non aveva sentito nulla). Certo, l'idea di
prendere la palla al balzo e spingerla giu dalle scale risparmiandosi così altri anni di
tragedie gli aveva solleticato il cervello. Il problema era che la voleva troppo per
ammazzarla, poi magari con gli anni uno cambia idea, e a quel punto sarebbe stato lui a
lanciarsi da un ponte.
- Buongiorno.- disse, così tanto per tastare il terreno, ma Temari strinse le labbra in una
linea sottile, corrugò le sopracciglia e arrossì, inutile dire che Shikamaru inarcò entrambe le
sopracciglia, ma lasciò perdere con un sospiro - Ho dimenticato...- Le sigarette.- finì per lui - Sono sul tavolo, Choji è passato, è appena andato via.Sbagliava o Temari era nervosa?
- Hn, mi ha risparmiato il viaggio.- bofonchiò a bassa voce e fece per sorpassarla, eppure lei
non si muoveva, gli bloccava il passaggio e si limitava a guardarlo.
Shikamaru, ormai, aveva perso ogni speranza. Conosceva troppo bene Temari e poteva
tranquillamente dire che, a quel punto, ogni cosa sarebbe ritornata come prima senza che
lei facesse nulla per migliorare la situazione. E gli andava bene, davvero, gli andava
benissimo; probabilmente l'avrebbe uccisa nel sonno, ma gli andava bene.
Era un uomo paziente, e checchè se ne dicesse, amava la donna che gli stava davanti. La
amava, chiaro?, con tutti i suoi difetti e i suoi dolori (perchè non aveva avuto una vita facile,
la seccatura, e di sicuro non era così insopportabile perchè ci era nata con quel carattere;
l'avevano indotta a costruirsi una corazza, ad essere diffidente e arrogante e vanitosa, si era
vanitosa. Una persona che si crede la migliore può essere solo due cose: megalomane o
vanitosa).
E lui la amava...
- Smettila di pensare, non serve.- certo, qualche volta pensava che non si meritava tutto
quello... che cosa gli aveva detto?
Temari alzò il mento e puntò gli occhi sul muro - Credo di... aver sorpassato il limite.Riuscì a non strabuzzare gli occhi solo perchè aveva ancora sonno.
Lei prese un profondo respiro, era difficile scusarsi dopo tutto quel tempo, la prossima
volta non avrebbe più lasciato correre. Era troppo difficile dormire sapendo che lui era
arrabbiato con lei, non lo sopportava - E' che mi sono impuntata e...- le parole le morirono
in gola - Non voglio che le cose tornino come prima, perchè non mi sta bene e non ce lo
meritiamo, Nara.- o, almeno, lui meritava molto di più, molto di più.
109
Lo guardò dritto in faccia - Non succederà più, Shika.Aveva uno strano modo di scusarsi, la seccatura, eppure non riusciva a lamentarsi come suo
solito - Lo pensi?, che non succederà più dico.- lei non rispose - Certo che succederà di
nuovo, seccatura.Temari strinse il davanti della sua maglietta, arrivandogli sotto il mento e gli sussurrò le
sue scuse senza mollare per un secondo i suoi occhi.
E lui che, davvero, stava bene così non ci riuscì, proprio non ci riuscì. Sorrise con le labbra
appoggiate sulla tempia di Temari e le mani che tremavano dalla voglia di prenderla,
strangolarla, sbatterla al muro e schiacciarsela addosso.
E non riuscì a trattenere anche quella, di voglia.
Capitolo 17: Nakama
Alle nove e mezza di sera, dopo aver sopportato per un'intera giornata i deliri di mezza
popolazione Kohoniana mocciosi inclusi, Temari se ne stava distesa nel suo letto, con
addosso il pigiama di qualcun'altro, ovviamente.
E, ovviamente, stava ancora lavorando per evitare che quella dispostica donna, che era
l'Hokage, impazzisse. Quel giorno, verso le quattro di pomeriggio, Tsunade-Hokageillustrissima-rompi-coglioni si era catapultata da lei sbraitando su sake, ritardi vari ed
eventuali, ancora sake e-perchè quel disgraziato di Kakashi non è ancora arrivato? E il mio
sake?, doveva arrivare questa mattina, perchè non è arrivato accidenti a te!?- Temari
sentiva, giustappunto, ancora la sua voce dentro la testa.
Il che portava alla sua attuale occupazione, ovvero tenere la mente occupata con documenti
ufficiali riguardanti la politica di mezzo Paese del Fuoco e, nel frattempo, si chiedeva che
cavolo stesse combinando in quel preciso momento il suo, come definirlo, convivente?
Pistolino a domicilio?, futuro marito?
Qualcosa del genere, comunque.
Si lasciò scappare un sospiro stanco e pensò anche di alzarsi e preparare qualcosa da
mettere sotto i denti, ma il letto era veramente, veramente comodo e lei era davvero,
davverodavvero stanca morta/stecchita/sepolta/consumata/polverizzata.
Certo, non si sarebbe mai immaginata che fare la kunoichi a Konoha sarebbe stato così
seccante. A Suna faceva su per giu le stesse cose, eppure non tornava mai a casa con il
preciso intento di commettere uno sterminio; sarà anche stata l'umidità, che a Suna era un
enorme presagio di sventure, oppure quell'odore lì che infestava le strade e che faceva
diventare l'omino arancio un ammazzo di cose mollicce, simili a gelatine con la bava in
cima. Lui lo chiamava 'raaaaaaaaaamen', lei preferiva sempre cambiare strada e,
stranamente, veniva sempre seguita dall'Uchiha.
Parlando dell'uomo sono-un-traditore-incallito-lasciatemi-in-pace-ma-nutritemi, Temari
non era ancora riuscita a capire la sua effettiva utilità, perchè oltre a litigare
silenziosamente con tutti (tranne con l'omino arancio e lì c'era da strapparsi i capelli) non
faceva niente. E magari era solo lei a pensarla così (anche se Tsunade-sama proponeva
sempre di dare all'Uchiha una botta in testa, soffocarlo prima che si riprendesse e occultare
il cadavere), ma anche Shikamaru sembrava abbastanza contento del ritorno del morbo.
E morbo lo era sul serio, visto che ogni essere vivente che gli si avvicinava finiva sempre con
il cadere a terra morto stecchito, o a camminare per giorni come un'anima in pena.
In definitiva Konoha era un covo di pazzi, c'era pure chi aveva fatto soldi scrivendo
filastrocche sull'argomento, e lei non ne conosceva nessuna, per inteso...aveva solo sentito
voci di corridoio su un tizio che aveva scritto un libro pieno di cose del genere, per lo più
prese in giro, sberleffi più o meno veri e ironia a volontà.
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Le voci dicevano che fosse stata la stessa Tsunade a realizzare suddetta opera, più per
ripagare i suoi debiti che per reale senso di giustizia nei confronti di chi, come Temari,
credeva che Konoha fosse il ventre di ogni male.
Basti pensare che Itachi Uchiha era di Konoha, Madara idem e la volpe a nove code non era
stata di certo pagata per attaccare Konoha, era la profonda e nera sfiga che circondava il
villaggio ad aver fatto ben pensare al demone di spazzarla via.
Di sicuro Suna sarebbe diventata la nuova capitale se tale meravigliosità fosse accaduta, ma
Temari conosceva pure l'enorme culo che i Kohoniani avevano.
Basti pensare che Itachi Uchiha aveva fatto vivere il suo fratellino, tale Sasuke Uchiha,
redento (?) traditore. Tale morbo aveva accoppato Orochimaru che, Temari ne era
profondamente convinta, non sarebbe mai passato a miglior vita se l'Uchiha non fosse
scappato, dato che aspettare una mossa dai due Sennin rimasti fedeli era come aspettare
che Elvis Presley cantasse little boxes in chiave rock 'n roll, mosse annesse; anche Kakashi
era di Konoha, nonostante i suoi capelli ricordavano vagamente i capelli/o fili/o qualsiasi
altro modo d'angelo che si mettono sull'albero di Natale (ma Kakashi non poteva certo
essere un angelo, e non era neanche un albero di Natale, quindi Temari credeva che
Kakashi fosse stato rapito da un uomo rosso, grosso e barbuto. I motivi del rapimento
erano ancora sconosciuti), e Kakashi era un bravo ninja che aveva più volte salvato il
deretano a molte persone.
Si, Konoha aveva un culo enorme.
E com'era che i ninja più forti stavano tutti lì? Insomma, la volpe a nove code era stata
sigillata in un minuscolo esserino petulante con i capelli biondi e gli occhi blu, tale essere
sarebbe diventato Hokage e quando si scordava di avere un demone in corpo gli
spuntavano le code e si ricopriva di pustole che gli bruciavano la pelle (e non moriva!) ed
era capace di creare maremoti, buchi nelle strade, tragedie varie ed eventuali e cose così.
Faceva pure fumo da tutte le parti, come se lo stessero bollendo!
Temari aveva letto molti libri fantasy nei suoi rari momenti di noia profonda e in nessuno
di loro aveva mai trovato una cosa del genere! Si, c'era un tizio che sventolava la bacchetta
in giro e nessuno gli diceva che poteva provocare seri danni agli occhi di chi,
disgraziatamente, gli fosse passato accanto-e il cattivo di quel libro era uguale identico ad
Orochimaru, dato che non voleva morire e aveva un colorito leggermente grigiastro e si
portava a spasso un serpente lungo metri, albino e parlante; poi c'erano quelli sugli esseri
dai denti aguzzi, quelli sulle fate, sugli alieni e in nessuno di quei libri era presente un tizio
che fa fumo e, nel frattempo, si ritrova con nove code poco sopra il sedere.
Vogliamo parlare della banalità della cosa?
La bionda chiuse strettamente gli occhi per un lungo attimo, riportando quei pensieri da
dove li aveva presi e ritornando lucida e coerente in men che non si dica; gettò uno sguardo
arrossato alle scartoffie che corprivano il letto, cartelle di ogni tipo e colore sparse sul
copriletto e tanti, troppi fogli a completare il quadro.
Lei lo sapeva che non avrebbe dovuto portarsi il lavoro a casa, soprattutto dopo la giornata
che aveva avuto, ma non voleva stare a pensare troppo a lungo mentre cercava di
addormentarsi.
Certo, se mentre lavorava si metteva a pensare a cretinate, allora il problema non
sussisteva.
Sospirò ancora e decise che era cosa buona e giusta chiedersi dove diavolo si era andato ad
infilare il Nara, perchè lei era sicura che il fetente non era a lavoro, visto che aveva firmato
il registro quando era uscito. Oh, se si era messo a guardare il cielo con quell'altro amico
suo, mentre lei stava lì a fondersi il cervello per colpa sua (perchè se lui non fosse stato di
Konoha, lei, non ci avrebbe mai, assolutamente mai messo piede), gliel'avrebbe fatta pagare
salata.
Ma tanto.
111
Disgraziatamente, il fetente in questione, non stava guardando il cielo, anzi.
In quel preciso istante Shikamaru si trovava in una posizione alquanto scomoda, e non nel
senso letterale del termine, no, era proprio una situazione che lui non era mai riuscito a
gestire, quindi era una seccatura. E lui ci si trovava molto scomodo.
Choji gli lanciò uno sguardo affranto prima di infilarsi un pugno di caramelle gommosse
tutti i gusti più una patatina e sparire, possibilmente molto, molto lontano.
Shikamaru Nara, noto stratega e, quindi, molto bravo a ideare vie di fuga approssimative,
guardò apatico il ninja che gli stava davanti.
Kankuro lo guardò negli occhi, Shikamaru spostò lo sguardo sul cielo; Kankuro grugnì per
avere la dovuta attenzione, Shikamaru roteò gli occhi al cielo; Kankuro sfiorò la marionetta,
Shikamaru tossì - Hai visto...- Non cambiare argomento, misogino traditore che non sei altro!Il Nara, più che seccato, affondò le mani nelle tasche posteriori dei pantaloni - Argomento?- Si, stiamo parlando proprio di lui!- sbottò il micio.
- Hn.- Sai cosa dovrebbe fare un misogino?E io che ne posso sapere, pensò di rispondere, c'è tua sorella nel mio letto, possibilmente
con il mio pigiama addosso, possibilmente molto incazzata e tu mi vieni a chiedere cosa
dovrebbe fare un misogino? Ma starle alla larga, ovviamente!
- Mi sono perso qualche pezzo per strada,- disse invece - perchè non so assolutamente di
quale argomento stiamo parlando.- ...il fatto è che non capisco perchè c'è sempre una donna dietro ogni casino della vita.
Pensaci! La maggior parte dei serial killer ha avuto un'infanzia molto brutta, possibilmente
con una madre che lo trascurava...- La madre dell'Uchiha era molto dolce...- ...cioè, guarda mio fratello Gaara!- e gesticolò come se Shikamaru non avesse appena
smontato le sue supposizioni.
E continuava a non sapere di cosa stavano parlando, ma decise che era meglio non
disturbare il gatto che dorme - Anche mia madre non è poi così male.- bofonchiò, cercando
in lungo e in largo le sigarette, inspiegabilmente introvabili nelle sue tasche.
Kankuro sgonfiò il petto - Tu non sei un serial killer.Trovate!
- Ma ho ucciso parecchie persone.- strascicò facendo scattare l'accendino.
- Balle.Vero. Erano balle, solo una decina o poco di più.
- Senti...- cercò di mettere fine a quel delirio prima che il pensiero di uccidere il fratello
della sua fidanzata diventasse una necessità.
- No, sul serio, com'è che funziona?- L'accendino?, ma niente, fai ruotare il cosino e...- Con le donne, idiota!- ululò.
Il vento dell'est portò l'odore del ramen, l'urlo di gioia di Naruto e poi un forte tonfo
(probabilmente l'Uchiha aveva fatto crollare un edificio con la sola forza della sua
irritazione).
Shikamaru sbattè le palpebre più volte - Eiochennesò.- Tipo: vedi una per strada, la segui e la sbat...- Non credo funzioni così.- lo bloccò prima che qualche femmina sentisse le eresie che
l'imbecille stava ululando.
- Come no?- Te l'ho detto: non lo so come fuziona, funziona e basta, non è che ci vuole la scienza. E'
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una seccatura, tu sei una seccatura.Kankuro sembrava molto confuso (e che ci faceva a Konoha, comunque?) anche se il trucco
mascherava alla perfezione il suo sconvolgimento interiore, come se si fosse fatto un bagno
nel botulino - E tu e mia sorella come diavolo...?- Bò.- di sicuro non gli avrebbe detto che lui e Temari erano finiti a letto insieme dopo una
bella sbronza, non era uno stupido, lui - Ha fatto tutto lei.- Che casino...- Già.- E io adesso come faccio?- T'interessa qualcuno?Quello arrossì, e Shikamaru riuscì pure a vedere il rosso tra il viola. Oddio, era una cosa
raccapricciante.
Kankuro balbettò qualcosa, gesticolò mentre Shikamaru inarcava un sopracciglio e poi si
diede alla fuga.
Naruto urlò, di nuovo, di gioia giusto quando Kankuro centrò un palo della luce; Shikamaru
era sicuro che qualcuno, lassù, se la stesse ridendo.
E lui come diavolo la spiegava alla seccatura una cosa del genere? Tuo fratello voleva
consigli sulle donne da me e poi si è spiaccicato su un palo della luce mentre scappava?
- Embè?- Cosa?- Oh, scusami tanto se disturbo la tua tranquillità, dannato di un Nara!Il dannato in questione trattenne a stento lo sbuffo esasperato, si alzò a sedere e appoggiò
la schiena ai cuscini dei divano incrociando le gambe su un altro cuscino che prima aveva
riposato sulla sua pancia - Cosa ti è andato storto oggi, mh?- Tutto!, ma da quando sto con te le disgrazie hanno questa particolare predisposizione a
piombarmi addosso!Eccola che comincia, pensò il Nara abbassando leggermente la testa - Hn.- E no, grazie, non ho assolutamente bisogno di nulla!Shikamaru la guardò reclinando la testa indietro, sospirò leggermente e fece finta di non
notare il rossore sulle guance di Temari - Che cosa vuoi da me, seccatura?- Intanto dove diavolo sei stato?- sbottò dopo qualche secondo, si portò le mani ai fianchi
pieni e assottigliò le palpebre, Shikamaru comprese che la sua vita dipendeva dalla risposta
che avrebbe dato.
Era una seccatura, come poteva un uomo sopravvivere a quel genere di pressione
psicologica? Ora non poteva neanche più dire quello che voleva senza temere (temereTemari) che gli saltasse via qualche arto o qualche organo!
Sperava vivamente che non tutte le donne fossero così, seriamente, iniziava a capire perchè
gli omosessuali erano sempre sulle nuvole. Liberi da ogni male, che delizia.
Nessun'arpia che li tormentava perchè 1) aveva le mestruazioni e le facevano male, in
ordine, testa, schiena e pancia; 2) aveva lavorato tutto il giorno e non aveva nessuna
intenzione di muoversi dal divano; 3) aveva troppi impegni per prendersi cura di loro; 4)
stava troppo male per fare sesso.
Le donne erano una seccatura vivente. Un'enorme seccatura da sprangata sulle gengive.
- A lavoro e in giro.- iniziò a giocare con il cuscino subito dopo averlo detto - E tuo fratello è
qui.- Lo so.- Mh.- si morse il labbro inferiore quando sfilacciò la fodera del cuscino, poi si scrollò nelle
spalle e guardò l'orologio - E' tardi.Temari si passò una mano tra i capelli sciolti e annuì - Vai a casa: la mamma si preoccupa.113
e sghignazzò tutta soddisfatta quando lui la trucidò con lo sguardo.
- Sei proprio una seccatura.Ridacchiò, ma ad un certo punto Shikamaru la vide rabbuiarsi e inarcò un sopracciglio in
confusione, Temari si sedette sul divano tra le sue gambe e si morse per un po' le labbra - Ti
ricordi quando avete riportato l'Uchiha qui?- lui annuì, ora serio e con la fronte aggrottata Il Consiglio lo voleva morto,- continuò Temari guardando davanti a sè, prese a
giocherellare con la maglia di Shikamaru, molto probabilmente non se ne stava neanche
accorgendo - poi hanno deciso di metterlo sotto torchio e io...- Me lo ricordo.- la bloccò, i denti stretti, lo sguardo ombreggiato da qualcosa molto simile
alla furia.
Lei prese un respiro - Bè, i Kage s'incontreranno domani, ecco perchè Kankuro è qui, Gaara
è arrivato questa mattina, gli altri Kage arriveranno entro stasera o domani mattina presto.Shikamaru le strinse leggermente il polso, allontanandole la mano dalla maglia - Cosa
vengono a fare?- L'Uchiha è sotto esami continui da quando è stato riportato indietro, non era in buone
condizioni quando l'avete preso,- ed è per questo che tu e quell'idiota di Naruto siete ancora
vivi, ma non lo disse ad alta voce - il suo fisico era devastato, è un miracolo che Tsunadesama sia riuscita a salvarlo dalla ciecità.- lo guardò dritto negli occhi, sospirò di nuovo Vengono per sapere se Sasuke Uchiha è in grado di... recuperare e vivere in questa città e...guardò dall'altra parte.
- Pensano che scapperà di nuovo.- e non era una domanda, Temari intuì.
- Non sono i soli.- strinse i denti - Lo sai come la penso...- E quindi, visto che tu eri presente a tutti gli interrogatori che Ibiki gli ha fatto, vogliono
anche un tuo giudizio.- bisbigliò, e improvvisamente non seppe più come guardarla.
Lei si limitò ad annuire.
- E cosa dirai?- Non mi farò influenzare da te, Shikamaru, nè da nessun altro.Lui annuì lentamente - Il Kazekage valuta molto la tua opinione. E se anche solo un kage va
contro la riabilitazione di Sasuke gli altri lo seguiranno. L'Hokage non potrà fare molto a
quel punto.- la guardò - Non lo fare.Temari si alzò dal divano e prese a camminare avanti e indietro - Lo so che ci avete messo
anni per riportarlo indietro e lo so che hai quasi perso la tua squadra. C'ero anch'io, ma
Sasuke Uchiha è un traditore, ha ucciso così tante persone per motivi futili. E ha seri
problemi Shika. Dentro la sua testa è tutto marcio.- prese fiato - Tsunade-sama lo ha
accettato per Naruto, Sakura e Kakashi, ma è ovvio che niente potrà tornare come prima.
Kami, lo hai guardato in faccia?!- esplose - Lo hai mai veramente guardato negli occhi?
Porterà solo guai...- E quindi tu farai in modo che il morbo venga debellato.- sibilò, strinse il suo naso con
l'indice e il pollice, respirò profondamente - Sasuke ha solo bisogno di tempo.- Non lo vuole il vostro fottuto aiuto!- urlò a pieni polmoni - Non lo ha mai voluto, non ve
l'ha neanche chiesto! L'hai mai sentito pregare di essere aiutato? Ibiki non c'è andato
leggero, Shika, eppure lui non era neanche turbato! Non gl'importa di vivere o morire, è un
fantasma!- Tu non lo conosci.- Perchè tu si?- e lui strinse le labbra, incapace di replicare - Ha avuto un anno, Tsunade ha
mosso mari e monti per fargli avere tutto l'aiuto possibile, ma non puoi aiutare chi non
vuole essere aiutato. L'Uchiha non ha mai allungato un'unghia,- alzò l'indice che tremò
leggermente - una... per afferrare tutto quello che gli avete inutilmente portato.- si passò
entrambe le mani sul viso - A me basterebbe una sua parola, davvero, basterebbe che
parlasse.- lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi - Ed è per questo che nè tu nè nessun
altro potrete influenzarmi: perchè Uchiha Sasuke, per una volta nella sua fottuta vita, deve
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salvarsi da solo.- e, nel frattempo, ricordava quel giorno. Si accorse con un brivido che
provava ancora l'impellente bisogno di vomitare...
[Temari non s'immaginava certo che la missione sarebbe andata a buon fine, più che altro
vedeva la Squadra dei Sognatori (come ironicamente lei ed Ibiki l'avevano battezzata)
sterminata dalla furia dell'Uchiha, s'immaginava i funerali e le lacrime ed aveva tutto il
diritto di pensarlo, visto che i ragazzi erano spariti da un mese.
Non era preoccupata dell'andamento della missione, a lei dell'Uchiha non fregava un tubo
e, da quello che aveva appreso leggendo i vari fascicoli riguardanti il suo caso, a suo parere
una Konoha senza Sasuke Uchiha era una Konoha migliore.
Quando erano tornati (Neji era mezzo svenuto e Lee lo stava praticamente trascinando -uno Hyuuga, capite?, uno degli shinobi migliori di Konoha e delle terra del fuoco --; Choji e
Kiba reggevano Sai e Sakura, mentre Naruto e Kakashi reggevano l'Uchiha, Shikamaru si
trascinava da solo, una sigaretta accesa tra le labbra che, però, non fumava) era iniziato il
via vai di messaggeri, i civili erano stati tenuti all'oscuro della faccenda (dopotutto gli idioti
avevano avuto il buon senso di non entrare a Konoha dall'entrata principale, altrimenti
sarebbe scattato il panico) e l'Uchiha era stato praticamente strappato da Naruto e Kakashi,
inviato il più gentilmente possibile in ospedale sotto le cure di Tsunade e dichiarato 'vivo e
caustico' tre ore dopo.
Temari aveva fatto avanti e indietro per ore nello studio dell'Hokage, in attesa di ordini sia
da Konoha, che da Suna. Sperava che Gaara non decidesse di partire per Konoha in pompa
magna per ammazzare l'Uchiha con le sue stesse mani, ma più di tutto sperava che il
Consiglio non si facesse vivo, non ancora.
Non aveva avuto il tempo per controllare i ragazzi, non sapeva assolutamente nulla delle
loro condizioni, ma Choji e Kiba erano già stati dimessi, quindi andare a chiedere non era
sembrata una cattiva idea, peccato che Ibiki li avesse già presi per la collottola e portati nel
quartier generale degli ANBU per interrogarli. Secondo Temari era una gran cazzata, non
avrebbero detto nulla neanche sotto tortura cinese ed Ibiki avrebbe dovuto saperlo che dai
ragazzi non avrebbe cavato un ragno dal buco.
Alla fine era stata Tsunade a dirle di filare in ospedale, ma Temari non aveva fatto neanche
un passo verso la porta che era arrivata la risposta del Kazekage.
Chiedeva all'Hokage di far presenziare la sua ambasciatrice ad ogni interrogatorio al quale
l'Uchiha sarebbe stato sottoposto e ordinava a sua sorella di fare rapporto prima a lui e poi
a chiunque altro.
Aveva il cuore a mille, era agitata e non sapeva dove guardare, ma l'Hokage ripiegò il
messaggio e le disse che nessuno avrebbe interrogato l'Uchiha per il momento, quindi lei
poteva andare da Shikamaru.
Eppure c'era ancora qualcosa che si muoveva nel suo stomaco: era l'ansia. Da anni non
prendeva parte ad un interrogatorio e non aveva mai assistito ad un interrogatorio fatto da
Ibiki ad un nukenin. Sentiva la nausea aumentare, ma ricacciò dentro ogni tipo di
emozione. Dentro sapeva, sentiva, che l'Uchiha, delle sue emozioni, non se ne faceva un bel
niente.
Il primo interrogatorio, Temari non avrebbe mai dimenticato quel giorno, venne fissato
dopo due settimane dalla cattura del traditore. Temari aveva preso l'abitudine di chiamarlo
così dopo aver appreso il modus operandi di Ibiki, se si metteva in testa che quello lìnon era
una persona e non aveva un nome, riusciva a pensare alla cosa senza la nausea. Non sapeva
perchè rischiava di vomitare lo stomaco ogni volta che s'immaginava quello lì davanti ad
Ibiki e alla sua squadra, non voleva neanche saperlo, non era da lei provare qualcosa nei
confronti di un traditore, uno che aveva tentato di ammazzare il suo fratellino e che aveva
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quasi ammazzato Kankuro cercando nello stesso momento di far crepare lei. Certo, a quel
tempo quello lì aveva avuto tutte le ragioni per cercare di ammazzarli tutti e tre, ma il
concetto era quello in qualsiasi modo la si metteva.
Era in 10 di settembre ed era una giornata calda, Temari si era fissata il ventaglio sulla
schiena già alle tre di mattina ed era rimasta appollaiata sul tetto della sua abitazione fino
alle cinque, pensando a niente, gli occhi chiusi.
Shikamaru era stato dimesso due giorni prima ed aveva fatto amicizia con le bende e le
stampelle, Temari gli aveva detto che lei avrebbe assistito all'interrogatorio insieme agli
altri ambasciatori degli altri villaggi, ma il Nara non le aveva neanche risposto, forse
neanche l'aveva sentita. E, mentre scendeva dal tetto per incamminarsi, se lo trovò proprio
davanti, stampelle annesse e connesse.
- Gli farai domande, Tem?- era sorpresa, credeva che non l'avesse ascoltata il giorno prima,
lasciò passare qualche minuto nel silenzio più totale visto che Shikamaru apriva e chiudeva
la bocca come se volesse dire qualcos'altro - Gaara...- Kazekage.- lo corresse a bassa voce.
- ... gli farai delle domande per lui?- Questo non ti riguarda, ho trasgredito agli ordini ieri, non avrei dovuto dirti nulla e non ti
azzardare ad aprire bocca con gli altri Nara, è una questione seria.Shikamaru si guardò ironicamente la gamba ingessata - Guarda, non lo sapevo.- soffiò.
- Dovresti essere a letto a riposare.- borbottò passandosi una mano sul collo gelato
nonostante il vento caldo che soffiava - E come diavolo sei riuscito ad uscire, Kami, tua
madre dovrebbe legar...- Parteciperai attivamente all'interrogatorio?- la bloccò con voce ferma, ma bassa.
- Se la situazione lo richiede...- Che risposta è?- L'unica che avrai.- Sasuke deve ancora...- Non è 'Sasuke'!- ringhiò stringendo i pugni e Shikamaru fece quasi un passo indietro,
Temari si rese conto che aveva gridato e si asciugò con il dorso della mano il sudore che si
era accumulato tra il suo naso e le labbra - Vado e tu fila a letto, quella gamba non guarirà
altrimenti.Non. Parlava.
Temari non riusciva a crederci, l'ostinazione di quella persona, Kami, l'orgoglio, la rabbia.
Non ci credeva, eppure lo stava vedendo con i suoi occhi e lo sentiva con le sue orecchie. Il
rumore dei denti che si stringevano, scricchiolavano, qualcuno doveva dargli un pezzo di
cuoio o un qualcosa da mordere, Kami, si sarebbe rotto i denti di quel passo.
Non parlava. Respirava piano, certe volte dal naso, molte altre dalla bocca, sudava e non
parlava nonostante... Temari distolse lo sguardo e strinse i denti.
Gli avevano bendato gli occhi o meglio, Tsunade li aveva minacciati di morte lenta se
avessero anche solo pensato di togliergli le bende che lei stessa gli aveva messo, dopo
l'intervento. Stavano lì dentro da ore e quello non aveva spiccicato una parola.
Ora Ibiki stava utilizzando una tecnica che Temari non aveva mai visto nè sentito
nominare, non che le importasse, ma quell'interrogatorio andava avanti da troppo, non
avrebbero raggiunto nessun risultato.
Ibiki doveva pensarla allo stesso modo, infatti sciolse il ninjutsu e Sasuke si piegò in avanti,
respirava a tratti - Vorrà dire che staremo qui tutta la notte a guardarci negli occhi,
Uchiha.- si tolse il cappotto lo sistemò sul pavimento per poi sedercisi sopra con le gambe
incrociate - Vuoi qualcosa? Un caffè magari?- fece segno ad uno dei suoi che uscì di volata
dalla stanza, in cerca di un carico intero di caffè - Possiamo stare svegli per mesi,- ma
l'Uchiha non dava nessun segno - oppure possiamo usare il vecchio metodo, barbaro che
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sia, i pugni fanno più male del ninjustu, ma tu che sei un esperto potresti anche dissentire?nessuna risposta, quel ragazzo se ne stava piegato in avanti, le mani legate dietro la schiena,
i muscoli delle braccia che si contraevano a scatti, distrutti dai crampi - Non tradiresti
nessuno se rispondessi... Orochimaru l'hai ammazzato, hai mollato l'Akatsuki una volta
ottenuti gli occhi di tuo fratello...- e il ragazzo alzò la testa, probabilmente lo stava
guardando e stava cercando di ucciderlo con gli occhi, ma la benda faceva il suo sacrosanto
lavoro - Cos'è?, ti infastidisce?- parlò normalmente, gesticolò pure nonostante la
temporanea cecità dell'Uchiha - Parlare di tuo fratello è proibito? Ma non l'hai ucciso tu?- Zitto.- Ah-ah, il rapporto lo diceva, vero?- si rivolse ad un suo collega che si limitò a non fare
assolutamente nulla - Itachi Uchiha, eh?, me lo ricordo, era davvero un ottimo Anbu, il
migliore che avessi mai visto. Tu devi essere altrettanto bravo se sei riuscito ad ammazzarlo
e dimmi, ora che hai i suoi occhi ti senti realizzato?- questa volta non gli giunse risposta e
vide che il ragazzo si stava mordendo a sangue le labbra, qualche goccia gli colava già sul
mento e gli colorava i denti, altrimenti bianchissimi - Hai paura di Madara Uchiha?, sul
serio?- a quel punto decise di chiudere la bocca per un bel po', nella speranza che quel
ragazzino decidesse la strada giusta.]
Temari si lasciò alle spalle i due ANBU che sorvegliavano la residenza dell'Uchiha, l'alba
non si era ancora levata nel cielo.
Ogni volta che entrava in quella casa si sentiva sotto esame, come se qualcosa del passato
fosse rimasto impresso nelle molecole del legno sotto i suoi piedi.
Trovò Naruto e Sakura in cucina, l'Uchiha era seduto e sembrava ascoltare quello che
Sakura gli stava dicendo.
Naruto sorrideva.
Poi il biondo la guardò, seguito da Sakura. L'Uchiha non mosse un muscolo. Era
quell'atteggiamento che Temari non riusciva a capire, quel modo tutto suo di tenere lontane
le persone, quella freddezza patetica.
- Uscite.- disse, rivolgendosi ai due veterani del TEAM 7 con voce piatta, per sottolineare
l'ordine indicò la porta con un gesto del capo; vide Naruto stringere le labbra in una linea
sottile e Sakura chiudere i pugni guantati. La sorpassarono in silenzio e, ancora, Sasuke non
si muoveva.
Quando la porta si chiuse alle sue spalle e Temari fu sicura che i due appena usciti si fossero
allontanati abbastanza, si avvicinò alla sedia che fronteggiava il moro e si sedette sfilando
via il ventaglio dalla sua sicura e appoggiandolo al tavolo.
Sasuke la guardò in faccia, ma Temari l'aveva inquadrato anni prima, quindi sostenne
quegli occhi neri anche se sapeva che l'Uchiha non ci vedeva bene in quel preciso istante.
Gli esami di Tsunade parlavano chiaro, Sasuke era stato a tanto così dal diventare cieco
quando era stato catturato che gli shinobi presenti all'evento non avevano neanche avuto il
coraggio di colpirlo a morte. Poi era arrivato Ibiki.
- Ti fa male la testa?- quello sollevò un angolo della bocca, Temari roteò gli occhi al soffitto
- Lo so che ti fa male, scommetto che Sakura non ha smesso di blaterare un attimo da
quando è entrata.- ancora nessuna risposta - Lo sai cosa succederà oggi? No, perchè gli
ANBU che sono la fuori, - e indicò la finestra alle sue spalle con il pollice - sembrano tutto
fuorchè svegli, magari hanno dimenticato di dirtelo, sempre che con te ci parlino e sempre
che tu esca da quella porta almeno cinque minuti, sai, per respirare...- Parli troppo.117
- Tu non parli affatto.- sghignazzò - Scommetto che il marcio che c'è dentro la tua testa si
espanderà fino alla tua lingua, un giorno di questi.- appoggiò casualmente il gomito sul
tavolo - Oggi si decide se vivi o muori, comunque.- Hn, non ti fai mai sconvolgere tu.- Non c'è nessun motivo per essere sconvolte,- biascicò - è un dato di fatto, so già qual è il
tuo destino Uchiha.- raddrizzò la schiena - Non sei per niente dispiaciuto? Per il tuo TEAM
intendo.- Non è il mio TEAM.- Allora non ci sarà nessuno che piangerà sulla tua tomba, domani?E finalmente Sasuke Uchiha la guardò sul serio - Sei rumorosa per essere una shinobi.- Piantala Uchiha, non hai il diritto di tenere coltelli in casa, mangi con le posate di plastica
da un anno e mezzo, non fare l'eroina rinascimentale.- oh, si, vedeva i muscoli facciali del
morbo contrarsi, sicuramente voleva ucciderla.
Però non aveva più tempo, pensò quando si accorse che l'alba era sorta. Abbassò gli occhi
sul tavolino per qualche minuto, pensando se quello che stava facendo fosse giusto o
sbagliato. Anche i condannati a morte hanno diritto ad un ultimo desiderio, e, pensando
questo, appoggiò la fiala che aveva appena pescato dalla sua tasca sul tavolo. Sasuke guardò
prima quella e poi lei - E' veleno.- sembrava un tantino sorpreso - Non voglio averti sulla
coscienza, ma non voglio neanche vederti vivo, perchè non hai mai chiesto di essere capito
o graziato o tutte queste stronzate. Oggi i Kage si riuniranno e,- guardò la fiala - se non ti
vedo arrivare dirò che sei un soggetto instabile, che non merita fiducia e mio fratello sarà
contro di te, gli altri Kage meno Tsunade lo seguiranno, ma quando gli ANBU entreranno
qui, tu sarai già morto. Almeno avrai la soddisfazione di non essere stato ammazzato dalle
persone che professi di odiare. Ma se verrai,- alzò le mani - non avrò nessun motivo per
buttarti nella fossa.- si alzò dalla sedia, risistemò il ventaglio e lo guardò ancora - Ti sto
facendo un favore, Uchiha, un giorno ti chiederò di pagarmelo.[Era appena entrata nella stanza e si trovò davanti una scena umanamente insostenibile.
Cinque Anbu con le maschere ancora addosso che picchiavano l'Uchiha. A calci. Lo stavano
prendendo a calci e non c'era traccia di Ibiki e Sasuke non si muoveva, accidenti.
Agì d'istinto, non ci pensò neanche a dire la verità, e prese uno degli Anbu per i capelli e lo
scaraventò dall'altra parte della stanza, attirando su di sè l'attenzione degli altri che, però,
una volta che l'ebbero guardata in faccia, non mossero un singolo muscolo. Temari si chinò
immediatamente sull'Uchiha. Non respirava.
Mentalmente buttò giù tutti i Santi del cielo, ma con voce ferma chiamò la kunoichi che,
sentito il trambusto, era entrata. Le chiese se avesse qualche nozione sulla respirazione
artificiale e quella annuì, terrorizzata dallo sguardo freddo e impassibile che Temari le
rivolse - Se non riesci a fare forza,- e guardò con scetticismo le esili braccia della ragazza usa i pugni.- In... che senso i pugni?- Dagli dei colpi sul petto con il tuo pugno. Forti, intesi?- cercarono di rianimarlo per due
minuti buoni, Temari era razionale ed efficiente, non pensava neanche che, accidenti, stava
praticamente baciando la persona che, fino a quattro giorni prima, non aveva avuto corpo e
nome, per lei. Sapeva solo che non era giusto, no, nessuno aveva ordinato a quegli Anbu di
picchiare il nukenin e nessuno aveva mai veramente pensato a quel tipo di soluzione per
farlo parlare.
E se fosse stato un tentativo per farlo parlare, magari Temari non sarebbe stata così
incazzata, quei calci non erano stati dati per senso del dovere, ma per puro piacere
personale. L'Uchiha non aveva potuto difendersi e non era giusto. Perchè non respirava,
comunque?, forse, prima dei calci, se l'erano giocata con qualche tecnica?
118
La kunoichi che Temari aveva richiamato, vedendo che non ottenevano nessun tipo di
reazione, alzò il pugno per aria e lo calò con tutta la forza di cui disponeva, inglobando un
po' di chakra sul suo pugno chiuso e colpì la parte sinistra del petto, il corpo di Sasuke si
scosse e Temari ebbe appena il tempo di allontanarsi dalla sua faccia che l'Uchiha
sputacchiò saliva mista a un po' di sangue, girandosi un po' su un lato.
A quel punto, dato che la sua vita non era più in pericolo, Temari si alzò proprio quando
Ibiki entrava, seguito a ruota da alcuni shinobi che non facevano parte del corpo speciale
degli Anbu. L'uomo le scoccò uno sguardo interrogativo, ma la sua attenzione era tutta per i
cinque Anbu responsabili di quel macello - Qualcuno vi ha ordinato di prendere a calci
quest'uomo?- e indicò l'Uchiha che, in quel preciso istante, si issò sui gomiti per mettersi in
una posizione più dignitosa - Se si,- continuò Temari - voglio sapere il suo nome, così
l'Uchiha non sarà l'unico ad essere condannato per tradimento.- nessuno dei cinque Anbu
rispose e la bionda sentì la rabbia ribollire nelle sue vene.
Fosse stata la sua città, fosse stata sotto gli ordini di Gaara, Temari non si sarebbe fatta
scrupoli e li avrebbe uccisi senza neanche chiedere, perchè era quello che Gaara le avrebbe
ordinato di fare: non si prendevano a calci i nukenin che, ancora, non avevano spiattellato
tutte le informazioni che possedevano; non si rischiava di ammazzare un prigioniero,
chiunque esso fosse e qualcunque peccato avesse mai commesso, solo per divertimento.
Temari non lavorava così, non le piaceva vedere certe cose soprattutto da persone che,
ipoteticamente, avrebbero dovuto conoscere a memoria il codice dei ninja.
Aspettò che qualcuno di loro aprisse bocca, aspettò davvero, ma quelli chinarono la testa.
Chinarono. La. Testa. Non era a lei che dovevano chiedere scusa. Schioccò la lingua al
palato e si rivolse agli shinobi che stavano al fianco di Ibiki - Arrestateli.- quando
tentennarono, Temari rilasciò un respiro tremulo e li guardò con un'espressione
incommentabile, fragile quasi.
Ibiki si avvicnò a Temari e le mise una mano sulla spalla - Farò rapporto all'Hokage...- Vado a parlarci io con l'Hokage.- sibilò fulminandolo con lo sguardo - Tutto questo è colpa
tua. Dov'eri? Il tuo compito era quello di stare qui e cercare di farlo parlare, perchè,
Morino, non c'eri?- Lui non è l'unico da interrogare.- Ma ha la priorità anche sulla tua vescica.- sputò tra i denti e indicò con un movimento
secco del capo l'Uchiha - Lo voglio in ospedale tra cinque minuti, considerati fuori da
questo incarico, tu e la tua squadra siete stati solo in grado di farlo morire per tre minuti,
roba che neanche Orochimaru.- Solo l'Hokage può toglierci l'incarico.- sbottò un tizio alto quanto un albero secolare, ma
Temari sorrise.
- Esattamente.Tsunade era talmente infuriata che niente era riuscita a calmarla. Tutta quella situazione
stava velocemente scadendo nel ridicolo. Anbu che picchiavano un nukenin che ancora non
aveva aperto bocca?, ma stiamo scherzando?!
Aveva mandato tutti a quel paese, Ibiki compreso, ma almeno lui aveva riconosciuto i suoi
errori e non gli dispiaceva neanche tanto essere stato estromesso da quell'incarico (era un
sentimentale, in fondo, e si ricordava veramente Itachi, ma ricordava anche il Sasuke
dodicenne, dolorante per il marchio che gli era stato inflitto e nonostante tutto pieno di
talento). Sasuke era stato sistemato in una stanza dell'ospedale lontana dagli altri pazienti,
davanti alla porta non più Anbu, ma i cani di Kakashi se non Hatake stesso, ma l'Hokage
non aveva ancora trovato una soluzione al mutismo di Sasuke. Detta in maniera spicciola:
erano alla frutta.
Per questo Temari si era offerta di trovare una soluzione accettabile che consisteva in una
sedia, un tavolo, Tsunade, Sasuke e Shikaku. Lei avrebbe ascoltato (nel caso in cui l'Uchiha
119
si fosse fatto intelligente) e registrato ogni parola.
Riguardo al salvataggio dell'Uchiha, Temari aveva chiesto a tutte le persone presenti di non
farne parola con nessuno, Uchiha soprattutto, pena la castrazione.
Comunque, dopo molte sedute con l'Uchiha (che aveva veramente bisogno di ben altre
sedute -- dallo psichiatra) e molti nulla di fatto, erano riusciti ad arrivare ad un
compromesso. Il Consiglio faceva pressione su Tsunade da quando l'Uchiha era stato
riportato a Konoha, ovviamente volevano la sua testa su un vassoio platinato, ma Tsunade
era riuscita, in qualche modo, a prendere tempo. Sasuke sapeva perfettamente che, se
avesse spiccicato una sola parola, nulla avrebbe più salvato la sua testolina (aggiungere
orgoglio Uchiha, rabbia cieca verso ogni abitante di Konoha perchè, fottuti loro, suo fratello
aveva sacrificato la sua vita e la sua famiglia e tutto il resto per salvaguardare la loro pace
interiore... dannando quella sua per l'eternità e non stava neanche entrando nei particolari)
quindi no, non avrebbe aperto bocca.
- Sasuke,- lui continuò a guardare oltre le spalle della donna, sentiva la sua ombra bloccata
da Shikaku che se ne stava comodamente appoggiato alla parete, dietro di lui per ogni
evenienza, mentre la bionda (ricordava fosse la sorella di Sabaku no Gaara... Kazekage... la
sua memoria aveva un sacco di buchi, accidenti) di Suna se ne stava accanto all'Hokage e lo
guardava dritto negli occhi nonostante lui non guardasse da nessuna parte in particolare posso levarti dai piedi il Consiglio, per ora.- quasi sghignazzò, erano veramente alla frutta
per arrivare a quello, pensò il moro - Ma non pensare che sarà facile, nel caso in cui
decidessi di parlare.Non parlò più, probabilmente stava aspettando una sua reazione - Hn.Tsunade prese un respiro - Pretenderanno i domiciliari, non so per quanto tempo, e non
potrai usare nessun tipo di arma. Le tue abilità saranno sigillate per tutto il tempo in cui
starai in casa, ma questa è un'ottima cosa, Sasuke, i tuoi occhi sono troppo stressati dopo
tutta la merda, scusate il termine, che gli hai fatto sopportare. Hanno bisogno di riposo,
quindi niente Sharingan, niente armi, in cambio non morirai... per ora.- lo guardò
tranquillamente - E, comunque, se deciderai di parlare, saremo solo io e te.Lui assottigliò gli occhi e la guardò - E come vuole tenermi fermo?- Con chi credi di stare parlando, pulce?-]
Stava violando così tante regole che, se l'avessero scoperta, l'Uchiha non sarebbe stato
l'unico a crepare l'indomani, ma Temari era una faccia di bronzo, nessuno avrebbe capito
niente a meno che il morbo non avesse fatto la spia, cosa che sicuramente non avrebbe
fatto. Temari non conosceva ogni buco dell'Uchiha, ma sapeva che era orgoglioso e
superbo. Che onore c'era nel dire che una donna gli aveva dato la possibilità di scegliere?
La sua opinione sul morbo, comunque, non cambiava. Meritava di morire, non c'erano
giustificazioni. Orochimaru non l'aveva obbligato a seguirlo, Itachi era solo la punta
dell'iceberg secondo Temari.
A suo parere (e li aveva letti i fascicoli riguardanti gli Uchiha, tutti) nessun assassino
meritava di morire tanto quanto l'Uchiha. Quel ragazzo era stupido e nichilista, un ateo
materialista che non aveva il diritto di camminare su quella terra.
Si, lo odiava, ma i suoi fottuti amici avrebbero smosso mari e monti per salvargli il culo
ancora una volta. Non erano bastate le urla di Naruto contro Tsunade-sama, non erano
bastate le lacrime di Sakura quando Ibiki aveva trascinato l'Uchiha via dall'ospedale e non
erano bastati gli sguardi schifati degli altri verso chiunque mostrasse astio nei confronti del
moro. A quel punto era stato facile per Tsunade aggirare le decisioni del Consiglio e
posticipare quell'incontro nella speranza che un anno fosse abbastanza.
Non lo era ovviamente, Sasuke Uchiha non era mai stato una persona facile, e se non era
120
mentalmente stabile quando suo fratello era ancora vivo, come poteva esserlo ora che
quello stesso fratello imputridiva per mano sua?
Certo che non era abbastanza e la prima psichiatra che Tsunade aveva chiamato era corsa
via piangendo. Il secondo aveva cercato di ammazzare il morbo, assicurandosi un bel po' di
tempo in gattabuia. Il terzo non si capiva ancora come facesse a sopportare l'Uchiha, ma
forse era più pazzo del suo paziente.
Temari chiuse strettamente gli occhi.
Aveva pensato molto prima di prendere quella decisione, dare la possibilità di scegliere
all'Uchiha, e non negava che quell'azione la faceva sentire potente, ma aveva pensato anche
alle due scelte che l'Uchiha avrebbe potuto prendere.
Vivere o morire.
Nel primo caso non c'era nessun problema: il morbo si presentava davanti ai kage, lei
affermava che era guarito (e gli altri che erano stati chiamati per dare un giudizio avrebbero
detto la stessa identica cosa solo per non incappare nell'ira funesta di più jonin) e i kage
avrebbero deciso di conseguenza. Erano state preparate due versioni opposte della cartella
clinica, tutto dipendeva da Sasuke: se si presentava ai kage sarebbe stata mostrata la
cartella bella, se no quella brutta (che era pure quella ufficiale) e fine della fiera.
Il secondo caso era più complicato, perchè se l'Uchiha si ammazzava lei non avrebbe avuto
il tempo di entrare in casa sua e far sparire la fiala; gli ANBU non erano stupidi, avrebbero
controllato i registri delle visite e il cerchio si sarebbe chiuso su Naruto, Sakura, lei e
Kakashi, infine avrebbero controllato chi di loro fosse stato vicino ai laboratori tanto da
fregare una fiala di veleno e sarebbe saltato fuori il suo nome. Tanti saluti alla carriera e alla
vita.
Non c'era da stupirsi se sperava che l'Uchiha facesse la scelta giusta.
La bionda kunoichi guardò dritta davanti a sè senza neanche sbattere le palpebre, forse era
un modo per distrarsi e non pensare a quello che sarebbe potuto succedere se il morbo
avesse scelto di suicidarsi. Pensò alla rabbia di Gaara e al conseguente conflitto (perchè
nessuno metteva a morte la sorella del Kazekage senza crepare per primo), pensò alla
delusione sulle facce dei suoi amici.
Non pensò a Shikamaru visto che lui avrebbe fatto la stessa identica cosa se fosse stato al
posto suo (forse l'avrebbe fatta un po' prima ad essere sincere). Invece iniziò a pensare a
quello che avrebbe detto e si rese conto che le veniva meglio la prima (quella bella che
vedeva il morbo sano e salvo e tutti felici e contenti meno lei), non si chiese perchè. Era
umana anche lei dopotutto e nonostante tutto non voleva davvero avere sulla coscienza
quel tipo di persona. Una persona che si batteva solo per cause personali non era degno di
essere chiamato ninja, e in quella terra, in quel mondo e in quel paese se non eri un buon
ninja eri feccia.
Si scontrò con suo fratello Gaara un'ora prima dell'incontro. Il Kazekage indossava la sua
veste ufficiale, Temari chinò leggermente il capo in segno di riconoscimento.
Ovviamente a Gaara non fece nessun effetto, non la salutò neanche - Spero che le cose
vadano bene.- le disse nel bel mezzo del corridoio.
- Andranno bene, le guardie sono in posizione e i confini sono sorve...- Parlavo di te.- Ah.- Mh.Tossì portandosi il pugno chiuso (con troppa forza) alle labbra - Si, vanno bene. Tutto va
bene, andrà-va, tutto bene, si.Gaara non fece nessun tipo di espressione, si limitò ad osservare i suoi pugni chiusi e poi
sollevò un angolo della bocca - Sono certo che sarà-è così.La stava scimmiottando, per caso?
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Lo sapeva. Lo sapeva. L'Uchiha si era ammazzato e lei era morta.
Fantastico, meraviglioso, esaltante. Tanto valeva trovare il ponte più vicino e fare un bel
salto.
Stavano aspettando l'Uchiha. Che era in ritardo. Un ritardo lungo -- circa quindici minuti.
Temari già lo vedeva violaceo e morto sul tatami di casa sua.
Orribile.
E lei stava inspiegabilmente tremando, tremando dentro. Ansia. Di nuovo. Accidenti.
Gaara la stava guardando, Tsunade la stava guardando, a suo parere pure i muri la stavano
guardando e piano piano le sue ginocchia cominciarono a cedere. Kami se aveva bisogno di
Shikamaru, cazzo.
Respirò profondamente mentre i quindici minuti diventavano venti, poi venticinque,
trenta... si sentiva il cappio al collo. Uno dei consiglieri tamburellò le dita sul lungo tavolo,
un altro lo seguì, Tsunade tossicchiò e Gaara scivolò un po' sulla sedia mentre Kankuro,
dietro di lui, cercava di nascondere lo sbadiglio.
Tic-tac; tic-tac.
Andiamo Uchiha, non puoi essere morto, pensò, facendo un sorriso di circostanza allo
shinobi che le stava di fronte. Ansia.
E, una volta scoccati i quaranta minuti di ritardo, uno dei consiglieri aprì la bocca Evidentemente questa riunione non ha importanza per il tuo pupillo, Tsunade.L'Hokage fece per ribattere, ma in quel momento le grandi porte si aprirono e... Temari
quasi strillò, perchè l'Uchiha non era morto. Grazie al cielo.
- Scusate,- ansimò un Anbu - abbiamo avuto un piccolo, ehm, contrattempo.- chiamato
Uzumaki Naruto aggiunse mentalmente.
- Bene!- cinguettò l'Hokage - Cominciamo!Il Consiglio grugnì con disapprovazione.
- Sabaku.Ora, cosa voleva l'Uchiha da lei?
- Cosa vuoi?Quel ghigno, quel fottuto ghigno insopportabile... oh, se lo voleva uccidere - Sono immune
ai veleni.Cosa?!, cazzo si era bruciata un'occasione per chiedere dei favori all'Uchiha. Merda.
- E per quel favore,- le bisbigliò molto vicino all'orecchio e si, sembrava un serpente, che
schifo - vedi di chiederlo il più in fretta possibile, mi hai fatto o no quella respirazione bocca
a bocca?Lo ammazzava!
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Capitolo 18: Màmà!, poi me la sposo io zia Ino!?
Le ragazze di Suna crescono più in fretta;
a Suna, la percentuale di belle ragazze era così alta da far paura;
le ragazze di Suna non avevano bisogno di spendere una fortuna in lampade e trattamenti
per la pelle -- loro avevano il sole... e l'aloe vera in abbondanza;
le kunoichi di Suna erano le più pericolose della terra del fuoco -- erano forti, aggressive,
furbe e non si facevano problemi a mettere in mostra più pelle del solito se la situazione lo
richiedeva;
le rispettabili cittadine di Suna, la maggior parte delle quali kunoichi, non conoscevano il
significato delle parole 'discrezione', 'gentilezza', 'tolleranza' e 'umiltà', infatti erano le
combattenti più seccanti sulla faccia della terra, capaci di strangolarti nel sonno ed erano in
grado di farti capire con pochi, studiati gesti che la distanza tra l'amore e la violenza era
minima.
Per dirla spiccia un uomo avrebbe dovuto baciare la terra sulla quale camminavano.
Per loro fortuna Shikamaru e Shirai avevano da tempo rinunciato a cambiare Temari nella
speranza che il tempo facesse il suo lavoro; ma cosa poteva fare il tempo contro una donna,
kunoichi, di Suna, moglie e madre, sorella di Sabaku no Gaara e, dettaglio irrilevante, dura
come il diamante?
Giusto, assolutamente nulla.
Si, Temari non era la stessa, era cambiata. Cresciuta e maturata non poteva più permettersi
di fare il bello e il cattivo tempo, era una donna con dei solidi principi come tante, che
prima di andare a lavoro preparava la colazione per la sua famiglia, che si faceva il mazzo
tanto per far quadrare le cose in ufficio e che si sbatteva il doppio di chiunque altro perchè
lo stesso Hokage si fidava di lei ad occhi chiusi.
Era una donna rispettata, a Konoha avevano imparato a volerle bene e a fidarsi, nessuno
metteva in dubbio la sua buona fede nonostante avesse aiutato l'Uchiha a restare,
nonostante avesse un trascorso complicato e nonostante non fosse nata a Konoha.
Sotto sotto Temari non si era mai abituata a quel tipo di riconoscimento, non era una sua
priorità farsi voler bene da tutti, non le interessava ed aveva accettato quelle attenzioni non
ricercate con una stoica rassegnazione.
Le ragazze di Suna crescono più in fretta, una frase non era mai stata così vera e tangibile
quando riferita ad un villaggio e ai suoi abitanti in generale.
Temari era tutto, ma non facile. Non era neanche difficile a dire il vero, era solo più
complicata di altre; non era unica visto che di ragazze come lei, con un passato come il suo,
ne esistono in ogni luogo.
Si, complicata era l'aggettivo giusto. Costretta a crescere con il solo aiuto del suo sensei,
costretta ad aver paura del suo fratellino e obbligata a tenere insieme i pezzi dell'altro
fratello che non avrebbe voluto altro che andare da loro padre e piangere ed essere
accettato come il bambino che era.
Cresciuta troppo in fretta... molte ragazze vantavano quel fatto, vantavano una maturità che
in realtà non esisteva, parlavano di vita, di decisioni prese con coscienza, svilivano chi, a
differenza loro, aveva un supporto. E in realtà era l'invidia che le faceva parlare, invidia di
quella bambina lì che se ne andava via dall'accademia in braccio a suo padre, invidia di
quell'altra che parlava con sua madre. Gelosia per quei fratelli che litigavano per una
caramella e poi facevano pace senza neanche chiedersi scusa.
Essere cresciuta troppo presto non era un vanto, non per lei, non quando quella crescita era
stata un'ancora di salvezza, perchè se non cresceva lei, chi l'avrebbe fatto?
Temari non augurava a nessuno di crescere in fretta, perchè il fatto di essere già mature a
quindici anni non significa non commettere errori, non significa essere protetti dal dolore.
Lei aveva commesso errori così gravi che certe volte si chiedeva come facesse suo fratello
123
Gaara a non ammazzarla.
Lui era stato il suo primo errore, quello che bene o male non ti scordi più perchè è così
radicato dentro te che proprio non ce la fai a dimenticarlo. Lei aveva ignorato il suo stesso
fratello. Non aveva pensato a lui, ne aveva avuto timore, un terrore così forte che era stato
difficile ammettere di avere il suo stesso sangue nelle vene.
Lo aveva guardato, si, sempre, aspettandosi un attacco alle spalle, credendolo il male
incarnato per la maggior parte della loro vita. Lei, la sorella maggiore.
Avete idea di cosa significa essere la più grande? Lei non parlava di numeri e degli anni che
la separavano dai suoi fratelli. Lei parlava di fratellanza vera. Avrebbe dovuto proteggere
suo fratello Gaara non perchè era l'elemento debole della catena, ma perchè era suo
fratello, semplice, ma non l'aveva fatto; avrebbe dovuto aiutarlo, parlare con lui anche a
costo di farsi spezzare le ossa da quella sabbia maledetta.
Ironicamente aveva accettato suo fratello solo quando Gaara si era appoggiato a lei, sfinito,
distrutto, ma una colpa resta sempre una colpa e il pensiero di non essere stata in grado di
alleviare le colpe di Gaara -- anche con un semplice gesto, una parola, un 'buongiorno' -l'aveva uccisa e la uccideva anche adesso che Gaara era un uomo.
Gli era devota non perchè era capo del suo villaggio, non come un ninja è devoto al suo
credo. Aveva messo la sua vita nelle sue mani ben sapendo che Gaara era anche più
complicato di lei, ma forte nella certezza che suo fratello avrebbe smosso mari e monti per
salvarla.
Gaara era morto. Era ritornato, va bene, ma era...
Sapeva solo che non sarebbe riuscita a sopportare la morte di uno dei suoi fratelli, anche il
solo pensiero la riempiva di una paura anche più grande del terrore stesso.
Temari sapeva che sarebbe stata in grado di uccidere a sangue freddo chiunque avesse
attentato alla vita della sua famiglia.
Per questo non le interessavano i complimenti degli altri, per questo essere accettata da
Konoha non era niente. Konoha l'accettava per quella che era adesso, e il passato dove lo
mettevano?
Le sue colpe dove erano finite?
Sembrava che l'unica a ricordarsi di lei come nemica fosse la Yamanaka, l'unica ad averla
accettata soprattutto per il suo passato. Lei, Ino, del suo passato aveva visto tutto, aveva
ficcato le sue mani dentro la sua testa e Temari non aveva potuto far niente se non
sopportare e sopportare e sopportare. Ino, che della vita vera conosceva ogni colore, l'aveva
mandata al diavolo subito dopo aver frugato nel suo cervello.
Lucida, dritta al punto, facile da decifrare. Temari si era chiesta come una donna come Ino
fosse in grado di guardarla con il suo stesso orgoglio. Non aveva mai chinato la testa,
neanche davanti l'assoluta certezza che Temari era forte tanto quanto qualsiasi altra donna
e, quindi, tanto quanto lei.
Ino, la ragazzina dei mille limiti, l'unica che l'aveva guardata per quello che era. E chi
l'avrebbe mai detto?
Ino, la donna che aveva messo in riga suo fratello Kankuro, lei, la zia adorata dai suoi figli.
Ino Yamanaka, la più bella di Konoha, civettuola ma lucida, onesta e...
- Per le palle di tutti i Kami, come accidenti ti sei vestita?!Scassaballe.
- Chiudi il becco gallinaccia!Non che Temari fosse da meno, chiaro.
- Ma... ma... - gesticolatrice professionista per la gioia di tutti gli uomini - Non vorrai
presentarti così spero!- Smettila di strillare accidenti!- Temari si chiedeva come facesse Ino Yamanaka ad avere
un così grande apparato vocale in una gola così piccola, fragile e facile da tranciare.
- Se tu mi facessi la grazia di essere meno alternativa non strillerei!124
- Ma vaffanculo!- Eh no, eh, col cavolo che mi fai da damigella vestita in questo modo!- Il sentimento è reciproco!, non precederò mai una meringa scaduta! Hai messo il cotone
nel reggiseno, vero?Quella ebbe almeno la decenza di arrossire - Vai a cambiarti!- Non darmi ordini!- E' il mio matrimonio!- Sarà il tuo funerale se non la smetti di gracchiare!- Sei vestita di nero!- strombazzò pestando i piedi e desiderando la morte istantanea della
sua futura cognata.
Temari ringhiò sventolando le braccia in aria - E come credi mi sarei dovuta vestire? Stai
condannando mio fratello ad una vita ignobile!La (quasi cadavere) sposa le piantò il suo bel dito medio (fresco di manicure, attenzione)
davanti la faccia - Dovevi metterti il vestito che io ho scelto per il mio matrimonio!- E' blu!- ringhiò quasi tirandole una scarpa dal tacco dodici in testa.
- Deve piacere a me!- Vai a farti fottere cornacchia!- Cornacchia?- era così congestionata dalla rabbia che il suo vestito minacciava di
esplodere, insieme a lei ovviamente - Senti balenottera, o ti cambi o io pianto tuo fratello
seduta stante!Temari spalancò le fauci, pronta ad ucciderla.
Fuori dalla porta si era formato un gruppo di idioti, terrorizzati dalle urla i ragazzi non
osavano neanche bussare alla porta per avvertire la sposa che la cerimonia stava per
cominciare e che Kankuro era sull'orlo di entrare in quella stanza e tirarle fuori per i capelli,
vestite o meno.
Gaara guardava con molto interesse il soffitto, sua nipote Aiko in braccio che mordeva la
stoffa (costosissima) del suo completo e ci sbrodolava sopra (aveva già cinque anni, ma non
appena la mettevano in braccio a lui ridiventava una neonata per chissà quale motivo -Temari diceva che la bambina lo vedeva come un antistress...) e suo nipote Shirai attaccato
alla cintura (nel vero senso della parola, una piccola quantità di sabbia lo teneva
letteralmente incollato ai pantaloni dello zio, visto che il bambino aveva minacciato di far
cadere il lucernario in testa a tutti quanti e Yoshino, consapevole che suo nipote era capace
di far venir giu il cielo, aveva pagato -- con i soldi di suo marito ovviamente -- Gaara per
tenere il pupo buono) che scalciava e sibilava parole che un bambino di dieci anni non
doveva assolutamente conoscere.
Naruto aveva posizionato un bicchiere sulla porta ed era intento a dare il meglio di sè con
un orecchio appoggiato al bicchiere (anche se non c'era bisogno del bicchiere per sentire
quello che le due cretine si stavano urlando contro, ma siccome Naruto aveva il pallino
della spia...), Sakura lo stava giustappunto trucidando con lo sguardo.
Il padre della sposa era sparito con Shikaku e Choza mezz'ora prima (sicuramente, aveva
detto Yoshino, si erano infilati in un bar a bere sake per far riprendere Inoichi, depresso da
morire per quel matrimonio), la stessa Yoshino aveva mandato tutti a quel paese ed era
andata a fare compagnia allo sposo per esasperazione.
Shikamaru sfumacchiava in libertà accanto ad un Choji delirante perchè a stomaco vuoto,
mentre Sasuke teneva fermi i suoi figli con sguardi al limite dell'umana sopportazione. I
gemelli malefici sbuffavano in sincronia, picchiettavano i piedi sul pavimento e mostravano
un atteggiamento scazzato che era un amore guardarli, mentre il più piccolo si strofinava gli
occhi, morto di sonno, e si teneva vicino a suo padre stringendolo per i pantaloni.
In quel momento qualcosa dentro la stanza andò in pezzi.
125
- Oca!- Balena!- Meringa!- Vuoi metterti questo vestito si o no?- Baciamelo amaca!Oh mamma...
Shirai ridacchiò mentre tutti gli altri iniziavano a perdere la pazienza. Gaara si liberò del
peso di Aiko mettendola giu, la bambina si rassettò a gonna del vestitino e poi si fece
prendere in braccio da Choji.
Il Kazekage si avvicinò alla porta in due falcate, Shirai che arrancava per non inciampare,
spinse Naruto di lato e bussò con delicatezza estrema (la porta quasi si scardinò)
sconvolgendo quasi tutti.
Evidentemente la pazienza di Gaara era stata messa a dura prova - Voi due,- il silenzio che
seguì gli fece capire che lo stavano ascoltando - smettetela. Temari, cambiati. Non è una
richiesta e se non vuoi che tuo figlio si ritrovi con una mano in meno...- Shirai spalancò la
bocca e gli pestò un piede - Esci immediatamente.- detto quello che doveva dire si eclissò
portandosi dietro il nipote, terrorizzato a morte, ma con ancora la forza di lamentarsi.
Dentro la stanza Ino guardava con molto interesse il pavimento mentre Temari si
adoperava alacremente nell'obbedire al suo Kazekage dispotico.
Non era il vestito in sè il problema. Era un bell'abito, senza spalline fasciava tutta la parte
superiore del corpo per poi cadere morbido fino ai piedi, nessuna pailettes, nessun
Swarosky. Semplice, elegante. Blu. Questo era il problema.
Temari odiava il blu con passione infinita. Ironicamente era il colore preferito di Ino.
Con uno sbuffo seccato si avvicinò alla futura sposa, dandole le spalle non appena fu
abbastanza vicina. Non le disse una parola, neanche quando Ino l'aiutò a tirare su la
cerniera, Temari strinse subito i denti - E' stretto.- Deve essere stretto.- bofonchiò quella roteando gli occhi al soffitto - Non lamentarti
balena, te l'avevo detto di mangiare meno, ora non scassare.- Spero di crolli una trave in testa.- sibilò quando Ino le sistemò un fermaglio orribilmente
femminile tra i capelli che Temari aveva lasciato liberi dai codini per quell'occasione.
Ino picchiettò leggermente le dita sul fermaglio, poi sorrise - Tra meno di mezz'ora saremo
parenti.- Fottiti.- I tuoi figli mi chiameranno zia.- Kami, aveva un sorriso diabolico quella lì - E i miei figli
chiameranno te zia.- Mamma che orrore.- afferrò con stizza il pacchetto di sigarette lasciato lì dalla sempre
previdente Yoshino, se ne accese una sotto lo sguardo divertito dell'amaca.
Tirò profondamente, l'aria si tagliava con il coltello - Non sei incinta vero?- Non sono mica stupida!- ridacchiò in risposta, poi si fece seria, guardando Temari
intensamente come quando le aveva frugato nel cervello (cosa segreta a tutti, neanche
Shikamaru lo sapeva, il che era tutto dire), forse, pensò la Sabaku, non era stata poi una
cattiva idea permetterglielo.
- Eri nervosa quando hai sposato Shikamaru?Temari ciccò in un posacenere - No.- Davvero?- aveva il sopracciglio destro inarcato ed era chiaro che non ci credeva.
La Sabaku roteò gli occhi al soffitto - Eravamo già una famiglia, non avevamo bisogno di
sposarci. Shikamaru è mio marito da molto più di due anni.Ino annuì, carpendo l'importanza di quelle parole che sulla bocca di Temari non
sembravano altro che frasi dette tanto per occupare la lingua. Aprì la bocca, ingoiando
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l'ossigeno e poi si passò un dito sotto l'occhio sinistro, gli occhi puntati sull'orlo del suo
vestito - Io mi sto facevendo la pipì addosso.- Ti prego no.- Non so neanche perchè lo sto facendo...Temari si picchiò una mano sulla fronte - Yamanaka, avresti dovuto avere questa
crisi ore fa!- Guarda me e guarda lui... e se andasse tutto male?- Yamanaka sei in ritardo per la crisi di panico!- sbottò sospingendo la cretina su una
poltrona e ficcandole la sigaretta in bocca - Tiè, rilassati, respira, sospira, pensa al sesso
dopo la cerimonia.Ino tossì il fumo che aveva inalato, ma continuò a fumare senza neanche toccare la sigaretta
con le dita, Temari si schiaffò di nuovo una mano sulla fronte quando la ragazza cominciò a
ridacchiare - Yoshino!- strombazzò - Sakura!- Lo sai? Io e Kankuro non abbiamo mai fatto sesso...- e scoppiò di nuovo a ridere.
Temari chiuse strettamente gli occhi - Io, privata del sesso da due anni, ma ci credi?continuò Ino.
La Sabaku prese la porta, la spalancò e si trovò davanti l'Uchiha, Naruto, suo marito e suo
suocero. Shikaku battè ciglio quando lui e Naruto vennero afferrati per il bavero della
camicia e tirati dentro la stanza.
- Aggiustatela!- ululò puntando il dito su Ino che ora stava fottutamente piangendo! - Io
vado a ripescare le vostre infide mogli perchè col cazzo che questa ritorna a casa senza una
fede al dito!- raccolse la gonna del vestito, in modo da lasciare le sue gambe libere di
correre - Vedete di farla divertire, non m'interessa come! Potete anche abbassarvi le
mutande e fare la danza della banana sbucciata, ma fate qualcosa!- e sparì lasciandosi
dietro un'Ino in lacrime da panico, uno Shikaku mortalmente tediato e un Naruto con un
enorme punto interrogativo sopra la zucca.
- Cos'è questa cosa della banana sbucciata?- chiese il biondo, circondando le spalle tremanti
di Ino con le braccia, ottenendo così l'effetto opposto, infatti la ragazza pianse ancora più
forte.
Shikaku sbuffò - Ti sembro una banana?, non rispondere, ti prego.Rimessa in sesto la sposa grazie ad una serie di schiaffi (tanto il trucco era rimasto
miracolosamente intatto e nessuno si sarebbe accorto dell'eccessivo rossore delle guance)
alla Yoshino, il matrimonio riuscì ad essere quantomeno iniziato tra singulti e piagnistei.
Temari fumava dalle orecchie, non poteva fare respiri profondi perchè rischiava di
strappare il vestito, suo fratello Gaara si era rifiutato di liberare Shirai, il che era un bel
problema visto che il pupo non la smetteva di scalciare, e suo marito era felice come una
Pasqua mentre lei soffrira le pene dell'inferno.
Dello stesso avviso erano tutte le altre donne presenti. Chi minacciava un'emicrania per
colpa dell'acconciatura e delle forcine che sembravano voler bucare le loro teste, chi si
muoveva a scatti a causa dei tacchi che facevano tremare a tutte, indistintamente tutte, le
caviglie.
Temari cercava di stare ferma il più possibile anche se i suoi allenati polpacci minacciavano
la resa mentre le sue caviglie non la smettevano una attimo di tremare.
Ino si era rimessa a piangere quando aveva realizzato che si era sposata, Kankuro era
arrossito, bofonchiato e sudato. Le foto erano state una tortura, i bambini erano stati una
tortura.
Finite le foto di rito gli sposi erano spariti (i maiali) e gli invitati si erano tutti diretti nel
giardino dietro il Palazzo dell'Hokage dove la cena avrebbe preso luogo. Soliti convenevoli
anche lì, i pargoli che scalciavano per andare a giocare facendo venire i capelli bianchi a
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tutti.
I più saggi si erano liberati delle cravatte, molte donne avevano partecipato al lancio del
tacco rischiando di ammazzare qualcuno, in linea di massima dovevano solo restare vestiti
fino al ritorno degli sposi e poi chi s'è visto s'è visto...
Temari si accostò a Sakura e TenTen, sedute ai bordi della fontana nel giardino dell'Hokage
con i piedi a mollo per evitare che gonfiassero, Temari le imitò subito raccogliendo la gonna
del vestito fin sopra le ginocchia e buttando quasi le scarpe oltre il muro - Aaaaaaaah.buttò la testa indietro, deliziata - Non vedevo l'ora di liberarmi!- A chi lo dici, guarda qua!- Sakura sollevò un piede dall'acqua e Temari vide tutte le dita
arrossate - Mi serve un fisioterapista...TenTen ridacchiò - Io sono contenta, per Ino dico.- Si fotta l'amaca!- sibilarono in coro Sakura e Temari.
- Dico solo che adesso mancano solo Lee, Kiba e Shino, poi saremo tutti accasati.Sakura le scoccò uno sguardo ironico - E tu sei sposata da quanto?- l'altra ebbe la decenza
di arrossire - Quando deciderai di prendere lo Hyuuga per la gola sarà sempre troppo
tardi.- E' complicato.- bofonchiò.
- Uccidi Hyuuga senior.- ah, viva la pace.
Shirai, liberatosi dallo zio a forza di calci negli stinchi, trotterellò da loro con Aiko che gli
correva dietro - Màmà, l'Uchiha grande mi rompe!Il sibilo seccato del morbo fece accapponare la pelle al pupo che, voltando appena il capo,
se lo trovò dietro.
Il delinquente sorrise mettendo in mostra i suoi incisivi - Ciao santino!Scoppiarono tutte a ridere mentre Aiko si sedeva tra Sakura e sua madre, che se la mise
subito in braccio sapendo che sua figlia era capacissima di buttarsi a pesce nella fontana.
L'Uchiha disse a tutte che se volevano potevano andare ad arenarsi all'ombra dove il buffet
stava per cominciare. L'uso del verbo 'arenare' non sfuggi a nessuna, infatti l'Uchiha sparì
subito dopo averlo detto.
Sakura sospirò - Meglio che vada a controllare quei mentecatti...- si riferiva ai suoi figli Sono capaci di sbafarsi un intero tavolo di fritture.- Ti seguo.- bofonchiò Temari - Shirai mi prendi le scarpe?, Aiko non mi strapazzare il
vestito e per l'amor dei Kami dove ti sei rotolata, mh?Shirai saltellò accanto a sua madre dalla fontana al buffet, delirando come suo solito di cose
sceme mentre faceva volare in aria le scarpe di sua madre per poi riprenderle e
ricominciare da capo.
- Màmà, lo sai che Lee-san non si è tolto quella tutina verde che mette sempre? L'ha fatta
vedere a tutti poco fa! Ce l'ha sotto il vestito! E lo sai che zia Ino si è messa a piangere
quando io le ho fatto gli auguri?, mi ha detto che sono bellissimo!- e gonfiò il petto come un
pavone - Màmà, poi me la posso sposare io zio Ino?Temari si riprese le scarpe - Vuoi farti male?- Non mi faccio male io!Aiko gonfiò le guance - Bugiardo.Suo fratello aprì la bocca, letteralmente sconcertato - Io non dico bugie!Aiko sorrise - Bugiardo, bugiardo, bugiardone, bugiardo!- canticchiò.
- Ora le prendi!- strombazzò alzando i pugni.
Temari contò fino a due, non era mai stata una donna paziente - Smettetela tutti e due.- Ma ha cominciato leeeeeeeeeeeeeh...- si ritrovò sollevato a mezz'aria, un braccio gli
circondava lo stomaco e lo teneva ben saldo contro un fianco, il pupo guardò con un
broncio tenerissimo il suo assalitore, che altri non era che suo padre, e sbuffò - Ciao pà.Shikamaru sbuffò il fumo - Hai finito di gridare?- Io non grido!128
- Bugiardo!- Smettila tu, cretina!- Se non la smetti ti riporto a casa.- disse suo padre in quel suo modo calmo che faceva
salire i nervi alla mamma.
Un momento di silenzio, Shirai pensò e pensò e pensò - Va bene...- e lo disse come se stesse
facendo a suo padre un grandissimo favore - Ora mi metti giu?, mi viene da vomitare...Aiko scappò via quando suo fratello fu in grado di camminare, ma Shirai aveva ben altro da
fare, infatti si eclissò in direzione del vino, dove l'Uchiha stava, suo padre lo seguì con lo
sguardo mentre Temari si rimetteva le scarpe - Ha fatto il bravo fino a poco fa...- bofonchiò
una volta che sua moglie si raddrizzò, inarcò un sopracciglio e la guardò da capo a piedi Sei sempre più bassa di me.- Ti pianto un tacco in fronte.- Brucia eh?- E comunque non sono io che sono bassa...- bofonchiò passandosi una mano sulla gonna
del vestito che si mosse come un'onda attorno a lei.
Shikamaru le afferrò un ricciolo con la punta delle dita, sorrise alla sua espressione curiosa
- Sei bassa, Tem, fattene una ragione.- Non ci credo che stai qui a sindacare sulla mia altezza, quanti anni hai, dodici?- Come ti suona la parola 'invidia'?- Come ti suona la parola 'divorzio'?Lui buttò la testa indietro e rise, le passò la mano tra i capelli, ravvivandoli, poi le accarezzò
la nuca con gesti misurati fatti per rilassarla, Temari si abbandonò a quel tocco e sospirò
chiudendo gli occhi - Mi piace come hai sistemato i capelli.- sussurrò.
- Mhmh, ringrazia tua madre.- Anche il vestito mi piace...Lei fece una smorfia - E' blu e non mi fa respirare.Shikamaru si avvicinò e le circondò i fianchi con le mani, saggiando quella morbidezza che
gli apparteneva - Ibiki, Kakashi e Konohamaru non ti tolgono gli occhi di dosso.- le
bisbigliò all'orecchio.
- Oh?Lui schioccò la lingua al palato - Già.- Allora dovrò andare a salutarli, non credi?- Muoviti da qui e non risponderò delle mie azioni.Lei allontanò il volto dal suo petto e sghignazzò - Oh, ma quanto siamo gelosi.- Non sono geloso.- Bugiardo.- Dico solo che sei mia moglie.- e si scrollò nelle spalle.
- Ahah, quindi staresti marcando il territorio?Shikamaru sorrise ampiamente - Per quello basta nostro figlio, guarda...- e quando lei si
girò, vide il pupo che sgridava quei tre, le mani sui fianchi e un'espressione da eroe
rinascimentale sul viso. Shirai diede un calcio alla gamba di Konohamaru che, oltraggiato,
si mise a correre per inseguirlo.
Temari chiuse strettamente gli occhi, mentre suo marito scoppiava a ridere. Figlicidio.
Per grazia dei Kami riuscirono a far sparire gli infanti. Per essere più precisi l'anima buona
di Iruka ebbe pietà dei loro cervelli e decise di raggruppare i bambini ed organizzò un
servizio di animazione provvidenziale con la somma indignazione di Shirai e la venerabile
indignazione dell'Uchiha grande che di vedere i suoi figli comportarsi come plebei non ne
voleva sapere manco a pagarlo in natura; era nata una discussione senza fine, il povero
Iruka insisteva sul fatto che a tutti i bambini piacevano palloncini, palle e palline e cose che
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facevano rumore,mentre Shikamaru e Sasuke continuavano a lamentarsi dicendo che, nel
caso ad Iruka fossero scoppiate le palline, non volevano essere considerati responsabili
delle azioni dei loro rispettabili eredi.
L'insegnante era brutalmente arrossito e si era accontentato della presenza degli elementi
meno irascibili, dopo di che aveva osservato i due papà trascinare via per il collo i loro
scalcinanti figli, pensando che la paternità era una cosa da non prendere sotto gamba.
Ino era stata felicissima di riavere Shirai a tavola, il bambino aveva un modo di fare che la
faceva ridere e visto che comunque Gaara non era tipo da chiacchere, era stata contenta di
avere almeno una persona logorroica accanto -- Shirai per l'appunto.
Il pupo si era seduto tra la sposa e lo sposo, tutto ghignante ed elettrizzato, aveva ignorato
gli sguardi assassini di suo zio Kankuro e quelli seccati di sua madre, pensando che era un
vero e proprio onore sedere al tavolo dei grandi già a dieci anni.
Sotto il suo sedere erano stati sistemati tre cuscini, ma questo perchè il tavolo era
esageratamente alto, non perchè lui non arrivava ad appoggiarci i gomiti sopra!
- Màmà, me lo pulisci il pesce?- sua madre gli prese il piatto senza rispondergli, presa
com'era a ciarlare con il suocero.
Il pupo mosse ritmicamente i piedi e tamburellò le dita sul tavolo, Ino gli scompigliò i
capelli - Dov'è tua sorella?- Nuota con i pesci.- Shirai...- la voce di suo padre gli fece incassare la testa nelle spalle.
Ma che orecchie aveva? Uffa, uno non poteva neanche scherzare!
- Voglio dire che gioca con...- corrugò la fronte alla ricerca di un termine appropriato - i
marmocchi, si.Suo zio Kankuro ridacchiò per poi spiaccicargli la sua manona sulla testa, rovinandogli i
capelli e mandandolo quasi a faccia in giu sul tavolo - Si, noi qui abbiamo un vero e proprio
gigante!Il pupo gli scoccò un'occhiataccia ed imbronciò le labbra - Tu sei più basso del mio papà.- Compenso in altre cose.- ghignò quello, Ino arrossì e tossicchiò, Shirai non comprese, ma
pensò che suo zio si riferisse al cervello, quindi ridacchiò pure lui e prese a fare battute sul
cervello minuscolo di suo zio fino a quando sua madre non gli piazzò il piatto (con il pesce
ora pulitissimo, senza una lisca o altro) davanti. Solo allora si dedicò alla sacra attività del
tenere occupate le fauci mentre i grandi continuavano a ciarlare tra un boccone e un sorso
di vino bianco.
Shikaku ascoltava con l'orecchio destro quello che Temari gli diceva e con il sinistro quello
che gli diceva sua moglie, mentre gli occhi sorvegliavano sua nipote che in quel momento
stava giocando con la figlia di Naruto accanto agli annaffiatoi, fatti spegnere per evitare
qualsiasi incidente. Osservò la figlia di Ibiki separarsi dal gruppetto per infilarsi dietro un
cespuglio... forse aveva perso qualcosa.
Shikamaru, che il pesce lo sopportava poco visto il tempo che uno ci metteva per togliere le
lische, si era sbafato tre bistecche alla faccia di chi ingrassava al solo pensiero e ora
guardava il cielo con un braccio attorno la sedia di Temari e l'altro su quella di Choji.
- ... Comunque non mi sono preso tanti giorni,- stava dicendo Kankuro - solo una
settimana.- Kami, potevi approfittartene!- lo rintruzzò sua sorella - Nessuno ti avrebbe detto nulla.- Come no, mio suocero mi vuole morto anche quando lavoro, figurati cosa mi farebbe se gli
portassi via sua figlia per più di una settimana!Ino fece una smorfia - Mio padre non ti vuole morto...- Hai ragione,- cinguettò giulivo - mi vuole solo venti metri sotto terra.- sua moglie roteò gli
occhi al cielo e ritornò a mangiare - Stronzate a parte...- Ino tappò le orecchie a Shirai - Ma
cosa tappi a fare?, questo qui è mio nipote, ha imparato il linguaggio dei veri uomini a sette
anni!130
- Il linguaggio dei cavernicoli, intendi.- sibilò Temari sorseggiando il suo vino con fare
distratto - Comunque sei un cretino.- Concordo.- sussurrò Ino - Io volevo prendermi almeno due settimane...- Donna saggia.- Che rottura...Shikamaru si accese una sigaretta - Lascia perdere micio, è una partita persa.- Ha parlato quello che si è preso un mese intero...- ridacchiò il suo migliore amico mentre
Kankuro annuiva veementemente.
- Sotto minaccia,- tirò socchiudendo gli occhi - e quei giorni mi spettavano, quindi finitela.- Solo perchè sono ligio al dovere non significa che sono stupido.Ci fu chi si strozzò col vino (Ino), chi trattenne le ghignate (Shikaku, Temari e Yoshino) e
chi si limitò ad un silenzio pieno di significati (Gaara, Shikamaru e Choji), costringendo
così il neo-sposo a sbuffare e chiudere lì in discorso onde evitare ripercussioni di ogni tipo,
anche perchè suo nipote aveva finito di mangiare ed era meglio trovargli un'altra
occupazione prima che desse aria all'ugola.
Qualcosa tipo lo sgozzamento...
- Màmà, posso bere un po' di vino?- No.- Però lo fanno tutti...- E tu no.- Che palle!Ci mancò poco che sua madre allungasse le mani per strozzarlo - Modera il linguaggio.sibilò, invece.
- Ma Kyosuke e Ryo lo stanno bevendo!- piagnucolò indicando i gemelli che, effettivamente,
stavano bevendo di sgamo mezzo dito di vino, sotto il permesso di loro padre ovviamente.
- Ti sembro Sasuke io?- No, infatti sei peggio!- suo padre sollevò un angolo della bocca a quella frase, mentre sua
madre sembrava prossima al travaso di bile - E dai, solo un dito!- No, Shirai.- Ma perchè?!Ino prese ad accarezzargli la testa sotto lo sguardo disgustato di suo marito - Sei ancora
piccolo.- Eh, io lo voglio comunque!- che logica...
A quel punto Shikamaru spiazzò tutti e gli mise davanti un bicchiere con un filo di vino
dentro, il pupo esultò tutto felice e, una volta bevuto, quasi lo risputò - Che schifo!- uscì la
lingua, incrociò gli occhi e pretese un bicchiere d'acqua.
- Dovrei rompertelo in testa!- sbraitò sua madre, ma lui se ne fregò altamente e decise che
ne aveva abbastanza dei grandi.
Saltò giu dalla sedia e trotterellò verso sua sorella e Karen, immediatamente anche Kyosuke
e Ryo si staccarono dai santi pantaloni di Sasuke e tutti furono più felici.
Si... fino a quando gli annaffiatoi non si riaccesero magicamente.
Mirai uscì dal cespuglio fischiettando, mentre Shirai ululò al mondo la sua opinione,
facendo sbiancare i capelli di suo padre e suo nonno per quel linguaggio da scambista.
Solo pochi eletti si bagnarono sul serio, Shirai era riuscito a tirare via sua sorella appena in
tempo ed aveva pagato il suo gesto eroico bagnandosi tutti i pantaloni; ora se ne girava in
mutande mentre sua nonna lo inseguiva. Aiko si era fatta prendere in braccio da suo padre
quasi subito, lanciando sguardi seccati a destra e a manca, aveva pure dato un calcio in
testa ad uno dei gemelli che ovviamente era andato a lamentarsi da chi di dovere.
Sasuke si era avvicinato a Shikamaru con un bicchiere pieno fino all'orlo di vino rosso in
mano, gli aveva fregato una sigaretta e se l'era accesa mentre Ryuichi gli rompeva l'anima
perchè anche lui voleva essere preso in braccio.
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Piuttosto mi sniffo il pepe, pensò il morbo accendendosi la sigaretta e facendo subito una
smorfia perchè detestava fumare, lui, ma la situazione lo richiedeva (guardò Shirai cadere
di culo, rialzarsi e cominciare a saltellare canticchiando una tarantella), decisamente.
- Tuo figlio è...- Ubriaco.- Stavo per dire stupido.- tirò leggermente e piantò la mano sulla zucca di suo figlio per
tenerlo fermo almeno due secondi.
Aiko approvò accoccolando la testa sulla spalla di suo padre, Ryuichi la guardò con rabbia e
pestò i piedi - Papà!- lo disse con così tanta autorità che Sasuke chiuse strettamente gli
occhi.
- Dagli una botta in testa...- bofonchiò il Nara.
- Pensavo a di fargli un bagno nel vino.- grugnì cedendo alla richiesta di suo figlio - Non
puoi rompere a tua madre eh?- Nah.- Figlio scemo.- Prrr!Al momemto dei saluti anche Temari si lasciò sfuggire una lacrima mentre abbracciava suo
fratello. Sperava che in un modo o nell'altro lui avrebbe capito quello che non era stato
detto, in un certo senso sperava pure di vederlo più felice di lei.
- Ti voglio bene.- Lo so.- Non metterla incinta.- Ok.- Fai il test per l'AIDS, mi raccomando.- ... - ora però stava esagerando!
- E usa tutte le protezioni possibili e immaginabili.- Smettila.- Niente sesso orale, quella te lo...- Temari!- Guarda che se vuoi un testicolo in meno sono sempre e comunque cazzi tuoi!Kankuro sospirò - Quanto sei premurosa...- Sappi che puoi annullare il matrimonio se eviti di farci sesso.- Ehm...- Lo sapevo!- grugnì stritolandolo nel suo abbraccio, recitando perfettamente la parte della
sorella triste e sconsolata - L'avete già fatto!- Bè, è mia moglie...- balbettò.
Lei sorrise tutta zucchero e melassa - Condoglianze, palle di Kankuro!-
- Pà...- Mh?- Cosa è 'erezione'?132
- Chiedilo all''Uchiha.- bofonchiò, nella speranza che suo figlio chiudesse la bocca.
Ovviamente sbagliò i suoi calcoli, perchè tempo due secondi e Shirai era scattato verso il
morbo sotto lo sguardo sempre più allucinato di suo padre che per evitare una catastrofe gli
andò dietro, arrivando tardi.
- Hey, Uchiha, cos'è 'erezione'?Sasuke lo guardò con un ghigno diabolico dei suoi stampato sulle labbra, neanche Sakura
riuscì a tappargli la bocca - Pisello duro.- Eh?, ma si mangia?...
Capitolo 19: Life is a Cabaret!
[Le Disgrazie di Lei]
Chiunque da fuori poteva vedere la luce che si accendeva e spegneva, Aiko lo sapeva eppure
non riusciva nè a cambiare posizione nè a smettere di giocare con l'interruttore dell'abatjour. Luce, buio, luce e buio.
Aveva smesso di guardare l'ora da un bel pezzo, si rendeva conto che stare in quella
posizione (schiena curvata in avanti, testa appoggiata alle ginocchia unite e attaccate al
petto) per così tanto tempo non era salutare, sicuramente la mattina non sarebbe neanche
riuscita a fare un passo, non che ne avesse tutta questa voglia, avrebbe sabotato
l'allenamento.
Accesa, spenta, click-clack. Anche il suo pollice protestava e lei avrebbe tanto voluto
mandare a quel paese pure lui.
Non stava neanche pensando, che ne sapeva di cosa le stava accadendo, non era successo
niente, non aveva niente per giustificare quella voglia di non dormire e di accendere e
spegnere la luce. Sul serio, non aveva litigato con nessuno, neanche con l'Uchiha e cosa
accadeva? Tornava a casa e tutto le era sembrato improvvisamente così pesante ed
insopportabile. Erano cinque giorni che si sentiva così, accidenti.
Anche la faccia di suo fratello era orribile, la voce di sua madre fastidiosa e i mugugni di suo
padre non avevano fatto altro che peggiorare la situazione. Si era chiusa in camera sua per
paura di poter dire qualcosa di veramente ingiusto. Odiava non sapere le cose, soprattutto
quelle che la riguardavano personalmente perchè a lei dei fatti degli altri fregava
relativamente poco.
Avrebbe voluto uscire e camminare scalza in giardino, ma suo padre sarebbe morto
d'infarto nel vederla in quello stato, per non parlare delle spiegazioni che avrebbe dovuto
dargli.
Non lo sapeva cos'aveva, non ne aveva la più pallida idea e sicuramente sarebbe suonato
troppo strano alle orecchie di suo padre, suonava strano persino alle sue, di orecchie.
Respirò profondamente e cercò di deglutire il nodo che le bloccava la gola. Forse era
metereopatica, forse era solo cretina, magari era metereopatica-cretina e pazza perchè non
sapeva neanche perchè accendeva e spegneva la lampadina.
All'alba era ancora nella stessa identica posizione, la lampadina si era fulminata e le saliva il
vomito ogni volta che pensava di alzarsi dal letto.
Lo giurava, se era una di quelle crisi adolescenziali di cui aveva tanto sentito (s)parlare,
uccideva qualcuno.
Le fortune di avere per madre Sabaku no Temari erano molteplici, in quel preciso istante
133
Aiko stava ammirando con quanto savoir faire sua madre fosse riuscita a buttare fuori di
casa marito&figlio, non che il suo umore fosse migliorato, anzi, provava l'istinto
irrefrenabile di mettersi a strillare ogni volta che qualcuno le chiedeva/diceva qualcosa; sua
madre, comunque, sembrava aver capito l'antifona e non le rivolgeva la parola da almeno
diciassette ore.
Comunicavano a sguardi e tanto bastava.
Non si era presentata all'allenamento, Chojiro era entrato in camera sua dalla finestra per
assicurarsi che stesse bene ed era quasi morto soffocato dal cuscino che lei gli aveva
sbattuto in faccia con tanto amore; Neji-sensei aveva fatto sapere a suo padre che la
prossima volta sarebbe stato lui ad entrare dalla finestra e che un cuscino di sicuro non
l'avrebbe salvata dal suo fato. L'Uchiha, al solito suo, giocava a fare il VIP (ovvero: faceva
finta di essere completamente indifferente alla sua assenza, ma nel frattempo faceva
domande made-in-Uchihas a Chojiro) causandosi solo un gran mal di testa.
Shirai poteva giurare di aver visto Moscio-Moscissimo (perchè secondo lui il mini Uchiha
non sarebbe mai riuscito a far funzionare il pistolino -- e non sapeva quanto si sbagliava)
bighellonare vicino casa loro (gli Uchiha, aveva detto loro madre, non bighellonano da
nessuna parte, semmai strisciano lasciando dietro di loro litri di bava verdastra) come
un'anima in pena (anima?, aveva continuato Temari con una sghignazzata ironica).
A lei non fregava un tubo.
No, ok, un po' le importava, ma non così tanto da uscire di casa per appurare che
l'informazione di Shirai fosse fondata oppure no, non era così disperata.
Comunque sembrava che, per Aiko, stare a casa fosse la migliore cura. Si, stare in panciolle
per tutta la mattina a non fare assolutamente niente era un ottimo toccasana, infatti poteva
dire con tranquillità assoluta che avrebbe potuto vivere in quel modo per l'eternità. Non
avrebbe risolto il problema (che ancora non aveva identificato, ma aveva quindici anni e
aveva tutto il diritto di sentirsi diversa, fuori dal mondo, incompresa, stanca e,
soprattutto, depressa) standosene sul divano, ma almeno non era invasa da istinti
omicidi/suicidi.
Tra l'altro le facevano un male cane la pancia, la schiena e le gambe sembravano fatte di
gelatina, come se gli innumerevoli allenamenti non fossero serviti a nulla.
Verso le quattro di pomeriggio cominciò a sentirsi veramente male, non riusciva neanche a
muoversi e non si accorse neanche di sua madre china su di lei che le tastava la fronte.
- Sei gelata.Lei invece sentiva caldo e freddo allo stesso tempo, magari stava covando una bella
influenza (la finestra della sua camera era rimasta aperta tutta la notte dopotutto) e tutti
quei crampi al ventre erano le reazioni del suo corpo. Decise di andare in bagno visto che la
nausea non stava affatto diminuendo e non voleva costringere sua madre a fare
l'infermiera.
Si sciacquò la faccia e la bocca sperando di lenire i fastidiosi brividi senza apparenti
risultati, a quel punto tanto valeva espellere tutto quello che c'era da espellere anche se non
le scappava assolutamente niente.
E la risposta era lì. Ovviamente non nel water ma sulle sue mutande. Le scappò una
bestemmia crudissima e maledisse i suoi genitori per averla fatta femmina.
Scappò in camera sua di volata, pescò un paio di mutandine pulite ed entrò nel bagno dei
suoi genitori. Lavarsidovevalavarsi.
La ricerca di un assorbente normale fu alquanto tragicomica (come diavolo faceva sua
madre ad infilarsi quei cosi?, Kami c'erano pure le istruzioni e i disegnini che schifo!), ma
alla fine ne pescò uno spesso un dito e con le ali.
Uscì dal bagno guardandosi il sedere, rischiando di rompersi l'osso del collo.
Ora che il Problema era stato scoperto, doveva trovare un rimedio per far passare i dolori.
Quando entrò in cucina sperò con tutta se stessa che sua madre fosse uscita ed ovviamente
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non lo era.
Uhn, ora doveva dirglielo per forza. Accidenti.
Temari stava bevendo il suo caffè delle cinque meno venti quando sua figlia si sedette a
peso morto sulla sedia davanti a lei - Stai megl...- Mi sono venute le mestruazioni e sto morendo di dolore.- Ah.- sbattè ritmicamente le palpebre, ma si alzò subito dirigendosi verso il mobiletto che
conteneva tutte le medicine.
- Già.- Sappi,- disse Temari pescando una scatoletta - che non è colpa mia. Tuo padre ha messo il
semino, tuo padre voleva una femmina, tuo padre, chiaro?- Si, ok, papà, me lo ricorderò.- Congratulazioni, tesoro.- e sghignazzò in allegria - Non vedo l'ora di dirlo a tuo padre e a
tuo nonno!- Prozac, mi serve del Prozac.[Le Disgrazie -- molto più grosse -- di Lui]
Guardava Kin dormire con un fiume di pensieri in testa. Nessuno dei quali intelligente o
anche solo degno di essere considerato tale. Aveva appoggiato la schiena alla testata del
letto, si era infilato i boxer cercando di fare il meno rumore possibile, poi aveva iniziato a
guardarla; non con quegli sguardi che tipicamente si fanno dopo del buon sesso (c'era
quello dell'ebete, quello del 'mi serve una sigaretta', quello del 'ne voglio ancora' e la lista
proseguiva fino ad arrivare allo sguardo della soddisfazione più primordiale), la fissava
quasi confuso, come se non fosse certo di aver fatto quello che aveva fatto, come se in realtà
non gli importasse.
Ogni maschio ha una percentuale di bastardaggine, chiunque ce l'ha, chi più chi meno.
Shirai era sempre stato convinto che la sua percentuale non arrivasse ai quaranta, ora
sapeva che era molto, molto più alta di un misero quaranta.
Non si era mai reputato un bastardo, un po' stronzo lo era com'era giusto che fosse (lui
diceva che era normalmente stronzo come sua madre, suo zio, l'altro suo zio...), ma
bastardo...
Credeva di averci fatto l'amore con Kin. Il fatto che per lei fosse la prima volta aveva come
innescato un qualcosa nel suo cervello molto simile al possesso, poi però se n'era
completamente dimenticato, non era un tipo che dava molta importanza a certi dettagli. Se
lei voleva e desiderava perdere la verginità con lui, Shirai sicuramente non aveva niente in
contrario, ma oltre a quello... non erano mica fatti suoi!
Tra l'altro lui non considerava la verginità un valore. Non era un valore, era un dato di
fatto, era un qualcosa che c'era dalla nascita e che prima o poi sarebbe andato via. A
quindici, a venti a quaranta, chi se ne fotte, ad un certo punto della vita la perdiamo tutti la
verginità. Secondo lui non era un concetto puramente anatomico, ma anche mentale. Un
quarantenne con tutte le stronzate che aveva visto e fatto in vita non poteva considerarsi
vergine anche se ce l'aveva ancora chiuso nel cellophane.
No, Shirai non dava importanza alla verginità -- non aveva considerato importante la sua,
di verginità, figuriamoci quella di qualcun altro --, perchè erano altre le cose importanti.
Con Kin, comunque, era stato diverso. Le andava dietro da anni, ci aveva provato mille e
mille volte rischiando di essere ammazzato da Kiba ogni due-tre, ma lei era una fortezza
inespugnabile... in tutti i sensi.
In accademia le avevano affibbiato il nomignolo di 'profumiera', perchè, dicevano, la faceva
odorare e poi andava via. Ora, lui non l'aveva mai odorata (non la sua e mai fino a quella
sera), ma il nomignolo calzava.
135
E se ne fregava di risultare volgare, seriamente, aveva avuto le palle così gonfie che era stato
difficile anche dormire senza far qualcosa per... avete capito.
Kin era diversa perchè Shirai le voleva davvero bene.
Bene.
E qui entrava il fattore 'bastardaggine'. Ora che tutto era finito, ora che lei dormiva, Shirai
non provava assolutamente niente.
Era un fottuto bastardo, si sarebbe preso a pugni da solo.
Si era reso conto di aver confuso l'amore con il semplice desiderio adesso che l'aveva illusa.
Kami...
Tornare a casa era stato un calvario, non aveva sollevato gli occhi da terra neanche per un
momento e aveva tenuto la schiena piegata in avanti per tutto il tragitto, completamente
distrutto dal senso di colpa.
In casa aveva trovato Aiko che farfugliava epiteti a faccia in giu sul tatami e suo padre che
sfumacchiava in allegria davanti una tazza di caffè fumante. Sua madre, per sua fortuna,
non c'era.
- Ciao.- disse a voce abbastanza alta perchè anche sua sorella lo sentisse - Mamma?- A comprare gli assorbenti.Il disgraziato (da poco promosso a bastardo) inarcò entrambe le sopracciglia e aprì il
frigorifero, ne tirò fuori una lattina di birra (doppio malto, così gli veniva sonno e non
pensava a niente) che poi poggiò sul bancone tanto per avere una scusa di stare così vicino
a suo padre - Non era in menopausa?- Se, magari...- roteò gli occhi al soffitto e ghignò divertito - Sono per tua sorella.- Ah,- prese un lungo sorso di birra - che sfiga, ora ne abbiamo due.- Guarda che ti sento!- Tappati le orecchie se non ti sta bene, nana!- si leccò le labbra guardando ovunque tranne
che a suo padre - Non dovevi andare in missione?- E' stata cancellata, perchè, ti serviva la casa vuota?Lui ghignò sollevando appena gli occhi, sperando di ottenere un effetto " Sono troppo cool"
(in realtà la sua era una povera imitazione dello sguardo che Sasuke offriva al mondo
quando si parlava di sesso fra marito e moglie) che, ovviamente, si trasformò nell'effetto
"Sono troppo scemo" in meno di un secondo - Non ho bisogno di avere la casa vuota per
fare quello che mi pare.- anche questa era una cosa molto Uchiha da dire, sisi.
Evidentemente sui Nara aveva l'effetto opposto (di solito orde di donne urlanti si
riversavano nelle strade ogni volta che uno degli Uchiha se ne usciva con un frase del
genere) visto che suo padre scoppiò quasi istantaneamente a ridere - Mhmh, infatti è
tornato adesso perchè ieri notte aveva così tanto da fare...- giunse la replica di sua sorella,
sollevatasi giust'ora dal tatami per andare alla ricerca di un'aspirina.
- Senti pupa...- Chiamami di nuovo pupa e te lo frullo.- sibilò uccidendolo con lo sguardo.
- Oddio, ti sono venute davvero!- lei gonfiò capricciosamente le guance visto che suo
fratello era una roccia e non veniva mai toccato da nessuna delle
cattiverie/minacce/stronzate che lei gli urlava dietro.
Era svilente non riuscire a litigare con una persona proprio quando avevi bisogno di
sgolarti...
Li mandò tutti e due a quel paese sventolando in aria un suo bel dito con l'unghia
mangiucchiata, per poi uscire dalla finestra come una ladra tanto per fare la drama-queen
come ogni adolescente mestruata che si rispetti.
Shirai ridacchiò a manetta fingendo di non notare lo sguardo di suo padre (che sembrava
tanto quello di un cane pronto a mordere) puntato come un kunai avvelentao sulla sua
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faccia - Ho parlato con Kiba.Oh, lui odiava i parenti delle regazze, li odiava, specialmente gli zii delle ragazze che lui
frequentava o aveva frequentato (che anche adesso lo guardavano come se lui avesse
violentato le loro rispettabili nipotine).
- Si?- Mi è piombato addosso quando sono andato a buttare la spazzatura.- Che cosa romantica...- sorseggiò lentamente la birra - Quindi?- Quindi un cazzo Shirai, ne ho abbastanza di avere a che fare con le tue grane...- bofonchiò
seccato.
Lui arricciò il naso e trattenne una risposta sgarbata per amor di pace - Non sono io che mi
creo problemi, se lui è geloso di sua nipote sono fatti suoi, non miei.- E' sua nipote e ha tutto il diritto di interessarsi a lei.- Fino a prova contraria non mi sono invintato da solo a casa di Kin.Suo padre sbuffò sonorosamente - Conoscendoti direi che sei pure entrato dalla finestra...- Dopo che lei mi ha invitato.- puntualizzò.
- Shirai...- Vuoi davvero parlare della mia vita sessuale?A quel punto suo padre diventò, non a caso, un cane - Non sono un tuo amico, non so
ancora quante volte dovrò ripetertelo perchè tu lo capisca, ma ne ho fin sopra i capelli delle
tue minchiate! Non m'interessa la tua vita sessuale, avrei vissuto benissimo sapendoti
ancora vergine, e non m'interessa se Kin ti ha invitato o meno in camera sua!- suo figlio
incassò la testa nelle spalle e arrossì d'imbarazzo come suo solito - Mi rompo i coglioni
quando qualcuno viene da me a scassare per colpa tua, questo m'interessa, mi spiego o no?lo disse in tono perentorio, definitivo quasi, e Shirai intuì che non gli necessitava
rispondere - Hai ventun anni, vuoi essere indipendente e le studi tutte per farmela sotto il
naso, ma la prossima che capita e ti giuro che come ti ho creato ti faccio sparire.- Va bene.- E da quando puoi bere davanti a me?- ... scusa, non lo faccio più.Parecchie ragazze a Konoha avevano pensato che formare fan-club di vario genere sarebbe
stato carino; nel corso degli anni i sunnominati fan-club si erano moltiplicati come
pane&pesce, visto che i bisogni e le esigenze di quelle sclerate erano molteplici e, più di
tutto, invasati.
Prima anche il quotidiano di Konoha era considerato un giornale serio, pieno di
informazioni utili per chiunque volesse sapere di più riguardo la situazione
sociopoliticaindustriale della Terra del Fuoco, ma le fenz erano riuscite a farsi dedicare uno
spazietto dopo notti di appostamenti davanti la redazione (che si trovava proprio accanto al
Palazzo dell'Hokage) e altrettante notti di cori da stadio che avevano fatto impazzire
negozianti, gatti e fatto piangere rampolli di buona famiglia.
Qualcuno giurava di aver visto Minato Uzumaki dare testate ad un muro, altri si
scommettevano dita di mani e piedi quando dicevano che anche uno degli Uchiha era stato
visto bofonchiare nell'ombra come un imbecille.
Cavolate a parte, lo spazietto che era stato dedicato alle fenz, dove poteva trovarsi se non
alla fine del giornale? Due pagine piene zeppe di vaccate: una classifica di gradimento con
tanto di foto del contendente e commenti vari ed aventuali -- colui che arrivava primo
poteva considerarsi il ragazzo più bello/sexy/desiderato/hot di Konoha --; al vincitore, poi,
era dedicato un testo scritto preferibilmente dalla capa delle fenz, che mostrava al mondo la
sua bravura nell'usare aggettivi improponibili giustappunto riferiti al vincitore; e, inoltre,
c'era la pagina delle coppie, ovvero l'incubo di tutti i bravi ragazzi che aveva commesso
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l'errore di nascere belli o affascinanti; infine le fenz avevano saggiamente deciso di
commentare anche le ragazze che gironzolavano attorno i loro idoli, non importava se
suddette disgraziate erano solo le compagne di squadra o, addirittura, le sorelle del
fortunato, alle fenz non interessava un tubo e si esibivano in commenti al limite della
volgarità e, solo qualche volta, dedicavano parole di comprensione e dolcezza alle
disgraziate.
Quella settimana, manco a dirlo, il vincitore di quella cretinata era Shirai. Lui non sapeva
spiegarsi come una cosa del genere fosse potuta accadere (in vero lui vinceva sempre, gli
Uchiha, almeno in quel frangente, arrivavano sempre secondi... si, tutti insieme al secondo
posto, per non offendere nessuno, spiegavano le fenz), non che a lui importasse molto di
essere considerato il più bello di Konoha (il gruppetto di ragazze che lo seguiva ovunque
avrebbe dovuto fargli capire che essere bello era una cosa molto, molto pericolosa),
semplicemente non capiva come fossero riuscite quelle squinternate a fargli così tante foto
in una settimana sola.
Si, perchè del vincitore non venivano scoperti soltanto gli altarini, ma venivano a lui
dedicate (e rubate) foto su foto che poi venivano stampate e appese alle vetrine dei negozi.
Una volta Shirai aveva trovato la sua gigantografia (in quella foto lui stava bevendo il caffè
con un'espressione meditabonda in viso -- come riuscissero le ragazze a trovare sexy una
cosa del genere era un mistero) proprio accanto la faccia del sesto Hokage, sulla montagna.
Gli Uchiha l'avevano preso in giro ad oltranza, e continuavano ancora a farlo, mentre i suoi
genitori si erano limitati ad una scrollatina di spalle subito seguita da ghigni indecenti. Aiko
aveva dovuto sopportare le lagne delle fenz che la consideravano indegna di camminare
accanto al loro Dio, il fatto che lei e Shirai fossero fratelli non sembrava essere un dettaglio
degno di nota.
Comunque, vedere le sue foto ovunque nel villaggio non era certo quello di cui aveva
bisogno in quel momento.
Non appena uscì di casa riuscì appena a fare un passo fuori dal cancello che si trovò davanti
venti idiote truccate come ci si trucca per Carnevale e vestite peggio, tutte sorridenti e con
la bava alla bocca.
Il Nara incrociò le mani dietro la testa (loro sospirarono alla vista dei suoi avambracci e del
suo petto -- quest'ultimo era pure coperto) e sbuffò con impazienza - Questa è proprietà
privata.- strascicò senza guardarne nemmeno una (ottenne un'altra serie di sospiri,
evidentemente la sua voce era meglio degli avambracci).
- Volevamo chiederti...- cominciò quella che doveva essere la più cretina di tutte, ovvero la
capa - cosa ne pensi delle foto?- Niente.- quella scribacchiò qualcosa in un block-notes pieno di strass e porporina.
- E dell'articolo?- Non l'ho letto.- E...- Oh, ciao Uchiha!!- strombazzo guardando oltre le loro spalle.
Il gruppo si girò in sincrono con gli occhi a cuore, ma, quando misero a fuoco lo spazio
vuoto davanti a loro, sbuffarono (sempre in sincronia).
- Shirai-kun, stupidino, non c'è nessuno!Infatti quando si rigirarono, non c'era effettivamente nessuno.
[Le Loro Disgrazie, messe insieme, fanno un cabaret Life is a Cabaret, old chum, so come to the cabareeeeet!]
Aiko non fece una piega quando Yoriko (La capa) tentò invano di farla cadere dalle scale
due ore dopo. La giovane Nara si limitò a lanciarle addosso un kunai (che si piantò con
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molta grazia ad un millimetro dalla sua faccia, ma sfortunatamente colpì il muro dietro di
lei) che terrorizzò non solo il bersaglio mancato, ma anche l'innocente bambino che stava
giustappunto passando di lì.
- Sei pazza o cosa?!- gracchiò quella con le lacrime agli occhi.
- Mestruata, grazie.- e optò per un'uscita ad effetto, infatti saltò su un tetto e le fece ciaociao
con la mano.
Aiko prese a sbuffare a manetta una volta scesa, trovandosi così nella folla che riempiva le
strade, il rumore e, si, il mal di pancia. Trovò suo fratello mezz'ora dopo. Stava parlando
con Mirai e, dall'espressione che aveva in faccia, doveva trattarsi di una questione molto
seria, visto che la Morino lo stava ascoltando e di solito non lo faceva mai.
Si scrollò nelle spalle, decidendo che non le fregava assolutamente niente e che, se stavano
parlando di qualcosa che lei non doveva sapere, avrebbero comunque cambiato discorso
non appena lei si fosse avvicinata.
Mirai la guardò con la coda dell'occhio e subito Shirai distolse gli occhi dai suoi assumendo
un'espressione felice e spensierata - Wow, sei uscita! Che colpo nana!Fece finta di non averlo sentito - Una delle tue ammiratrici ha cercato di ammazzarmi poco
fa...- Perchè sei ancora viva?- replicò Mirai.
Seriamente, pensò Aiko, come faceva una ragazza come quella a sopravvivere in squadra
con suo fratello e Minato? Era di una negatività pazzesca, vestiva sempre di nero, teneva i
capelli cortissimi (quel giorno aveva scelto di alzarli tutti con il gel) e gli unici trucchi che
usava erano rossetto e mascara.
Era stata definita in un sacco di modi, da dark a depressa, da depressa ad assetata di sangue
e da serial killer e puttana, ma non importava in quanti modi la chiamassero, lei era troppo
in alto per esserne turbata.
Aiko preferiva definirla una snob, Mirai definiva Aiko una puritana. Era stato amore a
prima vista, si.
- Perchè tu non ti sei ancora tagliata le vene?- le disse incrociando le braccia sotto il seno.
Mirai sollevò un angolo della bocca e la guardò dall'alto al basso mentre Shirai decideva che
era cosa buona e giusta ordinare un caffè corretto per sua sorella - Io non ho problemi
tesoro,- sghignazzò, gli occhi scurissimi illuminati dal divertimento - a differenza tua. Come
sta Ryuichi?Colpita e affondata, incassò senza darlo a vedere - Perchè non me lo dici tu come sta? Ho
sentito che ti dai da fare...Mirai annuì, ma quando rispose fu come se Aiko non avesse detto una sola parola - Si, lo so
che tu dai molta importanza a quello che dice e pensa la gente. Non è per questo che non sei
ancora riuscita a combinare niente?, o vuoi dare ancora la colpa ad altri?- Sparisci.- sibilò socchiudendo le palpebre e stringendo i denti.
Mirai le si avvicinò e la giovane Nara notò che, nonostante i sei anni che le separavano, la
Morino era della sua stessa altezza. Nonostante questo, però, ogni volta che Mirai le era
così vicina Aiko sentiva come l'istinto d'incassare la testa nelle spalle, come se l'aria intorno
alla Morino fosse molto più pesante.
- Oi, Nara, la piccoletta è gelosa!- disse ad alta voce, dietro di lei Shirai sventolò una mano,
ma era troppo preso dal proprietario del bar per darle le dovute attenzioni, quindi Mirai si
chinò su di lei, facendola diventare di sale - Il tuo principe sta per entrare,- le sussurrò con
un tono irriverente e languido al tempo stesso - ci vediamo pupa.Kami, le era venuta la pelle d'oca...
- Ti dico che quella lì ha qualcosa che non va!Suo fratello sorseggiò la sua birretta senza dare molto peso alle sue parole, si limitava a
scandagliare il bar con quegli occhi verde scuro che si ritrovava, a volte salutava qualcuno,
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altre mandava gesti affettuosi a Ryuichi, seduto dall'altra parte del locale insieme a Minato
e Chojiro, che ovviamente ricambiava con altrettante carinerie.
- Mirai vuole solo divertirsi.- le rispose poco prima di chiamare un cameriere ed ordinare
un milkshake al cioccolato per Aiko che, tanto per fare la preziosa, roteò gli occhi e
bofonchiò 'non sono più una bambina, voglio la birra', ma suo fratello si limitò a ridere di
gusto e a lanciarle una pallina fatta con un tovagliolo.
- Dico sul serio!- Che non sei più una bambina l'ho capito, ma non sei maggiorenne, quindi stai buona.- Non parlavo di questo!- gemette chiudendo per un attimo gli occhi, spostò il ciuffo di
capelli che aveva davanti gli occhi da destra a sinistra e nel frattempo scoccò un veloce
sguardo al tavolo che le interessava.
Giocò per un po' con i braccialetti che aveva ai polsi, tirandoli e attorcigliandoli per
alleviare la tensione - Mi ha sussurrato all'orecchio...- strascicò imbronciando le labbra - E
mi ha chiamato pupa.- Sicuramente le piaci.Sua sorella strabuzzò gli occhi e lo guardò con la bocca aperta - Che cosa?!- Shh!- ridacchiò - Scherzo, scherzo, Mirai non è quello che pensi...- Mi ha sussurrato all'orecchio!Shirai prese un altro sorso di birra e giocò con i suoi capelli che ormai gli arrivavano ben
oltre le spalle - Si diverte così, che ci vuoi fare? Comunque posso dirti che non le piacciono
le donne.Ecco, questa era una delle cose che lei non avrebbe voluto sapere. Suo fratello era andato a
letto con la Morino, ma che bello!
Appena le portarono il milkshake affondò tutti i suoi dispiaceri nel cioccolato, di tanto in
tanto guardava verso Ryuichi, poi sospirava, lo riguardava di nuovo e sospirava ancora.
Era un concerto straziante secondo Shirai, visto che vedere sua sorella correre dietro un
coglione non era il suo passatempo preferito.
- Comunque eri da Kin ieri, giusto?- Si, ero da lei.- rispose dopo aver bevuto ancora.
- E...?- cercò di fare la vaga mescolando il contenuto del suo bicchiere, appoggiò un gomito
sul tavolo e si passò la mano tra i capelli che si riversarono da una spalla all'altra, ma i suoi
occhi tradivano una certa curiosità.
- E... non te lo dico.Non si scompose neanche - Allora l'avete fatto.Per poco lui non si strozzò con la birra e la guardò in cagnesco - Aiko...- Nii-chan...- canticchiò.
Shirai stette in silenzio per molto, così tanto che Aiko ebbe il tempo di finire il milkshake ed
ordinarne un altro. Lei capì che c'era qualcosa che non andava quando Shirai ordinò la
terza birra.
Lui non era tipo da birra, al massimo ne beveva una quando era in compagnia o quando a
casa non aveva niente da fare. A lui piacevano le cose forti, andava in brodo di giuggiole per
la grappa ad esempio, e per il gin. E il vino, qualsiasi vino.
- Non avete litigato, tu e Kin, vero?Lui si leccò le labbra e guardò immediatamente dall'altra parte - E' complicato.- Con te non c'è mai niente di complicato.- ringraziò il cameriere e guardò per un attimo il
suo secondo milkshake - Sei troppo semplice per le cose complicate...- bofonchiò pensando
che era lei quella che si faceva il bagno nelle complicazioni.
Kami, se Shirai era equilibrato, lei era un cocktail di eccessi e mancanze.
- Lo pensavo anch'io...- ridacchiò - L'ho fatta veramente enorme stavolta.Aiko si morse le labbra - Mh, qualunque cosa sia, anche se Kin è una mia amica...- guardò il
tavolo e arrossì - Io... se vuoi... accidenti...140
Suo fratello la guardò con un sorriso tenero stampato sulle labbra - Non sono così buono
come tu mi credi.- Lo so che non lo sei, però sei meno stronzo e bastardo degli altri. E sei mio fratello.- Anche se ti dicessi che sono andato a letto con Kin, ma non l'amo?Lei corrugò la fronte e distolse lo sguardo, puntandolo su Ryuichi che in quel momento
stava baciando una tizia sconosciuta, ma l'Uchiha aveva gli occhi neri puntati su di lei. Aiko
sentì l'acido raccogliersi sotto la lingua, pronto ad essere sputato, ma il suo self-control
decideva di funzionare nei momenti in cui lei aveva bisogno di salvarsi la faccia, infatti si
piantò un sorriso da iena sulla bocca e sventolò in aria il dito medio che Ryuichi accolse con
un sopracciglio inarcato.
- Saresti mio fratello anche se mi dicessi che sei andato a letto con Mirai, amandola.Shirai sorrise - Si?- Si, ma non me lo dire mai, il mio stomaco non è così forte!- Io al tuo posto,- le disse guardando anche lui l'Uchiha - gli avrei già tagliato tutto.- Zitto!, Kin potrebbe fare lo stesso con te, non tirarti addosso le disgrazie!-
Capitolo 20: Ushiro sugata wa waratte iru
Neji-sensei era un maestro esigente, tirannico e insensibile; non conosceva il significato di
democrazia ed era capace di farti svegliare alle quattro e farti correre per miglia due minuti
dopo, senza neanche lasciarti bere il caffè o fare colazione in generale.
Il caffè inibisce, diceva, quello di cui avete bisogno è una bella sfacchinata all'aria aperta.
Aiko ricordava con perfezione e lucidità il giorno in cui lei, Chojiro e l'Uchiha erano stati
assegnati a lui: era un mercoledi e faceva un freddo cane, lei si era presentata con una
sciarpa più pesante di lei e gli scarponi da neve (perchè sentiva freddo a prescindere, le
bastava un filo di vento o tre gradi in meno che già partiva a rotta di collo verso la borsa
calda) ai quali mancava solo la parola, altrimenti avrebbero avuto pure un'anima critica.
Neji-sensei l'aveva guardata, aveva abbassato tragicamente gli angoli della bocca e li aveva
fatti correre per due ore intere. Si, due ore a correre avanti e indietro per il campo di
addestramento, due ore a fare come le palline pazze -- pingpongpingpong, pong e
pingeccetera, eccetera, eccetera. E, ci potete scommettere, Aiko aveva perso minimo
quattro kg, si era beccata il raffreddore e si era irritata la gola e le erano venuti i crampi alle
gambe.
Quindi no, il loro primo incontro non era stato per niente idilliaco. Se poi si aggiungeva
l'Uchiha che non sprecava tempo a prenderla in giro per qualsiasi cosa (corri come una
papera; ma con tutti quei capelli ci fai la minestra?; il tuo sedere è piatto come il tuo petto;
hai le dita grosse, corte e brutte come te; e la chicca, quella che diceva sempre - Il tuo
cervello può anche essere grande quanto un'anguria, ma stai sicura che a culo e tette stai
messa peggio di una nocciolina rinsecchita- ah, cosa devono sopportare le donne...) si
poteva anche dire che Aiko detestava svegliarsi la mattina per andare agli allenamenti.
Proprio per questo aveva fatto del segare un'arte, avrebbe potuto scrivere un Metodo,
davvero.
Con gli anni, comunque, Aiko aveva cominciato a vedere i risultati di quegli allenamenti
sfiancanti e irritanti; per prima cosa riusciva a correre per più di due ore senza avere il
fiatone, in secundis il suo sedere non era più così piatto.
Per il seno si era dovuta accontentare di una misera (ma portata orgogliosamente) seconda,
ma non si può avere tutto dalla vita.
All'età di diciassette anni, Aiko aveva capito che non era nè piatta nè brutta, quindi si era
rimboccata le maniche a aveva cercato d'imparare ad usare le sue "Armi" come meglio
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credeva. Aveva le gambe lunghe, questo poteva anche essere un punto a suo vantaggio se
l'esemplare maschio non aveva il pallino delle cosce piene (e c'erano, oh se c'erano -- suo
padre amava le cosce di sua madre, ad esempio, e Naruto non aveva sposato
Hinata solo per la sua faccia).
Era alta, quello si. Forse era esageratamente alta visto che a soli diciassette anni misurava
sul metro e settantotto (si, sua madre e sua nonna erano la più basse della famiglia, lei e
Shirai avevano preso dai Nara in quel frangente, infatti suo fratello per entrare in cucina
doveva per forza abbassare la testa sennò dava certe capocciate che neanche Homer
Simpson da sobrio), quindi aveva sempre avuto problemi, soprattutto quando frequentava
l'accademia; era sempre la più alta tra le ragazze ed erano pochi i ragazzi che la superavano
o eguagliavano in altezza. Ryuichi era uno di quelli che non le arrivavano neanche al mento,
ma si sa, appena il maschietto cresce...cresce e non lo ferma più nessuno; infatti Ryuichi
aveva preso tutto quello che di bello c'era in suo padre e all'età di diciotto anni era
altoquasi quanto Shirai (che misurava la bellezza di un metro e ottantotto, si, un gigante).
Stessa cosa era accaduta con Chojiro.
Lei, invece, a un metro e settantotto era arrivata e lì si era fermata. Non era neanche una
ragazza particolare, il suo viso era normale, i suoi capelli erano lunghi... ma normali. Lei era
normale, la sua bellezza non era chissà che cosa e tutti i ragazzi che le andavano dietro
erano sempre più piccoli di lei (eredità materna, quella) e più stupidi di chiunque altro.
Il fatto che Aiko fosse perdutamente innamorata di un Uchiha non migliorava la situazione,
visto che quello non la calcolava neanche di striscio se non per provocarla e farla sentire
tremendamente inadeguata in ogni situazione.
I suoi unici aiuti morali e psicologici erano suo zio Kankuro, suo fratello e suo padre. Sua
madre, per sua sfortuna, tendeva sempre a dirle di continuare per la sua strada senza dare
adito alle stronzate, consiglio molto giusto e pertinente, ma completamente inutile.
Quindi... cosa fare per farsi guardare con una luce diversa?
Iniziare a fumare era fuori questione, riempirsi di piercing idem, rasarsi i capelli uguale e
ammazzare qualcuno non rientrava nelle sue priorità.
L'ispirazione era arrivata guardando Mirai. Più precisamente il tatuaggio di Mirai.
L'enorme tatuaggio di Mirai: partiva dal fianco sinistro, percorreva una parte della schiena
e finiva sulla scapola sinistra.
Doveva aver fatto un male del diavolo, aveva pensato, ma era bellissimo e su di lei stava
d'incanto.
Forse farsi tatuare le sarebbe servito come spunto per avere più stima in se stessa, per
rispettarsi di più e per comprendere che, se riusciva a farsi bucherellare la pelle, niente
l'avrebbe più spaventata.
Ovviamente ne aveva parlato con i suoi (lei non era come Shirai e sapeva come ottenere
quello che voleva facendo il minimo sforzo), una domenica a tavola. C'erano pure i suoi
nonni, zio Kankuro e Ino (incinta di sette mesi del primo pargolo).
Per un momento era caduto il silenzio più totale: sua madre aveva cominciato a guardare il
vuoto, Ino si era quasi strozzata con l'insalata, Shirai aveva sghignazzato come un pazzo.
Gli unici a non fare una piega (perchè probabilmente avevano perso le speranze tanto
tempo prima) erano stati i nonni, suo padre e Kankuro; quest'ultimo aveva continuato a
mangiare come niente fosse.
Ad un certo punto Temari aveva riempito il suo bicchiere e quello di suo marito di vino -fino all'orlo -- e l'aveva ingollato senza neanche prendere il respiro - E sentiamo: perchè?Aiko era superiper pronta a rispondere - Credo che mi aiuterà ad avere più autostima.disse convinta, suo zio aveva nascosto il sorriso coprendosi la bocca con il tovagliolo - E
sono sicura di aver provato tutto quello che c'era da provare per non avere più il timore di
non essere accettata.Suo padre si era versato altro vino e aveva preso un profondo respiro - Hn.- proferì
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battendo ciglio.
Ino, ripresasi dal principio di soffocamento, guardò in cagnesco suo marito (che mentre lei
stava soffocando non aveva alzato un'unghia per salvarle la vita) prima di rivolgere un
sorriso comprensivo ad Aiko - Io sono assolutamente favorevole.- Chiudi il becco, cretina!- sibilò Temari.
- Io penso che la nana abbia tutto il diritto di fare quello che le pare.E ti pareva che Shirai fosse contrario.
- Anche io.Idem per Kankuro.
Shikaku sbadigliò - Te lo pago io.- Non farti fare cose blasfeme, per cortesia.- Temari guardò sua suocera come se le fossero
appena spuntate antenne e pustole giallastre sulla testa.
Shirai continuò a sghignazzare come un imbecille mentre tagliuzzava la carne arrosto che
aveva nel piatto (seriamente, quella fetta di carne pesava minimo tre kg!) e osservava il
volto di sua madre variare dal rosso al verde acido - Guarda mà,- l'additò con la forchetta se sei così preoccupata l'accompagno io!- tanto lui conosceva il tizio giusto e aveva già dei
tatuaggi dei quali i suoi genitori ignoravano l'esistenza.
Per non esagerare diremo che Temari non spalancò le fauci e non diventò blu, non prese a
fumare dalle orecchie e NON guardò Shikamaru come per chiedergli la cortesia di fare
qualcosa molto padre-padrone.
Quello non se la filò neanche a pagarlo in letti e continuò a guardare il vuoto mentre i
meccanismi del suo (sviluppatissimo e incompreso) cervello si muovevano senza sosta
all'interno della sua scatola cranica.
Aiko aspettò speranzosa (tanto sapeva che le avrebbe detto di si) fingendosi afflitta, triste e
sconsolata; di quel passo la sua faccia si sarebbe sgretolata di sicuro se suo padre non si
spicciava a prendere una decisione.
- Hn, va bene.Quando Konoha tremò e una colonna di fumo che finiva a fungo fuoriuscì dal tetto (ora
sbilenco) di casa Nara, Naruto Uzumaki, venerabile Hokage del sunnominato villaggio della
foglia, stava proprio iniziando a mangiare; salvò per miracolo le costolette di maiale e
insultò a manetta l'Uchiha (ospite in casa sua ogni maledettissima domenica solo perchè si
era sposato Sakura e non perchè lui, il venerabile Hokage, era perdutamente innamorato di
lui, il Bastardo, come qualcuno continuava ad asserrire) che per una volta non aveva fatto
niente a parte fulminare con i suoi sguardi macabri i figli di tutti (pure i suoi). Quando
l'Hokage vide il fumo-a-forma-di-fungo, o il fungo-a-forma-di-fumo, battè ciglio e indicò il
cielo con le fauci spalancate, ma non aveva parole per descrivere il suo sconcerto (o era
meraviglia?).
- Teme lo vedi?!- Hn.- Minchia quanto ti somiglia... AHIA!-
Aiko se la stava facendo sotto, ma dove diavolo l'aveva portata suo fratello?
Kami, il tizio seduto di fronte a lei aveva la testa completamente tatuata, un
braccio completamente tatuato e una marea di piercing in faccia (uno per ogni sopracciglio,
due agli angoli della bocca e uno sulla sua fottuta guancia), poteva anche essere bello, ma
quando uscì la lingua e prese a giocare con il piercing che aveva pure lì, Aiko spalancò gli
occhi e distolse lo sguardo.
143
Shirai tornò da lei con un bicchiere di cappuccino in mano (era uscito dieci minuti prima
per comprare le sigarette e ora si stava scusando a modo suo per averla lasciata sola, il
lecchino), salutò con una poderosa pacca sulla spalla l'uomo dei piercing (che Aiko scoprì
chiamarsi Izumi) e le si sedette quasi subito accanto porgendole il cappuccino fumante.
- Sei bianca come un lenzuolo...- le bofonchiò sistemandosi meglio sulla sedia.
- Ho bisogno di zuccheri.- si limitò a bisbigliare.
Nonostante cercasse in tutti i modi di non guardare Izumi, Aiko non riusciva a staccare gli
occhi da lui. Era un bell'uomo, su questo non c'era dubbio, che non poteva avere più di
vent'anni e tutti quei piercing e la spropositata grandezza dei suoi tatuaggi non risultavano
volgari o oppressivi su di lui. Aiko non si sentiva a disagio, guardandolo. Avvertiva come
tanti brividi su braccia e gambe perchè chiaramente aveva appena trovato l'uomo della sua
vita, ma non sentiva paura o ribrezzo.
Izumi sollevò gli occhi (grigi, accidenti aveva gli occhi fatti d'argento quello lì) su di lei e le
sorrise, come per rassicurarla.
Lei non voleva essere rassicurata, lei voleva che Izumi si spogliasse adesso, ora, subito!
Sentì suo fratello ridacchiare sottovoce - Dal tuo sguardo direi che hai bisogno di ben altro!- Stai zitto!- sibilò.
- Hai deciso cosa farti?- sua sorella lo guardò con gli occhi spalancati, quindi si sentì in
dovere di specificare prima che le venisse un attacco di panico - Il tatuaggio, nana...- Perchè t'interessa accidenti?! E' da quando siamo usciti che rompi!Lui si leccò le labbra e sghignazzò - Perchè ho intenzione di farmelo anch'io.- Un altro?- Un altro.- E non puoi, che so, sceglierne uno invece di scassare i maroni a me?- Non hai capito,- si piegò in avanti e appoggiò i gomiti sulle ginocchia - voglio farmi il tuo
stesso tatuaggio.Lei quasi non si strozzò con il cappuccino - Eh?- Come un marchio, sai? Ci pensavo da un po', prima o poi ti avrei portata qui, ma tu mi hai
preceduto.- Se, magari ce lo facciamo nello stesso punto...- bofonchiò tra un sorso e l'altro.
- Perchè no? Dove vuoi fartelo?Aiko (oltre ad arrossire come un pomodoro, perchè, andiamo, 'dove vuoi fartelo'?, ma la
voleva uccidere?!) perse le speranze di convincerlo a togliersi dalle scatole quando lo vide
sorridere. Accidenti, non gli si poteva proprio dire di no a quello lì!
Okay, era vero, faceva male, ma non così tanto male. Aiko lo giurava e lo sottoscriveva, ma
era di un fastidioso...
Era come se la sua pelle stesse bruciando di un fuoco leggero che via via andava
spegnendosi.
Shirai sembrava completamente a suo agio, si era sistemato sulla poltrona pieghevole con le
braccia incrociate dietro la testa, le gambe allargate (il tatuatore si era sistemato tra di esse
per lavorare meglio; Aiko trovava quella posizione alquanto esilarante, visto che anche lei
l'aveva adottata per comodità e praticità) e gli occhi aperti che guardavano passo per passo i
tre aghi bucherellargli la pelle come se non avesse mai visto niente di più bello.
Aiko era di diverso avviso, infatti riusciva a guardare il lavoro che il collega del proprietario
del salone stava facendo solo per pochissimi minuti.
Aveva deciso di non strafare, non voleva un tatuaggio complicato e non lo voleva colorato
perchè non voleva stare lì dentro tutto il giorno o peggio, ritornare per finire il lavoro. Non
le era piaciuto nessuno dei tatuaggi illustrati nei book e quasi aveva abbracciato il titolare
quando le aveva detto che gliel'avrebbe disegnato lui.
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Era un cervo con la testa piegata verso il basso e le corna che puntavano dritte davanti a sè.
Posizione di attacco. La testa del cervo consisteva soltanto nell'ombra della stessa, come
una sfumatura dall'interno verso l'esterno, erano le corna ad essere molto particolareggiate,
poco sfumate. Sotto il tatuaggio principale (quella era stata un'idea di suo fratello) sarebbe
stata tatuata una frase che Aiko ancora non conosceva. Shirai le aveva solo detto che "Ci sta
da morire, devi fidarti di me!" e lei si era fidata.
Ed aveva fatto dannatamente bene!
Una volta usciti dalla stanza, Aiko non riusciva a smettere di sorridere.
Izumi era ancora lì con una rivista aperta sulle ginocchia, sollevò appena il capo quando li
sentì uscire e Aiko, grondante di felicità, fece la prima cosa che le venne in mente.
Si sollevò la maglietta (Izumi sgranò gli occhi e spalancò la bocca) e spostò la benda che era
stata posta sul tatuaggio (situato poco più sotto del seno, all'incirca sulle ultime costole)
senza smettere un attimo di sorridere - Com'è?Izumi scoppiò a ridere e la guardò con gli occhi argentei illuminati dal divertimento - Ti si
addice, è molto bello.- Vero?!- e saltellò fuori tutta contenta mentre Shirai si fermava per pagare.
Una volta che anche lui uscì dal salone, Aiko s'incamminò tutta contenta verso casa.
Cavolo non riusciva a smettere di sorridere!
- Ushiro sugata wa waratte iru.- sussurrò puntando gli occhi al cielo.
Era la frase del loro tatuaggio. La frase di un Nara.
La tua ombra sta ridendo.
E lei rideva, oh se rideva!
Capitolo 21: Murder
Lei gli domandò in quei giorni se era vero, come dicevano nelle canzoni, che l'amore poteva
tutto.
- E' vero - le rispose lui - ma farai bene a non crederci.Dell'amore e di altri demoni, Grabriel García Marquez.
I suoi figli erano cresciuti magnificamente, erano ragazzi sani con dei valori nelle vene, mai
avevano disobbedito ad un ordine, mai avevano tradito la fiducia dei loro sensei e dei loro
compagni di squadra. Avevano commesso degli errori nei loro percorsi, Temari li aveva visti
tremare di rabbia e tristezza tante, troppe volte. Li aveva visti affrontare i sensi di colpa, le
responsabilità, i vari problemi che avevano bussato alle loro porte. Aveva visto Shirai
crescere, diventare uomo sotto i suoi stessi occhi, l'aveva aiutato a scegliere casa quando lui
aveva deciso che era arrivato il momento di afferrare la propria indipendenza, l'aveva
guardato prendere in mano la sua vita e, Kami, quanto era orgogliosa di lui per la persona
che era diventata.
Aveva visto e ancora vedeva Aiko diventare donna piano piano, giudiziosa, paziente e
appassionata al tempo stesso, orgogliosa e buona, bella da morire ma insicura da fare
schifo. Era tanto più dei suoi coetanei e non solo perchè era sua figlia, lo era veramente e su
tutti i fronti, comunque la si guardasse.
Erano entrambi amanti del pericolo. Shirai lo era sempre stato, Aiko lo era diventata
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crescendo, non aveva più paura di farsi male.
Temari quando li vedeva partire per una missione di qualsiasi livello e priorità veniva
sempre punta da due diversi sentimenti: la preoccupazione e l'orgoglio; stranamente
quando quella stessa mattina aveva visto Aiko uscire di casa in divisa per raggiungere Shirai
e gli altri ragazzi scelti per intraprendere una missione di livello S, si era sentita male.
Era un presentimento, un mal di testa, era lo stomaco aggrovigliato e il sudore freddo. Era
nausea.
Shikamaru l'aveva guardata strano per tutto il giorno visto che lei aveva deciso di rimanere
a casa dopo aver avuto un capogiro proprio mentre scendeva le scale. Credeva fosse un
semplice malore dovuto alla pressione bassa o allo stress, quando il malore si era protratto
il giorno seguente e il seguente ancora aveva cominciato a dormire terribilmente male.
Non dormiva affatto in realtà e nel bel mezzo della colazione, quando Shikamaru guardava
fuori dalla finestra con una sigaretta accesa tra le dita gli aveva detto che era preoccupata
per i ragazzi; gliel'aveva detto con un nodo in gola, la voce bassa quasi a non volersi far
sentire, ma lui l'aveva sentita, lui ascoltava sempre, sempre.
- Staranno bene seccatura,- le aveva detto tra un tiro e l'altro - c'è Sasuke con loro e
nonostante tu lo detesti ancora, io mi fido, mi fido di Sasuke e non permetterà che accada
qualcosa, perchè anche suo figlio fa parte del team, mi capisci? Devi fidarti di lui.L'istinto di una mamma non sbaglia mai; sanno sempre quando qualcosa non è come
dovrebbe essere, lo sentono nell'aria, se lo sentono nelle vene che qualcosa si è inceppato.
Temari sarebbe immediatamente partita per raggiungere i suoi figli e sincerarsi che tutto
era come lei l'aveva lasciato, che tutto era come lei lo aveva fatto. Non si ascoltò quella
volta.
Si fidò della sicurezza di suo marito, si fidò dell'esperienza di Sasuke Uchiha.
Si fidò di altri, mentre l'unica cosa che avrebbe dovuto fare era ascoltarsi.
Quel giorno si svegliò alle quattro, presto si, ma si sentiva riposata come non mai. Era come
se tutte le notti insonni fossero state rimpiazzate da dodici ore di sonno profondo.
Stava bene dopo tre settimane di patemi d'animo.
Si prese il suo tempo rilassandosi ancor di più in un lungo bagno caldo, poi preparò la
colazione ed aspettò che Shikamaru si svegliasse pulendo le stoviglie che non aveva avuto il
tempo di lavare la sera prima.
La principessa sul pisello si svegliò che erano le otto passate, presto per i suoi normali
standard da giorno di riposo, lei non vi prestò poi così tanta attenzione. Suo marito
sembrava sfatto, stropicciato quasi, come se qualcuno durante il sonno l'avesse tenuto
accartocciato nel pugno della propria mano.
- Hai dormito male?- Malissimo,- brontolò massaggiandosi il collo - ho la schiena bloccata.- Questo perchè dormi in posizioni improponibili.Shikamaru si sedette schioccando la lingua al palato e facendo una smorfia dolorante - Ma
se sei tu quella che di notte scalcia come una giumenta in calore!La manata in fronte ci stava tutta dopo quella battuta infelice - Io non scalcio.- replicò
piazzandogli davanti la tazzona di caffè e i biscotti di pasta frolla che sua madre aveva fatto
giusto il giorno prima.
- Seh, i lividi sul fianco me li son fatto da solo.- strascicò guardandola malissimo.
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Lei si sentì quasi offesa, stava così bene quella mattina... perchè lui voleva rovinarle la
giornata con le sue seghe post-risveglio traumatico?, ovviamente capiva che per lui era una
seccatura immane svegliarsi con tutta la schiena dolorante, non era fatta di pietra!
- Vuoi litigare per caso?Quello per tutta risposta ingollò il caffè, masticò in fretta e furia un biscotto e si alzò
facendo stridere fastidiosamente la sedia sul pavimento - Sono fin troppo scoglionato per
starti dietro Tem, ci vediamo a pranzo, mangiamo fuori.- Come vuole maestà.- canticchiò roteando gli occhi al soffitto.
Uscito Shikamaru lei si accorse di aver stretto con così tanta forza il biscotto (che aveva
tenuto in mano per tutta la durata del loro scambio di battute) nella sua mano che questo si
era sbriciolato.
La nausea ricominciò subito dopo.
Questo mondo è pieno di cose rotte: cuori spezzati, promesse infrante, persone a pezzi. Il
mondo stesso è una costruzione fragile, un luogo dalla struttura a nido d'ape dove il passato
penetra nel presente, dove il peso di colpe di sangue e di vecchi peccati devasta le esistenze
e costringe i figli a giacere con i resti dei loro padri nelle intricate rovine delle conseguenze.
Io sono spezzato e ho a mia volta spezzato. Ora mi chiedo quanto dolore possa essere
inflitto al prossimo prima che l'universo intervenga, prima che una qualche forza esterna
decida che è stato sopportato abbastanza. Un tempo pensavo fosse una questione di
equilibrio, adesso non ci credo più. Penso che quanto ho fatto sia sproporzionato rispetto a
ciò che è stato fatto a me, ma questa è la natura della vendetta. Si intensifica. Non può
essere controllata. Una sofferenza chiama l'altra, e così via, finché il dolore originario è
praticamente dimenticato nel caos di quello che segue.
Un tempo ero un vendicatore. Non lo sarò più.
Ma questo mondo è pieno di cose rotte.
Anime Morte - John Connolly
Shirai non si era mai preoccupato delle ferite, dei pericoli durante una missione
particolarmente ardua da completare, non aveva mai avuto paura del sangue. Gli piaceva il
sangue in realtà; da bambino capitava spesso che cadesse o che si tagliasse un dito, lui non
si vergognava a dire che aveva succhiato via il sangue dal suo dito senza fare una smorfia.
Non aveva mai sofferto di nausee improvvise quando aveva visto il sangue sgorgare dalle
gole tagliate dei nemici o da una ferita al ventre, non aveva neanche fatto una piega quando
aveva ucciso per la prima volta.
Lui non aveva paura della morte, perchè avrebbe dovuto averne del sangue suo o degli
altri? Era un ninja addestrato per uccidere, a che pro sentirsi nauseati da una gola tagliata?
Ora aveva paura, era raggelato dentro, sentiva i battiti del suo cuore impazzito dentro le
orecchie ed aveva vomitato bile. Aveva permesso al Malefico di dargli un pugno in faccia
senza fare una piega, perchè sapeva che non era questo il momento delle crisi e della
paura, lo sapeva.
Aiko lo guardava, non sapeva se lo vedesse davvero considerato il volto quasi interamente
coperto di sangue a causa di una ferita alla testa (Shirai non aveva visto il taglio, non vedeva
niente oltre al sangue e si odiava perchè non l'aveva coperta, perchè non l'aveva protetta),
ma i suoi occhi erano puntati verso di lui. Velati, quasi neri, ma puntavano lui come se
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volesse dirgli qualcosa.
Quando l'aveva vista accasciarsi sul fango, il sangue che sgorgava dal suo addome, e dopo
quando l'aveva sollevata e l'aveva sentita emettere un suono animalesco... Shirai aveva
pensato 'se sto con lei non succederà niente, la proteggerò io perchè nessuno può farlo
meglio di me', irrazionalmente sapeva che era troppo tardi per pensieri del genere. Lui non
c'era quando era stata ferita, no?
Non sembravano neanche respirare, lei e Kyosuke, Kiba rantolava e cercava di rassicurare,
oltre al suo cane, anche gli altri. Sasuke non aveva messo fine alla sua vita perchè troppo
occupato a trascinarsi dietro i due prigionieri, gli occhi sanguigni e così dannatamente
infernali da obbligare Shirai a stargli a debita distanza onde evitare un altro pugno in
faccia.
Aiko lo guardava, sbatteva appena le palpebre, ma guardava lui diamine!
- Konoha è vicina.- gorgogliò Kiba, sputò il sangue nel vano tentativo di articolare meglio le
parole - Sento l'odore.- Come fai a sentire odori con il naso rotto imbecille?- blaterò TenTen appesantita dalle
ferite alle gambe.
- Che vuoi che ti dica dolcezza, sono un prodigio della natura!- fece una smorfia e cercò di
appoggiarsi meglio sul dorso di Akamaru che guaì - Si, si, lo so Akamaru.Sasuke strattonò i prigionieri e si affiancò a Shirai - Devi andare avanti.- No.- Avverti le guardie che abbiamo dei feriti.- quando il ragazzo fece per discutere Sasuke
perse la sua dose quotidiana di umanità e gli afferò la mandibola con forza - Fallo,
Shirai, veloce.-
Come on skinny love just last the year.
Pour a little salt we were never here.
My, my, my, my, my, my, my, my.
Staring at the sink of blood and crushed veneer...
Raido Namiashi non sopportava fare la guardia a cose inanimate, lui affiancava gli Hokage
per amor del cielo, quindi quando veniva assegnato dallo stesso Hokage (per il quale
avrebbe felicemente sacrificato la sua vita) a stare di guardia al portone, in sincerità,
tratteneva a stento la frustrazione. Genma, che quel giorno condivideva il suo stesso destino
(-> sorvegliare il portone come se fosse un nukenin che da un momento all'altro avrebbe
potuto spalancare le fauci e mangiarli tutti e due), non sembrava particolarmente
infastidito dai suoi borbottii, si limitava a mangiucchiare il suo onnipresente stecchino e a
guardare la foresta con uno sguardo apatico e un sorrisetto irritante che Raido non digeriva
proprio. Kakashi li aveva raggiunti verso le dieci, la sua andatura scanzonata e
l'immancabile libricino arancione avevano fatto sfuggire un ghigno a Raido, Genma
sembrava semplicemente costipato.
- Yo!- Sei in ritardo.- disse Genma muovendo appena le labbra - Dovrò scriverlo nel rapporto.L'occhio di Kakashi sorrise - Fai, fai.- Giuro che certe volte non sembri neanche un jonin.- Ahi, questa l'ho sentita.Continuarono a pizzicarsi fino a quando Raido non scorse una figura traballante avvicinarsi
al portone, colpì la spalla di Genma e nonostante l'occhiata che gli venne rivolta indicò un
punto indistinto davanti a loro - Quello non è...148
- Sembra l'Uchiha.- borbottò Genma.
- Porca... è Shirai!- ululò Raido saltando giu dalla torretta e teletrasportandosi lì dov'era il
ragazzo.
Kakashi sollevò lentamente il suo occhio dal libro che venne chiuso stizzosamente quando
Shirai cadde a terra; il jonin afferrò Genma per il braccio e prese un profondo respiro prima
di parlare - Avverti l'ospedale, che mandino tutti quelli reperibili.- e sparì in una nuvoletta
di fumo.
Shirai stava respirando dalla bocca, prendeva grandi boccate d'aria come se i suoi polmoni
si fossero trasformati in pistoni, era gelato e non concentrava lo sguardo da nessuna parte.
Genma aveva provato a rimetterlo in piedi così da poterselo caricare in spalla, ma il giovane
Nara non collaborava.
Kakashi arrivò proprio nel momento in cui Shirai disse 'andateli a prendere per favore'.
- Shirai dobbiamo portarti in ospedale.- gli disse Genma poggiandogli una mano sulla
schiena, lui si limitò ad abbassare la testa fino a quando la sua fronte non toccò la strada
sterrata.
- Andatela... a prendere.- strascicò tra saliva e respiro affannoso.
Kakashi sparì quando gli altri shinobi e i ninja medico arrivarono, il sangue nelle sue vene
aveva cominciato a scorrere nel verso sbagliato.
La sigaretta aveva un sapore stranamente acido, il fumo gli bruciava la gola come del
whisky mandato giù troppo in fretta. Choji lo guardava sbuffare via il fumo con una smorfia
schifata che da tempo non gli aveva più visto in volto.
Quella mattina era strana. Sua moglie (santa donna che dalle sue origini, la Nuvola per
essere precisi, aveva ereditato calma e dolcezza a non finire) si era svegliata con un diavolo
per capello perchè improvvisamente si era resa conto che il giardino doveva essere pulito, i
pavimenti di tutta la casa dovevano essere lucidati, la cucina doveva essere disinfettata
minimo otto volte e le tende dovevano essere lavate, stese e lavate di nuovo perchè erano
una pietà a guardarle. Yoshiko, sua moglie per l'appunto, aveva cominciato a sbraitare alle
sette del mattino, Choji e Chojiro credevano che stesse soffrendo di un incredibile mal di
pancia perchè non l'avevano mai vista in quello stato, ma quando la donna aveva puntato i
suoi occhi marroni su loro due sputando veleno dalla bocca per levarseli di torno si erano
dovuti ricredere: ce l'aveva proprio con loro.
Per questo motivo Choji aveva deciso di fare un salto in ospedale, erano mesi che
rimandava i controlli di routine ed ogni tanto la schiena gli procurava fastidiosissimi dolori
che quasi lo bloccavano a letto per giornate intere, gli era sembrata una buona idea
approfittare di quella tragedia familiare per occuparsi di se stesso in maniera responsabile
in attesa che aprisse il negozio di caramelle. In ospedale aveva trovato Sakura.
Di solito la degna consorte dell'Uchiha era tutta sorrisi e bonari rimproveri, quella mattina
non le si poteva parlare: era nervosa, isterica e le tremavano le mani. Choji l'aveva vista
ingollare tre caffè di seguito (evidentemente, aveva pensato l'uomo, le mancavano così
tanto figlio e marito che la poveraccia non era riuscita a dormire in quelle tre settimane).
L'Haruno gli aveva rivolto un debole sorriso quando l'aveva visto in sala d'attesa e Choji si
era reso conto di quanto piccola la sua figura fosse sotto quel camice in disordine.
- Hey, da quanto tempo...- gli aveva debolmente detto nascondendo le mani nelle tasche del
camice.
- In effetti non esco molto, ti vedo stanca Sakura, tutto bene?Lei aveva distolto lo sguardo per un attimo, la fronte era corrugata e la bocca formava una
smorfia infastidita - Mi sono svegliata male.- Ah,- si grattò la nuca con un sorriso imbarazzato - anche Yoshiko non ha dormito bene,
sembrava una banshee affamata... vi siete messe d'accordo?, anche Temari è stata
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intrattabile in queste settimane.Riuscì a farla rilassare un po', ma la smorfia rimase - Effettivamente sono stati giorni strani,
anche stamattina molti si sono svegliati dal lato sbagliato. Yoshino è venuta qui ieri
pregandomi di darle qualcosa per il mal di testa, ci credi?, Yoshino...- a quel punto aveva
guardato il corridoio come se avesse visto qualcosa - Ho... come l'impressione di non
aver...- si era bloccata serrando le labbra, lo sguardo fisso sul corridoio.
- ... tempo?- le aveva suggerito con naturalezza, non aveva neanche pensato di dirlo, l'aveva
semplicemente detto come se fosse ovvio.
E Sakura si era come risvegliata da un lungo sonno, l'aveva guardato come se non l'avesse
mai visto prima - Si.- sospirò pesantemente - Scusami, è da giorni che corro, non so cosa
dico. Devi fare le analisi?, dai ti accompagno io.E ora Shikamaru con quegli occhi freddi, quella rigidità che a Choji sembrava innaturale.
Che cavolo stava accadendo al mondo quella mattina?
- Shika.- Mh.- Come siete rimasti con Temari?- Le ho detto che avremmo pranzato fuori, vuoi venire anche tu?Impassibile, glaciale.
Con un sospiro Choji scosse la testa - No, pranzerò dai miei.- Se sai di non poter venire perchè diamine mi fai domande stupide?- sibilò accendendosi
una nuova sigaretta, poi chiuse gli occhi, sospirò e lo guardò dispiaciuto - Scusa amico, mi
sono svegliato male.Visto?, che cavolo stava accadendo al mondo, eh? - Tranquillo fratello, lo capisco, è una
mattina strana.- Seh, una rottura.- fece una smorfia dopo aver fatto un lungo tiro - Anche le sigarette
hanno un sapore diverso...- Sempre veleno è.- Oggi è più... pungente, fa quasi male.- borbottò tirando di nuovo.
- Sei un grandissimo masochista.Shikamaru non fece in tempo a rispondere che vide un'intera squadra di shinobi e qualche
ninja-medico correre a rotta di collo verso l'entrata principale - Che cazzo...- si alzarono
contemporaneamente e corsero loro dietro nel caso avessero avuto bisogno di due shinobi
di riserva.
I tell my love to wreck it all,
cut out all the ropes and let me fall
My my my – my my my – my my my my – my my …
Right in the moment this order’s tall.
And I told you to be patient,
I told you to be fine,
I told you to be balanced,
I told you to be kind;
in the morning I'll be with you
but it will be a different "kind",
I'll be holding all the tickets
and you'll be owning all the fines...
150
Alle nove spaccate Temari si presentò al Palazzo degli Hokage, doveva rivedere alcuni
documenti riguardanti le transizioni economiche e commerciali avvenute tra Konoha e
Suna negli anni successivi alla guerra, sperava anche di riuscire a convincere Naruto nel far
ritornare a casa i ninja di Suna di stanza a Konoha perchè quei ragazzi non vedevano le loro
famiglie da più di due anni, il che per lei era inconcepibile, e come Ambasciatrice era suo
dovere attenzionare il problema onde evitare che a Gaara venisse l'ansia.
La nausea non era passata, ma riusciva a controllare le continue ondate senza dare
spettacolo e, soprattutto, senza far notare il suo effettivo disagio a nessuno. Kami era come
essere incinta di Aiko un'altra volta.
Passò circa due ore nell'archivio, ma centoventi minuti non erano abbastanza per visionare
tutti i documenti che avrebbe dovuto e voluto controllare, decise su due piedi di portarsi il
lavoro a casa quindi firmò il registro davanti il jonin che stava di guardia e una volta finito
ritornò nel suo ufficio, mise le cartelle sulla scrivania e uscì di nuovo chiudendo la porta a
chiave per evitare che occhi curiosi rovistassero tra i documenti.
Entrò nell'ufficio dell'Hokage che erano le undici e un quarto e la prima cosa che notò fu lo
sguardo pesante di Naruto. Pesante nel senso che i suoi occhi non sembravano neanche blu
tanto erano velati da non sapeva che cosa.
- Anche tu hai dormito male?Il biondo le indirizzò un breve sorriso che non riuscì a ridare chiarezza ai suoi occhi - Eh, ho
dormito poco e male in effetti. Come sta Gaara?Temari si passò una mano (che notò essere gelata) poco sotto il collo e sospirò cercando di
rilassare le spalle - L'ultimo messaggio diceva che stava bene, che tutto andava bene e che
non c'era niente di diverso dal solito.- a questo Naruto ridacchiò - Si, è un paese piuttosto
monotono in questo periodo, dovremmo preparare un'altra guerra per tenere Gaara fresco
e arzillo.- Non credo che tuo fratello sia più quel tipo di persona.- sbadigliò corrugando
profondamente la fronte - Accidenti sono troppo... troppo...- Stanco?, si vede.Naruto scosse il capo e con un gesto quasi stizzito si tolse il copricapo da Hokage e si passò
con frustrazione entrambe le mani fra i capelli biondi - Nah, ho le palle gonfie così e non so
perchè.- Sarà perchè l'amore della tua vita è in missione?- Hinata non è in missione.- L'Uchiha.- Ah, quell'amore,- sghignazzò - lui mica mi preoccupa, non lo ha ammazzato lo sharingan
figuriamoci una missione di livello S!- Vedi un po' la sfiga eh?Lui sorrise grattandosi le guance - Allora... qual è il problema?- I ninja di Suna. Mi sembra ora che tornino dalle loro famiglie.- Io li farei andare anche adesso Temari, ma hanno cominciato lavori e missioni che ancora
non hanno terminato.- Konoha è piena di ninja Naruto, possono sobbarcarsi anche il loro lavoro.Sospirò - E glielo dirai tu a quegli altri che oltre ai loro compiti devono portare a termine
anche quelli che non gli spettano?- Sono l'Hokage io?- ghignò facendogli l'occhiolino.
Naruto sembrò voler dire qualcosa ma si irrigidì subito dopo e Temari lo vide voltare il capo
verso la finestra due minuti prima che Genma vi si materializzasse sopra. Lui, Naruto,
sembrava congelato sulla poltrona, lei si sentiva pesante come non mai.
- Cosa diavolo ci fai qui?, dovresti stare di guardia al...- cominciò il biondo, quasi subito
interrotto dal jonin.
- Hokage-sama in team di Uchiha Sasuke è tornato.151
- E quindi il teme vuole essere ricevuto in pompa magna?- grugnì socchiudendo le
palpebre, Temari prese un profondo respiro pronta a calmare il biondo nel caso in cui
Genma non fosse stato abbastanza veloce a trasmettere l'informazione.
Erano tutti di umore nero quella mattina.
- Hokage-sama credo ci siano feriti,- lei vide gli occhi del ninja saettare verso di lei, le si
gelò il sangue nelle vene - Shirai Nara sta per essere trasportato in ospedale.Naruto si passò entrambe le mani sul volto, sembrava volersi strappare via la pelle - Chi
sono i feriti?- Suppongo lo siano tutti Hokage-sama...Temari provò a sentire i battiti del suo cuore, ma niente, non c'era niente.
Come on, skinny love, what happened here?
Suckle on the hope in lite brassiere
My my my – my my my – my my my – my my …
Sullen load is full so slow on the split.
Sakura stava applicando gli ultimi due punti al braccio di un uomo-armadio che aveva
avuto la sfortuna di cadere su un pezzo di vetro quando la caposala del reparto era entrata
bianca come un lenzuolo. L'Haruno non sopportava certi comportamenti, soprattutto
quando di turno c'era lei e ancora di più quando era con un paziente già nervoso per i cavoli
suoi, per questo non le degnò più di un'occhiata sfuggente con tanto di smorfia infastidita Sto lavorando Chiaki.- Haruno-san è meglio se...- Chiaki,- disse con una nota minacciosa nella voce mentre con mano ferma tirava il filo per cortesia, esci.La caposala, che era una donna molto educata e a modo -- non come l'arpia che bazzicava
nel reparto di cardiologia -- indurì la sua espressione e rizzò le spalle - Sakura la squadra di
tuo marito è appena tornata a Konoha. Tsunade-sama sta preparando le sale operatorie...- Come hai detto scusa?- alitò fermando ogni movimento, solo i suoi occhi sembravano
essere in grado di muoversi visto come guardavano la donna.
- Tuo marito è tornato, due della squadra sono gravi, Tsunade-sama sta preparando le sale
operatorie...L'Haruno guardò il suo attuale paziente, non sentiva più le braccia - Devo finire qui.- Sakura, sono molto gravi, ci penso io qui.- No, sto finendo, ci penso io.- Devi seguire le direttive di Tsunade-sama,- disse duramente - qui ci penso io, vatti a
preparare e non farmelo ripetere.Sakura sapeva che suo figlio era uno dei gravi, Tsunade non l'avrebbe fatta chiamare per
niente e la caposala non si sarebbe offerta di finire il suo lavoro per un capriccio. Lei
sapeva.
Stranamente non sentiva nulla.
Camminò fino a quando le sue gambe cedettero e si vide costretta ad appoggiarsi al muro
con la schiena. Non sapeva per quanto tempo restò congelata in quel punto, vedeva
infermieri correre a destra e a sinistra, sentiva ordini e chiamate dall'interfono -- il suo
nome era stato ripetuto più e più volte -- e provava un senso di impotenza quasi.
Sakura amava il suo lavoro con tutta se stessa e la cosa era normalissima visto che nessun
essere umano provvisto di un esageratissimo istinto di conservazione personale (e un ego
ancora più grande) avrebbe scelto di intraprendere la carriera del medico senza provare per
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quella specifica professione un amore sconfinato. Perchè? Ferite da ricucire, sangue da
lavare, urla di dolore, iniezioni, flebo, operazioni e, nei casi peggiori, interiora sparpagliate
a destra e a sinistra, morti violente che non potevi nè prevenire nè fermare. Era un lavoro
per pochi e chi credeva di poterlo fare senza passione, dedizione e serietà cascava come una
pera cotta la prima settimana di specializzazione.
Lei aveva avuto la fortuna di avere la migliore insegnante che la Terra del Fuoco poteva
offrire, Tsunade, e non avrebbe mai smesso di ringraziarla per gli insegnamenti, gli
accorgimenti e le lezioni di vita che le aveva impartito negli anni della sua maturità
personale. Sakura era fottutamente brava, che dovesse curare un ferito in battaglia o
disinfettare il ginocchio sbucciato di un bambino, in qualsiasi situazione si trovasse non
perdeva mai di vista il suo scopo: salvare vite, aiutare la gente.
Lei amava il suo lavoro...
- Sakura...Deglutì e battè ciglio più volte per dissolvere il velo che le copriva gli occhi, davanti a lei
c'era Kakashi, lo vedeva, sentiva la sua presenza e sapeva -- l'aveva sentito -- che l'aveva
chiamata. La stavano chiamando, avevano bisogno di lei...
- ... Devo...- deglutì amaro, bile, era bile - Andare in sala operatoria, io devo andare.Lui la guardò in faccia e le afferrò una spalla - Non puoi operare tuo figlio, lo capisci?- Certo che posso, sono sua madre.- bisbigliò stringendo le dita sul polso del suo vecchio
sensei - Posso farlo.- Lo opererà Tsunade-sama, è già deciso.- le disse senza la minima vergogna.
E lei si sentì male - E io cosa farò, eh?, starò in pena qua fuori ad aspettare? Non voglio
impazzire, non posso stare qua fuori e non fare niente...- respirò profondamente fissando lo
sguardo sulla parete alle spalle di Kakashi.
Sakura Haruno in sala tre, ripeto, Sakura Haruno...
Corrugò la fronte e raddrizzò la schiena allontanandosi così dal muro - Chi c'è in sala tre?- Credo Aiko, Sakura.Lei si fece di pietra. Suo figlio, la figlia di Temari...
- Dov'è mio marito?- l'uomo non rispose - Dov'è?- Lo stanno medicando, devi...Non gli lasciò neanche finire la frase. Gli strinse con forza estrema il polso e gli allontanò la
mano dalla sua spalla - Se nostro figlio...- strinse le labbra - Se i ragazzi dovessero morire
Kakashi o se dovessero accadere delle complicazioni, coma, amputazioni o... se accadesse
loro qualsiasi cosa Kakashi... se Sasuke ha fatto prigionieri,- lo guardò con il sangue negli
occhi - interrogateli mentre io sono in sala operatoria perchè non avrete più tempo poi.-
I told you to be patient, I told you to be fine,
I told you to be balanced, I told you to be kind;
Pioveva quando Temari si era fiaccamente trascinata all'interno dell'ospedale; l'infermiere
assegnato all'accettazione l'aveva subito riconosciuta e non c'era stato bisogno che lei desse
i suoi dati personali per avere le dovute indicazioni.
Tutti sembravano sapere che Kyosuke e Aiko erano sotto i ferri, tutti sapevano cose che lei
non avrebbe mai voluto neanche pensare. Ed era successo quello che lei non avrebbe mai
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voluto accadesse.
Non sapeva come stesse suo figlio, non sapeva dove fosse suo marito, sapeva solo che sua
figlia era in sala operatoria ed era grave. Sua figlia. In quel momento l'unica cosa che
riusciva a farla pensare lucidamente era il senso di colpa.
Avrebbe dovuto ascoltare il suo istinto e andarli a prendere, dovunque fossero, avrebbe
dovuto mandare al diavolo marito&Uchiha, non avrebbe dovuto fidarsi dell'insulso istinto
degli altri. Perchè se lei fosse andata dove il cuore le diceva di andare, forse, magari i suoi
figli non sarebbero finiti in ospedale; uno ferito, l'altra grave.
Non vedeva neanche dove metteva i piedi, sentiva i capelli umidi pesarle sul cranio come
un'incudine -- anzi mille incudini. E respirare faceva così tanto male...
Credeva, anzi sapeva che la gente la stava guardando. Sentiva i loro occhi puntati sulla nuca
come kunai affilati, non aveva neanche la forza d'animo di ammazzarli tutti insieme.
La prima persona che vide fu TenTen fasciata dalle cosce in giu, stava parlando con Neji, in
piedi di fronte a lei che stava seduta con un'espressione di pura stanchezza sul viso.
Intravide gli altri due figli di Sakura, li guardò a lungo mentre loro ascoltavano Kakashi
senza muovere un muscolo o un capello. Ryo era grigio, letteralmente grigio come la
cartapesta. Ryuichi era semplicemente assente.
Ad un certo punto si vide Yoshiko -- moglie di Choji -- davanti. Dei grossi lacrimoni le
scendevano lungo le guance ed era paonazza con i capelli in disordine e la bocca piegata in
una smorfia innaturale che Temari, dopo due secondi, non riuscì più a sopportare. Si limitò
a farsi avviluppare nel suo abbraccio, in un certo senso la ringraziò per non averle detto
nulla e aver agito -- perchè con lei le azioni funzionavano di più, solo per questo.
Yoshiko singhiozzava stringendo le mani sui suoi vestiti umidi, era come se stesse
piangendo pure per lei che cercava di non sentire niente, di chiudersi e di lasciare tutto il
resto fuori, lontano.
Non riuscì più a tenere alta e immobile la maschera quando vide Shikamaru e Shikaku
arrivare a passo lento. Suo marito teneva una mano sugli occhi, suo padre gli aveva messo
una mano sopra la spalla, ma in realtà lo stava tenendo in piedi.
Temari lo sapeva che qualcosa non andava, se lo sentiva, lo sapeva, lo sapeva. Chiuse gli
occhi e nascose il volto nell'incavo del collo di Yoshiko che la strinse più forte quasi
sollevandola da terra. E pianse, digrignò i denti, pianse più forte e provò il desiderio di
passare più volte le nocche sulla carta vetrata per sanguinare e farsi male e morire perchè
non lo poteva sopportare. Quello che stava accadendo era tanto più grande di lei ed era la
cosa più dolorosa che le fosse mai capitata anche se non sapeva cosa sarebbe accaduto nè
cosa stava succedendo nelle sale operatorie.
Piangere era come affogare, per questo lei odiava piangere. Morire affogati era la morte più
crudele al mondo per lei; tu sai nuotare -- altrimenti perchè andresti dove la boa ti dice di
non andare?-- ma ad un certo punto te lo dimentichi e vai giu, l'acqua ti sommerge ed è così
fluida che pensi 'è facile tornare su, è facile tornare su', non ci riesci e le vene nel cervello
pulsano, gli occhi ti bruciano ed entri nel panico -- ti muovi, ma non ottieni niente, vai giu,
così. E vuoi così disperatamente e dannatamente respirare che ti bruciano i polmoni, ma sai
che non puoi perchè andresti a fondo più veloce di prima, quindi stringi le labbra,
mavuoidannatamenterespirare. E quando i polmoni non ce la fanno più... singhiozzi ed
ingoi acqua.
Muori perchè quel fluido è così tanto più grande di te da mandarti nel panico più totale,
facendoti scordare come si nuota -- come si vive. Piangere è affogare.
Lei odiava piangere.
Dentro pensava -- un pensiero da bambina quasi -- che se pioveva era perchè lei stava
piangendo, perchè lei era così potente da obbligare il cielo a far cadere giù secchiate
d'acqua, solo per lei. La realtà, sapeva, era ben diversa, quindi decise che... basta, non
voleva piangere, basta, basta.
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E non si rendeva conto di stare sussurrando quella parola all'orecchio di Yoshiko.
- Basta, basta... basta...E lei, la donna che era diventata la 'zia adorata' dei suoi figli, poteva solo piangere e
accarezzarle i capelli - Lo so,- disse con voce strozzata - tesoro lo so.now all your love is wasted then who the hell was I?
Cause now I’m breaking at the britches
and at the end of all your lines...
Who will love you?, who will fight?
And who will fall, far behind?
(Birdy -- Bon Iver cover -- Skinny Love)
Kakashi era sparito un'ora dopo. Sembrava che lui e Naruto si fossero dati il cambio perchè
cinque minuti dopo la sua frettolosa dipartita l'Hokage aveva fatto capolino mostrando un
sorriso patetico che era sparito non appena aveva adocchiato i figli dell'Uchiha.
Vedendo il biondo Ryosuke si era fatto piccolo piccolo e si era lasciato andare ad un sospiro
pesante quando l'Hokage gli aveva circondato le spalle sedendosi accanto a lui. Sasuke,
Temari aveva sentito delle infermiere borbottare poco prima, si era arbitrariamente alzato
dal letto nel quale era stato letteralmente legato ed era uscito nel corridoio che univa le due
strutture ospedaliere. Dall'esterno sembrava un tunnel interamente sorretto dai vetri, in
realtà era un corridoio adibito a zona fumatori.
Suo marito doveva essere lì insieme a suo suocero e al piccolo di casa Uchiha.
Yoshiko era tornata a casa per cucinare qualcosa visto che nessuno di loro voleva
veramente mangiare alla mensa dell'ospedale.
In quel momento Naruto le puntò gli occhi addosso e lei ricambiò lo sguardo nonostante
fosse consapevole che i suoi occhi non erano un bel vedere in quel preciso istante - Usciamo
Temari?, si soffoca qui...Lei annuì leccandosi le labbra gonfie, si avvicinò al biondo con la schiena dritta e le spalle
rigide; non voleva veramente parlare, chiaro, ma vedere Ryosuke (che in fondo era un
bravo ragazzo, lo sapeva benissimo perchè l'aveva visto crescere) in quello stato le metteva
una tristezza in corpo che non le era umanamente possibile far finta che non esistesse.
Gli passò una mano gelata sulla fronte portando indietro alcune ciocche di capelli e
facendogli contemporaneamente reclinare la testa indietro per guardarlo in faccia - Vieni
anche tu, non voglio restare sola con l'idiota.Ovviamente non gli strappò neanche una smorfia, ma almeno riuscì a fargli muovere il culo
dalla sedia dov'era sprofondato un'ora prima.
Arrivati nel corridoio (Naruto aveva circondato le spalle di Ryosuke con un braccio per
tutto il tragitto mentre lei si era limitata ad accarezzargli la schiena) erano stati colpiti
dall'odore acre del fumo. Niente da dire, gli uomini sapevano proprio come gestire lo stress
post-traumatico.
Sasuke gettò uno sguardo apatico all'indirizzo di Naruto, poi la braccio che circondava le
spalle di suo figlio, poi guardò suo figlio e alla fine quando riguardò Naruto grugnì.
- Si, Teme, sto consolando il tuo bimbo.- ... Non mi sta consolando nessuno...- Ecco, questa sembra la lamentela di un pupattolo che vuole essere coccolato!- Biondastro...- borbottò Ryosuke tremendamente pallido (= tremendamente imbarazzato).
- Dobe.Così un po' della tensione scemò, sentiva ancora freddo e aveva una voglia matta di
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vomitare ma sentì i muscoli rilassarsi. Naruto era sempre stato un anti-stress formidabile
dopotutto.
In realtà cercava con tutta se stessa di pensare con la testa, il cuore adesso non le serviva.
Anzi avrebbe voluto poterlo guardare per vedere se era ancora intero e non rotto come se lo
sentiva perchè a cosa serve un cuore rotto? E' un moncone, è una parte di un tutto che non
esiste più, è una protuberanza corporea che non serve, è inutile.
Il suo cuore era inutile.
Vide Ryosuke appoggiare la fronte sulla ringhiera d'acciaio, con la coda dell'occhio notò
Sasuke e Naruto accendersi una sigaretta l'uno e guardarsi. Si guardavano quei tre, non
dicevano nulla. Naruto aveva la capacità di decifrare le frasi interiori degli Uchiha, era un
traduttore di cazzate ambulante il loro Hokage, ma in quel momento Temari lo invidiò e
apprezzò molto non per quello che riusciva a fare senza in realtà fare niente di speciale, ma
per come lo faceva e per come ti guardava mentre lo faceva.
Naruto in fondo non era una persona, Temari non credeva che lo fosse mai stato; lui era un
posto dove sedersi e guardare alla vita in maniera totalmente diversa, era un'isola di
certezze incrollabili, era un paradiso per chi non riusciva a dormire. E pensava questo
perchè lei lo guardava e osservava da anni, sapeva che Naruto non era stato sereno, sapeva
che non era stato amato come si sarebbe meritato, sapeva che aveva sofferto come un cane,
ma a guardarlo adesso mentre con quegli occhi blu parlava agli Uchiha... non vi era traccia
di rabbia o rancore in quegli occhi, e dire che ne avrebbe avuti di motivi per odiare a morte
Sasuke.
Lei avrebbe voluto essere al posto dell'Uchiha, ad essere capita e consolata e obbligata ad
accettare quello che le si parava davanti. Perchè Naruto si limitava a farti accettare la verità
dandoti anche delle buone motivazioni per farlo.
Shikaku le si affiancò, odorava di pulito e liquore e Temari si ricordò di quando Shirai era
piccolo con la febbre a quaranta e lui, il nonno, era rimasto sveglio a sorvegliare sia lui che
lei -- addormentatasi sulla sedia. Ricordava di essersi svegliata con lo stesso odore di pulito
e di casa e di liquore sotto il naso.
Anche suo suocero era un mondo a parte in un certo qual modo, vuoi perchè era un uomo
vero, vuoi perchè lo adorava così tanto da vergognarsi a dirlo ad alta voce.
- Sono stato da Shirai poco fa. Dorme.- le disse spingendola con il braccio - Perchè non...- Voglio guardarlo negli occhi e voglio che lui guardi me.- sospirò odiandosi per la voce
rotta che le era uscita - Mi capisci?- Seh.- guardò di fronte a sè - Però Shikamaru è sveglio.- Lo vedo che è sveglio.- Non l'hai guardato in faccia neanche una volta da quando sei arrivata.- lei non rispose Non puoi avercela con lui per quanto è successo.- non rispose di nuovo - Credi che lui non
stia...Temari sollevò esasperata gli occhi e aprì la bocca per dire che non erano affari suoi, ma
una volta che Shikaku la guardò non riuscì a dirlo, perchè gli avrebbe mentito. Disse l'unica
cosa che sapeva essere vera - Lo so che lui sta peggio, l'ha convinta lui ad accettare la
missione. Lo so come sta.- Ma tu non vuoi andare lì,- ed indicò il figlio poco lontano da loro - e stargli vicino, mh?- Si che voglio andare da lui Shikaku,- sbottò passandosi entrambe le mani tra le ciocche
disordinate di capelli - ma non so... non so cosa dirgli per...- aprì e chiuse i pugni come se la
risposta fosse lì in mezzo.
E Shikaku si rese conto per la milionesima volta di quanto quella donna amasse suo figlio Non dovrei essere io a dirtelo,- disse circondandole le spalle con un braccio - perchè è da
quando vi siete conosciuti che si sa.- la strinse un po' a sè e schioccò la lingua al palato - A
mio figlio non servono parole Temari, non gli servono frasi, moralismi o perle di saggezza.
Non le vuole da nessuno, men che meno da te; però tu, a differenza degli altri, sei la madre
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dei suoi figli, sei sua moglie. Gli necessiti Temari, ha bisogno di te come presenza, non
come parole al vento.Tutti gli uomini della sua vita alla fine finivano per darle lezioni ontologiche.
[La testa di Shikamaru era così pesante sulla sua spalla, le sue braccia la stringevano per la
vita come in una morsa ed era così doloroso starlo a sentire -- ascoltare quelle parole
sbagliate uscire dalle sue labbra come veleno 'è colpa mia, è colpa mia'come un mantra e lei
non lo poteva sopportare perchè erano bugie -- che ad un certo punto gli prese con
entrambe le mani la testa e gliela strinse così forte che lui dovette zittirsi per forza.
- Non fare il ragazzino, ci sei già passato, andrà tutto bene. Stai zitto.- ci sono io era
ovviamente sottinteso.]
Tsunade uscì per prima dalla sala operatoria, li guardò tutti come se non li vedesse e non
aveva una bella espressione. Fece segno a Sasuke di seguirla e lui lo fece senza nessuna
smorfia o parola, perchè forse era preoccupato pure lui. Arbitrariamente lo seguì anche
Naruto (sono lo zio putativo!) e nessuno sentì Tsunade strillare.
Shikamaru (con la testa -- che gli faceva un male fottuto -- appoggiata sulla spalla di
Temari) delle parole che Naruto disse in seguito capì soltanto che Kyosuke era vivo, che
aveva perso troppo sangue e quindi sarebbe stato k.o per chissà quanti giorni e che aveva
perso un occhio.
Dopo dieci minuti si alzò per andare in bagno e lì dentro vide Sasuke prendere a pugni la
parete. Non si dissero niente, non servivano
parole.
Sakura uscì un'ora dopo, stanca, si vedeva che era esausta dalla punta dei capelli a quella
dei piedi. Lui e Temari si alzarono senza che lei dicesse nulla.
E lui capì che un polmone di sua figlia era collassato (emo-pneumatorace aveva detto
Sakura, fortunatamente Temari le aveva chiesto di parlare chiaro),che l'operazione era stata
complicata (aveva detto che l'avevano quasi persa -- persa nel senso che non c'era stato
battito per un tempo che Sakura aveva specificato ma che Shikamaru non ricordava,
essendosi lui bloccato alla parola persa) e che non sapeva per quanto tempo sarebbe
rimasta incosciente o per quanto sarebbe rimasta in vita.
Dipendeva tutto da come il corpo di Aiko avrebbe reagito alla massiccia perdita di sangue e
alla mancata erogazione di ossigeno in quei pochi minuti di ECG piatto, aveva detto Sakura
con gli occhi rossi e si vedeva, si capiva che la rosa non voleva essere lì, Temari la capiva.
Aiko sarebbe stata aiutata a respirare, sarebbe rimasta in terapia intensiva e loro avrebbero
potuto vederla solo oltre il vetro.
Shikamaru si era seduto immediatamente dopo, Temari era rimasta in piedi a guardare la
parete come se il cemento contenesse tutte le risposte alle sue domande.
Ed improvvisamente si trovò con un'enormità di cose da fare. Doveva mandare un
messaggio ai suoi fratelli, doveva tornare a casa e prendere dei vestiti puliti per i suoi figli,
doveva cucinare e doveva chiedere a Yoshino -- cosa dovesse chiedere a sua suocera non era
ben chiaro neanche a lei, ma sentiva di doverle dire un sacco di cose -- e avrebbe dovuto
correre in ufficio prima che chiudesse ed avvisare che non sarebbe stata reperibile per un
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tempo indeterminato e doveva farsi una doccia, bisognava che anche Shikamaru si facesse
una doccia perchè puzzava di posacenere pieno e doveva... doveva sapere che sua figlia ci
sarebbe stata per quando lei sarebbe tornata.
E quando Yoshino e Yoshiko tornarono in ospedale, la prima con i vestiti e la seconda con
le cibarie, Temari si sentì vuota. Quando Shikaku le disse che aveva provveduto ad inviare i
messaggi ai suoi fratelli, Temari si sentì inutile. Ora doveva solo aspettare.
Aspettare non si sapeva che cosa. L'attesa negli ospedali è la più pesante da sopportare,
perchè in quelle circostanze il tuo cervello si scollega e fai cose che non sono proprio nella
tua indole, perchè i medici ti urtano con le loro frasi ambigue e perchè le infermiere
passano e passano ma non sembrano mai interessate a niente che non sia il loro compito,
anche se questo è trasportare un carrello vuoto.
E l'odore di alcol, disinfettante e malati ti resta sotto il naso per giorni, te lo sogni pure la
notte se riesci a dormire e Temari odiava quell'odore sentito fin troppe volte durante la sua
vita, specialmente nell'adolescenza quando un braccio o una gamba rotti erano all'ordine
del giorno, quando operazioni e dolore erano i suoi migliori nemici.
Shikamaru sembrava semplicemente fuori di sè, nel senso che non c'era. Parlava poco, non
che di solito fosse logorroico ma normalmente diceva più di tre parole in croce, al massimo
annuiva e se ne stava seduto con il busto piegato in avanti, i gomiti sulle ginocchia
divaricate e le mani tra i capelli.
Ad un certo punto l'attesa diventa parte di te, addirittura speri che la risposta non arrivi
mai perchè stai bene, sei tranquillamente seduto sulle scomodissime sedie dell'ospedale e ti
senti stranamente in pace per il fatto stesso di non sapere assolutamente niente.
Pensi a tante cose, non ti concentri su nessuna; guardi in faccia chiunque ti parli, non
capisci quello che ti dicono. Mangi e quasi non mastichi perchè non ha senso masticare
qualcosa che un gusto non ce l'ha. Checchè se ne dica, in ospedale (almeno in quello) si
fuma tanto non per il piacere di fumare, ma per occupare le mani che senti intorpidite.
Vedi qualcuno alzarsi, questo qualcuno ti fa un cenno inconfondibile e tu lo segui come un
robot perchè oltre a stare seduto non hai nient'altro da fare. A parte chiuderti in te stesso e
vedere gli altri fare lo stesso non sai cos'altro fare.
Guardi tua moglie e soffri nel vederla pallida, vorresti dirle tante di quelle cose ma riesci
soltanto a starle fisicamente vicino -- in realtà non sai neanche perchè dovresti dirle
qualcosa visto che lei non ha bisogno di parole per capire.
E dopo ore -- o minuti -- vuoi solo vedere tua figlia. Dopo ore sei stanchissimo, ti senti
pesante e vuoi solo dormire, ma non puoi.
L'attesa è sempre una puttana.
Capitolo 22: Murder - you won't be leaving here unharmed
Murder
I've been around these vicious lies too.
Too long to be neglecting the truth.
I'm getting closer and I'm fully armed.
[...] You don't believe what all the signs say
I don't believe in judgment day
but you won't be leaving here unharmed...
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I'm killing them all, I put my soul on the line,
I purify sins that I committed in life.
I'll follow them all and I'll be bringing them down,
wherever they go I'm right behind.
There's nowhere to go, your head on the line!
There is no rope, you're running out of time...
So where will you go
when I will murder your soul?
[Murder - Within Temptation]
Negli anni seguenti la sua elezione ad Hokage Naruto aveva dovuto far fronte ai problemi e
alle merdate che il Consiglio aveva causato e perpetrato nel corso dei secoli; non era stato
un compito facile riuscire a sistemare le cose ed era stata una fortuna avere accanto amici
che si erano improvvisati consiglieri e politici per dargli una mano. Naturalmente non
esistevano solo i problemi vecchi, anche quelli freschi dovevano essere presi in
considerazione e con le pinze, primo fra tutti il fattore 'migliore amico'.
Dire che il ritorno di Sasuke era stato preso un po' troppo sul personale dalla maggior parte
dei cittadini era una minimizzazione, infatti c'erano voluti anni per convincere non solo
Konoha ma l'intero Paese che Sasuke Uchiha non era una bomba ad orologeria in procinto
di esplodere. Ovviamente nessuno poteva anche solo pensare di credere ad una cosa del
genere, vuoi perchè Sasuke non era proprio un raggio di sole splendente sociale e a modo,
vuoi perchè l'Uchiha tradito (da suo fratello in primis e dal suo stesso villaggio poi) viveva
ancora in lui e tutti sapevano che questa certezza avrebbe prima o poi causato degli scontri.
Naruto aveva, per così dire, elargito la sua neo-acquisita autorità da Capo del Villaggio
affinchè questi scontri non avvenissero (più per salvaguardare la vita dei suoi concittadini
che per salvare il culo all'Uchiha), naturalmente non aveva potuto evitare la scontrosità che
era stata rivolta a Sasuke, come non aveva potuto evitare i pugni e le palle di fuoco che
Sasuke aveva generosamente diviso tra i cittadini come pane e pesce.
Sakura aveva fatto molto in questo frangente. Ironicamente la rosa era diventata Il medico,
L'amica, La consigliera, La fidanzata, La moglie. Il rispetto che tutta Konoha le dimostrava
per queste sue qualità era indefinito ed inimmaginabile, automaticamente se Il medico che
aveva salvato la vita al 97% della popolazione decideva che era cosa buona, giusta e
assolutamente non pericolosa sposare l'Uchiha, generare figli con l'Uchiha e minacciare di
morte atroce quello stesso 97% di popolazione che lei stessa aveva salvato solo perchè non
voleva che il suo compagno fosse anche solo lontanamente guardato in un modo che a lei
non piaceva, allora effettivamente perchè continuare a dare aria alle ugole solo per
principio?
C'erano voluti anni affinchè Konoha capisse che Sasuke Uchiha, fin tanto che rimaneva
sotto le grazie dell'Hokage e Del Medico, non era un pericolo così grande.
Voi chiamatela pure raccomandazione se volete, fatto sta che il matrimonio
era veramente stato fatto. Molti lo consideravano ancora una farsa per evitare inutili
persecuzioni ai danni del Morbo, la verità era molto più semplice: Sakura aveva
semplicemente informato Sasuke che si sarebbero sposati, niente più e niente meno.
I genitori di lei erano stati tutt'altro che felici per il lieto fine della loro unica figlia perchè
comunque la si metta sposare un traditore redento non è un onore per molti. Era come
essere sposati con un criminale, sapere di avere sposato un criminale e far finta di non
sapere assolutamente nulla delle azioni illecite del proprio marito. Era una puttanata, ecco
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cos'avevano pensato i più.
Ovviamente a Sakura non era importato un beneamato cetriolo e se l'era sposato
comunque, il criminale.
Uno pensa che un Uchiha più in basso di così non può arrivare e invece no!, aveva
addirittura figliato. Proprio così, aveva avuto l'ardire di mettere incinta la propria moglie -che disonore -- non una, ma ben due volte.
Arrivati i bambini qualcosa era cambiato. Nessuno voleva commettere gli stessi errori che
erano stati fatti con Naruto, era una fortuna che a Konoha qualcosa l'avessero capita negli
anni, quindi avevano smesso di parlare dietro le spalle dell'Uchiha, avevano mitigato il loro
astio e anche se avevano continuato a guardare quell'uomo con diffidenza cercavano
sempre di non far capire assolutamente nulla ai suoi figli per quel minimo rispetto che è
dovuto ad ogni essere umano, ch'egli sia un vagabondo, un assassino, un falso o un pazzo.
In seguito i giovani Uchiha avevano capito che qualcosa non andava tra il villaggio e loro
padre -- non che per loro la cosa avesse importanza sia ben chiaro -- e avevano cercato
segretamente di capire. Trovare i fascicoli dedicati al clan Uchiha non era stata cosa facile,
ma i gemelli erano talentuosi e i loro due cervelli messi insieme ne facevano venti quindi,
una volta apprese le innumerevoli informazioni, avevano deciso che non erano fatti loro e
che potevano vivere tranquillamente le loro vite perchè loro padre era vivo, era a Konoha e
non sembrava poi così invasato e ossessionato come i fascicoli lo dipingevano.
Ryuichi, d'altra parte, aveva una personalità completamente diversa dalla loro che erano
un'anima in due corpi ed equilibravano di conseguenza pregi, difetti e fissazioni. Il
fratellino si era incazzato quando anche lui aveva accidentalmente tramortito il jonin di
guardia all'archivio ed era inciampato sul cemento finendo provvidenzialmente sopra i
fascicoli Uchiha.
Precisiamo che anche lui vedeva suo padre come un Dio sceso in terra per portare morte e
distruzione (quindi gioia e pace) e che niente del suo passato avrebbe potuto scalfire
l'enorme ammirazione che Ryuichi provava nei suoi confronti. Lui si era incazzato perchè
non solo papà caro non aveva mai accennato a tali... servizi perpetrati contro Konoha, e
neanche perchè non aveva avuto la decenza di bruciare le prove che lo tacciavano di
insubordinazione, tradimento, terrorismo, omicidio e altre accuse in generale.
Lui, Ryuichi, si era incazzato come un toro perchè era venuto a conoscenza di queste cose
non quando aveva aperto il fascicolo e aveva letto ciò che vi era scritto, no. L'aveva saputo
tramite un suo esimio compagno di classe (che era subitamente stato massacrato di botte
nel bagno dei maschietti nell'ala ovest dell'Accademia) troppo cretino per tenere la bocca
chiusa.
Lo scontro padre/figlio dodicenne era stato tanto inevitabile (si, a dodici anni Ryuichi era
perfettamente in grado di stendere un jonin incompetente) quanto inconcludente. Sasuke
non è il tipico personaggio che alla nascita dei figli cambia registro come per magia, certo
era consapevole che quei tre cosi fossero in parte suoi e che gli somigliavano in maniera
impressionante (parlavano come lui, si vestivano come lui, mangiavano come lui, si
lavavano come lui e, si, amavano come amava lui), ma questo non era importante, non per
il Morbo. Per questo non aveva mosso un muscolo quando Ryuichi l'aveva affrontato, per
questo aveva ascoltato con un interesse pari a zero le parole del ragazzino (lui sapeva quello
che era scritto nei fascicoli perchè era lui quello che avevano processato in pompa magna
quindi li aveva letti i maledetti fogli e qualcuno l'aveva addirittura autografato quindi suo
figlio non gli stava dicendo nulla che lui non sapesse già) e per questo aveva lasciato che lo
sfogo avesse luogo.
Poi l'aveva trascinato fuori in giardino per la collottola ed era stato comodamente seduto in
veranda mentre suo Ryuichi stava inginocchiato sui ciottoli a meditare sulle sue azioni.
Per ottenere una civile convivenza con Sasuke Uchiha bisognava tenere a mente due
semplici regole:
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1) anche se Sasuke non parlava molto e non si esibiva in gesti eclatanti di affetto e amore
incondizionato dentro le mura domestiche, fuori le mura domestiche e fin quando loro, i
figli, erano dentro i confini del Paese del Fuoco la sua autorità era indiscutibile e non solo
perchè era loro padre;
2) Disciplina, Ordine e Pulizia, perchè loro erano shinobi e l'albero viene raddrizzato
quando è giovane, non si sgarrava in casa Uchiha in qualsiasi frangente, dall'ordine nelle
loro stanze alle pulizie di casa.
Tutto questo non significava che Sasuke non... amasse i suoi figli, anche lui aveva i suoi
momenti (certamente più silenziosi di un normale padre e molto più rari di un temporale in
pieno luglio) ma sulla disciplina non transigeva e nessuno, neanche un figlio, poteva
prenderlo di petto e parlargli come se lui, Sasuke Uchiha, non fosse nessuno.
Ryuichi aveva imparato la lezione (infatti era diventato un albero dritto-dritto, alto-alto e
stronzo-stronzo) e aveva creduto che suo padre era e sarebbe rimasto prima di tutto uno
shinobi e poi tutto il resto.
Non aveva messo in conto il fattore 'missioni finite male'.
In meno di una settimana la regola numero due era stata cancellata dalla lista. Non
esistevano più ordine, disciplina e pulizia in casa loro e non perchè fossero una famiglia
pigra e disordinata e il motivo per quel repentino cambiamento si riassumeva in una
semplice frase: suo padre non dormiva a casa.
Da quando Kyosuke era stato operato all'occhio e da quando loro madre aveva deciso che
era meglio lasciarlo in ospedale per fargli inglobare meglio tutta la situazione, Sasuke non
dormiva a casa, ma in ufficio. Automaticamente la loro modesta dimora, da ordinata e
linda, si era trasformata in un bordello di cristallo perchè neanche Sakura aveva il tempo
per sistemare. Non si poteva entrare in cucina a causa del lavello colmo di piatti e scodelle
che sembravano non finire mai (ne lavavi due e si raddoppiavano), le stanze di Ryuichi e
Ryosuke erano impenetrabili, vestiti usati come suppellettili, divise sporche gettate sul
pavimento, futon disfatti e lasciati in quel modo dalla mattina alla sera.
Era come se il mondo si fosse spostato dall'asse e a Ryuichi i cambiamenti non piacevano.
Quella mattina si era svegliato con il torcicollo e tutti i nervi accavallati; il giorno prima si
era dedicato ad un allenamento spacca-ossa con Kakashi solo perchè voleva prendere a
pugni qualcosa ed è obbligatorio precisare che lui non era un tipo emotivo, il più delle volte
la sua indifferenza era da ammirare tra l'altro, ma tutti quei cambiamenti (suo fratello
maggiore in ospedale con un occhio solo, l'altro suo fratello che viveva praticamente per
osmosi da una settimana, sua madre perennemente incazzata e suo padre che non c'era) lo
infastidivano più di ogni altra cosa al mondo.
Non c'era più ordine, non esistevano più routine e abitudini. Suo padre non tornava a casa
neanche per onorare i suoi genitori, il che era tutto dire.
Aprì il frigorifero con un gesto nervoso, la tentazione di cominciare a fumare era forte e le
sigarette che suo fratello Kyosuke aveva lasciato a casa prima di partire per la missione lo
tentavano ancora di più visto che erano messe in bella vista sulla mensola sopra il lavello. E
lo rivide proprio lì, in piedi con la sigaretta tra le labbra e le mani insaponate sulla sua tazza
da caffè blu scuro con il suo nome scritto sopra in stampatello.
Generalmente non era una persona emotiva e suo fratello non era neanche morto, quindi
tutto quel sentimentalismo non sapeva da dove fosse uscito. Sicuramente era da attestare al
modo in cui i suoi genitori stavano affrontando la cosa.
Richiuse il frigorifero con un cartone di succo di frutta e pescò una mela dalla cesta di
vimini sul tavolo; si issò sul bancone della cucina e mangiò con gli occhi neri rivolti fuori
dalla finestra e sul giardino dove suo padre li aveva allenati tutti e tre.
Ricordava che Kyosuke era stato il primo a sviluppare lo sharingan, ricordava la sua boria
onnipresente, l'orgoglio negli occhi di suo padre. Non si poteva dire che Kyosuke fosse un
ragazzo a modo, era scontroso e freddo, non aveva paura di niente e non amava uscire e
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socializzare a differenza di Ryo che trovava tutte le scuse per uscire fuori di casa, ma allo
stesso tempo era quasi sensibile, ovviamente non in senso lato. Era empatico, capiva le
persone, le inquadrava con un solo sguardo e non diceva mai una parola di troppo o una in
meno, parlava il giusto e diceva sempre le cose giuste. In più era un ninja con le palle.
Ryuichi l'aveva un po' preso ad esempio.
Ingollò il succo di frutta e lanciò il cartone nella spazzatura facendo un canestro perfetto,
finì la mela in due morsi e appoggiò la nuca al vetro della finestra chiudendo gli occhi;
anche in quella posizione le sue gambe quasi toccavano il pavimento a testimonianza della
sua altezza.
Socchiuse gli occhi e il suo sguardo venne catturato dalla pila di piatti sporchi, grugnì
pensando al casino che sua madre avrebbe fatto una volta tornata a casa e non voleva che le
sue orecchie fossero nuovamente violentate dai suoi strilli da banshee. Fu con la più totale
boria che si alzò e cominciò a lavare i piatti, in meno di un'ora aveva riordinato l'intera
cucina ed era piuttosto soddisfatto dell'odore di pulito che ora si respirava.
A quel punto adocchiò le sigarette di suo fratello e con una scrollata di spalle decise che
provare una sigaretta non aveva mai ucciso nessuno, quindi si issò nuovamente sul
bancone, sigaretta e accendino in mano e aprì strategicamente la finestra, il vento gli
scompigliò i capelli portando alcune ciocche corvine sulla fronte, li spostò con un gesto
fluido della mano destra. Accese il bastoncino-killer e il primo tiro gli bruciò letteralmente
la gola, causando dei colpi di tosse secchi che gli fecero lacrimare gli occhi.
Persistette a fumare nonostante l'orribile sapore e ad ogni tiro il suo viso si esibiva in una
smorfia al limite dello sconcerto. Ryosuke lo trovò così, seduto a gambe quasi penzoloni sul
bancone della cucina, sigaretta infilata tra le gengive e occhi arrossati dalla tosse.
Lo guardò per una frazione di secondo, poi notò la cucina pulita e inarcò un sopracciglio
riportando lo sguardo sul suo fratellino adorato - E' passata la nonna?- Ho pulito io.- Carino.- Una sega.- Ovviamente era implicito, otouto.- bisbigliò appoggiando le reni al tavolo.
Ryuichi odiava quell'appellativo, non l'aveva mai potuto sentire, quindi gli lanciò
un'occhiata velenosa e continuò a fumare anche se gli faceva schifo - Sento la puzza di
sudore da qui, aniki.Il gemello simpatico sghignazzò e lo guardò dalla testa ai piedi - Tu puzzi ancora di latte.Ryuichi roteò il medio - E sei viziato.- a quel punto il fratellino afferò un coltello ancora
bagnato e glielo puntò contro tanto per fare scena, Ryosuke non era impressionato - Non
puntarmi mai un coltello addosso se non intendi usarlo Ryuichi.- Non tentarmi.- Hn.- fece un mezzo sorriso quando il piccoletto ripose il coltello - Tutto bene?Ryuichi lo guardò come se gli fosse spuntata un'altra testa - Tu stai male.- suo fratello
inclinò la testa sulla spalla e lo guardò con entrambe le sopracciglia inarcate - Non mi piace
questa cosa...- grugnì saltando giù dal bancone.
- Cosa non ti piace?Quello indicò lo spazio che li divideva - Questo non mi piace, tu che fai domande stupide
non mi piace.Ryosuke si scrollò nelle spalle - Ogni tanto fa bene avere qualcuno che si preoccupa per te.- Questo... fa più schifo della sigaretta.- disse sentendosi letteralmente nel posto sbagliato
nonostante fosse a casa sua.
- Come speri di trovare una fidanzata con quest'attitudine?- gli domandò con tono
sarcastico.
- Non la voglio una fidanzata.- grugnì afferrando un'altra mela dalla cesta, l'addentò come
se vi fosse impressa la faccia del suo fratellone adorato.
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- E perchè no?- Preferisco vivere.- Profondo...- roteò gli occhi al soffitto e anche lui prese una mela perchè, in vero, non
aveva nient'altro da fare per tenere le mani (e la bocca) occupate - Però un giorno
troverai...- Quella giusta?, ma per favore.Ryosuke lo guardò malissimo - Com'è stato per mamma e papà.- Nostro padre non voleva sposarsi, l'hai scordato? Kami, perchè stiamo avendo questa
conversazione? Naruto ti ha imbottito di stronzate ancora una volta?- Dico solo che se continui a comportarti come una puttana alla fine anche quella giusta ti
vedrà come tale.Ryuichi ponderò le parole del fratello, le recitò nella sua testa ancora e ancora e contò fino a
tre per ritrovare la sua pazienza - Non sono una puttana,- disse puntandogli il dito contro e
ignorando lo sguardo divertito che il maggiore gli lanciò - inoltre, nel remoto caso in cui
quella giusta dovesse vedermi come una puttana senza andare oltre ciò che gli altri, o le
altre, credono che io sia... allora non sarebbe quella giusta. Ora smettila di tritarmi i
coglioni.- Tu non sei andato da Aiko, vero?- Ovviamente no, non me la farei mai, è una compagna di squadra, non si fa sesso con le
compagne di squadra.- e lo disse con così tanta innocenza che Ryosuke si dimenticò che la
sua domanda non era riferita al sesso, ma solo per un momento visto che poi si lasciò
andare ad una risata cristallina mentre suo fratello lo guardava terribilmente male.
- Non in quel senso, idiota, Kami sei fissato con il sesso...- bofonchiò l'ultima parte - No, mi
chiedevo se tu fossi andato, sai, a trovarla in...- lo sguardo di suo fratello si fece duro questi...- e le sue labbra si piegarono in una smorfia crudele - giorni.- per non parlare dello
sharingan che baluginò per un momento nei suoi occhi, per poi svanire in un istante così
com'era venuto.
E Ryosuke fu certo del fatto che, se non avessero sentito la porta principale aprirsi, Ryuichi
gli sarebbe saltato al collo e non per mostrargli il suo affetto fraterno, ma per fargli male.
E prima che Sasuke entrasse, Ryuichi aveva circondato il collo di suo fratello con il braccio,
aveva accostato le labbra al suo orecchio e aveva stretto la presa come avrebbe fatto un
pitone, come se suo fratello l'avesse appena offeso - Aniki,- sussurrò spostando lo sguardo
da lui alla porta della cucina, in attesa che entrasse chiunque avesse aperto la porta
d'ingresso - tu sei andato a trovare nostro fratello da quando si è svegliato?- Ryosuke
contrasse i muscoli e serrò i denti, Ryuichi ghignò premendo forte la guancia contro la sua Non farmi la morale, non lo fare mai, io non sono te.- e gli schioccò un bacio sullo zigomo
dandogli una pacca sulla spalla prima di mollarlo del tutto - Ciao papà.- bofonchiò come se
niente fosse successo e Sasuke lo guardò attentamente prima di ricambiare il saluto Mangio fuori con Chojiro.Suo padre reagì alle buone nuove come faceva sempre: non reagendo affatto.
Solo con suo padre Ryosuke sentì un'enorme pressione, era come se la stessa aura di
Sasuke lo stesse spingendo in basso, perchè suo padre sapeva che non era stato in ospedale
da quando Kyosuke si era risvegliato.
- Buongiorno pà.Silenzio, ma sentiva suo padre muoversi nella cucina, aprire il frigo, richiuderlo, aprire
scaffali e richiudere anche quelli e all'improvviso c'era solo il tavolo a dividerli, Ryosuke gli
dava le spalle e Sasuke stava scavando un buco con il suo sguardo proprio in mezzo alle
scapole di suo figlio.
Passarono minuti, nessuno dei due parlò. Ryosuke non aveva le fottute palle per girarsi e
guardarlo in faccia e Sasuke lo sapeva.
- Non farmi venire lì.- strascicò e non usò un tono particolarmente duro o autoritario, si era
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limitato ad aprire la bocca e ad usare la lingua, ma era bastato per far prima irrigidire la
schiena del ragazzo e poi a farlo girare - Guardami.- non ottenne una reazione degna di
nota, quindi cambiò totalmente tono e questa volta anche i peli delle braccia di suo figlio si
rizzarono - Guardami.- e Ryosuke lo guardò con nervosismo - Io non sapevo di aver
generato un codardo.- sibilò guardandolo dalla testa ai piedi - O un mezz'uomo.- Io...- Silenzio.- quasi ringhiava tanto profonda era la sua voce - Andrai in ospedale.- Ma...- Non mi interessano i tuoi sentimenti sulla faccenda Ryosuke, andrai in ospedale e non lo
dirò una terza volta.- Io non so cosa dirgli.- ringhiò sbattendo il pugno sul tavolo - Abbiamo la stessa faccia e
ora lui ha un occhio solo!Sasuke sembrò implodere - E allora dagli il tuo occhio!- sibilò facendo letteralmente uscire
il cuore di suo figlio dalla cassa toracica - Strappati l'occhio, ammazzati, ma vai in quel
cazzo di ospedale Ryosuke!- il rumore del legno che si spezzava arrivò dritto al cervello del
ragazzo.
Guardò il tavolo spezzato, le schegge taglienti come rasoi e gli occhi neri di suo padre che gli
perforavano la testa come un trapano, gli tremavano tutti i muscoli.
Sasuke si passò una mano sul collo, sfiorò la spalla sinistra con gesti misurati e il suo
respiro tornò normale - Sparisci dalla mia vista.- sibilò.
E l'autorità di Sasuke non si discuteva.
Murder [mur—der]; Assassinio [as-sas-sì-nio] s.m.
Omicidio, delitto, uccisione.
v.tr.
1. To kill brutally or inhumanly. Uccidere brutalmente o inumanamente;
2. To put an end to; destroy. Porre fine a - distruggere;
3. Mutilate. Mutilare.
v.intr.
To commit murder. Commetere un omicidio.
Ora, Shirai odiava gli ospedali perchè odiava le punture e non c'era il latte caldo nel menu
della colazione e per un lattomane come lui una tale privazione possedeva una magnitudine
pari a quella del crollo di una diga. Il fatto stesso di non potersi alzare dal letto -ovviamente a causa degli antidolorifici che l'avevano esponenzialmente rincoglionito -- era
immensamente seccante perchè a lui camminare piaceva. Tanto.
Voleva vedere sua sorella e Kyosuke, voleva sapere dove cavolo fossero andati a finire tutti i
suoi dannati parenti e voleva una sigaretta alla menta, anzi voleva farsi direttamente una
canna così prendeva il toro per le corna.
Suo padre era stato con lui per ore senza neanche sbattere le palpebre, il che era molto
preoccupante dal punto di vista fisiologico, e gli aveva spiegato per sommi capi cos'era
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successo nelle sale operatorie e quali erano le conseguenze della loro missione fallimentare.
Per la prima volta in tutta la sua vita Shirai non diede la colpa di ogni cosa all'Uchiha, in
effetti non sembrava neanche normale che per una volta la disgrazia non fosse stata causata
dal Morbo, però Shirai non lo accusava e il perchè era molto semplice: il Morbo era con lui
quando Il Fatto era accaduto; questo significava che Shirai non sapeva con precisione
assoluta cosa fosse accaduto in quei pochi minuti che lui e l'Uchiha erano stati via, quindi il
Nara si sentiva doppiamente un idiota perchè non era stato presente quando sua sorella
aveva avuto bisogno di lui.
Il fatto che insieme a Kyosuke e Aiko ci fossero anche TenTen, Akamaru e Kiba non faceva
testo perchè, in tutta sincerità, Shirai si fidava poco degli shinobi old school. In realtà il
senso di colpa lo stava divorando vivo, questo era il problema.
Lui capiva tutto, anche i protocolli inutili, ma più ore passavano e più pensava che non gli
volessero far vedere Aiko e se non volevano che lui la vedesse allora le condizioni di sua
sorella erano più gravi di quello che i suoi genitori gli avevano fatto intendere.
Alle undici Sasuke Uchiha era entrato nella sua stanza mostrando il solito sguardo da pesce
lesso ancora più accentuato dalle occhiaie imbarazzanti che mostrava quasi con
disinteresse. Shirai aveva saputo dell'occhio di Kyosuke da poche ore e in un certo senso
capiva perchè il Morbo non fosse il ritratto della salute.
Ironicamente si chiese se, nel caso in cui Kyosuke avesse perso un arto piuttosto che
l'occhio, Sasuke avrebbe provato lo stesso dispiacere, ammesso che avesse mai provato
qualcosa di diverso del rancore.
- Ciao santino, qual buon vento?Quello chiuse brevemente gli occhi al sentir pronunciare il vezzeggiativo con il quale Shirai
lo chiamava da anni - Il rapporto.- strascicò sbattendo indelicatamente un plico di fogli sul
letto dell'invalido.
- Elabora santino.- sghignazzò pur sentendo numerose fitte di dolore dal collo in giù e
guardando dubbiosamente i fogli.
Sasuke lo guardò impassibile, la sua carnagione sembrava più pallida del solito colpita dalla
luce del sole che entrava dalla finestra - Firmalo.- Oh, certo. Fammelo leggere un attimo...- Devi solo firmarlo Nara.Lui capiva tutto, anche e soprattutto quando qualcuno stava per aggirare le regole di base di
una buona società di shinobi indefessi. Sinceramente parlando non gli fregava molto di che
cosa fosse stato cambiato nel rapporto, ora che sapeva che qualcosa non era stata scritto
come sarebbe dovuto essere gli interessava ancora di meno.
Sasuke Uchiha era un capitano ANBU, era un suo diretto superiore e lavorava a stretto
contatto con l'Hokage quindi se lui riteneva opportuno non fargli leggere il rapporto prima
di farglielo firmare, chi era Shirai per disobbedire ad un ordine?
Scrisse disordinatamente il suo nome su tutti i fogli che aveva davanti agli occhi (erano
troppi, si disse, quei fogli non appartenevano solo al rapporto, ma non chiese niente perchè
non gli interessava -- a meno che il Morbo non gli stesse facendo firmare delle cambiali) e
glieli porse con un ghigno impertinente sulle labbra - Senti...- prima che potesse finire
l'Uchiha gli lanciò un pacchetto di sigarette e Shirai si illuminò - Quando ti deciderai a
scoparmi, eh, santino?- Ti farò il favore di cancellare quello che hai detto dalla mia memoria.- sibilò guardandolo
malissimo.
Shirai sbuffò una risata prima di ritrovare la sua perduta (e mai rimpianta) serietà - Hai
visto Aiko?- al silenzio del Morbo si aggiunsero altre domande - Come sta?, è sveglia?guardò l'Uchiha con occhio clinico quando non sentì nessuna risposta, neanche uno sbuffo
d'aria, niente di niente - Sasuke...- No.165
- No?, che significa 'no'?Venne guardato come se fosse di nuovo un bamboccio alle prime armi - Aiko non è sveglia.e uscì dedicandogli un ultimo sguardo oltre la spalla.
Circa venti minuti dopo arrivò Sakura con le braccia piene di fascicoli e di cartelle in
equilibrio precario e una faccia che definire cinerea era un eufemismo - Allora... Nara,
Nara...- cominciò mentre sfogliava velocemente le cartelle in cima al mucchio e tirandone
fuori una che portava il suo nome - Shirai Nara!- schioccò la lingua al palato e lesse quello
che le stava sotto il naso per poi corrugare profondamente la fronte - Perchè sei ancora
qui?- Ehm...- No guarda questa è la goccia che fa traboccare il vaso!- Shirai la guardò con gli occhi a
palla - Non solo mi riempiono di pazienti che pretendono di essere ricoverati per un
banalissimo raffreddore, ma mi ritrovo anche con gente ricoverata che potrebbe
benissimamente uscire dalle palle!- ora era diventata bordeaux, Shirai persistette a
guardarla con gli occhi a palla.
- Sakura-san io...Lei grugnì e lo guardò malissimo - Senti Shirai, non hai niente di grave se non si contano le
costole ammaccate e non è niente che tu già non abbia sopportato, questo non è un albergo
e a me serve il tuo letto per un'appendicite, quindi...- gli scaricò due pillole per il dolore e
una bottiglietta d'acqua - prendi queste, rivestiti e sparisci.- Ma...- Ti voglio fuori da quest'ospedale entro dieci minuti.- affermò impietosa, poi si voltò verso
la porta che aveva lasciato aperta e sbraitò ai quattro venti - Chiaki!, se trovo un altro fintoinvalido giuro sui miei figli che te la faccio pagare!- e uscì nelle imprecazioni generali.
Il Nara si prese del tempo prima di scendere dal letto, era un po' traballante sulle gambe e
respirare faceva un male cane, ma sapeva che Sakura-san aveva ragione -- non poteva
rubare il letto a chi ne aveva più bisogno di lui -- e di conseguenza non avrebbe mai fatto
storie per un motivo del genere. Vestirsi fu difficoltoso, ringraziò sua nonna che invece di
portargli la divisa (piena di bottoni e lacci e decisamente troppo ruvida per un
feritograve come lui) come da prassi aveva scelto una tuta consistente in pantaloncini al
ginocchio e la maglia indecente (sopra vi era scritto "Sex instructor: first lesson free") che
lui e suo zio Kankuro avevano comprato durante una gitarella nel paese delle Cascate; non
potendo piegarsi più di tanto si era limitato ad infilarsi le scarpette senza allacciarle -- cosa
che a lui dava molto fastidio perchè non sopportava sentire le scarpe scappare via ad ogni
passo.
Raccolse disordinatamente i capelli sulla nuca e uscì dalla stanza a passi controllati e lenti;
le infermiere del piano lo salutarono con sorrisi e rimproveri, qualcuna gli guardò pure il
sedere come se non avessero mai visto un bel culo in vita loro.
Decise arbitrariamente di andare a trovare il neo-guercio e, sapendo bene di non potersi far
vedere da Sakura, accellerò più che potè il passo (quasi svenendo nel farlo). Avrebbe voluto
poter andare da sua sorella, lo voleva con tutto se stesso in realtà, però il reparto di terapia
intensiva era una cosa seria, gli orari erano rigidi, gli infermieri e i dottori che vi
bazzicavano lo erano ancora di più e quasi avrebbero preferito non far entrare nessuno, di
conseguenza anche per uno shinobi bello&affascinante come lui sarebbe stata una missione
suicida (anche perchè Tsunade dirigeva terapia intensiva e lei sentiva il rumore di uno
spillo che cadeva, perciò non se ne faceva niente).
Kyosuke era stato in terapia intensiva fino al momento del suo risveglio, l'avevano trasferito
da quattro giorni in un reparto più... luminoso e meno pesante da sopportare. Ovviamente
si prendevano cura di lui come tante mamme (il che era imbarazzante) o così aveva sentito
dire dalle infermiere.
Si domandò cos'avrebbe potuto dirgli nel caso in cui il suo umorismo non avesse
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funzionato, automaticamente si chiese cos'avrebbe detto ad Aiko quando si sarebbe
risvegliata -- e si sarebbe risvegliata, di questo ne era certo, per la sua sanità mentale, per la
sua integrità, per tutto quello che erano.
Ora, lui non sapeva esattamente in quale stanza avessero messo Il Guercio, di conseguenza
vagò un po' alla cieca fino a quando non vide Ryuichi con la schiena appoggiata accanto ad
una porta; fece per salutarlo, ma l'Uchiha gli intimò di stare zitto con un dito appoggiato
sulle labbra.
Avvicinandosi vide che la porta non era completamente chiusa e notò che Ryuichi sembrava
parecchio interessato a quello che stava accadendo all'interno della stanza; si scrollò nelle
spalle si sistemò dall'altro lato della porta cercando di distinguere le parole che sentiva.
Sembrava Ryosuke... no, era Ryosuke capì e si domandò il motivo per il quale il piccoletto
di casa Uchiha non fosse entrato con lui.
- ... ora dovrai camminare con la benda.- Si.Shirai sentì il rumore di una sedia che veniva spostata, poi la voce di Ryosuke - Alle ragazze
piacciono queste cose, le cicatrici dico, le trovano sexy.- Sono fidanzato.- Parlo in generale.- Fai prima a star zitto.Shirai trattenne a stento la risatina e anche Ryuichi roteò gli occhi al cielo in una
chiarissima dimostrazione di divertimento - Ad ogni modo,- continuò Ryosuke - come stai?,
a parte l'occhio che... bè, non c'è più un occhio del quale preoccuparsi...- Ti distruggo quando voglio, con due occhi o con uno non fa differenza.- grugnì il suo
gemello.
- Non in quel senso... noi siamo gemelli.- E?- E io ho due occhi e tu no.Ryuichi si pizzicò il naso con due dita - Non è colpa tua.- ringhiò Kyosuke.
- E non è neanche da te.- Perdere un occhio non è da me?- Shirai quasi lo vedeva guardare il fratello con la fronte
corrugata.
- Farti battere non è da te.- e da come annuì anche Ryuichi sembrava approvare
quell'ultimo punto, Shirai stesso, sotto sotto, la pensava allo stesso modo - Quel ninja era
così forte?Kyosuke non rispose subito, restò in silenzio contemplativo per parecchi minuti, poi svuotò
il sacco e Shirai capì perchè Ryuichi non era entrato con il fratello.
Certe cose si dicono ad una sola, determinata persona dopotutto.
- L'occhio mi dava noia già prima di partire, le gocce non hanno risolto niente. Era come
avere qualcosa sotto le palpebre che graffiava l'occhio ogni volta che lo muovevo. Nostro
padre non lo sa, quindi muto.- Che gran coglione.Kyosuke non sembrò registrare il commento del gemello - Quando ci hanno attaccati...
erano veloci, il tipo era veloce. Mi ha scambiato per papà,- grugnì - 'Uchiha-san' diceva ed
era incazzato. Ho dovuto attivare lo sharingan, ma sai cosa succede quando lo attivi con gli
occhi che ti fanno male.Shirai vide Ryuichi fare una smorfia infastidita, chiaramente anche lui capiva quello che il
fratello stava dicendo.
- La situazione lo richiedeva?- Ovvio.- Quindi tu hai rischiato e perso l'occhio consapevolmente? Sei un coglione.- e da lì presero
a parlare a bassa voce, sicuramente si stavano reciprocamente insultando e Shirai capì che
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in quella missione più di una cosa era andata storta.
Il fatto stesso che avessero scambiato Kyosuke per Uchiha senior era un dato che il Nara
non poteva non notare -- perchè cambiava ogni cosa; i ninja non erano shinobi vagabondi
in cerca di documenti riservati o denaro, ma avevano attaccato con consapevolezza visto
che conoscevano il nome di Sasuke e per qualche motivo ce l'avevano con lui.
Il suo cervello prese a lavorare, collegava fatti, segni, odori in un vano tentativo di ricordare
cos'aveva visto quando era arrivato nel loro perimetro e aveva visto quei ninja sconosciuti.
Ricordava le posizioni di ognuno, ma non era sembrato un attacco premeditato -- il campo
era in uno stato troppo confusionale, i ninja che li avevano attaccati sembravano loro stessi
confusi oltre ogni dire.
- ... avresti fatto lo stesso.- No, io mi sarei salvato il culo!- Ce l'avevano con me, lo vuoi capire?, mi attaccavano a destra e a sinistra!In effetti Shirai non sapeva in quale altro modo l'Uchiha avrebbe potuto gestire la cosa,
anche sapendo di rischiare un occhio aveva dovuto attivare la sua abilità innata.
- E quindi l'occhio ti è caduto da solo?- No, idiota, mi ha colpito con il kunai.- E come ha fatto ad arrivarti così vicino?, ci vedevi male anche con il sinistro?- ... mi sono distratto.Questa volta sia Ryuichi che Shirai approvarono il 'sei un fottuto coglione' di Ryosuke.
Ancora silenzio.
La situazione in sè era quasi paradossale.
- Ne, Ryosuke... la Nara è viva?Shirai si irrigidì all'istante, Ryuichi si pizzicò di nuovo il naso con due dita e chiuse gli
occhi.
- ... è più di là che di qua.- Devi ringraziarla da parte mia. Mi ha salvato la vita.- Non vedo come sia possibile visto che l'hanno infilzata come uno spiedino.L'Uchiha avrebbe preso tanti di quei pugni da non ricordarsi più il suo nome.
- Quello infilzato dovevo essere io.- replicò atono Kyosuke - Si è messa in mezzo, mi ha
salvato il culo.A quel punto Ryuichi reclinò la testa indietro e guardò il soffitto con le labbra strette tra i
denti.
- E fratello...- la voce di Kyosuke era così piatta da non sembrare neanche umana - Quei
ninja erano del Suono.- Impossibile.- So quello che ho visto, erano di Oto.-
[...] you won't be leaving here...
Negli anni seguenti la sua elezione ad Hokage, Naruto aveva dovuto far fronte a problemi
politici e sociali, ma non era mai stato un capo ingiusto e non avrebbe mai voluto esserlo.
Purtroppo accadevano delle cose nella vita, cose che non immaginavi potessero mai
accadere a te, che irrimediabilmente ti facevano crescere, cambiare e insieme al
cambiamento arrivano altre cose: nuove opinioni, diversi modi di vedere la vita.
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Lui non era più un ragazzino, doveva prendere decisioni ogni giorno della sua vita, non
aveva quasi più una vita matrimoniale (se sua moglie non fosse stata Hinata sarebbe stato
un padre single) e dava importanza al suo Villaggio, a ciò che voleva il suo Villaggio.
Ironicamente Konoha voleva i prigionieri morti, perchè avevano inutilmente ferito due
shinobi e non si scherza con Konoha, nè con gli Uchiha e men che meno con i Nara.
Sembrava che tutti gli screzi passati fossero stati nuovamete cancellati da
quell'avvenimento e Naruto aveva preso la cosa sul personale visto che aveva quasi
cresciuto Kyosuke (e checchè ne dicesse Sasuke, i ragazzi lo adoravano più come parente
che come Hokage) che era anche il fidanzato di sua figlia e Aiko era la sorellina di un suo
allievo.
Lui non era mai stato un capo ingiusto, ma sentendo i prigionieri parlare (avevano
confermato la loro appartenenza ad Oto, avevano confessato di essere stati cresciuti dai loro
genitori -- scappati dal Suono prima che Sasuke uccidesse Orochimaru -- che gli avevano
insegnato a combattere e ad odiare l'Uchiha che apparentemente aveva rovinato loro la
vita; una volta abbastanza grandi per fare ciò che erano stati addestrati a compiere erano
partiti all ricerca della persona che gli era stato insegnato a detestare e appena avevano
trovato uno che gli somigliava avevano attaccato, ignoranti del fatto che l'Uchiha non era
più uno, che aveva avuto dei figli e che quindi i bersagli erano di più. Non erano pentiti di
ciò che avevano fatto, continuavano ad insistere che 'abbiano cavato l'occhio ad uno di loro,
ammazzare gli altri non è un problema', il che buttava Naruto nella più totale ira) sentiva di
dover affrontare tutta la faccenda in maniera secca e autoritaria. Giusto o meno, se
volevano gli Uchiha, Naruto glieli avrebbe dati.
Stava guardando Sasuke in quel momento, lo fissava come aveva sempre fatto e l'altro si
limitava a guardarlo di rimando, quasi annoiato.
Naruto sapeva benissimo che era stanco, lo vedeva dalla piega dolorosamente sottile delle
sue labbra, lo sentiva dal respiro lieve e dalla puzza di bruciato che proveniva dall'Uchiha,
come se avesse giocato con le sue palle di fuoco per ore, bruciando alberi ed erba.
C'era molto di più in Sasuke che in qualsiasi altro uomo.
- Che vuoi fare?, entri?- gli domandò strofinandosi gli occhi stanchi, sentiva le spalle
pesanti e aveva una voglia matta di dormire.
Sapeva che Sasuke dovesse sentirsi allo stesso modo, alla fine non erano cambiati poi molto
loro due - Ho chiuso con Oto.- replicò semplicemente l'Uchiha.
- Ovvero: quei due non valgono cinque minuti del mio tempo.- ghignò il biondo roteando
gli occhi al cielo - Qualcuno di voi Uchiha dovrà pur entrare, dovete restituire un po' di
favori.- Hn, da quando risolvi le cose in questo modo?- Da sempre, teme, da sempre.L'Uchiha piegò un lato della bocca all'insù e lo guardò con la coda dell'occhio - Chiama i
ragazzi.E Naruto prese un profondo respiro - Non hanno mai ucciso qualcuno su commissione,
Teme.Sasuke ghignò - Seguono gli ordini perfettamente, UsuratonkachiSbuffando come una locomotiva Naruto trattenne a stento le risate - I tuoi forse, quelli
dell'Hokage sono facilmente scavalcabili per loro.Il suo migliore amico, suo fratello, l'estensione della sua stessa anima si pizzicò il naso con
due dita e nascose il ghigno divertito con la mano.
... unharmed.
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Ryosuke era pronto ancor prima che l'ordine venisse dato, Ryuichi si era semplicemente
trasportato al quartier generale Anbu con la tuta da ginnastica e la katana di suo fratello
Kyosuke legata sulla schiena.
Ibiki li aveva guardati entrambi dall'alto in basso, pensando che quel compito poteva
benissimamente essere considerato come un esame per entrare a far parte della sua
squadra (aveva perso quattro uomini il mese scorso, era a corto di personale), ovviamente
Naruto sapeva che Sasuke ed Ibiki si erano giocati la cosa a carte e in sincerità non trovava
niente di sbagliato nel sottoporre i ragazzi a quell'esame improvvisato. Voi chiamatela pure
raccomandazione, però gli Uchiha erano fatti per essere Anbu, tenetelo bene a mente.
Ovviamente Ryosuke aveva scelto il ninja che aveva ferito il suo gemello, Ryuichi, d'altro
canto, non aveva mai dato molto importanza a certe quisquiglie come età e sesso, quindi
non aveva fatto una piega quando aveva visto che il suo avversario non solo non sembrava
avere neanche diciotto anni, ma era persino femmina.
Ryosuke, prima di entrare nella stanza a lui assegnata, l'aveva confrontato di petto (più per
chiarezza che per altro).
- L'ho sempre saputo che eri un violento.- Generalmente non picchio le donne.- Vallo a dire alla Nara.Ryuichi aveva sghignazzato - Bakaiko non è mica femmina.- Ad ogni modo,- glissò guardandolo in tralice - tra noi è tutto risolto?Quello aveva aperto la porta con ancora il ghigno sulle labbra - Liscio come l'olio aniki.-
Il cuore di sua sorella cedette il giorno dopo e lui sentì tutto il suo essere crollare in tanti
pezzettini. Lo capì dal suo stesso corpo che tutto stava cambiando, il suo corpo gli aveva
sempre parlato; di rabbia, dolore, di amore o lussuria, gli aveva sempre comunicato
qualcosa. In quei momenti, quando Sakura cercava di salvare la vita a sua sorella, il suo
corpo si spezzava in continuazione.
Non faceva male, non era una cosa dolorosa, era un semplice dato di fatto. Quello che
faceva male era pensare, perchè se pensi ci sei; non è un pensiero così tanto filosofico come
ci insegnano, è ovvio che se pensi esisti, perchè perder tempo su questa cosa? C'è una
grossa distinzione da fare, tra pensare e pensare. Anche quando sei ubriaco pensi, ma
mentalmente sei da un'altra parte, non sei totalmente in controllo di te stesso; quando sei
arrabbiato pensi e straparli, ci sei ma allo stesso tempo non sei tu a dominarti.
Quando pensi a cose come la vita, la felicità, la morte e sei lucido e consapevole -- nel senso
che decidi tu cosa pensare e come formulare il pensiero -- è tutta un'altra cosa. Ovvia anche,
molti la sottovalutano.
Lui non sapeva quante persone avessero sopportato quel supplizio, di pensare lucidamente
in una situazione che di lucido non ha neanche la faccia. Pensieri e ricordi si accavallano,
ironicamente non ricordi molto perchè sei troppo occupato a pensare (non la rivedrò più?,
morirà!, no che non morirà, non può morire! E io senza di lei cosa farò?, che faccio!? Da chi
vado?), sei totalmente preso da te stesso, tutti i tuoi pensieri sono incentrati su te e lei/lui,
perchè niente ha più importanza, di conseguenza neanche il tuo corpo che si sbriciola ha
più importanza.
Quindi non è un male fisico, è il cervello che ti fotte.
Se ne stava lì, davanti le porte che lo dividevano da lei e guardava oltre i vetri, forse sperava
di vederla uscire di lì con le proprie gambe. Sua madre gli stringeva il braccio, 'siediti' gli
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diceva.
Suo padre era nella sua stessa identica posizione. Entrambi sapevano che in quel modo
innervosivano Temari, ma era un istinto, non riuscivano a stare seduti come lei, che
dominava meglio le situazioni difficili.
Ryuichi e Chojiro erano più in là, il primo se ne stava con la schiena appoggiata al muro e le
braccia incrociate al petto, il secondo si passava continuamente le mani sulla testa pelata.
In qualche modo Shirai si aspettava il peggio.
In qualche modo Sakura e Tsunade riportarono indietro sua sorella. E sempre in qualche
modo Aiko riaprì gli occhi quando con lei c'era solo sua madre, due giorni dopo.
Parlare le risultava difficile per via del tubo che aveva tenuto in gola per tutto quel tempo, la
sua voce usciva fuori bassa e quasi graffiata, non che parlasse molto -- era molto confusa,
ricordava poco della missione e non aveva il pieno controllo dei suoi muscoli.
Si era messa a piangere come una poppante quando aveva visto suo padre e Shikamaru si
era limitato a standersi accanto a lei (fregandosene altamente delle lamentele di infermiere
seccanti) e ad accarezzarle i capelli - Dovevi proprio morire per ritornare, mh?- le aveva
detto a bassa voce, così che solo lei potesse sentirlo.
Era una cosa strana ritrovare la speranza proprio quando la si era persa, Shirai non credeva
di poter essere lo stesso dopo averla sentita così lontana. Anche sua madre, i nonni, erano
esausti e Sakura aveva dovuto somministrare (segretamente) del sonnifero ad entrambe le
donne per farle dormire, il nonno si era semplicemente appostato come un gufo su una
sedia e lì era crollato.
Lui... lui voleva piangere ogni volta che la vedeva muoversi. In genere Shirai non piangeva,
non ci riusciva più da anni e non perchè avesse avuto qualche trauma, semplicemente
anche quando si emozionava da morire non piangeva. Gli diventavano gli occhi lucidi, ma
non piangeva.
E Aiko lo stava guardando dritto in faccia in quel momento, stavolta Shirai li vedeva
benissimo i suoi occhi.
- ... 'orno.- gli disse piano per non svegliare nè loro padre nè il nonno.
- Ciao,- le scostò alcuni capelli dalla fronte - hai guadagnato un po' di cicatrici in questi
giorni.- Sono sicura che sono valse la candela.- lo guardò con il sorriso negli occhi - Oppure mi
preferisci morta?- Kami no!- borbottò pizzicandole il naso - Per la cronaca: fallo di nuovo e faccio scoppiare
una guerra.- Mi dispiace, per la cronaca...La situazione era così paradossale che se non ci fosse stata sua sorella nel letto dell'ospedale
sarebbe scoppiato a ridere - Non è colpa tua, ma dei ninja che vi hanno attaccato.Aiko corrugò la fronte e rivolse un veloce sguardo a loro padre - Cosa faranno a loro?Si scrollò nelle spalle con fare indifferente - Sono morti Aiko...- Erano giovani Shirai.- sussurrò - Fin troppo giovani... quindici, diciassette anni al
massimo.- Aiko...- Erano troppo giovani.- Senti,- le disse a mo di rimprovero - se scegli di fare lo shinobi non c'è età che tenga: se
muori, muori; tra l'altro uno di quei tipi ti ha quasi ammazzata e si è meritato tutto ciò che
gli è stato fatto.Sua sorella prese un respiro profondo prima di aprire di nuovo la bocca - Ma...- Aiko per favore, smettila di fare la santa.- grugnì passandosi entrambe le mani sul collo.
- Dico solo la verità.- L'Uchiha non avrebbe mai permesso una seconda chance, neanche l'Hokage, erano già
stressati per i fatti loro, questa faccenda ha solo aggiunto benzina al fuoco.- bofonchiò
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mollemente - E comunque tu dovresti riposare.- Ma ho fame!- Niente cioccolato per almeno un mese, ordini del medico.- Ma vai a quel paese Shirai, il cioccolato fa bene!- Si, al culo fa bene!- Il mio culo...- Io non ho nominato il tuo culo!- ... sta benissimo e non farmi strillare Shirai, che se papà si sveglia son cazzi tuoi!- Ora lascia stare i miei cazzi per cortesia...- Io non ho nominato i cazzi di nessuno!Andarono avanti a bisticciare fino a quando Shikamaru non si svegliò; praticamente, dopo
aver dato un bacio sulla fronte di sua figlia, uscì dalla stanza trasportandosi uno scalcinante
Shirai per le orecchie, borbottando di sonno, rompi palle e cazzoni, il nonno si svegliò dieci
minuti più tardi e dopo averle promesso una barretta intera di cioccolato uscì alla ricerca di
una birra.
Sola, Aiko provò a muoversi, ma capì che senza l'aiuto di qualcuno mettersi a sedere era
un'impresa quasi impossibile. Si rese conto con rammarico che ogni movimento le portava
via fin troppe energie e più tentava più i punti tiravano e più i punti tiravano più respirare
era difficile.
Nel profondo della sua mente realizzò che non sarebbe stato facile tornare ad essere una
shinobi, non voleva neanche pensare alla riabilitazione che avrebbe dovuto affrontare. Si
chiese se Neji-sensei sarebbe stato disposto ad allenarla in solitaria.
Kami aveva una fame da lupi... fu tentata di chiamare un'infermiera, ma decise che
aspettare suo nonno con il cioccolato era la cosa migliore da fare anche se avrebbe di gran
lunga preferito mangiare in quel momento.
- Nara.Quasi sobbalzò alla voce e, girando il capo, si portò una mano al petto e prese un respiro
profondo - Stupido Uchiha, vuoi ammazzarmi di nuovo?!- quello rise - Non c'è niente da
ridere!, Kami...- sbottò infastidita, lui continuò a ridacchiare - Senti, renditi utile e aiutami
a mettermi seduta!Ryosuke si avvicinò appoggiando una bottiglietta d'acqua sul comodino accanto al letto, si
chinò su di lei sollevandola appena appena dal materasso, circondandole il busto con un
braccio mentre l'altro sistemava i cuscini - Dovresti stare distesa.Lei respirò tra i denti - Ho la schiena a pezzi, se sto distesa un altro po' mi spezzo in due.sibilò odiando ogni momento di quello spostamento improvvisato, lasciò andare il respiro
solo quando la sua schiena fu comodamente appoggiata ai morbidi cuscini, sospirò
appagata - Grazie.- Grazie a te.Lei lo guardò confusa - Da quando gli Uchiha ringraziano?- Lo faccio quando una mediocre kunoichi salva il culo del mio unico gemello.- sghignazzò
all'espressione sconvolta della ragazza - Me l'ha chiesto Kyosuke in realtà, non lamentarti.- E chi si lamenta.- bofonchiò.
Non ebbe neanche il tempo di capire cosa stava succedendo che Ryosuke si era chinato su
di lei e le aveva schioccato un bacio umido sulla bocca. Lo shock fu tale che Aiko riuscì
soltanto a sbattere le palpebre e a pensare che, diamine, la stava baciando l'Uchiha
sbagliato!, non fu neanche un bacio degno di nota visto che Ryosuke si era limitato a
premere le labbra sulle sue, Aiko non lo ricambiò neanche.
L'Uchiha si sollevò dopo una frazione di secondo sghignazzando come un pazzo - Questo
era il mio grazie.- ... prego.Ryosuke lanciò un'occhiata alla porta - Di niente,- ghignò ancora di più - è stato un
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piacere.- le dette le spalle e Aiko vide Ryuichi guardare il fratello con entrambe le
sopracciglia inarcate, dire che lei diventò un semaforo era dire poco, ma gli Uchiha non
sembrarono notare questo particolare - Ciao fratellino, ci vediamo a casa.- Hn.- replicò quello.
Nel frattempo Aiko cercò di riconquistare la sua dignità insultando mentalmente tutti gli
Uchiha.
- Tuo fratello mi ha baciata.- grugnì coprendosi la faccia con le mani - Che razza di stronzo
opportunista, ingrato e... Uchiha!Ryuichi la guardò impassibile - Vedo che sei viva.- Per te deve essere una dannazione...- Mi lascia totalmente indifferente.- Quindi sei qui perchè?Lui la guardò negli occhi per un momento, sembrava volersi imprimere quello che vedeva
nella mente, si avvicinò al letto di un passo, poi ne fece altri e si fermò quando toccò il letto
con la mano - Ho passato l'esame Anbu.- lei lo fissò con la bocca socchiusa, un'espressione
allibita in faccia e gli occhi sgranati - Non siamo più compagni di squadra, bakaiko.E lei sentì i punti tirare quando prese un respiro fin troppo profondo, si passò una mano
sulla bocca, poi si portò indietro i capelli che le erano ricaduti sul viso - Congratulazioni
Uchiha, lo volevi da tanto.- Si.- sollevò un angolo della bocca e Aiko vide tutto quello che Ryuichi Uchiha era in quel
momento ed era così lontano da lei che le sembrò aver perso tempo per tutta la sua vita.
L'aveva sempre saputo, non c'era speranza per lei di fargli capire che non era importante il
ruolo sociale, il prestigio. Lo guardò dritto in faccia e non potè far finta di non provare
niente per quel viso e per tutto quello che c'era dentro quegli occhi.
Si morse l'interno della guancia e sorrise - Bè sono... fiera di te?, credo...- Sei fiera di me in ogni momento della tua vita, Nara.- replicò guardandola dal collo in giu Io non posso dire lo stesso di te.- Non mi serve la tua approvazione Ryuichi, sei tu quello che ha bisogno di essere adorato.- Ottima analisi, pecca di presunzione però, come al solito.- adocchiò le bende che
sporgevano dalla tunica ospedaliera che copriva il suo corpo - Sanguini.- Si, tua madre dovrebbe cambiare le bende e... controllare i punti suppongo.- lui annuì
meditabondo.
- Buona riabilitazione bakaiko, non ci vedremo più tanto.- Felicità.E Ryuichi rise - Sei una pessima bugiarda.- Vaffanculo Uchiha.-
[- Quindi... non si scopa con le compagne di squadra, mh?- No, aniki.- Oh, che carino che sei!, allora stai tranquillo, fratellino, non te la porterò via!Ryuichi grugnì e appiccicò suo fratello al muro, ottenendo solo una risata divertita Idiota...-]
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Tikkia
Una cosa è certa: in Paradiso non ci si sposa.
La fic è stata scritta in occasione dell'iniziativa “Amore e tosse non si possono
nascondere” in una one-shot. Shikamaru e Temari sono sposati da molti anni quando la
scena prende vita. Entrambi vivono a Konoha in un'apparente tranquillità familiare che
si dimostra turbolenta a causa dell'indole dei due coniugi. A far da sfondo, ci sono i ninja
di Konoha e le loro famiglie.
“Non sappiamo cosa fanno uomini e donne in paradiso. Sappiamo soltanto che non si sposano. “
Shikamaru non ricordava chi aveva detto questa frase, ma era comunque certo che l'amico avesse
ragione da vendere. Da quando si era sposato, la sua adorabile Temari gli aveva reso la vita
un'unica, gigantesca, stancante ed eterna seccatura.
Nara svegliati, Nara prepara il caffè, Nara sparecchia la tavola, Nara non stare sempre sul divano,
Nara perchè non usciamo mai?
Queste erano le frasi che la sua mogliettina era solita pronunciare più spesso. E lui che poteva fare?
Annuire, grugnire, sbuffare. Obbedire.
Alla fin fine non gli dispiaceva e, con gli anni, aveva imparato a convivere con la sua energia e con
le sue bizzarrie. Come quella di chiamarlo per cognome anche da sposati. Avevano avuto un litigio
su quell'argomento, Shikamaru se lo ricordava bene: aveva rischiato di essere decapitato da un
piatto, quella sera. E, soprattutto, aveva visto Temari arrossire e vergognarsi veramente per la
prima volta da quando la conosceva. Aveva detto che si comportava così perchè le sembrava strano
iniziare a chiamarlo con il suo nome di battesimo di punto in bianco, diceva che era troppo intimo.
Lui le aveva fatto notare che a)erano sposati da 6 mesi e fidanzati da 7 anni, quindi non vedeva il
problema dell'intimità e b)lo chiamava per nome. Eccome se lo chiamava. Anche piuttosto
insistentemente, quando erano sotto le coperte. Lei si era ovviamente arrabbiata ed aveva cercato
di ribattere, ma lui aveva intrappolato quella pericolosa bocca con le sue labbra, salvando la
situazione. Di lì al letto il passo era stato corto, molto corto. Soprattutto perchè al letto non ci erano
arrivati, si erano arrotolati l'uno sull'altra proprio in cucina, contro il muro. Un ottimo modo per
fare pace.
Qualche mese dopo lei aveva iniziato a chiamarlo per nome, ma fu l'unico cambiamento reale che il
ragazzo potè constatare: Shikamaru svegliati, Shikamaru prepara il caffè, Shikamaru sparecchia la
tavola, Shikamaru non stare sempre sul divano, Shikamaru perchè non usciamo mai?
Poi al terzo anno di matrimonio avevano passato un periodo di crisi. Lui doveva lavorare un sacco e
lei pure, così si vedevano poco (nonostante abitassero nella stessa casa) e sempre di malumore.
Temari aveva iniziato a diventare gelosa, ed un giorno aveva decisamente esagerato. Shikamaru
aveva invitato Ino e Choji a casa loro per cenare tra amici e sua moglie si era offerta di cucinare la
cena. Aveva evitato un incidente diplomatico per un soffio, quella sera. Anche quell'episodio non se
lo scorderà mai perchè, per quando pericoloso possa essere stato, era anche drammaticamente
divertente.
-Temari, perchè c'era del veleno nella zuppa di Ino?- le aveva chiesto in cucina, lontano dagli altri.
-Oooh, cavoli, ma com'è potuto succedere?- aveva risposto lei con falso sconvolgimento. Lui l'aveva
presa per le spalle e le aveva chiesto se fosse impazzita, e lei era esplosa.
-No, non sono impazzita! Semplicemente le cose le vedo, Nara, vedo quanto tu ti sia riavvicinato a
quella strega tinta e vedo quanto ti sia allontanato da me! Ma sappi che prima che quell'involucro
vuoto della tua amica metta le mani su di te, dovrà passare sul mio e sul tuo cadavere!!- non l'aveva
mai vista così alterata e così gelosa. All'inizio era rimasto interdetto e confuso, poi una felicità
immensa si era impadronita del suo corpo: lei lo amava. Lei lo amava almeno quanto lui amava lei,
quei frequenti litigi che avevano avuto negli ultimi tempi non significavano nulla. L'aveva
abbracciata e le aveva fatto una carezza sulla guancia, promettendole che ne avrebbero parlato poi.
Quella sera, dopo che gli ospiti se ne furono andati, Shikamaru e Temari avevano aperto il loro
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cuore l'uno all'altro. Lei aveva mostrato un lato insicuro che lui non si sarebbe mai aspettato di
vedere. Lui aveva mostrato un alto possessivo di cui lei non aveva mai nemmeno sospettato
l'esistenza.
Dopo quella notte il loro matrimonio si era ristabilito, ma avevano entrambi rischiato la carriera: si
erano chiusi in casa per 4 giorni di fila, senza mai mettere il naso fuori, neanche per far sapere agli
amici che non si erano uccisi a vicenda per un qualche futile motivo. Tsunade era impazzita. Era
stata privata di due dei suoi più bravi jonin e chuunin e le scartoffie andavano accumulandosi.
Avrebbe mandato 2 squadre ANBU a casa Nara, se non fosse stato per Kakashi. Il jonin, con tutta la
sua flemma, era riuscito a calmare la prosperosa Hokage e si era occupato personalmente della
questione, piombando in camera dei due piccioncini per chiedergli gentilmente di tornare al lavoro.
Aveva avuto la fortuna di trovarli in un momento di pausa, quindi relativamente coperti e
presentabili. Gli aveva spiegato la situazione, convincendoli a porre fine alla vacanza improvvisata
prima che Tsunade li spedisse agli antipodi per tenerli lontani.
Ma non poteva finire tutto così, ovvio. Quel matrimonio non sarebbe stato così seccante, sennò!
Ok, questa volta era anche un po' colpa sua, ma la vera colpevole di quella seccante vicenda era,
ovviamente, Temari.
Shikamaru sorrise.
Due anni dopo il quasi-fattaccio, infatti, anche Naruto ed Hinata si erano sposati ed avevano avuto
una bella bambina. Inizialmente Shikamaru non aveva fatto commenti, anche se era perennemente
a casa Uzumaki insieme a Temari, da quando il biondo era diventato Hokage: non poteva lasciarlo
da solo a gestire Konoha, li avrebbe condotti alla rovina in meno di un'ora, se non fosse stato là ad
aiutarlo. Così i Nara andavano spesso e volentieri dai neo-sposini/neo-genitori. E visto che la loro
casa non era poi così enorme, tutti e 5, Naruto, Shikamaru, Temari, Hinata e la bimba, stavano
nella stessa stanza. Il moro lanciava di tanto in tanto occhiate furtive alla moglie, cercando una
qualunque reazione alle boccacce della piccola Kushina, ma non era mai riuscito a desumere
alcunché. Un giorno lui aveva accennato l'argomento alla moglie, che aveva chiaramente capito le
intenzioni del marito e, a quanto pareva, voleva far capire anche le sue.
-So dove vuoi andare a parare, Shikamaru, e la mia risposta è no, no e ancora no!-Ma se non sai neanche cosa voglio chiederti...-Ti ho detto di no.-Ma...-No!-Temari...-No, no e no! Categoricamente, assolutamente no! Non voglio gonfiarmi come una mongolfiera e
soffrire come un cane per spararti fuori un piccolo e sicuramente lamentoso Nara che non farà altro
che farmi dannare fin da quando sarà solo un feto!- e se n'era andata sbattendo la porta e facendo
cadere un quadro. Non era arrabbiata, era solo seccata. Shikamaru era contagioso. E lo era
veramente: non si era arreso e aveva continuato ad insistere giorno per giorno, finchè non aveva
notato un minimo cedimento. Da quel momento in poi l'uomo più pigro del mondo mise tutte le
sue forze per portare a termine l'opera di convincimento della moglie. E alla fine ci era riuscito.
Temari una sera gli si era avvicinata e l'aveva abbracciato da dietro, respirandogli sulla spalla per
un po'. Lui era rimasto pazientemente ad attendere, sapeva che quando faceva così stava per dirgli
qualcosa di importante. Dopo qualche minuto di silenzio, lei l'aveva baciato con una dolcezza
decisamente poco da Temari ed aveva acconsentito a diventare madre di suo figlio. Durante il
concepimento del sopracitato erede, però, tutta la strana ed inusuale dolcezza era sparita per far
spazio alla solita passione bruciante tipica della bionda di Suna. A Shikamaru era venuta voglia di
avere subito un altro bebè. E che dire dell'orgoglio che si era impadronito del suo pigro corpo
quando, qualche giorno dopo, la moglie gli aveva mostrato il test di gravidanza positivo?
Impareggiabile. 9 mesi, et volià: il piccolo Shito Nara era effettivamente stato “sparato fuori” da
Temari nelle pronte braccia di Sakura, che quel giorno fungeva da ostetrica. Shikamaru ricordò la
sensazione di calore che gli aveva sciolto le budella e fatto tremare le gambe, quando aveva preso
tra le braccia per la prima volta suo figlio. E lo sguardo di Temari quando lo guardava era così...
Le sue elucubrazioni vennero bruscamente interrotte dall'oggetto dei suoi pensieri: sua moglie si
era lasciata cadere di faccia sul letto, finendogli con la testa sullo stomaco e provocandogli non
poco dolore.
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-Dann...seccatura! Un po' di attenzione!- si lamentò.
-Sta un po' zitta, principessa, sono distrutta. Tuo figlio non voleva più addormentarsi, voleva che gli
insegnassi a tirare gli shuriken. Ha 3 anni, caspita, 3 anni! Perchè non è un bimbo tranquillo come
Kushina? Perchè non è pigro come te?!- urlò esasperata.
-Perchè è anche tuo figlio, Temari, quindi ha preso da te la parte energica. Congratulazioni!ghignò.
Lei gli tirò un pugno e si girò a fulminarlo con gli occhi.
-Che facevi?-Pensavo.-A?-Che seccatura...tante cose.-Ad esempio?-Che palle, donna!Il ringhio della moglie lo costrinse a raccogliere un po' di forza per parlare.
-Pensavo a quanto sia seccante la mia vita da quando ti ho sposata, a quanti problemi abbiamo
avuto, a quante seccature mi ha causato, a quante crisi di nervi ho sfiorato, a quanto ti amo e a
quanto sono impaziente di vedere nostro figlio crescere.- esalò circondandole le spalle con un
braccio.
-...E tu mi stai dicendo che sei stato qui a non fare nulla mentre potevi venire ad aiutarmi e svolgere
un po' il tuo lavoro di padre con quel mostriciattolo di Shito?!- inquisì lei. Shikamaru le scoccò uno
sguardo perplesso quando la vide sottrarsi da l suo abbraccio e girarle le spalle. Ma non gli era
sfuggito il sorrisino soddisfatto che le pervadeva il volto, né il leggero rossore delle sue guance. Capì
che sua moglie voleva fare la riottosa per avere un po' di coccole post giornata pesante. Con uno
sbuffo, la fece girare a pancia in giù ed iniziò a massaggiarle la schiena, mentre lei si scioglieva
sempre di più sotto le sue abili mani.
-Sono perdonato?- le soffiò in un orecchio.
-Mmh, non ancora...ti ci devi applicare di più.- ridacchiò.
Eh già, pensò lui alzando gli occhi al cielo con un sorriso, sicuramente in paradiso non ci si sposa!
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DirtyCharity
Like a black Horse and a white Queen
Il racconto ha partecipato all'iniziativa “Amore e tosse non si possono nascondere”
scegliendo il prompt “L'unica vittoria in amore è la fuga” (Napoleone). In una Konoha
pacificata con i villaggi limitrofi si tiene il consueto esame dei Chunin. Sono presenti tutte le
delegazioni straniere e Shikamaru Nara prende la parola davanti all'enorme pubblico.
L'intreccio è basato sulla similitudine con il gioco degli scacchi dove i due protagonisti
vengono a trovarsi irrimediabilmente l'uno contro l'altro anche nelle questioni cuore.
Più di 300 ninja erano stipati in un'enorme
palestra allestita a festa per quell'evento. Tra
giovani allievi pronti a battersi per salire di
grado e dimostrare le proprie capacità ed
abilità, tra i relativi maestri che seguivano i
loro alunni con consigli, strategie e un pizzico
di apprensione, tra gli ambasciatori e gli
organizzatori dell'evento, tra gli spettatori
curiosi, quella sala imponente ora non
sembrava che una piccola scatola piena di
formiche.
Disegnato da Sacchan
Dopo la cruenta e dura guerra che avevano
dovuto affrontare, i legami tra le cinque nazioni si erano stretti e si era giunti a un
equilibrio di pace come mai era stato raggiunto.
Perciò a quell'ennesima selezione chunin ci fu più partecipazione e coinvolgimento rispetto
alle precedenti.
Quell'anno era stato aggiunta alla cerimonia di apertura anche la lettura di un giuramento;
ad ogni partecipante era stato dato un foglietto con scritte poche righe.
Molti lo ritennero solo una noiosa forzatura, un modo melenso per ricordare i sacrifici e le
vittorie riportate insieme; altri, soprattutto i ragazzini che fremevano nell'impazienza di
iniziare quegli esami dalla terribile fama, lo reputavano solo uno stupido modo per
allungare quella stupida cerimonia pomposa.
Furono in ogni caso costretti, i più rumorosi e agitati, a rimanere composti e silenziosi
dalle occhiatacce che gli esaminatori stavano loro mandando.
Così 300 ninja si ritrovarono a recitare unanime parole dal profondo significato, parole che
li legava insieme, indipendentemente dalla nazione di provenienza.
Erano trascorsi mesi da quando la parola fine fu scritta su quel lungo scontro sanguinoso,
mesi passati a ricostruire, a ricucire profonde ferite fisiche e morali. Troppi uomini e
troppe donne avevano dovuto scontrarsi con il passato, o subire importanti perdite
affettive e di certo non sarebbero bastati pochi mesi per curare tutto quel caleidoscopio di
emozioni.
Ma si sa, gli shinobi sono nati per combattere e sopportare, per andare avanti e
tramandare la volontà del fuoco.
Tra le fila degli organizzatori si trovavano un giovane alto, dai capelli neri raccolti in un
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codino sparato in aria e una ragazza dai singolari quattro codini biondi.
Lui con la sua solita posa tranquilla con una mano in tasca e l'altra a reggere il foglietto con
scritte quelle solenni parole, sembrava si annoiasse mentre recitava, a memoria, quelle
frasi.
Lei aveva la schiena rigida, un braccio sotto al seno morbido e l'altro a sostenere il famoso
foglietto, lanciò un'occhiata al suo compagno a fianco. Si sorprese nel notarlo così rilassato
ed apatico, in fondo quel discorso lo aveva scritto lui. Sotto minaccia è vero, ma era
comunque farina del suo sacco e sulla sua testa pendeva una responsabilità enorme.
Quando infine l'ultima sillaba si spense, calò un silenzio pesante, non un battito di ciglia,
non uno sbattere d'ali, non un sospiro sommesso. Solo, silenzio.
Dall'ultima parola, futuro, il cuore di un ninja in particolare iniziò ad accelerare. Era la
parola d'ordine, quella che lo avrebbe spinto a fare una cosa che mai avrebbe pensato di
voler fare.
Un pesante sospiro attirò l'attenzione di metà spettatori che si girarono per vedere chi
avesse avuto il coraggio di rompere quella solennità. Nemmeno il più scapestrato studente
avrebbe avuto l'ardire di richiamare l'attenzione di tutta quella gente, soprattutto in quel
momento, nemmeno Naruto ai tempi d'oro lo avrebbe fatto.
La vicina dell'impavido giovane si voltò sorpresa, non tanto per il sospiro, così abituale per
lui, più per la ricerca dell'interesse di tutti. Perché era quello l'intento di Shikamaru; non
faceva mai niente senza motivo.
Lo vide prendere fiato, probabilmente anche coraggio, e la guardò negli occhi. Fu in quel
momento che sentì le gambe farsi pesanti, il cuore stava esplodendo per la pressione
notevolmente aumentata, il fiato le mancava, non riusciva a capire se doveva espirare od
inspirare, la mente le si svuotò. Capì tutto in quello sguardo, lo implorò con gli occhi di non
farlo, ma non fece in tempo o semplicemente non venne ascoltata.
-Temari, sposami!- disse con forza e sicurezza Nara, quasi urlando così che tutti potessero
sentirlo.
Ripiombò il silenzio e fu come se nessuno avesse detto niente, come se nessuno avesse
messo nelle mani di una donna il suo cuore e il suo futuro.
Temari abbassò la testa, in modo che nessuno potesse leggere nel suo sguardo la risposta.
Si ricordò
infine di dover respirare e bisbigliò un “merda”.
Infine chiuse gli occhi e ritrovò l'abituale sangue freddo e lucidità di quando era in
battaglia.
Tutti i presenti, chi a bocca aperta e chi con le dita incrociate faceva il tifo per il proprio
compagno ed amico, erano protesi in avanti, per sentire il responso.
-No, non posso- esordì infine lei secca, guardandolo glaciale. Poi si voltò e spintonò le
persone che le erano davanti e le ostacolavano la fuga da quel luogo diventato così
sovraffollato e stretto, per poi scomparire dietro ad una uscita.
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L'attenzione di tutti si rifocalizzò sul giovane rimasto immobile, nessuno osava parlare,
non dopo quel netto rifiuto. La maggior parte dei presenti, che conosceva i protagonisti e la
loro storia erano pronti ad esultare, a fare apprezzamenti sulla bella sposa, a maledire lo
sposo, ad urlare: “Era ora!”, a sorridere maliziosamente e ad aggiungere un ennesimo lieto
fine a quel periodo di pace.
Invece non ci furono felicitazioni, urli goliardici e complimenti. Solo aspettativa e una
triste curiosità rivolta a Shikamaru ancora intento a fissare la porta.
Dopo qualche momento, il giusto per riprendersi dallo smacco, il giovane sospirò
pesantemente e senza badare a nessuno, ai sussurri sorpresi e alle occhiate piene di
compassione, seguì il percorso fatto da Temari, mani in tasta e solita camminata
strascicata. Solo una manata sulla spalla gli fece perdere quell'apatia che aveva sul volto.
-Vedrai che cambierà idea- lo rassicurò il suo amico più caro, che ben sapeva interpretare
le persone, soprattutto Shikamaru.
-Ci conto Choji, ci conto- Rispose con un piccolo sorriso sincero, per poi voltarsi verso
l'uscita, e sparire alla vista di tutti.
-Ehm, bene. La cerimonia d'apertura finisce qua, la prima prova si svolgerà tra qualche
giorno. Maggiori informazioni vi verranno date dal vostro accompagnatore al momento
opportuno. Ora potete lasciare ordinatamente la sala- Prese in mano la situazione Shizune,
cercando di non sollevare un polverone per la dichiarazione mancata. Poi fece un inchino e
sperò che quella ressa di gente non combinasse disastri.
La ritrovò qualche minuto dopo, nascosta dietro un albero, poco fuori le mura di Konoha. I
custodi delle porte furono ben felici di aiutare un eroe di guerra nel trovare la sua bella.
Tutti avevano capito già da tempo cosa legava i due alleati, e anche se ancora la notizia del
netto rifiuto alla pubblica dichiarazione di lui non era giunta alle loro orecchie, avrebbero
parteggiato per il connazionale in ogni caso.
Era seduta a terra, la schiena contro il solido sostegno, una gamba stesa, l'altra piegata ed
il ginocchio faceva da sostegno al braccio. Il volto era in ombra, ma la direzione dello
sguardo portava a Suna.
Senza dire niente si avvicinò alla pianta, sempre senza togliere le mani dalle tasche e vi si
appoggiò.
Strinse i pugni, se avesse lasciato fare all'istinto si sarebbe catapultato su di lei e l'avrebbe
scossa o l'avrebbe riempita di baci finché, stremata, non gli avrebbe detto di si.
Ma dovevano parlare, chiarirsi una volta per tutte. Poi l'avrebbe trascinata davanti al
primo sacerdote che avesse trovato e senza perdere tempo l'avrebbe legata a sé per sempre.
Si era stancato di quel tira e molla, partire e restare.
Aspettò che prendesse l'iniziativa, solo allora avrebbe detto la sua. Se l'avesse attaccata
subito avrebbe perso la sua possibilità di spiegarsi. Per l'ennesima volta.
-Sono una kunoichi di Suna, una delle migliori ninja che la Sabbia abbia mai avuto. Forte e
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in grado di proteggere la città da ogni pericolo. Per lo meno è quello che vanno dicendo le
vecchie cornacchie che campeggiano davanti al palazzo di Gaara. Sono il fiore più bello e
pungente di tutta Suna, così raro e prezioso come un'oasi nel deserto. Questo lo pensano i
principi dei paesi vicini, e i giovani del posto. Sono la sorella del Kazekage, la sua
consigliera, la sua ambasciatrice, colei di cui si fida di più. Sono come una madre che non
ha mai avuto, un pilastro che non crollerà mai per lui. Sono la sorella e la migliore amica
del marionettista più dotato di Suna, che ha battuto perfino il genio di Sasori della Sabbia
Rossa. Sono una semplice ragazza che ha avuto per culla sabbia bollente, l'amore di una
madre mi è mancato fin da subito, quello del padre non è mai esistito. Mi hanno spronato
ad essere un'abile assassina e rispondere subito agli ordini, non commentarli mai, a non
provare emozioni, ad amare solo ed unicamente la figura del Kazekage e Suna. Sopra ogni
cosa, Kankuro, Gaara, me. Ad affidarmi solo al mio ventaglio e alle mie capacità. E per
quanto possa essere cambiata continuo ad amare il mio Kazekage e Suna, con l'unica
differenza che ora ho dei fratelli, da proteggere ed amareLui incassò ogni parola, deglutendo un po' nervoso. Non credeva che fosse così attaccata ai
fratelli. E a quella dannata sabbia.
Nella sua scacchiera mentale i pedoni avversari si erano aperti un varco troppo facilmente.
I veloci fanti della Regina avevano accerchiato il suo Re. Una solida torre bianca aveva
schiacciato il suo cavallo, mandato avanti in precedenza.
Aveva fatto Scacco.
Si era scelta per avversaria una donna temibile, dalla spiccata intelligenza, dal
temperamento fiero e leale. Fin troppo leale.
Più di una volta l'aveva lasciata vincere, ma questa... no decisamente questa volta avrebbe
vinto lui.
Si lasciò scivolare lungo il tronco dell'albero, spostò il peso sulla punta dei piedi e
congiunse le dita delle mani, nella tipica posa che assumeva per pensare.
Chiuse gli occhi e focalizzò l'attenzione sulla regina bianca. L'unico pezzo veloce e
mortalmente pericoloso che ad ogni turno poteva arrivare dalla parte opposta della
scacchiera come se niente fosse. Volubile come il vento, non si potevano prevedere le sue
intenzioni o fermarla facilmente. Quella dannata, impettita e orgogliosa Regina era proprio
come Temari.
Li riaprì poco dopo, prese la sua torre nera e mangiò un alfiere bianco. Avrebbe fatto fuori
tutti i pezzi più importanti, tutti gli ostacoli insormontabili, per poi arrivare al cuore della
scacchiera, e vincere la partita.
-Non sei la madre di Kankuro e Gaara, sei la sorella. Maggiore, ma pur sempre sorella. Hai
intenzione di tenerli per mano fino all'altare, fino al talamo? Preparare loro pasti
immangiabili per sempre? Rammendare i loro vestiti, sprimacciare loro il cuscino e
raccontare la favola prima di andare a dormire? Potresti farlo con i nostri figli, non sarebbe
una cattiva ideaNon poteva vedere le sue reazioni, era dalla parte opposta di lei, ma sapeva che i due alfieri
bianchi che sempre accompagnavano la Regina erano caduti.
Le lasciò il tempo di incamerare quella provocazione mista a rivelazione. Mai le aveva
accennato al suo desiderio di diventare padre, mai avevano parlato di un futuro insieme.
Quando lui ci provava lei cambiava sempre discorso o non rispondeva.
180
Poi puntò dritto verso quella maledetta e solida torre. L'avrebbe distrutta a suon di carte
bomba se avesse potuto, e magari avrebbe anche falciato quel dannato cavallo. Ma prima la
torre, almeno una doveva eliminarla.
Fece velocemente il conto delle sue truppe. Gli rimaneva qualche sperduto pedone
intrappolati ed inutilizzabili, le due torri, il Re (che mai avrebbe messo in pericolo, se non
in caso di estrema necessità), un alfiere ed un solo cavallo.
-Non hanno bisogno delle tue costanti cure, e men che meno della tua protezione. Sono
cresciuti, maturati ma soprattutto sono forti. In guerra hai visto anche te cosa sono stati in
grado di fare, lontani da te. Smettila di attaccarti a loro come una sanguisuga. Ma
soprattutto smettila di usarli come scusa solo perché hai paura.Prese fiato e riprese la sua crociata, spingendo l'alfiere contro la torre.
-Ci sono decine di shinobi che amano Suna pronti a difenderla fino alla morte. E ti assicuro
che Gaara è più che sufficiente anche da solo. Al massimo potrebbe scomodare Kankuro,
ma solo perché testa calda com'è non rimarrebbe a guardare. Eh no, non c'è bisogno che
trovi loro delle compagne, credo sia una ricerca che faranno volentieri da soliLa sentì ritirare anche l'altra gamba contro il corpo e vide fuggire di nuovo la Regina dalla
parte opposta della scacchiera. Sospirò e un piccolo sorriso si affacciò sul volto di
Shikamaru.
Come immaginavo, scappi ancora.
Fece sua la candida torre e la sbriciolò mentalmente. Fece avanzare una torre a difesa del
Re, così da aver tutto il tempo e l'attenzione per la caccia alla Regina, quel suo essere
volubile e inavvicinabile lo stava facendo innervosire.
Con ancora più enfasi spostò l'alfiere sul cavallo bianco, sperando in una contro mossa
avversaria.
-E Suna è solo una città, di sicuro non le mancherai, le vecchie megere non sentiranno la
mancanza delle tue prese in giro e del tuo tono saccente, i principi dei paesi vicini e i
giovanotti che se ti guardano ancora con certe intenzioni possono dirsi morti, non
sentiranno mai perduti nel non aver vicino il tuo corpo caldo e morbido steso ogni mattina
vicino al proprio, non proveranno mai l'ebbrezza di un tuo bacio o di una carezza un po'
più audaceIl cavallo bianco era caduto, la trappola era stata innescata.
-Cosa ne sai te?- Ribatté sprezzante Temari, distendendo le gambe e abbracciandosi il
busto con le braccia nude.
La Regina imperiosa torreggiò sull'alfiere nero e lo distrusse.
Shikamaru sorrise soddisfatto, aveva chiuso la Regina in un angolo, come da programma.
Ora non l'avrebbe fatta scappare per niente al mondo.
181
Un piccolo pedone le impediva la fuga da un lato, una torre svettava in una possibile
scappatoia.
-So che dormi scoperta la notte, al mattino quando ti svegli inizi a borbottare frasi
incomprensibili, so che senza il tuo caffè zuccherato non ingrani fino a pranzo. So che ami
le piante, guardarle e stenderti sopra un tappeto di foglie ( e ti ricordo che abbiamo anche
fatto l'amore tra quelle maledette che si infilavano ovunque). Sappiamo entrambi che a
Suna non ci sono piante, solo cactus e nessuna foglia. So che ami il tuo paese, adori i tuoi
fratelli e moriresti per loro. So che ami Konoha in autunno perché adori le castagne
arrostite, quando sei sola e sei impegnata in qualcosa canticchi, dovresti farlo più spesso,
mi piace la tua voce. E so che hai una voglia sotto il seno destro a forma di nuvolaTerminò di dire il ragazzo.
-Non è una nuvola! Sembra solo un brutto pastrocchio- Protestò lei, mormorando.
-Sei perfetta per un Nara come me- Continuò non badando ai suoi borbottii.
-E sarai una madre inappuntabile per i nostri due figliIl cavallo nero si spostò vicino all'imponente Regina, mettendola sotto scacco. Matto.
Shikamaru infine si alzò, a forza di rimanere in quella posizione poco comoda sentì
protestare tutte le articolazioni, ma non ci badò. Aggirò l'albero, che aveva fatto da
scacchiera imparziale tra i due sfidanti e raggiunse quella donna così testarda e seccante
che aveva scelto di far sua.
Rimase di pietra quando fu accolto dal solito ghigno furbo e superiore così tipico di lei.
Ghigno che aveva imparato ad amare, ma non in quel momento.
Si sentì umiliato e svergognato, all'improvviso sulla scacchiera erano scomparsi il pedone e
la torre neri. C'era solo un Cavallo al cospetto di una Regina.
-Lo so- Disse semplicemente lei, ridendo. Poi lo prese per una mano, e con forza lo trascinò
vicino a sé.
Lui la lasciò fare, ancora inebetito dalla sconvolgente verità.
Lei lo aveva preso in giro. Era stata tutta una farsa quello sguardo glaciale, quel suo
scappare da lui e dalla sua proposta.
Si era umiliato per niente.
-Naaah il tuo orgoglio tornerà lucido e splendente tra qualche giorno, stai tranquillo.
Nessuno saprà mai che ti ho messo nel sacco- Continuò lei ridente, capendo il suo filo dei
pensieri.
-Avrei voluto vederti in faccia mentre mi dicevi tutte quelle cose. Non me le hai mai dette,
stupido riccio silenzioso. Anche se in effetti non mi sarei mai aspettata una dichiarazione
pubblica, non alla cerimonia di apertura delle sele... 182
Fu interrotta bruscamente da Shikamaru che la prese con forza, stringendole le braccia.
-Mi sposi o no!?- Le chiese quasi urlando, gli occhi assottigliati e il fiato corto. Con quel suo
chiacchierare lo aveva mandato fuori dalle staffe. Da che aveva il gioco in mano, dalla
sicurezza della vittoria si era ritrovato con un pugno di nere mosche in mano e una fottuta
paura di un ennesimo rifiuto, il definitivo.
Il taglio felino degli occhi di lei tornò serio, e le labbra morbide coprirono i bianchi denti.
Lui cercò la risposta nel verde-acquamarina delle iridi di Temari, aspettando l'assoluzione
o la condanna da quelle fragole rosse che più e più volte aveva baciato.
-Si- Disse infine lei, convinta. Ma non ebbe modo di vedere la reazione del suo promesso
sposo perché le venne a mancare il fiato. Shikamaru l'aveva stretta a sé talmente forte e
con così tanto sentimento da lasciarla smarrita.
Un brivido la scosse quando il respiro caldo di lui si fermò sul suo collo.
-Sei una terribile seccatura. Mi hai fatto morire di paura, lo sai? Rifallo un'altra volta e ti
sculaccio sul serio.- mormorò nell'orecchio di lei.
Lei rise divertita e lo abbracciò di rimando anche se chiese, contro la sua reale volontà, di
lasciarla visto che non sarebbe più scappata.
-Non ci penso nemmeno, non ci si prende gioco di Shikamaru Nara per due volte. Oh che
combinazione, guarda quante belle foglie comode!- Così dicendo la stese su quel tappeto
rosso e arancio, tempestandola di baci, e l'aria si riempì di sospiri e risa d'amore.
-Quindi ti dovrei sfornare due marmocchi?- Temari bloccò Shikamaru mentre le stava
togliendo quelle dannate calze a rete che si impigliavano ovunque.
- Esatto, e vedi di non protestare, dopo il tiro mancino davanti a mezza popolazione
mondiale non hai più diritto a sollevar questioni. Ora zitta e lasciami fare-
183
Shatzy
Replica: I’m waiting for you
Questa fanfic ha partecipato al l'evento di EFP “Dream contest” nel 2009 e nello stesso anno è
stata pubblicata per lo ShikaTemaDay non indetto dalla BlackParade. Prende come base la
canzone degli Oasis “Wonderwall” che serve molto spesso per ritmare le scene che si svolgono
a metà trai ricordi e pensieri di Temari e metà nel presente a Suna. Si sente la presenza
malinconica e preoccupata dei fratelli, soprattutto di Kankuro, con il loro andirivieni
continuo. Giocata sui piccoli scorci, la storia non ci permette di vedere la fine sino alle ultime
battute.
“Che ci fai qui?”
“Secondo te?”
Temari non si mostrò nemmeno troppo sorpresa di vedere Shikamaru attenderla
appoggiato alle mura esterne del Villaggio. Si limitò solo a sbuffare, e ad avvicinarsi.
“Tu non eri quello che non doveva presentarsi, stamattina?”
“Ho detto solo che non ti avrei salutata, non che non sarei venuto” le fece sapere, alzando
le spalle.
“E allora che vuoi? Non dirmi che è per il quinto motivo…”
“No” sorrise. “Voglio fare pace.”
Lei lo guardò scettica. “Tu?”
“Io. Abbiamo già sprecato questa settimana, non voglio perdere altro tempo.”
Temari lo scrutò, cercando di capire la serietà oltre quelle parole. “E quindi? Vuoi
cancellare quello che mi hai chiesto? Far finta di niente?”
“Voglio solo far pace, poi hai tutto il tempo che vuoi per decidere.”
“D’accordo” accettò sconfitta.
Shikamaru sogghignò. “Allora… Temari” cominciò, mentre lei lo guardava scettica. “Come
stai?” chiese, e lei alzò gli occhi al cielo.
“Propensa a lasciare questo Villaggio, in ritardo per tornare nel mio, e infastidita da questa
conversazione.”
“Mh… La mattina sei sempre nervosa” scherzò, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di
lei. “E hai mangiato bene in questi giorni? Non sei più stata alla tua locanda preferita…”
“Curioso di sapere dove ho mangiato o geloso di sapere con chi?” lo provocò.
“Preoccupato della tua salute alimentare, dovresti farci più attenzione” precisò, mentre lei
sorrideva soddisfatta.
“Ci vediamo, eh” lo salutò poi.
“Oggi è una bella giornata” dichiarò lui, fermandola di nuovo.
“Sei finito a parlare del tempo… Non hai altri argomenti?” lo prese in giro.
“Intanto tu sei ancora qui” evidenziò.
“Comunque sì, bella giornata. Ora posso andare?”
“Di già? Devo ancora parlarti delle nuove ricette culinarie di mia madre, dei progressi di
Kurenai con la bambina, mi devi far sapere cosa hai fatto nel tuo tempo libero e come hai
dormito senza di me. Ah, e devo chiederti il resoconto di quello che ti ha detto l’Hokage in
questa lunga settimana” enumerò.
“E va bene, pace fatta” capitolò, esasperata. “Ora devo proprio andare però” disse,
sorridendogli velocemente e muovendo un paio di passi verso il bosco.
“Temari” la richiamò subito, afferrandole il polso. “Hai tutto il tempo che vuoi, ma… Il
mese prossimo verrò a Suna, ho già controllato la lista delle missioni nel tuo Villaggio”
chiarì, guardandola seriamente negli occhi.
“Non avrai problemi con il tuo Kage se perdi tempo nel mio Villaggio?” chiese.
184
“Ho già pensato anche a questo” disse. “Ho accettato una stupida missione burocratica nel
confine a Nord, mi terrà occupato almeno un paio di settimane, così Tsunade sarà contenta
e io sarò libero di passare le mie ferie dove voglio.”
Lei sorrise, sinceramente. “Hai pensato a tutto…” notò. “Va bene.” Shikamaru si avvicinò al
suo viso, provando a baciarla. “Ho detto che ti aspetto a Suna, non che puoi baciarmi”
precisò lei.
“E perché no? Abbiamo fatto pace…” domandò deluso e frustrato.
“Perché ho bisogno di tempo per perdonarti del tutto” ghignò, notando la sua espressione
infastidita. “E perché un bacio sembra tanto un saluto… che tu non devi darmi, no?”
Shikamaru mise le mani in tasca, mentre borbottava qualcosa come un “donne…”
Lei ridacchiò. “Ci vediamo” lo salutò.
Il ragazzo rimase a guardarla mentre si allontanava nel bosco, poi Temari si girò
all’improvviso, pensierosa. “Dimenticavo una cosa…” disse.
“Cosa?” chiese lui.
“Avrai il tuo bacio tra un mese” chiarì. “Insieme alla tua risposta.”
E lui stava sorridendo quando lei si voltò.
Today is gonna be the day
That they're gonna throw it back to you
By now you should've somehow
Realized what you gotta do
Illustrazione 1: Disegnato da Yangrine
185
Se c’era una cosa che restava impressa davvero negli occhi di uno spettatore, era il fascino
che esercitava il Villaggio di Suna. Era lì, nascosto nel deserto, con le sue costruzioni brune
e tonde, le strade impolverate, la gente schiva ma che non rinunciava a un sorriso sincero
di fronte a chi riteneva alleato. E il sole caldo, le urla dei bambini che giocavano all’aperto,
l’aria pulita. E il Kazekage e la sua famiglia. Belli, forti, quasi splendenti, come uno
specchio illuminato da uno spiraglio di luce, quasi accecanti.
Kankuro aprì leggermente la porta di legno, infilandosi all’interno della stanza. “Temari…”
chiamò, mentre la sorella si voltava a guardarlo, allontanandosi dalla finestra a cui era
appoggiata mentre il sole arancione del tramonto rendeva visibili i vortici dei piccoli
granelli di sabbia, sospesi all’interno della camera.
“Kankuro” lo salutò lei.
“Come stai?” domandò, avvicinandosi.
“Benissimo” gli sorrise radiosa. “Oggi non ci siamo visti…”
“No…”
“E credo nemmeno domani” e si perse in un sospiro, lanciando un ultimo sguardo fuori
dalla finestra.
Lui si sedette sul letto, facendole segno di seguirlo. “Hai mangiato bene a pranzo?”
“Uhm? Sì, mi pare di sì” rispose, sedendosi accanto a lui.
Il ragazzo la guardò appena, per poi farsi coraggio. “Perché domani non vieni ad allenarti
con me? Ce ne andiamo nel deserto come ai vecchi tempi e-”
“Domani non posso” lo fermò. “Né domani, né nei prossimi giorni…” precisò, guardando il
sole scomparire oltre le mura del Villaggio.
Kankuro sbuffò seccato. “Temari, non-”
“Sei geloso?” domandò con un ghigno.
“Ma figurati” negò.
“Mi prometti allora che lo tratterai decentemente?” provò, più seria. “Lui mi vuole bene
davvero” precisò.
L’altro sospirò, tentando di trovare una posizione più confortevole. “Perché non te lo
dimentichi una volta per sempre? Sarà solo un bene per tutti, credimi!”
Lei rise sinceramente, per poi tornare immediatamente seria. “Non cambierà nulla, vedrai.
Saremo una famiglia come le altre, tornerò a Suna ogni mese, e anche tu potrai venire a
trovarmi quando vuoi. Andrà tutto bene, fidati” lo rassicurò. E mai quegli occhi erano stati
tanto limpidi e felici.
“No, Temari, ascoltami, non è così che deve andare, lo capisci?”
“Non ti credevo così geloso!” lo prese in giro ridendo.
Lui sospirò, alzandosi.
“Lascia perdere.”
“Te ne vai di già?” gli domandò stupita.
“Immagino vorrai provare a riposare un po’…”
“Non riuscirò a dormire! Kankuro, non credevo di potermi mai sentire così agitata per
qualcosa, secondo te è normale?”
“Va tutto bene” la rassicurò. Va tutto bene. “Stanotte resterai sveglia fino a tardi e poi
crollerai verso l’alba, sognando il tuo bel matrimonio.”
“Stai bene?” chiese perplessa.
Lui le sorrise. “E’ tutto a posto. A domani” la salutò, avviandosi verso la porta.
“Buonanotte” rispose, sorridendogli ancora.
Kankuro si richiuse la porta alle spalle, mentre un’ombra scura passava sul suo viso.
No, non era possibile.
186
Andava tutto bene.
*
“Qual è il quarto motivo?”
Temari sembrava quasi minacciosa piantata in mezzo alla via con le braccia incrociate e lo
sguardo fiero. Shikamaru si stupì di trovarla là, sulla strada di casa. E si stupì anche di
come i raggi del sole si rifrangessero gradevolmente sui suoi capelli, che sembravano così
morbidi ora…
“Allora?” insistette lei, decisa.
Il ragazzo si riscosse dal torpore in cui era caduto. Quel tono non faceva decisamente parte
di un sogno.
Sorrise, sbuffando piano. “E da quando sei così curiosa?”
“Da quando non hai fatto altro che assillarmi con questa storia nei giorni passati” rispose.
“Questo è l’ultimo, quindi sbrigati e lasciami tornare a casa mia.”
Lui prese tempo, soppesando le parole. “Ah, torni a Suna domani, vero…”
“Già.”
“Non ci siamo visti mai in questa settimana…” si lamentò, quindi.
Lei alzò gli occhi al cielo. “Nel caso non te ne fossi accorto, noi due stiamo litigando.”
“Lo so, lo so… Inutile sperare che ti sia passata, giusto?”
“Sì. E ora dimmi il quarto motivo.”
“Ma poi perché abbiamo litigato?” chiese, più a se stesso che alla ragazza.
“Me lo vuoi dire o attendi il mio ritorno al tuo Villaggio? Perché il tal caso non so quando-”
“Qualcuno è impaziente?” Shikamaru ridacchiò.
Temari s’imbronciò, pestando con il piede la terra. “Sì, tu. Di sposarmi. Quindi dimmi il
quarto motivo per cui dovrei accettare la tua proposta.”
Il ragazzo si fece serio, avvicinandosi a lei. “Il tempo stringe e tu vuoi una scusa che ti
faccia mettere da parte l’orgoglio, o no?”
Lei sbuffò seccata, assottigliando gli occhi. “Shikamaru!”
“Perché mi ami” rispose secco.
Temari restò a fissarlo per qualche secondo, incapace di formulare una risposta a quel
motivo così… così stupido. Poi si decise a chiudere la bocca e a sbattere le palpebre. “Amo
anche i miei fratelli, se è per questo” gli fece notare, con una punta di divertimento.
“Non nello stesso modo” dichiarò lui, muovendo un altro passo verso la ragazza. “Spero”
aggiunse con un sorriso.
“Potrei innamorarmi di qualcun altro, sai?”
“Nessuno ti sopporterebbe come faccio io” evidenziò.
Temari sospirò, sollevata. “Quanta sicurezza…” scherzò. “Non hai alcuna certezza.”
Shikamaru sorrise. “No” dichiarò, scendendo su di lei. “Ma a volte basta l’istinto” sussurrò.
“Buon rientro a Suna” la salutò poi, baciandole piano una guancia.
Temari rimase per un attimo immobile, per poi riprendersi. “Se mi saluti ora, domani che
scusa inventerai per farti trovare fuori le mura del Villaggio all’alba?” lo prese in giro.
“Domani non passerò a salutarti, abbiamo litigato, no?” le fece sapere, voltandole le spalle
e incamminandosi verso casa.
“Ci sarai!” gli ordinò. Ci sei sempre.
Shikamaru si limitò ad alzare una mano per salutarla, lasciandola lì in mezzo alla strada
con un piccolo sorriso soddisfatto sulle labbra.
187
*
“Temari!” Kankuro tuonò, entrando nella stanza con passo pesante.
La ragazza spostò la sua attenzione dalla finestra alla porta. “Che succede?”
Il fratello si piantò in mezzo alla stanza, con le braccia incrociate al petto e uno sguardo
minaccioso. “Che vuol dire che non hai fame?”
Temari lo guardò alzando gli occhi al cielo. “Kankuro, sono abbastanza grande per badare a
me stessa, lasciami in pace.”
“Non puoi saltare il pranzo.”
“Sì che posso, non succede niente se per un giorno mangio di meno.”
Lui sbuffò spazientito, andando a sedersi sul suo letto. “Va bene, ma promettimi che a cena
mangerai qualcosa…”
“D’accordo, mamma” lo prese in giro.
Kankuro si limitò a guardarla di sbieco. “Almeno dimmi come stai oggi…”
“Uhm, come al solito” scrollò le spalle.
“Agitata?”
“No.”
“Esuberante?”
“No.”
“Nervosa?”
“Kankuro, la smetti di farmi il terzo grado? Sto bene.”
Lui si calmò, riflettendo. “Come vuoi… però non hai risposto all’ultima-”
“Kankuro!” lo richiamò, fintamente arrabbiata.
“D’accordo, ho capito” dichiarò lui, alzando le braccia in segno di resa.
Temari si sedette accanto al fratello, sospirando pesantemente e lasciando nascere un
piccolo sorriso sulle labbra. “L’allenamento come è andato oggi?”
Il fratello la guardò stupito. “B-bene… Come sempre” si vantò poi.
“Mi piacerebbe vedere i tuoi miglioramenti, sai?” gli fece sapere. “Come ai vecchi tempi.”
“Beh, domani puoi venire insieme a me, andiamo al vecchio campo di addestramento,
saremo solo noi due” propose entusiasta.
Lei rise. “Domani non posso.”
E lui si fece ad un tratto serio. “Che vuol dire che non puoi?”
“E’ passato un mese, domani lui arriverà qui” spiegò.
L’altro sbuffò, passandosi una mano tra i capelli. “Temari, ascolta… Tutto questo non ha
senso.”
“Kankuro, io voglio dargli quella risposta, è giusto così.”
“No che non lo è!” si alterò lui, alzandosi in piedi. “Non è giusto, non ha senso, lo capisci?”
sbottò, ritrovando la calma subito dopo, incrociando gli occhi tranquilli di lei. “Temari,
ascoltami…”
“No, ascoltami tu” lo fermò. “Andrà tutto bene, te lo prometto. Non hai niente di cui
preoccuparti, sarò felice, me lo sento.”
“Perché non lo dimentichi?” riprovò.
“Non posso. È tutto a posto” lo rincuorò sorridendogli.
E quel sorriso non faceva altro che fargli salire ancora di più la rabbia.
Quel sorriso che non doveva essere per lui.
Kankuro sbuffò, avviandosi verso la porta. “Non lo è” affermò, prima di richiuderla alle
spalle con forza.
Temari sentì il suo “a domani” attutito a malapena dal legno.
“Buonanotte” sussurrò, prima di tornare a guardare fuori dalla finestra il giorno che si
spegneva lento.
188
*
Il sole del mezzogiorno picchiava forte sulla tettoia di legno della locanda, ma l’ombra
ricavata era davvero piacevole, il luogo adatto per pranzare in pace.
O almeno così pensava Temari.
“Buongiorno” Shikamaru si sedette sulla panca di fronte a lei, tenendo in mano il pranzo
appena comprato.
Temari si limitò a far scivolare il pezzetto di carne dalle bacchette, stupita. “Oggi sei
mattiniero” lo prese in giro fintamente seria. “Come mai da queste parti?”
“Mh, avevo voglia di mangiare qualcosa di diverso” commentò atono, alzando le spalle.
“Casualmente proprio nella mia locanda preferita…” ironizzò lei.
“Già…” si limitò a dire, aprendo la carta e scrutando l’interno della confezione.
Lei lo ignorò, riprendendo a mangiare, tanto in fondo lo sapeva che sarebbe successo…
“Hai sentito che buoni questi funghi?” chiese lui, indicando il suo piatto.
“Sì, chissà che qualità sono…” conversò lei.
“Possiamo chiederlo al proprietario” propose Shikamaru, indicando l’uomo dietro al
bancone. “Forse al mercato li troviamo.”
“A saperli cucinare…”
“Mia madre lo sa fare” evidenziò lui.
“Ah…”
E il discorso cadde, mentre i due riprendevano a mangiare.
“Oggi fa caldo, eh?” disse Shikamaru.
“Sì” confermò.
“La giornata ideale per riposare sotto un albero…”
“Mh.”
Mangiarono in silenzio qualche altro boccone, fino a quando Temari non proruppe in un:
“dimmi questo terzo motivo e vattene a casa.”
Shikamaru sorrise vittorioso, posando le bacchette sul tavolo e sistemandosi meglio sulla
sedia. “Curiosa?”
“Seccata.”
“Ma guarda il caso, lo sai che anche io di solito-”
“Shikamaru! Non è il momento di giocare” lo riprese.
Il ragazzo si fece serio improvvisamente, inspirando. “Non posso lasciare Konoha.”
“Se è ancora per la storia del clima…”
“Temari, fosse per me ti seguirei a Suna anche ora, così la facciamo finita con questa
sceneggiata.”
“Ah, certo…” s’imbronciò, incrociando le braccia. “Però non puoi.”
“No” confermò, guardandola con un sorriso. “Ho una promessa da mantenere, lo devo al
mio sensei.”
Temari lo guardò per un attimo, poi chiuse gli occhi ed espirò. “Lo so.”
“Mi dispiace” disse a mo’ di scusa.
“Immagino tu non possa chiedere a Kurenai e alla bambina di trasferirsi a Suna con te,
vero?” provò.
“Sarebbe un po’ complicato” ci pensò su. “Non posso portarle via dal ricordo di Asuma.”
La ragazza sorrise amaramente. “Giusto… E non puoi lasciarle.”
“No. Ma non voglio lasciare nemmeno te” le disse seriamente. “La tua risposta, quindi?”
Temari sospirò. “E’ ancora no.” Lui ridacchiò, nascondendo la delusione, e si alzò dalla
panca, pronto per andarsene. “Per ora” precisò poi lei, fermandolo.
189
Shikamaru sorrise, lasciando i soldi del pranzo per entrambi sul tavolo. “A domani, Tem”
la salutò, avviandosi verso l’uscita.
“A domani” sussurrò lei, contenta.
*
“E così alla fine ho completato la missione nella metà del tempo previsto!”
Temari sgranò gli occhi dopo il discorso del fratello. “Non ci credo!”
“E’ vero!” Kankuro si batté una mano sul petto, borioso. “E dovevi vedere la principessa
come era entusiasta dei miei servigi! Sono sicuro che richiamerà me come scorta la
prossima volta che dovrà spostarsi dal suo Villaggio…” ammiccò.
“Ah… a questo non credo nemmeno se lo vedo” scherzò lei, ferendo l’orgoglio del ragazzo
di fronte a lei.
“Come no?”
“No.”
Kankuro però sorrise. “E non vuoi sapere che è successo dopo?” chiese, mentre lei annuiva.
“Allora prima finisci di mangiare il riso” ordinò pacato, indicando la scodella che lei teneva
tra le mani.
“Non sono una bambina!” sbuffò lei. “E non sono nemmeno malata!”
“Lo so. Ma se non lo mangi me lo dovrò finire io, e se ingrasso nessuna principessa mi
vorrà più come guardia del corpo…” chiarì fintamente triste.
Temari ridacchiò piano. “Ti salvo io” propose, portando le bacchette alla bocca. “Tu va’
avanti.”
Kankuro si prese un momento per guardarla mangiare, sorridendo. Poi ritrovò la sua
euforia. “Beh, sappi soltanto che Gaara si è congratulato con me di fronte a tutto il
consiglio riunito!”
“Cosa?!” e rischiò di strozzarsi, stupita.
“Te lo giuro! Dovevi vedere le facce di quei vecchiacci!” rise forte.
“Non so che avrei dato per esserci!” ammise sincera, ridacchiando.
“Tu finisci quel piatto, e magari la prossima volta ci sarai pure tu” si accordò, indicando il
vassoio di carne accanto a loro.
“E non rompere…”
“Ehi! È così che ti rivolgi al tuo fratello venerato dal consiglio dei vecchi?” scherzò.
Temari rise. “E amato dalle principessine, non lo dimentichiamo.”
“E come potrei farlo?” evidenziò.
Temari sospirò, rimanendo con il sorriso sulle labbra. “Gaara… Da quanto è che non lo
vedo? Da ieri?” chiese pensierosa.
Lui la guardò serio, soppesando le parole. “Da ieri, sì. È molto occupato, lo sai.”
“Mi sembra così tanto…”
E Kankuro decise che era il momento di cambiare discorso. “E non ti ho ancora detto dei
miglioramenti dei miei allievi all’Accademia!”
“Davvero?”
“Se continuano così saranno Chuunin entro l’anno! Ma in fondo, con un maestro bravo
come me…” si vantò.
Lei sorrise appena. “Mi piacerebbe vedere i tuoi progressi sul campo.”
“Stavolta ti batterei subito, Tem!”
“Questo lo dici tu! Non mi batterai mai, scordatelo” precisò.
“Vogliamo scommettere?”
Temari lo guardò seriamente, con un sorriso amaro. “Mi mancheranno i nostri scontri.”
“No!” sbottò lui. “Non ci provare nemmeno, mi avevi promesso che non saresti entrata nel
190
discorso.”
“Ti ho promesso che avrei cenato davanti a te, mentre tu mi raccontavi le ultime novità”
precisò.
“Beh, continua a mangiare, non hai finito.”
“Ma sei così geloso?” ridacchiò lei.
“Non è una questione di gelosia” si difese. “Temari, se non ne parli, domani ti porto anche
Gaara, va bene?” propose.
“Domani non posso, lo sai. Sarò impegnata” chiarì, guardando il cielo scuro di Suna oltre la
grande finestra.
Kankuro sbuffò. “D’accordo… Allora perché non mi dici come stai oggi? Io in cambio ti
porto un bel gelato dopo, che ne dici?” propose.
“Al cioccolato?”
“Sì.”
“Io sto bene, contento? Vai a prendermi quel gelato, ora” ordinò. “Ma come vuoi che stia?
Sono un po’ nervosa perché domani accetterò di sposarlo, ma-”
“No. Avevamo detto niente argomento spinoso” la bloccò lui.
Temari sbuffò, un po’ infastidita da tutta quella gelosia fraterna. “D’accordo. Ora che ho
finito la cena mi lasci dormire? Se avrò le occhiaie dubito che mi vorrà ancora” ridacchiò.
Kankuro si alzò dal letto, notando con piacere che la ciotola di riso era vuota.
Stanotte resterai sveglia fino a tardi e poi crollerai verso l’alba, sognando il tuo bel
matrimonio. Come ogni sera.
Recuperò il vassoio della cena, per poi salutare la sorella, che si stava sedendo sul balcone a
guardare il cielo.
“Ehi, Tem?” la chiamò, ormai sulla porta. Lei lo guardò incuriosita, facendogli cenno di
continuare. “Se torno qui anche domani, mi prometti che andrà tutto bene?”
Temari annuì. “Sì.” Andrà tutto bene.
“A domani, allora.”
E lei sorrise. “Buonanotte.”
*
Temari uscì dal palazzo dell’Hokage dirigendosi a passo svelto e deciso verso il suo albergo.
Il lavoro era terminato, la giornata svolgeva al suo termine, e quel leggero venticello fresco
sembrava darle maggior vigore. Konoha era un bel Villaggio al tramonto, mai quanto le
distese arancioni delle dune di Suna, ovvio!, ma anche la Foglia aveva il suo fascino, con
tutti quei colori vivaci e le costruzioni imponenti.
Svoltò a un angolo, e si trovò di fronte Shikamaru con le braccia incrociate e la schiena
poggiata al muro. Lei si irrigidì e camminò oltre, ignorandolo.
“Ti aspetto da almeno mezz’ora …” la richiamò lui.
Temari si fermò, senza voltarsi. “Nessuno te l’ha chiesto.”
Il ragazzo sbuffò, scostandosi dalla parete e muovendo qualche passo verso di lei. “Hai
avuto problemi con la burocrazia?”
“Non sono affari tuoi” troncò il discorso, stringendo i pugni.
Ma Shikamaru non desistette. “Temari, è da ieri che mi eviti…”
“E chissà perché, eh?” ironizzò, voltandosi a guardarlo. “Nel caso stessi dormendo in quel
momento, noi due abbiamo litigato.”
Lui alzò gli occhi al cielo mentre infilava le mani nelle tasche. “Lo so.”
“E allora che vuoi?” chiese brusca.
“Farti sapere il secondo motivo.”
191
Temari si calmò per un istante, stupita. Poi incrociò le braccia sul petto e piantò lo sguardo
a terra, imbronciata. “D’accordo, sentiamo…”
Shikamaru sorrise, avvicinandosi a lei. “Stai bene, vero?”
“In che senso?” si mise sulla difensiva.
“Qui a Konoha. Tu ci stai bene, è inutile che lo neghi” precisò con un sorrisetto di sfida.
“A Suna si sta molto meglio” commentò lei sicura di sé, non volendo dargli ragione.
“Ma questo clima ti piace di più” evidenziò, mentre si alzò un’altra folata di vento che li
avvolse dolcemente.
Temari si lasciò accarezzare per un attimo dalla brezza, prima di rispondergli. “Questo
clima è soltanto diverso. E almeno io so adattarmi ovunque, tu non sopravvivresti un solo
giorno a Suna.”
Shikamaru ghignò soddisfatto. “Esatto. Non sono in grado di abituarmi al clima del tuo
Villaggio, quindi è più logico che tu ti trasferisca qui, o no?”
La ragazza perse per un attimo la concentrazione, sgranando gli occhi per il tranello in cui
era caduta, ma si ricompose subito, guardandolo con aria di sfida. “No” ribatté soltanto,
prima di allontanarsi minacciosa da lui a grandi passi.
Shikamaru la guardò andare via, sapendo di aver fatto centro. Sorrise.
Domani avrebbe continuato con il suo piano.
*
“Avanti” disse, sentendo bussare sul legno. Temari spostò lo sguardo dal cielo rossastro di
Suna alla porta della sua camera, notandovi la figura del fratello. “Kankuro, come mai
qui?”
Il ragazzo richiuse l’uscio alle sue spalle, piano, e si spostò accanto a lei sul balcone, fin
troppo lentamente. “Non posso venire a trovare mia sorella?”
“Oggi non ci siamo visti, è vero” ci pensò su lei. “Come stai?”
E lui non disse nulla. “Tu piuttosto” si limitò a chiedere. Ma il sorriso raggiante di Temari
stavolta si specchiò in quello amaro del fratello. “Domanda stupida, eh?”
“Sì” ridacchiò lei.
Ed entrambi rimasero a fissare il tramonto, e quei colori sempre più scuri scendere su
Suna.
“Ti sei allenato oggi?” domandò curiosa.
Lui rimase a fissare il Villaggio davanti a sé. “No.”
“No?!” Temari alzò la voce, stupita. “Che vuol dire?”
“Che non ne avevo voglia.”
La ragazza lo guardò pensierosa, chiedendosi forse quanto a lungo insistere per
comprendere la stranezza del fratello.
“Tem, non c’è niente di strano, domani sarà tutto come sempre.” Purtroppo.
“D’accordo…” commentò. “Non ci sarà una ragazza in mezzo, vero?” s’informò curiosa. E
Kankuro rise di cuore.
“Non nel senso che intendi tu.”
“Ah…” Temari si fece pensierosa, tornando poi a guardare il cielo con un sorriso. “Io ho
quasi fame. Ceniamo insieme?” propose allegra.
“No… Non mi va molto, stasera” ammise piano.
“Cosa?” si stupì lei. “Sicuro che non sia un problema di cuore, eh? Perché in tal caso verrai
con me a Konoha, e lì troverai qualche ragazza degna di te” dichiarò sicura.
Lui sorrise appena. “Temari, parlami un po’ di lui.”
“Davvero?” chiese stupita. “Non credevo ti piacesse più di tanto…”
“Non mi piace, ma voglio che me ne parli. Cosa ti attrae in lui, perché funziona così bene
192
tra voi, come ti ha chiesto di sposarlo…” chiarì.
E lei sorrise apertamente. “Ah, per quello abbiamo litigato una settimana! Lo sapevo che
non era tipo da proposta con tanto di anello e fiori, e lui sapeva che non sono tipo da
accettare tanto facilmente una cosa del genere.”
“Lo hai fatto patire?”
“Veramente non gli ho mai detto sì” ci pensò. “E se domani non verrà perché si è stancato
di aspettarmi e si è trovato un’altra?” chiese insicura.
“Dove pensi che possa esistere un’altra in grado di sopportarlo? E poi è passato solo un
mese!” Solo un mese… “Vedrai che domani ci sarà.”
“Lui c’è sempre” sorrise.
“Temari, non credo che stanotte riuscirai a dormire, perché non mi racconti tutto?”
propose, sistemandole una ciocca dietro l’orecchio.
“Quanta gentilezza stasera… Secondo me c’è qualcuna” continuò, maliziosa.
Kankuro sbuffò, prima di prenderla per mano e rientrare nella stanza. Temari si sdraiò sul
suo letto, invitando il fratello a fare altrettanto. “Che vuoi sapere? Le cose più piccanti non
te le dico” precisò ghignando.
“Sono io a non volerle sapere!” evidenziò lui arrossendo.
“D’accordo…”
E poi si persero in racconti e discussioni fino a notte fonda, ripensando a come Temari e
Shikamaru si fossero conosciuti, a come facilmente si fossero innamorati e a come avessero
rinchiuso quei sentimenti dentro di loro per anni, prima di trovare il coraggio di viverli.
Parlarono di quanto fosse bella Konoha in primavera, con tutti quei colori, e di come
affascinasse anche in inverno, con i toni di grigio. Risero di quanto quei quattro motivi
fossero assurdi, ma a modo loro romantici. E litigarono sul modello di abito che Temari
avrebbe indossato per il suo matrimonio, per finire a sognare quello di Kankuro con
qualche bella principessa lontana. E non ricordarono di aver mai passato tanto tempo
insieme in modo così spensierato.
Fino a che Temari non si addormentò, con un sorriso sulle labbra, e Kankuro si limitò a
coprirla con il lenzuolo e ad osservarla ancora per un po’, in pace. Le passò una mano sui
capelli, in un’impacciata carezza, e le sussurrò la buonanotte, prima di alzarsi e uscire dalla
camera.
Sarebbe andato tutto bene, si disse.
Peccato che il domani non volesse più arrivare.
*
La finestra aperta lasciava entrare i raggi del sole del pomeriggio che si andavano a
riflettere ai piedi del letto, l’aria era calma e non c’era il minimo rumore udibile dalla
strada, un paio di piani sotto.
Temari si rigirò tra le lenzuola, lasciando che una gamba fuoriuscisse da quell’involucro,
per raffreddare un po’ la pelle; si ritrovò quindi a fissare il soffitto per poi dedicarsi alla
figura accanto a lei. “Che c’è?” chiese curiosa e incerta, notando che Shikamaru la stava
fissando.
“Niente” sospirò lui, rivolto con il viso nel cuscino. Fuori si stava alzando un venticello che
faceva frusciare le fronde di un albero.
“E allora non mi guardare così.”
“Come ti starei guardando?” domandò assonnato.
Temari arrossì un po’, tornando a fissare il soffitto. “Non eri stanco?”
“Sì.”
193
“Beh, dormi allora.”
L’aria era così tiepida a Konoha, sarebbe stato bello se davvero tutto si fosse fermato in
quel momento, nel silenzio statico del primo pomeriggio.
“Stavo pensando…” cominciò Shikamaru, allungando una mano fino a tirarle piano una
ciocca di capelli, spostando l’attenzione di lei su di sé. “Forse se ci vedessimo tutti i giorni
io mi stancherei di meno, e tu smetteresti di lamentarti… almeno su questo” aggiunse,
mentre le sfiorava la guancia con le dita, in una delicata carezza.
Temari sorrise. “E questa cosa sarebbe? Una pigra proposta di convivenza?” lo prese in
giro.
“Di matrimonio. E preferisco pensarla come originale” spiegò calmo, mentre lei gli baciava
debolmente la mano.
Temari sorrise ancora di più. “Dovrai ingegnarti meglio, se vuoi sentire un sì dalle mie
labbra.”
Shikamaru espirò, ma in fondo la sua risposta non era niente che non avesse già calcolato.
Si avvicinò a lei, stringendola con un braccio. “Non credo tu abbia molta scelta.”
“No?! Spiegami perché dovrei accettare” sussurrò, contenta della sua vicinanza.
“Per quattro motivi.”
“Quattro?” ridacchiò lei. “Sentiamo…"
“Primo, perché i nostri figli saranno belli e intelligenti” spiegò, baciandole una tempia.
“Non stai correndo un po’ troppo? Non ho ancora accettato la tua mano” lo prese in giro.
“Saranno forti e coraggiosi…” continuò, scendendo a sfiorarle la guancia.
“Se prenderanno da me” appuntò lei, spostando la testa da un lato e permettendogli la più
totale libertà mentre passava a baciarle la pelle sensibile del collo.
“… E saranno ottimi candidati per diventare Hokage. O Kazekage” aggiunse, dopo il pizzico
che ricevette sul braccio.
“Già li vedo con la veste azzurra da Kage” ammise lei, perdendosi in quel piccolo sogno.
“Rossa casomai, dato che cresceranno qui a Konoha” le fece notare.
E Temari si irrigidì di colpo, spostandolo per guardarlo negli occhi. “E questo chi lo dice?”
Lui la guardò spaesato, e aggiunse con tono sicuro: “E’ la scelta più logica.”
“Ma io potrei voler vivere nel mio Villaggio, non ci hai pensato?”
“Temari, Suna è un deserto, mi sembra più normale costruirci una vita qui, dove l’aria è
almeno respirabile” cercò di farla ragione.
“Che stai dicendo? Sei tu che non ti sai abituare, io al mio Villaggio mi trovo benissimo, è
qui che sto male” alzò la voce, portandosi a sedere e tenendo le lenzuola sul suo corpo.
“Non mi sembra che poi te ne lamenti più di tanto” sussurrò, riavvicinandosi al suo viso.
Ma lei lo fermò, seria. “Shikamaru, non sto scherzando.” E lo gelò con i suoi occhi
profondi.
Lui espirò, sedendosi di fronte a lei. “Non posso muovermi da Konoha, mentre tu sei
libera. Che ti costa?” spiegò. “Inoltre qui il clima è vivibile, e i nostri figli sapranno che
colore sia il verde” scherzò, accarezzandole una mano. Che lei ritirò subito.
“E’ così quindi?! Poi sono io quella egoista!” s’infuriò, spingendolo lontano con un braccio,
mentre cercava di alzarsi dal letto. “Bene!”
“Temari, ma che-”
“Non ho intenzione di crescere i miei figli senza che conoscano il mio Villaggio” ammise,
alzandosi in piedi e tentando di vestirsi, ma i nervi saltati non aiutavano.
“Non ho mai detto questo, solo che-”
“Lo so benissimo cosa hai detto. Anzi, te la dico io una cosa: trovati un’altra!” s’infuriò.
“E dai, smettila…” sbuffò esasperato, poggiando le spalle sui cuscini.
“La smetto subito, certo. Figurati, non avrai più a che fare con me. Non ci sarà nessun
matrimonio!” gridò, infilandosi la camicia da notte. “E nessun bambino. Niente di niente!”
puntualizzò infine, sbattendo poi la porta del bagno dietro di sé.
194
Shikamaru sospirò infastidito, scalciando le lenzuola dal suo corpo. Iniziò a rivestirsi in
silenzio, passandosi più volte le mani tra i capelli, in un gesto seccato.
C’era sempre qualche piccola cosa che mandava tutto all’aria, mai una volta che qualcosa
andasse nel verso giusto. Assurdo come fosse impossibile avere un po’ di pace nella sua
vita, da quando stava con lei. E sapeva che Temari avrebbe accettato la sua proposta, un
giorno, come sapeva che sarebbero vissuti a Konoha. Ma lei doveva sempre dire di no,
come prima risposta, e complicare tutto.
A volte pensava che prima o poi sarebbe successo qualcosa che le avrebbe fatto capire quali
fossero le cose importanti della vita.
Lui l’avrebbe amata sempre, e lei lo sapeva, ora doveva solo aspettare che Temari si
calmasse e ponesse fine a quello stupido litigio. Doveva solo attendere un po’ di tempo.
Tempo… quello che i ninja proprio non avevano.
*
“A domani, Temari” la salutò, uscendo dalla stanza. Si sentì un leggero “buonanotte”,
prima che Kankuro si chiudesse la porta alle spalle e sospirasse appoggiando le spalle ad
essa, come ogni sera.
Anche per quel giorno era finita.
“Come sta?”
Kankuro si voltò di scatto, sorpreso da quella presenza discreta nel corridoio alla sua
sinistra. “Come sempre” lo informò.
“Temari, la smetti?”
“Di fare cosa?”
“Di sorridere in quel modo!” sbottò Kankuro.
La sorella lo guardò freddamente e in tono minaccioso aggiunse. “Che c’è che non va nel
mio sorriso?”
“Mi dà fastidio.”
Temari lo aggredì. “Ah, è così?! Gaara, hai sentito?”
“Sto lavorando” chiarì il fratello, non perdendo tempo nemmeno ad alzare gli occhi dai
fogli che stava leggendo, comodamente seduto alla sua scrivania.
La ragazza accavallò le gambe, affondando meglio la schiena nel divano. “E comunque non
stavo sorridendo.”
“No infatti, è solo da stamattina che hai quell’espressione stupida stampata in faccia”
Kankuro la prese in giro.
“Non è vero!”
“Sì! E solo perché domani arriva quell’idiota…” precisò borbottando.
“Quell’idiota sarà presto un tuo parente.”
“Non lo farai!”
“Sì che lo farò!”
“Scordatelo!”
“Kankuro, non rompere!”
“Cosa?! Gaara!” si lamentò, guardando speranzoso il fratello, in cerca di appoggio.
“Sto lavorando…”
Gaara rimase immobile con le spalle contro la parete, osservando silenziosamente il
195
fratello. “Ha mangiato oggi?”
“Perché non glielo chiedi di persona? Potresti anche vederla ogni tanto!” lo aggredì.
“Tu vai a trovarla ogni giorno.”
“Adesso è colpa mia?!”
“Il medico ha detto di non affaticarla troppo” spiegò.
Kankuro sbottò: “e io continuo a dire che uno shock forte potrebbe solo farla stare
meglio!”
“Kankuro, non possiamo rischiare.”
“Tu non vuoi rischiare. Tu te ne stai tutto il giorno chiuso nel tuo ufficio a pensare al
Villaggio, dimenticando di avere una sorella che ha bisogno anche di te!”
“Se vuole sposarlo non possiamo impedirglielo.”
“Cosa?” Kankuro si ribellò, mentre Temari sorrideva vittoriosa.
“Sei solo geloso” lo rimbeccò la sorella.
“Non è vero!”
“Non cambierà niente, te lo assicuro” provò poi, in tono più dolce e sincero.
Kankuro sbuffò. “Intanto non sarai più qui…” borbottò.
“Puoi venirmi a trovare quando vuoi.”
“Non sarà la stessa cosa. Tem, non sarà mai più la stessa cosa! Perché non vi trasferite a
Suna? Si sta bene” provò.
Temari alzò gli occhi al cielo. “Lascia perdere… Ho ben quattro stupidi motivi per vivere a
Konoha.”
“Kankuro, lasciala in pace” lo rimproverò mite Gaara.
“Certo, tanto a te non importa!” lo aggredì.
“Smettila!” lo sgridò lei, notando l’occhiata furiosa del minore.
“Siamo una famiglia, non puoi andartene ora! E non per uno stupido matrimonio inutile! ”
si ostinò.
“Ti stai comportando come un bambino, Kankuro” si alterò, passandosi le mani tra i
capelli, esausta.
“Non mi importa come, ma farò di tutto per tenerti qui!”
Gaara si scostò leggermente dal muro, assottigliando gli occhi. “Se il consiglio sapesse le
sue condizioni non si farebbe scrupoli a prendere provvedimenti, e allora non potresti più
vederla nemmeno tu. La difendo ogni giorno, da un mese” sibilò. “Non osare dirmi che non
penso a lei.”
“Le sue condizioni? Non riesci nemmeno a dirlo, Gaara?”
La porta risuonò per due volte sotto un battito deciso e forte. La guardia s’intromise veloce
nello studio del Kazekage, trafelata. I tre fratelli la guardarono tra un misto di curiosità e
preoccupazione…
Non aveva atteso il permesso di Gaara per entrare.
Gaara indurì lo sguardo, stringendo impercettibilmente i pugni. “Ha solo bisogno di
tempo.”
196
“Kazekage-sama, ho bisogno di parlarle in privato.”
Gaara lo guardò serio, indurendo i lineamenti.
Pessimo presentimento.
“Non c’è niente che i miei fratelli non possano sapere.”
“Ma…”
“Parla.”
“Tempo?!” ironizzò Kankuro, sorridendo amaramente. “Ne ha fin troppo.” I giorni non
passavano, Temari aveva cristallizzato i suoi sentimenti di attesa nell’attimo in cui li aveva
persi del tutto. Il domani non sarebbe sorto mai più.
“Sono appena arrivate notizie da Konoha.”
“Non c’è niente che non vada in lei” chiarì freddo Gaara, voltando le spalle al fratello ed
incamminandosi lungo il corridoio.
“Il fronte a nord della Terra del Fuoco è stato attaccato. Era del tutto inaspettato.”
Kankuro lo guardò tristemente andare via e percorrere lentamente quei passi che lo
separavano dalla realtà, e notò come la sua schiena fosse appena incurvata, appesantita.
Come forse anche la sua…
“Non puoi negarlo, Gaara. Lo so bene, è tutto inutile” gli fece sapere. “Come è inutile
arrabbiarsi, patteggiare o deprimersi. Puoi solo accettarlo.”
“Ci sono state delle perdite, abbiamo la lista dei nominativi.”
Ma l’altro continuò a camminare, ad allontanarsi, mentre Temari rimaneva chiusa nella
sua stanza, nell’immobilità del suo tempo.
Kankuro sentì qualcosa incrinarsi dentro di lui, ritrovandosi a metà tra i due fratelli e non
sapendo chi seguire. Appoggiò le spalle contro la porta della camera della sorella, urtando
il legno con la testa.
“Nara Shikamaru è morto da eroe, salvando la sua squadra.”
E quel qualcosa si ruppe quando capì che era la sua famiglia che stava andando in pezzi.
E Temari si accasciò a terra. Perse la forza di parlare, di muoversi, o anche solo di
respirare. Sentì a malapena le urla di Kankuro che le ordinavano di alzarsi, e percepì il
tocco di Gaara che la sollevava.
Rivolse un’ultima occhiata alla finestra, il sole stava tramontando lento.
Domani gli avrebbe detto il suo orgoglioso sì.
E poi non vide più nulla.
“Peggio di così non può andare, Gaara” sussurrò appena.
197
***
Temari amava davvero il suo Villaggio. Suna era sempre stata considerata da tutti un luogo
inospitale, nascosto nel bel mezzo del deserto, dove la gente era schiva e prevenuta, non
abituata agli stranieri, e le urla dei bambini che giocavano nelle piazze, i colori troppo
accesi del mercato, l’aria afosa, il sole troppo caldo, erano fattori che giocavano a suo
svantaggio.
Ma Suna aveva fascino. E una volta entrati oltre le mura si rimaneva abbagliati da quanto
quel piccolo Villaggio fosse attaccato alla vita.
Temari ogni sera si sedeva sul balcone della sua camera, poggiava le braccia sopra la
balaustra, e fissava il sole tramontare oltre le dune.
Le dava pace e serenità vedere la normalità con cui il giorno terminava, per poi rinascere
poche ore dopo. Era in qualche modo rilassante sapere che quel ciclo non l’avrebbe
abbandonata mai, e sarebbe continuato incurante di qualsiasi cosa fosse accaduta nel
mondo.
I bambini nascevano, i vecchi morivano, le ragazze amavano incondizionatamente e gli
uomini costruivano una società sempre migliore. Ogni giorno.
Uno dei suoi fratelli non si arrendeva nemmeno davanti l’evidenza, mentre l’altro, quello
considerato un mostro di spaventevole forza, non aveva il coraggio nemmeno di guardarla.
E lei semplicemente non aveva voglia di continuare.
Ogni giorno.
Pensò che fosse stupido lasciarsi morire per amore, e fu certa che fosse ancora più stupido
morire per salvare qualcun altro. Però lui lo aveva fatto.
E allora forse questo cambiava tutto quanto.
Adesso voleva che uno dei suoi fratelli accettasse la realtà, e voleva che l’altro dimenticasse
di aver avuto una sorella. Per non farli soffrire più.
Guardò il sole sparire dietro le mura rocciose del Villaggio, l’orizzonte era una sottile lama
arancione. Sentì il vento fresco della sera accarezzarle i capelli, e si sporse per lasciarsi
sfiorare ancora.
Notò le strade impolverate sotto di lei, e qualche timida ombra che vibrava appena per
l’afa.
Il mondo sarebbe andato avanti lo stesso, a qualunque costo.
E sorrise.
198
Today was gonna be the day
But they'll never throw it back to you
By now you should've
somehow
Realized what you're not
to do
199
michiyo1age
Il compito di una kunoichi
La fic pubblicata a capitoli, è stata presentata su EFP per il primo compleanno del forum
“Happy Birthday Black Parade”. La storia non segue la trama normale del manga per
quanto personaggi, ambientazioni e strutture politiche e sociali siano identiche. Konoha e
Suna sono in continua lotta tra loro, uno scontro che le sta logorando entrambe sia dal
punto di vista umano che quello economico. Temari della Sabbia, figlia del Quarto
Kazekage, viene inviata in una missione sotto copertura nel villaggio nemico. Il racconto si
articola tra scontri meccanici, riflessioni etiche e razionali, ma l'accento è posto
nell'inspiegabile attrazione sensuale trai protagonisti e i suoi sviluppi.
Le avevano assegnato quella missione da ormai un mese, ma per Temari, Capitano della
Sabbia, era stato difficile rendersi più femminile.
La femminilità, diciamo, è qualcosa che le donne hanno a prescindere, ma possiamo anche
affermare che, molto spesso, alcuni esemplari la perdono a causa della loro educazione o
del loro carattere.
Non si può pensare che una ragazzina che vive con i suoi due fratelli, che fin da piccola è
stata allenata ad uccidere e a sopportare la fatica, si preoccupi per sopracciglia, taglio di
capelli, cicatrici, unghie, insomma per l'aspetto fisico.
Ed essere una bella donna, un'avvenente ospite, era il ruolo chiave della sua missione.
Normalmente avrebbero mandato le kunoichi più esperte in questo settore, non di certe
delle bestie da macello come lei, ma era troppo importante che la missione riuscisse.
Temari si era sempre distinta per le sue ottime capacità in battaglia , insomma era la
persona giusta.
Caratterialmente.
Aveva dovuto passare le scorse settimane a, letteralmente, cancellare ogni prova del suo
passato e far diventare la sua pelle liscia e morbida con unguenti e creme di vario genere
che la facevano assomigliare a una campo di fiori. Non solo, una signora aveva passato un
intero pomeriggio a toglierle ogni pelo superfluo che avesse sul viso e la giornata successiva
sull'intero corpo. Non pensava neanche che in certi posti servisse davvero.
Aveva dovuto abituare il viso ai cosmetici e le mani avevano sopportato giorni nel ghiaccio
per diventare più morbide. I piedi erano stati privati da abrasioni, calli o vesciche, mentre
imprecava ogni secondo per tutte quelle cose assurde che doveva fare.
Un altro affronto al suo gargantuesco orgoglio le era stato fatto quando le avevano detto che
avrebbe dovuto prendere lezioni per conversare!
Come se fosse una mocciosa a cui la mamma dovesse ancora pulire il c...
Ecco appunto, Temari non sfoggiava il miglior vocabolario possibile, né le maniere ed
espressioni più affascinanti. E la sua missione era catturare un uomo.
Da molti anni ormai, il Villaggio della Sabbia era in lotta con quello della Foglia. Questioni
territoriali e vecchi rancori costringevano i due villaggi a combattersi in una guerra
perpetua che si fermava per brevi instabili momenti di pace.
Il padre di Temari, il Quarto Kazekage l'aveva scelta come unico membro della missione per
rapire il giovane, ma abile stratega del villaggio nemico.
Purtroppo non avevano potuto permettersi molti uomini e in più la missione era
decisamente rischiosa. I ninja ottengono i loro migliori risultati in segretezza, senza kunai o
spade, ma con l'ombra e l'oscurità. Le kunoichi molto spesso erano usate per adescare i loro
obiettivi e una volta soddisfatta la loro libidine, gli sgozzavano nel sonno.
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C'erano squadre apposta atte a compiti come questi, maestre nell'arte della seduzione, ma
purtroppo non abbastanza forti per trasportare uno shinobi vivo fuori dalle mura del suo
villaggio dove si sarebbe tenuta pronta una squadra che l'avrebbe portato a Suna.
Ed era stato così che era venuto fuori il suo nome.
Lei avrebbe dovuto interpretare Kochiyo Ken, una nipote del loro infiltrato, ai
festeggiamenti per il matrimonio dell'eroe della Foglia, Naruto Uzumaki. Essendo
Shikamaru Nara,l'obiettivo, grande amico del festeggiato, avrebbe partecipato alla
cerimonia dove Temari avrebbe dovuto incontrarlo e sedurlo.
Sotto il pesante kimono indossava la più bella biancheria intima ricamata che avesse mai
visto e nella piccola borsetta qualche strano strumento se l'obiettivo si fosse mostrato
propenso a dei giochi pervertiti.
In quel momento strinse con rabbia proprio quella borsetta.
Lei aveva fatto tutti quei sacrifici per quello?
Le si parò di fronte un uomo, ragazzo insomma, piuttosto alto con i capelli raccolti in una
strana coda che sfidava la legge di gravità. La sua espressione era talmente da ebete che
Temari non dubitò di metterlo nel sacco in breve tempo.
Forse erano quei suoi occhi da cane addormentato, carichi di occhiaie e con una luce poco
intelligente o la propensione della sua bocca a rimanere imbronciata, corrucciata quasi
fosse un peso esistere.
Si chiedeva se mai qualcosa l'avesse eccitato nella sua vita.
Questo era il grande genio che doveva affrontare? Beh, che spreco di tempo.
Il signor Ken, l'infiltrato, li aveva presentati e lui (che sorpresa) non si era neanche degnato
di rispondere.
Un affronto alla decenza!
Aveva sopportato pinzette, c'era calda sul linguine per quel coso?! Oh quanto sperava di
essere la responsabile della sua tortura. Scosse la testa contrariata, non era il momento di
pensare a quello.
Andò a fare gli auguri alla sposa, una donnina fragile dai capelli lunghi, che le parve molto
cortese. Lo sposo per quanto aveva visto, era un idiota, ma suo fratello Gaara, che l'aveva
incontrato in battaglia numerose volte, ne aveva il pieno rispetto.
-Di solito si mette negli angoli per starsene tranquillo- le sussurrò il signor Ken, guardando
nella direzione dell'obiettivo che stava parlando con un amico molto grosso, dall'aria
gioviale.
Aspettò che se ne andasse, per avvicinarsi con fare casuale. Secondo le lezioni, avrebbe
dovuto essere spontanea e naturale, ma nessuno si sarebbe sentita in quel modo con il
kimono da cerimonia. Insomma lo sapevano tutti che per essere a proprio agio bisogna
avere il meno possibile addosso.
Pensava che fosse una verità universalmente riconosciuta.
-Posso sedermi?- chiese con voce più acuta del normale.
Quel cane si limitò a grugnire.
Lei, non sapendo cosa prescrivesse il bon-ton, nel caso in cui il tuo interlocutore sia un
completo idiota, si sistemò accanto a lui.
-Sei qui per lo sposo o per la sposa?- riprovò sempre con fare lezioso.
Stava guardando dall'altra parte, non dandole neanche un minimo sguardo.
Peccato che non le avessero insegnato come controllare la rabbia.
Fu servito da mangiare e Temari, infischiandosene e delle buone maniere e della missione,
cominciò a mangiare per gusto e per malumore.
“Dovrai mangiare come un uccellino” le avevano detto “Non nella maniera canina a cui sei
abituata. Devi fare piccoli sorsi quando bevi e piccoli bocconi quando ti servi.”
201
Fu questo che attirò l'attenzione di Shikamaru. Non aveva immaginato che una damina così
compita avesse un tale appetito. E si godeva tutto quello che le passava davanti, senza
ipocrisia.
-Da dove vieni?- le chiese a bruciapelo. Aveva notato tratti differenti rispetto a quelli delle
sue parti. Aveva la pelle più scura e gli occhi più stretti, nonostante la cipria e l'ombretto.
-Non si usa prima presentarsi?- ribatté la bionda prendendo un gamberetto.
Il tono brusco di certo non l'avrebbe fatta entrare nelle sue grazie e quando già lui stava
roteando gli occhi in segno di noia, aggiunse: -Io sono Kochiyo Ken e vengo dal Paese dei
Fiumi-Ken, Ken...ho già sentito questo nome- mormorò sovrappensiero.
-Ah si! Il signor Ken!- esclamò ad un tratto.
-E' mio zio- rispose Temari tornando al suo tono mieloso.
Shikamaru non l'aveva sentita, aveva passato in rassegna le varie persone della sala fino a
trovare il signor Ken, che si inchinò brevemente quando incrociarono gli sguardi.
Questo Shikamaru doveva essere una persona davvero importante vista le deferenza del
gesto.
-Non mi hai ancora detto il tuo nome- disse posando le bacchette. Avrebbe dovuto
abbandonare il banchetto per entrare nelle grazie del vicino, che non sembrava
minimamente interessato al cibo, Lui non si perdeva niente. Lei, molto, pensò con
rammarico.
-Shikamaru Nara del Clan Nara- rispose controvoglia.
-Appartieni ad un Clan? Nel mio villaggio non ci sono-Si, ma non uno di quelli importanti come gli Hyuuga o gli Uchiha. Anche se tutti ti diranno
il contrario. Siamo più tizi di supporto...Temari fu sbalordita dalla modestia, ma quale modestia? Stava gettando il suo clan nella
più nera mediocrità. Eppure lei si era documentata. Suo padre era a capo della squadra
Jonin e membro del consiglio della Foglia, la sua famiglia aveva prodotto una lunga serie di
valenti shinobi che grazie alle tecniche tramandate da padre in figlio erano elementi
fondamentali delle squadre di attacco e in più erano anche ricercatori e si occupavano della
fabbricazione delle medicine.
-Ma ho sentito tanto parlare di te!- lo interruppe.
-Sono una pedina sacrificabile, solo che molti danno troppo importanza a ciò che faccio. È
una terribile seccaturaAnche qui, Temari non riusciva a capire il suo comportamento. Era il cocco dell'Hokage,
che lo teneva in grande stima, era stato convocato dal Daimyo del Paese del Fuoco che lo
voleva nella sua guardia personale, eppure non aveva visto una sola briciola di superiorità
nel suo sguardo.
-Ma sarà un onore per te servire il tuo villaggio! Se le persone ti reputano un bravo ninja, tu
dovresti lavorare per guadagnarti la loro stima- il falso tono femminile era sparito, Kochiyo
era stata seppellita, ed era Temari e il suo tono implacabile a parlare.
-No, è una seccatura. Sono loro che hanno fatto un errore di calcolo, mica io. Non capisco
perché ne debba pagare le conseguenze-Perché non si sta parlando di te, ma della salvezza degli abitanti del villaggio che servirispose quasi disgustata, il motivo per cui era lì, dimenticato ormai da anni.
-Io non sto pensando a me stesso-Non mi sembra proprio. Non muovere un dito e lasciare che altri paghino per quello che
non tu non fai-
202
-Non credere che io non mi preoccupi del bene dei mie compagni- questa volta fu più duro,
come se l'avesse ferito. -Ci penso costantemente, potrebbe essere proprio la mia
inettitudine a causarne la morte-Inaspettatamente fragile- borbottò Temari voltandosi dall'altra parte.
-Hai detto qualcosa?- le chiese Nara
-Nulla- il sorriso della ragazza non poteva essere più finto.
Non sapeva se essere delusa o colpita da questo shinobi. Il fatto era che non ne aveva mai
conosciuto uno così. Di solito erano uomini forti dai pochi pensieri dai molti atti, sempre
desiderosi di essere utili e nel mezzo dell'azione.
Non serve che ci rimugini sopra si disse Devi solo andarci a letto.
Però ora era arrivata ad un punto morto. In quale modo avrebbe potuto riprendere il
discorso senza sembrare forzata? Il silenzio era calato tra di loro già da molti minuti e
sarebbe sembrato strano riprendere con i modi da signorina che non era.
-Certo che sei una seccaturaSi voltò sgranando gli occhi.
-Prego?- alzò un sopracciglio, quasi come un segno di minaccia.
-Una seccatura- ripeté quello impunemente.
-Ed una brutta cosa per te?-Assolutamente-Allora sono contenta- e ghignò
come sapeva fare solo lei.
Shikamaru in quell'espressione ci
trovò un non so che di irresistibile
come l'esca per un pesce.
-Non vorrei mai rientrare nella
stima, di un tale crybaby- aggiunse.
-Ed è una brutta cosa?-Assolutamente- rispose Temari
facendogli una linguaccia.
Shikamaru abboccò.
Parlando in tutta sincerità,
Shikamaru non sapeva proprio
come ci fosse arrivato lì.
Ok, fino ad un certo punto riusciva
a ricostruire il percorso: era andato
al matrimonio di Hinata e Naruto,
aveva mangiato accanto ad una
bionda un po' enigmatica, seccante,
e poi gli avevano offerto una stanza
dell'enorme villa dove passare la
notte.
Ma il suo percorso logico finiva qui.
Infatti non si sarebbe mai riuscito a
spiegare il fatto di avere la strana Disegnato da Clahp
bionda tra le gambe, attaccata alle
sue labbra e le sue stesse mani dappertutto sulla ragazza in questione. Non sapeva neanche
spiegarsi quest'urgenza che provava nel volerla toccare e stringere e neanche l'irruenza di
questi suoi sentimenti. Durante la serata l'aveva intrigato sempre più, fino a quando lei non
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si era dimostrata sempre più affascinante, amicante.
Aveva uno sguardo che incatenava. Ma lui non avrebbe fatto nulla, se lei non avesse
dischiuso quelle morbide labbra sulle sue. Doveva essere in quel momento che quella strega
aveva fatto il suo sortilegio e aveva risvegliato in lui desideri sconosciuti.
Per Temari invece, tutto stava andando a meraviglia. In molte occasioni aveva disperato
sulla riuscita della missione, ma non si sa come, il ragazzo aveva continuato a darle corda
per tutta la sera e da lì, al baciarlo in un angolo buio, il passo era stato breve. Molto breve,
ma anche piacevole.
E visto che non le aveva fatto schifo si era gettata su di lui appena aveva raggiunto la sua
camera.
Non sapeva se l'atterraggio sul fuuton fosse stato duro, ma doveva comunque pagargliela e
non solo con un ematoma sul sedere.
Aveva subito slacciato le cinture e gli obi dei primi due strati del kimono, ora aveva solo
quello di seta semitrasparente che così bianco e latteo contrastava stupendamente con la
sua pelle ambrata. Fece per liberare l'ultimo obi, ma mordendosi il labbro si alzò, lasciando
Shikamaru con una delle sue migliori espressioni da ebete e un'erezione più che visibile.
Aveva camminato lentamente verso la caraffa e nel lavabo si era sciacquata tutte quelle
inutili polveri che le ricoprivano il viso. Aveva capito che Shikamaru l'avrebbe apprezzata
senza. Piccole goccioline le scendevano sul collo mentre si avvicinava da dietro alla sua
preda. Cominciò a sfilargli lentamente i vestiti, passando le mani con decisione su ogni
singolo muscolo, scoprendo ogni volta un nuovo brivido di piacere che le infiammava il
bassoventre.
E ora si trovava lì, davanti a questa schiena larga, ben formata. Si passò la lingua sulle
labbra e cominciò a fargli i massaggi, come le avevano insegnato. Qualche volta alternava la
lingua maliziosa. Shikamaru si lasciava sfuggire gemiti di piacere o si irrigidiva
socchiudendo gli occhi quando lei strusciava il prosperoso seno contro la sua schiena. Ad
un certo punto le bloccò la mano che gli stava massaggiando le spalle. La cecità era stata
terribile, sotto i kimono non aveva visto nulla del suo seno, ma, aveva sentito abbastanza
per voler approfondire la conoscenza con quelle due gemelle intriganti. Si girò verso di lei,
tutto trepidante le sue aspettative non furono disattese. Ma chiaramente non era
soddisfatto: c'erano ancora troppi ostacoli tra di loro. Agguantò la cintura e gliela slacciò
con una sola mano, stava per liberala dal leggero kimono quando lei si fece avanti,
baciandolo lentamente, facendolo nuovamente distendere e strusciando tutto il suo corpo
contro quello del ragazzo. Lui la stringeva convulsamente, lei gli accarezzava il viso,
mordendogli il labbro.
Ad un certo punto, Shikamaru non ce la fece più. Ribaltò le posizioni e si trovò a cavalcioni
di quella dannata bionda. Non vide la sua espressione per un attimo persa, era troppo
concentrato a strapparle quella maledetta veste che gli aveva ormai dato sui nervi. Il
reggiseno sembrava qualcosa di ancora più superfluo. Disperò per un momento realizzando
che sarebbe stato faticoso farla rigirare per liberarla dai gancetti.
Ma Temari con un sorrisino di superiorità gli disse: -Vediamo se ci arrivi genioLui la guardò inebetito, non capendo a cosa si stesse riferendo e lei ancora più subdola, lo
catturò in un altro di quegli interminabili baci che gli piacevano tanto. Lui si distaccò dalla
sua bocca per percorrerle il collo con le labbra frementi, baciarle la clavicola e poi infilare il
naso in mezzo al seno come si annusa un mazzo di rose. Le sue mani disperate non
sapevano come togliere da quelle catene di stoffa il suo premio, anzi i suoi premi , e allora
continuava a sfregare ed agguantare il seno.
Temari, forse esasperata dalla sua ricerca, forse curiosa di sapere quali altre emozioni le
avrebbe trasmesso una volta libere, volle rivelargli l'arcano. Mise le dita in mezzo alle coppe
et voilà, i suoi seni rifluivano come due belve lasciate libera dalla loro gabbia.
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Shikamaru emise un rantolo euforico, cominciò a tastarne una con la mano destra mentre
l'altro era stata catturata dalle sue labbra. Sembrava un bambino al seno, ma Temari
dubitava fortemente che un bambino l'avrebbe fatta impazzire così. Si fece sfuggire un
gemito colpevole e lui allora, rinfrancato, continuò con più violenza. Inarcò la schiena,
ormai il desiderio forte anche in lei come prima bruciava in lui. Voleva di più, molto di più.
Ma lei era la sua puttana, lei doveva far godere lui. Non poteva chiedere.
Ma un sospiro troppo eloquente la tradì.
La mano libera del ragazzo scivolò in basso e elusa la sorveglianza delle mutandine entrò
dentro. Sembrò un gesto da niente, ma per lei fu tutto.
Fu come se le porte del paradiso si fossero aperte.
Tutto il corpo era fremente e impaziente e lei gli prese la testa tra le mani. Lo baciò con
molta più irruenza, non più calcolata, ma spericolata. Le lingue danzavano in un ballo
frenetico e i corpi smaniavano il contatto più intimo. Shikamaru le bloccò le braccia sopra
la testa e la guardò ansimante cercando di riprendere fiato.
Era una tigre, o era lui il predatore?
Riprese l'attacco con piccoli baci che le percorsero tutto il corpo dal seno tonico e tondo
lentamente, ogni centimetro venne percorso fino all'ombelico e dopo, con fremito, più in
basso, molto più in basso, quasi senza staccarsi dalla sua pelle. E quello fu il punto di
rottura: -Basta- esclamò con voce rauca. Gli tolse i pantaloni, l'erezione in vista e pronta,
forse quanto lei, ad arrivare all'atto finale. Temari lo avvolse, la situazione le era sfuggita
completamente, non avrebbe saputo dire come si chiamava. C'erano solo lui e lei. Con
fremito più grande Shikamaru la penetrò, facendo molta attenzione.
Non ci fu niente da fare.
Erano totalmente persi.
I movimenti divennero ritmici le cosce di lei che sfregano la sua pelle erano insopportabili:
avrebbe voluto baciarle, accarezzarle, ma non poteva fare tutto così. Ma voleva fare tutto.
Dentro di lei divenne più forte e impetuoso e lei non riusciva a trattenere gorgoglii insensati
uscire dalla sua bocca. Mentre lui cercava di riprendere fiato, Temari glielo toglieva con le
sue labbra.
Aumentarono il ritmo, la bionda seduta sopra di lui inarcò la schiena così da offrirgli
nuovamente il suo seno.
-Si!Strepitò Temari.
-Si!Ripeté.
E finalmente vennero entrambi. Contemporaneamente. L'urlo di lei bloccato da una bacio
più dolce e stanco di Shikamaru che la strinse mentre sentiva i muscoli rilassarsi.
Non è stato difficile pensò Temari mentre veniva sballottata di qua e di là nel carretto che li
avrebbe portati a Suna.
Si erano staccati e mentre lui già cadeva tra le braccia di Morfeo, Temari si era alzata e
aperta la borsetta aveva preso l'occorrente. Una volta addormentato Shikamaru, si era
vestita abbandonando finalmente tutti i fronzoli e indossando il suo equipaggiamento da
battaglia. Per decenza rivestì anche il suo ostaggio, non senza fermarsi maliziosa su alcuni
particolari del suo corpo.
Il ragazzino pesava un po', doveva ammetterlo e caricarselo in spalle non fu un gioco da
ragazzi. Fortuna che gli Hyuuga aveva la tenuta proprio ai confini del villaggio anche se
nella parte all'estremo est. Cercò di trattare bene il prigioniero senza fargli sbattere la testa
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da qualche parte, anche se naturalmente non poteva decidere lei dove i rami sarebbero
apparsi all'improvviso provocandogli graffi sugli arti. Qualche metro oltre le mura, fu
accolta dalla squadra di quattro elementi che avrebbe trasportato l'ostaggio fino al carro
sulla via principale. Dovettero percorrere almeno un quarto del perimetro del villaggio per
riuscire finalmente ad arrivare alla loro destinazione. Temari era esausta è una volta
adagiatasi contro il telo che copriva la parte superiore del veicolo, si addormentò.
Al suo risveglio diede il cambio ad uno dei ragazzi che sedevano a cassetta e si godette il
sole e la foresta, mentre oltrepassavano i confini del Paese del Fuoco.
Arrivati a Suna, si disinteressò completamente del “pacco” e stilò subito il rapporto
omettendo naturalmente i particolari della notte. Non pensava proprio che suo padre si
sarebbe mai interessato ad una cosa del genere, non che si interessasse molto di lei, di
solito.
-Com'è andata la missione?- chiese il Quarto Kazekage mentre dava un'occhiata veloce al
documento che gli aveva appena consegnato.
-E' andata liscia come l'olio- rispose mentre in quel momento si chiedeva quali sentimenti
potesse avere un padre che aveva appena mandato a prostituire la figlia.
Sono solo ordini si ripeté Non posso avere privilegi solo perché siamo imparentati. Non
cambia nulla.
-Bene, sei congedataNon cambiava assolutamente nulla nel comportamento di suo padre, che fosse lei o fosse
Kankuro a pararsi davanti, nulla cambiava. Gaara era speciale invece, avendo un Bijuu
dentro, aveva valore per il Kazekage, cose che lei e suo fratello, in quanto comuni essere
umani, erano privi.
Se la meschinità propria dei marmocchi li aveva allontani da quel fratello prediletto, dopo,
crescendo, si erano sempre più riavvicinati al piccolo Gaara.
In realtà erano tre orfani con il padre ancora in vita. Nulla di più.
Rientrò nella sua stanza, non avendo niente da fare. Si gettò sotto le coperte provando la
bella sensazione delle gambe lisce contro il lenzuolo. Dopotutto l'opera di purificazione
aveva avuto i suoi vantaggi.
Stava già per addormentarsi quando bussarono alla porta. Entrò Kankuro e dietro di lui un
genin che sembrava fargli da assistente.
-Abbiamo bisogno di te a basso con il prigioniero- il suo tono era neutro, come se anche per
lui Temari fosse una collega, una compagna d'armi insomma.
Lei borbottò qualcosa mentre lasciava il morbido giaciglio.
-Arrivo subito- disse contrariata che quel ragazzo dovesse ancora infastidirla: maledetto
Shikamaru Nara e tutta la sua specie!
-Ti aspetto- Kankuro era stato intransigente e con un gesto imperioso fece andare via il
genin.
Rilassò i muscoli e con aria più bonaria e amichevole le chiese: -Com'è andata la missione?-Una bazzecola, con chi pensi di parlare, eh?- sorrise lei mentre finiva di sistemarsi i
sandali.
-Non avrebbe dovuto mandarti. Sarebbe bastata qualsiasi persona. Non può trattarti come
se fossi una prost...Temari lo interruppe bruscamente: -E invece si, può, io sono un subordinato e lui è il mio
Kazekage. Non è che mi sia proprio divertita, ma sono gli ordini.-Ma...-Zitto Kankuro. Sono più grande di te, non ho bisogno di protezione. E ora andiamoLa cosa già le puzzava.
In quella cella, il prigioniero, stava sorridendo tranquillo e beato, guardando fuori dalla
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feritoia che gli permetteva di vedere il cielo.
In più non c'era nessuno della Squadra per Gli Interrogatori, ma solo Gaara che in silenzio
stava appoggiato al muro guardando torvo i suoi piedi.
-Buongiorno Nee-san- la salutò nel suo mirabile tentativo di suonare amichevole.
Il prigioniero si distolse dalla sua visione e osservati un secondo i suoi tre carcerieri disse: Sapete una cosa? Voi tre non sembrate per niente fratelli- Il tono era noncurante, quasi
leggero, per niente preoccupato o sorpreso di trovarsi in cella in mani nemiche, quando
l'ultima volta che si era addormentato aveva appena fatto l'amore a casa Hyuuga.
-Buongiorno seccatura- disse rivolgendosi a Temari con un mezzo ghigno. -Devo dire che ti
preferisco così-Mi chiamo Temari, non seccatura-Non Kochiyo? Temari, mmm, si Temari mi piace di più- concluse sempre con
quell'irritante sorrisino.
-Vuoi smetterla, è con mia sorella che stai parlando! Piantala di fare l'idiota- Kankuro
sembrava avercela già con lui quando Gaara alzò la mano in segno di pace.
-E' un nostro alleato, vediamo di andare tutti d'accordo-Alleato?- sbottò Temari sgranando gli occhi.
Gaara le fece segno di sedersi.
-C'è un motivo per il quale ho suggerito a nostro padre che Shikamaru Nara sarebbe stato
l'uomo giusto da togliere a Konoha. Era proprio perchè è l'uomo giusto per togliere di
mezzo il Kazekage a SunaTemari lo guardò sbigottita, l'ostaggio si era rimesso a guardare le nuvole, come se la cosa
non lo toccasse.
-Sai bene- riprese -Che il villaggio non può più sopportare l'andare della cose. La guerra che
sta perpetrando ad oltranza e non serve a nessuno. Sia continuando a respingere le
richieste di pace dell'Hokage con falsi pretesti e scuse insopportabili, sia mantenendo lo
stato di allerta al massimo, sta danneggiando tutti gli abitanti. La popolazione viene
continuamente oppressa, con il cibo razionato e i figli sempre al fronte. È da molto ormai
che il malumore serpeggia tra gli shinobi. Nessuno ha osato fare niente fino a quando non è
giunto alle nostre orecchieSi interruppe per far continuare Kankuro.
-Nessuno ci aveva detto niente perché pensavano che noi fossimo dalla parte del Kazekage e
solo per caso ne sono venuto a conoscenza . Una volta che hanno visto che potevano fidarsi
di noi, ci hanno permesso di prendere parte alle loro riunioni. Quello che abbiamo trovato è
stata solo confusione. Non erano nemmeno organizzati e oltre a lamentarsi non facevano
null'altro- fece un profondo respiro- Evidentemente non si può spodestare il potere con le
chiacchiere e io e Gaara, abbiamo cercato di mettere in luce le debolezze della loro
organizzazioneSbuffò come se trovasse la cosa veramente ridicola: -Ci hanno eletto capi, nonostante la
nostra parentela. È saltato fuori il tuo nome e noi ti abbiamo dato per scontata. Ci
occorreva creare un'immagine di solidità del potere. Non te ne abbiamo mai parlato sin'ora,
perché pensiamo che il Kazekage ti stia facendo controllare. Pensiamo che sia questa il
motivo che l'ha spinto a mandarti in quella missione. Sospetta già di me, mentre pensa che
Gaara non abbia alcun alleatoIl fratello minore si staccò dal muro guardandola con i suoi occhi seri-Eravamo certi della
tua completa approvazione. Ma è meglio chiederlo apertamente: Sei con noi o contro di
noi?Temari si alzò, uno strano brillio le illuminava gli occhi -Non dubitate mai di me, farò tutto
ciò che è in mio potere per concludere questa guerra!207
Kankuro le diede un buffetto di approvazione sulla spalla, mentre Gaara si limitò a
sorridere leggermente.
Divenne subito pratica e si fece spiegare cosa esattamente era stato fatto e cosa c'era ancora
da fare. Da fare non c'era molto, tutti gli shinobi sovversivi aveva fatto proseliti, così da
vedere di chi ci si poteva fidare e soprattutto quanta resistenza avrebbero incontrato nel
loro cammino. La maggior parte della popolazione avrebbe preferito un cambio di
reggenza, mentre gli shinobi furono più difficili da smuovere dalle lor posizioni. I soldati di
Suna sono degli uomini fedeli per natura e preferirebbero morire pur di non rispettare
l'ordine di un loro superiore. Ciechi di fronte l'evidente ingiustizia, non avrebbero mancato
alla parola data. Soprattutto la squadra ANBU.
-Non mi avete ancora spiegato cosa ci fa questo qui- disse indicando il prigioniero ancora
perso in contemplazione di chissà cosa -Perchè ci servirebbe un ninja di Konoha per
sistemare i problemi di Suna?Gaara riprese allora con l'esposizione del suo piano:- Dovevamo assicurarci che mentre noi
ci fossimo occupati del Kazekage, la Foglia non ci avrebbe attaccato. Quindi abbiamo
inviato dei messaggeri all'Hokage per spiegare la situazione e chiedere una tregua.
- Fortunatamente si è dimostrato disponibile ad aiutarci e a stringere un'alleanza.
Naturalmente non può fornirci molti uomini e neanche privarsi delle sue armi, ma ha
cercato di venirci incontro. Pone molta fiducia in Nara Shikamaru. Ce l'ha consigliato per le
sue doti di strategaL'interpellato si mosse e per la prima volta Temari colse un'espressione che rasentava la
serietà.
-E' stato lui a proporre di venire a Suna come ostaggio così da non destare sospetti. Il signor
Ken, che fa da informatore per la Sabbia, in realtà ha sempre lavorato per Konoha e Konoha
solaTemari fissò per un momento il supposto genio della Foglia e poi sbraitò: -Ma se davvero
sapevo tutto della missione, non avrebbe potuto informarmi e non farmi...non farmi...- la
voce le si spense: non aveva la forza per dirlo ad alta voce.
Il pugno di Kankuro tremò: -Questo...questa è colpa del signor Nara qui presenteQuesti un po' nervoso e sempre con quella smorfia che alcuni chiamavano sorriso, rispose: Non ho visto perché fermarci...stava andando tutto così bene. Naturalmente non sapevo
che mi avessero mandato la sorella dei...- Temari si alzò di colpo e dopo avergli assestato un
possente schiaffo sulle guancia, gridò: -PORCO!E detto questo lasciò la cella indignata, non prima di essersi scusata con i fratelli.
Temari camminava nervosa sul cornicione in cima al palazzo. Ribolliva ancora di rabbia al
sul pensare l'espressione da idiota che aveva quel ragazzo.
Non sapeva forse chi era lei? Quale era la sua fama?
No! L'aveva umiliata così, come se fosse una qualsiasi puttana.
Non dissimile, davvero, da come la trattava suo padre.
Forse lo era veramente, visto che tutti continuavano a trattarla in quel modo. Avrebbe
voluto spaccargli il muso, solo per la faccia tosta con la quale le aveva risposto così davanti
ai suoi fratelli.
Del resto, non poteva mandare tutto a monte per una cosa del genere.
Erano solo ordini.
Avrebbe dovuto collaborare, nonostante l'offesa arrecatale.
Era uno dei migliori shinobi a disposizione dell'Hokage, li avrebbe aiutati.
Era questo che continuava a ripetersi l'indomani mentre scendeva le rampe di scale che la
separavano dalla sua cella.
Non si era aspettata di trovarsi sola con lui, che sembrava non aver cambiato posizione
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dalla sera precedente. Sempre con l'espressione vacua, guardava il cielo. Come aveva potuto
smaniare di essere incatenata a lui per sempre? Come aveva potuto gemere sotto la sua
lingua?
Divenne rossa, ma scuotendo appena la testa entrò nel suo campo visivo.
Gli riservò uno sguardo di disprezzo, ma fu lui il primo a parlare, sembrava combattuto: Mi vorrei scusare per il mio comportamento-I miei fratelli ti hanno messo già abbastanza paura, eh?- ribatté lei girandosi di spalle.
-Anche- aggiunse sbuffando -Sanno seccare quasi quanto teLa ragazza rimase zitta, facendo finta di interessarsi alle scritte che i prigionieri avevano
lasciato negli anni sul muro.
-Vorrei salvare il mio onore aggiungendo solo che non mi era mai capitato. L'ho fatto solo
perché...sinceramente...è una cosa un po' stupido da dire...ma il piano originale era quello
di dirti tutto, appena ci fossimo separati dalla calca. Ma...dopo mi hai...non lo so. Non ho
voluto fermarmi. È che io e te, siamo in qualche modo legati. Non sono uno di quelli che
crede nel destino, ma mi riesco a spiegare la mia...attrazione E ciò non è possibile perchè le
donne sono delle seccature e tu sei peggio di tutte le altre messe assieme. Non volevo che
accadesse. Ma non lo rimpiango. Volevo solo chiarire.Anche a questo non rispose, desiderosa più che mai di negare a se stessa la verità.
Avresti potuto fermarti molto prima anche tu.
Le disse una vocina.
Non sarebbe stato necessario andare avanti.
Ti è piaciuto.
In qualche modo il ragazzo è attraente.
Scosse la testa brevemente e con tono duro, proruppe: -Non parliamo di cose assurde,
vediamo invece di darci una mossaNel colloquio che seguì Temari non poté fare a meno di notare le straordinarie capacità di
analisi del suo interlocutore, e la chiarezza delle sue idee. Ma anche come il suo sguardo si
fermava alcune volte sul suo colle o sulle sue labbra, mentre lei gli spiegava la complessa
geografia del palazzo del Kazekage.
Dalle informazioni che erano in suo possesso, aveva capito che un colpo di stato sarebbe
stato inutile e che la lotta aperta avrebbe causato più danni che altro.
I rischi di una guerra civile erano da scongiurare, mentre i problemi maggiori risiedevano,
non tanto nella persona del Kazekage quanto nella cerchia dei vecchi guerrafondai, che
erano gli anziani che costituivano il potere decisionale del villaggio.
Secondo Shikamaru sarebbero bastate poche unità per destituire il regime dittatoriale.
Dopotutto la forza degli shinobi risiedeva nella segretezza.
Quindi l'operazione avrebbe di sicuro dovuto svolgersi di notte. Molto probabilmente
piccoli gruppi avrebbero dovuto infiltrarsi nelle camere dei governatori e sgozzarli nel
sonno. Temari rifiutava lo spargimento di sangue, ma era necessario. In prigione,
avrebbero ancora avuto il sostegno dei loro fedelissimi e avrebbero avuto una via per
ritornare al potere. Del resto l'assassinio avrebbe macchiato per sempre la storia di Suna.
La destituzione avrebbe potuto funzionare.
Ma le questione sulla giustizia della Sabbia, non erano argomento di cui lui si sarebbe
dovuto occupare. Quello ci avrebbero pensato lei e i suoi fratelli. Dopotutto si stava
parlando di uccidere il loro padre.
Arrivò Kankuro e di fretta le consigliò di sloggiare. Troppi sospetti avrebbe causato una sua
più lunga permanenza insieme all'ostaggio.
Quel pomeriggio stesso Shikamaru venne davvero torturato, nel tentativo di estorcergli
informazioni vitali per la vittoria di Suna. La ribellione purtroppo non vantava membri
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influenti nella Squadra per Gli Interrogatori, se non qualche chunin che gli risparmiò le
punizioni minori. Fu trascinato in cella, sanguinante, con un'espressione scocciata dipinta
sul viso gonfio.
Era stata colpa sua. Lui si era offerto per la missione e l'aveva ideata lui, quindi ogni
imprecazione contro terzi sarebbe stata inutile. Sperava soltanto che quella storia non
avrebbe richiesto troppo tempo, perché non gli andava di finire come un polpettone:
sarebbe stata una seccatura.
Temari della Sabbia poteva essere una spietata avversaria in battaglia, ma, stranamente,
possedeva una grande umanità e sensibilità quando si trattava delle sofferenze degli
innocenti.
E Shikamaru Nara, pur avendo approfittato della situazione per una notte, secondo la sua
distorta visione delle cose, era un innocente. Si era sacrificato per un villaggio che non era il
suo, sempre sotto gli ordini del suo Kage, ma comunque era stato torturato dalla gente che
doveva aiutare.
Quindi sgattaiolò nuovamente in prigione quella notte, con un po' di bende e disinfettante.
Prese qualche pastiglia di antidolorifico.
Shikamaru non era riuscito ad addormentarsi, la schiena gli pulsava forte a causa dei colpi
di frusta, mentre il petto segnato dalle coltellate sanguinava ancora, incapace cicatrizzarsi.
Entrambi i lati erano inagibili e non si poteva spostarsi di fianco se no la pelle lacerata si
sarebbe tirata. Questa era la tortura più subdola: non tanto il dolore istantaneo quanto
l'impossibilità di riposo.
Aveva deciso che, al diavolo, la schiena si sarebbe infettata a causa dei germi, ma almeno
non si sarebbe spremuto come un limone sullo spremiagrumi. La maglietta era inzuppata
del suo stesso sangue e molto spesso il tessuto entrava nelle ferite più profonde. Sentì la
porta cigolare leggermente e alla luce della luna riuscì a riconoscere quattro codini cenerei.
-Non una parola- sentì intimare dalla voce di Temari della Sabbia.
Appoggiò qualcosa accanto a lui e poi sempre con lo stesso tono forzatamente secco. -Riesci
ad alzarti?Fece un gesto di assenso, ma dopo emise un gemito diverso da quello che Temari ricordava.
Fece forza su stesso e finalmente un po' curvo, ma almeno era seduto. La ragazza passò
delicatamente la mano sulla sua schiena e la sentì inumidirsi di sangue. Aveva capito quale
delle procedure era stata attuata. -Mi dispiace- mormorò.
-Non essere stupida...sapevo cosa andavo incontroLei non disse nulla. Cominciò a togliergli i vestiti, lentamente sperando di non provocargli
troppo dolore o fare danni peggiori. Non era un ninja medico e comunque non poteva
dargli una medicazione adeguata sarebbe stato lampante che qualcuno lo stesse aiutando.
Terminata l'operazione gli somministrò qualcuna delle pastiglie. Era un peccato vedere
come fosse ora deturpato quello che pochi giorni prima aveva apprezzato. Non riuscì a
ricordare nulla di quelle sensazioni, proprio perchè l'aspetto non era più lo stesso. Passò
tutti i tagli con le garze impregnate di disinfettante e bendò il suo silente paziente con un
po' di goffaggine.
-Ti toglierò tutto appena me ne sarò andata. Non se ne accorgeranno e non dovrai
preoccuparti per domani. Gaara sarà a capo dell'interrogatorio e cercherà di alleviarti la
penaSi stava lavando le mani nel lavabo sudicio della cella.
-Perchè fai tutto questo?- chiese infine Shikamaru.
-Ci servi funzionante, NaraSi era avvicinata nuovamente gli aveva toccato la fronte: era più calda del normale e
umidiccia di sudore freddo. Gliela tamponò, asciugando poi tutto il viso. Gli occhi erano
allo stesso livello, mentre lei controllava che non ci fossero altri segni di una probabile
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febbre a causa dell'indebolimento. Lo shinobi invece stava pensando a tutt'altra cosa, o
meglio, non stava pensando a niente osservando quelle belle labbra contratta per la
preoccupazione.
Mentre Temari si sentiva in colpa per quello che era successo, lui ricordava tutte le
sensazioni piacevoli di quella bocca quando ancora non sapeva nulla di lei.
Non sapeva perché in presenza di quella donna, doveva sempre fare qualcosa di stupido e
alogico, dettato dai più bassi istinti dell'uomo che allora, per la prima volta nella sua
esistenza, avevano il sopravvento. Sarà stato per quella strana forza di attrazione
irresistibile o forse per le ferite o per il mezzo delirio, sta di fatto che, affrontando la
promessa di un altro schiaffo, la baciò in mezzo alla bocca, muovendo le labbra lentamente
in profondità.
La sensazione gli dava troppo sollievo, più di qualsiasi medicina e il profumo di quella
bionda, terribile, seccante, lo drogava meglio della più raffinata morfina.
E Temari?
Non si staccò, un po' perchè era stata presa di sorpresa, un po' perchè non voleva infierire
su un corpo già così malandato e un po' perché percepì un'ondata indicibile di affetto
proveniente da quel ragazzo. È come quel bacio gli servisse per sopravvivere. Dimenticò
cosa stava facendo e gli mise delicatamente le dita affusolate sulla guancia.
Cosa stai facendo?!
Spalancò gli occhi e si tolse delicatamente dalla sua presa. -Non dovresti farloEra la prima volta che usava il condizionale con lui. Di solito erano ordini chiari e perentori.
Ma questa volta la sua voce si era ammorbidita. Shikamaru l'aveva indebolita.
Non lo guardò negli occhi. -Riposati- e andatasi a posizionare nell'angolo più buio della
stanza aspettò che lui si addormentasse.
Alle prime luci dell'alba, lo fece alzare e disfò il suo lavoro notturno, gli rimise la maglietta e
gli altri indumenti, mentre lui senza fiatare la guardava con uno sguardo enigmatico.
Era ormai la seconda volta che cercava un contatto più intimo con quella donna. La
seconda volta ne aveva voluto di più. La seconda volta che avrebbe voluto che durasse di
più.
Non ci poteva cascare, non lui. Suo padre si, perchè non aveva avuto il coraggio per sfuggire
a suo madre, ma lui non era così stupido e smidollato da farsi imprigionare dalle
prepotenze delle donne. E se fosse un altro il modo per imprigionare gli uomini? E se non
avesse spiegazione?
Quella seccatura, Temari, non voleva come lui, che quelle cose accadessero, ma, come lui,
non riusciva ad inibire quel dato desiderio irrazionale. Se ne accorgeva nel modo in cui
aggrottava le ciglia, lo toccava, arricciava le labbra, lo guardava e nel modo forzatamente
distaccato con cui si preoccupava di lui.
-Io ho finito- proferì raccattando le sue cose -Ti ho lasciato delle pasticche in un involucro
sotto il lavandino, prendile se ti brucerà ancoraTemari si soffermò su quella figura distesa, immobile, come un morto, chiedendosi se
avrebbe avuto mai risposta a quello che stava accadendo. E mentre si girava sentì un
sommesso, gracchiato: -Grazie-
Temari era stata impegnata con le missioni ufficiali come con quelle non.
Era preoccupata da troppe cose contemporaneamente, caratteristica delle donne
d'altronde, di voler prendersi cura di tutto. Dei fratelli, degli shinobi che gli avevano dato
fiducia, ma anche del prigioniero che veniva torturato giornalmente e giornalmente
rimaneva in silenzio verso i suoi aguzzini. Aveva proposto di farlo fuggire, il piano ormai
211
era stato preparato e lui non serviva a niente.
Ma purtroppo dovevano badare a non dare nell'occhio e sinceramente, nessuno pensava
che sarebbe stato capace di andare tanto lontano ridotto com'era.
Temari gli portava ogni volta tutto il soccorso possibile, con integratori e le migliori
pastiglie ninja in circolazione per permettergli di non deperire.
Non poteva pensare ad un piano congegnato peggio. Diventare carne da macello solo per
evitare che loro venissero scoperti. Le vie di comunicazione verso Konoha erano,
naturalmente, sorvegliate e quindi il genio aveva pensato che sarebbe stato meglio per lui
essere sul posto.
Il rischio del precedente metodo era quello di essere scoperti e naturalmente Gaara e
Kankuro e tutti i loro amici sovversivi sarebbero stati nei guai. Forse adesso, Temari capiva
qual'era il suo concetto di pedina sacrificabile.
E la kunoichi non voleva proprio sacrificare nessuno. Lo sapeva che i morti sono inevitabili
nelle missioni del loro lavoro, ma era convinta che uccidendo i vecchi consiglieri si sarebbe
solo fatto peggio.
Fece presente ai fratelli questi suoi dubbi. Anche loro pensavo che non sarebbe stata la
mossa giusta, ma la ribellione voleva vedere scorrere il sangue dei loro oppressori. Voleva
farsi ripagare con gli interessi di tutti i cari, morti, di tutte le famiglie, dilaniate. Il popolo
voleva vendetta.
Ma il popolo era una testa calda.
C'era, inoltre, l'altra parte della popolazione, quella fedele al Quarto che non avrebbe preso
di certo bene il loro piano. Dopo avrebbero dovuto essere i reggenti di un intero popolo,
non solo di metà.
Era troppo rischioso.
Gli avrebbero destituiti e riuniti tutti davanti un equo processo. Questo avrebbe potuto
funzionare secondi i tre fratelli. Una giuria imparziale avrebbe soppesato le loro colpe e,
dopo il giusto giudizio avrebbe deciso cosa ne sarebbe stato di loro.
Mentre decidevano questo Temari fu fatta chiamare dal Kazekage, lasciando così il compito
agli altri di parlare con i ribelli.
Era da qualche giorno che percorreva quei corridoi, i suoi corridoi, come un'estranea, come
se non ci vivesse fin da quando aveva memoria. Forse era stata la decisione finale di
staccarsi da quel padre insensibile e non curante, da quel mondo accettato com'è solo a
causa dell'educazione impartitele.
Arrivò all'ufficio quasi senza accorgersene e vi trovo come al solito il padre, chino sulle carte
che non la degnò di un saluto.
-Tu che ci hai passato più tempo prima della cattura, sai per caso se Nara Shikamaru sia un
tipo fedele e leale?O per caso se è attaccato a qualcosa in particolare o meglio, se ha paura
di qualcosa?- la domanda a bruciapelo ebbe una risposta altrettanto neutra e priva di
sentimento.
-No- mentì Temari prontamente.
-Perché abbiamo tentato di tutto, non solo con i soliti metodi, ma anche offrendogli denaro,
quindi mi vedo costretto a tentare un'altra strategia. Non sai quanta fatica cavargli anche
un solo suono da quella bocca schifosaSembrava di umore piuttosto ciarliero, quella volta e Temari sempre sull'attenti aspettava il
momento di liberarsi da quella prigione invisibile. Ad un certo punto con un po' di carte da
consegnare e un gesto della mano, la congedò.
-Ah, Temari,- e lei fece mezzo giro per vederlo -Visto che comunque la missione è andata
bene, sarebbe meglio che lasciassi il fronte e ti dedicassi a questo genere. Dopotutto ci sono
migliori shinobi per quel ruolo212
Chiuse la porta alle spalle con delicatezza, prima di entrare nella prima stanza deserta dove
lanciò i fogli in aria a cacciò un urlo rabbioso. Sbatté più volte il pugno contro il muro,
ferendosi alle nocche e facendole sanguinare leggermente, così che ad ogni nuovo colpo,
l'intonaco si sporcasse di rosso. Le scesero stupide lacrime di rabbia che non si adattavano
a lei. Erano troppo femminili, troppo frustrate. Un padre che non ti conosce, un padre che
non ti vuole, un padre che non ti valuta.
Un padre che ti manda a fare la puttana togliendoti l'unica cosa in cui eri brava.
Ogni volta che ricercava di ricomporsi le veniva in mente quella faccia inespressiva che la
riduce a peggio di zero e nuovamente riprendeva a sfogarsi anche contro gli altri oggetti
inanimati.
Sentì di colpo delle persone parlare in corridoio e asciugando il viso e le mani cercò i fogli
sparsi che avrebbe dovuto consegnare. Tra quei documenti che suo padre aveva firmato ce
n'era uno con su scritto il nome di Shikamaru.
Lo lesse velocemente con gli occhi che saettavano da una parte all'altra.
Il giorno seguente, Shikamaru sarebbe stato sottoposto alla punizione che veniva impartita
solo a Suna, diciamo una sorta di usanza del villaggio.
Il tutto consisteva nel legare il prigioniero con quattro corde e poi appenderlo sul muro più
esposto al sole del palazzo, lasciarlo così per l'intera giornata a bruciare sotto i raggi
incandescenti di quella terra. La notte invece avrebbe dovuto sopportare l'escursione
termica e solo se, sopravvissuto, l'avrebbe interrogato nuovamente.
Bisogna muoversi, assolutamente, anticipare l'operazione se no, nessuno avrebbe rivisto
Shikamaru a Konoha.
-Gaara, non capisci che non resisterà neanche un giorno in quelle condizioni?- stava
urlando Temari al fratello che non voleva sentire ragione.
-E' un uomo forte- aveva risposto con quella calma che lo faceva assomigliare a suo padre
alle volte.
-Lo era, capito, lo era. Forse prima avrebbe resistito ma sono settimane che è chiuso in
quella cella malnutrito e ferito, non ce la potrà fare. Dobbiamo farlo stanotte- ribatté la
sorella sbattendo la mano fasciata sulla scrivania in camera del fratello.
-Da quanto ne so io, non è messo così male come lo dipingi tu- fu Kankuro questa volta a
parlare con una strana espressione, a metà tra il preoccupato e l'acido -Shinji ti ha visto
parecchie volte mentre lo medicavi. Dovresti stare più attenta. Fortunatamente non sembra
che nessuno se ne sia accortoLa sorella girò la testa dall'altra parte rossa di vergogna.
-Perchè lo aiuti? Mi sembrava che ti avesse trattato con una puttana e tu invece lo aiuti-Perché è un essere umano, Kankuro, ecco cos'è. Si sta facendo maciullare come la più
immonda delle bestie per liberare NOI da questo peso. Non mi importa come mi abbia
trattato o non mi abbia trattato, non merita nulla di quello che ha subito- era furente
un'altra volta: molto spesso anche i suoi fratelli erano più guerrieri che essere umani.
-Ma non vedete che state diventando più simili a lui?! Non vi accorgete che andando avanti
così penserete alle persone solo per il loro scopo?Entrambi abbassarono gli occhi, quasi imbarazzati dalla sfuriata della sorella. Però era vero
quello che diceva: avevano contato Shikamaru solo come uno strumento utile per il loro
piano, avevano pensato solo al bene più grande. Non si erano soffermati a pensare che
stavano sacrificando una vita umana, cercavano certo di aiutarlo in prigione, ma non
quanto Temari.
Era sempre stata l'anima più sensibile e caritatevole dei tre, anche se molto spesso non
sembrava, era lei che faceva da insegnante a tutti. Lei era più umana.
213
-Se volete mettervi a capo di Suna è meglio che lo impariate perché non basta saper dare
ordini o far quadrare un bilancio.Tra di loro non avevano mai litigato e Temari si pentì del suo eccesso, ma troppo spesso
aveva dovuto ingoiare e obbedire agli ordini degli altri e lei, non era una che si faceva
mettere i piedi in testa da nessuno.
Cercò un approccio più gentile: -Possiamo anticipare l'operazione?I due si guardarono, cominciarono a controllare le carte, tutte le informazioni che aveva
raccolto per mettere in atto il loro piano.
-Questa sera è impossibile, Temari- esclamò Kankuro scuotendo la testa -Il tuo amico dovrà
sopportare almeno un giorno-Ma...-Ha ragione, l'unica cosa che ti posso promettere è che domani sera andrebbe bene perchè
sono di turno Shinpachi e Usui- sfogliò altre carte -anche Naoko e Chiki- diede un altro
rapido sguardo -si domani notte potrebbe andare beneForse la ragazza sembrò ancora perplessa e infatti Gaara aggiunse: -Non vuoi mica fallire?
Sai cosa comporterebbe, non solo per noi, ma anche per tutti gli altri. E inoltre, non penso
che Shikamaru sarebbe contento di essersi sacrificato perché noi rovinassimo tuttoQuesta volta, erano loro ad avere ragione. Non aveva usato il cervello, si era fatta
trasportare troppo.
Come si ripeteva tutte le volte che c'entrava Shikamaru, si disse “Non sarebbe dovuto
succedere.”
Quella notte, Temari scese ancora nei sotterranei per portare sollievo al “suo amico” come
lo chiamava Kankuro. Che il fratello, con quell'appellativo pronunciato a mezza bocca,
dimostrasse di essere geloso di quel ragazzetto pigro e svogliato?
“Ridicolo” si disse mentre, apriva di nuova la porta della cella.
-Sei di nuovo venuta trovarmi seccatura?- chiese a mezzavoce il solito tono strascicato di
sempre.
-Era da un po' che non mi facevi visitaSfoggiava la posa rilassata di tutte le visite precedenti: un braccio dietro alla nuca mentre
l'altro, quello a cui avevano spezzato le dita, era disteso sul lenzuolo perpendicolarmente al
busto.
-Zitto, Nara, preferisco quando stai buono-Anch'io ti preferisco così. Anzi preferisco tutte le persone, in particolare le donne, che
stanno buone, in silenzio- rivolse gli occhi sognanti al cielo -Chissà se mia madre è mai
riuscita a stare zitta in vita....Temari tirò fuori il suo “kit”, cominciando a disinfettare qualche taglio sui piedi che aveva
visto subito.
-Tua madre deve essere una santa donna, per sopportare una piega come te. Da bambino
devi essere stato impossibile.- commentò tamponando il sangue rappreso.
-Tua madre ti deve aver legato al letto per farti stare buona allora. Scommetto che eri un
tornado. Quelle bambine che sono proprio una pigna in...- Shikamaru fu interrotto
bruscamente dalla ragazza che andava a lavandino.
-Ero troppo piccola per ricordarmi com'era mia madre. È morta quando è nato GaaraSapeva cosa sarebbe arrivato ora: la compassione per la poverina bambina senza madre,
vissuta sempre da sola, con i fratellini da badare. Percepiva il silenzio imbarazzato di chi sa
di aver fatto una gaffe.
-Quindi sei più vecchia di me?La bionda si voltò sconvolta e poi dopo averlo fissato per un secondo, scoppiò a ridere. Non
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aveva mai sentito una risposta del genere.
-E' logico che io sia più grande di te. Non hai visto la distanza che c'è fra noi due?Si avvicinò nuovamente per fasciare strette le dita rotte, infatti ogni volta che veniva,
cercava di sentire la posizione delle ossa per evitare che la situazione peggiorasse. Era
ormai diventato un rito: disinfettare le ferite ancora aperte, pulire quelle vecchie, badare
alle ossa rotte e poi lavare il busto. Dopo c'era sempre il momento della “pappa” e alle fine
la sua infermierina lo lasciava dormire mentre lei, in un angolino, riposava gli occhi pronta
a levare le tende alle prime luci.
Lui non parlava mai molto, la osserva spesso prendersi cura di lui con tanta decisione, sulle
prima volte con imbarazzo, ma poi ci si era abituato. Capiva che lei lo sentiva come un
dovere, impartitole dalla sua morale.
Eppure qualche volta gli raccontava qualcosa o, più seccante, gli chiedeva di Konoha: del
suo paesaggio, della sua storia e della sua organizzazione. Interessanti e buffe descrizione
fatto da quello strano ragazzo che usava come intercalare “che seccatura” e come virgola
uno sbuffo. Sembrava divertirsi nel suo villaggio con i suoi compagni di team Ino e Choji e
aveva molta fiducia in Naruto, anche se, pure lui, lo riteneva molto spesso un idiota.
Quella sera non sembrava aver la stessa sporadica curiosità e gli medicava la mano destra
con il capo chino sulle dita. Finalmente quando la visuale fu libera dagli strani quattro
codini biondi che le aveva visto sempre portare a Suna, notò che anche lei aveva una mano
fasciata.
-Che ti sei fatta?- chiese indicandola con il naso.
-Niente-E allora perchè hai le bende?- riprese l'altro che non era stato incantato dal tono
noncurante e secco.
-Per farti compagnia-Ah ahUsò la mano libera per scuoterla un po' pregandole nuovamente di dare una risposta al suo
quesito. La sua deliberata tenacia o non dirglielo l'avevo incuriosito, quanto basta a un
Nara per essere seccante. Cominciò a stuzzicarla, a darle deboli pizzicotti anche a tirarle i
capelli con la mano sinistra, mentre lei accennava un breve sorriso a quel comportamento
assolutamente infantile.
Esasperata ormai distratta dai pensieri tetri, gli rivelò di aver picchiato il muro e la calma e
il silenzio del suo interlocutore la spinsero a confessargli anche il motivo di quell'atto
irragionevole.
-...perchè, non so te, ma io non ho mai visto un padre che tratta la figlia così. Lo so che è il
Kazekage, lo so che io valgo quanto gli altri. Ma penso di essermi meritata il mio ruolo, di
aver adempiuto i miei obblighi senza lamentarmi e avere avuto una buona percentuale di
successi. A lui è bastato niente per calpestarmi e umiliarmi. Una puttana è cosa sono. La
pedina lasciva nella sue mani. Sono una ridicola sgualdrina che ancora si interessa di quello
che pensa il padre degenerato, che ancora pensa che, dimostrandogli il suo valore, possa
essere considerata da lui. Ma invece no...ora sono diventata una che è solo buona per aprire
le gambe. Una puttanaTemari aveva concluso il monologo con la voce rotta, ma Shikamaru non le badò, prese il
mento tra il pollice e l'indice e le alzò il viso, guardandola negli occhi.
-Io non penso che tu sia una puttana- le parole erano sincere e Temari con la bocca
semiaperta lo fissò per un momento prima di chiudere gli occhi e inclinare il viso verso di
lui. Incontrò la bocca di Shikamaru con uno schiocco.
Il ragazzo le passò la mano fasciata fra i capelli, mentre la sana le prendeva il viso.
Continuarono a baciarsi per un po' fino a quando Temari, nuovamente in colpa si liberò
dalla sua presa.
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-Domani verrai legato al sole tutta la giornata. Lo scopo è quello di ucciderti il più
lentamente possibile o farti confessare, non sono riuscita ad impedirlo, mi...Shikamaru l'aveva ascoltato, come se stesse parlando di un altro e non lui, infatti mormorò:
-L'unico modo per uccidermi più lentamente è non baciarmi ora- e le prese il viso nella sua
morsa.
Il futuro sembrava essere svanito, ora esisteva solo il presente. Forse era la sua ultima
notte, l'ultima notte della sua intera esistenza e aveva solo un pensiero in mente: Temari.
Non potè resistere e si fece trasportare in quel bacio irruento e bisognoso. Ben presto
divenne lei schiava delle sue stesse richieste e molto lentamente, con grande attenzione gli
sfilò la maglietta sporca . Non si era dimenticata dei suoi doveri e infatti prese la bottiglia di
crema che aveva prelevato dal suo armadio. Secondo Temari, gli avrebbe idratato la pelle e
l'avrebbe protetto dal sole. Non sapeva quanto potesse funzionare, ma era meglio tentare
tutto.
L'aprì e dopo averne fatto sgorgare un po' sul palmo della sua mano la fece assorbire sulla
sua pelle. Ogni centimetro sano del suo corpo veniva spalmato di crema da quelle mani
lente e inesorabile che, con una leggera pressione gli massaggiavano ogni parte del suo
corpo.
Sempre tutto con una sensualità che aveva poco a che fare con le voluttuose forme della
ragazza. Era lei stessa, con il suo modo di essere ad attrarlo, non il suo seno prosperoso che
si sfregava contro la schiena mentre lei gli ricopriva le spalle con la pomata o le sue cosce
brune intraviste sotto la gonna corta. Non che Shikamaru rifiutasse quello che i kami gli
avevano donato: non perdeva occasione di cercare di toglierle la maglietta, ma con una
mano sola era difficile e non smetteva di accarezzare le gambe appena queste fossero state
vicino a lui.
Però era sempre quell'indefinibile essenza che Temari emanava a farlo andare su di giri,
facendogli perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Presto la rivolette tra le sue
braccia e con gesto deciso le prese il polso per riportarla in mezzo alle sue gambe, di fronte
a lui.
Come la kunoichi aveva immaginato, ogni gesto troppo affrettato lo avrebbe fatto soffrire e
con gemito mal celato ricominciò a baciare la sua bionda.
-Sei uno scemo- bisbigliò Temari trai suoi baci -Dovresti riposarti- Venne bloccata. -Non
fare il cretino con una povera ragazzaShikamaru non si fermava, ma quasi sorridendo disse -Hai ragione...ma...se vedi...la povera
ragazza...fammi...un fischio- Le morse il labbro superiore -Qua io vedo solo una bellissima
seccaturaEra così dolce che non seppe resistergli e ne assaggiò ancora.
Sempre con più foga si muovevano su quel lettino sudicio, anche se la ragazza non
dimenticava mai le ferite di Shikamaru, mentre a lui pareva di essere rinato. La mise sotto
di sé e finalmente le tolse quegli indumenti scomodi che lo infastidivano tanto. Ora alla luce
della luna che filtrava dalla grata riusciva a vedere meglio che premio gli era stato offerto.
Un regalo, tutto scartato, che ora bramava i suoi pantaloni. Non riusciva a liberarsi da solo
e Temari si ripeté che non era saggio fare una cosa del genere con uno nelle sue condizioni.
Ma era un essere umano anche lei e il suo bassoventre gridava quasi dalla frustrazione di
vedere Shikamaru così troppo lontano. Lo aiutò con calma mordicchiandogli il lobo
dell'orecchio o baciandogli il collo inframmezzato da graffi. Una volta conclusa
l'operazione, lo shinobi cercò di tentare la ragazza sensibilizzando la sua femminilità, ma
una sola occhiata di quella bionda seccante lo rimise al suo posto. Entrò lentamente visto
che Temari continuava a sussurrargli con voce roca “piano, ti fai male”, alle volte sembrava
quasi incrinarsi dalla preoccupazione. Il movimento ondulatorio faceva gemere il letto, ma
non potevano essere più dimentichi della loro situazione come in quel momento.
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Shikamaru non riusciva a non pesare contro di lei, purtroppo non era riuscito a reggersi
troppo a lungo e quindi con la sola forza delle gambe, contraeva le natiche. Erano
letteralmente corpo a corpo, ora sudati, i corpi talmente uniti da rischiare la simbiosi. Lei
continuava da passargli la mano sul viso a guardarlo mentre ce la metteva tutto per
soddisfare entrambi. Il ragazzo vide gli occhi di Temari baluginare vero l'alto e in quello
momento seppe che il momento stava per giungere, l'intrappolò in un nuovo bacio e il grido
fu soffocato dalla lingua di Shikamaru, che birichina si faceva il giro della sua dentatura.
Si separarono con un profondo e lungo sospiro: Shikamaru disteso per tutta la lunghezza
del letto, mentre Temari si abbarbicò sul suo petto tenendo gli occhi fermamente chiusi.
Voleva imprimersi quel momento per sempre nella memoria.
Shikamaru le accarezzava la schiena lentamente con le falangi libere dalle bende. Chissà se
domani, in quel preciso momento sarebbe stato vivo o no? Oppure sarebbe impazzito prima
per il caldo e l'insolazione? Avrebbe ancora potuto guardare il cielo con le soffici nuvole
dalla veranda di casa sua? Avrebbe potuto salutare Choji o Ino, lamentarsi di sua madre e
mangiare al BBQ?
Avrebbe mai avuto l'occasione di stringere Temari nuda mentre facevano l'amore?
Ci pensò per un po': a tutto quello che aveva avuto e a tutto quello che poteva avere. Ad un
certo fu percorso da un fremito, come ricevere una scarica elettrica.
Ribaltò velocemente la situazione tirando tutte le ferite e facendo urlare ogni fibra del suo
corpo. Temari ora era sotto quasi impaurita da quello scatto repentino, gli occhi spalancati
che si allargavano sempre più osservando l'espressione di intensa disperazione del suo
amante.
Forse non si sarebbe stato più passato né futuro.
Baciò Temari con tutta la forza che aveva in corpo e poi ricominciarono a fare l'amore.
Questa volta più forte, più deciso, più selvaggio.
C'era solo il presente.
Salve a tutti! Lo so che questo capitolo doveva essere l'ultimo, ma purtroppo non è così. Ho
voluto non pesare tanto con il numero di pagine su di voi e lascio la fine (una sorta di
epilogo) per la prossima volta. Ho visto che il secondo capitolo è stato più apprezzato e mi
ha fatto notevolmente piacere visto che la fic è nata come una lemon autoconclusiva che si
fermava al primo, ma dopo la storia mia ha preso così tanto che mi è piaciuta svilupparla
ancora per un po' non trascurando naturalmente l'IC e l'obiettivo. Ma vorrei evitare che
venga classificata come solo una lemon perchè ho voluto metterci un po' di " virtù" estranee
al puro tema amoroso o sessuale. Si vede qui soprattutto: il valore di una persona e il
riconoscimento di questo valore, il senso di giustizia e di pietà umana.
Negli anni a venire, Temari non riuscì proprio a ricordarsi come avesse fatto a comportarsi
normalmente il giorno dopo. Non solo c'era l'ansia per la missione che sarebbe cominciata
a notte fonda, ma anche la preoccupazione per le sorti di Shikamaru, issato contro la parete
a metà mattinata. Quando gli avevano chiesto se sarebbe stato in umore di confessare,
sorridendo aveva risposto: -Sarebbe una seccaturaAveva lanciato un'occhiata indecifrabile a Temari e poi non l'aveva più visto.
Era sorvegliato da parecchie guardie, che si accertavano che nessun alleato o amico potesse
avvicinarsi a lui, ora che era così in vista. Molti passanti distoglievano gli occhi quando si
accorgevano di quella figura immobile che a tratti guardava il cielo e a tratti la terra.
Qualcuno pensò pure che ad un certo punto di fosse addormentato, il petto che si alzava e
abbassa ritmicamente. Altri invece dicevano che aveva perso conoscenza, la testa
ciondolante sulla spalla destra.
Temari non vedette nulla di tutto ciò. La sua impotenza le pesava enormemente.
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Sul far della sera cominciò a prepararsi con metodo, quasi in modo meccanico. Una volta
pronta misurò a lunghi passi il perimetro della stanza ripetendo ogni singolo dettaglio.
Ad un certo punto di strinse i lacci del coprifronte: -OK!Arrivò nel punto convenuto, c'erano solo i due fratelli ad aspettarla. Il loro obiettivo era il
Kazekage : solo loro avrebbero potuto entrare indisturbati nei suoi appartamenti. Gli altri,
sempre in team di tre o massimo quattro persone, avrebbero fatto lo stesso con tutti i
membri del consiglio.
Si avviarono e arrivata di fronte alla porta trovarono due dei loro alleati per attenderli, con
un basso “Buona fortuna” li lasciarono passare. Anche nella seconda stanza erano stati
appostati dei Jonin. Temari e Kankuro si appiattirono contro il muro e lasciarono
procedere Gaara.
-Devo vedere il Kazekage- disse con il suo solito tono calmo.
-Non mi sembra l'orario adatto Gaara-sama- rispose una delle due sentinelle.
-Ho bisogno di vedere il Kazekage ora- il suo tono si era fatto più gelido e una delle guardie
fece ritrarsi. Però l'altra rimase ferma dov'era.
-Non è proprio possibile, Gaara-samaIl rosso strinse il pugno e allora Kankuro mosse le dita nell'ombra. Attaccò dei fili alla mano
della guardia più vicina. Questa alzò il braccio contro il suo volere e tirò un pugno al
compagno inebetito. Temari scattò e arrivata alle spalle del suo nemico, gli fece perdere i
sensi colpendolo alla nuca. Quello a terra subì la stessa fine per mano del fratello più
piccolo.
Richiamarono i due ninja di prima che si occuparono di legarli il più stretto possibile. Ora
ci sarebbero stati solo gli ANBU nascosti nel buio. I tre entrarono con molta circospezione
nel salottino prima dell'effettiva camera del padre.
-Non è questa l'ora per dare il bacetto della buona notte al papà, signorina Temari- un
uomo l'aveva presa per la gola con il kunai, percepiva il freddo gelido del metallo contro la
sua carotide. La stanza era ancora immersa nella più profonda ombra, ma capì che anche
gli altri due si trovavano nella sua stessa situazione.
-Non farei tanto il figo, se fossi te- gli rispose Temari avvertendo un lieve formicolio che
saliva sulla gamba.
-Perchè? Tre topi in trappola e...- lo sproloquiare dell'ANBU fu fermato dall'aiuto
tempestivo della sabbia di Gaara che dopo averlo distratto, lasciò finire il lavoro alla forza
bruta di Temari che terminò l'opera con un bel calcio in mezzo alle gambe. -Non pensare
che, solo perchè non siamo i cocchi del Kazekage, valiamo zeroMa non erano soli, Kankuro percepì altri ninja muoversi nell'ombra e un po' goffo cercò di
fermarli come poteva. Ad un certo punto Temari gridò a Gaara: -Ci occupiamo noi di loro,
cattura il Kazekage prima che scappi!Non capì bene se fosse andato o no, ma le continuava ad essere presa per le braccia o per il
collo da mani nel buio a cui prontamente rispondeva con tutta la ferocia di cui era capace.
Ad un certo punto prese per le spalle il suo avversario era pronta tirargli una ginocchiata
quando fu la voce di Kankuro a fermarla.
-Hey! Sono io!-Ce ne sono altri in giro?-Ma che ne so! Non ci vedo nienteTemari prese qualcosa dalla tasca e gettò per terra una pallina che con un lampo illuminò
tutta la stanza per pochi secondi. Sembrava esserci il via libera e allora proseguirono fino
alla stanza del Kazekage. Questa fortunatamente era illuminata.
Gaara stava soccombendo alla sabbia d'oro del padre, mentre cercava di tenere a bada
Shukaku. Non poteva far uscire il mostro proprio in quel momento, per il bene di tutti i
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presenti, ma anche del loro piano.
Kankuro tirò fuori immediatamente Karasu, ma i primi spilli velenosi furono bloccati da
una barriera di sabbia.
-Anche tu! E tu!- stava rantolando il Kazekage vedendo i figli tutti riuniti -I miei figli! Come
potete farmi questo?Temari spazzò con il ventaglio la sabbia che teneva stretta la gola di Gaara. Non c'era
momento di sincerarsi su come stesse, aprì il ventaglio completamente e lo mise come
scudo tra loro due e la sabbia del padre. Kankuro si era fatto più agguerrito, ma non tirava
fuori anche le altre due marionette. Gaara si rialzò e allora Temari si gettò nel corpo a
corpo. Mentre lei lo distraeva in questo modo, il più piccolo riuscì a bloccargli i piedi con
due braccia di sabbia e Karasu finalmente lo colpì con degli spilli anestetizzanti.
-Maledetti- fu l'ultima parola che disse il loro padre, prima di cadere dentro la pancia di
Kurori fatta apparire apposta.
I tre fratelli si sorrisero. Ora bisogna accertarsi di tutte le altre postazioni, ma proprio in
quel momento cominciarono a comparire i capi degli altri gruppi, non tutti ma una buona
percentuale.
-Gaara-sama, la missione è compiuta- diceva uno, mentre l'altro faceva il rapporto a
Kankuro. Bisogna andare in cerca o in aiuto dei pochi assenti, però la situazione poteva
dirsi sotto controllo.
Almeno così era parso a Temari che non si voltò del bene e guadagnò l'uscita. Corse più
velocemente che poteva fino al piano terra dove, una volta superata la porta fu finalmente
all'aria aperta.
Le sentinelle erano ancora al loro posto, nonostante, pensò Temari, ci fossero stati rumori
di battaglia provenienti dai piani di sopra.
-Il Kazekage vi vuole tutti al piano di sopra, sta richiamando tutte le unità- gridò con
veemenza.
-Ma il prigioniero, signora?- protestarono indicando Shikamaru ancora appeso a quella
maledetta parete. Per la kunoichi fu involontario l'alzare gli occhi dove loro avevano
indicato e per un momento ebbe l'impulso di sventrare quei due uomini che le facevano
perdere tempo prezioso.
-Ci bado io al prigioniero. Muovetevi- urlò nuovamente.
I due, ancora interdetti, si avviarono verso la porta con una lentezza che a Temari parve
insopportabile. Una volta scomparsi dalla vista saltò sul muro e raggiunse Shikamaru. La
crema della sera precedente aveva fatto qualcosa. Il viso era tanto arrossato quasi bollente,
ma non somigliava a quella carne grigliata dei precedenti ostaggi. Avvicinò l'orecchio al
petto, ma forse a colpa del suo che batteva in maniera forsennata non fu certa di averlo
sentito. Allora lo spostò sulla bocca e rinfrancata sentì il suo respiro infastidirle il timpano.
Questo per ora bastava. Prese un kunai e molto lentamente tagliò le corde che lo tenevano
issato. E come la prima volta se lo issò in spalle. Doveva sbrigarsi e portarlo via da là.
Sapeva che non tutti poteva essere sistemato così velocemente e Konoha era ancora un
nemico.
Fece il più presto possibile per portarlo fino in camera sua. Una volta dentro lo appoggiò sul
lenzuolo bianco, lui così sporco e scuro. Chiuse la porta a chiave.
Gli tagliò i vestiti con una forbice che aveva preparato facendolo rimanere solo in mutande
e poi con una spugna imbevuta d'acqua, cominciò tamponargli in ogni parte per pulirlo ed
evitare infezioni. Gli rifece la fasciatura alle mano e cominciò cospargerlo di una strana
lozione che avrebbe dovuto dargli sollievo alla pelle e allo stesso tempo evitare che si
staccasse.
Era diviso in due zone: quella dove il sole l'aveva colpito e quella dove c'erano stati gli
indumenti a proteggerlo.
219
Una volta terminato il possibile, Temari si sentì impotente. Non aveva più nulla da fare.
Tutto ciò che era stato nelle sue conoscenze e nelle sue possibilità l'aveva fatto.
Gli mise un altro lenzuolo leggero sopra e sperando che non peggiorasse e di aver fatto il
meglio per lui, lasciò la stanza per prendere in mano la situazione
I giorni seguenti furono giorni caotici. Nessuno sapeva cosa fare chi seguire e lei e i suoi
fratelli si affaccendavano per ristabilire l'ordine nel villaggio. Tutti i protagonisti del vecchio
regime giacevano in prigione, mentre i ribelli ricoprivano i loro incarichi alla guida. Fu il
momento dei discorsi alla folla e della legittimazione del potere di Gaara che era stato scelto
da tutti come nuovo Kazekage. L'opinione pubblica pareva ben volere questo cambio di
regime e uno dei primi messaggi che fu inviato fu quello al Quinto Hokage. Pochi giorni
dopo, la pace veniva fissata.
Temari doveva essere sempre accanto ai fratelli e molte cose ora le venivano richieste, ma
non smetteva di occuparsi di Shikamaru che ancora giaceva nel suo letto.
L'aveva fatto vedere dai medici che gli avevano messo la flebo e avevano curato con il
chackra le ferite causate dalle torture. Non c'era voluto molto per steccare le dita rotte e la
pelle anche se morta, aveva un aspetto migliore. Si cominciava a spelare pian piano, ma i
medici continuavano a dire che era stato un miracolo che non si fosse ustionato più
gravemente e si complimentarono con Temari per l'uso di quei prodotti. Gli aveva fatti lei.
Era un'appassionata di botanica e nelle serre di Suna, si era divertita a creare creme e
unguenti per le funzioni più disparate. Era felice che fossero state d'aiuto.
Purtroppo nessuno le aveva potuto dire come sarebbe stato Shikamaru al risveglio. Poteva
essere diventato pazzo o aver subito gravi disturbi al cervello e la ragazza a volte era
combattuta se sperare o no che si svegliasse.
Molto spesso pensava alla famiglia del ragazzo, che a guerra finita e tra pochi giorni,
sarebbe venuta a cercare il figlio. I pochi racconti di Shikamaru le giravano per la testa e la
angustiavano. Chissà se sarebbe riuscita consegnarglielo come gliel'avevano dato.
Una mattina, prima di andare in riunione, Temari gli stava accarezzando il viso, togliendo
le pellicine dell'epidermide morta che era stata esposta al sole. Il medico aveva detto che
poteva farlo e solamente dopo avrebbe dovuto mettergli qualcosa per proteggerlo. Le tende
come al solito era tirate e stava distesa accanto a lui nella penombra.
Aveva una mano appoggiata sul petto e con l'altra si stava muovendo leggera sul viso. Ad un
certo punto, Shikamaru strizzo gli occhi e borbottò qualcosa come la bocca impastata.
Scosse la testa lentamente e subito Temari si staccò da lui, impaurita.
Lo vide aprire gli occhi lentamente, vagarono un po' per la stanza e poi si fermarono sul suo
viso.
-Shikamaru, come stai?- mormorò lei.
Lui la fissò ancora per un po', sbatte le palpebre e poi con un lagnoso suono, le disse: -Che
seccatura. Perché mi hai svegliato?E lei prontamente: -Non puoi mica poltrire tutto il giorno!- sorrideva in maniera buffa,
pensò lo shinobi: aveva strizzato gli occhi e allargato la bocca così che si vedessero le due
file di denti bianchi.
L'altra cosa che fece fu quella di chinarsi su di lui e baciarlo.
-Tra qualche giorno arriverà la tua famiglia. Gli dovrai parlare di me- fece scaltra mentre lo
aiutava a mettersi seduto su una pila di cuscini.
Quello la guardò sgranando gli occhi e poi sorridendo, sconsolato e sconfitto si lamentò: -E
chi la sente mia madre!-
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Aphael
Smoking in the dark
La fanfic viene scritta per lo ShikaTemaDay 2011 indetto dalla BlackParade. La relazione
tra Shikamaru e Temari viene vista sotto una luce più tormentata e reale. Osservando le
scene dal punto di vista del ragazzo riusciamo a capire i suoi sentimenti e le sue
frustrazioni verso un letto sempre troppo vuoto. L'atmosfera viene resa perfettamente dal
buio della notte e dalla solitaria sigaretta accesa che innalza un triste pinnacolo di fumo.
Una porta si chiuse nella notte con un leggero cigolio.
Il sonno di Shikamaru si interruppe ed il suo corpo da ninja ben addestrato era pronto a
recepire qualsiasi segnale di pericolo. Asuma gli aveva insegnato a simulare il sonno
profondo ed a far scivolare velocemente una mano sotto il cuscino per sfiorare il metallo
del pugnale.
Ma, quella sera, Nara rimase immobile lasciandosi sopraffare dal pesante torpore del
dormiveglia come se
fosse una
voluminosa coperta
invernale.
Dopotutto non
aveva alcun bisogno
di concentrarsi per
sapere chi avesse
chiuso la porta: era
stata Temari che,
dopo esser stata con
lui, sgattaiolava via
prima che facesse
giorno. Ormai non
sarebbe più riuscito
a raggiungerla, ed
aveva smesso di
provarci. Non era da
considerarsi come
una minaccia per la
sopravvivenza, solo per il proprio orgoglio.
Nessun altro nel villaggio si sarebbe accorto di quel rumore e la cosa lo infastidiva.
Rotolò sul lato opposto del letto e nascose il volto nell'altro cuscino schiacciandolo sotto di
sé, profumava ancora di gelsomino; solo l'odore del suo shampoo rimaneva a fargli
compagnia fino al mattino.
Avrebbe desiderato che ci fosse ancora lei sul quel cuscino e non solo il profumo di fiori. E,
senza rendersene conto, sfiorò la stoffa perdendosi nel ricordo di Temari che sorrideva
maliziosa al tocco delle sue carezze. Quell'immagine fu talmente vivida da farlo di nuovo
eccitare ed invece di goderne lo rese ancora più frustrato. Stizzito si sollevò sui gomiti ed
221
accese una sigaretta per cancellare quella dolce presenza. Non si sarebbe torturato un
attimo di più.
La debole luce del fiammifero mostrò per un istante la stanza solitaria poi tutto tornò
nell'oscurità, nulla provava che ci fosse stato qualcun altro insieme a lui: a terra
c'erano solo gli abiti di Shikamaru gettati alla rinfusa, in bagno c'era solo uno spazzolino e
sul lavello della cucina c'era solo un bicchiere in attesa di essere lavato. Era da solo a
fumare nel buio dove prima erano stati insieme.
La loro prima volta era stata talmente inaspettata che lei era scappata via per l'imbarazzo
del giorno dopo, la seconda volta avevano litigato piuttosto furiosamente e se era andata
sbattendo la porta, la terza volta era entrata di nascosto sorprendendolo nel sonno ed allo
stesso modo era scomparsa.
Aveva contato da allora 16 notti passate insieme ma nessuna mattina.
Inalò una profonda tirata di tabacco riempiendosi la bocca e la gola. Lei odiava che
fumasse a letto e non faceva che lamentarsi che non gradiva il sapore dei suoi baci, eppure
poteva scommettere che alla fine non le dispiacessero per niente.
Chiuse gli occhi e non poté evitare di ricordare di come lei lo aveva svegliato quella notte.
La luce era appena stata spenta ed il libro di strategia militare era stato abbandonato sul
comodino e lui stava aspettando di addormentarsi abbracciando il cuscino. Ed ecco che
Temari aveva chiuso la porta dietro di se il più silenziosamente possibile, ma non
abbastanza per un ninja come lui. Aveva comunque finto di dormire ascoltandola
spogliarsi: trovava il fruscio ovattato del tessuto come un perfetto preludio alla grande
sinfonia a seguire. La ninja voleva sempre svestirsi da sola e doveva essere lei a volerlo per
prima, era come se nell'oscurità si sentisse padrona di se stessa e pure di lui. Ed a
Shikamaru non dispiaceva quel gioco di potere.
Senza fare rumore aveva gattonato sopra il letto fino a raggiungerlo al suo fianco. - Lo so
che sei sveglio Nara, non ci provare a prendermi in giro. - Aveva detto in un sussurro
baciandogli le spalle nude.
Adorava il suo modo di parlare schietto ed un poco impertinente, da lei non sarebbero
arrivate bugie e non si sarebbe persa in chiacchiere inutili, Temari era una donna genuina.
Forse in pubblico un po' rigida nelle dimostrazioni d'affetto ma in privato molto calda ed
appassionata.
Non c'erano mai parole di troppo tra di loro, specialmente di notte. Se all'inizio erano
impacciati e silenziosi per l'imbarazzo adesso erano come in simbiosi e le parole erano
superflue, l'uno sapeva già cosa desiderava l'altro ed ogni sperimentazione era accolta con
curiosità ed entusiasmo. Non avevano pianificato di arrivare a quel punto ma la situazione
l'aveva reso quasi inevitabile.
Da una parte c'era l'età: Temari scherzava spesso sotto le coperte che lui fosse ancora
minorenne e mantenere segreta la loro storia rendeva tutto più divertente; dall'altra parte
c'era la guerra, tra il Villaggio della Foglia e quello della Sabbia non c'erano problemi, ma
nessuno dei due aveva voglia di ufficializzare la cosa per poi essere sfruttata come tramite
politico.
222
Shikamaru aveva ben analizzato la situazione e se pur razionalmente sapeva che non aveva
senso cambiasse nulla, emotivamente stava iniziando a stufarsi. Non avrebbe mai creduto
di essere un tipo possessivo o geloso eppure aveva desiderato sempre più spesso di rendere
chiaro a tutti che stavano insieme.
Eppure, ancora una volta, era da solo a fumare nell'oscurità.
223
Clahp
It’s Friday I’m in love
Il racconto è stato presentato per l'iniziativa “Amore e tosse non si possono nascondere” a
tema libero. È stata affiancata la canzone dei The Cure “Friday I'm in love”, infatti il filo
rosso della storia è la descrizione dei venerdì di Temari e Shikamaru durante la guerra.
Diversamente dal manga, non si tratta di uno scontro rapido, ma invece la lotta contro
Madara Uchiha si protrae per mesi separando i amanti destinati a missione diverse. Solo
il fatidico giorno del venerdì riescono a stare insieme e vivere la loro agitata vita di
coppia. Queste scorci ci vengono fatti pervenire non in ordine cronologico, espediente che
aiuto il lettore a rimanere con il fiato sospeso fino al termine.
I don't care if Monday's black,
Tuesday, Wednesday heart attack
Thursday never looking back…
It's Friday, I'm in love.
[Sesto venerdì]
I due ragazzi urlavano sempre più; le loro grida avrebbero ben presto fatto scoprire la loro
posizione al nemico –non bisognava fidarsi di nessuno, in quei tempi, di
nessuno, nessuno-, tanto che i più anziani del reggimento iniziarono a storcere il naso
mentre erano a cena nelle proprie tende. Ma il gruppetto di persone lì presenti non poté
proprio fare a meno di osservare la stessa scenetta che si presentava, puntualmente da sei
venerdì a quella parte, fra il loro comandante e la sorella dell’altro comandante. Avevano
urlato nella tenda di lui per una buona mezz’ora –per quanto fosse incredibile, i due erano
insieme da qualche mese ormai- e adesso s’erano trasferiti nella piccola radura di erba
dove i soldati più giovani erano soliti riunirsi all’ora di cena, intorno a un fuoco.
«Oh, e pensare che questo è il nostro capo!» osservò lei, ridacchiando, e beandosi del fatto
che tutti là attorno guardassero il suo pieno trionfo. Aveva assunto la sua solita posa
saccente e beffarda: braccia incrociate al petto, sorrisino superbo e sopracciglio alzato…
quella posa che a lui dava così tanto fastidio… e lei lo sapeva, e lo faceva proprio a posta…
«Lui, questo ragazzino! La mamma ti ha dato da mangiare, tesoro?»
Shikamaru rimase dov’era, sbracato sull’amaca, a sonnecchiare. E questo suo modo ameba
e indifferente di comportarsi la faceva così tanto arrabbiare… e lui lo sapeva, lo sapeva, sì, e
proprio per questo non reagiva e non rispondeva…
«E neanche risponde!» berciò l’altra, iniziando a scaldarsi sul serio. Kiba ridacchiò,
strizzando l’occhio a Naruto, che tuttavia non rispose con la solita allegria di sempre;
sembrava preoccupato. Scambiò un veloce sguardo d’intesa con qualcuno fra la folla.
«Oh scusa» borbottò Nara dopo un po’, come se si fosse appena svegliato «hai detto
qualcosa? Il mio cervello non capisce il gallinese…»
E rise, soddisfatto…
Lei allargò le narici, e gli occhi le dardeggiarono.
«Gallinese?» chiese, a denti stretti.
«Oh sì, sai» blaterò lui, per poi fermarsi a causa di un enorme sbadiglio «la lingua delle
galline, insomma.»
Temari s’avvicinò; Naruto, se possibile, impallidì ancora di più.
«Ma che strano» boccheggiò la ragazza «io non vedo proprio galline qui…»
Lui la guardò, gli occhi impastati di sonno, e la voce monotona.
224
«Be’, vuoi uno specchio?»
Alcuni ragazzi, ancora di più, risero. Temari strinse i pugni; no, quel dannato idiota non
avrebbe avuto l’ultima parola, no… La ragazza sapeva essere glaciale quando voleva
esserlo; e, con una o due parole, lo avrebbe messo in riga senza problemi.
«…Una gallina brufolosa, per di più» continuò senza problemi l’altro, dandole una rapida
occhiata al volto. «Temari, hai un’emorroide sul volto, per caso?» domandò poi, molto
serio, indicando il (grosso) brufolo proprio al centro del mento della ragazza.
Lei non si scompigliò né s’intimorì di fronte allo scoppio di risa dei ragazzi; anzi, allargò il
sorriso maligno e si avvicinò al ragazzo.
«Probabilmente sì, ma… tu, Nara, hai un’emorroide per volto?» ribattè.
Le risate dei ragazzi aumentarono; i due continuarono su questo tono per un buon quarto
d’ora, lui sbadigliando e borbottando qualcosa, e lei rispondendo a tono, causando l’ilarità
generale in quei giorni tanto bui e tristi… ci furono schiamazzi, urla, risate e variopinte
pacche sulle spalle; qualcuno mandò perfino un fischio per quella bella ragazza. Shikamaru
s’infastidì (per le ripetute risposte intonate, per l’umiliazione subita da parte di una ragazza
o per il fischio alla sua ragazza, difficile dirlo): s’infervorò di colpo e scese dall’amaca con
una velocità impressionante, guardandola adesso arrabbiato.
«Ti diverti a fare uno spettacolino davanti a tutti, Temari? Ti diverte, questa cosa?!»
Lei aveva ancora impresso sul volto il sorriso beffardo di prima, e non aveva ancora
registrato il repentino cambio d’umore di lui. Sbatté le palpebre per qualche secondo,
perplessa; alle sue spalle, Ino schioccò pesantemente la lingua, guardando male l’amico.
«Scusa?» chiese poi lei, evidentemente non ancora in sé. Gli altri ragazzi, conoscendo bene
quanto potesse essere funesta la sua ira, trattennero il respiro.
«Oh, andiamo, Temari!» fece Nara, quasi esasperato, gettando gli occhi al cielo e
allargando le braccia per aria. Sembrava frustrato e angosciato per qualche motivo, e
sembrava inoltre che questa fosse la prima volta che ne parlasse da molto tempo. «Non ci
vediamo da una settimana, ci vedremo oggi solo per quattro ore, e tu fai così?! Fai così?!»
Non aveva niente della solita flemma di Shikamaru Nara; non aveva la sua calma, la sua
logica, il suo raziocinio. La ragazza lo guardò, ancora convinta che stesse scherzando; e
anche lei, stranamente, non aveva parole per rispondergli adesso.
Qualcuno tuttavia iniziò convulsamente a ridere; e pian piano, dalla folla lì presente sbucò
Naruto, che si avvicinò alla coppia, sempre ridacchiando.
«Questo cretino!» disse, mentre il suo viso infantile si contorceva sempre di più. «Ok, ok,
Shikamaru, hai vinto. Tieniti i soldi, che palle.» E così dicendo estrasse dal solito
portamonete a forma di rana qualche spicciolo e una banconota rattrappita.
Temari lo fulminò con i suoi occhi chiari: se uno sguardo avesse potuto uccidere, Naruto
sarebbe morto all’istante.
«Soldi?» chiese solamente, fredda.
«Oh, sì» blaterò, avvicinandosi all’amico e dandogli una poderosa pacca sulla schiena.
«Devo dire che non avrei pensato che l’avrebbe fatto…» e qui ridacchiò ancora «ma ha
avuto coraggio… sì, questo bisogna dirlo, ha avuto coraggio.»
Il diretto interessato, nel frattempo, era come se fosse tornato in sé; ora respirava molto
profondamente, guardando l’amico in maniera imperscrutabile.
«Coraggio?» fece ancora, sempre più gelida.
«Oh, Temari, era una cosa da ragazzini» continuò l’altro «avevo detto che non avrebbe mai
avuto il coraggio di farti fare una figuraccia eclatante davanti a tutti… invece, a quanto
pare, ce l’ha avuto. Ho perso, eh.»
Shikamaru ora era proprio pallido; la guardò, deglutendo. Parlò solo dopo qualche
secondo.
«Che palle che sei Naruto… stava andando così bene…» disse poi, sbuffando.
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Un lieve pizzicore al gomito fece girare la ragazza interessata; Sakura s’era appena messa al
suo fianco.
«Sono uomini» le ricordò. E rise.
Ma Temari guardò Shikamaru, ancora e ancora. Che cosa stava succedendo? Quanto era
idiota… era tutta una messinscena! Ma sì, erano i loro soliti battibecchi fra fidanzati, né più
né meno della normale routine settimanale…
«Bene» disse infine, calmissima «perché adesso non scommettete su quanti venerdì non
gli parlerò?»
E detto questo girò i tacchi; era talmente arrabbiata che i ragazzi antistanti all’uscita
aprirono immediatamente un varco per farla passare. Shikamaru la stava ancora
guardando, quando lei varcò la soglia di quella tenda; Naruto ancora rideva.
[Dodicesimo Venerdì]
«Sai che ci vuole, per rilassarsi?» disse Sakura, allegra, alzandosi di scatto dalla tavola.
«Fronte Spaziosa, ma dici a lei o a te?» commentò Ino, per poi ridacchiare.
Sakura socchiuse comicamente gli occhi.
«Maial-Ino, almeno io dei consigli sensati li do…» ribatté, orgogliosa.
«Ma per favore!» la bloccò l’altra, alzandosi a sua volta di scatto e guardandola molto
seriamente. «Non ti stai ferma due secondi, parli in continuazione, sei isterica, inoltre non
ti si può parlare… e sarei io quella che non dà consigli sensati?!»
«Per tua informazione, in quella maledetta Squadra Speciale c’è il mio fidanzato, che
sfortunatamente è anche il fulcro di –»
«Oh, ma certo, che idiota! C’è Naruto in quella missione, c’è solo Naruto! Che strano, avevo
sognato ci fossero anche i miei due migliori amici, nonché compagni di squadra, a fargli
compagnia, e invec–»
«Sakura, Ino!» urlò Temari, satura di quella discussione. Lei non urlava mai: bastava il suo
sguardo o il suo tono a far raggelare le persone. Le due si zittirono, e si sedettero,
borbottando scuse più o meno sentite.
«…Dicevo» riprese dopo qualche minuto Sakura, come se niente fosse accaduto «… sai
cosa ci vorrebbe per calmarsi? Un po’ di te.»
E si alzò dal tavolo per andare nella cucina antistante a preparare qualcosa.
«Ah, Fronte Spaziosa, sei proprio una brava donnicciola di casa» disse poi Ino, a voce alta,
affinché lei la sentisse da dietro la leggera tenda che divideva le due piccole stanze. «Quel
biondino lì avrà proprio una buona e brava mogliettina…»
Evidentemente Sakura s’era imbarazzata per la battuta; si sentì roteare un cucchiaino e la
teiera.
«Stupida bionda senza cervello… E tu rimarrai zitella, col carattere che ti ritrovi» borbottò
l’altra da dentro la cucina.
Continuarono su questa riga per un po’; erano evidentemente entrambe molto contente
che fosse di nuovo venerdì. Se durante la settimana (soprattutto il sabato o la domenica)
non facevano altro che litigare o rimbeccarsi, il venerdì mattina andavano d’amore e
d’accordo –per come potevano andare d’amore e d’accordo Sakura Haruno e Ino
Yamanaka, ovviamente- ed erano perfino di compagnia.
Sakura entrò con un vassoio contenente tre tazzine di tè e una teiera fumante; sorrideva.
La posò sul tavolino, si inginocchiò sul suo cuscino e diede le tazze alle sue amiche,
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premurandosi di servire Ino per ultima. Bevvero in silenzio, ognuna pensando ai proprio
problemi.
«Ti fa ancora male la ferita?» chiese poi medic-ninja, guardando l’altra con apprensione.
«La benda ieri era insanguinata, e oggi tu sei abbastanza pallida…»
Temari rispose che no, non le faceva più male, che andava tutto benissimo, e che la testa
non le doleva più da qualche giorno. Il discorso morì lì.
Calò ancora il silenzio; era piuttosto imbarazzante.
«Temari-san, su, oggi è venerdì» interruppe di nuovo Sakura, ostinata. «Non dovresti
essere felice? Saranno qui fra mezz’ora.»
E guardò Ino, affinché anche lei potesse aggiungere qualcosa.
«Mi duole dirlo, ma lei ha ragione» incalzò quest’ultima. «Avete anche fatto pace…»
Temari le guardò entrambe. Obiettivamente, erano molto gentili a prendere tanto a cuore
la sua situazione; ma tutto ciò le dava un tremendo fastidio. Erano tutte e due nella sua
stessa condizione; e allora perché sembrava che fosse lei ad aver bisogno di aiuto? Anche
loro due vedevano il rispettivo fidanzato o amico una sola volta a settimana, e per sole
quattro ore; anche loro combattevano quella folle guerra, e anche loro aspettavano il
venerdì con ansia… ma perché era lei quella che veniva costantemente compatita ed aiutata
dalle altre due? No, no, il suo orgoglio non gliel’avrebbe permesso: non si sarebbe ancora
mostrata debole, no…
«Sì» rispose, tentando di mantenere la dignità e la calma «ma non capisco perché voi due
vi preoccupiate tanto. Va tutto bene, vi ripeto.»
E proprio mentre diceva queste pacate parole Sakura le versò una seconda tazza di tè nel
bicchierino… che si crepò. Le altre due stavano parlando e non se n’erano accorte; ma
Temari vide chiaramente una secca crepa nel bordo del contenitore. Si morse un labbro.
Ma che diamine…
[Secondo venerdì]
Quindi, quella sarebbe stata la sua vita da quel giorno a quindici settimane; quella sarebbe
stata, più che altro, la vita di tutti e sei. Non che lei fosse addolorata o preoccupata… be’, a
parte quel piccolo scatto totalmente imprevisto della settimana prima… ma quello,
insomma, era stato causato dalla novità della cosa e dal tono grave di quel cretino del suo
ragazzo, non da altro… ora era tranquilla, posata; era tornata sinceramente la Temari di
sempre.
Ma a discapito di tutte queste sue rassicurazioni interiori, non poteva non essere felice che
quel giorno fosse venerdì… un perfetto, meraviglioso e stupendo venerdì. Il cielo era terso,
non c’era una nuvola; e anche la loro guerra, a quanto pare, procedeva davvero bene. In
quella settimana, stando ai più recenti bollettini di guerra, l’altra divisione dell’Esercito
dell’Alleanza aveva sconfitto un’enorme parte di quello nemico che si trovava al confine fra
Roccia e Sabbia. I grandi Shinobi resuscitati da Madara continuavano ad attaccarli, ma in
227
misura minore e con personaggi sempre più carenti rispetto a sei mesi prima; e fra tutti gli
Alleati iniziava ad aleggiare una certa aria di speranza. Era come se si trovassero vicino alla
fine di un tunnel molto lungo e molto buio; era come se quasi ne vedessero la luce.
I morti, al quinto mese di guerra, erano stati talmente tanti da costringere i Cinque Kage a
ridurre le iniziali cinque divisioni e tre squadre speciali in due sole divisioni (la loro,
capitanata dall’Hokage e dallo Tsuchikage, e la Seconda, comandata dai restanti tre) e una
squadra speciale, guidata da Kankuro; così essi si trovavano ora in una zona intermedia fra
Foglia e Suono, dove avevano stabilito il loro quartier generale in un enorme
accampamento composto da appena cinquemila tende. Se le loro perdite erano state tante
e gravi, non meno erano quelle dell’esercito nemico: la gran parte di shinobi del passato
era stata sconfitta, e la guerra pareva procedere a loro netto vantaggio.
La ragazza non l’avrebbe mai ammesso, ma l’incarico di Shikamaru la riempiva di orgoglio;
la missione sua, di Naruto e Choji era segretissima, e solo loro tre, le tre ragazze e i cinque
Kage ne erano a conoscenza… e proprio il suo ragazzo, Shikamaru, era stato scelto per
quella missione… Shikamaru… era un eroe. Se nelle prima parte della guerra lui era stato
di fatto il Comandante, adesso era il Vice della Prima Divisione. Lei era così contenta… Si
sarebbero visti solo quattro ore a settimana, in mezzo a una guerra e a molteplici pericoli,
era vero; ma non erano più ragazzini, le sorti dell’intero mondo ninja erano letteralmente
nelle loro mani, e loro non si sarebbero di certo tirati indietro…
L’aveva presa bene, dopotutto. E insomma, non era niente di preoccupante… quattro ore a
settimana erano tante, davvero…
«Sarà, Temari, ma a me non pare che tu sia particolarmente felice di questa situazione…»
commentò lui, quando lei gli fece notare la tranquillità della sua vita –a parte continui
attacchi nemici e qualche copia di Zetsu squartata, s’intende- anche senza la sua figura
accanto.
Lei sbuffò, tignosa. Erano sbracati sull’amaca preferita del ragazzo, in quella che era la
“sala dello svago” delle truppe della Prima Divisione. Shikamaru era appena arrivato,
stanco e sudato; sarebbe dovuto ripartire solo tre ore dopo.
«Non sei così tanto importante nella mia vita come pensi, Nara» replicò ancora. «E ti
ricordo che stiamo insieme da ben poco.»
Era vero: i due formavano una coppia da circa due mesi. Avevano entrambi avuto
la follia di mettersi insieme proprio durante una guerra; i più anziani avevano commentato
in modo molto maligno questa novità del loro comandante, cosa che a lui aveva dato
parecchio fastidio, ma che a lei non faceva né caldo né freddo.
«Ah sì? E come mai allora la scorsa settimana hai iniziato ad urlare quando ti ho detto
della nostra missione?»
…E anche questo era altrettanto vero.
«Ma andiamo, Shikamaru» disse lei, alzando gli occhi al cielo «credi davvero che abbia
urlato per te? Ero sotto pressione, ero molto stanca, e avevamo litigato, e così non ho
capito bene quel che mi hai detto… e mi sono semplicemente sfogata…»
Lui abbozzò; non aveva molta voglia di discutere –o, almeno, adesso stranamente non
aveva molta voglia di avere ragione per la prima volta dopo tanto tempo…
Temari notò tutto questo; e tacitamente lo ringraziò… Era così bello stare stravaccati su
un’amaca, con lui, in quella guerra, in quel dolore, che tutto il resto perdeva importanza,
era vuoto, era inutile, in confronto… E sarebbe andato tutto bene… lui… era il suo eroe… e
il venerdì non erano concessi brutti musi o rancore…
228
[Terzo venerdì]
Pioveva. Starnutì per la milionesima volta; le sue scarpe affondarono nella milionesima
buca ricoperta dal fango; ed emise la milionesima imprecazione. Ma era a casa, a casa, era
a casa…
Varcò quella tenda a lui tanto cara; e non fece in tempo a mettervi un altro piede dentro o a
dire qualcosa che una folta chioma bionda si buttò su di lui. Era bagnato, puzzava e la sua
tenuta ninja era impastata di fango e polvere; ma Temari sembrava non preoccuparsene
affatto. Lo baciò appassionatamente; e il suo cervello si svuotò di tutto, finalmente, si
svuotò…
«Se mi saluti sempre così» borbottò lui non appena si staccarono, le mani incollate alla
schiena della ragazza, il viso a pochi centimetri da quello dell’altra «prometto di non finire
mai questa missione…»
Lei sorrise, furba; si strinse ancora di più a lui.
«Ma non sapevi della mia fissa per gli uomini che puzzano? Quando sei pulito neanche ti
guardo…» commentò. Rise; ed era anche solo quel sorriso che rendeva stupendi un’intera
settimana così brutta e una giornata così piovosa…
«Allora neanche mi vado a lavare» continuò l’altro, soffiandole nell’orecchio. Lei arrossì e
piegò la testa di lato; ma ancora i loro occhi si incontrarono, e ancora le loro labbra si
unirono.
Sì… sarebbe andato tutto bene. Non era poi così poco il loro tempo a disposizione…!
Insomma, quattro ore ogni sette giorni… andava bene, sì. Ce l’avrebbero fatta… avrebbero
restitito… O perlomeno, lui sapeva che ce l’avrebbe fatta; lui doveva farcela. Era un uomo,
oramai. Ma lei…
Nara ricordava ancora la tremenda scena che gli aveva propinato non appena le aveva
raccontato della missione affidata loro dall’Hokage; era come se Temari fosse impazzita,
come se non fosse più stata in lei. Gli aveva urlato di non andare, di non partire, di lasciare
Naruto da solo, visto che tanto lui aveva il Kyuubi a difenderlo, di disertare, di non
lasciarla… ma quando lui aveva risposto negativamente, allora lei aveva detto di farla
venire con loro, e che quella missione non poteva certo essere più pericolosa dello stare
continuamente di guardia all’accampamento. E così avevano litigato, e lui era partito con
un enorme peso sul cuore; ma la settimana prima, in quelle uniche quattro ore di pace, era
andato tutto benissimo, tutto meravigliosamente… probabilmente aveva urlato quelle cose
perché era stanca, sì… erano tutti stanchi, insomma. Lui non le aveva ancora detto quel
particolare che… ma no, sarebbe andato tutto bene, insomma. Era inutile rovinare un così
bell’ingresso…
Ma quel giorno era venerdì: sarebbe andato tutto bene. Sì, davvero…
E fu quando le loro labbra si incontrarono ancora e ancora su quella beneamata amaca che
Shikamaru pensò seriamente che, a guerra finita, avrebbe fatto santo il venerdì.
229
[Settimo venerdì]
E come ogni benedetto venerdì, varcò quella soglia lacera e polverosa; come ogni volta, era
zuppo di fango e di pioggia, e come ogni volta si tolse il giubbotto e lo buttò sul suo zaino;
maquesta volta, non camminò con il sorriso sulle labbra, né fu contento come al solito di
vedere l’abitudinaria testa bionda. Lei lo guardò e lo salutò, fin troppo tranquilla per essere
credibile; lui sorrise. Si diresse verso la sua tenda; si spogliò, si cambiò, si pulì e si lavò.
Uscì fuori dopo un po’; lei era sull’uscio del suo tendone.
L’ultima volta avevano litigato più o meno scherzosamente; se non fosse stato per Naruto,
tuttavia, la cosa sarebbe stata molto più grave e…
«Come stai?»
Quella era la domanda che Temari gli rivolgeva sempre per prima. Lui la guardò: era
dimagrita moltissimo, pallida, e i soliti codini erano legati in un’austera crocchia.
«Bene…» rispose Shikamaru, grattandosi rozzamente un lato del collo, e guardandola di
soppiatto.
Calò il silenzio.
«Non sembra.» replicò l’altra, stizzita.
Seguì, ancora, un lungo silenzio. Shikamaru si sedette e si accese una sigaretta; era
stremato, aveva gli occhi gonfi di sonno, ma doveva parlarle.
«Mi dispiace per l’altra volta.» disse dopo un po’.
Lei inspirò profondamente e gli si sedette accanto. Quanta pazienza…
«Sbaglio, o Naruto ti ha provvidenzialmente salvato?» incalzò. Lui deglutì e, molto
lentamente, annuì.
«Ero… ero stanco, confuso, e avevo sonno… Temari, mi dispiace averti detto quelle cose…
ecco, mi dispiace…» mormorò ancora.
Temari lo guardò di sbieco… non era arrabbiata, ma era ancora molto perplessa dallo
scatto di ira del ragazzo. C’era qualcosa che non le aveva ancora detto su quella missione,
di questo era sicura; ma non l’avrebbe perdonato per come le si era rivolto.
«Perché… perché ti stai scusando? Non era una delle nostre liti normali? Non era… il
nostro solito modo di fare?»
Nel suo tono c’era quasi una certa speranza; lui deglutì, ancora.
«No. Io… io, Temari… e se…» prese un profondo respiro «se, insomma, mollassimo un
po’… mollassimo un po’ la presa? Se… be’… ci calmassimo un po’?»
Era proprio lì che voleva arrivare: era quello il nodo centrale della questione. Lei s’alzò di
scatto, quasi il pavimento sotto di lei fosse diventato bollente; impallidì.
«Che cosa?»
Non sembrava arrabbiata; ma lui doveva essere un uomo, un uomo, come gli aveva sempre
detto suo padre, e come mai era stato.
«Allentare un po’ la presa… è una cosa ancora più folle, con questa missione… andare
avanti, ecco…»
Non aveva il coraggio di guardarla; e fu questo a farle battere un piede a terra e a scuoterlo.
«Parlami diretto, non fare giri di parole! Non osare prendermi in giro, Shikamaru,
non osare!»
230
Una nuova rabbia s’impossessò di lui, la stessa rabbia che gli si era stranamente montata
addosso esattamente una settimana prima. Si alzò a sua volta di scatto, e a sua volta iniziò
ad urlare.
«Ma non capisci?! Guardaci! Ci vediamo sì e no quattro ore a settimana, e stiamo insieme!
E’ una guerra, è già stata una follia mettersi insieme, che senso ha continuare ancora?!»
Sembrava che lui l’avesse schiaffeggiata; avanzò ancora, collerica, urlando:
«Ah, ora ti sembra una follia, ora?! Non mi parevi della stessa idea, quando insistevi così
tanto!» pestò ancora un piede a terra. «Che cosa ti credi, che io qui stia ai fornelli o al
cucito?! Non hai idea di com’è stare qui dentro, non hai proprio idea di quant’è
angosciante! Non sei l’unico che rischia la vita, dei due! Tu devi solo accompagnare Naruto
o sbaglio?! E con voi c’è Yamato!»
«Oh, certo, deve essere terribile! Ma si dà il caso che tu sei qui dentro e non sei costretta a
cambiare topaia una volta a settimana, per venire mandato chissà dove con altri tre! Sei
tu, tuche non hai idea di com’è la vita lì!»
Lei si riprese: stava boccheggiando. Non era da nessuno dei due urlare così tanto; ma che
diavolo stava accadendo…?
«Cosa vuoi dirmi, Shikamaru?» chiese infine, con voce bassa.
Ma per lui fu come se gliel’avesse urlato; si prese la testa fra le mani, le passò fra i capelli,
scompigliandoseli; come diavolo poteva andare avanti…?!
«Lasciamoci.»
Non attese una risposta; deglutì ancora, riprese le sue poche cose, e oltrepassò la solita
soglia –non prima di averla guardato la ragazza che ancora era lì, a bocca aperta.
[Ottavo venerdì]
Era buio. Sentiva voci lontane e flebili, e un lieve pizzicore alla testa; ma dove era? E dove
era quel buono a nulla del suo fidanzato quando serviva? Ma gliel’avrebbe suonate non
appena l’avrebbe visto, oh, sì –stupido idiota di un Nara, buono solo a dondolarsi su quella
stupida amaca…
«Temari?»
Fannullone, testardo, pigro, che cosa diavolo se l’era scelto a fare…
«Va tutto bene. Sta inveendo contro Shikamaru, è tornata in sé» borbottò Ino,
ridacchiando.
Stupido ragazzo, e lei che si angosciava così tanto per lui, e lui che la ricambiava così…
Urlarle quelle cose, in pubblico! A lei, poi! Se Kankuro avesse saputo qualcosa…
«Certo però che ha proprio una brutta faccia. E guardale i capelli, quante doppie punte…»
«Mai visto uno specchio, tesoro?» s’intromise la diretta interessata, aprendo gli occhi. Ino
sorrise, rivolgendo a Sakura uno sguardo di superbia.
«Visto? Ti avevo detto che stava bene.»
231
E si sedette, soddisfatta. Temari stava per replicare qualcosa –non le era andata giù quella
battuta sulla sua faccia- ma lo sguardo indagatore di Sakura la bloccò: iniziò a farle una
visita medica accurata. Nel frattempo, Temari si guardò intorno: erano nella tenda dove
lavorava la Haruno. Molti pazienti erano distesi alla bell’e meglio su alcune brandine, e
così anche lei; un leggero lenzuolo la copriva.
In effetti, in sei mesi di assidua guerra Temari non aveva potuto non domandarsi come
ancora non fosse finita in un ospedale. Il giorno prima –ma che giorno era quello, in
effetti?- la loro divisione aveva subìto un enorme attacco a sorpresa da parte delle truppe
nemiche; era dalla sera precedente che continuavano a combattere nelle immediate
vicinanze dell’accampamento. Sakura e Ino avevano combattuto a contro due potenti ex
Mukenin della Nuvola ricomparsi grazie all’incantesimo di Madara; lei e altri ragazzi se
l’erano invece vista con circa cinquecento copie di Zetsu. Il suo ultimo ricordo era di
Kamatari, la sua donnola, che faceva razzie di umani e copie…
«E’ tutto apposto… più o meno. Ti sei rotta una costola e un braccio, ma te li ho aggiustati
con il mio chakra; hai però perso moltissimo sangue alla testa, è per questo che sei
svenuta… Hai preso una bella botta, Temari-san» disse infine Sakura, distogliendo il
fastidioso sguardo su di lei e rimettendo le bende a posto.
La ragazza si tastò il capo lì dove le faceva male: vi trovò una grossa benda che copriva
quella che sembrava una sutura. Non aveva minimamente male al braccio o alla costola,
sebbene a ben guardare fosse coperta di lividi proprio in quei due punti. Temari guardò
l’altra: ancora una volta, la sua esperienza aveva salvato un membro della famiglia
Sabaku… da quando aveva avuto quella conversazione privata con lei, Sakura le andava
molto più a genio.
«Grazie, Sakura.» mormorò solamente. L’altra sorrise; aveva un labbro spaccato e un
profondo livido sotto l’occhio sinistro… pareva anche molto pallida e meno vivace del
solito.
«Oh, mi è parso di sentire anche un “grazie Ino per avermi trovata e portata dal maiale
rosa”! Sakura, non l’hai sentito anche tu?»
Temari assottigliò gli occhi… e rise. Era un fenomeno talmente raro e inaspettato,
soprattutto in guerra e nelle condizioni in cui la ragazza versava, che Ino rimase a bocca
aperta.
«Be’, prego, Ino» mormorò poi.
E anche Ino, in fondo in fondo, doveva ammettere che non era tanto male… voleva spesso
apparire frivola e capricciosa, ma molto meno di quanto in realtà lo fosse; litigava con
chiunque, da Temari a Sakura a Shizune, ma sapeva –in un qualche modo bizzarro e
incomprensibile- farsi volere bene; e inoltre era…
Ma perché Sakura era così pallida? E perché non aveva risposto alla provocazione di Ino? E
poi…
«Insomma, mia cara rivale, ci hai fatto stare così tanto in pensiero! Ah, io e la cozza rosa
abbiamo sconfitto i due rozzi, ovviamente, e senza tanti pensieri; e adesso godiamoci un
po’ i festeggiamenti, che ne dici…? » blaterò Ino, a una velocità impressionante,
continuando a guardarla e a sorridere. Afferrò poi una piccola bottiglia vicino a lei, si alzò
dal cuscino su cui era seduta e le si avvicinò. «Abbiamo vinto una grande battaglia!
Saranno stati almeno cinquecento! Prendi il sakè, te ne ho portato un po’…»
Temari non ne aveva molta voglia, ma accettò di buon grado: il sakè le piaceva… inoltre
aveva parecchio mal di testa, e sapeva che Ino –che era testarda quasi quanto lei- non
l’avrebbe mollata finché non avrebbe bevuto quel liquore che lei le aveva portato a
discapito dell’integrità dello smalto delle sue unghie… la cicatrice sulla nuca le pizzicava da
morire… era parecchio intontita… Un lieve rumore lontano indicava che i festeggiamenti
per la vittoria erano ancora in atto; si sentiva la musica, gli schiamazzi dei suoi compagni,
il pavimento calpestato per le danze…
232
Bevve il sakè dato da Ino: un lieve benessere si diffuse nel suo corpo malconcio: avevano
davvero vinto una battaglia, e lei aveva dato una valorosa mano alla situazione… Guardò la
finestra: era notte fonda…
Già, era notte… era notte… notte, ma di che giorno?
«Sakura» fece d’un tratto, tornando improvvisamente pallida come un quarto d’ora prima
«ma che giorno era oggi?»
Sakura e Ino impallidirono. Era evidente che era proprio quella la domanda che meno
volevano fosse fatta.
«In… in che senso, Temari, scusa?» borbottò Ino, arrossendo lievemente, e sorridendo.
«In quale senso, secondo te?! Ho dormito per parecchio tempo… e adesso è notte. Che
giorno è stato, oggi? Oggi, il giorno della battaglia, che giorno era?!»
Le due si guardarono velocemente.
«Be’, non lo so, non… non ricordo…» continuò la prima, sempre guardandola con cortesia;
Sakura sembrava incapace di parlare. Temari andò su tutte le furie: odiava essere presa in
giro, e ancora di più odiava essere trattata come una debole… voleva riscuotersi da quella
sonnolenza…
«Non prendermi in giro, idiota! Era venerdì, oggi, non è vero?!» sbottò.
Ino stavolta non resse: ammutolì. Il suo silenzio fu per Temari più pesante di un insulto: si
prese la testa fra le mani, intontita.
«Sì… sì, era venerdì. Ma… loro… non sono tornati.» annunciò infine Sakura, sempre più
pallida.
Fu allora che Temari fu attanagliata dalla paura: dov’era Shikamaru, che fine aveva fatto?
Perché quel venerdì non erano tornati come sempre, per poi sparire dopo quattro
maledette ore? Perché, perché non era passato da lei…? L’ultima volta che si erano visti
avevano litigato, si erano anzi proprio lasciati: e se l’ultima cosa che lei gli avesse urlato
erano quelle brutte parole, e se lui fosse…?
«Ma… ma non vuol dire niente» ribattè Ino, rivolta a se stessa e a entrambe «domani
manderemo un messaggio all’Hokage… e… e vedrete che ci dirà che lei stessa aveva
programmato questa cosa, insomma, e che questa settimana non dovevano proprio
tornare. Vedrete…»
[Quarto venerdì]
«…E un brindisi alla mogliettina più brava di tutte, nonché la più brutta!»
Ino non fece in tempo a finire la frase che Sakura le diede un poderoso calcio sotto il
tavolo.
«Cozza, zitta!» borbottò poi, facendole una linguaccia, e riprendendo a ridere.
Lei, Ino e Temari si erano concesse un pomeriggio di riposo dagli obblighi
dell’accampamento, e adesso stavano brindando nella piccola cucina (situata accanto alla
tenda che le tre dividevano) con il poco sakè rimasto loro.
233
«Ah, ma se continui così, cara mia, tu e il biondino sarete secondi solo a Temari e
Shikamaru come pucci pucci… E’ o non è vero, eh?» disse poi Ino, vivace come ogni
venerdì, guardando la diretta interessata. Quest’ultima sbuffò e fece un ironico sorriso, che
non si allargò tuttavia agli occhi freddi.
«Non volevo farti ridere, volevo farti parlare» ribatté la prima, civettuola.
«Ma neanche per sogno, mia cara…» fece lei, continuando ancora a sorridere falsamente.
«Oh, andiamo, Temari-san!» fece poi Sakura, alzando gli occhi al cielo. «Potresti
anche confidarti un po’!»
Temari la guardò. Ma come diavolo le era venuto in…
«Guardi sempre me e questa qui» e rivolse una breve occhiata di sfida alla biondina
accanto a sé «come due spine nel fianco. Ma si dà il caso che anche noi siamo coinvolte in
questa dannata storia almeno quanto te… o non è vero?»
Lei la guardò. Non era un ragionamento del tutto arbitrario… e non ci aveva mai pensato;
aveva sempre reputato che fosse l’unica a star male, e parecchio, per quella situazione. Non
disse niente; il suo orgoglio però urlava.
«Sappiamo di essere casiniste, ecco» continuò il ninja medico, tranquillamente, mentre
sorseggiava un po’ di sakè «ma è l’unico modo per non… farsi risucchiare da questo
ambiente, e da questa atmosfera… che bisogno c’è di tenere il muso? Già siamo in guerra, e
già va abbastanza male la situazione in generale… non è meglio distrarsi fra amiche?»
«Fronte Spaziosa ha ragione» confermò l’altra, continuando a mangiare cioccolata (la sua
dieta quel giorno aveva deciso di prendersi una pausa). «Per carità, siamo parecchio
diverse, ma ci conosciamo da tanto, e si dà il caso che tu sia la ragazza del mio stupidissimo
migliore amico, perciò è come un dovere per me essere gentile con te… più o meno.»
Lei le guardò ancora. In effetti, non c’era proprio alcun motivo per cui dovesse ostentare
quella superbia o freddezza nei loro riguardi… no, non c’era proprio motivo. Sakura aveva
ragione: già la situazione andava tanto male, che bisogno c’era di peggiorarla volutamente?
Era anche vero che lei non aveva mai avuto amiche strette o intime relazioni femminili;
inoltre le due erano piuttosto diverse da lei… Ino era frivola e sciocca, Sakura infantile e
spesso inutile; però… forse, erano entrambe qualcosa in più… Sakura aveva salvato la vita
di suo fratello una volta, e lei se lo ricordava ancora benissimo; senza di lei, Kankuro
sarebbe morto. E non era stata la Foglia ad essere attaccata proprio da loro? Gaara non
aveva causato molti guai, quando ancora era incontrollabile? E, volente o nolente,
Shikamaru voleva davvero molto bene a Ino…
«Be’…» mormorò, distogliendo lo sguardo da entrambe. Per la prima volta in vita sua, era
totalmente a corto di parole. Decise di prendere il toro per le corna, e così abbozzò un
sorriso (era venerdì, doveva essere felice, che diamine, il suo amore sarebbe arrivato da lì a
due ore) e disse:
«Ino, che diavolo è questa storia del pucci pucci mio e di quell’altro?»
L’altra capì al volo e sorrise, radiosa.
«Andiamo, siete sempre incollati! Non vi si può separare un minuto, e o vi sussurrate
paroline dolci oppure litigate come due tredicenni!»
Se avesse saputo come si facesse, Temari sarebbe arrossita del tutto; invece, le sue guance
si tinsero di un leggero rosa.
«Ma te le sogni, certe cose?!» disse, prendendo altro sakè.
«Oh, andiamo, è quel che dicono tutti! Siete sdolcinati e zuccherosi da far venire il
diabete… e poi…»
E continuò così per un buon quarto d’ora; e Temari non sapeva se era il sakè, il fatto che
fosse venerdì o l’aver trovato due amiche, ma non negò né smentì; risero, si presero in giro
e continuarono a mangiare finché non si alzarono di scatto, avendo sentito i soliti passi
pesanti che varcavano la soglia della tenda vicino a quella cucina.
234
[Nono venerdì]
Varcò ancora quella maledetta tenda lisa, ancora zuppo e sporco e stanco; ma dentro non
trovò la solita testa bionda ad aspettarlo. C’erano invece decine e decine di ragazzi che
giocavano a freccette, a carte o a shoji; ma lei lì non c’era. Richiuse velocemente i lembi e
andò altrove, sbirciando più e più volte dentro altri tendoni… finché non la trovò in una
stradina laterale dell’accampamento. Lei, vedendolo, evidentemente si forzò a non
corrergli appresso o a non buttargli le braccia al collo; lo fissò, sperando in qualcosa… e in
effetti fu proprio lui a correre verso di lei e ad abbracciarla.
«Come stai?» le chiese.
Lei si sottrasse dall’abbraccio e lo studiò, ancora.
«Ho… ho sentito che eri stata ferita…» continuò Shikamaru, quasi fosse una scusa.
«Sto benissimo.» replicò lei, ferma. «L’altra volta mi volevi lasciare, e ora solo perché sono
stata ferita fai così? Io la tua pietà non la voglio.»
Fece per girarsi e andarsene; lui la trattenne per un polso.
«L’altra volta abbiamo subito un’imboscata… stavo per morire.» continuò lui. Lei notò che
tremava visibilmente; era pallidissimo e veramente molto magro.
Ma cosa aveva? Perché non si confidava con lei, non… non le parlava? Aveva un problema,
e questo era evidente… e se…
«Io… io, io ho sbagliato… io… in quel momento ho pensato a mio padre, a mia madre, ad
Asuma… e ho pensato a te… io non ce la faccio, non ce la faccio, non posso… stare… senza
di te.»
Lei guardò altrove… ma perché diamine era dovuto accadere tutto a loro? L’Hokage non
poteva scegliere qualcun altro per quella banale missione? E… e non poteva scegliere anche
lei? D’altra parte facevano solo la guarda a Naruto, no? Perché, perché le cose dovevano
andare così…
«Ti amo, Tem.»
Che strano: adesso la sua spalla era zuppa, ma quella era una delle rare giornate di sole…
235
[Quinto venerdì]
Naruto gli si sedette davanti e lo guardò, con i suoi occhi grandi e sinceri; lui deglutì.
«Gliel’hai detto?»
Shikamaru sospirò. Era mattina, e loro tre erano nell’unica stanza di quel vecchio edificio
ammuffito; Yamato era andato in giro.
Odiava quel posto, odiava quella missione, odiava quei continui viaggi, e odiava lo stress…
«Non ancora.»
Anche l’altro sospirò.
«Dovresti.»
«Non ce la faccio, Naruto.»
L’altro sorrise, piano.
«Non ce la fai a dire alla tua ragazza che forse morirai per la guerra? Ogni ragazza sogna di
sentirselo dire… è una cosa molto eroica.»
Ma l’altro s’alzò di scatto e prese a battere ripetutamente un piede a terra; non ce la faceva,
non ce la faceva, che diamine… e quei due lì continuavano a rimbeccarlo, e… e lui non si
stava per niente comportando da uomo… aveva un groppo al cuore, e non riusciva a
capacitarsene; se l’avesse visto suo padre, o Asuma, che cosa –
«Shiakamaru, sei un codardo.» disse tranquillamente Choji, alla destra di Naruto.
L’interessato si girò di scatto, fulminandolo.
«Codardo?!»
«Oh, sì.» replicò l’omone, pacato. «Io e Naruto abbiamo detto a chiunque che questa
missione era pericolosa, e che con tutta probabilità ci avremmo rimesso le penne… e tu
l’hai detto a tutti, tranne a tuo padre, tua madre, e Temari. I primi due sono al Quartier
Generale della Foglia, e va bene… ma a Temari, perché non dirglielo?»
«Non… non voglio che si preoccupi… ha già due fratelli nella guerra, non le serve un
fidanzato che… che…»
“…che probabilmente morirà”, pensò.
«Questo ragionamento è perfetto» intervenne Naruto «io stesso a Sakura ho solo
accennato della pericolosità della nostra missione, ma… ma tu di tutti sei quello che rischi
di più… e sei tu che ti sei proposto, no? Tu combatterai in prima linea, e dietro avrai me…
in versione Kyuubi. E, insomma… perché almeno non le hai accennato quanto può essere
pericoloso? Praticamente le hai detto che tu e Choji semplicemente mi controllerete come
un cane!»
Ma Shikamaru aveva un presentimento, un brutto presentimento, che non lo faceva
dormire, respirare o vivere: era perennemente inquieto, di malumore, ben lontano dal
vecchio Shikamaru che dormiva su un prato…
Forse doveva lasciarla… era stata una follia, una follia a mettersi insieme durante la
guerra… e pensare che aveva insistito lui! Che idiota… non se la meritava proprio… Per
quale motivo continuare ancora la loro relazione, se tanto si vedevano e così poco –no,
anzi, se lui sarebbe morto?
Non aveva nessun senso, proprio nessun senso… doveva prendere una decisione in fretta…
era giunto il momento di comportarsi da uomo. Doveva lasciarla, per il suo bene.
«Promettimi che glielo dirai.» parlò poi Naruto: era serissimo.
Shikamaru digrignò i denti.
«Lo farò.»
«La prossima settimana.»
«Cercherò…»
236
[Primo venerdì]
«Siamo sicuri che sono proprio loro i ragazzi di cui parlavi?»
L’Hokage si girò verso i tre ragazzi di fronte a sé; li guardò, tutti e tre. Era orgogliosa di
loro.
«Raikage, questi sono i nostri migliori elementi» proruppe lei, sorridendo con
compiacenza. «Nara, Akimichi e Uzumaki, le sorti della guerra sono nelle vostre mani.»
A queste parole, i tre impallidirono; Shikamaru abbandonò l’espressione annoiata, Naruto
smise di prenderlo in giro e Choji finì di sbadigliare.
«Hokage… sapevamo che dovevi parlarci di una certa missione… ma non pensavamo fosse
così importante» disse Naruto, quasi per scusarsi per il loro aspetto trasandato o per il loro
ciondolare. Il Raikage lo guardò; lui sostenne il suo sguardo senza timore.
Tsunade si alzò e si approssimò loro; sembrava così tanto più vecchia rispetto all’inizio
della guerra…
«Voi tre formerete un gruppetto speciale» disse «che viaggerà di settimana in settimana.
Naruto, tu sarai la punta di diamante della missione… e voi due lo accompagnerete,
insieme a Yamato, e sconfiggerete Madara. Questo è il piano.»
Choji tossì, impacciato.
«Madara? Madara Uchiha?» chiese, boccheggiando. «Voi volete davvero che noi tre
sconfiggessimo Madara?»
«Tsunade, è una follia, è solo una follia!» s’intromise il Raikage, battendo un pugno sulla
scrivania davanti a sé. «Non ce la faranno mai a sconfiggere Madara, anche se –come vai
ripetendo tu!- sono forti! E’ fuori discussione, dobbiamo mandare un gruppo di ninja più
anziani ed esperti! E poi…»
Ma lei lo fulminò con uno sguardo e lo fece zittire; si rivolse di nuovo ai tre.
«Abbiamo trovato dove si nasconde. Abbiamo già inviato due truppe a combatterlo… ma
entrambe le squadre non hanno avuto sopravvissuti. Siete la nostra speranza…»
«Cosa dovremmo fare?», disse Shikamaru, che fino a quel momento era rimasto in
silenzio; guardò intensamente la donna, e annuì, piano.
«Abbiamo una tattica. Voi tre vi muoverete una volta a settimana… Madara ha inviato un
enorme battaglione, che sarà qui fra due mesi circa, perché sa che qui si nasconde Naruto…
è lui che Madara vuole» spiegò la donna, soffermando lo sguardo ora sull’uno, ora
sull’altro. «Vi sposterete in continuazione, e tornerete qui una volta a settimana, diciamo di
venerdì, cosicché Madara non sappia dove si nasconda il cercoterio; e, qualora venisse a
saperlo, non riuscirà a muoversi abbastanza in fretta, perché cambierete continuamente
postazione ogni due o tre giorni. Noi saremo qui e attenderemo la parte dell’esercito; di
questo voi non dovete preoccuparvi.»
E fin qui, non c’erano problemi; ma come avrebbero fatto a sconfiggere Madara?
Shikamaru tamburellò le dita su una coscia, nervoso.
«Vi allenerete tutti e tre insieme per superare al meglio la missione… Naruto, tu riesci già a
controllare il Kyuubi, grazie all’aiuto di Killer Bee, non è vero?»
237
Il ragazzo annuì, guardando poi il fratello del suo mentore; erano uguali.
«Ho fatto notevoli passi avanti… ma non riesco a controllarlo ancora completamente. Ogni
tanto, specie se sotto pressione, perdo il controllo… e… e Nonna, io ho paura di non farcela.
Io odio quell’uomo.» digrignò i denti e si morse un labbro, pensando ciò che gli aveva
raccontato sua madre tempo addietro. «Ha ucciso i miei genitori… ed è stato lui a causarmi
questa maledizione. Ho paura che vedendolo perderò il controllo…»
Sia Shikamaru che Choji rimasero a bocca aperta: Naruto non aveva mai parlato dei suoi
genitori... ma che diav–
«Yamato sarà lì per questo» rispose Tsunade, sfoderando un sorriso materno. «Voi tre
combatterete assieme, e sconfiggerete Madara… in quindici settimane… io so, lo so che ci
riuscirete. Shikamaru, tu sarai il capitano» e fece uno scatto con la mano per bloccare
l’intervento del ragazzo, che aveva aperto la bocca «e non accetto scuse. Choji, tu segui ciò
che Shikamaru ti dirà e andrà tutto benissimo: voi due siete compagni da piccoli, vi
conoscete alla perfezione, e sapete l’uno i punti deboli dell’altro. Naruto, tu combatterai
Madara nella versione Kyuubi; Shikamaru lo immobilizzerà con la sua tecnica e tu lo
stenderai.»
Calò il silenzio.
«Tutto qui? Sarebbe questo il piano?» criticò Nara, aspro.
Lei lo fissò: evidentemente, era proprio la reazione che si aspettava da lui.
«Oh, be’, per quanto mi riguarda, il piano è davvero tutto qui… ma altrimenti tu a cosa
serviresti, Shikamaru?»
Il raikage schioccò la lingua contro il palato, evidentemente ancora scettico; il ragazzo
sbuffò. Si profilava all’orizzonte una rogna di dimensioni incredibili, ben più grande, forse,
di tutta quella guerra… si grattò la testa, stanco; sapeva che le settimane successive
sarebbero state di fuoco.
«Prima che entri nei dettagli della strategia da utilizzare, tuttavia» riprese l’Hokage,
tornando alla sua scrivania, e assumendo adesso un’espressione molto seria «voglio che
conosciate i rischi cui andrete incontro. E’ una missione di livello ben più alto della S…
dovrete lottare contro una leggenda.» deglutì, appoggiando i gomiti sulla superficie del
tavolo e incrociando le braccia al petto. «Probabilmente… uno di voi, o forse di più, morirà.
Pretendo che avvertiate tutti i vostri cari della pericolosità della missione… mi sono
spiegata?»
Li guardò ancora; e… Shikamaru si era sbagliato, o i suoi occhi chiari avevano indugiato su
di lui un secondo di più rispetto agli altri?
Un’ora dopo, Shikamaru uscì dalla tenda dell’Hokage, salutò Choji e Naruto (pallidi
almeno quanto lui) e si diresse verso la sua abitazione. Girò un po’ per le vie dritte e
parallele dell’accampamento, le mani in tasca e la sigaretta in bocca, per trovare
ispirazione; di tanto in tanto si fermava per osservare il cielo e per sbuffare.
Si grattò un lato della testa, impacciato… diamine… questo sì che sarebbe stato un
problema… Non ci voleva, non ci voleva proprio. Non che non ne avesse voglia; era
anzi allettante(e non seccante) escogitare una strategia per sconfiggere Madara, ma…
La veduta dell’oggetto dei suoi pensieri bloccò il suo monologo interiore. Si trovava proprio
fuori la tenda che condivideva con Ino e Sakura.
«Seccatura» esordì, accostandosi a lei «devo parlarti.»
Ella si girò col solito sorrisetto ironico.
«Sei incinto?!» borbottò, per poi ridacchiare; la vista della sua faccia tuttavia le gelò il
sorriso.
Shikamaru le raccontò del colloquio con l’Hokage; era quasi arrivato alla questione
centrale che lei lo bloccò.
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«Devi partire?!» fu solamente capace di dire. «Per andare dove? Ma che storia è questa?!
…Tu che cosa le hai detto?»
Egli si rabbuiò. Ma che andava farneticando?
«Io le ho detto che andrò, è ovvio» rispose, cauto.
Lei sgranò gli occhi.
«Sei impazzito?! Siamo in guerra, e voi ve ne andate a zonzo?! Ma così vi prenderanno
molto più facilmente!» berciò. Aveva alzato la voce: non era da lei. «Per fare cosa poi, la
guardia a Naruto? Lui ha il kyuubi dentro di sé, non c’è alcun bisogno che vi preoccupiate
per lui, sa badare a se stesso splendidamente!»
In effetti, lui non aveva finito il suo discorso, e in questo modo sembrava proprio che lui e
Choji dovessero semplicemente scortare Naruto da un posto all’altro, onde evitare che
Madara scoprisse dove fosse; e così lei aveva capito. Shikamaru esitò… doveva andare
avanti, doveva dirle che in verità si sarebbero allenati e avrebbero affrontato proprio la
causa di tutti i loro problemi e di quella guerra? Oppure…
«Lo so benissimo, e lo sa anche lui» ribatté il ragazzo, mentre ragionava freneticamente
«ma è così che l’Hokage vuole, e… e vuoi che Madara lo prenda, vuoi che arrivi al suo
progetto finale prendendo tutti i cercoteri? Bee è al sicuro, ma Naruto no. Dobbiamo
proteggerli entrambi, Temari.»
Lei pestò un piede a terra. Ma che le stava accadendo? Sembrava inquieta e ansiosa; non
era da lei scaldarsi così tanto; lo stava guardando male… Shikamaru ansimò.
«Ma che cosa diavolo ti prende?!» chiese poi, disdegnando il suo comportamento.
«Tu non puoi partire! Non puoi… lasciarmi sola, qui, in questo schifo!» iniziò lei,
spalancando le braccia. «Che sciocchezza è questa? Avevamo detto che avremmo
combattuto in guerra insieme!»
«Lo avevamo detto, è vero… ma ora la situazione è ben diversa! Ma non capisci? Naruto è
uno dei miei migliori amici! E c’è Choji con lui!»
Lei girò in tondo, frenetica; sembrava incapace di star ferma.
«Temari, Temari…» mormorò lui, piano, prendendola per le spalle. «Ma che cos’hai?»
Parve calmarsi un po’; sospirò, appoggiando la fronte sulla sua spalla.
«Io… io non ho nessun altro a parte te, i miei fratelli sono chissà dove… e chissà se sono
vivi…» e di nuovo si arrabbiò, guardandolo male. «E io qui sono fottutamente sola! Non
puoi partire, Shikamaru, non puoi!»
Lui rise, una risata amara.
«Sei sola?! Ma se sono secoli che Sakura o Ino tentano di fare amicizia con te! E tu le
disdegni, o non è vero? E comunque, non mi pare che tu abbia mai avuto problemi a farti
amici! Ma che cos’hai, Temari, che cos’hai?» ripeté.
«Quelle due sono due ragazzine, non voglio averci niente a che fare» iniziò, iraconda, per
poi riprendere fiato e bloccarsi. Si passò una mano fra i capelli sciolti; chiuse gli occhi ed
espirò. Era stanca.
«Hai… hai ragione tu…»
Calò il silenzio. I due non si guardavano.
«Partiremo fra due giorni» disse l’altro, tanto per allentare la tensione «e torneremo
venerdì… Temari, sono solo sei giorni di lontananza, non è niente di che. Ci vedremo una
volta alla settimana, e durerà solo per quindici settimane, insomma… probabilmente sarà
più pericoloso per te stare qui.» Deglutì, e si sforzò di sorridere. «Io devo solo fare la
guardia a un deficiente, non è proprio niente di che.»
Lei s’avvicinò e lo abbracciò; sbuffò.
«Portami con te» mormorò.
Lui l’abbracciò a sua volta; aveva un nodo alla gola.
«Non è possibile, lo sai.»
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Temari neanche provò a ribattere; rimasero un bel po’ così, semplicemente abbracciati,
senza dire niente.
«Preferivo quando litighiamo. Almeno lì ho ragione io.»
Lui sorrise. Eh già...
[Decimo venerdì]
Quei baci, quegli abbracci, quelle parole sussurrate… che cos’altro potevano significare?
Lei lo amava, lo amava davvero. Aveva ventuno anni, era giovane… ma lui, lui era l’uomo
della sua vita. Lo amava più di se stessa… era così perfetto, così meraviglioso, così bello…
eraShikamaru… era tutto per lei.
E anche se c’era una guerra, anche se questa sarebbe continuata per ancora molto tempo,
anche se nelle ultime dieci settimane a conti fatti non lo aveva visto per neanche quaranta
ore… a lei, incredibilmente, andava bene così.
Aveva cambiato la sua vita… Era stata spesso fredda, insensibile, spietata, cattiva… ma da
sei anni a quella parte, da quando aveva aiutato quel dodicenne in quella folle missione (o
forse quando era stata battuta da lui qualche mese prima) era cambiata.
Non aveva mai pensato che avrebbe mai potuto bisbigliare al buio certe parole, ma… Lei lo
avrebbe amato per sempre… perché per sempre sarebbe durato…
[Undicesimo venerdì]
Era vero, ancora non gliene aveva parlato, ed era passato un mese ormai dalla promessa (o
insomma, quel che era) fatta a Naruto; e tuttavia… come diavolo poteva dire a quegli occhi
gonfi e affaticati che la missione di cui lui aveva parlato era in realtà molto più complicata
e pericolosa di quel che sembrava? Non poteva farcela…
E inoltre, insomma, mancavano solamente quattro settimane… quattro settimane, e la
guerra sarebbe finita. Naruto andava alla grande negli allenamenti; procedeva davvero
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bene… e chissà, magari ce l’avrebbe fatta… magari avrebbero davvero vinto, magari la sua
sensazionale strategia avrebbe funzionato…
Ogni volta che oltrepassava quella porta, poteva lasciare indietro i suoi guai; in quelle
quattro ore, in quel magnifico giorno, poteva essere davvero un altro… Quando era partito
la prima volta per quella missione, non sapeva ancora bene quanto sarebbe durata ancora
la sua vita; ora, invece, era pienamente convinto di tutto… aver solo pensato di lasciarla era
stata una scelta straziante… ci aveva provato, aveva davvero cercato di lasciarla andare…
ma non era più possibile, era troppo… immischiato in quella situazione –e con enorme
piacere…
Era cocciuta, testarda, orgogliosa, tignosa, superba e arrogante… ma era Temari. Era la
cosa più bella del mondo, era l’unica cosa vera… l’unica cosa per cui ancora valeva la pena
combattere. La amava, non c’erano altre parole… e il venerdì era un giorno così perfetto, e
così meraviglioso…
[Tredicesimo venerdì]
«Shikamaru, dai, dobbiamo andare…»
Come ogni maledetto venerdì, era stato il suo buon vecchio Choji a riscuoterlo dal paradiso
di quelle quattro ore; lui s’alzò dall’amaca, lasciando sola la ragazza con cui la condivideva,
si stiracchiò e raccolse le sue poche cose. Andò alla sua tenda, si lavò, si sistemò un attimo
e uscì; era pronto a partire. Trovò Temari proprio fuori al suo uscio, come ogni volta.
«Ci vediamo fra una settimana» mormorò lui, fintamente annoiato. «Non darti troppo alla
pazza gioia, eh.»
Ma lei non rispose alla provocazione. Era strano; ultimamente le cose stavano andando
davvero molto meglio. Da quando, un mese prima, avevano fatto pace, il loro rapporto era
come rinato: erano tornati la vecchia coppia che si sfotteva e che scherzava continuamente;
e lui aveva creduto che ce l’avrebbero potuta fare… ma quel giorno Temari era più bianca
del solito, e si stava torturando il labbro inferiore; non lo guardava.
«Non andare, almeno per stavolta» gli disse improvvisamente, guardandolo negli occhi.
«Almeno stavolta, ti prego… ho… ho un brutto presentimento.»
Lui sbuffò.
«Oh, ancora la tazza da te che si è crepata? Andiamo, l’avrai stretta con la tua solita grazia,
e si sarà rotta» borbottò, ridendo.
Ma perché la situazione si era capovolta? Di solito era lui che cercava di essere serio, e lei
che scherzava; adesso invece lei sembrava mortalmente preoccupata.
«Dimmi che andrà tutto bene.» disse poi.
«Temari, ma mi stai gufando, per caso? Guarda che se mi porti jella –»
Lei non ci vide più; lo prese per la collottola e lo strattonò, forte.
«Shikamaru, sono seria. Dimmi che andrà tutto bene.»
Lui distolse lo sguardo, e deglutì.
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«Manca poco, dai» disse invece «…tre settimane, e sarà tutto finito. Pensa a questo, e…»
«Dimmelo.»
Lei lo guardava, sostenuta.
«…Tem, ti amo, lo sai?» disse solo. E la baciò; fu come rinascere, come se fosse ancora la
prima volta… la strinse a sé, la avvolse con le sue spalle… e quanto avrebbe voluto che quel
momento durasse per sempre…
Restarono così per un po’, finché la voce di Choji non si fece più insistente. Egli prese il suo
zaino e si avviò; un po’ di vento sollevò la sabbia dal pavimento sporco dell’accampamento,
soffiandogli nelle orecchie.
Temari lo guardò andare via.
Shikamaru pensò che non le aveva detto quelle parole che sperava sentirsi dire.
[Quattordicesimo venerdì]
Pioveva, ancora.
Lei pensò che in quegli ultimi mesi non aveva fatto bel tempo che in qualche giorno: aveva
continuato a piovere ininterrottamente, continuamente, senza sosta… Era così bello stare
sotto lo scroscio dell’acqua, senza dover parlare o sentire o pensare…
Naruto la guardò, pallido. Era zuppo dalla testa ai piedi; aveva un braccio fasciato, una
orrenda cicatrice sotto l’occhio, un labbro spaccato; tuttavia, pur con il viso così tumefatto,
le sorrise.
«Temari» disse «entriamo dentro, dai…»
Lei lo guardò. Non ne aveva proprio voglia…
Da lontano, si udirono i fischi e le grida provenienti dal capannone principale, lì dove una
volta c’era la sua amaca preferita; stavano tutti festeggiando la fine della guerra, cantando,
ballando, urlando…
Quello era un venerdì, era vero; doveva essere un giorno bello… ma non lo era, e non lo
sarebbe mai più stato. E allora perché tutti festeggiavano e cantavano e ballavano? Perché
il mondo non si era fermato, perché il cielo non era imploso, perché tutto continuava ad
andare come sempre, quando niente sarebbe più andato per il verso giusto? Che senso
aveva?
Naruto e Choji erano appena tornati; e, con loro, Kankuro, Gaara, gli altri due Kage e tutti i
sopravvissuti della Seconda Divisione. I primi due, quando lei un’ora prima era corsa loro
incontro, l’avevano semplicemente guardata, e l’avevano semplicemente abbracciata; lei
s’era accasciata al suolo… allora era vero, era vero quel che le avevano detto…
Shikamaru…
«Temari, Temari» aveva urlato Sakura nel suo orecchio, scuotendola, cercando di superare
il frastuono della pioggia «va… va tutto bene, va bene, dai…»
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Lei non la guardava: osservava Naruto. Stava piangendo con tutte le sue forze, in ginocchio
sul fango, battendo i pugni per terra; urlava, singhiozzava e imprecava. Era come se avesse
perso un fratello, come se Sasuke se ne fosse andato di nuovo…
Un tocco leggero alle spalle la ridestò dai suoi pensieri: fu issata in piedi da Choji. Kankuro
la guardava, preoccupato.
«Devi essere orgogliosa di lui» disse il primo, pallido almeno quanto lei, e tumefatto al
volto più di Naruto. «E’ morto da eroe. Ci ha salvato tutti.»
E poi fu un turbinio di grida, di suoni, di pacche sulle spalle, di carezze e di sguardi
apprensivi; Temari pensò che non avrebbe retto, che il cuore le sarebbe esploso; e invece
resse benissimo, e le ore passarono, e le lacrime in qualche modo furono riassorbite,
sostituite subito da nuove…
Ma era venerdì. Doveva andare tutto bene.
Disegnato da Tikkia
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[Quindicesimo venerdì]
Temari non ricordava molto di quella settimana passata. Aveva un gran mal di testa… In
quel momento avrebbe dovuto essere in una riunione con i suoi due fratelli, e invece c’era
andato solo Kankuro, dopo averle preparato la colazione ed averle schioccato un bacio
sulla fronte; in quel momento avrebbe dovuto festeggiare la fine della guerra, visto che
Madara era morto –l’aveva ucciso proprio lui…
Naruto le era accanto; lui, Sakura, Ino e i suoi fratelli non la mollavano mai. Un tempo,
questo le avrebbe dato fastidio; adesso, invece, la faceva stare molto meglio…
«Com’è accaduto?» gli chiese quel giorno, d’improvviso, mentre sorseggiava il tè verde
preparato da Kankuro (era ottimo, ma non l’avrebbe mai e poi mai ammesso).
L’altro strabuzzò gli occhi.
«Sei… sei sicura di…?» iniziò, ma lo sguardo fermo e sostenuto di lei dardeggiò; capì che
sarebbe stato inutile temporeggiare.
Così, le raccontò di quel che era successo esattamente una settimana prima: che loro, come
da missione, avevano veramente trovato Madara, e che Shikamaru l’aveva bloccato con la
sua tecnica d’ombra, mentre Naruto si trasformava. Raccontò del piano preparato
dall’amico in quei lunghi mesi d’agonia, mentre erano sbattuti da una parte all’altra del
mondo, e di come l’avevano messo in pratica; raccontò di come avesse salvato lui, Choji,
Yamato e la squadra speciale venuta appositamente per loro, distraendo Madara e facendo
da esca…
E vedendo che Temari non rispondeva, un dubbio lo assalì.
«Lui… non te ne aveva parlato?»
«No.»
Non era arrabbiata o triste; aveva capito da sola, in quei lunghi mesi, che la missione di cui
Shikamaru le aveva parlato era molto più di quel che lui aveva detto. Era un
comportamento così da lui che non se ne stupì: non avrebbe mai sopportato causare noie,
proprio lui che le odiava mortalmente. Anzi, in quel momento lo ringraziò mentalmente –
chissà, magari poteva vederla, dovunque fosse, o forse era solo una sciocca speranza- per
non averla fatta angosciare ancora di più di quanto non fosse stata ansiosa e intrattabile.
«E… senti, prima che noi partissimo per la missione… mi ha detto di darti questo. Non so
cosa sia, non l’ho letto.»
Le mostrò un bigliettino stropicciato, sporco e bagnato; neanche finì la frase che la ragazza
già lo aveva afferrato. Temari lo accarezzò con cura… quasi potesse accarezzare
la suamano… per la prima volta da una settimana, provò un unico momento di eccitazione:
aveva gli occhi lucidi, tremava, era bianca… lo aprì immediatamente.
Seccatura, oggi è venerdì.
Quindi, “oggi” deve andare tutto bene… intesi?
Guarda che sennò chiamo il caro Kanky… e sai che come rompe lui non rompe nessuno, e
sai anche che io ti terrò d’occhio.
E adesso smettila di piagnucolare e ritorna la solita rozza, eh? Che sennò poi sei troppo
femminile e mi fai senso.
Mi raccomando. Oggi è venerdì.
Crybaby.
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Rise. Ma che idiota, insensato, stupido ragazzo che si era scelta… stupido lui o cretina lei,
difficile dirlo.
Ma quel giorno era venerdì.
E il venerdì andava tutto bene.
Monday you can fall apart
Tuesday, Wednesday break my heart
Thursday doesn't even start…
It's Friday, I'm in love.
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rolly too
Seven days
La storia si dipana in otto capitoli, il primo dei quali pubblicato per il contest di EFP
“Storie Edite”. Le ambientazioni del manga vengono lasciate intatte, ma nel villaggio di
Suna la pace viene scossa da disordini continui. Il Kazekage viene deposto e condannato a
morte. Mentre il fratello maggiore cercherà di chiedere aiuto a Konoha, Shikamaru e
Temari si occuperanno del salvataggio del minore. I dialoghi sono un alternarsi tra
“Mendekuse” e “Crybaby” ,un'intesa che si fa sempre più forte.
Capitolo 1: Prologo
“Fammi capire.” borbottò Kankuro, osservando la sorella. “Vuoi che lui resti qui?” La
ragazza gli lanciò uno sguardo cattivo e annuì con vigore.
“Ma certo! Dove vuoi che vada, conciato così? Deve rimanere fino a che non si sarà ripreso.”
Il giovane scosse più volte il capo.
“Perché non possiamo semplicemente portarlo in ospedale?” esclamò, esasperato.
“Perché” ringhiò Temari “è un ninja della Foglia. Konoha, lo capisci? Lo uccideranno.”
“Sì, ma a noi cosa importa? Siamo in guerra con Konoha...”
“Ma abbiamo un debito con loro. Naruto ha salvato Gaara. E ora, non voglio più sentirti
discutere. Vai dal Kazekage, ti vuole parlare.” concluse Temari, inginocchiata accanto ad un
ragazzo privo di sensi. Gli puliva le ferite con un panno umido, ogni tanto glielo passava sul
volto sudato.
“Come vuoi” replicò Kankuro alzandosi e dirigendosi verso la porta. Uscì, sbattendola alle
sue spalle.
Temari sospirò. Gli avvenimenti degli ultimi mesi stavano rendendo tutti troppo nervosi.
Quando Gaara era diventato Kazekage, Suna aveva goduto di un periodo di pace. Poi, però,
il Consiglio aveva deciso che quel ruolo non era adatto ad un ragazzino che, per l'altro,
aveva passato anni ad uccidere senza alcun motivo. Al suo posto era subentrato un uomo
crudele e avido, che ben presto aveva trascinato il villaggio sul lastrico, e aveva dichiarato
guerra a Konoha. Gli abitanti non avevano trovato il coraggio di ribellarsi al suo dominio,
ma i tre fratelli della Sabbia, di nascosto, aiutavano i ninja della Foglia ad entrare
clandestinamente nel Paese del Vento, e fornivano loro informazioni in cambio di cibo e
farmaci, che scarseggiavano sempre più. Tre settimane prima erano riusciti a riportare
Choji, che era stato ferito, nel Paese del Fuoco, e proprio in quel momento Temari si stava
occupando di Shikamaru, che era stato coinvolto in un'esplosione che aveva devastato gran
parte del Villaggio.
Il ragazzo si mosse lievemente quando Temari prese a chiudergli un taglio con dei punti di
sutura.
“Shikamaru...” provò a chiamarlo, ma lui non rispose. La kunoichi chiuse per un secondo
gli occhi. Non era un ninja medico e al villaggio non ne era rimasto neppure uno che non
agisse per conto del Kazekage. Le ferite che il giovane aveva riportato sembravano gravi, e
lei non sapeva come comportarsi. I ninja di Konoha non sarebbero tornati per tre
settimane, e lei non poteva chiedere aiuto a nessuno. Gaara era stato mandato in missione
da qualche parte, lontano. Kankuro invece si era lasciato trasportare troppo dalla
situazione, era stato messo sotto pressione dal Kazekage ed aveva reagito male, diventando
irascibile e scontroso.
Continuò a medicarlo per ore, fino a che non le sembrò che il suo volto avesse ripreso
colore. Si alzò, e si avviò verso la cucina. Kankuro sarebbe arrivato, sperava, di lì a poco,
dato che era già sera, e avrebbe voluto qualcosa da mangiare.
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Aveva appena iniziato a cucinare che la porta s'aprì. Andò nell'ingresso, e vide il fratello
avanzare verso di lei, pallido e barcollante. Gli corse incontro, e lo aiutò a raggiungere la
cucina.
“Gaara...” mormorò Kankuro, facendole cenno di sedersi.
“Cosa? Cosa è successo a Gaara?” domandò la ragazza, preoccupata.
“L'hanno arrestato per sospetto di tradimento, e l'hanno condannato a morte. Senza
processo. C'è un mandato di cattura anche per te. Credo che abbiano scoperto che nascondi
Shikamaru. Io sono agli arresti domiciliari.” spiegò il fratello.
Temari impallidì.
“Cosa facciamo?” sussurrò. “Cosa facciamo?”
“Ho pensato a tutto. Abbiamo una settimana per salvare Gaara, sarà impiccato tra sette
giorni... Tu e Shikamaru dovete andarvene stanotte. Ho parlato con Baki, vi aiuterà a
superare il deserto. C'è un posto dove sarete al sicuro... Starai lì. Io invece andrò a Konoha.
Parlerò con l'Hokage, le chiederò aiuto.”
Temari approvò il piano del fratello, nonostante vi trovasse ancora delle enormi falle.
Sicuramente sarebbero stati entrambi sorvegliati, come avrebbero fatto ad allontanarsi dal
Villaggio? Come sarebbero riusciti a portare Shikamaru, che era ferito e privo di sensi, al di
là del deserto? Come avrebbero salvato Gaara? Era stata una volta soltanto nelle prigioni
del Villaggio della Sabbia. Era impossibile scappare. Il caldo soffocante, la mancanza di aria
e di acqua debilitavano i prigionieri, e c'erano centinaia di guardie ad ogni accesso.
Tuttavia, bisognava tentare.
“Quando partiamo?” chiese la ragazza, alzandosi.
“Tra dieci minuti. Prendi solo l'essenziale.” ordinò Kankuro, e si alzò a sua volta. Iniziarono
a preparare silenziosamente i bagagli. Presero ben poco; Kankuro si accontentò di un abito
di riserva e delle sue marionette, Temari invece prese un abito per sé e uno per Shikamaru,
dei farmaci e del cibo. Alla fine, afferrò il suo grande ventaglio.
“Andiamo?”
“No, bisogna aspettare Baki. Come pensi di fare a trasportare Shikamaru, altrimenti?”
Rimasero entrambi in silenzio, seduti accanto al ragazzo di Konoha, che giaceva a terra.
Temari respirava a fondo per mantenere la calma. Le pareva di vedere, fuori dalla finestra
con le serrande sbarrate, la squadra speciale di Suna che la veniva a prendere. Le sembrava
di sentire la voce di Gaara che implorava aiuto. Cosa stava facendo in quel momento suo
fratello? Era solo, forse al buio... Magari non l'avevano neppure fatto mangiare, forse lo
stavano torturando. Aveva letto da qualche parte, tanti anni prima, che le prigioni del
Villaggio della Sabbia erano famose per la severità dei suoi carcerieri. E se Gaara avesse
perso il controllo, se avesse distrutto tutto con la sua potenza?
Scosse la testa. Gaara amava il suo villaggio ed ogni suo abitante, non avrebbe mai fatto
male a nessuno.
Guardò Kankuro. Il ragazzo fissava un punto imprecisato davanti a sé, corrucciato. Cosa
sarebbe successo a lui? Era agli arresti domiciliari, e quindi era più al sicuro sia di lei che di
Gaara, ma se il Kazekage avesse cambiato idea? Se avesse saputo che miravano a farsi
aiutare da Konoha, che erano dei traditori, che avrebbe fatto? Aveva assistito ad un
processo fatto ad una famiglia di traditori qualche mese prima. Tutto il popolo era presente.
Una madre con due ragazzini, il più grande dei quali non poteva avere più di una decina di
anni. Erano stati accusati perché avevano accettato del cibo dai ninja della Foglia che
avevano occupato una parte del Villaggio. Prima avevano ucciso i due ragazzini, obbligando
la madre a guardare. Poi l'avevano rinchiusa in carcere.
Avrebbero fatto lo stesso anche con loro, se li avessero scoperti? Avrebbero ucciso Gaara e
Kankuro davanti ai suoi occhi, per poi costringerla a vivere con il ricordo della morte dei
fratelli?
Un rumore sordo la fece sussultare. Qualcuno aveva bussato pianissimo alla porta sul retro.
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Kankuro corse ad aprire, e si trovò davanti la figura altera di Baki. Senza dire una parola, lo
fece entrare. Si avvicinarono in silenzio a Shikamaru, e Baki gli diede un'occhiata veloce.
“Penso che possiamo arrivare al di là del deserto, se ci sbrighiamo, in una notte. Dobbiamo
cercare di evitare di esporlo al calore eccessivo, se possiamo. Non gli farebbe per niente
bene.” constatò.
Non aspettò una risposta da parte di uno dei due fratelli. Si inginocchiò e lo sollevò; le
braccia e la testa caddero all'indietro, come prive di vita. Si voltò verso la porta.
“Andiamo, Temari.” ordinò. La ragazza abbracciò frettolosamente il fratello, poi seguì il suo
maestro fuori dalla casa.
La strada era deserta. Temari si sarebbe aspettata un gran numero di guardie a controllare
lei e la sua famiglia. Incrociò lo sguardo di Baki solo per un istante, e la sua espressione le
fece capire quello che temeva. Erano state eliminate. Una morsa le strinse lo stomaco,
come accadeva sempre quando uccideva qualcuno. Quante vite era costato il tentativo di
salvare lei, i suoi fratelli, e un ninja della Foglia?
Baki si fermò improvvisamente, interrompendo i suoi pensieri. Anche Temari aveva sentito.
Qualcuno veniva dalla loro parte. Si nascosero dietro al muro di una casa, in silenzio. La
ragazza pregò perché, chiunque fosse quella persona, non si accorgesse del respiro un po'
affannoso di Shikamaru e non venisse a controllare. Il cuore le batteva furiosamente in
petto, nonostante apparisse tranquilla. Si tranquillizzò un po' quando le venne in mente che
nessuno avrebbe potuto udire il rumore del suo cuore, a meno che non le avesse poggiato
l'orecchio sul petto, cosa che lei non avrebbe certamente permesso. Sorrise lievemente a
quel pensiero.
Baki le fece un cenno con il capo, indicandole che si poteva proseguire. Lo seguì.
Avvicinandosi alle porte del Villaggio notò un corpo insanguinato a terra. Era evidente che
il suo maestro aveva già provveduto a sgomberare la strada.
Arrivarono al deserto senza intoppi. Iniziarono a correre più velocemente che potevano,
senza parlare, senza guardarsi, preoccupandosi soltanto di non lasciare tracce.
Quando era ormai l'alba, Baki si fermò. Erano nel bel mezzo del deserto di Suna, ed entro
poche ore sarebbe sorto il sole. Si avvicinarono ad un'oasi. Temari ricordava quel posto. Era
lì che aveva scoperto ciò che era Gaara. Era lì che aveva visto per la prima volta Shukaku.
“Baki...” mormorò. “Qui non possiamo nasconderci.”
L'uomo scosse il capo. Posò a terra Shikamaru, e si avvicinò ad un'alta palma.
“Neppure io sapevo che esistesse. Me ne ha parlato Gaara appena lo hanno catturato.”
Temari annuì. Dopotutto, Baki era diventato una delle guardie della prigione.
“Lo ha costruito lui. E' un rifugio sotterraneo, veniva qui da piccolo per non farsi trovare.”
Si inginocchiò accanto al fusto della pianta, e si mise a muovere la sabbia con le mani,
febbrilmente. Continuò la sua operazione fino a che non scoprì una piccola botola di legno.
Temari sgranò gli occhi, stupita. Suo fratello, quando era ancora un bambino, si
nascondeva sotto alla terra? Stava solo, sepolto dalla sabbia?
Quanto poteva essere sicuro quel rifugio, se Gaara non poteva essere ferito? Quanto erano
state curate le sue difese?
Baki aprì la botola. Infilò le mani nell'apertura, e cercò a tentoni una scala, una corda,
qualcosa con cui poter scendere. Alla fine, sorrise trionfante. Prese Shikamaru e iniziò a
scendere. Quando fu sotto, Temari lo raggiunse.
Baki estrasse una candela dalla tasca e l'accese. Aveva posato a terra Shikamaru, che si
agitava nel sonno. Si guardò intorno fino a quando non individuò un interruttore della luce.
Lo premette e una piccola lampadina illuminò l'ambiente.
Gaara aveva avuto così tanto tempo da passare solo da essere riuscito a portare l'elettricità
in mezzo al deserto? Temari osservò a lungo il luogo in cui si trovava.
Il rifugio era composto da un'unica stanza, con le pareti, il soffitto e il pavimento rivestite di
spesso legno chiaro. In un angolo erano sistemati alcuni orsacchiotti di peluche; compagni
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di giochi e unici amici di un Gaara bambino che si era costruito un mondo a parte, lontano
dalla sua famiglia. Nonostante la povertà dell'arredamento, che consisteva in un tavolino di
legno traballante e un vecchio fornello elettrico, il posto le dava uno strana sensazione, a
metà tra un profondo senso di solitudine e di accoglienza.
Spostò lo sguardo su un fu ton colorato piegato in un angolo. Gaara non poteva dormire, e
allora perché quello era lì?
“Rimarrete qui.” disse Baki. “Quando uscirò da qui, coprirò di nuovo la botola con la
sabbia, in modo che nessuno la veda. Tu togli la scala, in questo modo, se mai doveste
essere scoperti, il nemico partirà svantaggiato. Vi porterò cibo ogni notte, non uscite da qui.
Gaara mi ha assicurato che di giorno è fresco e che da quel rubinetto” lo indicò con il dito
“esce acqua potabile.” aggiunse. “Devo andare, adesso. Mi aspettano alla prigione per il mio
turno.”
“Baki? Se vedi Gaara... digli che andrà tutto bene. Lo tireremo fuori di lì.” L'uomo annuì.
La ragazza si morse un labbro, mentre osservava uscire.
“Aspetta!” esclamò. Baki mise la testa dentro.
“Che vuoi ancora? E' tardi.”
“Digli anche che gli voglio bene.”
Temari si sedette accanto a Shikamaru. Gli sfiorò la fronte con una mano. Era caldo, e il
sudore gli imperlava la fronte. Non era sicura che fosse stata l'esplosione a causargli quella
febbre alta. Tuttavia, importava poco perché gli fosse venuta, quello che era fondamentale
era rimetterlo in sesto. Durante il viaggio gli si era riaperta una ferita sul petto. Il sangue
scuro gli macchiava la maglietta.
Temari sospirò, prese uno straccio pulito, ago e filo. Aprì il rubinetto che le aveva indicato
Baki, sperando che avesse detto la verità. Inizialmente caddero solo poche gocce, poi, con
immenso sollievo della ragazza, il flusso dell'acqua si regolarizzò, e lei riuscì a bagnare
completamente la stoffa. Richiuse il rubinetto e si avvicinò a Shikamaru.
Gli tolse la maglia, strappandogli un gemito di dolore, e si chinò sulla ferita. I punti si erano
strappati. Levò quello che rimaneva del filo, pulì bene il taglio, ed iniziò a cucirlo
nuovamente. Ogni volta che l'ago passava attraverso la pelle del ragazzo veniva colta da un
senso di nausea, ma cercò di resistere. Da quando Gaara era stato deposto, aveva dovuto
imparare a fare anche quello.
Quando ebbe finito, aprì il futon e vi si sdraiò sopra.
Pensò a Kankuro. Forse era già partito per Konoha. E se l'avessero preso? Se se ne fossero
accorti? L'avrebbero ucciso, l'avrebbero torturato? L'avrebbero costretto a rivelare dove lei
si stava nascondendo?
Un gemito di Shikamaru la distolse dai suoi pensieri. Si alzò e lo raggiunse.
“Ti sei svegliato...” mormorò, incrociando gli occhi scuri del ragazzo, che si tirò a sedere.
“Dove sono? Cosa è successo?” domandò guardandosi intorno.
“C'è stata un'esplosione al villaggio.” spiegò Temari.
“Questo me lo ricordo.” replicò il giovane. “Ma poi? Cosa è successo poi?”
“Ti ho trovato e ti ho portato via di lì. Ma ora hanno arrestato Gaara e l'hanno condannato a
morte,” la voce le si incrinò appena “Kankuro è agli arresti domiciliari, ma è diretto a
Konoha per cercare aiuto, io invece sono ricercata, quindi siamo nascosti. Siamo sotto al
deserto.”
“Dov'è Choji? So che quando è stato ferito l'hanno portato da voi...”
“A Konoha. Siamo riusciti a riportarlo indietro.” Il giovane sospirò, sollevato.
“Quindi ora io e te dobbiamo rimanere nascosti qui finché non ci saranno novità?”chiese
dopo un po'. Temari annuì.
“Che seccatura...”
“Senti un po', cry-baby, pensi davvero che a me faccia piacere rimanere qui ad aspettare che
i miei fratelli si facciano impiccare?” esclamò la ragazza furibonda.
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“N-no...” farfugliò Shikamaru, spiazzato dallo scatto d'ira della giovane.
“E allora non iniziare con i tuoi lamenti, la situazione è già abbastanza incasinata senza che
ti ci metti anche tu.”
Gli ci vollero pochi secondi per capire ciò che stava succedendo. La fissò; era rossa in volto
per la collera, ma i suoi occhi avevano una luce di disperazione che non era riuscita a
nascondere. Credeva davvero che i suoi fratelli non ce l'avrebbero fatta? A Shikamaru
sembrava di sentire la preoccupazione della kunoichi, gli sembrava di poterla toccare, di
poterla provare sulla sua stessa pelle, tanto era forte. Cosa voleva dire per lei essere
rinchiusa sotto al deserto, senza sapere ciò che stava succedendo fuori? Cosa significava
temere per la vita dei propri cari?
Chiuse gli occhi.
A lui non era mai capitato di temere per la vita dei suoi famigliari. Suo padre era spesso in
missione, certo, ma per qualche strano motivo l'idea che morisse non gli era mai sembrata
particolarmente reale. Per Temari invece era diverso, proprio in quell'istante, mentre lui,
con gli occhi chiusi, ascoltava il suo respiro accelerato, stava pregando perché sia Gaara che
Kankuro si salvassero. Se Ino fosse stata lì, certamente gli avrebbe consigliato di dire
qualcosa che potesse tranquillizzarla, un parola gentile per assicurarle che i due ragazzi non
correvano nessun rischio. Eppure, gli sembrava stupido farle notare che i suoi fratelli erano
i due ninja migliori di Suna proprio quando uno dei due era in carcere e l'altro in fuga.
Avere un quoziente intellettivo superiore a duecento non gli serviva a nulla, in quel
momento.
Aprì gli occhi quel tanto che bastava per notare che la ragazza si stava asciugando
frettolosamente gli occhi con la manica del kimono.
Fece finta di non accorgersene, si alzò lentamente e le si avvicinò.
“L'Hokage aiuterà Kankuro, e si sistemerà tutto.” le assicurò posandole una mano sulla
spalla.
Lei lo fissò qualche istante, gelida. Dopo un po' lo sguardo le si addolcì, e gli occhi le si
riempirono di lacrime. Tuttavia non pianse, le ricacciò dentro, si fece forza ed annuì.
“Ma Gaara? Cosa può fare l'Hokage per Gaara?” A quella domanda Shikamaru non seppe
trovare risposta.
Sapeva benissimo che le probabilità di sopravvivenza del ragazzo erano bassissime. Per
qualche strano motivo era certo che la sabbia non sarebbe intervenuta, in caso di
un'impiccagione. Dopo l'estrazione di Shukaku, la sua difesa si era mostrata sempre più
inefficiente. Inoltre, gli shinobi di Konoha non avrebbero fatto in tempo a fare nulla.
Anche Temari sembrava averlo intuito. Shikamaru sapeva perfettamente che non era una
sciocca, probabilmente aveva già calcolato le probabilità che aveva suo fratello di
sopravvivere. Erano infinitesimali, a conti fatti.
Un violento capogiro costrinse il ragazzo a sedersi a terra. Lei gli si inginocchiò accanto,
preoccupata.
Non disse nulla, gli portò una mano alla fronte.
“Scotti, cry-baby.” constatò. “Dovresti riposare.” Ma il giovane non la stava ascoltando. Era
talmente diversa dalla Temari che aveva conosciuto agli esami di selezione dei chunnin,
dalla ragazza che lo aveva salvato da Tayuya... Non sorrideva più, aveva perso peso, era
pallida e stanca. Eppure aveva l'energia di sempre. Come ci riuscisse, per Shikamaru era un
mistero. Forse proprio la situazione critica le dava la forza di continuare, forse soltanto la
speranza che si sarebbe sistemato tutto le dava il coraggio di guardare avanti.
“Cry-baby? Mi stai ascoltando?” Shikamaru scosse il capo.
“Possiamo andarci noi a salvare Gaara.” propose, incerto.
“Noi?” ripeté Temari. “Ma tu non sei ancora in grado di combattere...”
“Non ha importanza” replicò il ragazzo. “Se agiremo con cautela non ci sarà bisogno di
combattere. Stammi a sentire un attimo, Mendekouze; io e te siamo perfettamente in grado
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di tenerci lontano dai guai, se tu non ti fai prendere dalla situazione.”
“Io farmi prendere dalla situazione?!” ripeté alterata la giovane. Shikamaru annuì,
mostrandosi molto più serio e risoluto di quanto Temari l’avrebbe mai potuto immaginare.
“Senti un po’, Mendekouze, io non voglio litigare con te; a quanto pare, ti devo la vita. Mi
hai curato, quindi mi devo sdebitare. Quello che sto cercando di dirti è che la situazione è
molto delicata, e quindi è abbastanza normale farsi prendere dalla situazione.” spiegò
pacatamente. Avrebbe voluto aggiungere che, però, essendo ninja, avrebbe dovuto
mostrarsi più fredda, ma non lo fece. Sapeva perfettamente che un simile intervento gli
sarebbe costato la vita.
La ragazza lo fissò per un po’, con l’aria di star meditando sulle sue parole. Alla fine sospirò,
sorrise lievemente e si sedette a gambe incrociate accanto a lui.
“D’accordo, cry-baby.” lo incitò. “Sentiamo un po’ il tuo piano.”
***
Kankuro si fermò qualche istante per riprendere fiato. Non era stata per nulla una buona
idea partire da solo.
Sentiva attorno a sé il fruscio sommesso delle foglie, e in ogni ombra gli sembrava di vedere
la Squadra Speciale di Suna che gli annunciava la morte dei suoi fratelli e la sua imminente
carcerazione.
A ripensarci, neppure offrire aiuto ai ninja di Konoha era stata una buona idea. Tutto era
nato a causa loro, in fondo.
Sapeva perfettamente che, dopotutto, ciò che avevano fatto era giusto e che in quel modo
avevano salvato delle vite, ma non gli importava.
Sentiva un nodo alla gola. Il sorriso compiaciuto del Kazekage gli era impresso nella mente,
gli appariva davanti, mentre le sue parole gli rimbombavano nella mente.
“Tuo fratello Gaara è stato arrestato”
Scosse il capo, riprendendo a correre. Non gli sarebbe successo nulla. Si sarebbe salvato.
Certo, ma come? Lui stava andando a Konoha, e non era detto che il Villaggio accettasse di
aiutarlo. Sapeva che, se avesse chiesto a Naruto, si sarebbe fiondato a Suna, ma quanto era
prudente?
“Sarà impiccato per tradimento tra sette giorni.”
Aveva bisogno di un aiuto più qualificato che un ragazzino esuberante e impulsivo come il
biondo. Doveva trovare qualcuno che riuscisse a riportare la faccenda su un piano
diplomatico, che riuscisse a trattare la liberazione di Gaara.
“Senza processo.”
Ma alla fine, a cosa sarebbe servito trattare? Avrebbe organizzato un colpo di Stato, se fosse
stato necessario. Avrebbe trovato ninja disposti ad aiutarlo, li avrebbe istruiti, avrebbe
ucciso il Kazekage e rovesciato il governo.
E l’avrebbe fatto in sette giorni.
Capitolo 2: Primo giorno
Shikamaru, seduto sui talloni, guardò Temari, che dormiva accanto a lui. Si agitava nel
sonno, mormorando parole senza senso. Non gli era mai capitato di pensare a lei come ad
una persona in grado di perdere il controllo, piangere e disperarsi. Eppure, era proprio
quello che era successo. La sera prima, quando aveva finito di illustrarle il suo piano, che la
ragazza aveva approvato incondizionatamente, era corsa in bagno. Aveva aperto l’acqua, e
dopo un po’ il ragazzo aveva sentito chiaramente dei singhiozzi soffocati.
Quando era tornata, la kunoichi aveva gli occhi lucidi di pianto, ma lui aveva deciso di
ignorarlo.
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Improvvisamente la giovane si rizzò a sedere, e si portò istintivamente una mano sul volto.
Lui distolse lo sguardo. Non aveva mai visto Temari perdere il controllo, si sentiva a disagio
ad osservarla.
Da uno spiraglio sul soffitto, dove si trovava la botola, entrava un fascio di luce chiara e
della sabbia sottile.
“E’ giorno, Mendekouze.” la informò quando lei si voltò a guardarlo.
“Lo so perfettamente.” replicò quella. “Ma avevi detto che ci saremmo mossi di notte, se
non sbaglio.”
“Sì, ma stavo pensando che sarebbe troppo rischioso.” La giovane aggrottò le sopracciglia.
“E cosa vuoi fare, allora?”
“Andare al villaggio. Tu sei la sorella del Kazekage e ti conoscono tutti, ma io non sono
nessuno; sono sicuro che passerò inosservato.” spiegò. “Loro si aspettano che ci muoviamo
di notte, perché tutti lo farebbero.”
“E’ rischioso.” obiettò la ragazza, accigliata.
“Anche penetrare nelle prigioni del Villaggio per liberare Gaara lo è. Però, se non sbaglio, è
tra i tuoi progetti, Mendekouze. E’ una seccatura enorme, preferirei rimanere a dormire,
ma ho un debito con te.” si alzò e si avvicinò alla botola.
“Sei ferito.” gli ricordò Temari. “Cerca di non esagerare, e soprattutto, cry-baby, non
metterti nei guai. Nessuno ti verrà a salvare.” e rimase ad osservarlo mentre, con una
smorfia contrariata, apriva la botola e usciva dal rifugio.
Shikamaru si guardò intorno. Era nel bel mezzo del deserto di Suna, come Temari gli aveva
spiegato, e, se ne rendeva conto solo in quel momento, non aveva idea di dove fosse il
Villaggio. Aguzzò la vista, cosa difficile sotto al sole accecante di quel Paese, ma non gli
sembrò di scorgere nulla di particolarmente rilevante.
Fu tentato di tornare nel rifugio e chiedere indicazioni a Temari, ma sicuramente la ragazza
lo avrebbe deriso e sbeffeggiato per l’eternità, una volta che quel disastro fosse passato.
D’altra parte, nonostante fossero passati quasi due anni, lo chiamava ancora ‘cry-baby’,
anche se, in effetti, il suo tono era molto diverso da quello che utilizzava tempo prima.
Si incamminò verso sud, pregando che fosse la direzione giusta. Quando si accorse che era
in vista delle porte del Villaggio, rallentò il passo.
Procedeva lentamente, riflettendo.
Non aveva mai avuto, in tutta la sua vita, un’idea tanto azzardata come quella che l’aveva
invaso la sera prima, e che l’aveva convinto ad esporre un piano decisamente folle a Temari,
che, dal canto suo, ancora sconvolta per le sorti dei due fratelli e incapace di mantenere il
pieno controllo di sé, aveva accettato.
Erano entrambi ninja dotati di grande logica e astuzia, che non guastava, ma rimaneva il
fatto che erano due contro tutte le forze armate del Paese, che, a giudicare dal nuovo
regime, non si facevano scrupoli ad uccidere e torturare chiunque, in cambio di una lauta
ricompensa dai propri superiori.
Come avrebbero fatto, inoltre, se fossero riusciti ad entrare nelle prigioni, a portare fuori
Gaara? Nella migliore delle ipotesi l’avrebbero trovato sfinito, forse affamato o ferito, ed era
troppo ovvio il fatto che sarebbero stati seguiti e che li avrebbero attaccati.
Dubitava che Kankuro sarebbe riuscito ad aiutarli. Forse Konoha poteva intervenire in
campo diplomatico, ma cosa sarebbe successo all’Hokage se le altre Potenze Ninja avessero
scoperto che aveva dato ordine di assassinare il Kazekage? A poco sarebbe servito spiegare
che si trattava di un ribelle, che sottometteva il popolo con il terrore e la violenza, che aveva
sperperato il denaro del Villaggio e che aveva deliberatamente corso il rischio di far
annientare tutto il Paese dichiarando guerra a quella che probabilmente era la maggiore
potenza militare. In molti Paesi era così.
Arrivò alle porte del Villaggio, e una guardia gli corse incontro.
“Straniero! Che fai qui? Cosa vuoi fare in questo Villaggio?” gli domandò. Shikamaru lo
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squadrò per un istante.
“Straniero?” esclamò, indignato. “Vivo qui da più tempo di te, e hai il coraggio di
chiamarmi straniero? Fammi passare, il Kazekage mi ha fatto chiamare e verrà a
ringraziare te se arriverò in ritardo.” A quelle parole, la guardia impallidì, e si fece da parte.
Il ragazzo di Konoha non osò immaginare le punizioni che erano riservate a quegli uomini.
S’incamminò nella parte ovest del Villaggio.
Si avvicinò all’edificio delle carceri. Era per metà sotterraneo; la parte che si vedeva era
rivestita interamente di metallo, che sicuramente rendeva l’interno troppo caldo per essere
sopportato. C’era un’unica apertura, una minuscola finestrella al livello del terreno.
La fissò per un po’. Se si fosse avvicinato, le guardie che controllavano l’edificio l’avrebbero
fermato ed interrogato, e avrebbero scoperto che non era un abitante di Suna. Tuttavia, se
non avesse controllato... Forse quello era l’unico modo per entrare. Forse quella era la
chiave per la salvezza di Gaara.
C’erano due guardie. Come poteva fare ad allontanarle entrambe? Si inginocchiò a terra,
mormorando “che seccatura”, e congiunse le mani, come era solito fare, per pensare
meglio.
Afferrò un kunai, e vi legò una carta bomba. Attento a non farsi vedere, in quella zona
sovraffollata del Villaggio, lo lanciò contro una parete rocciosa. Dopo qualche istante,
quella esplose. Le persona, per strada, iniziarono a gridare. Le guardie si allontanarono
correndo, gridando tra la polvere, cercando chi avesse causato un disastro simile.
Shikamaru non si lasciò scappare l’occasione. Si inginocchiò accanto a quella apertura, e
guardò all’interno delle prigioni.
Uomini, donne, bambini, tutti in un’unica stanza.
Erano sudati, sporchi, stremati; cadevano al suolo uno dopo l’altro, i bimbi piangevano,
qualcuno gridava. Si sforzò di cercare qualcosa che potesse aiutarlo. All’improvviso, una
figura lo fece sobbalzare. Un ragazzo con i capelli rossi e le vesti strappate, accasciato a
terra, stava immobile nella parte più lontana della grande stanza.
Cercò di sporgersi un po’ per distinguerlo meglio, ma era impossibile, con tutte quelle
persone accalcate una sull’altra.
Si allontanò dall’edificio quando realizzò che le guardie sarebbero tornate di lì a poco.
S’incamminò nuovamente verso il deserto, attento a non farsi seguire.
Avrebbe dovuto dire a Temari quello che aveva visto? Quel ragazzo poteva essere Gaara, ma
se invece fosse stato qualcun altro? Avrebbe avuto senso darle una falsa speranza? Ma se
invece non fosse stata una falsa speranza... Ma solo una ragione in più, una motivazione più
forte...
Incapace di trovare risposta ai suoi ragionamenti, arrivò davanti alla botola. Si guardò
attentamente intorno, cercò di tendere l’orecchio per avvistare eventuali inseguitori, ma gli
sembrava tutto tranquillo. Nell’oasi non c’era nessuno, ed era circondato dal deserto.
L’unico modo per seguirlo sarebbe stato quello di rendersi invisibili, ma era pressoché certo
che non esistesse una tecnica simile.
Aprì lentamente la botola e si calò all’interno.
“Allora, cry-baby?” fece la voce di Temari da sotto alle coperte. “Scoperto qualcosa di
interessante?”
Shikamaru rimase zitto per un po’, pensieroso. Non sapeva cosa fare.
La ragazza lo guardò. Le sembrava di sentire la mente del giovane lavorare freneticamente.
Cosa cercava di tenerle nascosto?
“Ho visto all’interno delle carceri.” spiegò alla fine. “Ho visto un ragazzo che avrebbe potuto
assomigliare a Gaara.”
Lei scattò in piedi e gli si avvicinò, scrutandolo, indagatrice.
“Era lui?” domandò in un sussurro. “Credi che fosse lui?”
Shikamaru annuì.
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“Credo di sì.”
“Come stava?”
“...”
“Cry-baby...” il tono di lei si fece più minaccioso.
“Male. Sembrava privo di sensi.”
Rimasero in silenzio. Shikamaru osservò la ragazza, ma non aveva idea dello scompiglio che
le aveva creato nel cuore.
Lei si voltò, dandogli le spalle.
“Era ferito?” la voce le uscì più tremolante di quanto avrebbe voluto, ma non era sicura che
gliene importasse.
“Non lo so.”
Batté con violenza il pugno contro la parete di legno. Si sentiva arrabbiata, delusa,
spaventata, preoccupata.
Se Kankuro non fosse riuscito a farsi aiutare? Se l’Hokage avesse rifiutato una missione così
pericolosa, una missione che avrebbe potuto uccidere molti dei suoi ninja? Se anche lui
fosse rimasto vittima della violenza del nuovo Kazekage? Forse l’avevano già catturato... E
lei era lì, a fare nulla, a stare nascosta. A rimanere protetta.
Era davvero ciò che le avevano insegnato? Una grande kunoichi, c’era chi la riteneva la
migliore del villaggio, eppure in quel momento era rinchiusa sotto al deserto in attesa di
farsi salvare. Come le principesse di quelle storie sciocche che, da bambina, non le erano
piaciute.
Anche poche ore prima, aveva lasciato che fosse Shikamaru ad avventurarsi al villaggio, che
fosse lui a rischiare di farsi uccidere.
Non era quello in cui credeva.
“Voglio andare al villaggio. Voglio andare subito da Gaara.” disse, ostinandosi a non
guardare il ninja di Konoha.
Avrebbe voluto Kankuro accanto a lei. Si sentiva stranamente a disagio insieme a quel
ragazzo perennemente svogliato che, però, le aveva proposto di andare a salvare suo
fratello, e che aveva spontaneamente creato un piano d’azione.
“Non possiamo andarci adesso.” replicò Shikamaru. “E’ giorno, e, come ti ho già spiegato, ti
noterebbero. Ci muoveremo di notte.”
La ragazza annuì, e si andò a sedere in un angolo. Cinse le ginocchia con le braccia e vi
affondò il volto, immobile.
Shikamaru la fissò per un po’, indeciso sul da farsi.
Era quasi certo che stesse piangendo, ma era altrettanto sicuro che una sola parola fuori
posto gli sarebbe costata la vita.
Cercò di concentrarsi. Cosa avrebbe fatto un altro al suo posto? Se non avesse avuto davanti
una ragazza terribilmente orgogliosa e violenta, l’avrebbe consolata. Ignorò il fatto che
Temari rispondesse perfettamente a quella descrizione, e fece un passo in avanti.
Alla fine, le si avvicinò cautamente e le si sedette accanto. Non era sicuro che lei
gliel’avrebbe permesso, ma provò lo stesso a posarle una mano sulla spalla. Considerò un
buon segno il fatto che lei non si fosse ritratta.
“Andrà tutto bene...” le sussurrò dolcemente, accarezzandole la schiena, scossa da
singhiozzi. Lei non rispose, così il ragazzo decise di continuare.
“Sono sicuro che Kankuro stia benissimo. Tra due giorni sarà a Konoha, lì troverà qualcuno
che lo aiuterà...”
Temari tirò su col naso, ma non si mosse.
“Per quanto riguarda Gaara... lui è forte. Lo salveremo, lo tireremo fuori di lì.” non trovò
null’altro da dirle. Fare promesse che, lo sapevano entrambi, non potevano essere
mantenute, non era saggio né tanto meno consolatorio. Si guardò intorno, cercando
un’ispirazione che lo potesse aiutare, inutilmente. Avrebbe voluto poter fare di più.
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Non si sarebbe mai immaginato di trovarsi in una situazione simile.
Di solito, nella loro squadra, era Ino quella che piangeva. Il più delle volte per rabbia o
frustrazione, ma generalmente era Choji a consolarla. Glielo diceva sempre, il suo amico,
che non sapeva come comportarsi con le ragazze, soprattutto quelle in lacrime.
E solo in quel momento si accorgeva di quanto fosse vero.
Aveva avuto occasione di incontrare Temari solo poche volte, e gli aveva sempre dato
l’impressione di una ragazza forte e del tutto estranea al pianto e alla disperazione.
Era stato molto stupido pensarlo. Avrebbe dovuto immaginarlo. Quando Gaara, durante
l’esame di selezione dei chunnin, gli aveva raccontato la propria vita, non si era
preoccupato di pensare a ciò che volesse significare vivere accanto a lui. Forse, tra Gaara e i
suoi fratelli, erano loro quelli che avevano sofferto di più. D’altro canto, stavano a contatto
con un bambino psicolabile, con una potenza al di là della concezione umana, che provava
piacere nell’uccidere le persone. Erano cresciuti nel terrore di essere i prossimi? Era per
quello che si erano allontanati da lui, che avevano deciso di abbandonarlo?
Mentre era immerso nei suoi pensieri, si accorse che Temari gli si era poggiata addosso, ed
ora piangeva con il volto premuto contro la sua maglia. Gli sembrava di sentire la sua
sofferenza, e avvertì una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco.
Le cinse le spalle con un braccio, e la strinse a sé. Con l’altra mano le carezzò i capelli ricci e
spettinati, lasciando che si sfogasse, che ritrovasse da sola l’autocontrollo.
Gli sembrava che fossero passate ore quando Temari si scostò da lui. Aveva gli occhi rossi e
gonfi, era pallida, tremava.
“Credo che sia quasi il tramonto, Mendekouze.” la informò quando realizzò che era
abbastanza tranquilla per poter intavolare una conversazione sensata.
Lei annuì, incapace di parlare.
“Andiamo, su, dobbiamo fare il girò più lungo se vogliamo passare inosservati.” si diresse
verso la botola, e lei lo seguì.
Uscirono dal rifugio, il volto colpito dall’aria fredda del deserto. Il sole stava tramontando
ad ovest, e le lunghe ombre delle rocce che proteggevano Suna si stagliavano sulla sabbia
rossastra.
Arrivarono fino ad una di queste, lontani dalle porte del Villaggio. Si arrampicarono in
silenzio fino in cima, attenti a non farsi vedere né sentire dalle centinaia di guardie che
sorvegliavano l’ingresso.
Quando sentirono una di loro che si avvicinava, si nascosero insieme in una stretta
insenatura nella parete rocciosa. Immobili, vicini, potevano sentire l’uno il respiro
dell’altro, e a Shikamaru parve di avvertire anche il cuore della ragazza, che batteva
furiosamente.
Quando la guardia se ne fu andata, camminarono lentamente fino alla porta del Villaggio.
Distrassero le sentinelle con una carta bomba, e riuscirono ad arrivare senza intoppi fino
alle carceri.
Shikamaru le indicò la finestrella da cui aveva visto il ragazzo che sembrava Gaara.
Temari si avvicinò cautamente, e guardò dentro. Un forte odore nauseabondo le arrivò
prepotente alle narici, facendole salire alla gola un conato di vomito. Ignorò la nausea e
continuò a cercare il proprio fratello.
Alla fine, lo vide.
Sdraiato nella parte più lontana della stanza, circondato da alcune donne che si stavano
prendendo cura di lui, fissava il soffitto immobile. C’era una macchia di sangue che si
allargava intorno a lui, gli abiti erano inzuppati del liquido scarlatto.
La ragazza chiuse gli occhi. Non era possibile.
Gaara, il neonato con gli occhi azzurri; l’esperimento mal riuscito del quarto Kazekage; il
bambino che doveva essere ucciso; l’arma segreta di Suna; il ninja più forte del Villaggio; il
quinto Kazekage; suo fratello minore, ridotto ad un ragazzino sanguinante, pallido come
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cenere, immobile a terra.
Avrebbe voluto correre da lui, abbracciarlo, medicare le sue ferite, invece era costretta ad
osservarlo da una finestrella larga poco più di dieci centimetri, che probabilmente era stata
creata da qualche prigioniero e che le guardie non avevano ritenuto abbastanza rischiosa
perché meritasse di essere chiusa.
Si allontanò dalla finestra, e guardò Shikamaru.
“Come possiamo fare?” sussurrò.
“Ci verrà in mente qualcosa.” replicò il ragazzo. “Dovremmo procurarci una pianta della
prigione, però.”
“E anche cercare di capire quando sono i momenti migliori per tentare di entrare. Perché
suppongo che tu non voglia tendere un’imboscata, vero?” aggiunse lei, inarcando un
sopracciglio. Le avevano sempre insegnato ad attaccare, sempre e comunque, per ottenere
qualcosa. Era stata semplicemente la sua indole a condurla sulla via del ragionamento e
della strategia, che a volte, però, non le pareva più così efficace.
“Infatti. Sarebbe un suicidio. Le guardie sono molto più forti di noi, e sono certo che non si
farebbero problemi ad ammazzarci.”
“Sono entrata nelle prigioni una volta soltanto.” rifletté la ragazza. “Le celle si trovano in
fondo a dei corridoi stretti, bui e bassi.”
“Un pessimo posto, dunque.”
“Già. All’ingresso di ogni corridoio ricordo che c’erano delle guardie.”
“Non ricordi altro?”
“La prigione è costruita su cinque piani, di cui tre sotterranei, uno semi-sotterraneo e uno
sotto al tetto.” recitò lei. “L’ho studiato a scuola” spiegò, davanti allo sguardo interrogativo
di Shikamaru. “Però non so dove sia l’entrata.” aggiunse.
“Ci lavoreremo. Adesso cerchiamo di capire quali sono i punti deboli di questo posto.”
Iniziarono a osservare attentamente l’edificio. Shikamaru misurò lo spessore delle pareti,
Temari cercò dei punti meno controllati, ma senza successo.
L’unico accesso a quell’edificio sembrava essere proprio quella minuscola finestrella.
“Se facessimo saltare la parete, però, probabilmente crollerebbe tutto.” constatò il ragazzo,
sovrappensiero. “E non possiamo mica farci arrestare per andare dentro, no... Che
seccatura.” concluse, sedendosi a terra.
“Cry-baby...” la voce di Temari non gli era mai sembrata così minacciosa. “Se ripeti ancora
una volta ‘che seccatura’, io ti giuro che non rispondo più di me.” Si accoccolò accanto a lui,
e lo guardò.
Il giovane non rispose. Improvvisamente, l’unico pensiero che il suo cervello sembrava
essere in grado di formulare riguardava gli occhi verdi di Temari, e sicuramente spiegarle
che gli piaceva molto il modo in cui la luce fioca della una si rifletteva nelle sue iridi,
facendo brillare quel colore così intenso, sarebbe stato senza dubbio il modo più semplice,
veloce ed efficace per perdere all’istante la facoltà di respirare.
Alla fine, però, rifletté che in fondo non era necessario metterla al corrente dei suoi
pensieri, e che quindi poteva tranquillamente continuare a fantasticare.
La osservò mentre si alzava, e nuovamente guardava in quella finestra.
L’unico modo per avvicinarsi a suo fratello. Per lei era l’unica cosa che la spingeva a
continuare con quel piano folle, ma per lui? Che cosa aveva convinto Shikamaru a
impiegare le sue energie per aiutarla? Sospirò, ben consapevole della risposta.
Il ricordo delle vecchia Temari, con quella scintilla maliziosa che le illuminava gli occhi
quando lo chiamava ‘cry-baby’; i suoi capelli ricci, stretti in quei quattro codini troppo
ridicoli per non risultare semplicemente perfetti, su di lei; il profumo della sua pelle, che
sapeva di sabbia; il suo carattere forte e deciso, che l’aveva aiutata a tenere insieme quella
famiglia caduta a pezzi, che l’aveva portata a sopravvivere alla solitudine, alla tristezza, alla
paura, ma che in quel momento non la stava aiutando.
256
Sembrava che stesse lentamente cadendo a pezzi, che stesse lasciando crollare quella
maschera che si era costruita in quegli anni. Per quanto avrebbe potuto sopportarlo?
Quanto avrebbe resistito, prima di impazzire, di dover sfogare tutti i sentimenti repressi da
anni; la voglia di piangere, di gridare, di essere consolata anche lei, per una volta? E lui,
Shikamaru, sarebbe stato in grado di rincuorarla, se ce ne fosse stato bisogno? Si era già
dimostrato incapace una volta...
Alla fine, giunse alla conclusione che l’unico modo per aiutarla fosse liberare Gaara.
Improvvisamente tutto gli sembrò incredibilmente assurdo.
Dovevano agire la notte, e il tempo non sarebbe mai bastato per elaborare un piano
decente.
Si alzò.
Il sole sorgeva all’orizzonte. Rimanevano soltanto sei giorni.
***
Gaara si lasciò cadere in ginocchio, stremato. Si piegò su sé stesso per il dolore.
Un ennesimo pugno lo colpì alla testa, mandandolo a sbattere contro il pavimento freddo
con il volto. Una delle guardie lo prese per le braccia e lo costrinse a mettersi nuovamente
in piedi.
Il ragazzo barcollò, e puntò gli occhi chiari su quelli neri della guardia, che lo afferrò per i
capelli per tenerlo fermo e lo colpì all’addome con un ginocchio.
La sabbia aveva smesso ormai da un po’ di proteggerlo, e se ne stava immobile a terra, rossa
di sangue. Da quanto tempo era lì? Non ne aveva idea; non riusciva neppure a capire se
fosse giorno o notte.
Un ennesimo colpo al torace lo fece annaspare. Cadde a terra, in ginocchio, mentre una
guardia gli si avvicinava e con un calcio lo costringeva a guardarlo.
“Ne hai abbastanza?” gli domandò. Gaara non rispose.
Sì, ne aveva abbastanza. Voleva andarsene da lì, voleva rivedere i suoi fratelli. Nonostante
fosse difficile ammetterlo, gli mancavano immensamente. Desiderava sentire ancora la voce
rassicurante di Temari, che prima gli parlava dolcemente e poi lo sgridava perché doveva
finire tutto ciò che aveva nel piatto; voleva ancora sentire Kankuro frignare perché aveva
rifiutato di mandarlo in missione a Konoha, dove doveva incontrare una persona misteriosa
di cui né lui né Temari erano ancora riusciti a scoprire l’identità, o ricordargli che certo,
aveva avuto paura di lui in passato, ma che ora aveva capito di volergli bene; voleva ancora
sentirlo dire che dovevano recuperare il tempo perduto, mentre lavavano insieme i
pavimenti in seguito ad una delle numerose punizioni della sorella.
Avrebbe fatto qualunque cosa per sentirli ancora quando lo chiamavano “fratellino” solo
per farlo innervosire... Se fosse uscito vivo di lì, decise che non si sarebbe mai più
arrabbiato per una sciocchezza simile. Che lo chiamassero come preferivano, purché
fossero insieme a lui.
Perché in quel momento era solo, di nuovo, con il peso di una condanna a morte sulla testa.
Non gli importava più di tanto, per qualche strano motivo non aveva preso in
considerazione la possibilità di essere ucciso.
Non si era ancora del tutto rassegnato all’idea che la sabbia non riusciva più a proteggerlo
come un tempo, nonostante fosse ancora un valido aiuto, per lui. Il chakra a disposizione
influiva sempre di più sul controllo di quell’elemento che per tanti anni era stato scudo e
arma, vita e morte.
“Dove sono i tuoi fratelli?” il pugno arrivò veloce e preciso. Sentì un dolore acuto, e il
sangue che dal naso gli colava sul volto e sui vestiti.
“Da me non saprai niente.” replicò, fissando il suo aguzzino, che emise un suono basso
simile ad un ringhio. Chissà quanto doveva essere frustrante, per lui, sentirsi ripetere la
stessa frase da ore, ad ogni colpo, ad ogni minaccia.
“Dove si sono nascosti?”
257
“Da me non saprai niente.” Un altro colpo, allo stomaco.
“Va bene, fai a meno di dirmelo. Ma sappi una cosa: quando li troveremo... e accadrà
presto, vedrai... li ammazzerò personalmente davanti a te. Anzi, tua sorella è una bella
ragazza, magari...”
“Stai zitto.” lo interruppe Gaara, preso da una collera improvvisa. “Stai zitto.” ripeté,
facendosi forza e raddrizzandosi.
Fissò il soldato negli occhi, e per un momento a quell’uomo parve di vedere la stessa
scintilla di cattiveria che aveva imparato a riconoscere tanti anni prima in un Gaara ancora
bambino, quando ancora era agli ordini del Quarto Kazekage.
Indietreggiò quando la sabbia, a terra, si sollevò, e con un guizzo si scagliò contro di lui,
mentre il ragazzo sembrava aver ripreso un po’ della sua energia.
Fu colpito solo poche volte, prima che il giovane si accasciasse a terra, privo di sensi.
Lo afferrò e lo trascinò fino alla cella dove lo tenevano insieme agli altri prigionieri. Lo gettò
all’interno, con le gambe che ancora gli tremavano per la paura. Aveva davvero temuto che
il ragazzo perdesse il controllo.
Si allontanò, portandosi una mano sulla guancia, dove il sangue rosso colava da un
profondo taglio.
Gaara aprì gli occhi. Era a terra, vicino alla porta della cella.
Cercò di respirare profondamente. Il caldo era insopportabile, e quando si portò una mano
sulla fronte la scoprì madida di sudore. Gli abiti intrisi di sangue gli si erano appiccicati
addosso, gli mancava l’aria, aveva sete.
Si passò la lingua sulle labbra screpolate, guardando fuori da quella piccola finestrella che
costituiva l’unico contatto con il mondo esterno. Certo, i piedi dei passanti non erano
particolarmente interessanti né utili, ma quel pezzetto di cielo che riusciva ad intravedere
gli diceva, almeno, se fosse giorno o notte.
In quel momento riusciva a scorgere persino la luna...
Gli sembrava di sentire, in lontananza, la voce della sorella che diceva qualcosa riguardo
alla missione, chiamare “cry-baby”...
Chiuse gli occhi, aspettando che la fatica e il sonno prendessero il sopravvento su di lui.
Le parole di Baki gli risuonarono nella mente ancora una volta, come era successo per tutto
il tempo in cui era stato sotto tortura.
“Temari mi ha chiesto di dirti che ti tirerà fuori di qui.”
Era seguito un attimo di silenzio.
“E che ti vuole bene.”
Solo un sospiro, e tutto divenne nero.
Capitolo 3: Secondo giorno
Temari fissò con evidente disapprovazione Shikamaru, che dormiva beatamente in un
angolo della stanza.
Da quando erano tornati al rifugio, lei non era riuscita a chiudere occhio. Il ricordo del
volto pallido di Gaara le tornava in mente ogni volta che cercava di addormentarsi,
causandole una forte fitta allo stomaco, così, alla fine, aveva deciso di rinunciare.
Ma ascoltare il respiro un po’ pesante del ninja di Konoha le dava fastidio. Avrebbe voluto
svegliarlo, e gridargli che non c’era motivo di essere così tranquilli, ma sapeva che sarebbe
stato stupido e alquanto infantile.
Non erano suoi i fratelli che rischiavano la pelle. Cosa poteva importargli se uno dei due era
lontano chilometri, ed un altro era stato torturato?
Si alzò, ed iniziò e camminare avanti e indietro per la stanza. Non poteva certo fargliene
una colpa, dopotutto lui si stava già impegnando molto per aiutarla...
“Stai un po’ ferma, Mendekouze, mi fai venire il mal di testa...” la voce svogliata del giovane
258
le giunse come uno schiaffo. Si voltò velocemente verso di lui, che si era tirato a sedere e la
fissava stancamente.
“Cerca di startene tranquilla, e prova a dormire, invece che agitarti tanto.” la rimproverò
con un sorriso appena accennato.
Sapeva perfettamente che non era stata in grado di chiudere occhio per tutto il tempo, e che
era rimasta a rimuginare sulla sorte dei suoi fratelli, sentendosi in colpa per ciò che stava
accadendo.
Si alzò e le si avvicinò. Le posò una mano sulla spalla, e lei chinò lo sguardo.
“Dai, Mendekouze. Sforzati di dormire almeno un po’. Io adesso vado al villaggio, cerco di
capire dove sia l’entrata di quel carcere. Mi è venuta un’idea. Tu nel frattempo riposa. Pensa
che Kankuro è forte come un toro, e Gaara, anche se forse non sta proprio bene, è vivo.” Le
portò due dita sotto il mento e le sollevò dolcemente il capo, in modo da poter incrociare il
suo sguardo. Gli occhi le brillavano, lucidi di lacrime che, Shikamaru lo sapeva benissimo,
non avrebbe mai versato.
Le spostò una ciocca di capelli ricci da davanti al volto, e le indicò il futon.
“Forza.” la incoraggiò. “Se non dormi, voglio proprio vedere come farai ad aiutarmi.
Dobbiamo salvare Gaara, ricordi?” lei annuì, cercando di sorridere. Non ci riuscì, ma
acconsentì comunque a sdraiarsi, senza dire una parola.
Aveva un nodo alla gola che le impediva di parlare, a meno di non far risultare la sua voce
estremamente fioca e tremula, così rimase zitta quando il ragazzo aprì la botola e sparì nella
luce accecante del deserto.
Shikamaru si diresse a passo spedito verso il Villaggio, con una nuova determinazione in
corpo. No, quella Temari non gli piaceva neppure un po’. Era deciso più che mai, e, per una
volta, decise che alla fine, forse, era una gran seccatura, ma che se serviva a riavere indietro
quella ragazza prepotente e orgogliosa che aveva incontrato agli esami di selezione dei
chunin, ne valeva la pena.
Aveva smesso già da un pezzo di cercare di convincersi di non provare nulla per la kunoichi.
Mentre la osservava, fingendo di dormire, si era accorto che stare insieme a lei gli
provocava una strana sensazione di sfarfallio nello stomaco. Si sentiva bene accanto a lei,
felice. E con un cervello come il suo, non poteva non capire cosa fosse accaduto.
Temari aveva semplicemente preso il sopravvento nella sua mente, ed era diventata la
destinataria di tutte le sue attenzioni.
Si concesse di fantasticare sulla ragazza fino all’entrata del Villaggio, quando una guardia lo
fermò, esattamente come il giorno prima. Lo fissò per qualche istante.
“Chi sei e che vieni a fare a Suna?”
“Devo vedere il Kazekage.” rispose il giovane, impassibile. “E sono già in ritardo.” aggiunse
con tono eloquente. La guardia si fece da parte senza fiatare. Non sembrava del tutto
convinto, ma non indagò oltre. Shikamaru rifletté che, probabilmente, nel dubbio, era
meglio scegliere la soluzione che l’avesse tenuto ben lontano dal nuovo Kazekage e dalle sue
punizioni.
Una volta entrato al Villaggio, si fermò a respirare l’aria che profumava di sabbia.
Quanto era cambiato da quando Gaara era stato deposto... Per un po’, prima di quella
guerra, aveva dovuto fare la spola tra Suna e Konoha per organizzare gli esami di selezione
dei chunin.
Allora Suna era un luogo pacifico, con i bambini che giocavano in strada, i venditori
ambulanti che lo fermavano per offrirgli le loro mercanzie e un forte profumo dolce
nell’aria.
Ora, invece, nelle strade deserte si avvertiva soltanto l’odore metallico del sangue, che
contribuiva a rendere estremamente temibile quel nuovo governatore che nessuno aveva
mai visto.
Era stato un colpo di Stato piuttosto abile, che non aveva scatenato rivolte del popolo e che
259
era passato praticamente inosservato. Tuttavia, Shikamaru era convinto che nessuno, al
Villaggio, non avesse notato che pochi giorni prima delle deposizione di Gaara, molti dei
consiglieri erano scomparsi nel nulla, e che erano stati proprio i nuovi arrivati a proporre il
suo allontanamento dalla carica di Kazekage.
Ed ora, quel ninja che aveva terrorizzato tutti, solo pochi anni prima, all’esame di selezione
dei chunin, non poteva più far paura a nessuno.
Era un prigioniero come tanti, che attendeva pazientemente il momento della sua
esecuzione sopportando torture, sete e fame.
Si fermò quando giunse davanti alla casa dei tre fratelli della Sabbia.
Era evidente che il Kazekage l’aveva fatta perquisire; tutto era sottosopra, e la porta giaceva
abbandonata in angolo della strada.
Diede le spalle all’abitazione e vide, in lontananza, ciò che stava cercando.
Lungo il perimetro del Villaggio, nelle rocce che fungevano da confine, aveva notato, mesi
prima, una piccola porta scura. Si mimetizzava quasi perfettamente con l’ambiente, ma ad
un occhio attento come quello del ragazzo
non era sfuggita.
In linea d’aria era perfettamente allineata
con il carcere, e la sera prima gli era venuto
il sospetto che fosse proprio quello l’accesso
dell’edificio.
Dopotutto, era una delle strade meno
affollate di Suna, e non sarebbe stato
difficile trascinarvi un prigioniero senza
farsi notare.
Forse era proprio per aumentare la
sensazione che fosse solo una porta messa lì
a caso, ma non c’era nessuna guardia
all’esterno, cosa di cui Shikamaru fu
estremamente grato. Certo era una
seccatura in meno, ma il problema era che
non aveva idea di quello che avrebbe trovato
all’interno.
Nella migliore delle ipotesi, sentinelle e
carcerieri. Nella peggiore, avrebbero dovuto
affrontare una delle Squadre Speciali del
Villaggio.
Rimase fermo lì davanti a lungo, indeciso
sul da farsi. Per scoprire se la sua ipotesi era
vera,
l’unico modo era entrare. Ma quanto
Disegnato da MahoUchiha
sarebbe stato prudente? Non era stato lui
stesso, dopotutto, ad affermare che non sarebbero mai dovuti arrivare ad uno scontro? Si
sentiva estremamente combattuto. Una parte di lui era ancora recalcitrante all’idea di
aiutare Temari e sfidare apertamente il nuovo Kazekage, e tutto ciò implicava che ritenesse
anche decisamente fuori luogo penetrare in quella che era a tutti gli effetti una fortezza, da
solo, con soltanto tre tecniche a sua disposizione e il fisico ancora molto provato
dall’esplosione che l’aveva ferito e dalla febbre, che non era certo gli fosse passata del tutto.
Eppure, era perfettamente consapevole che trascinare anche Temari lì dentro sarebbe
equivalso a consegnarla alla giustizia; c’erano tantissime possibilità che venisse catturata, e
cosa le avrebbero fatto, una volta scoperto che aveva abbandonato abusivamente il
Villaggio ed aveva tramato alle spalle del Kazekage con la complicità di un nemico?
Si sedette e congiunse le mani nel suo gesto abituale.
260
Cercò di concentrarsi il più possibile, ma, con suo grande disappunto, scoprì che era
un’operazione che gli riusciva impossibile. Le immagini che si susseguivano nella sua
mente certo non lo stavano aiutando a prendere una decisione razionale e ponderata.
Temari accoccolata in un angolo che piangeva; Temari che radeva al suolo un’intera foresta
con un colpo solo, Temari che scendeva nell’arena sul suo grande ventaglio.
Temari, che seccatura. Gli impediva persino di pensare.
In quel momento, l’unico istinto che aveva era di tornare al rifugio e guardarla mentre
dormiva -aveva scoperto che era estremamente dolce quando era addormentata, e bella
oltre ogni sua immaginazione-, oppure abbracciarla e lasciarsi cullare dal suo profumo.
Ma, si disse, facendo tutto questo, l’unica cosa che avrebbe ottenuto sarebbe stato un
biglietto di sola andata per il cimitero.
Piuttosto, doveva tornare a concentrarsi sulle sue possibilità riguardo al carcere.
Cercò di rallentare il ritmo dei suoi pensieri. Quando si accorse che non serviva a nulla,
respirò a fondo e si avvicinò alla porta lentamente, controllando che nessuno lo stesse
osservando.
Abbassò lentamente la maniglia con il cuore in gola e un forte senso di nausea, lo stomaco
contratto in una morsa di terribile terrore.
Se si fosse fatto ammazzare, come avrebbe fatto Temari ad aiutare i suoi fratelli? Non
sapeva quando sarebbe riuscito a tornare Kankuro, e i tempo che avevano per salvare Gaara
era davvero poco. Lei, da sola, non sarebbe mai riuscita a sopraffare le proprie emozioni per
ragionare a mente lucida, non sarebbe riuscita ad ideare un piano sicuro. Si sarebbe fatta
catturare...
La porta si aprì con un cigolio che lo fece sobbalzare. Se ci fossero state delle guardie,
l'avrebbero sicuramente sentito. Mosse un passo incerto all'interno di quello che sembrava
un corridoio buio e stretto. La porta si chiuse alle sue spalle, e lui fu inghiottito
dall'oscurità.
Dovette aspettare diversi minuti prima che i suoi occhi riuscissero a distinguere la luce
tenue di una fiaccola. Cercando di fare meno rumore possibile, avanzò cautamente, stando
all'erta.
Sentiva, in lontananza, le voci di alcuni uomini che discutevano e ridevano. Tese le
orecchie, distinguendo due voci, più un gemito sommesso di sofferenza.
Camminò fino a che non scorse la fine del corridoio. Rimase abbastanza lontano dai due
uomini, sperando che non si voltassero e non si accorgessero della sua presenza; non c'era
nessuno spazio dove nascondersi e l'unica via di salvezza era quel corridoio che si era
lasciato alle spalle.
Aguzzò la vista. Dietro ai due uomini c'era una porta di metallo. Il gemito che sentiva,
probabilmente, veniva da lì. Mosse un altro passo per cercare di capire cosa stessero
dicendo le due guardie, e si fermò quando si accorse di riuscire a cogliere le loro parole.
“Non dice dove sono.” stava raccontando la prima guardia, e l'altra annuì.
“Sì, lo so. Non cede. Continuano a torturarlo, e non gli danno da mangiare né da bere, ma
continua a tacere.”
“Non mi stupisce affatto. Dopotutto, lo abbiamo sempre saputo che era un osso duro.”
“Già, ma se non scopriamo dove sono gli altri due ragazzini, il Kazekage ci fa impiccare.
Non c'erano a casa.”
“Se tu fossi stato al loro posto non ti saresti fatto trovare. E poi sono i tre ninja migliori del
Villaggio. Secondo me ci porterà soltanto un sacco di guai, questo arresto. Se Gaara perde il
controllo, siamo finiti.” concluse la prima guardia con un sospiro.
“E se cercassero di tirarlo fuori?” ipotizzò dopo qualche istante di silenzio l'altro.
“Non credo. L'unico accesso è questo qui ed è troppo ben nascosto. Se proveranno ad
entrare, li uccideremo.”
Shikamaru trattenne il fiato. Esattamente come aveva previsto, quello era l'ingresso della
261
prigione.
Ritenne di aver visto abbastanza.
Iniziò ad indietreggiare cautamente, sperando che il suo respiro non fosse udibile per quelle
guardie, così impegnate nella loro conversazione da non essersi accorte della sua presenza.
Tuttavia, sapeva benissimo che non poteva essere fortunato per sempre.
Quando fu abbastanza lontano da loro da rendersi conto che non l'avrebbero più potuto
sentire, cominciò a correre. Raggiunse la porta e l'aprì di scatto, convinto che non ci
sarebbe stato nessuno fuori ad aspettarlo.
“Ciao, ninja della Foglia.” fece una voce beffarda davanti a sé. Guardò l'uomo che aveva
parlato. Era la guardia che il giorno prima l'aveva fatto entrare al villaggio, davanti a lui con
una katana.
“Credevi davvero che non mi fossi accorto che sei uno straniero? Ti ho visto, qualche giorno
fa, insieme ai ninja di Konoha.” spiegò sorridendo. “Ora ti catturerò e ti porterò dal
Kazekage, e lui mi premierà per aver preso un nemico tutto da solo...”
A quelle parole, Shikamaru si riscosse. Tutto da solo? Significava forse che non aveva
avvertito nessuno? Se fosse stato realmente così, quello che aveva davanti era uno degli
shinobi più stupidi che avesse mai incontrato.
Era davvero convinto che sarebbe riuscito a catturarlo da solo? In fin dei conti, se era stato
mandato in guerra lontano da Konoha, era proprio perché non era uno dei ninja più
sprovveduti che si trovavano al Villaggio.
Sospirò.
Per liberarsi di lui, avrebbe dovuto ucciderlo. E in quel deserto, con il sole alto nel cielo,
non sarebbe stato difficile farlo.
Shikamaru agì talmente in fretta che l'altro quasi non se ne accorse. Lo catturò, legando la
propria ombra a quella dell'uomo, che lo fissò terrorizzato, conscio di aver fatto un passo
falso e di essersi lasciato abbindolare come un bambino.
“Hai detto a qualcuno della mia presenza?” chiese svogliatamente il ragazzo. “Perché, se
l'hai fatto, sarebbe davvero una grande seccatura.”
“N-no.” balbettò la guardia.
“Perfetto, allora. Ti ammazzo subito. Non ti preoccupare, non sentirai nulla.” aggiunse,
fissandolo. La vicinanza con il suo nemico gli permise di ucciderlo molto velocemente. Lo
guardò mentre si afflosciava a terra, poi lo scavalcò ed iniziò a correre verso il rifugio.
Ormai era pomeriggio inoltrato; aveva dormito fino all'ora di pranzo ed era rimasto in quel
lunghissimo corridoio per quasi due ore.
Uscì dal Villaggio senza farsi vedere, aiutato da una bomba che era stata fatta esplodere
nella parte nord del Villaggio. Guardando la Squadra Speciale che correva in quella
direzione, pensò con rammarico che in quella zone si trovavano anche i ninja di Konoha.
Improvvisamente tutto gli sembrò stupido.
Perché non si erano fatti aiutare da loro? In quel gruppo si trovavano anche Neji e Kiba, e
loro non avrebbero mai rifiutato di aiutare Gaara. Sarebbero stati molto più utili di lui.
Eppure, in qualche modo, sentiva che chiedere a loro sarebbe stata la scelta sbagliata.
Quando entrò nel rifugio, si avvicinò a Temari, in silenzio. La ragazza era sdraiata sul futon
e teneva gli occhi chiusi, ma era evidente che non stava dormendo.
“Mendekouze...” la chiamò dolcemente, posandole una mano sulla spalla. Lei si voltò e lo
guardò. Aveva gli occhi lucidi e rossi di pianto, come sempre quando in quei giorni la
lasciava sola.
Quella vista lo fece star male. Era davvero così incapace da non riuscire a consolare una
ragazza disperata?
“Ho trovato l'ingresso.” disse. A quelle parole, lei scattò a sedere.
“Dov'è?” domandò.
“Proprio di fronte a casa tua.”
262
“La porta nella roccia...” mormorò Temari, e Shikamaru annuì.
“Sono entrato.”
“Folle!” Lui la ignorò e proseguì.
“C'è un corridoio molto lungo, stretto e basso, proprio come avevi detto. L'ingresso è
costituito da una porta di metallo, davanti a cui ci sono due guardie. Le ho sentite parlare,
si aspettano che qualcuno cerchi di tirare fuori Gaara e sono pronte ad ammazzare
chiunque ci provi.” Seguirono dei lunghi minuti di silenzio, durante i quali la ragazza spostò
lo sguardo su un orsacchiotto impolverato abbandonato in un angolo.
Lo fissava con intensità, persa in chissà quali pensieri. Ad un tratto, puntò gli occhi verdi su
quelli scuri del giovane, che rimase senza fiato davanti a quel colore che lo faceva
impazzire.
“Ma noi ci proveremo lo stesso, vero?” chiese con un filo di voce.
Shikamaru annuì.
“Certo.”
“Questa notte?”
Il ragazzo tentennò, incerto. Dopo aver visto il luogo in cui dovevano entrare, era sempre
più convinto che non ce l'avrebbero mai fatta. Tentare quella notte stessa sarebbe stato un
suicidio, e sapeva che Temari ne era perfettamente a conoscenza.
Quanto era disposta a rischiare pur di abbracciare suo fratello? Perché, alla fine, poco
importava che fosse una grande kunoichi. Qualcuno, tempo prima, gli aveva detto che un
ninja era soprattutto una persona con dei sentimenti. In quel momento non gli erano
sembrate parole di così grande valore; lo sapeva perfettamente. Ma ora, davanti a lei, aveva
capito ciò che quella persona intendeva.
Temari era cambiata radicalmente, soffocata e torturata dalle sue stesse emozioni, sepolte
da anni, con chissà quale sofferenza e sacrificio.
L'aveva fatto per amore dei suoi fratelli, che non sarebbero stati in grado di andare avanti
senza di lei, che aveva svolto la funzione di collante nella famiglia, ma che era quella che per
prima avrebbe avuto bisogno di consolazione e di supporto.
Una ragazza cresciuta troppo in fretta in un mondo crudele che non aveva orecchie per il
pianto di quei bambini, traditi dalle ambizioni del padre, che era stato disposto a sacrificare
la vita della moglie e, in qualche modo, anche quella di suo figlio, pur di creare un'arma
potente e temibile.
In quel momento, per la prima volta, Shikamaru si era accorto di quello che era Temari per
i suoi fratelli, pur non avendo praticamente mai parlato con loro.
Temari per loro era un'amica, una sorella, una madre.
In quella famiglia dai ruoli confusi, dove chi era fratello poteva essere anche figlio e padre
contemporaneamente, dove era importante mantenere un equilibrio perfetto al fine di
garantire la stabilità delle loro vite.
Erano tre fratelli vissuti in solitudine, che erano riusciti ad avvicinarsi solo da pochi anni e
con molta fatica.
E lei, che era il punto di congiunzione tra i due maschi, che avevano un carattere più
freddo, in quel momento cosa stava passando? Terrorizzata all'idea di vedere il giorno della
morte di Gaara, in ansia per Kankuro, che era da qualche parte, lontano, doveva trovare la
forza di reagire, di svolgere anche lei il suo compito.
“Cry-baby...” mormorò improvvisamente lei, distogliendolo dai suoi pensieri. “Ti è mai
capitato di pensare che tutto quello che hai fatto è sbagliato?”
Lui rimase silenzioso.
“No.” ammise infine.
Lei abbassò il capo. Sembrava sfinita.
“Io credo, invece, che tutto quello che ho fatto non sia servito a nulla. Vedendo questo
posto... quello che Gaara ha fatto, da solo, penso che avrei potuto stargli più vicino,
263
aiutarlo. So che è una follia cercare di salvarlo questa notte, ma io voglio tentare, lo capisci?
Devo impedire che gli sia fatto ancora del male, dopo che io gliene ho fatto tanto.”
“Non dire così. Hai fatto tanto per loro, e sono sicuro che lo sanno e te ne sono
riconoscenti.” le sussurrò, carezzandole la schiena.
Contrariamente a quanto aveva immaginato, lei lo lasciò fare.
“Non possiamo andare lì stanotte.” tentò di convincerla il giovane. “Non siamo pronti.”
La scrutò attentamente, e aggiunse, con tono di rimprovero:
“E poi, tu devi dormire.”
Con un mano la costrinse a sdraiarsi nuovamente, e la coprì fino alle spalle.
“Dormi, Mendekouze.” le sussurrò. “Chi vuoi salvare, se non sei neppure in grado di
reggerti in piedi?”
***
Kankuro maledisse per l'ennesima volta la pioggia che scendeva inesorabile, e gli bagnava i
vestiti e i capelli. Il trucco gli si era sciolto e gli era colato sul volto, causandogli un
immenso fastidio. Lui odiava la pioggia, ma la sua presenza voleva dire che era riuscito a
mettere una considerevole distanza tra sé e il Villaggio.
Cercò di accelerare ancora, ma un senso di vertigine lo invase, costringendolo a fermarsi
definitivamente. Il giorno prima non aveva pranzato, pur di non perdere tempo, ma in quel
momento la fame gli stava facendo perdere le forze.
Rassegnato, si sedette nel bel mezzo della pianura in cui si trovava, e prese un po' del cibo
che aveva portato con sé.
Mangiò in fretta, ignorando l'acqua che lo inzuppava.
Sollevò lo sguardo quando si accorse che c'era qualcuno, nelle vicinanze.
Due ninja si stavano avvicinando minacciosi, con le armi in pugno. Li osservò
attentamente. Non sembravano affatto pericolosi. Vestiti di stracci e con il volto coperto,
segno che non erano intenzionati ad uccidere il loro avversario.
Probabilmente, dunque, dei briganti.
Si alzò, deciso ad evitare lo scontro, se fosse stato possibile.
“Non porto ricchezze con me, né denaro.” disse a quello che si trovava più vicino, mettendo
comunque mano ad un kunai. “Non voglio combattere.” aggiunse.
“Lo sai quante persone ci hanno detto così, e poi abbiamo scoperto che in realtà avevano
con sé molti oggetti di valore?” fece quello più lontano. “Meglio verificare!” esclamò,
iniziando a correre verso di lui.
La velocità con cui gli si scagliò contro sorprese Kankuro, che fu costretto ad indietreggiare
per evitare di cadere. Si riprese subito, e con il kunai fermò l'attacco del nemico, mentre
l'altro lo afferrava alle spalle.
Sbuffò. Erano più forti di quello che sembravano, in fondo. O forse, più semplicemente, era
lui ad essere esausto per il viaggio che stava affrontando.
Lo stavano rallentando, e questo non andava bene. Non aveva molto tempo per arrivare a
Konoha, doveva salvare Gaara, non poteva certo perdere tempo con quei due! Scivolò in
una pozza di fango, mentre lottava violentemente per toglierseli di dosso.
Per evitare di cadere si aggrappò al collo di uno dei due, mandandolo a terra.
Facendo appello a tutte le sue forze, afferrò quello che gli stava alle spalle per i capelli, e,
facendo leva sulle propria spalla, lo fece crollare sopra al compagno.
Quell'espediente gli consentì di allontanarsi da loro. Iniziò a correre verso Konoha. Lo
scontro non gli interessava, doveva giungere a destinazione il prima possibile.
Una fitta improvvisa alla gamba lo fece cadere rovinosamente. Finì col volto nel fango,
gemendo per il dolore. Guardò la gamba sinistra e si accorse che uno dei due ninja era
riuscito a trafiggerlo con un kunai.
Lo estrasse con violenza, inghiottendo il dolore e rialzandosi. Quella complicazione lo
avrebbe rallentato non poco, e la cosa lo innervosiva molto.
264
Perché non volevano capire che non aveva nulla di valore con sé? Perché non lo lasciavano
andare? Scosse il capo, ripetendosi che quei pensieri erano inutili e non facevano altro che
ritardare il suo arrivo a Konoha.
Senza indugiare oltre, decise che sarebbe ricorso alle sue marionette.
Bastarono poche, mosse per imprigionarli entrambi all'interno di Kuroari. Le grida
disperate dei due uomini si persero nello scrosciare della pioggia.
Quando la tensione per lo scontro si allentò, fu costretto ad inginocchiarsi, incapace di
reggersi in piedi.
La ferita non era grave, e probabilmente neppure profonda, eppure gli doleva molto e lui
non aveva nulla per curarsi.
La osservò a lungo.
Forse sarebbe riuscito a raggiungere il villaggio della Foglia prima di dissanguarsi. In
fondo, mancava poco più di un giorno.
Si rialzò, appellandosi a tutta la sua volontà.
Si rimise a correre, stringendo i denti, deciso a non abbandonare Gaara se prima la vita non
avesse abbandonato lui.
Avrebbe proseguito con le unghie e con i denti, se fosse stato necessario.
Doveva correre e non pensare al dolore.
Mancavano solo cinque giorni.
Capitolo 4: Terzo giorno
Shikamaru sbuffò, prendendo uno dei mantelli che Temari gli stava porgendo. Aveva
rinunciato ormai da un po' a cercare di farla dormire, dato che la ragazza non sembrava per
nulla propensa ad abbandonarsi al sonno, ed era riuscita persino a convincerlo a portarla
dal fratello.
Certo, secondo lui non era molto prudente addentrarsi nel Villaggio di notte, in due, senza
un piano preciso e sapendo di avere le guardie armate di Suna alle calcagna, ma lo sguardo
cattivo che la ragazza gli aveva lanciato gli aveva fatto abbandonare ogni tentativo di
protesta.
Uscì dal rifugio prima di lei, tirandosi il cappuccio fin sugli occhi, e affondando il mento nel
bavero rialzato del mantello nero. Non sapeva come avesse fatto Temari a procurarseli;
forse li aveva semplicemente trovati lì, ma, più probabilmente, li aveva sottratti a qualcuno
mentre lui non c'era.
Non appena lei lo raggiunse, si avviarono insieme verso il Villaggio. Era buio, e la notte era
decisamente troppo fredda per i gusti di Shikamaru, che sentiva il gelo penetrargli fino alle
ossa.
Sperava vivamente che la giovane si accorgesse del pericolo che stavano correndo ben
prima di dover arrivare ad uno scontro con la Squadra Speciale, ma qualcosa gli diceva che
niente e nessuno sarebbe riuscito a farle cambiare idea.
Sbuffando, strinse il kunai che teneva in mano. Il contatto con il metallo freddo dell'arma
gli ricordò che, ripensandoci, non avrebbero assolutamente dovuto trovarsi costretti a
combattere con chicchessia.
Già un uomo si era accorto di quello che stavano cercando di fare, e lui aveva dovuto
ucciderlo. Sperava soltanto che avesse detto la verità, quando gli aveva confessato di non
aver avvertito nessuno della sua presenza.
Giunsero alle porte del Villaggio dopo poco tempo di cammino.
Seminascosti dalle rocce che costituivano il confine, osservarono attentamente l'ingresso.
C'erano soltanto due guardie.
Probabilmente, il conflitto con la Foglia stava causando più problemi di quelli che il
Kazekage si aspettava, o non avrebbe avuto altro motivo per ridurre così drasticamente la
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difesa del Villaggio.
Temari gli rivolse uno sguardo eloquente, e mise mano al suo kunai. Aveva dovuto
rinunciare al ventaglio per evitare di essere riconosciuta, con quell'arma così visibile e rara.
Shikamaru annuì. Si mossero insieme, come una persona sola; giunsero alle spalle dei due
uomini e cinsero loro il collo con le braccia, senza dar loro il tempo di realizzare cosa stesse
accadendo. Con un movimento veloce e deciso affondarono i kunai nella carne, tagliando la
gola alle due guardie senza troppi complimenti.
Quando quelli caddero riversi a terra, senza vita, Shikamaru li afferrò ognuno per un
braccio, e li trascinò più lontano, nel deserto, mentre Temari spostava la sabbia per
cancellare le tracce che il sangue aveva lasciato.
“Speriamo che ci mettano tanto a trovarli.” commentò il giovane, mentre si dirigeva
nuovamente verso il Villaggio. Lei lo seguì senza rispondere. Era pallida e tesa, ma
sembrava più che mai risoluta e assolutamente decisa a finire ciò che aveva iniziato.
Camminarono silenziosi fino alla casa dove Temari viveva con i fratelli, tendendo le
orecchie e aguzzando la vista, per quanto possibile, cercando di scorgere ogni minima
presenza, in quella notte senza luna.
Si avvicinarono cautamente alla porta nella parete. La aprirono piano, sperando di riuscire
ad evitare un cigolio che, senza dubbio, avrebbe messo in allarme le guardie.
Entrarono uno dietro l'altro, lentamente.
Shikamaru sentiva il cuore battere in gola. Cercò di deglutire, ma aveva la bocca
completamente asciutta per la tensione.
Come aveva fatto a lasciarsi convincere a quel suicidio? Bastava un solo passo falso, un solo
sussurro, un rumore un po' più forte, e tutto sarebbe finito nel peggiore dei modi. Temari
sarebbe stata messa a morte all'istante, e lo stesso avrebbero fatto con lui. Anzi, forse con
lui sarebbero stati più duri. L'avrebbero torturato per trovare informazioni suoi ninja di
Konoha che combattevano al fronte, e lui quanto avrebbe resistito prima di raccontare
tutto? Lui, che per sua stessa ammissione era uno dei ninja più vigliacchi del Villaggio?
Decise di non pensarci. Non li avrebbero presi. Non vivi, almeno.
Il corridoio sembrava deserto, esattamente come la prima volta in cui era entrato. Dunque,
a rigor di logica, in fondo avrebbero trovato due guardie armate fino ai denti, che avrebbero
fatto la stessa fine di quelle all'ingresso del Villaggio.
Certo, ma dietro a quella porta di metallo? Le celle? Un altro corridoio? Sicuramente, altre
sentinelle, con molta probabilità decisamente più esperte e capaci di quelle che si trovavano
a pochi metri da loro.
Ad un cenno della ragazza accanto a sé, uscirono allo scoperto, rinunciando a quel poco di
protezione che il buio del corridoio poteva offrir loro. Le guardie ebbero un'esclamazione di
sorpresa non appena li videro, illuminati dalla luce di una delle torce appese alla parete.
Non fecero in tempo ad imbracciare le armi, che i due ninja erano già su di loro. Il kunai di
Temari si piantò, preciso, nel petto del più basso tra i due, mentre Shikamaru aveva reciso
la gola all'altro, riservandogli la stessa fine dei suoi compagni di guardia alle porte del
Villaggio.
“Sei sicura di quello che stiamo facendo?” le domandò il ragazzo in un sussurro. “Se
entriamo, potremmo non riuscire a tornare indietro.” Lei esitò qualche istante prima di
rispondere, poi lo guardò dritto negli occhi ed annuì.
“Voglio vedere Gaara.” decise, e aprì la porta con mano tremante.
Davanti a loro si snodava un altro lungo corridoio, ma, a differenza dell'altro, il soffitto era
immensamente alto ed era ben illuminato. Lungo le pareti si trovavano altre porte di
metallo, che, probabilmente, conducevano ad altri corridoi. Non sembravano esserci
guardie. Probabilmente, rifletté Shikamaru, in quel posto non c'era davvero nulla che
valesse la pena di essere protetto. Chiunque fosse giunto lì, avrebbe incontrato dei problemi
solo dopo aver scelto una di quelle porte ed averla aperta.
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Una di quelle li avrebbe condotti da Gaara, ma quale? Come avrebbero fatto a sceglierne
una? Fissò la ragazza, che si stava guardando intorno corrucciata.
“Da quando sono stata qui è cambiato tutto.” mormorò Temari, quando si accorse del suo
sguardo. “Non so dove dovremmo andare.”
“Proviamone una a caso e speriamo che sia quella giusta.” propose lui alla fine, ma aspettò
prima di aprirne una. Cercò di ricordare nella sua mente l'esatta ubicazione dell'edificio
carcerario, e di ricostruire nel modo più preciso possibile la planimetria sotterranea di
Suna.
Alla fine, titubante, prese la sua decisione. Uno sguardo scambiato in fretta con Temari gli
fece capire che lei era giunta alla stessa conclusione, e questo lo rilassò. Inspirò
profondamente e si avvicinò alla porta che, secondo i suoi calcoli, si trovava più a sud.
L'aprì, trattenendo il respiro per l'agitazione. Se avesse sbagliato, non era certo che
sarebbero riusciti a sopravvivere alla Squadra Speciale di Suna. Perché, naturalmente,
erano loro che controllavano il carcere, proprio come a Konoha quel compito era affidato
agli ANBU. Anche Temari, dietro di lui, era nervosa.
Improvvisamente furono assaliti da un nauseabondo odore, intriso di sudore, sangue e
sporcizia, ampliato dal caldo opprimente che li avvolse.
Shikamaru deglutì a vuoto, nauseato. La ragazza si era portata una mano alla bocca,
reprimendo un conato di vomito.
Il giovane non sapeva cosa lo stesse spingendo a continuare, ma era perfettamente a
conoscenza del fatto che entrare in quel posto era di estrema importanza per Temari, che,
in fondo, voleva soltanto vedere suo fratello.
Mosse un passo all'interno della stanza che gli si parava davanti, e si sentì mancare. Il
caldo, insopportabile, gli toglieva il respiro. Si accorse in quel momento che tutte le pareti
erano di metallo, e questo lo rassicurò. Alla fine, aveva scelto la porta giusta.
Il carcere non era molto grande, e non c'erano guardie in giro. Probabilmente, rifletté
Shikamaru, ritenevano che mandare delle forze armate in un luogo così debilitante fosse
uno spreco. Ma per quale motivo, allora, c'erano soltanto due soldati a sorvegliare l'intero
edificio? Come era possibile una cosa del genere? Il Kazekage confidava così tanto in sé
stesso da credere che nessuno avrebbe tentato di entrarvi? Forse sarebbero stati più
fortunati di quello che pensavano. Forse sarebbero riusciti a portare via Gaara quel giorno
stesso.
Dalla stanza si diramavano diversi corridoi, da cui provenivano lamenti, pianti e gemiti
soffocati. Temari si diresse verso il più vicino, e scomparve nella penombra, senza attendere
che Shikamaru la seguisse.
Il ragazzo fece appena in tempo a raggiungerla, che sentì chiaramente il tonfo sordo di un
corpo che cadeva a terra. Le si avvicinò, e si sporse oltre di lei per vedere cosa fosse
accaduto.
Ai piedi di Temari giaceva un cadavere insanguinato, colpito alla schiena, con un unico
colpo preciso. Una guardia.
Nessuno dei due disse nulla.
Alla loro destra si trovava una delle celle. La parete era costituita interamente da una grata
di metallo, che permetteva di vedere bene all'interno. Decine di persone, ammassate l'una
sull'altra, troppo sfinite persino per accorgersi della loro presenza.
In un angolo, un bambino piangeva disperato, tra le braccia di una donna immobile con gli
occhi chiusi.
“Non è qui.” mormorò Temari dopo un po', scrutando la cella con apprensione. Il giovane
annuì, e la seguì fino ad un'altra cella.
Non appena riuscirono a scorgerne l'interno, Temari impallidì visibilmente, barcollò, fece
qualche passo traballante in avanti, poi corse accanto alle sbarre.
Anche Shikamaru l'aveva visto. Gaara era a terra, lì accanto, con gli occhi chiusi ed il
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respiro affannato. Aveva il volto impolverato, incrostato di sangue, con rivoli di sudore che
gli correvano sulla pelle fino a gocciolare sul terreno sabbioso.
Temari allungò una mano fino a sfiorargli la fronte, e il giovane aprì gli occhi stanchi.
Riuscì a voltare la testa fino a scorgere la figura della sorella, aprì la bocca per parlare, ma
la richiuse subito dopo.
“Gaara...” mormorò la ragazza, ignorando Shikamaru, che li aveva raggiunti per verificare
le condizioni del giovane Kazekage.
“Gaara... cosa ti hanno fatto?” lui non rispose. Si mosse leggermente, poi, con evidente
fatica, in un rantolo, riuscì a sussurrare:
“Acqua...”
Shikamaru si allontanò nuovamente, mentre la kunoichi bagnava un fazzoletto e, attraverso
le sbarre, bagnava le labbra screpolate del fratello.
Certo, aveva immaginato che non avrebbero trovato Gaara in condizioni ottimali, ma non si
aspettava un simile spettacolo dopo soli tre giorni di prigionia. Evidentemente, il nuovo
Kazekage aveva deciso di non perdere tempo. Che strazio doveva essere, per Temari, vedere
il fratello minore in quelle condizioni, dopo che il ragazzo aveva dovuto patire la fame, la
sete, e, probabilmente, a giudicare dalla quantità di sangue, anche le torture spietate dei
carcerieri di quel Paese che, da quel punto di vista, era sempre stato estremamente
barbaro?
Gaara non era certo in grado di muoversi, quindi, l'unico modo per tirarlo fuori di lì era
portarlo via di peso. Ma come potevano fare? Avrebbero avuto il coraggio di lasciare
indietro tutti gli altri prigionieri? Come potevano spiegare loro che Gaara era l'unica
speranza di salvezza che avevano?
Improvvisamente un rumore lo fece sobbalzare. Tese l'orecchio, e udì chiaramente un
gruppo di persone che correvano nella loro direzione. Li vide svoltare l'angolo, accorgersi
della sua presenza.
Corse da Temari.
“Corri! Ci hanno scoperti, dobbiamo andarcene subito da qui!” gridò, afferrandola per un
braccio e costringendola ad alzarsi.
“Non posso lasciarlo qui...” protestò lei, ma Shikamaru non la ascoltò. La prese per le
spalle, la scosse con violenza.
“Se ci prendono, ci ammazzano! Come pensi di essergli utile da morta? Lo porteremo fuori
di qui, ma non adesso!” le mise in mano un kunai, che lei afferrò con poca convinzione.
“Vai... corri...” la voce roca di Gaara le arrivò debolissima, ma per lei fu come uno schiaffo.
Si riscosse immediatamente, e si scagliò con violenza contro i tre ninja che li avevano
raggiunti, imitando Shikamaru, che ne aveva già impegnati due in un corpo a corpo
serratissimo, che lo vedeva in netto svantaggio.
Si diresse decisa verso quello che la stava puntando. Armata solo di un kunai, mentre quello
stringeva tra le mani una katana, non si perse d'animo; sentiva la rabbia ribollirle nello
stomaco ripensando ai tagli e alle abrasioni sul volto del fratello, i lividi sui polsi e sulle
caviglie, la pelle secca per il caldo e la disidratazione. Voleva scoprire chi l'aveva ridotto
così, chi era stato a fargli del male. Poco importava chi avesse dato l'ordine di farlo, a lui
sarebbe toccato per ultimo, e la sua fine sarebbe stata la più violenta tra tutte. Ma quello
che l'aveva torturato, che non aveva avuto il coraggio di ribellarsi, di pensare che, in fondo,
nonostante fosse un Kazekage ed un grande ninja, Gaara era solamente un ragazzino, che
non avrebbe meritato quelle sevizie; anche lui avrebbe dovuto pagare.
E se non era il ninja contro cui stava lottando, e che l'aveva già ferita con quella spada che
sapeva utilizzare tanto bene, allora sarebbe stato un altro; forse uno di quelli che
combattevano con Shikamaru, forse la guardia che lei aveva ucciso di fronte all'altra cella o
magari quelle che facevano la guardia alle porte del Villaggio...
In un momento di cieco furore, piantò il kunai nel petto dell'avversario, e lo lasciò lì, senza
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curarsi di controllare se fosse vivo o morto; colpì con un potente pugno alla nuca uno degli
avversari di Shikamaru, che tagliò la gola all'altro. Con la vista appannata per le lacrime,
seguì Shikamaru lungo il corridoio, sentendo le voci delle guardie dietro di loro.
Improvvisamente, la consapevolezza di aver lasciato lì Gaara la avvolse, e le gambe le
cedettero sotto il peso di quella rivelazione. Non appena Shikamaru se ne accorse, però,
tornò indietro per raggiungerla, inginocchiata a terra; la sollevò, la rimise in piedi, e
tenendola per una mano continuò a correre, disperatamente, fino a farsi bruciare i
polmoni, cercando di evitare i kunai che i ninja lanciavano loro. Uno lo colpì di striscio ad
un braccio, ma nella fretta di mettersi in salvo non se ne accorse. Quando Temari vide il
graffio, però, aumentò il passo, ritrovò sé stessa. Correndo, lanciò indietro degli shuriken,
senza controllare se fossero andati a segno oppure no; accelerò finché poté, ma non lasciò
la mano di Shikamaru, che stava qualche passo davanti a lei.
Aprirono di botto la porta nella roccia, e delle frecce sibilarono intorno a loro. Il ragazzo le
scansò tutte, aiutando anche Temari, che ne aveva deviate alcune con un kunai.
“Maledizione...” borbottò la giovane tra i denti, saltando per evitare che una freccia la
colpisse alla gamba.
Arrivarono alle porte del Villaggio. C'erano decine di guardie ad aspettarli, e insieme
realizzarono che non sarebbero mai riusciti ad uscire senza fare una strage. Mentre il
ragazzo impegnava alcune di loro in combattimento, cercando di impedire che arrivassero a
Temari, lei avvolse le sue armi in delle carte bomba, poi le lanciò contro le pareti rocciose,
facendole esplodere. I massi crollarono sull'intera Squadra Speciale, mentre Shikamaru era
riuscito a fare un salto indietro e ad evitare la frana.
Corsero sopra ai detriti, passando sui cadaveri delle guardie che avevano cercato di
fermarli.
Arrivarono al rifugio, sfiniti. Passarono dalla botola uno dietro all'altro, silenziosi.
Non appena furono dentro, Shikamaru si lasciò crollare a terra, portandosi una mano al
cuore, che batteva furiosamente nel petto sanguinante. Non si accorto di quelle ferite
durante la fuga. A osservarle bene non dovevano essere più che tagli, anche se bruciavano
in modo terribile. Spostò lo sguardo sulla ragazza e si accorse che anche lei sanguinava,
dalle gambe, dalle braccia e da un taglio che le attraversava la fronte, anche se sembrava
non essersene accorta.
Tremava violentemente, era
più pallida che mai e aveva
gli occhi lucidi e rossi.
Rimase ferma in mezzo al
rifugio per un po', senza
muovere un muscolo, poi,
all'improvviso, barcollò e
cadde in ginocchio,
accasciandosi a terra.
Shikamaru si alzò di scatto,
maledicendo i lividi, i tagli e
la stanchezza, e le si
avvicinò. Le circondò le
spalle con le braccia,
ignorando le sue proteste, e
la tenne stretta a sé.
Lei cercò di divincolarsi,
disperata, ma Shikamaru
non lasciò andare. Le portò
una mano alla testa e le
Disegnato da Aphael
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carezzò i capelli.
“Calmati, Temari, cerca di calmarti. Torneremo, torneremo a prendere Gaara non appena
sarà possibile.”
Lei posò le mani sul petto del ragazzo, sporcandole di sangue, lo allontanò con forza, lo
guardò negli occhi con le lacrime che le correvano lungo le guance.
“Tu non capisci! Sai che cosa vuol dire per me tutto questo? Avremmo dovuto portarlo via
prima, ne avevamo la possibilità, e invece non ci siamo riusciti! E' sempre lui, sempre lui!
Perché? Perché tutto questo? Cos'ha fatto la mia famiglia di tanto sbagliato per meritarsi
così tanta sofferenza? Cos'ha fatto Gaara di così sbagliato per meritarsi una vita così
crudele?”
Il ragazzo chinò lo sguardo.
“Non sto dicendo che per te non sia una sofferenza, cerca di capire. Credi davvero che
Gaara sarebbe riuscito a sopravvivere ad una fuga come quella di prima? E' un miracolo se
noi siamo vivi. Lui non ce l'avrebbe fatta, lo sai. Non odiarmi perché ti ho portata via, non
l'abbiamo abbandonato. Lui lo sa.”
“Mi sento così in colpa...” la ragazza si allontanò da lui, e si mise a cercare qualcosa nella
sua borsa. Alla fine, ne estrasse delle bende. Si avvicinò a Shikamaru, gli levò la maglia
senza troppi complimenti ed iniziò a medicargli le ferite.
Lui le portò una mano al volto, asciugandole le lacrime con un dito.
“Non piangere, Temari. Ce la faremo sicuramente. Mancano ancora quattro giorni.”
***
Gaara chiuse gli occhi e cercò di deglutire, invano. Circondò le ginocchia con le braccia, e vi
affondò la testa.
La vista della sorella, poche ore prima, gli aveva dato la forza di mettersi seduto. Sapeva che
di lì a poco sarebbero arrivate le guardie, lo avrebbero preso e picchiato nuovamente, per
sapere come avessero fatto Temari ed il ninja della Foglia ad entrare nelle carceri, ad
uccidere gli shinobi di Suna, a trovarlo e parlargli.
Nonostante tutto, il ragazzo si sentiva estremamente soddisfatto. Aveva sentito alcuni
uomini parlare, poco tempo prima, quando avevano portato via i cadaveri delle guardie che
Temari e Shikamaru avevano ucciso.
Sembrava che avessero iniziato a dubitare della forza del nuovo Kazekage. Quando si erano
avvicinati alla cella del giovane, lui aveva potuto notare dei lividi sui loro volti spaventati.
Forse anche loro erano stati torturati, per aver fallito così miseramente un compito
semplice come quello di sorvegliare il carcere.
Quando si erano accorti del suo sguardo, uno dei due gli aveva lanciato un veloce sguardo
di incoraggiamento. Si era allontanato, ed era tornato poco dopo con una brocca piena
d'acqua, che aveva usato per pulirgli del sangue il viso pallido, e per dissetarlo.
Gaara sapeva che quegli uomini odiavano il nuovo Kazekage almeno quanto lui, ma la
paura li teneva soggiogati, proprio come il resto del popolo.
In quel momento, la cella s'aprì.
Entrarono due di quelli che gli erano stati fedeli, mentre lui era al potere. Erano due uomini
giovani e ancora inesperti, totalmente alla mercé degli scagnozzi del nuovo Kazekage. Gli si
avvicinarono e lo afferrarono per le braccia, facendolo alzare. Si muovevano in fretta,
eppure sembrava che stessero cercando di trattare il ragazzo con il maggior riguardo
possibile.
Lo portarono in una stanza fortemente illuminata, dove lo attendeva il suo aguzzino, con un
ghigno sadico negli occhi.
“Bentornato, signor Kazekage.”
Il ragazzo lo fissò qualche istante, con la testa alta, senza paura. L'uomo prese una frusta da
terra.
“Ciò che ha fatto tua sorella è molto grave, ragazzino, e adesso il popolo l'ha saputo, e per le
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strade non si fa altro che insultare il nuovo Kazekage, che è molto dispiaciuto per questo
comportamento.” Il suo ghigno si allargò. “Pertanto, mi ha pregato di darti una lezione coi
fiocchi, che sia di monito per tutti. Inutile dire che mi farà enormemente piacere.” Senza
dire altro, gli si avvicinò, lo prese per un braccio e lo trascinò fino ad un angolo della stanza,
dove si trovava un pilastro di legno scuro. Gli strappò la maglietta sporca e lacera, la gettò
da una parte. Lo costrinse ad appoggiarsi col petto al palo, e gli legò le mani in modo che
non potesse muoversi.
Infine, con calma esasperante, srotolò la frusta.
Non appena la frusta gli toccò la schiena per la prima volta, il giovane non riuscì a
reprimere un urlo di dolore.
Il secondo colpo arrivò talmente in fretta che la voce gli morì sulle labbra, il respiro gli si
mozzò e la vista si appannò.
Al terzo colpo, iniziò a non capire più ciò che gli accadeva attorno. Avvertiva il dolore
lancinante della pelle che si lacerava sotto a quelle sferzate così violente, ma ciò che vedeva
era troppo offuscato per poterlo distinguere, e un fischio ininterrotto nelle orecchie non gli
permetteva di ascoltare ciò che il carceriere gli stava dicendo.
Nella sua mente riusciva ad elaborare solo immagini confuse di ciò che era accaduto quella
notte, quando Temari gli si era avvicinata con le lacrime agli occhi. Mai, in tutta la sua vita,
l'aveva vista piangere. Era sempre stata una ragazza forte. Certe volte, Gaara era riuscito
persino a pensare che tra i tre fosse proprio lei quella in grado di sopportare più dolore.
Aveva imparato bene a nascondere i propri sentimenti, forse anche inconsciamente, per
potersi occupare di due fratelli che da soli non sarebbero riusciti a sopravvivere. Era a lei
che dovevano tutto.
Il ragazzo si ripromise che, una volta uscito di lì, avrebbe trovato un modo per sdebitarsi
con lei, che in quel momento si stava affannando per aiutarlo, stava collaborando con un
nemico, mettendo a repentaglio la propria incolumità, per tirarlo fuori di lì.
“Bene, ragazzino.” lo canzonò il carceriere, dopo quelle che sembravano ore, slegandogli i
polsi. “Direi che sei pronto.” Lo sollevò senza difficoltà, in malo modo.
“Adesso la tua gente vedrà che cosa succede a chi si oppone al Kazekage.”
Lo portò su una delle rocce, nel punto dove il villaggio era più popolato. A metà altezza
erano state fissate delle corde, e quando le vide, Gaara capì cosa gli avrebbero fatto.
Non reagì quando la guardia gli legò i polsi in alto sopra alla testa, né quando gli passò una
corda intorno al torace per fare in modo che non cadesse.
“Rimarrai appeso qui tutto il giorno, moccioso.” spiegò compiaciuto l'uomo, prima di
andarsene.
Gaara rimase immobile. Sentiva il sangue che colava dalla schiena ferita sulla roccia
bollente, e il sole cocente che gli illuminava il volto, impedendogli di aprire gli occhi.
Trasse un respiro profondo, si fece coraggio. Avvertiva che le forze lo stavano
abbandonando, ma non si diede per vinto, respirò di nuovo, risentì nella mente ciò che la
sorella gli aveva detto, poche ore prima.
“Resisti, Gaara. Resisti.”
Capitolo 5: Quarto giorno
Shikamaru sbuffò per l'ennesima volta, scostando un ricciolo biondo dal volto di Temari,
che dormiva, stesa sul futon.
Quella missione che si erano prefissati si stava dimostrando più complessa di quanto avesse
immaginato. L'avventura della notte precedente aveva tolto loro ogni altra possibilità di
entrare al Villaggio liberamente, come, almeno lui, aveva sempre fatto.
Inoltre, nessuno gli garantiva che il Kazekage non avesse deciso di uccidere Gaara, in
seguito a quegli avvenimenti che erano costati così tante vite umane.
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Infine, spostò lo sguardo su Temari. La ragazza, in quei giorni, aveva dimostrato più di una
volta di aver perso la lucidità che di solito la caratterizzava. E ciò significava semplicemente
che ora era lui a dover pensare ad un piano alternativo per entrare al Villaggio ed anche ad
un modo per farla rimanere tranquilla quel tanto che bastava per evitare di essere scoperti.
Non poteva rischiare nuovamente come la sera prima, ma non voleva neppure allungare la
sofferenza di Temari e dei suoi fratelli.
Non avrebbe mai creduto di poter provare pietà per Gaara, eppure quel ragazzino sporco,
pallido e sanguinante aveva ben poco del crudele ninja con cui avevano avuto a che fare
durante l'esame di selezione dei chunin.
In quel momento, la giovane si mosse. Aprì gli occhi ancora lucidi, si mise a sedere e si
passò le mani sul volto esangue. Rimase immobile qualche istante, poi si stese nuovamente,
senza dire una parola, chiuse gli occhi e si riaddormentò.
Shikamaru si sdraiò accanto a lei, sfinito. Da quando erano tornati non era riuscito a
chiudere occhio. Il terrore che lei, una volta sveglia, tornasse al Villaggio da sola, gli
impediva di rilassarsi.
Se l'avessero catturata non avrebbero tardato ad ucciderla o a torturarla.
La guardò.
Le ciglia lunghe e arcuate erano bagnate di lacrime, che erano cadute sul cuscino, lasciando
una macchia chiara accanto al suo volto; le labbra carnose socchiuse erano secche e
screpolate. Nonostante tutto, però, il ragazzo sentiva di non aver mai visto niente di più
meraviglioso, da che poteva ricordare.
Temari si svegliò dopo quelle che a lui parvero molte ore. Si alzò, iniziò a girare per la
stanza, nervosa.
“Mendekouze, stai calma.” il ragazzo sbuffò.
“Stai calma?!” ripeté la giovane in un grido. “Non dirmelo mai più. Non dopo aver visto
Gaara in quelle condizioni.” sibilò fissandolo truce.
“Sto cercando di pensare ad un altro modo per tornare al Villaggio senza passare per la
porta.” spiegò Shikamaru pazientemente, alzandosi e raggiungendola.
Le posò le mani sulle spalle e la fece sedere a terra.
“Ho bisogno del tuo aiuto, perché io non conosco il Villaggio.” continuò, scrutando la sua
espressione torva.
“Non ci sono altre entrate.” lo informò subito la ragazza. “Quello è l'unico accesso; però
potremmo provare a scalare le rocce del perimetro. Quelle nella zona nord non dovrebbero
essere sorvegliate. Anche se da quelle parti rischiamo di incontrare la guarnigione di
Konoha.” s'interruppe.
Shikamaru sapeva a cosa stava pensando. I ninja della Foglia non avrebbero fatto del male
a lui, ma non poteva garantire che non se la sarebbero presa con la ragazza, nonostante lei
li avesse aiutati. L'umore dei combattenti era a terra, e non si sarebbero fatti scrupoli a
sfogare la propria rabbia su una persona qualsiasi.
“Non possiamo passare di lì. Sarebbe rischioso.” commentò allora. “Che ne dici della zona
est?”
“E' la più sorvegliata.” replicò Temari. “Perché ad est c'è Konoha, i nemici arrivano da lì.”
“Giusto...” convenne il ragazzo, seccato. Come aveva fatto a non pensarci? Gli sembrava di
aver perso la facoltà di ragionare.
“Forse nella parte ovest.” tentò. “Anche se è vicina alla porta del carcere, potrebbero
pensare che torneremo da lì...”
“Sicuramente sarà così. Dobbiamo tentare nella parte nord. Tu sei di Konoha, non ti
attaccheranno. Ci sono meno rischi.” considerò la giovane, guardandolo negli occhi.
Il suo sguardo parlava chiaro. Era l'unica scelta che avevano, nonostante per lei fosse molto
rischioso. Quanto era disposta a spingersi oltre per salvare suo fratello? Sembrava che
avesse perso il senso del limite, che non riuscisse più a distinguere ciò che era
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estremamente pericoloso da ciò che non lo era.
La ragazza aveva intuito i pensieri di Shikamaru.
“I miei fratelli sono tutto quello che mi rimane.” spiegò, con una nota di tristezza nella voce.
“Non amici né parenti, e sono le persone con cui ho trascorso tutta la mia vita. Kankuro è
lontano e io non posso fare niente per lui, ma Gaara è qui vicino a me, ed io devo almeno
provare. A costo di farmi uccidere.”
Il giovane si limitò ad annuire.
“Proviamoci, allora.” si avvicinò alla botola, l'aprì, uscì. La ragazza lo seguì
immediatamente.
Camminarono veloci, in silenzio, fino alla parte nord. Iniziarono ad arrampicarsi, e subito
Shikamaru si lasciò sfuggire un'imprecazione a mezza bocca. Le rocce scottavano a causa
del sole cocente. Tolse in fretta la mano, e concentrò il chakra sui piedi. Lo stesso fece
Temari, quando si accorse che non era in grado di toccare la roccia senza scottarsi.
Arrivarono in cima sfiniti, con il volto imperlato di sudore.
Avanzarono lentamente, fino a scorgere l'interno del Villaggio dal punto in cui si erano
fermati.
Un gruppo di persone era fermo davanti alla parete rocciosa nella zona ovest del Villaggio.
Shikamaru strizzò gli occhi, cercando di vedere meglio. Temari, invece, aveva già capito. Lo
afferrò per un braccio, lo avvicinò a sé.
“E' Gaara!” gemette, improvvisamente pallida. “Hanno legato Gaara alla parete di roccia!”
Il ragazzo la guardò stralunato. Scesero insieme nel Villaggio, sperando che nessuno li
vedesse. La giovane si coprì il volto con un velo leggero, come erano solite fare le donne di
Suna per proteggersi dalle tempeste di sabbia.
Shikamaru si tirò il cappuccio del mantello che aveva indossato fin sugli occhi, e camminò a
testa bassa finché non raggiunsero quel gruppetto, che andava via via infoltendosi.
Alzarono lo sguardo e lo videro. Davanti a loro, a metà altezza, sulle rocce del Villaggio,
legato con delle corde, c'era Gaara.
Temari barcollò, si aggrappò a Shikamaru. Senza maglietta, il sangue era colato dalla
schiena fino a terra, macchiando il terreno sabbioso. Nel petto molti lividi e tagli facevano
bella mostra di sé, il volto appariva come una maschera di sangue.
Alcuni dei cittadini parlavano a bassa voce tra di loro.
Ad un certo punto, uno di loro si allontanò dagli altri, e si avvicinò al ragazzo.
“Kazekage-sama!” lo chiamò. Il ragazzino non si mosse. “Kazekage-sama!” ripeté l'uomo,
più forte. Gaara socchiuse gli occhi,, si tese per un istante, poi sembrò perdere i sensi
nuovamente.
“Resistete, Kazekage-sama!” gridò un ragazzino tra la folla.
In quel momento arrivò una guardia.
“Avete visto cosa succede a mettersi contro il Kazekage?” urlò alle persone, mentre altri due
shinobi allontanavano l'uomo che si era avvicinato alla parete rocciosa.
“Guardate bene!” continuò la guardia. “Questo è quello che si meritano i traditori. Il vostro
ex Kazekage aiutava gli shinobi della Foglia, che stanno distruggendo il nostro Villaggio.
Merita tutto questo. E tra tre giorni, all'alba, sarà impiccato come un traditore.”
Nessuno osò ribattere. Sopraggiunsero anche altre guardie, con dei lunghi bastoni. Una di
loro colpì Gaara all'addome, all'improvviso, con violenza.
Shikamaru sentì Temari irrigidirsi, accanto a sé. Le prese la mano e la strinse. La giovane
tremava, con lo sguardo fisso a terra.
Il secondo colpo arrivò dopo pochissimo.
La ragazza sussultò, sentendo il rumore sordo del legno a contatto con il corpo martoriato
del fratello.
Rimasero immobili sotto il sole cocente per ore, fino a che le guardie non smisero di
picchiare Gaara. Solo allora Shikamaru osò alzare lo sguardo sul ragazzo. Aveva riaperto gli
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occhi, e fissava dritto davanti a sé. Aveva la bocca piena di sangue, che sputò a terra dopo
un colpo di tosse. Tremava violentemente, e appariva privo di forze.
Nonostante tutto, però, guardò le persone che erano immobili davanti a lui, ad una ad una,
con una luce di riconoscenza negli occhi. Si soffermò qualche istante in più quando si
accorse della presenza di Temari, che aveva puntato su di lui gli occhi verdi pieni di lacrime.
Una delle guardie si arrampicò sulla roccia, fino ad arrivare accanto al giovane. Tagliò le
corda che lo teneva legato all'altezza del petto, ed iniziò a tagliare anche quelle dei polsi.
Quando Shikamaru capì cosa stesse per accadere, guardò Temari, che, pallidissima, teneva
gli occhi puntati sul fratello. All'ultimo momento, la costrinse con una mano a voltare il viso
e ad appoggiarlo sul suo petto.
Gaara cadde al suolo con un tonfo sordo ed un gemito di dolore.
Shikamaru sentì Temari chi si afflosciava tra le sue braccia, inerme. Senza farsi notare dalle
guardie, la sollevò delicatamente e si diresse, senza pensare, verso la parte nord del
Villaggio.
Doveva uscire più in fretta possibile, o avrebbe attirato troppo l'attenzione. Se l'avessero
visto, sicuramente gli avrebbero chiesto che cosa ci faceva con una ragazza svenuta in
braccio. E se solo l'avessero vista, l'avrebbero riconosciuta all'istante.
“Shikamaru!” una voce improvvisa alle sue spalle lo fece sobbalzare. Si voltò di scatto,
riconoscendo davanti a sé la figura scarna di Neji Hyuuga, che lo fissava severo. “Che cosa
ci fai qui? Ti abbiamo dato per morto quattro giorni fa.” domandò, accigliato.
Il ragazzo si morse un labbro, stringendo con più forza Temari. Quanto poteva fidarsi di
Neji? Chi gli garantiva che poi l'altro non avrebbe avvisato i jonin di competenza?
L'avrebbero di certo costretto a combattere, e non era sicuro che avrebbero risparmiato a
Temari la sorte che toccava ai nemici di Suna.
“Non c'è tempo di spiegare. Devo andarmene subito.”
“Scappi? Noi qui combattiamo da mesi, e tu te ne vai con una della Sabbia? Lo sai che cosa
ti fanno se ti scoprono?” lo apostrofò lo Hyuuga, provocatorio.
“Io conto sulla tua discrezione.” replicò Shikamaru. “Ti prego, Neji, è importante.”
“Anche il tuo Paese lo è.” lo rimbeccò subito Neji, e si avvicinò. “Sarai considerato un
traditore. Sei in combutta con quelli di Suna?”
“Devo aiutarla.” fece un cenno col capo alla ragazza che teneva tra le braccia. “Vuole
soltanto salvare suo fratello. Se Gaara venisse liberato, credi davvero che lascerebbe in vita
il nuovo Kazekage? Il popolo non si ribellerà, la guerra finirà e tu potrai tornare a casa,
come tutti gli altri.”
“E' così importante questa cosa per te?”
“E' lei che è importante per me.”
Neji lo fissò qualche istante, silenzioso. Sembrava stesse riflettendo. Alla fine, indicò a
Shikamaru un passaggio che i ninja della Foglia avevano scavato nella roccia.
“Esci, e fai in fretta. Io non ho visto né sentito niente.”
Il giovane non se lo fece ripetere. Lo salutò con un cenno del capo, e corse fuori dal
Villaggio.
Arrivò al rifugio, premurandosi di cancellare le tracce, e, una volta dentro, stese Temari sul
futon.
Quello svenimento improvviso era l'ultima cosa che si sarebbe aspettato da una ragazza
forte come lei. Eppure, pareva che in qualche modo la sofferenza dei fratelli la rendesse più
vulnerabile. Shikamaru si chiese quanto le fosse costato vedere Gaara in quelle condizioni,
senza la possibilità di fare nulla.
Si sentiva colpevole per quello che era successo, forse? Si rammaricava di non poter fare di
più? Shikamaru avrebbe dato qualunque cosa per alleviare quel dolore, per garantirle che
Kankuro stava bene, e che anche Gaara si sarebbe salvato senza difficoltà.
In qualche modo, sapeva che in quel momento Kankuro non era in pericolo. Sarebbe
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dovuto giungere a Konoha di lì a qualche ora, sempre che non vi fosse già arrivato, e presto
sarebbe stato di ritorno.
Ma non era certo che Gaara avrebbe resistito per altri tre giorni. L'avevano trovato molto
più mal ridotto di quello che si aspettavano, e nel giro di un giorno era stato sottoposto a
torture che avrebbero ucciso chiunque.
Sperava soltanto che il ragazzo si dimostrasse abbastanza forte da poter sopravvivere.
***
Kankuro barcollò fino alle porte del Villaggio della Foglia, premendo una mano sulla ferita
alla gamba. L'aveva medicata come aveva potuto, utilizzando come benda un pezzo della
sua tuta, e non aveva certo rallentato il passo per quello che riteneva un semplice taglio.
Maledisse più e più volte i ninja che l'avevano attaccato. Se non fosse stato per loro, certo in
quel momento non avrebbe avuto la vista così annebbiata per il dolore, e, soprattutto,
avrebbe evitato di indebolirsi per la perdita di sangue.
Imprecò energicamente quando inciampò su una radice, perdendo l'equilibrio e
sbilanciandosi in avanti.
Entrò nel Villaggio, e subito i due guardiani gli furono addosso. Lo esaminarono per un po',
in silenzio, probabilmente chiedendosi che cosa mai ci facesse un ninja della Sabbia, ferito,
nel loro Villaggio, nel bel mezzo di una guerra.
“Sei Kankuro?” domandò dopo un po' uno dei due. “Il marionettista di Suna?”
Il giovane annuì.
“Devo parlare con l'Hokage.” spiegò. Si rizzò in piedi come meglio poté, ripetendo: “Devo
parlare con l'Hokage.”
“L'Hokage non può certo ricevere ninja nemici in un momento come questo!” ribatté
Izumo.
“Devo parlare con l'Hokage.” ribadì allora il giovane, più minaccioso, nonostante sentisse
che le forze stavano per venirgli meno.
“Ti abbiamo detto di no.” replicò Kotetsu, poi aggiunse: “Ma tu sei ferito. Ti portiamo in
ospedale.”
Kankuro fece per protestare, ma una fitta particolarmente forte gli fece abbandonare ogni
tentativo di ribellione, e si lasciò portare via senza fare troppe storie.
Quando arrivarono in ospedale, la prima persona che vide fu Sakura. Improvvisamente capì
che lei era l'unico modo per arrivare all'Hokage.
La chiamò ad alta voce, pregandola di raggiungerlo. Lei gli corse vicino, guardò prima
Izumo, poi Kotetsu, infine parlò.
“Kankuro! Che cosa ci fai qui? E perché sei ferito?”
“Devo parlare con l'Hokage, subito.” la implorò, fissandola negli occhi chiari.
“Ma... Kankuro, l'Hokage adesso non può...” tentò di dissuaderlo lei, ma il ragazzo la
interruppe furibondo.
“Lo so che siamo in guerra, e che vengo dal Villaggio nemico, ma, Kami-sama, io odio il
Kazekage almeno quanto voi! E se non mi aiutate, ucciderà Gaara!” gemette, esasperato.
L'espressione della giovane s'indurì.
“Ti metto a posto quella gamba e poi ti porto da Tsunade-sama.” decise, e senza aspettare
iniziò a guarirlo.
Pochi minuti dopo stavano correndo verso il palazzo dell'Hokage, ignorando gli sguardi
stupefatti che gli abitanti lanciavano al ragazzo di Suna.
Giunsero davanti ad una porta di legno scura. Sakura bussò con foga.
La voce della donna la invitò ad entrare. Kankuro rimase ad aspettare fuori qualche istante.
Si guardò intorno, nervoso.
Se l'Hokage non avesse accettato di aiutarlo, cosa avrebbe fatto? Con che coraggio sarebbe
tornato da Temari, per confessarle che non era riuscito nella sua impresa?
Già, Temari... Chissà come stava. Sperava davvero che non si fosse messa nei guai, che fosse
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rimasta al sicuro, e che, soprattutto, si fosse sbarazzata di quell'assurdo ninja della Foglia.
Se l'avessero trovata in sua compagnia, l'avrebbero giustiziata senza troppi complimenti,
con l'accusa di complicità con il nemico e attentato alla patria.
E Gaara? Come stava lui? Deglutì a vuoto. Baki gliel'aveva spiegato bene. Le torture erano
estremamente comuni nelle prigioni del loro Villaggio, e sicuramente il Kazekage non si
sarebbe lasciato sfuggire l'occasione di seviziare Gaara.
In quel momento, la porta s'aprì.
“Vieni dentro.” lo invitò Sakura, facendosi da parte per lasciarlo passare.
Una volta all'interno, Kankuro si ritrovò faccia a faccia con l'Hokage, che lo fissava seria.
Era la prima volta che si trovava in presenza di una persona importante come quella. Da
che era nato, il Kazekage era sempre stato uno dei suoi famigliari, eccezion fatta,
ovviamente, per quell'usurpatore che secondo lui non aveva assolutamente nulla di
importante.
“Hokage-sama...” iniziò, titubante. Poi, vedendo che la donna non lo interrompeva,
continuò più deciso: “Hokage-sama, sono venuto qui per chiedervi aiuto. Il Kazekage ha
catturato Gaara, lo impiccherà tra tre giorni perché ha aiutato i ninja della Foglia. Io lo so
che siamo in guerra, ma né io né Temari siamo in grado di aiutarlo... Siamo ricercati anche
noi, e rischieremmo soltanto di aggravare la situazione. Vi prego...”
“Basta così. Ho capito la situazione. Tu capisci, però, che noi siamo a corto di uomini. Non
posso mandarti in aiuto una squadra particolarmente abile, perché qui sono rimasti
soltanto genin e chunin. Se credi di poterti accontentare, potrei anche concederti un paio di
persone...”
“Un paio di persone andranno benissimo.” replicò subito Kankuro, colpito da tanta
disponibilità.
“Allora ho chi fa per te. Intanto verrà Sakura, in caso Gaara avesse bisogno di un medico. E
poi, c'è un'altra persona... Sì, qui al Villaggio ci dà un sacco di problemi, è troppo agitato.”
Improvvisamente la porta si spalancò.
“Kankuro! Cosa ci fai tu qui?”
Il giovane guardò il ragazzo che era entrato e accennò un sorriso tirato. Forse sarebbero
davvero riusciti a salvare Gaara.
Capitolo 6: Quinto giorno
Temari scagliò con violenza il bicchiere contro la parete, mandandolo in frantumi. Non
appena aveva riaperto gli occhi, ed aveva ricordato ciò che era successo quella mattina,
aveva iniziato a sfogare la sua rabbia sugli oggetti che le erano passati tra le mani, e tutti
erano finiti in pezzi.
Sotto lo sguardo vigile di Shikamaru, solo l’orsetto di peluche con cui Gaara doveva aver
giocato da bambino era stato risparmiato.
Ma il futon era stato ridotto a brandelli di stoffa, le pareti erano solcate da profonde
incisioni che la ragazza aveva fatto con dei kunai.
Il giovane, da che aveva iniziato, non aveva avuto il coraggio di dire nulla. L’aveva lasciata
fare, sperando che prima o poi la sua ira scemasse, ma per il momento si vedeva costretto
ad ammettere che, di quel passo, avrebbe distrutto l’intero rifugio.
L’orgoglio della kunoichi era stato ferito quando, solo poche ore prima, lei gli era
“miseramente crollata in braccio, come una stupida ragazzina qualsiasi.”Shikamaru aveva
tentato di convincerla che avrebbe potuto capitare a chiunque, ma lei gli aveva risposto con
un ringhio furioso, così aveva lasciato perdere.
Tuttavia, riconosceva che la situazione gli stesse decisamente sfuggendo di mano. Se per
qualche istante, il giorno prima, aveva pensato che sarebbero riusciti a salvare Gaara, in
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quel momento le sue speranze erano ridotte all’aiuto che avrebbe dovuto arrivare da
Konoha entro qualche giorno.
“Mendekouze...” mormorò, quando la giovane sbatté il pugno contro la parete con talmente
tanta violenza da tagliarsi.
Le si avvicinò, consapevole del fatto che lei aveva ormai imparato ad accettare di avere un
contatto fisico con lui, la cinse da dietro, la afferrò le mani e le strinse, poggiando il mento
sulla sua spalla.
“Basta, Mendekouze, basta così. Finirai per ammazzarti, se continui.”
“Lasciami.” sibilò lei, truce. “Tu non capisci.”
Lui scosse il capo, costringendola a voltarsi verso di lui e a guardarla negli occhi.
“No. Spiegamelo tu, allora.” la guardò, e riconobbe un lampo di stupore negli occhi verdi.
“Quello che provo non ha importanza.” replicò lei, chinando lo sguardo. “Dobbiamo solo
cercare di salvare Gaara.”
“Ti sbagli.” ribattè Shikamaru. “Quello che provi ha molta importanza. Perché se io devo
combattere insieme a te, se dobbiamo passare ancora molto tempo insieme, allora vorrei
sapere cosa ti passa per la testa.”
“Lo dici perché non sai più come fare per farmi stare ferma o perché ti interessa davvero?”
“Mi interessa davvero.”
Temari si sedette a terra ed incrociò le gambe, sospirando. Si spostò una ciocca di capelli
dal volto, mentre Shikamaru si accoccolava accanto a lei, attento.
“Da quando sono nata, mi hanno sempre detto che un ninja non deve aver paura di nulla.
Ed è la stessa cosa che hanno ripetuto anche a Kankuro. Ma poi, quando è nato Gaara, mi
hanno insegnato che di lui era giusto aver paura. Ero abituata a vedere gli shinobi del mio
Villaggio come delle persone coraggiose, che non temevano di gettarsi nella battaglia, né di
cadere uccisi durante le missioni. Ma poi, quando Gaara ha iniziato a capire che con il suo
potere poteva fare molto più di quanto non possano fare i ninja normali, allora loro hanno
iniziato ad avere il terrore di lui. E cosa potevo pensare io di mio fratello, vedendo che i più
grandi shinobi ne erano terrorizzati? L’idea di stare insieme a lui mi faceva star male, se era
in casa non lo guardavo neppure, ed ho spinto Kankuro a fare lo stesso.
“Vedi, Kankuro, all’inizio, non capiva cosa ci fosse di strano in Gaara. Diceva che era
persino più piccolo di noi, che non dovevamo averne paura. Ma poi, quando avevo sette
anni...” sospirò “Gaara ha cercato di uccidere Kankuro. Non so perché. Ci siamo spaventati
a morte entrambi, e non volevamo più avere nulla a che fare con lui. Così mio padre l’ha
affidato a Yashamaru. Credo che avesse capito che lo odiava, nonostante cercasse di
dimostrarsi gentile. Fatto sta che ci siamo persi di vista. Tuttavia, avevamo ancora molta
paura di lui, e il fatto di non vederlo mai peggiorava la situazione.”
S’interruppe, e si voltò verso il ragazzo. Gli occhi erano lucidi, ma sembrava del tutto non
intenzionata a piangere di nuovo.
“Me ne vergogno così tanto...” mormorò. “Era soltanto un bambino, se l’avessimo amato di
più forse tante cose si sarebbero potute evitare...”
Il ragazzo scosse il capo.
“Anche tu eri soltanto una bambina. La colpa di quello che è successo non è né tua né dei
tuoi fratelli.” con lo sguardo la invitò a continuare.
“Dopo che Gaara ha ucciso Yashamaru, è tornato a vivere con noi. Credo che in quel
periodo lo odiassi. Gli stavo lontano, lo ignoravo. Qualche volta, all’inizio, lui ha cercato di
avvicinarsi a noi, ma non gliel’abbiamo mai permesso. Aveva sempre avuto un carattere
piuttosto instabile, con la scusa che era nato da un jutsu, ma in quel periodo è peggiorato
moltissimo. Mio padre lo teneva chiuso nella sua stanza con dei sigilli che gli impedivano di
uscire, e lo rendevano ancora più nervoso.
Quando credevo che ormai sarebbe impazzito del tutto, c’è stata tutta la questione degli
esami di selezione dei chunin.
277
Da allora abbiamo cercato di riavvicinarci a lui, ma più ci riusciamo e peggio mi sento...”
Si passò una mano sugli occhi, ricacciando le lacrime, e lasciò che Shikamaru si avvicinasse
di più a lei.
“Mi sento in colpa per quello che gli ho fatto. Ed ora che è in pericolo, che è solo, vorrei
poter fare di più. Vorrei fargli capire che gli voglio bene, che ci tengo davvero a lui.”
“Gaara ne dubita?” chiese il ragazzo, accigliato.
“Non ne sono sicura.” ammise Temari, scrollando le spalle. “Ma mi sembra che faccia fatica
a comprendere il nostro cambiamento. Credo che pensasse che fosse solo un suo problema,
che fosse l’unico a non riuscire a relazionarsi con gli altri.”
“Cosa intendi dire?”
“Gaara era convinto di essere l’unico a non avere amici, e questo perché, se vedeva me e
Kankuro, capiva che io e lui ci aiutavamo a vicenda. Non ha neppure mai immaginato,
suppongo, che uno di noi due potesse avere dei problemi a interagire con gli altri.”
“Credeva che riusciste a comportarvi con gli altri esattamente come vi comportavate tra di
voi?”
“Sì. Ma non è così. Quindi lui si è trovato piuttosto spiazzato. Era confuso, io ho cercato di
aiutarlo e non ci sono riuscita come avrei voluto. Soffre ancora molto, e io non riesco a fare
a meno di pensare che sia tutta colpa mia.”
“Non è colpa tua.”
“Sono stata io a convincerlo ad aiutare voi della Foglia. Lui non ne era convinto. Diceva che
c’era il pericolo che il nuovo Kazekage se la prendesse con il popolo, che non c’entrava
nulla.”
Una lacrima le affiorò all’improvviso dagli occhi, le cadde lungo una guancia, per poi finire
sulla maglietta, subito seguita da un’altra, e un’altra ancora.
Shikamaru le passò un braccio sulle spalle, e lei, senza aspettare che lui, come faceva
sempre, la stringesse a sé, poggiò il volto al suo petto, piangendo silenziosamente,
aggrappandosi alla stoffa della sua maglia, cercando conforto tra le braccia di quel ragazzo
che in pochi giorni aveva imparato come consolarla e come comportarsi con lei.
Lui non disse nulla. Si limitò e carezzarle i capelli, tenendola stretta a sé, ripensando a
quanto lei gli aveva detto.
Quanto le era costato quel racconto? Lei, che era sempre stata abituata a tenere tutto per sé,
a soffocare i propri sentimenti, quanto aveva sofferto nel raccontargli quelle cose? Certo,
non poteva dire che gli avesse confessato granché, ma in qualche modo, sapere che lei aveva
accettato di aprirgli il suo cuore, di condividere con lui ciò che la faceva star male, gli dava
una strana sensazione che non sarebbe mai stato in grado di descrivere.
“Credo che Gaara sappia che gli vuoi bene.” mormorò dopo qualche minuto. “Anzi, ne sono
certo.”
“Come puoi dirlo?” chiese la ragazza con voce tremante, senza accennare a volersi
allontanare da lui.
“Dal modo in cui ti ha guardata questa mattina, quando si è accorto della nostra presenza.
Sono sicuro che lui non prova nessun rancore nei tuoi confronti.”
Lei non rispose. Rimase immobile, allentando la presa sulla maglietta, lasciandosi
consolare dal ragazzo.
Shikamaru si mosse leggermente. Temari si era addormentata ancora stretta a lui, in una
posizione davvero scomoda per il giovane, che cercava in tutti i modi di spostarsi
lievemente, senza svegliarla.
Dopo vari tentativi, rinunciò all’impresa. Si avvicinò con il volto ai capelli ricci della
ragazza, perdendosi nel suo profumo dolce e caldo.
Improvvisamente gli venne da sorridere. Se Choji l’avesse visto in quel momento... l’amico
che da anni gli ripeteva che non era assolutamente normale che lui non avesse interesse per
le ragazze, cosa avrebbe detto se avesse saputo che in quel momento Shikamaru teneva
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stretta a sé una ragazza che aveva imparato a definire, nella sua mente, come splendida? Se
solo avesse sentito il cuore del suo amico che batteva furiosamente nel petto, o la piacevole
sensazione che l’aveva preso alla bocca dello stomaco...
Si ritrovò a pensare ad una discussione che avevano avuto prima di partire per quella folle
guerra, quando Choji gli aveva detto che avrebbe dovuto imparare a distinguere una
ragazza bella da una brutta. E Shikamaru gli aveva risposto che non era la bellezza ciò che
cercava.
Guardò Temari, che ancora dormiva, e sorrise. La ragazza che faceva per lui era tra le sue
braccia.
Era intelligente, astuta. Capace, ne era certo, di amare con passione, e di odiare con
altrettanto accanimento.
E amava il suo profumo, che sapeva di dolce, di sabbia; il calore della sua pelle abbronzata
dal sole cocente del suo Paese; il colore dei suoi occhi; e anche quel corpo non proprio
perfetto che a lei non piaceva.
In quel momento la ragazza si mosse. Aprì gli occhi, lo guardò, si allontanò da lui. Non
disse nulla, si limitò a voltarsi con lo sguardo verso la parete e a restare immobile nel
silenzio del rifugio.
Shikamaru si alzò.
Doveva tentare di rientrare al Villaggio, non appena avesse fatto buio, ma questa volta non
avrebbe portato Temari con sé.
L’avrebbe costretta a rimanere al sicuro con la forza, se fosse stato necessario.
“Mendekouze...” la chiamò dolcemente, avvicinandosi di un passo a lei.
“Che vuoi?” fece brusca la giovane, voltandosi con un bagliore furioso negli occhi.
Shikamaru sospirò. Si sentiva forse umiliata per quello che era successo? Perché non capiva
che mostrare i propri sentimenti non era segno di debolezza?
“Ho intenzione di tornare al Villaggio, stanotte. Ma non voglio che venga anche tu.” lo disse
lentamente, temendo la reazione della giovane, che non tardò ad arrivare.
“Vuoi lasciarmi qui come se fossi una stupida ragazzina da proteggere? Posso venire
anch’io!” esclamò, furibonda.
“No, invece. Perché tu adesso sei troppo sconvolta. Devi restare qui e riposare.”
“Non voglio riposare.”
“Non m’importa. Non verrai. A costo di legarti e di impedirti di uscire di qui con la forza.”
“Non puoi farlo!”
“Ti ho detto di no.” Lei attese qualche istante prima di rispondere.
“Perché? Io non capisco.”
“E’ proprio questo il punto!” sbottò il giovane, felice del fatto che lei gli avesse dato un
appiglio con cui argomentare le sue intenzioni. “Adesso tu sei troppo sconvolta per
ragionare, ed è normale, dopo aver visto tuo fratello in quelle condizioni. Ma non possiamo
rischiare di metterci in pericolo in questo modo. Lo capisci?”
“Non trattarmi come se fossi un idiota.”
“Non lo sto facendo.”
Seguirono alcuni attimi di teso silenzio. Per un po’, Shikamaru temette che Temari
l’avrebbe ucciso.
“Allora vai.” concluse lei, dopo un po’. “Ma se ti fai ammazzare, non è colpa mia. E vedi che
non se la prendano con Gaara.”
“Farò attenzione.” le assicurò lui, prima di aprire la botola con circospezione. Uscì con fare
deciso, facendo capire che aveva un piano ben preciso in mente.
In realtà, non aveva idea di cosa avrebbe dovuto fare.
Tornare all'interno del carcere avrebbe significato combattere, mettersi in pericolo,
uccidere o essere uccisi. D'altro canto, dopo tutto quello che era successo di sicuro le difese
dell'edificio erano state aumentate, anche se forse ci si poteva ancora avvicinare alla
279
struttura esterna senza farsi notare troppo.
Alzò gli occhi al cielo.
Da quando era arrivato a Suna, non aveva mai avuto il tempo di fermarsi ad osservare le
nuvole. I combattimenti, prima, e poi la sua fuga forzata con Temari, gliel'avevano sempre
impedito.
Presto il sole sarebbe tramontato, e allora avrebbe potuto cercare di entrare nuovamente al
Villaggio. Iniziò a dirigersi lentamente verso la porta principale, cercando un modo di
entrare che non desse nell'occhio.
Non avrebbe potuto mentire ancora, come aveva fatto nei giorni precedenti, perché era
sicuro che le guardie l'avrebbero riconosciuto.
Decise di deviare, e di avvicinarsi alle rocce di confine. Sarebbe entrato da lì.
Sarebbe stato molto più sicuro, anche se, con suo rammarico, gli sarebbe costata molta più
energia. Si sedette, poggiando la schiena alla parete rocciosa, e attese il calare del sole.
Il Villaggio era stranamente in agitazione, quella sera. Non si vedeva nessuno per le strade,
eppure si sentivano gruppi di voci che confabulavano animatamente. Shikamaru suppose
che gli abitanti del villaggio si fossero riuniti in una delle case lì vicino, oppure che fossero
rimasti talmente indignati dal terribile spettacolo che era stato offerto loro la mattina da far
dimenticare il terrore di infrangere le regole che prevedeva il coprifuoco.
Sicuramente, rifletté Shikamaru, un eventuale appoggio del popolo sarebbe stato molto
utile per la liberazione di Gaara. Sperava che quel clima, che preannunciava i preparativi
per una rivolta, sarebbe durato almeno fino alla mattina dell'impiccagione, quando, con
l'aiuto di Konoha, o, nel peggiore dei casi, del solo Kankuro, avrebbero dovuto sfidare
apertamente le forze militari di Suna e salvare finalmente Gaara.
“Sperando che sopravviva fino ad allora.” sussurrò poi, rivolgendosi a sé stesso.
Dopo le torture subite quella mattina, in effetti, non ci sarebbe stato da stupirsi più di tanto
se il giovane fosse morto.
Intravide, dietro all'angolo, la struttura carceraria. Come aveva previsto, all'esterno non
c'erano guardie.
Approfittando del buio, si avvicinò alla finestrella nella parete. Si inginocchiò e sbirciò
all'interno.
Gaara era lì, nel mezzo della stanza, adagiato per terra. Qualcuno lo aveva ripulito dal
sangue, e a Shikamaru venne il sospetto che fossero stati gli altri carcerati.
Una donna gli stava bagnando le labbra, mormorandogli qualcosa, ma il ragazzo aveva tutta
l'aria di non sentirla. Il ragazzo di Konoha cercò di scorgerlo meglio per controllare che
almeno respirasse.
Il petto nudo dell'altro, in effetti, si alzava e si abbassava, seppur in modo impercettibile.
Shikamaru sospirò. Tornato al rifugio, avrebbe avuto almeno una buona notizia da portare
a Temari.
In quel momento un uomo, che lo aveva visto, si avvicinò alla finestra. Il ragazzo cercò di
allontanarsi, ma quello lo afferrò per una mano, sporgendosi verso di lui, per quanto
possibile.
“Il Kazekage sta molto male” disse con voce roca. “Tu devi aiutarlo! Io ti ho visto, so che sei
un suo amico, ho visto che eri con Temari-sama, voi potete farlo, potete salvarci tutti...”
s'interruppe per riprendere fiato “Noi qui ci occuperemo del Kazekage, ma non possiamo
fare molto, è debole e noi non siamo medici. Ti prego...” Chiuse gli occhi in una smorfia di
sofferenza, poi lasciò andare il giovane di Konoha e tornò a mischiarsi alla folla che si era
disposta attorno a Gaara.
Shikamaru si voltò in fretta.
Iniziò a correre alla massima velocità che riuscì a raggiungere, e ben presto fu di nuovo al
rifugio.
Temari lo stava aspettando con gli occhi pieni di ansia.
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“Allora?” chiese con impazienza quando lo vide.
“E' vivo, per il momento.” si limitò a rispondere il ragazzo. “Ma dobbiamo muoverci.”
La ragazza annuì, incapace di parlare.
Shikamaru la fissò, e realizzò in un istante che mancavano soltanto due giorni, e a quel
punto non era più sicuro che sarebbero riusciti a salvare il giovane.
***
Gaara si mosse leggermente, avvertendo la sabbia bollente sul proprio volto. La caduta era
stata talmente veloce che quasi non se n'era accorto, ma l'impatto con il terreno era stato
terribile. Poteva sentire, vicino a sé, i mormorii spezzati della gente del suo Villaggio, che
era rimasta tutta la mattina a guardarlo soffrire sotto il sole cocente.
E non potevano comprendere l'umiliazione e il senso di impotenza che in quel momento lo
affliggevano.
Era stato il ninja più forte del Villaggio, lo shinobi più temuto. Ma in quel momento, si
riconosceva soltanto come un ragazzino come tanti altri, distrutto dalle lunghe torture e
dagli interrogatori disumani a cui veniva regolarmente sottoposto.
Non avrebbe mai parlato, e, in fondo, cosa avrebbe mai potuto dire? Non sapeva dove fosse
Kankuro, né cosa stesse combinando Temari.
L'unica cosa di cui era certo era che la sorella aveva cercato di portarlo via di lì, con l'aiuto
di quel ninja di Konoha che non gli aveva mai ispirato fiducia, ma che in quel momento
sembrava essere pronto a morire per aiutare qualcuno che non aveva mai fatto nulla per lui.
Dallo sguardo che aveva lanciato a Temari, due giorni prima, Gaara aveva intuito che quello
strano shinobi stava facendo tutto ciò solo per Temari, ma non poté fare a meno di
essergliene comunque molto grato.
Avvertì delle mani che lo afferravano rudemente, e si sentì trascinare fino alla cella.
Soffocò un gemito di dolore mentre lo scagliavano sul pavimento bollente. Alla fine, riuscì a
socchiudere gli occhi e a guardare un po' intorno a sé, distinguendo gli altri carcerati che gli
pulivano le ferite e gli bagnavano le labbra.
Entro due giorni, si ripeté, in un modo o nell'altro, sarebbe finito tutto.
Capitolo 7: Sesto giorno
Shikamaru guardò impassibile i corpi delle due guardie che cadevano a terra con un tonfo
sordo.
Temari, accanto a lui, stringeva in mano un kunai insanguinato. Senza dire nulla, entrarono
lentamente nel Villaggio, nascosti dall’oscurità della notte.
Sapevano che non potevano più fallire. Quella sarebbe stata la loro ultima occasione. Se
avessero fallito, Gaara avrebbe pagato il loro errore con la vita. Sentivano la tensione
crescere ad ogni passo, ad ogni minuto che passava.
Non erano sicuri che Kankuro sarebbe riuscito a tornare in tempo per aiutarli, e non
sapevano neppure se Konoha gli aveva effettivamente dato aiuto. La situazione tra Konoha
e Suna stava precipitando, e da qualche giorno a quella parte i ninja di entrambe le fazioni
si stavano dimostrando quanto mai spietati e privi di scrupoli.
Temari si voltò verso il palazzo del Kazekage. Si accigliò.
Nonostante fosse notte fonda, c’era una luce accesa in una delle stanze dove, lei lo sapeva
bene, il Kazekage riceveva il capo delle guardie.
“Cry-baby” chiamò piano, e il ragazzo si voltò verso di lei, avvicinandolesi “Andiamo lì.
Potrebbe esserci il Kazekage.”
Shikamaru la seguì. Non era certo che fosse una buona idea; se il Kazekage si fosse accorto
della loro presenza, forse non sarebbero morti molto prima dell’esecuzione. Tuttavia, non
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protestò. Temari sembrava estremamente decisa e quasi imprudente, ma Shikamaru
sapeva che era riuscita a ritrovare il senno e che non si sarebbe messa in pericolo
inutilmente.
Si appostarono sotto alla finestra aperta, ringraziando il colpo di fortuna insperato. Forse, il
Kazekage confidava talmente tanto nelle sue guardie da non curarsi di proteggere il
palazzo, che, evidentemente, era ben custodito dall’interno.
“Kazekage-sama, tutto è pronto per domani mattina. Come dobbiamo procedere?” la voce
del Capo delle Guardie li raggiunse dopo qualche istante, più limpida e chiara di quanto
non avessero mai sperato.
“Fate in modo che tutti lo vedano.” replicò il Kazekage con voce divertita. “Voglio che il
popolo sappia che anche lui è un essere umano. Picchiatelo, prima di impiccarlo. Davanti a
tutti, che vedano. Cosa penseranno quando si accorgeranno che il grande Gaara non è
nemmeno in grado di difendersi?”
“Non credete, signore, che questo potrebbe scatenare una rivolta?” domandò preoccupata
la guardia, ma per risposta si udì una risata falsa e malvagia.
“No. Uccidete tutti quelli che si mostrano contrariati. Il popolo non deve intromettersi. Ma
fate attenzione. Cercate fra di loro, potremmo trovare i traditori.”
“Intendete... I due fratelli del ragazzo?”
“Proprio loro.” convenne il Kazekage. A quelle parole, Temari e Shikamaru si fecero più
attenti. “Se li vedete, catturateli.”
“Che cosa dobbiamo farne?”
“La ragazza è molto carina.” commentò malevolo il Kazekage. “Credo che alle guardie
potrebbe piacere un bottino simile. Fatene ciò che volete, ma quando avete finito
ammazzatela.”
Shikamaru guardò Temari e la vide impallidire paurosamente, eppure lei non si mosse, né
diede segno d’essere spaventata da ciò che aveva sentito.
Il Capo delle Guardie schioccò la lingua, divertito.
“Certo, Kazekage-sama. Siete molto generoso.” aggiunse, e Shikamaru sentì lo stomaco
contrarsi dolorosamente all’idea di ciò che avrebbe atteso Temari se si fossero fatti
catturare. “Ma se troviamo il fratello, invece, che cosa dobbiamo fare?”
Seguirono alcuni istanti di silenzio.
“Uccidetelo, ma prima raccontategli di come avete torturato Gaara. Sono sicuro che gli farà
molto piacere.” scoppiò a ridere. “So che c’è anche un ninja della Foglia con loro.” aggiunse
dopo un po’. “Se lo vedete, uccidetelo senza esitazione. Siamo in guerra e sono certo che
all’Hokage non interesserà più di tanto perdere un ragazzino che si è schierato contro il
proprio Paese per aiutare tre fratelli di Suna.”
“Sì, signore, certamente. L’esecuzione è fissata per domani mattina all’alba. Volete che vi
venga a chiamare, quando saremo pronti?”
Avvertirono un rumore di sedie che si spostavano, poi dei passi pesanti sul pavimento.
“No, chiamatemi prima. Voglio parlare con quel ragazzino prima che venga portato davanti
al popolo.”
Shikamaru, sentendo che qualcuno si avvicinava alla finestra, afferrò Temari per un braccio
e la condusse lontano, giusto qualche secondo prima che il Kazekage si affacciasse e
guardasse fuori.
“Non dobbiamo farci prendere, Mendekouze.” mormorò guardandola negli occhi. “Cerca di
ricordartelo. Salveremo Gaara, ma non dobbiamo farci prendere. Niente di affrettato,
dunque. Interverremo solo quando saremo sicuri che non ci saranno rischi.”
“Se lo tortureranno, non puoi chiedermi di rimanere a guardare.” replicò pianissimo lei.
“Non puoi. Gaara non sopporterà un’altra cosa simile, morirebbe. Se quelli si mettono a
picchiare mio fratello, io con che coraggio posso restare ferma ad aspettare che finiscano?
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Porterei via un cadavere, e non è quello che voglio. Se devo dare la vita per salvarlo, allora
lo farò, cry-baby.”
Shikamaru rimase in silenzio, contemplando lo sguardo deciso della ragazza. Lo capiva,
certo, ma lui non le avrebbe mai permesso di compiere un simile, folle, gesto. Non avrebbe
sopportato di saperla prigioniera tra uomini privi di morale che le avrebbero recato ogni
tipo di offesa, prima di ucciderla.
“No, Mendekouze. Niente vittime, in questa missione. Nemmeno Gaara. Lo salveremo,
costi quel che costi, ma non ti permetterò di sacrificarti così. Adesso ci conviene andare. La
guardia che parlava con il Kazekage uscirà da lì, suppongo” e indicò con la mano la porta
principale del palazzo del Kazekage “e sarebbe un bel guaio se ci trovasse qui.”
Si allontanarono di corsa, facendo attenzione a non fare rumore.
Arrivarono sino alla piazza del Villaggio, e lì, seminascosta dall’oscurità, si trovava una
struttura che non avevano mai visto prima.
Distinguendola meglio, si accorsero che si trattava del patibolo su cui Gaara sarebbe stato
impiccato, all’alba del giorno seguente.
Shikamaru osservò Temari. La giovane era immobile, e fissava inorridita la corda che il
giorno dopo avrebbe ucciso suo fratello.
“Andiamo via.” mormorò d’un tratto, voltandosi verso Shikamaru. “Cerchiamo un posto
dove nasconderci. Ci conviene restare all’interno del Villaggio, o potremmo non fare in
tempo, domani, ad arrivare. Dobbiamo sistemare il nostro piano, e riposare.”
Shikamaru annuì.
“Sì, hai ragione.”
“Non credo che la mia casa sia ancora sorvegliata. Ormai l’hanno distrutta, penseranno che
non ci torneremo più.” Senza attendere una risposta del ragazzo, imboccò una strada
laterale, la stessa che Shikamaru aveva percorso, giorni prima, cercando l’entrata del
carcere.
La casa, come si aspettavano, era stata completamente distrutta. Metà del tetto era crollata,
e la porta, scardinata, era stata posta in malo modo davanti all’ingresso, che era stato
sbarrato, simbolicamente, con due travi di legno.
Shikamaru e Temari riuscirono ad entrare senza difficoltà.
La ragazza si guardò intorno per un po’, le mani riverse poggiate sui fianchi.
“Ci sarà da lavorare un bel po’, prima di riuscire a vivere qui dentro.” sussurrò, non del
tutto certa che al di fuori non li avrebbero sentiti.
“Vuoi tornare in questo posto, Mendekouze?” chiese Shikamaru, stupefatto. Lanciò
un’occhiata sbieca alle pareti, su cui facevano bella mostra di sé delle scritte oscene e dei
disegni altrettanto immorali il pavimento era coperto di legno, sabbia e pezzi di mattone e
vetro; le finestre erano state murate e ogni mobile era stato dato alle fiamme. Sui muri si
vedevano ancora le macchie scure lasciate dal fuoco, che evidentemente era stato appiccato
volontariamente e controllato meticolosamente, perché, in caso, contrario, Shikamaru
dubitava che l’incendio avrebbe risparmiato gli arredamenti più costosi e quel tappeto
pregiato che, arrotolato, era stato appoggiato al muro.
“Sì, ci tornerò quando avremo salvato Gaara.” replicò la ragazza sedendosi per terra. “Ma
per il momento non è questa la mia preoccupazione, cry-baby. Dobbiamo decidere che cosa
fare domani, tenendo in considerazione che Kankuro potrebbe non arrivare in tempo.”
sospirò, afferrando il ragazzo, che era in piedi accanto a lei, per un braccio e costringendolo
a sedersi.
“Sì, Mendekouze.” mormorò, convinto che se avesse osato dire una sola parola di più la
ragazza l’avrebbe ucciso.
La guardò di sottecchi. Anche se Temari era tornata a comportarsi come sempre, con il suo
carattere ostile e scontroso, Shikamaru le leggeva negli occhi l’ansia e la preoccupazione di
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non riuscire a fare nulla per Gaara.
Accigliandosi, pensò che in fondo le probabilità di portare a termine quella folle missione
che avevano intrapreso erano infinitesimali.
Loro erano soltanto in due, e le guardie del Kazekage, se non aveva sbagliato i conti, erano
nove, più un intero esercito al suo servizio. La guerra in corso rendeva tutto ancora più
complicato. Se Konoha avesse deciso di attaccare Suna proprio quel giorno, lui sarebbe
stato fatto passare per traditore, mentre Temari, probabilmente, sarebbe stata uccisa o
catturata.
Sapeva che i suoi amici non l’avrebbero maltrattata, ma non era certo di ciò sarebbero stati
in grado di fare gli altri ninja, in particolare quelli che appartenevano alla squadra Anbu e
che facevano fatica a comprendere il significato della parola ‘pietà’.
“Cry-baby? Mi stai ascoltando?” la voce di Temari lo riportò improvvisamente alla realtà.
La ragazza sbuffò, lanciandogli un’occhiataccia seccata.
“Stavo dicendo, cry-baby, che dovremmo aspettare che lo portino fuori. Se entrassimo nel
carcere combineremmo un disastro.”
“Sì.” approvò Shikamaru, che aggiunse: “Dobbiamo uccidere il Kazekage, Temari.
Dobbiamo ucciderlo per primo, e lo farò io. In questo modo, le sue guardie mi
attaccheranno e tu avrai tutto il tempo che ti serve per salvare Gaara. Contro un tal numero
di ninja, credo di non poterti offrire più un minuto e mezzo, a meno che tuo fratello non si
faccia vivo insieme ai rinforzi. Ce la puoi fare, vero?”
“Non ho il mio ventaglio.” soffiò la giovane, chinando il capo, e il seguente sguardo che lo
shinobi intercettò era di rassegnata ovvietà.
“No, non ce la puoi fare.” disse lentamente il ragazzo, facendosi pensieroso. “Dobbiamo
ammazzarlo, però, e la mia forza non può aumentare da oggi a domani. Se ci mettessimo
troppo, farebbero in tempo a ucciderci prima che riusciamo a salvare perlomeno lui.”
“Dobbiamo tentare, quindi?” lo interruppe lei, fissandolo seria.
“Sì.” annuì Shikamaru, serio. “E avremo una sola possibilità. Dobbiamo farcela, Temari,
dobbiamo farcela al primo colpo, o siamo tutti morti.”
“Manca un solo giorno, cry-baby. Ed ho come l’impressione che non ce la faremo.”
***
“Kankuro! Kankuro, ti prego, rallenta!” Sakura incespicò su una radice, ma si rialzò in fretta
e cercò di raggiungere lo shinobi di Suna, che correva quanto più veloce glielo consentissero
le gambe e la volontà. “Kankuro! Se corri così ti sfinirai prima ancora di arrivare al
Villaggio, e non sarai in grado di aiutare Gaara!”
“Non ti sta ascoltando.” la interruppe Naruto, che l’aveva raggiunta. “Ha ragione! Non
possiamo lasciare Gaara da solo. Morirà, se quello che Kankuro ha detto è vero.”
“Lo so.” si adirò la ragazza. “Ma non è questo il modo di...”
“Non è questo il modo di salvare Gaara?!” Kankuro, che si era fermato di botto, si portò
davanti a lei, pallido di collera, gridando. “Io non lo so qual’è il modo di salvare Gaara, ma
so che devo salvarlo. E se non ce la fai a correre, se ti vuoi fermare, allora fallo. Ma non
cercare di fermare me, perché non ci sto. Devo essere al Villaggio entro domani mattina
all’alba.”
“Manca ancora un giorno di viaggio...” mormorò scoraggiata la ragazza, chinando il capo.
Il combattimento a cui erano stati costretti il pomeriggio prima li aveva rallentati non poco,
e lei si rendeva perfettamente conto che, di quel passo, sarebbero arrivati a esecuzione
conclusa.
Tuttavia, l’istinto le diceva che la rabbia e la disperazione di Kankuro li stavano conducendo
in una missione suicida, e nessuno sembrava essere in grado di farlo tornare in sé.
“Devi cercare di calmarti, Kankuro!” sbottò, consapevole del fatto che non era affatto
semplice come voleva far credere. “In questo modo ci farai ammazzare tutti.”
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“Lo so che dovrei calmarmi” ringhiò il ragazzo, puntandole il dito contro, minaccioso. “Ma
tu hai una vaga idea di come mi sento? Mio fratello in questo momento è prigioniero, ed io
non so dove l’hanno portato né cosa gli hanno fatto o cosa gli hanno detto. E Temari? Tu sai
dov’è Temari, o come sta? So che c’è quell’idiota col codino con lei, ma non mi fido di lui, e
per quanto ne sappiamo potrebbero già essere morti tutti quanti, e noi, in questo caso,
correremmo soltanto per fare la loro stessa fine.
Quindi, mi dispiace, ma non sono disposto a fermarmi. E non farmi più perdere tempo!”
Ricominciò a correre, più veloce di prima, con la rabbia che gli cresceva in corpo e la
disperazione che aumentava ad ogni passo. L’ultima traccia di speranza che aveva avuto
sino a quel momento era scomparsa nel nominare i fratelli.
E mai come in quel momento si era reso conto di quanto potessero mancargli, di quanto li
amasse in realtà. Se l’idea che Gaara era prigioniero lo atterriva, il non sapere dove fosse né
cosa stesse facendo Temari lo faceva impazzire.
Sentì gli occhi inumidirsi, un po’ per la corsa, un po’ per la rabbia e per la disperazione, ma
non aveva nemmeno il tempo di piangere; doveva arrivare al Villaggio, e il più in fretta
possibile. Avrebbe ucciso tutti quelli che si fossero messi in mezzo, si fosse trattato anche di
donne e di bambini.
Nessuno avrebbe potuto fermarlo. Per la prima volta nella sua vita, sentiva che la sua
famiglia, o quello che restava di essa, veniva prima di ogni cosa.
Sollevò leggermente gli occhi al cielo, che stava già cominciando a schiarirsi. Accelerò fino a
che non sentì che non gli sarebbe stato possibile aumentare ancora l’andatura, e proseguì
tra le dune sabbiose che finalmente erano comparse attorno a lui.
La stanchezza parve passare, e le forze parvero tornargli.
Gaara, Temari, sto arrivando.
Capitolo 8: Ultimo giorno
Per Shikamaru, quella era stata una notte senza sonno.
Temari non aveva fatto altro che girare senza sosta per la casa, mormorando tra sé e sé,
sfiorando quei pochi oggetti che erano rimasti intatti, ripetendo il piano che avevano
preparato insieme.
“Cry-baby” lo chiamò piano quando il sole iniziò a sorgere. “E’ ora.” La voce le tremò
appena, mentre col capo accennava alla folla che già si stava dirigendo verso la piazza, fuori
dalla finestra.
“Andiamo.” sospirò lui, alzandosi dal pavimento sporco e afferrando i kunai. Le si parò
davanti e la fissò negli occhi. “Cerca di mantenere la calma, Mendekouze. So che è difficile,
ma cerca di mantenere la calma. Dobbiamo uccidere il Kazekage, ed avremo un colpo
soltanto, uno. Non possiamo permetterci di sbagliare. Tu non preoccuparti dei ninja, se non
puntano a te. Prendi Gaara e vattene. Ricorda.”
La ragazza annuì decisa, ma dentro di sé sapeva che, una volta che fosse cominciato, non
avrebbe saputo ignorare il combattimento. Certo, avrebbe per prima cosa portato in salvo
Gaara, ma poi? Avrebbe avuto il coraggio di lasciare che lo shinobi di Konoha se la cavasse
da solo contro un intero esercito? Sarebbe stata in grado di restare a guardare mentre lui si
esponeva in quel modo alla morte?
Conosceva già la risposta, ma preferì ignorare i propri pensieri e seguire Shikamaru in
strada.
Più si avvicinavano alla piazza, più la giovane si sentiva invasa da un senso di nausea. Per la
prima volta dopo una settimana si rese conto della situazione in cui si trovavano.
Prima non aveva pensato al fatto che il Kazekage avesse molte guardie al suo servizio,
mentre loro erano soltanto in due. Non aveva considerato che Gaara era talmente debole da
rischiare di morire in ogni secondo, forse tra le sue braccia, se fosse riuscita a strapparlo al
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patibolo. E il popolo? Che ne sarebbe stato del popolo se loro avessero fallito, se non fossero
riusciti ad uccidere il Kazekage? E se anche avessero portato a termine la loro missione, chi
assicurava che le guardie non avrebbero attaccato la popolazione civile per vendetta?
“Sarà un’ecatombe” mormorò sconvolta quando realizzò cosa avrebbe potuto comportare
quello che avevano in mente.
Shikamaru annuì.
“Forse. Ma qualunque cosa accada, ricordatelo: mantieni la calma e stai lontana dal
combattimento.”
Temari sollevò lo sguardo lentamente, sperando che nessuno dei militari lì presenti le
prestasse attenzione. Si voltò verso Shikamaru e lo vide concentrato e attento.
Gaara non era ancora stato portato allo scoperto, e l’esecuzione era continuamente
ritardata. Il Kazekage si muoveva impaziente sulla sedia che gli era stata riservata, mentre
la corda che avrebbe dovuto uccidere Gaara oscillava macabramente, mossa da un
lievissimo vento.
“Che seccatura.” borbottò Shikamaru muovendo impercettibilmente le labbra. S’accigliò.
“Se ritardano così tanto significa che c’è qualcosa che non va.” rifletté, e la ragazza annuì.
“Forse Gaara...” mormorò, ma non aggiunse altro.
Sapeva che Shikamaru avrebbe capito.
“No.” replicò quello sottovoce. Mosse impercettibilmente la mano e le indicò due soldati
che stavano avanzando in quel momento. “Eccolo lì.”
Temari sentì un nodo alla gola.
Portato a braccia da due shinobi, privo di sensi, pallidissimo, coperto da qualche abito
lacerato e sporco di sangue; Gaara, nient’altro che un prigioniero, uno dei tanti, che non
sperava altro che farla finita in fretta.
Lo fecero cadere sul legno della forca, poi uno dei due prese un foglio che il Kazekage gli
porgeva ed iniziò a leggere.
“Il qui presente Gaara... citato in giudizio per...” Temari non ascoltava. Si guardava intorno
attenta, cercando di capire quante persone si sarebbero trovati addosso una volta ucciso il
Kazekage.
Quando il ninja ebbe finito di leggere, la ragazza si voltò verso Shikamaru. Lui annuì.
Si fece largo tra la folla, che arretrò alla vista delle armi che il ragazzo teneva tra le mani.
Prese la mira e attese un solo istante; una goccia di sudore gli scivolò dalla tempia al collo e
lui, sentendo l’ansia che aumentava, scagliò il kunai con tutta la forza che riuscì a trovare.
Il Kazekage si afflosciò con un grido, e le due guardie che si trovavano sul patibolo gli
corsero vicino per aiutarlo. Temari, vedendo che si allontanavano, si affrettò a raggiungere
Gaara.
Nel frattempo, gli altri shinobi avevano circondato Shikamaru. Avvertì una stretta allo
stomaco, ma cercò di ignorarla. Cercò di sollevare il fratello come meglio poteva,
passandosi il braccio inerme del ragazzo intorno alle spalle e tenendolo per i fianchi; con
pochi balzi lo portò fuori dal campo di battaglia.
Gli shinobi ancora non si erano accorti del suo gesto, e ne fu sollevata.
Osservò qualche istante Gaara. Era sporco, emaciato, pallido, eppure respirava ancora.
Temari sospirò, portandogli una mano alla fronte. Scottava.
Quanto avrebbe potuto resistere ancora? La prigionia l’aveva indebolito molto più di
quanto si fosse aspettata. E dov’era Kankuro? Perché non era ancora tornato da Konoha?
Ormai avrebbe dovuto essere lì, ad aiutare Shikamaru, a soccorrere Gaara, a consolare lei.
Ma in fondo, che cosa poteva fare Kankuro? Forse avrebbe potuto dare man forte a
Shikamaru, che combatteva, circondato da nemici, mentre, pochi metri più in là, il
Kazekage moriva, ma non era certa che sarebbe bastato.
Quante possibilità avevano di sconfiggere quegli shinobi? Erano ben più esperti di loro, e
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molto più numerosi.
Prese la mano di Gaara e la strinse.
Si voltò a osservare la battaglia.
Shikamaru pareva in netto svantaggio. Cercava di difendersi utilizzando armi, pugni, calci e
morsi, ma era inutile contro così tante persone. E il popolo, per quale motivo stava a
guardare, immobile? Perché gli uomini non correvano ad aiutarlo?
La ragazza osservò qualche istante il volto del fratello, mordendosi il labbro. Come poteva
lasciare che Shikamaru si facesse ammazzare, lì in mezzo? E allo stesso modo, con che
coraggio avrebbe abbandonato Gaara in quelle condizioni, dopo che avevano rischiato tanto
per salvarlo?
Shikamaru era stato categorico, su quel punto; lei non avrebbe dovuto avvicinarsi al
combattimento, e, soprattutto, non avrebbe dovuto attirare su di sé l’attenzione.
“Temari!” la ragazza si voltò di scatto, stringendo tra le mani un kunai.
Quando riconobbe la persona che stava correndo verso di lei, lo lasciò cadere, stupefatta.
Sgranò gli occhi e sentì che c’era ancora qualche speranza.
Kankuro accelerò all’improvviso, e con un ennesimo scatto superò Sakura e Naruto, che da
poco l’avevano raggiunto.
“Il Villaggio!” esclamò. “Gaara...”
Si avviarono velocemente verso le porte, cercando di vincere la stanchezza, la sete, la fame;
Kankuro non aveva accettato di fermarsi nemmeno un istante, il giorno prima, e in quel
momento sentivano che avrebbero avuto bisogno di una pausa.
“Kankuro, dove si terrà l’esecuzione?” domandò Sakura guardandosi intorno. Per quale
motivo non c’era nessuno di guardia all’ingresso del Villaggio?
Kankuro allungò un braccio e lo puntò dritto avanti a sé.
“Là.” mormorò.
Poteva sentire chiaramente un gran frastuono provenire dalla direzione in cui erano
diretti.
Forse erano arrivati troppo tardi, forse Temari non era riuscita a salvare Gaara, forse anche
lei era stata catturata... e quel ninja della Foglia, che cosa ne era stato di lui? Era morto?
Era stato vicino a sua sorella, come Kankuro sperava? O forse l’aveva consegnata agli
shinobi di Konoha, o al Kazekage in persona?
Che cosa stava succedendo in quella piazza?
Imboccò una stradina secondaria che l’avrebbe portato nel centro del Villaggio in meno
tempo, seguito da Naruto e Sakura.
E finalmente, eccola.
Kankuro trattenne il fiato.
Il patibolo era vuoto, e distinse, lì accanto, un gruppo di persone che si agitavano attorno a
qualcosa. Nel bel mezzo della piazza, qualcuno combatteva, solo contro l’intera guardia del
Kazekage, composta da una decina dei ninja più esperti di Suna.
Strizzando gli occhi, Kankuro si accorse che era Shikamaru.
Sentendo che il cuore saltava un battito, si mise alla ricerca di Temari. E infine, eccola, in
disparte, un po’ lontana dal combattimento, accanto ad una persona stesa a terra, inerme...
Corse in quella direzione. Era Gaara, Gaara quello che non si muoveva, a terra? E allora,
che fosse già morto?
Era arrivato troppo tardi? Sentì la rabbia ribollirgli nello stomaco e gli occhi iniziarono a
pizzicare.
Era così incapace da non riuscire a salvare il proprio fratello?
“Temari!” chiamò, ma le urla dei ninja sovrastarono la sua voce. Vide Naruto gettarsi nel
combattimento, mentre Sakura lo stava seguendo.
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Quando fu più vicino, gridò nuovamente:
“Temari!”
E fu solo allora che lei si voltò.
Temari si alzò in piedi di scatto e corse verso Kankuro, che la prese per le spalle e la guardò
qualche istante.
“Nee-chan....” mormorò. Aveva gli occhi lucidi, velati di lacrime.
“E’ vivo, Kankuro, è vivo.”sussurrò lei voltandosi verso Gaara.
“Vivo...” ripeté il ragazzo, poi annuì convulsamente, passandosi una mano sugli occhi.
Quando la ritrasse, le lacrime iniziarono a segnargli il volto, ma lui non ci fece caso. “ E tu,
Temari, tu come stai? Che cosa è successo? Perché quel ninja della Foglia sta combattendo
da solo in mezzo alla piazza?”
La giovane annuì.
“Sto bene, ma non è questo il momento. Dobbiamo occuparci di Gaara, subito. E’ debole,
e...”
“Temari-san.” Sakura, già china su Gaara, la interruppe. “Non ti preoccupare, lo curerò io.”
Un grido, seguito da un boato, li fece sobbalzare.
Si voltarono appena in tempo per vedere Shikamaru e Naruto correre verso di loro, mentre
la folla afferrava le guardie del Kazekage. Un gruppo di uomini ne trascinò uno sul patibolo
che avevano preparato per Gaara. Uno di loro urlò qualcosa, poi strinse la corda attorno al
collo dello shinobi, che cercava di divincolarsi e ruggiva qualche ordine ai suoi compagni,
anche loro intrappolati dalla furia del popolo.
Temari smise di guardare, e si concentrò sui due ninja che li avevano raggiunti.
Shikamaru aveva un lungo taglio sulla guancia, e avanzava lentamente, coperto di sangue.
“Cry-baby!” esclamò la ragazza. “Sei ferito?”
Lui scosse il capo, passandosi un dito sulla ferita al volto.
“No, un taglietto.” indicò le vesti impregnate di sangue. “Non è mio.” spiegò, poi si voltò a
guardare Gaara.
Naruto era già corso vicino a Sakura e fissava con un’espressione di terrore il volto dell’altro
ragazzo, che ancora non accennava a riprendersi.
“Sakura-chan... è grave?” domandò con voce rotta.
“Gaara è forte.” si limitò a replicare la ragazza con espressione seria.
Temari si avvicinò a Kankuro, si appoggiò a lui.
Non aveva mai sentito il bisogno, prima, di stargli accanto, di farsi rassicurare da lui. Ma in
quel momento le sembrò di essere incredibilmente debole, stanca, di necessitare di un
conforto più profondo delle semplici parole, che in quel momento poco potevano fare.
Kankuro, con un gesto un po’ goffo, le cinse le spalle con un braccio e la strinse a sé. Le
sussurrò qualche parola d’incoraggiamento all’orecchio, poi si allontanò da lei e
s’inginocchiò accanto a Gaara.
“Ho bisogno di portarlo in un posto più tranquillo per poterlo medicare.” disse Sakura dopo
un po’.
“Casa nostra...” rispose Temari. “Lì non ci disturberà nessuno.”
§§§
Shikamaru si avvicinò a Temari e le lanciò un’occhiata indagatrice.
Era seduta a terra, in un angolo, e sembrava serena. Con l’aiuto di Kankuro e Naruto aveva
riordinato la casa, e in quel momento i due ragazzi si stavano dando da fare per cancellare
le scritte dai muri e raccattare ciò che non era stato distrutto dai militari.
“Cry-baby.” lo chiamò alzandosi. Lui piegò un po’ la testa da un lato.
288
“Sì?”
“Perché mi hai aiutata?”
Shikamaru rimase in silenzio per un po’. Si era posto quella domanda tante volte, in quei
giorni, e non era mai riuscito a trovare una risposta. Non era certo che si trattasse solo di
bontà d’animo, perché, in effetti, non avrebbe mosso un dito se fosse stato qualcun altro in
quella situazione. E allora, forse, l’unica cosa che potesse fare era ammettere la verità.
“Non lo so.” sospirò sedendosi accanto a lei. “Credo... no, non lo so. L’ho fatto e basta. Non
fare domande complicate, Mendekouze, è seccante.”
Temari sbuffò.
“Sei impossibile, cry-baby.” sentenziò alzandosi e raggiungendo Sakura che, nell’altra
stanza, si stava occupando di Gaara.
Shikamaru la seguì.
“Come sta?”
“Si riprenderà.” rispose Sakura sorridendo. “E’ forte, ma ha bisogno di riposo, di cibo e
acqua. E’ disidratato e probabilmente è stato picchiato varie volte, ma non è in pericolo di
vita. In questo momento è solo molto, molto debole.” spiegò asciugandosi il sudore della
fronte con il braccio.
Si voltò verso Shikamaru.
“Tu sei ferito? Ho visto che combattevi.”
“Sto benissimo.” replicò il ragazzo alzando le spalle.
Temari sospirò e sollevò gli occhi al cielo limpido.
Era uscita di casa in cerca d’un po’ d’aria, e Shikamaru l’aveva seguita, sebbene nemmeno
lui comprendesse appieno il motivo di quel suo gesto.
“Non hai mai guardato le tue amate nuvole, durante questa missione.” commentò con un
ghigno la ragazza.
Shikamaru si corrucciò, pensieroso. In effetti, non ne aveva mai sentito il bisogno. Certo,
era stata una settimana estremamente impegnativa, ma le occasioni per osservare il cielo
non erano mancate, eppure...
“No, pensavo ad altro.”
“A come evitare di farti ammazzare?”
“No, a come evitare che ammazzassero te, Mendekouze.” ribattè serio lui, e Temari sgranò
gli occhi, per poi ridurli a due fessure.
“Che cosa intendi dire, cry-baby?” sibilò, già sulla difensiva.
Shikamaru scrollò le spalle, alzando le mani in segno di resa.
“Ah, ti scaldi per niente, Mendekouze. Non sto dicendo che sei un incapace. Sto dicendo che
ero preoccupato per te. Avevo paura che facessero del male a te.”
Improvvisamente si sentì un idiota. Come gli era saltato in mente di dire una cosa simile ad
una kunoichi come Temari? Come minimo, ora lei avrebbe messo mano al suo famoso
ventaglio e avrebbe messo fine alla sua sofferenza.
“Mi stai prendendo in giro, cry-baby?” domandò invece lei, tesa e sospettosa.
“No, Mendekouze, sono serio. In verità, rispondendo alla domanda che mi hai posto
prima... Ti ho aiutata perché non sopportavo di vederti in quello stato. Non potevo vederti
soffrire così. Ecco tutto.”
Si passò una mano tra i capelli e la guardò di sottecchi, in attesa del colpo di grazia.
Invece, la ragazza sembrava pensierosa. Rimase qualche attimo silenziosa, poi,
all’improvviso, gli si avvicinò e gli scoccò un leggero bacio sulla guancia.
Il giovane arrossì e si portò una mano al volto, mentre lei si voltava e rientrava in casa.
“Sai, cry-baby, sei insopportabile. Durante questa missione, credimi, ti avrei strangolato
almeno una volta al giorno, soprattutto se ti dimostravi più razionale di me, ma se ci sarà
un’altra vita, credimi, voglio incontrarti ancora.”
289
Gli strizzò l’occhio e chiuse la porta alle sue spalle, lasciandolo solo in giardino.
Il ragazzo chiuse gli occhi e lasciò che il vento gli carezzasse dolcemente il volto.
Inspirò a pieni polmoni e sorrise.
“Anch’io, Mendekouze.”
Disegnato da Aphael
290
Sakura Akaichi
Cespuglio
Piccola fic dal gusto allegro e leggero, concentra tutta la sua attenzione su un unica
scena dal pieno gusto shikatemaresco. Riassume in poche righe l'intesa e ironia della
coppia nella sua ambientazione naturale, divisa fra le colline e gli arbusti di Konoha e
l'ufficio dell'Hokage.
Temari e Shikamaru stavano camminando in mezzo al deserto da un giorno ormai. Stavano
ritornando sa Suna per andare a Konoha dopo che Shikamaru era stato mandato come
ambasciatore dall'Hokage. Per il ritorno però Temari aveva insistito per accompagnarlo, destando
il sospetto dei fratelli maggiori che si erano premuniti di minacciare il povero Nara di morte
assoluta se avesse toccato la sorella.
Finalmente al terzo giorno cominciarono a intravedere il verde della terra del fuoco e ben presto
entrarono nella foresta che circondava Konoha. Fu a quel punto che Temari cominciò a avere degli
strani sintomi di nervosismo. Continuava a blaterare qualcosa che sembrava "Cespuglio". Che le
scappasse la pipì? Ma di certo Shikamaru non glielo avrebbe chiesto: ci teneva alla pelle lui.
Ma intorno a loro c'erano solo alberi e qualche felce, niente cespugli, perciò la ragazza portò avanti
la sua cantilena mordicchiandosi un'unghia finché non uscirono dalla foresta.
Esattamente, appena fuori dalla foresta c'era un grosso cespuglio verde, rigoglioso e senza spine. E
sopra c'erano delle bacche nere.
Non appena lo vide Temari bloccò la sua cantilena, ma non gli si avvicinò, però, non appena gli
passarono accanto, la ragazza afferrò Shikamaru per la coda e lo scaraventò oltre il cespuglio,
andandogli sopra a cavalcioni.
Disegnato da Tikkia
-Mendekouze, che diamine stai facendo?- le urlò lui rossissimo
-Naaaara, sai come si fanno i bambini?
Certo che lo sapeva, ma in preda alla vergogna e cercando di capire quello che stava succedendo
stette zitto.
-Bene, allora te lo mostro io- rise lei infilandogli la mano nei pantaloni.
Quando arrivarono nell'ufficio dell'Hokage, Shikamaru era spettinatissimo e aveva un'espressione
tra il beato totale e il sorpreso.
291
Tsunade Senju, viste le sue condizioni, lo rimandò a casa, ma poi, curiosa, chiese alla ragazza di
Suna cosa avesse fatto.
-Cespuglio- rispose semplicemente lei alzando le spalle.
Tsunade annuì soddisfatta.
-Brava ragazza.
292
.:(Hinata-Hyuga):.
Life goes on
Primo capitolo di una raccolta che racconta la vita a Konoha dopo la Quarta Grande
Guerra Ninja. Tutto ruota intorno ai personaggi della serie e in queste capitolo ci si
sofferma su Shikamaru e Temari ancora increduli che l'inferno si finito e che la loro vita
possa andare avanti. La loro relazione prosegue sul piano dell'ironia e la continua sfida
che però suggella un dolce amore.
Capitolo 1
Pace.
La fine della guerra era giunta finalmente. La ricostruzione di Konoha era stata quasi
ultimata e per le strade si potevano già sentire le risate dei bambini e il profumo che saliva
dai ristoranti all'aperto.
Una grande folla occupava le strade e gridava a gran forza la voglia di vivere di quel piccolo
villaggio che fino a poco tempo prima aveva perso innumerevoli giorni nel buio e
nell'angoscia.
Temari guardava in silenzio lo scorrere degli avvenimenti fuori dalla finestra.
Le sembrava quasi surreale, faceva fatica ad abituarsi a tanta serenità dopo un periodo
così buio, anzi, le veniva spontaneo stare sempre all'erta.
Il vento trascinava pigro la polvere sulla via affollata fino alle nuvole e il brusio arrivava
indistinto alla sue orecchie distratte.
-A cosa pensi?
Temari si voltò appena a guardare il suo interlocutore mentre si passava pensierosa le dita
sul collo liscio e chiaro.
-E' tutto veramente tornato normale? La gente riesce davvero a ridere e a tornare a vivere
come se non fosse successo nulla?
Il ragazzo alle sue spalle la guardò perplesso, poi comprensivo.
Temari era sempre stata difficile da capire, da anticipare. Poteva essere una furia o fingerlo
soltanto e la differenza era minima; oppure poteva mostrare quel suo lato sensibile e puro,
che ben pochi avevano avuto il privilegio di conoscere.
Shikamaru si alzò dal letto sfatto e attraversò la piccola stanza in boxer schivando ora il
grande ventaglio della sua ragazza, ora la sua giacca da jonin, gettata a terra la sera prima
senza molti riguardi.
Temari indossava solo una vestaglia semitrasparente rossa e aveva lo sguardo perso sulla
strada sottostante. Il giovane Nara approfittò della sua distrazione per abbracciarla da
dietro, godendo del suo corpo magro e molto forte nonostante fosse una ragazza. Le
appoggiò il mento sulla spalla per poterle sussurrare meglio all'orecchio.
-Non è il momento per essere tristi Temari... forse fare l'amore con me ti ammorbidisce a
tal punto?
Temari sorrise beffarda sbuffando e agitandosi nella presa, irrequieta.
-Chi credi di essere Shikamaru? tu...
Shikamaru provò a zittirla con un bacio, ma Temari lo consumò velocemente, con
ingordigia, per poter continuare. Non le era mai piaciuto quando comandava lui.
Si spostò dal davanzale tenendolo per mano e con un gesto del braccio che le scoprì il seno
giusto l'attimo di essere notato, lo gettò sul letto dove Shikamaru cadde, in attesa di capire
cosa volesse fare quella ragazza così selvaggia e, per questo e molto altro, speciale.
293
Temari si stese accanto a lui, strappandogli allo stesso tempo dalle mani la sigaretta che
Shikamaru stava per accendere.
-Ascoltami. Fumi dopo e solo se voglio. Non volevi sapere a che pensavo?- Lui la guardò
curioso.
-Dimmi Seccatura- e chiuse gli occhi.
Temari fissò il soffitto indecisa su dove iniziare. Giocherellò con i capelli che le ricadevano
sulle spalle, liberi dai grossi codini in cui li costringeva, ma dall'aspetto altrettanto ribelle.
Poi finalmente lo costrinse a guardarla negli occhi, girandogli il viso con una mano.
-Tu sei mio.- Puntualizzò con un tono tanto perentorio da attirare l'attenzione di
Shikamaru che le scostò deciso il polso.
-Non sono il tuo schiavo. Io sto con te perchè lo voglio. Sono qui con te perchè ho voluto
farlo. Sarebbe una vera seccatura essere di proprietà di qualcuno... fare tutto quello che mi
dice... basta mia madre per questo.
-E perchè vuoi passare del tempo con me? Ti sono forse... necessaria?
Disegnato da Selene
Si guardarono sfidandosi nella luce soffusa che filtrava dalla veneziana e che a lei
incorniciava il volto, le spalle e il seno fino alla vita magra, mentre a lui delineava le ombre
del viso e dei muscoli sul petto quanto quelli sul basso ventre, tanto che guardarsi negli
occhi divenne una necessità per non cadere vittima del fascino dell'altro. Del resto erano
due ninja e avevano un forte autocontrollo... anche più forte del normale, perchè si
stuzzicavano a vicenda, in un gioco di sguardi e doppi sensi. Le parole spesso erano
superflue, e fin da quando si erano conosciuti il loro legame era stato molto forte e ora
premeva così tanto tra loro che l'aria sembrava addensarsi e appesantirsi quando si
guardavano
-E se anche fosse?- chiese Shikamaru, sospettando un capovolgimento della situazione.
-Non voglio che stai con altre ragazze. Non come siamo stati noi questa notte Nara, non so
se mi intendi...-
294
Quello sguardo color acquamarina ,che sembrava voler trapassare ogni forma di incertezza
pur di dimostrare di essere superiore, lo stava fissando deciso. I loro respiri si scontravano
a pochi centimentri di distanza e il calore aumentava per entrambi.
-Voglio essere l'unica a stare con te. Del resto tu hai bisogno di me perchè senza saresti
solo un Crybaby annoiato.
-E da quando lo hai deciso?
-Da ora. In avanti.
-Ma non può essere una decisione solo tua... sbaglio o devo avere anche io voce in capitolo?
Mendokuse, Temari...- Shikamaru le accarezzò il profilo affilato della guancia - E se avessi
già altre ragazze per la mente? Un lampo d'ira passò negli occhi della ragazza che strinse le unghie sul petto di lui al punto
da fargli male. - Ti basta come risposta?- Gli sibilò all'orecchio.
Shikamaru sorrise, perchè sapeva fin troppo bene ciò che il cuore orgoglioso di Temari non
voleva dirgli a voce alta.
Lei lo amava, e lui non aveva bisogno di altre parole per capirlo, nonostante quel fiore della
sabbia cercasse fino all'ultimo di mostrarsi indipendente da tutto e da tutti.
Il Nara sbuffò, fingendosi seccato anche se quelle attenzioni mal celate gli garbavano non
poco. Cercò di rabbonirla
-Ora la guerra è finita. Suna e Konoha torneranno all'alleanza che le aveva unite e presto gli
scambi ricominceranno...Ma lo sguardo vivido di Temari si oscurò ancora di più -Non mi basta vederti agli esami
chunin, non lo capisci, cazzo?!?- Sbottò, arrabbiata.
Si alzò dal letto e prese a cercare con furia le proprie cose per la stanza mentre tratteneva
lacrime che non avrebbe fatto vedere neanche morta; finchè la mano fresca di Shikamaru
non le si posò sul collo coperto dai suoi capelli spettinati.
-Neanche io.
Temari si girò con aria di sfida.
-Che cosa vuoi fare allora?
-Proporti come ambasciatrice e portavoce di Suna in stato permanente a Konoha. In
quanto sorella del Kazekage e membro del consiglio puoi farlo e l'Hokage...bhè...mi ha già
firmato l'autorizzazione.
Temari rimase in silenzio, il sopracciglio alzato, e un espressione scettica. Shikamaru le
sventolò un foglio firmato davanti al viso e lei spalancò gli occhi, sorpresa, arrabbiata,
felice... le parole le erano morte in gola davanti all'iniziativa che quel Nara aveva preso da
solo... Indecisa se sentirsi offesa o lusingata Temari trattenne a stento un sorriso,
stringendo le labbra come a fingersi veramente arrabbiata.
L'effetto fu così bizzarro per lei che Shikamaru scoppiò a ridere e l'abbracciò.
-Scusa, avrei dovuto dirtelo, questa non potevi saperla...
-Hai fatto tutto senza dirmi niente! e se non avessi voluto???
-Bhè su una cosa avevi ragione... mi annoierei troppo senza di te.
Neanche lei sapeva bene perchè era attratta da quel ragazzo, più piccolo in età per giunta.
Forse era il suo modo di fare annoiato ma non per questo disinteressato, che sembrava
sempre aver la meglio su di lei, cosa che non poteva accettare. Forse era il fatto che
nessuno la guardava come Shikamaru, come una donna. Tutti in lei vedevano solo il
maschiaccio che era mentre combatteva, la grinta che mostrava nel fare le cose o la voglia
prepotente di mostrarsi superiore a tutto. Shikamaru non solo apprezzava questo suo lato,
ma vedeva il resto.
Non si riusciva mai a capire chi tra di loro era il migliore.
E nemmeno Shikamaru riusciva a prevederla, solo a comprenderla: gli piaceva il suo lato
ribelle e menefreghista. Gli piacevano quei codini sfrontati e il suo modo grezzo di
295
dimostrargli affetto. Gli piaceva trovare nei suoi gesti una naturalezza femminile e sensuale
quanto le altre se non di più.
Il loro orgoglio era pari e per questo Temari lo colpì forte sul petto, piena di sentimenti mai
detti, eppure così chiari... poi lo prese per la nuca, appena sotto la grande coda di capelli
che gli aveva meritato il titolo di Ananas oltre che di Crybaby, e lo baciò con passione,
decisa a mostrare che, nonostante tutto, il capo era lei. Gli tenne ferma la testa mentre le
loro lingue si intrecciavano e anche Shikamaru la strinse a se respirando a pieni polmoni la
felicità che gli dava quel gesto.
Quando si staccarono lei aveva già una domanda pronta, come a nascondere quel breve
attimo di debolezza. Era forse Shikamaru l'unico uomo che riusciva a piegarla? - Come hai
fatto a convincere Tsunade in così poco tempo?
-Bhè... se fosse stata Tsunade ci avrei messo di più in effetti...
-Cosa intendi dire? Non è stato l'hokage a firmar... Oh...-Ecco, vedo che hai capito, ma non dirlo a nessuno, lo sarà pubblicamente solo tra una
settimana e per allora è un segreto.-Capisco... come sta? non l'ho più visto dalla fine della battaglia.
-E' combattuto... ora ha molti altri problemi da risolvere.
-Gli dobbiamo tutti moltissimo... spero che mio fratello possa dargli qualche dritta. Chissà
cosa sta facendo ora...
Shikamaru si ridistese sul letto e con le mani incrociate dietro alla testa e, per riportare la
sua attenzione in quella stanza, disse con fare insignificante -Lo sai che ho convinto anche
Gaara a firmare il contratto?Temari lo guardò con gli occhi socchiusi e uno sguardo che non prometteva niente di
buono, tanto che Shikamaru temette di averla fatta arrabbiare per non si sa quale motivo.
Lei si avvicinò al suo orecchio minacciosa mentre gli afferrava i polsi con le mani,
interrompendo il Nara che cercava di accarezzarle la spalla.
-Molto bene Crybaby, a questo punto non puoi più sfuggirmi...-
296
APPENDICI
Iniziative della Black Parade
Halloween – The Black Night
Prima iniziativa del forum del 31 ottobre 2011, le autrici dovevano semplicemente
inventare una storia shikaxtema con il tema di Halloween.
http://moschenere.forumfree.it/?t=51685262
All I want for Christmas is Black
Iniziativa che copre tutto il mese di dicembre 2010, dal 1 al 25 sono state postate fic una al
giorno come calendario dell'Avvento. Si seguivano dei prompt a tema natalizio.
http://moschenere.forumfree.it/?t=51685262
Amore e tosse non si possono nascondere
Per San Valentino 2011 si è deciso di dividere l'evento in fic che avrebbero seguito prompt e
storie a tema libero.
http://moschenere.forumfree.it/?t=53490782
White Day
Il 14 marzo per giapponesi e coreani si tiene il White Day dove sono i ragazzi e non le
ragazze a consegnare il cioccolato come segno di affetto. La missione delle autrici era
quella di creare una ShikaxTema estremamente dolce e smielata.
http://moschenere.forumfree.it/?t=54009439
Black Day
Ad accoppiare al 14 marzo c'è il 14 aprile dove invece si festeggiano i single. Per questa
occasione inceve era quella di creare una storia parodica.
http://moschenere.forumfree.it/?t=54009439
ShikaTemaDay
Tradizionale evento per le mosche nere, il 23 di giugno è il giorno di raccolta di tutte le
sostenitrice della coppia. Il tema, come tutti gli anni, è libero.
http://moschenere.forumfree.it/?t=55827521
Happy Birthday Temari!
Semplice regalo all'eroina: il 23 agosto si doveva postare una storia con il compleanno di
Temari di mezzo.
http://moschenere.forumfree.it/?t=56964990
Happy Birthday Mr Crybaby
Analoga situazione per il compleanno di Shikamaru, questa volta era il 22 settembre.
http://moschenere.forumfree.it/?t=57404123
Halloween is BLACK as night it seems
Ripetizione dell'iniziativa dell'anno precedente svolta con le stesse modalità.
http://moschenere.forumfree.it/?t=58194814
Happy Birthday BlackParade!
Per festeggiare il primo anno di vita del forum, il 22 ottobre è stato il giorno in cui sia
autrici, che disegnatrici o cosplayer sfornato un prodotto per celebrare l'evento. Tema
libero.
http://moschenere.forumfree.it/?t=57966231
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Pagine degli autori
Seguendo i link si può accedere alla pagina di ogni autore, a lato è riportata la data di pubblicazione
della fic presente in questa raccolta.
Savior 24/09/2011
Sacchan23/08/2009
Berty_Poppins17/06/2009 – 09/12/2011
Tikkia14/02/2011
DirtyCharity14/02/2011
Shatzy23/06/2009
michiyo1age22/10/2011 – 06/11/2011
Aphael23/06/2011
Clahp14/03/2011
rolly too13/04/2008 – 10/09/2008
Sakura Akaichi29/03/2011
.:(Hinata-Hyuga):.02/07/2011
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