00.– US - Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
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La formula risparmio: Anno 107 - n. 5 - Maggio 2016 La Rivista Anno 107 - n.5 - Maggio 2016 5 anni 0 anticipo A L U M R FO 0% di Leasing + Swiss bonus pack FINO A CHF 5000.– DI CASH BONUS Galleria di base del San Gottardo fiat.ch Esempio di calcolo 500X Cross Plus 2.0 MultiJet 140 cv 4x4, 4,9 l / 100 km, 130 g CO2 / km, categoria d’efficienza energetica: C, prezzo listino CHF 32 600.– più vernice spéciale CHF 1600.– meno bonus stock (valida sulle vetture selezionate in stock) CHF 5000.–, prezzo d’acquisto in contanti CHF 29 200.–. 500X Cross Plus 2.0 MultiJet 140 cv 4x4, 4,9 l / 100 km, 130 g CO2 / km, categoria d’efficienza energetica: C, prezzo listino CHF 32 600.– più vernice spéciale CHF 1600.– meno CHF 4000.– cash bonus, prezzo d’acquisto in contanti CHF 32 700.–, rata di leasing mensile a partire da CHF 319.– IVA incl. 500L Trekking 0.9 TwinAir 105 cv, 4,7 l / 100 km, 109 g CO2 / km, categoria d’efficienza energetica: B, prezzo listino CHF 21 000.– più vernice speciale CHF 1000.– meno CHF 4000.– cash bonus, prezzo d’acquisto in contanti CHF 18 000.–, rata di leasing mensile a partire da CHF 209.– IVA incl. 500 Lounge 1.2 69 cv, 4,3 l / 100 km, 99 g CO2 / km, categoria d’efficienza energetica: B, prezzo listino CHF 16 090.– più vernice speciale CHF 550.– meno CHF 4000.– cash bonus, prezzo d’acquisto in contanti CHF 12 640.–, rata di leasing mensile a partire da CHF 149.– IVA incl. 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Scopri molte altre ricette di tiramisù su Il fiore all’occhiello di Iveco fornisce prestazioni di picco in ogni senso: grazie alla rivoluzionaria tecnologia d’avanguardia, lo STRALIS è il connubio perfetto tra forza e affidabilità e offre il massimo in tema di sicurezza e comfort di guida. Il tutto accompagnato da costi di esercizio (TCO) che riescono a convincere anche l’amministratore più rigoroso. Il vostro partner Iveco sarà lieto di consigliarvi. IVECO (Svizzera) SA, Oberfeldstrasse 16, 8302 Kloten, tel. 044 804 73 73 W W W . I V E C O . C H Editoriale di Giangi Cretti È il caso di dirlo: dopo 17 anni, ha i giorni contati. Poi, una volta officiata, il primo giugno, la liturgia del taglio del nastro, sarà consegnata al mondo. Dapprima, il 4 e 5 giugno e nei mesi a venire, a coloro che vorranno approfittare dell’occasione ed essere fra quelli che la percorreranno con viaggi speciali. In seguito, dall’11 dicembre, diverrà patrimonio comune di chi utilizzerà il treno per trasferirsi dal sud al nord delle Alpi. E viceversa. Stiamo parlando del tunnel di base del San Gottardo: con i suoi 57 km, la galleria ferroviaria più lunga al mondo. Un’opera di altissima ingegneria, talmente appetita, da trasformarsi in oggetto del desiderio di molti. Che avrebbero voluto poterne esibire, assumendola, la paternità. Tant’è, che quatto quatto (semplicemente distratto?), qualcuno c’ha pure provato. Senza successo. Perché quella che avvicina ancor di più il nord al sud dell’Europa (e viceversa) è un’opera che la Confederazione elvetica ha voluto e realizzato sul proprio territorio a proprie spese. Un’opportunità: perché si accorciano le distanze, non solo geografiche fra l’Europa mediterranea e quella continentale; perché cambierà il modo di pendolare, con tutto quello che comporta in termini di incontro di persone, di abitudini e di culture (pur sempre affini); perché ci si aggancia al treno (non solo metaforico) dell’alta velocità favorendone lo sviluppo anche sull’asse nord-sud (e viceversa). Al contempo, una sfida: perché dovrebbe tradursi in un tangibile incentivo al trasferimento del trasporto delle merci dalla gomma alla rotaia; perché sulla sua reale funzionalità pesano gli sbocchi in entrata e in uscita, sia a nord sia al sud della Svizzera, dove perplessità permangono attorno all’effettiva agibilità delle rampe d’accesso e dei centri di smistamento intermodale. Se, con attenzione, si guarda a settentrione di Basilea, dove l’infrastruttura logistica deve garantire il trasbordo efficiente dal camion al treno (e viceversa), con preoccupazione si registra che a meridione di Chiasso lo stesso obiettivo, puntualmente evocato a parole, non sembra trovare adeguata concretezza nei fatti. La Svizzera, per sua natura e per i trafori che ha realizzato negli ultimi due secoli, è al centro di uno dei principali assi del trasporto merci in Europa. Ogni anno, attraverso le Alpi svizzere, viaggiano su rotaia circa 26 milioni di tonnellate di merci, per l’80 per cento in transito internazionale. Con la galleria di base, il collegamento transalpino assumerà la caratteristica di una ferrovia di pianura. Con conseguenti notevoli vantaggi, de- rivanti dal fatto che consente il transito di treni più lunghi e più pesanti, con l’impiego di meno locomotive e tempi di percorrenza ridotti. I treni merci non avranno più bisogno di una locomotiva di spinta supplementare, il che permetterà di evitare lunghe manovre di smistamento. In tal modo, il trasporto merci su rotaia diventerà più concorrenziale, acquisendo efficienza e affidabilità maggiori. La capacità di trasporto aumenterà: nella nuova galleria potranno, infatti, transitare fino a 260 treni merci al giorno, a fronte degli attuali 180. Naturale prevedere, lo confermano anche diversi studi, che questo volume sarà destinato ad aumentare in futuro. Comprensibile, pertanto, che si voglia evitare l’ingorgo e le conseguenze – soprattutto a sud - dell’effetto imbuto. Vantaggi ci saranno anche per il traffico passeggeri. Solo nel bacino di utenza tra la Germania meridionale e l’Italia settentrionale, più di 20 milioni di persone beneficeranno di questa opera. La ferrovia di pianura permetterà collegamenti ferroviari più rapidi (meno di 20 minuti il tempo di percorrenza in galleria) e, si confida, affidabili e puntuali. Nella galleria i treni viaggiatori transiteranno, con cadenza semioraria. di regola a 200 km/h; in futuro sarà possibile raggiungere punte di 250 km/h. La riduzione dei tempi di percorrenza avverrà gradualmente a partire dal 2016. Una volta conclusi i lavori sull’intero asse del San Gottardo (incluse le tratte di accesso e la galleria di base del Ceneri pronta nel 2020), il risparmio di tempo tra Zurigo e Lugano ammonterà a circa 45 minuti. Se è vero, fin dal 1967, che la Cina è vicina, è altrettanto vero che, fra poco, Milano e Zurigo, vicini, lo saranno ancor di più. INSTEAD OF HIRING A SUPERMODEL WE BUILT ONE MASERATI GHIBLI; ADESSO CON PACCHETTO “SWISS-FREE-SERVICE” DI 3 ANNI* 1 MASERATI GHIBLI. A PARTIRE DA 67’000.–*2 DISPONIBILE CON TRAZIONE INTEGRALE INTELLIGENTE Acquistando una nuova Maserati Ghibli, modello 2016, nel periodo dal 1 aprile 2016 fino al 31 maggio 2016 – Maserati vi offre il pacchetto Swiss-Free-Service* . Approffiti adesso di 3 anni di manutenzione gratuita fino 60’000 km (a seconda del limite raggiunto per primo 1 * MASERATI GHIBLI DIESEL 6-CILINDRO-V-60° – 2.987 CM³ – POTENZA: 202 KW (275 CV) – 570 NM A 2.000 – 2.600 U/MIN – V-MAX. 250 KM/H – 0 A 100 KM/H IN 6,3 SEC. CONSUMI (L/100 KM) CICLO COMBINATO: 5,9 (EQUIVALENTE DI BENZINA) 6.6 – EMISSIONI CO2*3: 158 G/KM – CATEGORIE DI EFFICIENZA: D Modello effigiato: Maserati Ghibli S Q4 con pinze dei freni in alluminio color rosso CHF 95’994.–; prezzi di listini e offerte: salva revoca e sempre attuale su www.maserati.ch, Il costo trasporto vettura, consigliato da Maserati SA.: CHF 1500.–. Prezzo del concessionario su richiesta. 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Sommario 1 4 16 17 Editoriale Sommario PRIMO PIANO Galleria di base del San Gottardo Si conclude il conto alla rovescia L’epopea dei trafori alpini: Ieri e Oggi 1° giugno 2016: Inaugurazione della galleria di base del San Gottardo INCONTRI 24 29 34 44 46 54 55 56 58 59 62 64 70 71 78 «Diciamola tutta: le donne sono più brave» Donne in Carriera: Susanna Moccia Sanità digitale o mHEALTH: le “app mediche” qualificazione e aspetti della responsabilità civile La nuova normativa penale tributaria italiana CULTURA Ginevra tra i Savoia e la Svizzera e l’eroica notte dell’Escalade (1602) Dalla Svizzera degli Stati alla Svizzera federale Il Salone dei Visionari Lingotto Fiere, 12-16 maggio Sardinien – Land der Türme / Sardegna – Territorio delle Torri Marcel Duchamp. Dada e neo-dada Fino al 26 giugno al Museo comunale d’Arte Moderna di Ascona Le Corbusier sulla banconota da 10 franchi Biografie in filigrana La Rsi allo specchio delle opinioni dei cittadini della Svizzera italiana Lo studio illustrato dal presidente della Corsi e dal direttore dell’Osservatorio dell’Università di Losanna DOLCE VITA L’unico concerto svizzero di Paolo Conte Il 18 maggio al Kongresshaus di Zurigo 300 anni e nemmeno una penna bianca… Anteprima Chianti Classico Collection 2016 50a edizione di Vinitaly: Vinta la sfida della qualità Addio Menù degustazione Al ristorante ora il piatto si condivide “Two legends, two birthdays” Jeep e Montreux Jazz Festival Jeep e Harley-Davidson sempre insieme Quando si condividono valori autentici 79 80 Fiat Fiorino - Il van per la città si rinnova Pininfarina H2 Speed Nasce da una collaborazione italo-svizzera il Best Concept di Ginevra 2016 Verona Legend Cars Modelli unici del Museo Nicolis e le esibizioni del campione Miki Biasion 30 anni Pirelli P Zero Storia per numeri di un’icona del mondo automobilistico Sommario 82 IL MONDO IN CAMERA A Losanna, i vini del Piemonte: non solo Barolo e Barbaresco Taste of italy: il meglio del vino italiano a Zurigo Seminario sul settore dell’aviazione a Torino Barolo & Friends event 2016 a Zurigo Incontri d’affari con le imprese del Friuli Venezia Giulia Go-italy - Rimini life style 2016 86 Taste of italy – food edition: il meglio del cibo italiano a Ginevra 88 Le Rubriche 83 84 85 A Ginevra corsi di cucina in lingua italiana Al centro commerciale di Emmen Grande successo per l’area del gusto italiano Contatti Commerciali Benvenuto ai nuovi soci Servizi Camerali 6 In breve 41 L’elefante invisibile 9 Italiche 43 Per chi suona il campanello 11 Elvetiche 45 Benchmark 13 Europee 47 Scaffale 15 Internazionali 61 Sequenze 23 Cultura d’impresa 64 Diapason 26 Burocratiche 71 Convivio 33 Normative allo specchio 74 Starbene 35 Angolo Fiscale 76 La dieta rivista 37 Angolo legale Svizzera 77 Motori 38 Convenzioni Internazionali In copertina: Essenziale, quai sterile nel suo grigiore. Eppure in questo tunnel c’è un concentrato delle tecnologie più innovative, al salvaguardia, in modo particolare, dei livelli di sicurezza. Editore Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Direttore - Giangi CRETTI Comitato di Redazione A.G. LOTTI, C. NICOLETTI, S. SGUAITAMATTI Collaboratori C. Bianchi Porro, M. Calderan, G. Cantoni, M. Caracciolo Di Brienza, C. D’ambrosio, V. Cesari Lusso, M. Cipollone, P. Comuzzi, D. Cosentino, A. Crosti, L. D’alessandro, F. Dozio, M. Formenti, F. Franceschini, T. Gatani, G. Guerra, M. Lento, R. Lettieri, F. Macrì, G. Merz, A. Orsi, V. Pansa, C. Rinaldi, G. Sorge, N. Tanzi, I. Wedel La Rivista Seestrasse 123 - Cas. post. 1836 8027 Zurigo Tel. ++41(0)44 2892319 Fax ++41(0)44 2015357 [email protected], www.ccis.ch Pubblicità Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Seestrasse 123 - Casella postale 8027 Zurigo Tel. ++41(0)44 2892319 Fax ++41(0)44 2015357 e-mail: [email protected] Abbonamento annuo Fr. 60.- Estero: 50 euro Gratuito per i soci CCIS Le opinioni espresse negli articoli non impegnano la CCIS. La riproduzione degli articoli è consentita con la citazione della fonte. Periodico iscritto all’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana). Aderente alla FUSIE (Federazione Unitaria Stampa Italiana all’Estero) Appare 11 volte l’anno. Progetto grafico CMSGRAPHICS 83048 – Montella (Av) – Italy [email protected] Marco De Stefano Emanuela Burli Gianni Capone Stampa e confezione Nastro & Nastro srl 21010 Germignaga (Va) - Italy Tel. +39 0332 531463 Fax +39 0332 510715 www.nastroenastro.it In Breve Il Senato ratifica l’accordo Italia-Svizzera sulle doppie imposizioni fiscali Lo scorso 21 aprile l’Aula del Senato ha approvato definitivamente il ddl di ratifica dell’Accordo italo-svizzero sulle doppie imposizioni fiscali (Ratifica ed esecuzione del Protocollo che modifica la Convenzione tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, con Protocollo aggiuntivo, conclusa a Roma il 9 marzo 1976, così come modificata dal Protocollo del 28 aprile 1978, fatto a Milano il 23 febbraio 2015). Relatore in Aula, Gian Carlo Sangalli (Pd) che, dopo aver sintetizzato gli obiettivi del ddl, ha segnalato ai colleghi Aspettativa di vita nei Paesi dell’OCSE che “nel corso dell’esame presso la Commissione affari esteri, il Governo ha accolto un ordine del giorno, presentato dal senatore Micheloni e sostenuto da tutta la Commissione, in cui si impegna a tutelare la posizione dei cittadini italiani che hanno svolto attività lavorative all’estero, “in qualità di residenti iscritti all’AIRE ovvero come lavoratori transfrontalieri, e con i proventi di tali attività, già assoggettata a tassazione e contribuzione obbligatoria nello Stato estero, abbiano ivi costituito attività finanziarie o abbiamo acquisito immobili”. La Svizzera è al terzo posto tra i Paesi membri dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) per aspettativa di vita alla nascita con 82,9 anni. Davanti alla Confederazione vi sono la Spagna (83,2) e il Giappone (83,4). Quarta l’Italia con 82,8 anni. È quanto emerge dall’ultimo rapporto Health at a Glance dell’OCSE, basato sui dati del 2013. In Occidente, spiega il documento, rimane più alta la speranza di vita delle donne, anche se la forbice si sta richiudendo. I più longevi sono i maschi svizzeri, con 80,7 anni, seguiti dagli italiani con 80,3 e dai giapponesi e spagnoli con 80,2. Tra le donne in testa vi sono le giapponesi con 86,6 anni, seguite da spagnole e italiane. La media OCSE è di 80,5 anni, con un guadagno di oltre 10 anni dal 1970 a oggi. Circa il 50% degli over 65, che rappresenta la media OCSE, riporta di essere in buona salute. Nuova Zelanda e Canada registrano rispettivamente il 90 e l’80%. Nel 2013 la spesa sanitaria pro capite media si attestava a 3.544 dollari (3.459 franchi). Stati Uniti, Svizzera e Norvegia superano di gran lunga tale media. Conferenza a Ginevra: La nuova via dell seta cinese Il prossimo 1° giugno, alle 18.30 la Walker School of Business & Technology (WSBT) del campus ginevrino della Webster University (www.webster.ch) ospiterà una conferenza dal titolo: “One-Belt, One-Road: How foreign companies can take advantage of what could be China’s next wave of economic growth?” La conferenza si prefigge lo scopo di spiegare al grande pubblico l’evoluzione dell’ambizioso progetto di ricreare la “via della seta” anche tramite la nuova Banca Asiatica d’Investimento nelle Infrastrutture (AIIB), che conta ormai oltre trenta membri e sta facendo concorrenza alla Banca Mondiale. La cosiddetta “One-belt, One-road” (OBOR) è la nuova via della seta cinese. L’OBOR è ormai il cavallo di battaglia della politica estera del presidente 6 - La Rivista maggio 2016 Fca: trimestre record, utile netto sale a 528 mln Il gruppo Fca chiude un primo trimestre 2016 record con un ebit adjusted quasi raddoppiato a 1,4 miliardi di euro e tutti i settori in positivo. L’utile netto adjusted è pari a 528 milioni (497 milioni in più rispetto al primo trimestre 2015). I ricavi netti di 26,6 miliardi di euro, in crescita del 3% (+4% a parità di cambi di conversione). I veicoli consegnati a livello globale sono pari a 1.086.000 unità, in linea con il primo trimestre 2015; le consegne globali di Jeep sono salite a 326.000 unità (+15%). Fca conferma così i target 2016 del gruppo: fatturato oltre i 110 miliardi di euro, quindi sullo stesso livello del 2015, ebit adjusted di oltre 5 miliardi (4,8 l’anno scorso), utile netto adjusted di oltre 1,9 miliardi di euro (rispetto a 1,7), indebitamento netto industriale inferiore a 5 miliardi di euro. I risultati del primo trimestre sono stati approvati dal consiglio di amministrazione a Londra, presieduto da John Elkann. La quota di mercato di Fca è in crescita al 13,2% negli Stati Uniti e al 6,7% in Europa. Confermata la leadership di mercato in Brasile. Le vendite di Jeep in Apac sono in rialzo del 17% grazie alla produzione locale. Nel trimestre è stata avviata la produzione della nuova Chrysler Pacifica nello stabilimento canadese di Windsor, del Maserati Levante a Mirafiori con inizio della commercializzazione in Europa nel secondo trimestre del 2016 e della Fiat Mobi in Brasile. In Cina, la produzione della Jeep Renegade è iniziata ad aprile. La raccolta ordini di Magneti Marelli si è attestata a 653 milioni di euro (+17% rispetto al primo trimestre 2015). Xi. Questa via della seta, non è solamente una delle mosse geopolitiche più importanti della Cina; è l’estensione al di fuori della Cina del modello di sviluppo basato sulle infrastrutture che ha avuto un notevole successo all’interno della Repubblica Popolare Cinese. Attualmente, questo modello offre un importante pilastro per lo sviluppo economico di una serie di paesi dell’asia Centrale; cioè, un vantaggio immediato per le aziende cinesi. Come possono trarre vantaggio da questo notevole cambiamento le aziende europee? Soprattutto, come possono avviare accordi di cooperazione con le aziende cinesi? Questi problemi saranno l’oggetto del dibattito della conferenza che si terrà alla Webster University di Ginevra. Interverranno il professor Dominique Jolly, direttore della WSBT, il professor Georges Haour, docente all’imd, il professor Xiankun Lu, partner dell’ideas Center di Ginevra, James Zhan, direttore dell’investment Enterprise Division dell’unctad, e Jean-Guy Carrier, presidente della Camera di Commercio della Via della Seta. Gentiloni: priorità attrarre cervelli dal mondo L’Italia punta a competere mondialmente per la caccia ai talenti. È una “strategia chiara e complessiva” quella delineata dal ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, aprendo i lavori del terzo Convegno “European Networks and Agencies for Internationalization” insieme al Ministro per l’Istruzione Stefania Giannini. “La promozione della conoscenza e della internazionalizzazione della cultura italiana - ha ribadito anche in questa occasione Gentiloni - sono in questo momento una priorità della nostra politica estera”. In un contesto difficile come quello attuale, in cui “la globalizzazione” può rappresentare anche “dei rischi per la nostra sicurezza, per le nostre economie” secondo Gentiloni “l’internazionalizzazione della cultura italiana può dare straordinari frutti per la competitività”. E il pensiero del titolare della Farnesina non può che andare “a Valeria Solesin e Giulio Regeni” vittime “in contesti diversi” ma accomunati dal fatto di essere “protagonisti, come tanti altri ragazzi italiani, di questi percorsi di internazionalizzazione del nostro sistema di istruzione e universitario”. C’è ancora del lavoro da fare in coordinamen- to con il ministero dell’Istruzione, ha aggiunto Gentiloni, sottolineando la necessità di incrementare le risorse a disposizione per borse di studio e gli accordi bilaterali fra atenei, nonché facilitare lo snellimento delle procedure per il rilascio dei visti di studio, che lo scorso anno, rammenta, “hanno raggiunto quota 52 mila, di cui 7 mila a favore di studenti cinesi. Una cifra impressionante - ha rimarcato Gentiloni - se si pensa che qualche anno fa erano poche centinaia. Ma molto possiamo ancora fare”. L’attrattività dell’Italia nel mondo, ha concluso, “merita di essere promossa in maniera sempre più efficace e integrata.” © Inter IKEA Systems B.V. 2016 Rendi la tua estate ancora più bella. ÄPPLARÖ/HÅLLÖ divano a 2 posti da esterno. Marrone/beige 590.968.83 248.- maggio 2016 La Rivista - 7 PASTA PER BUONGUSTAI INI E TARTUFO SPECK, PORC PENNE ALLO NERO 28' Ingredienti: 350 g Penne porcini freschi 300 g funghi k ec sp di g 150 a fresca 150 g di pann ro ne fo rtu ta 1 1 scalogno ine di oliva olio extra verg 2 cucchiai di o ian gg Re o ian 40 g di Parmig to ta tri o ol Prezzem anco Sale, pepe bi rosolare in : te Preparazione a striscioline e fatelo dolcemen mettetelo su k e, ec nt sp ca lo oc e cr iat rà gl Ta uando sa tiaderente. Q una padella an lo da parte. ello te ne te e te to di un penn carta assorben rcini con l’aiu te i funghi po en m ta ra cu ac Pulite i a fettine. lceido, e tagliatel soffriggete do o un panno um una padella e in e indi in qu rg ve o, ol m l’olio extra poco di prezze Scaldate tato. Unite un tri . o te gn pa alo pe sc ee mente lo oco vivo, salat ttilmente e hi porcini a fu saltate i fung ro affettato so ne fo rtu ta il a, sc fre a nn pa Unite la rte. le in padella. tenete da pa nte e versate lo scolatele al de e, nn e aggiungete Pe o le at e gi attu Lessat Parmigiano gr di te ra ve ol sto. Saltate, sp acevole contra nte, per un pi speck crocca Italiche di Corrado Bianchi Porro Non bisogna perdere la fiducia Le sfide dell’Europa non sono la flessibilità nei confronti dell’austerità. Sono molto più serie. Si chiamano posizione comune nei confronti dei migranti e rifugiati, come nei confronti del terrorismo e della disoccupazione giovanile. Sono sfide europee, che quindi esigono soluzioni europee. Così alla conclusione del suo intervento il messaggio del ministro italiano per l’economia, Carlo Padoan, al recente convegno Ambrosetti che si è tenuto a Cernobbio. Con questo, il ministro italiano ha risposto alle critiche di chi interpreta la posizione talora critica dell’Italia nei confronti di Bruxelles come un tentativo di ottenere maggiore spazio sul bilancio, perché sarebbe come chiedere di allungare la corda alla quale impiccarsi più tardi, secondo il pensiero espresso da Luigi Zingales, pure presente al dibattito finale del workshop. In effetti, rispetto all’anno precedente, le indicazioni delle cifre dell’Italia risultano pur sempre in miglioramento, con un Pil in lieve crescita e un deficit in marginale diminuzione. D’altra parte il rallentamento è globale e le incertezze coinvolgono non tanto l’economia, quanto la politica. Se c’è un rallentamento nella crescita, è perché il quadro internazionale è molto peggiorato. È aumentata l’incertezza politica globale, i cui esiti sono assai più difficilmente prevedibili. Per l’Italia poi, i problemi vengono da lontano, con il combinato disposto di una crisi recessiva e ritardi strutturali che vanno ancor più indietro nel tempo. In questo contesto, cosa sta facendo il Governo? Innanzitutto, ha commentato Padoan, ha attivato una strategia agganciata alla natura strutturale dei problemi e dunque non ci si possono attendere soluzioni definitive se non nel medio termine. I problemi strutturali devono poi essere accompagnati da misure capaci di cambiare i comportamenti individuali delle imprese, famiglie e Stato in un quadro di finanza pubblica pure in miglioramento, ma in cui gli spazi sono ristretti. In secondo luogo, l’impegno del governo in tema di finanza pubblica è di continuare il risanamento nella coscienza di muoversi nel sentiero stretto della riforma senza perdere la fiducia. Essa è infatti un elemento essenziale per far evolvere le cose in senso positivo, specie quando bisogna farlo partendo da una crisi profonda. La caduta della fiducia è infatti un fenomeno a lungo citato dalle istituzioni internazionali per analizzare il calo degli investimenti mentre ricostruire la fiducia una cosa difficilissima. Ciò vale per la politica all’interno di un Paese come, a livello europeo, quando bisogna avere fiducia in quello che fanno gli altri, in modo tale che si abbia confidenza nelle regole comuni. Certo non basta declinare i principi, ha detto Padoan. La valutazione di un successo in una politica di riforme va seguita nella sua implementazione cercando di individuare nei risultati se i provvedimenti adottati cominciano a dare i primi frutti nell’orizzonte proprio del medio termine, anche se a volte ci sono effetti di annuncio immediato di breve termine che migliorano subito il clima. Quindi in Italia le riforme continuano e non è vero che la spinta alle riforme stia venendo meno. Può darsi che lo stimolo sia meno intenso di quello che sarebbe richiesto, ma il progresso c’è. Si vede in alcuni campi, come nel mercato del lavoro, nei provvedimenti per le banche e nella giustizia civile. La riforma più spesso è evocata è il Jobs Act, che continua ora nella sua traduzione in norme, come nella contrattazione di secondo livello che è il punto saliente e porterà benefici ai lavoratori e al livello di produttività, di cui si è solo teorizzato per decenni. In secondo luogo, vi sono gli investimenti. Essi sono la grandezza cruciale e possono essere agevolati con misure specifiche. Nel filone della finanza per la crescita, si sta identificando un nuovo pacchetto di misure ciascuna delle quali da sola non farebbe le prime pagine dei giornali ma che insieme aiuteranno le imprese. Anche in questo caso esse costano e il vincolo di bilancio va sempre rispettato. Poi c’è l’aspetto degli investimenti pubblici che sono una questione, oltre che di risorse, di processi . È una strategia importante che richiede di migliorare la progettualità e la macchina amministrativa permettendo agli investimenti di accadere, utilizzando risorse che già ci sono. Mai come oggi è importante avere efficienti investimenti pubblici perché sostengono la domanda, aumentano la crescita e colmano ritardi strutturali. Con la legge di stabilità approvata qualche mese fa, il Governo ha messo mano a una serie di impedimenti legati al patto di stabilità interno permettendo di liberare notevoli risorse di investimenti pubblici da utilizzare nel mezzogiorno senza peggiorare la finanza pubblica. Per le banche, la questione degli istituti è complessa. Esse sono in una situazione difficile, ma gestibile. Le sofferenze si possono aggredire in un orizzonte di due o tre anni in un orizzonte ragionevole. La situazione è complicata dal quadro regolatorio che, nel corso degli ultimi anni, è stato reso stringente in termini di sorveglianza unica e in termini di disciplina degli aiuti di Stato che hanno delimitato i margini di manovra lasciati alle autorità nazionali in termini di gestione. Il Governo italiano ha introdotto un meccanismo di garanzia che riteniamo sia utile. Vi sono poi misure di velocizzazione delle misure concorsuali e risolvendo i conflitti in tempi più brevi significa rendimenti più elevati e una soluzione delle sofferenze. C’è poi la riforma delle banche popolari, la riforma delle BCC, le piccole cooperative il cui scopo è quello di facilitare o incoraggiare il sistema bancario a trovare soluzioni strutturali che permettono agli istituti di essere più solidi, avere maggiori capacità di accedere ai mercati dei capitali, renderli efficienti e avere una redditività più elevata. Quanto alla Spending Rewiev, nel 2016 i tagli di spesa sono di 25 miliardi su una la spesa pubblica intorno agli 800. Non è qui solo un problema di quanto spendiamo, ha detto il ministro, ma di qualità della spesa. In termini di spesa sanitaria il Governo ha ridotto da 33 mila a 35 i centri di spesa, il che vuol dire efficienza, e risparmi, sempre da considerarsi nell’orizzonte temporale del medio termine. maggio 2016 La Rivista - 9 Elvetiche di Fabio Dozio Asilo al voto Il prossimo 5 giugno l’elettorato svizzero sarà chiamato alle urne per decidere, tra l’altro, la riforma della legge sull’asilo. Nel settembre dello scorso anno il Parlamento ha approvato una modifica della legge in vigore, ma l’Unione democratica di centro si è opposta con un referendum. Tempi duri per i rifugiati, anche se la Convenzione di Ginevra garantisce il diritto d’asilo dal 1951. Un diritto che deve proteggere contro le persecuzioni, la repressione politica, la violenza e il razzismo. La legge svizzera sull’asilo chiarisce che “sono rifugiati le persone che, nel Paese d’origine o di ultima residenza, sono esposte a seri pregiudizi a causa della loro razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche”. Sul pianeta sono circa 50 milioni le persone che si muovono cercando asilo. Lo scorso anno, in Svizzera, la Segreteria di Stato della migrazione ha registrato 39’523 domande d’asilo; ne ha esaminate 21’118 in prima istanza e ha accordato l’asilo a 6’377 persone. Tre quarti delle domande sono state respinte. Come funziona la gestione dei richiedenti asilo nella Confederazione? Ogni persona ha il diritto di chiedere asilo ma, per ottenere lo statuto di rifugiato, deve dimostrare di essere perseguitata. Un richiedente può consegnare la domanda d’asilo a qualsiasi posto di frontiera, o direttamente in Svizzera, se già entrato clandestinamente. Chi chiede asilo viene assegnato a un centro di registrazione e di procedura: a Chiasso, Vallorbe, Kreuzlingen, Zurigo o Altstätten. Chi è già stato registrato in un altro paese non ha diritto di restare in Svizzera e, secondo la Convenzione di Dublino, viene classificato come NEM, “non entrata in materia”, e dovrà ritornare nel paese in cui si è annunciato. Se la domanda d’asilo è convincente, la persona ottiene lo statuto di rifugiato. Se non sembra credibile, ma è impossibile rinviarlo nel suo paese d’origine, può beneficiare di un’ammissione provvisoria e di una protezione temporanea. Se non si ritiene accettabile la richiesta, la persona deve lasciare la Svizzera entro sei mesi. Chi rifiuta di partire in modo volontario può essere rimpatriato con la forza. I richiedenti asilo, una volta registrati, devono consegnare all’autorità i loro beni di un valore superiore ai mille franchi, per contribuire a coprire i costi. Nel primo trimestre di quest’anno sono state presentate in Svizzera 8’315 domande d’asilo, circa il 45% in meno rispetto all’ultimo trimestre del 2015. Malgrado questa riduzione, le autorità ritengono che, visto lo scenario europeo, nei prossimi mesi ci possa essere un forte afflusso di rifugiati. Il mondo politico, su questo tema, è molto sensibile. Non manca chi insiste nel prefigurare scenari allarmanti, con migliaia di profughi alle frontiere. E, in questo contesto, c’è anche chi come il consigliere di Stato leghista Norman Gobbi in Ticino - non esita a proporre la chiusura delle frontiere con l’Italia. Insomma, siamo di fronte a un’enorme catastrofe umanitaria – come ha sottolineato, recentemente, da Lesbo, Papa Francesco – ma la politica risponde in modo contradditorio. L’Europa non riesce a coordinare una risposta coerente al fenomeno delle migrazioni. La Svizzera cerca di mantenere una legge che garantisca il diritto all’asilo, anche se nel corso degli anni vi è stato un inasprimento, come nel 2012, con una restrizione della nozione di rifugiato e una limitazione del ricongiungimento famigliare. La modifica della legge sull’asilo in votazione il prossimo 5 giugno prevede di velocizzare le procedure. La Confederazione, d’intesa con Cantoni e Comuni, propone di istituire nuovi centri nazionali di registrazione per rendere più veloce le valutazioni e le registrazioni, con l’obiettivo di concludere la maggior parte delle procedure entro 140 giorni. Altra novità è la messa a disposizione del richiedente di un rappresentante legale. “Per garantire la correttezza delle procedure – afferma Berna – i richiedenti asilo ricevono fin dall’inizio la consulenza e la rappresentanza legale necessarie, in modo da essere meglio informati sulla probabilità di successo della loro domanda e sui loro obblighi nella procedura d’asilo”. Fra le modifiche figura anche un obbligo legale per i cantoni di scolarizzare i bambini ospitati nei centri federali e l’obbligo di tenere in considerazione i bisogni particolari dei minori non accompagnati. Queste misure sono salutate da Amnesty International come fattori positivi, che rendono la legge accettabile, anche se si confermano aspetti negativi, come l’impossibilità di chiedere asilo nelle ambasciate svizzere all’estero e il non riconoscimento della diserzione come motivo d’asilo e la creazione di centri speciali per richiedenti asilo “recalcitranti”. L’UDC è sola a combattere la modifica di legge, assieme, per motivi opposti, a una minoranza di sinistra che la ritiene un ennesimo inasprimento del diritto d’asilo. maggio 2016 La Rivista - 11 Europee di Viviana Pansa Turbolenze di primavera Tornano a temere un rallentamento della crescita in Europa G20, Fondo monetario internazionale e Banca centrale europea. Prima il presidente della Bce, Mario Draghi, che nell’editoriale del Rapporto 2015 dell’istituto annuncia un 2016 “non meno impegnativo” dell’anno appena trascorso, per via dell’incertezza che pesa sull’economia globale e del pericolo deflazione non ancora scongiurato. Draghi solleva interrogativi sulla tenuta dell’Europa a fronte di nuovi shock, che non possono essere esclusi visto che “le prospettive per l’economia mondiale sono circondate di incertezza”. Le misure di stimolo adottate dalla Bce – ribadisce – hanno consentito al Pil dell’area euro di mantenere una performance di circa 1,5 punti percentuali in più rispetto a quanto sarebbe avvenuto senza alcun intervento nel periodo 2015-2018, tuttavia l’inflazione è ancora eccessivamente bassa. Ma ad allarmare il presidente della Bce è il dato sociale della disoccupazione giovanile, che lo spinge a paventare una “generazione perduta”, ossia la mancanza di prospettive per una generazione che è “la più istruita di sempre”, situazione che deve essere affrontata agendo velocemente. La rassicurazione è quella di non abbassare la guardia e della possibilità di usare, se necessario, altri strumenti straordinari, mentre si sollecitano i governi a fare la loro parte continuando con l’impegno ad un risanamento dei conti che sia “amico della crescita” e dunque meno penalizzante per i lavoratori e le famiglie. G20 e Fmi, in meeting primaverile a Washington, rivedono al ribasso le stime di crescita per il 2016 e non solo. Il Fondo monetario si spinge anche a considerare il rischio di una “stagnazione secolare”, uno scenario che richiama una tesi risalente agli anni Trenta, ai tempi della Grande Depressione,ritenuto in questi ultimi anni via via più convincente e illustrato recentemente sulla rivista Foreign Affairs da Lawrence Summers, docente all’Università di Harvard che è stato anche sottosegretario al Tesoro con il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton e consulente economico di Barack Obama. L’ipotesi è quella di un ciclo economico molto più duraturo della crisi che abbiamo sino ad oggi affrontato, in gran parte determinato da una spirale recessiva innescata da un tasso di crescita della popolazione mondiale alquanto rallentato – in sintesi e semplificando, un circolo in cui meno popolazione si traduce nel medio e lungo periodo in meno acquisti e meno investimenti - per contrastare il quale occorrerebbe un ripensamento complessivo di quanto sino ad oggi messo in atto in termini di politica monetaria e fiscale, ed un diverso giudizio dello stesso indebitamento, pubblico e privato, riposizionamento da tempo auspicato anche dal premio Nobel per l’economia Paul Krugman. L’Fmi non esclude ora questa eventualità, quando ribadisce ai governi la necessità di preparare piani di emergenza anti-shock. Sebbene la crescita a livello mondiale continui, lo fa ad un ritmo “sempre più insoddisfacente, lasciando il mondo più esposto ai rischi del ribasso”, afferma il capo economista Maurice Obstfeld: l’aumento del Pil mondiale per il 2016 viene stimato nelle ultime previsioni del Fondo del 3,2%, invece dell’aspettativa precedente al 3,4%; la crescita nel 2015 è stata del 3,1%. Per il 2017 l’incremento atteso è stata invece rivisto dal 3,6% al 3,5%. Corrette anche le stime di Stati Uniti, con un aumento del Pil atteso nel 2016 di un +2,4% (rispetto al precedente +2,6%), e Russia, di cui si prevede una contrazione pari all’1,8%, mentre l’unica revisione in positivo è quella del Pil cinese, che crescerà nel 2016 del 6,5% e nel 2017 del 6,2%. Le previsioni di crescita del Pil dell’eurozona sono state tagliate all’1,5% nel 2016 e all’1,6% nel 2017 (la stima precedente era di un +1,7% per entrambi gli anni), mentre nel 2015 l’aumento registrato è stato di 1,6%, un andamento piuttosto in linea con le previsioni “perché – segnala l’Fmi – il rafforzamento della domanda domestica ha controbilanciato la debolezza degli stimoli esterni”. Per quanto concerne i singoli Paesi, la Francia dovrebbe crescere di un 1,1% nel 2016 e di 1,3% nel 2017, la Spagna del 2,6% quest’anno e del 2,3% l’anno prossimo e anche la Germania subisce un ribasso di 0,2 punti percentuali, che significa un aumento di Pil dell’1,5% nel 2016 e dell’1,6% nel 2017. In Italia la crescita è stata più debole del previsto, così che le stime, dall’1,3% di gennaio, passano all’1% per il 2016 e all’1,1% nel 2017. Per il governo la stima del 2016 è di 1,2%, un ottimismo necessario a placare gli interrogativi sulla costante crescita del nostro debito pubblico, che ha sforato nello scorso mese di febbraio i 2.214 miliardi di euro, 21 miliardi in più rispetto a gennaio – avverte Bankitalia, - così da giungere al 132,45% del Pil. Dati preoccupanti anche per la Commissione europea e a fronte dei quali il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan ha potuto solo fornire rassicurazioni sul percorso di riduzione intrapreso e che dovrebbe portare nel 2019 ad una percentuale del 123,8%. Pesano intanto su tutta l’Europa gli interrogativi sugli esiti del referendum sull’uscita della Gran Bretagna dall’Unione, previsto a giugno, e sull’Italia in particolare quelli relativi all’emergenza migranti, dopo l’allarme sull’aumento degli sbarchi dovuto all’arrivo della bella stagione e alla chiusura del canale balcanico a seguito dell’accordo siglato con la Turchia. Ancora una volta, con l’annuncio della chiusura del Brennero da parte dell’Austria e il rifiuto di Berlino all’ipotesi di Ue-Africa bond per finanziare progetti infrastrutturali dei Paesi di origine e transito dei flussi – una delle proposte lanciate dall’Italia nel “migration compact” avanzato all’Unione dal premier Matteo Renzi – si teme il rischio isolamento a fronte di complesse dinamiche che tuttavia è miope escludere non finiranno per incidere su tutto il continente. maggio 2016 La Rivista - 13 Creare ricchezza non è semplice, perderla invece sì. Voi cosa farete con la vostra? Oggi i mercati sono sempre più imprevedibili. Anche il portafoglio più sicuro è soggetto ad un certo livello d’incertezza, se non monitorato e gestito con competenza. Ecco perché è essenziale sapere con esattezza cosa volete ottenere. Il nostro team di Wealth Planning è a vostra disposizione per aiutarvi a proteggere il vostro patrimonio nel tempo. Vi aiutiamo a trovare una risposta. Questo documento e le informazioni in esso contenute sono fornite esclusivamente a scopi informativi. © UBS 2016. Tutti i diritti riservati. ab Internazionali di Michele Caracciolo di Brienza Gli sforzi dell’ONU per la Siria Il conflitto siriano è un’immane catastrofe che dura da cinque anni: oltre un milione di feriti, 1,2 milioni di case danneggiate, almeno 250’000 morti, di cui la stragrande maggioranza sono civili. Per non parlare poi dei danni che dureranno per varie generazioni: oltre due milioni di bambini non vanno a scuola a causa della guerra. Nel luglio 2014, Staffan de Mistura è stato nominato Inviato Speciale per la Siria dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. Prima di questo incarico, de Mistura ha lavorato per oltre trent’anni in zone coinvolte in conflitti come la Somalia, i Balcani, il Medio Oriente, il Nepal e l’Afghanistan. De Mistura ha la doppia nazionalità svedese e italiana ed è stato Viceministro degli Affari Esteri del governo Monti nel 2013. Oggi il suo ruolo d’Inviato Speciale serve a fornire un sostegno di mediazione per fermare la violenza della crisi siriana e promuovere una risoluzione pacifica del conflitto senza escludere nessuna delle parti in causa. A tal proposito è plausibile, ma non verificabile, che, come dichiarato a La Rivista da una fonte anonima, alcuni rappresentanti del cosiddetto Stato Islamico siano a Ginevra per osservare le negoziazioni in corso. Ricordiamo che questa milizia territorializzata per quanto sia stata colpita duramente dall’aviazione russa continua a controllare ampie zone del territorio siriano. De Mistura e il suo staff hanno ottenuto in ambito ONU un risultato storico sulla crisi siriana: il primo accordo di cessate il fuoco che ha funzionato dall’inizio del conflitto. Nel dicembre 2015, la risoluzione 2254 dell’Assemblea Generale dell’ONU è stata presentata al Consiglio di Sicurezza e adottata all’unanimità dal Consiglio stesso. La risoluzione al punto 6 recita: “Requests the Secretary-General to lead the effort, through the office of his Special Envoy and in consultation with relevant parties, to determine the modalities and requirements of a ceasefire as well as continue planning for the support of ceasefire implementation, and urges Member States, in particular members of the ISSG, to support and accelerate all efforts to achieve a ceasefire, including through pressing all relevant parties to agree and adhere to such a ceasefire”. La maggior parte degli attori del conflitto ha preso l’impegno di partecipare alle negoziazioni iniziate a Ginevra alla fine di gennaio di quest’anno. C’è stata una breve sospensione del dialogo per via del fatto che, come spesso accade durante questo tipo di negoziazione di cessate il fuoco, ogni parte ha cercato di avanzare e di rafforzare militarmente le posizioni raggiunte. Un merito da riconoscere a de Mistura è senz’altro il fatto di voler coinvolgere nelle negoziazioni la società civile e le associazioni di donne rappresentate a Ginevra dal Women Advisory Board, un gruppo di dodici rappresentanti indipendenti della società civile siriana. Il 26 febbraio de Mistura ha annunciato che 97 gruppi armati e il governo siriano hanno espresso la volontà di accettare un sistema di cessazione delle ostilità. L’ultimo giro di negoziazioni è iniziato il 10 marzo scorso e si sta focalizzando sui temi della nuova governance, la nuova costituzione della Siria e le elezioni da tenersi entro diciotto mesi. Non vi è solo un’ottica di lungo periodo per uscire dal conflitto, ma si cerca anche un sollievo a breve termine per la popolazione che va dal cessate il fuoco alla fornitura di aiuti umanitari. Le Nazioni Unite hanno confermato che a una settimana dal cessate il fuoco il livello di violenza si è ridotto drasticamente, senza tuttavia escludere incidenti. Riportiamo qui di seguito le parole di Staffan de Mistura pronunciate durante l’incontro con la stampa lo scorso 18 aprile a Ginevra [T.d.R.]: “Nel percorso politico non dobbiamo aspettarci che dopo cinque anni di conflitto una transizione politica sia raggiunta in appena una settimana per miracolo. Siamo franchi su questo punto. Infatti, vi è un notevole passo avanti rispetto al passato: tutti sono d’accordo sul fatto che l’espressione “transizione politica” è il punto dell’agenda. […] Non vi è alcun segreto sul fatto che una parte stia insistendo sulla implementazione del TGB [N.d.R. Transitional Governing Body] e l’altra parte – il governo – stia adesso indicando il proprio interesse nel lanciare un’iniziativa per un governo con una base ampia. Entrambe le parti rivendicano che questa sia la strada verso la transizione politica. La differenza è chiaramente ampia ma questa è esattamente la natura delle negoziazioni”. Il maggior gruppo dell’opposizione siriana è disposto a condividere l’appartenenza al Transitional Governing Body con gli attuali membri del governo del presidente Bashar al-Assad, ma non con Assad stesso, come dichiarato da Salim al-Muslat, portavoce dell’HNC (High Negotiations Committee), il 14 aprile scorso alla Reuters. Ha continuato al-Musat: “Vi sono molte persone dall’altra parte con le quali possiamo veramente trattare. Non porremo nessun veto fino a quando non ci manderanno criminali, fino a quando non ci manderanno persone coinvolte nell’uccisione dei siriani”. Insomma, la pace a questo punto dovrebbe passare attraverso l’uscita di scena di Assad, congedato dal suo stesso schieramento. [email protected] maggio 2016 La Rivista - 15 La galleria di base del Gottardo Claudio Guidotti coordina per le FFS l’inaugurazione al portale sud della galleria di base Sta per concludersi il conto alla rovescia “Se la percorri ti sembra di essere in un ambiente sterile, completamente vuoto. Pareti spoglie grigie. Eppure, non immagini quanta tecnologia ci sia dietro quei pannelli, lungo quei cunicoli. Una monitorizzazione di tutto il percorso, un controllo costante per garantire il massimo della sicurezza”. Chi mi confida queste impressioni è Claudio Guidotti che, dopo essersi occupato per le FFS dell’Expo, per le stesse ferrovie coordina ora la realizzazione al portale Sud dell’inaugurazione ufficiale che il prossimo 1° consegnerà al mondo la più lunga galleria ferroviaria sinora costruita. Un’opera immane che, trapassando il massiccio del San Gottardo per 57 km, accorcerà i tempi di percorrenza fra il nord e il sud delle Alpi di circa 45 minuti. “In 20 minuti” – mi spiega ancora Guidotti – “sei dall’altra parte”, portando la durata del viaggio da Bellinzona a Erstfeld a poco più di 35 minuti. Finora, il tragitto via Airolo-Göschenen ne dura 75. I treni merci potranno viaggiare ad una velocità fra i 100/120 km/h, quelli passeggeri a 200. Anche se in realtà potrebbero viaggiare a 250, ma, come mi spiega Guidotti, mantengono questa velocità per garantire il transito di 3 treni merci intercalati fra due treni passeggeri. Se i treni passeggeri viaggiassero ad una velocità più sostenuta non consentirebbero la capacità che prevede il transito in galleria di un treno passeggeri, 3 treni merci, un terno passeggeri e via con questa frequenza. La sincronia è fondamentale. L’organizzazione della giornata inaugurale – rigorosamente riservata alle autorità e a chi, a vario titolo, ha potuto accreditarsi prevede un impegno notevole per la messa in sicurezza dei luoghi, tanto al portale sud come quello nord, in cui si svolgeranno le cerimonie e il taglio del nastro. La presenza di almeno tre capi di governo: italiano, francese 16 - La Rivista maggio 2016 e tedesco, oltre alle numerose altre autorità e rappresentanze dal mondo intero, comporta un’assunzione di responsabilità enorme al pari dell’investimento di risorse umane e finanziarie. Con l’aria che tira, dovesse succedere qualcosa, mentre gli occhi del mondo sono puntati su questa minuscola parte della piccola Svizzera gli effetti sarebbero catastrofici. Accanto alla sicurezza, che evidentemente è prioritaria, particolare sforzo viene assorbito per garantire tutti gli aspetti logistici: fra gli altri, il trasferimento delle autorità e delle persone, l’area posteggi. “Al portale sud, nella zona fra l’ex Monteforno di Bodio e la stazione di Biasca verranno creati 1800 posteggi, serviti regolarmente da shuttle bus”. Tutto questo impegno non si esaurirà nella giornata del 1° giugno, ma sarà propedeutico alle giornate del 4 e 5 giugno durante le quali sia a sud che a nord si svolgerà una grande festa popolare. “Ci aspettiamo 100’000 persone. Quasi tutte vorranno approfittare per essere fra i primi ad attraversare la nuova galleria”. L’occasione è ghiotta, con 30 franchi (15 per chi ha l’abbonamento a metà prezzo) si percorre, in un verso o nell’altro, la galleria di base, per poi tornare al punto di partenza obbligatoriamente percorrendo la linea di montagna. L’accesso ai luoghi dei festeggiamenti è invece gratuito. In programma ci sono numerose attrazioni, esposizioni e visite guidate in quattro aree nei pressi dei portali di accesso alla galleria: a Pollegio e Biasca a sud delle Alpi e a Erstfeld e Rynächt nel canton Uri. Una volta archiviata l’inaugurazione ufficiale e la festa popolare, in Ticino ci saranno ancora due appuntamenti legati all’apertura della galleria di base: il 14 ottobre l’inaugu- razione della nuova stazione di Bellinzona, con successiva festa popolare il 15 e il 16; l’11 dicembre, giornata in cui il transito nella gallerai di base sarà formalmente aperto al traffico normale, verrà inaugurata la nuova stazione di Lugano. Lo stesso giorno rientrerà in funzione anche la storica funicolare che collega la stazione al centro della città. Il lavoro per Claudio Guidotti, che coordina il lavoro anche di questi eventi, continua. I luoghi della festa popolare in programma il 4 e 5 giugno prossimi 1° giugno 2016: Inaugurazione della galleria di base del San Gottardo di Tindaro Gatani Ieri: Perforatrice utilizzata per il traforo ferroviario del San Gottardo (1872-1882) L’epopea dei trafori alpini: Ieri e Oggi Rispetto agli altri Paesi europei, la Svizzera arrivò al suo appuntamento con la Ferrovia con qualche decennio di ritardo, dovuto soprattutto alla convinzione che la configurazione orografica del Paese non fosse adatta all’impianto di linee per il nuovo mezzo di trasporto. A ostacolare la realizzazione di una politica nazionale dei trasporti su rotaia c’erano anche la mancanza di coordinazione intercantonale, le gelosie dei vari potentati locali, l’opposizione dei contadini, i dissidi politici e religiosi che avrebbero poi portato, nel 1847, alla Guerra del Sonderbund tra Cantoni progressisti e quelli conservatori. Oggi: Fresatrice impiegata per lo scavo della galleria di base del San Gottardo L’azione di Luigi Negrelli Proprio mentre infuriavano i venti, che avrebbero portato allo scoppio di quella guerra civile, lo zurighese Martin Escher-Hess, a capo di una commissione intercantonale per la realizzazione di una rete ferroviaria, nel 1845, informò l’amico trentino Luigi Negrelli (1799-1858), incaricato di studiare la fattibilità di un sistema ferroviario svizzero, che «il momento politico particolarmente critico della Confederazione» imponeva un’ulteriore pausa di riflessione. Il ristabilimento della pace e dello spirito di collaborazione e di solidarietà tra i Cantoni avevano, infatti, la preminenza su tutto il resto, compreso lo sviluppo industriale e quindi quello dei trasporti. Di fronte a quelle serie titubanze, Negrelli, tra l’altro rispondeva al suo amico di Zurigo: «La Svizzera deve poter azionare di nuovo la potente leva dell’industria e del commercio... Cercate di ottenere attraverso la discussione con le rispettive autorità l’autorizzazione per la costruzione di una ferrovia tra Basilea e Zurigo... Intervenite con impeto presso il vo- stro governo, dimenticando il colore politico degli altri governi, mettetevi con decisione, da solo o con alcuni amici, alla testa di queste imprese, che devono diventare le nuove arterie pulsanti dell’industria e dei trasporti della Svizzera» (MATHYS Ernst, Männer der Schiene, Berna 1947, p. 164). La risposta da Zurigo, nella quale Martin Escher-Hess lo informava che la tanto paventata bufera stava per abbattersi sulla Confederazione, non scoraggiò il Negrelli, che lo incitò ancora, scrivendo: «Proprio adesso e proprio a causa di questi funesti disordini interni la questione ferroviaria deve essere tenuta viva, perché essa svierà l’attenzione della popolazione dalla lotta politica e contribuirà alla pacificazione dei partiti più che tutti gli scritti e le mediazioni, perché infine le ferrovie devono cominciare a splendere sulla Svizzera come un arcobaleno». La ferrovia, oltre che come mezzo di trasporto, doveva essere vista anche come mezzo di unione tra i vari Cantoni e quindi come portatrice di pace tra i contendenti. E fu per questo che, mentre la tempesta si avvicinava sempre più, il 2 giugno 1845, veniva approvato lo Statuto fondamentale per la costruzione del primo tratto della ferrovia svizzera, quello tra Baden e Zurigo. Con l’articolo 7 veniva assegnata al Negrelli «la carica di Ingenieur en Chef con tutte le più estese funzioni che presso una qualsiasi impresa ferroviaria per azioni competono ad un ingegnere capo e cioé la superiore direzione tecnica dell’intera impresa» (Ibidem). Nella primavera del 1846 si cominciò con la realizzazione della prima linea ferroviaria svizzera, appunto quella tra Zurigo e Baden, passata alla storia come la Spanischbrötlibahn, dal nome di una specialità di Baden molto apprezzata a Zurigo, che entrò in funzione il 9 agosto del 1847. Al Negrelli fu assegnato allora anche il compito di esprimere un suo parere sul futuro dei trasporti della Confederazione. Egli era, infatti, allora uno dei pochi a rivolgere il suo interesse a tutto il sistema nel suo insieme: su strada, su rotaia, sui mezzi natanti, avendo maturato sul campo una forte esperienza in ognuno di questi settori. maggio 2016 La Rivista - 17 Ieri: Caduta del diaframma del vecchio traforo del San Gottardo San Gottardo Quella del Negrelli — come fa notare Roberto Contro — fu insomma «una completa immersione nel mondo elvetico». Tanto che «l’esperienza svizzera e il contemporaneo fervore europeo per le ferrovie furono sprone a un’attività che divenne subito irrefrenabile e fu rivolta principalmente ad attuare a favore dell’Austria e delle sue province il tentativo di costruire una rete ferroviaria capace di assicurare, a secondo della scena politica, la mobilità interna e/o l’attenuazione dell’isolamento». Sotto la direzione del Negrelli prese così corpo «il progetto di una grande rete alpina integrata con una rete fluviale parzialmente da ridisegnare, entrambe concepite considerando oltre alla morfologia del territorio e alle difficoltà tecniche conseguenti anche le valenze economiche derivanti dall’assetto industriale esistente e da quello indotto, nonché le prescrizioni economiche dell’esercizio» (CONTRO Roberto, Progetti di Luigi Negrelli in campo ferroviario, in LEONARDI Andrea, Luigi Negrelli ingegnere e il Canale di Suez, Trento 1990, pp. 374- 377). L’unica difficoltà che il Negrelli vedeva era quella dello scavo dei tunnel sotto le Alpi per la mancanza di mezzi adatti e soprattutto per l’impossibilità d’aereazione delle gallerie. Di grandi gallerie ferroviarie si cominciò a parlare soltanto dopo la costruzione delle prime perforatrici, delle macchine per la ventilazione e dell’invenzione della dinamite. Le perforatrici furono impiegate dal 1861 e la dinamite, fabbricata da Alfred Nobel, sostituì la polvere nera dal 1867. 18 - La Rivista maggio 2016 La prima grande galleria ferroviaria fu quella di 15.003 m, scavata sotto il massiccio del San Gottardo (tra il 1872 e il 1882), i cui lavori costituirono la prima epopea degli operai italiani nello scavo dei trafori alpini. Una volta approvati i progetti e fatta la gara di appalto, oltre 5000 operai italiani si riversarono ad Airolo e a Göschenen, i due villaggi rispettivamente all’imbocco del versante sud e nord della futura galleria. Al finanziamento iniziale l’Italia partecipò con 45 milioni di lire, la Germania 20 e altrettante la Svizzera, che poi avrebbe riscattato tutta la spesa. La ditta appaltatrice cercò di risparmiare sulle paghe degli operai, sulla previdenza e quindi sull’igiene e sull’assistenza medica, diminuendo anche quei pochi accorgimenti che potevano garantire una larvata sicurezza sul posto di lavoro e aumentando, nello stesso tempo, tutti quei piccoli sotterfugi che erano dei veri e propri soprusi. Per lottare contro le ripugnanti condizioni, il 28 luglio 1875, alcuni operai abbandonarono il lavoro in galleria perché l’aria era appestata dai gas sprigionati anche dalle esplosioni della dinamite e dalle locomotive a vapore impiegate per il trasporto di materiali e persone. Per stroncare lo sciopero sul nascere, intervenne allora un drappello di uomini armati di stanza in Canton Uri, che, accolti da fischi e lanci di sassi, aprirono il fuoco, uccidendo quattro operai e ferendone altri in modo grave. Al San Gottardo i morti per incidenti sul lavoro furono 200, di cui molti dilaniati dalla dinamite. A loro vanno aggiunti le centinaia di vittime della silicosi, contratta in galleria, che li avrebbe portati a un’atroce morte prematura. Altri morirono per la cosiddetta malattia del tunnel. Secondo una prima diceria «si ammalavano d’anemia infettandosi con l’acqua». Poi si scoprì che la malattia era causata da un parassita, l’anchilostoma duodenale, di color bianco roseo, che si sviluppa nell’acqua degli anfratti in cattive condizioni igieniche, e attraverso la pelle raggiunge quindi l’intestino dell’uomo, fissandosi alla mucosa del duodeno con la sua bocca a ventosa. L’anchilostoma, evacuata dagli operai infetti, galleggiava insieme agli escrementi nei rigagnoli della galleria, dove si moltiplicava grazie alle temperature dell’acqua, oscillanti tra i 27 ed i 33 gradi. E gli uomini si infettavano anche perché spesso camminavano a piedi nudi lungo quei rigagnoli. Oggi: Caduta del diaframma di una delle due gallerie di base del San Gottardo Gli scavi del Sempione Una volta terminati i lavori del San Gottardo si avviarono quelli per la trasversale alpina del Sempione, con un progetto che assegnava al tunnel la lunghezza di km 19,803 e prevedeva l’importo totale dei lavori, da Briga fino all’ingresso nella stazione d’Iselle, in franchi 75.040.000. Al posto del metodo convenzionale con lo scavo di un’unica galleria a binario doppio, esso prevedeva due gallerie parallele, a binario unico con medesimo livello. L’inizio dei lavori fu ritardato da difficoltà finanziarie. Così, il Trattato per la costruzione del 25 novembre 1895 entrò in vigore solo il 28 luglio 1898, quando avvenne lo scambio ufficiale delle ratifiche tra l’Italia e la Svizzera. I lavori iniziarono nel corso dello stesso 1898 e durarono 9 anni. L’inaugurazione avvenne il 19 maggio 1906 alla presenza delle massime autorità elvetiche e italiane, tra cui il Presidente della Confederazione Ludwig Forrer e il Re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoia. La lunghezza totale del tunnel del Sempione risultò di km 19,825, di cui 9,073 in Svizzera e 10,752 in Italia. La sua apertura fu festeggiata con l’Esposizione internazionale di Milano, che richiamò nella capitale lombarda migliaia di visitatori, molti dei quali giunsero servendosi dei primi treni che circolarono sulla linea del Sempione. Come per il Gottardo, anche per il traforo del Sempione, come nota Giuseppe Volante, sanitario dell’impresa dal lato sud, la mano d’opera che servì al compimento di questo colossale lavoro, era quasi interamente italiana. Ai lavori del solo versante sud furono interessati stabilmente tra i 7.500 e gli 8.000 operai, di cui 2.600 addetti ai lavori in galleria e gli altri in quelli esterni e nei servizi. Per sistemare tanta gente si cercò di compiere «veri miracoli». Per evitare speculazioni e mantenere concorrenziali i prezzi al consumo, fu facilitata l’apertura di numerosi spacci e rivendite di generi alimentari, forni per il pane e innumerevoli osterie. Furono stabilite multe severe a quelli che non ottemperavano alle norme di igiene e di pulizia, indicate da espressi avvisi. Le buone intenzioni non ebbero, però, l’effetto desiderato, perché, come testimonia il Volante, «l’operaio malvolentieri si lasciava incasermare, e presto disertò il dormitorio e la cantina, dove gli pareva di non essere sufficientemente libero, poiché, naturalmente, un regolamento provvedeva al buon andamento dell’azienda, limitava gli schiamazzi, e un personale a ciò destinato vigilava affinché l’ordine non venisse disturbato». Alle imprese non restò altra scelta che chiudere i dormitori e lasciare libertà agli operai. Lungo le strade che portavano ai cantieri, «ovunque vi fosse un palmo di terreno sorsero, allora, innumerevoli baracche di legno, addossate alle pareti di roccia». Si trattava di costruzioni sorte «senza alcun Ieri: Le ardite impalcature dello scavo della galleria del Sempione piano prestabilito» che, sfuggendo «a ogni regolamento d’igiene pubblica», divennero «la piaga più vergognosa del Sempione, contro la quale lottarono invano tutti quelli che avevano a cuore la salute dell’operaio». Queste baracche, che contenevano «almeno quattro letti, in ciascuno dei quali dormivano due persone per volta, che si alternavano due o tre volte nella giornata, a seconda delle ore di lavoro... erano situate sotto il piano stradale, senza luce, mal ventilate, i rifiuti della vita domestica finivano sulla strada, facendo emanare un fetore nauseabondo» (VOLANTE Giuseppe, Intorno alle condizioni igieniche e sanitarie in cui si svolsero i lavori della galleria del Sempione, Torino 1906). Le reiterate intimazioni delle autorità di provvedere allo sgombero dei rifiuti restava lettera morta. Le latrine «erano tenute in uno stato tale di sporcizia e di disordine, che nessuno osava avventurarvisi e così ogni angolo della strada era diventato un vero deposito di escrementi». Sul versante nord la situazione era la stessa, se non peggio. Lötschberg Al Sempione, tra i tanti provvedimenti per curare l’igiene sul lavoro, si giunse a evitare l’ingresso ai portatori ancora sani dell’anchilostoma, mediante l’esame metodico degli individui sospetti, e impiantando latrine in tutta la galleria, che, invece di essere usate, nonostante i severissimi ordini e la stretta vigilanza, furono boicottate o completamente rese inservibili, e la malattia continuò così a mietere vittime. Dopo il Gottardo e il Sempione, mancava ancora la realizzazione di un’altra grande impresa alpina: il traforo delle Alpi bernesi sotto il massiccio del Lötschberg. Dopo decenni di studi e progetti, il 27 giugno 1906, il Gran Consiglio di Berna accettò, con 174 voti favorevoli e 14 contrari, il progetto governativo per la Ferrovia del Lötschberg, affidando alla Compagnia della Ferrovia delle Alpi bernesi il compito di risolvere le questioni finanziarie per l’attuazione dell’opera. I lavori, dopo le brutte esperienze del Gottardo e del Sempione, furono un primo banco di prova non solo per le organizzazioni che lottavano per la difesa degli operai, ma anche per lo Stato italiano e per quello svizzero, che concordarono migliori condizioni di accoglienza per i lavoratori, sotto la sorveglianza dei funzionari del consolato italiano e quella degli ispettori del lavoro svizzeri, che vigilavano sul rispetto delle leggi e delle disposizioni. C’erano poi i sindacati, le varie organizzazioni caritatevoli, i partiti e le chiese locali, tutti impegnati a rendere meno triste la vita di migliaia di operai occupati in lavori tanto duri. Si organizzarono scuole e asili per il figli degli operai, che per il 97% provenivano dall’Italia. Con la novità che non tutti erano originari dalle regioni settentrionali, come al Gottardo e al Sempione. Al Lötschberg soltanto il 30% circa proveniva dall’Italia settentrionale, un altro 30% dall’Italia centrale e ben il 40% dal Mezzogiorno. A pieno ritmo gli Italiani impiegati nei vari servizi erano oltre 9.000. La presenza di tanta gente, soprattutto nei villaggi Frutigen e di Kandersteg, posti a nord e a sud degli scavi, creò molti problemi, ma le autorità riuscirono a gestire al meglio ogni evenienza, vietando agli appaltatori di affittare le abitazioni o di gestire le mense, affidate a gestori terzi a prezzi controllati. Le condizioni li lavoro anche al Lötschberg erano estreme: le vibrazioni delle perforatrici, il movimento dei detriti, l’acre odore della dinamite e la forte umidità, rendevano maggio 2016 La Rivista - 19 l’aria irrespirabile. C’era poi la temperatura, che sfiorava costantemente i 35 gradi fino a punte di 50° per cui si dovette far ricorso a nuovi sistemi di raffreddamento. I provvedimenti presi avevano migliorato le condizioni di lavoro e ridotto la percentuale degli incidenti rispetto al Gottardo e al Sempione. La disgrazia, nonostante tutte le prevenzioni e le precauzioni, arrivò lo stesso alle ore 3 del mattino di venerdì 24 luglio 1908, quando al km 2,675, dopo il brillamento di una carica di dinamite, una valanga di acqua e fango invase la galleria. La maggior parte degli operai riuscì a fuggire e a mettersi in salvo, ma 25 di loro, tutti italiani, mancarono all’appello. Lo scavo, tra una zona rocciosa e l’altra, si era trovato sul fondo di una morena, che, squarciata dall’esplosione della dinamite, aveva lasciato passare le acque del suolo. L’ora notturna aveva comunque evitato che la catastrofe assumesse un bilancio più alto, tenendo conto che di giorno erano migliaia gli operai addetti a lavori (GATANI Tindaro – TASSELLO G. Graziano, L’Epopea dei trafori alpini, Basilea 2008). La realizzazione dell’AlpTransit Il 1° giugno prossimo, con l’inaugurazione del nuovo tunnel ferroviario del San Gottardo si fa un altro importante passo avanti sulla completa realizzazione di AlpTransit l’ambizioso progetto svizzero di alta velocità lungo gli assi del Lötschberg e del San Gottardo, con tunnel di base scavati a diverse centinaia di metri sotto le vecchie gallerie. Agli inizi degli Anni Novanta, mentre in Italia si cominciava a discutere sull’opportunità e la convenienza di una linea ferrovia ad Alta Velocità (AV = TAV: Treni Alta Velocità in italiano), tra Lione e Torino e si costituivano i comitati per il sì e per il no, l’uno contro l’altro armato, in Svizzera, il 27 settembre 1992, i cittadini furono chiamati alle urne per pronunciarsi sui progetti AlpTransit e, soprattutto, sul finanziamento dell’opera. Il progetto della NEAT (Neue Eisenbahn-AlpenTransversale) fu accolto da oltre il 63,% dei voti e ottenne la maggioranza in tutti Cantoni, a esclusione di Appenzello Interno e di Uri. Il 20 febbraio 1994 fu accolta dal popolo, con quasi il 52%, anche l’iniziativa cosiddetta delel Alpi che tende a limitare il traffico su gomma con il trasferimento del trasporto delle merci dalla strada alla ferrovia. Per introdurre la tassa sul traffico pesante, che doveva andare a completare il finanziamento di AlpTransit, nel 1998, il Consiglio federale dovette sottoporre la questione a referendum, approvato con il 57,2% dei voti il 27 settembre dello stesso anno. Oggi: Veduta di una delle gallerie di base del San Gottardo 20 - La Rivista maggio 2016 La prima ad essere realizzata è la galleria di base del Lötschberg che ha esteso il collegamento ferroviario, lungo 34,6 km, da Frutigen fino a Raron. È stata inaugurata il 16 giugno 2007, è stata resa subito disponibile per il traffico merci, mentre il traffico passeggeri è iniziato a circolare al cambio di orario annuale il 9 dicembre delo stesso anno. La galleria di base del Gottardo L’Azienda AlpTransit San Gottardo SA, affiliata al 100% delle Ferrovie federali svizzere, ha assunto la regia dei lavori della nuova trasversale i cui tratti più importanti sono le gallerie di base del San Gottardo e del Monte Ceneri. Il punto più alto dell’opera è di appena 550 m s.l.m. e la sua lunghezza complessiva di 57 km da Erstfeld a Bodio ne fa il traforo ferroviario più lungo del mondo. Questa altitudine massima classifica la linea come ferrovia di pianura, permettendo in pratica la sua percorrenza a una velocità di 250 km orari. In attesa che vengano conclusi quelli del Monte Ceneri (2010), i lavori della galleria di base del San Gottardo sono stati ultimati con un anno di anticipo sulla tabella di marcia. Mercoledì 1° giugno 2016, a 17 anni dall’inizio dei lavoro del cunicolo principale, la galleria sarà inaugurata ufficialmente per Le direttrici del progetto svizzero AlpTransit entrare poi in funzione, a pieno ritmo, dal prossimo 11 dicembre. L’inaugurazione del 1° giugno, alla quale sono state invitate autorità e personalità provenienti dai cinque Continenti, rappresenta un primo passo dell’impresa, che sarà completata nel 2020 con l’entrata in servizio della galleria di base del Monte Ceneri. Nel dicembre 2004 è stato aperto all’Alta Velocità il tratto Berna-Olten, che ha ridotto i tempi di percorrenza tra Zurigo e la capitale federale a meno di un’ora. Dal 16 giugno 2007 è già in esercizio la galleria di base del Lötschberg di 34,6 km, che collega Frutigen, in Canton Berna, con Raron, nel Vallese. La Svizzera è dunque all’avanguardia anche per quanto riguarda l’alta velocità ferroviaria fissata. L’AV svizzera prevede la circolazione di treni con trazione elettrica mediante linea aerea mentre in Cina sono già in servizio treni futuristici a lievitazione magnetica, che viaggiano ad alta velocità senza l’attrito con le rotaie, altrove esistono linee esclusive solo per l’alta velocità come le TGV in Francia e lo Shinkansen in Giappone. la costruzione di AlpTransit San Gottardo, la capacità di transito giornaliero di treni merci passerà dagli attuali 150 a 200 convogli, che potranno essere anche più lunghi di quelli odierni. Questo corrisponde a una capacità di trasporto di circa 40 milioni di tonnellate di merci all’anno, che rappresenta circa il doppio della capacità attuale. Si prevede che un buon terzo dei treni merci viaggerà via Luino e i restanti due terzi via Chiasso. Nella nuova galleria, particolare cura è data alla sicurezza con stazioni di soccorso concepite per l’arresto di emergenza di un treno e vie di fuga e di evacuazione. Sul percorso di salvataggio verso l’altra galleria non si devono attraversare binari né utilizzare scale o ascensori. Le stazioni di soccorso e i relativi cunicoli laterali e di collegamento sono ventilati, in caso di eventi anomali, con aria esterna, mentre nell’altro tubo il fumo sarà aspirato da potenti turbine. Una leggera sovrapressione è sufficiente per mantenere libera da fumo la via di fuga nell’altra galleria. Partendo dalla stazione di soccorso, un treno di salvataggio trasporterà i passeggeri fuori dalla galleria. Anche nel caso in cui un treno si arresti fuori di una stazione di soccorso, i viaggiatori potranno utilizzare i cunicoli trasversali come via di fuga verso la galleria adiacente. La lunghezza dell’intero sistema di cunicoli della galleria di base del San Gottardo è di km 151.840. La lunghezza dal portale nord di Erstfeld fino al portale sud di Bodio, è 57.104 km e quella inversa è di 57.017 km, per un totale di canne a binario unico di km 114.121. Il diametro di scavo della fresatrice impiegata era compreso tra m 8,63 a 9,58. Il numero di taglienti rotanti sulla testa perforatrice della fresa andava da 60 a 66 unità. Particolare attenzione oltre che alla sicurezza sul lavoro, è stata data al rispetto dell’ambiente, coniugato anche con il maggiore utilizzo possibile dei materiali estratti. La costruzione della Galleria di base del San Gottardo ha prodotto milioni di tonnellate di materiale di scavo. Questo materiale, definito «una montagna dalla montagna», invece di costituire un problema, si è trasformato in una grande risorsa come materia prima da costruzione. Mediante frantumazione, lavaggio e setacciamento, il materiale di scavo è stato, infatti, utilizzato, mischiandolo ad acqua e al cemento, come inerte per calcestruzzo e reimpiegato, quindi, là dove era stato ricavato. La preparazione è avvenuta direttamente sul cantiere. Il materiale di scavo restante è stato offerto a terzi interessati oppure è stato impiegato in alcuni siti per preservare preziose risorse naturali. La grande impresa in cifre La NEAT è finanziata da un fondo alimentato dai dazi sui carburanti, dalla tassa sul traffico pesante forfettaria e da altre entrate. Oltre alle strutture immobili il nuovo concetto dei trasporti svizzero prevede l’ammodernamento del materiale rotabile, che contribuirà alla notevole riduzione dei tempi di percorrenza. Oggi per il percorso Zurigo – San Gottardo – Milano si impiegano ancora 3 ore e 40 minuti, in futuro questo tempo sarà ridotto a 2 ore e 40 minuti, con prospettive di effettuare ulteriori riduzioni di tempo. La ferrovia costituisce così una reale alternativa al traffico automobilistico e aereo. Con Moderna motrice svizzera di Gottardo 2016 maggio 2016 La Rivista - 21 VIA NASSA 5 - 6900 LUGANO TEL: 0041 91 910 27 50 [email protected] WWW.SEALCONSULTING.CH Il Gruppo SEAL opera a Lugano dal 2005 ed offre servizi integrati sia a privati che ad imprese, attraverso le seguenti società: –SEAL Consulting SA, attiva nella consulenza fiscale / societaria / contabile, sia domestica che internazionale, oltre che nel "Corporate Services Management" (costituzione di società, governance, regulatory and tax reporting). –SDB Financial Solutions SA, gestore patrimoniale indipendente Svizzero che fornisce servizi di Multi-Family Office in completa "open architecture" (strutturazione di prodotti tailor made di ogni natura, asset consolidation, risk monitoring). 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IN PARTNERSHIP CON: NEWS MAGGIO 2016 Autodenuncia esente da pena e recupero d’imposta semplificato in caso di successione Dall'inizio del 2010 in Svizzera è possibile ricorrere all'autodenuncia esente da pena e al recupero d'imposta semplificato nei casi di successione. Recupero d'imposta semplificato in caso di successione Grazie al recupero d'imposta semplificato il termine di riscossione dell'imposta sul reddito e sulla sostanza non dichiarati dal defunto è stato ridotto. Determinanti non sono più gli ultimi 10 anni, ma unicamente gli ultimi tre anni precedenti il decesso del defunto. Ne possono beneficiare gli eredi qualora dichiarino senza indugio la sottrazione d'imposta del defunto e adempiano l'obbligo di collaborazione, richiesto in particolare per l'allestimento di un inventario completo ed esatto della successione. La procedura semplificata di recupero d'imposta viene avviata solo se le autorità fiscali non erano ancora al corrente della sottrazione di redditi o sostanza. Autodenuncia esente da pena Se il contribuente denuncia spontaneamente la sottrazione, la prima volta va esente da pena. Sono dovuti solo il recupero d'imposta (fino a 10 anni) e gli interessi di mora. Analogamente al recupero d'imposta semplificato in caso di successione, anche l'autodenuncia esente da pena viene concessa solo se le autorità fiscali non erano al corrente della sottrazione e il contribuente aiuta senza riserve le autorità fiscali e dimostra di fare tutto il possibile per pagare il recupero d'imposta. L'autodenuncia esente da pena è estesa alle persone che partecipano a una sottrazione d'imposta, nel senso che istigatori, complici o partecipanti possono fare uso del principio dell'autodenuncia alle stesse condizioni previste per il contribuente. Validità per Confederazione, Cantoni e Comuni La procedura semplificata di recupero d'imposta in caso di successione e l'autodenuncia esente da pena sono ancorate nella legge federale sull'imposta federale diretta (LIFD) e nella legge federale sull'armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni (LAID) e si applicano pertanto sia all'imposta federale diretta sia alle imposte sul reddito e sulla sostanza di Cantoni e Comuni. Tutte le altre imposte e tasse (come ad es. l'imposta sul valore aggiunto, l'imposta preventiva, i contributi AVS/AI ecc.) non versate sono dovute integralmente e con gli interessi di mora. Fonte: Dipartimento federale delle finanze DFF Cultura d’impresa di Enrico Perversi Meglio dormirci sopra Gestire il sonno è una delle capacità di una leadership efficace ed orientata ai risultati. Il XXI secolo vede le imprese affrontare nuove sfide. La prima di queste è la velocità del cambiamento che aumenta, sono molti anni che lo diciamo, ma continua ad essere vero tanto che mi succede di sorridere quando ritrovo questa affermazione in documenti di parecchi lustri fa. Il secondo argomento in agenda di tutti è la rivoluzione digitale che ha cambiato e continuerà a cambiare le regole del gioco nel mondo degli affari ma anche nella vita personale, un solo dato per tutti: il flusso di informazioni disponibili per ciascuno di noi cresce del 40% all’anno. Questo significa che nel 2020 ci piomberanno addosso 30 volte le informazioni che riceviamo oggi. La terza sfida riguarda il basso coinvolgimento delle persone in azienda, una ricerca di Tower Watson del 2014 dice che la percentuale di dipendenti coinvolti attivamente negli obiettivi aziendali non supera il 40%. Naturalmente quindi le imprese si chiedono quale leadership sia in grado di affrontare questo tema e vengono proposti modelli di vario tipo che hanno in comune il fatto di rifuggire dal capo che crea tensione, che genera stress. Una coach inglese, Sue Coyne, propone il modello delle 3H: il leader ideale persegue la felicità (Happy), la salute (Healthy) ed il successo (High performance), facendo attenzione a definire il successo come piacersi, fare cose che piacciono, farle in un modo che piaccia anche agli altri. La felicità è un tema decisamente impegnativo da affrontare in una pagina, vorrei quindi riflettere sulla salute e sul benessere in generale che unanimemente è riconosciuto come un fattore vitale in un ambito dove, al contrario, è frequente sentir parlare di ore di lavoro eccessive, di pressione sui risultati, di conflitti permanenti, di stress distruttivo. Un leader deve curare la salute del suo cervello innanzitutto non smettendo mai di apprendere, uscendo dalla sua zona di comfort e affrontando cose nuove che non sa fare. Le nostre capacità mentali si giovano anche grandemente dell’esercizio fisico e di una alimentazione equilibrata ed attenta, le raccomandazioni su questi due aspetti sono note e trattate in tutti gli ambiti da quelli scientifici a quelli più divulgativi, tuttavia chi poi pratica quanto raccomandato è ancora una minoranza. La consapevolezza è un elemento che si sta affermando come una delle capacità centrali di un leader efficace, l’essere presente attento momento per momento favorisce l’ascolto degli altri, una comunicazione coinvolgente, la concentrazione e la creatività. Il multitasking e la connessione continua 24 ore su 24 sono pericoli reali tanto che la mindfulness è entrata nelle aziende e vi sono incontri dedicati a come gestire tutti gli strumenti che la tecnologia ci offre senza farcene travolgere. Tuttavia il fattore più trascurato è il riposo ed il sonno in particolare, considerato a torto una perdita di tempo. Esiste l’opinione che sia possibile comprimere il tempo dedicato al dormire per produrre di più, in nome della produttività e della necessità di risposte veloci si allungano gli orari di lavoro, si saltano i pasti. Francesco Peverini, medico e docente che si occupa da oltre 20 anni di disturbi del sonno, ci segnala nel suo bel libro dal pessimo titolo “È facile dormire se sai come farlo” che 17 ore di veglia prolungata provocano variazioni del livello di attenzione pari a quelli che si hanno dopo aver bevuto a digiuno due bicchieri di vino, quando la veglia sale a 20 ore i bicchieri diventano quattro (per la legge americana si è ubriachi) con potenziali modificazioni nel parlare , nell’attività motoria, nella memoria, nei processi decisionali e nell’applicarsi alla soluzione di problemi complessi. Dormire 4-5 ore per notte per una settimana lavorativa influenza significativamente attività quali comprendere un contesto in rapida evoluzione, immaginare soluzioni innovative a particolari problemi, valutare il rischio anticipando le possibili conseguenze, operare processi decisionali su temi complessi. Arianna Huffington nel suo libro The sleep revolution uscito di recente, parla di una vera e propria crisi della cultura della deprivazione del sonno che ha caratterizzato le scorse decadi testimoniata, per esempio, dalle oltre 5000 app che appaiono nell’Apple Store ricercando la parola “sleep”. Secondo l’autrice la rivoluzione rappresentata dalla riappropriazione del sonno sarà in grado di modificare non solo la vita degli individui ma addirittura il mondo in cui viviamo. Il leader quindi deve aver cura di sé per poter essere efficace in azienda questo è testimoniato da numerose ricerche scientifiche ma anche dalla saggezza popolare che a fronte di una decisione complessa ci ricorda che è “meglio dormirci sopra”. [email protected] maggio 2016 La Rivista - 23 Donne in carriera: Susanna Moccia di Ingeborg Wedel L’Expo di Milano ha ospitato anche la nostra donna in carriera: e la sua statua era visibile nel Padiglione Italia con quella di altre sette donne ritenute “tra le eccellenze dell’imprenditoria italiana”, accanto alla rappresentanza di illustri personaggi maschili. La vetrina dell’Expo ha permesso a molte aziende meritevoli di essere maggiormente apprezzate, e farsi conoscere al vasto pubblico venuto a visitare questa imponente rassegna. Per conoscere la nostra donna in carriera le lasciamo la parola che ci illustra le tappe del suo percorso professionale e poi risponderà alle nostre consuete domande. «Sono Susanna Moccia, ho trentaquattro anni e sono nata a Castellammare di Stabia (Na). Sono laureata in Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”; sposata, ho due figli: Alfonso, quattro anni, e Benedetta, un anno e mezzo. Lavoro nell’azienda di famiglia “La Fabbrica della pasta di Gragnano”, che produce pasta artigianale da tre generazioni, e la cittadina è conosciuta in tutto il mondo come “la città della pasta”. Gestisco l’azienda assieme ai miei tre fratelli, Ciro, Antonino e Marianna, occupandomi soprattutto dei rapporti commerciali con l’estero. Sono immersa in questo mondo sin da bambina, quando dopo la scuola correvo in azienda e, nel laboratorio, mi divertivo a creare i diversi tipi di pasta. Nel 1989, quando mio padre Mario venne a mancare, con i miei fratelli decidemmo di chiudere l’azienda. Mi sono laureata in Economia Aziendale e, sempre con i miei fratelli, ho iniziato a occuparmi della gestione di una catena di supermercati. Tuttavia, il richiamo della pasta si di- 24 - La Rivista maggio 2016 «Diciamola tutta: le donne sono più brave» mostrò più forte di ogni interesse economico e nel 2007, noi quattro abbiamo deciso di riaprire il pastificio. A decretare il successo dell’impresa è stata la capacità di innovare in un settore fortemente tradizionale. Tante le novità relative alla produzione, con macchinari sempre nuovi e al passo coi tempi, e ai prodotti, dalla Caccavella – il formato di pasta più grande del mondo – alla prima pasta artigianale senza glutine, grazie alle quali “La Fabbrica della pasta di Gragnano” ha saputo conquistare anno dopo anno importanti fette di mercato. I nostri prodotti sono presenti, tra l’altro, in Europa, Brasile, Giappone e Australia. Di recente abbiamo siglato un’importante collaborazione con l’azienda piemontese Cuki, per la distribuzione sul mercato nazionale e internazionale di un nuovo prodotto». Quanto tempo le è farsi apprezzare come manager? È difficile fare una stima, perché ogni caso è a sé. Io ho cominciato a lavorare molto giovane con i miei fratelli e questa circostanza mi ha consentito di muovermi con maggiore dimestichezza in azienda, anche se non ho avuto sconti. Quando nel 2007 abbiamo deciso di riaprire l’azienda di famiglia, ci siamo tutti rimboccati le maniche, senza distinzione di genere. Credo che lavorare sodo accorci notevolmente i tempi. Quali difficoltà, in quanto donna, ha dovuto affrontare nel mondo del lavoro? Vi sono alcuni settori ancora prettamente maschili. Per fortuna, le cose stanno cambiando. Con il tempo, sempre più donne si sono messe alla prova, portando con sé prerogative tipicamente femminili come la cautela, la bassa propensione al rischio e la maggiore attenzione nell’agire. Certo una donna deve ancora lavorare il doppio per raggiungere gli stessi risultati di un uomo. Ma le sue qualità uniche e insostituibili sono la carta vincente da giocare. Infatti, credo che una donna non abbia bisogno di diventare “maschile” per farsi apprezzare, in un mondo aziendale fatto di uomini. Io sono sempre rimasta me stessa, difendendo le mie posizioni e le mie idee. Questo ha funzionato. Anzi è stato un plus che mi ha fatto sentire apprezzata dai colleghi. Ha incontrato diffidenza nei confronti del suo ruolo dirigenziale? No, e, se c’era, è scomparsa uando arrivano i risultati. Ci vuole pazienza e perseveranza, ma è anche il momento più entusiasmante. Dimostrare anche a se stessi di avercela fatta è un’esperienza che vale la pena di essere vissuta, anche a costo di enormi sacrifici. Quali sono gli ostacoli principali che ha dovuto superare? Realizzarsi nel lavoro e al contempo avere una vita familiare soddisfacente spesso è una vera e propria sfida. Soprattutto in Italia, che è agli ultimi posti in Europa per quanto riguarda l’impiego femminile. Molte donne che lavorano sono spesso sotto stress, poiché rinunciano al riposo, alle vacanze, allo sport, al tempo speso con la famiglia e con gli amici. Si é sentita in qualche modo svantaggiata per il fatto di essere donna? Dover dimostrare quotidianamente di essere all’altezza del ruolo che ti è stato affidato o che ti sei conquistata e conciliare gli impegni di moglie e di madre alle scadenze e agli obiettivi che ogni giorno mi do come imprenditrice e nel ruolo di Pre- sidente del Gruppo Giovani Imprenditori dell’Unione degli Industriali di Napoli, non è facile. C’è sempre un pregiudizio, anche solo iniziale, da parte degli uomini e la donna deve sempre dimostrare di valere di più per accedere alle stesse posizioni. L’importante è non demordere, anche se ammetto che a volte, nei rari momenti di relax, ho la sensazione di dedicare troppo poco tempo a me stessa. Riscontra qualche vantaggio nell’esser donna? Sentirmi realizzata in quello che faccio, nonostante le difficoltà. La vita che conduco mi soddisfa e credo che la mia dedizione sia un ottimo esempio anche per i miei figli. Fare carriera è molto interessante, poiché ti mette di fronte a sfide nuove. Quanti possono essere per la donna i privilegi? Non credo che ce ne siano. Non mi sono mai fermata e la strada che ho percorso è stata spesso in salita. Si sostiene che l’intuito femminile sia superiore di quelle maschili, perché? Il perché è presto detto: le donne sono pragmatiche, razionali ma sanno metterci il cuore, hanno una naturale predisposizione al sacrificio e, diciamola tutta, sono più brave. Quanto conta per la donna in carriera l’arte della seduzione? Anche allo stato inconscio. Credo che nel mondo del lavoro ci siano molte donne belle e affascinanti, ma l’arte della seduzione è sempre più spesso praticata anche dagli uomini. In generale non è un tema che mi appassiona, anche perché a mio avviso le doti di una donna sono altre: capacità, intelligenza, perseveranza. Qual è la soddisfazione maggiore per una donna manager? Riuscire a gestire situazioni delicate con la lucidità che ci contraddistingue. Che atteggiamento assume con le sue collaboratrici? Di tolleranza e comprensione. Consiglio sempre a tutte di avere tenacia e portare avanti idee e progetti lavorando sodo. In base alla sua esperienza, a cosa deve rinunciare la donna in carriera per affermarsi professionalmente? È chiaro che, essendo in azienda fino a tarda sera, incastrando qualche viaggio di lavoro e cene serali con clienti e colleghi, ad essere sacrificata è la vita privata. Ma ciò che conta è la qualità del tempo che trascorro con la mia famiglia e non la quantità. I miei bambini crescono sereni. Trova il tempo per qualche hobby Per scaricare la tensione amo ascoltare musica, fare lunghe passeggiate e dedicarmi alla cucina, anche se il tempo non basta mai. maggio 2016 La Rivista - 25 Burocratiche di Manuela Cipollone Le novità in Gazzetta Ufficiale Nuove regole nel codice della strada, ma anche per le banche di credito cooperativo. Sono solo due delle leggi entrate in vigore nel mese appena passato con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Il Parlamento ha anche stabilito che il 3 ottobre di ogni anno sarà la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione. Non entra in vigore con la pubblicazione, invece, una delle riforme più contestate e discusse approvate dal Parlamento: il cosiddetto ddl Boschi, cioè la riforma costituzionale del Governo Renzi che per entrare in vigore avrà bisogno di un ulteriore passaggio: il referendum confermativo. Entro tre mesi dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, un quinto dei membri di una Camera, o cinquecentomila elettori, o cinque Consigli regionali possono domandare che si proceda al referendum popolare. Firme che i parlamentari hanno raccolto appena tre giorni dopo la pubblicazione del decreto. Dunque ad ottobre – almeno così ha più volta annunciato il Governo - si torna a votare in Italia e all’estero: il referendum confermativo – al contrario dell’abrogativo – non richiede quorum. Agli elettori verrà chiesto se intendono confermare o non confermare le modifiche costituzionali del ddl Boschi. A vincere il referendum sarà l’opzione più votata tra “sì” e “no” alla conferma della legge. Sul fronte nomine, il Governo ha perso il suo Ministro per lo Sviluppo Economico. Mentre scriviamo l’interim è ancora nelle mani di Matteo Renzi, chiamato a nominare il successore di Federica Guidi dimessasi alla luce delle intercettazioni che coinvolgevano il suo ex compagno nell’affaire Tempa Rossa. Al Mise è arrivato Ivan Scalfarotto, nominato Sottosegretario, incarico che ricopriva alla Presidenza del Consiglio. Novità al Consolato onorario svizzero a Padova: ricevuto l’exequatur dal Ministero degli esteri, l’incarico è stato affidato a Massimo Carraro. L’omicidio stradale è legge È entrata in vigore da poco più di un mese la legge che ha introdotto in Italia il reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali che, finora, non erano reati a sé, ma solo aggravanti dei reati di omicidio colposo e di lesioni personali colpose. L’omicidio stradale colposo diventa reato a sé, graduato su tre varianti: resta la pena già prevista oggi (da 2 a 7 anni) nella “ipotesi base”, quando cioè la morte sia stata causata violando il codice della strada. Ma la sanzione penale sale sensibilmente negli altri casi: chi, infatti, uccide una persona guidando in stato di ebbrezza grave, con un tasso alcolemico oltre 1,5 grammi per litro, o sotto effetto di droghe rischia ora da 8 a 12 anni di carcere. Sarà invece punito con la reclusione da 5 a 10 anni l’omicida il cui tasso alcolemico superi 0,8 g/l oppure abbia causato l’incidente per condotte di particolare pericolosità (eccesso di velocità, guida contromano, infrazioni ai semafori, sorpassi e inversioni a rischio). Stretta anche per le lesioni stradali. Ipotesi base invariata ma pene al rialzo se chi guida è ubriaco o drogato: da 3 a 5 anni per lesioni gravi e da 4 a 7 per quelle gravissime. Se comunque ha bevuto (soglia 0,8 g/l) o l’incidente è causato da manovre pericolose scatta la reclusione da un anno e 6 mesi a 3 anni per lesioni gravi e da 2 a 4 anni per le gravissime. Se il conducente fugge dopo l’incidente scatta l’aumento di pena da un terzo a due terzi, e la pena non potrà comunque essere inferiore a 5 anni per l’omicidio e a 3 anni per le lesioni. Altre aggravanti sono previste se vi è la morte o lesioni di più persone oppure se si è alla guida senza patente o senza assicurazione. È inoltre stabilito il divieto di equivalenza o prevalenza delle attenuanti su alcune specifiche circostanze aggravanti. La pena è invece diminuita fino alla metà quando l’incidente non è conseguenza esclusiva dell’azione del colpevole. 26 - La Rivista maggio 2016 In caso di condanna o patteggiamento (anche con la condizionale) per omicidio o lesioni stradali viene automaticamente revocata la patente. Una nuova patente sarà conseguibile solo dopo 15 (omicidio) o 5 anni (lesioni). Tale termine è però aumentato nelle ipotesi più gravi: se ad esempio il conducente è fuggito dopo l’omicidio stradale, dovranno trascorrere almeno 30 anni dalla revoca. Qualora la patente sia di un altro Stato anziché la revoca vi sarà l’inibizione alla guida in Italia per un periodo analogo. Per il nuovo reato di omicidio stradale sono previsti il raddoppio dei termini di prescrizione e l’arresto obbligatorio in flagranza nel caso più grave (ubriachezza, droga). Negli altri casi l’arresto è facoltativo, restando però espressamente escluso, limitatamente alle lesioni, se il conducente presta subito soccorso. Il pm, inoltre, potrà chiedere per una sola volta di prorogare le indagini preliminari. Istituita la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione È entrata in vigore il 16 aprile scorso la legge che ha istituito la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione che verrà commemorata ogni 3 ottobre “al fine di conservare e di rinnovare la memoria di quanti hanno perso la vita nel tentativo di emigrare verso il nostro Paese per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria”. Il 3 ottobre non è una data scelta a caso: il 3 ottobre del 2013 a poche miglia dal porto di Lampedusa un’imbarcazione libica stracolma di migranti affondò uccidendo 366 persone. L’articolo 2 della legge istitutiva spiega che in occasione della Giornata nazionale “sono organizzati in tutto il territorio nazionale cerimonie, iniziative e incontri al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica alla solidarietà civile nei confronti dei migranti, al rispetto della dignità umana e del valore della vita di ciascun individuo, all’integrazione e all’accoglienza”. Nel secondo comma si sottolinea in particolare l’importanza di coinvolgere i giovani per sensibilizzarli “sui temi dell’immigrazione e dell’accoglienza”. La riforma le banche di credito cooperativo Un’altra legge entrata in vigore a metà aprile è quella che riforma le banche di credito cooperativo. La legge, inoltre, recepisce l’accordo raggiunto con la Commissione Europea sullo schema di garanzia per agevolare le banche nello smobilizzo dei cosiddetti “crediti in sofferenza”. La riforma, in particolare, prevede l’obbligo per le BCC di aderire ad un gruppo bancario cooperativo che abbia come capogruppo una società per azioni con un patrimonio non inferiore a 1 miliardo di euro; l’adesione ad un gruppo bancario è la condizione per il rilascio, da parte della Banca d’Italia, dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo. La Bcc che non intenda aderire ad un gruppo bancario (cd. “way out”), può farlo a condizione che abbia riserve di una entità consistente (almeno 200 milioni) e versi un’imposta straordinaria del 20 per cento sulle stesse riserve. Non può però continuare ad operare come banca di credito cooperativo e deve deliberare la sua trasformazione in s.p.a. In alternativa è prevista la liquidazione. La società capogruppo svolge attività di direzione e di coordinamento sulle BCC in base ad accordi contrattuali chiamati “contratti di coesione”. Il contratto di coesione indica sia la disciplina che i poteri della capogruppo sulla singola banca. I poteri saranno più o meno stringenti a seconda del “grado di rischiosità” della singola banca misurato sulla base di parametri oggettivamente individuati. L’attuazione della riforma è demandata alla Banca d’Italia ed al Ministero dell’Economia: la Banca d’Italia dovrà disciplinare con regolamento i requisiti minimi e operativi della capogruppo e il contenuto del contratto di coesione; al Ministero dell’Economia spetterà di stabilire il numero minimo di banche di un gruppo cooperativo. Il provvedimento prevede inoltre la concessione di garanzie dello Stato sulle “sofferenze cartolarizzate” così da favorire lo sviluppo del mercato italiano dei non performing loans (prestiti non performanti), facilitando l’accesso di investitori con orizzonte di medio-lungo periodo e contribuendo a ridurre la forbice di prezzo tra chi vende e chi compra crediti deteriorati, che rappresenta l’ostacolo principale per la crescita di questo mercato. Il provvedimento contiene anche l’abolizione dell’anatocismo sui conti correnti, conti di pagamento e carte revolving (finanziamenti a valere sulle carte di credito) e il pagamento delle multe con i servizi di home banking. maggio 2016 La Rivista - 27 A SUO AGIO TANTO SUL CIRCUITO QUANTO SULLA STRADA OPTARE PER UNA SPORTIVA SIGNIFICA OPTARE PER LA CORVETTE! CORVETTE Z06 Nata negli Stati Uniti, cresciuta sui circuiti da gara. La Corvette Z06 è una macchina di precisione da 659 cv (485 kW), con cambio automatico a 8 marce e con leve al volante. 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Dette applicazioni sono chiamate “app”: l’abbreviazione di applicazione software. Questo testo esamina se tali applicazioni sono da qualificare come “prodotti medici” ai sensi della legge e quindi affronta la questione degli obblighi legati alla messa in circolazione di tali prodotti e quella della responsabilità qualora l’applicazione dovesse risultare difettosa. Introduzione I telefoni portatili (cellulari) originariamente usati per telefonare sono diventati già da tempo dei veri e propri apparecchi multifunzionali, utilizzabili anche nel settore sanitario. Le previsioni davano già nel 2015 l’utilizzo di 160.000 app per la salute. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce con il termine mHealth: «una pratica medica e di salute pubblica supportata da dispositivi mobili quali smartphone, dispositivi di monitoraggio dei pazienti, PDAs e altri dispositivi wireless». L’offerta di tali applicazioni si rivolge a utenti professionisti come ad esempio medici o studenti di medicina ma anche a utenti profani. La scelta è variegata, va dalle diary-app, che tengono traccia dell’attività fisica, delle calorie ingerite, alle fitness-app, per registrare dati su corsa, passeggiate, giri in bici, alle app per smettere di fumare o per condurre uno stile di vita salutare. Sul mercato si trovano però anche applicazioni collegate ad apparecchi atti a misurare la pressione, il livello degli zuccheri nel sangue o la misurazione del polso analizzandone i valori corrispondenti, ad altre applicazioni pensate a calcolare la dose di farmaco fino a quelle capaci di accertare la presenza di melanomi o alterazioni della pelle. Sussistono tuttavia comprensibili dubbi sulla reale efficacia di queste applicazioni. Studi specifici hanno dimostrato che diversi tipi di applicazioni atte a esaminare alterazioni sospette della pelle con riferimento ad un algoritmo hanno classificato erroneamente quasi un terzo dei melanomi definendoli benigni. Le conseguenze di una funzione scorretta di applicazioni cosiddette “mediche” possono dunque avere conseguenze fatali. Numerose disposizioni di legge e trattati internazionali formano una base di regolamentazione dei prodotti medici (chiamati dispositivi medici) atta a garantire che l’immissione in commercio di prodotti, inclusi i dispositivi medici, non rappresen- ti un pericolo per la sicurezza e la salute dei loro utenti e di terzi. In Svizzera si fa riferimento in particolare alla Legge federale sui medicamenti e dispositivi medici (anche chiamata Legge sugli agenti terapeutici, LATer) del 15 dicembre 2000 e all’Ordinanza relativa ai dispositivi medici del 17 ottobre 2001 (ODmed), del 17 ottobre 2001. Queste basi giuridiche riprendono i requisiti delle numerose direttive europee riguardanti i dispositivi medici (direttive 90/385/CEE, 93/42/CEE, 98/8/CE e 2007/47/CE). La legislazione sulla sicurezza dei prodotti e sui dispositivi medici, infatti, è in gran parte standardizzata in tutta Europa. La Svizzera con gli Stati membri dell’UE, i paesi EFTA e la Turchia ha sottoscritto un trattato internazionale atto a riconoscere reciprocamente il Sistema di accreditamento, rispettivamente gli Organismi di accreditamento nazionali (cosiddetti Conformity Assessment Bodies). Questo sistema di riconoscimento reciproco garantisce maggio 2016 La Rivista - 29 il rispetto degli obblighi del produttore legati all’immissione sul mercato di prodotti sicuri e permette la vendita diretta al di fuori delle frontiere nazionali e dunque un accesso agevolato al mercato. Gli accordi sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità, i cosiddetti Mutual Recognition Agreement (MRA), sono importanti per la politica commerciale come strumento riconosciuto dall’OMC per eliminare gli ostacoli tecnici al commercio nel settore regolamentato a livello statale. Nei settori di prodotti per i quali la legislazione applicabile della Svizzera e quella dell’UE sono considerate equivalenti il MRA con l’Unione europea (UE) permette agli uffici svizzeri di valutazione della conformità riconosciuti di effettuare valutazioni della conformità per il mercato interno dell’UE e dunque di permettere l’introduzione di questi prodotti sul mercato europeo senza ulteriori esami. Le app per la salute sono da considerarsi dispositivi medici? Si pone dapprima la questione se le applicazioni mediche (app mediche) sono da considerarsi prodotti medici e quindi sottostanti alle disposizioni speciali per la commercializzazione e il monitoraggio dei prodotti medici. Secondo la legge sugli agenti terapeutici e l’Ordinanza relativa ai dispositivi medici, sono dispositivi medici i prodotti destinati o dichiarati come tali a un uso medico, compresi i software impiegati per scopi diagnostici o terapeutici. Dalla definizione di “dispositivo medico” contenuta nella direttiva europea 93/42/CEE 30 - La Rivista maggio 2016 una “app medica” è tale se progettata e realizzata con finalità di: diagnosi, cura, attenuazione, trattamento o prevenzione di una malattia oppure con funzioni che incidono sulla struttura o su una funzione del corpo dell’uomo. L’app per la salute è dunque equiparabile a un dispositivo medico software regolamentato e in quanto tale è sottoposta alla specifica regolamentazione. Appartengono invece ad un’altra categoria le app informative come le app per accedere a info mediche in ogni luogo e momento (Medical reference app) database farmaci, manuali, riviste, atlanti medici, schemi terapeutici oncologici) o le applicazioni per la formazione continua atte alla condivisione di case studies, e-learning, simulazioni chirurgiche, che riprendono dunque unicamente un sapere medico, senza che tali conoscenze possano essere utilizzate per la diagnosi o la terapia su pazienti specifici. Esse non rappresentano - di principio - un prodotto medico ai sensi delle normative appena menzionate. Una chiara distinzione delle tipologie di app per la salute, app per cura e app meramente informative può comunque essere difficile e va esaminata e ponderata accuratamente. Sia per il diritto svizzero che per quello europeo un dispositivo medico che può servire all’individuazione, al trattamento e al monitoraggio di malattie, infortuni o problemi di salute simili, sottostà dunque alla normativa dei dispositivi medici. Rilevante non è unicamente la dichiarazione delle funzioni dell’applicazione da parte del produttore. Determinante per la qualifica di app medica è piuttosto la sua applicazione e presentazione e la tipologia specifica. Un’avvertenza come ad esempio “Questo prodotto non è un dispositivo medico ai sensi della Legge sugli agenti terapeutici” non impedisce la qualificazione di prodotto medico, a meno che, la sua destinazione concreta non sia effettivamente di tipo medico. Effetti della qualificazione di dispositivo medico Un dispositivo medico non deve, se usato secondo le indicazioni, mettere in pericolo la salute degli utilizzatori, dei consumatori, dei pazienti o di terzi. Le prestazioni o l’efficacia dichiarate devono poter essere provate. Mentre i medicamenti necessitano un’omologazione dall’ente nazionale preposto prima di essere messi in commercio e sottostanno ad un sistema di controllo, l’immissione sul mercato di un dispositivo medico presuppone una cosiddetta procedura di valutazione della conformità. Chi immette in commercio un dispositivo medico deve, infatti, presentare alle autorità competenti per il controllo nel quadro della sorveglianza sul mercato, su richiesta, la dichiarazione di conformità e i relativi certificati e deve quindi poter dimostrare che i dispositivi sono conformi ai requisiti fondamentali e che soddisfano l’efficacia o la prestazione pubblicizzata. Chi immette in commercio dispositivi medici è inoltre tenuto a introdurre e gestire un sistema di monitoraggio dei prodotti che consenta di raccogliere e valutare le esperienze fatte con essi, nonché, di fare in modo che le conoscenze da esso risultanti vengano prese in considerazione al momento della loro fabbricazione o del loro sviluppo ulteriore. Procedura di valutazione della conformità per dispositivi medici Prima di procedere alla procedura di valutazione della conformità è necessario determinare la classe di rischio del dispositivo medico. La procedura, infatti, varia a dipendenza della classificazione dei rischi del dispositivo in questione. Essa o è effettuata dal fabbricante e primo distributore, che immette il dispositivo medico in commercio, o da un organismo di valutazione della conformità. Le quattro categorie di rischi previste dalla legge si basano sui potenziali rischi che possono derivare dall’uso previsto. I dispositivi medici possono essere immessi sul mercato unicamente se la procedura di valutazione della conformità è stata eseguita con successo. I dispositivi medici immessi in commercio devono inoltre recare un contrassegno di conformità (CE oppure MD, quest’ultimo con validità solo all’interno della Svizzera). Obblighi di monitoraggio e notifica per dispositivi medici Gli obblighi legati alla messa in commercio di un prodotto medico non sono da sottovalutare, essi non si limitano alla fase della produzione. Chi immette in commercio un dispositivo medico ha, infatti, l’obbligo di monitorarlo. In particolare la persona responsabile della prima immissione in commercio di un prodotto in Svizzera o in uno Stato contraente deve adottare misure idonee che permettano di individuare i pericoli che possono derivare dall’utilizzazione del prodotto, di prevenire eventuali pericoli e di poter altresì tracciare quest’ultimo. E ciò per la durata di utilizzazione indicata. A tal fine il fabbricante deve gestire un sistema di osservazione dei prodotti (contestazioni; esperienze rilevanti in merito all’applicazione e all’efficacia; articoli nella stampa specializzata; propri risultati d’esame; misure correttive). La legge prescrive un esame delle contestazioni concernenti la sicurezza del prodotto e, se necessario, l’esecuzione di campionature e misure correttive adeguate. Ogni persona che immette successivamente in commercio il prodotto deve contribuire al rispetto dei requisiti di sicurezza e collaborare alla sorveglianza sulla sicurezza dei prodotti immessi in commercio. A tal fine raccoglie le contestazioni e le esperienze rilevanti in merito all’applicazione e all’efficacia e le fornisce per il sistema di osservazione dei prodotti. La persona responsabile della prima immissione in commercio del dispositivo medico deve inoltre notificare all’ente preposto eventi gravi, adottare le misure necessarie a ridurre il rischio, quali il richiamo del prodotto, e presentare un rapporto delle tendenze qualora nell’ambito delle osser- vazioni del dispositivo viene constatato un aumento del tasso di eventi. La legge sui prodotti di sicurezza Gli standard di sicurezza nel settore dei dispositivi medici corrisponde agli obiettivi e ai principi della Legge sulla sicurezza dei prodotti (LSPro) del 1° luglio 2010. La legge sulla sicurezza dei prodotti trova applicazione in caso di immissione in commercio di prodotti a scopo commerciale o professionale ed è applicabile a titolo sussidiario qualora in un settore specifico come ad esempio quello della sanità - non esistano altre disposizioni di legge aventi lo stesso obiettivo. Anche ai sensi della legge sulla sicurezza dei prodotti i software cadono nella definizione di “prodotto”. Essa trova dunque applicazione anche per l’immissione sul mercato di app. Una app che non cade nella definizione di dispositivo medico sottostà dunque alla normativa della sicurezza dei prodotti. La legge sulla sicurezza dei prodotti non conferisce oneri unicamente al produttore e all’importatore. Anche il distributore è chiamato a contribuire al rispetto dei requisiti di sicurezza e a collaborare alla sorveglianza sulla sicurezza dei prodotti immessi in commercio. La legge gli attribuisce esplicitamente il compito di adottare misure che rendano possibili un’efficace collaborazione con il produttore o l’importatore e con gli organi di esecuzione competenti. Il produttore e a titolo sussidiario l’importatore, il distributore o il prestatore di servizio sono dunque tenuti a rispettare gli obblighi legati all’immissione in commercio. Anche la legge sulla sicurezza dei prodotti richiede una dichiarazione di conformità in base alla quale il prodotto soddisfa i requisiti di sicurezza e sanitari di base. Obblighi di informazione per dispositivi medici Chi immette in commercio un dispositivo medico ha il dovere di fornire informazioni sul prodotto. Ogni dispositivo deve essere corredato dalle necessarie informazioni per consentire di identificare il fabbricante e per garantirne un’utilizzazione sicura, tenendo conto della formazione e delle conoscenze del potenziale utente. Se la destinazione prevista di un determinato dispositivo non è immediatamente chiara per l’utente, il fabbricante deve indicarlo chiaramente sull’etichetta e nelle istruzioni per l’uso. Per i prodotti in commercio in Svizzera è inoltre richiesto, che l’informazione sui dispositivi sia redatta nelle tre lingue ufficiali. La formulazione linguistica può essere sostituita da simboli concretizzati da norme armonizzate. maggio 2016 La Rivista - 31 Il produttore o un altro responsabile che immette un prodotto in commercio deve, nell’ambito della sua attività, adottare misure idonee, per individuare i pericoli che possono derivare dall’utilizzazione normale o ragionevolmente prevedibile del prodotto, ciò per la durata indicata o prevedibile di utilizzazione del prodotto. Inoltre essi devono garantire la rintracciabilità del prodotto e poter prevenire eventuali pericoli. La legge elenca in particolare le misure adottate per prevenire il pericolo, quali la disposizione di avvertenze sui pericoli, il blocco delle vendite, il ritiro dal mercato o il richiamo del prodotto. Anche la legge sulla sicurezza dei prodotti prevede un obbligo di informazione dell’utente molto esteso. Un concreto potenziale pericolo di un prodotto deve essere adeguatamente segnalato mediante la presentazione, le istruzioni per l’istallazione e la manutenzione come pure mediante avvertenze e consigli di prudenza, le istruzioni per l’uso e tutte le altre indicazioni o informazioni relative al prodotto. La responsabilità per applicazioni difettose La responsabilità in caso di immissioni sul mercato di prodotti difettosi è regolata in Svizzera dalla legge federale sulla responsabilità del produttore, che corrisponde alle disposizioni previste nella direttiva eu- ropea 85/374/CEE riguardante la responsabilità per danno da prodotti difettosi. La legge prevede una responsabilità oggettiva del produttore rispettivamente di colui che immette il prodotto in commercio. Un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza legittimamente attesa tenendo in considerazione tutte le condizioni del caso. Essa è applicabile nella stessa misura indipendentemente se l’applicazione difettosa in questione sia da considerarsi un’app medica o invece un app generica. Qualora esista un rapporto contrattuale tra l’utente e il produttore/importatore o distributore dell’applicazione difettosa è possibile inoltre intravedere una responsabilità contrattuale. Inasprimento della giurisprudenza a livello europeo Una decisione recente della Corte di giustizia dell’Unione europea ha ritenuto che per principio i produttori di apparecchiature mediche sono da considerarsi responsabili già nel sospetto di un potenziale difetto. Secondo la sentenza del 5 marzo 2015 (AZ. C-503/13 e C-504/13), infatti, qualora un dispositivo medico presenti un potenziale difetto, tutti i prodotti dello stesso modello possono essere qualificati come difettosi. Nel caso concreto si trattava di pacemaker e defibrillatori automatici impiantabili. Il fabbricante di un siffatto dispositivo difet- toso è tenuto a rimborsare i costi connessi alla sua sostituzione, in quanto tale sostituzione è necessaria per ripristinare il livello di sicurezza che ci si può legittimamente attendere. Con questa sentenza, la Corte di giustizia ha abbassato notevolmente il livello dei requisiti per la responsabilità del prodotto per i dispositivi medici considerati i notevoli rischi per la sicurezza di tali prodotti per il paziente. E’ dunque un segnale ammonitore che mira alla prevenzione. Tenuto conto delle enormi conseguenze economiche di una tale responsabilità, il fabbricante di dispositivi medici dovrà prestare attenzione alla qualità impeccabile dei suoi prodotti e all’osservanza degli obblighi previsti dalla legge. A livello legislativo è in preparazione un inasprimento dell’attuale normativa. L’Unione europea sta elaborando una bozza del regolamento sui dispositivi medici, che ha lo scopo di sostituire le direttive esistenti e inasprire l’attuale legge. Questo sviluppo influenzerà anche la legge svizzera, che già attualmente si appoggia alle normative dell’Unione europea. Conclusione Un’applicazione (app) nell’ambito della sanità può essere qualificata come dispositivo medico ai sensi della legge e sottostare alle normative corrispondenti. In assenza di tale qualifica trova applicazione la legge sulla sicurezza dei prodotti. Chi produce o immette sul mercato un’applicazione deve essere consapevole dei doveri previsti dalla legge sia questa settoriale, nell’ambito della sanità, sia quella generale riguardante l’immissione sul mercato di un prodotto. Gli obblighi legati alla gestione dei rischi del prodotto non sono limitati alla fase produttiva ma si protraggono per la durata prevedibile di utilizzazione di un prodotto. La responsabilità in caso di difetti dei prodotti è una responsabilità oggettiva del produttore come pure del fornitore per danni causati in seguito a un difetto del suo prodotto. Si nota una chiara tendenza, nella giurisprudenza e in ambito legislativo, all’inasprimento della responsabilità di colui, che immette un prodotto sul mercato. Importante è comunque l’identificazione dei rischi e degli obblighi che la legge attribuisce ai responsabili dei diversi anelli della catena di produzione rispettivamente d’immissione in commercio di prodotti. Inevitabile è inoltre un’accorta gestione dei rischi e una copertura assicurativa idonea, sia per quel che concerne la somma assicurativa che la validità territoriale, che prenda dunque in considerazione i rischi specifici dei prodotti immessi in commercio. *LL.M., Avvocato specialista FSA responsabilità civile e diritto assicurativo, Zurigo 32 - La Rivista maggio 2016 Normative allo specchio di Carlotta D’Ambrosio con la collaborazione di Paola Fuso Le dimissioni in Italia e Svizzera: procedura informatica vs comunicazione orale o scritta tra le parti La fine del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ha cambiato rito: dalla carta stampata all’uso di internet. La modifica è stata introdotta dal decreto attuativo del job act (L. 183 del 2014) che infatti contiene cinque deleghe riguardanti: gli ammortizzatori sociali; i servizi per il lavoro e politiche attive; rapporti di lavoro e contratti; semplificazione delle procedure e degli adempimenti; le mamme lavoratrici. Rientra nella delega dedicata alla semplificazione (art. 26 del D.lgs. 151 del 2015) il decreto ministeriale in ordine alle dimissioni volontarie e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro che dovranno essere effettuate in modalità esclusivamente telematiche, tramite una procedura online accessibile dal sito Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Fino al marzo 2016 le dimissioni si rassegnavano secondo le disposizioni della legge Fornero (L. 92/12): il lavoratore dimissionario doveva alternativamente: 1) procedere alla convalida presso le sedi competenti: la Direzione Territoriale del Lavoro o il Centro per l’impiego o altre sedi individuate dai CCNL; 2) sottoscrivere un’apposita dichiarazione in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto. La nuova disciplina voluta dal Job Act prevede, invece, che le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro siano fatte, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro attraverso il sito www.lavoro.gov.it e trasmessi al datore di lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro competente con le modalità individuate da un decreto ministeriale. Il dipendente ha un “diritto di ripensamento” perché, entro sette giorni dalla data di trasmissione del modulo, ha la facoltà di revocare le dimissioni e la risoluzione consensuale con le medesime modalità. Decorso il termine di 7 giorni, in assenza di esercizio del diritto di ripensamento le dimissioni diventano definitive. Ma come funziona il diritto di recesso del lavoratore nel diritto svizzero? A livello internazionale, il diritto del lavoro svizzero è sicuramente uno dei più liberali. Permette alle parti di porre fine al rapporto di lavoro in qualsiasi momento, nel rispetto degli accordi presi e della legge. A seconda del tipo di rapporto, si distinguono le modalità della sua estinzione. Per il rapporto di lavoro a tempo determinato il rapporto cessa, senza alcuna comunicazione fra le parti, alla data pattuita o al momento da loro definito in modo inequivocabile. Se il rapporto continua tacitamente dopo la scadenza del termine pattuito, da quel momento è considerato a tempo indeterminato. Se il contratto di lavoro è stipulato per più di dieci anni, dopo dieci anni ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto per la fine di un mese, con preavviso di sei mesi. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione del rapporto. L’infrazione commessa dal lavoratore o dal datore di lavoro deve essere tale da ledere in modo grave la fiducia di controparte, determinando il licenziamento o le dimissioni per “giusta causa”. Nel contratto di lavoro a tempo indeterminato sia il datore di lavoro sia il lavoratore possono recedere dal contratto tramite il licenziamento o le dimissioni, che producono effetto soltanto se e dopo che controparte le ha ricevute. Il licenziamento e le dimissioni si possono dare oralmente. Nel caso in cui il contratto stipulato tra le parti preveda esplicitamente una forma ai fini della validità del recesso (lettera oppure lettera raccomandata), tale formalità è da rispettare comunque, altrimenti il recesso è nullo. Dunque la forma del recesso è orale tranne quando la legge o il contratto abbiano previsto diversamente e non si fa differenza tra dimissioni e licenziamento. È evidente la semplicità e la semplificazione presente nel diritto elvetico in ordine alla fine del rapporto di lavoro che sia consensuale o meno. La super tutela approntata in Italia e solo per i lavoratori si giustifica come strumento per contrastare l’odiosa pratica delle dimissioni “in bianco”. Ma è risolutiva? Al momento è difficile giudicare, di certo non tutti hanno dimestichezza con la tecnologia (la procedura per accedere al sito clicklavoro.gov.it è molto complessa), senza contare la difficile posizione del datore esposto per un verso al diritto di ripensamento del lavoratore, dall’altro soggetto a possibili truffe. Il lavoratore, infatti, invece di dimettersi inviando il modulo potrebbe rendersi irreperibile obbligando l’azienda al licenziamento disciplinare con quello che ne deriva, comprese le indennità di disoccupazione. [email protected] [email protected] maggio 2016 La Rivista - 33 La nuova normativa penale tributaria Il Centro di Diritto Penale Tributario di Torino (diretto dal Prof. Ivo Caraccioli già ordinario di diritto penale alla Università di Torino) ha concluso la pubblicazione di un testo, redatto da numerosi autori, in merito alla riforma dei reati tributari. Il testo dal titolo “I nuovi reati tributari” (edizione 2016) ed è uscito per le edizioni Giuffrè. (PaCom) Il testo che qui, brevemente, si commenta nasce dalle modifiche legislative che sono state apportate alla normativa penale tributaria quale vigente in Italia e questo è avvenuto mediante il Decreto Legislativo 158/2015. Il nuovo diritto penale tributario italiano si caratterizza per alcuni elementi che possiamo riassumere in breve nei seguenti: 1. Esistenza di una fattispecie di frode fiscale che possiamo dire conclamata (ovvero nascente sostanzialmente da fatture false1); in buona sostanza siamo in presenza delle operazioni inesistenti (o meglio delle operazioni per le quali esiste solo il documento contabile). 2. Esistenza di una fattispecie di frode fiscale mediante altri artifici che non sono le fatture false ma le operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente o l’utilizzo di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento; questa è una frode fiscale insidiosa in quanto siamo fuori dalla fattispecie delle fatture per prestazioni inesistenti ma siamo in un mondo molto vario che sul piano letterale potrebbe comprendere numerose situazioni (anche confinanti con l’abuso del diritto)2. 3. Esistenza di una fattispecie di dichiarazione infedele3 che resta nel vago pur con qualche aggiustamento determinato da una ricerca di ragioni di certezza del diritto. Il reato di frode fiscale trova sempre nella dichiarazione dei redditi il suo momento di consumazione ovvero è in quella sede che il contribuente deve riportare i dati non corretti e quindi ridurre l’imponibile o (e questa è una novità) la imposta dovuta (quello che avviene prima della dichiarazione diciamo che poco rileva ai fini penali). Accanto a queste fattispecie si pone il problema della omessa dichiarazione (fattispecie che oggi è molto di moda considerando i casi della stabile organizzazione occulta dei quali si discute sui giornali e / o della cd estero vestizione) che è lo strumento principe per cercare di “stanare” qualche contribuente che sostiene di operare in modo estraneo all’ordinamento italiano4. Sul piano procedurale (e anche sanzionatorio) molto importante è l’articolo 12 bis della nuova normativa che dispone la confisca del prezzo del reato sia in forma diretta (“ … è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il prezzo o il profitto …”) sia nella forma per equivalente (“ … la confisca di beni per un valore corrispondente …”) e questo elemento è importante in quanto di fronte ad una verifica fiscale che porti alla denuncia di un fatto sanzionabile con la normativa penale è lecito procedere al sequestro e poi, in caso di condanna e / o patteggiamento, alla confisca (che consiste nella apprensione definitiva del profitto o di beni di valore equivalente) del quantum il reo abbia potuto prendere. Il testo del Centro di Diritto Penale Tributario prende in esame le modifiche normative ed unitamente agli altri testi usciti su questa materia nell’ultimo periodo viene a comporre una adeguata biblioteca per l’operatore del diritto (avvocati e dottori commercialisti in primo luogo) chiamato a confrontarsi ogni giorno con situazioni sempre più complesse e certamente foriere di rischi che non possono essere ignorati. QUESTA E’ LA FRODE CLASSICA OVVERO QUELLA IN CUI NEL BILANCIO PRIMA E NELLA DICHIARAZIONE POI VENGONO INSERITI COSTI CHE NON ESISTONO IN QUANTO NON ESISTE LA PRESTAZIONE SOTTOSTANTE CHE VIENE PORTATA NEI DOCUMENTI CONTABILI A SUPPORTO. LA NORMA DEVE TROVARE ANCORA UN COMPIUTO SVILUPPO MA QUALCHE CONSIDERAZIONE RELATIVAMENTE AI CD DOCUMENTI DETENUTI A FINI DI PROVA COMINCIA A VEDERSI. 3 QUESTA NORMA E’ STATA DEPOTENZIATA MA RESTA COMUNQUE UNA NORMA CHE POTREBBE CONSENTIRE QUELLE INFORMATIVE DI REATO CHE TANTO HANNO PREOCCUPATO I MANAGER DI SOCIETA’ MULTINAZIONALI. 4 SI TRATTA DELLA UNICA NORMA CHE CONSENTE DI FORNIRE ASSISTENZA PENALE DI FRONTE AL TEMA DELLA STABILE ORGANIZZAZIONE OCCULTA E POSSIAMO DIRE CHE IL LEGISLATORE HA MANCATO UNA OCCASIONE PER FORNIRE ASSISTENZA PENALE A QUALCHE FATTISPECIE CHE TROVA NEL BEPS IL SUO SVILUPPO. 1 2 34 - La Rivista maggio 2016 Angolo Fiscale di Tiziana Marenco La società di capitali svizzera e lo scambio di informazioni (1 parte) a Non abbiamo mai dubitato del fatto che la Svizzera, una volta umilmente accettato l’incarico di scambiare informazioni, avrebbe preso il compito alla lettera. Il Tribunale Federale Svizzero, stando ai considerandi della recente sentenza del 1° marzo 2016 (2C_594/2015), sembra tuttavia essersi totalmente immedesimato nella funzione di messaggero. In questo caso, che riguarda una delle numerosissime domande di assistenza amministrativa in materia fiscale rivolte al nostro paese dalla Francia, il fisco francese aveva chiesto informazioni su una società a responsabilità limitata (Sarl, equivalente alla Sagl italiana), l’unico socio della quale sarebbe un residente francese (“contribuente francese”) che avrebbe in precedenza trasferito alla società svizzera dei marchi al fine di non più incassare direttamente (in Francia) i canoni dalla società che li utilizzava, tesaurizzandoli invece nella società svizzera. Il fisco francese chiedeva quindi informazioni riguardanti l’assoggettamento della società, il tasso di imposta applicato ai redditi nel 2010 e l’ammontare di imposte effettivamente pagato, l’attività esercitata dalla società, le risorse impiegate sul luogo (uffici e personale), il numero di impiegati e di attivi ed infine le somme in termini di remunerazione, dividendi e altri versamenti effettuati a favore del contribuente francese. L’Amministrazione Federale delle Contribuzioni (ATF) aveva deciso che la domanda poteva soddisfare le condizioni degli accordi e le informazioni dovevano quindi essere trasmesse. La società svizzera si era opposta e aveva chiesto che unicamente le informazioni riguardanti l’assoggettamento in Svizzera e il fatto che il contribuente francese non aveva ricevuto alcuna prestazione nel 2010 dovevano e potevano essere trasmesse alla Francia insieme con l’estratto dal registro di commercio, mentre per le altre informazioni non erano date le condizioni dello scambio. Il Tribunale Federale Amministrativo, chiamato a dirimere la vertenza, aveva dapprima considerato che il tasso d’imposta e la somma di imposte pagate dalla società svizzera non erano informazioni pertinenti alla domanda del fisco francese e che quindi queste informazioni erano escluse dallo scambio. Per quanto riguardava le altre, il TFA aveva esaminato se i limiti del diritto interno svizzero, applicabili in caso di scambio di informazioni, imponevano ulteriori correzioni. Ritenendo la società svizzera “terza persona” non direttamente toccata dalla domanda di informazioni, la stessa poteva essere obbligata solo al rilascio di informazioni riguardanti prestazioni effettuate al contribuente francese. L’AFC non si è data per vinta e ha impugnato la decisione davanti al TF. Il TF ha impostato la sentenza riassumendo dapprima i nuovi standard della Convenzione Modello OCSE (art. 26, corrispondente all’art. 28 della Convenzione franco-svizzera in materia di doppia imposizione) che permettono agli stati di richiedere e scambiare le informazioni verosimilmente pertinenti al fine di applicare le disposizioni della Convenzione o la legislazione tributaria interna dello stato che ne fa richiesta, fermo restando che la Convenzione non può essere interpretata in tal modo da costringere uno stato a fornire informazioni che non potrebbero essere richieste sulla base della legislazione interna o nel quadro della pratica amministrativa corrente dello stato richiesto e di quello richiedente. Tale riserva secondo il commentario ufficiale della Convenzione Modello OCSE è da intendere nel senso che, al di fuori dei procedimenti penali, possono essere richieste e ottenute solo le informazioni che potrebbero fare oggetto di richiesta in procedura di tassazione ordinaria. Per quanto riguarda quest’ultima fa stato la Legge Federale sull’Imposta Federale Diretta del 14 dicembre 1990 (LIFD), ed in particolare le disposizioni degli artt. 124-127. Mentre secondo l’art. 127 una terza persona ha un obbligo di cooperazione limitato a certificare le prestazioni effettuate a favore del contribuente che fa oggetto di un procedimento, gli artt. 124-126 LIFD prevedono per il contribuente stesso obblighi assai più estesi di collaborazione con le autorità. Gli art. 124-126 LIFD fanno parte della sezione 2 del capitolo sugli obblighi procedurali e sono esplicitamente titolati “OBBLIGHI DEL CONTRIBUENTE”. (continua) [email protected] maggio 2016 La Rivista - 35 Einladung zum Seminar Auswirkung der Steuerreformen in Italien und der Schweiz auf die unternehmerischen Tätigkeiten und die Verhandlungen (Roadmap) zwischen den beiden Ländern Die Italienische Handelskammer für die Schweiz freut sich, in Zusammenarbeit mit dem Europa Institut an der Universität Zürich zur Tagung über die Auswirkung der Steuerreformen in Italien und der Schweiz auf die unternehmerischen Tätigkeiten und die Verhandlungen (Roadmap) zwischen den beiden Ländern einzuladen. Es ist eine besondere Ehre und Freude für die Italienische Handelskammer für die Schweiz, dass sie für diese Tagung die beiden Exponenten in den steuerlichen Verhandlungen zwischen Italien und der Schweiz, Dr. Vieri Ceriani, Rom, und Botschafter Christoph Schelling, Bern, gewinnen konnte. Mit den Gesetzesdekreten in der zweiten Jahreshälfte 2015 – ergänzt durch das Haushaltsgesetz für 2016 – hat die italienische Regierung u.a. das Steuerrecht in Bezug auf die internationalen Aspekte – Investitionen von Ausländern in Italien und Investitionen von italienischen Unternehmen im Ausland – grundlegend reformiert, im Sinne einer größeren Rechtssicherheit und gewissen Anreizen für ausländische Investitionen in Italien und der Verbesserung der Wettbewerbsfähigkeit der italienischen Unternehmen bei ihren Tätigkeiten im Ausland (z.B. Einführung der branch exemption). Die früher geltenden blacklists für Unternehmen wurden von Italien abgeschafft und der Begriff der Niedrigbesteuerung im Ausland wurde neu definiert. Das ist auch für die Schweiz von großer Bedeutung. Gegenstand der Tagung sind die internationalen Aspekte der italienischen Steuerreform und der Schweizer Unternehmenssteuerreform III sowie deren konkreten Auswirkungen auf die wirtschaftlichen Beziehungen zwischen Italien und der Schweiz, wobei auf die spezifischen Regelungen bei grenzüberschreiten Investitionen eingegangen wird. Mittwoch, 1. Juni 2016 09.00 Uhr – 17.00 Uhr Hotel Marriott, Neumühlenquai 42, Zürich Programm 09.00 - 10.00 Uhr Italien: Neuerungen bei der Gewinnermittlung für Unternehmen (patent box, Sonderabschreibungen 140%; Forderungsverluste; Schuldzinsen, Abzugsfähigkeit Lohnkosten für IRAP-Zwecke u.a.) Italien: Andere Neuerungen • Steuerstrafrecht und Verwaltungsstrafen • Neuer Begriff des Rechtsmissbrauchs bei steuerlichen Gestaltungen • Neue Veranlagungsfristen Referenten: Dr. Luca Occhetta Dr. Manfred Psaier 10.00 – 10.20 Uhr Kaffeepause 10.20 – 11.15 Uhr Italien: Neuerungen im internationalen Bereich und ihre Auswirkungen auf die Schweiz • Neues Ruling-Verfahren für internationale Sachverhalte • Abschaffung der blacklists • Neue Definition der Niedrigsteuerländer • Neue CFC-Regelung • Erweiterung der Gruppenbesteuerung • Neue Ermittlung des steuerpflichtigen Gewinns bei einer Betriebstätte (AOA) • Dividenden aus Niedrigsteuerländern • Wegzugsbesteuerung und steuerliche Wertansätze bei Zuzug von ausländischen Unternehmen • Steuerbefreiung für Gewinne/Verluste einer ausländischen Betriebstätte Referenten: Dr. Siegfried Mayr Dr. Vito Alexander Paciello Dr. Manfred Psaier 11.15 – 12.15 Uhr Schweiz: Die Unternehmenssteuerreform III Referent: Prof. René Matteotti 12.15 – 13.30 Uhr Lunch 13.30 – 14.00 Uhr Schweiz: Steuerrulings, neue Entwicklungen Referent: Dr. Luzius Cavelti 14:00 – 14:30 Uhr Schweiz: Die derzeitigen steuerlichen Regelungen in der Schweiz, die für die italienischen Neuerungen von Relevanz sind. Referent: Richard J. Wuermli 14.30 – 15.00 Uhr Kaffeepause 15.00 – 16.00 Uhr Das Abkommen vom 23. Februar 2015 über den Informationsaustausch zwischen Italien und der Schweiz und state of the art der Roadmap Referenten: Dr. Vieri Ceriani Botschafter Christoph Schelling 16.00 – 17.00 Uhr Round table und Beantwortung von Fragen aus dem Publikum Dr. Vieri Ceriani, Botschafter Christoph Schelling, Prof. Dr. René Matteotti, Dr. Siegfried Mayr Leitung der Tagung: Prof. Dr. René Matteotti, Dr. Siegfried Mayr Unterlagen: Die Unterlagen zum Seminar werden den Teilnehmern vor Ort abgegeben. Sprache Deutsch (Dr. Vieri Ceriani: Englisch) Tagungsgebühr Für Mitglieder der Italienischen Handelskammer für die Schweiz CHF 430.Für NichtmigliederCHF 570.Anmeldung bis am 25. Mai 2016 an: Italienische Handelskammer für die Schweiz, Seestrasse 123, 8027 Zürich oder E-Mail an: [email protected] Die Tagungsgebühr ist gleichzeitig auf unser Bankkonto zu überweisen, (IBAN:CH92 0483 5024 5590 0100 2 /SWIFT: CRES CH ZZ 80A / CAB: 4835) Rechnungen werden nur auf ausdrücklichen Wunsch ausgestellt. Abmeldung 36 - La25.Rivista maggio 2016 Rückerstattung der Tagungsgebühr Vor dem Mai 2016: Komplete Nach dem 25. Mai 2016: Keine Rückerstattung Referenten Von Schweizer Seite: • Botschafter Christoph Schelling, Leiter Abteilung Steuern, Staatssekretariat für internationale Finanzfragen (SIF), Bern • Dr. Luzius Cavelti,LL.M., Rechtsanwalt, eidg. dipl. Steuerexperte, Partner Altenburger Ltd legal + tax, Zürich • Prof. Dr. iur. René Matteotti, LL.M., ordentlicher Professor für Schweizerisches, europäisches und internationales Steuerrecht an der Universität Zürich und Rechtsanwalt, Baker & McKenzie, Zürich • Richard J. Wuermli, Managing Partner, dipl. Steuerexperte (CFP), TAX EXPERT International AG, Zürich Von italienischer Seite: • Dr. Vieri Ceriani,Berater des Finanzministers für die Steuerpolitik, Ministero Economia e Finanze, Rom • Dr. Siegfried Mayr, Steuerberater, Senior Partner der Kanzlei Mayr Fort Frei, Mailand, und Dozent für internationales Steuerrecht • Dr. Luca Occhetta, Steuerberater, Partner der Kanzlei Pirola Pennuto Zei& Associati, Mailand • Dr. Vito Alexander Paciello, Steuerberater, Kanzlei Mayr Fort Frei, Mailand • Dr. Manfred Psaier, Steuerberater, Partner der Kanzlei Psaier & Geier, Brixen (Prov. Bozen/ Bolzano) Angolo legale Svizzera di Massimo Calderan La procedura civile e il sistema giudiziario svizzero 2a parte Come descritto nel numero precedente de La Rivista, nel 2011 è entrato in vigore il Codice di diritto processuale civile svizzero (CPC), che ha unificato il diritto processuale civile a livello federale, mentre i Cantoni continuano a regolare in gran parte l’organizzazione giudiziaria e la competenza per materia dei tribunali e delle autorità di conciliazione. Il CPC da particolare peso alla composizione stragiudiziale delle controversie. Prima di adire il giudice competente, deve aver avuto luogo un tentativo di conciliazione. Di conseguenza, tutti i Cantoni hanno dovuto istituire un’autorità di conciliazione, come il giudice di pace già esistente in alcuni di loro. Le parti possono chiedere di avvalersi della mediazione al posto della conciliazione, ma anche duran-te un processo in corso, sia in primo sia in secondo grado. La mediazione è caratterizzata dall’intervento di un terzo neutrale e indipendente, che non ha potere decisionale e che non può es-sere istruito né dal giudice né dall’autorità di conciliazione. La mediazione ha una sua struttura for-male, che dovrebbe aiutare le parti a trovare un compromesso; le loro dichiarazioni non possono es-sere considerate nel procedimento giudiziale senza il loro consenso. Il CPC obbliga i Cantoni ad almeno due gradi con pieni poteri cognitivi. Quale primo grado solitamen-te è previsto un tribunale di un Distretto del Cantone (Bezirksgericht o Amtsgericht / Tribunal de di-strict o Tribunal de première instance / Preture), mentre il secondo grado è costituito dal Tribunale Cantonale o Superiore (Kantonsgericht o Obergericht / Tribunal cantonal o Cour de Justice / Tribuna-le d’appello). È venuta meno la base legale per il terzo grado cantonale (ad esempio il Kassationsgeri-cht nel Canton Zurigo), abrogato con il CPC. Vari Cantoni prevedono, inoltre, tribunali specializzati in materia del lavoro (Arbeitsgericht / Conseils des prud’hommes) o della locazione (Mietgericht), composti da giuristi e da professionisti che rap-presentano le categorie interessate. Negli ambiti definiti dal CPC (quali le controversie in materia intellettuale o cartellistica) i Cantoni de-finiscono un unico grado competente in giudizio. Quattro Cantoni, ossia Argovia, Berna, San Gallo e Zurigo, hanno un tribunale commerciale quale uni-co grado decisionale a livello cantonale per controversie tra due parti iscritte al registro di commercio in Svizzera o all’estero (qualora tale condizione sia adempiuta solo dal convenuto, l’attore può sce-gliere se rivolgersi al tribunale commerciale o al giudice ordinario), derivanti dall’attività commerciale di una delle parti. Tali tribunali sono composti da giuristi e professionisti specializzati in materia, ga-rantendo così la necessaria competenza in sede di trattazione della causa. Il 70 % delle cause viene risolto in via transattiva. Pertanto, la durata media delle procedure è breve (meno di un anno), con un dispendio di tempo, energia e denaro delle parti relativamente basso. Le decisioni sono impugna-bili con ricorso in materia civile al Tribunale federale. L’ultimo grado è il Tribunale federale, al quale si può ricorrere contro le decisioni degli ultimi gradi cantonali, se nelle cause di carattere pecuniario il valore ammonta almeno a CHF 15.000 in contro-versie in materia del diritto del lavoro e di locazione, e a CHF 30.000 nelle altre materie. La Legge fe-derale sul Tribunale federale svizzero e la Legge federale di procedura civile federale disciplinano la procedura davanti al Tribunale federale. Un ricorso contro le decisioni del Tribunale federale può essere inoltrato alla Corte Europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo, ove ne ricorrano i presupposti di legge. Qualora entrambe le parti siano svizzere e abbiano deciso di devolvere la competenza su controver-sie future o già esistenti in materia civile a un tribunale arbitrale, si applicano le regole dell’ultimo ca-pitolo del CPC, dedicato all’arbitrato “interno”. Queste norme regolano la costituzione del tribunale arbitrale, la sede in un luogo svizzero, la designazione, la ricusazione e la destituzione degli arbitri, così come le garanzie minime del procedimento. Il tribunale arbitrale può ordinare provvedimenti cautelari. Il lodo è direttamente impugnabile dinanzi al Tribunale federale, ancorché le parti possano scegliere il tribunale cantonale quale ultima istanza. Le norme sono simili a quelle più conosciute che si applicano all’arbitrato internazionale, dove almeno una delle parti non è svizzera e la sede non de-ve necessariamente trovarsi in Svizzera. Nel caso le parti raggiungano un accordo nell’ambito della procedura di conciliazione, di una media-zione o del giudizio, deve essere approvato dall’autorità di conciliazione o dal giudice adito affinché diventi un titolo esecutivo. L’istanza che approva l’accordo ha soltanto il compito di verificare che es-so non sia manifestamente sproporzionato e che non violi il diritto imperativo. [email protected] maggio 2016 La Rivista - 37 Convenzioni Internazionali di Paolo Comuzzi Note in merito alla “Diverted Profit Tax” È del tutto evidente che la impresa multinazionale realizza profitti in diversi paesi e cerca ovviamente di sfuggire alla tassazione prevista nei paesi meno convenienti1. Si tratta di un fenomeno ben compreso dalle diverse Amministrazione Finanziarie che ovviamente cercano di combatterlo2. In questo senso anche la Amministrazione Fiscale del Regno Unito si è messa di impegno e lo scopo di questo complesso di norme sulla Diverte Profit Tax è quello indicato con chiarezza dalla stessa Amministrazione con le parole “… The main objective of the diverted profits tax is to counteract contrived arrangements used by large groups (typically multinational enterprises) that result in the erosion of the UK tax base…”. È del tutto evidente che la norma ha un intento certamente punitivo nei confronti di coloro che pongono in essere accordi “…which lack economic substance involving entities with an existing UK taxable presence. The primary function is to counteract arrangements that exploit tax differentials and will apply where the detailed conditions, including those on an “effective tax mismatch outcome” are met ...”. È importante evidenziare questo punto: nessuno punisce una riorganizzazione aziendale dettata da esigenze di mercato ma nessuno tollera una riorganizzazione che abbia come scopo la riduzione delle imposte3. In ogni caso è lecito dire che “… from a policy perspective, this legislation represents a move ahead of the developing BEPS agenda. It will be interesting to see if other territories decide to adopt a similar approach …”. In ogni caso “… HMRC has invited comments on this draft legislation and taxpayers should engage in the consultation process …”. Premessa Possiamo dire che ormai la lotta tra le imprese multinazionali globalizzate e le diverse Amministrazioni Finanziarie è una lotta senza quartiere4 e questo in tutti i paesi. Si tratta di una lotta tesa ad impedire al contribuente lo sfruttamento di asimmetrie informative e di differenziali di imposta senza che alla base di questo atteggiamento sussista una qualsiasi ragione di carattere economico. In estrema sintesi “… The DPT is a new tax, charged at 25% on profits that are considered to be artificially diverted from the UK. The legislation is very complex; there are two sets of conditions where DPT would be applicable, and often both will apply to the same fact pattern …”. In qualsiasi Stato (come del resto in UK) avviene quanto segue “… UK resident companies and non-resident companies carrying on a trade in the UK through a permanent establishment, are chargeable to corporation tax on profits. The computation of those profits is subject to: 1) the transfer pricing rules (at Part 4 Taxation (International and Other Provisions) Act2010 (TIOPA); 2) the rules on profits attributable to a UK permanent establishment (PE) of a non-UKresident company (at Part 2, Chapter 4 Corporation Tax Act 2009 (CTA 2009)); and 3) the rules on whether a non-UK resident company has a PE in the UK (at Part 24, Chapter 2 Corporation Tax Act 2010 (CTA 2010)…” Ebbene questo corpo di norme sembra non bastare più nell’attuale momento storico per raggiungere una piena tassazione della ricchezza che si produce nello stesso. Allo scopo di risolvere il problema si passa alla mossa ulteriore che consiste proprio in questa forma di imposizione “aggiuntiva” che viene discussa nel presente contributo. Commenti Scopo della norma Lo scopo della normativa DPT è evidente quando vengono usate le parole “…This measure will introduce a new tax on diverted profits. The diverted profits tax will operate through two basic rules. The first rule counteracts arrangements by which foreign companies exploit the permanent establishment rules. The second rule prevents companies from creating tax advantages by using transactions or entities that lack economic substance …”. 38 - La Rivista maggio 2016 Le paure dei paesi In sostanza la paura di ogni paese consiste nella presenza di una stabile organizzazione occulta (e ricordiamo per inciso che in Italia avere una stabile organizzazione occulta genera anche un reato non in quanto tale ma in forma indiretta per la omissione della dichiarazione dei redditi) e / o nell’utilizzo di transazioni e / o società che non hanno alcuna sostanza economica (o meglio che non hanno sostanza ma hanno un solo e chiaro scopo che consiste nella riduzione della materia imponibile). Nel primo caso si ha che “… The first test is called “avoidance of a UK PE” and applies where a foreign company is making sales of goods or services to UK customers, with a related party company present in the UK which is performing activities in relation to these sales, for example marketing support services. For the DPT to apply there would need to be a main purpose to avoid tax, or the “tax mismatch” conditions would need to be met. The tax mismatch conditions effectively mean: the profits in the foreign company are taxed at a rate lower than 80% of the UK corporation tax rate; and the foreign company would not meet the economic substance test (more on this below) …”. Nel secondo caso si ha che “… The second test is called the “insufficient economic substance test” and has an overriding test that it is reasonable to assume the transaction(s) were designed to secure a tax reduction (where tax is defined to include non-UK tax as well as UK tax). If this condition is met, the DPT is applied where: a UK company or PE makes payments to another company or there is a reduction in UK income, and either: the tax reduction resulting from the transaction(s) outweighs any other financial benefit from the transactions; or where the contribution of economic value to the transactions(s) by the other company is less than the tax reduction. The contribution of economic value focusses only on functions/activities performed by the company (or outsourced to third parties), and appears to ignore any contributions to the profit of the company generated through the capital/ assets owned or risks borne …”. L’aspetto della procedura per la contestazione Ovviamente siamo in presenza di una norma complessa e di fatto tendende a colpire la elusione e di conseguenza si ha che “…The legislation will provide that where a designated HMRC officer determines that the diverted profits tax should apply a preliminary notice would be issued explaining, among other things, the reasons the amount of the charge and the basis on which it has been calculated (including the details of the amount of the taxable diverted profits). The recipient would have 30 days to make representations and the designated HMRC officer may consider certain specified matters within a further 30 day period before either issuing a charging notice on the original or a revised amount, or confirming that no charge arises …”. In buona sostanza la normativa deve essere applicata mediante un contraddittorio preliminare e prima di emettere l’accertamento (charging notice) un contraddittorio ufficiale è necessario. La richiesta di un procedimento nella forma del contraddittorio è essenziale in quanto “… these tests are very complex to apply and elements are subjective. The insufficient economic substance test is of particular concern because it narrowly focusses on activities and functions. This means in practice it could be very hard to assess the position and to be confident as to whether or not the test is passed or failed …”. In questo senso la norma, per quanto riguarda l’Italia dovrebbe includersi nell’ambito del più generale principio dell’abuso del diritto ben noto al contribuente ed alla Amministrazione Finanziaria. L’esigenza della cassa Il pagamento della imposta DPT viene richiesto subito ed infatti si dice che “…The charging notice will require the payment of the diverted profits tax within 30 days. Penalties will apply for late payment…”. Si ha quindi una certa severità nella raccolta della “cassa” che appare mancante in ragione di un atteggiamento del contribuente che non si giudica completamente corretto. L’esame della dottrina Della normativa si è occupata autorevole dottrina (mi riferisco a Phillip Baker5) che ha concluso in modo secco su alcuni punti: 1. challenge to the DPT before the UK domestic courts based on compatibility with the UK’s double tax treaties would not be successful; 2. a claim based upon compatibility with human rights law would be bound to fail. 3. Where this writer disagrees is with the conclusion that it is doubtful that the DPT would survive an EU law challenge. Whilst entirely accepting that, at the current state of development of EU direct tax law, it is impossible to be categorical as to the impact it may have, this writer believes that there are other aspects of EU law that need to be taken into consideration and, when these are considered, it is more likely that the DPT would survive a challenge based upon EU law, if one were brought. Conclusione Siamo di fronte ad una normativa certamente complessa e che vive della tensione attuale in cui ogni Stato è alla ricerca di risorse e vuole impedire che si operi nel proprio territorio senza alcun pagamento di imposte. Gli sviluppi di questa normativa sono da valutare nel prossimo futuro con estrema attenzione e si deve anche tenere conto di quella che sarà la applicazione pratica della stessa negli anni a venire. In ogni caso l’illustre Autore conclude affermando che “…The DPT targets similar arrangements to those that are the targets of the current BEPS Project. If it is the case that the DPT cannot be compatible with EU law, then it is hard to see how EU Member States could combat BEPS effectively within the scope of EU law …” e siccome il BEPS non si tocca è lecito pensare che anche queste norme troveranno un loro sviluppo nel prossimo future sempre con lo scopo preciso e puntuale di impedire la erosione della materia imponibile ed il trasferimento della ricchezza in posti molto più convenienti di quelli in cui la stessa si produce. Questo non per cattiveria ma per la semplice ragione che le imposte riducono il profitto che può essere trasferito agli azionisti. Si pensi alla forte evoluzione che ha avuto la Amministrazione Fiscale negli ultimi (diciamo) 10 – 12 anni. 3 Se questo scopo debba essere mero o basti la prevalenza è una discussione che non ci interessa in questa sede. 4 Le norme che sono state emanate nei diversi Stati per impedire che si abbia erosione di base imponibile sono molteplici e sempre più evolute. 5 L’Autore ne ha parlato in British Tax Review. 1 2 maggio 2016 La Rivista - 39 Precisione svizzera e flair italiano… dal 1945 il partner competente e affidabile da e per l'Italia • Linee dirette da e per i maggiori centri commerciali italiani • Competenze tecniche, doganali e linguistiche • Distribuzione capillare • Rappresentanze fiscali • Sdoganamenti comunitari • Logistica vino MAT TRANSPORT SA Basilea, Berna, Cadenazzo, Lucerna e Zurigo Telefono gratuito: +41 (0) 800 809 091 [email protected] www.mat-transport.com L’elefante Invisibile1 di Vittoria Cesari Lusso Integrazione: tanti elefanti invisibili dietro una parola Esitavo molto a trattare l’argomento. Stando al mio percorso intellettuale e professionale non avrei in teoria dovuto avere molte remore. In passato sono stata l’autrice di una tesi di dottorato all’Università di Neuchâtel sul tema dell’integrazione dei giovani figli di immigrati. Sono stata tra le fondatrici, una trentina di anni fa (!), di una rivista multilingue che si chiamava “InterDIALOGOS”. Ho pubblicato articoli e libri sull’argomento. Ma erano altri tempi. Che sembrano ormai lontani anni luce. Gli immigrati di cui si parlava allora in Svizzera portavano cognomi a consonanza italiana, spagnola, portoghese. Erano di religione cattolica. I loro paesi di origine erano inseriti in un processo di costruzione europea, ecc, ecc. … Per quanto concerne l’Italia, la sua svolta epocale da terra di emigrazione a paese di accoglimento era appena agli inizi. Nonostante tale mio percorso, le remore che provo oggigiorno a riprendere l’argomento dell’integrazione degli immigrati sono enormi. È vero che il termine integrazione continua a essere sulla bocca di tutti, ma la realtà a cui attualmente si riferisce ha subìto tali e tanti sconvolgimenti da rendere obsolete le analisi e riflessioni dell’ultima parte del secolo scorso. Sappiamo bene che i fenomeni migratori assumono ormai dimensioni apocalittiche, risvolti drammatici e implicazioni umane e politiche di tale ampiezza da infiammare dibattiti e animi in tutte le democrazie occidentali. I vari media ci rendono edotti in tempo reale del moltiplicarsi di impressionanti movimenti di popolazioni che fuggono da guerre, carestie, miseria, dittature, persecuzioni, o semplicemente da condizioni di vita non corrispondenti ai modelli dei paradisi occidentali. Gli stessi media ci inondano quotidianamente con commenti e prese di posizione ideologiche che contribuiscono non poco a una divisione rigidamente manichea del nostro mondo in buoni e malvagi, a seconda che le persone si schierino per un’accoglienza a tutto campo delle ondate migratorie oppure siano a favore di misure restrittive e protettive. Senza distinguo in questo caso tra chi cerca di ragionare sul fenomeno e chi fa della xenofobia un credo impenetrabile. Una cacofonia di voci dunque nella quale è sempre più difficile orientarsi. Se in mezzo a tanta confusione oso inserirmi con una mia riflessione è perché mi sembra di far parte di una folla nella quale circola un elefante che troppi cercano di non vedere: quello delle difficoltà di integrazione culturale (o di inclusione come è di moda dire oggi) dei nuovi flussi migratori e degli immensi mezzi che occorre mobilizzare per affrontarle. Un Paese per funzionare richiede un minimo di coesione sociale, di condivisione di valori, di sentimento di appartenenza a una casa comune. La coesione riposa su basi quali una lingua comune, su radici storiche e retaggi culturali condivisi. Tutti gli italiani ad esempio sanno perché in quasi tutte le città ci sia un corso Garibaldi o una piazza Dante, o un viale Puccini. Attraverso quali mezzi integrare chi è estraneo a tali simboli culturali? Tra i valori fondanti le società occidentali vi sono colonne di enorme portanza quali: separazione Chiesa/Stato; uguaglianza uomo/donna; libertà di parola e di culto. Si tratta di fondamenti conquistati e costruiti attraverso secoli di lotte, sconfitte e vittorie. Come integrare le comunità che si identificano con valori antitetici? Che dire poi del sentimento di appartenenza al paese di accoglimento? In passato spesso le prime generazioni di immigrati hanno continuato a sentirsi italiani, spagnoli, ecc…, pur vivendo in altri paesi. Hanno altresì conservato l’abitudine di guardare la televisione del proprio paese di origine, di riunirsi tra connazionali, di tifare per le squadre nazionali. Ma ciò non ha impedito loro di favorire l’integrazione dei propri figli, nati e scolarizzati nei paesi in cui sono immigrati. Questi hanno potuto così effettivamente integrarsi sul piano economico, culturale e sociale. Hanno potuto anche sentirsi svizzeri, tedeschi, ecc. senza provocare tragedie in famiglia. Il che ha permesso ai cosiddetti secondos di creare forti legami di appartenenza con le nuove patrie, senza rinnegare la storia e la cultura delle loro famiglie. Una vecchia leggenda indiana narra di un elefante che pur muovendosi tra la folla con al sua imponente mole passava comunque inosservato. Come se fosse invisibile… 1 Per i figli delle nuove ondate migratorie tutto è molto più complicato. La loro identità biculturale è formata da elementi spesso fra di loro inconciliabili . Occorrerebbero immani sforzi di mediazione per aiutare i giovani e le loro famiglie a non scegliere la via più facile, ossia quella del rancoroso isolamento e del rifiuto pregiudiziale della cultura del paese di accoglimento. E non parlo di coloro che diventano terroristi assassini (meglio non mescolare tutto). Parlo dei numerosi casi di rifiuto di integrazione di bambini e giovani che frequentano oggi le nostre scuole. Ecco due esempi tra infiniti altri. A Cremona, un ragazzino di famiglia mussulmana non ha trovato di meglio da fare dopo i fatti di Parigi e di Bruxelles che esternare ai suoi compagni la sua contentezza per le stragi compiute dai correligionari e imbracciare un quaderno a mo’ di mitra simulando di sparare colpi e destra e manca. A Therwil, tranquillo villaggio di Basilea campagna, due adolescenti hanno deciso di non più stringere la mano alle insegnanti di sesso femminile, affermando che la religione mussulmana glielo vieta. Le autorità «comprensive» li hanno dispensati. Forse il prossimo passo politicamente ancora più corretto sarà quello di chiedere a tutti i bambini di conformarsi a questo e altri tabù… maggio 2016 La Rivista - 41 Piano di Accumulo in Fondi Per un risparmio graduale e mirato Direzione Generale e Agenzia di Città Via Giacomo Luvini 2a, CH–6900 Lugano Tel. +41 58 855 32 00 Sede Principale Via Maggio 1, CH–6900 Lugano Tel. +41 58 855 31 00 Succursali ed Agenzie Chiasso, Mendrisio, Lugano-Cassarate, Paradiso, Locarno, Bellinzona, Biasca, St. Moritz, Celerina, Samedan, Pontresina, Poschiavo, Castasegna, Coira, Berna, Basilea, Zurigo, Neuchâtel, MC-Monaco Il Piano di Accumulo in Fondi permette una gestione dei risparmi lungimirante e personalizzata. Con versamenti periodici di limitata entità investe in fondi comuni di Popso (Suisse) Investment Fund Sicav, che le consentono di accumulare un capitale nel tempo. Call Center 00800 800 767 76 www.bps-suisse.ch Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) La Banca che parla con te www.popsofunds.com Per chi suona il campanello di Mirko Formenti Un weekend di perfezione primaverile Che il giovedì sia il nuovo venerdì è cosa nota – ma di fatto giovedì me ne sto a casa, mentre venerdì è la “Museumsnacht”: in questa nottata marzolina musei, collezioni, monumenti eccetera restano aperti per gli insonni bernesi e non. Sorvolo sulla visita a Palazzo federale e sul giro della città vecchia su macchine d’epoca, e veniamo al sodo: nell’Antikesammlung dell’Università (una collezione di copie di celebri statue greco-romane) c’è un concerto di un quartetto d’archi (uno dei violinisti è amico del mio coinquilino: è quello con la barba); la musica è roba dell’altro mondo, a tratti fluttuante e soave e a tratti stridente ed inquietante, e l’atmosfera è incredibilmente suggestiva, con tutte quelle statue seminascoste a tutelarci... sulla parete di fondo vedo l’ombra tesa e contorta di Laocoonte che viene stritolato dai serpenti, e, proprio di fianco, una statua colossale di un’imperiosa Atena che lo surclassa in dimensioni (l’Atena di Velletri); ora, dovete sapere che, manco a farlo apposta (... ma non sarà mica ... apposta?), è stata proprio Atena a spedire i serpenti ad ammazzare Laocoonte, poiché questi cercava di convincere i troiani a non fidarsi del “regalo” dei greci (un certo cavallo...); trascinato dalla musica io pensavo: puoi avere tutta la ragione del mondo, ma finché sei un uomo se rompi le palle a un dio finisci stritolato e punto. Sabato il fratello di un amico fa il dj in un club sepolto nella città vecchia: ci si va e ci si diverte tirando mattina: e non c’è molto di notevole da aggiungere. Ma domenica mattina per esorcizzare il weekend faccio un passeggiata a zonzo per la città vecchia col naso un po’ all’insù, un po’ all’ingiù: e un po’ dritto davanti come dovrebbe; ci sono dei ragazzi che sfrecciano in bici rimbalzando sul porfido e assorbendo i rapidi impatti nelle pudenda senza battere ciglio, al che io rido ma uno mi guarda e fa Mo-o-orge-e-e e allora rido ancora di più, ma loro sono già spariti; così attraverso per il lungo tutta la lingua di terra della città vecchia e, arrivato, per così dire, sulla punta, tra le molte parole che vi si sono perse scopro una scalinata di pietra col tetto di legno che scende dalla chiesa di Nydegg (costruita sulle rovine di un castello distrutto dagli stessi bernesi per ragioni bernesi e quindi imperscrutabili: ad ogni modo, ecco perché un rassicurante cartello recita “Burgtreppe”), poi attraverso un ponte che scopro essere il più antico della città (la targa dice: blablabla 1487) e arrivo in zona fossa degli orsi: mentre passo davanti alla Mahogany Hall sento della musica: la canzone è Stella by Starlight; mi precipito dentro e mi rendo conto che dev’essere una di quelle domeniche (una al mese) in cui Philipp, un mio ex compagno di università convertitosi al contrabbasso, suona col suo trio (e un ospite sempre diverso) per una matinée jazz a base di Martini, tartine di salmone e garbate frivolezze – alla perfezione dei sensi mancherebbe giusto qualche ostrichetta: ma siamo pur sempre a Berna. Così mi godo il meriggiare, saluto Philipp e riparto in direzione sudovest lungo il fiume in cui si specchia la muraglia dei giardini della cattedrale, nonché la cattedrale stessa, si capisce: allibisco alla Grande Bellezza di Berna ora dall’esterno come prima dall’interno dei suoi vicoli di pietra parlante; peccato che il sentiero è parecchio trafficato di famigliole, cani e turisti: fa niente. Arrivato in zona casa decido di allungare passando dal lido di Marzili, dove tra i reduci del sabato sera rannicchiati a sbarellare in santa pace e tra i giovani temerari – di certo bernesi da generazioni – che inneggiano al primissimo caldo buttandosi nel fiume con virili squittii, incontro due tizi che ho conosciuto al quarto piano della biblioteca (con uno scherzo stupidissimo che ha a che vedere con il Libro di Mormon e finti rituali sulla piattaforma B: ma questa è un’altra storia); ci esibiamo in una notevole performance di code mixing stupendo gli increduli astanti con la nostra capacità di esprimerci contemporaneamente in francese, italiano, tedesco e spagnolo, e dopo poche chiacchiere più o meno intellegibili continuo la passeggiata e, pochi metri prima di uscire dal lido, mi trovo spianate davanti su un’apposita fila di tavole di legno un gruppetto di ragazze in topless che non regalano la minima attenzione al mio divertito imbarazzo. Entro in casa giusto in tempo per vedere il Lugano che batte il Grasshopper al Letzigrund. Ah, è davvero primavera: beati i nottambuli – essi saranno aggiornati… maggio 2016 La Rivista - 43 Benchmark di Nico Tanzi Le storie e la vita, ovvero: il fil rouge fra la Bibbia e lo Storytelling Un tempo, ormai lontano, erano i nonni, la sera accanto al fuoco, a raccontarle. Alcuni privilegiati avevano il teatro, ma erano davvero in pochi (anche se in alcune epoche e in alcuni paesi il teatro è stato tutt’altro che un luogo elitario, come in parte lo è oggi). Poi è arrivato il cinema, e la gente ha cominciato a prendere l’abitudine — magari il sabato sera — di gustarsele col naso all’insù egli occhi fissi sullo schermo. Infine, la televisione: che ce le ha portate nel salotto di casa, e non a caso per qualcuno era il «focolare elettronico»… Parliamo delle storie: piccole e grandi, indimenticabili o superflue. Accompagnano la nostra vita, da sempre: dalle fiabe ascoltate da bambini prima di fare la nanna, raggomitolati sotto le coperte con gli occhi sbarrati nell’attesa, alla spettacolare fiction contemporanea. (Lo so, ci sono anche i libri — grazie al cielo: ma in questo caso mi riferisco a quel filone che va dalla cosiddetta narrazione orale alle sofisticatissime serie tv dei nostri giorni. La lettura infatti introduce una componente «attiva», richiede al lettore uno sforzo personale nella «messa in scena», anche visiva, di ciò che legge, e tutto ciò cambia in modo significativo il senso dell’operazione). Quali caratteristiche deve avere, una storia, per piacere al pubblico? Per «funzionare»? Chi conosce un po’ la materia sa bene che non è certo un caso se alcune storie si dimenticano subito dopo averle ascoltate (o «viste» sullo schermo), e altre invece continuano ad essere tramandate e raccontate per secoli. I meccanismi che stanno alla base della costruzione di una storia, infatti, sono talmente rigorosi da poter (quasi) essere l’oggetto di una scienza esatta. Lo sanno bene gli autori delle sceneggiature di film e telefilm, che applicano al loro lavoro regole e formule molto vicine a quelle matematiche. A fondamento di tutte queste regole, però, c’è un principio di base: la storia deve offrire all’ascoltatore (allo spettatore) la possibilità di identificarsi con il protagonista. È quello che accade nell’Odissea di Omero come in Guerre stellari, in Hansel e Gretel come in Rocky. E perché ciò avvenga, deve fare leva sugli archetipi comuni al genere umano (il lupo di Cappuccetto rosso o la matrigna di Biancaneve, ad esempio, rievocano la forza malvagia che fa di tutto per distruggere l’eroina: l’antagonista, nei termini della narratologia). Ma soprattutto, ogni storia che si rispetti deve mettere in scena un percorso in cui si passa da una situazione di partenza ad una di arrivo attraverso il superamento di una serie di ostacoli. Il più frequente è lo scontro – appunto – con l’antagonista, che porta l’eroe a diventare più forte, a prendere coscienza dei propri mezzi e ad avviarsi verso il proprio destino. Più o meno glorioso che sia. È uno schema — un archetipo, anche questo — che si ripete fin dalla notte dei tempi. Nel vero senso della parola: il Diluvio Universale è uno dei casi canonici, e non a caso si trova nella Bibbia come in altre culture (quella azteca, per esempio). Qual è la struttura di questo mito? Vediamo: una situazione di partenza (la coabitazione di uomini e dei sulla terra dopo la creazione; un perturbamento causato dai comportamenti dell’uomo, con conseguente castigo divino (il diluvio, appunto); e infine, quando la terra riemerge, un nuovo equilibrio come punto d’arrivo. Niente di nuovo sotto il sole: anche Cenerentola — o vogliamo prendere la Vivian di Pretty Woman? — compie lo stesso percorso: situazione di partenza (disagio e povertà) / perturbazione dell’equilibrio (il ballo, rispettivamente l’incontro con il ricco Edward) / nuovo equilibrio (il matrimonio con il principe azzurro). Un equilibrio da raggiungere naturalmente attraverso il superamento degli ostacoli e la lotta contro l’antagonista. Le storie — quelle vere, quelle che funzionano dall’alba dei tempi — sono tutte caratterizzate dal superamento degli ostacoli. Perché? Perché la lotta per superare quegli ostacoli — per sposare il principe azzurro — è la vita stessa. Senza ostacoli non c’è mutamento ma immobilità. Senza la lotta per raggiungere i propri obiettivi, la storia non funziona per il semplice motivo che non c’è vita. (Il che, peraltro, rende tragicomicamente assurda la nostra eterna pretesa che nella vita tutto fili sempre liscio). E invece non c’è differenza, fra le storie e la vita. Nelle une e nell’altra, ciò che permette di crescere è il movimento, lo scontro (il Pòlemos di cui parlava Eraclito). Lo sanno bene gli specialisti di storytelling, una delle nuove frontiere (seppur antichissima nelle sue radici) del marketing contemporaneo. Magari sarà il caso di tornarci su prossimamente. maggio 2016 La Rivista - 45 Lingotto Fiere, 12-16 maggio L’immagine che dà il titolo al Salone 2016 è Visioni, un’opera d’arte appositamente creata e donata al Salone da Mimmo Paladino. L’elaborazione grafica è stata realizzata dallo studio dell’architetto Pierluigi Cerri, fra i più grandi grafici e designer italiani. Il Salone dei Visionari Il 29° Salone Internazionale del Libro di Torino si terrà nei Padiglioni 1, 2, 3 e 5 di Lingotto Fiere da giovedì 12 a lunedì 16 maggio 2016. L’inaugurazione, alle 10.30 di giovedì 12 maggio, sarà affidata al Ministro per i Beni, le Attività Culturali e il Turismo Dario Franceschini. È annunciata nel corso del Salone la visita del Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Sono oltre 1.000 gli editori presenti al Salone 2016, chi con proprio stand, chi all’interno di spazi collettivi e istituzionali. Tutti confermati i marchi editoriali, dai grandi gruppi ai piccoli e medi editori. Un gradito ritorno quello di Donzelli. Ritorna Amazon che debutta il suo nuovo marchio di editoria cartacea APub. Presente per la prima volta l’Istituto Luce. Settanta i nuovi espositori che debuttano al Salone. Fra loro La Conchiglia di Capri, raffinato libraio-editore di scuola napoletana, estremamente curato nella scelta cartaria e tipografica e molto attivo sul fronte degli incontri fra le culture del Mediterraneo. E i 24 editori indipendenti dell’Incubatore, che festeggia 10 anni: provengono da tutta Italia e hanno meno di due anni di vita. I convegni e dibattiti in programma sono a 1.222, cui andranno ad aggiungersi quelli del Salone Off. Trentasette le Sale Convegni e Laboratori, compresa le nuove Sala Romania e Sala Babel. Sono già oltre 500 gli operatori internazionali accreditati all’International Book Forum, di cui più di 250 stranieri provenienti da 41 Paesi. Fra gli editori rappresentati all’Ibf, i francesi Flammarion, Gallimard e Xo; i tedeschi Piper, Suhrkamp, Kunst- 46 - La Rivista maggio 2016 mann, Hanser e Alexander; gli spagnoli Anagrama, Narcea e Sexto Piso. I Paesi presenti al Salone con un proprio stand: Albania Azerbaijan e Romania, che ha realizzato e dato il suo nome a una sala convegni dotata di 50 posti e che – accanto alla propria programmazione - ospita numerosi incontri di Officina ideati per valorizzare il ruolo dei piccoli editori. Le Istituzioni nazionali italiane sono rappresentate da Presidenza del Consiglio dei Ministri, Miur - Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Ministero della Difesa, Cnr – Centro Nazionale delle Ricerche. Dopo Calabria, Veneto e Lazio, la Regione Ospite d’onore nel 2016 è la Puglia. Le altre Regioni Italiane presenti con un proprio spazio sono Basilicata, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Piemonte, Sardegna, Toscana e Valle d’Aosta. Area Startup. Quest’anno debuttano al Salone 10 nuove startup selezionate attraverso la call internazionale lanciata dal Salone per i migliori progetti di editoria digitale. Casa Cookbook. Sono 25 gli espositori presenti quest’anno. Tra le novità: Cucchiaio d’Argento, FunnyVegan, CEF publishing, Luca Maroni - Sens e Moka Libri. Torna Phaidon Press, brand internazionale con sedi a Londra, Parigi, Barcellona, Milano, Tokyo e New York. Nello spazio Collettiva editori per ragazzi sono 12 gli editori presenti: Biblioteca dei Leoni, Eli – La Spiga edizioni, Grappolo di Libri Editore, Erba Moly, Italy for Kids, Kite edizioni, Lo editions-Officina Libraria, Sestante edizioni, Teke Arcobaleno, Uovonero, Edizioni Curci, Carthusia. Fra le novità più rilevanti, il biglietto ridotto che da 9,00 € scende a 8,00 (invariato a 10 € l’intero), e l’introduzione del nuovo biglietto ridotto preserale a soli 5,00 €, valido dopo le ore 18 e per il quale è stata ideata una nuova striscia di eventi e concerti serali con grandi nomi della musica italiana. Tutti i biglietti possono essere acquistati in prevendita online su: salonelibro.it. Scaffale Wanda Marra Riccardo Vendere un’idea Staglianò Il consenso e la politica Ignazio Marino (Marsilio - pp 158 € 15,00) (Feltrinelli - pp 304 € 18,00) nell’era Renzi Al posto tuo Così web e robot ci stanno rubando il lavoro Un marziano a Roma (Einaudi - pp 246 € 18,00) Come si fa politica oggi? Che caratteristiche deve avere un leader per risultare vincente? Com’è il mondo che si muove dietro le quinte dell’incessante show mediatico? «Compagni e amici, sulla comunicazione come siamo messi? Quale lavoro state facendo su voi stessi? Come prepariamo le comparsate tv?». Così Matteo Renzi apostrofava gli esponenti del Partito democratico durante una direzione del 7 giugno 2015. Per il premier-segretario la comunicazione è da sempre al cuore della strategia politica. Ma come si costruisce e come si mantiene appetibile il «brand» Matteo? Quanto di quello che vediamo è vero? La giornalista del Fatto Quotidiano Wanda Marra, cronista politica, mostra come funziona il vortice che, giorno per giorno, agitando passioni, aspettative e speranze collettive, porta alla costruzione del consenso intorno a un leader. Un «prodotto» frutto di moltissime discipline al lavoro simultaneamente: pubblicità, spin, comunicazione, moda, psicologia, sceneggiatura, marketing, storytelling, fotografia, giornalismo. Avvalendosi di più fonti, il libro si muove su livelli diversi: dai risvolti psicologici – quanto si è persone e quanto personaggi – a quelli sociologici – il riferimento a «modelli» e tendenze collettive –; dalla costruzione della propria immagine e del look, all’uso dei social media, soprattutto di Twitter, per dichiarazioni a metà tra l’ufficioso e l’ufficiale; dai video e le foto istituzionali sul sito del governo ai rapporti politici gestiti attraverso un mezzo apparentemente confidenziale come WhatsApp. Sullo sfondo un’ipotesi che si fa sempre più pressante: e se la politica fosse solo la punta dell’iceberg? Wanda Marra è nata nel 1970 a Napoli. Vive e lavora a Roma, dove fa la cronista parlamentare per il Fatto Quotidiano. Vendere un’idea è il suo primo libro. P come Posto, il tuo posto di lavoro. Quello che internet e le macchine si portano via. Ieri la tecnologia sostituiva i colletti blu, oggi quelli bianchi. E domani? Qual è l’ultima volta che avete comprato un biglietto del treno allo sportello invece di farlo online? O un cd in un negozio di dischi? O che avete messo piede in banca? Non siete i soli. Il risultato individuale è una maggiore convenienza immediata, quello collettivo è la fine di quei lavori. È una schizofrenia che ci riguarda tutti. Le macchine hanno sempre rimpiazzato gli uomini. Prima però lo facevano nei compiti pesanti, colpendo i colletti blu. Ora sostituiscono il lavoro dei colletti bianchi. In passato l’aumento della produttività dato dalla tecnologia si trasformava in più ricchezza per la società: se uno perdeva il lavoro in manifattura ne trovava un altro nei servizi. Ormai le macchine corrono troppo forte e distruggono più posti di quanti non riescano a creare. Web e robot, dunque, dopo globalizzazione e finanza, stanno uccidendo la classe media. Perché più le macchine diventano a buon mercato, pù gli esseri umani sembrano cari in confronto. Questo libro è un viaggio in un futuro che è già arrivato, a cui stiamo pagando un prezzo cruento, ma dall’esito non inevitabile. A patto che ce ne rendiamo conto, prendendo delle radicali contromisure. Riccardo Staglianò è nato a Viareggio nel 1968 ed è inviato de «la Repubblica». Ha iniziato la sua carriera come corrispondente da New York per il mensile «Reset», ha poi lavorato al «Corriere della Sera» e oggi scrive inchieste e reportage per il «Venerdì». Per dieci anni ha insegnato Nuovi media alla Terza Università di Roma. A distanza di pochissimi mesi dal clamoroso epilogo del suo mandato, Ignazio Marino ha scritto la sua verità. Un racconto, duro e senza censure, che rivela le resistenze che ha trovato e svela quelle che alla fine lo hanno eliminato; l’analisi, punto per punto, di una stagione del governo di Roma che voleva marcare un cambiamento assoluto; il ricordo, commosso e grato, di tutti coloro (cittadini e assessori) che hanno partecipato insieme a lui a questa avventura e lo hanno sostenuto fino in fondo. La sua visione di una città che può uscire dalla palude e presentarsi al mondo come grande capitale europea proiettata nel futuro. Il sogno spezzato della sua amministrazione, da quando strappò la guida di Roma a Gianni Alemanno, fino alle firme da un notaio dei consiglieri del Pd con alcuni della destra, che insieme ne determinarono la caduta. Una vicenda che ha tenuto banco per mesi su tutti i media nazionali e internazionali, in un crescendo di attenzione che ha reso il sindaco Marino una delle figure pubbliche più riconoscibili e dibattute. Eppure, non è mai stato semplice incasellarlo in una definizione: un sindaco fuori posto, non capito da tutti i romani e accoltellato dal suo stesso partito? O un sindaco onesto, assediato dal sistema di potere di Mafia Capitale, sostenuto dai cittadini e tradito clamorosamente da chi lo doveva difendere? Un sognatore ingenuo, un puro e duro, un tecnico, un politico, un marziano a Roma? In un racconto serrato, pieno di dettagli sulla vita e l’amministrazione della capitale, Marino disegna un ritratto esplosivo, ma niente affatto scandalistico, della politica romana e non solo. Forse per la prima volta un sindaco racconta in dettaglio la complessità e l’urgenza delle decisioni quotidiane, la pressione delle influenze dietro le quinte, le difficoltà di far comprendere e accettare il cambiamento, i rapporti di forza, i meccanismi non meritocratici, che ha cercato di cambiare, alla base di tante nomine. Senza paura di fare nomi e cognomi. maggio 2016 La Rivista - 47 La Svizzera prima della Svizzera Non si può parlare di Storia della Svizzera senza conoscere gli avvenimenti che precedettero la formazione del primo nucleo della Confederazione Elvetica, nel lontano 1291. Bisogna, infatti, avere un quadro, anche se solo per sommi capi, di quei fatti che furono all’origine del lungo e difficile percorso che, dopo oltre cinque secoli, avrebbe portato all’unità geografica e politica di questo Paese nei suoi confini attuali. Storia molto complessa e ancora più affascinante, se si considera che il suo territorio non ha costituito «mai un’unità né politica né linguistica», né «culturale o economica». C’è dunque una Storia della Svizzera prima della Svizzera, che bisogna conoscere per capire a fondo gli avvenimenti che hanno portato poi alla formazione e al duraturo mantenimento, nei secoli, della Confederazione Elvetica. Tindaro Gatani, nostro prezioso collaboratore, ricercatore e appassionato studioso dei rapporti italo-svizzeri, ha raccolto l’invito di realizzare una sintesi della storia di questo Paese dalle origini alla fondazione della Confederazione. Il risultato di questo lavoro sono le 13 puntate apparse sulla Rivista da gennaio 2012 a febbraio 2014, che, dopo un’attenta revisione, rispondendo anche alla richiesta di molti lettori, vedono la luce sotto forma di un volume. Chi fosse interessato può richiedere copia del volume al prezzo di CHF 25.— (+ costi di spedizione) inviando una mail a: [email protected] oppure telefonando allo 044 289 23 19 La Svizzera: da Morgarten (1315) a Marignano (1515) Le puntate apparse su «La Rivista», dal marzo 2014 a settembre 2015, sono state adesso raccolte in un volume curato dallo stesso autore, Tindaro Gatani, con il titolo La Svizzera: da Morgarten (1315) a Marignano (1515), nel quale si narrano gli avvenimenti di quei duecento anni che videro la Nazione elvetica diventare la più grande potenza militare europea. La pubblicazione si aggiunge al primo volume La Svizzera prima della Svizzera, edito sempre dalla Camera di Commercio Italiana di Zurigo. Chi fosse interessato può richiedere copia del volume al prezzo di Fr. 25.— (+ costi di spedizione) inviando una mail a: [email protected] oppure telefonando allo 044 28923 19 Giacomo Casanova in Svizzera Il nostro collaboratore Tindaro Gatani ha pubblicato un interessante volume sulle avventure amorose di Giacomo Casanova in Svizzera, la prima opera in italiano che tratta delle gesta del grande libertino e avventuriero veneziano in Terra elvetica. Nella premessa, tra l’altro, l’autore scrive: «Tutte le pubblicazioni sulle avventure di Giacomo Casanova sono coronate da successo, non sempre, però, per merito dei vari curatori ma, piuttosto, per il brillante racconto che, nella sua Storia della mia vita o Memorie, ne fa lo stesso avventuriero veneziano, che ha saputo unire l’arte di grande amatore con quella di consumato affabulatore. Per non appropriarmi della sua forza narrativa ho voluto che fosse lui stesso, con il suo racconto, a condurre i lettori attraverso la Svizzera del suo tempo. Per questo mi sono limitato solo a riassumere, a chiosare, a soffermarmi su alcune alte personalità dell’Ancien Régime elvetico, il periodo storico che precedette la Rivoluzione francese e la bufera napoleonica che avrebbe, poi, investito, sovvertendola, la vecchia Confederazione. (…) Da parte mia ho seguito le sue gesta servendomi dell’aiuto di quanti mi hanno preceduto sulle sue orme nello stesso itinerario e, soprattutto, della guida esperta di Pierre Grellet (1881-1957) che, con Les aventures de Casanova en Suisse, pubblicate a Losanna nel 1919, ha saputo tracciare con maestria un quadro puntuale e fedele delle sue imprese in Terra elvetica. (…)». Chi fosse interessato può richiedere copia del volume al prezzo di Fr. 25.— (+ costi di spedizione) inviando una mail a: [email protected] oppure telefonando allo 044 28923 19 Dalla Svizzera degli Stati a quella federale Il massacro della notte di San Bartolomeo (23-24 agosto 1572), in un quadro di François Dubois (1529-1584) Ginevra tra i Savoia e la Svizzera di Tindaro Gatani Dopo che le differenze religiose avevano spaccato in due la vecchia Confederazione, cattolici e riformati, pur non debordando mai dall’alleanza federale, si facevano la guerra non guerreggiata a base di continui dispetti e dissapori per ostacolarsi a vicenda negli affari interni e internazionali. Ognuna delle due fazioni faceva alleanze separate con i rispettivi correligionari, ma al momento di prendere un’eventuale decisione di intervento armato rispondevano puntualmente con il classico vogliamo, ma non possiamo, per ragioni di pace interna alla Nazione. Emanuele Filiberto di Savoia I cattolici non riconobbero l’appartenenza del Vaud e degli altri baliaggi romandi a Berna. Per loro la Confederazione, come detto, finiva a Murten. I riformati, da parte loro contrastavano in ogni modo gli stretti legami degli avversari con la Spagna e con il Ducato di Milano. «I cantoni cattolici — come nota il Gilliard — erano in maggioranza, ma essi e l’eroica notte dell’Escalade (1602) potevano mobilitare un numero inferiore di uomini e disponevano di minori risorse della quattro città protestanti. I seguaci delle due confessioni si guardavano con sospetto, ma evitavano di scontrarsi» (GILLIARD Charles, op. cit., p. 46). Anzi, si mostravano saldamente uniti nelle comuni attività redditizie come nell’amministrazione dei baliaggi e nel servizio mercenario alla Francia. Le differenze si erano fatte più vistose dopo il trattato di Cateau-Cambrésis del 1559, quando il duca Emanuele Filiberto di Savoia (1528-1580) era ritornato in possesso degli antichi domini, che suo padre aveva dovuto abbandonare alla Francia nel 1536, quando, Francesco I, con il pretesto di punirlo per la sua sempre più stretta alleanza con Carlo V, aveva invaso ed annesso la Savoia (1486-1553), spingendosi fino a Torino. Carlo II (1486-1553) e suo figlio Emanuele Filiberto, costretti a fuggire a Vercelli erano troppo deboli per sfidare la Francia. Solo avvenimenti esterni potevano fargli sperare di riprendersi il Ducato. L’occasione si presentò quando Inglesi e Spagnoli, dopo aver invaso Errata corrige Il Dottor Giorgio Giacosa, attento lettore della Rivista, mi ha segnalato l’errore contenuto nell’articolo su San Carlo Borromeo, pubblicato sul numero di marzo, facendo notare che la Peste di San Carlo Borromeo del 1576-1577, di cui si parla nell’articolo a p. 39, non deve essere confusa con quella dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, che è del 1630, quando arcivescovo di Milano era Federico Borromeo, nipote di San Carlo. Ringrazio l’amico Giacosa, che tanti suggerimenti preziosi mi ha già dato quando scrivevo La piccola Venezia di Zurigo (Das Venedigli), assicurandolo che si è trattato solamente di una svista. Io stesso in più occasioni avevo già distinto le due epidemie. Segnatamente in Emigrazione italiana, n. 8-9, 25 febbraio 1987, p. 3, e in I Rapporti italo-svizzeri attraverso i secoli, vol. 2, Tra Riforma e Controriforma, Patti-Zurigo 1988, p. 171, dove, tra l’altro, ho scritto: «I rapporti tra il santo e la Svizzera si mantennero stretti anche in occasione della peste del 1576-1577, conosciuta, appunto, come Peste di San Carlo». Questa epidemia è, dunque, distinta da quella dei Promessi sposi. Il resto dell’articolo sull’impiego dei monatti svizzeri resta valido. Mi scuso comunque con i lettori per l’errore in cui sono, involontariamente, incorso. la Francia minacciando la stessa Parigi, costrinsero Francesco I a sottoscrivere la pace di Crepy (18 settembre 1544), con la quale era stato costretto, tra l’altro, a restituire ai Savoia le terre occupate tranne Pinerolo e Montmélian. Quell’impegno rimase però solo sulla carta, Francesco I continuò a tergiversare e dopo la sua morte (1547), il suo successore Enrico II si recò a Torino accolto trionfalmente dalla popolazione. A Carlo II di Savoia restavano solo Asti, Cuneo, Fossano, Ivrea, Nizza, Vercelli e la Valle d’Aosta, cioè un piccolo e discontinuo territorio divenuto zona cuscinetto stretta tra i Francesi a occidente e gli Spagnoli di Milano a oriente. Dopo la morte del padre, il gravoso compito di riscattare il Ducato di famiglia spettava a Emanuele Filiberto I (1528-1580) detto Testa di ferro, che mise allora in campo tutte le iniziative necessarie per restituire l’antico splendore al suo casato, anche se avrebbe poi dovuto aspettare fino alla pace di Cateau-Cambrésis del 1559, prima di ritornare sul suo Ducato, senza tuttavia riacquistare tutta la vecchia integrità territoriale. La restituzione della Savoia, de la Bresse e del Bugey a Emanuele Filiberto, sarebbe stato «per Ginevra, un colpo terribile, perché» il nuovo assetto «alterava completamente l’equilibrio delle forze nel bacino del Lemano», e minacciava da vicino non solo la stessa città di Calvino, ma anche Losanna e i baliaggi bernesi del Vaud. I timori dei Ginevrini furono confermati quando, l’anno dopo, l’11 novembre 1560, i Cantoni cattolici non si fecero nessun «scrupolo di concludere con lui [Emanuele Filiberto] un trattato di alleanza, in cui veniva riconosciuto al duca, come sua legittima proprietà, tutto il Paese di Vaud». Era un’alleanza che «equivaleva a un tradimento nei riguardi di Berna e di Ginevra». Il Casato dei Savoia I Bernesi, «minacciati da una nuova guerra, in cui, al fianco del duca di Savoia, avrebbero maggio 2016 La Rivista - 49 Emanuele Filiberto di Savoia detto Testa di ferro (1528-1580), stampa settecentesca avuto contro i propri confederati cattolici», furono «obbligati a cedere» e, il 30 ottobre 1364, con il trattato di Losanna, resero al duca, «in cambio del formale abbandono del Paese di Vaud propriamente detto, i baliaggi di Gex, di Ternier e di Thonon». Lo stesso dovettero fare i Vallesani che, con il trattato di Thonon, del 3 marzo 1569, dovettero restituire a Emanuele Filiberto la zona dello Chablais con la vallata d’Abondance, riuscendo, tuttavia, a conservare il baliaggio di Monthey con Saint-Maurice e la valle d’Illiez, dove d’allora in poi «le frontiere non sono state più modificate». L’unica perdente era Ginevra che si venne a trovare «nuovamente incastrata nel territorio savoiardo, alla mercé del duca» (MARTIN William, op. cit., pp. 98-99). Ai Ginevrini, 50 - La Rivista maggio 2016 impegnati nell’immane opera della costruzione dell’edificio del calvinismo universale, non restava altra speranza che quella di chiedere l’ammissione nella Confederazione, ma la loro richiesta fu respinta, nelle Diete del 1572 e del 1573, per il voto contrario dei Cantoni cattolici, che si spinsero oltre, facendo al duca, a dispetto di tutti patti federali, «l’esplicita promessa d’interdire ai loro confederati evangelici ogni alleanza con Ginevra». I cattolici non tralasciarono quindi alcuna occasione per dimostrare al duca la loro amicizia che, dopo la sua morte, nel 1581, essi rinnovarono ufficialmente al figlio e successore, Carlo Emanuele I di Savoia detto il Grande (1562-1630). Il nuovo duca, facendo leva sull’appoggio dei cattolici svizzeri e della potente Spagna, cominciò a tessere allora una fitta rete di alleanze per riprendersi non solo il resto della vecchia Savoia, ma anche per avanzare gli antichi pretesi diritti sulla Borgogna. Nelle sue rivendicazioni non poteva mancare Ginevra che faceva da cerniera tra le due regioni. Tra gli stretti parenti francesi, suoi avversari, e quelli spagnoli, Carlo Emanuele scelse, anche per motivi religiosi, questi ultimi. Sua madre, Margherita di Valois (1523-1574), era figlia di Francesco I e di Claudia di Francia e sorella, quindi, di Enrico II regnante di Francia (1519-1559), la cui figlia Elisabetta di Valois (1545-1568) era andata sposa di Filippo II di Spagna (1527-1598) dalla cui unione era nata Caterina Michela d’Asburgo (1567-1597) andata in moglie appunto allo stesso Carlo Emanuele I di Savoia. Il groviglio di intrecci di doppie e triple parentele, spesso imposte dai trattati di pace, non impediva ai regnanti di quei tempi di scannarsi l’un l’altro, anzi erano proprio le liti per le eredità e le successioni ad alimentare le continue guerre che insanguinavano l’Europa. Di fronte al potente nemico, a Ginevra, sottoposta a continui allarmi e minacce, non restava che, con il consenso di Berna, di cercare l’appoggio francese. Il 29 agosto 1579, i Ginevrini sottoscrivevano con il Re di Francia Enrico III (1551-1589), succeduto sul trono al fratello Carlo IX (1550-1574), il trattato di Soletta, con il quale i Francesi si impegnavano a retribuire una guarnigione formata da bernesi e solettesi in caso di attacco savoiardo alla loro città. Darsi ai Francesi, per i Ginevrini era, però, peggio che cadere dalla padella nella brace. Enrico III, figlio quartogenito di Enrico II e Caterina de’ Medici che, nell’agosto del 1572, era stato, insieme alla madre, uno dei promotori della terribile strage della notte di San Bartolomeo, nella quale erano stati trucidati migliaia e migliaia di Ugonotti, si era fatto promotore di una dura persecuzione dei calvinisti francesi. La soluzione definitiva per i Ginevrini sarebbe stata solo l’ammissione nella Confederazione, che chiesero di nuovo e di nuovo fu osteggiata e respinta dai cattolici nel 1582. Il 30 agosto 1584, la città di Berna, dopo aver ricevuto l’assenso di Zurigo, concesse la comborghesia a tutti i Ginevrini. Adesso, dichiarare guerra a Ginevra equivaleva ad attaccare Berna e di riflesso anche Zurigo. Parigi val bene una messa I Cantoni cattolici, in previsione di un probabile scontro, risposero con la costituzione della Lega o Fratellanza cristiana, poi d’oro o borromea (vedi La Rivista di marzo) e con una nuova alleanza con la Spagna (1587). Nella primavera del 1589, quando Enrico III entrò in guerra con la Savoia, i Ginevrini, aiutati da truppe bernesi e di altri Cantoni, occuparono il Paese di Gex, lo Chablais, la Blesse, il Bugey e il Faucigny, acquistando così un spazio territoriale vitale al sostentamento della loro città. Si trattava di un’azione concordata con lo stesso Enrico III, tanto che l’operazione militare si era svolta sotto il comando militare di Nicolas Harlay de Sancy, suo ambasciatore straordinario. Il 2 agosto dello stesso anno 1589, Enrico III, ultimo Re del Casato Valois, veniva ucciso a coltellate a Saint-Cloud dal frate fanatico Jacques Clément. Gli succedeva sul trono di Francia il cognato Enrico IV di Borbone detto il Grande (1553-1610), divenuto capo del suo Casato dopo la morte del padre Antonio di Borbone-Vendôme re di Navarra. Nel 1572, Enrico IV si era unito in prime nozze con Margherita di Valois (1553-1615), figlia di Enrico II e di Caterina de’ Medici, da non confondere con l’omonima zia (1523-1574) andata sposa a Emanuele Filiberto di Savoia. Dopo la morte di Enrico II, sul trono di Francia si erano succeduti i figli: Francesco II dal 1559 al 1560, Carlo IX dal 1560 al 1574 e appunto Enrico III dal 1574 al 1589. Essendo morto prima dello zio Enrico III anche Francesco Ercole di Valois (1555-1584), ottavo figlio di Enrico II e di Caterina de’ Medici, senza lasciare eredi, il trono fu assegnato a Enrico IV, come erede presuntivo, cioè in via provvisoria, la cui posizione poteva essere rimpiazzata per la nascita di un altro erede legittimo. Con quella eredità presuntiva all’ultimo dei Valois succedeva quindi sul trono di Francia il primo re di Casa Borbone. Quella designazione creò molte speranze tra i riformati svizzeri e particolarmente a Ginevra. Il nuovo re, sin dal 1569, si era distinto come capo dei calvinisti francesi, anche se, dopo la strage della notte di San Bartolomeo, era stato costretto ad abiurare la sua fede e a vivere sotto stretta sorveglianza. Nel 1576 ritrattò la sua abiura forzata e tornò a mettersi a capo degli Ugonotti, ingaggiando una dura lotta contro il cognato Enrico III ed Enrico di Guisa, capo del partito cattolico, nella cosiddetta «guerra dei tre Enrichi». Il Guisa, appena saputo della designazione al trono di Enrico IV, si adoperò per farlo scomunicare, facendosi promotore del trattato di Nemours del 7 luglio 1585, con il quale impose a Enrico III la revoca dell’editto di pacificazione tra cattolici e protestanti. Scoppiò allora di nuovo una guerra fratricida che insanguinò per anni la Francia. Il 23 dicembre 1588, Enrico di Guisa fu assassinato su ordine dello stesso Enrico III, che l’anno dopo, ferito, a sua volta a morte, prima di spirare riconobbe il cognato come suo successore. La Lega cattolica si oppose e, solo dopo molti altri scontri armati, Enrico IV, con un’altra abiura, quella del 25 luglio 1593, pronunciata nella Basilica di Saint-Denis, si aprì la strada verso il trono, convertendosi di nuovo al cattolicesimo. Gli storici discutono ancora sulla sincerità di quella conversione, anche perché alcuni di loro gli attribuiscono la celebre frase «Parigi val bene una messa». Assoggettata Parigi nel 1594, Enrico IV dovette sostenere ancora tre duri anni di guerra (1595-1597), prima di sconfiggere definitivamente la Lega cattolica e costringere la Spagna alla Pace di Vervins (Piccardia) del 1598, con la quale sarebbe entrato in possesso di quasi tutto il suo regno, ad esclusione di Marsiglia, ancora occupata da Carlo Emanuele I di Savoia. Della ragion di Stato Frontespizio dei dieci libri Della Ragion di Stato di Giovanni Botero, Venezia 1589 Forte della vittoria sui suoi avversari, Enrico IV concesse allora libertà di coscienza e di culto agli Ugonotti con l’editto di Nantes del 30 aprile 1598, ponendo termine alle guerre di religione, che avevano devastato la Francia. L’anno dopo fece dichiarare nullo il suo matrimonio con la cugina Margherita di Valois, passata alla storia anche con il nome di Regina Margot. Il 5 ottobre 1600 sposò per procura, in seconde nozze, Maria de’ Medici (1573-1642, figlia di Francesco I de’ Medici granduca di Toscana e di Giovanna d’Austria. Quella fu una data importante anche per la storia della musica italiana, perché nel corso delle celebrazioni, durate una settimana, fu rappresentata a Firenze l’Euridice musicata da Jacopo Peri su libretto di Ottavio Rinuccini, il primo melodramma pervenuto fino a noi. Per Enrico IV non era facile governare un regno lacerato da lotte intestine e ridare alla Francia il posto che le spettava nel consesso degli Stati europei. Fu determinato nel sof- maggio 2016 La Rivista - 51 era un processo che richiedeva l’ammodernamento delle attività industriali e commerciali, sotto la guida di governi stabili in grado di prendere provvedimenti legislativi chiari e dare incentivi sicuri. Per ironia della sorte, le teorie di Botero, pensate per i principi cattolici, furono messe in pratica da quelli protestanti: dall’Olanda alla Germania, ai Paesi scandinavi. Tra i primi a far tesoro della variabile economica boteriana ci fu Enrico IV, che, in breve tempo riuscì a riformare le disastrose finanze francesi e a estinguer il debito pubblico, creando anche una riserva aurea con la quale finanziò lo sviluppo dell’industria e dell’agricoltura. Tutte gli anticattolici d’Europa salutarono in lui il principe illuminato che avrebbe potuto tenere testa agli Asburgo e alla Chiesa di Roma. La Serenissima Repubblica veneta, minacciata su più fronti dagli Asburgo e dal Papato, si premurò di stringere un patto di alleanza con la Francia garantendosi i collegamenti con essa attraverso i passi grigioni e la Svizzera. I riformati svizzeri erano contenti di aver un re amico sul quale, all’occorrenza di un attacco, potevano fare assegnamento. Gli unici a non essere allegri erano i Ginevrini che, pur considerando Enrico IV, nonostante l’abiura, il primo monarca di fede calvinista, sapevano che la ragion di Stato gli imponeva di fare gli interessi della Francia che, per quanto li riguardava, cozzavano contro quelli della loro città. L’Escalade Uno degli interessi primari di Enrico IV era la liberazione di Marsiglia con il suo importante porto, che Carlo Emanuele I di Savoia, alleato della Spagna, aveva occupato nel 1590, al tempo degli scontri di religione. Per riavere quell’importante piazza commerciale, Enrico IV intraprese una nuova guerra con Enrico IV di Borbone il Grande (1553-1610), in un ritratto d’epoca di Frans Pourbus il Giovane (1569-1622) focare tutte le cospirazioni dei nobili e dei cattolici spalleggiati dagli Asburgo, contro i quali lanciò una nuova guerra che avrebbe avuto come campo di battaglia anche i Grigioni e il loro baliaggio della Valtellina. L’azione del nuovo monarca francese in campo economico sembra ispirarsi alla Della ragion di Stato di Giovanni Botero (1544-1617), uscita a Venezia, nel 1589, lo stesso anno cioè della sua designazione al trono. Botero, dopo aver bollato come «rea e falsa» la teoria machiavelliana sullo stesso argomento e rivalutato la morale e la religione come strumenti di governo, proponeva una ferma lotta alle eresie, che comportavano dissidi tra i sudditi. Per lui lo Stato doveva essere confessionale e la garanzia dell’ortodossia spettava alla Chiesa. A Enrico IV interessavano di più le teorie di Botero, che, ancora una volta, in opposizione a Machiavelli, davano molta importanza all’economia e alla demografia come criterio per la valutazione dell’importanza di uno Stato. Prendendo ad esempio la Spagna, grande paese per estensione dei suoi domini, sui quali, a detta di Carlo V, non tramontava mai il Sole, e per le immense risorse coloniali, Botero sosteneva che, con il passare del tempo, era un Paese destinato a impoverirsi sempre di più, perché incapace di promuovere le industrie, i commerci e l’agricoltura, cioè non creava ricchezza per il popolo, ma erano solo i nobili ad arricchirsi sempre più. Il futuro sarebbe stato allora dei Paesi dinamici, che avrebbero investito nel campo dello sviluppo economico e culturale dei loro popoli. Quello indicato da Botero, 52 - La Rivista maggio 2016 Carlo Emanuele di Savoia il Grande (1562-1630), ritratto d’epoca Pianta di Ginevra all’inizio del XVII secolo, in un disegno di Matteo Merian il Vecchio del 1640 circa la Savoia (1600), con l’intento di vincerla per poi attrarla nella sua sfera di influenza. Le operazioni militari, limitate a scaramucce, furono interrotte dall’intervento di papa Clemente VIII, che si offrì da arbitro tra i due contendenti. Il delegato pontificio Pietro Aldobrandini, riuscì a far concludere il trattato di Lione del 17 gennaio 1601, con il quale Carlo Emanuele I di Savoia restituiva Marsiglia e il suo territorio alla Francia, la quale gli dava in cambio il Marchesato di Saluzzo, che le era stato assegnano dal trattato di Pace di Cateau-Cambrésis nel 1559. In base al trattato di Lione, Ginevra dovette consegnare i territori del Paese di Gex, lo Chablais, la Blesse, il Bugey e il Faucigny, che occupava, come detto, dal 1589, al loro alleato Enrico IV, che, qualche anno prima, per rassicurarla di quei suoi possedimenti aveva, tra l’altro, detto: «Su questo paese io non possiedo più diritti che sulla Castiglia», come per dire ai Ginevrini: statevene tranquilli, contate pure sul mio appoggio! E invece, la ragion di Stato aveva voluto altrimenti e loro dovettero accontentarsi «di un regime economico speciale, istituito da lettere patenti del 25 maggio 1602, che diede origine alle zone franche». Si trattava di «un magro compenso in cambio di una sovranità! Nel 1602, gli Svizzeri rinnovarono il trattato col Re [di Francia], senza compiere alcuno sforzo a favore di Ginevra» (MARTIN William, op. cit., p. 101). L’obiettivo principale raggiunto da Enrico IV fu quello di farsi amico e alleato Carlo Emanuele di Savoia, la cui politica da allora in poi prese un carattere antispagnolo, un indirizzo molto utile anche per contenere e ostacolare la supremazia asburgica in Italia. Approfittando dell’isolamento di Ginevra, abbandonata da tutti, Carlo Emanuele di Savoia tentò di impadronirsene con un colpo di mano. L’azione militare fu preparata nel segreto più assoluto per non insospettire né il Re di Francia né i Cantoni protestanti. Nella notte tra il 21 e 22 dicembre del 1602, con il favore delle tenebre, le truppe savoiarde al comando di Charles de Simiane, signore di Albigny, si avvicinarono alle mura della città, sicuri di coglierla di sorpresa. In effetti, 200300 soldati ducali, servendosi di lunghe scale (donde il nome di Escalade dato all’operazione), erano riusciti a superare la muraglia della Corraterie per facilitare, poi, da dentro, l’invasione del grosso del contingente, attraverso la Porta nuova. Isaac Mercier, un soldato di guardia, riuscì, però, a calare in tempo la saracinesca e a dare l’allarme. Svegliati di soprassalto, i Ginevrini si riversarono armati per le strade, ingaggiando una violenta difesa, strada per strada. I combattimenti infuriarono per quasi due ore, mentre il folto del contingente savoiardo, rimasto fuori le mura, era costretto a sentire le invocazioni di aiuto dei loro commilitoni. Alla fine dello scontro, per le strade della città, si contarono un centinaio di morti di cui solo 17 erano i difensori. Enrico IV impose allora delle trattative con i buoni uffici di Glarona, Basilea, Soletta, Sciaffusa e Appenzello, cioè dei Cantoni meno implicati nello scontro religioso interno alla Confederazione. I negoziati, iniziati il 21 marzo, si conclusero il successivo 21 luglio con la firma della Pace di Saint-Julien, con la quale, il duca Carlo Emanuele, riconoscendo l’implicita indipendenza di Ginevra, la esentava dal pagamento dei pedaggi negli Stati della Savoia e si impegnava a non costruire fortificazioni né a far stazionare sue truppe nel raggio di quattro leghe dalla città (HUBER Lucienne, in Dizionario Storico della Svizzera, DSS, online, alla voce Saint-Julien, pace di). Scena dell’Escalade di Ginevra nella notte tra il 21 e 22 dicembre del 1602, da una stampa d’epoca maggio 2016 La Rivista - 53 Nuraghe Su Nuraxi a Barùmini Sardinien - Land der Türme Sardegna – Territorio delle Torri La mostra archeologica, inaugurata lo scorso 14 aprile 2016 presso il Museo Archeologico dell’Università di Zurigo, sarà aperta fino al 25 settembre 2016 Una grande mostra archeologica dedicata alla Sardegna nuragica, dal titolo Sardinien – Land der Türme / Sardegna – Territorio delle Torri, è stata inaugurata giovedì 14 aprile 2016, presso il Museo Archeologico dell’Università di Zurigo (Archäologische Sammlung der Universität Zürich). La mostra, presentata per la prima volta fuori dall’Italia, dopo i successi di Cagliari, Roma e Milano, ospita circa 800 oggetti in bronzo, pietra e ceramica, provenienti per la maggior parte da musei della Sardegna e frutto degli scavi effettuati negli ultimi decenni in tutta l’isola. Obiettivo principale è quello di far conoscere al pubblico la cultura nuragica e il patrimonio culturale della Sardegna, una delle mete turistiche preferite dagli Svizzeri. La cultura nuragica, che si estende dall’età del bronzo fino alla prima età del ferro (ca. 1500 – 600 a. C.), è caratterizzata soprattutto dalle massicce e monumentali torri coniche in sasso a più piani (chiamate in sardo nuraghe) di cui si conoscono a oggi più di 7’000 esemplari in tutta l’isola, e dalle statuette in bronzo a forma umana o di animale. Attraverso un filo conduttore su tre temi (il metallo, l’acqua e la pietra) il percorso espositivo presenta ai visitatori gli aspetti fondamentali di questa civiltà: l’architettura, il mondo del sacro e quello funerario, le tecnologie edilizie (in particolare quelle idrauliche), la società, l’economia, il territorio, la metallotecnica e l’arte. Uno spazio di rilievo è riservato al paesaggio sardo, in particolare ai grandi monumenti statuari in pietra provenienti da Mont ‘e Prama vicino a Cabras, una delle più importanti scoperte archeologiche fatte in Italia negli ultimi anni. Un’applicazione 3D su schermo gigante, consente di ammirare in mostra queste statue di guerrieri e pugili di grandezza colossale. Statuetta di cervo in bronzo da Esterzili, Domu de Orgìa terra di torri 54 - La Rivista maggio 2016 Navicella in bronzo della cultura nuragica da Padria, Badde Rupida Entrata libera orari: martedì-venerdì 13-18 sabato e domenica 11-17 lunedì e festivi chiuso Indirizzo: Institut für Archäologie und Archäologische Sammlung der Universität Zürich, Rämistrasse 73, 8006 Zürich Visite guidate: ultimo martedì del mese alle ore 17.15 o su richiesta Statua di pietra da Mont’e Prama Marcel Duchamp: la geniale Boîte-en-valise, esposizione miniaturizzata ambulante delle sue prime opere Fino al 26 giugno al Museo comunale d’Arte Moderna di Ascona di Augusto Orsi Marcel Duchamp. Dada e neo-dada Lo spirito Dada, (parola che secondo i critici d’arte non vuol dire nulla) del nonsense, dello sconvolgimento dei generi, del divertissement puro, della provocazione, e della dissacrazione dell’arte paludata, “pompier” e dei musei tombali, fortunatamente esiste ancora. Prodotti significativi e rappresentativi creati dal dadaismo, dal New Dada, di estrazione statunitense e dalla corrente Fluxus, che si ispira al dadaismo, possono essere visti, ammirati e manipolati al Museo comunale d’Arte Moderna di Ascona fino al 26 giugno nella brillante, divertente ed “esuberante” esposizione ‘Marcel Duchamp. Dada e neo-dada’, organizzata in collaborazione con lo Staatliches Museum di Schwerin (Germania), che ha collaborato alla creazione della mostra e ha prestato opere di Marcel Duchamp, pontefice del movimento, che conobbe la notorietà solo al ritorno dagli Stati Uniti, dove il Dadaismo attecchì rigogliosamente generando, anche la Pop Art. Creazioni iconiche Marcel Duchamp: Nu descendant un escalier Com’è ormai noto, il Dadaismo, movimento rivoluzionario, inizialmente letterario, che coinvolse rapidamente tutte le espressioni creative è nato nel Cabaret Voltaire di Zurigo cento anni fa. Nelle arti plastiche, quasi immediatamente si apparentò al Cubismo, il primo e il più importante movimento artistico d’avanguardia sorto intorno al 1907 con Braques, Picasso ed altri artisti operanti a Parigi, mentre nel campo letterario sfociò nel surrealismo di Breton e nei Calligrames di Apollinaire. Precursori della provocazione per il loro stile di vita bohémien, sono anche da considerare Rimbaud e Verlaine, che, tra l’altro, alla Gare di Lyon, dopo essersi spidocchiati lanciavano gli abominevoli insetti sui passeggeri in attesa dei treni! Danno il là alla mostra asconese alcune creazioni iconiche di Marcel Duchamp quali la Gioconda di Leonardo da Vinci trasformata in un “amusant portrait” dadaista, il surreale ante litteram “Nu descendant un escalier’, un condensato di contraddizioni della razionalità, i Tabliers de la ‘blanchisseuse’, che oggi potrebbe essere anche uno spot pubblicitario, ma soprattutto la geniale Boîte-en-valise, esposizione miniaturizzata ambulante delle sue prime opere, che nel suo viaggio iniziatico per negli Stati Uniti, portò come bagaglio a mano. In mostra, non meno importanti, sono i pastiches visivo-verbali, ma allo stesso tempo “concettuosi” di alcuni artisti di Fluxus, gruppo ancora attuale, comprendente artisti internazionali come George Maciunas, Nam June Paik, Emmett Williams, Dick Higgins, Robert Filliou, Daniel Spoerri, e lo spiazzante e brillante Ben Vautier con folgoranti scritte pubblicitarie di sentimenti quali “I’m sad”, “I’m bad” ed altre. Marcel Duchamp: la Gioconda di Leonardo da Vinci trasformata in un “amusant portrait” dadaista Un’arte di rottura Il rivoluzionario Duchamp, considerato fra i più importanti e influenti artisti del XX secolo animò dadaismo e surrealismo, iniziando, l’arte concettuale con i suoi ready-made e gli assemblaggi, e ispirò la pop art, il Fluxus, fino alla Net e alla Mail art. La sua fu un’arte di rottura, la cui influenza diede senso alle avanguardie sviluppatesi nel secolo scorso. maggio 2016 La Rivista - 55 Biografie in filigrana Le Corbusier, progetto Immeuble-Villas, 1922 di Giuseppe Muscardini Le Corbusier sulla banconota da 10 franchi Nell’immagine sul fronte della banconota da 10 franchi Le Corbusier ha lo sguardo attento e gli occhiali alzati sulla fronte. Pare volgere la mente agli anni dei primi successi: all’età di quindici anni conseguì un premio all’Esposizione di Arti Decorative di Torino del 1902. L’Italia del giovane Charles-Eduard La nascita per così dire “accidentale” a La-Chaux-de-Fonds nel 1887 (da padre francese e madre belga), suona come indizio di predestinazione per il giovane Charles-Edouard-Jeanneret-Gris, che all’età di trent’anni adotterà lo pseudonimo di Le Corbusier. Qui frequenta la Scuola d’Arte affinando le proprie abilità pittoriche e conseguendo un soddisfacente Ritratto fotografico di Le Corbusier riscontro nel 1902 quando si aggiudica, appena quindicenne, un premio per aver presentato all’esposizione di Arti Decorative di Torino il prototipo di un orologio da taschino. All’Italia resterà legato fin da questa prima fase della sua formazione, visitando dal 1907 le città venete e toscane alla ricerca dei moduli architettonici del Rinascimento, che studia con lo stesso coinvolgimento di chi nutre l’ambizione di percorrere strade nuove. L’utilizzo del cemento armato, già sperimentato dal parigino Auguste Perret, suo datore di lavoro all’epoca del soggiorno nella capitale francese, rappresenta una strada nuova che il giovane intraprende con entusiasmo, aprendo uno studio di architettura in Rue de Sèvres. La fortuna gli arride, perfeziona la conoscenza e l’applicazione del materiale da costruzione più innovativo, progettando e costruendo ben settantacinque edifici in diverse nazioni e lavorando nel contempo ad importanti progetti urbanistici. Trasferitosi nel 1946 a New York, Le Corbusier si spegne nell’estate del 1965 a Roquebrune-Cap-Martin, località turistica della Costa Azzurra. 56 - La Rivista maggio 2016 Gli occhiali di Le Corbusier A prima vista sembrerebbe ingenerosa la valutazione di Marcel Proust sulle potenzialità espressive della fotografia: La fotografia acquista un po’ della dignità che le manca quando cessa di essere una riproduzione della realtà e ci mostra cose che non esistono più. È ingenerosa perché le “cose” realizzate da Le Corbusier in realtà esistono ancora, e a giudicare dall’interesse Biografie in filigrana Mentre nella Confederazione si dibatte, talvolta in modo acceso, sulle nuove banconote che la Banca Nazionale Svizzera sta mettendo in circolazione (quella di 50 franchi è già disponibile e ‘naturalmente’ al centro di polemiche relative alla grafica, alla presunta fragilità) il nostro collaboratore ha deciso di “circostanziare il valore culturale e sociale che la Banca Nazionale Svizzera ha opportunamente riconosciuto alle personalità svizzere effigiate sulle banconote da 10, 20, 50, 100, 200 e 1000 franchi: Le Corbusier, Arthur Honegger, Sophie Taeuber-Arp, Alberto Giacometti, Charles-Ferdinand Ramuz e Jacob Burckhardt.” Considerando che le motivazioni culturali che hanno portato alla scelta delle personalità raffigurate nella serie divisionale sono già state illustrate al momento dell’emissione delle banconote, Muscardini sceglie un approccio originale soffermandosi “sulle influenze esercitate dalla cultura italiana sulle rispettive esperienze biografiche e sulla produzione di ogni singolo personaggio”. A tal proposito ha deciso di trattare “i sei tagli delle banconote attualmente in circolazione - con le rispettive immagini elaborate e realizzate dal graphic designer zurighese Jörg Zintzmeyer (19472009) - in sei articoli”. Che appariranno a partire da questo numero nella serie Biografie in filigrana. che destano negli studiosi più qualificati, resteranno a lungo, sia come rappresentazione di moduli spaziali appropriati, sia come arredi di un paesaggio urbano che raggiungono dignità anche per l’eccellenza della raffigurazione dei fotografi. Ma certo il giudizio di Marcel Proust riguarda le cose e non gli uomini, perché se così non fosse avremmo difficoltà a comprendere l’immediatezza dell’espressione di Le Corbusier nell’immagine elaborata e realizzata dal graphic designer zurighese Jörg Zintzmeyer (1947-2009) sulla banconota da 10 franchi, che è parte dell’ottava serie emessa nel 1996 dalla Banca Nazionale Svizzera. Il ritratto è mutuato da una fotografia in bianco e nero e restituisce di Le Corbusier una posa abituale, con quel vezzo di portare per praticità gli occhiali rotondi sulla fronte, in attesa di usarli. L’osservatore, lo studioso, il pittore, il poeta, il designer e l’architetto illustre che guardava il mondo alzando di tanto in tanto gli occhiali di tartaruga sulla fronte per dare una pausa alla mente vigile, aveva anche degli umanissimi franamenti, inducendolo talvolta ad esprimersi con amarezza: Ho nel mio animo del bianco e del nero; sento dell’oscuro nella mia luce, e avverto che qualcosa di tragico e aspro dimora in me. Altre volte era l’ironia a connotare un più edificante stato d’animo, così come traspare dai suoi sapidi aforismi: L’arte del decoratore consiste nel fare nelle case altrui quello che non si sognerebbe mai di fare nella propria. Eppure quell’ironia stava a significare che la casa dell’uomo deve rispondere a criteri razionali e soddisfare nella semplicità le esigenze di chi la abita. La Maison de l’homme di Zurigo mantiene quelle caratteristiche di semplicità e funzionalità a cui il grande architetto e urbanista si ispirava; così come le mantiene la Maison Blanche di La-Chaux-de-Fonds, realizzata tra il 1911 e il 1912 e oggi patrimonio dell’Unesco, a testimonianza del radicale rinnovamento operato da Le Corbusier nelle tecniche costruttive del Novecento. Moduli austeri e monastici, nel ricordo delle Certose italiane Aveva 25 anni quando disegnò interamente gli spazi interni ed esterni della Maison Blanche, arredi compresi, misurandosi fin da allora con la duttilità di materiali nuovi come il linoleum e l’eternit, e sposando concezioni rivoluzionarie in fatto di moduli costruttivi. Abolì dal suo progetto i tradizionali muri maestri, sostituendoli con quattro pilastri di cemento. Ne scaturì una concezione architettonica meno sacrificata, permettendo nel tempo di variare liberamente la disposizione dei muri senza intoppi per la statica dell’edificio, nonché di aumentare il senso di abitabilità degli spazi interni. Scriveva a questo proposito: La mia stanza ha l’austerità e la nudità di una clinica o di un monastero. Si legge in questa affermazione la sintesi di una visione estetica e funzionale derivante dallo studio dei luoghi di culto italiani, come la Certosa del Galluzzo a Firenze, visitata da Le Corbusier nel 1907. Innegabile poi l’influenza italiana nel progetto de l’Immeuble Villas, moderno edificio residenziale parigino del 1922 che l’architetto svizzero interpretò nel rispetto dei modelli adottati per le celle certosine. I disegni allegati al progetto ne svelano le intenzioni: moduli equidistanti, giustappunto austeri e nudi, intercalati da spazi comuni idealmente associati ai chiostri conventuali. Nella sua inarrestabile formazione non potevano passare inosservati i luoghi religiosi italiani, così come le piazze e gli edifici storici romani, di cui produsse schizzi e disegni preparatori. Esperienze raccolte in ben sedici viaggi compiuti in Italia dal 1907 a poco prima della morte. In consonanza con il purismo formulato dall’architetto e designer svizzero, sul retro della banconota da dieci franchi lo sfondo è occupato dai disegni allestiti per l’assetto della città indiana di Chandigarh. Ma vi figura anche il celebre modulor, il sistema di proporzioni da lui ideato per l’architettura, che fissava a 182,9 centimetri il parametro per l’altezza umana nella progettazione degli spazi abitativi. Fronte e retro della banconota da 10 franchi maggio 2016 La Rivista - 57 La Rsi allo specchio delle opinioni dei cittadini della Svizzera italiana Il 14 giugno 2015, la modifica della Legge radiotv è stata accettata di stretta misura con il 50,1% di voti favorevoli. 19 Cantoni hanno respinto la riforma. In Ticino il fronte dei No ha raggiunto il 52%. Nel Cantone dei Grigioni si sono affermati i Sì con il 50,8% dei voti. Su mandato della CORSI e della RSI, l’Osservatorio della vita politica regionale dell’Università di Losanna è stato incaricato di approfondire le ragioni del voto e di raccogliere le opinioni sulla SSR/RSI presso un campione di pubblico nella Svizzera italiana. I risultati dello studio si possono consultare su www.unil.ch/ovpr L’Osservatorio della vita politica regionale dell’Università di Losanna ha presentato a Comano i risultati di uno studio realizzato su mandato CORSI (Società cooperativa per la Radiotelevisione della Svizzera di lingua italiana) e RSI per capire le ragioni del voto del 14 giugno 2015 sulla modifica della legge federale sulla radiotelevisione (LRTV) e, più in generale, per analizzare le opinioni dei cittadini verso la RSI e il servizio pubblico. Lo studio si è avvalso di un’inchiesta d’opinione rappresentativa realizzata nel settembre 2015 presso 1’790 cittadini del cantone Ticino e del Grigioni italiano. Per usare paghi Secondo l’inchiesta OVPR, le tendenze emerse nella Svizzera italiana sono in parte simili a quelle identificate dall’analisi VOX sul piano nazionale. Fra le motivazioni addotte dai sostenitori della modifica ha prevalso il principio secondo cui “ognuno deve pagare, perché ognuno può utilizzare la RTV”. Tra gli oppositori alla riforma, nella Svizzera italiana è prevalso l’orientamento secondo cui “non tutti utilizzano la 58 - La Rivista maggio 2016 RTV, quindi non tutti devono pagare”, più di quanto rilevato dall’analisi VOX nazionale (41% vs 32%). I votanti vicini alla Lega e all’UDC tendono ad avere rifiutato la modifica della LRTV, mentre i votanti vicini al PLR e al PPD, e in misura ancora maggiore al PS e ai Verdi, l’hanno sostenuta. Chi si colloca a destra o nel centro-destra tende ad essersi opposto alla modifica. Chi ha meno fiducia nel Consiglio federale e si ritiene meno soddisfatto dall’offerta radio-televisiva della RSI tende a collocarsi fra i contrari della riforma. L’indagine svolta nella Svizzera italiana mostra inoltre che chi non segue mai né i canali televisivi né i canali radio della RSI ha respinto a larga maggioranza la modifica legislativa (rispettivamente con il 71,7% e il 62,2% di No). Tendenze in chiaro-scuro Al di là del voto, le valutazioni verso la RSI e il servizio pubblico emerse dall’inchiesta mostrano tendenze in chiaro-scuro. Da un lato, la fiducia nelle televisioni e radio pubbliche RSI appare maggiore di quella nei confronti della stampa, dei giornalisti in generale, nonché delle televisioni e radio private. I ¾ degli interpellati considera l’offerta radiotelevisiva della RSI abbastanza o molto adeguata, quasi 9 su 10 condividono abbastanza o molto l’opinione secondo cui “i programmi d’informazione sono equilibrati e permettono di farsi un’idea chiara dell’attualità”, mentre l’83,6% concorda, abbastanza o molto, con l’affermazione per cui “nell’informazione, i giornalisti della RSI dimostrano oggettività ed equilibrio”. Se l’84,1% ritiene che “la Svizzera italiana ha diritto, come le altre due regioni linguistiche a due canali tv e tre canali radio”, l’82,5% concorda con l’opinione “bisogna tutelare e difendere la RSI come secondo datore di lavoro più importante della Svizzera italiana”. Dall’altro, non mancano elementi di criticità: il 67,6% si dice abbastanza o molto d’accordo con l’opinione secondo cui “la politica è spesso presentata in modo tendenzioso”; il 72,2% tende inoltre a ritenere che “l’informazione lasci troppo spazio all’internazionale e non pone abbastanza l’accento sui fatti locali”; una forte minoranza (46,8%) ritiene inoltre che “la RSI dispone di troppe risorse economiche che non sa gestire e sfruttare”, mentre il 52,3% degli intervistati si dice abbastanza o molto d’accordo con l’opinione per cui “i giornalisti e in generale i dipendenti della RSI godono di troppi privilegi”. Infine, più del 76% dei rispondenti ritiene che la RSI debba “migliorare il contatto con il pubblico della Svizzera italiana”. Lo studio illustrato dal presidente della Corsi e dal direttore dell’Osservatorio dell’Università di Losanna Nell’intervista che segue, alcuni punti dello studio, le ragioni che lo hanno determinato, la sua attualità vengono affrontati dalla prospettiva del presidente della CORSI Luigi Pedrazzini, e del direttore dell’Osservatorio dell’Università di Losanna Oscar Mazzoleni. Luigi Pedrazzini: capire meglio le motivazioni, elaborare informazioni In qualità di Presidente della CORSI, ci può spiegare come è nata l’iniziativa di svolgere un sondaggio sul voto del 14 giugno 2015 nella Svizzera italiana? L’esito del voto nella Svizzera italiana ha suscitato commenti sia nella nostra regione che nel resto della Svizzera. C’è chi ha detto e scritto che la maggioranza degli svizzero italiani ha voluto “sanzionare” la RSI, chi ha affermato (oltralpe) che gli svizzero italiani non tengono più di tanto alla “loro” radiotelevisione, chi, ancora, ha commentato il voto sostenendo che si è rifiutata una nuova tassa… A noi è sembrato importante capire meglio le motivazioni, per raccogliere informazioni da elaborare costruttivamente per svolgere la nostra missione di rappresentanti del pubblico. Perché vi siete rivolti all’Università di Losanna? Perché all’interno di questa università opera l’Osservatorio della politica regionale diretto dal prof. Oscar Mazzoleni, che ben conosce la nostra realtà e che a più riprese, con i suoi collaboratori, ha dato prova di grande professionalità, competenza e indipendenza. Dal sondaggio emerge che il numero di cittadini che esprime poca fiducia nella RSI è esiguo anche fra chi ha votato No alla revisione della legge sulla radiotv. Tenuto conto delle vicende e delle polemiche degli ultimi due mesi lo studio sembra arrivare nel momento più opportuno, quasi ad assolvere la RSI dalle critiche interne ed esterne. Allora, “tous va bien Madame la Marquise”? Lo studio è stato commissionato prima della “bufera” che ha investito la RSI e la sua pubblicazione non ha lo scopo di calmare le acque. È vero che alcune conclusioni divergono in parte da cose che sono state dette e scritte nelle ultime concitate settimane. Io penso che si tratti oggi di prendere atto innanzitutto che il voto negativo sulla modifica della riscossione del canone non è stato determinato da un diffuso sentimento anti-RSI. C’è fiducia nell’azienda e agli svizzeri italiani importa molto del suo futuro e della futura offerta SSR. Queste constatazioni sono di stimolo per affrontare con decisione i problemi e le tensioni emersi recentemente e per ulteriormente lavorare sulla qualità dell’offerta. L’esito del sondaggio deve portare la direzione della SSR e della RSI, così come la CORSI (per quelle che sono le sue competenze), a darsi da fare per non disperdere un capitale così importante di credibilità! I risultati dello studio evidenziano come buona parte degli intervistati che percepiscono come tendenziosa l’informazione alla RSI siano vicini alle posizioni di Lega e UDC. Si tratta di una fascia di pubblico di cui tenere conto e che alle urne può fare la differenza. Cosa dice loro? Cercare l’oggettività è il compito di ogni giornalista serio. Per i collaboratori della RSI questo à ancora più importante perché il loro lavoro è finanziato dal canone, che con il nuovo sistema sarà pagato da tutti. Indipendenza e neutralità e essere pronti a discutere apertamente del pro- maggio 2016 La Rivista - 59 prio lavoro soprattutto con chi lo critica e lo considera tendenzioso è oggi un atto dovuto. Nella misura in cui questo discorso interessa la CORSI, siamo pronti a fare la nostra parte a beneficio di tutte le aree di pensiero. Mi si consenta però di aggiungere che il risultato finale non deve essere una RSI che si lascia condizionare e rinuncia a lottare per una comunicazione completa e trasparente! Alla CORSI sta a cuore l’oggettività, e allo stesso modo anche la professionalità e l’indipendenza dei giornalisti RSI. L’80% degli intervistati concorda sul fatto che il servizio pubblico di qualità ha i suoi costi. Contemporaneamente l’84% è convinto che l’informazione non debba dipendere da interessi commerciali, quindi debba essere finanziata con fondi pubblici. Se nel 2018 il canone venisse davvero abolito, come si potrebbero conciliare queste due posizioni? Sarebbero di fatto inconciliabili ! Bene perciò capire, come sembra essere il caso per la maggioranza degli svizzero italiani, che l’esistenza di un servizio pubblico radiotelevisivo ha, fra gli altri, lo scopo di garantire una voce giornalistica indipendente e di qualità ed è comunque soggetto, a differenza di entità private, a una vigilanza istituzionale. La CORSI come intende utilizzare i risultati di questo studio? Pensa che potrà modificare alcune lacune rimproverate alla RSI? La CORSI è ponte fra la RSI e la Svizzera italiana. Questo studio è fonte di molte informazioni da far transitare sul “ponte”, non tanto per modificare lacune ma per avere una RSI che conosce a fondo le aspettative del suo pubblico e che è capace di considerarle nella sua offerta mantenendo al contempo un respiro nazionale. Oscar Mazzoleni: Un’inchiesta di opinione è sempre un’istantanea ma… Lei è direttore dell’Osservatorio della vita politica regionale dell’Università di Losanna e nel contempo è membro del Consiglio regionale della CORSI. Non pensa che l’aver accettato di svolgere questa inchiesta possa comportare un conflitto di interessi? Il mandato è stato attribuito all’Università di Losanna e non al sottoscritto. Il CR della CORSI, di cui faccio parte, non è stato chiamato in alcun modo a pronunciarsi in merito all’opportunità di attribuire questo mandato. 60 - La Rivista maggio 2016 Non è stato quindi nemmeno necessario ricusarmi (cosa che ovviamente avrei fatto). Nel collaborare allo svolgimento del mandato sono stato chiamato a rappresentare prima di tutto l’Università e a rispettare le sue regole di autonomia e di deontologia scientifiche. Anche quando nel passato lavoravo in un dipartimento nell’amministrazione cantonale ticinese - ovviamente targato politicamente - ho sempre fatto prevalere l’autonomia scientifica alla partigianeria. Il sondaggio è finanziato dalla CORSI e dalla RSI per un ammontare di poco meno di 50.000.- fr. Non è un costo eccessivo? L’Università ha un proprio tariffario. Per un’indagine di questa ampiezza e qualità (circa 180 domande con un campione rappresentativo di 1790 persone) si tratta di un prezzo certamente concorrenziale in Svizzera. Tenga conto che l’inchiesta è “chiavi in mano”, nel senso che tutti i costi sono compresi, dalla raccolta alla digitalizzazione dei dati, fino all’analisi e alla elaborazione del rapporto di ricerca. Inoltre, con questo tipo di mandati l’Università di Losanna chiede, nel far valere la propria reputazione d’istituzione accademica, che il committente si assuma una parte dei costi fissi dell’infrastruttura (overheads). Come si è svolto il lavoro? Una parte dei lavori è stata svolta dalla nostra équipe di Losanna, con l’aggiunta di una studentessa. Andrea Pilotti, Carolina Rossini e Virginie Debons hanno assicurato l’elaborazione dei dati statistici e la redazione del rapporto di ricerca. Personalmente, ho supervisionato il tutto. I compiti che abbiamo potuto o dovuto esternalizzare (spedizioni, tipografia, digitalizzazione) sono stati svolti facendo capo a ditte e persone attive nella Svizzera italiana. Dopo le vicissitudini che ha attraversato la RSI negli scorsi mesi, questo sondaggio resta sempre attuale? Altrimenti detto, se si dovessero porre oggi le medesime domande al pubblico, il risultato sarebbe verosimilmente lo stesso? Difficile fornire una risposta generale. Un’inchiesta di opinione è sempre un’istantanea e le opinioni sono suscettibili di cambiamento in funzione del mutamento del clima generale e, nel caso di un voto, dei contenuti della campagna. È bene comunque distinguere le opinioni fra loro. È probabile che l’opinione da molti condivisa ancora nel settembre 2015 dell’esistenza di privilegi particolari dei dipendenti RSI non avrebbe lo stesso tenore oggi. Altre opinioni, meno toccate dall’attualità, che attivano valori o principi di fondo condivisi dalle persone, possono rimanere attuali, come ad esempio quella che riguarda il diritto ad un’offerta comparabile in tutte le principali regioni linguistiche del paese. Fino a che punto l’appartenenza a aree politiche condiziona la percezione del servizio pubblico nella Svizzera italiana? Da politologo, ritiene che sia inevitabile? A livello svizzero, con il sondaggio Vox, nella Svizzera italiana, con la nostra inchiesta, abbiamo visto che il voto del 14 giugno è stato segnato in modo rilevante dalle appartenenze politiche. Che lo si voglia o no, quello del canone radiotv è un tema politicizzato. Occorre però capire come il dibattito sul servizio pubblico che si annuncia a breve potrà essere letto come una questione che divide il centro-destra dal centro-sinistra. Nulla è scontato, anche perché abbiamo rilevato che una parte dei cittadini non ha ancora un’opinione chiara su alcune questioni significative, comprese quelle legate al funzionamento delle aziende di servizio pubblico. Sequenze di Jean de la Mulière A Hologram for the King The Man Who Knew Infinity Mountains May Depart di Tom Tykwer di Matt Brown di Jia Zhang-ke Alan Clay è un cinquantenne americano, divorziato, ha una figlia da mantenere a cui vorrebbe garantire il pagamento delle tasse per il college. La crisi dei mercati e della sua vita privata l’ha lasciato stremato. La sua unica chance di rimettere in sesto le sue finanze e di garantire un futuro alla figlia si chiama re Abdullah, il un monarca miliardario visionario che vuol realizzare una città ipertecnologica in un’immensa oasi in mezzo al nulla destinata a diventare la città del futuro. Il compito di Alan è difficilissimo. Deve convincere re Abdullah ad acquistare la sua mirabolante invenzione. Un ologramma in grado di far apparire chiunque in 3D, direttamente nella tenda del sovrano. Ma cosa succede se il re tarda ad arrivare? Se i funzionari rimbalzano Alan da un ufficio all’altro? L’esilio rischia di diventare interminabile. E mentre cerca disperatamente di evitare l’ennesimo fiasco della sua vita con la bella dottoressa Zahra Hakem, Preso dal panico di trovarsi di fronte all’ennesimo fallimento, Alan, trovandi ad affrontare una situazione in cui non ha più nulla da perdere, scopre però che lì in mezzo al deserto, fra tutti gli imprevisti, gli incontri, i disagi la vita può essere vissuta e affrontata anche partendo da altri presupposti. Liberamente tratto dall’omonimo libro di Dave Eggers il film ci fornisce una sua tragicomica interpretazione del sogno Americano. Proiettato in anteprima al Tribeca Film Festival il 20 aprile, il film rappresenta una novità assoluta poiché per la prima volta tratta la realtà aumentata e gli ologrammi non come conseguenza di uno scenario futuristico o distopico, ma come tecnologie ben inserite in un presente analogo a quello in cui viviamo. Presentato al Festival del Cinema di Toronto e lo scorso settembre a quello di Zurigo arriva nelle sale il film di Matthew Brown, che racconta le vicende del matematico indiano Srinivasa Ramanujan. Srinivasa Ramanujan (nel film interpretato da Dev Patel), nato nel 1887 nella regione indiana di Madras, è celebre per aver formulato diverse teorie matematiche molto complesse, pur non avendole mai dimostrate formalmente. Fattosi notare da uno dei suoi datori di lavoro, venne messo in contatto con l’Università di Cambridge dove si ritrovò a collaborare con il professore G.H. Hardy (interpretato sullo schermo da Jeremy Irons). Un’accoppiata curiosa e segnata da numerosi problemi: da un lato, i metodi discordanti dei due uomini (Ramanujan rifiutava di capire l’importanza della verifica delle tesi prima che queste fossero pubblicabili); dall’altro, l’atteggiamento snobistico e razzista dell’élite di Cambridge, ancora convinta che l’India non fosse degna di grandi attenzioni. La storia di Ramanujan e la caratterizzazione dei personaggi rendono i centoquarantotto minuti del film piuttosto godibili, aggiungendo un capitolo ben riuscito alla serie di film dedicati al mondo della matematica attraverso il racconto delle menti geniali che l’hanno rivoluzionata, quali il recente La teoria del tutto sulla vita di Stephen Hawking e l’ormai classico A Beautiful Mind su John Forbes Nash Jr. Una bella parabola umana su un povero ragazzo indiano senza istruzione, illuminato da una passione sconfinata per i numeri e sulla sua avventura oltre l’oceano per dimostrare al mondo la parità etnica tra colonizzati e colonizzatori, tra “bianchi” e “neri” e su come ha portato un soffio di spiritualità in un mondo impregnato di razionalismo e laicismo come la Cambridge degli anni Dieci. A Fenyang, nel 1999, Liangzi, operaio di una miniera di carbone, e Jinsheng Zhang, uomo d’affari ambizioso con pochi scrupoli, amano entrambi Tao, la bella della città. Tao, cedendo al desiderio di benessere a sorpresa alla fine sposa il ricco Zhang e con lui ha un figlio di nome Dollar. Nel 2014, quindici anni dopo, Tao è una donna divorziata e Dollar è emigrato in Australia insieme al padre. Nel 2025, in Australia, il diciannovenne Dollar non parla più cinese e a malapena comunica con Zhang, ormai in bancarotta. Tutto ciò che ricorda di sua madre è solo il nome. Con Mountains May Depart, il regista continua il suo nuovo percorso intrapreso col precedente Il Tocco del Peccato, realizzando una pellicola anche inevitabilmente discontinua e disomogenea, di tre episodi concatenati dal corso del tempo e che ci inducono tuttavia a riflessioni complesse ed intime su ciò che sono i nostri affetti e ricordi, comunque non cancellabili dal tempo e dal destino avverso. Un mélo lungo 25 anni in cui tratteggiare l’ennesima urgente riflessione sulla Cina tra ieri, oggi e domani. Un cinema ambizioso ma generosissimo, una continua matrioska di sorprese e idee. Amarissimo e nostalgico, il film è un ulteriore ottimo ed imprescindibile tassello di una saga familiare governata da scelte imprudenti ed infelici e da individui che cercano delle risposte, sapendo già di non avere il tempo per ottenerle, almeno nella totalità. Lo conferma anche un finale che strappa il cuore. Rimette al centro del discorso Tao, ricordandoci che è stata lei la vera protagonista sin dall’inizio. Il suo nome in cinese significa “grandi onde”. Il film inizia proprio col rumore delle onde del mare, che si scontrano contro le montagne, che resteranno nell’identità di un paese anche se spariranno per sempre. maggio 2016 La Rivista - 61 Il 18 maggio al Kongresshaus di Zurigo L’unico concerto svizzero di Paolo Conte Alle soglie degli 80 (li compirà il prossimo 6 gennaio), mentre alcuni suoi colleghi più giovani abbandonano la scena (Ivano Fossati e Francesco Guccini per restare nel solco del cantautorato italiano), lui non si nega (e soprattutto,per fortuna nostra, non ci nega) l’ennesima tournée. Pochi concerti, come suo solito, che lo porteranno in questo mese di maggio, il 18 per la precisione, al Kongresshaus di Zurigo, prima di approdare a Bregenz il 6 e il 9 giugno e a Barcellona il 28. Sarà perché l’Avvocato (con Gianni Agnelli condivideva l’antonomasia) nato ad Asti il 6 gennaio del 1937) e votato alla musica fin dal 1974 (di quell’anno è il suo primo album, Paolo Conte, ma già prima aveva scritto per altri interpreti), non intende andare in pensione: «Ci sono artisti che desiderano morire in scena, altri che se la sentono di praticare la difficile arte di fare i pensionati. Ma poi, di notte, col favore delle tenebre, la musica potrebbe bussare alla porta...». Dopo quasi 50 anni di carriera – fa specie che già nel 1983 il Club Tenco lo avesse insignito del Premio alla carriera - continua deliziare le orecchie più raffinate con la sua musica e le sue canzoni (vere proprie poesie attraversate da folgoranti intuizioni) in cui confluiscono, in sontuoso amalgama, i ritmi sincopati e ricercati del jazz e quelli vibranti e sensuali della musica latinoamericana. Musica e testi di non sempre facile approccio ed immediata comprensione, eppure popolari ed apprezzati anche dal grande pubblico e al di fuori dei confini italiani, dove il cantautore si esibisce cantando in italiano (talvolta alternando il dialetto genovese) con qualche ammiccamento, più che altro 62 - La Rivista maggio 2016 sotto forma di calembour, al francese. Ci sta che Paolo Conte sia amato dai francesi, tanto evidente è la sua parentela artistica con il filone colto degli chansonniers. Sorprende, ma solo come primo riflesso, che goda di fama anche presso i tedescofoni e gli anglofoni: ma qui evidentemente più della parola può la musica. Irrilevante forse, nello specifico, che la “lucertola non sia il riassunto del coccodrillo”; rilevante invece che “il tango sia il riassunto di una vita”. È di due anni fa il suo ultimo album, il sedicesimo, (al quale si sommano i cinque live e un paio di best of). Il titolo è di quelli che (come il tango?) riassumono una vita artistica. Snob, allude al personaggio che porta in sé le qualità di una persona “non ordinaria” come lo sono - chiarisce l’autore - gli intellettuali, gli snob e i dandy; categoria, quest’ultima, a cui Conte ha dichiarato di sentirsi più vicino: “in quanto il dandy è più puro e più profondo. Lo snob è più raffinato, ma anche più superficiale”. Sono quindici brani originali che compongono il disco. Scritti e arrangiati nel consueto stile dell’autore. La chiave interpretativa dell’opera risiede nella ricerca (più suggerita che mostrata) di una critica al “modus vivendi” contem- poraneo. Non a caso, in una recente intervista, l’artista evidenzia il desolante quadro della realtà italiana, in particolare sotto il profilo culturale: “Noto che c’è un momento debole dal punto di vista musicale e letterario. I “cantautori storici” che ho conosciuto e che sono venuti prima di me erano tutte persone coltissime. Oggi, invece, la gente scrive improvvisando. Non sono ottimista ma spero che qualcosa cambi”. Nell’attesa, godiamoci questo artista che continua a regalare alla musica italiana colori e suggestioni di un sapore unico e inconfondibile. Paolo Conte in concerto mercoledì 18 maggio ore 20.00 Kongresshaus, Zurigo Biglietti: CHF 160/130/100/70 (posti a sedere numerati) Prevendita: www.allblues.ch • www. ticketcorner.ch • Tutti Ticketcorner, Uffici postali, Manor, SBB • Tel. 0900 800 800 (CHF 1.19/min., tariffa rete fissa) Organizza: allblues in collaborazione con LM Live Music GmbH/Aurora Production Vinci un biglietto per il concerto di Paolo Conte Rispondi correttamente a questa domanda: Dove e quando è nato paolo Conte? Invia la tua risposta entro il 12 maggio a: [email protected] e avrai la possibilità di vincere un biglietto per il concerto che Paolo Conte terrà a Zurigo il prossimo 18 maggio. In bocca al lupo. Diapason di Luca D’Alessandro Claudio Baglioni Gianni Morandi Capitani Coraggiosi Daniele Silvestri Acrobati “Abbiamo il vento di una vita sulla faccia, in questo nostro breve tempo senza età.” Quest’estratto del progetto Capitani Coraggiosi riflette in modo emblematico la ricca esperienza di due cantanti che, in ben cinque decenni, hanno svolto un ruolo di punta nello sviluppo continuo della musica leggera italiana. Claudio Baglioni e Gianni Morandi riassumono in questo lavoro la loro storia, i loro pensieri e i sentimenti, dialogando su ciò che la vita può riservare in ogni fascia di età. Capitani Coraggiosi, nel momento del lancio, ha riscontrato un successo immediato: la serie di dieci concerti realizzati al Centrale del Foro Italico a Roma nel mese di settembre 2015 ha fatto il tutto esaurito. La playlist comprende alcuni tra i più grandi successi della musica popolare italiana dagli anni 60 a oggi. “È un disco più poetico che politico”, dichiara Daniele Silvestri in riferimento al suo ultimo album, progettato, scritto e inciso su disco in ben cinque anni di lavoro. Un disco nato da piccoli appunti su iPhone, Jam Session spontanei, per poi - man mano - sfociare in sequenze, armonie e melodie. Il risultato: 18 brani inediti, innanzitutto poetici. Vi partecipano tra gli altri Roberto Dell’Era, Caparezza e Diego Mancino. Acrobati è ricco di contenuti e di musica, un sound potente, che si muove tra generi diversi, dal rock, al funky, dalla canzone d’autore all’elettronica. Richiama l’attenzione la copertina che ritrae su delle funi sospese dei personaggi in ricerca del loro equilibrio. Un disegno originale proveniente dalla penna di Paolino De Francesco. Niccolò Fabi Una Somma Di Piccole Cose Paolo Fresu, Richard Galliano, Jan Lundgren Mare Nostrum II “Si slacciano cinture e moschettoni di protezione e ci si lascia andare, lentamente, all’indietro. Non mi abituerò mai al fatto che qualcosa di tanto privato diventi tanto pubblico. Ma così è ... “ Con queste parole Niccolò Fabi ha messo in commercio il suo ottavo disco in studio da solista. Un disco che è stato anticipato dal singolo Una Somma Di Piccole Cose ed uscito definitivamente il 22 aprile scorso, a due anni di distanza dal successo ottenuto con Il Padrone Della Festa del trio Fabi-Silvestri-Gazzè e a quattro anni da Ecco, album con cui il cantautore romano si è aggiudicato la prestigiosa Targa Tenco. Niccolò Fabi è conosciuto per i suoi progetti anticonvenzionali. È un autore capace di trattare tematiche sociali e ambientali con un vocabolario semplice, ma al tempo stesso originale. Il trombettista sardo Paolo Fresu, il fisarmonicista francese Richard Galliano e il pianista svedese Jan Lundgren formano il trio Mare Nostrum che rappresenta un insieme di tre culture jazzistiche diverse. La loro serie - che porta lo stesso nome del trio - è una vera e propria risposta di stampo europeo al variegato e multiforme mondo del jazz internazionale, tuttora padroneggiato dal paese d’origine, gli Stati Uniti. Ciascuno dei tre artisti può avvalersi di una propria personalità da musicista affermato: Paolo Fresu, ad esempio, ha percorso vari progetti che vanno dal genere cinematografico a quello del jazz di sperimentazione; Richard Galliano che con la fisarmonica si muove tra il mondo della classica e del tango argentino. Insomma: Mare Nostrum II è un lavoro che raduna in sé l’alta classe del jazz contemporaneo. (Sony) (Universal) (Sony) (ACT) maggio 2016 La Rivista - 63 Anteprima Chianti Classico Collection 2016 di Rocco Lettieri 300 anni e nemmeno una penna bianca… Maestosi galli neri a guardia del territorio definito dal bando emanato da Cosimo III de’ Medici I nove comuni del territorio dove si produce il Chianti Classico è diventato museo a cielo aperto in onore del trecentesimo anniversario dal bando emanato da Cosimo III de’ Medici che per primo ne individuò i confini nel 1716. Per tutto il periodo delle anteprime toscane, piazze, rotonde e crocevia dei nove comuni chiantigiani hanno ospitato altrettante maestose sculture raffiguranti il celebre profilo del Gallo Nero, che da centinaia di anni campeggia su timbri, stemmi ed etichette. Un omaggio che il Consorzio Vino Chianti Classico ha voluto offrire al suo territorio, che d’ora in poi lo caratterizzeranno ancora di più: le installazioni saranno, infatti, permanenti e donate ai comuni. Le opere sono state realizzate dagli Artisti Luca e Stefano Ruggeri, che dai primi anni ‘70 svolgono in Toscana la loro professione nell’ambito della sceno-tecnica teatrale e della scultura, restaurando e sostituendo con copie in resina opere d’arte in tutta la regione. E il Gallo nero cantò prima di quello bianco Diventato simbolo non solo di un prestigioso vino, ma di un intero territorio e di uno stile di vita, il Gallo Nero si appresta quest’anno ad accogliere turisti e wine lovers a caccia di vendemmie da ricordare e leggende da riscoprire. La sua storia affonda le radici nel Medioevo, come testimoniato dalla formella “Allegoria del Chianti”, custodita a Palazzo Vecchio, sul soffitto del Salone dei Cinquecento affrescato da Giorgio Vasari. Il Gallo Nero campeggiò anche sugli scudi dell’antica Lega Militare del Chianti in epoca di aspre battaglie tra le città di Firenze e Siena, diventando il protagonista di una curiosa leggenda. Si narra, infatti, che in epoca medievale per porre fine alle interminabili guerre, le 64 - La Rivista maggio 2016 due città decisero di affidare la definizione dei propri confini a una singolare prova tra due cavalieri: sarebbero partiti all’alba al primo canto del gallo e avrebbero stabilito il confine nel punto in cui si fossero incontrati. A questo scopo i senesi allevarono con cure attente e generose un bel gallo bianco, mentre i fiorentini scelsero un gallo nero che tennero a digiuno in modo che, il fatidico giorno, cominciasse a cantare ancor prima del sorgere del sole. Fu così che il cavaliere fiorentino partì prima di quello senese e arrivò fino a Fonterutoli, a una dozzina di chilometri da Siena, assicurando così il controllo di quasi tutto il Chianti alla Repubblica Fiorentina. Nei secoli successivi Il Gallo Nero seguitò a essere associato a questo territorio, motivo per il quale i produttori di Chianti Classico non ebbero alcun dubbio quando, nel 1924, dovettero scegliere un simbolo che rappresentasse il loro vino. Chianti Classico Collection, è uno dei principali appuntamenti dell’agenda vitivinicola internazionale, che è stata protagonista il 15 e il 16 Febbraio nel suggestivo scenario della Stazione Leopolda di Firenze, ormai consueta location della manifestazione. Il primo degli appuntamenti nel cartellone degli eventi è stato dedicato al Trecentesimo, con un dibattito sulla storia del Chianti Classico e sulle motivazioni che hanno indotto, già tre secoli fa, il regnante del tempo a tutelarlo e proteggerlo. A condurre il dibattito, Sebastiano Barisoni, noto giornalista e conduttore radiofonico, che ha dato la parola da subito al presidente Sergio Zingarelli. Sul palco, poi si sono alternati, nomi e famiglie che hanno fatto la storia del Chianti Classico e del suo I numeri della Leopolda del Vino Consorzio, dagli Antinori ai Ricasoli, dai Capponi ai Beccari, che Barisoni ha coinvolto in un racconto a più voci sul mondo del Gallo Nero e sul percorso storico che ha portato il Chianti Classico al successo di oggi. “Questa è la quarta volta che partecipo alla Chianti Classico Collection non solo in veste di produttore ma come Presidente del Consorzio Vino Chianti Classico – ha affermato Sergio Zingarelli – e sono sempre più consapevole dell’importanza di questo evento che ogni anno cresce, portando a Firenze giornalisti e operatori da tutto il mondo. Oggi iniziano le celebrazioni dei 300 anni, da quel 24 settembre del 1716 quando Cosimo III dei Medici, con il bando granducale “Sopra la Dichiarazione de’ confini delle quattro regioni Chianti, Pomino, Carmignano e Valdarno Superiore”, stabiliva con precisione i territori entro i quali dovevano essere prodotti i vini per ottenere la denominazione corrispondente: una vera e propria Doc ante-litteram. Cosimo III istituì anche le Congregazioni di Vigilanza sulla produzione dei vini, strutture che hanno segnato il primo solco per la definizione degli attuali Consorzi: dovevano, infatti, controllare il rispetto delle norme di produzione richieste dalla denominazione. Il vino era considerato così rappresentativo del “decoro della Nazione” che occorreva mantenerne alta e tutelarne la qualità. Il Chianti Classico, fin dagli albori della sua storia, deve quindi fama e successo soprattutto al dinamismo e alla coesione dei propri produttori: oggi si contano circa 600 aziende, di dimensione ed estrazione diverse, che da oltre novanta anni hanno scelto di far parte di un’associazione consortile”. 165 aziende per 587 etichette in degustazione. Un totale di 7000 bottiglie che sono state aperte e servite da una squadra di 50 sommelier in due giorni di manifestazione alla presenza di oltre 250 giornalisti provenienti da 30 diversi paesi del mondo e più di 1500 operatori. 47 le anteprime da botte dell’annata 2015 e ben 70 le etichette di Chianti Classico Gran Selezione. Come da tradizione il primo giorno della manifestazione, è stato dedicato esclusivamente alla stampa nazionale e internazionale, mentre il 16 febbraio l’evento è stato anche aperto agli operatori del settore. Alla Leopolda, inoltre, è stato possibile anche assaggiare in degustazione gli oli di 27 aziende produttrici di DOP Chianti Classico. Il secondo evento importante è stato lo snocciolamento dei dati commerciali. Nel 2015 le vendite complessive del Gallo Nero sono salite dell’8%, merito del forte trend delle esportazioni a quota 80%, ma anche di una ripresa del mercato italiano, che dopo vari anni di stasi torna a dare segnali di crescita (+2%). Prosegue l’andamento positivo delle vendite di Chianti Classico che, dal 2009, l’anno più buio della crisi mondiale, possono vantare ad oggi una crescita complessiva del 48%. Per quel che riguarda i suoi mercati tradizionali, anche per il 2015 gli Stati Uniti si confermano al primo posto, assorbendo circa il 31% delle vendite totali, seguiti dall’Italia al 20%, dalla Germania con il 12%, dal Canada con il 10%, da Regno Unito con il 5%, dai Paesi Scandinavi, Svizzera e Giappone al 4%, da Benelux, Cina e Hong Kong al 3%, e infine dalla Russia con l’1%. “Siamo molto soddisfatti dell’andamento del mercato – ha affermato il Presidente del Consorzio – un risultato che premia il lungo lavoro di rilancio della denominazione svolto negli ultimi anni e culminato con l’introduzione della Gran Selezione, la nuova tipologia di Chianti Classico sul mercato da due anni. La Gran Selezione è nata dall’esigenza di valorizzare le punte qualitative del Chianti Classico e oggi rappresenta circa il 4% delle vendite dei vini del Gallo Nero. Un grande vino che ha qualificato ulteriormente la nostra denominazione e che ha già riscosso successi di critica e l’apprezzamento del pubblico internazionale e che in breve tempo si è posizionato nella sfera delle eccellenze enologiche mondiali”. “In Italia il territorio del Chianti Classico può essere a ragione definito come un vero e proprio distretto produttivo e contare su numeri da grande impresa, - ci dice Giuseppe Liberatore, Direttore generale del Consorzio - con un fatturato globale stimabile in oltre 700 milioni di euro, un valore della produzione vinicola imbottigliata maggio 2016 La Rivista - 65 di circa 400 milioni di euro. La parte del leone la fanno i mercati esteri che assorbono l’80% e direi che ci sono ancora margini di crescita nei paesi emergenti come la Cina e il Sud-Est asiatico. Anche l’Inghilterra e la Germania sono in ottima ripresa”. In occasione del Trecentenario del riconoscimento del territorio del Chianti Classi- 66 - La Rivista maggio 2016 co, il Consorzio ha messo in atto un ricco cartellone di iniziative, distribuite nell’arco di cinque mesi da aprile a ottobre. Dalla musica allo sport, dall’arte all’enogastronomia, il menu della prossima stagione è quanto mai variegato. “Il clou dei festeggiamenti – ha detto Giuseppe Liberatore – avrà luogo sabato 24 settembre, in due luoghi simbolo di Firenze: il Salone dei Cinquecento e il Nuovo Teatro dell’Opera, che ci dedicherà un concerto. Sarà possibile anche immergersi nelle colline toscane con la Maratona del Chianti (5 giugno, San Casciano Val di Pesa), l’Ecomaratona (15 e 16 ottobre, Castelnuovo Berardenga), o poter assistere a un festival di musica organistica a Radda in Chianti (da giugno a ottobre) o di blues (a luglio a Castelnuovo Berardenga). Appuntamento con la storia, invece, con Radda Medievale e con la Mostra/racconto del “primo territorio di Vino” che resterà visitabile per l’intera stagione a Casa Chianti Classico, sempre a Radda, nell’antico convento di Santa Maria al Prato. Altri appuntamenti saranno dedicati agli appassionati di ciclismo, a partire dalla tappa del Giro d’Italia che toccherà il territorio del Gallo Nero domenica 15 maggio e si svilupperà lungo un percorso di continui sali-scendi tra Radda e Greve in Chianti. Scenari mozzafiato per amatori e professionisti il 18 settembre, con la Gran Fondo del Gallo Nero e il 2 ottobre con l’Eroica, dedicata agli amanti del vintage e delle sfide estreme. A Firenze, la via della moda sarà protagonista di un progetto capace di unire due dei motori produttivi del made in Italy: la moda e il vino. “Galli Neri in Tornabuoni” porterà bottiglie da collezione nelle vetrine più chic, mentre le degustazioni troveranno spazio all’interno delle boutique. Non mancano, infine, gli appuntamenti con la buona tavola: dal format più moderno dello street food (Barberino Val d’Elsa, 16 e 17 aprile, a San Casciano a giugno) alla sfida culinaria di uno dei piatti-immagine della regione, la bistecca, in un campionato dedicato (San Casciano Val di Pesa, Mercatale, sempre a giugno), e molti altri ancora. Ad accompagnare i piatti tradizionali sarà manco a dirlo il vino del Gallo Nero. Chianti Classico Collection – La degustazione La degustazione dei giornalisti si è tenuta come al solito nella struttura della ex Stazione Leopolda addobbata molto elegantemente per la ricorrenza del Trecentenario. 161 aziende; 371 vini in degustazione fra: Chianti Classico Docg 2014 (anteprima – 50 campioni); 2013 (81); 2012 (31); 2011 (9) e 2010 (2); Chianti Classico Docg Riserva 2013 (anteprima – 26 campioni); 2012 (56); 2011 (24); 2010 (19); 2009 (5) e 2006 (1); Chianti Classico Docg Gran Selezione 2013 (8 campioni); 2012 (22); 2011 (29); 2010 (6); 2009 (1) e 2008 (1). Prima di addentrarci nella degustazione fornisco ai lettori alcune informazioni sulle vendemmie di cui ho fatto scelta di degustazione: la vendemmia 2014 (anteprima), la 2013 e la Riserva 2013 e la vendemmia 2012 Gran Selezione. D’altro canto, è impossibile se si vuole dare credibilità alla degustazione personale fare tanta retorica. Meglio degustare con cura meno vini e avere idee più chiare sulle scelte fatte. maggio 2016 La Rivista - 67 Quindi, parliamo dei 50 vini degustati dell’anteprima Chianti Classico Docg 2014. L’annata 2014 è stata caratterizzata da forti escursioni termiche e da piovosità abbondanti alternate a giornate ventilate e temperature sotto la media. Tutto questo ha messo a dura prova i viticoltori, ma chi ha preso la decisione di diradare in più fasi ed ha posto molta attenzione ai propri vigneti nei periodi di sviluppo vegetativo è riuscito a ottenere prodotti di ottima qualità. Il lavoro dei tecnici e dei vignaioli portato avanti nei mesi precedenti la vendemmia ha determinato un sicuro successo nel raggiungimento di standard qualitativi. Molte aziende hanno dovuto investire in mano d’opera e ore di lavoro per controllare le problematiche derivanti dall’eccessiva umidità, intervenendo con diradamenti e disinfettando le aree più a rischio (vigneti a bassa quota). In effetti, alla fine dell’estate, per i viticoltori dell’Italia centro-settentrionale, si prospettava una delle vendemmie più problematiche della storia. I primi campioni di uve del territorio, raccolti a fine agosto, si presentavano ancora non del tutto invaiati e con un’elevata acidità. Tuttavia, le favorevoli condizioni climatiche del mese di settembre e della prima metà di ottobre, 68 - La Rivista maggio 2016 con giornate estive e notti fresche, hanno consentito alla pianta una maturazione graduale ma completa che ha permesso, a metà ottobre, di vendemmiare uve (in particolare il Sangiovese) in grado di produrre vini eleganti ed equilibrati, con una spiccata componente aromatica ed acida, perfetta per il loro successivo invecchiamento. Tra le mie degustazioni dei Chianti Classico 2014 c’erano anche 16 prove di botte, ma contrariamente agli altri anni, sono stati proprio questi vini a darmi le emozioni e le conferme più evidenti. Le preferenze sono andate ai vini delle seguenti aziende: Barone Ricasoli; Castello di Ama; Castello di Fonterutoli; Castello di Monsanto; Castello di Querceto; Castello di Selvole; Castello di Volpaia; Cigliano; Fattoria di Vegi; Fèlsina; Isole e Olena; Le Miccine; Nozzole; Oliviera; Panzanello; Poggio Scalette; Pomona-Bandini; Renzo Marinai; Rocca delle Macìe; Rocca di Castagnoli; Rocca di Montegrossi; San Giusto a Rentennano; Torraccia di Presura; Vignamaggio e Villa Cerna. La degustazione dei Chianti Classico Docg 2013… Da un punto di vista strettamente meteorologico il 2013 ha registrato nel primo semestre un’elevata piovosità con una tendenza a temperature che spesso si sono stabilizzate sotto le medie dei periodi di riferimento: ad un inverno vero ha fatto seguito una primavera che ha tardato a invertire una tendenza prettamente invernale, causando una fioritura tardiva. Il caldo arrivato veramente intorno alla metà di luglio ha accelerato i processi di maturazione delle uve, che ha proseguito con regolarità durante un’estate dalle temperature tipiche della stagione e da un settembre perfetto che ha accentuato le escursioni termiche già registrate in estate e ha permesso una maturazione delle uve decisamente equilibrata. Il lavoro dei tecnici e dei vignaioli portato avanti nei mesi precedenti la vendemmia ha determinato un sicuro successo qualitativo. Se i primi campionamenti delle uve Sangiovese, vera anima del Chianti Classico, avevano già evidenziato un buon livello di zuccheri con la giusta acidità, a giochi fatti possiamo costatare che nelle zone del Gallo Nero ci siamo trovati con una qualità delle uve al di sopra della media, con livelli di maturità dei polifenoli ottimale ed in perfetto equilibrio con la struttura acida delle uve. Questi parametri, insieme alla concentrazione zuccherina dei mosti non eccessivamente elevata, come spesso accade nelle annate molto calde e siccitose, hanno permesso di condurre i processi di vinificazione esaltando le potenzialità delle uve. Le fermentazioni alcoliche prima e malolattiche dopo, hanno mostrato avvii repentini e decorsi regolari senza problematiche particolari, a dimostrazione della sanità delle uve e dell’ottimale bilanciamento dei suoi principali componenti nobili. I vini risultano molto equilibrati, fra profumi e sapori e ben dosati ed equilibrati sono i polifenoli, l’estratto, i tannini, la glicerina, in modo da armonizzarsi senza che nessun elemento prevalga sull’altro, grazie anche alle non eccessive gradazioni alcoliche che si sono sviluppate in seguito all’andamento climatico della stagione. La mia personale degustazione del secondo giorno, dei Chianti Classico Docg 2013 (81 campioni, tutti degustati, solo 4 prove di botte) ha visto prevalere i vini delle seguenti aziende che preferisco differenziare in due categorie: da 89 a 92/100 e da 93 in su. Qui a seguire quelle aziende sopra i 93/100: Bibbiano; Castelvecchi; I Sodi; Isole & Olena; Istine; Mannucci Droardi; Vecchie terre di Montefili. E qui le altre aziende: Barone Ricasoli; Bindi Sergardi; Borgo La Stella; Borgo Scopeto; Casale dello Sparviero; Casaloste; Castellinuzza & Piuca; Castello di Paneretta; Fietri; Fontodi; La Sala; Lamole di Lamole; Le Masse; Melini; Nittardi; Orsumella; Querciabella; Podere La Cappella; Principe Corsini-Le Corti; San Fabiano Calcinaia e Villa a Sesta. Dei Chianti Classico Docg Riserva 2013 c’erano 25 vini, tutti degustati (uno era difettoso in tutte le bottiglie) e solo tre prove di botte. Difficile lasciarne fuori qualcuno. Segnalo pertanto solo quelli che hanno superato i miei 92/100: Castagnoli Terrazze; Castello di Gabbiano; Cecchi Riserva di Famiglia; Dievole Novecento; Monteraponi Il Campitello; Orsumella Corte Rinieri; Rocca delle Macìe Riserva Famiglia Zingarelli; Santo Stefano Drugo e Vignamaggio Gherardino. …e quella del Chianti Docg Gran Selezione 2012 L’annata 2012 sarà ricordata nel territorio del Gallo Nero per la grande paura di fine estate, quando dopo mesi di siccità si temeva un’annata davvero difficile. Fortunatamente già a fine agosto, dopo una stagione povera di acqua e una delle estati più calde degli ultimi anni in Chianti è tornata la pioggia che ha fornito l’apporto idrico necessario a garantire anche per questa strana stagione una buona annata di Chianti Classico. Certo, l’andamento climatico registrato fino alla fine di agosto ha inciso sulla quantità di uva che è stata portata in cantina. La produzione 2012 si è attestata intorno ai 235.000 hl registrando un calo quantitativo del 16% rispetto all’annata 2011. Una vendemmia all’insegna del Sangiovese. Infatti, sarà proprio il vitigno principe del Chianti Classico a caratterizzare questo nuovo millesimo grazie alla sua maggiore adattabilità a condizioni termiche più difficili che ha retto molto bene gli scompensi climatici di questa stagione. I benefici effetti del mese di settembre hanno garantito un ottimo decorso del processo di maturazione delle uve che sono state colte nei tempi ormai tradizionali del territorio del Chianti Classico, tra fine settembre e inizio ottobre. Dal punto di vista sanitario le uve sono arrivate in cantina in condizioni perfette proprio grazie alla alte temperature e alla carenza di umidità che hanno impedito l’insorgere delle tradizionali malattie della vite (peronospora, oidio, ecc.). Questo ha favorito un corretto e repentino decorso della fase fermentativa, che ha dato vita a un contenuto medio di alcool non esagerato (intorno ai 14 gradi nelle punte massime). I Chianti Classico 2012 sono quindi vini ben equilibrati, con un ottimo bilanciamento tra alcol, acidità e polifenoli che garantiscono prodotti morbidi, con un grande frutto e una buona ma non eccessiva componente alcolica. A palato già abbastanza provato, ho preferito degustare solamente i 22 vini della Gran Selezione 2012. Molto polemizzata dal grande critico italo-americano Antonio Galloni, la Gran Selezione con le sue rigorose leggi qualitative (solo uve di proprietà, Sangiovese minimo 90%, uscita sul mercato solo dopo 30 mesi successivi alla vendemmia, 3 mesi di affinamento in bottiglia, ecc) a noi italiani ha riservato tante sorprese. Anche se a dire la verità molti critici nostrani hanno visto questa operazione come una riedizione più “bevibile” dei famosi supertuscan. Sono solo le prime tre edizioni. Erano 33 produttori nel 2010. Già nel 2012 si era oltre i 60. Si vocifera che per l’annata 2013 si dovrebbe superare il centinaio. Diamo tempo al tempo. Ultima annotazione: in questo contesto nella vendemmia 2012 ci fu una forte grandinata che colpì a macchia di leopardo. Pertanto alcune aziende non hanno prodotto la Gran Selezione. La mia personale degustazione dei 22 campioni ha visto nella Top Ten Chianti Classico Docg Gran Selezione 2012: Castellinuzza di Cinuzzi; Castello di Fonterutoli; Castello di Gabbiano Bellezza; Castello di Querceto Il Picchio; Fattoria di Corsignano L’Imperatrice; Fattoria di Lamole Lama della Villa; Fontodi Vigna del Sorbo; Principe Corsini Villa Le Corti Don Tommaso; Rocca delle Macìe Sergio Zingarelli e Tenuta di Nozzole La Forra. maggio 2016 La Rivista - 69 50a edizione di Vinitaly: Vinta la sfida della qualità In crescita buyer e affari, con visitatori sempre più qualificati. È la cifra di Vinitaly 2016 che ha chiuso i battenti lo scorso 13 aprile, con 130mila operatori da 140 nazioni e ha visto superare lo storico record di 100mila metri quadrati netti espositivi, prima rassegna al mondo per superficie con più 4.100 espositori da più di 30 Paesi. Quasi 50mila le presenze straniere, con 28mila buyer accreditati dai mercati internazionali in aumento del 23% rispetto al 2015, grazie al potenziamento delle attività di incoming di Vinitaly e del Piano di promozione straordinaria del Made in Italy (www.vinitaly.it). Il fuori salone Vinitaly and the City ha registrato 29mila presenze, interpretando la strategia di diversificazione dell’offerta per gli operatori professionali a Vinitaly, da quella rivolta ai wine lover, appassionati e giovani con degustazioni, spettacoli ed eventi culturali nelle piazze del centro storico di Verona. “L’obiettivo era quello di dare un segnale chiaro alle aziende espositrici e ai visitatori, per fare in modo che la 50ª edizione di Vinitaly fosse quella che proiettava la rassegna nei prossimi cinquant’anni”, ha dichiarato il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese. “L’aver saputo mantenere la parola data e creare un format che ha soddisfatto in pieno le attese, sia per il wine business in fiera sia per il wine festival in città, con un’edizione di Vinitaly and the City dai grandi numeri, è motivo di orgoglio e di impegno per migliorare ulteriormente il prossimo anno”. “Questa edizione è stata l’occasione, inoltre, per celebrare la storia di una manifestazione che da 50 anni promuove nel mondo il vino italiano e la sua cultura”, continua Danese. “Per la prima volta, infatti, un capo dello Stato ha inaugurato ufficialmente Vinitaly. Il presidente Mattarella ha ricordato la fun- 70 - La Rivista maggio 2016 zione del Vinitaly quale “vettore e simbolo della qualità vitivinicola italiana, apprezzata nel mondo”, nell’ambito di un progetto di “internalizzazione e sostegno dell’export verso nuove aree di consumo”. Vinitaly 2016 ha ricevuto la visita anche del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che ha discusso degli sviluppi delle vendite digitali del vino, insieme a Jack Ma, fondatore di Alibaba, il colosso dell’e-commerce cinese che proprio da Verona ha lanciato il 9 settembre la Giornata del vino in Cina. Con loro anche il ministro alle Politiche agricole, Maurizio Martina, che nella giornata conclusiva ha organizzato in fiera il Forum dei ministeri europei dei principali Paesi a vocazione vinicola. “Da questa edizione emergono segnali interessanti sia dall’estero che dal mercato interno”, spiega il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, “confermando la capacità del Salone di interpretare le tendenze, mettere a frutto il lavoro di internazionalizzazione e capitalizzare esperienze importanti, come la realizzazione del Padiglione del Vino ad Expo 2015. In particolare, a questo Vinitaly, aumentano in modo significativo, ed in ordine di rilevanza quantitativa delle presenze, i buyer da Stati Uniti (+25%), Germania (+11%), Regno Unito (+18%), Francia (+29%), Canada (+30%), Cina (+130%), Giappone (+ 21%), Paesi del Nord Europa (+8%), Paesi Bassi (+24%) e Russia (+18 per cento). Dati positivi anche dal fronte interno, con gli operatori dal Centro e Sud Italia cresciuti mediamente del 15 per cento”. Nei quattro giorni, oltre agli incontri b2b, si sono tenuti più di 300 appuntamenti tra convegni, seminari, incontri di formazione sul mondo del vino. In primo piano, come ogni anno, le esclusive degustazioni, tra cui quella della Vinitaly International Academy che ha ricordato la figura di Giacomo Tachis, uno dei più grandi enologi italiani recentemente scomparso. In contemporanea a Vinitaly, si sono svolte come ogni anno, Sol&Agrifood, la manifestazione di Veronafiere sull’agroalimentare di qualità (www.solagrifood.com), ed Enolitech, rassegna su accessori e tecnologie per la filiera oleicola e vitivinicola (www.enolitech.it). Sono stati 2.357 i giornalisti accrediti da 47 nazioni che hanno seguito la manifestazione. La prossima edizione di Vinitaly è in programma dal 9 al 12 aprile 2017. Convivio di Domenico Cosentino Addio Menù degustazione Al ristorante ora il piatto si condivide I primi sentori li avevo percepiti durante il mio soggiorno a Rimini, quando all’osteria de Borg , i camerieri portarono a tavola le diverse pietanze servite tutte su grandi piatti di portata, aggiungendo: “Servitevi, nella nostra osteria, i piatti si condividono”. A Venezia, dove ho trascorso le feste di Pasqua, ho avuta la conferma: “Il Menù degustazione” come l’abbiamo conosciuto negli ultimi anni, ha ormai vita breve! Alla Giudecca come a Campo Santa Marina; a Burano o a Murano; in Piazza San Marco o a Ponte di Rialto; nei ristoranti, nelle osterie e cichetterie veneziane da me visitate, ho dovuto prendere atto che, fra gli italiani, è ormai sempre più diffusa la tendenza ad abbandonare il percorso di assaggi e assaggini che tanto ha caratterizzato la ristorazione d’autore dagli anni settanta ad oggi. Ovunque il viaggiatore goloso ha pranzato, ha sentito sempre la stessa frase: “Menù degustazione? No, grazie”. E pensare che dopo l’avvento della nouvelle cuisine, si andava al ristorante per prova- re una cucina diversa, nuova, creativa e il menù degustazione era per provare piccole porzioni di più piatti e dunque moltiplicare al massimo l’esperienza. Addirittura poteva succedere che alcune guide gastronomiche assegnassero riconoscimenti a locali con un’ampia offerta di menù. Sembra passata un’era geologica: era l’epoca della ricerca di una cucina “esotica”, necessariamente diversa da quella tradizionale, tramandataci dalle nostre nonne, dalle nostre mamme, che predisponevano (in special modo i piatti freddi o antipasti) in tavola, secondo il servizio detto “alla francese”, prima dell’ingresso dei convitati. Menù o servizio “alla francese” In verità era già successo in passato! Il portare a tavola (non singoli) ma più piatti, secondo il servizio “alla francese”, viene dall’antico ed Menù condiviso (orizzontale) maggio 2016 La Rivista - 71 Menù o servizio “alla russa” Baccalà mantecato con polenta è rimasto in voga sino alla prima metà del XIX secolo. Il grande Escofier, che all’arte di comporre i menù dedicò un intero libro, affermava che la composizione dei menù era una delle cose più difficili nel mestiere del ristoratore, dato che bisognava trovare il giusto equilibrio, la disponibilità dei prodotti, le specialità che costituiscono il punto di forza del locale, la necessità di rinnovarsi ma anche di compiacere la clientela abituale, e l’offrire al cliente la possibilità di fare pranzi abbondanti o leggeri, tradizionalisti o innovativi secondo il loro gusto. Volendo restare sempre in Francia, lo stesso grande chef Carême concepiva i suoi menu secondo il servizio alla “francese”. Questi menu venivano serviti in tre tempi: una prima parte costituita dai antipasti freddi e caldi, dal potage fino agli arrosti; una seconda riservata alle portate successive all’arrosto, in prevalenza, piatti freddi e verdure quali contorni; una terza di pasticceria. Questi piatti predisposti in tavola, conferivano al pranzo (o cena) un tratto di grande magnificenza, ma dava anche luogo a qualche inconveniente: sia perché le pietanze si raffreddavano; sia per la confusione provocata dalla compresenza sulla tavola di grandi vassoi coperti e scoperti. Seppioline con il suo nero in “tecia” 72 - La Rivista maggio 2016 A cambiare le carte in tavola e semplificare le cose, ci pensò, nel secondo decennio dell’ottocento, l’Ambasciatore Russo a Parigi: il principe Alexander Borisovich Kurachin. Egli introdusse, proprio a Parigi, il Menù o Servizio detto “alla russa”. Secondo la tradizione, l’Ambasciatore russo aveva introdotto un servizio che portava in tavola direttamente dalla cucina le vivande secondo l’ordine e il momento richiesto dal menù: così le vivande arrivavano ai commensali appena preparate, guadagnando in aroma e profumo, oltre che in freschezza e in aspetto. Un influente chef di quell’epoca, Urban Dubois, vide i vantaggi di questo stile di servizio, se ne fece promotore e riuscì ad imporlo in tutta la ristorazione francese, definendolo anche “Menù Verticale”, per distinguerlo dal “Menu Orizzontale” (più piatti predisposti in tavola) che, secondo lo chef, veniva servito nella cucina orientale: cinese, giapponese maggiormente. A differenza di prima, con il servizio alla russa, le portate di Dubois venivano servite scaglionate in senso verticale e in tempi successivi; si passava dall’antipasto alla frutta o al dolce soffermandosi più a lungo sul piatto centrale che dava significato alla successione cronologica delle altre portate, facendo attenzione a rispettare il principio dell’equilibrio e dell’armonia: un piatto croccante si accompagnava a un piatto sugoso, un piatto agro a uno dolce, uno piccante a uno di gusto delicato. Appunto, l’equilibrio e l’armonia dei contrasti. Ispirati alla Cucina orientale Ora, volendo essere sinceri, a proposito della discesa nella scala dei gusti, ovvero l’armonia dei contrasti, è giusto aggiungere che i Padri Luminari della nouvelle cuisine: Bocuse, Troisgros, Girardet, ma anche Gualtiero Marchesi, proprio alla cucina orientale si sono ispirati, quando negli anni Settanta iniziarono a proporre ai propri clienti nei loro ristoranti una cucina creativa basata su prodotti di qualità, leggera, proponendo un Menù degustazione (in Verticale), dove, a volte, in rispetto dell’armonia e dei contrasti, servivano una zuppa di funghi dopo un fritto (perlopiù di verdure). Accorpiù, ritenevano i Padri della Nuova Cucina, il menù degustazione dava loro, nella composizione, maggior spazio alla creatività al fine di conseguire risultati estremamente stimolanti, rendendolo, oltretutto, più coerente con le esigenze salutistiche e nutrizionali; più congeniale allo stile di vita contemporanea. Ora il piatto si condivide Oggi, sembra che tutto sia cambiato! Forse sono cambiate le abitudini degli Italiani, visto che adesso al ristorante si va più spesso e non si possono fare ogni volta dodici assaggi diversi. Si cerca originalità, sì, ma spesso questa si esprime attraverso elementi che appaiano lontani da quelli di qualche anno fa: oggi emergono piaceri dello stare a tavola, concretezza, sostenibilità. I giovani cuochi sotto i quaranta, sostengono che la creatività non si trova solo negli accostamenti negli ingredienti e nell’estetica del piatto, ma anche nel modo di servire e nel recupero di abitudini dimenticate. Ecco, allora, che all’Osteria di Santa Marna, Campo Santa Marina, Venezia, dove la tradizione è un modo di essere contemporaneo, si serve un piatto che cela un tesoro di riso e bisi all’interno e il piacere è anche di sporzionarlo tra i commensali a tavola. Stesso discorso vale per i cichetti serviti all’Enoteca Al Volto, Calli Cavalli – San Marco, Venezia, dove per un conto ragionevole, puoi ripercorrere tutta l’Isola gastronomica, tanto è ampia la scelta: sarde in saor, crostini con baccalà mantecato, seppioline in tecia, polpette di carne, frittura di verdura e il fegato alla veneziana. Impresa ancora più ardua quella della Trattoria Ai Cacciatori di Claudio e Massimiliano alla Giudecca: piccolo e simpatico locale. Si va dai panini e sopressa, formaggi o verdure ai più classici folpetti lessi, alle seppioline al nero di seppia e polenta, ai bigoli in salsa, al musetto di pesce, ai carciofi in tecia fino alle moeche e carciofi fritti. Il calice di vino, si può scegliere tra una buona selezione di vini del Triveneto. Perché, come sostengono questi giovani “contestatori” il piacere di stare a tavola non è solo quello di concentrarsi sul proprio piatto ma sempre più quello di ritrovare un mondo condiviso per integrare con gli altri e, perché no, con il mondo fuori. Una parte non secondaria del gusto passa anche da questo: siamo il paese dei grandi sapori ma anche di quella convivialità che tutto il mondo ci invidia. Carciofi in “Tecia” (secondo Trattoria Ai Cacciatori): Ingredienti per 4 persone: 4 carciofi, 40 g di olio extravergine d’oliva, uno spicchio d’aglio, una carota, un gambo di sedano, una cipolla, un mazzetto di prezzemolo, sale e pepe Come li preparano alla Trattoria Ai cacciatori: Puliscono e lavano ben bene i carciofi. In una casseruola con l’olio d’oliva fanno rosolare lo spicchio d’aglio. Lo tolgono e aggiungono un trito ottenuto con le verdure del sedano, carota e cipolla. Fanno rosolare. Immergono i quattro carciofi interi e puliti. Coprono con brodo vegetale bollente e lasciano cuocere per 15-20 minuti. Aggiustano di sale, spolverano con prezzemolo tritato e pepe nero. Portano in tavola i carciofi ancora caldi con la loro salsa, pronti per essere condivisi. Timballo di sarde in saor(menù verticale) Il vino: con i carciofi, difficile la scelta del vino. Ai Cacciatori, hanno consigliato e servito un calice di Valpolicella Classico. maggio 2016 La Rivista - 73 L’ortoressia: l’ossessione della dieta perfetta Mangiare sano è una delle azioni più importanti per la salute delle persone, ma quando si esagera e si raggiungono degli estremi può tramutarsi in disturbo. Esiste una patologia ossessivo-compulsiva, chiamata Ortoressia. In base a recenti dati diffusi dal Ministero della Salute, sarebbero oltre 3 milioni gli italiani con disturbi alimentari e di questi circa il 15% soffrirebbe di questo disturbo, con una netta prevalenza degli uomini (11,3%) rispetto alle donne (3,9%). Un italiano su 3 dichiara di avere almeno un amico fissato con l’alimentazione. Questo non vuol dire soffrire di Ortoressia, però è già un segnale che potrebbe indicare una potenziale “vittima” di questa patologia. Il termine Ortoressia fu coniato per la prima volta nel 1997 dal dietologo americano Steven Bartman. Molto se ne è parlato su quotidiani illustri come The Daily Telegraph e The Indipendent, portatori di un messaggio forte contro certi comportamenti alimentari, il più delle volte ossessivi, che producono conseguenze negative sulla salute delle persone. Già in passato la dottoressa Bettina Isenschimd, consulente per i disordini alimentari presso l’Hôpital de l’Isle di Berna, denunciò il fatto che in Europa, le persone venissero sottoposte a un continuo bombardamento di informazioni su ciò che fa bene o fa male alla salute, rendendo la spesa al centro commerciale una vera e propria sfida quotidiana. Un’indagine promossa da Nutrimente, associazione per la prevenzione, la cura e la conoscenza dei disturbi del comportamento alimentare, condotta su circa 1200 italiani tra uomini e donne di età compresa tra i 18 e i 65 anni e realizzata con metodologia WOA (Web Opinion Analysis) attraverso un monitoraggio online sui principali social network, blog, forum e community dedicate, ha voluto indagare il rapporto degli italiani con il cibo. «L’ortoressico sviluppa una vera e propria fobia per i cibi considerati “pericolosi” come gli OGM (organismo geneticamente modificato) – afferma la dott. ssa Sara Bertelli, psichiatra e presidente dell’Associazione Nutrimente Onlus -. Questa ossessione porta ad una dieta molto restrittiva e all’isolamento sociale. È come se il cibo “sano” diventasse una missione morale e tutte le altre sfere di vita passassero in secondo piano. Quando un comportamento alimentare diviene ortoressico in maniera rigida, si può affrontare con una buona psicoterapia, che sottolinei i benefici e le limitazioni di tale rigidità e che aiuti ad individuare delle alternative più funzionali. La psicoterapia può essere affiancata da un approccio dietologico che vada a correggere le sindromi carenziali che possono insorgere, quali deficit vitaminici (ferro calcio vitamina d vitamina b12)». alla perfezione le dosi di pranzo e cena, senza sgarrare di un solo grammo, con il fine di evitare cibi ricchi di sale, zucchero o geneticamente modificati. Al secondo posto si posiziona il tempo trascorso al supermercato (75%) che si lega inevitabilmente al primo punto. Spendere gran parte del tempo libero al supermercato, alla ricerca degli alimenti più salutari presenti sugli scaffali, a discapito di altre attività più utili per il benessere della nostra salute, come l’attività fisica. Al terzo posto il pensiero ossessivo del cibo (71%). Molti italiani e non solo, passano più di 3 ore al giorno a pensare al cibo: cosa prendere e come preparalo? Fa bene o non fa bene? Meglio evitare e mangiarlo ogni tanto? Uno status ossessivo che riguarda la ricerca e la selezione dei cibi, comune tra giovani e anziani. L’Ortoressia nervosa si differenzia dai disturbi alimentari come l’anoressia e la bulimia, perché l’obiettivo iniziale non è quello di dimagrire. Paradossalmente tutto parte dall’idea di stare bene, attraverso un’alimentazione sana e mirata, può trasformarsi in breve tempo in un fanatismo alimentare che fonda le sue convinzioni in conoscenze spesso superficiali. Diversamente da altri disturbi alimentari il focus non è sul peso o sulla forma corporea, ma sul mantenere il proprio corpo puro e sano. In quest’ottica è più vicino allo spettro ossessivo-compulsivo che a quello dei Disturbi della Condotta Alimentare. In comune con i DCA vi è la ricerca del perfezionismo, il bisogno di controllo, gli esiti sull’organismo e sulle sfere di vita. Un’altra fonte di rischio di questa ossessione è che la conoscenza di questi soggetti spesso non si fonda su una reale competenza riguardo la nutrizione, ma su convinzioni personali, sentito dire, notizie pseudoscientifiche trovate su internet. Le “fissazioni” dell’ortoressico Le città in cui è più diffuso il fenomeno Queste le “fissazioni” più comuni che contraddistinguono l’italiano-medio a rischio ortoressia? La pianificazione dei pasti si posiziona al primo posto con il (78%). Dedicare gran parte della domenica a cucinare per la settimana ventura, calcolando Le città italiane dove questa patologia rischia di diffondersi a macchia d’olio sono queste. Al primo posto si colloca Milano (33%), capitale della moda e non solo. Sono infatti i meneghini i più ossessionati dai valori nutritivi del cibo, capaci di 74 - La Rivista maggio 2016 spendere gran parte del tempo libero al centro commerciale, per disegnare un menù settimanale maniacale. Al secondo posto si posiziona Roma (27%). Amatriciana e cacio e pepe vengono messe da parte, provocando insoddisfazione affettiva e persino l’isolamento sociale, causati dalla persistente preoccupazione legata al mantenimento di tali rigide regole alimentari. Il podio è completato da Torino (21%) dove, fatta eccezione per agnolotti e bagna càuda, i torinesi non transigono e vivono l’alimentazione attraverso rigide regole alimentari auto imposte. Le situazioni che vengono condizionate dal disturbo Seguire una dieta ferrea che non prevede nessun incidente di percorso, può portare le persone ad affrontare situazioni spiacevoli e dannose. Ma quali sono le situazioni più singolari della vita quotidiana, nelle quali influisce maggiormente questa patologia? Rinunciare a un appuntamento galante (76%) si posiziona al primo posto. Capita spesso che proprio l’uomo rimandi al mittente una proposta romantica. Paradossale e poco galante, le fissazioni del partner a volte possono creare situazioni di forte tensione nella coppia. Disertare le uscite di gruppo (72%) è un altro classico che colpisce gli italiani. Trovare ogni giorno una scusa, per evitare di fare l’aperitivo con gli amici o con i colleghi di lavoro, «assolutamente dannoso» per la propria salute, mette l’individuo nella condizione di vivere un isolamento sociale perenne. Evitare cerimonie (68%) è un altro gesto che può essere frainteso. Pensato con la volontà di non volersi tuffare nella serie infinita di prelibatezze che solitamente seguono le celebrazioni, questo gesto può essere vissuto dai parenti del festeggiato/a come un affronto nei confronti del proprio figlio o nipote, andando a creare tensione tra le parti. Bere acqua brucia calorie e idrata i muscoli È quanto emerge da uno studio americano. L’esperimento ha dimostrato che un aumento dell’1% del consumo giornaliero di acqua è associato a una diminuzione dell’8,6% dell’apporto energetico complessivo Stanti così le cose, ecco dunque, che l’acqua può rivelarsi un valido alleato per ritrovare il peso forma in vista dell’estate. Bere acqua brucia, infatti, calorie e idrata i muscoli, mantenendoli più attivi. Un effetto descritto dalla scienza in vari studi, l’ultimo dei quali indica che consumare da 1 a 3 bicchieri al giorno potrebbe tagliare da 68 a 205 kcalorie al dì, oltre a diminuire il consumo di sodio, zuccheri e grassi saturi. La ricerca, pubblicata sul Journal of Human Nutrition and Dietetics, è stata condotta dall’università dell’Illinois esaminando le abitudini alimentari di 18.300 americani. I partecipanti sono stati invitati a riportare tutto ciò che hanno mangiato o bevuto in 2 giorni, e per ognuno è stata calcolata la quantità di acqua consumata quotidianamente. L’apporto calorico medio era di 2.157 calorie, di cui circa 125 provenienti da bevande zuccherate e 432 da alimenti a basso impatto nutrizionale come dessert e spuntini. Si è visto che un aumento dell’1% del consumo giornaliero di acqua era associato a una diminuzione dell’8,6% dell’apporto energetico complessivo. L’incremento comportava inoltre un calo da 5 a 18 grammi di zuccheri assunti, da 7 a 21 g di grassi saturi e da 78 a 235 g di sodio. Gli autori hanno anche spiegato le ragioni del potere brucia-calorie: una volta introdotta nel nostro organismo, l’acqua viene portata da 22 a 37 gradi C, e questo riscaldamento è in grado di bruciare i grassi negli uomini e i carboidrati nelle donne. Risultati poi confermati nel 2007 da un altro studio di controllo. Un effetto simile è stato riscontrato nel 2011 da un gruppo di ricerca israeliano, in bambini maschi dagli 8 agli 11 anni e in sovrappeso. I ricercatori hanno descritto un aumento medio del 25% del tasso metabolico dopo aver bevuto acqua (10 millilitri per chilo corporeo, a una temperatura di 4°C): l’effetto cominciava entro 24 minuti dall’ingestione e durava in media 40 minuti. Oltre all’effetto termogenico, gli scienziati evidenziano il ruolo della «spinta metabolica» dei muscoli conseguente all’idratazione: un tessuto muscolare correttamente dissetato è più attivo. «Una buona motivazione per raggiungere l’obiettivo di almeno un litro e mezzo al giorno - raccomandano gli esperti - e beneficiare di tutte le proprietà amiche della salute che l’acqua può vantare». E benché la dieta italiana non sia uguale a quella americana, i benefici di una corretta idratazione non hanno cittadinanza. La letteratura scientifica internazionale rende evidente il ruolo dell’acqua nell’attivare una serie di meccanismi metabolici conosciuti come termogenesi, ossia la produzione di calore con dispendio energetico, che ci aiutano realmente a perdere peso. Un altro aspetto molto importante è che l’effetto dell’acqua sul metabolismo è di breve durata, tra mezz’ora e un’ora. Ecco perché non è importante solo bere, ma farlo spesso durante tutto l’arco della giornata, senza arrivare ad avere sete. maggio 2016 La Rivista - 75 La dieta Rivista di Tatiana Gaudimonte Shopping, che passione! (Signori uomini, riguarda anche voi) Cosa c’è di meglio, per tirarsi su il morale o darsi un piccolo (o grande!) premio, di una bella tornata di godurioso shopping? Pacchetti e pacchettini colmi dei nostri nuovi acquisti, ben piegati ed incarta-ti, sono un peso ben piacevole da portare alla fine di una giornata dedicata a noi stessi! Cari uomini, non fate i finti tonti! Nonostante il luogo comune che vuole l’uomo succube della giornata di shop-ping della sua dolce metà, so bene che moltissimi di voi sono altrettanto attenti nella scelta di tessuti e pellami e che avete un occhio ben aperto sulla qualità. Quello che dunque mi lascia perplessa, è che spesso accanto a tanta attenzione dedicata a ciò che dobbiamo mettere SUL corpo, spesso non corrisponda un’altrettanto meticolosa cura nella scelta di ciò che invece metteremo NEL corpo. Mi rendo conto che la spesa degli alimentari possa essere me-no elettrizzante di una puntatina in boutique, ma è pur vero che sbagliare gli acquisti al supermerca-to può creare ben maggiori danni di un capo d’abbigliamento comprato con leggerezza. Da grande curiosona quale sono, non manco mai di sbirciare i carrelli di quelli davanti e dietro di me in fila alla cassa. E lì vedo veramente di tutto: il diciottenne con la sua merenda di bevanda energeti-ca e brioscina in busta, la signora attenta alla linea con lo yogourtino “light” e i biscotti senza zucche-ro (ma magari fatti con farina bianca ed impastati di olio di palma e addolciti con dolcificante chimi-co), la mamma amorevole col carrello pieno di dolci travestiti da “cereali per la colazione” dei suoi bambini e litri di latte parzialmente scremato, l’impiegato frettoloso col panino per il pranzo pieno di condimenti non identificati che poi stenterà a tenere gli occhi aperti davanti al pc nel pomeriggio e così via. E qui stiamo parlando di cibo che viene portato abitualmente alla bocca, non di sgarri occa-sionali (vedi rubrica di aprile)! Considerando il pieno di cibi raffinati, conservati, gonfiati, dolcificati e variamente impoveriti di cui riempiamo regolarmente le dispense, non c’è da stupirsi se il numero di individui sovrappeso, allergi-ci o intolleranti e delle vittime del famigerato burn-out sia in continua crescita, mentre il mercato di farmaci e integratori di vario genere va alla grande. Possibile che a nessuno venga in mente che la risposta alla spossatezza innaturale che accompagna le giornate non sia l’ennesima pillolina pubblicizzata in tv o sulle riviste, ma una maggiore attenzione a come riforniamo giorno per giorno il nostro organismo? Nessuno di voi metterebbe dell’olio bruciato nel motore della propria auto o della sabbia nel serbatoio della benzina. Perché allora accettare su-pinamente di ingurgitare quotidianamente cibi che compromettono l’efficienza di una macchina ben più importante: il nostro corpo? Riscoprite il piacere dello shopping anche al supermercato o nel vostro negozio di fiducia, spendete qualche minuto in più a leggere le etichette e a scegliere prodotti di qualità, lasciando sugli scaffali cibi dalle liste di ingredienti chilometriche e piene di misteriose sigle che iniziano con la “E”. Fate mangiare a chi ci crede, una massa di creduloni, i vari pastoni sostitutivi, alimenti “light”, zuppe fatte di poco più che esaltatori di sapidità. Non nascondetevi dietro al comodo pretesto della mancanza di tempo per preparare un pasto sano: internet fornisce centinaia di ricette il cui tempo di preparazione è inferiore ai venti minuti. Fatevi esploratori del gusto e con lo stesso spirito avventuriero con cui osate le nuove tendenze di moda, assaggiate cibi mai provati prima o cucinateli in modo diverso. Il cibo è un piacere, lo abbiamo insegnato al mondo: perché disimpararlo? Frutta e verdura biologiche, pesce, carne e prodotti caseari freschi, pasta, riso e pane integrale: ecco dove andare a cercare innanzitutto vitamine, minerali, acidi grassi essenziali, antiossidanti: non in una insipida pastiglietta! Maggiore sarà la qualità dei prodotti che riempiranno il nostro carrello, mi-nore sarà la necessità di completare la spesa con un giro in farmacia. Così, magari, avrete il tempo di provare quella gonna appena vista in vetrina… [email protected] 76 - La Rivista maggio 2016 Motori di Graziano Guerra Nuova Opel Astra Sports Tourer La democratizzazione dell’alta tecnologia Al recente Salone di Ginevra, nuova Astra è stata eletta Auto dell’Anno 2016. La nuova versione Sports Tourer della premiata serie è stata recentemente presentata alla stampa svizzera in sessione dinamica sull’asse Rothrist – Losanna. Con visita al museo Olimpico, dove, al ristorante Club Coubertin, è stata battezzata con dell’ottimo Vufflens-le-Château «Réserve du Musée», AOC La Côte, e con lo splendido Assemblage rouge «Réserve du Musée», Vaud AOC (pinot noir, gamaret, garanoir, gamay). Mai meta fu più adeguata – nell’anno delle Olimpiadi di Rio - per il test di un modello vincente che, dopo un’ottima preparazione, dovrà competere con agguerrite concorrenti, come VW Golf Variant, Ford Focus, Skoda Octavia, Peugeot 308, Seat Leon ST, Renault Megane Grandtour, Toyota Auris Touring Sports, Hyundai i30, Kia Cee’d, Honda Civic Tourer, Audi A3 Sportback. Tradizione e successo La nuova Astra Sports Tourer è la decima generazione della station wagon compatta Opel campionessa di vendite. Da quando uscì nel 1963 dagli stabilimenti Opel la prima Kadett A Caravan, degli oltre 24 milioni di Kadett e Astra circa 5,4 milioni erano in versione familiare. Filosofia stilistica che sposa eleganza e precisione tedesca Il design si è fatto leggero e atletico, con un frontale dinamico. L’abitacolo ha una struttura chiara, con meno pulsanti, e sfoggia materiali pregiati. Porta in dote tecnologie e i sistemi di assistenza di lusso, come l’illuminazione IntelliLux LED, l’assistente personale per la connettività e i servizi Opel OnStar, l’infotainment IntelliLink di nuova generazione con integrazione dello smartphone tramite Apple CarPlay e Android Auto regolabili su touchscreen fino a 8 pollici. Inoltre, si possono avere dotazioni impensabili fino a poco tempo fa, come la telecamera che riconosce i segnali stradali, il preavviso di collisione e frenata di emergenza automatica, assistenza di mantenimento corsia a sterzata attiva, parcheggio automatico, telecamera di retromarcia, volante riscaldabile, chiusura e avvio senza chiavi. Dall’estate prossima pure il controllo di distanza. Una nota particolare: il portellone posteriore si apre con un piccolo movimento del piede! L’architettura leggera, completamente nuova, con acciai ultra-resistenti e struttura compatta, ha contribuito alla notevole riduzione di peso rispetto al modello precedente - fino a 190 Kg - che si traduce in agilità, maggiore potenza, migliore manovrabilità e soprattutto meno carburante consumato. Invariate le dimensioni esterne - lunga 4702 è larga 1871 con i retrovisori chiusi, e alta 1510 mm – ma offre più spazio all’interno; il volume di carico, aumentato di 80 è ora di 1.630 litri. Motori di ultimissima generazione In Svizzera è in vendita con motori a benzina di alluminio a tre e quattro cilindri, e diesel. Le potenze variano da 100 a 200 CV e i prezzi partono da CHF 22‘100. Il vertice delle prestazioni è raggiunto dal nuovo turbo benzina 1.6 ECOTEC DI da 200 CV, da CHF 32‘200, mentre i prezzi per il Power-Diesel 1.6 BiTurbo CDTI da 160 CV partono da CHF 33‘600. Questo nuovo diesel top di gamma, sviluppato dal General Motors Powertrain Europe di Torino, con sovralimentazione a due stadi, sviluppa 350 Nm di coppia, in quinta marcia passa da 80 a 120 km/h in 8,1 secondi, consuma 4,1 l/100km (Emissioni di CO2 dichiarate: 109 g/km). I cambi: manuale a sei marce; a cinque per i motori base 1.4 e 1.0; automatico Easytronic 3.0 di ultima generazione con il 1.0; è opzionale l’automatico a 6 rapporti a basso attrito per il 1.4 ECOTEC Direct Injection Turbo da 150 CV e il 1.6 CDTI da 136 CV. Il modello è dedicato alle famiglie, ma fa l’occhiolino ai conducenti di auto aziendali. maggio 2016 La Rivista - 77 “Two legends, two birthdays” Jeep e Montreux Jazz Festival Jeep celebra quest’anno i suoi 75 anni di storia e per farlo ha deciso di calcare, per la seconda volta di seguito, i palchi del Montreux Jazz Festival, che festeggia la sua 50esima edizione. La prestigiosa sponsorizzazione celebra gli anniversari di due miti: una leggenda americana nel campo automobilistico e una rassegna musicale che ogni anno richiama centinaia di migliaia di appassionati nella storica cittadina svizzera. Ciò che lega i clienti Jeep agli artisti e ai visitatori del Montreux Jazz Festival sono soprattutto la passione per la creatività, la novità e lo spirito di avventura. Jeep metterà a disposizione per il trasferimento degli artisti e degli ospiti internazionali una flotta esclusiva di circa 30 vetture tra le quali spiccano i modelli dell’esclusiva edizione speciale “75th Anniversary”. Il Montreux Jazz Festival è in cartellone dal 1° al 16 luglio 2016. Hanno confermato la loro presenza artisti internazionali del calibro di Muse, Lana Del Rey, Santana, Deep Purple, Neil Young, Simply Red, Van Morrison, Patti Smith, Marcus Miller e Zappa. Biglietti per i concerti del Montreux Jazz Festival sono acquistabili sul sito www.montreuxjazzfestival.com. Jeep e Harley-Davidson sempre insieme Quando si condividono valori autentici Alla base della collaborazione, rinnovata per il terzo anno consecutivo, vi è la condivisione di valori autentici quali passione, libertà e senso di appartenenza. Dopo il successo delle due precedenti edizioni – più di 600.000 partecipanti nel 2014 e oltre un milione nel 2015 – la partnership tra le due icone americane si rinnova con un ricco programma che fino a settembre prevede eventi in otto Paesi europei (Francia, Germania, Olanda, Austria, UK, Italia, Slovenia e Repubblica Ceca), oltre al raduno in Sud Africa. In ciascun raduno sarà allesti- Fiat Professional Fullback è partner ufficiale di FIM Motocross World Championship 2016 Il nuovo pick up di Fiat Professional ha fatto il suo debutto al “MxGP of Europe” a Valkenswaard, nei Paesi Bassi, come veicolo ufficiale del MxGP 2016. In configurazione “cabina estesa” e dotato di un motore turbodiesel in alluminio da 2,4 litri da 180 CV abbinato alla trazione integrale e al cambio manuale a sei marce, si è presentato al pubblico con una speciale livrea in tema con il motocross, realizzata in collaborazione con Garage Italia Customs di Lapo Elkann. Il campionato MxGP si svolge tra febbraio e settembre in 18 tappe tra Europa, Stati Uniti, Qatar, Argentina e Messico. Il Fullback è in vendita da maggio. 78 - La Rivista maggio 2016 to l’Harley Village dove sorgerà lo stand Jeep con l’intera gamma a disposizione del pubblico per emozionanti test drive. Non mancherà una selezione di showcar Jeep personalizzate con esclusivi accessori Mopar. Protagonisti dei diversi raduni europei saranno i club ufficiali JOG (Jeep Owners Group) e HOG (Harley Owners Group). Fondato nell’agosto del 2014, il JOG è il solo e unico fan club ufficiale del marchio Jeep, gestito direttamente dal brand e attivo in 24 nazioni della regione EMEA, conta 64.000 membri. HOG è nato nel 1983 e annovera un totale di 116.000 iscritti nell’area EMEA. News e video del marchio Jeep in EMEA sono disponibili ai link: Brand blog: www.jeep-people.com Facebook: www.facebook.com/JeepOlllllllOpeople Instagram: www.instagram.com/jeeppeople/ Twitter: www.twitter.com/Jeep_People YouTube: www.youtube.com/JeepOlllllllOPeople Fiat Fiorino - Il van per la città si rinnova Il veicolo che ha inventato il segmento small van dopo più di 370.000 unità vendute si rinnova e si presenta nelle dimensioni perfette per la in città, che lo rendono facile da parcheggiare senza rinunciare a una buona capacità di carico (fino a 2,8m3) con portata fino a 660 Kg. L’evoluzione introduce un design modern e nuove caratteristiche che lo posizionano in alto nella sua categoria, per prestazioni, costo di gestione, comfort e funzionalità. La strumentazione mostra una nuova grafica con retroilluminazione permanente. In plancia è stato inserito un cassetto portaoggetti. Il rinnovato sistema di infotainment con touchscreen a colori è disponibile anche con navigatore satellitare. In Svizzera il nuovo Fiorino è disponibile nelle configurazioni Cargo e Combi in tre allestimenti, Base, Swiss e Adventure, e tre motorizzazioni benzina, Natural Power e diesel, con il nuovo sistema EcoJet a richiesta, con prezzi da CHF 11’990 Pininfarina H2 Speed Nasce da una collaborazione italosvizzera il Best Concept di Ginevra 2016 La concept car H2 Speed di Pininfarina ha ricevuto il premio Best Concept del Salone di Ginevra 2016 nell’ambito degli Editors’ Choice Awards assegnati dal magazine americano Autoweek. H2 Speed è la visione innovativa di Pininfarina di un’auto da pista ad alte prestazioni basata su una rivoluzionaria tecnologia a idrogeno fuel cell, sperimentata dall’azienda svizzera GreenGT. A metà strada tra il prototipo da competizione e la super car di produzione, H2 Speed è la prima auto da pista a idrogeno ad alte prestazioni al mondo, merito della tecnologia Full Hydrogen Power, un potente gruppo motopropulsore “elettrico-idrogeno” fuel cell messo a punto dal partner GreenGT. Il risultato è una vettura a zero emissioni in grado di raggiungere i 300 km/h rilasciando nell’atmosfera solo vapore acqueo. Grazie ad una potenza massima di 503 cavalli, consente di accelerare da 0 a 100 km/h in 3,4 secondi. Notevole anche la rapidità di rifornimento, sconosciuta alle elettriche tradizionali: il pieno di idrogeno può essere fatto in soli 3 minuti. Oltre quello atmosferico, H2 Speed azzera quasi del tutto l’inquinamento acustico: la sua espressione sonora si avvicina molto al silenzio. La concept car si rivolge agli appassionati della velocità e dell’innovazione attratti dall’esclusività tipica di un veicolo di design Pininfarina prodotto in serie limitata. Verona Legend Cars Modelli unici del Museo Nicolis e le esibizioni del campione Miki Biasion Dal 13 al 15 maggio alla Fiera di Verona saranno in bella mostra oltre mille auto d’epoca da tutta Europa, modelli unici anni ’50, tutte le Lamborghini Miura, la mostra monotematica Carrozzeria Touring Superleggera, i lotti dell’asta Maison Bibelot e l’appuntamento biennale Amiki Miei dedicato a Lancia e Lancia da competizione. Il Museo Nicolis di Villafranca, una delle istituzioni heritage più importanti d’ Europa, svela i contenuti della sua partecipazione: gli anni ’50, con le carrozzerie e i marchi emblema del made in Italy. In mostra vetture uniche: Maserati A6 1500 1947, un prototipo a firma Pinin Farina e la seconda costruita della serie; Fiat 1100 E 1950 della Carrozzeria Castagna, nota come “Vistotal” per il suo parabrezza senza montanti laterali; Fiat 1100 Sport barchetta, 1948, della Carrozzeria Motto, un esemplare unico che ha partecipato alla Mille Miglia del 1948 con Alessio Pedretti. Domenica 15 maggio, i possessori di Lancia Delta e Lancia da competizione potranno parcheggiare in fiera e assistere alle esibizioni in area test drive dell’unico italiano a vincere il Campionato del Mondo Rally e per ben due volte - al volante della sua leggendaria Lancia Delta e di altri modelli a sorpresa. Miki Biasion (nella foto) sarà con Lancisti anche a tavola, chiacchierando in completo relax di gare e di macchine di ieri e di oggi. Parteciperanno anche alcuni esperti di Lancia Delta, per offrire preziosi consigli sui ricambi e la manutenzione. Abarth e Movistar Yamaha MotoGP I frutti speciali di una partnership all’insegna della passione sportiva e della ricerca Abarth è Official Sponsor e Official Car Supplier del Team Movistar Yamaha MotoGP, impegnato nel Campionato mondiale FIM MotoGP. Dalla partnership è nata la serie speciale Abarth 595 Yamaha Factory Racing. E, fra le novità dello Scorpione, la nuova Abarth 124 spider e l’inedita community ufficiale “The Scorpionship”. La Yamaha YZR-M1 2016 sfreccia sui circuiti della MotoGP portando sulla carena frontale il logo dello Scorpione, sinonimo di “racing” e simbolo di un patrimonio davvero unico nel suo genere. Alla serie speciale Abarth 595 Yamaha Factory Racing i due brand hanno lavorato insieme sviluppando una vettura così come solitamente si elabora una moto da corsa. Gli interventi hanno riguardato la potenza del motore (da 140cv a 160cv), il filtro BMC, sospensioni e ammortizzatori, cerchi in lega da 17” in nero opaco e scarico Record Monza. Una conferma dell’eccellenza tecnica del brand è rappresentata anche dalla nuova Abarth 124 spider, presentata in anteprima mondiale al Salone di Ginevra. È possibile ordinare i primi 2.500 modelli prodotti quest’anno nelle Officine Abarth in edizione numerata e in esclusiva, a un prezzo di 40.000 euro in tutta Europa. La passione sportiva si può ritrovare in “The Scorpionship”, l’unica community ufficiale del brand dedicata ai possessori delle vetture, ai collezionisti, ai membri dei club Abarth e ai semplici appassionati. Iscriversi al sito scorpionship.abarth. com garantisce vantaggi in termini di promozioni e di attività sportive, anche attraverso raduni che coinvolgeranno tutti i fan. Nella foto: Lin Jarvis, CEO di Yamaha Motor Racing e Paolo Gagliardo, Head Operations Abarth accanto alla nuova Abarth 124 spider. maggio 2016 La Rivista - 79 30 anni Pirelli P Zero Storia per numeri di un’icona del mondo automobilistico Si dice P Zero e la mente si affolla di star che hanno prestato il proprio volto a campagne che hanno fatto la storia della pubblicità. P Zero, e già si sente il rombo dei bolidi di Formula Uno che sfrecciano con pneumatici slick sulla cui spalla spicca, in diversi colori, quel marchio che oggi contraddistingue un portafoglio di 11 prodotti, diversificati per applicazioni, vetture, stili di guida, aree geografiche. Non sorprende dunque che il nome di battesimo voluto dalla casa della Bicocca per il suo ultimo nato sia ancora P Zero. Origine, caratteristiche e destino del nuovo P Zero si possono racchiudere in alcuni indicativi numeri. Partendo proprio dallo Zero affiancato alla P del marchio. Un nome nato per caso, ma destinato a diventare iconico. P Zero sta per “progetto zero”, gli ingegneri, infatti, erano indecisi su come chiamare quella nuova gomma per impieghi sportivi sviluppata per la Lancia Delta S4. Era il 1986: 30 anni fa. L’anno dopo, il debutto in strada con la Ferrari F40 fu il primo dei progetti sviluppati su misura per le vetture più potenti, segnati dalla continua evoluzione di auto e pneumatici. L’incessante innovazione è riassumibile in un altro numero, il 302, equivalente alla differenza in cavalli tra la F40 dell’87 e le super car attuali. Una differenza che significa crescita della potenza, ma anche della richiesta di sicurezza alla quale i P Zero hanno fatto da battistrada. In ogni senso. Pirelli punta ancora sullo Zero per consolidare la leadership mondiale nel segmento delle auto prestige e accelerare la crescita in quello delle vetture premium. A trent’anni dal debutto, la Casa della Bicocca lancia sul mercato l’ultima versione della gomma che negli ultimi decenni ha fatto la storia 80 - La Rivista maggio 2016 del settore in tutte le sue varianti: dal System al Rosso, passando per il Nero e il Corsa al P Zero del 2007. Oggi il ventaglio arriva senza problemi fino al 22 pollici e l’offerta si amplia con soluzioni winter, summer o All Season. Per non parlare delle numerose tecnologie inserite negli pneumatici. Dal run flat al seal inside, alla tecnologia per la riduzione del rumore nell’abitacolo PNCS (Pirelli Noise Cancelling System). O dei materiali alternativi, la cui ricerca è in continua evoluzione: dalla lolla di riso al guayule, e dei diversi disegni battistrada, ognuno sviluppato per esaltare le caratteristiche di ciascun modello, oppure degli pneumatici marcati con copertura sviluppata specificatamente per quella vettura. Tre modelli, un solo campione L’ultima evoluzione della P lunga racchiude tre varianti tecnologiche con differenti applicazioni e prestazioni, ciascuna destinata a vetture diverse. Per le auto con un temperamento più sportivo presenta un di- segno battistrada meno “lamellato” capace di favorire un comportamento più dinamico della vettura. Si addice invece di più alle berline il disegno con spalla esterna più intagliata, per assorbire meglio l’impatto a terra a vantaggio del confort. Più aggressivo il terzo disegno, che si avvicina ai “cugini” slick della Formula Uno, sviluppato per i nuovi P Zero Corsa. A ogni vettura il suo P Zero dedicato, e questo è anche il cuore della strategia Perfect fit Pirelli. Nato con la camicia Il nuovo P Zero, è proprio il caso di dirlo, è nato con la camicia: appena lanciato ha già una “dote” di 60 omologazioni. Il giusto erede di una famiglia che conta 800 omologazioni sul parco circolante (1000 in totale, comprendendo i modelli auto fuori produzione) e che calza una vettura su due nel segmento prestige. Vetture da sogno come la Lamborghini Centenario, la Ferrari GTC4 Lusso, la Mercedes GT AMG o la Porsche Boxter hanno già scelto il nuovo P Zero. Mondo in Camera A Losanna, i vini del Piemonte: non solo Barolo e Barbaresco Seminario sul settore dell’aviazione a Torino Barolo & Friends event 2016 a Zurigo A Ginevra corsi di cucina in lingua italiana Al centro commerciale di Emmen Grande successo per l’area del gusto italiano Incontri d’affari con le imprese del Friuli Venezia Giulia Go-italy - Rimini life style 2016 Taste of italy – food edition: il meglio del cibo italiano a Ginevra Taste of italy: il meglio del vino italiano a Zurigo Contatti commerciali Benvenuto ai nuovi soci Servizi camerali maggio 2016 La Rivista - 81 A Losanna, i vini del Piemonte: non solo Barolo e Barbaresco La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, in collaborazione con la CCIAA di Torino, organizza una degustazione di vini a Losanna martedì 10 maggio 2016 presso il prestigioso hotel Lausanne Palace con incontri BtoB tra operatori elvetici del settore (stampa, importatori, ristoratori, sommelier, HORECA, dettaglianti) e cantine della provincia di Torino. Scopo della degustazione è di presentare sul mercato i vini piemontesi ancora poco noti e dal grande potenziale di crescita sul mercato elvetico. Durante la manifestazione, sono previste due sessioni: nell’arco della prima sessione (dalle ore 14.30 alle ore 17.30) ci saranno appuntamenti con i professionisti elvetici del settore. La seconda sessione sarà rivolta al BtoC. Per maggiori informazioni Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Ufficio di Ginevra Tel.: +41 (0)22 906 85 95 [email protected] ne operanti nel settore aviazione e aerospaziale in possesso di una strategia di sviluppo internazionale. Il Canton Vaud e l’Aeropole di Payerne offrono, infatti, un terreno fertile per avviare collaborazioni commerciali con altre ditte dello stesso settore svizzere, o in generale estere, per aprire filiali o creare joint venture con partner locali. Il seminario sarà in italiano e in inglese e a conclusione ci sarà un lunch di networking per le ditte partecipanti e la possibilità dio incontrare i relatori one-to-one per eventuali approfondimenti sul mercato. 10:20 Swiss export market Mrs. Marianna Valle, Deputy Secretary General, Italian Chamber of Commerce for Switzerland 10:40 Canton of Vaud: Excellence in research and innovation Mr. Jean-Frédéric Berthoud, Director, Economic Development State of Vaud (DEV) 11:00 Aeropole Center of Competence: Ecosystem with competences in aviation and space-related domains. Mr. Pierre-André Arm, Director, Regional community of Broye (COREB) 12.00 AM Network finger-lunch 13:30 One to one meetings Seminario sul settore dell’aviazione a Torino La Camera di commercio italiana per la Svizzera (CCIS) in collaborazione con il Canton Vaud e la Camera di commercio di Torino, organizza un seminario a Torino il 12 maggio, presso il Centro Congressi Torino Incontra, rivolto a tutte le ditte italia- Programma 09:30 - 10:00 Registration & welcome coffee Institutional greetings Chamber of commerce of Torino – Enterprise Europe Network 10:10 Welcome speech Mr. Jean-Frédéric Berthoud, Director, Economic Development State of Vaud (DEV) Per ulteriori informazioni Marianna Valle [email protected] Tel. 0041 22 906 85 95 Barolo & Friends event 2016 a Zurigo Il Consorzio I Vini del Piemonte è lieto di presentare la sesta edizione di Barolo &Friends, un “Walk Around Tasting” per incontrare oltre 20 selezionati produttori piemontesi, degustare il meglio delle loro produzioni e avvicinarsi alla tradizione gastronomica piemontese. L’evento avrà luogo: Martedì, 17 maggio 2016, presso la Zunfthaus zur Saffran (Limmatquai 54, 8001 – Zurigo), dalle 16.30 alle 21.30 Ore 18.00 Atelier Piemonte “Il Ruchè, un vino per ogni abbinamento”, a cura della giornalista di Vinum Ursula Geiger Ore 19.30 Atelier Piemonte “I vini del Piemonte: la ricchezza delle sue varie espressioni”, a cura della giornalista di Vinum Ursula Geiger 82 - La Rivista maggio 2016 Ore 19.00 Verticale di Barbaresco guidata da Renata Schwarz, Sommelier e Natale Simonetta (Proprietario Cascina Baricchi) Sconto di CHF 5.- per soci CCIS, clienti dell’enoteca Buonvini, membri di Mondovino e lettori di Vinum (che dovranno presentare coupon all’ingresso). Biglietti Walk Around Tasting Acquisto online: CHF 20.Acquisto sul posto il giorno dell’evento: CHF 25.Walk Around Tasting + Atelier Piemonte “Il Ruchè, un vino per ogni abbinamento” Acquisto online: CHF 30.Acquisto sul posto il giorno dell’evento: CHF 35.Walk Around Tasting + Atelier Piemonte “I Vini del Piemonte: la ricchezza delle sue varie espressioni” o Verticale di Barbaresco Acquisto online: CHF 40.Acquisto sul posto il giorno dell’evento: CHF 45.- BIGLIETTI online https://www.amiando.com/NMWTMWP.html oppure alla cassa serale informazioni: [email protected] Tel. +41 (0)44 289 23 29 Altre informazioni sull’evento: http://www.baroloevent.com/en/eventi/zurigo-2016/ Incontri d’affari con le imprese del Friuli Venezia Giulia La Camera di Commercio italiana per la Svizzera (CCIS), in collaborazione con le Camere di Commercio di Udine e Pordenone, organizza in Svizzera dal 24 al 26 maggio degli incontri BtoB tra ditte del Friuli Venezia Giulia e gli operatori svizzeri interessati ad incontrarle dei seguenti settori: agroalimentare (vino e alimenti), cosmetica, sistema casa, assicurazione (periti e broker assicurativi). Gli incontri avranno luogo presso le sedi degli operatori svizzeri o presso le sedi della CCIS a Ginevra, Zurigo e Lugano. Cosa: incontri d’affari – settore Food&Vino, edilizia, cosmetica, assicurativo Quando: dal 24 al 26 maggio 2016 Dove: direttamente presso le sedi delle aziende o le sedi della CCIS Per maggiori informazioni: Lysiane Bennato - Ufficio di Ginevra tel +41 22 906 85 95 [email protected] Go-italy Rimini life style 2016 La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS) seleziona un gruppo di 8 importatori svizzeri nei settori: agroalimentare, moda e accessori moda, turismo per scoprire la “West Coast” italiana. Un viaggio di affari di due giorni sul territorio di Rimini e provincia sarà infatti organizzato per tutti coloro che sono interessati a trovare partner commerciali in questa bellissima regione d’Italia. Il programma prevede incontri con produttori di food, di abiti e accessori moda e visite alle strutture ricettive e ai luoghi turistici romagnoli. Tutti i costi di viaggio e soggiorno saranno a carico di CCIS! Programma di massima: Domenica 29 Maggio: arrivo a Rimini dei buyers svizzeri Lunedì 30 Maggio: - Incontri B2B per i buyer dell’agroalimentare e della moda (con possibilità di degustazioni o espo- sizione dei capi di abbigliamento) - Incontri B2B e visite per i rappresentanti svizzeri di Tour Operator e agenzie di viaggio Martedì 31 maggio: Educational tour (Rimini e dintorni con degustazioni) per tutta la delegazione Mercoledì 1 giugno: ritorno in Svizzera Per maggiori informazioni: Lysiane Bennato [email protected] Tel: 022 906 85 95 Taste of italy food edition: il meglio del cibo italiano a Ginevra Siete produttori di specialità della gastronomia italiana? Volete esportare in Svizzera ma non riuscite a trovare il giusto canale? Siete già presenti ma desiderate espandere la Vostra quota di mercato? La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Vi dà la possibilità di farlo partecipando alla prima manifestazione che raggrupperà le eccellenze del cibo italiano “Taste of Italy – Food Edition: il meglio del cibo italiano in Svizzera” che sarà organizzata il 30 maggio 2016 presso l’Hotel Le Richemond di Ginevra Il programma è il seguente: - Dalle ore 14.30 alle ore 17.30: incontri BtoB (ristoratori, importatori, dettaglianti, stampa) - Dalle ore 17.30 alle ore 20.30: apertura ad un pubblico selezionato di intenditori e amatori di cibo italiano di qualità con possibi- lità di vendita dei prodotti Per maggiori informazioni CCIS – Ufficio di Ginevra Lysiane Bennato [email protected] Tel. 0041 229068595 Taste of italy il meglio del vino italiano a Zurigo La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera ha il piacere d’invitare i professionisti del settore vitivinicolo e wine lovers a l’evento «Taste of Italy: il meglio del vino italiano in Svizzera». Programma: Dalle ore 14.30 alle 17.30: incontri BtoB (ristoratori, importatori, dettaglianti, sommelier, stampa) Dalle ore 17.30 alle 21.00: apertura ai wine lovers e ad un pubblico selezionato della business community zurighese Luogo: FIFA World Football Museum, Seestrasse 27 CH-8002 Zürich Data: Giovedì, 9 giugno 2016 Per maggiori informazioni: Ufficio di Zurigo Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Tel: +41 44 289 23 29 [email protected] L’entrata è libera, ma è obbligatorio iscriversi entro e non oltre il 6 giugno 2016. maggio 2016 La Rivista - 83 A Ginevra corsi di cucina in lingua italiana La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS) e Opera Vini Italiani organizzano, per la prima volta a Ginevra, il corso di cucina in lingua italiana. I corsi si indirizzano non solo ai collaboratori e ai quadri della ristorazione ma anche a tutti gli appassionati della cucina italiana. Scopo del corso, programmato secondo moderni canoni di formazione professionale, è di informare ed educare il consumatore, nonché di preparare in modo adeguato il personale addetto alla ristorazione. Ogni lezione prevede una breve introduzione al programma della serata e la partecipazione attiva di tutti i corsisti all’elaborazione delle ricette previste. Il tutto sotto l’inquadramento dello chef istruttore e del suo assistente. I corsi non hanno scopo di lucro ma di divulgazione delle più efficaci tecniche di preparazione di una quarantina delle migliori ricette della cucina italiana. La CCIS rilascerà ai partecipanti un attestato di capacità professionale di base. Il corso prevede un totale di 10 lezioni: 1) “Il profumo della farina” - Approccio alla conoscenza del mondo delle farine e degli impasti per la produzione di pane, pane speciale, focacce e grissini. Ricette semplici e gustose per avere sempre pane e focacce in casa. 2) “Finger Food e pasticceria salata” Bicchieri, cucchiai, bamboo piccole e stuzzicanti proposte in miniatura. Basi concrete per stupire gli amici a cena con aperitivi e stuzzichini ad “effetto”. 3) “Non basta dire pasta” - Imparare e lavorare i differenti impasti per le varie tipologie di pasta all’uovo. Capire le proprietà meccaniche e gustative delle sfoglie per tagliolini, ravioli, lasagne, pasta tirata a mano. 4) “Il risotto si fa col brodo” - Preparazione ed apprendimento di tutte le basi per elaborare diverse tipologie di risotto, 84 - La Rivista maggio 2016 partendo da un buon brodo fino alla fase piu delicata della mantecatura. 5) “Per non fare … la solita minestra” Preparazione di zuppe calde, fredde, vegetali o con carne e pesce, insomma imparare a preparare delle gustose e divertenti zuppe con ingredienti di stagione. 6) “Tutto crudo e … niente arrosto” - Tra le classiche preparazioni italiane abbiamo crudi, carpacci e tartare. Nel corso impareremo a preparare ,tagliare e servire delle ottime preparazioni a base di carne cruda o marinata. 7) “Le tre “c”… carne, cottura, condimenti” - Approcci basilari per cominciare a lavorare e cucinare la carne capendo i principi base delle cotture e dei condimenti. 8) “Pesce al cartoccio” - Differenti preparazioni di pesce al cartoccio, imparando a sfruttare la tecnica di cottura per estrarre sapori ed umori. 9) “Dolci risvegli” - Basi per la preparazione di dolci da forno per le colazioni come crostate, plumcake, torte al cioccolato. 10) “Dessert nei bicchieri” - Crostate, plumcake, dolci da colazione. Sede e costi I corsi si svolgeranno presso il laboratorio professionale di cucina della Brasserie des Tours, a Ginevra (Carouge). http://www.bdt.ch/ Il corso avrà inizio martedì 03 maggio 2016 e avrà cadenza settimanale. Data prevista di fine corso: 05 luglio. Orario: dalle 18:30 alle 22:00 Il costo del corso è il seguente: · Corso completo : CHF 1’450. · Riduzione 10% prevista per: A) Soci CCIS: CHF 1’300. Nella retta sono compresi: il materiale didattico, un grembiule ed un cappello da cuoco, la presenza e l’assistenza di uno chef italiano di affermata reputazione* e di un suo assistente, la degustazione delle pietanze prodotte durante i corsi, l’attestato di capacità rilasciato dalla Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, la degustazione di vini italiani di prestigio abbinati alle ricette elaborate nel corso di ogni lezione. Contatti Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Ufficio di Ginevra Lysiane Bennato, Tel: 022/906 85 95 E-Mail: [email protected] Opera Vini Italiani Francesco Mancuso Tel: 079 250 00 35 E-mail: [email protected] *Gianluigi Alla, arrivato in Svizzera come Chef Esecutivo all’ Auberge Communale de Carouge, é da anni docente presso la prestigiosa scuola “PEPE VERDE” di Roma. Collabora inoltre con molti giornalisti del settore e ha partecipato alla pubblicazione di libri di ricette quali “Creazioni Divine”, “Grandi Chef, Piccoli Prezzi”. Onnipresente nel panorama gastronomico italiano, si è poi cimentato in sfide culinarie quali “Cooking for Wine” e “La Prova del Cuoco”, oltre ad aver preso parte a congressi come “Mia Rimini”. Attivo in Italia dal 1990 al 1998, Alla si è poi trasferito a Londra, dove ha lavorato al ristorante “San Lorenzo” di Winbledon e al “Savoy Hotel”. Ritornato poi in patria dopo due incarichi di breve durata presso il Casinó di Madrid ed il Mugaritz di San Sebastian, lo chef ha gestito un albergo nei pressi di Latina, i cui piatti sono stati nominati nella guida Gambero Rosso 2003. Tra le altre esperienze degne di menzione, Alla ha lavorato presso il ristorante Marconi 23 dal 2004 al 2009, per poi essere nominato Chef Esecutivo presso il “Salotti”, detentore di una stella Michelin. Dal 2014 si è dedicato con passione all’apertura e alla gestione dell’” Auberge Communale de Carouge”. Al centro commerciale di Emmen Grande successo per l’area del gusto italiano Per i nostalgici e i curiosi dell’enogastronomia italiana, per due settimane, dal 4 al 16 aprile 2016 il centro commerciale Emmen Center, a pochi passi da Lucerna, ha dedicato un’ampia area all’interno della struttura all’insegna dei buoni sapori italiani. L’iniziativa, nata da un’idea della Manor di Emmen, ha visto un’intensa collaborazione tra una delle maggiori catene di grande distribuzione in Svizzera, Manor appunto, e la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS), che, dal canto suo si impegna nello svolgere il ruolo di coordinamento e intermediazione tra le aziende italiane e la realtà svizzera. A seguito di numerose richieste di adesione e dopo un’accurata selezione, ventitré piccole e medie aziende italiane hanno partecipato all’evento a Emmen. Ogni azienda ha avuto a disposizione uno stand, dove poter esporre i propri prodotti e specialità locali. I visitatori hanno potuto ammirare, degustare e acquistare scegliendo fra la vasta gamma ed eterogeneità di prodotti della nostra penisola provenienti dalle diverse regioni italiane: dalla pasta fresca ai ravioli, dal riso al miele, al caffè, all’olio extra vergine di oliva, all’ aceto balsamico, dai formaggi ai salumi, ai cannoli e al gelato siciliani, dagli amaretti alle conserve, alle confetture, ai pesti e sott’oli artigianali, dai vini ai liquori. Tra gli altri, hanno suscitato un particolare interesse e catturato il palato dei visitatori anche due prodotti ‘esclusivi: il tartufo, di differenti varietà molto pregiate, e lo zafferano in pistilli, che ha davvero sorpreso il pubblico per la sua rarità. L’alta qualità dei prodotti è stata garantita dalla certificazione BIO, assegnata alla maggior parte di essi, molti dei quali senza glutine. Il pubblico si è dimostrato entusiasta dell’iniziativa e, tra un acquisto e l’altro, si è concesso una piacevole passeggiata nell’area del gusto italiano, girovagando tra i vari stand alla ricerca di sapori autentici e genuini italiani ed ha avuto modo di degustare varie specialità. In alcune giornate è stato possibile anche parlare direttamente con i Il vicedirettore della catena di Manor a Emmen Hanspeter Ebnöther e il Segretario Generale della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS) Fabrizio Macrì. produttori, che hanno illustrato la storia della loro azienda e le varie fasi di lavorazione del prodotto. Nei due sabati di maggiore affluenza di visitatori la manifestazione si è animata ulteriormente grazie all’intrattenimento musicale del gruppo folk “Radici di Calabria” di Zugo: una ventina di ballerini calabresi hanno danzato con costumi tipici, canti e musiche locali riuscendo a coinvolgere grandi e bambini nell’atmosfera italiana. Soddisfatti della manifestazione si sono dichiarati anche il vicedirettore della catena di Manor a Emmen Hanspeter Ebnöther e il Segretario Generale della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS) Fabrizio Macrì. maggio 2016 La Rivista - 85 CONTATTI COMMERCIALI Dal mercato italiano OFFERTE DI MERCI E SERVIZI Montaggi industriali FB SRL Via Sant’Alessandro, 41 I - 24023 Clusone Tel: +39 034621878 E-mail: [email protected] www.fbsrlstrutturemetalliche.it Prodotti alimentari di carne e senza glutine Italcarni Spa Via Torre, sn I – 94010 Nissoria (EN) Tel: +39 0935 660130 Fax: +39 0935 669985 E-mail: [email protected] www.glorioso.it Automazione industriale JOT Automation Italia S.r.l. 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Rione Carbonolo Sup. 4 I – 21040 Carnago - VA Tel. 0039/0331 995920 Fax 0039/ 0331 992014 E-mail: [email protected] www.tea-elettronica.com Progettazione e realizzazione quadri elettrici AUTOMAZIONI ELETTRICHE snc via Ponzio Flaminio 1a I – 21059 VIGGIU’ (VA) Tel. +39 0332 487597 Fax +39 0332 487597 E-mail: [email protected] www.automazionielettriche.it Progettazione e realizzazione stampi STAMPYTAL S.R.L. Via Mazzini 68/B I – 21020 Ternate (VA) Tel. 0039/0332 961576 Fax. 0039/0332 1800147 E-mail: [email protected] Cablaggi elettronici ed elettrici ELETTROMECCANICA TRE EFFE S.n.c Via Valle Nuova 18 I - 21013 Gallarate (VA) Tel: 0039/ 0331 799227 E-mail: [email protected] www.treeffe3f.it Lavorazioni tubi in metallo Ta-mec Off. 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La produzione varia in quattro formati: Pizza Margherita, Pizza Primavera, Pizza Bufalina und Pizza Vegetariana. Vulcano Food Gourmet SRL vorrebbe TEL. +39 02 930 34 20 FAX. +39 02 931 42 88 [email protected] WWW.MUSAZZICOSTRUZIONIEDILI.IT E.T.A. SPA TURATI SAMANTA VIA MONTE BARZAGHINO 6 IT-22035 CANZO (CO) TEL. +39 031 673 611 FAX +39 031 670 525 [email protected] WWW.ETA.IT EDELBERG AG MANUFACTURE SUISSE NALDI CARLO E. NEUGASSE 7 CH-6300 ZUG TEL. +41 (0)41 790 30 80 FAX +41 (0)41 790 30 85 [email protected] WWW.EDELBERG.SWISS FRACHT AG DE FILIPPIS FRANCO BIRSIGSTRASSE 79 CH-4050 BASEL TEL. +41 (0)61 287 96 42 FAX +41 (0)61 287 95 55 [email protected] DEFILIPPIS@FRACHTAG-BS-CH WWW.FRACHT.COM GLAVE FABIO VIA PESCHIERA 28/A CH-6982 AGNO TEL. +41 (0)76 803 10 76 ampliare il proprio mercato e intraprendere nuovi rapporti commerciali con rivenditori e grossisti interessati a distribuire prodotti di sicuro valore sul mercato elvetico. Per le richieste di cui sopra rivolgersi a: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Seestr. 123, casella postale, 8027 Zurigo Tel. 044/289 23 23 Fax 044/201 53 57 e-mail: [email protected] www.ccis.ch [email protected] GREGORI PIERCARLO VIA IN DI PRADON CH-6121 VICO MORCOTE TEL. +39 335 569 84 80 [email protected] KNOBLAUCH-SCHILTER ISABELLE IM TALACHER 23 CH-8306 BRÜTTISELLEN TEL. +41 (0)79 655 55 81 [email protected] MEDCARE SCHWEIZ AG HEIB KAI LEISIBÜELSTRASSE 19 CH-8708 MÄNNEDORF TEL. +41 (0)43 508 25 47 [email protected] WWW.MEDCARE-SCHWEIZ.CH SOLLEONE BIO SA COHEN NATHALIE VIA A. RUSCA 19 CH-6982 AGNO TEL. +41 (0)91 601 88 64 [email protected] [email protected] WWW.SOLLEONEBIO.COM SOFISWISS SA TREVISAN ENEA ANGELO RIESBACHSTRASSE 52 CH-8034 ZURIGO TEL. +41 (0)76 368 71 19 [email protected] maggio 2016 La Rivista - 87 Sede Lugano Via Nassa 5CH-6900 Lugano Tel: +41 (0)91 924 02 32 Fax: +41 (0)91 924 02 33 E-Mail: [email protected] Sede Zurigo Seestrasse 123CH-8027 Zurich Tel: +41 (0)44 289 23 23 Fax: +41 (0)44 201 53 57 E-Mail: [email protected] Servizi Camerali Sede Ginevra 12-14 rue du Cendrier CH-1211 Ginevra 1 Tel: +41 (0)22 906 85 95 Fax: +41 (0)22 906 85 99 E-Mail: [email protected] La CCIS (Camera di Commercio Italiana per la Svizzera) è l’hub di riferimento in Svizzera per imprese medie e piccole, grandi aziende e marchi del Made in Italy, consorzi, associazioni di categoria ed enti pubblici che abbiano l’obiettivo di accrescere la presenza economica italiana in Svizzera. Fondata nel 1909 la Camera appartiene alla rete delle Camere di Commercio Italiane all’Estero, riconosciute dal Governo italiano quali strumenti di promozione del Made in Italy nel Mondo e suscitatrici di opportunità e investimenti delle imprese dei paesi in cui operano verso il mercato italiano. La CCIS assiste con i suoi servizi tutti i soggetti svizzeri e italiani coinvolti negli scambi economici tra Italia, Svizzera e Liechtenstein. La gamma dei suoi servizi è ampia e strategicamente strutturata in aree tematiche: Esportazioni - Ricerca buyers/clienti - Consulenza fiscale (rappresentanza fiscale e recupero dell’iva italiana, svizzera e tedesca) - Consulenza di natura commerciale e doganale - Export & Investment Desk - Dalla Svizzera nel mondo - Informazioni finanziarie e legate alla solvibilità dei partner (visure, rapporti commerciali, ecc.) - Organizzazione di degustazioni, workshops ed eventi - Realizzazione di delegazioni ed export strikes (visite presso buyers svizzeri) - Organizzazione ed accompagnamento di espositori italiani a fiere svizzere e di visitatori elvetici a fiere italiane - Organizzazione di seminari ed incontri di affari - Focus settoriali 88 - La Rivista maggio 2016 Investimenti - Apertura di un’attività - Investire nella ristorazione - Appalti pubblici in Svizzera - Attività di M&A e di Corporate Finance Comunicazione e promozione turistica La Rivista, magazine mensile in lingua italiana, e www.go-italy.ch, portale bilingue, in italiano tedesco, per l’italianità in movimento Corsi - Corsi per professionisti e semplici appassionati - Corsi per sommelier in lingua italiana Altro - Recupero Crediti - Ricerca di dati statistici - Traduzioni ed interpretariato - Agevolazioni speciali per i soci I settori di punta Agroalimentare, Industria elettromeccanica, Sistema Casa, Sistema Moda, Innovazione tecnologica e Start-up, Turismo, Pubblicità e Comunicazione Per una dolce tentazione IVECO STRALIS. CAMPIONE DI PUNTA NEL TRAFFICO A LUNGA PERCORRENZA. Scopri molte altre ricette di tiramisù su Il fiore all’occhiello di Iveco fornisce prestazioni di picco in ogni senso: grazie alla rivoluzionaria tecnologia d’avanguardia, lo STRALIS è il connubio perfetto tra forza e affidabilità e offre il massimo in tema di sicurezza e comfort di guida. Il tutto accompagnato da costi di esercizio (TCO) che riescono a convincere anche l’amministratore più rigoroso. Il vostro partner Iveco sarà lieto di consigliarvi. IVECO (Svizzera) SA, Oberfeldstrasse 16, 8302 Kloten, tel. 044 804 73 73 W W W . I V E C O . C H La formula risparmio: Anno 107 - n. 5 - Maggio 2016 La Rivista Anno 107 - n.5 - Maggio 2016 5 anni 0 anticipo A L U M R FO 0% di Leasing + Swiss bonus pack FINO A CHF 5000.– DI CASH BONUS Galleria di base del San Gottardo fiat.ch Esempio di calcolo 500X Cross Plus 2.0 MultiJet 140 cv 4x4, 4,9 l / 100 km, 130 g CO2 / km, categoria d’efficienza energetica: C, prezzo listino CHF 32 600.– più vernice spéciale CHF 1600.– meno bonus stock (valida sulle vetture selezionate in stock) CHF 5000.–, prezzo d’acquisto in contanti CHF 29 200.–. 500X Cross Plus 2.0 MultiJet 140 cv 4x4, 4,9 l / 100 km, 130 g CO2 / km, categoria d’efficienza energetica: C, prezzo listino CHF 32 600.– più vernice spéciale CHF 1600.– meno CHF 4000.– cash bonus, prezzo d’acquisto in contanti CHF 32 700.–, rata di leasing mensile a partire da CHF 319.– IVA incl. 500L Trekking 0.9 TwinAir 105 cv, 4,7 l / 100 km, 109 g CO2 / km, categoria d’efficienza energetica: B, prezzo listino CHF 21 000.– più vernice speciale CHF 1000.– meno CHF 4000.– cash bonus, prezzo d’acquisto in contanti CHF 18 000.–, rata di leasing mensile a partire da CHF 209.– IVA incl. 500 Lounge 1.2 69 cv, 4,3 l / 100 km, 99 g CO2 / km, categoria d’efficienza energetica: B, prezzo listino CHF 16 090.– più vernice speciale CHF 550.– meno CHF 4000.– cash bonus, prezzo d’acquisto in contanti CHF 12 640.–, rata di leasing mensile a partire da CHF 149.– IVA incl. Pagamento straordinario CHF 0.–, durata 60 mesi, 10 000 km / anno, interesse annuo effettivo 0 % con assicurazione casco totale obbligatoria e assicurazione sulle rate «Comfort» opzionale non incluse nel calcolo. Prezzo raccomandato. FCA Capital Suisse SA. La concessione dei crediti è vietata qualora comporti un indebitamento eccessivo del consumatore. Salvo modifiche del prezzo. Media delle emissioni di CO2 di tutte le nuove vetture vendute in Svizzera: 139 g / km. Promozione valida fino al 31.5.2016 o fino a revoca. Il 1° giugno si conclude il conto alla rovescia Anteprima Chianti Classico Collection 2016 300 anni e nemmeno una penna bianca…