Almanacco del Grigioni Italiano 2011

Transcript

Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
1
Almanacco
del Grigioni Italiano
2011
93a annata
Editore
Pro Grigioni Italiano
7000 Coira
Stampa
Tipografia Menghini SA
7742 Poschiavo
Prezzo fr. 14.–
Illustrazione in copertina: Landarenca (Calanca),
rustico vicino alla teleferica, estate 2010
Foto: Gianpiero Raveglia, Roveredo
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
2
Parte Generale
Parte Generale
Poesia
È Natale
3
Vedi? L’aquilone azzurro
s’è posato nel vuoto vento
di stagione, i primi intensi colori
del bosco si rassegnano al peso
della terra, si lasciano andare
come stanchi d’immemori
viaggi, restaurati mondi,
come afflusso di mite
mare glaciale che sopravanza.
Senti? Le rondini storne
s’allineano sui fili d’alta
tensione, mormorano
eccitate, poi sfrecciano via
sull’orizzonte cinerino
mentre la sera si sbianca. Ecco
un coriandolo di neve già
volteggia nel piombo del mese
dei morti, indugia
un poco, poi si posa
impalpabile sulla nuda terra nera;
un tintinno di stagione,
un basso rintocco di campane
rinnova il paese in festa. È Natale.
Gerry Mottis
Care lettrici e cari lettori,
quando ricevete questo Almanacco siamo nel tempo in cui «... un
coriandolo di neve già / volteggia nel piombo del mese / dei morti,
indugia / un poco, poi si posa / impalpabile sulla nuda terra nera...»,
come cita la poesia accanto.
Per volontà della Pro Grigioni Italiano il vostro Almanacco
quest’anno ha un nuovo formato, una nuova grafia e anche due
nuovi redattori: Lara Boninci Lopes per la Val Poschiavo e Gerry
Mottis per il Moesano. L’anno prossimo cambieremo anche la
struttura redazionale.
Vi preghiamo gentilmente di versarsi l’abbonamento di 14.–
franchi, tramite la cedola di versamento allegata. Grazie per il vostro
contributo e per la fedeltà che avete nei nostri confronti; sono di
incitamento al nostro lavoro.
Buona lettura e auguri vivissimi di ogni bene.
La Redazione
Per l’Alto Sursette e la Bregaglia: Renata Giovanoli-Semadeni, 7603 Vicosoprano
Per il Moesano: Gerry Mottis, 6558 Lostallo
Per la Val Poschiavo: Lara Boninchi Lopes, 7742 Poschiavo
Per la Parte generale: Remo Tosio, 7742 Poschiavo
Editore: Pro Grigioni Italiano, Martinsplatz 8, 7000 Coira
Grafica: Erik Dettwiler, Zurigo - Stampa: Tipografia Menghini SA, Poschiavo
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
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PARTE GENERALE
2 Gerry Mottis – È Natale (poesia)
9 *** – Le nostre autorità nel 2011
10 *** – Organi centrali
della Pro Grigioni Italiano
12 Remo Tosio – Spira un vento nuovo
alla redazione dell’Almanacco
48 Giancarlo Sala – Anni di lettere
50 Gerry Mottis – Un amore (poesia)
51 PASSATEMPO E PASSAPAROLA
a cura di Gerry Mottis
54 Remo Tosio – Bhutan e Nepal
due stati asiatici di contrastanti culture
70 Andrea Paganini – Poesia
14 Remo Tosio – Rodolfo Plozza: un politico
genuino, restio ai trionfalismi
16 Remo Tosio – Elezioni del Governo
e del Parlamento retico
18 Raffaele Lopes – Il mondo marino
20 RUBRICA CRISTIANESIMO
Padre Marco Flecchia – «L’acqua che tenue
tra i sassi fluí»
23 Agostino Priuli – Natascia Leonardi Cortesi:
passione e resistenza nella vita e nello sport
28 COME MANGIANO I GRIGIONITALIANI
Remo Tosio – «Cocon»
32 IL 2010 NEL MONDO
Marco Tognola – La forza e l’arroganza
33 Rodolfo Fasani – Nebbia; Neve (poesie)
34 Sesta classe Sezione italiana
Scuola cantonale Grigione
La Sezione italiana in gita a Basilea
35 Paolo Gir – L’ombra perduta (poesia)
36 Remo Tosio – La Pro Grigioni Italiano
istituisce un seminario annuale dei quadri
38 LA PAGINA DEI BAMBINI
Una storia di indiani
Libera traduzione di Remo Tosio
QUI LA VALPOSCHIAVO
73 Lara Boninchi Lopes – La dignità
nella povertà (intervista)
77 Antonio Platz – La linea ferroviaria Bernina
ha festeggiato 100 anni
85 Remo Tosio – Teatro al lago
92 Gian Casper Bott – Apocalittici splendori,
suoni visionari
97 Andrea Paganini – La tua parola, uomo;
Inerzia (poesie)
98 Massimo Lardi – «Enrico’s memory day»
102 Antonio Giuliani – I primi 31 anni
non sempre gloriosi, ma eroici della
Ferrovia del Bernina
107 Ernesto Conrad – Sette anni Casa Console
109 Federica Spigarelli
Quando la pietra prende la forma dell’arte
112 Lara Boninchi Lopes – Tradizione e cultura
sulla piazza del borgo
40 Giuseppe Godenzi – Orchestra
e orchestrazioni
115 Giancarlo Zala – La coltivazione del tabacco
in Val Poschiavo
42 Massimo Lardi – Corse di Brigata
e corse di Armata II
119 Andrea Paganini – Filippo Crameri
il controllore
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Parte Generale
Indice
5
6
Lara Boninchi Lopes – Ricordato presso
il Palazzo de Bassus Mengotti
il centesimo anniversario
della Ferrovia del Bernina
125 Mario Costa – Ritorno a casa di un esule
relegato in Francia
127
Antonio Giuliani
Un discorso del Pastore Otto Carisch
in occasione dell’apertura
della nuova casa di scuola riformata,
30 novembre 1825
132 Lara Boninchi Lopes – La vecchia stazione
della posta e di transito a La Rösa
134 Giovanni Lanfranchi
Piacevoli e indimenticabili
incontri tornando da scuola
136 Adriano G.E. Zanoni-Pola
Dimora in Australia
SECONDA PARTE
166 Luca Plozza – Il castagno è parte
della nostra cultura
168 Piero Stanga – 125 anni
della Società Carabinieri
di Roveredo (1883-2008)
170 Fredy Parolini – I gropp (poesia)
171 Luciano Mantovani
Il Centro Culturale di Soazza
è oggi una realtà
174 Annamaria Pianezzi-Marcacci
Poesie di viaggio in Sicilia
179 Carlo Silvano «Il nostro futuro?
Affidiamolo ai giovani pensatori»
Intervista a Gerry Mottis
182 Fredy Parolini – Natal (poesia)
183 Romano Losa – Società cooperativa
La Cascata di Augio
142 Luigi Godenzi – Che festa!
186 Centro La Cascata – La Valle Calanca:
geografia, storia, popolazione e cultura
146 Pietro Lanfranchi-Ferrari
Le famiglie del mio bisnonno
paterno e dei suoi figli
190 Sabina Spinnler – Immagini in contrasto
a Cauco
150 Giuseppe Godenzi – Dove abitava
Paganino Gaudenzi?
193 Lulo Tognola – Evviva la toppa
152 *** – In ricordo dei nostri cari morti
192 *** – Antonio Beer, 1880-1965
194 Michela Costa
Un’alimentazione equilibrata
Come nutrirsi correttamente?
196 Michela Costa – Alimentazione e sport
La dieta dello sportivo
QUI IL MOESANO
199 Lino Succetti – Come valorizzare
il prodotto caprino in Mesolcina e Calanca?
157 Gerry Mottis – Saluto del nuovo
redattore moesano
200 Emilia Tonolla – Sport, movimento e salute
158 Lino Succetti – Ottima riuscita per
l’assemblea cantonale dei
cacciatori a patente
160 Lino Succetti – Il volume «Amor di caccia»
edito in occasione della
96a assemblea cantonale
161 Clemens A Marca – Casa mia (poesia)
162 Dante Peduzzi – Storie di relazioni umane
e di contrabbando
216 Ivan A Marca – «Calend de marz»
219 *** – La scuola vista dagli allievi
che terminano l’obbligo…
223 Lucio Fieni – Inaugurazione del Centro
giovanile del Moesano
226 David Dey – «Skatepower Crew:
Only For You!»
229 Paolo Ciocco – Guinness dei Primati per le
«Voci del Grigioni Italiano»
232 Mileva Albertini – Fumetto,
animazione e video:
l’evoluzione di una sognatrice
235 Lino Succetti – Alpeggi del Moesano
sotto la lente di alpFUTUR
236 Patrick Mottis – Progetto di arginatura
del riale di San Giorgio a Lostallo
238 Giuseppe Russomanno – Una giornata
veramente speciale
240 Giacomo Pellandini – Il postiglione
del San Bernardino e «la Parigina»
un’insolita storia di famiglia
242 Patrick Mottis – Moesa Volley:
promozione e risultati importanti
una stagione da incorniciare!
244 *** – Mini-indagine:
«Cosa faresti, se vincessi
35 milioni di franchi al lotto?»
261 Reto Walther – Come nacquero
i comuni della Bregaglia?
262 Reto Walther – Documento storico
264
Rosita Fasciati-Vincenti
Il 22 maggio 2010
ha avuto luogo l’inaugurazione della
BIBLIOTECASTASEGNA
265 Renata Giovanoli-Semadeni – «Al boi»
poesia
266 Antonella Castelli
Anche i bambini svizzeri
sono nati per leggere
270 Walter Coretti – Essere o apparire?
273 Remo Maurizio – L’erica arborea
274 Giampaolo Palmieri – Un vampiro si aggira
per gli alveari
277 Giorgio Derungs – «Al mül dal Pasini»
280 Gianin Gianotti – «Attività püblica»
284 Ilda Rezzoli – Cognomi e soprannomi
di Soglio e dintorni
285 Ursina Negrini-Ganzoni
Continua il diario di Andrea Ganzoni
288 Marco Giacometti – Facciamo insieme
il Centro Giacometti
248 Rodolfo Fasani – L’albero della vita (poesia)
292
249 *** – In ricordo dei nostri cari morti
Renata Giovanoli-Semadeni
Dario Cologna si è allenato
a Maloggia prima di partire
per i Giochi olimpici di Vancouver
293 Elda Simonett-Giovanoli – «Stralci di vita»
205 Lino Succetti – Su e giù
nelle Valli Mesolcina e Calanca
209 Una ricerca degli allievi di
3a classe PLTI di Roveredo
Leggende Moesane
258 Renata Giovanoli-Semadeni
Curiosità in archivio
247 Nicole Peduzzi – Beni Cleto Albertini:
albergatore, collezionista e viaggiatore
204 Gerry Mottis – Una poesia da bruciare
Racconto breve
206 Devis Bruni – Il nuovo edificio scolastico
di Grono, modernità e funzionalità a
favore dell’insegnamento
257 Arno Giovanoli – Un fatto veramente
accaduto
294 Piero Del Bondio – Il ranocchio
QUI LA BREGAGLIA
295 Marcello Negrini – Così arrivò la motosega
in Bregaglia
297 Verena Wazzau – A Mario (poesia)
253 Club Alpino Svizzero: Sezione Bregaglia
50 anni Capanna Sasc Furä
298 *** – «Al cant dal cük»
poesia in romancio di Bivio
256 Nicola Roganti – «Al Cascinott»
299 *** – In ricordo dei nostri cari morti
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Parte Generale
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7
8
CALENDARIO
300 Paolo Gir – Foto (poesia)
301 *** – Autorità religiose
cattoliche e riformate 2011
302 *** – Anno 2011
303 *** – Elenco delle fiere di bestiame per
l’anno 2011 nel Cantone dei Grigioni
304 *** – I mesi dell’anno
329 *** – Calendario lunare-zodiacale
dell’ortofrutticoltura e altro
TAVOLE FUORI TESTO
dopo pagina 32
*** – «La Ferrovia nel Grigionitaliano
Tra visoni, storie e realtà»
dopo pagina 96
*** – L’adorazione dell’Agnello,
la liturgia celeste
e i preliminari del Gran Giorno
dopo pagina 192
*** – Quadro di Emilio Cerroti
dopo pagina 272
Walter Coretti – Soglio con l’arcobaleno
fotografia
Le nostre autorità nel 2011
CONFEDERAZIONE
CANTONE
CONSIGLIO FEDERALE
GOVERNO
Presidente
Micheline Calmy-Rey, 1945, PS (2003)
Dipartimento degli affari esteri, DFAE
Presidente
Martin Schmid, 1969, PLD (2003)
Dipartimento delle finanze e dei comuni
Vicepresidente1
Eveline Widmer, 1956, PBD (2008)
Dipartimento delle finanze, DFF
Vicepresidente
Barbara Janom-Steiner, 1963, PBD (2008)
Dipartimento giustizia, sicurezza e sanità
Consiglieri
Doris Leuthard, 1963, PDC (2006)
Dipartimento dell’ambiente, trasporti,
energia e comunicazioni, DATEC
Consiglieri
Hansjörg Trachsel, 1948, PBD (2005)
Dipartimento dell’economia pubblica e socialità
1
Ueli Maurer, 1950, UDC (2009)
Dipartimento della difesa, protezione della
popolazione e dello sport, DDPS
Didier Burkhalter, 1960, PLD (2009)
Dipartimento dell’interno, DFI
Simonetta Sommaruga, 1960, PS (2010)
Dipartimento di giustizia e polizia, DFGP
Johann Schneider-Ammann, 1952, PLD (2010)
Dipartimento dell’economia, DFE
Cancelliere della Confederazione1
Corina Casanova, 1956, PDC (2008)
Vicecancellieri della Confederazione1
Oswald Sigg, 1944, PS (2005)
Thomas Helbling, 1962, PLD (2008)
CONSIGLIO NAZIONALE
Sep Cathomas, Breil, 1945, PDC
Brigitta Gadient, Coira, 1960, PBD
Andrea Hämmerle, Pratval, 1946, PS
Hansjörg Hassler, Donath, 1953, PBD
Caviezel Tarzisius, Davos, 1954, PLD
CONSIGLIO DEGLI STATI
Christoffel Brändli, Igis, 1943, UDC
Theo Maissen, Sevgein, 1944, PPD
1 È solo una previsione:
le elezioni avvengono nella Sessione di dicembre
Mario Cavigelli, 1965, PDC (2010)
Dipartimento costruzioni, trasporti e foreste
Martin Jäger, 1953, PS (2010)
Dipartimento educazione, cultura e protezione
dell’ambiente
Cancelliere di Stato
dr. Claudio Riesen, 1953 (1991)
GRAN CONSIGLIO
Bregaglia: Maurizio Michael, Castasegna, IND
Supplente: G.A. Scartazzini, Promontogno, IND
Brusio:
Rodolfo Plozza, Brusio, PDC †
Supplente: Dario Monigatti, Brusio, PS
Calanca: Paolo Papa, Rossa, IND
Supplente: Philip Lauber, Buseno, PDC
Mesocco:
Supplenti:
Mirco Rosa, Lostallo, PLD
Rodolfo Fasani, Mesocco, PDC
Sacha Bricalli, Soazza, PBD
Carlo Pedrini, Soazza, PS
Poschiavo:
Supplenti:
Karl Heiz, Poschiavo, PLD
A. Della Vedova, S Carlo, PDC
Sandro Cortesi, Poschiavo, PDC
Franco Vassella, Li Curt, P’vo Viva
Roveredo:
Supplenti:
Martino Righetti, Cama, PDC
Cristiano Pedrini, Roveredo, PBD
N. Noi-Togni, San Vittore, IND
Stefano Curti, Roveredo, PLD
Roberto Somaini, Roveredo, UDC
Antonio Spadini, Verdabbio, PDC
Coira:
Ilario Bondolfi, Coira, PDC
Luca Tenchio, Coira, PDC
Livio Zanetti, Igis, PDC
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Parte Generale
Indice
9
Commissioni permanenti
Parte Generale
Parte Generale
Organi centrali
della Pro Grigioni Italiano
Commissione collana letteraria
(Settore pubblicazioni e media)
Prof. Dr. Renato Martinoni, presidente
Tibisay Andreetta Rampa
Dorotea Donth-Franciolli
Rodolfo Fasani
Paolo Parachini
Dr. Giancarlo Sala
Livio Zanolari
10
Consiglio direttivo
Presidente della Pgi:
Vicepresidente:
Consiglieri:
Dr. Sacha Zala
Agostino Priuli, capo Settore promozione artistica
Dr. Mathias Picenoni, capo Settore istruzione e lingua
Arch. Albina Cereghetti, capo Settore ricerche
Tibisay Andreetta Rampa, capo Settore pubblicazioni e media
Consiglio delle Sezioni
Berna:
Romandia:
Bregaglia:
Coira:
Davos:
Lugano:
Moesano:
Sopraceneri:
Valposchiavo:
Zurigo:
Dr. Renzo Pedrussio, presidente
Paola Gianoli Tuena, vicepresidente
Bruna Ruinelli
Dr. Fernando Iseppi
Rezio Vivalda
Carla Guidicelli-Biondini
Aixa Andreetta
Piero Casella
Franco Milani
Giorgio Lardi
Sede centrale e Centri regionali
Segretario generale:
Giuseppe Falbo
Operatrice culturale e
Cr Coira:
Alessandra Spagnolo Mantovani
Operatori culturali
dei Centri regionali
Cr Bregaglia:
Cr Moesano:
Cr Valposchiavo:
Romana Walther
Tessa Rosa
Arianna Nussio
11
Commissione ricerche
(Settore ricerche)
Prof. Dr. Michele Luminati, presidente
Dr. Gian Casper Bott
Arch. Albina Cereghetti
Marco Marcacci
Prof. Dieter Schürch
PD Dr. Mauro Tonolla
Dr. Stefano Vassere
Commissione istruzione
(Settore istruzione e lingua)
Dr. Mathias Picenoni, presidente
Luigi Menghini
Maurizio Michael
Dante Peduzzi
Moreno Raselli
Silva Semadeni
Vincenzo Todisco
Commissione radiotelevisiva
(Settore pubblicazione e media)
Raffaella Adobati Bondolfi, presidente
Tibisay Andreetta Rampa
Giovanna Giuliani
Fabrizio Keller
Maurizio Michel
Gianpiero Raveglia
Paola Müller Storni
Commissione promozione artistica
(Settore promozione artistica)
Agostino Priuli, presidente
Raffaella Adobati Bondolfi
Fabrizio Fazioli
Marco Franciolli
Riccardo Lurati
Ramona Plozza Martinez Barrobes
Armando Ruinelli
Commissione Centri regionali
Dr. Sacha Zala, presidente
Aixa Andreetta
Dr. Fernando Iseppi
Franco Milani
Dr. Renzo Pedrussio
Agostino Priuli
Bruna Ruinelli
Commissione di revisione
Arno Lanfranchi
Elena Pizzetti
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
12
Lara Boninchi Lopes
Remo Tosio
Dopo quattordici
edizioni lascia
Antonio Tognola e
dopo tre Marcello
De Monti. Vengono
sostituiti da due
giovani speranze:
Lara Bonichi Lopes
e Gerry Mottis.
Per volontà della
Pro Grigioni
Italiano quest’anno
l’Almanacco è
diventato più piccolo
e ha cambiato faccia
grafica. L’anno
prossimo cambierà
anche la disposizione
redazionale.
«Mi vedo costretto a dare le dimissioni dal
mio compito di redattore». Così scrive Antonio Tognola, redattore del Moesano, il 3
gennaio 2010. I motivi delle forzate dimissioni sono di carattere familiare. Antonio
ha iniziato a curare «Qui il Moesano» con
l’edizione del 1997, lasciando una indelebile
traccia. Ha operato con dedizione e passione, contribuendo all’arricchimento redazionale della nostra popolare rivista annuale,
edita dalla Pro Grigioni Italiano. Al caro Antonio vada tutta la nostra riconoscenza per il
suo prezioso operato.
«Comunico che sono costretto a rinunciare all’attività di redattore per motivi professionali e di formazione». Così giustifica le
dimissioni Marcello De Monti nella sua lettera del 25 novembre 2009. A causa del suo
grande impegno nel campo sociale ha dovuto
lasciare la redazione di Qui la Val Poschiavo.
Marcello ne ha curato le ultime tre edizioni.
A lui vada un sentito grazie per il suo impegno.
A sostituire gli uscenti arrivano due giovani pimpanti e volenterosi redattori, che
hanno portato un vento nuovo al vecchio
Almanacco. Infatti, ladies first, per la parte
poschiavina è subentrata Lara Boninchi Lopes, classe 1971, di Poschiavo. Da un po’ di
tempo collabora con il settimanale Il Grigio­
ni Italiano. Nasce a Poschiavo e in tenera età
si trasferisce ad Edolo (Brescia), paese natale
del padre. Frequenta qui le elementari, dopodiché ritorna in Valle per gli anni di scuola
secondaria. Ottiene il diploma di educatrice
della scuola dell’infanzia alla Magistrale di
Coira e per diciassette anni insegna in diverse scuole della Valle. Lo sviluppo educativo e
cognitivo dei bambini, correlato agli aspetti
didattici e pedagogici dell’insegnamento, occupano la sua vita per molti anni. Nel 2001
collabora per la stesura degli obbiettivi dei
campi d’apprendimento del Programma Qua­
dro Insegnamento per le scuole dell’infanzia
del Cantone. Nel 2007 partecipa e collabora come rappresentante del proprio ciclo al
Progetto Promozione Linguistica Orale per
le scuole di Poschiavo. Lara è sposata e madre di due figli in età scolastica. La Nostra
ha già partecipato alla redazione dell’Almanacco con alcuni contributi ne La pagina dei
bambini.
A curare la parte moesana arriva Gerry Mottis, classe 1975, di Lostallo. Personaggio noto nel Grigioni italiano per la sua
vena poetica e letteraria, non da ultimo per
la sua attività di docente di italiano presso
Parte Generale
Parte Generale
Spira un vento nuovo alla
redazione dell’Almanacco
13
le Scuole Secondarie di Roveredo. Ha studiato letteratura all’Università di Friburgo. La
sua prima opera poetica, Sentieri umani, esce
nel 2000, mentre la seconda, «Un destino
una nostalgia», vede la luce nel 2003 con la
prefazione del redattore dei Quaderni grigionitaliani, prof. Jean-Jacques Marchand. Nel
2005 fonda a Lostallo la compagnia teatrale
Siparios, della quale è regista e sceneggiatore. Nel 2006 pubblica Il boia e l’arcobaleno,
la sua prima raccolta di racconti. Nel 2007
esce alle stampe la commedia Deus Ex, andata in scena per la prima volta il 16 giugno 2007. Nel 2008 pubblica la sua seconda
commedia: All’inizio (… e alla fine) c’era il
Verbo, andata in scena per la prima volta il
25 ottobre 2008. Ha un proprio sito internet
‹www.gmottis.ch›.
Unitamente alle due giovani leve, l’Almanacco può contare sulla continuità redazionale di Qui la Bregaglia con Renata
Giovanoli-Semadeni di Vicosoprano, attiva
con passione e dedizione già dall’edizione
2003. Dal 1997 la Parte generale è curata
dall’autore dell’articolo.
Gerry Mottis
Speriamo che ai nostri fedeli lettori piacciano le innovazioni della presente edizione;
è cambiato il formato, da 170 x 240 mm
a 171 x 228 mm, ed è cambiata la forma grafica, più moderna e con un nuovo carattere,
che tuttavia assomiglia a quello di prima.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
14
evitare che le nostre strade diventino delle
assi di transito per il traffico pesante internazionale fra nord e sud, che attraversa la
Svizzera senza di fatto apportare vantaggi
economici oltre all’esiguo tributo della tassa
sul traffico pesante». Pur non avendolo ufficialmente citato, quando ha parlato della
morfologia alludeva ovviamente al problema
invernale del Passo del Bernina, per il quale
ha più volte e in varie occasioni lottato con
vivacità e convinzione.
Il Nostro è stato anche uno strenuo difensore dell’italianità grigionese, specialmente
in Gran Consiglio. Ma anche fuori dall’area
parlamentare ostentava con orgoglio la propria entità grigionitaliana. Durante le assemblee del TCS, che avvengono in vari paesi di
tutto il Cantone, ricordo come Rodolfo improntava il suo discorso bilingue dedicando
sempre uno spazio all’italianità, difendendo
dignitosamente le sue origini linguistiche.
Remo Tosio
Servizio fotografico a cura dell’autore
Mercoledì 7 luglio
2010 mi è arrivata
improvvisamente
una mazzata in
testa: è deceduto
Rodolfo Plozza per
infarto cardiaco.
La notizia ha
lasciato tutti
sgomenti. Brusio,
la Val Poschiavo,
il Grigionitaliano,
il Governo e
il Parlamento
cantonale sentiranno
la mancanza di
un uomo politico
genuino e affabile.
Parlare di politica
con lui era un
divertimento perché
sapeva ascoltare e
rispondere senza
giri di parole. Mi
sono più volte
meravigliato
allorquando mi
chiedeva un parere
su un argomento
politico, oppure
una valutazione sul
discorso che aveva
appena pronunciato.
Faceva così perché
mi riteneva un
amico sincero.
Rodolfo era fatto così, premuroso e schietto.
Sapeva dire le cose, anche quelle più dure,
usando un linguaggio semplice, senza fronzoli e trionfalismi, andando dritto all’osso;
presentava i suoi argomenti senza eccitazione. La politica, la vita sociale e l’amicizia per
lui erano sullo stesso piano. L’ultima volta
che siamo stati insieme – più tardi ci siamo
visti in incontri politici locali – è stato in occasione dell’Assemblea dei delegati del TCS
Grigioni, 29 maggio 2010 a Müstair. Alla
presenza della consigliera di Stato Barbara
Janom Steiner, in rappresentanza del Governo, Rodolfo ha fatto sentire la propria
voce, sia da presidente TCS ma in particolar
modo da parlamentare, in merito alle rivendicazioni stradali: «La morfologia stessa del
Cantone dei Grigioni, costellato da impervie
barriere naturali che specialmente in inverno
rischiano di diventare insormontabili, costi-
Concludo citando succintamente l’attività
politica di Rodolfo Plozza, nato a Brusio il 9
aprile 1950:
1976-1993 Consigliere comunale a Brusio
1979-1981 Giudice principale del Tribunale
di Circolo di Brusio
1994-2002 Presidente comunale Brusio
1994-2010 Deputato in Gran Consiglio
1995-2000 Membro della Commissione di
gestione del Gran Consiglio
1997-2010 Presidente del TCS Grigioni e
1999-2000
2000-2001
2001-2002
2001-2008
membro del Consiglio di am‑
ministrazione a livello elvetico
Presidente del Tribunale del
Distretto Bernina
Vicepresidente del Gran
Consiglio
Presidente di Stato Grigioni
Presidente della Regione
Valle di Poschiavo.
Müstair 29 maggio 2010: Rodolfo Plozza durante il suo
discorso di apertura dell’Assemblea dei delegati del TCS
Grigioni
tuisce la base del diritto di ogni cittadino di
potersi spostare liberamente in automobile
sul territorio del proprio Cantone in ogni
momento e con ogni tempo. A maggior ragione il traffico veicolare deve rappresentare
una garanzia primaria per gli abitanti delle
molteplici regioni non adeguatamente servite
dalla ferrovia. Secondo il mio parere occorre
incentivare il miglioramento della rete viaria
nell’ottica del traffico commerciale e privato
grigionese e intercantonale, prendendo però
nel contempo tutte le misure possibili onde
Parte Generale
Parte Generale
Rodolfo Plozza: un politico
genuino, restio ai trionfalismi
Müstair 29 maggio 2010: la consigliera di Stato Barbara Janom Steiner ha presenziato
all’Assemblea del TCS, in rappresentanza del Governo. Era pure presente, non ufficialmente ma quale amica, alle onoranze funebri di Rodolfo Plozza
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
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16
Remo Tosio
Il 13 giugno 2010
– secondo scrutinio
il 4 luglio – vi sono
state le elezioni
del Governo e del
Parlamento del
Cantone dei Grigioni
per la quadriennale
legislatura 20112014. Mai come in
questa elezione la
corsa al Governo è
stata affollata; per
cinque seggi erano
in competizione
ben dieci
candidati. Anche
in alcuni Circoli del
Grigionitaliano la
campagna elettorale
per il Gran Consiglio
era piuttosto accesa.
Con 38 seggi la
nuova legislatura
parlamentare è
dominata dal PLD,
mentre in quella
precedente era
in testa il PDC
con 35 seggi.
PVL (verdi liberali), Christian Brosi IND e
Jürg Kappeler PVL. La campagna del PDC
è stata impostata sulla prospettiva di riavere il secondo seggio; operazione non riuscita.
Interessane è stata la lotta fra centristi dell’UDC e i scissionisti del PBD. Il candidato
UDC Heinz Brand non è riuscito a scalzare uno dei due PBD, ambedue rieletti. Pure
rieletto Martin Schmid. I due nuovi entranti
sono: Mario Cavigelli PDC e Martin Jäger
PS. Questi i risultati delle elezioni governative (maggioranza assoluta 15’682):
Eletti:
Schmid Martin PLD
Janom Steiner Barbara PBD
Trachsel Hansjörg PBD
Cavigelli Mario PDC
Jäger Martin PS
Per quanto riguarda i dipartimenti non vi sono stati cambiamenti;
politicamente i due nuovi arrivati hanno assunto il dipartimento degli
uscenti. A partire dal 2011 il Governo Grigioni è quindi così composto
(fra parentesi “in carica dal”):
Parte Generale
Parte Generale
Elezioni del Governo
e del Parlamento retico
17
Voti:
25’720
24’623
20’530
19’800
16’034
1
2
Non eletti:
Cahannes Renggli Barla PDC 14’276
Brand Heinz UDC
13’070
Gasser Josias PVL
8’530
Brosi Christian IND
7’748
Kappeler Jürg PVL
4’195
Singoli
2’284
La lotta elettorale 2010 dei consiglieri di
Stato è stata particolarmente tesa, ma anche
democraticamente pregiata perché il popolo
sovrano aveva la possibilità di scegliere fra
dieci candidati per cinque seggi; le «minestre» erano tante per cui non è stato necessario «saltare dalla finestra» (o mangia sta
minestra o salta dalla finestra). Un evento
che credo non abbia precedenze in questa
straordinaria varietà di candidati.
Con la legislatura 2007-2010 i consiglieri
di Stato Stefan Engler PDC e Claudio Lardi
PS, ambedue in carica dal 1999, hanno raggiunto il massimo consentito e non potevano
più essere rieletti. Gli altri tre, Martin Schmid PLD, Hansjörg Trachsel PBD (Borghese) e Barbara Janom-Steiner PBD, si sono
ricandidati. Con loro c’erano: Martin Jäger PS, Heinz Brand UDC, Mario Cavigelli
PDC, Barla Cahannes PDC, Josias F. Gasser
Parlamento (Gran Consiglio)
In alcuni circoli del Grigionitaliano vi è stata qualche lotta elettorale, mentre in altri regnava tranquillità, mancando candidati oltre
i seggi in dotazione.
Bregaglia: Luca Giovanoli del PBD rinuncia alla rielezione. Al suo posto è stato eletto
l’unico candidato, Maurizio Michael IND.
Brusio: rieletto l’unico candidato Rodolfo
Plozza PDC. Purtroppo mentre stavo scrivendo queste righe (7 luglio 2010) è giunta
la trista notizia della sua morte.
Calanca: in questo Circolo vi è stata una
campagna elettorale piuttosto movimentata.
Per un seggio c’erano due candidati: Roberta Cattaneo UDC (233) e Paolo Papa IND
(228), che al primo scrutinio non hanno raggiunto la maggioranza assoluta. Nel secondo
turno l’ha spuntata Paolo Papa con un van-
4
taggio di 33 voti sulla Cattaneo. In Parlamento l’indipendente Papa ha dichiarato di
aderire alla frazione del PBD.
Mesocco: Andrea Toschini PLD rinuncia
alla rielezione. Tre i candidati in competizione per due seggi: l’uscente Rodolfo Fasani
PDC, Mirco Rosa PLD e Piergiorgio Paggi
IND. Eletti: Mirco Rosa PLD e Rodolfo Fasani PDC.
Poschiavo: Tino Zanetti PDC rinuncia alla
rielezione. Campagna particolarmente animata perché erano quattro i candidati per
due seggi: Alessandro Della Vedova PDC,
5
3
1 Martin Schmid, 1969, PLD
(2003) - Dipartimento delle finanze
e dei comuni;
2 Hansjörg Trachsel, 1948, PBD
(2005) - Dipartimento dell’economia
pubblica e socialità;
3 Barbara Janom-Steiner, 1963,
PBD (2008) - Dipartimento giustizia,
sicurezza e sanità;
4 Mario Cavigelli, 1965, PDC
(2010) - Dipartimento costruzioni,
trasporti e foreste;
5 Martin Jäger, 1953, PS (2010),
Dipartimento educazione, cultura e
protezione dell’ambiente.
Karl Heiz PLD, Livio Mengotti IND e Bruno
Raselli P’vo Viva. Karl Heiz eletto a grande
maggioranza. Lotta serrata invece fra Mengotti e Della Vedova; l’ha spuntata quest’ultimo per soli dieci voti.
Roveredo: rieletti i tre candidati uscenti: Martino Righetti PDC, Cristiano Pedrini
PBD e Nicoletta Noi-Togni IND.
In Gran Consiglio la ripartizione dei seggi
si presenta così: PLD 38 (+5), PDC 33 (-2),
PBD 26 (+26 - partito creato durante la legislatura precedente), UDC 4 (-28), PS 12 (-2),
PVL 2 (+2), IND 5 (0).
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Il mondo marino
18
Da quando mi
occupo della parte
generale, è la
prima volta che
ricevo un articolo
da un ragazzo.
Infatti Raffaele ha
tredici anni. Ho
già avuto modo di
constatare più volte,
e con piacere, che le
ragazze e i ragazzi
grigionitaliani
leggono
attentamente il
nostro Almanacco,
il che è confortante.
Raffaele ha visitato
l’acquario più grande
d’Europa, situato in
periferia della città di
Lisbona (Portogallo),
dove si può
ammirare un buffo
e gigantesco pesce
chiamato «luna».
Lento nei movimenti
sembra si muova
a rallentatore, con
occhio serio guarda
lo spettatore. Non si
cura nemmeno dello
squalo bianco che
con disinvoltura lo
supera minaccioso
nelle enormi vasche
di quell’acquario.
N.d.R.
In diverse parti della terra c’è un’immensa
distesa d’acqua, sembra infinita ed è diffusa ovunque. È una vera risorsa per l’uomo
e per tutti i suoi abitanti. Due terzi di questo mondo è tutta acqua e per la nostra vita
è indispensabile, ma anche la vita dei pesci
dipende da essa. Nel mondo acquatico esistono moltissime specie di pesci e di alghe,
alcuni grandissimi e altri minuscoli, in parte
velenosi e altri innocui. Questo ambiente è
vastissimo, gigante e infinito, i pesci vengono
messi in mostra nei più grandi acquari marini delle città.
Un pesce che secondo me è molto interessante è il pesce luna: è molto strano e abbastanza grande, ha due pinne poste sopra
e sotto il suo corpo e si muove lentamente,
questo gli causa dei guai. I pescatori che si
spingono al largo per pescare i tonni lasciano
cadere le reti in mare e il pesce luna, essendo
molto lento, si impiglia involontariamente
nella trappola.
Purtroppo questa specie è in estinzione,
così come alcune varietà di alghe. Quest’ul-
Parte Generale
Parte Generale
Raffaele Lopes
19
L’acquario di Lisbona è un padiglione progettato per
fare scoprire e conoscere ai visitatori il mondo marino.
Inaugurato nel 1998 come ultima parte dell’esposizione
mondiale “Expo 1998” e legato al tema: “Gli oceani, un
patrimonio per il futuro” ospita 8‘000 animali e piante
di 500 differenti specie, la struttura è costruita direttamente sul Rio Tejo
time servono per la produzione di shampoo
e vengono utilizzate per prodotti alimentari.
Anche loro rischiano l’estinzione. A questo
punto bisognerebbe chiedersi come salvare il
pesce luna e queste alghe. Nel caso del pesce
luna si dovrebbe fare più attenzione quando
si pesca, oppure installare delle telecamere
sui pescherecci e collegarle agli strumenti di
bordo. Le alghe invece, secondo me, finiranno quasi per estinguersi e così verranno messe sotto protezione. I prodotti fatti con alghe
verranno proibiti sul mercato.
Comunque nel corso degli anni ogni specie subirà un’evoluzione: guardando i pesci
comparsi per primi sulla terra e quelli attuali
ci si rende conto delle mutazioni che hanno
subito. Questi animali hanno dovuto adattarsi all’ambiente, al clima e allo stile di vita
dell’uomo. Per la sopravvivenza del mondo
marino è necessario un equilibrio delle condizioni di vita delle diverse specie, spesso però
questi fragili equilibri vengono messi in crisi
dal comportamento umano. Perciò il nostro
agire deve cambiare per migliorare non solo
A destra il pesce luna e sopra i noti pescherecci dotati di enormi reti che intrappolano tutto ciò che trovano.
Disegno dell’autore
queste due specie, ma anche le nostre condizioni di vita e quelle del mondo intero.
Le alghe non hanno radici ed è facile prenderle, inoltre animali come la lontra mangiano i crostacei che si nascondono nelle alghe:
senza quest’ultime i crostacei non ci sarebbero e le lontre non avrebbero cibo. Questo
è solo un esempio dell’equilibrio che c’è nel
mondo marino, purtroppo tutto (o quasi) dipende dall’uomo e gli altri abitanti di questo pianeta non ne possono proprio niente.
L’uomo è anche capace di distruggere l’intera
catena alimentare grazie alle sue scoperte che
a prima vista sembrano geniali, ma non sempre è così… Mi auguro solo che queste alghe
e il pesce luna vengano salvati per sempre!
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
«L’acqua che tenue
tra i sassi fluí»
Padre Marco Flecchia*
20
Il titolo mi è suggerito dalle ultime parole
d’una breve poesia di Giosuè Carducci, scritta il 27 agosto 1895 a Madesimo, la nota località alpina dove il grande poeta trascorreva
volentieri le proprie vacanze estive. A scuola,
nell’epoca in cui frequentavo le elementari e
le medie – si era nei decenni ’50 e ’60 – era
in vigore il rito del lunedì mattina: la recita
della poesia imparata a memoria durante la
domenica. Era infatti consuetudine di quasi
tutti i maestri dettare o far copiare dalla lavagna ogni settimana una poesia da studiare
a memoria.
Il sabato mattina – a quei tempi rigorosamente scolastico e lavorativo – si scriveva sul
quaderno la poesia prescelta, corredata magari da un disegno raffigurante qualcosa suggerito dal testo. Questo serviva al Maestro
per assegnare sulla pagella anche la nota di
disegno. La fine della settimana – che non si
chiamava week-end, dato che la lingua italiana era ritenuta una cosa seria – era poi
dedicato a leggere e rileggere e mandare a
memoria i versi scritti a scuola e spiegati accuratamente dall’insegnante.
Non ho mai smesso di pensare che lo studio a memoria fosse un abile esercizio per allenare la mente ad imparare. Non solo. I versi
che risuonano nella mente, e vi permangono
*Parroco di Soazza
in maniera stabile, contribuivano a formare
ed a mantenere vitale quel sottofondo culturale che rimaneva per tutta la vita, anche in
coloro che, per varie vicissitudini, una volta
terminate le scuole dell’obbligo, non avrebbero mai più preso in mano libri e quaderni,
e neppure penna o matita, se non per eseguire qualche piccolo calcolo relativo all’economia domestica. A distanza di anni e decenni
le poesie si sono frammentate, mescolate tra
i diversi ricordi, magari non sono più intere,
da potersi recitare senza sbagli o lacune dal
titolo fino all’ultima parola. Ma rimangono
versi sparsi, parole che pure non si cancellano, espressioni pregnanti che non vanno più
via, nonostante il tempo che trascorre, anni
e decenni che non tolgono quell’atmosfera
creata da chi sapeva ben maneggiare la lingua: veri maestri – o maestre – del sapere.
Questi ricordi letterari, pur se a volte incompleti o frammentari, soggiacenti ad ogni
pensiero, anche negli animi più lontani dalle cose di carta e di penna, contribuiscono a
mantenere nella gente quel tocco di finezza
che è uno dei punti di differenza tra la nobiltà
d’un animo umano sensibile ed un brutale essere incivile. Le cronache della nostra epoca ci
hanno abituato – anche per il piacere inglorioso di certi mezzi di comunicazione – a conoscere le crudeltà e le sofferenze di tanta gente
e di tanti popoli. Un tocco di poesia, fatta non
solo di parole, ma soprattutto dei sentimenti profondi che stanno dietro quelle parole, è
una speranza per un futuro migliore.
Nel tempo che passa, segnato da una nuova edizione dell’amico Almanacco, vedo
tanti motivi di delusione, ma desidero pure
scovare qualcosa di buono e positivo, in questo 2011 che sta per arrivare.
Giosuè Carducci scrisse il brevissimo Mez­
zogiorno Alpino sul finire d’agosto di 115
anni fa, nel 1895, ed il suo sguardo sul maestoso scenario alpino mi dà spunto ed occasione per meditare, in maniera poetica, il
tempo che passa. Quando scrivo in manie­
ra poetica, non intendo assolutamente riferirmi ad un modo languido o sdolcinato di
considerare il mondo, proprio della filastroc-
ca. Non intendo uscire dal mondo. Anzi. La
vera poesia è proprio il modo eccellente per
vedere e capire la vita, con i suoi sentimenti
reali, i crucci e le pause rilassanti. La poesia vera è l’aiuto a prendere coscienza sempre meglio di chi o di che cosa noi siamo, e
ad agire di conseguenza. Poesia come aiuto
e sostegno alla vita, questo io intendo. Poesia che sa esprimere e render vivo ogni tratto
dell’intimità, comprese quelle pieghe nascoste che non sono note neppure a noi stessi,
data la nostra difficoltà a trovare le parole
giuste per dirle in maniera chiara
Con gli occhi – della mente – del poeta mi
guardo attorno oggi, per osservare il paesaggio alpino, tema della poesia. È mezzogiorno, l’ora della quiete maestosa, mentre il sole
riempie di sé il cielo limpido. Lo sfondo delle
rocce e del ghiacciaio candido conferisce alla
scena un sentimento di forza per così dire
immutabile, perenne, in collegamento con
ciò che rimane saldo e non vola via. Un punto dell’aspro sentiero nel quale si trova solido appoggio, sul quale posare con sicurezza
il piede, sicuri di non scivolare. Un quadro di
pace e nello steso tempo un quadro di forza
della natura, che passa agevolmente dall’immagine esteriore fino all’interno della mente e del cuore. Mentre il tempo breve della
vacanza se ne va, il poeta rimane estasiato
davanti al bianco della neve ed all’intenso
colore del cielo: gli pare veramente che il
tempo si sia fermato. Tutto è bello, per quegli istanti, attorno a lui e, di conseguenza,
anche dentro di lui. Nessuno sembra poter
scalfire una tale atmosfera di perfezione, suggerita da uno scenario incantevole, che afferra lo spirito umano e lo tiene fermo, sospeso
sopra i burroni delle cose cattive e scivolose.
Ogni cosa sembra, per incanto, lontana,
e si ricrea quell’atmosfera così diversa da
tutto ciò che le vacanze dovrebbero aiutare
a dimenticare, o almeno a mettere da parte,
nell’attesa di nuovi impegni futuri, da affrontare con animo sereno. Buoni propositi e promesse sembrano facilitati da questa
maestà sopra di noi, infinita ed inattaccabile
dagli acidi della meschinità umana. Il senti-
mento fluisce calmo e docile: dall’intruglio
della mente stanca vola fino alle alte vette,
dove trova conforto. Rileggiamo ancora una
volta la breve poesia, aiutati dalla nostra vicinanza fisica a quei luoghi che l’hanno suggerita alla sensibilità del poeta:
Mezzogiorno Alpino
Nel gran cerchio de l’alpi, su ’I granito
Squallido e scialbo, su’ ghiacciai candenti,
Regna sereno intenso ed infinito
Nel suo grande silenzio il mezzodí.
Pini ed abeti senza aura di venti
Si drizzano nel sol che gli penètra,
Sola garrisce in picciol suon di cetra
L’acqua che tenue tra i sassi fluí.
È uno di quei testi che, nella loro brevità,
pure si presta ad essere scavato in profondità, per ricavarne molte ricchezze e spunti
di meditazione, adatti alla vita di oggi come
a quella di cento anni fa, come alla vita di
sempre. È come una miniera inesauribile,
dato che il poeta è stato capace di accostare,
le une alle altre, le giuste parole che, prese
nel loro insieme, costituiscono un quadro vivente, pulsante come la natura alpestre, fatta
di silenzi eloquenti più di migliaia di parole.
Rileggiamo con attenzione questi versi,
adatti al tempo estivo che trascorre veloce,
ma nello stesso tempo adatte a tutte le stagioni. Da un lato è bello ricordare il tempo passato sui monti, anche sotto la gelida
coltre invernale. Da un altro lato il pensiero
dello scenario alpino porta a meditare la vita
stessa, nel suo trascorrere veloce tra passato
e futuro. La scena, il ricordo di una bellissima visione diventano simbolo della immensa
vita del Creato.
Il tempo presente è proprio dato da quell’attimo di meditazione estatica dinanzi al
sole di mezzogiorno, che penetra gli alberi ed
ogni esistenza. Ma l’ultima riga, quella che
ho scelto come titolo del mio piccolo scritto,
riporta ad un pensiero reale da non dimenticare mai. Quello del tempo che passa e se ne
và. In quel fluì è contenuta tutta la struggente nostalgia per ciò che è trascorso inesora-
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Parte Generale
RUBRICA
CRISTIANESIMO
21
impongono e ti caricano sulle spalle. Il pesante fardello che ti comprimeva trova sfogo
nell’immensità di un panorama che assorbe
ogni cosa. Così immagino il trascorrere dei
mesi e degli anni, stretti tra le piccole cose di
ogni giorno ma, contemporaneamente, desiderose di librarsi verso gli estremi orizzonti.
Questo è il lato spirituale dell’esistenza, che
cammina oltre sé stessa. Come il breve poema non rimane appiccicato al foglio di carta
sul quale è scritto, così la mente umana che
pensa e riflette non può e non deve rimanere
incollata ai pochi giorni segnati dal breve calendario della vita.
Di Giosuè Carducci si è appropriato, per
un certo tempo, il fondamentalismo laico che
lo voleva attrarre in un’orbita estranea allo
spirito, ma basterebbe meditare a fondo un
piccolo componimento poetico come quello che sto commentando, per accorgersi che
non è possibile contenere negli angusti limiti del materialismo una visione grande come
quella della maestosità dei monti descritti.
Non riesco ad immaginare il poeta che scrive
senza un minimo di sensibilità. Egli non ha
scritto solamente con l’inchiostro, ma anche
e soprattutto con il cuore. E un cuore che diventa grande non può essere lontano dallo
Spirito. Quando lo scacci dalla porta, esso
rientra per la finestra. E non è forse un caso
strano, quello di Carducci, il poeta «ateo»
che lascia la propria firma autografa scritta
nel coro della chiesa di San Pietro, a Perugia?
Non era un deturpatore di pareti come gli attuali autori di certi graffiti che vediamo abbellire o abbruttire certi angoli delle nostre
città. Era un uomo che, a suo modo, cercava Dio. Proprio come tutti noi. Cerchiamo
per tutta la vita qualcosa di grande ed indistruttibile. Così è per tutti, ogni giorno, ogni
anno che passa.
Parte Generale
Parte Generale
22
bilmente. Come il tenue rigagnolo d’acqua,
ogni cosa è passata, pure in un rumore tenue,
quasi impercettibile, e non siamo stati capaci
di trattenerla. La macchina del tempo non è
ancora stata costruita, se non in certi romanzi o in certe pellicole cinematografiche.
In quel fluì è contenuto l’intero messaggio
del poeta, che per un momento si è fermato, incantato dal grandioso scenario alpino,
e poi si è riavuto, si è dato un piccolo ma
necessario scossone, e si è accorto che nulla rimane fermo, estatico, in questo mondo.
Anche se si tenta di spaccare l’orologio o di
bruciare i fogli del calendario, non per questo il tempo cessa di trascorrere e fluire. Eppure questo non è un pensiero tragico, ma
al contrario, un invito pressante, che ognuno
di noi può rivolgere a sé stesso, oppure rivolgerlo ai propri compagni di cordata lungo
la vita, ad andare avanti sicuri, nonostante
ogni malanno. Siamo pur sempre sostenuti
dalla grande e solenne maestà dei monti, anche se il rigagnolo ci avverte che tutto passa.
L’importante è che quel rigagnolo, unendosi
a tanti altri lungo il percorso, abbia a formare il grande fiume della solidarietà e della
compattezza umana a servizio della Vita.
Ogni poesia è una piccola finestra che si
apre su una visuale grandiosa, infinita. È
come una di quelle finestrelle minuscole scavate nei grossi muri delle nostre stalle antiche. Vi entra a malapena una fioca luce, ma
se ti metti a guardare oltre l’angusta apertura, vedi l’infinito azzurro del cielo, con le
cime dei monti possenti e immobili. Da un
minuscolo pertugio puoi rimirare l’infinito
che non immaginavi, se restavi nel chiuso di
un piccolo vano. Solo quando riesci a guardare oltre gli stretti spazi che delimitano la
tua vita quotidiana, allora puoi volare oltre
i problemi e le strettoie che le ore terrene ti
23
Natascia Leonardi Cortesi:
passione e resistenza
nella vita e nello sport
Agostino Priuli
Consultando
il sito internet
della Federazione
internazionale di
sci (FIS) si scoprono
ben 231 risultati
raggiunti in gare
ufficiali dello sci di
fondo in tutto il
mondo da parte di
Natascia Leonardi
Cortesi, dal 1991 a
oggi. Sorprendenti
sono le sue
prestazioni nello sci
di fondo in occasione
di tre Mondiali
Juniores con
medaglia di bronzo,
quattro Giochi
Olimpici pure con
medaglia di bronzo,
ben sette Campionati
del Mondo, tredici
medaglie d’oro
ai Campionati
Svizzeri e tre vittorie
nella Maratona
Engadinese.
Abbiamo quindi
voluto conoscere
da vicino le
caratteristiche
e i segreti
dell’eccellente
atleta sportiva della
Svizzera italiana,
nata nel 1971 in Val
Bedretto in Ticino
nonché sposata e
tuttora residente
in Val Poschiavo.
Come hai vissuto la tua infanzia?
Ho avuto un’infanzia molto felice, grazie
specialmente ad una famiglia piena d’armonia. I ricordi di quegli anni sono stupendi, e
le esperienze fatte allora mi hanno segnato
molto. Papà, appassionato di sport e montagna, quando sono nata ha cominciato a gareggiare con gli sci di fondo e nelle gare di
corsa a piedi. Io e mio fratello Ugo, più giovane di me di quattro anni, con papà e mamma partivamo la domenica mattina molto
presto, a tutte le ore, per andare da qualche
parte in Svizzera, a vedere, sostenere e tifare
papà che gareggiava. A gara finita, tutti insieme facevamo un picnic da qualche parte e
una visita a qualche particolarità della nostra
stupenda Nazione. Un castello, un museo,
un luogo dove si svolse una battaglia storica,
una chiesa, una cascata, e così via. Abbiamo
viaggiato molto così. Da queste esperienze
e dall’esempio che mio papà ha saputo trasmettermi, ho sviluppato una passione per lo
sport, per i viaggi, ho sviluppato una grande
curiosità per scoprire mondi e culture sconosciuti e un grande spirito di avventura.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Parte Generale
24
Com’è nato il tuo interesse per lo sci di
fondo?
La mia famiglia è sempre stata molto sportiva, anche se in modo piuttosto moderato.
Uno dei miei nonni si divertiva a praticare il
pugilato e l’altro nonno amava molto andare
in bicicletta e in montagna. La mamma era
monitrice di sci alpino e mio papà correva
a piedi, andava in bicicletta, era un ottimo
alpinista e praticava lo sci alpino e lo sci di
fondo. Sono cresciuta quindi in un ambiente
sportivo. I miei genitori, inoltre, come normale da noi, appena ho cominciato a camminare mi hanno messo sugli sci. Avevo poco
più di un anno e mezzo. Papà spesso mi portava con lui a sciare; lui si allenava e io mi
divertivo a giocare con gli sci. Non c’erano
bambini che praticavano lo sci di fondo.
Tutti praticavano lo sci alpino. Ma io mi
stufavo. Troppo poca azione, troppo tempo
perso ad aspettare la funivia. Non c’erano
altri bambini che praticavano lo sci di fondo e non sempre c’era una pista. Papà però
aveva capito quanto mi piacesse praticarlo.
Così, lui, dopo il lavoro, prendeva gli sci da
discesa e mi batteva una pista tutta a scaletta, dove io passavo tantissimo tempo da
sola dopo scuola a sciare. Adoravo passare
il mio tempo libero da sola sciando. Quante
sere papà ha trascorso così, a battermi una
pista. Una volta ho provato a battermi io
stessa una pista come faceva lui per me, così,
a scaletta, qui a Cologna… una volta finito
di battere un piccolo giretto, sono andata
a letto sfinita; allora ho capito che sacrifici
mio padre avesse fatto per me. Adoravo mio
papà. È stato un mio grande punto di riferimento per me e un grande esempio. Mi ha
trasmesso quell’entusiasmo e quella passione
per gli sport di resistenza, la montagna e la
natura. Da lui di sicuro ho ereditato anche
la mia grande forza di carattere e da tutti e
due i genitori la mia testa quadrata, ereditata
dai miei, ma anche dalla mia Valle (quelli di
Bedretto hanno come soprannome Parüsch,
che è un chiodo di legno con la testa quadrata che usavano nei tetti). Al mio ritorno da
Salt Lake City, con la medaglia in mano, la
25
La squadra della staffetta femminile che ha vinto la medaglia di bronzo a Salt Lake City nel 2002
I primi passi con gli sci di Natascia, sotto l’attenta guida
di papà Florino
cosa più bella è stata quella di guardare negli
occhi mio papà.
Descrivici la tua preparazione fisica e
mentale
Normalmente la mia stagione comincia nel
mese di maggio con un periodo di pausa. Poi
piano piano gli allenamenti ricominciano.
Prima in modo abbastanza lento, aumentando man mano che le settimane passano, ore
di allenamento e intensità. In estate mi alleno con gli sci a rotelle, la bicicletta, il rampichino, la corsa a piedi, con il kayak, vado
molto in montagna, acqua jogging (corsa nell’acqua), nuoto, palestra e di tanto in
tanto con gli sci, su qualche ghiacciaio o in
qualche tunnel dove fanno neve artificiale.
Dal mese di novembre i miei allenamenti si
svolgono quasi esclusivamente sugli sci, con
qualche corsetta a piedi e qualche lavoro di
rafforzamento muscolare. Anche se penso
che una preparazione mentale a volte serva
forse tanto quanto quella fisica, mentalmente non mi preparo in modo mirato. Ho la
fortuna di avere una grande forza innata a
livello mentale.
Cosa ti ha spinto a trasferirti a Poschiavo?
Molto semplice, anche se quando lo dico divento un po’ rossa. L’amore. Nell’aprile del
1993 c’erano i campionati Svizzeri tra la
Diavolezza e il lago Bianco. Io non gareggiavo più, dopo le Olimpiadi di Albertville nel
1992 ho avuto un grande incidente e avevo
smesso con le competizioni. Ero lì per fare
rifornimento a mio fratello Ugo che correva
con ambizioni di podio. In quel fine settimana, proprio dove io facevo rifornimento, si
trovavano due «Reto» di Cologna, che lavoravano ambedue a Coira e parlavano uno
strano dialetto… In uno dei due Reto, con
gli occhi scuri e di poche parole, mi sono innamorata. Il caso volle che sette mesi e mezzo dopo ci siamo di nuovo incontrati. Grazie
a Reto ho ripreso ad allenarmi e a gareggia-
re. Nel 1994 mi sono trasferita a Cologna in
Val Poschiavo. Reto mi ha dato e mi ha insegnato tanto. Molto di quello che ho raggiunto non sarei riuscita a farlo se non lo avessi
incontrato. E grazie anche ai miei fantastici
suoceri.
A quante gare ufficiali hai partecipato?
Nello sci di fondo, a parte tre mondiali Juniores, dove ho vinto una medaglia di bronzo, ho partecipato a quattro Giochi Olimpici
(Albertville ’92, Nagano ’98, Salt Lake City
’02, Torino’06) e sette Campionati del Mondo di sci nordico (Val di Fiemme ’91, Trond‑
heim ’97, Ramsau ’99, Lahti ’01, Val di
Fiemme ’03, Oberstdorf ’05, Sapporo ’07).
Qual è la tua gara preferita e perché?
Adoro le gare dai 15 km in su, perché bisogna combattere con proprie crisi personali.
Gli sprint, a parte il fatto che non ho le qualità da sprinter, sono così corti che non sei
nemmeno partita e già sei all’arrivo. Non mi
danno la soddisfazione o il tempo di assaporare la gara. Prima del morso del cane, che
mi ha rovinato irrimediabilmente la mano e
il braccio sinistro, non avevo preferenze tra
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
L’arrivo trionfante a Salt Lake City 2002
la tecnica classica o lo «skating» (pattinato). Ora invece, con questo handicap, lo stile
classico, se non ci sono salite dure, per me è
diventato quasi proibitivo.
Cosa consiglieresti ai giovani interessati per
lo stesso sport?
Per prima cosa praticarlo con divertimento,
iscriversi ad un club dove ti insegnano a sciare e ti sostengono.
Come dobbiamo immaginarci i tuoi primi
passi da campionessa?
Ho potuto finalmente gareggiare con gli sci
di fondo poco prima dei sei anni, con sci
molto lunghi che avevano sottili pelli di foca
sotto, perché non facevo che lamentarmi che
volevo gareggiare. Ho la competizione nel
sangue, fa parte di me. A dieci anni ho poi
cominciato negli OG, la categoria più giovane che c’era allora. Le mie prime competizioni non le vincevo. Anzi ero sempre ultima.
Probabilmente perché usavo sci non molto
idonei e i concorrenti erano più anziani di
me. Ma non mi importava molto. Mi divertivo e mi piaceva esercitarmi. E miglioravo
sempre. Quando avevo undici anni, ad un
raduno della Federazione ticinese, ho senti-
Lo sport di ieri e oggi sono la stessa cosa?
A livello maggiore in questi anni c’è stata
una grande evoluzione sia di materiale che
di piste. Da quando sono entrata a far parte
della squadra svizzera, il livello e la preparazione erano già molto professionali. Quando
ero negli juniori, gli atleti di Swiss Ski ricevevano molto di più di quello che ricevono
oggi. Prima delle Olimpiadi di Albertville io
ero circa 270 giorni all’anno in raduno o in
competizione.
Cosa ti affascina delle gare a livello
internazionale e nazionale?
Il potersi misurare con i migliori, adoro mettermi alla prova. Inoltre in tutti questi anni
ho fatto tante amicizie all’estero; grazie alle
diverse mentalità ho imparato ad essere tollerante e a pensare che noi abbiamo ottime
cose, ma anche gli altri non sono da meno.
Quali sportivi della svizzera italiana ti sono
stati da esempio?
Doris De Agostini e Michela Figini, due atlete di casa mia che hanno raggiunto risultati
Parte Generale
Parte Generale
26
to l’allenatore Ortensio Bassi che io ammiravo molto, un buonissimo fondista a livello
svizzero, dire di un’altra ragazza, Valentina,
che era molto brava e che avrebbe avuto un
grande futuro… Questa ragazza era davvero molto brava; mi ricordo bene che gelosia
provai allora e giurai a me stessa che l’inverno seguente l’avrei battuta e che sarei diventata molto più forte di lei. Ci riuscii. Poi più
il livello cresceva, più aumentavano le mie
ambizioni. Nel 1985 ero in Nazionale. Alle
prime gare internazionali per i giovani ero
già sul podio. L’ambizione cresceva, e non mi
importava impegnarmi molto per poter allenarmi anche quando da Airolo, alle 05.40,
prendevo il treno per andare a scuola a Bellinzona e ritornavo poi a casa verso le 19.00.
Papà mi aspettava con l’auto in stazione, per
portarmi ad Andermatt dove c’era una pista
di fondo e potevo allenarmi con la pila sulla
testa. Cenavo e studiavo in auto e in treno.
Quando tornavo a casa dagli allenamenti,
sfinita, me ne andavo subito a letto.
27
Una straordinaria impresa di Natascia è stata la scalata
nel 2007 del Muztagh Ata (Cina) a 7’546m, che signi‑
fica “Padre delle montagne ghiacciate“.
Qui nel bivacco al campo 1, prima di raggiungere la
vetta
impressionanti. Nello sci di fondo Ortensio
Bassi e Venanzio Maranta sono stati i miei
grandi esempi.
Un consiglio da amica.
Nello sport come nella vita ci sono alti e bassi. Momenti difficili e momenti belli. Mai e
poi mai scoraggiarsi!! Credere sempre in se
stessi.
Quali sono i punti d’incontro e le differenze
fra Grigionitaliano e Ticino?
Il grigionitaliano riceve un’influenza maggiore dalla mentalità della Svizzera tedesca, e lo
si vede in molte cose, per esempio più precisione, più ordine. I Ticinesi sono più rilassati. Ci accomunano comunque la mentalità
latina, la lingua e la cultura italiana.
Un augurio particolare.
Che tutti riescano a fare un sorriso almeno
cinque volte al giorno!!
Il piatto preferito?
Polenta e latte, «Manfriguli» alla poschiavina e per tutti i giorni pasta in bianco e naturalmente non manchi mai il caffè.
Scheda personale
Nata:
Originaria:
Cresciuta:
Domicilio:
Sposata:
Altezza:
1º maggio 1971
Ossasco, Val Bedretto
Airolo
Poschiavo
Reto Cortesi, dal 1998
163cm
Preferenze: gara 30km dei Giochi
olimpici di Salt Lake City.
Piatto:
manfriguli alla poschiavi‑
na, polenta e latte, pasta in
bianco, zabaione
Bevanda.: acqua, te, caffé
Musica:
Metal progressiv, rock, pop,
classica
Letteratura: biografie, sport, gialli
Film:
La vita è bella
Hobby: esperienze in altitudine, montagna,
viaggiare, avventura, sport di
resistenza, leggere e gatti
Maggiori risultati:
Giochi olimpici, quattro partecipazioni (Albertville ‘92, Nagano ‘98, Salt Lake City ‘02, Torino
‘06); Medaglia di bronzo nella staffetta 4 x 5km
di Salt Lake City; sette partecipazioni ai Campionati del mondo (Val di Fiemme ‘91, Trondheim
’97, Ramsau ’99, Lahti ‘01, Val di Fiemme ’03,
Oberstdorf ’05, Sapporo ’07); vittoria nella
Vertical Race dei Campionati del mondo di sci
alpinismo (Cuneo’06); 35 medaglie, di cui 13
d’oro ai Campionati svizzeri; tre vittorie alla
Maratona engadinese, 2003, 2005, 2006.
Montagna più alta raggiunta:
Muztagh Ata 7546m (Cina)
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Ingredienti
Questa ricetta non segue le norme «per quattro persone», ma per molte di più. Infatti già
che si impastano le mani conviene farlo per
un quantitativo maggiore, anche perché i Co­
con si mantengono bene per una settimana e
forse anche più. Si possono anche congelare.
In un calcolo ad occhio e croce, con questo
quantitativo di ingredienti dovreste preparare
ca. 140-150 biscotti. Volendo potete però anche dimezzare i quantitativi.
«Cocon»
Remo Tosio
Servizio fotografico a cura dell’autore
28
Secondo un ciclo
prestabilito della
rubrica «Come
mangiano i
Grigionitaliani»
(Ricette tradizionali
delle nostre Valli),
che ho istituito
personalmente
la prima volta
nell’Almanacco
1997 (Minestrone
bregagliotto alla
Elda), per la presente
edizione è la volta
della Val Poschiavo.
Ho già avuto modo di proporre alcuni tipici
manicaretti di questa Valle, dei quali ho avuto
anche il piacere di sentire critiche positive. A
dire la verità questa volta non sapevo proprio
che pesci pigliare o quale santo implorare.
Ma, come mi capita spesso, mi si è improvvisamente accesa una lampadina: perché non
chiedere un consiglio ad una persona di tipico
stampo poschiavino, avanti negli anni e quindi
ricca d’esperienze? Ho trovato quella giusta:
Clelia Lanfranchi-Crameri (classe 1932), una
madre che ha vissuto un vita intensa; ha allevato quattro figli (tre maschi e una femmina),
1 kg di farina bianca
250 gr di burro da cucina
a temperatura ambiente
2 bustine di vaniglia (a 13 gr)
2 bustine di lievito (a 16 gr)
6 uova fresche
300 gr di zucchero cristallino
1 pizzico di sale
2 cucchiai di buona grappa da vinaccia
Strutto di maiale oppure olio.
il che, e di conseguenza, ha comportato un’intesa attività culinaria, ovviamente alla buona,
di carattere nostrano e tradizionale. Proprio
la persona che fa al mio caso.
In giovane età Clelia aveva appreso la professione di sarta da donna, attività che ha
proseguito anche dopo il matrimonio. Ha tenuto a tirocinio ben sei apprendiste, oltre a
due in modo empirico. Una donna tutto d’un
pezzo, sempre disponibile a dare una mano.
Gentili lettrici e cari lettori, la ricetta di Clelia, che vi propongo, è qualcosa un po’ fuori
dell’ordinario; non si tratta di un menu per
un pranzo o una cena. Il Cocon è un biscotto semplice e rustico, non ha un bell’aspetto
ma è squisito. Si può preparare per esempio
allorquando ci sono visite e occorre offrire
qualcosa, oppure in occasione del carnevale
ecc. Immagino per esempio un incontro pomeridiano fra comari del quartiere con il tè
o il caffé accompagnati dai Cocon. Ma la
fantasia non ha limiti, tante altre occasioni
avranno successo con questo rustico biscotto
poschiavino.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Parte Generale
COME MANGIANO
I GRIGIONITALIANI
29
2) Farina, vaniglia, lievito, zucchero, uova e sale
7) Impastare energicamente su un piano di lavoro
1) Aggiungere le uova nel buco della farina
30
8) Confezionare salsicce e tagliuzzare i “Cocon”
Preparazione
Occorre un catino molto grande:
4) Aggiungere il burro tagliuzzato a pezzetti
3) Mescolare partendo dal buco
6) L’impasto deve risultare omogeneo
-
-
-
-
-
-
-
mettere la farina scavando un buco
per gli altri ingredienti
la vaniglia
il lievito attorno al buco
lo zucchero da amalgamare
leggermente alla farina
le uova
il sale
la grappa.
Mescolare il tutto partendo dal buco e facendo confluire a poco a poco la farina. Occorre
lavorare con molta attenzione, alfine di non
creare dei grumi. Quando tutti gli ingredienti
saranno unificati, aggiungere
- il burro tagliuzzato a pezzetti
dopodiché impastare il tutto con le mani,
sempre nel catino. Quando sarà omogeneo va
sistemato su un piano di lavoro, continuando
a impastare energicamente e a lungo. Deve risultare liscio e compatto. Mentre Clelia lavorava l’impasto, ho notato che lo faceva con
una certa leggerezza. Poi ho capito il perché:
in fanciullezza e adolescenza aiutava a fare il
pane in casa!
Cottura
Il mezzo ideale per la cottura è la friggitrice
con rispettivo cestello di ferro. Tuttavia si può
usare anche una normale pentola o pignatta. Il
gusto acquisisce pregio se si cuociono i Cocon
con lo strutto di maiale (potete acquistarlo
dal macellaio e cuocerlo in casa aggiungendo
degli aromi, come ha fatto Clelia), ma si può
anche usare dell’olio resistente al calore. Temperatura: ca. 180 gradi. Devono cuocere bene
e risultare di un colore brunastro scuro (un
po’ più di dorato), allora saranno friabili e si
scioglieranno in bocca. Ricordate che anche
in questa preparazione l’ingrediente principale non è materia ma bensì spirito; l’amore per
il prossimo e anche un poco di fierezza sono
di grande aiuto nella buona riuscita di questo
stravagante ma gustoso biscotto.
I Cocon vanno mangiati così, senza l’aggiunta di zucchero. Sono molto delicati, saporiti e friabili. Ottimi specialmente con il
caffelatte, ma anche con un bicchiere di vino
bianco dolce (tipo Moscato). I Cocon di amia
Clelia sono una squisitezza, una finezza, una
raffinatezza e una prelibatezza: una vera e
propria sciccheria! Provare per credere!
Devono cuocere bene e risultare di un colore
brunastro scuro
5) Impastare con le mani nel catino
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Parte Generale
Quando l’impasto è pronto, omogeneo, compatto e liscio, va separato a pezzetti, dopodiché si confezionano delle lunghe salsicce di
ca. 2 cm di spessore, tagliate in seguito a pezzi
di ca. 2,5-3 cm di lunghezza. Tagliuzzate ad
occhio; non devono essere esatti perché è un
biscotto rustico e alla buona.
31
IL 2010 NEL MONDO
Poesie
La forza e l’arroganza
Nebbia
Marco Tognola
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Un nome che sembra uno scioglilingua,
per i più insignificante e impronunciabile. Eyafiallajökull è il nome di un vulcano
islandese che, nell’anno di grazia 2010, ha –
come si suol dire – posizionato il campanile
al centro del villaggio. Dalle sue bocche di
fuoco ha infatti sparato nell’atmosfera una
quantità tale di polvere e fuliggine da mandare in «tilt» il sistema aeronautico, con
la soppressione di voli e la chiusura di aeroporti. Tutti giù per terra, a piangersi addosso, a paventare scenari catastrofici (per
i mancati guadagni, naturalmente, perché
nella nostra società tutto è monetizzato).
Ma, in verità, il vulcano islandese ha fatto
chiaramente capire una cosa molto semplice; cioè che la forza della natura prevale
sull’arroganza dell’uomo.
Purtroppo questo straordinario fenomeno naturale non farà scuola e non servirà ad
aprire gli occhi a chi è capace di ragionare,
e quindi di comportarsi, solo in termini di
guadagno e di redditività. L’uomo continuerà
quindi ad abusare della natura, a massacrarla. È puntualmente successo, già quest’anno.
Il guasto al pozzo di petrolio della BP nel
Golfo del Messico ha riversato in mare una
quantità tale di greggio da provocare uno dei
maggiori disastri ecologici di tutti i tempi.
È andato distrutto un patrimonio di inestimabile valore, primo fra tutti quello ittico.
A pagarne le conseguenze sono – anzi, saranno, perché chissà quando la situazione
si normalizzerà – le popolazioni che vivono
La piattaforma Deepwater Horizon dopo l‘esplosione
del 21 aprile 2010. Foto: U.S. Coast Guard
ai bordi di quel mare, dal quale traggono
sostentamento.
La corsa sfrenata al cosiddetto «oro nero»
non tiene conto di niente e non guarda in
faccia a nessuno. Nel nome del dio profitto
si infrangono le leggi della natura e quando
succedono i disastri si tende, se non a bagatellare, perlomeno a presentarli come un
prezzo da pagare al progresso. L’arroganza
con cui la compagnia petrolifera britannica
ha affrontato questo disastro ne è una chiara
dimostrazione. Ed è fin troppo facile prevedere che la BP farà di tutto e di più per dover
passare alla cassa – ammesso e non concesso che ci passi – nel modo finanziariamente
meno doloroso.
Pagare per chi? E per cosa? Tanto la forza
della natura è tale da riuscire sempre a favorire il processo rigenerativo. È vero. Ma l’arroganza dell’uomo ne mina le fondamenta in
continuità e con sempre maggiore insistenza.
Incurante dei segnali forti che la natura lancia. Come in questo povero mondo, nell’anno di grazia 2010.
Il paesaggio in un’atmosfera prima diafana e azzurrina
poi densa e compatta grigia biancastra.
Con moto imprevedibile da colori incerti rosa o porpora,
verde giada o argento cenere,
tu, nebbia, trasformi la montagna in un’opera di magia.
Volteggi tra picchi e dossi conservando intatta un’aura di mistero.
All’improvviso ti dissolvi svelando tutto lo splendore della montagna.
Poi ritorni quasi a voler instaurare un dialogo con la terra.
Ma ogni cosa è sola, gli alberi non si scorgono tra di loro.
Ognuno è solo, nessun essere conosce l’altro.
Tutto isoli tu, celando agli occhi gli altri,
alteri i rumori ed ovatti i suoni.
Non affrettare il tuo passo,
ch’io possa sempre seguire il tuo cammino.
Come una figura materna,
che mi riempie d’amore e protezione.
Mi lascio trasportare ascoltando i tuoi segnali,
sicuro che presto sarò nel giardino variopinto di fiori,
della nuova primavera.
Neve
Solo e perso con la neve,
guardo e leggo il messaggio del cielo.
È bianca, ed è scrittura, poesia,
che cade in forme leggere.
Danzano i fiocchi,
scendono i sogni al canto di quel magico vento.
Vorrei prenderli tutti in mano,
non perderne neanche uno,
come fiocchi di vita che mi manda Lui,
insieme ai sogni d’amore.
Fior di speranza,
sotto la neve c’è pane,
c’è l’abbondanza avvolta in un tacito manto.
E viene il tempo del gracchio nero
sulla neve bianca,
dei fanciulli dalle ali stanche.
Che spettacolo pieno di felicità,
i fiocchi che ballano, cadono sui prati,
diventano lacrime, fiumi e torrenti,
in sinfonie di note bianche.
Mi fermo per un attimo …
a riflettere sullo scorrere del tempo.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Parte Generale
di Rodolfo Fasani
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34
Sesta classe Sezione italiana
Scuola cantonale Grigione
Da alcuni anni la Sezione italiana della Scuola cantonale grigione organizza una gita nel
Grigionitaliano. Eccezionalmente nel 2009
siamo andati a visitare la città di Basilea e la
mostra di Alberto Giacometti esposta presso il museo della Fondazione Beyeler. Queste
gite – sostenute dalla Pro Grigioni Italiano
(Pgi) – hanno come scopo quello di rafforzare
lo spirito dell’italianità alla Scuola cantonale,
conoscere la cultura e la storia di luoghi, monumenti, edifici e personaggi che hanno a che
fare con il Grigionitaliano e instaurare rapporti di amicizia tra gli italofoni.
Dopo quasi tre ore di viaggio siamo finalmente arrivati a Basilea. Ad aspettarci c’era
la nostra guida, Peter Lüscher, ex rettore del
liceo della città. Il signor Lüscher ci ha fornito dei dati generali aiutandosi con cartelloni,
spiegandoci la particolare situazione geografica di Basilea situata al confine tra Svizzera,
Germania e Francia. In seguito ci ha parlato
del suo aspetto economico e culturale, ricordando l’industria farmaceutica e l’importanza storica della città. Nonostante conti solo
170’000 abitanti, Basilea ha avuto una grande importanza a livello europeo; essa sorge
infatti sulla riva del Reno, via commerciale
per i paesi nordici e unico porto per la Svizzera. È pure un importante centro culturale con circa venti musei, tra cui quello della
Fondazione Beyeler che ha allestito la mostra
di Giacometti.
Con una cartina attuale e una storica della
vecchia città, Lüscher ci ha illustrato la sua
evoluzione nelle varie epoche. In seguito abbiamo fatto una piccola passeggiata con la
nostra guida che ci ha mostrato alcuni palazzi
e monumenti interessanti, come per esempio
Das Blaue Haus, sede in stile neoclassico della famiglia Sarasin, che a fine Settecento diede
un contributo determinante all’industrializ-
zazione della città, lavorando nell’ambito artigianale e avviando l’industria farmaceutica
e bancaria. I Sarasin sono stati tra l’altro i finanziatori delle Forze Motrici Brusio e sono
tuttora importanti azionisti della Repower.
Dopo un’oretta per la pausa pranzo, ci
siamo ritrovati e siamo partiti per il museo
dove era allestita la mostra di Alberto Giacometti. Qui siamo stati divisi in due gruppi: i primi hanno dapprima visitato la mostra
permanente del museo mentre gli altri hanno iniziato la visita guidata attraverso l’ala
d’esposizione completamente dedicata all’artista bregagliotto. Dopo mezz’ora il primo
gruppo ha seguito la guida e il secondo ha
potuto visitare la mostra permanente.
La mostra dedicata a Giacometti (19011966), uno dei più importanti e influenti artisti dell’arte moderna, proponeva uno
spaccato inedito delle sue opere più rappresentative. Attraverso le sue sculture espressive, i suoi misteriosi dipinti e i suoi disegni
poetici è riuscito a creare immagini umane
impressionanti. Giacometti si considera parte
di un mondo in cui i membri della sua famiglia e gli amici più intimi costituiscono i suoi
principali punti di riferimento.
Questa esposizione tematizza la percezione delle figure nello spazio e dei corpi in
movimento, centro dell’interesse dell’artista.
Si presentano più di cento opere significative che ripropongono i diversi periodi creativi
della sua carriera. Le opere, che appartengono alla sua famiglia come pure a prestigiose
collezioni di tutto il mondo, sono completate da singoli lavori di Giovanni, del fratello
Diego e di Augusto Giacometti. La mostra è
nata con la collaborazione della Fondazione
Alberto Giacometti Zurigo e della Fondazione Alberto e Annette Giacometti Parigi.
In generale l’esposizione è piaciuta, le informazioni sono state ricche e le opere interessanti. Ci sono stati comunque alcuni
scettici che non hanno apprezzato pienamente le opere, considerando la visita guidata
troppo didattica perché ne forniva già un’interpretazione. Essi sostenevano che sarebbe
stato meglio andarci da soli e interpretare i
lavori soggettivamente e senza influsso di
esperti.
Un’opera esposta alla Fondazione
Beyeler: Alberto Giacometti,
“autoritratto”, 1921.
Invece di dipingere un’altra persona,
come negli altri quadri, Alberto
ritrae sé stesso guardandosi allo
specchio. Alberto mostra una
grande sicurezza nel dipingersi, ha
un’espressione fiera e concentrata
sul viso, si dimostra una persona
conscia del proprio talento. Alberto
è seduto su una sedia, ma sembra
poggi gran parte del peso sul
ginocchio destro, sul quale tiene
in bilico la tavolozza dei colori. In
realtà Giacometti dipinge con la
mano destra, anche se nel quadro
sembra mancino, perchè è riflesso
nello specchio. Porta un completo
scuro, un abbigliamento non proprio
adeguato per dipingere un quadro.
I colori sono molto vivi, molto chiari,
sembra lavori in locale arioso e
pieno di luce, magari il suo atelier.
Si nota una cosa inusuale, sembra
quasi che il quadro sia troppo
piccolo, che la figura non stia nei
bordi della cornice, che sia tagliata.
Poesia
L’ombra perduta
Cammini sola
con la tua ombra accanto.
Libera la spalla
d’un peso
caduto nel sole;
bislungo.
A casa ti avvedi
d’un peso perduto.
Inutile cercare,
la borsetta sorprese non ha;
domani comminerai
con la tua ombra,
compagna di sempre.
(L’ombra perduta è l’identità
che alle volte perdiamo)
Paolo Gir, agosto 2010
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Parte Generale
La Sezione italiana in gita
a Basilea
35
Parte Generale
Parte Generale
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37
La Pro Grigioni Italiano
istituisce un seminario
annuale dei quadri
Remo Tosio
Servizio fotografico a cura dell’autore
Il primo seminario
dedicato alla
programmazione a
medio termine della
Pgi, ha avuto luogo
alla Villa Garbald
di Castasegna,
nei giorni 24 e
25 aprile 2010.
Da una ventina
di partecipanti
sono scaturite in
quell’occasione
preziose indicazioni
sui temi che
riguardano l’attività
degli anni 2011 e
2012. Il prossimo
forum si svolgerà
a Poschiavo, nei
giorni 30 aprile e
1º maggio 2011.
Villa Garbald, Castasegna
Lo scopo del seminario (o forum) è quello
di dare un’identificazione alle manifestazioni
annuali della Pgi, che dovrebbero avere carattere allettante, alfine di invogliare la gente grigionitaliana a parteciparvi. Fra le altre
cose è stato per esempio sottolineato che
l’attività della Pgi deve essere concepita in
modo popolare e gioioso, alfine di coinvolgere maggiormente tutto il pubblico.
Il primo incontro in Bregaglia è stato un
successo; sono emerse indicazioni e preziosi
spunti di importanza strategica per il gruppo
delle operatrici culturali, incaricato di sviluppare questi suggerimenti in definite proposte
per le future manifestazioni. Il seminario
ha generato un calderone di ingredienti che
contribuiranno a offrire un succulente menu
culturale. Infatti, come si sa, da cosa na­
sce cosa. Ma se manca la cosa non ci sono
nascite; un gioco di parole per sottolineare
l’importanza di questo forum. Considerato
il successo di Castasegna è stato deciso che
il seminario dei quadri Pgi avrà scadenza annuale.
Il luogo scelto, la Villa Garbald a Castasegna, era invitante dal lato culturale; infatti
Seminario dei Quadri PGI a Castasegna, da sinistra: Bruna Ruinelli, Fernando Iseppi, Romana Walther, Arianna
Nussio, Giuseppe Falbo, Tessa C. Rosa, Luigi Menghini, Stefano Fogliada, Remo Tosio, Renzo Pedrussio, Sacha Zala,
Franco Milani, Andrea Tognina, Alessandra S. Mantovani, Albina Cereghetti, Fabio Zanetti (nella foto manca Renata
Giovanoli, che ha presenziato sabato pomeriggio)
quella Fondazione si propone di mantenere
e promuovere la cultura della gente di Bre­
gaglia. Gli ultimi due discendenti della
prestigiosa famiglia Garbald, Andrea e Margherita, hanno istituito una Fondazione in
memoria dei loro genitori, che avevano fatto costruire la villa nel 1863. Lo scopo della
Fondazione Garbald è quello di istituire un
centro culturale di arte, scienza e artigianato. Dopo la morte dell’ultimo discendente,
avvenuta nel 1958, l’amministrazione passò
alla Società culturale Bregaglia. Il concetto
in relazione all’utilizzazione del futuro cen­
tro di ricerca, comunicazione e cultura implicava pure il discorso del risanamento
e dell’ampliamento di tutto il complesso.
L’ambizioso progetto fu realizzato grazie al
sostegno del Cantone dei Grigioni, della Regione Bregaglia e del Comune, con la partecipazione del Politecnico federale di Zurigo.
Quest’ultimo dal 2004 e l’Università di Zurigo dal 2008, utilizzano il complesso quale
Denklabor (laboratorio del pensiero) per seminari, convegni e simili.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
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Una storia di indiani
Ciao bambine
e bambini. In
questa edizione
dell’Almanacco
voglio proporvi un
curioso racconto,
nato dalla fantasia
dell’allora ragazza
Edith Gartmann di
Safien, pubblicata
in tedesco nel 1996
su Notte svizzera
del racconto - Storie
dai Grigioni II. L’ho
tradotta liberamente
in italiano sperando
che affascini anche
voi, come è stato per
me. Devo confessare
che le storie di
indiani mi sono
sempre piaciute
perché hanno quel
nonsoché di mistero,
di qualcosa che si
vede ma non si vede.
Gli indiani, intendo
quelli americani,
non avevano delle
case di mattoni
o di legno come
noi, ma avevano
una tenda che si
chiamava tepee.
È a forma conica,
fatta con pelli o
corteccia di betulla,
impermeabile e
resistente. Gli indiani
d’America vivevano
a diretto contatto
con la natura. N.d.R.
Jean, una bambina indiana dai capelli lunghi, aiuta la mamma a cucinare il pranzo;
oggi c’è carne di cervo arrosto. Il papà di
Jean è capo delle tribù dei Sioux. Si chiama
Cochsine. Jean è la più bella ragazza di tutte le tribù dello Wyoming, Colorado, Nebraska e Kansas. Il papà è molto fiero della
figlia. Jean ha due fratelli; Janko e Navaro.
Il cavallo di Jean si chiama Saskia, sul quale
cavalca tutti i pomeriggi. Con gli amici Nadirra e Siekios, un giorno decidono di andare a trovare una ragazza di un’altra tribù.
Ma a questa ragazza non piace stare nell’accampamento indiano con i suoi, perciò abita
in una comoda grotta appena fuori. Durante
la cavalcata Nadirra chiede a Jean: «Come
si chiama veramente la ragazza che andiamo
a trovare?». «Nah-lin» rispose Jean. Dopo
circa quattro ore raggiungono la grotta di
Nah-lin. Era già tardi e la notte vicina. Nahlin prepara delle coperte e ben presto si addormentano tutti.
Si svegliano di buon mattino. Mangiano
un boccone e decidono di intraprendere una
scampagnata. Preparano i cavalli e partono.
Dopo un po’ Nah-lin grida «In questo posto
c’é la Caverna di nessuno». «Cosa?» sbraita Nadirra terribilmente spaventata. Siekios
è invece tranquillo e dice «ma stai zitta!».
«Vogliamo entrare?», chiese Jean. Decidono
che Siekios e Nah-lin vanno nella caverna,
mentre gli altri aspettano fuori. È sembrata un’eternità fino all’uscita dalla caverna
dei due esploratori. «Allora, cosa avete visto?», chiede Jean. «Dovete entrarci senz’altro, non potete mancare», rispondono i due.
«OK», dice Nadirra e si incamminano verso la caverna. È grande e buia. Non si tratta veramente di una caverna vera e propria,
ma piuttosto di un passaggio, un corridoio.
«Strano che in questo luogo non vi siano dei
ragni», constata Nadirra. Ad un tratto si trovano a un bivio. «Da quale parte dobbiamo
andare?». Decidono che Jean e Siekios vanno a destra, mentre Nah-lin e Nadirra a sinistra. Dopo un po’ che cavalcavano Nadirra
grida «Lì davanti c’è una luce!». Un po’ per
gioia, un po’ per paura, tant’è che a Nah-lin
gli palpita il cuore dall’emozione. All’uscita
vedono un bosco e un paese con capanne a
testa di moro; pure mori sono anche gli abitanti. Sono un po’ indecise se andare giù in
paese o meno. Ad un tratto tre mori salgono il pendio. Nadirra sta per scappare, ma
Nah-lin la trattiene. «Buona sera signori
mori», dice. «Se tu ci chiami mori, noi diciamo a te buona sera ragazza bruciata dal
sole». Parlano ancora per un po’ e in fine i
Mingos, così si chiamano i mori, invitano le
due ragazze a passare la notte nel loro paese.
In una capanna a testa di moro una signora
dà loro sciroppo e Mohrenköpfe, le famose
meringhe al cioccolato con panna montata.
Parte Generale
Parte Generale
LA PAGINA
DEI BAMBINI
39
Poi le sistema in un comodo letto di piume,
dove si addormentano subito.
Tutt’altra storia capita a Jean e Siekios.
Dopo due ore di cammino nella caverna sono
stanchi. Preparano la coperta e si addormentano su un pavimento di sassi. Allorquando
si svegliano sentono il rumore di qualcuno che si avvicina. Prendono cavalli e tutto
quello che hanno e si nascondono in una
grande nicchia. Vicino al loro nascondiglio
passa un vecchia signora su di un asino. La
vecchia si ferma davanti ad un’altra nicchia,
allunga la mano in una fessura e prende in
mano qualcosa che sembra una chiave. Poi
se ne và. «La seguo», disse Siekios avviandosi senza il suo cavallo, il quale dopo un
po’ incomincia a scalpitare e sembra voglia
scappare. «Buono Capuccino», così si chiama, ma in quel mentre arriva Siekios; ecco
perché il suo cavallo fremeva. «Ho capito,
ho capito!», dice Siekios e fa le stesse cose
che aveva fatto la vecchia: allunga la mano
nella nicchia, prende la chiave e con Jean ca-
valcano per cinque minuti, raggiungono la
fine del corridoio-caverna dove inseriscono
la chiave, la parete rocciosa si apre e vanno
avanti. Dopo una cavalcata di altri quindici minuti raggiungono l’uscita. Arrivano ad
un paese dove ci sono soltanto case nere. La
vecchia, che avevano visto passare su di un
asino, li invita a pranzo. Subito dopo vogliono rimettersi in cammino, ma la vecchia
dice loro che c’è anche un altro passaggio
della caverna che porta all’uscita. Cavalcano
fino al bivio dove avevano lasciato Nadirra
e Nah-lin, che erano lì ad aspettarli. Tutta
la comitiva a cavallo si avvia all’uscita della caverna e si accampa nella grotta di Nahlin. Potete immaginare, cari bambini, quante
cose interessanti hanno da raccontarsi l’un
l’altro, fino a quando sopraggiunge il sonno;
si rannicchiano sotto le coperte e dormono
profondamente, sognando chissà quale altra
avventura.
Libera traduzione di Remo Tosio
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Giuseppe Godenzi
40
L’orchestrina intonò un tango, perché si
potesse meglio smaltire la cena. Infatti le
coppie, più che ballare un tango, si appoggiavano le une sulle altre, sussurrandosi parole sentimentali e sconnesse, quando non si
trattasse di uomini appesi letteralmente al
collo delle signore, le quali si mantenevano
un po’ più lucide. Dopo il tango, che venne
ripetuto due volte per permettere un più ampio respiro alle stanche coppie, le note annunciarono una marcia, poi una mazurca,
poi un valzer e in seguito un twist, insomma
ce n’era per tutti i gusti ed ognuno si sfogava
a modo suo, correndo, alzando i piedi fino al
ginocchio, aprendo rubinetti finti, indicando
direzioni come i vigili urbani. Non c’è nulla
di più interessante che un serata di danza per
scoprire il carattere delle persone: dalle vivaci che sono pronte a tutto alle taciturne che
discutono di filosofia, quando non si fermano ai pettegolezzi.
Hai visto, disse Maria ad Ines, la capigliatura della terza signora a sinistra dello
sposo? Sembra una megera, è mai possibile
venire ad una festa così conciata? E il signore
all’angolo destro, laggiù, che ci guarda continuamente; ho ballato una volta il valzer con
lui, non fa altro che sussurrare alle orecchie
delle litanie libertine, fa degli inviti scortesi,
è volgare. E ho ballato anche col vecchietto
dai baffi alla Vittorio Emmanuele: altro che
le tentazioni della casta Susanna o di Sant’Antonio! Ti tiene stretta che è uno schifo e
ha un alito così sgradevole... Hai ballato tu?,
chiese Maria ad Ines. Sì, due volte sole, la
prima con Ludovico, che ora sta danzando
con la rossa e la seconda volta con Simone.
Questi mi ha detto di riservargli il prossimo
valzer. È gentile e cortese, un gentiluomo a
prima vista.
Venne il valzer e Simone invitò Ines; un
lungo valzer che permise ai due di scambiarsi le proprie opinioni sulla cena e sulla vita.
Cosa fai nella vita?, le chiese. Vivo con mia
mamma, gli rispose; mio papà morì quando
io ero ancora bambina; appena lo conobbi;
sono figlia unica e abito quasi alla periferia
del paese, dove c’è un giardinetto inglese. Ah,
la casa dalle persiane color ocra? c’è anche
una magnolia all’angolo sinistro, verso sud.
Sì, è proprio quella, non è molto grande, ma
per noi due ci basta ampiamente. È una bella
casa, ci passo spesso, anche se io abito al centro del paese, vicino alla casa parrocchiale e
alla chiesa. Siamo una famiglia di tre figli e
nessuna femmina, io ho ventisei anni e sono
il più anziano, poi vengono Carlo di ventidue
e Gianni di diciannove anni. La nostra casa,
che lei avrà già visto, ha due piani, perché
ogni figlio ha la sua stanza o studio. Poi abbiamo anche due domestiche, per i lavori di
pulizia e di cucina. Mi farebbe piacere se una
volta venissi a trovarci. Così potremmo continuare la discussione e parlare di tante cose,
visto che anche lei è sola. Le andrebbe bene
il giovedì sera della prossima settimana? Le
dò il numero di telefono per farmelo sapere e venga anche con sua mamma. Ci farà
piacere. Sa, noi abbiamo tante visite, conosciamo molta gente. Il parroco è un assiduo
frequentatore. Ora, però, se non le dispiace,
sono già le due e me ne devo andare, perché
domani è un altro giorno di lavoro e domani
sera siamo invitati da un parente, che organizza una festa di famiglia. È stato un vero
piacere l’averla incontrata, signorina.
Scusi, il suo nome di famiglia, a parte
Ines? Il mio, come avrà visto sul biglietto di
visita col numero di telefono, è Dumas. E
non pensi che sia in parentela con lo scrittore, ma siamo di origine francese. Il mio nome
di famiglia è... Senta, se non le dispiace, me
lo dirà la settimana prossima. Posso darle
del tu, chiamarla semplicemente Ines, se permette. Senz’altro, anzi... E tu chiamami pure
Simone. Ebbene Simone, grazie per la serata, per il ballo e ti telefonerò lunedì sera alle
sette, per dirti se mia mamma può venire. Va
bene... ciao.
L’emozione la fece arrossire e frettolosa si
rimise a sedere. Attraverso la camicetta bianca a pizzo si sentivano i battiti del cuore. Anche Maria aveva terminato il ballo con un
giovanotto, questa volta più simpatico, che
l’aveva lasciata in pace, senza quel sussurrio
alle orecchie, quelle solite frasi convenevoli
di complimenti interessati. Maria e Ines si
congedarono dall’assemblea alle due e mezza. I rimasti, erano ancora più di cento, continuarono il divertimento fino alle quattro
del mattino.
Prima di partire, le due assistettero ancora
ad un gioco divertente. Come per il primo,
quello della carta igienica e delle mummie,
così anche per questo si scelsero tre donne e
quindici signori. Tra i quindici uomini c’erano anche i tre mariti delle signore. Il gioco
consisteva in questo, che le tre signore, con
gli occhi bendati, palpando le gambe e i piedi
nudi degli uomini, dovevano trovare i propri mariti, esame non tra i più facili. Due
li trovarono in fretta, perché le gambe erano talmente pelose e uno inoltre aveva una
cicatrice a sinistra del ginocchio destro, per
cui non fu cosa difficile. E tutti ridevano a
crepapelle nel vedere le signore palpare attentamente e minuziosamente le caviglie, gli
alluci, le ginocchia, cercando magari di far
solletico per meglio scoprire il proprio marito. Solo una non indovinò, esitava tra tre
individui, tra cui non c’era il proprio marito,
il che fece incuriosire ancor di più i presenti.
Come, non riconosce suo marito? disse qualche signora. E dire che è ancora giovane. Si
vede che cosa fa tutto il giorno, l’ho sempre
pensato io che andava a destra e a sinistra e
che conosce meglio gli altri uomini del proprio marito. Roba dell’altro mondo! L’avevo
detto io! Ma la signora, acclamata dagli altri
maschi, riprese ad esaminare i tredici rimasti e lo trovò, anche se con difficoltà, con la
grande delusione delle signore che l’avevano
criticata poco prima.
Terminata la festa, ognuno riprese il cammino di casa sua. Ludovico si permise una
luna di miele di due settimane nella lontana
Antigua. Elisa era andata all’agenzia, si era
fatta spiegare i luoghi dove ci si potesse divertire e dove ci fosse molto sole; insomma
voleva un paradiso terrestre. Il giovanotto
non esitò: Antigua, dove le spiagge di sabbia bianca sono immense. dove l’ombra delle
palme ti carezza i capelli, il mare di smeraldo e le delizie della cucina ti fanno sogna-
re. Scelsero l’hotel Blue Beach, un albergo di
lusso, in luogo tranquillo con grandi camere
e un casinò. Le sedie a sdraio, gli ombrelloni e gli accappatoi gratis. Nell’albergo c’era
di tutto: boutiques, bar, ristoranti e il mare
si trovava a pochi metri. Ogni sera musica
e ballo, giochi al casinò. Si doveva però calcolare che Elisa avrebbe dovuto comprare
dei vestiti per fare mostra delle sue attitudini
estetiche.
Elisa, ad esempio, voleva quattro costumi
da bagno. Due li aveva già: il primo si adattava benissimo alla spiaggia esotica; era un
due pezzi ornato di grandi fiori di ibisco,
rossi, rosa con le foglie verdi; lo slip era rosso sul davanti, rosa e rosso dietro e verde ai
fianchi, mentre il reggiseno era molto contrastante, una parte tutta rossa e l’altra interamente verde. L’altro era turchino e nero, a
forma di pesce o se si vuole, a triangolo, una
forma molto speciale e rara, forse per indicare l’uguale distanza tra un seno e l’altro o per
meglio mettere in evidenza le forme del corpo; sopra, dello stesso colore e disegno, una
camicetta che si poteva indossare per prendere le bibite al bar, e gli occhiali dello stesso colore. Ne comprerò altri due: uno con le
rose, seducente: lo slip piccolissimo, che nascondeva il minimo necessario, e altrettanto
piccolo il reggiseno. L’altro un po’ retro, un
pezzo unico nero, che era di moda e di cui
si parlava molto nei «déplients», per presentarsi come la star per eccellenza e dal «look
sexy»; insomma un pezzo unico che copriva
perfettamente tutta la parte anteriore e lasciava quasi interamente libera l’altra parte
della luna. Semplice sul davanti, provocante
sulla valle a ponente. Sul davanti, tra i seni,
una magnifica rosa rossa scarlatta contrastava col nero. E dai costumi da bagno si passò ai vestiti da sera, eleganti, cinque lunghi
e scollati e quattro corti e «in». I primi per
banchetti e le serate al casinò, gli altri per le
cenette con gli amici.
Le giornate passarono veloci per Elisa, che
sarebbe rimasta ancora più a lungo, se avesse avuto qualche vestito in più; più lente per
Ludovico, ma belle ugualmente, perché era
fiero della sua bandiera, che poteva presentare, ma che si presentava bene anche da sola.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Orchestra e orchestrazioni
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Massimo Lardi
Erano gli anni cinquanta del secolo scorso e
in Valle c’era un fervore sportivo incomparabile. Nella III/93 la partecipazione alle corse
di Brigata e di Armata era diventata una tradizione, un punto di onore. Finita l’era del
capitano Loris Mascioni era iniziata quella
del capitano Sergio Zala, tutt’altro che intenzionato a sfigurare.
«Il ricordo della guerra cominciava a sbiadirsi, l’idea di essere pronti a difendere la
patria passava in secondo piano» mi dice
l’amico Mario Giuliani, allora sergente. «Per
contro non era diminuita la voglia di eccellere in campo sportivo e cresceva il desiderio
e il bisogno di evasione. Eravamo contadini,
legati alle fatiche della terra e alla cura del
bestiame sette giorni alla settimana; gli operai lavoravano anche il sabato. Poterci sganciare dal lavoro per un paio di giorni a spese
della Confederazione ci sembrava una cuccagna».
La pattuglia del Sergente Mario Giuliani,
classe 1930, fu seconda alla Staffetta del Gesero organizzata dal Circolo Ufficiali del Ticino nella primavera del 1954, seconda alla
corsa di Brigata a Bonaduz nel settembre
dello stesso anno; prima a quella di Brigata
di Reichenau, nonché tredicesima alla corsa
di Armata nei boschi di Thun nell’autunno
del 1956. I militi aderivano all’insegna dell’improvvisazione, erano allenati in modo
approssimativo, tant’è vero che persino essi
si meravigliavano dei loro successi. Per loro
l’allenamento era prendere parte, e per lo più
vincere, alla Staffetta combinata di Poschiavo
e a Quer durch Celerina. «Non da ultimo per
Primi a “Quer durch Celerina” 1954: da sinistra, Renato
Vecellio, Claudio Beti, Mario e Albino Giuliani. Ettore
Lanfranchi con il trofeo
Parte Generale
Parte Generale
Corse di Brigata
e corse di Armata II
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Secondi alla Staffetta del Gesero, primavera 1954: da sinistra, Arturo Vassella, Claudio Beti, Mario Giuliani, Albino
Giuliani, Giacomo Lardelli, Giovanni Vassella, Luigi Menghini
merito di Ettore Lanfranchi, l’indimenticabile
fondatore e tuttofare della leggendaria USPE»
ricorda Mario con senso di riconoscenza e
una punta di nostalgia.
All’insegna dell’improvvisazione dunque.
Quando ebbe luogo la famosa corsa del Gesero sopra Bellinzona era quasi primavera e
incominciavano i lavori di campagna. Tempo
da perdere non ce n’era e i nostri militi non
dubitarono un istante di potersi recare in Ticino via Valtellina-Lago di Como-Gandria,
come in occasione del gran congedo della
scuola reclute. Sette erano le tappe, quindi
altrettanti i partecipanti che dovevano presentarsi in divisa militare con scarponi, fucile
e baionetta. Il sergente Giuliani spedì i fucili in una cassa per strada ferrata via Zurigo.
Tutto in regola. Ma le divise? Nascosero le
giacche e le baionette nel bagagliaio del pulmino della ditta Christian Kasper, guidato da
Roberto Triacca, e si presentarono alla dogana di Piattamala solo in camicia e pantaloni, tutti rigorosamente in grigioverde. Ciò
non sfuggì alla guardia di servizio, il signor
Burkhardt. Gridando al pericolo di far scoppiare un caso diplomatico tra la Svizzera e
l’Italia, ordinò alla comitiva di tornare indietro, ma i baldi giovani si rifiutarono argomentando che dovevano essere a Bellinzona
entro quattro ore di tempo e che per passare
dalla Svizzera ce ne voleva il doppio. Allora Burkhardt dichiarò che, in base al regolamento di servizio, era obbligato a sporgere
denuncia alle dogane a Berna. Che facesse
pure il suo dovere, gli risposero i militi della
III/93, e partirono imperterriti alla volta della caserma di Bellinzona. Ci arrivarono senza avere la minima noia né per strada né alla
dogana di Gandria.
Nella vecchia e polverosa caserma presero in consegna la divisa da lavoro, e ricuperarono i loro fucili. Cenarono, passarono
la notte. La mattina seguente di buon’ora
furono autotrasportati al luogo di partenza
delle relative tappe. Come il vento Claudio
Beti lasciò dietro di sé i quattro chilometri da
Bellinzona ad Arbedo. Raccolse il testimone
Albino Giuliani, che salì come una furia ai
Monti di Co, la tappa più dura; meglio di lui
fece solo la guardia di confine Antonio Bulloni. Indi il sergente maggiore Arturo Vassella raggiunse con gli sci e le pelli l’alpe di
Gesero. Giacomo Lardelli continuò la corsa
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Secondi alla corsa di Brigata a Bonaduz nel 1954: da sinistra, Mario Giuliani, Claudio Beti, il capitano Sergio Zala,
Giovanni Vassella, Albino Giuliani
con gli sci di fondo sul vasto altopiano. Fu
poi la volta di Giovanni Vassella, che a rotta
di collo si precipitò giù nella Val Morobbia
guadagnando preziosissimi minuti. Passò il
testimone a Luigi Menghini, che partì a razzo con la bicicletta. Per strada sbrigò egregiamente il compito del tiro a segno e raggiunse
la caserma di Giubiasco, dove lo attendeva
il sergente Giuliani, gongolante perché i suoi
commilitoni avevano superato un numero
impressionante di pattuglie concorrenti. E
via Giuliani con scarponi e fucile a divorare
la lunga distanza per la piana fino alla collegiata di Bellinzona, passando poi per l’interminabile Viale fino alla Stazione, dove era
posto il traguardo. Lì c’era una folla di uomini, donne e bambini che, vedendolo arrivare fra i primi con un numero assai alto, lo
subissarono con un coro di incitamenti e di
acclamazioni. Anche Giuliani aveva segnato il secondo miglior tempo della sua tappa,
battuto di pochi secondi solo dal campione
di atletica leggera del Canton Ticino di nome
Paravicini.
La premiazione e la sfilata davanti alla
collegiata furono un trionfo. Erano secondi
su un centinaio di pattuglie. Prima di loro si
piazzò solo un drappello di guardie di confine. Le acclamazioni alla pattuglia di Poschiavo non volevano cessare. Quella sera stessa
rientrarono senza incidenti via Gandria-Menaggio-Tirano. Con l’Italia non ci fu alcun
caso diplomatico, ma nacque una lunga e
noiosa diatriba tra il Dipartimento militare
e il comandante Zala, che si era assunto ogni
responsabilità. Infine il consigliere federale
Kobelt in persona, tenendo conto dell’eccellente prestazione della pattuglia di Poschiavini, ci mise una pietra sopra.
Nel settembre 1954 ebbe luogo la corsa di
brigata a Bonaduz. Il giorno prima gli uomini della pattuglia Giuliani accudirono ancora
il bestiame, sbrigarono vari lavori, mangiarono un boccone, poi in divisa con scarponi,
fucile e baionetta corsero a prendere il treno
delle 8:30. Arrivarono a Coira che erano ormai le 13:30 con un languore allo stomaco
che si sentivano svenire. Andarono al Buffet
della Stazione e per non perdere tempo ordinarono il menu. Lo trovarono eccellente.
Si guardarono. Meglio di prima si dissero,
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Parte Generale
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in caserma per ricevere
le istruzioni, prendere in
consegna la tenuta di lavoro, la bussola, il cannocchiale e la carta. Poi
cenarono e andarono a
dormire.
La mattina di buon’ora
sono trasportati nei boschi vicino a Bonaduz. Essendo pattuglie di quattro
soldati, il copione è arcinoto: oltre 15 chilometri
di corsa tra pianura, salita e discesa con le solite prove di abilità (lancio
delle granate, valutazione
delle distanze, osservazione del nemico e tiro a
segno), grazie ai cui risultati si ottiene una riduzione sul tempo impiegato
a compiere il percorso.
I nostri partono con un
numero piuttosto alto e
cominciano a sorpassare
una pattuglia dopo l’altra. Purtroppo, pochi chilometri prima dell’arrivo
si vedono costretti a rallentare la corsa, in quanto
un componente della pattuglia è colpito dai crampi
alle gambe. Qui si perde
Primi alla corsa di Brigata a Reichenau nel 1956: da sinistra Mario Giuliani,
Giovanni Vassella, Giuseppe Passini, Cipriano Zala
tempo prezioso. Tuttavia,
grazie ai minuti conquistati prima, il gruppo si
ma la fame del tutto non era ancora placata; classifica al secondo posto a pochissimi sequindi ordinarono il menu una seconda vol- condi dalla pattuglia vincente della I/92, guita sotto le occhiate di meraviglia delle came- data dal sergente Hans Danuser. I tre pranzi
riere. Si incamminarono poi per andare alla del giorno prima hanno comunque sortito il
caserma, ma passando vicino al ristorante loro effetto.
Bernina videro un cartellone con un cuoco
ben pasciuto e liscio che offriva Schwein­ Nel settembre 1956 ebbe luogo la corsa di
skotlett Pommes frites und Salat per 12.00 Brigata a Reichenau. Quando la data – il
franchi. Si fermarono, si guardarono e, sen- 2 settembre 1956 – si avvicina, si constata
za far parola, entrarono e mangiarono il ter- con imbarazzo che è la stessa fissata per lo
zo pranzo. Finalmente sazi, si presentarono scarico degli alpi di Val Lagoné. Il sergente
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smagliante, il capitano Sergio Zala. Niente
ristorante; li porta a casa sua, dove la moglie ha preparato un succulento pranzo commisurato all’appetito degli atleti. Durante
il dessert una coppa di cristallo cade e va in
frantumi. La signora Zala, tutt’altro che contrariata, sorride ed esclama: «Scherben bringen Glück!». Incoraggiati da questo augurio,
i militi si consegnano poi in caserma per le
solite formalità e il riposo notturno.
La mattina presto vengono autotrasportati sulle colline tra Ems e Reichenau. Alle ore
7:00 parte la prima pattuglia, poi seguono le
altre a un minuto e mezzo di distanza. Alla
partenza, il tenente Fulvio Togni che con un
numero basso guida la pattuglia mesolcinese,
dice a Giuliani, amico di scuola reclute: «Se
mi sorpassi so che la corsa l’hai vinta tu». La
pattuglia poschiavina parte alle 7:39. A metà
percorso sorpassa la pattuglia mesolcinese.
All’arrivo il pubblico è festante, il capitano
Zala fa salti alti così, il maggiore e consigliere nazionale Ettore Tenchio, il comandante
di battaglione e futuro consigliere di Stato
Gion Willi, l’alto ufficiale Coray e altri cappelloni si congratulano con loro, non finiscono di lodarli: sono partiti col numero 23 e
nel percorso fino al traguardo hanno superato 20 pattuglie. Ottime anche le prove di
abilità. La vittoria dovrebbe essere garantita.
Subito viene loro appuntata una medaglia al
petto; nulla di particolare, è uguale per tutti i
partecipanti.
Alle 14:00 davanti alla caserma, con uno
sventolio di bandiere, squilli di fanfare,
schiocchi di tacchi, essi vengono chiamati per primi. Un alto ufficiale stacca loro le
medaglie comuni e appunta loro al petto la
medaglia d’oro. Sono i primi della Brigata e
con ciò, dichiara l’oratore, automaticamente
qualificati per le corse di Armata che avranno luogo il mese seguente vicino a Thun.
Il 13 ottobre arrivano verso sera alla caserma
di Thun. L’atmosfera, il viavai di pattuglie è
quello di sempre; si sente parlare, gridare, comandare in tutte le lingue e in tutti i dialetti
nazionali. L’indomani, diana prestissimo, poi
Tredicesimi (ma primi della Svizzera italiana) alle corse
d’Armata a Thun nel 1956: da sinistra, Giovanni Vassella, Cipriano Zala, Giuseppe Passini, Mario Giuliani (dal
Tagesanzeiger del 15 ottobre 1956)
coi camion verso i boschi e le campagne a
nord est della cittadina bernese. È una splendida giornata. Il percorso è di 15,4 chilometri; ci sono da superare le solite prove con
le granate, le valutazioni, l’osservazione delle postazioni nemiche, il tiro. Ma qui, i fitti
boschi, la piattezza e l’uniformità del terreno rende difficile il compito ai nostri soldati. Per fortuna il sergente Giuliani se la cava
egregiamente nella lettura della carta e della bussola. Partono con il numero 88 e pur
non avendo il vantaggio di impervie salite e
discese arrivano al traguardo dopo aver sorpassato nientemeno che 15 pattuglie. Confidano nella velocità delle loro gambe e infatti
figurano fra le nove formazioni con il miglior tempo; per contro hanno un po’ meno
fortuna nelle prove. Si piazzano tuttavia al
13° posto assoluto, e questo non è poco se
si considera che le 100 pattuglie concorrenti sono selezionate fra gli oltre mille migliori gruppi in campo nazionale. E presenti a
quell’evento c’era il fior fiore dell’alta ufficialità svizzera, vari consiglieri federali, nonché
gli attaché militari di otto potenze straniere
(Egitto, Belgio, Cina, Italia, Polonia, Russia,
Turchia e USA). Il leggendario cronista Vico
Rigassi, impressionato da quella prestazione, intervista il titolare chiedendogli come
si fosse allenato coi suoi uomini. Il sergente
Giuliani, con il fiato ancora affannoso per la
recente corsa, gli dà una risposta che diviene
proverbiale: «Lavorando nei campi e andando su e giù dai nostri monti».
Al primo posto si è piazzato il corpo delle
guardie del III circondario di Coira, comandato dall’appuntato Johann Dudli. Ma i nostri sono i primi di tutta la Svizzera italiana
e si vedono pubblicati, gli unici oltre ai vincitori, con una bellissima fotografia sul Ta­
ges-Anzeiger für Stadt und Kanton Zürich
sotto il titolo cubitale Eindruckvollste Som­
mer-Armeemeisterschaften. La loro pattuglia
è innalzata ad esempio di zelo e di impegno
per tutti, come dice la lusinghiera didascalia
Mit Eifer waren sie alle dabei.
Nel 1958 ebbero luogo le ultime corse di
Brigata. Anche in quell’occasione parteciparono e si fecero onore militi, ufficiali e sottufficiali poschiavini. La pattuglia del tenente
Bernardo Godenzi (II/29, artiglieria) si classificò al 10º posto, quella di Giuliani al 27º,
quella del tenente Pierino Lanfranchi al 31º.
Poi le corse di Brigata e di Armata non si fecero più. E ci sarebbero ancora vari esempi
meritevoli di essere ricordati, ma li lasciamo
nella penna per non tediare il lettore.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Parte Generale
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Giuliani lo telefona al capitano Zala, che è
allarmatissimo: «Rinunciare a competere con
le 100 migliori pattuglie della Brigata? Mai
sia vero. Nessuno può rinunciare, si tratta di
un onore troppo grande». A costo di qualche sacrificio il sergente Giuliani e Giovanni Vassella sarebbero disponibili, a Claudio
Beti subentra Giuseppe Passini; ma Albino
Giuliani – la punta di diamante del gruppo
– assolutamente non può, deve rispondere
ai proprietari del bestiame riportato a valle.
«Trovare immediatamente un sostituto anche per lui» è l’ordine perentorio del capitano. «Chi? Come trovarlo così su due piedi?».
«Ce ne sono, ce ne sono fin che si vuole». Finalmente un nome: «Cipriano Zala. Domanda a lui, arrangiati».
Mario Giuliani si informa e dopo varie
telefonate lo raggiunge a Cavaione – allora
la strada non c’era ancora. Lavora lassù, sta
ristrutturando una casa. Dice che gli è impossibile piantare il lavoro su due piedi, si
rifiuta di partecipare. Un’altra chiamata al
capitano, che è imbufalito. Quindi telefona
lui a Cipriano. Non ascolta nessuna spiegazione, gli dice solo: «È un ordine. Se ti rifiuti,
sono arresti di rigore» e riattacca. A Cipriano non resta altro che scendere al piano e
prepararsi per prendere il treno all’indomani e unirsi alla pattuglia. Arriva a Poschiavo in divisa, ma gli scarponi portano ancora
tracce di schizzi di calce. «E lo schioppo?
Dove hai lo schioppo?» lo interpella Giuliani. «Ma che schioppo? Nessuno mi ha detto
niente» risponde Cipriano. Allora Giuliani
si raccomanda al bigliettaio di aspettare un
altro minuto e corre nell’ufficio della stazione, chiama la centrale di Cavaglia, domanda
immediatamente Pierino Giuliani. Ha la fortuna di trovarlo subito e gli ordina in nome
del capitano e del generale Guisan di portare
la sua carabina alla stazione di Cavaglia. Il
treno parte, si danno da fare a conferire agli
scarponi di Cipriano un aspetto sufficientemente marziale e lassù finiscono di equipaggiarlo.
Questa volta alla stazione di Coira a ricevere la pattuglia Giuliani c’è, in forma
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Parte Generale
Giancarlo Sala
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Mentre il domestico profumo del caffellatte si spande gradatamente per le stanze, il
blando ciabattare dell’attempato genitore lo
riscuote dal dormiveglia di primo mattino.
Anche se manca ancora un’ora alla partenza
del Bernina Express, deve spicciarsi perché
si è scordato di prenotare il posto. Il museo
Segantini apre alle dieci in punto e lui detesta dover fare la fila; al solo pensiero della
marea di turisti che gira per le strade di St.
Moritz in alta stagione, prova un certo fastidio. Scosta il tendone, terge con una mano le
strie di condensa dai vetri e osserva sfocatamente i contorni del villaggio ancora immerso nel sonno. Apre la finestra e nota ai piedi
dell’altro versante, lungo il fiume, qualche
comignolo che già fuma sui tetti di piode.
L’astro mattutino brilla incantato nell’indaco del cielo terso e dietro il Piz Scalin sta per
tramontare una falce di luna. Un soffio di
vento pungente lo fa rabbrividire di colpo.
Richiude.
«Ieri è morto anche il povero Giuanìn, mio
coetaneo; me l’ha detto il figlio del panettiere
che è passato a portarmi la brasciadèla fresca. Dopodomani ci sarà il funerale, ma io
con questi reumatismi come faccio a muovermi?». «Ti accompagno io, non ti preoccupare. Però adesso devo sbrigarmi». «Ma come,
parti anche oggi? Sei appena arrivato e già te
ne vai!». «Scusa, mamma, ma devo. Se non
vedo le opere dal vivo, non riesco a parlarne.
Non aspettatemi per cena, farò tardi».
Trangugia una zuppetta di biscotti e caffè, e si congeda frettolosamente. Strada fa-
cendo, imbacuccato nel loden, con la The
Bridge zeppa di schizzi e studi sul patriota
senza patria, torna istintivamente a scrutare l’orizzonte: dalle grondaie dell’austera via
dei Palazzi incombono ghiaccioli appuntiti che frastagliano l’orizzonte. Riabbassa lo
sguardo inumidito dall’aria gelata, si soffia il
naso, e cerca di camminare spedito e sicuro
sulla neve che scrocchia sotto le nike scamosciate.
Come previsto arriva alla stazione abbastanza in anticipo per trovare ancora un
posto nel ridotto scompartimento di prima classe. Al secondo tocco metallico della
campana elettrica il convoglio si avvia con
un leggero sobbalzo e mentre il centenario
trenino rosso s’inerpica impavido sull’erta della montagna, Flavio ammira dall’alto
la maestosa Val Poschiavo tutta imbiancata
– un panorama mozzafiato – ma riprova a
un tempo lo struggimento delle innumerevoli sue partenze di gioventù verso le città dei
suoi studi. Viaggiando, cerca l’ispirazione
per redarre l’articolo del prossimo numero
dei Quaderni d’arte. Come sempre, dopo la
scenografica rotonda di Alp Grüm il treno si
ferma qualche minuto in attesa dello scambio. Il suo sguardo si sofferma ora sui riverberi smeraldini del laghetto Palü ai piedi
dell’omonimo ghiacciaio, uno dei tanti occhi
di Dio sulla Terra! Accende l’iPod con l’adagio del concerto in la maggiore per clarinetto
e orchestra di Mozart e sprofonda inaspettatamente in una visione d’altri tempi. Comincia ad almanaccare... [Ma lei, dove sarà
adesso?].
L’aveva conosciuta nei vetusti corridoi del
Politecnico federale di Zurigo, una trentina
d’anni prima, ai corsi del compianto professor Isella, che si tenevano ogni lunedì e martedì sera. Quella prima volta, aspettando che
passasse il quarto d’ora accademico prima di
entrare nell’ampio Forum 5, l’aveva subito
notata per il suo affabile sorriso e la rapida
occhiata che lei – non conoscendolo ancora
– spontaneamente gli aveva rivolto. In un atteggiamento del tutto sciolto e naturale, se ne
stava lì a conversare piacevolmente con altre
compagne della facoltà di lettere. Era una
donna alta, di bel portamento, dall’ovale di
viso armonioso, con un intenso sguardo di
occhi lucenti color verde foresta, un profilo
di naso aristocratico, labbra sottili che si dischiudevano leggermente a mostrare dei denti bianchi e regolari; le sue mani, affusolate
e scarne, si muovevano leggere; nei capelli
biondo scuro, lucenti e sciolti sulle spalle, risaltavano delle sinuose mèche di gradazione
diversa. Abbigliata in dolce vita blu, pantaloni grigi a quadri e scarpe décolleté, emanava
un’aura signorile, da donna colta e raffinata.
Ai suoi occhi, una creatura angelica e fascinosissima!
Tanto gentile e tanto onesta pare / la don­
na mia quand’ella altrui saluta...
La sera di quel lontano autunno fine anni
70, Flavio capì di aver finalmente incontrato
la donna della sua vita, ma allo stesso tempo, nel tentativo di sedare il tumulto dei suoi
pensieri, provava istintivamente una vaga
sensazione di irraggiungibilità (mirava troppo in alto?), o meglio di impotenza. Come
spesso capita a chi segretamente si innamora,
sul principio esagerò nel mitizzare, crogiolandosi in un costrutto artificiale di reconditi desideri e fantasie, e in seguito non fu più
in grado di comportarsi in modo naturale e
spontaneo.
Ci volle molto coraggio per avvicinarsi a
lei, protetta com’era dal crocchio di amiche.
Tuttavia i complici sorrisi tra loro continuavano di settimana in settimana. Da allora
Flavio viveva soltanto il lunedì e il martedì, in ardente attesa di rivederla; durante le
lezioni poi, faticava a concentrarsi, sempre
lí, pochi banchi più indietro, rapito a guardarla mentre lei prendeva appunti sulla genesi del Giorno pariniano, con la sua nitida
scrittura, tempestata di frivole vocali e consonanti arricciate. Dopo i primi semestri di
quegli straordinari anni di lettere, cominciò
durante gli intervalli a chiederle con un certo imbarazzo qualche spiegazione. Una volta, al suo ritorno dall’Accademia militare a
semestre inoltrato, lei gli prestò persino la
Vita dell’Alfieri, postillata personalmente.
Ma ogni martedì sera era ormai finita un’altra settimana; lei scompariva nelle sfolgoranti e mendaci luci delle notti zurighesi come
una fata morgana e lui rincasava con il cuore
gonfio di passione nella solitaria stanzetta di
periferia.
Gli incontri andarono avanti così per
lungo lunghissimo tempo, finché un giorno a ridosso dell’estate del penultimo anno
d’università accadde l’imprevedibile: scendendo dal Poli verso il Central con la sua
lambretta 125, la vide camminare sola sul
marciapiede. Con una manovra spericolata le si affiancò, la salutò e la invitò a salire
per accompagnarla a casa. Lei accettò con
simpatia. Quel viaggio, per lui a tratti paragonabile a certe storiche imprese aeronautiche di inizio secolo scorso, si tramutò, in
un unico, travolgente abbraccio. Con il casco spavaldamente infilato nel braccio sinistro, volarono insieme liberi per le vie fiorite
e odorose della città, incuranti del mondo
intero. Immensamente felice, avrebbe voluto portarla chissà dove, ma seguì, paziente,
le sue indicazioni. Mentre udiva la soave
voce sussurrargli ignoti nomi di viali e traverse, sentiva al contempo le sue braccia che
lo cingevano lievemente al tronco. Deciso a
non forzare il già fin troppo propizio corso
degli eventi, giunti infine davanti al portone
di casa allo Schaffauserplatz, si lasciarono
amichevolmente, senza baci e senza impegni, scambiando soltanto la vaga promessa
di rivedersi presto in Ticino.
Dopo quell’assolato pomeriggio iniziò
per Flavio una drammatica relazione a sen­
so unico. Rimasto infatuato dall’inattesa
condiscendenza di lei, aveva infatti successivamente osato riversare la piena del suo
cuore in sincere e frementi lettere d’amore,
alle quali lei mai rispose. Fidente nella virtù
trascendentale delle belle lettere, nonostante
l’immane silenzio perdurasse nel corso degli anni, lui continuò, come un antico cavaliere medievale, indifferente al mancato
guiderdone, a scriverle per insopprimibile amore, anche se in toni vieppiù pacati,
da uomo che man mano matura, smussa e
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Anni di lettere
49
turbamento estatico similmente provato alla
visione delle montagne appena attraversate. Da dietro i primi visitatori entrano alla
spicciolata nel salone e osservano inebriati le
gigantesche tele disposte circolarmente. Nel
sommesso mormorio gli pare di distinguere una voce già udita altrove. Si volta incuriosito. Si riconoscono all’istante. Lei non è
cambiata per niente, elegante e bella come
un tempo. «Che sorpresa! Tu qui? Mi fa piacere rivederti! Sei di passaggio?». «No, no,
siamo qui in villeggiatura; ci veniamo spesso per sciare. Quest’anno c’è anche mio padre perché soffre un po’ la solitudine e non
sopporta bene l’uggia invernale del lago. Sto
mostrando a mia figlia queste favolose montagne… Ah, volevo ancora dirti che mi dispiace di non esserci più incontrati...». «Beh,
sai, come dice il proverbio Chi non muore,
si rivede, no?...». «Mamma, vieni! Ti chiama papà!». «Sì, Alessia!... Scusami Flavio,
purtroppo devo andare, mi aspettano giù».
«Arrivederci!». «Ciao, Mar...», la voce gli si
soffoca in gola.
Verso sera, a ricerca conclusa, prima di lasciare il museo, la custode gli consegna personalmente, insieme a dispense e dépliant,
una busta chiusa con una dedica scritta in
nitida calligrafia A Flavio.
Poesia
Un amore
Hai avvolto il mio capo nella nebbia,
hai rammendato il mio cuore straziato,
hai varcato il mio portone in silenzio
lasciando un fiore ai piedi della scala…
Gerry Mottis
PASSATEMPO
E PASSAPAROLA
a cura di Gerry Mottis
Quest’anno apriamo
una nuova rubrica
per gli appassionati
di parole crociate,
rebus, anagrammi,
sudoku, aforismi,
barzellette e
quant’altro.
Durante le lunghe
sere invernali
provate a risolvere
questi enigmi; una
sana attività per
Parte Generale
Parte Generale
50
comprende; scevro da fissazioni, eppur costantemente incapace di imporsi dei freni
inibitori e di mettersi il cuore in pace!
Amor, ch’a nullo amato amar perdona...
(Ma che fine hanno fatto tutte le mie parole e perché lei non mi ha mai risposto?
E chissà cosa sarebbe stato se quel giorno
l’avessi invitata a bere un caffè e le avessi
dichiarato spontaneamente tutto l’amore
che provavo per lei?). L’arrivo del treno da
nord interrompe il suo querulo rimuginare.
Tra poco rivedrà lo spartiacque bianco-nero
dei laghi e fra meno di un’ora sarà al museo. – Oh, magico Bernina! –, esclama tra sé
e sé; respira profondamente e sorride compiaciuto.
Seduto sulla panchina del salone a cupola del museo progettato da R. Hartmann e
inaugurato nel 1908, ammira ora l’imponente Trittico dell’Engadina. I raggi radenti
del primo sole entrano a illuminare le cime
innevate del dipinto della MORTE e accendono la surreale nube a chiocciola. Avvicinandosi, cerca di capire appieno lo sforzo
segantiniano nel fermare l’attimo fuggente.
Restando in mistica contemplazione, fruisce
della straordinaria luce espansa dalle filigrane di colore, finché è colto da un’ennesima
sindrome di Stendhal. Riaffiora nell’anima il
tenere in forma il
cervello. Se non
avete trovato le
rispettive soluzioni
e proprio non
riuscite a dormire
tranquillamente,
inviate una email all’autore:
‹gmottis@hotmail.
com.› Vi auguriamo
buon divertimento.
N.d.R.
51
La barzelletta dell’anno:
Sherlock Holmes e il dotor Watson si
trovano in vacanza in un campeggio.
Dopo una buona cena e un’ottima
bottiglia di vino, si ritirano in tenda
e si addormentano profondamente.
Durante la notte Holmes si sveglia e
scuote l’amico. «Watson, guardate in alto
nel cielo e ditemi cosa vedete!». «Vedo
milioni e milioni di stelle, Holmes». «E
cosa ne deducete?», chiede Holmes.
Watson riflette a lungo e poi replica:
«Beh, da un punto di vista astronomico,
questo mi fa pensare che ci sono
nel cielo milioni di galassie e quindi,
potenzialmente, miliardi di pianeti. Da
un punto di vista astrologico, vedo che
Saturno è in Leone. Da un punto di vista
orario, se guardo la Luna, ne deduco che
sono circa le 3:15. Da un punto di vista
meteorologico, credo che domani avremo
una bellissima giornata. Ma perché me
lo chiedete? Cosa suggerisce a voi tutto
questo?». Holmes rimane un attimo in
silenzio e poi esclama: «Watson, siete un
idiota! Qualcuno ci ha rubato la tenda!».
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Stranezze del cervello
Parte Generale
Parte Generale
Sneocdo uno sdtiuo dlel’Untisverià di
Cadmbrige, non irmptoa cmoe snoo sctrite le plaroe, tutte le letetre posnsoo esesre
al pstoo sbgalaito, è ipmtortane sloo che la
prmia e l’umltia letrtea saino al ptoso gtsiuo,
il rteso non ctona. Il cerlvelo è comquune
semrpe in gdrao di decraifre tttuo qtueso
coas, pcheré non lgege ongi silngoa ltetrea,
ma lgege la palroa nel suo insmiee... vstio?
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Trova le bandiere uguali:
Orizzontali
Verticali
1. Passo che conduce a Göschenen
7. Scuola media
9. Appellativo abbreviato di Santo
11. Pizzo di San Bernardino
13. Il famoso attore italiano
14. Località della Val Bregaglia
17. Sigla di Ticino
18. Paolo, poeta grigionese
20. Abbreviazione di dottore
21. Abbreviazione di professore
22. Paese più grande del Moesano
24. Pane e...
25. Articolo femminile
27. Lettera non firmata
29. Capoluogo del Canton Ticino
30. Località della Calanca
31. Capitale svizzera
32. Verso del gatto
34. Inviare
35. Nome maschile
38. Riva
39. Superlativo assoluto di «bere»
41. Vivi e lascia...
42. Località della Bregaglia
43. L’Alberto scultore
1. Né mio né tuo
2. Preposizione articolata femminile
3. Fiume dei Grigioni
4. Spettacolo teatrale
5. Vicino a Chiavenna
6. Compito
8. Acqua gassata e...
10. Negazione
12. Capitale del Canton Grigioni
15. Allieva
16. Sigla di Grigioni
19. Lingua grigionese
23. Piccola arteria
26. L’attore Capone
28. Manducare (lat.)
29. Abete rosso e...
31. Passo dei Grigioni
32. Docente
33. Balia
36. Ricreazione
37. Magari
40. Andato
Aforisma dell’anno:
«Il mondo ha un bell’invecchiare:
non cambia. Può darsi che
l’individuo si perfezioni, ma la
moltitudine dell’umanità non
diventa né migliore né peggiore».
Denis Diderot, filosofo francese, XVIII sec.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Parte Generale
Bhutan e Nepal
due stati asiatici
di contrastanti culture
Un viaggio spettacolare ai piedi della
grandiosa catena montuosa dell’Himalaya.
Dall’ordine e dalla tranquillità del
popolo bhutanese alla confusione
e al caos di quello nepalese.
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Volo da Calcutta a Paro con emozionante
vista dal finestrino sull’Himalaya
Remo Tosio
Servizio fotografico a cura dell’autore
Dopo averlo girato in
lungo e in largo mi
sento di affermare
che in fatto di ordine
civile e paesaggistico
il Bhutan assomiglia
tanto ai piccoli paesi
della Svizzera. Non
esistono le grandi città
e nemmeno i grattacieli.
In linea di massima
le case e i monasteri
hanno lo stesso stile
architettonico.
Altro scenario invece in
Nepal, dove domina il
caos. Affascinato dalle
prime famose scalate
dell’Himalaya, la cui
partenza avveniva in
genere a Kathmandu,
mi ero immaginato
di trovare un centro
abitativo di carattere
e stile montano.
Macchè, ho visto una
città incasinata di
traffico motorizzato,
disordinata e
puzzolente. Altro
scenario invece negli
idillici luoghi periferici.
Nepal e Bhutan: due paesi asiatici incastonati nella catena montuosa dell’Himalaya. A nord confinano con la Cina e a sud con l’India
nente struttura costruita nel 1901 dal vicerè
dell’India, Lord Curzon, in occasione della
morte della regina Vittoria. Il ponte Howrah,
costruito negli anni 1939-43, è un’opera di
alta ingegneria. Probabilmente è il più trafficato del mondo; viene giornalmente percorso
da 100’000 veicoli, oltre ad una fiumana di
gente a piedi. Calcutta è una metropoli disordinata. Si evidenzia qui un marcato contrasto fra povertà e ricchezza. Per molta gente
la strada è l’unico luogo di vita; si mangia si
dorme e si muore ai suoi margini.
2 maggio 2009, lago di Phewasee (Nepal). Un luogo
idilliaco. Dall’emozione l’autore si è lasciato andare
cantando alcune arie popolari. Foto: Gery
L’avventura turistica in questi due stati
montuosi dell’Asia, incastonati nella catena dell’Himalaya, l’ho iniziata in gruppo il
21 aprile e terminata il 7 maggio del 2009.
Il volo da Zurigo ci ha portato dapprima
in India, a Calcutta, dove abbiamo visitato
ovviamente la tomba di Maria Teresa, nonché alcune particolarità architettoniche e ingegneristiche, come il Victoria Memorial, il
ponte Howrah e la stazione. Lo splendido
palazzo del Victoria Memorial è un’impo-
Bhutan
Il volo da Calcutta a Paro, nel Bhutan, è
stato di una spettacolarità unica. Dapprima
la vista dal finestrino, anche se da lontano,
dell’imponente catena dell’Himalaya e infine l’atterraggio strettamente appiccicato
alle montagne. Ho avuto addirittura la sensazione di scendere al centro di Poschiavo.
Per poter planare con un grosso velivolo fra
una così stretta valle, come quella di Paro, ci
vogliono abilissimi piloti, i quali devono sottostare ad un’istruzione particolarizzata. Già
durante la discesa dalla scaletta dell’aereo ho
avuto l’impressione di trovarmi in un paese
ordinato e architettonicamente omogeneo.
Con una superficie di 46’500 km2 il Bhutan è di poco superiore a quella della Svizzera (41’285 km2). Conta all’incirca 650’000
abitanti, con una densità di 16 abitanti per
km2 (Svizzera 188 abitanti per km2). Il regno
del Bhutan – La terra del drago come viene
chiamato dagli indigeni (il drago è presente
anche sulla bandiera) – confina a nord con
la Cina e a sud con l’India. È l’unico paese
al mondo a professare ufficialmente il buddismo, anche se nei territori meridionali si pratica l’induismo.
Il Bhutan è una monarchia in fase di transizione, avviata verso la costituzione democratica. La capitale è Thimphu. La lingua
ufficiale è lo Dzongkha, che deriva dall’antico tibetano, anche se per molti secoli si è
sviluppato in modo autonomo. L’attuale giovane re Jigme Khesar Namgyal Wangchuck
(nato a Thimphu il 21 febbraio 1980) è il
quinto della dinastia. Ha studiato negli Stati
Uniti d’America e nel Regno Unito, laureandosi in scienze politiche. Dopo l’abdicazione del padre, avvenuta il 15 dicembre 2006
con due anni di anticipo, è diventato il più
giovane capo di stato del pianeta. L’incoronazione ufficiale è avvenuta il 6 novembre 2008 nel palazzo reale di Thimpu. Il re
non è più il capo del Governo; questa carica
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Parte Generale
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Paro (Bhutan): la tipica “Ruota della vita” buddista ed
alcuni scolari buddisti del monastero Rinpung Dzong
BUDDISMO
Il buddismo è la prima religione universale ed è
tuttora una delle più importanti dell’Asia. Nato
nel Sesto secolo a. C., Siddharta Gautama (poi
Buddha) iniziò la sua vita come principe nel
piccolo stato del Sakyan, ai piedi dell’Himalaya.
Dopo diversi anni incominciò a meditare sul
mondo. Decise di abbandonare la famiglia e il
futuro regno. Studiò con i più famosi filosofi
dell’epoca il pensiero metafisico (settore della
filosofia che si occupa degli aspetti teorici e
dei valori assoluti della realtà), che però non lo
appagava e non lo liberava. Decise di dedicarsi
completamente alla meditazione e per sei anni
visse in assoluta austerità, senza alcun risultato.
Poi un giorno, mentre beveva al fiume, scivolò
nell’acqua e fu trascinato dalla corrente fino
ad un villaggio dove un giovane lo trasse in
salvo e lo curò. Guarito rimase ad osservare le
acque del fiume, si immerse in meditazione e
raggiunse l’Illuminazione: Siddharta il Principe
dei Sakya, non esisteva più, era diventato il
Buddha, l’Illuminato. Il Nucleo della dottrina
enunciata dal Buddha è dato dalle «Quattro
Nobili Verità»:
1. la realtà dell’esistenza personale e del
mondo esteriore è dolore, consistente nelle
proprietà delle sue condizioni: nascita, malattia, morte, mancanza di ciò che si desidera,
unione con ciò che dispiace, separazione da
ciò che si ama;
2. l’origine del dolore è il desiderio di
esistere, il bisogno del piacere e anche il suo
rifiuto;
3. questa sete generatrice delle rinascite va
estinta nel «Nirvana» (il desiderio va eliminato);
4. la via che conduce all’arresto del dolore è
il «Dharma» (la naturalità della vita).
Secondo Buddha il segreto della felicità sta
nell’accettarsi così come si è, rinunciando ai
desideri, la cui consapevolezza rende infelici
non meno della loro realizzazione. Infatti ogni
desiderio soddisfatto porta a maturarne un
altro ancora più grande. Rinunciare ai desideri
significa rinunciare ad un’inutile sofferenza.
Per quanto riguarda le origini del mondo, il
Buddha insegna che l’universo è privo di principio del tempo. Non esiste un punto determinato della creazione. In un tempo senza punto di
partenza i sistemi cosmici nascono, si sviluppano e si disintegrano. Il pensiero buddista è
complesso; nel suo interno si trovano diversi
tipi di pensieri, che alle volte contrastano fra
loro.
La preghiera è l’occupazione principale del
buddista. Essa può essere intensificata grazie
alle ruote presenti in tutti i templi, oppure più
piccole e portatili, girate tante volte quante
sono le preghiere che si vogliono rivolgere al
Buddha. Si usa anche un apposito rosario per
ricordare la sequenza delle preghiere. Il pensiero buddista è strettamente parente di quello
induista, anche se quest’ultimo è confuso, non
uniforme e caotico rispetto al primo, che è più
regolare e tranquillo.
Da sinistra a destra: Thimphu (Bhutan), il National Memorial Chorten è stato costruito nel 1974 in memoria del 3º re;
il nostro bellissimo albergo rispecchia la tipica architettura bhutanese; le nostre guide e i nostri autisti erano sempre
vestiti con il tipico costume bhutanese; a due passi dal nostro albergo c’era una rinomata pasticceria svizzera
è ricoperta dal presidente del Consiglio dei
ministri, posizione assegnata per un anno a
turno a ciascuno dei cinque ministri eletti
con il maggior numero di voti. L’Assemblea
nazionale, il Consiglio reale, il Consiglio dei
ministri e ciascun ministro costituiscono le
unità organizzative che svolgono i ruoli più
importanti nel governo del Paese. L’Assemblea nazionale è composta di 150 membri,
dei quali 105 sono eletti dal popolo per un
periodo di tre anni. I rappresentanti dei monaci sono 10 e durano in carica un anno,
mentre i rimanenti 35 membri sono i rap-
presentanti del Governo e sono nominati dal
re. Il nuovo sistema democratico comprende
una Camera alta (Consiglio nazionale) e una
Camera bassa (Assemblea nazionale).
La maggioranza della popolazione vive al
centro del Paese. La propria sussistenza proviene dall’agricoltura e dall’allevamento del
bestiame. Le principali coltivazioni della regione sono il riso, il grano saraceno, l’orzo,
le patate e l’orzo invernale, a cui si affiancano i peperoncini, fatti seccare sui tetti delle case prima di essere messi nei magazzini.
Le donne svolgono il ruolo di capofamiglia
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Parte Generale
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Thimphu (Bhutan), monastero di Thangthong Dewachen: alcune monache pregano. Sotto il tavolo si vedono due
Radong, i corni di preghiera. A destra la grande ruota di preghiera davanti al monastero Simtokha Dzong
Punakha Dzong: il monastero-fortezza più bello di tutto il Bhutan. È ubicato all’affluenza di due fiumi ed è
attorniato da alberi Jacaranda che abbiamo ammirato proprio nello splendore della fioritura color lilla
e sono considerate alla stessa stregua degli uomini, per cui pochi lavori sono definiti esclusivamente maschili o femminili. La
tessitura e la filatura sono da sempre riservate alle donne, mentre l’erpicatura e l’aratura sono compiti maschili, sebbene non sia
raro vedere moglie e marito lavorare fianco
a fianco. La consumazione dei pasti avviene
seduti sul pavimento, con una ciotola personale del riso e vari contenitori in comunione.
Oggi i matrimoni non sono più combinati
ma dettati dai sentimenti. La struttura scolastica prevede undici anni di istruzione base:
un anno di scuola preparatoria, sei anni di
istruzione elementare, due di scuola media e
due di superiori. L’assistenza sanitaria viene
fornita gratuitamente a tutti i cittadini.
Il costume tradizionale bhutanese è uno
degli aspetti più caratteristici e pittoreschi
del paese; deve essere indossato da tutti gli
abitanti nelle scuole, negli uffici governativi
e nelle occasioni formali. Uomini, donne e
bambini indossano abiti tradizionali realizzati con tessuti bhutanesi in una gran varietà
di motivi colorati. L’architettura bhutanese è
uno degli elementi straordinari che incide nel
paesaggio di questa Nazione; gli imponenti monasteri-fortezze (Dzong), quelli remoti
(Goemba) e i templi (Lhakhang), oltre alle
case tradizionali, sono ispirate al tipico stile
locale, ricco di ornamenti, intagli e decorazioni.
Il turismo in Bhutan è controllato da un
numero chiuso e la tassa turistica di soggiorno è altissima. Questo per evitare un’invasione caotica di turismo di massa. Insomma è
un paese molto ordinato e socialmente ben
organizzato.
Il ponte ad arco sul fiume Punak Tsang Chhu è stato
realizzato in collaborazione tra il Governo reale del
Bhutan e Helvetas, l’Associazione svizzera per la cooperazione internazionale
Dall’aeroporto di Paro abbiamo intrapreso il viaggio per Thimphu con due pulmini
e rispettive guide molto simpatiche. Lungo
il tragitto ci fermiamo ad ammirare il tempio di Tamchhog Lhakhang, vecchio di 600
anni, con un centenario albero di mandarino.
Altra fermata al ponte Chhuzom, laddove si
incontrano i due fiumi Paro e Wang, protetti da tre chorten (monumento buddista contenente reliquie), messi lì per tenere lontani
nefasti sortilegi. Arrivati a Thimphu visitiamo il National Memorial Chorten, costruito
nel 1974 in memoria del terzo re Jigme Dorji
Wangchuck. A Thimphu alloggiamo in un
bellissimo albergo a tipica architettura bhutanese, vicino al quale è ubicata un rinomata
pasticceria svizzera. Al termine della giornata visitiamo il grande monastero-fortezza
Trashi Chhoe, una monastica magnificenza
di straordinaria bellezza architettonica, sede
del governo del Bhutan e degli uffici reali.
Il giorno seguente vediamo dapprima il
monastero di Thangthong Dewachen, composto da una sessantina di monache donne,
delle quali ne vediamo alcune pregare e altre
lavorare nello stesso locale. Poi è la volta del
Simtokha Dzong, una costruzione del 1627
e oggi scuola di studi buddisti, per terminare
con una sbirciatina ad un allettante mercato
di svariati prodotti e colori.
Il 25 di aprile intraprendiamo il viaggio
per Punakha, passando per il passo Dochula a 3’140 m.s.l.m., dove siamo costretti a
ricorrere al maglione. Un freddo pungente, anche se non è paragonabile a quello dei
nostri tremila. Il tempo nebbioso e nuvoloso non ci permettono di vedere l’Himalaya.
In questo luogo sono ubicati 108 monumenti spirituali buddisti, i cosiddetti Stupa,
attorniati da bandierine colorate di preghiera. Impressionante per noi europei è il fatto che a 3’140 metri c’è ancora una folta
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
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Thimphu (Bhutan), monastero-fortezza Trashi Chhoe: alcune piccole ruote di preghiera
Timphu: non poteva mancare una
sbirciatina al mercato con svariati
prodotti e colori
Gantey (Bhutan): un pittoresco paesino cartolina,
situato in una valle appartata e nascosta
Punakha: interno del monastero Wangdue Phodrang,
posto su un crinale che domina le valli
Paro: le nostre guide ci hanno offerto una piacevole
serata folcloristica. A destra l’ultima impressione del
Bhutan: lo sguardo socievole di un giovane padre con
suo figlio
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Bhutan: il monastero Taktshang, meglio noto come
“La tana della tigre”. È incollato nella roccia a 900m
dalla valle. Foto: Sepp
vegetazione boschiva. Poco lontano dal culmine del passo incontriamo lo Yak, il tipico
bovino di montagna, a pelo lungo e di modesta statura. Durante la discesa, prima di arrivare a Punakha, vediamo dei terreni montani
con delle colture di riso a terrazze; sul tipo
dei vigneti valtellinesi. Arrivati in loco visitiamo Punakha Dzong, il monastero-fortezza più bello di tutto il Bhutan. È ubicato
all’affluenza di due fiumi ed è attorniato da
alberi Jacaranda, della famiglia delle Bignoniacee; proprio durante questo periodo sono
migliore dell’architettura bhutanese e ospita
il corpo monastico e gli uffici governativi. È
presente in questo luogo un pregiato dipinto che raffigura la tipica «Ruota della vita»
del buddismo. Nel 1993 Bernardo Bertolucci
girò qui alcune scene del famoso film «Piccolo Buddha».
La giornata del 28 aprile era dedicata alla
salita al monastero Taktshang, meglio conosciuto come La tana della tigre; è il più
famoso monastero del Bhutan, perché incollato sul margine di un dirupo a 900 metri dal
fondovalle. Un luogo affascinante soltanto
guardandolo dal basso, ciò che mi sono limitato a fare perché la salita è piuttosto dura.
I miei amici di viaggio che ci sono andati,
sono ritornati stanchi ma appagati dalle meraviglie di quel luogo, dove gli unici rumori
sono il mormorio del vento, dell’acqua e delle litanie dei monaci. Quale addio al Bhutan,
le nostre guide ci organizzano una piacevole
serata folcloristica.
Nepal
Durante la mattinata del 29 aprile l’aereo ci
porta da Paro a Kathmandu, la capitale del
Nepal. Qui troviamo completamente un’altro scenario; una marea di automobili incasinano il traffico e nell’aria si diffonde una
disgustosa miscela di odori difficilmente definibili. Quanto ci mancano i luoghi ameni
del Bhutan!
Il Nepal ha una superficie di 147’181 km2
e conta attorno ai 26 milioni di abitanti, con
una densità di 220 abitanti per km2. A nord
confina con la Cina e a sud con l’India. La
lingua ufficiale è il nepalese. L’81% professa la religione induista, 11% buddista, 4%
musulmano e il 4% altre religioni (tra cui il
cristianesimo 0,45%).
Il Nepal è una Repubblica federale democratica parlamentare. Il Parlamento è il massimo
organo legislativo. Si compone di un’unica
Camera di 601 membri e ha ancora funzione
Kathmandu (Nepal): sulle rive del fiume sacro Bagmati, presso il tempio di Pashupatinath, ci sono numerosi altari
quadrati in calcestruzzo, dove si bruciano i morti
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Parte Generale
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particolarmente belli per la fioritura
color lilla.
Il giorno seguente visitiamo il ponte costruito con l’aiuto svizzero. Lo
testimonia una targa (in lingua inglese) posta i margini del ponte, che
dice così: Il ponte ad arco sul fiume
Punak Tsang Chhu è stato realizza­
to in collaborazione tra il Governo
reale del Bhutan e Helvetas (Associazione svizzera per la cooperazione
internazionale, N.d.R.). Il ponte è il
simbolo di un lungo e stretto legame
di amicizia e di cooperazione che esi­
ste tra i popoli di Svizzera e Bhutan.
Inaugurato da Sua Altezza Reale il
principe ereditario, Jigme Khesar
Namgyel Wangchuck e il signor E.
Kuelling Werner, segretario genera­
le di Helvetas, il 21 settembre 2002.
Dal ponte si vede l’imponente monastero-fortezza di Wangdue Phodrang.
Il nostro viaggio continua in salita
attraverso una fitta vegetazione boschiva con dei stupendi rododendri
bianchi e rossi. Raggiungiamo una
idillica valle nascosta e il paesinocartolina di Gangtey. Un luogo che
ha del magico. Alcune donne stanno separando la pula dal grano con
l’ausilio del vento. Al ritorno visitiamo il monastero Wangdue Phodrang
che avevamo visto in mattinata dal
ponte. Esso sorge su un alto crinale, in una posizione dominante sulle
sottostanti valli.
Il 27 aprile intraprendiamo il viaggio da Punakha a Paro, ripassando il Passo Dochula. Anche questa
volta non abbiamo fortuna; intensa
nuvolosità e fitta nebbia non ci permettono di vedere l’agognata catena dell’Himalaya, che, da quanto ci
dicono le guide, con il bel tempo si
vede benissimo. Giunti a Paro visitiamo lo Rinpung Dzong. È questo uno
dei monasteri più imponenti e famosi del Bhutan. Rappresenta l’esempio
63
64
Kathmandu (Nepal): al tempio di Pashupatinath ci sono
varie postazioni di santoni, che si mettono in posa allo
scopo di spillare quattrini ai turisti
costituente. Il 28 dicembre 2007 il Parlamento ha approvato un emendamento costituzionale che ha sancito il passaggio dalla
monarchia alla repubblica, il quale si è concluso il 28 maggio 2008 mediante votazione
quasi unanime dell’Assemblea costituente.
Le principali risorse del Nepal sono l’agricoltura e il turismo. Sotto i 2’000 m si coltivano tè, riso, lenticchie, miglio, colza, grano
e canna da zucchero. In collina vi sono numerosi terrazzamenti per la coltivazione del
riso. I bovini vengono allevati prevalentemente per la produzione di latte e yogurt,
mentre non possono essere macellati perché
ritenuti sacri. Per i bufali invece non esistono
divieti religiosi e se ne consumano anche le
carni. Il turismo negli ultimi anni è andato
in decadenza; lo conferma il fatto che non si
trovano più guide ben preparate, come è stato anche nel nostro caso. I matrimoni combinati sono tuttora la norma della società
Una pratica religiosa risalente all’anno 1’500 a. C., che
viene praticata in innumerevoli
modi; a parte alcune indicazioni, ognuno si fa la religione
in proprio. È una credenza
politeistica (fondata sul culto
di più divinità) che ha tre dèi
fondamentali: Brahma, Visnu
e Shiva (oltre ad innumerevoli
altri minori e senza limite di
fantasia). I testi sacri sono divisi
in due categorie: quelli della
rivelazione (Veda) e quelli della
tradizione (Smrti). Gli induisti
credono nella reincarnazione:
se un uomo si comporta male in
questa vita, dopo la morte, la
sua anima torna a vivere in un
altro corpo per espiare i peccati
commessi: solo chi onora gli dèi
e si comporta con carità verso
gli altri uomini raggiunge la
pace eterna. Infatti gli induisti
credono che gli dèi, in cambio di preghiere e di sacrifici,
facciano dono agli uomini del
paradiso di felicità (Sukhavati).
Nelle cerimonie viene offerto
burro fuso, cereali e quant’altro
alla rispettiva divinità, la quale
viene unta, vestita, ornata e
profumata. Attorno a queste
divinità persiste un costante
odore sgradevole, dovuto appunto ai materiali impiegati per
le cerimonie. La forma normale
della preghiera (japa) consiste
nella recitazione e ripetizione di
parole e formule sacre oppure
di suoni monotoni.
Per quanto riguarda le origini dell’universo l’induismo
ha molteplici interpretazioni
e convinzioni. Le principali
correnti dicono che l’universo
è governato da Trimurti, la
divinità composta da Brahma,
Visnu e Shiva. Nella maggior
parte degli induisti viene oggi
accettata la teoria dell’evoluzione di Darwin.
Parte Generale
Parte Generale
INDUISMO
65
Pokhara (Nepal): dalla camera dell’albergo vedo finalmente fra le nuvole un po’ di Himalaya
Nepal: salita alla collina di Sarangkot, a 1’592 m.s.l.m., dalla quale si scorge la valle di Pokhara
con il suo meraviglioso lago Phewasee
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Parte Generale
66
67
induista nepalese. Il 70% dei bambini inizia
la scuola, ma soltanto il 7% porta a termine
il decimo anno scolastico.
Abbiamo raggiunto il nostro albergo, al centro di Kathmandu, dopo non poche peripezie
e lungaggini, dovute all’enormità del traffico stradale. Durante il pomeriggio facciamo
visita al tempio di Pashupatinath, il più importante del Nepal. Sorge lungo le rive del
fiume sacro Bagmati. Sulla sponda opposta
vediamo una scena raccapricciante: una serie
di altari in calcestruzzo e a forma quadrata,
dove vengono bruciati i morti, le cui ceneri
vengono gettate nel fiume. Potete immagi-
narvi l’odore! Ma quello che più mi impressiona non è la bruciatura stessa dei cadaveri
(dopotutto è una cremazione rudimentale),
ma sono i bambini che stanno cercando gli
ori o gli argenti provenienti dai cadaveri bruciati, frugando nell’acqua del fiume di un
colore tetro e di una sporcizia indescrivibile.
Molti sono anche i santoni presenti nell’area
del tempio, impiastrati di sostanze untuose e
colorati; più che per scopo religioso si mettono in bella mostra per prendere i soldi dei
turisti.
Il 30 aprile visitiamo Swayambhunath, il
tempio buddista posto in cima ad un’altura.
Un luogo dove monumenti e riti buddisti e
Pokhara (Nepal): placida escursione in barcone sul magnifico lago Phewasee
Kathmandu: nel quartiere di “Dubar Square” c’è il più ricco patrimonio architettonico
del Nepal (dal 1979 figura nel registro UNESCO). In passato venivano qui incoronati e
legittimati i re della città; al tempio Swayambhunath incontriamo i buddisti, ma il Nepal
è per 81% induista; il quartiere di Patan è ricco di pittoreschi templi
induisti si intrecciano. È un antico sito religioso che risale al Quinto secolo d. C. Dall’insieme della struttura emerge lo Stupa, a
causa della sua altezza; secondo la religione
rappresenta il corpo del Bhudda, la sua parola e la sua mente, che mostrano il sentiero dell’illuminazione. I grandi occhi su tutti
i lati della cupola – da qualsiasi angolazione hai l’impressione che ti guardino – simboleggiano la saggezza e la compassione. Da
questo punto strategico si vede tutta la città
di Kathmandu, nella quale ci addentriamo,
nel luogo più significativo: la Dubar Square
(dubar significa palazzo). Infatti in passato
venivano qui incoronati e legittimati i re della città, dove avevano anche la loro residenza. Il cuore di questo vecchio quartiere è la
piazza, dove si trova il più ricco patrimonio
architettonico, nel 1979 iscritto nel registro
UNESCO. Un edificio di mattoni rossi a tre
piani, con le finestre raffinatamente intagliare, attira la nostra attenzione: è la dimora
della Kumari Bahl, la fanciulla scelta come
dea vivente della città. Qualche volta si fa
vedere, il che non è stato il nostro caso perché «stava pranzando»!
Il primo maggio continua la visita alla città di Kathmandu, nel quartiere di Patan, ricco di templi. Visitiamo quello di Bodhnath
dove c’è lo Stupa più grande del mondo. Durante il tragitto ci imbattiamo in una vivace
manifestazione per la Festa dei lavoratori. La
giornata termina con un’escursione su Nagarkot, un promontorio a 2’175 m.s.l.m.,
con l’intenzione di ammirare la catena dell’Himalaya; tempo nuvoloso per cui, anche
questa volta, l’azione fallisce. Lontani dalla
città godiamo la tranquillità di uno stupendo
paesaggio. Nel tardo pomeriggio ammiriamo
un singolare tramonto fra le nuvole.
Il 2 maggio da Kathmandu voliamo a Pokhara (a 827 m), la seconda città più importante del Nepal. Attorniata da laghi e
montagne, la valle di Pokhara è una terra
di straordinaria bellezza. Il primo impatto è
meraviglioso: una gita in barca sul placido
lago di Phewasee. Alfine di proteggere questa bellezza naturale, la circolazione nautica
è permessa soltanto a remi. Mi sono sentito veramente nel mio ambiente (mi mancava soltanto la canna da pesca); tanta era la
gioia di navigare in questo idillico lago, che
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale
Parte Generale
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Foto in alto, Kathmandu: un Fokker della Buddha
Air ha effettuato un volo d’aquila sull’Himalaya!
Alla vista di questa lunga catena montuosa si
rimane a bocca aperta
Parco nazionale di Chitwan: a dorso di un elefante indiano
è come navigare con mare in burrasca (!). Foto Nardina
La visione di due rinoceronti indiani nel Parco, durante la
nostra escursione a dorso di elefante
Il tempio di Bodhnath a Kathmandu con lo “Stupa” più
grande del mondo (monumento spirituale buddista).
mi sono lasciato andare cantando alcune
nostre arie popolari!
Dalla mia camera d’albergo la mattina
seguente intravedo finalmente fra le nuvole
un po’ di Himalaya. Per quel giorno era programmata un’escursione in salita a Naudanda e Birethani, da dove avremmo ammirato
tutta la valle di Pokhara, nonché il massiccio dell’Annapurna. Durante questo viaggio
sembra che la sfortuna ci abbia perseguitato
perché le salite a scopo panoramico, specialmente per ammirare l’Himalaya, sono sempre andate buche. Questa volta a causa di un
ingorgo stradale: un grave scontro fra due
torpedoni, talmente incastonati l’uno nell’altro che non riuscivano a separarsi. Siamo
stati costretti a fare marcia indietro. Durante il ritorno, nel piccolo paese di Hyanja, ci
imbattiamo in un matrimonio con gli indigeni che curiosavano attorno alla casa dello
sposo. A mezzogiorno abbiamo pranzato in
un luogo idillico; il Fish Tail Lodge, un ri-
storante-albergo ubicato su una penisola
del lago Fewa, il cui raggiungimento avviene per mezzo di una zattera con corda da
traino. Un luogo di grande ricchezza botanica: fra gli altri ho fotografato la stella di
Natale, l’ibisco, la dalia rossa e quella bianca, nonché alcuni insetti. La giornata si è
conclusa con un’altra salita in montagna,
questa volta egregiamente riuscita, quella
di Sarangkot a 1’592 m con stupenda vista
su tutta la valle di Pokhara e il suo meraviglioso lago.
Lunedì 4 maggio intraprendiamo un
viaggio in torpedone di 170km, il quale ci
porta al clima tropico del famoso Parco nazionale reale di Chitwan. È il più antico del
Nepal e copre un’area di 932 km2. Creato
nel 1973, ricco di flora e fauna, nel 1984 è
diventato Patrimonio dell’umanità. Ospita
43 specie di mammiferi, 450 di uccelli, 45
di anfibi e rettili. Elefanti e rinoceronti indiani sono la specie più presente nel parco.
Naturalmente non poteva mancare un
safari sul groppo dell’elefante indiano,
che ci ha portato in lungo e in largo su
un terreno disuguale, attraversando senza problemi anche zone d’acqua. Lungo il tragitto abbiamo visto le diversità
vegetali ma non è che abbiamo potuto
ammirare tanti animali. Tuttavia abbiamo visto da molto vicino due esemplari
del famoso rinoceronte indiano; rispetto
a quello africano ha un solo corno, che
raggiunge la lunghezza di 30 cm. Sono
dei bestioni di un paio di tonnellate, alti
quasi due metri. Un animale di aspetto
preistorico con una spessa pelle di colore
bruno-argento.
Il nostro viaggio sta per terminare. Il 5
maggio ritorniamo a Kathmandu in torpedone. Il giorno seguente non mi lascio
sfuggire un volo panoramico sull’Himalaya, per mezzo di un Fokker ad elica
della Buddha Air. Un’esperienza unica
che ha appagato tutta la mia curiosità,
facendomi dimenticare anche il prezzo
di quell’avventura.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
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Parte Generale
Poesia
70
Dove il mio raggio
di sole
s‘incontrerà col tuo,
contemplerò le meraviglie
che incantano i tuoi occhi,
ascolterò i sospiri
che tu confidi al mare,
l‘intero calice berrò
delle lacrime versate,
respirerò come un neonato
i tuoi sorrisi in fiore,
e sarà vita,
integralmente,
ogni presente sempre.
Andrea Paganini
Qui la Valposchiavo
Qui
la Valposchiavo
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Almanacco del Grigioni Italiano 2011
La dignità
nella povertà
Intervista raccolta da Lara Boninchi Lopes
Servizio fotografico di Lisa Crameri
72
ritornare a casa con
una nuova esperienza
che ci accompagnerà
per tutta la vita. È il
caso della giovane
Lorena GodenziCrameri di San Carlo
che con la sorella Lisa
e il padre Dario da
pochi mesi ha fatto
ritorno in valle dopo
aver trascorso un
periodo di soggiorno
in territorio keniano
nelle missioni del
luogo che accolgono
per la maggior
parte bambini che
necessitano di aiuto.
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
L’estate si sa è tempo
di vacanze, di nuove
esperienze e perché
no, un’opportunità
per organizzare
un viaggio, ci sono
giovani che in
questo ci mettono
entusiasmo e non
sempre l’obbiettivo è
quello del solo e puro
divertimento, ci sono
trasferte all’estero
più che arricchenti
soprattutto dal
lato umano per
scoprire altre realtà
sconosciute alla
nostra quotidianità e
73
Le vie strette che attraversano le baracche
tra miseria e povertà
Scorcio su “Plaza da Cumün”
Foto Lara Boninchi Lopes
Come mai la scelta di un viaggio in Kenia,
nella periferia di Nairobi e in seguito a
Tuuru nelle missioni che accolgono bambini
bisognosi?
Nella missione in periferia di Nairobi e in
quella di Tuuru, poco lontana, già intorno
agli anni settanta si erano trasferiti degli zii
che avevano assolto il sacerdozio presso il
Cottolengo a Torino nella regione piemontese. Mi riferisco ai fratelli don Giusto e don
Fiorenzo Crameri, originari poschiavini che,
hanno raggiunto queste zone di povertà e
miseria per fondare le loro missioni e tuttora
vivono laggiù. Don Giusto con l’aiuto delle
suore sia del Cottolengo che del posto, ha
dato vita ad una missione a Tuuru, raggiunto
dal fratello don Fiorenzo, sempre con le stesse modalità, verso gli anni novanta hanno
fondato una seconda struttura d’accoglienza
nella periferia di Nairobi.
In terre lontane, spesso segnate dalla miseria
e dalla povertà, non mancano certo le
occasioni per aiutare il prossimo, quali sono
le persone che vengono accolte e seguite in
queste case d’accoglienza?
Nella missione vicino a Nairobi vengono accolti bambini piccoli e più grandicelli affetti
dal virus dell’Aids, in questa struttura hanno la possibilità di frequentare regolarmente
la scuola e di essere seguiti con una terapia
specifica.
Magari ci possiamo soffermare su questo
centro e in un secondo momento parlare di
quello di Tuuru.
D’accordo, questi bambini che vengono
accolti nella struttura sono orfani oppure
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
74
Un’immagine del dormitorio nella struttura:
ogni lettino è provvisto di zanzariera
hanno i loro genitori, com’è la realtà
familiare in queste zone?
Alcuni bambini sono orfani, mentre altri
hanno i genitori, anche se non sempre è facile risalire alla loro identità, a volte si conosce
uno zio, un parente. Ci sono anche situazioni
nelle quali i genitori non si interessano dei figli e delegano il compito dell’educazione alla
missione, probabilmente sapendo che questa
per i loro figli, in situazioni disagiate, è una
buona opportunità. Ci sono anche bambini che si trovano nel centro solo per essere
curati e frequentano la scuola, ma in questo
caso esterna alla struttura.
Settantacinque bambini tra grandi e piccoli sono attualmente ospitati nella missione di
Nairobi.
Mi posso immaginare che la vita fuori dal
centro sia precaria, come vive la gente del
posto?
La gente vive in semplici baracche, costruite
con legni, fango oppure lamiere, si sostiene
con i prodotti dell’agricoltura provenienti
dai propri appezzamenti di terra. Le donne
sono incaricate in genere per reperire l’acqua
e quindi sono loro che portano i pesi, recandosi presso i punti di distribuzione. Ci sono
anche contenitori che vengono lasciati sul
posto e grazie all’acqua piovana, la popolazione locale può fare rifornimento.
Vendere i propri prodotti provenienti dalle
coltivazioni dei campi al mercato è una soluzione che contribuisce alla microeconomia.
Come sono gestiti i fine settimana in missione, visto che la scuola durante il weekend è
chiusa?
Durante il sabato e la domenica tutti danno
una mano a sistemare gli spazi della missione, per esempio ognuno è responsabile dei
propri abiti, quindi nel fine settimana si lavano e si sistemano al loro posto oppure si
pensa allo studio.
Le cure per combattere il virus dell’Aids, è
risaputo, sono costose, anche se ultimamente
sembra ci siano degli sforzi per fornire il medicamento a prezzi più bassi da parte dei paesi
più ricchi a quelli in via di sviluppo, è possibile curare tutti quelli che ne hanno bisogno?
Tutti i bambini hanno il diritto di essere curati e quindi vengono accolti, chi non si può
permettere le cure viene ospitato ugualmente,
chi invece dispone di una situazione finanziaria migliore aiuta con un piccolo contributo
alle spese.
Le missioni sono inoltre sostenute finanziariamente dal Cottolengo di Torino e naturalmente da offerte private, entrambe le
missioni adottano questo sistema.
75
Nel parco giochi i più piccoli
trascorrono il loro tempo libero
Missione di Tuuru: colpisce il sorriso
spontaneo e disarmante (foto a
destra)
Chi si occupa dei bambini nel centro in
periferia di Nairobi e in quello di Tuuru?
Di regola sono le suore e i volontari che raggiungono la zona ad occuparsi degli ospiti:
dall’alimentazione alle terapie con i medicamenti, dall’istruzione all’igiene personale,
sono tutti compiti che investono molta energia e tempo, ma estremamente necessari per
la sopravvivenza di queste generazioni.
Cucinare per così tanti bambini non è
sempre facile e l’alimentazione è fondamentale, soprattutto per i bambini che devono
assumere dei medicamenti consistenti come
quelli prescritti per la cura dell’Aids, un corpo forte e resistente è indispensabile, basta
un raffreddore per complicare le cose e mettere in pericolo la vita!
Per quel che riguarda l’amministrazione
compete a don Giusto, è lui che si occupa
della gestione del centro.
Quali sono le persone che fanno capo alla
missione di Tuuru?
In questo luogo è attivo don Fiorenzo e in
questa casa vengono accolti bambini disabili
e affetti da malattie mentali, nella maggior
parte dei casi restano per tutta la vita, quindi
convivono piccoli con adulti.
Nel caso di bambini portatori di handicap
o diversamente abili è possibile offrire delle
terapie adeguate?
Certamente, nella missione ci si impegna
affinché ci siano delle terapie, ci vogliono
grandi sforzi e parecchio tempo per avere dei
risultati, ma ci sono casi nei quali si riescono
a fare delle notevoli conquiste.
La scolarizzazione permette di avere un
futuro e di operare delle scelte consapevoli
e responsabili, a Tuuru c’è una scuola che
appartiene a questa missione?
Don Fiorenzo ha una scuola esterna alla
missione che conta ben mille allievi senza
particolari problemi di salute. Dalle regioni discoste provengono circa cinquecento
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
76
Quando si hanno così tanti allievi le regole
sono di primaria importanza per una buona
convivenza, tutti le rispettano?
Normalmente sì, se ci sono casi estremamente difficili da gestire vengono avvisati più
volte, se non subentrano miglioramenti, vengono allontanati dalla scuola.
Come occupano il tempo libero?
Giocando nel piccolo parco giochi adiacente alla missione, non hanno molte pretese, si
accontentano di poco, si divertono a giocare
anche con i vecchi pneumatici delle automobili.
Basta nulla per renderli felici, quello che
noi diamo per scontato.
Si dice che quando si fa ritorno da un
viaggio all’estero, l’esperienza in qualche
modo ci cambi, cosa è dunque cambiato nel
tuo atteggiamento verso la vita?
In Kenia vivono un’altra realtà, completamente lontana dalla nostra, ho visto bambini
essere felici con poco, per uno shampoo per
lavarsi i capelli. Sicuramente ho imparato ad
apprezzare meglio le piccole cose, quelle che
noi nella maggior parte dei casi diamo per
certe.
Questa tua esperienza forse invoglierà
qualcun altro a partire prossimamente in
queste terre per fare del volontariato, ciò è
possibile?
I volontari sono tutti benvenuti, per motivi
ovvi è preferibile restare là per alcuni mesi
e riuscire così ad avere il tempo necessario
per integrarsi nel nuovo ambiente, se si hanno delle conoscenze in campo sociale ancora
meglio.
La Linea del Bernina
ha festeggiato 100 anni
Antonio Platz
Servizio fotografico a cura dell’autore
Tre giorni
indimenticabili,
quelli organizzati
in Valposchiavo
dalla Ferrovia
retica per celebrare
il centenario
dalla messa in
funzione della
linea ferroviaria del
Bernina. Introdotti
dall’assemblea
degli azionisti nel
pomeriggio di
venerdì 18 giugno
2010, sono poi
proseguiti a Brusio
in serata con
l’inaugurazione
del labirinto
celebrativo che ha
visto protagonisti
la Presidente della
Confederazione
Doris Leuthard, il
Viceministro del
Governo italiano
Roberto Castelli, il
Consigliere di Stato
Grigioni Stefan
Engler, il Ministro
Regionale della
Lombardia Raffaele
Cattaneo e il
Direttore della Retica
Erwin Rutishauser.
Celebrazioni che
hanno raggiunto
l’apice nella giornata
di sabato 19 giugno
2010, quando l’intera
popolazione della
Valle ha presenziato
in maniera massiccia
alla festa popolare
conclusasi con
la sfilata delle
locomotive e dei
vagoni che ancora
circolano sulla tratta
del Bernina e gli
immancabili fuochi
d’artificio. Molteplici
le manifestazioni di
corollario proposte
durante la tre giorni
«rosso trenino», a
dimostrazione del
reciproco rispetto
che, da 100 anni
a questa parte,
caratterizza i rapporti
tra Ferrovia retica
e Valposchiavo.
Un treno d’indimenticabili emozioni
ha investito la Valposchiavo!
Lorena in compagnia di un ospite della missione
Ideata e realizzata per ridurre le distanze tra
la Valposchiavo e il resto della Svizzera, la
tratta ferroviaria del Bernina è ormai diventata una delle attrazioni trainanti dell’offerta turistica elvetica. Conosciuta in tutto
il mondo per la bellezza del paesaggio che
lentamente scorre davanti agli occhi dei passeggeri, è un’opera ingegneristica d’incommensurabile valore.
I primi progetti per realizzare una linea
ferroviaria risalgono a fine Ottocento e,
come riportato nell’edizione del 1912 della
rivista Schweiz Bauzeitung, la spinta iniziale fu dettata da necessità commerciali: «Le
vivaci relazioni amichevoli e commerciali
tra i Grigioni e la Valtellina invocavano un
metodo di trasporto più rapido e moderno
lungo il passo del Bernina...». La spinta decisiva che convinse gli investitori privati a
trasformare i progetti in realtà arrivò dalla
creazione delle Forze Motrici Brusio e dalla
realizzazione delle centrali idroelettriche sul
territorio valposchiavino. Nella concessione
per lo sfruttamento delle acque infatti s’inserì la condizione «di fornire l’energia elettrica
a condizioni convenienti per il funzionamento della ferrovia del Bernina».
Iniziarono così i primi lavori e già nel 1908
vennero inaugurate le tratte Poschiavo-Tirano e Pontresina-Morteratsch. Grazie all’abilità e alle profonde conoscenze professionali
in materia di costruzione dimostrate dagli
operai, il 5 luglio 1910 il primo convoglio
transita lungo la linea del Bernina. Il sudore,
le forze, la caparbietà, i sacrifici, le imprecazioni, le ansie, le paure e purtroppo anche il
sangue versato dai molti lavoratori che hanno reso possibile la realizzazione di questa
mastodontica opera si trasformano in grida
di giubilo, ammirazione, stupore e soprattutto soddisfazione. Coscienti di aver partecipato a scrivere la storia della Valposchiavo,
in pochi, quasi sicuramente, avrebbero mai
immaginato che a meno di cento anni di distanza il frutto della loro dimestichezza manuale sarebbe stato riconosciuto patrimonio
mondiale dell’umanità dall’UNESCO.
100 anni dopo...
Impossibile descrivere a parole le emozioni e
la partecipazione che i festeggiamenti per il
centenario della tratta ferroviaria del Bernina hanno risvegliato nella popolazione della
Valposchiavo e tra i numerosi amanti delle
elettrovie accorsi da ogni angolo del globo.
Quella andata in scena il 18, 19 e 20 luglio
2010 è stata una festa da vivere in prima
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
bambini, altri cinquecento-seicento risiedono
nelle baracche vicine.
Nella scuola si trovano una scuola dell’infanzia, otto sezioni di classe elementare e
quattro di superiori.
77
persona e pertanto nessun aggettivo riuscirà
mai a rendergli onore. Un successo che solo
marginalmente va attribuito agli innumerevoli ospiti accorsi in Valle per l’occasione
o alle tante attrazioni nostrane o meno organizzate appositamente per l’evento, bensì
fondamentale è stato lo spirito celebrativo e
di gratitudine tributato a chi questa ferrovia
l’ha costruita e poi resa tanto celebre, nonché
quel pizzico di più che giustificato orgoglio
che serpeggiava tra la popolazione intera.
Assemblea degli azionisti della Ferrovia
retica
La tre giorni rosso trenino è stata introdotta
dall’assemblea generale degli azionisti della
Ferrovia retica che si è tenuta venerdì pomeriggio, 18 luglio 2010, presso le palestre delle scuole di Santa Maria. Assemblea che non
ha riservato particolari sorprese degne di
nota, se non i tanti complimenti espressi – a
volte addirittura con parole rotte dalle lacrime e da un nodo alla gola – dagli investitori.
Segno indiscutibile, quest’ultimo, che l’essere azionista della nostra ferrovia non è certamente solo una speculazione finanziaria,
bensì motivo di orgoglio. Puntuale il discor-
La Presidente della Confederazione Doris Leuthard
(al centro) aiutata dal Viceministro del Governo italia‑
no Roberto Castelli, dal Consigliere regionale della
Lombardia Raffaele Cattaneo, dal Consigliere di Stato
Grigioni Stefan Engler e dal direttore della Ferrovia
retica Erwin Ruthishauser dà ufficialmente inizio ai
festeggiamenti col taglio del nastro
so di benvenuto tenuto dal Podestà di Poschiavo, Tino Zanetti,
che ha sì sottolineato l’importanza nel passato della linea del
Bernina per la Valposchiavo, ma
si è particolarmente soffermato
sull’assoluta necessità di mantenere integro anche in futuro il
binomio tra territorio e Ferrovia
retica. A margine dei lavori vi è
poi stata la proiezione del filmato Fatiche al Bernina, realizzato
da Ruedi Bruderer, pellicola che
è parte integrale in formato digitale del volume curato da Andrea
Tognina per la Società Storica
Val Poschiavo dedicato ai sacrifici compiuti dagli operai che,
giorno dopo giorno, hanno reso
possibile la costruzione di questo
piccolo gioiello architettonico.
L’Onorevole Doris Leuthard ha realmente gradito il
regalo consegnatole a nome dei cittadini di Brusio dal
loro Presidente Pietro Cathieni
Express! Questo piacevole aumento è riconducibile da un lato all’efficiente assistenza ai
clienti in Italia e in Svizzera. Dall’altro lato
l’inserimento della linea del Bernina, insieme
a quella dell’Albula, nell’elenco del Patrimonio mondiale UNESCO nel 2008 ha influito
senz’altro sulla frequenza dei passeggeri.»
Hans-Jürg Spillmann, dal canto suo, si è
brevemente soffermato sul carattere internazionale della tratta e quindi ha citato alcune
delle pietre miliari che hanno contraddistinto
i 100 anni della Bernina: «Se oggi abbiamo
l’opportunità di festeggiare qui, al viadotto
elicoidale di Brusio, il centenario della linea
del Bernina dobbiamo dire grazie, in parte,
agli abitanti di Brusio che, non riuscendo a
trovare un accordo sul percorso della linea,
decisero alla fine che la stazione dovesse trovarsi al di sopra del paese. Ciò costrinse la
società ferroviaria a far passare i binari attraverso una vasta pietraia che venne superata,
appunto, grazie alla costruzione dell’ormai
celebre viadotto elicoidale di Brusio. In parte, però – o, forse, soprattutto – dobbiamo
essere grati anche all’ardire e allo spirito visionario dei pionieri della ferrovia, che non
si sono limitati a escogitare una soluzione
tecnicamente valida per il superamento della
pendenza, bensì hanno dato vita a una vera
e propria opera d’arte, incastonata nel paesaggio circostante come una pietra preziosa
nell’oro, e che, non a caso, vanta da cent’anni a questa parte schiere di ammiratori.
Quasi che gli ingegneri, ancora non paghi a
dispetto delle infinite attrattive che la linea
del Bernina offriva lungo il proprio percorso, avessero voluto regalare al viaggiatore (e
all’automobilista) un ultimo motivo di ammirato stupore subito prima dell’arrivo a
Tirano.»
Condotti per mano dal poliglotta cabarettista Flurin Caviezel si è giunti al momento
dell’inaugurazione ufficiale del Labirinto del
Bernina, opera temporanea che ha riscontrato grande successo di pubblico e di critica.
A tagliare il nastro, e a doversi districare tra
le numerose vie lastricate da indicazioni sulla
storia della tratta, la Presidente della Confe-
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
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La Presidente della Confederazione Doris
Leuthard ospite d’onore della cerimonia
inaugurale ufficiale
Venerdì sera, all’ombra delle arcate del viadotto elicoidale di Brusio, si è tenuta la cerimonia inaugurale svoltasi all’insegna
dell’ufficialità e degli ospiti d’onore. L’onore
e l’onere d’introdurre la serata è toccata ai
vertici della Ferrovia retica coi discorsi celebrativi tenuti da parte del Direttore della
Ferrovia retica Erwin Rutishauser e del Presidente del CdA Hans-Jürg Spillmann.
Il primo, vistosamente emozionato, ha
salutato e ringraziato i numerosi ospiti per
la loro presenza e si è così espresso sul crescente successo fatto riscontrare dalla linea
del Bernina: «Negli ultimi due anni su questa
linea è stato registrato l’aumento più elevato
di passeggeri della storia. Lo scorso anno abbiamo avuto il piacere di accogliere oltre un
milione di persone tra St. Moritz e Tirano,
di cui circa 300’000 sul leggendario Bernina
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derazione Doris Leuthard e il Viceministro
del Governo italiano Roberto Castelli, accompagnati da numerose autorità pubbliche
e private dei due stati confinanti.
A seguire la cena di gala nella tensostruttura adiacente il viadotto, che è stato testimone principale del caloroso discorso della
nostra Presidente: «Rimango sempre stupita
dai risultati che vengono raggiunti quando a
delle idee valide si aggiungono entusiasmo e
forza di volontà. La linea del Bernina, entrata in funzione cento anni fa, ne è un ottimo
esempio. Allora vi sono stati dei pionieri che
hanno saputo agire con grande coraggio, responsabilità e determinazione; di ciò dobbiamo essere loro grati anche oggi. Gli animali
da soma e le diligenze postali sono state sostituite da una ferrovia: d’un tratto viaggiare
in montagna è diventato più semplice, i tragitti più rapidi e sicuri.»
Alle parole dell’onorevole Doris Leuthard
hanno fatto eco quelle del Viceministro dei
trasporti italiano Roberto Castelli: «Sarebbe
da ipocriti paragonare le nostre strade ferrate
con le vostre, men che meno la Bernina con
la Tirano-Milano. Ciò non toglie che anche
in Italia ci stiamo muovendo per migliorare
i collegamenti ferroviari. Penso in particolar
modo alla Freccia Rossa che collega Milano
Il sorriso della Presidente Leuthard
durante l’allocuzione ufficiale
a Napoli e alla meno conosciuta ma altrettanto moderna Freccia Argento che copre la
tratta tra il capoluogo lombardo e Lecce. Per
quanto riguarda i collegamenti da Tirano
verso il resto d’Italia, ovvero quelli che maggiormente vi interessano da vicino, siamo in
procinto di rinnovare il materiale rotabile.
Al momento in fase di discussione pure tre
grandi opere che potrebbero avere ricadute
importanti anche per la Ferrovia retica. Stiamo analizzando la possibilità di creare un
traforo ferroviario sotto il Mortirolo che colleghi Tirano a Edolo, un metrò leggero sempre tra Tirano e Aprica e infine il traforo che
congiungerebbe Chiavenna alla Mesolcina.»
Festa popolare
La giornata di sabato si è aperta con l’ultima parte ufficiale dei festeggiamenti, durante
la quale è stato presentato Bernina Mondo
– un parco a trazione eolica realizzato sui
pascoli che congiungono la stazione di Ospizio Bernina alla strada cantonale dell’omonimo passo –, inaugurata ufficialmente Ark
Sound, un’opera galleggiante dell’artista Daniele Ligari posata sulle acque del Lago Bianco e per concludere vi è stato il passaggio del
Il Viceministro Roberto Castelli prima
del suo discorso si è intrattenuto
col cabarettista grigionese Flurin
Caviezel
di Brusio. Ad inaugurare questa particolare
serata il membro della Direzione Silvio Briccola e il Direttore della Ferrovia retica Erwin
Rutishauser, che hanno scoperto e offerto a
tutti i presenti la torta del Centenario. La
serata è poi continuata con la piacevole esibizione canora del coro delle voci bianche diretto da Manuela Tuena, che si è poi esibita
in cinque classici del suo repertorio musicale
strappando ampio consenso tra il pubblico.
Apprezzata anche la sfilata di moda che ha
visto giovani ragazze della Scuola professionale artigianale della Provincia di Sondrio
presentare i propri lavori di sartoria realizzati utilizzando stoffe prodotte dalla Tessitura
di Valposchiavo. A far salire ulteriormente
l’adrenalina, particolarmente fra i tanti fotografi e cineamatori che affollavano le volte
del viadotto, ci ha poi pensato la sfilata delle
locomotive e dei vagoni che circolano sulla
tratta del Bernina. A seguire, la discesa delle pietre miliari – ovvero dei grossi palloni
rossi che simboleggiavano le tappe principali
della storia della linea del Bernina – lungo
la curva del viadotto e per concludere uno
spettacolo pirotecnico degno dell’importanza della
manifestazione.
Bernina Mondo – allo
spartiacque del Bernina
non c’è tempo che tenga
quando si tratta di
regalarvi un mondo di
emozioni
Un cenno particolare fra le
tante offerte descritte sopra
è da riservare all’installazione Bernina Mondo, che
non va considerata uno dei
tanti eventi organizzati in
occasione del centenario
della linea del Bernina. «È
la nascita di un mondo intero di emozioni – così si è espresso durante
l’atto inaugurale Erwin Rutishauser, direttore della Ferrovia retica –, un parco attrazioni sui generis cui abbiamo dato vita, in
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Qui la Valposchiavo
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testimone da parte del Comune di Poschiavo
al Comune di Pontresina, località dove a settembre è andato in scena, l’ultimo atto dei
festeggiamenti.
In contemporanea a Poschiavo e a Brusio
veniva inaugurata la festa popolare che ha
caratterizzato le giornate di sabato e domenica. A Brusio troneggiavano sotto le arcate
del viadotto, oltre al già citato labirinto celebrativo, le bancarelle di un mercatino tipico
e, a poca distanza, un parco riservato al divertimento per i più piccini.
A Poschiavo l’area circostante la stazione
è stata trasformata in un grande ritrovo per
gli amanti della ferrovia, che hanno potuto godersi la due giorni osservando l’esposizione del materiale rotabile in dotazione
alla Ferrovia retica, divertirsi guidando il
trenino rosso al simulatore e ammirando la
vasta esposizione di trenini da collezione rigorosamente in scala allestita all’interno del
deposito.
Nel tardo pomeriggio la festa popolare è
entrata nel vivo con la cerimonia organizzata
nei capannoni adiacenti il viadotto elicoidale
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1 Ogni mattina, prima che i treni potessero
partire, la tratta veniva controllata a bordo di
questa particolare bicicletta (foto in alto)
2 Durante le giornate di sabato e domenica,
grandi e piccini hanno potuto provare a guidare
il trenino rosso... ma solo al simulatore (foto a
destra)
3 Il labirinto creato all’interno del viadotto
elicoidale di Brusio visto dal finestrino
della cabina di guida dello “Stambecco”, la
locomotrice Gem 4/4 a doppia alimentazione
elettrica e diesel (foto in basso a sinistra)
4 Durante la sfilata di moda hanno suscitato
particolare stupore gli abiti “rosso trenino”
realizzati con stoffe prodotte dalla “Tessitura di
Valposchiavo” (foto in basso a destra)
1 A volte basta poco per divertirsi... (foto in alto)
2 Trenini che passione! (foto in basso)
Il Passo del Bernina, dove nel 19º secolo
ancora arrancavano i Säumer – metà trasportatori e metà contrabbandieri – con i muli
carichi di merci dall’Engadina alla Valposchiavo, si può oggi attraversare in tutta comodità a bordo dei treni ultramoderni della
Ferrovia Retica. Quello che per i passeggeri
è un viaggio di piacere, però, per gli addetti
della ferrovia è un impegno enorme, perché
non è facile mantenere attiva tutto l’anno
la più alta trasversale alpina d’Europa. Per
questo motivo è stata allestita, direttamente
sulla banchina della stazione di Ospizio, una
mostra fotografica che illustra il duro lavoro
dei ferrovieri ai tempi in cui la linea era ancora agli albori.
Da Ospizio un percorso a piedi conduce a
una terrazza panoramica dove una speciale
stazione riproduce le condizioni climatiche
e di vento cui è esposto il tetto d’Europa.
Le maniche a vento biancorosse e le tavole
informative disseminate lungo il percorso
aiutano, rispettivamente, a percepire concretamente la forza del vento e a comprendere le condizioni climatiche nella zona dello
spartiacque.
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Qui la Valposchiavo
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collaborazione con enti turistici e autorità
comunali, allo scopo di rendere ancora più
accattivante una regione che ha già molto da
offrire. Dall’infopoint sulla tratta FR patrimonio mondiale UNESCO al percorso climatico-sensoriale, dalla terrazza panoramica
con la stazione d’analisi delle condizioni climatiche e di vento alla mostra fotografica su
quell’avventura da pionieri della ferrovia che
è stata la costruzione della linea del Bernina. Bernina Mondo è un concentrato di stimoli ed emozioni dedicato a tutti coloro che
vogliono vivere ancora più da vicino l’esperienza della Ferrovia Retica nel paesaggio
culturale Albula/Bernina, che si fregia del titolo di patrimonio mondiale UNESCO.»
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La nuova locomotiva “Allegra” transita ai piedi del
Viadotto elicoidale di Brusio mentre la ABe 4/4 III
celebrativa la osserva dall’alto!
Dalla terrazza panoramica fra la stazione
di Ospizio e la strada di passo del Bernina
lo sguardo spazia lontano sulle immagini
del Lago Bianco e la mente lo accompagna
sull’installazione sonora di ARK SOUND.
Il corpo galleggiante che la ospita è ancorato nell’insenatura all’altezza della stazione
Proposte alternative
Molte le proposte alternative offerte da diversi enti e singoli cittadini.
Oltre alle tante proposte estive che si
rinnovano annualmente – il Giardino dei Ghiacciai di Cavaglia oppure
le visite guidate al borgo di Brusio e
Poschiavo, per citare due esempi –
molte anche le attività proposte appositamente per l’evento.
A Campocologno spiccava la mostra di foto antiche dedicata al trenino, mentre a Brusio, presso il museo
Casa Besta, si potevano ammirare
filmati d’epoca dedicati alla ferrovia.
A Poschiavo gli amanti della filatelia hanno potuto ammirare la mostra
dedicata al mondo dei treni impressi
su francobolli e cartoline realizzata
presso la Galleria della Pro Grigioni
Italiano dal Circolo Filatelico Valposchiavo, mentre gli amanti dell’arte
hanno sicuramente trovato di che
soddisfare la propria passione presso gli spazi del Museo Casa Console. Chi invece desiderava conoscere
la storia della Ferrovia nel contesto
della Valposchiavo poteva visitare la retrospettiva storica dal titolo L’ora
dei pionieri realizzata presso gli spazi del
Museo Poschiavino. Per restare ancora ancorati al passato, il Mulino Aino offriva la
possibilità di fare un’escursione in carrozza
trainata da cavalli e ricordare gli sconfitti
dell’arrivo della ferrovia: i cocchieri.
Teatro al lago
Spettacolo itinerante sulle rive
del lago di Poschiavo
Remo Tosio
Servizio fotografico a cura dell’autore
Organizzato
dalla Sezione
Valposchiavo della
Pro Grigioni Italiano,
durante l’estate
2009 ha avuto luogo
la rappresentazione
Teatro al lago.
Uno spettacolo
lungo le rive del
lago di Poschiavo
(Le Prese) basato
su avvenimenti
contenuti nell’opera
narrativa di Massimo
Lardi, Racconti del
prestino - Uomini,
bestie e fantasmi. La
manifestazione ha
avuto uno strepitoso
successo, per cui
ha dovuto essere
ripetuta varie volte.
Gli spettatori si
spostavano tramite
bicicletta oppure
su un comodo
e nostalgico
calesse. Una
rappresentazione
geniale e unica,
alla quale hanno
partecipato
numerosi attori. La
regia era affidata a
Valerio Maffioletti
e Gigliola Amonini.
Racconterò qui
brevemente i
passaggi più
significativi
del teatro.
Teatro al lago: farsi portare lungo le rive del lago su
un nostalgico calesse è una vera goduria!
Partenza dal grande parcheggio di Le Prese e
raggiungimento della frazione Cantone tramite bicicletta o calesse. Già il tragitto stesso
è una vera goduria, grazie ad una giornata
asciutta e alle volte solatia. La prima scena
si svolge nel prato antistante il paesello di
Cantone. Ad un albero sono appesi dei calzari. Sopraggiunge un gruppo di contadini
che staccano le scarpe e se le calzano. È questo un simbolo-metafora della vita dell’emigrazione poschiavina; a qualcuno arriderà la
fortuna mentre ad altri riserverà amarezze e
tribolazioni.
Segue l’episodio del pastore protestante Il
professore filantropo, Giovanni Luzzi, che
affida al calzolaio Palmino la riparazione di
un paio di scarpe da signora. Ma Palmino ha
trattato quei delicati calzari come se fossero
degli scarponi, per cui il professore li porta
in canonica dal collega cattolico con l’intenzione di donarli ad una contadina bisognosa.
La società di tiro di Le Prese era stata istituita, ma mancava il marcatore dei punti
perché avevano tutti paura; «Allora il maestro Luigi trovò la soluzione. Con la sua
autorità designò Pierin Menèt. Lo vestì con
i panni rossi della Confraternita del Carmelo e gli mise in mano il bandierone svizzero
attaccato a un’asta lunga tre metri. Così vestito e con quella bandiera, i tiratori potevano seguire ogni suo movimento riducendo al
massimo il pericolo di sparare su di lui».
La storia dell’imbianchino sbornia Smitìn
gira attorno ad un baule di legno chiuso con
un lucchetto che nonna Celesta teneva in cucina sotto la panca, aspettando che gli eredi
di Smitìn venissero a ritirarlo. Avendo sentito
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
di Ospizio Bernina, a nord del lago
verso Pontresina. I viaggiatori hanno
modo, così, di aggirare a bordo del
treno l’oggetto, sullo sfondo di uno
dei paesaggi più belli che le Alpi hanno da offrire – con l’aggiunta di un
suggestivo gioco d’acqua cromatico,
bianco per il Lago Bianco e nero per il
Lej Nair – dove l’acqua che scende dai
fianchi della montagna si divide idillicamente fra Adriatico a sud e Mar
Nero a nord.
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Qui la Valposchiavo
La società di tiro di Le Prese: Pierin Menèt (Mario
Rossi) addetto marcatore
Cantone: gli spettatori in attesa del primo episodio dello spettacolo teatrale al lago
tutte le storie interessanti che giravano attorno a questo personaggio, famoso per le sue
battute e le ubriacature, i ragazzi si incuriosirono al punto tale che ruppero il lucchetto e vi trovarono «un piccolo telescopio, un
atlante celeste, un libretto della Banca Cantonale con pochi centesimi di risparmio e il
testamento di una povera zia, che limitava il
suo diritto di eredità alla porzione legittima,
perché beveva».
La fecondazione artificiale ai suoi esordi fu
ritenuta da molti contadini una mostruosità.
Due sorelle nubili e anziane non ne volevano
sapere di quella porcheria, per cui le loro due
mucche per un po’ rimasero senza fecondazione e di conseguenza senza latte. A rassicurarle intervenne il parroco; le due sorelle si
rassegnarono alla necessità della fecondazione artificiale.
In una stalla-fienile al Cantone sono raccolte alcune donne che raccontano l’affascinante avvenimento de Il miracolo. Il miracolato
era il bambino Pio di Viano. Finito il foraggio durante il mese di marzo la famiglia portava le bestie sul maggengo di Irola, a una
sola mezz’ora di salita. Era possibile quindi
governare il bestiame andandoci la mattina
e tornando la sera. Quella volta la salita era
difficoltosa a causa della neve e della bufera.
Per cui i figli più piccoli dovettero rimanere
a casa da una vecchia zia. Appena la zia si
appisolò, Pio sgattaiolò via verso Irola ma fu
L’accompagnamento musicale era affidato
al Gruppo Armony di Marco Fighera
Al Cantone sopraggiunge un gruppo di contadini
che vanno … sotto un albero dove sono appese
delle scarpe. Un simbolo-metafora dell’emigrazione
colto dalla bufera e perdette l’orientamento.
Lo trovarono soltanto tre giorni dopo, miracolosamente vivo. Per questo fatto lo soprannominarono il Miracolato.
In Democrazia diretta si racconta l’episodio della nomina del nuovo maestro, avvenuta dopo la processione della Madonna
del Carmelo a Le Prese. L’amministratore
scolastico, che poi era il panettiere, indisse il
sindacato nell’aula scolastica. Ciascuno dei
due candidati era sostenuto in modo euforico dai rispettivi parenti. L’inaspettato grattacapo per l’amministratore avvenne dal fatto
che ad elezione ultimata c’era parità, 31 voti
a ciascuno dei candidati. Quindi, come si
usava fare in simili casi, la scelta definitiva
era competenza dell’amministratore. Nacque una rissa che degenerò in un pestaggio
generale. La parte perdente fece ricorso al
Consiglio scolastico, il quale scaricò il barile al Consiglio comunale. Il podestà sentenziò che fosse la sorte a decidere la nomina;
il sorteggio confermò l’eletto in precedenza.
Ma qualche sera più tardi il nuovo maestro
fu trovato sanguinante e tramortito di botte.
Scappò dal paese e andò ad insegnare a Mesocco.
I francesi in Valle: rendendosi conto che
qualsiasi resistenza avrebbe solo aggravato la
situazione, si optò di scendere a patti con gli
invasori. Prima che arrivassero in Valle, il 13
marzo 1799, molti si rifugiarono sui monti.
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La fecondazione artificiale: il prete (Mario Rossi)
e le sorelle (Elena Badilatti e Francesca Luminati)
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Smitìn (Gianni Zanolari) l’imbianchino ubriacone famoso per le sue battute
Il professore filantropo (Nando Nussio):
le eleganti scarpe da donna risuolate a scarponi
Le truppe francesi si diedero al saccheggio,
spaccando porte e portando via tutto quello
che trovavano, perfino il fieno e la legna.
Sulla riva del lago due donne, un’altalena
e un mazzo di rose, stanno raccontando la
triste storia de La corna da Talurin. «Quella
sera, prima dell’imbrunire, la gente di Cantone non vide passare come al solito il vecchio Talurin, non lo vide costeggiare la Coda
e spingersi avanti fino alla roccia a picco sul
lago, ora perforata dalla prima galleria, per
rimanere con il pensiero rivolto al figlio perso
tanti anni prima. […] Non vedendolo passare
la gente si mise in ascolto. All’imbrunire sentì
i rintocchi della campana a morto della curazia di Prada. Capì che finalmente le preghiere
do poi si accorsero che la barca faceva acqua ci scherzarono sopra per far impaurire
le ragazze. «Il legno improvvisamente si
riempì d’acqua e si rovesciò scomparendo fra le onde sollevate dal vento. La folla
vide quei giovani in un solo grappolo sprofondare nei flutti, e il natante ricomparire
capovolto poco più in là». Accorsero delle
barche che ripescarono una ragazza e due
ragazzi aggrappati al legno. Degli altri cinque nessuna traccia. Quattro riaffiorarono
nel pomeriggio del giorno seguente, mentre il quinto non fu mai trovato. A sottolineare l’evento una barca sotto il balcone
dell’Hotel con Manuela Tuena che cantava
l’Ave Maria di Schubert.
del vecchio erano state esaudite e che aveva
raggiunto il figlio in un mondo migliore».
Tragedia sul lago: la scena teatrale avviene
sulla balconata dell’Hotel Le Prese, è il triste
racconto di un avvenimento avvenuto il 14
luglio 1895. Era la domenica in cui ricorreva la festa della Madonna del Carmelo. Una
giornata estiva senza nuvole che richiamò
una moltitudine di gente proveniente dalla
Villa. Un gruppo di giovanotti baldanzosi si
impossessarono di un barcone – capovolto
lungo la riva con i rispettivi remi – invitando alcune amiche a salirvi. Ignari del fatto
che prima di poterla usare una barca di legno deve ammollare almeno una quindicina
di giorni, si allontanarono dalla riva. Quan-
Il miracolo: le donne riunite in stalla raccontano
la storia di Pio “il Miracolato”
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Democrazia diretta: dopo la processione
della Madonna del Carmelo (prete: Mario Rossi)…
L’idea di rappresentare teatralmente
alcuni Racconti del prestino di Massimo Lardi è stata veramente geniale. Mi
sono molto divertito e ho apprezzato
l’impegno dei numerosi attori (fra grandi
e piccoli erano ben 24). L’accompagnamento musicale era affidato al Gruppo
Armony di Marco Fighera. Il filo narrativo del percorso veniva sostenuto da due
conduttrici: Sabina Paganini e Annabella
Lardelli. Determinante è stato il lavoro
della regia con Gigliola Amonini e Valerio Maffioletti.
…si elegge il nuovo maestro. Da sinistra:
Hans Jörg Bannwart, Nando Nussio e Franco Vassella
Da questa parte signore e signori: Sabina Paganini, una delle due conduttrici
Tragedia sul lago: nel 1895 persero la vita cinque giovani durante un’uscita in barca. Il ricordo della tragedia
viene sottolineato con l’Ave Maria di Schubert, cantata
da Manuela Tuena
Da sinistra: Valerio Maffioletti,
Massimo Lardi e Gigliola Amonini
I francesi in Valle: la gente si rifugia sui monti per
sfuggire alla furia delle truppe francesi
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Gian Casper Bott
Foto: Federico Pollini
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Dopo quasi due
anni di intensa
e meticolosa
attività, domenica
6 giugno 2010 è
stato ufficialmente
inaugurato il
restauro dell’oratorio
e ossario Sant’Anna
a Poschiavo.
Una cappella del
Settecento – fatta
costruire dalla
Confraternita
del Santissimo
Sacramento
– ritornata ai nativi
splendori. Il restauro
artistico è stato
affidato a Ivano
Rampa, che ha
operato con acutezza
e dedizione.
La Comunità
parrocchiale ha
avuto la fortuna di
poter contare sullo
storico dell’arte
Gian Casper Bott, il
quale ha studiato
e descritto nei
particolari gli
avvenimenti sociali,
storici e artistici di
questa straordinaria
cappella. Il suo
pregiato studio è
già stato pubblicato
nei Quaderni
grigionitaliani del
2007. È imminente
l’uscita di una
pubblicazione edita
dalla Società Storica
Val Poschiavo.
L’opera pittorica più
attrattiva di S. Anna
è sicuramente quella
dell’Apocalisse.
Ringraziamo Gian
Casper Bott per la
sua disponibilità nel
svelarci i simbolismi
e i riferimenti biblici
(Apocalisse 4-5)
della stessa. N.d.R.
La cupola di Lorenzo Piccioli
in S. Anna a Poschiavo
L’oratorio S. Anna – uno dei più significativi e singolari esempi di arte sacra barocca nei Grigioni – fu l’ultima istituzione, in
ordine di tempo, con cui, nel 1732, venne
completato in maniera tanto bella urbanisticamente quanto efficace spiritualmente il
fitto tessuto culturale-ecclesiastico che rende
il centro di Poschiavo così ricco di storia e
di arte. L’attrattiva dell’edificio esteriormente più vistosa, la loggia ombreggiata davanti
all’oratorio – adibita ad ossario e tangibile
memento mori –, è in stretto rapporto con lo
spazio urbano, al cui ornamento contribuisce
in modo decoroso. Il leggiadro portico di S.
Anna sta a marcare una complessa situazione d’ingresso, vestibolo e zona di passaggio
fra il mondo esterno e l’ambiente privilegiato
dell’interno. Una suggestiva cadenza calante
è formata dalle volte dei tre soffitti dell’oratorio: la cupola pendente della navata è seguita dalla volta ellittica del presbiterio e
quindi dal soffitto tipo cupola pendente del
coro dei confratelli. Questa struttura tripartita è già di per sé con forte valenza simbolica e allude alla Trinità; come la cupola è da
considerare una metafora architettonica per
la volta del firmamento.
Grazie a due ricevute del 1760 nell’archivio della Parrocchia di San Vittore Mauro
a Poschiavo, è possibile datare e attribuire
con sicurezza gli affreschi nella navata e nel
presbiterio dell’oratorio S. Anna a Lorenzo
Piccioli, pittore di Villa di Tirano allora circa trentaquattrenne. L’opera di Piccioli non è
ancora scoperta e valutata nella sua totalità.
Il pittore eseguì un ulteriore affresco monumentale, nel 1774 a Stazzona, un’Assunzione
della Vergine nella finta cupola del Santuario
Madonna della neve.
Situato nel campo visivo di chi entra, l’affresco principale illustra l’audace visione dell’Apocalisse giovannea e rende l’idea di voler
permettere la contemplazione della bellezza
divina, del Numinoso. La visione rappresentata si basa sui capitoli quarto e quinto
dell’Apocalisse di Giovanni. Questi presentano la visione celeste, con l’adorazione di
Dio da parte dei quattro esseri viventi e dei
ventiquattro anziani, e l’intronizzazione dell’Agnello. Sull’affresco nell’oratorio S. Anna
sono dunque realisticamente visibili la liturgia celeste e i preliminari del Gran Giorno.
Il tema della composizione è legato al tempo
terminale e preannuncia il Giudizio Universale.
In basso si vede Giovanni, giovane imberbe dai cappelli lunghi, rapito in spirito,
attraverso la cui testimonianza scritta l’os-
Qui la Valposchiavo
Apocalittici splendori,
suoni visionari
Domenica 6 giugno 2010, inaugurazione del restauro
dell’oratorio e ossario S. Anna. Foto: Remo Tosio
Giovanni, “rapito in spirito”, con uno degli anziani che
gli dice: “Non seguitare a piangere. Ecco: ha vinto il
Leone della tribù di Giuda, la Radice di David, e può
aprire il libro e i suoi sette sigilli”
servatore può accedere alla presentata visione apocalittica. Il momento è quello in cui
uno degli anziani gli dice: «Non seguitare a
piangere. Ecco: ha vinto il Leone della tribù
di Giuda, la Radice di David, e può aprire il
libro e i suoi sette sigilli». In alto – ma pur
sempre sotto l’ubicazione dell’Eterno – si
scorge il regista della scena, l’angelo forte e
potente che guida il visionario e gli interpreta i segni, che bandiva a gran voce, con una
voce squillante, come di tromba: «Sali qua, e
io ti mostrerò le cose che debbono avvenire
da ora innanzi».
Il raggiante trono di Dio è situato su un
ideale asse con l’altare dell’oratorio, a sua
volta una specie di trono per l’Eucaristia.
L’Eterno è rappresentato in effigie di un venerando vegliardo. La Bibbia lo descrive simile,
nell’aspetto, a gemma di diaspro e sardònico,
attorniato da un arcobaleno che, a vederlo,
somigliava a uno smeraldo. Dal trono celeste
stesso, in cui si specchia ed esprime il pensiero della vittoria del Cristianesimo, «escono
lampi, voci e tuoni; e sette fiaccole di fuoco
ardono davanti al trono: sono i sette Spiriti
di Dio. Davanti al trono c’era come un mare,
dall’aspetto del vetro, simile a cristallo.»
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Il raggiante trono di Dio è situato su un ideale asse con
l’altare dell’oratorio, a sua volta una specie di trono
per l’Eucaristia. L’Eterno è rappresentato in effigie di
un venerando vegliardo
Quattro creature viventi, considerate come
simboli dei quattro evangelisti, siedono attorno all’Eterno: «Il primo vivente simile a un
leone, il secondo vivente simile a un vitello,
il terzo vivente ha la faccia come d’uomo, e
il quarto vivente simile a un’aquila volante».
Giorno e notte, senza tregua, dicono: «Santo, Santo, Santo, / il Signore Dio, il Dominatore universale, / Colui che era, e che è, e che
viene». I ventiquattro anziani accompagnano questa formula di gloria, onore e ringraziamento con le seguenti parole: «Degno sei,
Signore Dio nostro, / di ricevere la gloria e
l’onore e la potenza, / perché tu creasti tutte
le cose, / per il tuo volere esistono e furono
create».
L’agnello è il simbolo maggiore di Cristo
nel suo ruolo sacrificale. Con Cristo Dio sacrificò l’unico suo figlio. Dalle altre qualità
generalmente attribuite all’agnello, questo
candido animale ricevette il significato simbolico di innocenza, mansuetudine, pazienza e umiltà. Un libro scritto dentro e fuori,
suggellato con sette sigilli sta nelle mani di
Il re sulla destra ricorda Davide che suona l’arpa; il suo
manto ampiamente drappeggiato è un suggestivo
equivalente del suono
nell’oratorio si collegano all’altare, formando un’unità iconologica.
La visione di Giovanni è rappresentata
come se l’Eterno stesse discendendo dal serenissimo, immutabile, incorruttibile ed etereo cielo empireo, giù nella sfera sublunare,
secondo il sistema geocentrico aristotelicotolemaico, la sfera più in prossimità della
terra, al limite inferiore del mondo celeste, e
l’unica in cui vi sono delle nuvole. Nell’oratorio S. Anna è dunque in atto una discensione, all’opposto dell’ascensione resa visibile
da Giuseppe Brina tramite l’arte della pittura
nella cupola della chiesa di S. Maria Assunta
a Poschiavo.
Oltre ad essere un piacere visivo, la decorazione delle cupola è anche un notevole
brano di musica dipinta, che sembra voler dilettare l’udito superando la concezione della
pittura come poesia muta. L’idea che un’opera pittorica abbia un effetto analogo sulla
vista come un’opera musicale sull’udito era
divulgata all’epoca. Nell’affresco è in atto un
concerto sacro. I vegliardi inneggiano il nuo­
vo cantico della redenzione e salvezza.
Esperti in musica strumentale e musica
vocale, i musicanti celesti cantano e suonano l’arpa, lo strumento biblico e della lode di
Dio per eccellenza. Le loro ricche vesti sono
di diversi colori, come se riflettessero la scala cromatica dell’arcobaleno apocalittico, le
loro pratiche incitano i confratelli alle azioni
liturgiche, alla devozione. È suggestiva l’immagine che il suono della musica, dei canti e
delle preghiere provenienti dalla navata, dal
presbiterio e dal coro dell’oratorio sia captato per un breve attimo su nella volta della
cupola. La pittura sembra quasi conservarne
la fugace bellezza in eterno, e vuole anche essere udita, rivolgersi all’orecchio, considerato tradizionalmente come l’organo più atto
alla cognizione del Divino. Il re sulla destra
ricorda Davide che suona l’arpa; il suo manto ampiamente drappeggiato è un suggestivo equivalente del suono. Per il suo suono
etereo, l’arpa era molto stimata in ambienti
reali e aristocratici. In una forma o l’altra ha
comunemente il suo posto nell’iconografia
dei concerti angelici.
Le nuvole che si addensano sulla composizione sono un segno del Divino. È come
se servissero ad attenuare e al contempo accentuare l’inimmaginabile chiarore celeste,
la straordinaria luminosità che emana dall’Eterno. Il cielo delle nuvole è parte dell’ambiente umano. L’affresco permette dunque
di dare uno sguardo in un altro mondo, ma
pur sempre commensurabile con quello terreno. Nel contesto dell’Apocalisse, le nuvole
ricordano in primo luogo un famoso passaggio del suo inizio, dove il secondo avvento
di Cristo è descritto con il seguente versetto
suggestivo: «Ecco, viene con le nubi».
Quattro cartigli dorati sono finti sul cornicione dipinto e illustrano con la parola i relativi passi salienti dell’Apocalisse: «Vidi un
libro scritto dentro e fuori. / Chi è degno di
aprire il libro e di sciogliere i suoi sigilli? /
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
94
Dio. È il libro di cui parlano sia l’angelo raffigurato, sia l’iscrizione in uno dei cartigli sul
cornicione. Giovanni ha pianto, perché nes­
suno, né in cielo né sulla terra né sotto la ter­
ra, poteva aprire il libro e leggerlo. Ma ora
l’Agnello riceve il libro dalle mani di Dio.
Con la consegna del libro – il libro dell’avvenire, che contiene il mistero del destino umano – Cristo assume il dominio sulla storia.
Il susseguirsi degli avvenimenti apocalittici
sarà prodotto dall’apertura dei sette sigilli.
I ventiquattro vegliardi rappresentano il
popolo di Dio nella sua completezza, il popolo dell’Antico e del Nuovo Testamento.
Essi stanno per le schiere angeliche, per la totalità degli eletti nell’empireo, una scelta dei
membri della corte di Dio. Le loro corone, in
parte tolte in segno di reverenza, sono simbolo di sovranità, sia terrena sia celeste. Le
coppe che quattro di loro offrono al Padre
Eterno sono colme di profumi, che sono le
preghiere dei santi. Il numero ventiquattro
allude alle ore di un giorno. I ventiquattro
anziani trasfigurati in immagini di perfetti
cristiani, stanno anche a rappresentare i confratelli, che vi possono scorgere delle figure
di identificazione. Dal fatto che gli adoranti
siano tutti maschili si potrebbe essere indotti
a dedurre che la confraternita era riservata
agli uomini. Fino alla metà dell’Ottocento i
documenti parlano però anche di consorelle
del SS. Sacramento.
Come l’architettura, la decorazione pittorica vuole essere sbalorditiva ed è atta a sorprendere e meravigliare. L’apertura rotonda
della cupola, o più precisamente l’oculo
circondato da una finta cornice architettonica, è come un grande occhio spalancato
sul visionario e trionfale cielo cristiano. La
cornice della quadratura si riferisce formalmente al cornicione dell’architettura reale
dell’oratorio. Attraverso il tema eucaristico,
l’adorazione del SS. Sacramento, gli affreschi
95
Poesie
di Andrea Paganini
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
96
Non seguitare a piangere. Ecco: ha vinto il
Leone della tribù di Giuda. / Tu sei degno di
ricevere il libro e di aprire i suoi sigilli, perché fosti sgozzato». Le iscrizioni tratte dal
quinto libro dell’Apocalisse – locuzioni rese
in modo ben visibile, seppur in lingua latina – che conferiscono al tutto un’ulteriore
dimensione intellettuale suggeriscono che la
pittura di questo genere non vuole solamente essere vista, bensì anche letta; che oltre il
piacere estetico ne deriva anche un arricchimento spirituale. Per di più i fatti illustrati
sono innanzitutto stati tramandati grazie alle
sacre scritture.
Quattro emblemi cristologici – simboli
riferentesi a Gesù – lievemente adagiati su
delle nuvolette cingono l’affresco con la visione di Giovanni. Si trovano su dei cartigli
a rocaille nella zona dei pennacchi, e sono
delle grisaglie, delle pitture che imitano dei
rilievi scultorei. Il Pellicano, che con il suo
stesso sangue nutre la sua prole, è un simbolo per la Carità personificata in Cristo, che
sacrificò la sua vita per l’umanità; è inoltre
segno del disinteressato amore paterno e materno e in generale per il prossimo. Il tema
del nutrimento è profondamente connesso al
tema eucaristico, che è il motivo principale
dell’oratorio e degli affreschi che lo ornano.
L’Agnello ripete ed accentua il tema dell’affresco – l’adorazione dell’Agnus Dei –, cui
è allegato. Una Corona di palme attorno a
un Flagello significa la passione, e in senso
lato il martirio, come pure la disciplina morale dei confratelli. Una Fontana in forma di
calice, simboleggiante a sua volta la Fede, sta
per Cristo – fonte e origine di tutto l’apostolato della Chiesa – come Fonte di Vita e Salvezza.
Rappresentando delle cose comunemente
ritenute impossibili, la pittura lancia una sfida alla legge di gravità e con un linguaggio
realistico supera una particolare difficoltà
dell’arte. Attraverso lo stupore vi è un forte
coinvolgimento, anche emotivo, di chi osser-
La tua parola, uomo
Uno dei cartigli dorati sul cornicione con la parola dell’Apocalisse: “Tu sei degno di ricevere il libro e di aprire i
suoi sigilli, perché fosti sgozzato”
va. Non stupisce che questi affreschi dipinti in un’epoca caratterizzata dalla continua
ricerca di una visualizzazione di contenuti
astratti siano da intendere come rappresentazione visibile di fenomeni spirituali, di idee
teologiche, non accessibili alla percezione
sensibile. Grazie a questa pittura che pretende di adempiere una meditazione credibile di
contenuti della fede, lo spettatore sembra diventare testimone oculare di un fatto tanto
immateriale, quanto attuale, di un mistero
del credo cattolico.
«Ed ecco una porta aperta nel cielo» – così
inizia la visione che Giovanni ha dell’Eterno
sul suo trono. Questo suggestivo motivo della porta che si spalanca sul cielo e sul mondo
della conclusione, manca nell’affresco di Poschiavo. È come se si avesse voluto affermare che la porta reale dell’oratorio, una volta
aperta, svolge la precisa funzione di consentire a chi entra nell’edificio sacro la visione
e contemplazione del Divino. La finzione del
pittore è di un luogo oltre le porte del cielo;
finzione che rafforza sia la realtà del luogo
terrestre, sia la presunta immediata tangibilità della visione celeste.
97
Cadono e decadono pari a spore,
d‘impeto di sé ignaro e senza fine,
sprecandosi a valanghe le parole,
tenute vane, innocue ed amorali,
transeunti e perciò irrelate al senso
(di ciò c‘illudi, massa che le usi).
E tu, tu taci; o, parco di parole,
ti guardi bene dal legarti ad esse,
e temi, a dire un «sì» «ti amo» «scusami»,
di troppo dire a chi ti sta vicino,
uomo. Ché invade e incide tutta l‘anima
e la mente la tua parola, uomo.
Colpa e salvezza dell‘umana specie
che non mi lascia indenne o uguale mai;
arma ed armonia d‘ogni mio pensiero
che forse adesso mi concede l‘essere.
Inerzia
Non è l‘annichilirsi in libertà
amato e accolto per scelte concrete,
ma, come automi senza dignità,
trascina molti nell‘inerte quiete:
peggiore dell‘assenza d‘unità,
l‘assenza del bisogno, della sete.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
auricolari poiché stava falciando col filo. Era
svenuta, poco ci mancò che non morisse di
crepacuore».
Vero è che alla notizia della sciagura e, in
seguito, alla vista del figlio morto, la mamma
corse il rischio di rimanere stroncata pure lei.
Gli interrogativi più angosciosi l’assalirono:
perché proprio Enrico? Perché finire in quel
modo sul fiore degli anni con tutta la sua volontà e capacità di fare il bene? L’aiutarono
a rassegnarsi alla tragedia il marito e i due
figli che le erano rimasti, la sua forte fibra,
e non da ultimo la fede cristiana, che ha la
facoltà di consolare chiunque e in qualsiasi
circostanza a essa ricorra. E il ricordo delle
intenzioni di Enrico l’aiutarono a fare di necessità virtù.
Qui la Valposchiavo
Massimo Lardi
98
È un bel colpo d’occhio la piramide rosa del
Sassalbo, erta e brulla sopra l’ampio giogo rivestito di abeti che le fa da piedistallo. Nelle pieghe e nei risvolti dell’abetaia si
stendono alpeggi dai nomi antichi e sonori:
Plata, Melera, Muleita, Cansumé e, sparsi
negli ameni prati, non è raro incontrare certi massi erratici, prismatoidi o rozzamente
squadrati, grandi come baite e anche di più,
che attirano l’attenzione del viaggiatore. Automaticamente egli alza lo sguardo verso il
cielo e l’incombente vetta, e capisce da dove
sono piovuti. Fino a qualche anno fa veniva
la voglia di scherzarci sopra e di favoleggiare
che in mitiche età se ne servivano i salvanchi
per giocare ai dadi. Ma oggi più nessuno ci
scherza, tutti sanno quanto insidiosa possa
essere questa montagna.
Erano le 10:25 del 27 giugno 2001, una
bellissima giornata d’estate. Enrico Hürlimann, un ragazzo che il 30 ottobre avrebbe
compiuto 28 anni, dal carattere solare, meccanico della Ferrovia retica, atletico e ardimentoso, sempre allegro e premuroso, stava
falciando a macchina i prati di Plata per aiutare un amico. Manovrava la falciatrice
come un gingillo su per quegli impervi pendii e cercava di guadagnar tempo, perché alle
13:30 avrebbe dovuto riprendere il servizio
alla stazione di Pontresina. In quella, mentre
meno se l’aspettava e il ruggito del motore
copriva ogni altro rumore, i rami di un abete
secolare stroncato come un fuscello lo investirono con spaventoso schianto e lo lasciarono esanime al suolo con spezzate la nuca e
la spina dorsale. Che cos’era successo?
Un macigno enorme si era staccato dalla
parete del Sassalbo piombando sull’abetaia,
spazzando via gli alberi sul suo percorso,
lanciando davanti a sé tronchi e spezzoni e
rami, sfiorando cascine e scavando buche
gigantesche, per poi conficcarsi e rimane-
Enrico nell’America del Sud
Enrico con un amico sul Pizzo Palü
re immoto in un prato paludoso sottostante. Con un incredibile salto era passato alto
sopra la testa di Enrico quasi l’avesse voluto
risparmiare, ma aveva colpito e fatto rovinare l’abete sul ragazzo, causando la sua morte
immediata.
Con la fulmineità di quel macigno la disgrazia fece il giro della Valle e la gente ne
parlò con tanta partecipazione e aggiungendo dettagli di pura fantasia che nel giro di
pochi giorni divenne leggenda. «È morto sotto gli occhi della mamma» si diceva. «Figurarsi quella povera donna. A poca distanza
stava spandendo il fieno, aveva sentito il fracasso e visto scendere il macigno in direzione
del figlio, disperatamente quanto inutilmente aveva gridato che si mettesse in salvo, ma
lui non l’aveva sentita; portava i tamponi
Già durante la scuola e il tirocinio di
meccanico al Deposito della FR a Poschiavo e a Landquart, brillantemente concluso,
Enrico si era impegnato come esploratore
e membro della Sportiva Palü. Poi, a piena
soddisfazione dei superiori, aveva assolto la
scuola reclute con le truppe motorizzate, lavorato presso l’industria Schindler a Coira
e indi nuovamente presso la FR al Deposito di Pontresina. Ma il lavoro era ben lungi dall’esaurire l’esuberante energia dei suoi
vent’anni, per cui si impegnava in mille altre cose: voleva rendere tutti felici, donava il
sangue più volte all’anno, aiutava i genitori e gli amici nei lavori di campagna, praticava la caccia e la pesca, correva in moto,
e soprattutto aveva la passione della montagna. Per lui, scalare con gli amici il Varuna, il
Palü, il Morteratsch, il Bernina era una piccola gita domenicale. Solo il Sassalbo, quasi
avesse avuto un sinistro presagio, lo riteneva
pericoloso e se ne teneva lontano. Per contro amava cimentarsi nella scalata delle più
alte cime del mondo. Con l’amico Mirko
aveva soggiornato quattro mesi in Argentina
visitando la Terra del Fuoco e i picchi delle
Ande; con l’amico Mattia aveva conquistato
l’Aconcagua, 6’962 m s.l.m. Si sentiva particolarmente attratto dall’Himalaya. Insieme
alla fidanzata Simona aveva girato il Nepal
in bicicletta, spedita per posta aerea. Il Nepal, con le sue vette oltre gli ottomila metri
che intendeva scalare, con la sua bellezza e
miseria, la difficile situazione politica e la
crudele realtà delle caste, aveva impressionato Enrico più di ogni altro paese che aveva
visitato. Proprio di recente aveva confidato
ai genitori di voler inviare del denaro a un
amico laggiù per un’encomiabile opera filantropica.
Ecco dunque la prima decisione del padre
e della madre. Non fiori ma opere di bene,
come si suol dire, e non un ritrovo conviviale
con parenti e amici dopo il funerale. Ma le
offerte, il denaro necessario per il rinfresco,
un bel gruzzolo di Enrico e della fidanzata,
un’elargizione dei genitori stessi, tutto dove-
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
«Enrico’s memory day»
99
Enrico e Simona in Nepal
va essere devoluto a quel caro amico a decine di migliaia di chilometri di distanza. Era
come darlo a Enrico, continuare a vivere con
lui e per lui.
La situazione politica in Nepal era però
caotica e in continuo fermento a causa dei
maoisti; aveva avuto luogo un colpo di stato, il vecchio e onesto re era stato ucciso con
tutta la famiglia e un suo fratello di ben altra
pasta ne aveva usurpato il trono. Insomma
non c’era da fidarsi a spedire quattrini. Per
questo motivo i genitori si fecero coraggio
e, accompagnati dalla figlia Claudia, da Simona e dal rispettivo padre, presero l’aereo
e con il denaro e l’indirizzo dell’amico si avventurarono sulle tracce del figlio per compiere l’ultima volontà che aveva espresso.
Arrivati a Katmandu rimasero soggiogati dalla maestosità del paesaggio, dalla vita
Con l’aiuto di Enrico, Besudev, appartenente
alla casta più bassa ma non privo della necessaria istruzione, aveva comperato quaderni e
matite, una lavagna, carte geografiche e libri,
e aveva allestito un’aula scolastica in un locale attiguo all’officina meccanica del paese.
Con quei mezzi si era messo a scolarizzare
gratuitamente un centinaio di fanciulli del
circondario, alcuni dei quali facevano anche
due ore e mezza di strada a piedi la mattina
e altrettanti la sera per arrivarci. Senza l’iniziativa di quel maestro, molti di essi sarebbero rimasti analfabeti. Sulla carta geografica
mondiale la Svizzera era evidenziata con un
grosso cerchio rosso.
Figurarsi gli occhi di Besudev, quando si
vide consegnare l’assegno; un importo di decine di migliaia di franchi che, per quanto
modesto alle nostre latitudini, rappresenta-
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
100
frenetica, dalla presenza massiccia di rifugiati tibetani, dai costumi variopinti, dalla mancanza di organizzazione e comodità.
Con quell’indirizzo in mano depositarono in
una banca il prezioso capitale sul conto dell’amico. Presero poi una specie di autobus
per Nagarkot nella Splendid Valley. Il mezzo
pubblico non aveva pareti, era in parte già
carico di sacchi di grano da semina, sopra
i quali presero posto i viaggiatori, uomini e
donne ammucchiati in una promiscuità incredibile. Eppure, nessuna volgarità o mancanza
di rispetto, anzi, una gentilezza e un riguardo reciproco che rinfrancò i nostri pellegrini.
Dopo lunghe ore di paesaggi mozzafiato, di
scossoni e ondeggiamenti, di calca e rombo
continuo di motore, di turbinio di polvere, di
odori non sempre gradevoli, arrivarono con
l’assegno ben stretto e le ossa peste al capolinea. Impossibile capirsi con chicchessia. Ma
con l’indirizzo in mano, dopo altre due ore
per sentieri impervi, eccoli giungere più morti che vivi dall’amico di nome Kafle Besudev.
«Cosa? Enrico’s parents?» Con le lacrime
agli occhi, Besudev, un uomo sulla trentina,
li ricevette come messaggeri del Cielo. E la
piccola comitiva di parenti scoprì molto di
più di quanto non si fosse aspettata.
101
Enrico con l’amico Besudev e un gruppo di bambini della Splendid Valley English School
va una cifra astronomica per lui. Benedisse
mille volte la memoria di Enrico, spiegò per
filo e per segno i progetti che stava mettendo a punto da tempo e domandò il beneplacito dei benefattori per poterli realizzare
con i mezzi che gli mettevano a disposizione. Besudev ingrandì la scuola, comperò un
computer e si allacciò alla rete. Raccolse sistematicamente gli indirizzi degli alpinisti
europei che facevano tappa nel suo villaggio
– soprattutto membri dei club alpini di Svizzera, Italia e Finlandia – che sceglievano quel
luogo come base di partenza per la scalata di
alcune vette. Preparò un’adeguata pubblicità
per la sua scuola, la Splendid Valley English
School, e l’inviò ai conoscenti per internet; in
breve tempo ampliò in modo meraviglioso la
cerchia dei suoi sostenitori. E non solo: poté
corrispondere con essi senza passare attraverso la censura.
Non sto a descrivere le feste che fecero i beneficiati, fanciulli e genitori, tutta quella gente,
ai familiari del loro benefattore. Tutti cono-
scevano la Svizzera. Per riconoscenza istituirono una festa in memoria di Enrico, Enrico’s
memory day, che ricorre il 27 giugno. I congiunti e specialmente i genitori si commossero più che mai. Per la prima volta alle lacrime
di dolore si mescolarono lacrime di gioia.
Era come se per un figlio e congiunto scomparso ne avessero trovati centinaia. Ai piedi
dell’Everest si sentirono uniti a Enrico molto
più che ai piedi del Sassalbo. Incredibilmente
sollevati fecero ritorno a casa. Soggiogati dal
fascino dell’Oriente non meno del caro estinto e animati dal suo zelo, vi ritornarono altre
volte e continuano a inviare aiuti.
Ora gli allievi di Besudev sono oltre 250.
Parecchi di loro, pur appartenendo alla casta degli intoccabili, hanno potuto e possono
frequentare l’università. Ogni anno preparano e festeggiano con entusiasmo l’Enrico’s
memory day.
Per chi volesse sostenere l’opera
l’indirizzo elettronico è il seguente:
‹[email protected]›
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
102
Dall’archivio comunale storico
del Comune di Poschiavo
Antonio Giuliani
Il Calendario del Grigione Italiano, un libretto formato 130x200, con le fasi lunari
e le previsioni del tempo per tutto l’anno,
con poesie, articoli, scritti e aneddoti di vario genere, venne sostituito dall’Almanacco
Pgi che uscì a partire dal 1918 (1919), ma
il Calendario resistette ancora fino all’edizione 1942 (il Calendario era partito con il
Grigione Italiano nel 1853-1854). La parte
storicamente più interessante per noi è senza
dubbio la Cronaca della Valle di Poschiavo
che registrava le notizie di cronaca locale, da
agosto ad agosto. È proprio tra queste notizie banali che si trovano granelli dorati di
autentica storia nostra.
So bene che quest’anno, altri scriveranno
più e meglio di quanto non sappia fare io, a
riguardo delle commemorazioni e dei festeggiamenti per i 100 anni della Ferrovia retica,
ma scrivo quanto ho trovato nel Calendario
per un motivo ben preciso.
L’archivio storico comunale è in possesso
di buona parte dei calendari di cui sopramenzionato e so per certo che la nostra raccolta
è l’unica tutt’oggi disponibile. Nell’attuale
mondo, dove la diffusione delle notizie non
ha più, né limiti né confini, è bene che alcune cose si possano ancora proteggere, diffondendole un po’ alla volta, godendole perché
centellinate come il caffè corretto.
Prevedo anche che ciò che ricorderò in
questo articolo, forse non piacerà a più di
*Notizie trovate nel Calendario del Grigione Italiano
dal 1907 al 1941
uno, che si chiederà: «Perché ricordare e rivangare questi fatti, anche non sempre allegri, ora che la Ferrovia retica ha raggiunto
un apice forse sognato, ma mai sperato in
tale dimensione e notorietà?» Non è proprio
così: ricordare, non solo ci permette di valorizzare il presente, ma molto di più ci aiuta a
programmare il futuro.
Affido queste notizie agli assidui lettori del
nostro amato Almanacco, per ricordare, fino
al 1941 alcuni fatti che valorizzano e distinguono il fantastico sviluppo della Ferrovia
del Bernina.
I testi seguenti provengono dai
Calendari del Grigione Italiano
1907 nel nostro Cantone dobbiamo pure
constatare durante il periodo di questa cronaca uno straordinario sviluppo in tutti i
rami dell’economia; specialmente per quanto
concerne le ferrovie. Venne difatti inaugurata l’estate scorsa quella di Mesocco-Bellinzona, la ferrovia elettrica del Bernina prosegue
alacremente nella sua costruzione, nonché
quella di Davos-Filisur e si ottennero sussidi federali per due altre ferrovie che completeranno la rete della Ferrovia retica, quella
dell’Engadina Bassa e quella dell’Oberland
grigione da Ilante a Disentis.
Dobbiamo fare ancora un passo più lontano
nel tempo:
1906 marzo 18 Il popolo grigionese accetta con 8415 sì contro 2243 no una legge sull’utilizzazione delle forze idrauliche nel
Cantone dei Grigioni. Già durante l’anno
1905 era stata assicurata la costruzione di
una linea ferroviaria elettrica Davos-Filisur,
nonché quella della Ferrovia del Bernina, San
Maurizio-Poschiavo-Tirano e la funicolare
della Muottas Muragl presso Pontresina.
Il 5 luglio 1908, un piccolo convoglio, ornato di nastri
e di bandiere giunge da Tirano a Poschiavo, con tanti
ospiti ed invitati per festeggiare tutti insieme il grande
avvenimento (foto in alto: cartolina A.C.P.)
Dall’altra parte del Passo del Bernina si sta costruendo
il tracciato che raggiunge Ospizio Bernina prima e Alp
Grüm poi. Da Alp Grüm a Cavaglia (vedi Protocollo
del Piccolo Consiglio GR / CB V3 Nr. 306, valido per
l’inverno 1912-1913). Il Piccolo Consiglio decide: la domanda di mantenere la comunicazione e il transito da
Alp Grüm a Cavaglia e viceversa, con delle slitte, viene
salutata positivamente. Il Cantone dei Grigioni versa
per l’inverno 1912-1913 un contributo di 5‘500 franchi
affinché gli stradini del Passo del Bernina vengano impiegati dalla Ferrovia del Bernina. L’orario prevedeva: da
Alp Grüm a Cavaglia 40 minuti, da Cavaglia a Alp Grüm
1 ora e 10 minuti (foto a sinistra: cartolina A.C.P.)
1909 giugno 17 Il giovane Bertacchini Pietro,
impiegato presso la Società elettrica Alioth, a
soli 20 anni trovava la morte al trasformatore dell’Ospizio Bernina, era un giovane affezionato ai suoi congiunti ed apprezzato dai
suoi compagni.
1920 marzo 16 Una sventura immane ha
colpito oggi la Ferrovia del Bernina o meglio
alcuni poveri suoi operai. Poco sopra Bernina Bassa una valanga travolse il treno e otto
operai vi trovarono la morte. Erano uomini
forti, giovani baldi, pieni di vita, che all’infuriar dei ciechi elementi si ebbero improvvisamente l’esistenza troncata. Lieve vi sia la
terra, vittime del dovere.
1920 ottobre 31 La Bernina organizza treni speciali e tariffa ridotta per facilitare ai
fratelli d’oltralpe di far visita a Poschiavo e
Tirano. Cade la prima neve.
1921 gennaio 30 La Bernina chiude i suoi
conti pro 1920 con un disavanzo di 127’861
franchi.
1921 novembre 8 Gli enti interessati della
Bernina Bahn sono radunati a Poschiavo sotto
la presidenza del Ragioniere di Stato che raccomanda di voler sostenere la B.B., affinché il
servizio invernale possa essere assicurato. Se
da parte dei detti enti non fluiranno sussidi, la
B.B. sospenderà col 1. dicembre l’esercizio.
1924 giugno 15 L’Assemblea comunale,
forte di 130 votanti, decide franchi 1500 alla
Ferrovia del Bernina per l’esercizio invernale.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
I primi 31 anni
non sempre gloriosi
ma eroici della
Ferrovia del Bernina*
103
Stazione della Ferrovia del Bernina a Poschiavo. Ammirando oggi le nuove composizioni, le moderne motrici,
le carrozze panoramiche e in generale tutto l’insieme
della Ferrovia retica e dell’allora Ferrovia del Bernina
comprendiamo come, a livello mondiale, siano veramente
uniche. Foto A.G.
1934 marzo 22 Una grave disgrazia
deve registrare la F. del B., una valanga staccatasi dalle falde del Munt Pers
seppellisce i lavoratori signori Maffina
Giovanni di Pontresina e Cortesi Giovanni di Cologna.
1935 marzo 24 Con un tempo splendido si svolge la III gara di discesa del
Cambrena, con Slalom, indetta dall’infaticabile Sport Club Palü. Numerosi
accorrono ad assistere alle gare, dato
che la ferrovia accorda un grande ribasso.
1935 luglio 20 La Ferrovia del Bernina, d’accordo con le ferrovie dello Stato d’Italia organizza un treno popolare
per Venezia al prezzo irrisorio di 19.25
franchi in II e di 10.90 franchi in III
classe, partendo da Poschiavo. Nonostante il forte ribasso praticato, pochi
sono quelli che si valgono dell’occasione per fare visita alla città dei Dogi.
1931 settembre 30 Tutto il personale della
Ferrovia del Bernina riceve la disdetta. Il fatto
apporta non poco sconcerto in tutto il paese.
1931 ottobre 29 Con grande contento di
tutta la popolazione si apprende che, in seguito a trattative avvenute a Berna, la Ferrovia del Bernina continuerà il suo esercizio!
1932 novembre 29 La Ferrovia del Bernina, grazie ai sussidi che riceverà dalla Confederazione, dal Cantone dei Grigioni e dal
Comune di Poschiavo, potrà continuare anche per il prossimo inverno il suo esercizio.
1933 luglio 2 L’Assemblea comunale di
Poschiavo decide con una grande maggioranza di voti di accordare la compartecipazione
del Comune al risanamento finanziario della
Ferrovia del Bernina, mediante l’acquisto di
azioni per l’importo di 50’000 franchi.
1933 ottobre 28 Personale e Direzione della Ferrovia del Bernina convengono all’Alpe
Grüm per festeggiare il venticinquesimo della ferrovia.
1934 febbraio 4 Numerosi poschiavini,
approfittando dei ribassi della F. del B., si recano a St. Moritz dove hanno luogo le corse
ippiche sul lago.
Si tratta della trasversale alpina più
alta ed una delle più ripide al mondo.
Le opere artistiche della Ferrovia dell’Albula e del Bernina (ponti, depositi,
gallerie con i loro portali), si integrano
nell’insieme della topografia. La scelta
dei tracciati, soprattutto di quello del
Bernina, furono determinanti per lo sviluppo turistico, nell’ambito di un paesaggio attrattivo. Ambedue le ferrovie
vantano edifici e costruzioni di alta qualità e sono state concepite, tanto per la
scelta del percorso come per le costruzioni, nella netta presa di coscienza del
paesaggio circostante!
Le Ferrovia del Bernina è un esempio unico, in quanto integrata con armonia in un paesaggio alpino. Questo
armonioso rapporto tra paesaggio e ferrovia, non è stato casuale, è il risultato
di una pianificazione futuristica e di una
felice congiunzione tra innovazioni tecniche, riguardo e cura nei confronti del
paesaggio! Perciò anche l’ambiente circostante è una parte integrante del Patrimonio Culturale Mondiale.
Nota: a partire dal 1935, la situazione finanziaria della
Ferrovia del Bernina, desta sempre più preoccupazione.
1935 agosto 31
Entrate 115‘500 fr. / Uscite 59‘000 fr. / Avanzo 56‘500 fr.
1935 settembre 30
Entrate 101‘500 fr. / Uscite 60‘000 fr. / Avanzo 51‘500 fr.
1935 novembre 30
Entrate 38‘500 fr. / Uscite 95‘000 fr. / Disavanzo 57‘500 fr.
1936 gennaio 31
Entrate 37‘500 fr. / Uscite 110‘000 fr. / Disavanzo 72‘500 fr.
1936 febbraio 29
Entrate 51‘000 fr. / Uscite 77‘000 fr. / Disavanzo 26‘000 fr.
1936 aprile 30
Ent. 42‘500 fr. / Uscite 87‘000 fr. / Disavanzo 44‘500 fr.
1936 giugno 28
Ent. 56‘000 fr. / Uscite 47‘000 fr. / Avanzo 9‘000 fr.
1937 gennaio 31 La Ferrovia del Bernina trasporta numerosi
valligiani fino a St. Moritz, dove si svolgono le corse dei cavalli
sul lago gelato.
1937 febbraio 28 Una valanga scivolata lungo i pendii sotto
Alp Grüm, travolge cinque operai. Tre di essi, Mario Brunoldi,
Dino Crameri, ed Ernst Peter, vengono estratti cadaveri.
1937 maggio 22 Entra in vigore il nuovo orario estivo, che
dà ottime comunicazioni sia per Milano che per Coira.
1937 Disavanzo totale da gennaio a novembre:
Entrate 831‘752 fr. / Uscite 851‘034 fr. / Disavanzo 19‘282 fr.
1938 aprile 30 Ferrovia del Bernina: mese di aprile entrate
44‘500 fr., uscite 93‘000 fr. Disavanzo da gennaio a
tutto aprile 79‘298 fr.
1938 agosto 31
Entrate 121‘500 fr. / Uscite 67‘500 fr. / Avanzo 54‘000 fr.
1938 novembre 30
Entrate 43‘000 fr. / Uscite 54‘000 fr. / Disavanzo 11‘000 fr.
1939 marzo 31
Entrate 13‘000 fr. / Uscite 93‘000 fr. / Disavanzo 80‘000 fr.
1939 maggio 31
Entrate 54‘500 fr. / Uscite 55‘000 fr. / Disavanzo 500 fr.
Deficit da gennaio a maggio 1939 / 81’362 fr.
1939 giugno 30
Entrate 61‘500 fr. / Uscite 58‘000 fr. / Avanzo 3‘500 fr.
Passivo nel primo semestre 1939 pari a 75‘521 fr.
1939 agosto 31
Entrate 121‘500 fr. / Uscite 66‘000 fr. / Avanzo 55‘150 fr.
1939 ottobre 31 Saldo attivo della Ferrovia del Bernina da gennaio a tutto ottobre 18’136 fr.
1939 dicembre 31
Entrate 72‘500 fr. / Uscite 102‘000 fr. / Disavanzo 29‘500 fr.
1940 febbraio 29
Entrate 63‘000 fr. / Uscite 82‘000 fr. / Disavanzo 19‘000 fr.
1940 luglio 25 La Ferrovia del Bernina introduce un nuovo
orario che migliora le comunicazioni con la capitale e col
vicino regno Italico.
1942 gennaio 1° La Ferrovia del Bernina viene incorporata
dalla Ferrovia retica per quanto riguarda direzione e amministrazione. Gli uffici di Poschiavo vengono trasferiti a Coira.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
104
1925 agosto 9 Grande affollamento alle
urne per la votazione se ammettere o no l’automobile. La maggioranza dei voti è contraria. Il pubblico commenta tosto che è tutto
effetto della propaganda contraria della Bernina, che già a Brusio aveva tentato far forza
con dei fogli volanti scritti e pubblicati per
mano di uno dei suoi alti impiegati. Nota:
la Ferrovia non era molto propensa all’arri­
vo dell’automobile che infatti, fu la sua più
grande concorrente.
1925 agosto 16 Ha luogo la solita annuale festa a La Rösa. La ferrovia fa un prezzo
convenientissimo. Un franco andata e ritorno fino all’Ospizio Bernina. Chi appena può
se ne vale.
1925 agosto 7 Tutti gli scolari delle scuole
riformate effettuarono una bella passeggiata
a St. Moritz. La Ferrovia del Bernina mette
a disposizione gratuitamente i suoi vagoni.
Verrà poi la volta anche delle scuole cattoliche. È una bella attenzione da parte della F.
del B., della quale bisognerà tener calcolo.
1926 maggio 9 La Ferrovia del Bernina
assume la condotta dell’automobile postale.
1926 agosto 26 Al Meschino è stata eretta
una piccola stazione da parte della Direzione
della F. del B.
1926 novembre 10 Poco sotto la rimessa
dell’Hotel Le Prese, la trascurabile valletta
che scende, ingrossò d’un tratto portando
sulla strada e sulla linea del treno un cumulo
di materiali e detriti. Il treno è costretto di
organizzare un trasbordo. Il peggio si è che
la valle continua a scendere rabbiosa e pericolosa. Il materiale condotto nel lago è in
tale quantità da far ritirare le acque del bacino in quel punto.
1927 maggio 15 Votazione per la circolazione automobili e indennità per strade alpine. Poschiavo 181 sì e 126 no. Brusio 120 sì
e 45 no.
1927 ottobre 30 I membri della Filarmonica comunale si portano in gita a Tirano col
treno e da qui a Sondrio in automobile.
1929 luglio 15 La scuola estiva per Ferrovieri, diretta dal signor maestro Silvio Pool,
con grande vantaggio dei suoi allievi più fortunati degli altri, possono imparare tante cose
pratiche e godersi bellissime passeggiate.
105
106
La travagliata, ma vittoriosa storia delle
aspirazioni per ottenere una ferrovia attraverso i Grigioni, è documentata da una catena di progetti, di grandi ideali e di altrettante
profonde delusioni; di piani geniali che purtroppo, invece di segnare le pietre e i burroni
della Rezia, furono tracciati solo sulla carta.
Inoltre è una storia di un ammirevole spirito di sacrificio e di pallide speculazioni di
interessi personali in patria e all’estero. Alla
fine però trovò un posto al sole, una via reale attraverso l’importane e forte ramo della
Ferrovia retica. La superba Rezia che senza
successo, per lunghi anni, aveva custoditi sogni grandiosi, ora, alla fine di questo difficile
percorso si sentì felice e appagata con la sua
spettacolare ferrovia di montagna.
I Grigioni che forse troppo a lungo, legati
alle loro tradizionali e storiche, ormai collaudate strade, volevano ancora tenerle in vita il
più a lungo possibile, sognando ancora i bei
tempi passati, arrischiarono quasi di relegare la Rezia a terra incognita allorquando le
Regioni, i Cantoni e gli Stati cominciarono a
fiutare l’avvento delle ferrovie che avrebbero
richiesto un nuovo e più moderno concetto
di viabilità e di transito. Così la nostra terra
deve riconoscere il merito ad alcuni coraggiosi pionieri che nonostante l’indifferenza e
lo scherno dei loro nemici, non ebbero pace
fino alla realizzazione di una Ferrovia retica.
Occorre anche rendersi conto delle innumerevoli difficoltà che sorsero dopo appena
aver scoperto la forza vapore per l’uso del
traino, senza l’ausilio della forza animale.
Sappiamo che il concetto di far scivolare su
specie di binari, o di far rotolare grosse pietre, era conosciuto già dagli antichi egizi. Ma
che si potesse far uso di una forza invisibile,
prodotta dal vapore scaturito dall’acqua bollente, con forza tale da smuovere sui binari i
pesanti vagoni di un treno, era per molti una
balordaggine moderna. Così fu anche per la
maggior parte dei progetti in generale, ma in
modo evidente per la realizzazione della Ferrovia retica.
In modo del tutto particolare, ai politici,
l’idea di costruire una ferrovia attraverso i
burroni, le montagne e le strettoie della Rezia sembrava un’utopia da dimenticare. Ma
quando si cominciò a capire che per superare
gli ostacoli che le vecchie vie di comunicazione avevano in qualche modo cercato di evitare, occorrevano ardimentosi ponti, temerarie
gallerie, dighe e allontanamenti di pericolosi
macigni, gli addetti ai lavori e gli ingegneri
aprirono gli occhi e si misero febbrilmente
all’opera per la realizzazione di una linea ferroviaria a vapore.
Il precursore di questi pionieri fu l’ingegnere Richard La Nicca, il primo ingegnere cantonale. Sognava di munire la «Vecchia Rezia»
di una linea ferroviaria a vapore che sostituisse le bestie da tiro e da soma e che congiungesse il nord con il sud attraverso le Alpi!
I Cantoni di San Gallo e Grigioni dettero
al La Nicca nel 1838 l’incarico di uno studio
per un tracciato di ferrovia di congiunzione
tra Coira e il Walensee. È facile da intuire
che l’ingegnere non si limitò a questo incarico, ma progettò pure una continuazione
degli impianti fino entro le valli grigionesi attraverso le montagne retiche. Sono conosciute ancora oggi le sue misure di comparazione
tra il San Bernardino, lo Spluga e il Maloja.
Durante lo stesso periodo, un ingegnere comasco, Zanino Volta, presentò alla reggenza
grigionese un geniale progetto e chiese una
commissione tecnica per la fattiva esecuzione
e un privilegio di 100 anni per la costruzione
di una ferrovia che avrebbe chiamata: treno
del granito. Lo stesso progettista era ben cosciente di tutte le asperità e difficoltà del suo
intento, cosa che non nascose, ma era tuttavia convinto della riuscita e del successo.
Rivedendo oggi il suo piano siamo stupiti e
meravigliati di scoprire che per lui, già allora,
gallerie che avrebbero richiesto una mezz’ora
per transitarvi, fossero del tutto normali! Ma
c’è di più, il progetto prevedeva di congiungere Milano e la Germania, passando per lo
Spluga. Morale della favola, diremmo noi
oggi; il Volta non era in grado di fornire una
garanzia per la riuscita dei suoi piani, così il
Cantone dei Grigioni non approvò il progetto che rimase tale per sempre.
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
Considerazioni a riguardo della
creazione della Ferrovia retica
107
“Dieci anatre bianche” di Alexander Köster
Sette anni Casa Console
Ernesto Conrad
In breve rassegna le nuove
acquisizioni della Fondazione
Alexander Calame
Nei sette anni trascorsi dalla sua inaugurazione la raccolta di opere di Casa Console è
stata ampliata a più riprese. Fra altro è stata
aperta nel 2009 una nuova sala, cosicché la
Fondazione comprende ora più di cento opere del XIX secolo. In particolare ci rallegriamo di poter mostrare tre dipinti di Giovanni
Segantini; durante il suo viaggio dall’Italia
verso Savognin, egli ha fatto sosta anche a
Poschiavo.
Nato nel 1810 a Vevey (VD), Calame divenne uno dei maggiori pittori romantici del
mondo alpino. Di lui sono esposte nel nuovo
locale otto disegni a matita (no. 117- 124).
Al primo piano ritroviamo due dipinti a olio
del grande maestro, il no. 69 Piccola cascata
in paesaggio rupestre e il no. 107 Paesaggio
alpino con ruscello di montagna.
Carl Spitzweg
Carl Spitzweg è nato a Monaco di Baviera nel 1808, discendente di un’agiata famiglia. Dopo lo studio della medicina, dovette
abbandonare la professione per motivi di
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Eduard Theodor Compton
Nato a Londra nel 1849, si trasferì in Germania e visse a Monaco di Baviera. Artista
autodidatta, che va annoverato fra i grandi
pittori del mondo alpino della sua epoca (no.
126) Villaggio di montagna.
Alexander Köster
Nato nel 1864 a Bergneustadt (Germania
sud-occidentale), visse a Monaco di Baviera
e in Tirolo. Pittore accademico affermato, si
dedicò in seguito con grande successo alla
rappresentazione di anatre; ne è un bellissimo esempio il no. 127 di Casa Console.
Richard von Poschinger
Nato a Monaco di Baviera nel 1839, fu allievo di Heinrich Lier e ritrasse in particolare paesaggi animati dall’uomo. Il nipote del
pittore, Ulrich von Poschinger, è legato personalmente a Poschiavo e ha messo a disposizione in prestito alla Fondazione l’opera
no. 113 Tiro di buoi.
Robert Schleich
Nato nel 1845 a Monaco di Baviera; di lui è
esposto un dipinto ad inchiostro Il raccolto
(no. 125).
Wilhelm Trübner
Visse dal 1851 al 1917; Casa Console espone un suo bozzetto realizzato come studio
per un quadro di grandi dimensioni.
Caspar David Friedrich
Nato nel 1774 a Greifswald (Germania settentrionale), ha realizzato varie opere ispirate dal mare. Il no. 129 Vela è probabilmente
un bozzetto di cui si è servito per il suo famoso dipinto Barca a vela.
Christian Friedrich Mali
Nato nel 1832 a Utrecht (Paesi Bassi), divenne in Baviera uno dei più famosi ed abili pittori di animali. Il no. 110 Gregge di pecore
sul pascolo di montagna è un bell’esempio
dei suoi dipinti ricchi di una particolare atmosfera.
Giovanni Segantini
Giovanni Segantini nacque nel 1858 ad Arco
nel Trentino, allora appartenente all’Austria. Dopo una fanciullezza e una gioventù
segnata dalle difficoltà, trovò lavoro presso
il pittore di decorazioni Luigi Tettamanzi,
frequentando nel contempo i corsi dell’Accademia di Brera e seguendo anche corsi di
pittura e arte ornamentale. Risalgono a quest’epoca intorno al 1880 i tre dipinti ad olio
esposti in Casa Console: no. 134 Zinnia, no.
114 Mazzo di fiori (rose), no. 115 Mazzi di
fiori (margherite).
Ricordo del «Flauto magico» di Wolfgang
Amadeus Mozart
Con il no. 112 è contrassegnato un fazzoletto da taschino tessuto in seta, realizzato in
occasione della prima rappresentazione del
Flauto magico a Vienna nel 1791. Le indicazioni relative al programma ci testimoniano
che fu Mozart stesso a dirigere l’esecuzione
e che l’autore del libretto, Emanuel Schicka­
neder e suo figlio interpretarono i personaggi di Sarastro e Papageno. Il fazzoletto è una
donazione di Remo Foppoli.
Lo scultore Michelangelo all’opera
Quando la pietra prende la
forma dell’arte
Federica Spigarelli
Servizio fotografico a cura dell’autrice
In seguito, l’attività coinvolse altri membri
della famiglia quando Angelo e Alessandro,
due dei figli della coppia, decisero di seguirne
le orme: il primo scolpisce oggi per il negozio
e la galleria di Poschiavo, mentre il secondo
gestisce dal 2003 insieme con la moglie una
nuova bottega d’arte su pietra a Pontresina.
Insomma, una vera e propria azienda familiare, che comporta spontanea e piena dedizione, collaborazione e dialogo costante.
Conoscere e approfondire questa professione che, non dimentichiamo, accompagna la
storia dell’uomo dalle sue origini fino ai giorni nostri attraverso la fabbricazione di utensili primitivi, edifici sacri, monumenti, statue
e amuleti propiziatori, significa innanzitutto indagare sui processi psichici e pragmatici che ne guidano il fare artistico: quando e
come la pietra prende la forma dell’arte?
Nella speranza di trovare risposta, mi dirigo verso il laboratorio stone-art, dove potrò
osservare da vicino ciò che accade tra le sue
mura. All’esterno dell’edificio giacciono
diversi cumuli di sassi di altrettante dimensioni e tonalità, in attesa di essere scelti e mo-
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
108
salute. Grazie al suo talento, intraprese da
autodidatta la carriera artistica di pittore,
che lo portò a diventare il maggior rappresentante del Biedermeier, il movimento artistico e ornamentale molto in voga tra la
borghesia tedesca e austriaca nella prima
metà del XIX secolo.
Di lui sono esposti quattro deliziosi bozzetti, in cui egli dimostra la cura del dettaglio
con cui preparava la realizzazione delle sue
opere. Particolarmente significativo il disegno
L’addio, in cui una figura slanciata si delinea
nel momento del distacco (no. 116). Altri
due dipinti ad olio, Studio su ortiche morte
(no. 98) e Facciata con finestra e spalliera di
rose (no. 97), testimoniano la sua abilità nel
cogliere l’espressività del dettaglio.
L’arte scultorea su pietra trova la sua più originale e libera espressione dal 1997 presso
l’atelier poschiavino stone-art, tra le mani
di Michelangelo: dopo un viaggio lungo oltre 150 milioni di anni, pietre locali quali
serpentino, marmo Sassalbo, giada nefrite
e granito diventano protagonisti di una raffinata lavorazione a mano, che conferisce a
sculture, piatti e gioielli un fascino artigianale senza tempo.
La bottega e la galleria d’arte, situate nel
borgo secentesco, furono ideate e realizzate
già nel 1986 da Graziella Crameri Boninchi,
in arte Ceia, la quale intraprese inizialmente
la propria attività come pittrice e, solo dopo
un lungo percorso, passò all’arte su pietra,
grazie alla preziosa collaborazione di Michelangelo, suo marito. Quest’ultimo si adoperò
quindi per trasformare la sua passione per la
scultura in una vera e propria professione, a
cui dedicarsi con entusiasmo e piena libertà
espressiva.
109
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
110
111
dellati; tra di essi individuo presto il granito,
accatastato su scaffali blu accanto all’entrata: ha una struttura cristallina a macchie,
riconoscibile a colpo d’occhio perché tipica
delle rocce ignee, formatesi in seguito al raffreddamento e alla cristallizzazione magmatica milioni di anni fa.
In particolare, il granito Palü, il granito Cavaglia e il granito verde Andeer, provenienti
dai siti suggeriti dalle rispettive denominazioni, hanno elevata compattezza e grani abbastanza grandi, segno distintivo di un lungo
e lento processo di raffreddamento.
Adiacenti al granito, ciottoli grezzi di
serpentino nero e verde poggiano a terra,
estratti in parte dalla cava di Selva, in parte
reperiti dalle ricerche della famiglia che, durante il fine settimana, intraprende escursioni
nelle zone boschive adiacenti dove individua
e raccoglie le pietre adatte alla futura lavorazione, sempre nel rispetto dell’integrità paesaggistica.
Appena varcata la soglia dell’atelier, vengo
accolta dall’odore metallico della pietra tagliata: la polvere generata dalla lavorazione a
mano è densa, anche se in gran parte aspirata
dalle macchine del sistema di ventilazione.
Oltre a numerose lastre ricavate da pietre
di origine estera, un cumulo di rocce di tonalità variabili dal verde pallido al verde scuro
è stato accuratamente riposto in un secchio,
accanto ad un grande piano di legno dove si
svolgono bocciardatura e levigazione: si tratta di nefrite proveniente da Scortaseo, rara
e dotata di una durezza notevole, conferitale
dalla tipica struttura fibrosa, all’apparenza
squamosa, che la contraddistingue.
Come convenuto, siedo in disparte e, in silenzio, presto attenzione ai gesti e all’espressione del volto di Angelo mentre ricava una
ciotola da un marmo, una roccia splendente
(così come suggerisce la sua etimologia) dalle
tinte rossastre solcate da venature bianchissime: si tratta di marmo Sassalbo (o marmo
Urezza), una pietra nota a molti in queste
zone.
Angelo studia dapprima la forma del pezzo
grezzo, la capovolge più volte, poi ne valuta la struttura per assicurarsi della sua giusta compattezza e dell’eventuale presenza di
Panoramica di sculture realizzate a mano dagli artisti della galleria d’arte “stone-art” di Poschiavo (foto in alto)
“Sole”, granito Palü scolpito a mano da Angelo Boninchi (foto a sinistra)
punti fragili; ha un’espressione severa e accorta: lo scultore non si lascia cadere nella
benché minima distrazione.
D’un tratto il ragazzo afferra e indossa la
maschera protettiva che ciondola da un chiodo fissato sull’armadio, mentre lo sguardo
rimane fisso su quella stessa pietra, quasi a
non voler dimenticare le proprie intenzioni a
riguardo.
“Ciotola”, Marmo Sassalbo di Poschiavo scolpito a
mano da Angelo Boninchi
Il procedimento tecnico-pratico comincia
ora con il taglio verticale del blocco, accompagnato dalla rimozione del materiale in eccesso tramite l’utilizzo di un grosso martello
e di diversi scalpelli, fino alla sua rifinitura. Il
marmo grezzo cambia gradualmente aspetto,
assumendo le sembianze di un oggetto affascinante, unico, all’apparenza nato spontaneamente dal suo interno.
L’operazione ha richiesto diversi giorni,
con precisione e determinazione costanti al
fine di ottenere la consistenza plastica corrispondente all’idea iniziale dell’artista: la
ciotola è finalmente completa e pronta per
l’esposizione al pubblico accanto a sculture,
vasi e gioielli di pietra locale, tutti certificati
dal prestigioso logo Swiss Made.
La pietra ha così assunto la forma dell’arte
nello sguardo e nella mente dell’osservatore,
ora in possesso della giusta chiave di lettura per poter formulare un giudizio di gusto
consapevole delle intenzioni dell’autore e del
suo rapporto con il mondo.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Tradizione e cultura
sulla piazza del borgo
Il burattinaio Dino Beti incanta i bambini mentre dà vita
ad una sua creatura
112
Da ben quasi
trent’anni sulla
storica piazza di
Poschiavo durante
la stagione estiva ha
luogo un tradizionale
e tipico mercatino.
Chiamato più
comunemente e
amichevolmente
Marcù in plaza
dalla gente del
posto, raggruppa
diverse bancarelle
che espongono
prodotti alimentari
e artigianali locali.
Fondato alle sue
origini da Alfonso
Colombo, allora
presidente dell’Ente
al proprio volere, anche questa una capacità
che va purtroppo scomparendo.
A queste piccole perle se ne aggiungono
altre all’interno del Marcù in plaza, la Tessitura della Valposchiavo propone tessuti e
colori per un arredamento originale, particolare e curato degli spazi abitativi, soluzioni diverse e alternative alla monotonia dello
smercio di massa dei grandi magazzini.
turistico della valle
di Poschiavo che
ha saputo essere al
momento opportuno
non solo idealista ma
pure lungimirante,
accoglie ogni anno
turisti e visitatori
che cercano
quel qualcosa di
particolare e genuino
in questo piccolo
angolo di terra.
Ricordiamo come
primo presidente
del Marcù in plaza
l’infaticabile Andrea
Compagnoni che per
anni si è dedicato
anima e corpo a
questa società.
Si ha l’opportunità in breve tempo, prendendo parte all’evento, di soffermare lo sguardo
sulle risorse del territorio della Valle per scoprirne le raffinatezze che si credevano ormai
perdute.
La nostra società rincorre l’alta produttività, spesso questi obiettivi hanno offuscato il
principio dell’originalità e della provenienza
dei prodotti in generale. Dunque oggi come
non mai è importante ritrovare la forza che
sta dentro l’uomo: la creatività.
Valorizzare l’artigianato in questo nostro
tempo dove tutti sembrano viaggiare con la
valigetta in mano è fondamentale: chi ha dei
talenti deve poterli esprimere, perché quella
nella vita è la sua vera strada, le intelligenze
che compongono l’essere umano sono diverse.
Così passeggiando tra le variopinte bancarelle che compongono un mercatino tipico
Non dimentichiamo anche coloro che lavorano a maglia, cuciono e ricamano per passione e puro piacere offrendo una vasta scelta
dei loro prodotti: per apprezzare ciò che è
parte della nostra cultura, chi non rimembra
in famiglia qualcuno che infaticabilmente
sferruzzava nelle lunghe sere d’inverno?
Al mercatino emergono anche ingegno e
idee innovative: per esempio borse in stoffa di varie misure, allegre e indispensabili
per proteggere l’ambiente in sostituzione al
più banale sacchetto di plastica che deturpa
l’ambiente e non può essere utilizzato a lungo.
La Valposchiavo è circondata da maestose
montagne, ognuna ha le proprie caratteristiche, le differenti pietre che vi si possono trovare costituiscono tuttora una valida risorsa
per la lavorazione del serpentino, del marmo
del Sassalbo, del granito e della nefrite che
si possono ammirare in oggettistica e gioielli
sempre durante questo appuntamento con la
tradizione.
C’è chi dipinge sul posto acquarelli speciali che riproducono la natura della valle e i
suoi paesaggi incantati attraverso riproduzioni fedeli e tinte delicate.
e caratteristico come lo è il Marcù in plaza,
lontano dalla concezione di fiera sovraffollata dove si può scovare di tutto e di più, si
possono ritrovare delle abilità manuali tramandate da generazione in generazione.
Gli occhi dei bambini e non solo restano
affascinati dal burattinaio che direttamente
sulla piazza dà anima alle sue creazioni: ritornano personaggi, storie e racconti che rivivono nelle espressioni di quest’arte. I resti
dell’intaglio cadono a terra attorcigliati dagli
utensili e dalla forza umana, è l’odore del legno, della montagna a rendere attento il passante.
Ceste, cestini e piccole gerla di Romolo Gosatti raccontano la pazienza e il silenzio di intere ore passate a intrecciare, bisogna saperle
conoscere le proprietà del legno per piegarle
Una tipica bancarella del tradizionale
mercatino sulla storica piazza
Per chi ama farsi rapire dal palato non può
mancare l’occasione per degustare vini, grappe, liquori, succhi di frutta, insaccati, sapori-
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
Lara Boninchi Lopes
Servizio fotografico a cura dell’autrice
113
Qui la Valposchiavo
ti formaggi, la tipica ciambella poschiavina,
pasta tradizionale, biscotti, miele profumato,
il burro dell’alpe e dolci marmellate provenienti dalla produzione locale.
Per progettare il futuro è necessario conoscere il passato, in questo caso fatto di tradizione e cultura, un’idea partita con l’intento di
rafforzare l’immagine di una regione discosta dai grandi centri che sta lavorando per il
riconoscimento delle proprie risorse.
Approfittare di una gita estiva in treno sulla Linea del Bernina includendo anche una
visita al tipico Marcù in plaza è un’alternativa per vivere da vicino la Valposchiavo, in
questa speciale manifestazione si fondono
ricchezze comuni a testimonianza di usanze
e di una manualità tutte da riscoprire.
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La coltivazione del tabacco
in Val Poschiavo
voro nella produzione. Di conseguenza fu un
incentivo per l’economia.
Giancarlo Zala
Coltivazione
La memoria delle
immagini si deposita
in noi ed è quella
a cui leghiamo i
sentimenti, sostiene
lo psichiatra italiano
Vittorino Andreoli.
Sono dell’opinione
che la trasmissione
ai posteri è cultura,
attraverso la quale
passano le emozioni
senza formalismi.
La coltivazione
del tabacco è una
conquista del
mondo. In Europa
fu introdotta
nel 1518 da
un missionario
spagnolo, il quale
donò alcuni semi al
futuro imperatore
spagnolo Carlo V.
Per il suo contenuto in sostanze stimolanti,
il tabacco è considerata una pianta medicinale adatta ai più diversi mali; venne denominata «erba santa». Nell’America del Sud
veniva usato per riti religiosi. Nel 1560 il tabacco fu introdotto in Francia. Il cardinale
Tornabuoni fu il primo a portarlo in Italia,
mentre Sir W. Raleigh lo portò in Inghilterra,
dove iniziò una vasta produzione di tabacco.
In diversi stati fu inizialmente combattuto da
leggi ed editti restrittivi. In Francia la vendita fu proibita; il Papa Urbano VIII scomunicò addirittura i fumatori! Diffondendosi nel
mondo, il tabacco si è differenziato in moltissime varietà, merito della sua alta adattabilità a differenti ambienti. I continenti dove la
coltivazione è (o era) più diffusa sono: l’Asia
(soprattutto Cina, India, Turchia), l’America
(Stati Uniti e Brasile), ma è presente anche
in Africa, Oceania, Europa (Italia, Grecia,
Bulgaria, Polonia, Russia) e appunto in Val
Poschiavo. La coltivazione del tabacco ebbe
una forte espansione in Europa, riempì un
periodo vuoto nell’agricoltura e procreò la-
Il ciclo completo della coltura, comprende essenzialmente tre fasi: semenzaio, coltivazioni
in campo e cura. Senza entrare nel dettaglio
tecnico di tutto il ciclo, ricordo soltanto:
- il trapianto;
- l’asportazione dell’infiorescenza principa‑
le (cimatura) e dei germogli ascellari, con
lo scopo di aumentare il peso delle foglie;
- la raccolta a foglie singole viene effettua‑
ta quando le medesime hanno raggiunto
un giusto grado di maturazione;
- infine, per non vanificare tutto il comples‑
so lavoro di coltivazione, è necessario di‑
fendere il tabacco nel ciclo vegetativo du‑
rante il quale è soggetto a malattie, pa‑
rassiti, avversità, siccità, intervenendo con
mezzi preventivi di difesa e con appropria‑
ti trattamenti e concimazione (potassio);
- chi poteva permetterselo (ed erano pochi)
assicurava il raccolto contro la molto te‑
muta grandine.
Storia
Nel 1950 il Canton Grigioni ha compiuto il
passo da un’economia agricola ad un’economia di servizi. La modernizzazione economica del Cantone passa essenzialmente
dal turismo e dall’industria idroelettrica.
La progressiva realizzazione della rete viaria permette l’inserimento dell’agricoltura
grigionese in un’economia di mercato, soppiantando quella di sussistenza familiare, stimolando tutte le coltivazioni possibili. Non
dimentichiamo che nonostante il tradizionale spirito autarchico degli svizzeri, nei periodi di crisi si dovette ricorrere ai razionamenti
che divennero sempre più duri (piano Wahlen!). Il riso, per esempio, uno degli alimenti
tradizionalmente più diffusi, scomparve addirittura del tutto dai generi distribuiti. Questa situazione diede origine alla nascita, per
la prima volta, di un contrabbando «in den-
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Qui la Valposchiavo
Esther Roos dipinge sul posto i suoi acquarelli
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tro», proveniente dall’Italia. Ricordo bene
come da ragazzo, per diversi anni, mi rifiutavo di mangiare riso poiché, ad insaputa dei
miei genitori, osservai come delle donne dei
Baruffini e di Roncaiola estraevano dei sacchettini di riso nascosti sul seno.
Nel corso del XIX secolo in Val Poschiavo
viene introdotta la coltivazione del tabacco.
Di conseguenza si introduce una manifattura, che verso il 1870 impiega a Prada una
cinquantina di donne e uomini. Malgrado
il tentativo di creare impulsi alla modernizzazione economica, non riesce tuttavia
a sopravvivere a lungo. La coltivazione del
tabacco continua a rappresentare un’importante fonte d’introito per i contadini del brusiese fino agli anni ottanta del secolo scorso.
All’inizio del Novecento al turismo si affianca l’industria idroelettrica. La costruzione
della centrale di Campocologno risale infatti
al 1907 e fornisce la necessaria corrente alla
Ferrovia del Bernina, nata appunto in quell’epoca e della quale festeggiamo quest’anno
il 100º anniversario. (Informazioni da: La via
grigione alla modernità di Andrea Tognina).
Ricordi vissuti
«Hia, stà a solc Nani», sussurrava l’esperto
Bleck di Campascio al suo mansueto cavallo, che con passo tranquillo e regolare trainava l’aratro sollevando una fetta di 15-20
cm di terra, ribaltandola sul terreno lavorato
nel passaggio precedente. Delle donne seguivano l’aratro e appianavano la soffice terra.
Gli altri specialisti di aratura erano: ul Pa­
gani della Pergola, soprannominato Stortu e
al Giuspin dai Monas di Brusio Prati. Raramente imprecavano allorquando la lama incontrava delle pietre. Bisogna precisare che
il terreno arato era stato ingrassato nell’autunno precedente con vero letame da stalla,
poco dopo aver strappati e bruciati i bac, lo
stelo della pianta del tabacco.
Terminata l’aratura si formavano delle
aiuole e si procedeva manualmente al trapianto delle piantine, da 30 a 40 cm una
dall’altra e su due file. Le stesse venivano
coltivate in apposite serre a Campascio e
Zalende (Della Ca, Chitvanni, Zala ed altri)
e dovevano essere regolarmente innaffiate.
Purtroppo l’acqua a quei tempi non giungeva sul campo come oggi, tramite comode
tubature, ma doveva bensì essere trasportata
dalla più vicina fontana o solco. Per razionalizzare si collocavano nei campi dei fusti
di lamiera recuperati. Con il caldo le piantine crescevano lentamente e dovevano essere
difese con appropriati trattamenti. Purtroppo a volte venivano completamente distrutte dalla grandine, con ingenti perdite per chi
non si era assicurato. A dipendenza della
qualità del tabacco si lasciavano sulla pianta
da 10 a 11 foglie. A fine estate, quando le foglie manifestavano una variazione cromatica
dal verde scuro al verde chiaro o dal verde
chiaro al giallastro, si cominciava a togliere
le prime, dal basso verso l’alto. Il trasporto
verso l’essiccatoio, in genere era in solaio,
avveniva tramite carro e cavallo, oppure a
spalla per mezzo del campac.
All’età di 14-15 anni facevo dei trasporti
con la bicicletta. Mi pagavano un tanto per
viaggio, che con i soldini guadagnati nell’assemblaggio delle cassettine per i mirtilli dei
signori Triacca (mi sembra erano 5 cts per
cassettina), sono riuscito a racimolare la
somma necessaria per farmi confezionare da
una sarta una giacca par li festi del valore di
sessanta franchi. Quante sudate! Mi permetto di citare una frase di un grande profeta,
quale metafora della convinzione ferma del
buon credente anche durante le difficoltà:
«Ma se nella vostra sofferenza dite che nascere è un tormento e sostentare la carne una
maledizione scritta in fronte, io vi rispondo
che nulla tranne il sudore della fronte laverà ciò che vi è scritto». Altri tempi, non si
parlava di sfruttamento giovanile allora; si
cercava di aiutarsi l’un l’altro come meglio si
poteva.
Nel locale le foglie venivano appoggiate
con la punta verso l’alto e ricoperte con dei
panni che aiutavano la fermentazione (macerazione). A dipendenza del clima, dopo alcuni
giorni, allorquando le foglie erano giallognole, venivano pazientemente bucate ed infilate
con lo spago sulla costa, una ad una, tramite
un lungo ago ricavato generalmente da una
intelaiatura di ombrello. La lunghezza dello
spago dipendeva dalla distanza che incorreva tra una trave e l’altra, sotto le tegole del
tetto. All’estremità dello spago venivano formati dei lacci, i quali permettevano di fissarli
ai chiodi delle travi. Alle volte lo spago era
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Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
Coltivazione del tabacco a Campascio, varietà “paesana”
tra il 1940-1950. Sullo sfondo si vede ancora la “centralina” quando si sfruttava l’acqua del Saiento.
Foto M. Fanconi: archivio fotografico Dario Monigatti
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commercio con l’Engadina, le entrate supplementari del tabacco aiutavano a superare
questi periodi di magra. Posso accennare che
mio padre, elettricista presso le Forze Motrici Brusio, riusciva, non senza l’incondizionato e totale contributo e dedizione di mia
madre, a coltivare quel poco di tabacco, che
unitamente ad altri sacrifici, mi ha permesso
di portare a termine i miei studi commerciali
presso un collegio della Svizzera interna!
Divieto di fumo
Il tabacco pone problemi tossicologici di
notevole complessità, anche per via dell’alto numero di componenti potenzialmente
pericolosi quali l’ossido di carbonio, i gas e
vapori irritanti, le sostanze con potere cancerogeno come l’arsenico, il cromo e il catrame, oltre naturalmente alla nicotina. Il
tabacco è sottoposto a monopolio di stato.
Ultimamente la sensibilizzazione contro il
fumo in generale, a tutela della salute dei
non fumatori, che condivido, a buona ragione è stata intensa ed è pure stata coronata da
successo, malgrado l’introduzione del divieto con le sue incognite abbia incontrato ed
incontra ancora forti resistenze. Penso alla
reazione del mio buon papà se gli avessero detto «Tore, guarda che chi sa pö miga
füma, va fora a füma la tua Parisienne!», nel
momento in cui gustava il suo bicchiere di
vino all’osteria. O anni prima ancora, durante la costruzione della Ferrovia del Bernina,
quegli umili, tenaci e forti operai, dopo settimane trascorse in condizioni precarie di alloggio in alta montagna, si fermavano nella
prossima bettola dove consumavano Valtellina a damigiane e si sfogavano con il rumoroso gioco della morra. E guai a chi sgarrava
ritirando volontariamente un dito. Altri tempi, persone umili ma oneste. Quando si parla
di tabacco e droga si guarda sempre all’estero. È bene sapere che pure la nostra Valle,
sebbene modestamente, ha prodotto del tabacco; forse i coltivatori erano ignari delle
conseguenze catastrofiche che i loro sudati
prodotti procuravano.
Filippo Crameri
il controllore
Andrea Paganini
Il mio padrino? Filippo Crameri era il suo
nome, però in paese tutti lo chiamavano Pippo Pezeta. Era cresciuto a Roma, ma dalla
metà degli anni Trenta abitava, come noi,
in Via da li Sberleffi, a Poschiavo, e le nostre
famiglie, già imparentate, si erano molto affiatate. Lavorava per la Ferrovia del Bernina
come controllore. Fisico asciutto, tutto attillato nella sua impeccabile divisa da ferroviere, partiva il mattino e tornava la sera, dopo
aver percorso nei due sensi l’intera tratta, a
nord, fino a St. Moritz, e poi a sud, fino a
Tirano, o viceversa. Era stato anche attuario
del Comune e aveva messo su carta la prima
proposta del regolamento per la cassa malati.
Non aveva molti amici, ma non pochi
impiegati della Ferrovia si rivolgevano a lui
per dirimere le proprie grane sul lavoro. Soprattutto gli operai della linea, quando si
sentivano vittime di qualche ingiustizia, consultavano Pezeta: possedeva l’autorevolezza,
dicevano, di esporsi di fronte a chi comandava, il coraggio di stare dalla loro parte
anche davanti al direttore Zimmermann. A
volte compiva lunghi viaggi fino a Davos, a
Zurigo, a Berna, per incontrare amici suoi
che si impegnavano a difendere i diritti dei
lavoratori. A volte, invece, erano loro – anche persone importanti – che arrivavano a
Poschiavo e, per incontrarlo, venivano in
Via da li Sberleffi. Dietro quei baffetti sobri,
dentro quello sguardo franco, onesto, vigile,
l’attenzione alla vita sociale era bilanciata da
un’assoluta riservatezza. Poi avvenne il fattaccio.
Certo, lo so, dopo quel giorno cominciarono a diffondersi in paese le mormorazioni,
le maldicenze, le calunnie. Ma io non ci badavo. Ti sei chiesto su cosa erano fondate?
Qual era la sua colpa? Senza dubbio la legge va rispettata; ma vi sono dei casi in cui la
legge si oppone alla morale; e allora io penso
che si debba seguire la voce della coscienza.
Avendola, una coscienza, ovviamente.
Fu Emilia, la sua quintogenita (che a sua
volta era figlioccia di mio padre), a raccontarmi i dettagli, anni dopo.
«È passato molto tempo – ero una ragazza,
allora –, ma i ricordi sono ancora nitidi.
Quegli amici che venivano a trovare papà
erano degli antifascisti, per lo più socialisti;
arrivavano a Poschiavo in treno, dall’Engadina, e li ospitavamo in casa nostra. Di un
paio ricordo il nome: Piero Pellegrini era un
giornalista ticinese che dirigeva Libera Stam­
pa, il primo giornale in Europa schierato
contro il regime di Mussolini (lo ricordo an-
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Qui la Valposchiavo
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troppo corto e si strappava, oppure troppo
lungo e bisognava rifarlo. Quante imprecazioni, ma mai una bestemmia. Così appese
le foglie di tabacco rimanevano fintanto che
erano ben essiccate. Alcuni coltivatori, come
al Geni da Zalende, avevano costruito degli
appositi essiccatoi, che purtroppo non servirono per lungo tempo perché la coltivazione
del tabacco cessò nel 1991.
Nel tardo autunno, aiutati dal clima umido e dalla nebbia, le foglie inumidivano e si
potevano togliere. Se necessario a volte questo processo avveniva servendosi di vapore
prodotto dai forni a legna, che servivano in
primavera per sterilizzare la terra delle serre.
Le foglie di tabacco venivano pressate in balle e trattenute da appositi telai di legno forniti appositamente dai compratori del tabacco.
Le balle pesavano 25-30 kg e venivano trasportate a Campascio; di regola il locale di
raccolta era presso il garage del Diego, Rico
e Toni Triacca. Qui gli appositi stimatori valutavano la qualità (colore, grandezza, tatto,
rottura ecc.) e ne fissavano il prezzo, a volte
dopo vivaci discussioni. Mi sembra che fungevano da regolari stimatori i vari Giacumin
Rampa, al fant Carlin e suo figlio Renzo, il
dr. Plinio Zala, per citarne alcuni, che erano
coadiuvati da specialisti ed acquirenti ticinesi. Il prezzo variava: per il nostrano pagavano 10-11 franchi, mentre per il migliore si
potevano raggiungere i 14-15 franchi. Purtroppo non sono riuscito a reperire una fattura che testimoni il prezzo. Ogni azienda
familiare produceva circa da 300-400 kg per
stagione.
A coltivare il tabacco erano in genere piccole aziende agricole o a tempo libero (impiegati e operai), con la preziosa collaborazione di
tutta la famiglia; un ulteriore sostentamento
economico familiare. Bisogna qui accennare
che chi viveva della sola agricoltura, ortaggi
o frutta, serviva essenzialmente la ristorazione della vicina Engadina. Regolarmente, 2-3
volte la settimana, questi apprezzati prodotti
agricoli venivano trasportati di buon mattino in Engadina tramite piccoli camion. Terminata la bella stagione e di conseguenza il
119
guardaroba, frugai nelle tasche (sapevo che a
volte vi teneva dei dolciumi); ma trovai solo
un pacchetto di caramelle Herbalpina vuoto;
o meglio: vuoto di caramelle, ma pieno di lettere del suo amico scrittore. Avemmo appena
il tempo di rimetterci a tavola, quando risuonò il campanello. E io scattai nuovamente ad
aprire.
Ma non fu necessario: tre uomini, due in
civile, che non conoscevo (erano giunti da
St. Moritz), e uno in divisa di poliziotto, il
signor Jörger, erano già nel corridoio ed esibivano in mano un mandato di perquisizione. La mamma allora dovette lottare con se
stessa per mascherare l’agitazione: “Finite di
mangiare e poi andate a letto”, disse a me e
Filippo, mentre invitava i tre uomini a prendere posto in salotto con Oreste. In bella
mostra sullo scrittoio c’era la macchina per
scrivere di papà; nel cassetto i fogli bianchi.
La corrispondenza la teneva invece in un raccoglitore giallo, conservato dentro l’armadio
grande in una delle stanze da letto.
A un certo punto mamma, con la scusa
di dover andare in bagno, uscì dal salotto e
passò davanti alla cucina. “Cos’è successo?”
le chiesi. “Niente cara. Ora andate a letto”,
ci disse baciandoci sulla fronte, e mi sussurrò
all’orecchio: “Nascondi il raccoglitore giallo!”. Poi rientrò nel salotto.
Io subito feci come mi aveva detto, ma prima di recarmi in camera, passai per il guardaroba e presi con me anche il pacchetto di
Herbalpina. Compii ogni cosa fischiettando,
non so se per dissimulare o per addomesticare l’ansia. Indossai la camicia da notte
e, spenta la luce, m’infilai sotto le coperte,
stringendo fra le ginocchia il raccoglitore e la
busta.
Intanto i poliziotti perquisirono i locali della casa; rovistarono anche dentro l’armadio grande. Per ultima aprirono la porta
della nostra camera, ma la mamma li avvisò subito: “Quella è la stanza dei bambini”.
Passarono allora secondi interminabili. I poliziotti non accesero la luce, ma ci scorsero
nella penombra; eravamo svegli, ma immobili come se dormissimo. Scambio di sguardi
interrogativi tra di loro. Infine se ne andarono, portando con sé alcuni plichi di carte da
esaminare. La mamma li accompagnò fino
alla porta d’entrata, che richiuse col chiavistello. La sentii rientrare e ci abbracciammo.
Ora non si tratteneva più: tremava, sgomenta, mentre un rivo di lacrime le solcava il
viso.
Con la mano avvertì sotto le coperte del
mio letto la busta e le lettere. Un fremito:
“Queste vanno fatte sparire!”. Le raccolse e
con Oreste scese in cantina al lume di una
candela.
La notte fu lunga. Fuori, sull’orto, la prima neve si mescolò con la cenere impalpabile, ricoprendola per sempre sotto una coperta
bianca.
Papà tornò a casa in tempo per festeggiare
il Natale. Era il 1942».
Fin qui, Emilia. Ma cos’era successo? Per non
crucciare la moglie, Filippo aveva pensato di
farsi mandare i pacchetti compromettenti
che gli giungevano da Zurigo a un indirizzo
diverso. A St. Moritz, tra una corsa e l’altra,
era solito bere un caffè all’Hotel Bellaval,
giusto davanti alla stazione, dove lavorava
un’impiegata che aveva preso in simpatia.
Era una persona affidabile e gli aveva detto
che poteva farseli spedire lì all’albergo, i pacchi da Zurigo.
Quel giorno però (era il 10 dicembre),
quando il postino consegnò il pacco, alla reception trovò un’altra impiegata, la quale a
sua volta trovò curioso che Filippo Crameri si facesse recapitare la posta proprio lì. E
aprì il pacchetto.
Dentro trovò delle matrici per la stampa
di volantini e altro materiale di propaganda antifascista. Filippo, come d’abitudine,
avrebbe occultato tutto nell’intercapedine di
una carrozza e l’avrebbe introdotto segretamente in Valtellina, per consegnarlo a Giuseppe Pini, capostazione di Tirano (che del
resto era anche un suo lontano parente), il
quale a sua volta avrebbe recapitato i cliché
a un’improvvisata tipografia clandestina. Le
guardie di confine? A nessuno veniva in mente di controllare… il controllore.
Quel giorno, quando il convoglio del treno
si arrestò alla stazione di St. Moritz, Filippo
scese senza fretta dalla carrozza per avviarsi,
com’era solito, al Bellaval. Ma appena mise
piede a terra, vide una cosa che non s’aspettava: in fondo alla banchina due poliziotti
non lasciavano dubbio sul fatto che stessero
aspettando qualcuno e non fu piacevole accorgersi, dallo sguardo e dall’atteggiamento,
che l’aspettato era lui.
L’impiegata sospettosa aveva informato
la polizia del suo ritrovamento e la trappola
era scattata inesorabile. Filippo fu portato in
prigione, dapprima a St. Moritz, poi a Coira. Si effettuarono altre perquisizioni; vennero arrestati Ignazio Silone, Piero Pellegrini e
altri due membri dell’organizzazione clandestina. Fu in quell’occasione, dalla Caserma
cantonale di Zurigo, che lo scrittore esule redasse il famoso Memoriale alla Procura Fe­
derale Svizzera, un testo formidabile in cui,
oltre a spiegare il suo dramma e l’itinerario
da lui percorso negli ultimi anni alla conquista della propria umanità, prendeva le difese
dei suoi compagni di sventura. Era il 17 dicembre del 1942.
L’accusa, per Silone, era di attività politica illegale; per Crameri, invece, di violazione
della neutralità svizzera. Dopo pochi giorni
tutti e cinque gli amici furono rilasciati. Ma
intanto, in Valle, la gente pettegola sparlava
del controllore che era stato messo in carcere
e lui, a dirla tutta, non fece nulla per sottrarsi all’isolamento. In Ferrovia gli proibirono
di continuare a percorrere la tratta; fu spostato a lavorare in officina e solo nel Dopoguerra poté tornare a fare il controllore e a
varcare il confine.
Ma Filippo Crameri era il mio padrino. E io
ne sono fiero.
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che perché mi portava in regalo del cioccolato, di cui andavo ghiotta). Ignazio Silone
invece era un italiano rifugiatosi in Svizzera
per sottrarsi al Regime, prima nei Grigioni e
poi a Zurigo, dove era diventato uno scrittore famoso; a casa nostra avevamo un paio di
libri suoi fatti stampare in Svizzera.
Mamma cucinava per tutti e, per stare
comodi, si mangiava in salotto. Noi ragazzi avevamo sempre l’impressione che fossero
momenti importanti, memorabili. Qualcuno
degli ospiti, scherzando, mi chiamava Signo­
rina No prendendosi gioco del mio modo
asciutto di rispondere. Dopo il pranzo papà
rimaneva solo con loro.
Soprattutto con Silone (credo che l’avesse
conosciuto in Engadina o a Davos, dove si
recava di tanto in tanto per incontrare l’avvocato Silberroth), mio padre intratteneva
una fitta corrispondenza, per lo più ricorrendo a pseudonimi. A volte giungevano a casa
anche dei pacchi che suscitavano la nostra
curiosità. “Ci sarà del cioccolato dentro?”,
ci chiedevamo; e non di rado, mio fratello
ed io, li aprivamo per curiosità. Ricordo che
una volta – che delusione! – ci trovammo un
maglione e un pigiama; un’altra volta scovammo degli oggetti strani con delle parole
scritte a rovescio che avevo già visto nella
Tipografia Menghini (ero amica di Celina e
l’aiutavo a distribuire i giornali). Così come
arrivavano, i pacchi sparivano; ma la mamma non era contenta di quel viavai di scatole in casa nostra e a volte litigava anche con
papà.
Una sera – eravamo seduti a tavola per la
cena: mamma, i miei fratelli Oreste (il maggiore) e Filippo (che allora era il più piccolo) ed io, che avevo 14 anni – suonarono alla
porta. Di scatto corsi ad aprire, curiosa: mi
piacevano le sorprese. Era il volto noto del
macchinista Menghini. Portava il mantello
che papà aveva lasciato in un vagone: “Pippo
ha perso il treno stasera; si ferma a dormire
Oltralpe”, spiegò alla mamma, consegnandomi il soprabito. Prima di appenderlo nel
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Lara Boninchi Lopes
Servizio fotografico a cura dell’autrice
Il 1 luglio 1908 la
Ferrovia del Bernina
apriva i battenti
d’esercizio sulla
linea PoschiavoTirano e PontresinaMorteratsch, la
diligenza postale che
aveva scarrozzato i
poschiavini per più di
cinquant’anni partì
per l’ultima volta
verso Tirano la sera
prima, fu salutata
con nostalgia, ma
la strada ferrata
permetteva
più celerità nel
trasporto e un
miglior benessere.
Grazie all’impegno
della manodopera
impiegata che
sopportò anni di
duro lavoro e molte
fatiche, il sogno
riuscì a divenire
realtà anche per
la nostra Valle.
Una vera Epoca dei Pionieri raccontata attraverso la storia e le immagini di una mostra
che ci ricorda i punti salienti della costruzione della Linea del Bernina.
Progetto studiato e realizzato in un contesto storico sociale, economico e politico
difficile, con investimenti non indifferenti soprattutto dal lato umano.
Ben 2’000 con picchi di 2’500 gli operai
impiegati nei momenti di maggior intensità
Un collegamento indispensabile per raggiungere
località vicine e lontane
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
Ricordato presso
il Palazzo de Bassus Mengotti
il centesimo anniversario
della Ferrovia del Bernina
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Una sezione della mostra: i tempi duri della costruzione,
la manodopera si avvaleva di semplici attrezzature
per la costruzione del nuovo percorso, gente
che lavorava senz’altro in condizioni precarie con orari di lavoro estenuanti e norme di
sicurezza assenti.
Purtroppo le vittime segnalate per la realizzazione del tracciato e per le valanghe, come
quella per esempio del 1934 che travolse un
treno, fanno parte di questa storia, da non
relegare nell’oblìo, fatta di fatiche e disagi,
quella segnata dagli uomini, tanti i momenti
di difficoltà e pochi quelli di gloria.
Spettacolare la costruzione del ponte Cavagliasco che richiese agli operai particolari doti da funamboli. Attraverso la mostra
si sono potuti ammirare i cantieri, illustrati
grazie alle immagini provenienti dall’archivio fotografico di Luigi Gisep e della Ferrovia retica.
Un disegno che può essere considerato geniale dal profilo tecnico e ingegneristico, pensato e realizzato per superare quasi 2’000
metri di dislivello in soli 40 chilometri in linea d’aria.
L’esposizione è stata creata attraverso delle isole tematiche all’interno del Palazzo de
Bassus Mengotti, le varie sezioni evocano i
singoli aspetti del complesso contesto storico e ci riportano agli anni della realizzazione
del progetto.
Un viaggio a ritroso nel tempo sino ai
giorni nostri con particolari riferimenti al
tracciato che inizialmente doveva seguire
gran parte della strada cantonale oppure al
treno che avrebbe dovuto costeggiare il lago
di St. Moritz, salendo verso il lago di Staz,
per sfruttare al massimo la risorsa paesaggistica e che in seguito all’opposizione dei due
comuni sostenuti dallo Heimatschutz obbligò ad adottare nuove soluzioni.
La Ferrovia del Bernina non aveva solamente la funzione di anello di congiunzione
con la vicina Italia e l’Engadina, ma nel contesto economico fungeva da ferrovia turisti-
ca. Contraddistinta agli albori da vagoni di
colore giallo in netta contrapposizione ai tradizionali vagoni dei treni a vapore, ne definiva anche l’appartenenza ad un determinato
stato sociale.
Ripercorrendo le fasi del progetto si ricorda che a Poschiavo solo 6 furono i voti contrari e 391 favorevoli alla realizzazione della
nuova via di comunicazione, mentre a Brusio, in riferimento alla votazione del 1905,
nessuno si pronunciò a sfavore, quindi una
vittoria che si poté definire schiacciante a dimostrazione di una volontà ferrea indirizzata
a superare l’isolamento sociale ed economico
della vallata.
La mostra racconta che ai comuni fu delegato l’increscioso compito di espropriare
i terreni ai legittimi proprietari per lasciare
spazio al collegamento ferroviario, impresa
comprensibilmente ardua visto il sostentamento essenziale che forniva il settore agricolo a quei tempi. I proprietari di terreni situati
nelle prossimità del Viadotto di Brusio non
tardarono a fare ricorso nel vedersi sottrarre
gli appezzamenti.
La soluzione adottata per questa costruzione è senza ombra di dubbio ancora oggi
la più spettacolare e contemporaneamente la
più economica se valutata sotto l’aspetto dello sfruttamento territoriale.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Ritorno a casa di un esule
relegato in Francia
Qui la Valposchiavo
Mario Costa
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Visuale sulla sezione tecnica dedicata alla Ferrovia del
Bernina, anche in questo campo il progresso è tangibile
Momenti di crisi e incertezza generale colpirono la Ferrovia del Bernina con l’arrivo
della Seconda guerra mondiale, l’intervento del cantone fu fondamentale per la linea
che in seguito venne integrata nella Ferrovia
retica.
La popolazione della Valle di Poschiavo
contestò i prezzi troppo elevati dei biglietti;
ritenendo di non approfittare a sufficienza
delle possibili agevolazioni che questo mezzo di trasporto avrebbe dovuto comportare, dando vita così a delle manifestazioni di
protesta.
Una storia raccontata al Museo Poschiavino,
dove non poteva mancare lo spazio dedicato
alla parte tecnica dei mezzi di trazione con
immagini e dati specifici sugli spazzaneve rotativi, tuttora utilizzati d’inverno per l’eventuale sgombero di valanghe.
Inimmaginabile oggi il fatto che in quegli
anni i lavori di manutenzione della linea di
contatto venivano eseguiti sotto tensione,
grazie ai pali di legno e ad una tensione iniziale di 750v.
Costumi, divise, attrezzature, arredamenti
interni di vagoni, vecchi biglietti del treno,
fotografie, mappe, piantine e altro ancora
hanno arricchito l’esposizione; dunque un
viaggio nella storia che contribuì alla realizzazione di un tale capolavoro!
Il gruppo quasi al completo di chi ha contribuito al
ripristino del coccodrillo del Bernina Ge 4/4 182.
Un attore importante manca sulla foto: Franz Menghini,
deceduto l’anno scorso; egli è stato un membro del
Club, molto attivo nella ristrutturazione del locomotore.
Un particolare riconoscimento va al deposito di
Poschiavo, in modo speciale a Davide Menghini,
Silvio Pally, Michele Bondolfi e Mauro Isepponi per il
contributo d’officina al ripristino. Foto: Tibert Keller
I tempi cambiano e con loro anche i criteri e i modi di considerare le circostanze. Nel
1984 l’anziano e storico locomotore del Bernina Ge 4/4 182, considerato come oggetto
da buttare, era stato venduto per pochi soldi a una persona privata in Francia, che non
potendo però usarlo per lo scopo previsto, lo
ricoverò nei pressi di Grenoble su un binario
morto.
Dopo 15 anni di sosta nell’intrico e giungla
del Delfinato francese, come la bella addormentata nel bosco, qualcuno si ricordò di questo trascurato cimelio. Con degli sforzi non
indifferenti, un gruppo di appassionati appartenenti al Club 1889 ‹www.club1889.ch›,
riuscì a riportarla alla terra d’origine. Il 20
maggio 2000 l’esule coccodrillo del Bernina
fece il suo rientro trionfale alla stazione di
Poschiavo, naturalmente, essendo parecchio
distrutto dai vandali e dal tempo, non con le
proprie forze, ma spinto da un locomotore
in esercizio.
Il locomotore Ge 4/4 182 è stato fornito
alla linea ferroviaria del Bernina il 10 marzo 1928, costruito dalle ditte Fabbrica di
locomotive a Winterthur (SLM) e Società
anonima delle officine Sécheron a Ginevra
(SAAS).
Vari avvenimenti hanno segnato il percorso di questo mezzo di trazione che ha fatto la
sua storia durante 50 anni d’esercizio, ossia
fino alla messa fuori servizio nel 1978.
Nel 1944, con la fusione, è diventato proprietà della Ferrovia retica. L’iscrizione originaria BERNINA sparì e fu sostituita con
la definizione del nuovo proprietario, ossia
RhB.
Il locomotore ha percorso durante i suoi
50 anni di esercizio: 1’033’911 chilometri,
ciò che corrisponde a 25 volte intorno al globo. In certi periodi il locomotore era in servizio 22 ore al giorno, due ore per le verifiche e
poi di nuovo in servizio.
Il locomotore Ge 4/4 182 dopo la fase di ripristino
si presta al fotografo in livrea completamente
rimessa a nuovo. Foto: Mario Costa
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Troppo alte le tariffe del treno per gli indigeni,
curiosa protesta!
(Archivio fotografico Luigi Gisep, Poschiavo)
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Antonio Giuliani
Oltre 100 giornalisti provenienti da tutto il mondo, con
ritrovo ad Alp Grüm, hanno trasmesso in varie lingue la
storia di questa perla. Foto: Mario Costa
Il locomotore Ge 4/4 182 sul viadotto di Brusio. Quante
volte l’avrà percorso in 50 anni? Da calcoli approssimativi esso è transitato circa 25‘000 volte su questo ponte.
Foto: Marco Fighera
Nel 1946 sono stati tolti i grossi vomeri
sgombera neve, poiché essi si erano rivelati inefficienti per uno sgombero intelligente
della neve in tratta. La sua definizione iniziale era Ge 4/4 82; nel 1961 è stato aggiunto
una 1, ottenendo così la definizione 182.
Nel 1977 fu messa fuori servizio. Dopo
una nuova verniciatura fu trasferita nel 1978
al museo dei trasporti a Lucerna in occasione dell’anno dei coccodrilli ferroviari. Qui rimase fino al 1981. Nonostante sia unica al
mondo, qualcuno ha ritenuto il suo valore
storico non rilevante e quindi fu venduta nel
1984 a un acquirente francese, che avrebbe
voluto metterla in esercizio sulla ferrovia St.
Georges-de-Commiers - La Mure. La tensione nella linea di contatto di 2’400 V su questa linea ferroviaria era però troppo elevata
per il coccodrillo del Bernina, il quale di conseguenza rimase abbandonato su un binario
morto.
Il 13 ottobre 1999 fu firmato il contratto di
riacquisto del locomotore, il quale passò in
proprietà dell’Associazione 182, affiliata al
Club 1889.
Nel giro di appena un anno dalla sua progettazione, la Comunità evangelica fu in grado di vedere sorgere rapidamente un palazzo
scolastico, per quei tempi un’opera ragguardevole. Nel suo discorso per la festa di apertura, il pastore Otto Carisch, mette in risalto
quei valori sociali, educativi e morali che non
si addicono solo ad una o ad un’altra Comunità religiosa e non sono conquiste di una o
di un’altra generazione, sono valori immutabili, sempre attuali, moderni, dinamici.
L’originale del documento n. 192 dell’archivio parrocchiale di San Vittore Mauro, mi è
venuto fra le mani durante il lavoro di archiviazione dei dossier e dei libri della nostra
Parrocchia. Come mai il documento non si
trovi nell’archivio della Comunità riformata
è un mistero. Forse il Prevosto lo ha chiesto
al Pastore per poterlo leggere (il Grigione Italiano non c’era ancora) e commentare, chissà
come sono andate allora le cose, si vede comunque che i rapporti tra cattolici e riformati, almeno in fatto di scuola e di educazione
erano buoni. Affido questo testo alla lettura
degli amici dell’Almanacco, convinto dell’attualità e della lealtà del suo contenuto. Chi
avrà la bontà di leggere queste pagine, abbia
la pazienza di perseverare leggendo l’introduzione un po’ lunga e dettagliata.
In doppia trazione con una Gem 4/4 801-802.
Foto: Mario Costa
Dopo 10 anni e oltre 10’000 ore di lavoro di volontariato, il coccodrillo del Bernina
ha riacquistato il posto che gli spetta. Con
il consenso dell’Ufficio federale dei trasporti
(BAV/UFT) è di nuovo atto a circolare in linea. Esso sarà usato per treni storici su ordinazione.
Il coccodrillo Ge 4/4 182 ha avuto l’onore di essere presente per il centenario della
linea ferroviaria del Bernina e ha potuto partecipare il 19 giugno 2010 alla sfilata di gala
dei locomotori. La passerella dei locomotori
Bernina si è tenuta nella cornice del viadotto
circolare di Brusio.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
Un discorso del Pastore
Otto Carisch
in occasione dell’apertura
della nuova casa di scuola
riformata
30 novembre 1825
127
Casa, che nel nostro Cantone sempre fra le
prime a tal uso destinata, con onore sarà da
annoverarsi e riconoscendo nell’erezione sua
la prima condizione e quasi indispensabile
per la riunione delle Scuole3, e nella riunione delle Scuole la cosa più necessaria onde
facilitare la migliore educazione anche per i
poveri, ei la riguardi rispettoso che così considerata, onore e rispetto al certo le si deve.
Sia grata prova di buon spirito e felice disposizione di questa Società, se non solo quasi di
unanimità di consenso queste cose vennero
introdotte, ma che tanti vostri cittadini in tal
incontro uno zelo ed una munificenza per il
bene pubblico mostrarono, come altrove in
Comunità più ricche ancora indarno cerchiamo4 e si rechi ad onore di appartenere a tale
Società. Dolce sia quindi per ognuno anche
questa esperienza, e contribuisca essa pure
anche oggi alla nostra commozione. Ma ben
analizzando i motivi di tal contento o alla
vera sorgente scendendo da cui essa deriva,
sicuramente ognuno se nobile è il suo cuore,
dirà che queste siano le speranze per l’avvenire che nell’interno si fanno sentire; le speranze di sodo riparo contro i mali anteriori e
di provvedimento efficace e durevole appunto in quella cosa da cui la felicità dell’individuo, delle famiglie e della Società intera, nel
politico e nel religioso, maggiormente dipende. La via alla Chiesa essa al certo va per la
Scuola, e come il Tempio vien considerato
come la scuola per gli adulti, così la Scuola
con altrettanto diritto dovrà essere considerata come il Tempio per i fanciulli. Ed infatti
che frutto sarebbe mai da aspettarsi dal Culto per coloro i cui sensi non furono già nella
Scuola aperti al bene, le facoltà intellettuali
esercitate a conoscerlo, le morali ad eseguire ciò che come bene fu riconosciuto ed in
1Saggio, questo riferimento a non voler guardare tale festa solo dal punto dell’esteriorità, ma di cercarne il
significato più profondo. Infatti, quante volte le nostre comunità hanno suonato le trombe del più bravo, del migliore, del più aggiornato che forse ci hanno anche spronati e motivati a migliorare, ma che non sono determinanti
per la comprensione reciproca.
2Rassegnazione, inteso come fiducia nella validità di questa impresa.
3Riunione intesa qui come scuola per tutti, anche per i riformati delle Contrade, per i ricchi e per i poveri.
4Non solo ci fu unanimità decisionale, ma pure tante offerte di singoli per un bene pubblico.
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
128
«Che l’accompagnamento de’ nostri figliuoli
dalla Scuola al Tempio di Dio, e da codesto in
questa Casa, che l’aspetto festivo che or qui
in radunanza si numerosa ci ha congregati;
non sia dettame di qualche troppa vaghezza
di Solennità fastose1, ma l’espressione naturale, e direi quasi necessaria de’ sentimenti,
i quali in giorno si importante per la nostra
Società a buoni genitori ed a buoni cittadini agitano l’anima: chi non lo sentirebbe? E
che questa commozione, sia di natura veramente nobile. Che qui qualche cosa di sacro
si presagisca: in caratteri chiari io leggo. E
che cosa si è poi quella, qual forza misteriosa
che tali effetti produce ed in modo si dolce,
e nello stesso tempo si inesplicabile tiene sospeso i nostri Cuori? È egli forse il vedere radunanza si festiva in un fabbricato, un anno
fa appena ancora progettato, e che pure già
a quest’ora presso nazionali e forestieri, alla
nostra Società fece onore, e divenne oggetto
di si viva partecipazione ed intrinseco piacere? È egli la presenza di quelle autorità e di
cotanti uomini, che con si vivo Zelo, dure fatiche e generosi doni efficacemente cooperando, promossero quello che per il bene della
Società loro, come della maggior importanza avevano ravvisato, ed ora soddisfatti si
nella propria coscienza, con rassegnazione2, dall’avvenire, più generale riconoscenza si aspettano? O sarebbe egli l’aspetto di
questi figliuoli che si vivamente ci commuove, aspetto che sopra cuori nobili sempre in
modo particolare agisce, qualche tacito paragone di quello che un giorno fu con ciò che
in bella prospettiva a loro si fa vedere? Cosa
del momento al certo non può essere, ciò che
si a fondo ci commuove, e dall’interno ha da
venire ciò che si all’interno penetra. Godasi
quindi pure ognuno, contemplando questa
129
questo modo già di buon ora iniziato il cuore
alla virtù e pietà. Nella Scuola venga appianata la via e preparato il cuore de’ figliuoli,
qual Tempio in cui Dio dimori, ed efficace
per tutta la vita si mostri il suo Spirito e la
sua grazia!
E che dire riguardo ai doveri del Cittadino? Qual carica, bassa comunque sia, non
rende oggigiorno necessarie cognizioni? Chi
nella Scuola non le acquista, chi in essa non
prende rispetto per la legge, per i superiori,
per la società, per l’ordine medesimo, in tutte le relazioni così necessario, vi domando,
come si può aspettare che egli un giorno tal
cittadino riesca, come ad un uomo libero e
repubblicano tanto più è di sacro dovere?
Perché non ferrea sferza, ma lo stimolo di
propria coscienza e dell’amore e capacità per
il bene, uomini liberi al bene dovrà spingere. E se pace ed armonia formano la felicità
maggiore delle famiglie, ed amicizia, amore
e pace non si trovano che tra i buoni, non
sarà egli della maggior importanza anche
per le famiglie, acciocché rozzezza, contese,
disubbidienza e cotanti mali che funestano,
sempre più spariscano e vi entri la tenerezza
e pace coi loro dolci beni, che i figliuoli già
dall’infanzia loro in quello che maggiormente vi conferisce vengano guidati ed esercitati?
E lo stesso si potrà dire dell’individuo. Sono
bensì diverse le vocazioni, ma non v’è nessuna che non rendesse necessarie certe cognizioni, o almeno non riuscisse gradevole ed
onorifica all’uomo che qualche cosa ha imparato; che a colui il quale anche in piccole cose con disonore, e non di rado a danno
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
bene della nostra gioventù. Sì nobile è la vocazione vostra, che il materiale che voi avete da lavorare, il campo da voi da coltivare,
non è nulla di meno che spiriti umani, anime
immortali, cuori teneri, disposti si al male ed
al bene, ma che in generale però a quello più
si dirigono a cui con saviezza ed amore vengono guidati. Cognizioni chiare di quello che
ai vostri allievi sarà da insegnare, cognizione
del cuore umano, e come in ogni occorrenza
sia da trattare; cognizioni pure del vero fine
della vita sono quindi prima necessarie, ma
incerto rimarrebbe anche così ancora il frutto, dubbioso se infatti un bene abbiate loro
procurato, qualora a misura che si dilatano
le cognizioni non si nobilita anche il cuore,
si appura la volontà, si accende di vivo desiderio per virtù e pietà il loro animo, e riesca loro sempre più facile il lasciare il male e
fare il bene. Ed a tale scopo irremissibilmente divengano altre qualità importanti ancora
che qualsiasi erudizione. Risoluzione decisa
per la giustizia e la virtù in ogni incontro, un
animo penetrato di pietà e sentimenti nobili
e buon esempio, vita esemplare nel piccolo e
nel grande; queste sono le qualità che maggiormente garantiscono agli scolari la buona
riuscita, ed ai maestri la più dolce ricompensa, la confidenza cioè e l’attaccamento dei
loro allievi, quella gratitudine e tenerezza
che neppure gli anni più tardi cancellano. A
questi pregi aspirate; non v’è di più essenziale ne per il bene della vostra Scuola, ne per
voi medesimi, e per più che si rifletta, per più
che si tenga alle esperienze fatte, tanto più
si comprova come vera ed incontrastabile la
massima di uno dei più grandi ingegni della
Germania quando riguardo all’influenza che
si esercita sopra altri dice: parole producono parole, fatti, fatti; ed una vita costumata
ed esemplare dei maestri, vita costumata ed
esemplare negli scolari5.
E contribuire alla buona riuscita della
nostra Scuola, a renderla degna della bene-
5Pastore Carisch qui fa un valido riferimento ad una scuola che non sia laica ma profondamente cristiana.
dizione, potrà finalmente qualunque particolare, e voi tutti chiunque siete, se interesse
per il bene della vostra Società ed amore per
il bene vi anima. Ben lontani dal tenervi a dicerie, che ignoranza e malevolenza particolarmente in ogni cosa nuova si compiacciano
a spargere, vi informerete allora del vero stato delle cose a suo luogo, avvertirete a tempo i superiori del male che si è introdotto
o minaccia, stimolandoli a rimediarvi. Ma
informati del vero rifiuterete pure con chiare ragioni quello che maldicenza e calunnia
vogliono diffondere e parlerete a favore di
quella che merita il favore e la protezione di
ogni uomo leale e dabbene. In questo modo
procedendo si correggono le cattive opinioni de’ malinformati, si guadagnano per la
buona cosa i dubbiosi e i titubanti, si consolidano i benpensanti e si aumenta il piacere de’ buoni. E non è per partito preso che
così si agisca; ma per amore della verità, per
l’onor di Dio che è Padre della verità, e per il
bene pubblico a cui pure secondo le sue forze
ognuno deve contribuire; e contribuendo nel
più essenziale onora Dio.
E con tanti proponimenti e con queste dolci speranze porgendovi vicendevolmente la
mano consacriamo dunque oh padre nostro
e padre dei nostri figliuoli anche questa Casa
al tuo servizio. La tua benedizione versa ricca
sopra questi figliuoli e quelli delle generazio-
ni venture. Qui regni il tuo spirito. Nei cuori
teneri dei nostri figliuoli prenda qui radice e
speranzosi germoglino virtù e pietà. Qui trovino i genitori un vero ed efficace soccorso
per l’educazione de’ loro figliuoli, e come
essi da parte loro fedelmente adempiano il
voto al battesimo per loro prestato, possano
anche questi, sviluppato che sia il loro Spirito, nobilitato il loro cuore, vivificata la loro
fede, uscendo un giorno da questa casa venir
accolti come degni membri della Società de’
Cristiani6. E progredendo poi in tutta la loro
vita in ogni virtù, crescendo in viva fede, con
ferma fiducia e lealtà irreprensibile in tutto il
loro agire dimostrandola, facciano poi questi ed i figliuoli di molte generazioni seguenti
vedere, quanto vive e sacre furono le impressioni qui avute per virtù e pietà. E grata rimanga ed inestinguibile la memoria in quelli
che nella patria lealmente vorranno nutrirsi e
per coloro che dispersi per il mondo andranno vagando e cercando fortuna. Con rispetto
e certa venerazione essi a questa Casa pensino, e con viva riconoscenza, sentendo che fu
qui ove si acquistano le cognizioni necessarie
per la vocazione loro onorevole, ove furono
spinti efficacemente sul cammino della virtù, e il loro cuore diretto in viva fede a Dio:
molti abbiano un giorno a dire: anche per me
si avverò l’iscrizione di questa Casa; che la
vuol Sacra a Cristo ne’ fanciulli: anch’io già
da fanciullo a Cristo vi fui guidato: Amen.»
N.B. in questo discorso manca la parte dei
genitori perché le prime lezioni si ricevono
nella Famiglia.7
6Saggio, questo riferimento a non voler guardare
tale festa solo dal punto dell’esteriorità, ma di cercarne
il significicato. Il riferimento alla “Società de’ Cristiani” é
moderno, non si ferma alla Comunità riformata soltanto.
7Stupendo e attualissimo il riferimento all’educazione impartita dai genitori stessi. Assolutamente valido e
indispensabile anche oggi il contributo dei genitori, pur
considerando i grandi cambiamenti avvenuti in ambito
famigliare.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
130
suo, da altrui ha da dipendere? Chi però nella Scuola a queste cognizioni non perviene,
ordinariamente per tutta la vita ne va privo.
Ma garantirà poi questa scuola tali beni?
Procurerà essa poi infatti si gran vantaggio
ai nostri figliuoli, mi domanderà forse qualche d’uno. Io lo spero, lo spero con molti di
voi, di tutto cuore lo spero in Dio! Vero è
che due cose vi si richiedono; l’assistenza e la
benedizione del Signore in primo luogo, perché nulla a quelli che piantano, nulla a quelli
che innacquano, è Iddio che fa crescere. Con
umiltà si conviene quindi anche in questo
aspettare dall’Alto il dono perfetto. Ma è
però il medesimo Dio che in altro luogo dice:
aiutati che io ti aiuterò, e così poi anche dal
nostro procedere e se degni dell’assistenza
Superiore ci mostreremo, il buon successo
dipenderà. E che cosa aspettasi dunque a noi
riguardo alla nostra Scuola? In qual modo
procedendo ce ne mostreremo degni dell’assistenza Divina? Non v’è di certo nessuno, a
cui ciò non incomba e che più o meno non
possa contribuire ad ottenere il fine desiderato. Maggiormente però questo dipenderà,
Signori del Venerando Collegio e Consiglio
Scolastico; da voi che la confidenza de’ vostri concittadini ha posto tanto per il bene
della Società in generale, come pure per la
buona educazione della gioventù in carica sì
importante. Vigilando coscienziosamente per
il bene già introdotto e stabilito, con sollecitudine ed assiduità indagando come i difetti
si possano togliere e riparare alle mancanze,
che mancanze sempre con le cose umane vanno annesse, e non stancandovi anche qualora
le più gravi difficoltà si incontrassero, di tendere con tutte le vostre forze a perfezionare
il tutto: in questo modo procedendo Signori,
con fiducia si speri che per il bene di questa e
di molte generazioni future non rimarranno
senza buon frutto le vostre fatiche.
Ma da voi pure, maestri di scuola dipenderà assai la riuscita di questa istituzione ed il
131
Lara Boninchi Lopes
Servizio fotografico a cura dell’autrice
132
Una zona strategica e d’importanza storica
sia dal punto di vista sociale che commerciale quella di La Rösa, per lunghi secoli testimone di traffico di carovane e mercanti che
salivano dalla vicina Valtellina varcando il
passo del Bernina, sino all’Engadina e oltre.
Un luogo di passaggio e di particolare fascino soprattutto per le risorse naturalistiche,
circondato da sorgenti d’acqua che fecero
scomodare, nel 14esimo secolo, nientemeno
che Leonardo da Vinci, che su commissione
del Duca di Milano, fu mandato in questo
luogo alla ricerca delle ricche sorgenti dei
grandi fiumi italiani.
Perfino la costruzione stessa dello stabile
è basata su fondamenta di pietre grosse immerse nell’acqua.
All’interno la casa si snoda in un labirinto
di corridoi stretti che si affacciano su semplici camere, abbellite da un tocco di colore
che traspare dalle decorazioni a ghirlanda,
lasciate intatte sulle pareti.
Su alcune porte, composizioni floreali fanno capolino, grande lo spazio adibito a fienile oltre all’abitazione del contadino, resa
accogliente da pareti in larice e cembro, di
probabile richiamo engadinese: ammobiliata
Riposare e rifocillarsi dopo un lungo viaggio per var‑
care il passo del Bernina, presso la vecchia stazione
della posta e di transito era una tappa d’obbligo
Nell’immagine un particolare decorativo
risalente alle origini
secondo le esigenze di quella vita sobria ed
essenziale.
Dalla rivalutazione del complesso nasce
anche un progetto positivo, reso vivo da una
buona dose di idealismo, sempre necessaria
per concretizzare le proprie passioni.
Attualmente la vecchia stazione della posta
e di transito a La Rösa ha assunto la funzione di originale agriturismo, rispettando con
fedeltà tutte le caratteristiche dell’edificio
corrispondenti al contesto storico di quegli
anni.
pi, ma pure per recuperare e valorizzare quel
sapere antico, tramandato da generazione a
generazione, della lavorazione di prodotti
dal gusto tipicamente alpino, in questo caso
dei formaggi di capra della famiglia Compagnoni, già prodotto di nicchia per specialità
culinarie in diversi alberghi dell’Engadina.
Una panoramica generale sull’edificio nei pressi di La Rösa
La Rösa AG si prefigge l’obbiettivo di far
rivivere a turisti e visitatori la vita di cento
anni fa: sia per tornare alle origini, rivivendo
il ritmo e le abitudini quotidiane di quei tem-
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
La vecchia stazione della
posta e di transito a La Rösa
Rivivere il passato nella vecchia stazione della posta e di transito, testimone reale
di storia delle nostre radici è possibile, circondati dal pastore e dalle sue capre in un
paesaggio naturale e ancora intatto, alla scoperta della tradizione contadina in un ambiente autentico.
Un agriturismo che rivive il passato, sulle
orme di quelle esistenze alpestri, sulle vie di
transito, sulle mulattiere, ma comunque proiettato e aperto alle opportunità del futuro.
Il rinnovamento del complesso ambisce
a divenire ponte economico e culturale tra
l’Engadina e la Valposchiavo, e quale posto
migliore si addice se non quello di La Rösa,
anello di congiunzione tra le due località.
Entità diverse nel territorio e nelle caratteristiche, ricche nelle tradizioni e nella cultura,
con possibilità d’interscambio e di riscoprire
un proprio punto d’unione.
Un progetto di recupero e valorizzazione
del patrimonio in evoluzione, diverse sono le
aziende indigene che ne hanno tratto beneficio, sia per quanto riguarda i lavori di ristrutturazione della vecchia stazione di posta
e di transito che per l’artigianato, proposito
nobile che è parte integrante dell’ideazione
del complesso.
133
Piacevoli e indimenticabili
incontri tornando da scuola
134
Un breve racconto che
ci riporta alla realtà
degli anni in cui il
traffico non creava
particolari disagi, sia
per chi usufruiva delle
strade per il trasporto
di merci che per i
pedoni. Oggi, a distanza
di anni, possiamo
riflettere sul fatto
che sui marciapiedi
nemmeno i bambini
possono più distrarsi
per qualche birichinata.
Allora ogni contrada
aveva il proprio
ufficio postale e non
mancavano certo quelle
relazioni di umanità
che si instauravano
con le persone addette
al servizio pubblico
facendole diventare dei
veri e propri personaggi
di paese. N.d.R.
Gli anni della gioventù trascorrono veloci,
però i ricordi della fanciullezza restano impressi nella memoria per tutta la vita. Ricordo in modo speciale gli anni 1931-34 quando
frequentavo le ultime classi elementari a San
Carlo.
La strada cantonale attraverso il villaggio
era stretta e non era ancora asfaltata, per noi
ragazzi era anche luogo di divertimento perché il traffico era molto limitato.
Anni addietro transitavano i vetturini che
trasportavano legna e i contadini che in autunno portavano verso casa i prodotti dei
campi come le patate ed il grano.
Le automobili in valle erano pochissime, solo
i medici, il veterinario e pochi altri possede-
Fino verso la metà del ventesimo secolo, la posta di Poschiavo si trovava in Plaza da Cumün, dove attualmente è
situata la sede della Banca UBS. Il signor Carlo Isepponi trasportava puntualmente pacchi e corrispondenza dalla
stazione della Ferrovia retica all’ufficio in piazza e viceversa
Il signor Carlo Isepponi in piedi sul carro postale in
conversazione col postino di San Carlo. Alle spalle di
quest’ultimo s’intravvede l’arcata del portone d’entrata
al Palazzo Dorizzi, sede della vecchia posta
vano trasportati dalla stazione di Poschiavo
con un piccolo carro trainato da un cavallo.
Tutti i giorni, quando andavamo a casa per
il pranzo, davanti alla vecchia posta c’era il
signor Carlo Isepponi che scaricava i pacchi
e i sacchi della posta. Noi ragazzi, aspettavamo, dietro al carro, il momento propizio per
farci trainare per un breve tratto di strada.
Il signor Isepponi immaginava le nostre intenzioni e ci rendeva attenti sempre con gentilezza, ma con decisione, sulla pericolosità
dell’azione.
Infatti quando ripartiva al trotto verso Poschiavo, con la sua bella cavalla Pina, nessuno osava avvicinarsi al carro in corsa!
Il signor Carlo Isepponi e il postino Amilcare Marchesi con la cavalla Pina e il carro dei pacchi postali
vano una vettura; il traffico intenso come
esiste oggigiorno era allora inimmaginabile,
per fortuna negli anni 1981-82 vennero realizzati i marciapiedi.
Un piacevole ricordo impresso nella mia
memoria è legato alla posta di San Carlo: a
quei tempi l’ufficio postale si trovava nella
casa a pochi metri più a sud dell’ultimo edificio adibito a questa funzione, realizzato nel
1966 e chiuso da pochi anni con grande rincrescimento della popolazione.
Al tradizionale sportello della vecchia
posta c’era regolarmente la signora Orsola
Crameri, l’amia Ursulin, sempre gentile e disponibile.
I pacchi, i giornali e tutta la corrispondenza destinata alla contrada di San Carlo veni-
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
Giovanni Lanfranchi
Le foto sono di Edi Isepponi
135
SECONDA PARTE
Qui la Valposchiavo
Adriano G.E. Zanoni-Pola
136
Nelle pagine
dell’Almanacco 2010
si trova la parte
iniziale di questo
racconto, vicissitudini
narrate da un
caro antenato che
intraprese un viaggio
lontano dalla propria
terra alla ricerca di
una vita migliore.
Una nuova lingua
da apprendere
e costumi diversi
da quelli usuali,
ai quali adattarsi,
contraddistinguono
l’evolversi degli
eventi nella vita del
protagonista. La
perdita del padre
tanto amato e il
momento della
via del ritorno in
Patria sono descritti
con minuziosa
attenzione nel
testo, il lettore può
intercalarsi nei panni
del personaggio
e rivivere quegli
anni segnati da
lunghe partenze
e ritorni. N.d.R.
In Australia
La mattina del 21 agosto 1877 posi per la
prima volta il piede a terra ferma, dopo 54
giorni di navigazione; su quella terra, della quale tanto in Europa si parlava. Io sortii sul primo e principale porto dell’Oceania
nominato Melbourne. Questo lido è ornato
da edifici grandiosi, fabbricati di recentissima architettura. S’immagini il lettore qual
effetto produsse sul mio animo mettendo per
il primo istante il piede in terra straniera e
nuova. Ognuno si potrà fare un’idea, vedendo un nuovo suolo, che produce vegetabili1
quasi del tutto differenti dai nostri, persone
di diverse razze (europei, africani, americani, asiatici ed in fine i veri indigeni) di color
bianco, bianco-oscuro, nero (mori) giallognolo, di civilizzati ed incivilizzati ed anche
selvatici2. Ciò produce su ogni e qualunque
animo, che arrivi in quelle terre qualche sensazione, più o meno, secondo lo spirito che il
soggetto ha in cuore. Oltre a ciò bisogna immaginarsi che quella chiamasi terra dell’oro.
Dopo d’aver visitata, per quanto il tempo me
lo permise, la capitale Melbourne, partii con
mio padre alla volta di un paesello alpestre,
quasi come Brusio, bensì diverso di costume
e di prodotti.
Ivi era ove mio padre lavorò per lunga
serie d’anni, onde ammassare alcuni quattrini. Qui doveva io avvezzarmi al lavoro,
qui dovetti imparare cosa era il guadagnare
il pane col sudore della fronte. Molto strano mi sembrava dapprincipio non intendendo l’idioma inglese e non essendo capace ed
abituato al lavoro sì pesante. Non così dopo
alcuni mesi, il lavoro più non lo temeva e la
lingua la comprendevo per quanto mi abbisognasse, quindi andavo anche d’accordo col
costume ed uso del paese. Solo una terribile
sventura mi colpì. Una terribile malattia sopraggiunse il 1° giorno di dicembre 1877 al
mio genitore e sebbene si abbia provato con
tutti i rimedi usati dall’arte medicinale, nulla
giovò. Il giorno 12 di grave malattia, la dura
ed affilata falce della cruda morte, troncò a
mio padre il filo di vita, che gli restava su
quest’esilio di miserie. I tuoi commenti o lettore, o lettrice su questo caso! Fortuna volle
che io fossi armato abbastanza di coraggio,
altrimenti due vittime avrebbe colto il destino. Bandito colsi a poco a poco il grave
morbo della passione, cominciai a condurre
la vita primiera, in altre parole sul mio volto dipingevasi l’allegria ed il vigore dell’età
giovanile e le mie labbra talvolta aprivansi a
dolce riso. Mi feci ancora membro della società ed ero da tutti amato come al paesello
natio. L’idioma inglese ormai mi permetteva di capire cosa si diceva, e di spiegarmi in
caso d’occorrenza, quindi più dolce mi sembrava la vita. Gli ultimi nove mesi che passai
colà, godetti di tutti i piaceri onesti, dei quali
può regalare il mondo. Io amavo quel vivere perché scorreva i miei giorni tra il lavoro
1Sta per vegetale, che si riferisce alle piante, alla loro vita e fisiologia, ai loro prodotti.
Mentre vegetabile sta per può vegetare.
2Selvaggi.
pacifico e felice. Qui mi accattivai la benevolenza di tutti e specialmente quella di un
mio concittadino. Alcuni mesi prima della
mia partenza egli mi introdusse a far conoscenza con una giovane, sorella di una sua
cognata. Questa era ragazza di buona indole, onesta ingegnosa e tutta buon cuore. Essa
più di qualunque altro con le sue belle doti e
gentilezza mi assicurò di molto nella lingua
inglese. Tanto io che lei ci affezionammo, ma
di una affezione fraterna.
Ormai è già suonata l’ultima ora per me,
per restare nella nuova patria e quindi per
obbedienza alla mia genitrice ai «patri lari»
ritornar dovetti. Eccomi dunque alla vigilia
della mia partenza. Fatti i saluti a tutti, parenti, amici e conoscenti, mi ritirai per alcune ore di riposo, vale a dire sino a che spuntò
l’alba del 9 giugno 1879. A malincuore abbandonai Walhalla3 dalle ore 8 del mattino,
perché sapeva che lasciava un pegno in quel
paese, in pratica il pegno più caro, il padre,
addio tomba, che chiudi in seno, il genitor già
morto, addio! Forse ci vedremo ancora. Cavalcando un buon destriero4 mi misi in viaggio per la metropoli della Victoria, in altre
parole Melbourne. Dopo circa cinque ore di
viaggio feci alto5, onde soddisfare alquanto
lo stomaco in un pubblic house6, e poi via di
nuovo in vettura, per cinque altre ore. Indi,
mi fermai alla stazione di Moi. Dopo aver cenato ben bene, comodamente partii di nuovo
col treno della ferrovia e dopo quattro ore di
veloce corsa arrivai alla bella capitale.
Melbourne
Oh! Come tuttora mi si risvegliano nella
memoria le cose passate in quella metropoli
oceanica, ricca d’ogni bellezza. Per ben cin-
que solar turni durò la mia sosta in quella
vasta e nuova città. Nel breve lasso di tempo
vidi ciò che in Europa mai le mie luci videro.
Quello che principalmente mi diede all’occhio fu il modo con il quale fu costruita la
città, le strade così diritte e larghe, le contrade così ben disposte ed in ordine, i fabbricati
in grossa mole, tra i quali primeggiano: la Posta, S. Patrizio ancora in fabbrica, le banche
Victoria, Coloniale ed Australasia, l’Università, i Bagni Turchi, il palazzo del governatore, le Arcadi, l’Esposizione, il palazzo del
mercato e i giardini pubblici; negozi d’ogni
qualità e fabbriche di ogni sorta, teatri nei
quali è giocato in diverse lingue. Dopo tutto
questo, ecco giunto, il 14 giugno, giorno nel
quale io avrei dovuto essere sul bastimento e
salpare in mare. Amici e parenti mi accompagnarono sino all’imbarco e fra questi anche una giovane mia conoscente ed amica di
un mio amico, la quale gentilmente mi volle
accompagnare. Mesti e dolenti in pari tempo, mi diedero l’addio baciandomi e lasciando scorrer sulle loro gote serene lacrime, sia
di loro che di me. Povero me! Eccomi di bel
nuovo in mezzo ad una società tutta nuova e
tutto solo a sospirar, che melanconia!
Ritorno in Patria
Il 15 giugno 1879, di buon mattino un robusto legno inglese, fendeva già l’onda salpando per l’Europa, detto legno aveva il
nome CUZCO7; era guidato da esperto capitano e da zelanti marinai. Allo staccarsi dal
porto esclamai: addio! Australia cara, terra
dell’oro! Addio patria nuova! Tu fosti mio
retaggio solo per pochi anni, ma mai che io
ti abbia a dimenticare; addio amici, addio
conoscenti, io vi abbandono, ma la memo-
3Il paradiso dei guerrieri della mitologia germanica, ove le valchirie (le semidee della mitologia nordica) accolgono soltanto i caduti a cui si addice la qualifica di eroi.
4Cavallo da battaglia o da torneo, appartenente a un nobile cavaliere.
5Parola proveniente o dal militare (fermarsi) o dal tedesco (Halt machen).
6Una taverna.
7Cuzco London Melbourne 12 Aug 1892 (7 wks) Royal Mail Steamer of Orient Line; 43 steerage 17 guineas fare
Ocean, p. 233. CUZCO 1871. The CUZCO was built by John Elder & Co, Glasgow in 1871 for the South American service of the Pacific Steam Navigation Co. She was a 3,898 gross ton ship, length 117,09m x beam 12,62m
(384.2ft x 41.4ft), clipper stem, one funnel, three masts, iron construction, with a service speed of 12 knots.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Dimora in Australia
137
Se debol il vento
Spira nell’onda,
Leggier, leggiero
Lascio la sponda.
Vivo nell’acqua
Muoio nel mar,
Son marinaro
Son marinar
Se dolce splende
In sulla sera,
La bianca luna
Fo’ mia preghiera;
prego da Dio.
Tranquillo il mar,
Son marinaro
Son marinar
Ma allorché fiera
Si rinnovella,
sovra del mare
una procella;
il lido torna
A sospirar,
Il marinaro
Il marinar.
Non parlerò del viaggio in alto mare, il
quale durò 26 giorni consecutivi; senza veder più un metro di terra. Dirò solo che fu
felicissimo e che la maggior parte delle sere
si danzava. Accennerò anche che il giorno di
S. Pietro e S. Paolo, il 29 giugno, circa ad ore
10 di mattina, s’appiccò il fuoco in un locale del bastimento, vale a dire nel Salon. Un
tal caso sgomentò tutti i passeggeri, e questi
non s’aspettavano altro che la morte; fortuna volle che presto fu spento, riportando la
gioia sul volto di tutti gli stanti. Com’è mai
terribile un incendio in mare. Tutto il resto
del viaggio fu dilettevole. La mattina del 15
luglio il nostro Cuzco arrivò a toccare il lido
di Suez, dopo aver vogato lungo il sì rinomato Mar Rosso. Suez è il primo e più rinomato porto dell’Egitto orientale ed uno dei capi
del tanto menzionato Ismo8 di Suez. Qui mi
venne l’idea di abbandonare l’acqua e quello sulla quale mi porgeva riparo e viaggiare
per l’Egitto. A mezzo di una barchetta guidata da tre mori mi feci trasportare sul lido,
con i miei amici e bauli. Prima di tutto dirò
qualche cosa sul canale di Suez giacché fu il
primo a presentarsi innanzi.
Brevi cenni sul canale di Suez
La prima idea della costruzione di questo
canale ebbe la luce nell’anno 1854 da Ferdinando De Lesseps. Egli la mise sul tappeto
di Mohammed-Said-Pascià regnante di allora in quella provincia. Il figlio dello stesso
comprese l’importanza immensa che avrebbe
apportato l’apertura di un canale in quel luogo e ne volle una memoria per poterla studiare (qui adopera un anglicismo). Il figlio,
Vice Re, rimise questa memoria a suo padre
il 15 novembre dello stesso anno. Mohammed l’approvò con un decreto (emanato al
Cairo il 30 novembre suddetto) e accordò al
suo amico Lesseps il potere esclusivo di costituire una società Universale per il taglio
dell’Ismo di Suez e l’apertura di un canale tra
i due mari.
8Propriamente detto Istmo.
Difatti Lesseps con la sua sagacità arrivò
in due anni a formare la società e il giorno
24 aprile 1859, attorniato da tutti i suoi ingegneri ed impiegati, menò il primo colpo di
zappone. Dopo 10 anni di stenti ed incagli
aprì la via tanto utile. Il canale è lungo 160
km, largo 133 m e profondo non meno di 8
metri. Così le acque del Mediterraneo e del
Mar Rosso si corsero incontro e si unirono
in fraterni amplessi.
Ora ritornando al mio destino eccomi di
nuovo in mezzo a gente nuova, a costumi
non mai visti ed a lingua a me straniera, eccomi sul suolo d’Egitto.
Egyptus
Essendo già l’ora terza del mattino, prima di
mettermi di nuovo in viaggio volli desinare
ben bene e ciò eseguii in unione con i miei
amici, trincando una bottiglia di liquor di
Bacco, alla salute degli egiziani. Dopo aver
assestato tutte le mie cose, accesi il mio sigaretto, com’è di costume in quelle terre, e
mandando fumo dalla mia bocca, come un
turco, mi misi a studiare con l’occhio, per
filo e per segno, le fisionomie ed i costumi di
quella razza, la quale era propriamente indigena; sembrava fossero tanti diavoli appena
sortiti dall’inferno, tanto erano neri. Notasi
poi che in Egitto vi sono anche altre razze e
specialmente la francese. Alle ore nove salii
in vagone per Alessandria e strada facendo
feci nuove osservazioni. La cosa che mi restò
più impressa fu l’abbigliamento di una donna egiziana.
Ecco una breve descrizione: a prima vista
mi sembrava una maschera, perché del viso
non potei scorgere che i rai e la china del
naso. A poco a poco scopersi esser quello il
costume delle egiziane usato nel vestirsi. Da
quanto potei conoscere era quella una donna
di famiglia benestante, perché il suo atteggiamento era civile, vestito fine e ben tenuto e
per soprappiù assai pulito. Portava la gonnella semplice, le scarpette lucide e le calzette
maestrevolmente lavorate; la gonnella però
arrivava solo sino alle anche, il busto era
coperto da camicie di un tessuto bianchis-
simo, assai fino e pulito9. Il collo era cinto
da un giro di ambre di mediocre grandezza. Sopra tutta la persona sta un velo nero,
il quale, negligentemente alle volte cadeva e
si apriva lasciando scorger i sottostanti abbigliamenti. Questo copre il capo, facendo
una piega all’indietro sopra le orecchie e sotto le tempie; indi scende disteso sulle spalle,
sul seno e su tutto il resto della persona, racchiudendola interamente a guisa di manto.
Detto velo, viene fermato sul busto da una
delle sue mani. Dalle due orecchie perpendicolarmente per la faccia scende un secondo
velo, il quale copre il viso, dagli occhi discendendo sino alla pozzoletta dello stomaco. Esso è largo quanto la faccia in cima e
finisce in punta ed è fermato ad una specie
di agoraio10 appeso al primo velo, passando
in giù sul dorso del naso e munito di quattro
piccoli anelli di ottone lucente. Dall’imo11 di
questo ordigno insino a metà il seno, stanno appese una serie di medaglie, la prima in
cima della grandezza di un pezzo da cinque
centesimi svizzeri, diminuendo sempre di
grandezza una dall’altra. Le sue mani erano
guarnite d’anelli, uno per dito meno il pollice; ed essi erano d’argento, massimo ad esser
ben lavorati. Il viso delle egiziane, indigene,
durante il giorno non si vede, perché come si
è potuto rilevare è sempre coperto dai veli.
Mi ha raccontato un egiziano che un amante
non arriva a veder il viso della sua bella, se
non dopo essere a lui promessa. La statura
degli egiziani è piuttosto grande, il loro colore è oliva oscuro, a motivo del gran calore.
A proposito, dirò che in Egitto il caldo si fa
sentire, quasi come presso l’Equatore.
Per tutto quel giorno viaggiai, attraversando l’intero Egitto, non fermandosi, che
alle principali stazioni, per ristorare lo stomaco. Le stazioni toccate nel mio passaggio
furono: Suez, Ismailia, città grande ed antica sul deserto, Til Chibi, sul principio della
campagna coltivata, Zagazig, Behna, Tanca,
9 Calze o calzini.
10 Astuccio dove si tengono gli aghi.
11 Petto.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
138
ria mai cancellerà le gioie godute tra voi e
perennemente vi resteranno scolpite. Serbate
speciale affetto a chi vi abbandona, ed alla
zolla che vi alberga. Addio!
In meno di un corso giornaliero già più vedevasi il lido tanto amato, solo acqua e cielo.
Scorsi due giorni appena, il naviglio si fermò ad un porto del sud Australia, il quale
si chiamava Adelaide. Il giorno era assai bello e pareva quasi invitare l’entrata in questo
porto. Io volli, per l’ultima volta, por piede
su quel suolo e visitare quella città. Ivi me la
godetti ancora per tutto quel giorno e dopo
aver comperato alcune cosette in memoria,
ritornai all’imbarco perché era vicina l’ora
della partenza. Anche qui un’ultima volta:
addio, giacché di quella parte di mondo, più
aveva speranza di vederne. Era il 18 giugno
e già all’alba vogava il nostro legno. Allora
mi risovvenni di tre strofette scritte dal Padre
Perini, italiano, imparate a memoria nella
bella Brescia a riguardo del marinaro. Ecco
come suonano:
139
zo e la sera, onde ingannare il tempo, andava con tre dei miei amici al Caffè d’Oriente
facendo ivi una partitina a tresette e bevendo una tazza di buona birra. Qui due ninfe
stavano di servizio, una era triestina, l’altra
napoletana. Siccome è mio solito, m’accattivai un po’ d’affezione d’una di loro, ossia
della triestina, perché più avvenente. Era
cara, gentile, amabile e simpatica. Quattro
giorni passammo felicemente godendo due
volte al giorno della sua compagnia. In sul
finir del quarto giorno, strinsi la sua destra
in segno d’abbandono e dopo aver dato l’addio ad un mio amico d’Austria, mi portai
con altri due miei amici al barcadero. Sullo
spuntar del quinto giorno partii alla volta di
Brindisi, porto posto sulla sponda orientale
ed uno dei principali d’Italia. Quattro giorni durò il tragitto del Mediterraneo, quando
finalmente posi piede sul suolo, del giardino
d’Europa esclamai: salve o Italia eccomi sul
tuo lido! Disceso dal Pera, piroscafo guidato
da capitano inglese e marinai italiani, calcai
col mio piede per la prima volta il suolo meridionale d’Italia, il giorno 25 Luglio 1879
precisamente ad ore nove antimeridiane.
In Italia
Appena fui in paese tagliai i capelli, pranzai
e feci un giro al porto. Di nuovo null’altro
vidi, che due sodi destrieri vestiti a lutto i
quali tiravano un carro mortuario, con entro la salma di un giovane sui 22 anni, figlio
d’un conte. Il triste rintocco delle campane e
la musica che suonava funebri note, mi commosse il cuore ed esclamai: oh cruda sorte, la
falce del destino troncò anzi tempo il filo di
vita allo stelo in verde età.
Alle ore tre e un quarto partii col convoglio ferroviario alla volta di Milano, toccando lungo quel viaggio di due giorni e parte di
due notti le seguenti stazioni: Foggia, Pesca-
ra, Ancona, Rimini, Bologna, Modena, Parma, Piacenza e qui pranzai oltre ad alcune
piccole stazioni che non occorre nominarle,
infine eccomi a Milano.
Milano
A Milano arrivai circa un’ora dopo mezzodì,
quindi, dopo aver preso l’albergo, pranzai
ben bene perché era ora. Essendo curioso di
vedere questa città, tanto nominata nei nostri paesi di montagna, presi con i miei due
amici una carrozza a nolo e visitai le cose più
importanti della città.
Ecco l’elenco: il Duomo, tanto rinomato,
sia per l’interno sia per l’esterno e vi salii anche sulla cupola per meglio vedere la città e i
suoi dintorni, la Galleria Vittorio Emanuele,
la Villa Reale, i giardini pubblici, il cimitero
monumentale, l’Arena, il Sempione o Arco
della pace, fatto costruire da Napoleone I
con il magnifico lavoro in bronzo, infine la
piazza d’armi con in fondo la grandiosa caserma. Ritornato all’albergo cenai e poi, prima di andare a letto, una partitina a tresette
alla milanese. Spuntò l’alba del 28 luglio e
circa all’ora terza mi alzai, feci colazione e
poi andai a spasso sino in piazza del Duomo, quando fui di ritorno godetti un buon
pranzo, indi partii per Como. Da Milano a
Como niente di nuovo tranne un caldo soffocante.
Da Como a Brusio
Como è un bellissimo borgo, anticamente
chiamato città, posto alla fine del lago il qua-
le porta lo stesso nome. Dopo breve rinfresco, salii in vapore e via su per il romanzesco
lago. Si, esso è proprio incantevole, ornato
di colli vestiti d’oliveti e vigneti, è tempestata
la sua riva d’ameni villaggi e ville separate;
con l’occhio vi si legge proprio che la mano
di Dio toccò con più attenzione il pennello,
nel creare sì ameno luogo ed i suoi contorni.
Appena approdato a Colico, mi procacciai
qualche cosa per cena, non permettendolo
il tempo, che incalzava la partenza, senza
il minimo comodo di sciorinare con comodità. Subito in diligenza incominciammo ad
ascendere per la Valtellina; ma il viaggio fu
lungo e noioso, essendo notte non poter dormire. Finalmente giunsi a Tirano. Da un lato
mi trovavo contento, dall’altro sarei tornato indietro, vedendomi di nuovo ridotto, tra
due alte montagne in un’angusta valle. Ciò
che mi rallegrava era il pensare che in breve
tempo sarei stato in braccio ai parenti, amici
ed al mio paesello natio.
Arrivo a Brusio
Arrivo a Brusio il giorno 29 luglio 1879. Oh
Brusio! Eccoti in seno un cittadino, un figlio
sempre fedele alla Patria, ed alle sue leggi e
sempre pronto a dar la vita per la difesa di
essa. S’immagini chi legge la consolazione
dei parenti, degli amici e della di lui madre,
che teneramente lo amava. Nei primi mesi
dopo il mio arrivo, onde riposare dal lungo
viaggio, fui piuttosto ritirato, indi a poco a
poco rientrai nella società, dalla quale ero
anche amato.
Pubblicità
12 Probabilmente Hotel.
13 Titolo del vice re d’Egitto, quando quel paese era
una parte dell’Impero Ottomano. Da voce arabo-egiziana, risalente al turco; sta per signore.
14 Asino.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
140
The Barrod, Damamier ed Alessandria. Ad
ore nove di sera arrivai con i miei amici ad
Alessandria. Stanco ed annoiato dal gran
calore mi feci condurre da una carrozza all’Otel12 des Etrangers (albergo degli stranieri), condotto da un francese. Questo trovasi
presso la rue de l’Église Greque, a la Ville de
Paris. Ivi, dopo aver cenato ben bene, riposai
le stanche membra su morbido letto. Rimarcai che i letti sono attorniati da un velo bianco, dalla soffitta sin sul pavimento, questo a
causa delle zanzare, le quali, trovando il letto libero, disturberebbero il dormiente pizzicandolo. Ecco ancora una delle dieci piaghe
d’Egitto. Per cinque giorni feci dimora in
questa città, visitando in questo tempo le
bellezze principali, tra le quali primeggiano:
la colonna Pompei, la colonna Cleope, della quale una, sua sorella, fu venduta all’Inghilterra, i cimiteri arabi, le statue di granito
demolite dal tempo (memoria d’antichissimi
personaggi), il fiume Nilo con le sue barche
e vapori, la casa Moos, società di vapori inglesi, i giardini con le case di diversi Pascià
e tra le altre quella di Ismaim Pascià ancora
in vita nell’anno 1796. Vidi la chiesa greca
scismatica una domenica mattina, mentre ivi
si funzionava. Infine ebbi l’onore di vedere il
novo Re o Pascià con la sua moglie, madre e
tutto il corteo del popolo. Questa era la prima volta che il Kedivè13 entrava in Alessandria, come capo della nazione per prendervi
possesso. Dal suo giardino all’interno della
città, fu accompagnato, dalle rappresentanze
d’ogni paese egiziano e da un’immensa folla
di popolo di Alessandria; tutti insieme potevamo essere ben cinque o sei mila persone,
con circa cinque o seicento bandiere d’ogni
genere e con ogni strumento colà usato, ma
neanche uno musicale. Ogni rappresentanza
cantava in onore del Pascià, ma a dir il vero
a me sembrava una gran confusione.
In quella prima sera vi fu grande illuminazione a candele accese in città e la sera
seguente, successe a porto di mare. Per fare
una buona risata, feci una passeggiata con
un amico di Trieste; a cavallo d’un Burigo14
in mezzo a quella popolazione. Il dopopran-
141
142
Luigi Godenzi
Che festa! È il titolo
dato da Antonio
Platz, redattore
del settimanale Il
Grigione Italiano,
al suo articolo di
fondo del 24 giugno
2010 a proposito
dei festeggiamenti
per il centenario
della Ferrovia del
Bernina: a suo
parere i giorni 18,
19 e 20 giugno
2010 sono stati uno
dei fine settimana
più belli che la Val
Poschiavo abbia
mai vissuto.
Lo stesso titolo si
può usare anche
per un’altra festa,
lontana nel tempo,
vissuta in modo
coinvolgente ed
entusiasmante
dalla popolazione
della Valle di
Poschiavo: si tratta
dei festeggiamenti
per l’inaugurazione
della prima tratta
della Ferrovia
del Bernina tra
Poschiavo-Tirano,
il 5 luglio 1908.
Ecco le parole
con cui il cronista
di 102 anni fa, su
Il Grigione Italiano
del 9 luglio 1908,
riferiva dei grandiosi
festeggiamenti per
quella occasione:
“Poschiavo non vide
mai festa sì bella,
così ben organizzata
e nella quale regnò
col massimo ordine
la più franca allegria
ed il massimo
entusiasmo.”
Due grandi feste di popolo, quindi!
La più recente, quella del centenario, ha
mostrato alle varie personalità e al numerosissimo pubblico accorso per l’occasione a
Brusio e a Poschiavo i grandi progressi raggiunti dalla tecnica, dai mezzi di trasporto
e dalla comunicazione e la loro importanza
per l’economia della Valle…
La festa inaugurale della tratta PoschiavoTirano del 5 luglio 1908 poté mostrare alla
gente che il progresso tecnico era arrivato
anche in Valle e poteva contribuire allo sviluppo economico e sociale dell’intera regione, in concomitanza con la costruzione delle
centrali idroelettriche da parte della Società
Forze Motrici Brusio.
Per la preparazione della festa inaugurale
del primo tratto ferroviario la popolazione
poschiavina fu attivata e coinvolta da un comitato organizzativo, nominato per l’occasione. L’euforia per l’evento era evidente, in
quanto la gente intuiva che la ferrovia poteva
offrire possibilità di spostamenti rapidi, consentire una migliore comunicazione e nuove
relazioni e permettere un più facile e più celere trasporto delle merci. E questo, per una
valle periferica, per lo più dedita all’agricoltura, poteva significare grandi opportunità
che, se colte, avrebbero dato prosperità.
La partecipazione ai festeggiamenti fu
grandiosa. Si calcola che in occasione della
festa, oltre alla presenza massiccia della popolazione locale, dalla vicina Valtellina raggiunsero la Valle un migliaio di persone.
Sui festeggiamenti per il centenario della
Ferrovia del Bernina si possono leggere vari
contributi in questo almanacco. Propongo
pertanto ai lettori dell’Almanacco 2011 tre
composizioni poetiche di tre diversi autori
popolari, scritte per i festeggiamenti del 5
luglio 1908. Sono poesie senza pretese, che
ben testimoniano comunque lo spirito, i sen-
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
Che festa!
143
La popolazione in attesa del treno
inghirlandato alla stazione di Poschiavo, il giorno dell’inaugurazione,
il 5 luglio 1908
(Foto Archivio fotografico Luigi
Gisep, Poschiavo)
timenti, le speranze e le attese della popolazione poschiavina di quel tempo
nei riguardi della ferrovia.
La prima è di un autore poschiavino,
Tomaso Semadeni (1848-1933), maestro, organista, appassionato di botanica, di geologia e di filatelia. Insieme
alla passione per la musica e la composizione di canzoni, ebbe il bel dono della poesia. Nella sua lunga vita compose
un gran numero di poesie per varie occasioni. Quella che segue è stata scritta in occasione dei festeggiamenti per
l’inaugurazione del primo tratto della
Ferrovia del Bernina.
Per l’apertura del tratto ferroviario
Poschiavo-Tirano
In questo bel giorno di gaudio e piacer
D’un’era novella desiato foriér,
Riuniti e concordi qui tutti noi siam,
A un’opra compiuta festosi plaudiam.
Più stretti per essa i rapporti si fan,
Per essa stringiamo ai vicini la man.
Rispetto a’ terrieri, rispetto a’ stranier;
Ma giù le barriere, ma aperti i sentier.
Diventi ‘sta Valle sicuro un asil
Di nobili imprese, d’impulsi gentil!
Per essa al commercio dischiusa ne vien
Novella una strada; ci rechi ogni ben.
D’Elvezia o d’Italia sarem figli ognor,
Ma legge suprema sia sempre l’amor.
Abbiate il grazie, gli elogi, l’onor
Voi spirti del genio, voi eroi del lavor.
Salve, Valle mia diletta,
Fra gli eccelsi monti tuoi;
Oh, che degni sian i figli
Degli antichi loro eroi!
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
La poesia umoristica che segue è stata letta dal maestro Vincenzo Zanetti a conclusione dei vari discorsi ufficiali tenuti dalle
personalità svizzere e italiane presenti all’inaugurazione del 5 luglio 1908.
Per l’inauguraziun da la
ferovia eletrica Tiran-Pusc’ciav
Egregi Signori! Gentili Signore!
Finalment la Valtelina
Cu la tramvia del Bernina
La se met in cumuniun
Cul visin Canton Grisun.
Finalment anca i “Valet”
Cun stu treno benedet
I se streng püsée visin
Ai fradei d’oltre cunfin.
“Sursum corda”! che una festa
Importanta come questa
Dio sa se’m poderà
Tanto prest sulenizzà.
Démegh dint, femm gran baldoria,
Che la data d’incödí
L’é una data che fa storia,
L’é una data de no di’.
Viva el treno ch’el me tira
A Pusc’ciav a bev la bira,
E ch’el mena i Pusc’ciavin
A Tiran a bev bon vin.
Sbragiùmm tücc: – Viva i sapient,
C’ha creaa “l’Electrich Bahn”,
Che la’m porta in d’un mument
Da Pusc’ciav fina a Tiran! –.
Scià chi, tücc in compagnia,
Viva, usémm, la ferovia,
Viva i Svizer e i Talian,
Viva la Pusc’ciav – Tiran!
Un avvenimento memorabile e di grande risonanza fu il
corteo lungo le strade del Borgo di Poschiavo. Il corteo,
mentre transita in Piazzola, preceduto da 8 pompieri
battistrada, era così composto: filarmoniche di Poschiavo e Brusio, rappresentanze politiche dei due comuni,
autorità federali e cantonali, rappresentanze italiane,
addetti alla ferrovia, membri del comitato organizzativo.
Quindi il pubblico e vari carri allegorici fra cui nani, primavere, l’Elvezia e l’Italia in un carro trionfale, l’estate,
11 cantoni, la raccolta del fieno, l’autunno, i ginnasti,
gruppi storici, casari e casare, 11 altri cantoni, il gruppo
dei garofani, quello dei mietitori e delle mietitrici, quello
della stampa e 8 pompieri a chiudere il corteo
(Foto Archivio fotografico Luigi Gisep, Poschiavo)
Qual lampo veloce, l’elettrica possa,
Portocci a Tirano con sane le ossa.
Poi di ritorno, giulivi, festanti,
A lieto simposio, siam qui giubilanti.
A tutti nel volto io leggovi impresso:
– Ci dà la Bernina l’ambito progresso? –
Sicuro lo porta, non solo lo spero,
Ma fermo lo credo, l’avremo davvero;
Se sol le tariffe che portan le liste
Avremo più basse di quanto previste.
Se poi non avremo codesto vantaggio
Diciamolo oggi, farem boicottaggio.
Ma ciò gli azionisti non pon tollerare,
E prezzi più miti vorranno accordare.
E questo ribasso l’avrem di sicuro,
Se no, o Signori, noi terrem duro;
Vedremo i vagoni, in dentro ed in fuori,
Andar sempre vuoti e senza signori.
Aver noi vogliam special beneficio,
Siam stati corretti, con gran sacrificio.
Di tutto il Comune interprete parlo,
Domando un favore, e non rifiutarlo.
- Nevvero l’avremo?..- Conferma chi tace.
Se questo voi date, faremo la pace.
Anche quest’oggi l’avete accordato
Un giusto ribasso, che va qui lodato.
Vogliate più tardi averci promesso
Altri ribassi: evviva il progresso!
A Droz e Von Planta, evviva! suvvia!
Sono i fautori della ferrovia.
Evviva il progresso! Evviva l’Elvezia!
Evviva l’Italia! Evviva la Rezia!
Evviva il progresso, come pur la Bernina
Evviva Poschiavo e la Valtellina!
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Qui la Valposchiavo
144
La seconda poesia è opera dell’autore
valtellinese, Lucilio Emini ed è scritta
nel dialetto del suo paese.
145
Qui la Valposchiavo
Pietro Lanfranchi-Ferrari
146
Nell’almanacco del 2010 ho presentato in
forma sommaria e in linea retta la discendenza delle famiglie dei miei antenati del
ramo paterno e materno a partire dall’anno
1650. Da antichi documenti pubblici del Comune di Poschiavo, conservati negli archivi,
ho scoperto che le famiglie Lanfranchi (allora Lanfranco) abitavano in Valle di Poschiavo già a partire dal secolo XIII. Diversi
rappresentanti del ceppo dei Lanfranchi parteciparono attivamente alla vita pubblica del
Comune, prestando il loro sapere nelle funzioni di podestà, di decani, di consiglieri comunali e di giudici.
Quest’anno vi presento l’albero genealogico completo della famiglia del mio bisnonno
paterno Leonardo Lanfranchi (Bundiol), figlio di Antonio e di Domenica nata Giuliani,
nato l’8 gennaio 1808 a San Carlo e morto il
22 febbraio 1888 all’età di 80 anni. Egli visse a Privilasco esercitando la professione del
modesto contadino di montagna. Si sposò a
39 anni con Caterina Dorizzi, figlia di Antonio, pure di San Carlo e da questa unione
nacquero 5 figli. La giovane moglie, purtroppo, morì all’età di 36 anni quando la figlia
minore aveva 2 anni e il figlio maggiore 12
anni. Il bisnonno, nell’intento di dare ai suoi
figli anche in futuro una guida e un sostegno materno, si risposò nel 1861 con Caterina Bassi e da questa unione ebbe altri tre
figli. Due figli del primo matrimonio e due
figli del secondo si sposarono e formarono
altre quattro nuove famiglie. Il figlio Tomaso
del primo matrimonio sposò Caterina Lardi
e la figlia Domenica sposò Pietro Giuliani,
vedovo e non avendo figli propri, contribuì
ad allevare i quattro figli del primo matrimonio del Giuliani. La figlia Maria, del secondo
matrimonio del bisnonno, sposò Giacomo
Bordoni. Il figlio Pietro si unì in matrimonio
con Caterina Crameri (Castelan) e insieme
formarono la famiglia dei miei nonni paterni. Vi presento ora in dettaglio il grafico delle due famiglie del bisnonno e delle quattro
famiglie dei figli del bisnonno.
1.2. Famiglia Leonardo e Caterina Lanfranchi-Bassi
1.2. Il bisnonno
Famiglia
Leonardo
e Caterina
Lanfranchi
- Bassi
Leonardo
Lanfranchi,
vedovo,
nel 1861 sposò
in seconde nozze Caterina fu Giacomo Bassi
e dall‘unione nacquero tre figli.
Il bisnonno Leonardo Lanfranchi, vedovo, nel 1861 sposò in seconde nozze
(Seconde fu
nozze)
Caterina
Giacomo Bassi e dall'unione nacquero tre figli.
(Seconde nozze)
Leonardo
Caterina
Lanfranchi
Bassi
* 08.01.1808
* 28.07.1826
† 22.02.1888
Qui la Valposchiavo
Le famiglie del mio bisnonno
paterno e dei suoi figli
† 06.10.1898
13.05.1861
Maria
Pietro
Caterina
* 06.05.1862
sposata con
* 01.11.1865
sposato con
* 01.03.1874
† 26.04.1875
Giacomo
Bordoni
Caterina
Crameri
morta all'età
di 1 anno
147
2. Famiglie dei figli del bisnonno:
2.1. Famiglia Tomaso e Caterina Lanfranchi - Lardi
2. Famiglie dei figli del bisnonno
TomasoTomaso
Lanfranchi,
figlio delLanfranchi-Lardi
primo matrimonio, sposò Caterina Lardi e dall'unione
2.1. Famiglia
e Caterina
otto
figli.del primo matrimonio, sposò Caterina Lardi
Tomaso nacquero
Lanfranchi,
figlio
e dall‘unione nacquero otto figli.
Tomaso
Caterina
Lanfranchi
Lardi
* 07.03.1850
† 24.05.1933
* 17.02.1859
† 27.03.1932
16.05.1886
1. Famiglie del bisnonno:
1. Famiglie del bisnonno
1.1. Famiglia Leonardo e Caterina Lanfranchi - Dorizzi
1.1. Famiglia Leonardo e Caterina Lanfranchi - Dorizzi
(Prime
(Primenozze)
nozze)
Leonardo
Lanfranchi
Caterina
Dorizzi
* 08.01.1808
† 22.02.1888
* 27.04.1824
† 20.02.1860
Tomaso
* 07.03.1850
sposato con
Caterina
Lardi
Domenica
* 13.09.1852
sposata con
Pietro
Giuliani
Leonardo
Antonio
Pietro
* 09.11.1887
* 30.06.1889
* 11.02.1891
* 01.09.1892
* 21.01.1895
* 22.11.1896
† 21.10.1977
† 23.04.1918
† 16.03.1971
† 29.10.1954
† 02.06.1970
† 07.07.1987
celibe
negoziante
sposato con
Maria
sposata con
Giacomo
sposata con
Pietro
sposata con
Ottavio
Marietti
Ida
Paolo
Caterina
* 03.05.1858
† 25.06.1865
morta all' età
di 7 anni
Marina
Maria
Beti
Jacqueline
Egidio
* 01.04.1855
† 03.10.1879
emigrato in
Inghilterra
e Spagna
Caterina
Maria
emigrati in Fr.
09.02.1847
Antonio
* 09.08.1848
† 25.01.1915
celibe
professione
carradore
Riccardo
Irene
Teresa
Crameri
Margherita
Zanetti
* 13.07.1898
cancelliere
Savina
Alma
Maria
Tomaso
1915
Claudia
1921
Gallo
1916
Don Emilio 1923
Marina
1918
Teresina
Ida
1919
Pierino
1920
Aldo
1924
Tomasina
1926
Riccardo
1928
Leonardo
1930
Marta
1931
Valentina
1932
Camillo
* 12.07.1901
1927
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Famiglia Pietro e Caterina Giuliani - Crameri e
coniugi Pietro e Domenica Giuliani - Lanfranchi
2.2. Famiglia Pietro e Caterina Giuliani-Crameri e
coniugi Pietro e La
Domenica
Giuliani-Lanfranchi
prima moglie
di Pietro Giuliani, Caterina Crameri, morì nel 1895 all'età di 37 anni
i quattro Caterina
figli in tenera
età e cioè
di 4,
2 e 1 anni.
Pietro
Giuliani si risposò
La prima moglie dilasciando
Pietro Giuliani,
Crameri,
morì
nel3,1895
all‘età
di 37
nel 1896
coninDomenica
Lanfranchi,
e insieme
allevarono
anni lasciando i quattro
figli
tenera età
e cioè difiglia
4, 3,del
2 mio
e 1 bisnonno
anni. Pietro
Giuliani
i quattro figli del primo matrimonio.
si risposò nel 1896 con Domenica Lanfranchi, figlia del mio bisnonno e insieme
allevarono i quattro figli del primo matrimonio.
2.4. Pietro
Famiglia
Pietro e Caterina
Lanfranchi - Crameri
dei mieipaterni)
nonni paterni)
2.4. Famiglia
e Caterina
Lanfranchi-Crameri
(Famiglia (Famiglia
dei miei nonni
Pietro Lanfranchi,
figlio del secondo matrimonio del bisnonno, sposò Caterina Crameri (Castelan)
Pietro Lanfranchi, figlio del secondo matrimonio del bisnonno, sposò Caterina Crameri
ed insieme ebbero
sei ed
figli.
(Castelan)
insieme ebbero sei figli.
Pietro
Caterina
Lanfranchi
Crameri
Qui la Valposchiavo
* 01.11.1865
Pietro
Caterina
Domenica
Giuliani
Crameri
Lanfranchi
* 03.09.1857
* 06.02.1858
* 13.09.1852
† 08.06.1924
† 24.12.1895
† 05.01.1932
Prime nozze
27.04.1890
Seconde nozze
26.04.1896
* 26.05.1866
† 13.10.1932
† 21.07.1940
26.01.1894
Leonardo
Placido
Caterina
Marina
Alfonso
Alfonso
Pietro
Emilia
Corina
Pietro
Pietro
Beniamino
* 26.04.1895
* 20.06.1897
* 17.09.1899
* 05.09.1902
* 11.10.1904
* 18.06.1908
† 18.10.1979
† 12.03.1980
† 13.10.1955
† 23.06.1992
† 04.05.1972
† 07.11.1989
sposato con
sposato con
sposata con
sposata con
sposato con
sposato con
Emilia
Cristina
Silvio
Giuseppe
Clelia
Vilma
Lanfranchi
Beti
Beti
Crameri
Gervasi
Marchesi
il 18.11.1923
il 10.07.1929
il 18.04.1923
il 02.02.1932
il 05.04.1932
il 21.09.1933
Silvio
Maria
Beniamino
Anna
Maurizio
Margherita
Tobia
Angelina
* 09.02.1891
* 29.05.1892
* 29.12.1893
* 27.05.1895
† 09.01.1973
† 22.11.1974
† 15.01.1978
† 16.06.1899
sposato con
sposata con
sposato con
Egidio
1925
Zita
1930
Aldo
1925
Mario
1932
Maria
1933
Arno
1935
Adalgisa
Stefano
Corina
Achille
1928
Berta
1931
Emma
1926
Guido
1934
Letizia
1934
Tarcisia
1937
Caterina
Giuseppe
Zanetti
Edvige
1930
Agnese
1934
Rachele
1927
Dario
1937
Edgaro
1938
Annamaria 1941
Cortesi
il 16.05.1918
Pietro
1933
Verena
1937
Renato
1943
148
Crameri
il 17.10.1926
il 29.04.1923
Claudio
1930
Reto
1940
Placida
1939
Pierino
1933
Ilario
1943
Lucina
1944
Carmen
1945
Candida
1935
Gabriele
1927
Giuseppe
1924
Giulia
1919
Silvia
1937
Rina
1928
Luigi
1925
Erminia
1920
Marcello 1940
Rita
1930
Nicola
1926
Dina
1922
Mauro
Andrea
1933
Irma
1928
Elisa
1923
Valentino 1946
Irene
1934
Alfonso
1930
Pietro
1926
Placida
1938
Angelo
1932
Beniamino 1927
Renata
1939
Rosina
1936
Maria
Livia
1942
Zita
1938
Afra
1936
Antonio
1941
1942
A conclusione di questa sommaria esposizione della mia parentela, allego la foto della
famiglia allargata dei nonni Pietro e Caterina Lanfranchi - Crameri dell'anno 1932
1930
2.3. Famiglia
Maria Bordoni-Lanfranchi
2.3.Giacomo
FamigliaeGiacomo
e Maria Bordoni - Lanfranchi
Maria Lanfranchi, figlia del secondo matrimonio del bisnonno, sposò Giacomo Bordoni
Maria Lanfranchi, figlia del secondo matrimonio del bisnonno, sposò Giacomo Bordoni
e da questa unione
nacquero sei figli.
e da questa unione nacquero sei figli.
Giacomo
Bordoni
* 25.03.1855
† 24.11.1932
Maria
Lanfranchi
* 06.05.1862
† 22.08.1937
23.02.1892
Domenica
* 18.04.1893
Carlo
* 19.08.1894
Massimo
* 18.11.1895
Elena
* 13.04.1896
Costantina
* 25.11.1900
Marina
* 16.01.1904
† 06.02.1976
sposata con
Pietro
Pescio
† 02.10.1917
† 26.05.1974
sposato con
Lina
Vassella
† 18.04.1981
sposata con
Franz
Maranta
† 29.11.1985
sposata con
Luigi
Gervasi
† 19.01.1981
sposata con
Basilio
Crameri
Ines
1917
Carlo
Marina
1918
Tecla
Suor Colette 1920
Elisa
1928
1927
1924
Suor Albertina
Tomaso
1929
Alba
1930
Fiorenzo
1925
Basilio
1931
Elio
1938
Egidia
1927
Clelia
1932
Maria
1935
Remo
1934
Marcello
1939
Albino
1936
Maria
1939
Rita
1943
A conclusione di questa sommaria esposizione della mia parentela, allego la foto della famiglia
allargata dei nonni Pietro e Caterina Lanfranchi-Crameri dell‘anno 1932
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
2.2.
149
Qui la Valposchiavo
Giuseppe Godenzi
150
Sappiamo già che Paganino Gaudenzi aveva
in casa la signora Cecilia, la domestica. Ed
ora veniamo a conoscenza anche di un servitore. Infatti Paganino Gaudenzi chiede a Sua
Altezza il Granduca di Toscana, il permesso
di portare le armi per sé e per il suo servitore. Riproduco i due documenti manoscritti:
il primo concerne la casa e l’affitto e l’altro
riguarda il portare le armi.
Adì primo d’ottobre 1632 in Pisa.
Per il presente scritto si dichiara come Pietro Paolo
e Michele Bergami fratelli, in Pisa, in solidum1 alluogano il solaio da basso di una casa di Lungarno
sopra alle Becherie2, la quale tenghano loro a pigione dal sig. Ottavio d’Abramo per il prezzo di scudi
(o soldi)3 trenta di moneta per ciaschedun anno, da
pagare ogni sei mesi la rata parte anticipatamente, et li sopradetti Pietro Paolo e Michele Bergami
alluogano la detta casa al molto eccellente sig.re
Dott.re Paganino Gaudenzi lettore di Sapienza per
scudi ventotto l’anno, da pagarsi ogni sei mesi la
rata parte anticipatamente et detta allogagione
sono daccordo che duri trentacinque mesi, et alla
fine dell’allogagione il detto sig.re Dott.re promette restituirla con 2 chiavi che segli consegnano con
le lor tappe, usci, finestre, et ancor gelosie et telai de impanate, sì come l’ha ricevute et con patto
espresso che non vi possa spendere in detta casa
cosa alchuna senza espressa licenza in scritto del
sig. Abramo Padrone della casa e per osservanza di
quanto sopra habia la sua persona, suoi beni presenti e per tutto in ogni miglior modo che allighar
si possa e volesse astretto per tutto. Dove ragione
si tenesse e per fede la presente e altra simile sarà
sottoscritta come a basso detto.
Noi Pietro Paolo e Michele Bergami sopradetti affermiamo quanto sopra si contiene. In fede (seguono le firme).
In aggiunta: Noi Pietro Paolo Bergami e fratello
aviamo ricevuto dal m.to ecc.te sig.re Dottore Paganino Gaudentio scudi quattordici di moneta, quale
pagha per sei mesi anticipatamente. Questo dì, primo ottobre 1632.4
Dopo i tre anni, si vede che il contratto venne rinnovato, perché si dice:
Adì 10 di luglio 1636 in Firenze. Dall’Ecc.mo Sig.
Dottore Paganino Gaudentii ricevo undici scudi di
moneta, che sono però la pigione della mia casa del
fondario di Santo Spirito, da questo presente giorno per tutto il mese di ottobre prossimo 1636.5
Angelo Vettori
Adì 22 agosto 1635. Fede per me Canc.re infrascr.
to come nelle suppliche d’arme esistente nella Cancelleria, n.o 201 si ritrova una sup.ca di questo tenore:
Ser.mo Gran Duca
Paganino Gaudentio supplica V.A.S. di darli licenza
di portar l’arme offensive et defensive et farle portare ancora al suo servitore, che sarà gran particolare di V.A. Concedesi: Andrea Cioli, 20 agosto 1635
Lorenzo Pierucci Canc.re in fede.6
Paganino Gaudenzi innocente
Sappiamo dalla lettera del 17 gennaio 1633,
scritta da Paganino Gaudenzi all’Arcivescovo di Siena che «andando io col Pr. don Cirino lungo Arno, s’accostarono tre… e nello
stesso tempo levai la mezza spada che por-
1Terreno compatto, la sostanza, l’intera somma.
2Sappiano che P.G. stava sul Lungarno, sotto le Beccherie, nel quartiere di S. Spirito e faceva la sua passeggiata
fino alla Piena del Pesce.
3L’abbreviazione s.ti (forse s.di) ci lascia dubbiosi. Tuttavia, pensando che 1 soldo vale 5 centesimi, sembra molto
più probabile che si tratti di scudi; 1 scudo = 5 lire = 500 centesimi. Del resto 28 scudi all’anno significava 2,33 al
mese. Se si confronta l’altra citazione (vedi nota 5), nel 1636 pagava 2,35 scudi al mese, il che corrisponde meglio
alla realtà. Si noti che la paga di Paganino Gaudenzi era di 60 scudi al mese.
4Cod. Urb. Lat. 1602 f 222
5Vedi nota 3
6Cod. Urb. Lat. 1602 f 224
tavo sotto la sottana all’usanza de’ preti di
questi paesi. Essi pur misero mano alle spade, ma vedendo la mia risoluzione et parlar
fiero, non ardiron accostarsi. Così io rimisi
la mezza spada, ma vedendo due scolari miei
cari, l’uno de’ quali haveva la spada, andai
io stesso ad affrontarli e ne trovai sei, due
de’ quali havevano le spade lunghe e pugnali, ove si menarono le mani, e per grazia di
Dio non m’intervenne male…
Il Gran Duca disse: io non sapeva che Paganino fosse ancor soldato».7 Il fiero montanaro grigionese, spadaccino, ebbe certamente
altre volte modo di esercitare il suo carattere
un po’ bellicoso. Vediamo come se l’è cavata
con un suo collega.
Sententia an. 1640 in favorem Gaudentii contra Felicianum Silvestri, professorem in Studio Pisarum. In
Dei Nomine. Amen.
Noi Alessandro Bitozzi di Livorno Vice Rettore del
Almo Studio di Pisa, Giudice cognitore et decisore
di certa causa criminale dinanzi a noi e alla Corte,
vertente per una inquisizione formata et per offesa
e per atti resultanti del processo contro li ecc.mi ss.
Feliciano Silvestri et Paganino Gaudentii, ambi lettori nello studio pred.to, perché passando fra di loro
già molti giorni qualche mala agevolezza et odio
per causa di cavarsi il cappello e salutarsi, e non risalutarsi rispettivamente, et havendo per ciò, non
ostante gli avvertimenti fattili da chi si aspettava,
premeditato di pigliar occasione di far noia insieme
et offendersi, il dì 23 di maggio presente passato,
il D.r Paganino armato d’una coltella alla genovese,8 essendo a spasso accompagnato dal Ecc.mo
Bartolomeo Vecchi, Lettore Primario di detto studio,
lungo Arno dalle Beccherie per andar verso la Piena
del Pesce, incontrandosi con detto Feliciano, il quale armato di pugnale veniva verso il ponte, e salutò
l’uno e l’altro di essi, et il Primario li rese cortesemente il saluto. Ma perché il Paganino non gli rese
il saluto o almeno pena fece atto d’alzar il cappello,
passò avanti cinque o sei passi senza far o dir altro,
et in questo spatio di tempo ritornando a memoria
de parlamenti et tiratori, seguitò innanzi in questo
proposito di non salutarsi e parendoli essere strapazzato da odio e mal animo, si rivoltò in dietro e
disse al sig. Primario verbi o simili parole et il sig.
Paganino li rispose: la compagnia t’ha in c. (parolaccia), al che replicò il D.r Feliciano.
Io ho in c. te c. (parolaccia), et ambe due misero
mano all’armi che havevano, e si tirorno molti col-
pi, per i quali finalmente il d.r Feliciano restò ferito
in quattro luoghi et il sig. Paganino restò ferito in
duo luoghi, con incisione di carne, et effusione di
sangue senza causa, con scandolo publico, con pericolo di maggior rumore in detto studio; e contra le
buone ordinanze, leggi di S.A.S. e come più largamente in detta Inquisizione, alla quale tosto da noi
li referti de testimoni esaminati per offesa.
La risposta alla detta Inquisitione. Il termine assegnato loro per far la difesa, volendo con tutti li
atti e prove in detta causa, la pubblicazione, assegnatione di termine alle parti, e pigliar copia e dir
quanto gli occorre.
Visto lo statuto di detto studio e sua deposizione
nel cap. 70, sotto la rubrica de gravibus vulneribus,
visto l’ultimo termine assegnato alli detti inquisiti a
informare, dedurre et allegare, quanto gli occorreva, visto quello che da ciascheduno di essi in detto
termine è stato prodotto, et domandato respettivamente e la pronuncia da noi fatta, visto le regole
del Ill.mo sig. Aud. re Fantoni, sopra la disposizione di detto statuto sopra di ciò, il parere del sig.
Assessore non ordinario nelli casi in detto statuto
exemplificati e visto finalmente le cose da vedersi
e considerate le cose da considerarsi, la firma di
ragione e delli statuti, Repetito il nome di Dio per
questa sententia, diciamo, pronunciamo, sententiamo e dichiariamo che il dottor Feliciano Silvestri,
come autore della detta rissa in disprezzo di detto
ecc.mo sig. Paganino e delli pretesti et avvertimenti fattili come in processo, potersi e doversi di ragione, condannare, sì come lo condanniamo, in lire
cinquanta per ciascuna delle due ferite date all’ecc.
mo sig. Paganino, e così lire cento conforme al detto statuto cap. 70, da pagarsi fra dieci giorni dalla
notificatione et applicarsi secondo gli ordini etc, del
ecc.mo sig. Paganino come provocato et ingiuriato,
non parendo per ciò di ragione punibile, doversi e
potersi assolvere da ogni pena per le ferite date al
detto ecc.mo sig. Feliciano, sì come l’assolviamo e
liberiamo, per assoluto haver vogliamo e parimente
per giuste cause, ambe le parti assolviamo dall’altre
cose in detta Inquisitione contenute e dalle spese in
ogni modo e così via.
Alessandro Bitossi Vive Rettore
L2 (o17) di luglio 1640.9
7Cod. Urb. Lat. 1625 f 414
8La coltella è un grosso coltello con lama larga,
usato in cucina e in macelleria. (Aggiungiamo che pare
probabile, dato che abitava vicino alle Beccherie).
9Cod. Urb. Lat. 1618 f 319
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
Dove abitava
Paganino Gaudenzi?
151
Qui la Valposchiavo
1º settembre 2009 - 31 agosto 2010
152
POSCHIAVO
30.09.09
01.10.09
09.10.09
12.10.09
19.10.09
30.10.09
31.10.09
20.11.09
24.11.09
10.12.09
11.12.09
11.12.09
18.12.09
22.12.09
23.12.09
24.12.09
27.12.09
27.12.09
09.01.10
10.01.10
24.01.10
24.01.10
28.01.10
CRAMERI-VASSELLA Maria,
nata il 19.05.1924
BATTILANA Fausto,
nato il 16.07.1938
ROCCA Carmen, nata il 20.07.1921
WALSER Alice, nata il 15.10.1925
TUENA-ZANETTI Anselmo,
nato il 04.11.1919
BONTOGNALI Chiara,
nata il 26.12.1912
ZANETTI-MAESTROLI Emma,
nata il 24.04.1936
TOMÈ Luigia, nata il 11.12.1917
ZALA-LARDI Mario,
nato il 08.12.1944
LANFRANCHI Mario,
nato il 03.01.1928
CRAMERI-CRAMERI Elisa,
nata il 09.11.1919
HEIS-GIULIANI Jakob,
nato il 12.06.1925
CORTESI-GERVASI Pietro,
nato il 29.10.1908
CRAMERI-LONGA Marina,
nata il 24.08.1915
CAO-ZANOLARIA Maria,
nata il 28.03.1948
COSTA-BIANCHI Oscar,
nato il 04.08.1928
CORTESI Salesia, nata il 04.06.1914
LENDI-COMPAGNONI Diego,
nato il 16.12.1922
LARDI-GODENZI Agnese,
nata il 24.12.1922
GODENZI-CRAMERI Diego,
nato il 07.03.1932
CONRAD Ursula, nata il 17.04.1950
ZANETTI-REUTER Bruno,
nato il 23.04.1939
MENGHINI-DELLA VEDOVA Lucia Rosa,
nata il 17.04.1929
28.01.10
30.01.10
31.01.10
10.02.10
22.03.10
03.04.10
15.04.10
23.04.10
24.04.10
05.05.10
05.05.10
11.05.10
27.05.10
28.05.10
05.06.10
10.06.10
20.06.10
20.08.10
23.08.10
24.08.10
TUENA-ZANETTI Emilia,
nata il 25.03.1925
TONINI-BRUNI Guido,
nato il 07.05.1932
JOCHUM-FRANK Achille,
nato il 10.01.1930
RADA-RONCHI Roberto,
nato il 25.01.1928
HEIS-GIULIANI Rita, nata il 02.07.1923
HEIS Loretta, nata il 19.12.1992
FORER-STRAMBINI Domenica,
nata il 28.03.1918
CRAMERI-PAGANINI Rita,
nata il 13.12.1916
FISLER-SCHÄR Elvira, nata
il 20.05.1936
LANFRANCHI Ulrico,
nato il 02.07.1920
LARDI-VECELLIO Cesare,
nato il 20.07.1921
CORTESI-CRAMERI Nicola,
nato il 10.09.1926
DAGUATI Vittorino, nato il 16.04.1936
COSTA-BIANCHI Maria,
nata il 27.03.1936
ISEPPI-ZANOLARI Milena,
nata il 07.06.1944
ROSSI Ines, nata il 28.05.1933
BERUBE-MICHEL Luzia,
nata il 22.06.1920
RAMPA Maria, nata il 23.07.1923
LARDI-PAROLO Mariacarla,
nata il 14.09.1957
CORTESI Dante, nato il 28.07.1943
BRUSIO
(Compreso il 2008, dimenticato
nell’edizione precedente)
16.09.08
27.09.08
TRIACCA nata Magni Luigina Adele,
da ed in Brusio nata l’11 giugno 1916;
figlia di Magni, Luigi
e di Magni nata Iseppi, Adele
CALZONI nata Lardi, Angela Maria,
da ed in Brusio, nata il 06 luglio 1945;
figlia di Lardi, Cesare Bruno
e di Lardi nata Vecellio, Elsa Elvira;
moglie di Calzoni, Armando
Domenico Francesco
07.10.08
12.10.08
19.12.08
13.01.09
27.02.09
15.03.09
17.04.09
30.04.09
30.04.09
13.05.09
DE CAMPO Andrea Luigi, cittadino
italiano a Brusio, nato il 16 maggio
1927; figlio di De Campo, Luigi
e di Pozzi, Luigia Margherita;
marito di De Campo
nata Pianta, Elisabetta
PIANTA Carlo Simone Luigi,
da ed in Brusio, nato il 21 giugno
1935; figlio di Pianta, Pasquale
Angelo e di Pianta nata Ferrari,
Catterina Maria; marito di Pianta
nata Crameri, Erica Maria
TRIACCA nata Caspani Elisabetta,
da ed in Brusio, nata il 20 settembre
1946; figlia di Caspani, Stefano
e di Pruneri, Caterina; moglie di
Triacca, Domenico Ernesto
ZALA Annita Cesarina,
da ed in Brusio, nata il 03 aprile 1919;
figlia di Zala Eugenio Pietro
e di Zala nata Monigatti,
Margherita Catterina Carolina
MEULI nata Lardelli Delia,
da Nufenen GR, nata il 01 maggio
1920; figlia di Lardelli, Giuseppe
e di Lardelli nata Pozzi, Elena
BONGUGLIELMI nata Caduff Silvia,
da ed in Brusio, nata il 06 marzo
1931; figlia di Caduff, Johann Josef
e di Caduff nata Lütscher Maria
Magdalena; moglie di Bongulielmi,
Francesco
RAMPA nata Zala Clotilde Hemi,
da ed in Brusio, nata il 03 giugno
1916; figlia di Zala, Francesco
Salvatore e di Zala nata Agostinelli,
Anna Maria
POLA nata Margaroli Giuditta Carla,
da ed in Brusio, nata il 06 marzo
1920; figlia di Margaroli, Giacinto
e di Trinca Colonel, Maria;
vedova di Pola, Emilio
SBRIZZAI Guglielmo, da ed in Brusio,
nato il 14 febbraio 1931;
figlio di Sbrizzai, Francesco
e di Pittin, Elisa Giovanna; marito
di Sbrizzai nata Pelazzi, Carla Pierina
ALBASINI Giovanni Antonio Felice,
da ed in Brusio, nato il 28 novembre
1927; figlio di Albasini, Giovanni
Antonio e di Albasini nata Zala
Maria Elisabetta
18.06.09
27.07.09
30.07.09
21.12.09
10.01.10
20.01.10
24.03.10
24.04.10
22.05.10
POLA Fernando Vittorino,
da ed in Brusio, nato il 25 febbraio
1918; figlio di Pola, Giacomo
e di Pola nata Quadrio, Domenica;
marito di Pola nata Vitali,
Maria Giacomina
ISEPPI Fausto, da ed in Brusio,
nato il 24 gennaio 1946; figlio di
Iseppi Giovanni Antonio e di Iseppi
nata Fancoli, Caterina; marito di
Iseppi nata Pianta, Edith Barbara
MARANTELLI Ferdinando, cittadino
italiano a Brusio, nato il 18 maggio
1933; figlio di Marantelli, Terenzio
e di Marantelli nata Delle Coste
Caterina; marito di Bormolini,
Maria Orsola
ZALA Rino Angelo, da ed in Brusio,
nato il 15 ottobre 1946;
figlio di Zala, Tobia Angelo
e di Zala nata Ronchetti, Caterina;
marito di Zala nata Tosio,
Almina Marilena
BRANCHI nata Castellazzi Lucia Anna,
da ed in Brusio, nata il 12 dicembre
1922; figlia di Castellazzi, Luigi
e di Pedrana Angelina;
vedova di Branchi, Edmondo
Antonio Romerio
POLA Costantino, da ed in Brusio,
nato il 10 febbraio 1925;
figlio di Pola, Silvio Antonio
e di Pola nata Della Cà, Anna Maria
Domenica; marito di Pola nata
Paganini, Domenica Orsola Rina
PAGANINI Walter Giovanni Andrea,
da ed in Brusio, nato il 15 febbraio
1922; figlio di Paganini, Giovanni
Giuseppe e di Paganini Maria Marina
PEDRETTI nata Monigatti Anna
Domenica, da ed in Brusio
nata il 13 giugno 1928; figlia di
Monigatti, Pietro Martino
e di Monigatti nata Meleri, Orsola
Maria; vedova di Pedretti,
Gioachino Ennio
SOLÈR Augustin, da Vrin GR a Brusio,
nato il 18 febbraio 1925;
figlio di Solèr, Augustin
e di Solèr nata Cotti, Maria Felicita;
marito di Solèr nata Bottoni,
Olga Ruth Giuseppina
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Valposchiavo
In ricordo dei
nostri cari morti
153
Qui la Valposchiavo
BRUSIO
154
22.05.10
21.06.10
22.06.10
07.07.10
09.07.10
POLA Lorenzo Giuseppe,
da ed in Brusio, nato il 22 marzo
1946; figlio di Pola, Guido Domenico
e di Pola nata Zambiasi, Lucia
Domenica Giuseppina
NANI Martina, da Kerzers FR
a Brusio, nata il 07 novembre 1967;
figlia di Schwab, Theodor
e di Schwab nata Tschander, Yolanda
BOTTONI Bernardo Cesare,
da ed in Brusio, nato il 30 aprile 1930;
figlio di Bottoni, Aronne Adriano
Alfonso e di Bottoni nata Paganini
Catterina Dina; marito di Bottoni
nata Rossi, Loreta Maria Matilde
PLOZZA Rodolfo Piercarlo,
da ed in Brusio, nato il 07 aprile 1950;
figlio di Plozza, Dario Claudio
e di Plozza nata Ronconi, Maria
Luisa Giuseppina
CRAMERI Giuseppina Enrichetta,
da Poschiavo a Brusio nata
il 13 luglio 1921; figlia di Crameri, Pio
Bernardo e di Crameri nata Cerfoglia,
Maria; vedova di Crameri Costantino
Qui il Moesano
Qui
il Moesano
155
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Gerry Mottis
156
Suggestiva chiesa di San Giorgio, in posizione dominante sul paese di Lostallo, uno dei più antichi edifici
religiosi della Valle Mesolcina, citato in una lettera già
nel 1219. Il primo restauro data del XVII secolo mentre
il più recente risale agli anni Quaranta
Foto: Gerry Mottis
Seguo le sorti dell’Almanacco del Grigioni­
taliano sin da quando ero un ragazzo. Mi
ricordo con piacere quando alle scuole elementari di Lostallo arrivavano i pacchi contenenti i volumi, che il docente di classe ci
distruibuiva sotto le feste natalizie, invitandoci poi a gruppetti a passare di casa in
casa, in paese, per venderne alcune copie, col
graditissimo ritorno di uno o due franchi di
mancia qua e là.
Oggi sono passati più di vent’anni da quei
tempi spensierati, ma il ricordo rimane vivo
nella mia memoria. L’Almanacco – benché
nel tempo abbia cambiato più volte la sua
veste e i suoi contenuti – è sempre stato per
me un elemento cardine della nostra cultura
popolare del Grigioni Italiano. Già durante i miei studi in Letteratura italiana, presso l’Università di Friburgo, avevo iniziato a
collaborare, inviando ad Antonio Tognola (il
bravo redattore ventennale dell’Almanacco)
alcuni miei scritti. Mi ricordo che debuttai
con un mio racconto autobiografico intitolato Diario di bordo dal Sudamerica, nel
quale raccoglievo le mie esperienze di viaggio a cavallo tra l’Argentina e il Perù, viaggio di un anno che intrapresi nel 1996. Da
allora, iniziando poi a comporre poesie e
racconti, ho iniziato una collaborazione più
assidua con la rivista, che col passare degli
anni mi ha fatto conoscere nelle case delle
nostre valli italofone, fino all’inizio dell’anno
2010, quando Antonio Tognola, e poi Dante Peduzzi – a seguito dell’interessamento da
parte della Pgi, sede centrale di Coira – mi
ha contattato per propormi il passaggio di
testimone per gli anni a venire. In seguito a
quanto appena scritto – i miei ricordi, le mie
collaborazioni – in poco tempo ho deciso in
maniera positiva. Il progetto mi ha da subito
attirato, affascinato, e stimolato la mia creatività.
È con questi sentimenti che mi assumo il
nuovo compito, quello di seguire il solco già
tracciato da Antonio Tognola, dando cioè
una continuità all’importante rivista grigionitaliana.
In veste di nuovo redattore moesano, per
questa mia prima edizione, mi sono proposto di seguire la tradizione culturale che mi
precede, raccogliendo articoli da tutto il
Moesano, che vertono su più ambiti: dalla
cultura all’agricoltura, dalla caccia alle nuove costruzioni, dallo sport all’arte in generale, dalla fotografia alla salute, alle singole
esperienze private dei nostri compaesani.
Mi sono ciononostante proposto una leggera correzione del tiro nei confronti dei lettori, cercando di far partecipare al progetto
culturale anche i più giovani, i futuri lettori e
articolisti del domani – gli allievi e le allieve
del Moesano – che presentano alcuni progetti, ricerche o riflessioni libere su tematiche diverse. Mi sono pure proposto di svolgere un
mini-sondaggio online sulla ricchezza. Infine,
abbiamo introdotto anche una nuova rubrica, di intrattenimento, Passatempo e pas­
saparola, dove tramite le parole crociate, il
rebus, i motti di spirito ecc. ci si possa conoscere anche in maniera giocosa e piacevole.
Con questi sentimenti di gratitudine e
creatività, auguro a tutti di trascorrere piacevoli Feste e un Anno Nuovo serenissimo, in
compagnia del nuovo Almanacco del Grigio­
nitaliano 2011.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Saluto del nuovo
redattore moesano
157
Ottima riuscita
per l’assemblea cantonale
dei cacciatori a patente
La prima nella storia
convocata a sud del San Bernardino
158
Sabato 8 maggio 2010 il Moesano è stato la
capitale della Caccia grigionese a patente. Su
incarico della Federazione venatoria cantonale le cinque Società di Caccia di Mesolcina
e Calanca (Alba Mesocco, Forcola Soazza,
Groven Lostallo, Alpina Roveredo e Valbella Calanca), hanno organizzato la 96esima Assemblea dei delegati dell’Associazione
dei cacciatori grigioni con licenza. È la prima volta che l’importante evento, che ha richiesto un grande impegno organizzativo, si
è svolto a sud del San Bernardino. A Grono,
in rappresentanza delle 77 sezioni venatorie
presenti a livello cantonale, si sono riuniti un
mezzo migliaio di partecipanti, delegati all’assemblea e numerosi invitati, tra cui autorità locali e cantonali.
Qui il Moesano
Qui il Moesano
Lino Succetti
159
Ha salutato ufficialmente gli ospiti il sindaco di Grono Dieter Suter, che esprimendosi
anche come medico ha rilevato come la caccia, tra l’altro «contribuisce al mantenimento della nostra salute perché aguzza l’occhio,
stimola la coordinazione, affina l’udito, sviluppa la forza e la velocità, allena la concentrazione e la pazienza, rafforza lo spirito di
sacrificio e il legame con la natura».
cacciatori e nominato membro onorario dell’Associazione.
Engler ha posto l’accento nel suo intervento sul fatto che «affinché la caccia sia un piacere, non è importante come siano collocati
i limiti di peso della selvaggina, se l’ispettore
o il consigliere di stato sia o no simpatico.
Decisivo è quello che il cacciatore stesso trae
e quali aspettative associa nella caccia. La
grande sfida consiste nel creare un equilibrio
tra i valori tradizionali della caccia grigionese basata sul sistema della licenza e le esigenze che una caccia moderna deve soddisfare.
Ciò richiede una spiccata sensibilità, una
conoscenza approfondita dei processi naturali e una fiducia nello sviluppo sostenibile
con una costante autocritica verifica delle
varie normative riguardanti l’esercizio della
caccia».
Tra gli ospiti intervenuti hanno preso la parola il consigliere nazionale Tarcisius Caviezel e Stefan Engler, alla sua ultima presenza
come Consigliere di Stato all’assemblea dei
Pure Martino Righetti, membro del comitato allargato dell’Associazione cantonale
cacciatori, rivolgendosi al mezzo migliaio
di delegati e ospiti presenti nella palestra di
Grono, come cacciatore e cittadino amante
della natura in generale si è detto «convinto
che il sistema di caccia applicato nei Grigioni sia uno dei più equilibrati della Svizzera.
Infatti, nella legge sulla caccia si tengono in
giusta considerazione gli interessi di diversi
enti, da quelli ambientalistici a quelli turistici, da quelli economici a quelli agricoli, ma
soprattutto la legge pone in assoluta priorità
la conoscenza e il rispetto di tutto l’ambiente naturale, quello della fauna innanzitutto.
Noi cacciatori – ha concluso Righetti – dobbiamo essere coscienti che la caccia deve rispondere prima a regole razionali e solo in
seguito a pulsioni istintive. Ed è per questo
che dobbiamo essere pronti a metterci in discussione con tutte le altre cerchie di per­sone
che condividono con noi il territorio. Non
dobbiamo arrogarci diritti appartenenti a
tutti.
Dobbiamo essere disponibili al dialogo costruttivo, ma saperci anche difendere quando
siamo combattuti ingiustamente con pregiudizi o proclami infondati».
Foto: Lino Succetti
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Lino Succetti
160
«Di caccia si parla e altrettanto si sparla, sovente dimenticando o non sapendo che è una
pratica ancestrale, simbolo di una cultura
radicata in tutto l’arco alpino che fa sempre
parte della nostra società. La caccia non è
solo arte venatoria come si tende a credere. È
molto di più: è storia; è amore per l’ambiente e la natura; è contatto sociale; è rispetto
degli animali e delle regole; è fatica. Ma tra
le molte altre cose è anche arte nelle sue più
svariate forme tra le quali, come dimenticarla, anche quella culinaria».
Con queste parole Dante Peduzzi, presenta il volume da lui curato con il grafico
Lulo Tognola intitolato Amor di caccia, un
affresco della pratica di questa disciplina nel
Moesano tratteggiata nelle sue diverse sfaccettature. Con 36 contributi di 26 autori e
numerose immagini, in una novantina di pagine si intrecciano saggi divulgativi, pensieri,
racconti e poesie. Il volume affronta il tema
sotto i più svariati punti di vista presentando
l’evoluzione della caccia dal passato al presente e prestando attenzione ad aspetti spesso poco conosciuti del fenomeno, parlando
al lettore con un linguaggio chiaro e accattivante, che stimola alla scoperta dell’appassionante intreccio fra storia, tradizioni e
scienze naturali. Il libro, graficamente ben
curato e riccamente illustrato, offre un viaggio alla ricerca della memoria con dei capitoli storici e illustra poi gli odierni metodi di
gestione e cura della selvaggina. In alcuni capitoli, esso passa ad esaminare l’importanza
del tema quale educazione al territorio. Non
mancano le storie in cui si intrecciano le vite
degli stessi cacciatori che raccontano alcune
personali vicende venatorie e anche alcune
note curiose come quelle dedicate al rapporto tra caccia e medicina popolare nelle nostre
regioni. In coda, con un accattivante Ricetta­
rio, il cuoco di Lostallo Alan Rosa ci ricorda
l’importante connubio tra selvaggina e cucina, invitando il lettore a preparare e gustare le squisite creazioni dello chef lostallese
a base di stambecco, camoscio, marmotta e
cervo.
Lo snello saggio divulgativo, di piacevole
lettura, che mette a fuoco svariati temi importanti di là dal suo ovvio interesse per chi
pratica la disciplina, rappresenta per ogni
appassionato del territorio e della montagna
una preziosissima sintesi documentativa del
fenomeno di caccia nel Moesano, può essere
richiesto al segretario del Comitato organizzatore, Luca Plozza, 6562 Soazza.
Qui il Moesano
Il volume «Amor di caccia»
edito in occasione della
96a assemblea cantonale
161
Tel. 01 835 90 02 - mobile 079 475 52 31
e-mail ‹[email protected]›
Il libro “Amor di caccia” e il grande impegno del Comitato organizzativo – presieduto da Bruno Rizzi, a sinistra
sulla foto con al centro il consigliere di Stato uscente Stefan Engler e le due indossatrici con i tradizionali costumi
di Mesolcina e Calanca – sono stati molto apprezzati dai delegati, autorità e numerosi ospiti accorsi a Grono per
l‘assemblea, la cena di gala e i festeggiamenti serali con varie animazioni
Poesia
Casa mia
Casa mia, all’ermo castello,
proda di foresta, oasi solatìa
mi proteggi da gelo, strali e tempesta.
Se tra i fiori sceglier dovessi un che t’assomiglia
non vilucchino, né rosa vermiglia,
m’abbozzerei quello
che il sole e il ghibli1 in duplice concerto
in uno han fuso, granello per granello,
sferzato scisto di silicea sabbia:
la cristallina Rosa del Deserto.
Da sinistra, Dante Peduzzi, il Consigliere di Stato Stefan
Engler con tra le mani il bel volume intitolato “Amor di
caccia”, curato dallo stesso Peduzzi con il tocco grafico
di Lulo Tognola, nella foto accanto a Bruno Rizzi
1 Vento del Sahara
Clemens A Marca
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Dante Peduzzi
162
La catena orientale di montagne che separa la Mesolcina dalla Valchiavenna e dalla
riva destra del Lago di Como costituisce un
confine naturale che è stato frequentato per
lunghi secoli, fin dalla preistoria. La gente
dei due versanti conosceva ogni passaggio
praticabile. Ad essi ha dato dei nomi singolari preceduti dall’appellativo Bocchetta,
piccola bocca, quasi per sottolinearne l’importanza di un luogo di passaggio del cibo
necessario per la sopravvivenza. Gli abitanti
di qua e di là del confine naturale si conoscevano, si scambiavano prodotti, notizie e
spesso nascevano anche delle relazioni famigliari attraverso matrimoni. Questo confine
naturale, per lunghi secoli, non è stato considerato dalle popolazioni locali una barriera
oppure un confine politico. Quando lo è diventato, allora è nato anche il contrabbando
che, tuttavia, la gente ha considerato un’occasione per difendersi dalla carestia generata
da governi lontani e interessati ad incassare
tasse e dazi alle frontiere.
Dopo i periodi duri della Seconda Guerra
mondiale, periodi nei quali il contrabbando
ebbe dei risvolti incredibili, il passaggio di
merci sui sentieri della montagna andò diminuendo progressivamente, fino a cessare
completamente.
Grazie all’inaugurazione della Via dei Grotti tra Cama e Gordona, avvenuta nel 2005,
ho potuto allacciare contatti con persone che
hanno vissuto in prima persona gli ultimi
anni delle vicende legate al contrabbando.
Voglio qui riportare alcune testimonianze a
tal proposito, la prima delle quali vissuta in
prima persona.
Verso la fine degli anni ’50 – inizio degli
anni ’60 dello scorso secolo, ricordo come
noi bambini di Cama assistevamo all’arrivo,
Il comandante Tiberio (Pietro Porchera)
Due partigiani
alla preparazione del viaggio verso la montagna degli ultimi contrabbandieri. Erano ragazzotti nerboruti, muscolosi, sulla ventina
d’anni. Solo pochi erano più anziani. Arrivavano da sud, probabilmente da Gandria con
dei furgoncini o delle automobili private. La
corsa si fermava davanti al Ristorante Prandi
di Cama.
Il gruppo, generalmente una decina, si
spostava sul sottostante piazzale sul quale
venivano preparate le bricolle per il trasporto a spalla oltre la montagna delle sigarette
di contrabbando.
Le stecche di sigarette venivano disposte
in bell’ordine sulla carta da pacco, oliata da
una parte, che veniva poi ripiegata con cura
assoluta in modo da formare un pacco alto
circa un metro, largo 60-70 centimetri e dallo spessore di ca. 20-25 centimetri. Attorno
al pacco veniva avvolto uno strato di plastica sottilissima. Poi veniva l’operazione che a
noi bambini faceva più impressione.
Il grosso pacco plastificato veniva avvolto
nella tela di iuta, tagliata con cura e cucita ai
lati con un grosso ago da materassaio e dello
spago. Infine, venivano tagliate delle strisce
di iuta di circa 20 centimetri di larghezza per
circa 80 di lunghezza che, piegate con cura
alcune volte formavano delle piccole cinghie
di circa 5 centimetri di larghezza. Stabilizzate con qualche punto di sutura, venivano poi
cucite al grosso pacco in modo che si trasformassero in larghe, ma resistenti bretelle.
Le ultime operazioni al carico consistevano nel praticare lateralmente tre tagli che
diventavano delle tasche. Nell’una veniva sistemato il falcetto taglientissimo, a portata
di mano per tagliare le bretelle ed abbandonare il carico in caso di incontro con i Finanzieri, nell’altra veniva sistemato il pacchetto
di sigarette. Più in alto, ma sempre lateralmente, veniva sistemata nella terza tasca una
bottiglia. Due o tre colpi ben assestati con
il palmo della mano conferivano infine alla
bricolla la forma adattata alla schiena del
portatore. Ancora un’operazione, prima di
partire. Solitamente, in alto, sopra il sacco,
veniva legato un fagotto contenente una maglietta e quelle poche vettovaglie che servivano per il tragitto. E poi partivano, in tardo
pomeriggio, quasi tutti in calzoncini, torso
nudo, fazzoletto in fronte, scarpe da montagna, calze grosse e l’immancabile bastone
che qualche volta veniva preparato lungo il
percorso (di solito in Promégn). Ricordo che
alcuni di loro erano rossi di capigliatura, altri abbronzatissimi, cotti dal sole e dalla fatica, tutti atleti dotati di un fisico bestiale,
come si direbbe oggi.
Alcuni di noi, i più grandicelli, volendo
dimostrare di essere altrettanto forti, si caricavano una bricolla (pesavano tra i 25 e i
30 chili!) e si incamminavano di buona lena
nella colonna. Al massimo però riuscivano a
tenere il passo fino alla Cappella di Valloré,
pochi metri sopra il villaggio di Cama, punto in cui dovevano dare forfait. Venivano naturalmente scherniti, ma anche ricompensati
con qualche sigaretta che poi veniva fumata
furtivamente con gli amici. Questo fatto invogliava a ritentare l’impresa alla prossima
occasione, ciò che ha permesso ai giovani di
quel tempo di conoscere da vicino i protagonisti di quella stagione di contrabbando.
Dal paese la colonna degli spalloni si notava nei diversi punti liberi dalle fronde dei
castagni: al Mót del Pàs, alla Bèdola, ma poi
scomparivano inoltrandosi nella Val Vama.
Giunti all’Alpe del Lago posavano il carico, si rifocillavano, riposavano qualche ora
aspettando la notte fonda. Verso le due del
mattino si rimettevano in marcia, costeggiando il lago, salendo sui pascoli di Lumégn
e, passando dalla Scala Santa, un luogo impervio, raggiungevano poco prima dell’alba
la Bocchetta del Notaro a quota 2’098 metri.
Ciò permetteva loro di entrare in territorio
italiano coperti dalle ultime ombre della notte in modo da evitare le ronde dei Finanzieri
che presidiavano il confine. Raggiunto il fondovalle, consegnavano la merce, si riposavano e si preparavano per il prossimo tragitto,
costeggiando il Lago di Como ed entrando
nuovamente in Svizzera da sud.
Non sempre però filava tutto così liscio
come mi ha raccontato MT. di Gordona:
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Storie di relazioni umane
e di contrabbando
163
164
Incidenti del genere succedevano sovente nel
periodo più intenso di contrabbando: quello durante la Seconda Guerra Mondiale. Qui
però il contrabbando avveniva nei due sensi e veniva praticato non solo dagli Italiani,
ma anche dai Mesolcinesi. In quel periodo la
Svizzera venne a trovarsi circondata da paesi
in guerra, per cui vennero a mancare diversi prodotti di prima necessità. Dalla montagna veniva contrabbandato di tutto: scarpe,
fisarmoniche, suole per le scarpe, pneumatici, farina, calze, seta, tessuti, copriletti, camere d’aria, preservativi e persino biciclette.
Una testimonianza che ho raccolto da VB. di
Cama, ancora vivente:
«Dalla Bocchetta di Sambrog arrivò una partita di coltelli Solingen di ottima qualità che
avrei potuto vendere in Svizzera. Ritirata e
pagata la merce, venni a sapere che le guardie
di frontiera del posto di Cama presidiavano
il sentiero d’accesso all’alpe del Lago. Decisi di scegliere una via alternativa passando a
mezza costa per sentieri impervi che conoscevo dal periodo di caccia. Una disattenzione e
il fieno di bosco mi tesero una trappola mortale. Scivolai, venni sbalzato per una decina
di metri lungo il pendio e caddi pesantemente fracassandomi le ossa. Alcuni coltelli che
tenevo nel sacco fecero inoltre la loro parte… Per fortuna alcuni amici mi vennero in
aiuto, mi trasportarono a valle su una scala e
poi finii all’ospedale di Bellinzona per alcune
settimane…»
poi al buffet della stazione di Zurigo, prima
classe, poi si doveva salire al piano superiore
nel quale ti ricevevano in livrea rossa. Lì mi
consegnavano i denari della merce e, qualche
volta, dei cofanetti stretti con degli orologi
di marca che io commerciavo con i contrabbandieri italiani. Si trattava di Acorette molto ricercati in Italia. Poi rientravo in treno e
la storia continuava…»
Gruppo di partigiani nella Val Bodengo (1944)
Durante il periodo bellico, specialmente tra
gli anni 1943 e il 1947, la merce che entrava
di contrabbando in Svizzera era soprattutto
il riso. Dal rapporto del 17 gennaio 1946
della direzione delle dogane del IV Circondario (Ticino e Mesolcina) alla direzione generale di Berna apprendiamo che nel 1945 su
questi confini ne vennero confiscate ben 115
tonnellate.
Se consideriamo che di solito riuscivano a
farla franca 4 contrabbandieri su 5, si può
ipotizzare che le tonnellate di riso entrate e
commercializzate sul mercato nero ammontassero a ca. 460’000kg. Ipotizzando che circa ¾ di questa quantità fosse entrata dalle
montagne, calcolando ca. 30kg. per carico,
arriviamo a oltre 11’000 passaggi annuali.
Ecco una testimonianza che ho raccolto da
ET. di Roveredo che vive ancora:
«Dalla Bocchetta di Braghec e di Paina i
contrabbandieri mi portavano il riso fino
in paese. La gente del paese veniva sempre
a comperarne. Servivo persino l’Hotel E. di
Zurigo. Portavo la scorta all’albergo Gioconda di Bellinzona, in faccia alla stazione.
Avevo lì una donna di fiducia che mi sorvegliava la merce e quando avevo un carico
sufficiente partivo per Zurigo. Mettevo la
merce in terza classe nelle valigie e io viaggiavo in seconda. Quando arrivavo a Zurigo c’era il fattorino dell’albergo che faceva
passare la merce attraverso la finestra e io
scendevo dall’altro vagone. Ci incontravamo
Un fenomeno meno studiato, forse perché
coinvolse delle personalità conosciute, era
caratterizzato dal contrabbando di valuta o
di merce preziosa. Dall’estate del 1943 la lira
italiana cadde in una depressione vertiginosa: da 27 lire per franco svizzero nel luglio
del 1943, piombò a 240 lire per franco pochi mesi dopo. Il franco svizzero divenne una
valuta ricercatissima lungo la frontiera che
spinse la popolazione dei villaggi italiani sul
confine a vendere in Svizzera qualsiasi cosa,
anche per finanziare le attività dei gruppi di
partigiani attivi sulle montagne.
Ecco un’altra testimonianza singolare di
ET. di Roveredo, il quale aveva ricevuto dai
comandi svizzeri delle funzioni di uomo di
collegamento:
«Una volta, quando ero con i Partigiani della Val Bodengo, attraverso gli Americani che
stavano avanzando, giunse nella 90a Brigata Garibaldi, comandata da Tiberio (Pietro
Porchera, n.d.r) una partita di insulina che
sarebbe dovuta arrivare alla delegazione Rumena a Berna. Si trattava della insulina Lilly fabbricata a Indianapolis, Indiana, USA.
L’incontro per la consegna era stato fissato
all’Alpe del Lago di Val Cama. Era inverno e
non è stato facile per me organizzare questo
viaggio. C’era un farmacista di Lugano, una
persona di Breganzona ed altra gente che
non conoscevo. Due o tre partigiani sono arrivati con la merce: 1,5kg di insulina per un
valore di fr. 160’000 ma i signori di Lugano
non avevano i soldi necessari per l’acquisto.
L’avrebbero consegnato più tardi. I partigiani consegnarono la merce, ma trattennero
me come ostaggio, l’unico giovane e celibe.
Dovetti passare la Bocchetta del Notaro e
Qui il Moesano
Qui il Moesano
«I finanzieri erano a conoscenza del nostro
traffico e, sapendo che nessuno di noi sarebbe diventato ricco, non infierivano. Capitò
però che una volta ne venne uno giovane da
Milano il quale, di sua iniziativa, volle verificare cosa stesse succedendo con questi passaggi. Ci sorprese che già stavamo scendendo
e ci diede l’alt. Pensando ai soliti finanzieri,
cominciammo a correre, ma quello cominciò
a sparare, dapprima in aria e poi all’altezza d’uomo. L’ultimo della nostra colonna si
beccò una pallottola nella schiena e per poco
non ci lasciò la pelle, come era successo ad
altri.»
Un flacone di insulina dell’epoca
venni rinchiuso nel comando dei partigiani a
Bodengo. Mi portava da mangiare la partigiana Kiki (Giuseppina Panzieri n.d.r.). Visto
che i soldi non arrivavano mai da Lugano,
mi sono recato di persona a Berna alla Legazione Rumena dove ho incassato fr. 35’000
e tre cronografi d’oro della Tissot che ho riportato al comando di brigata a Bodengo,
sempre passando dal Notaro. Il comandante Tiberio mi consegnò come riconoscimento un flacone di insulina che però non riuscii
più a smerciare e che tengo ancora a casa»
A questo punto la storia del contrabbando
si intreccia con quella della resistenza armata sulle montagne e del flusso di informazioni dei servizi segreti, specialmente da e per
il comando Consolato Americano di Lugano
che aveva programmato dei lanci di armi e
munizioni per i partigiani della 90a Brigata
Garibaldi. Ma questo è un altro capitolo che
varrebbe la pena di approfondire. Forse sarà
per un prossimo numero dell’Almanacco.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
165
Qui il Moesano
Luca Plozza
Ufficio forestale dei Grigioni
166
Nel Moesano, come nelle altre vallate subalpine, le castagne hanno rappresentato per
secoli una delle principali fonti di alimentazione. Attorno al castagno si è sviluppata una vera e propria cultura. Innumerevoli
sono ancora oggi le testimonianze legate al
castagno sul nostro territorio. Basti pensare alle selve castanili ancora oggi presenti in
Mesolcina fino a Soazza e in Calanca fino a
Buseno, ai castagni monumentali (cioè alberi
con circonferenze oltre i 7 metri), ai toponimi (es. Castaneda), agli attrezzi, agli edifici
(grat), ecc.
Dal Medioevo fino all’inizio del 1800 la
presenza dei castagneti era imponente nei
pendii spesso terrazzati delle nostre valli.
Fino all’ultimo Dopoguerra si è assistito ad
un progressivo declino della castanicoltura
(a causa soprattutto dell’avvento di altre
fonti alimentari quali la patata e il mais). In
seguito, la gestione delle selve castanili è poi
stata abbandonata quasi ovunque. Grazie ai
progetti di recupero delle selve castanili promossi dall’Ufficio forestale dei Grigioni e sostenuti dai Comuni, dal Fondo svizzero per il
Paesaggio e dai proprietari, diverse selve castanili sono state ripristinate e salvate da una
definitiva scomparsa.
La selva castanile della Collina
di Lostallo
La selva castanile situata direttamente a
nord del paese di Lostallo è un elemento
paesaggistico pittoresco, possiamo definirlo un vero e proprio pezzo di storia locale.
Metà della selva è completamente terrazzata
con dei muri a secco di origine medievale. La
lunghezza complessiva dei muri inventariata
ammonta ad oltre 3,4 km! I terrazzamenti
sono stati eseguiti per facilitare la gestione
agricola, così da diminuire la pendenza e liberare il terreno dai sassi. I terrazzi non erano utilizzati unicamente per la produzione di
castagne ma anche quali campi e, in seguito,
prati. La selva rimanente, che non è terrazzata, è delimitata da un muro laterale e ospita
castagni secolari.
I lavori di recupero della
selva castanile …
Il recupero della selva castanile La Monda è iniziato nel 1998. Lo stato della selva
prima dei lavori di recupero era particolarmente degradato: all’inizio degli anni ’90, il
bosco aveva invaso completamente la selva e
molti muri a secco erano crollati. I castagni
da frutto avevano uno stato sanitario precario a causa della mancanza di cure e di luce.
Erano infatti completamente sommersi dagli
altri alberi (tigli, abeti rossi, frassini, ecc.).
I castagni erano pure indeboliti dall’attacco
del cancro corticale.
Sull’arco di 12 anni si sono eseguiti i seguenti lavori:
- Potatura di oltre 200 castagni da frutto
- Pulizia del terreno e ripristino dello strato
erboso di ca. 5 ettari
- Taglio di 900 mc di legname
- Piantagione di un’ottantina di nuovi
castagni innestati.
L’investimento complessivo è stato di ca.
fr. 300’000.–. Il progetto è stato realizzato
grazie al prezioso sostegno del Municipio
di Lostallo e all’accordo con la trentina di
proprietari privati. Tutti i proprietari hanno
aderito al progetto assumendosi i costi residui (30 cts al mq) e, in collaborazione con il
Comune, garantiscono la manutenzione della selva per una durata di 30 anni.
I lavori di recupero sono stati eseguiti dalle
ditte di Lostallo Ghiro, F. Albertini e figli e
M. Valsecchi. La potatura dei castagni è stata affidata allo specialista Antonio a Marca
di Mesocco.
Qui il Moesano
Il castagno è parte
della nostra cultura
Vista sulla selva castanile di Lostallo
del maggio 1998. Foto: L. Plozza
… e dei muri a secco
A partire dal 2005, in collaborazione con il
Fondo Svizzero per il Paesaggio, che ha assicurato il finanziamento dei ⅔ dell’opera,
si sono realizzati tre progetti con l’obiettivo
di salvaguardare i muri a secco, importante
patrimonio paesaggistico. I lavori sono stati
eseguiti dalle imprese Rosa di Lostallo e Barella di Mesocco. In tutto sono stati ripristinati oltre a 3km di muri a secco con:
- Ricostruzione di ca. 1’600 mc di muri
- Sistemazione di oltre 1 km di copertine
- Investimento di ca. fr 500’000.–
La gestione agricola della
selva castanile
Per salvaguardare la sopravvivenza della
selva castanile e dei muri a secco bisognerà
garantirne la manutenzione tramite una gestione agro-forestale appropriata. Il lavoro
Vista sulla selva castanile di Lostallo durante i lavori del
2009. Foto: L. Plozza
dei contadini è impegnativo. Considerata
la natura del terreno è esclusa la possibilità
di utilizzare trattori. Inoltre, l’impegno per
mantenere la cotica erbosa ed evitare lo sviluppo di rovi, felci e arbusti è notevole sia
nei terrazzi ma soprattutto nella superficie
rimanente. Attualmente la gestione è garantita grazie ai sussidi agricoli, ai contributi del
progetto d’interconnessione e un po’ d’idealismo da parte delle aziende agricole di Lostallo Cappelli, Succetti e Räss.
Le selve castanili fanno parte della nostra
identità culturale. Salvaguardarle significa
quindi tramandare alle generazioni future
una testimonianza del nostro passato e una
caratteristica della nostra regione, caratteristica che la rende speciale non solo ai nostri
occhi ma anche a quelli di chi ci guarda da
fuori. Le selve castanili arricchiscono dunque
il nostro paesaggio, la biodiversità e sono da
considerare un’attrattiva anche dal punto di
vista turistico.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
167
125 anni
della Società Carabinieri
di Roveredo (1883-2008)
Ricordo del Tiro del Cinquantenario (8 e 9 luglio 1933)
Foto scattata davanti al vecchio stand.
Prima fila, seduti, da sinistra a destra: Buffi Enrico, Nicola Enrico (farmacista), Martignoni Carlo
(nonno), Togni Alfonso, Schenardi Doroteo (Bin), Mossi Eugenio (el Caréna). Prima fila, in piedi:
Berri Lindo, Giboni Antoni (della segheria ai Rógg, con bandiera); Martignoni Pietro (deceduto
nel 1939 a Champfér), Albertalli Martino, Banalini Antonio. Fila in alto: Franchi Alberto (tragicamente deceduto a Chiasso nel 1940), Schenardi Ferdinando (Dino), Troger Francesco (el Cechìn
de la Melania), Giboni Antonio (Commissario di Polizia), Manzoni Giovanni (con bandiera), Riva
Rodolfo, Losa Marco, Campelli Carletto, Cattaneo Mario, Troger Giovanni (panettiere, nascosto
e con cappello), Tognola Aldo, Togni Antonio (forestale), Pasini Primo (L’ultimo con cappello)
168
Ricordo dei festeggiamenti per il 125° anniversario di fondazione
Tutti portano la nuova fiammante divisa inaugurata per l’occasione.
Prima fila, da sinistra a destra: Katia Berri, Marianna Cavalli-Martignoni con la terzogenita Matilde, Piero Stanga
(socio onorario), Ferruccio Cattaneo, Giuseppe Stanga (segretario), Leo Schönecker (membro del comitato), Iari
Pestelacci; davanti, seduti: i bambini Mosè e Martino Cavalli e Karin Galliciotti. Seconda fila: Emilio Winkeler, Souad
Galliciotti, Claudio Galliciotti (cassiere), Michele Cavalli, Arnoldo Martignoni (Presidente onorario), Giorgio Mainini
(membro del comitato e alfiere), Mariuccia Fasola-Galimberti, Mario Pizzetti e Pierino Fasola
Nella primavera del 2008 la Società Carabinieri di Roveredo ha ricordato e degnamente
festeggiato i 125 anni di vita. Fu, infatti, quel
lontano 22 aprile 1883 che i primi 16 militi e
4 volontari, rispondendo alle vigenti esigenze
delle autorità militari federali e cantonali, si
costituirono in società.
Il primo Comitato sociale risultò così composto: Presidente, maestro Giovanni Schenardi (più tardi ispettore scolastico di Mesolcina
e Calanca); cassiere, Giovanni Antonio Giboni; segretario, Costantino Franchi; membro,
Carlo Martignoni; usciere, Natale Beltrami.
Già il 14 maggio di quell’anno la Società
tenne il suo primo tiro di esercizio obbligatorio in base all’Ordinanza federale allora vigente.
Il 10 giugno dello stesso anno si organizzò
un secondo tiro d’esercizio e contemporaneamente anche a premi, con premi d’ono-
re gentilmente donati da molti soci ed amici
del tiro.
Altri tiri d’esercizio ed a premi ebbero poi
luogo il 29 giugno, il 1 luglio ed il 9 settembre di quell’anno.
Cinque anni più tardi (e precisamente dal 3
al 5 agosto 1888) la Società partecipò per la
prima volta ad un Tiro Cantonale di Sezione
e precisamente a Bellinzona, e otto anni dopo
anche al Tiro Distrettuale di Sezione a Lostallo.
Numerosissime furono, col passar degli anni,
le partecipazioni della Società a tiri sociali in
Valle, nell’interno del Cantone, nel limitrofo
Ticino e anche nelle varie parti della Svizzera,
specialmente ai frequentissimi Tiri cantonali e Tiri storici (quale quello commemorativo della battaglia di Giornico, o quello della
battaglia della Calven a Ilanz, Samedan o
Davos), nonché ai frequentissimi Tiri Federali in Svizzera.
Elencare tutti i numerosissimi successi ottenuti dalla società sia in Valle sia fuori sarebbe impossibile. Ci limitiamo a ricordare, fra
i tanti, almeno due dei successi più famosi:
quello conquistato nel luglio del 1946 da un
sestetto di nostri campioni al quadriennale
Tiro storico della Calven a Davos e quello ottenuto dai nostri valorosi rappresentanti allo
storico Tiro commemorativo del Settecentesimo del Patto federale (1291-1991) nel Canton Uri.
I sei nostri matcheurs che a Davos sbaragliarono il campo imponendosi a tutte le
numerose sezioni retiche presenti, aggiudicandosi il glorioso gagliardetto storico della
battaglia della Calven, rispondevano ai nomi
di Carlo, Romolo e Bruno Martignoni, Car-
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
Piero Stanga
169
Il Centro Culturale di Soazza
è oggi una realtà
Luciano Mantovani
I carabinieri roveredani agli onori!
Ecco 14 dei 15 partecipanti al vittorioso “Tiro del 700°”.
Prima fila, da sinistra a destra: Emilio Winkler, Giuseppe
Stanga, Emanuele Gamboni. Seconda fila: Josef Brun,
Romana Fibbioli-Fasola, Orlando Pacciarelli, Arnold
Martignoni (presidente), Piero Stanga, Mariuccia FasolaGalimberti. Terza fila: Matteo Fasani, Franchino Fibbioli,
Pierino Fasola, Giorgio Mainin, Fabrizio Dolci. Assente
per lavoro: Vittorio Deghi
Già dal lontano 1982 esiste a Soazza la Biblioteca Comunale, nata da una donazione
del compianto dott. Edmondo Zarro. La Biblioteca si è sviluppata nel tempo e dopo vari
cambiamenti di sedi provvisorie (ex aula scolastica, ex sartoria, ex caseificio), finalmente si è trovata una sistemazione appropriata.
Nel corso degli anni Novanta (e poi nei seguenti del nuovo millennio) si è cominciato a
proporre una Biblioteca di Circolo, per i tre
comuni dell’Alta Valle.
La soluzione e la realizzazione non era
però né ovvia né scontata. Come ognuno
può immaginare, convincere la popolazione
di Soazza a un investimento finanziario non
indifferente (e in seguito coinvolgere nella
gestione i due comuni limitrofi), non è sta-
Poesia
I gropp
Un tòcch de légn
A guardàl iscì, dumà
un tòcch de légn.
Sa pruvòu a métig
dént el sugrét, per fa fìsul.
Le sctacc giròu e pirlòu
in tùten la manéiren
Ma un tòcch de légn le resctòu.
Fredy Parolini
Stazione BM, “Società esercizio ferroviario
turistico c/o Bruno Ferrari”
ta una cosa semplice che si poteva risolvere
in poco tempo, ma con la comprensione e la
lungimiranza del municipio e della maggioranza della popolazione si è potuto portare
avanti un progetto, non solo di una Biblioteca di Circolo, ma addirittura di un Centro
Culturale. Dopo anni di trattative e di mediazioni, colloqui e negoziazioni si è finalmente
giunti all’approvazione di una convenzione
tra i tre comuni di Circolo (Mesocco, Lostallo e Soazza), per gestire insieme il Centro
Culturale.
Il Centro sorge sul piazzale della ex stazione della ferrovia Bellinzona-Mesocco e
comprende anche l’edificio della ex stazione,
ottimamente restaurato e adattato. Questo
è diretto da un Consiglio Culturale composto di sei membri, due per ogni comune: per
Mesocco, Luigi Corfù (vicepresidente) e Edmondo Fasani, per Lostallo, la signora Margherita Cadenazzi e l’avv. Andrea Toschini
e per Soazza, Paolo Mantovani e Luciano
Mantovani (presidente).
Lo scopo principale del Centro è di coordinare, informare e promuovere attività culturali, sociali e turistiche prodotte dallo stesso,
in collaborazione con altri enti o da terzi. Per
fare questo, bisogna coinvolgere istituzioni e
associazioni già esistenti, con le relative persone a loro associate.
Nella nostra regione e nel vicino Ticino,
non mancano certamente manifestazioni di
carattere culturale, anzi a volte sembra ce ne
siano in esubero. Le proposte culturali del
Centro, perciò, sono innanzi tutto indirizzate agli interessi della nostra gente, dei nostri
giovani, con lo scopo di suscitare dapprima
curiosità e interesse.
Il Centro non vuole escludere offerte più
ampie, che vanno oltre i nostri confini, tutt’altro. Tutto sta nel saper valutare, dare il
giusto peso, la giusta misura, il giusto indirizzo ai progetti e soprattutto alla loro continuità.
Ogni evento, proposta o manifestazione,
deve rientrare sotto un concetto più ampio e
ben definito, onde evitare di proporre eventi fine a se stessi. Si cerca di coinvolgere più
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
170
letto Capelli, Achille Lafranchi e Giovanni Taschetta.
Ed i quindici nostri valorosi che nel 1991 a Wassen si
piazzarono
brillantemente
al secondo posto della propria categoria ed al terzo
posto assoluto su ben 1250
società consorelle provenienti da tutti i Cantoni svizzeri e con la fantastica media
di 48’700 punti su un massimo di 50’000 sono: Brun
Iosef, Deghi Vittorio, Dolci
Fabrizio, Fasani Matteo, Fasola-Falimberti
Mariuccia,
Fasola Pierino, Fibbioli Franchino, Fibbioli-Fasola Romana, Gamboni Emanuele,
Mainini Giorgio, Martignoni
Arnoldo, Pacciarelli Orlando, Stanga Giuseppe, Stanga
Piero e Winkler Emilio.
Grazie a questa sua brillantissima presentazione, la gloriosa Società roveredana è stata
preceduta in classifica generale solo (e per una
frazione di punto) da una società bernese e da
una svittese ed è quindi risultata prima assoluta della Svizzera italiana e del nostro Cantone.
171
Alla Biblioteca, che fra due anni festeggerà i trent’anni di vita, ai suoi responsabili,
alle sue collaboratrici e ai suoi collaboratori,
auspichiamo di continuare come finora con
le sue apprezzate attività sia culturali sia sociali, a favore della popolazione e, in special
modo, della gioventù.
Non c’è dubbio che l’iniziativa di Soazza,
e la volontà di collaborazione dimostrata dai
comuni di Mesocco e di Lostallo, fungeranno da impulso e da stimolo anche per i futuri
progetti culturali della Regione Mesolcina.
di Mesocco, con la PGI moesana e con i responsabili del Museo moesano.
Pure la Biblioteca Comunale è parte integrante del Centro Culturale. Essa conta più
di trenta collaboratori volontari che contribuiscono nei più svariati modi al funzionamento della stessa, presenziando durante gli
orari di apertura al pubblico, collaborando
nella preparazione dei media, nell’organizzazione di eventi e manifestazioni (come per
esempio le letture per i più piccoli, i corsi
estivi, le attività artistiche dedicate agli scolari dai 5 ai 12 anni, e anche per gli adulti).
Ricordiamo infine le validissime pubblicazioni della collana Testimonianze di cultura lo­
cale, diretta da Paolo Mantovani, tra i quali
titoli citiamo Le donne di Soazza racconta­
no e l’ultimo in ordine cronologico El folétt
dala còta vérda.
Chi volesse contattare i responsabili del centro e della Biblioteca può rivolgersi a:
Centro Culturale di Circolo a Soazza
T 091 831 10 53
F 091 831 10 53
M [email protected]
172
oppure:
Luciano Mantovani, Presidente
Ai Drin 86
CH-6562 Soazza/GR
T 091 831 16 46
F 091 831 19 93
M [email protected]
Biblioteca esterno, foto: Luciano Mantovani
Chi desiderasse essere informato su tutte le
attività organizzate dal Centro, dalla Biblioteca o che si svolgono nel Circolo di Mesocco, può semplicemente lasciarci il suo
indirizzo di posta elettronica.
Presso il Centro si può anche richiedere
l’uso della sala (70 posti) per conferenze, riunioni, consessi. Ai richiedenti verrà trasmesso il regolamento d’uso.
Luciano Mantovani
Presidente del Centro
Culturale di Soazza
Biblioteca interno e sala riunioni.
Foto: Hsaskia Landrini Cereghetti
(Mesocco)
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
persone in progetti culturali, proponendo
programmi che sappiano coinvolgere la popolazione, spaziare attraverso i più variegati
interessi, dei gruppi, dei singoli e tenendo in
considerazione un aspetto molto importante,
quello dell’informazione e della divulgazione.
Nel nostro Circolo – come del resto in tutto il Moesano – vi sono innumerevoli associazioni, gruppi e volontari, che si occupano
delle più disparate attività. Una possibilità
per coinvolgere queste persone potrebbe essere quella di far conoscere e farsi conoscere organizzando incontri, tavole rotonde,
attività comuni, pubblicazioni, oppure presentando aspetti della regione meno noti o
addirittura sconosciuti.
Il Centro ha anche stabilito dei primi contatti per programmare una stretta collaborazione con il prestigioso Archivio a Marca
173
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Poesie di viaggio in Sicilia
Annamaria Pianezzi-Marcacci
Sicilia orientale, foto: Internet
Nota di viaggio
Palermo e Catania, due Sicilie, due viaggi
molto diversi sulle tracce archeologiche di fenici, greci e romani nelle terre siciliane. Un
impatto forte con l’impressione di un passato che conviva con il presente come in nessun altro luogo. La Sicilia occidentale, nelle
meraviglie del suo passato, mi ha dato molte
emozioni: il presente è un mistero a volte raggelante e cupo, che al turista offre accoglienza esteriore, ma dà poco di sé, non si svela,
contrariamente alla Sicilia orientale che è più
estroversa e offre incontri con persone aperte
che cercano dialogo e confronto.
I siciliani in genere sono persone affascinanti con sfumature e ombre date dal loro
variegato e a volte tormentato passato e dal
sempre difficile presente.
Ti ho cercata, Sicilia,
nell’aria tersa di Erice,
ti ho intravista nella nebbia improvvisa e irreale,
nel respiro del Dio imprigionato nell’arenaria consunta
di Selinunte.
Ti ho ammirata nel bianco emblema di Tanit
assorta come il ramarro su un fiore di pietra.
Ti ho seguita, camminando tra pietre e antiche vie
dove fioriscono pensieri colorati
nati da semi punici, greci, romani.
Ti ho vista splendida
a Solunto e Segesta,
ti ho salutata solare
nelle ultime saline dello Stagnone e
a Mozia, nelle pieghe eleganti della tunica del giovane,
solo nel museo con la sua
intatta bellezza.
Ho assaporato e goduto
il profumo e il calore marsalato
di Lilibeo.
Ho sofferto il freddo, zuppa di pioggia
nell’antica Iaitas, scivolando sull’erba e nel fango.
Ho cercato di capire, seduta tra le rovine di tempi violenti,
ma vitali e creativi e mi hai parlato
della tua grandezza e la tua miseria.
Ti ho cercata e ho trovato il tuo passato
Sicilia, ora cerco il presente, ma vedo solo
una Medusa pietrificata, crocifissa
sui fichidindia, persa
nella chioma languida dell’eucalipto.
Non ti sento, stai immota
nei tuoi palazzi sgretolati, muta
nel dolore di madre che ha visto uccidere i figli migliori.
A occhi aperti offri sfacciata solo i tuoi limoni
enormi, traboccanti di lacrime represse.
Ti ho cercata incuriosita
Sicilia di oggi, a Mondello, Monreale, a Palermo
sulle bancarelle della Vucciria e nella grigia
processione ininterrotta di casermoni,
a Cefalù, umiliata e soffocata
dal traffico.
Oltre non traspare nulla.
Cosa c’è dietro lo sguardo dei siciliani?
Grazie, bella Sicilia per il tuo passato,
perdonami,
per non capire il tuo presente.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
Sicilia occidentale (1999)
175
Noto
La Sicilia ti scova
travolge
e incanta
ti fa respirare col cuore
bere con gli occhi
ti lava le ferite col mare e col vino
e
con ostensori di melograno e fichidindia
ti eleva lo spirito.
Non esiste il tempo
a Noto.
Oltre la porta
tutto rallenta,
solo la bellezza parla
e rapisce.
Fai gesti nuovi
dici cose mai dette
a Noto.
La terra grassa e calda
come carne che ha imprigionato
umori di tiranni
sudori di schiavi
lacrime di donne
dona colori, sapori, profumi.
È un pensiero barocco
un balcone di pizzo
un sapore sconosciuto
e delizioso.
Quattro sirene
e quattro leoni
dicono che il tempo
è lo stesso tempo
di quando il tempo
era vero tempo,
vera vita
a Noto.
Qui tocchi l’eterna madre
fattrice generosa
che accoglie e restituisce.
176
Mascalucia
Balcone – Noto/Villadorata,
foto: Internet
L’anziano barone mi guida
orgoglioso
nel trionfo del suo Eden di terra negra
e miracolosa.
Racconta dei viaggi,
dei semi portati dall’Africa.
Mi fermo incantata per l’incontro
con un albero sconosciuto
bello e strano,
il tronco con lunghi aculei e grandi fiori rosa
come gigli.
Avrà quindici anni - mi dice è l’albero del kapok…
Ringrazio per la lezione e allegra
corro via.
Stanotte sognerò cuscini da odalisca con pance
colme di kapok,
un giardino profumato di limoni e gelsomino
ai piedi di un vulcano in eruzione…
e così sia.
Gela
Gelido impatto
con la città,
impero ieri come oggi.
Gelone, il tiranno
regna di nuovo
con altra corona.
Sgela un poco
il saluto del cuoco
affacciato sull’uscio.
Urtano i seni sguardi
raggelanti di maschi
ombrosi, occhi che non vedono
la bellezza del passato e la vera forza
del presente.
Energia maschia cieca e statica.
Non c’era quel giorno
l’uomo
a Gela.
Forse non c’è ancora
l’uomo nuovo
a Gela.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
Sicilia orientale (2004)
177
«Il nostro futuro?
Affidiamolo ai giovani
pensatori»
Intervista a Gerry Mottis
178
Ortigia
Cammino
con occhi sommersi
da palazzi, chiese, balconi,
sfioro
ombre e fantasmi di guerrieri
al castello Maniace,
tocco furtiva
le colonne doriche di Athena
calde di sole ed energia
e
la notte
bevo liquori dai sapori incredibili
sulla piazza popolata
da storie di principi e sante martiri.
Ti ho vista o sognata, Ortigia?
Ed ecco Arethusa,
seminascosta tra i papiri
bella nello sguardo di Alfeo.
La ninfa si allontana ridendo,
ma è un gioco,
Arethusa non fugge più.
Fuggire dall’amore nella
sconvolgente bellezza di Ortigia?
Pura follia!
Tempio d’Agrigento, foto: Internet
Agrigento
Respiro grandezza e luce di un popolo
che ha respirato la Grecia e conserva
tutte le orme mediterranee.
Orme di gente che ha morso, masticato, digerito e
seminato in campi di sole e valli di lacrime.
Gente che sputa i noccioli e conserva sulle labbra
il dolce dei fichi e nelle mani
arcaiche forme di statue e tessere di mosaici.
Riflessa negli occhi della notte
brilla
la pupilla dei templi incoronati
dalla luna piena.
Nella mia dura stagione
vivo questo
adesso.
E per questo
per tutto questo
dico grazie
a te,
Agrigento.
Efkaristò, Akragas!
Un giovane docente
e scrittore della
Val Mesolcina
si interroga sul
presente e sul
futuro della propria
valle, proponendo
delle riflessioni di
ampio respiro che
interessano non solo
i temi che tratta
abitualmente – la
cultura e il mondo
della scuola –, ma
anche la politica
e la religione:
nell‘intervista che
segue il prof. Gerry
Mottis è capace di
cogliere la radice
dei temi trattati
perché, soprattutto
come scrittore, si sta
facendo strada con
le proprie mani e
con una sensibilità
che gli consente di
individuare il lato
positivo di ogni
situazione. Dalle
parole di Mottis si
comprende molto
bene quanto
sia importante
la promozione
culturale nei vari
comuni della Val
Mesolcina e della Val
Calanca, e le relative
responsabilità che
devono assumersi le
autorità politiche.
Prof. Mottis, come si possono descrivere i
caratteri dell’identità dei mesolcinesi?
La Mesolcina si presenta, a mio avviso,
come identità comunitaria solo sulla carta. Il
riconoscimento identitario ci è indotto dall’esterno, soprattutto dai mass-media che etichettano territori e popolazioni per comodità
– i ticinesi, i grigionitaliani, la Svizzera italiana, i giovani moesani ecc. –, uniformando
e banalizzando tutto e tutti. Riconosco cio-
nonostante che vi sia un certo attaccamento
territoriale e culturale soprattutto nell’alta
valle, mentre l’estremità sud – Roveredo e
dintorni – si sta piano piano aprendo al fenomeno dell’immigrazione ticinese e italiana che penetra sempre più verso nord, nelle
vallate meno chiassose e più verdi. In questo
senso anche la Mesolcina sta subendo i contraccolpi di una globalizzazione di persone
che si spostano e portano con sé idee e costumi diversi, che vanno poi a intaccare quell’unità identitaria di cui si discute. In ambito
sportivo si stanno lentamente trovando delle sinergie tra alta e bassa valle, mentre in
ambito culturale la divisione è oggi ancora
accentuata come in passato, purtroppo. Le
offerte culturali appaiono così iniziative settoriali, benché di buona qualità, e non rappresentano tutta la Valle.
A suo avviso, l’attuale classe politicoamministrativa delle due Valli è in grado
di promuovere e tutelare in maniera
significativa la cultura e l’identità locale?
La classe politico-amministrativa come dappertutto è disposta a investire nei progetti
interessanti che rendono anche su un piano
di immagine e di ritorno economico. Poco si
muove in difesa e a favore degli estrosi volontari che quotidianamente si impegnano
per proporre attività culturali per la gente
delle nostre valli. Vigono soprattutto inizia-
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
Carlo Silvano
179
Dal suo punto di vista, le parrocchie delle
due Valli svolgono ancora – sotto il profilo
socio-culturale – delle attività rilevanti?
Ritengo che le parrocchie si dovrebbero interrogare con serietà sul ruolo che vogliono
e possono ancora svolgere all’interno delle
nostre comunità. È indubbio che il centro
dell’interesse della gente comune – che anticamente trovava nella Chiesa un luogo di
ritrovo e un solido punto spirituale di riferimento – sia venuto piano piano a decadere
quasi completamente. I giovani si interessano
poco di spiritualità, e conoscono poco anche
le Scritture, la vita di Gesù, così importanti
per decodificare e dare un senso ad esempio a
molti testi letterari – pensiamo solo alla Divi­
na Commedia – o alle opere d’arte (ad esempio il Giudizio universale di Michelangelo).
Questo scarso interesse verso la religione e la
religiosità impoverisce i ragazzi e le ragazze
anche sotto il profilo prettamente culturale,
nonché umano. Un dilagante agnosticismo
non dovrebbe però scoraggiare gli ecclesiasti-
ci. Il veicolo privilegiato rimane l’incontro, il
dialogo, la condivisione di esperienze. Quello che forse manca è un progetto didattico
puntuale e interessato da parte della Chiesa
per i giovani, che sia adatto ai tempi.
Quali dovrebbero essere – secondo lei – le
linee guida per elaborare un progetto capace
di rivitalizzare le attività culturali della
Mesolcina e Calanca?
Se per linee guida si intende un progetto comune che vada a toccare tutta la Mesolcina e
la Calanca, credo che solo unendo gli intenti e le forze si possa realizzare tale obiettivo.
Per ora, mi pare, manca ancora un fulcro attorno al quale poter costruire un’unità culturale moesana, tranne forse il Centro culturale
di Soazza (ma relegato nell’alta valle). Come
già riferito, la Pgi gioca e dovrà sempre giocare un ruolo fondamentale per cementare
questa unione, ma senza il sostegno politico
e finanziario di tutti i Comuni interessati, del
Cantone e di altri enti secondari, essa non
potrà compiere miracoli. A mio avviso, si
dovrebbe formare una specie di sovra-apparato culturale che raggruppi ad esempio un
rappresentante di ogni associazione culturale
di valle (associazione artigiani, teatrale, canora, sportiva ecc.) e unificare gli sforzi per
creare delle manifestazioni che abbiano ampio respiro e risonanza anche oltre le nostre
valli.
Riguardo allo spopolamento della Val
Calanca, lei come percepisce questo
problema?
Noto con piacere che molti giovani sono
ancora attaccati alla loro valle d’origine, la
Val Calanca. La nostra scuola conta diversi
allievi che ogni mattino si alzano alle 5:30
per raggiungere la bassa valle. Ragazzi e ragazze provenienti ad esempio da Landarenca
o da Braggio che il mattino devono ancora affidarsi alla teleferica per raggiungere
la fermata dell’autopostale che li condurrà
sino a Roveredo. Affinché questi giovani rimangano in futuro (o ritornino) a lavorare
nella propria valle è necessario che il territo-
rio politico e geografico abbia a offrire loro
motivo di riconoscimento. Fulcro attorno
al quale tutto dovrebbe ruotare rimangono
i posti di tirocinio o di lavoro interessanti e
abbastanza ben remunerati; che non si fossilizzino però solo sulla manodopera, ma che
vadano anche ad offrire possibilità ai futuri
ingegneri, informatici, insegnanti e via dicendo. Il valore aggiunto di una valle laterale,
come quella della Calanca, resta la bontà
dell’ambiente alpino, l’aria fresca e i paesaggi favolosi che ritornano a essere sempre più
riapprezzati dalla gente in generale. Ma l’investimento sul lavoro (e le offerte culturali
annesse) rimane centrale.
Don Marco Flecchia ritiene che i giovani
mesolcinesi hanno sete di Assoluto e
mostrano interesse per le cose antiche…
Condivido la prima parte dell’osservazione,
quando il bravo parroco dice che i giovani
mesolcinesi hanno sete di Assoluto, nel senso che per definizione i giovani (adolescenti)
sono assolutistici in tutto quello che fanno
e in riferimento a tutto quello che credono:
nelle amicizie, negli amori, nelle lotte, nelle
loro opinioni, nello sport, nella ricerca spirituale. Il bisogno di conquistare una nuova
identità personale li spinge con certa esagerazione a gridare al mondo la loro appartenenza, il loro diritto a farne parte e ad essere
accettati. Si ritrovano infine confrontati coi
veri problemi della vita adulta: lavoro, bollette, assicurazioni, infortuni, scontri di pensiero, amori delusi ecc. Noto però in questi
ragazzi, frastornati da un dilagante e martellante incitamento tecnologico, un desiderio
morboso verso il nuovo, il diverso, il tecnologico appunto, e poca attenzione verso
quelle cose antiche di cui parla ancora padre
Marco. L’arte, la musica d’autore, la poesia,
la narrativa antica, sembrano non riscuotere
più molto interesse in questi giovani cibernetici. Ritengo che il gusto estetico sia stato
sostituito da un gusto utilitaristico, dove al
piacere si sostituisce appunto un’utilità pratica che risponde alla semplice domanda: «A
cosa serve?». Questa pericolosa tendenza va
combattuta, affinché ci si possa affidare in
futuro a giovani pensatori e non a giovani
imprenditori senza scrupoli.
Qual è l’autore elvetico di lingua italiana
che oggi si sente di proporre ai giovani della
sua valle?
Mi chiedo innanzitutto se esiste un autore elvetico di lingua italiana che sappia fungere
da modello e da guida per i nostri giovani.
Come per quanto riguarda l’identità comunitaria, anche l’identità letteraria della nostra regione è un tema molto grosso e che
andrebbe presto affrontato. Gli scrittori grigionitaliani e ticinesi seguono un percorso,
a mio avviso, a sé stante, indipendente dalle linee di pensiero territoriali. Ogni artista
(o scrittore che sia) sembra essere guidato
soprattutto da un personale sentire, da una
personale visione delle cose, della realtà circostante, del mondo. Sporadiche iniziative
antologiche o riviste che tendono a unificare
questo modo di sentire le cose sono dei tentativi destinati a mio avviso al fallimento,
benché iniziative lodevolissime. Leggo con
piacere il poeta ticinese Fabio Pusterla, professore di lingua e letteratura italiana presso
il liceo di Lugano. La sua poeticità dirompente e schietta stupisce per i modi narrativi, descrittivi e ipermetrici. Una scrittura
poetica che può interessare ai nostri giovani,
lontana da uno stilismo letterario esasperato, che non fa che diminuire l’interesse verso
l’opera poetica. È un autore che mi sentirei
di proporre.
La scrittrice Anna Felder – rispondendo a
una domanda di Gian Paolo Giudicetti – ha
detto di non credere che la letteratura debba
avere primariamente un impegno politico
diretto. Qual è la sua opinione?
Sono d’accordo. L’artista – lo scultore, il pittore, il poeta, il drammaturgo – deve innanzitutto presentare una visione personalissima
di sé e del mondo, lasciando poi al lettore (o
fruitore) la scelta se identificarsi nel suo discorso creativo oppure se rigettarlo, se trarne
beneficio, giovamento, stimolo di riflessione,
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
180
tive di paese, locali, sostenute dagli enti di un
territorio ristretto (vedi per esempio il Centro culturale di Soazza), piuttosto che una
visione comune di realizzazione culturale
su più ampia scala. Dedicandomi al teatro e
alla scrittura di opere letterarie, ho trovato
buon sostegno ai primi passi, mentre poco
interesse ora che maggiormente ne avrei bisogno. Un artista - poeta, scrittore, scultore,
fotografo, teatrante, regista ecc. che sia -, sul
nostro territorio rimane un solitario incompreso, e per questa ragione egli deve continuamente auto-promuoversi con grande
investimento di energie (e soldi) per crearsi
una nicchia di interesse. Le autorità politiche
dovrebbero capire il valore di un artista locale che potrebbe bene rappresentare il territorio e veicolare tramite la propria arte un
riconoscimento che travalica il rendiconto
economico. L’immagine del Comune o della Valle ne guadagnerebbe certamente. Basti pensare quali eredità ha lasciato Alberto
Giacometti – in termine di immagine, e non
solo – al paesino di Stampa.
181
Ultima domanda: ha messo in cantiere un
nuovo libro? Può fare qualche anticipa­
zione?
Assieme ad un amico scultore ho pubblicato un libretto poetico di beneficenza (Pensie­
ri e nebbie, MiArte Edizioni, 2009) a favore
dei bambini bisognosi del Togo (Africa). Per
riallacciarmi al discorso di prima, ritengo
che oltre ad un impegno politico indiretto,
un artista debba anche mettersi a disposizione di coloro che non hanno voce, dei più
deboli, degli emarginati. Ho accolto di cuore
la possibilità di scrivere per beneficenza, attività che di sicuro riproporrò in futuro. Tuttora, sono in cantiere due mie nuove opere
letterarie…
Cioè?
La prima è una raccolta di racconti intitolata
Oltre il confine che vedrà la luce prossimamente. In quest’opera raccolgo una quindicina di racconti lunghi e brevi che trattano dei
più svariati temi: il contrabbando tra Mesolcina e Chiavenna, la persecuzione nazista, la
riscoperta del valore del libro e della lettura,
i viaggi della speranza, il desiderio di libertà
e di conoscenza, la spiritualità. Appena uscirà il libro, mi concentrerò sul mio secondo
grande progetto: completare e perfezionare
la mia terza raccolta poetica che prevedo di
proporre presto a una casa editrice ticinese
o italiana.
Poesia
Natal
Còma semper l’è scià.
Chi prima chi dòpu l’è in cà
miga tucc il rivesctiss
quaidùn perché iè senza radis
alter, véa i ghé na miga.
Tanti, tròp, i fa fadìga.
Un la lasòu tròp còr
còr dré ha chi ch`èn fa pissé
pissé da mét in mostra
mostra de tìnten prufùm barachìt
barachìt inùtil, gnànca d`un dì.
Dì de Natàl, Natàl senza chér.
Fredy Parolini
Società cooperativa
La Cascata di Augio
Romano Losa
Nascita della società e salvataggio
degli stabili
Il Centro ricreativo e culturale La Cascata
è nato nel 1973 da un’idea di un gruppo di
amici e di sostenitori che, visto il fascino e
la storia del vecchio edificio degli inizi del
1900, ha fondato la Società Cooperativa La
Cascata con l’intento di salvare dalla rovina
gli stabili ormai fatiscenti. L’intenzione dei
soci è stata quella di procedere a un ripristino rispettoso delle antiche costruzioni, che
permettesse la creazione di una struttura con
ristorante e alloggio, comprendente anche
spazi per manifestazioni culturali e di svago.
Grazie all’entusiasmo e alla generosità dei
soci, delle associazioni e dell’ente pubblico,
il Comitato promotore è riuscito in diverse
tappe a ripristinare tutti i locali, rispettando
l’architettura originale, specialmente nell’accogliente sala degli specchi e nelle camere
completamente foderate in legno.
Socialità e cultura
Socialità e cultura sono da subito stati i due
concetti portanti della Società La Cascata assieme a quello del recupero dell’infrastruttura. I fondatori hanno così voluto ovviare alla
mancanza di occasioni culturali e ricreative
nella Valle Calanca. L’infrastruttura alberghiera e gli stabili annessi offrono oggi una
valida soluzione per svolgere queste attività.
Il programma culturale che viene allestito di
anno in anno offre musica popolare e classica, teatro, mostre, conferenze di vario interesse e animazioni. Esso si rivolge sia agli
adulti, sia ai giovani, che purtroppo abitano
Centro “La Cascata”
(albergo-ristorante) di Augio
altrove, ma che ritornano in Calanca la fine
della settimana o nei periodi di vacanza. Il
Centro la Cascata è pure un luogo di ritrovo
e di ristoro per gli anziani della valle.
Cronologia: nascita e ultime tappe
1964-1966 All’esposizione nazionale svizzera di Losanna, nell’ambito della mostra sui
problemi della montagna, nasce il Forum Al­
pinum, gruppo di lavoro inteso a sviluppare
il dialogo tra le genti della montagna e quelle
del piano. La nuova Società Elvetica propone al Forum Alpinum la Valle Calanca quale
regione esemplare per la completa applicazione dei concetti elaborati. Con la collaborazione del Centro scolastico per le industrie
artistiche di Lugano, la scelta cade sull’albergo Cascata ad Augio, chiuso ormai dagli
anni Cinquanta. Carlo e Maria Spadino, al
loro rientro da Parigi poco prima che scoppiasse la guerra del 1914-1918, l’avevano
fatto costruire portando con sé persino i rivestimenti, le cornici e gli specchi del salone.
Il progetto di restauro ottiene a Barcellona
la medaglia d’argento a un concorso europeo
fra le scuole di architettura. Grazie ad una
donazione da parte della Federazione delle
cooperative MIGROS si offre la possibilità
di acquistare gli immobili che comprendono
il vecchio albergo e due rustici.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
182
modello di comportamento, oppure restare indifferente alla voce dell’artista. L’arte
deve passare in modo diretto ma non forzato. Se pensiamo a molte opere civili e politiche incisive, troviamo dei testi allegorici o
delle finzioni letterarie grottesche che celano
l’impegno civile, politico ed etico dell’autore. Non si tratta qui di un impegno politico
diretto. Basti pensare all’opera di Bulgakov,
Il maestro e Margherita, oppure alla Mala
ora di Gabriel Garcia Marquez. Sta al lettore
attento trarre il dovuto messaggio da queste
opere impegnate, e agire secondo la propria
sensibilità personale. L’artista è al servizio
del popolo, lo può incitare alla rivolta, ma a
mio avviso senza per forza essere roboante e
diretto nelle sue dichiarazioni.
183
Suite dal cui terrazzo si gode
a vista la cascata di Augio (foto in alto)
184
1973 In ottobre sette amici fondano la Società cooperativa La Cascata ad Augio, con
lo scopo di acquistare gli immobili che costituiscono il complesso ambientale omonimo, di sistemarli per creare e gestire un
centro di studi sulla vita economica e sociale della popolazione di montagna e per rip‑
ristinare il ritrovo ricreativo. Alla Società
aderiscono inizialmente 86 soci. Capitale
sociale: fr. 78’184.–.
2005-2006 Questo bienno è stato caratterizzato dalla prima edizione del Festival
Demenga, che ha avuto un grande successo
mediatico e di pubblico e che ha anche permesso di raccogliere ulteriori finanziamenti
per le attività culturali. Durante un’intera
settimana si sono susseguiti in Val Calanca
concerti di livello internazionale.
2007-2008 (2009) Durante questo periodo
si è cominciato a raccogliere i finanziamenti
per un rinnovo totale della pavimentazione
delle camere e dei bagni, ormai totalmente obsoleti, e per il prolungamento dell’impianto centrale di riscaldamento ai piani
delle camere. I lavori sono stati eseguiti nella
Pubblico accorso ad una serata
al centro “La Cascata” di Augio
Per info : ‹www.lacascata.ch›
primavera del 2009 con un investimento di
circa fr. 250’000.–. Abbiamo anche approfittato per dotare le camere di un impianto
satellitare e di un collegamento internet, così
da offrire un moderno confort agli ospiti.
Nel 2008, visto il successo della precedente edizione, è stato organizzato il secondo
Festival Demenga.
Le manifestazioni culturali - scopi
Cultura e svago sono stati per i fondatori del
Centro l’incentivo primario per voler iniziare
con il progetto Cascata. Le iniziative culturali
sono proposte e organizzate da un’omonima
Commissione costituita in seno al Consiglio
di Amministrazione. Semestralmente viene
pubblicato un programma di manifestazioni.
I temi spaziano nel campo socio-culturale e
comprendono espressioni artistiche di diversi
settori come concerti, rappresentazioni tea-
trali, conferenze e dibattiti; laboratori musicali, musica jazz e corsi di formazione nelle
arti visive, ecc. I nostri obiettivi sono quelli
di offrire un programma che attiri sia la gente che abita in valle, sia i turisti e gli abitanti
delle regioni limitrofe, contribuendo così a
far conoscere la Valle e il Centro Culturale.
L’infrastruttura del Centro “Cascata” di
Augio
Il Centro La Cascata è situato all’inizio di
un grande prato pianeggiante che apre una
stupenda visione su un’altissima e ruggente
cascata; tale elemento naturale rimane come
legame di fondo alle diverse possibilità e disponibilità suggerite nella trasformazione
degli edifici. Il Centro è costituito da un edificio principale adibito a ristorante albergo
La Cascata, dal rustico La Monda per riunioni, workshop, mostre, ecc., da un rustico
lato strada (da riattare, attualmente adibito
a ripostiglio), da un rustico annesso all’edificio principale (parzialmente da riattare,
attualmente adibito a ripostiglio al primo
piano e a centrale termica al piano terreno).
Il complesso fa parte di un sito di importanza nazionale e lo stabile principale, risalente
all’inizio del secolo, è un monumento molto rappresentativo dell’architettura turistica
del tempo. L’albergo dispone di una ventina
di posti letto. Le dieci accoglienti e tranquille camere sono foderate di legno e in parte
sono state decorate da artisti locali. Potrete
pranzare nella suggestiva sala degli specchi,
che può ospitare fino a cento persone. La
sala è un bell’esempio di arredamento tipico
parigino degli inizi del secolo, portato in valle dagli emigranti Calanchini di allora.
Le terrazze esterne e il grottino
Nel seminterrato è stato inserito un grottino
moderno e rustico al tempo stesso, con un
ampio camino: è il posto ideale per chi volesse cenare in un’atmosfera di intimità.
Nella bella stagione le fresche terrazze
esterne a sud e ad est dello stabile sono il
luogo ideale per un ristoro
La sala conferenze “la Monda”
La Monda è un rustico adiacente all’albergo,
adibito a seminari, giornate di studio e mostre. Al primo piano c’è una sala completamente foderata in legno che si affaccia verso
la cascata ed è arredata con flipchart, schermo, retroproiettore, tavoli combinabili. Essa
è adatta a 20-25 persone. Al piano inferiore,
invece, si può usufruire di un locale rustico
dove si possono organizzare aperitivi, coffee-break, esposizioni, colazioni di lavoro o
buffet, godendosi il panorama e il rilassante
fruscio della cascata. Si possono riservare le
sale del rustico La Monda attraverso il gerente dell’Albergo-Ristorante.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
Sala conferenze dell’albergo “La Cascata” di Augio
(foto a sinistra)
185
La Valle Calanca:
geografia, storia
popolazione e cultura
186
Qui il Moesano
Qui il Moesano
Su gentile concessione
del Centro «La Cascata»
Augio – ‹www.lacascata.ch›
Geografia
La Calanca, una valle particolarmente amena del Grigioni italiano, è caratterizzata da
una natura ancora pressoché intatta e da bellezze ambientali ed artistiche autentiche. Il
torrente Calancasca, che la percorre tutta, ha
conservato ancora la purezza e la limpidezza
di sempre. I villaggi e i piccoli agglomerati,
le loro celebri e belle chiese (tra cui quelle di
Santa Maria e di Santa Domenica), le case
borghesi e i tanti originali affreschi costituiscono una valida testimonianza di un passato
vivo ed operoso. In ambito economico sono
da menzionare le cave di granito situate ad
Arvigo. Ciononostante, la Calanca interna
è da parecchio tempo soggetta al fenomeno
dello spopolamento che sta da tempo modificando radicalmente il tessuto economico e
sociale.
Popolazione
Come appena ribadito, la Calanca non si
sottrae al fenomeno dello spopolamento:
già da parecchi anni diverse case di abitazione si presentano vuote e la vita e l’interesse
nella valle sembrano assottigliarsi sempre di
più. A parte la pratica dell’agricoltura, che a
causa dei grossissimi sacrifici necessari viene
sempre meno esercitata, gli unici impieghi (e
quindi le sole fonti economiche) che la valle
può offrire ai suoi abitanti sono la pietra, il
Laghetto Triscolmen
CENNI STORICI E CULTURALI
La preistoria
I sentieri alpini e la natura
Laghetto Calvaresch
legno e il turismo. Di conseguenza, specialmente i giovani sono obbligati a spostarsi
nelle zone urbane, dove oltre all’occupazione, possono approfittare di tutte le moderne
possibilità di svago. Questo spiega perché
la maggior parte dei residenti sia oggi composta soprattutto da persone anziane. Se da
un lato si assiste al fenomeno dello spopolamento, dall’altro vi è il crescente afflusso
di turisti alla ricerca di un luogo tranquillo e
pittoresco. Ciò favorisce i piccoli commerci
di valle e gli artigiani locali (trasformazioni
di cascine e costruzione di case di abitazione), ma ha pure un effetto negativo sui prezzi
dei terreni.
Augio (1034 msm) si trova a un quarto d’ora
dall’uscita dell’autostrada di Roveredo ed è
raggiungibile attraverso una comoda via di
comunicazione. La sua posizione geografica permette agli amanti della natura e della montagna di percorrere sentieri silenziosi
attraversando una natura incontaminata,
o ai più abili di raggiungere vette che spaziano sul versante ticinese e su quello della
Mesolcina, con un’ampia panoramica sull’arco alpino. Famosa è la “Strada alta” che
va dal San Bernardino fino a Santa Maria, su
un percorso che si mantiene al di sopra dei
2000 metri, con un susseguirsi di emozioni
stupende. Le fotografie sono state scattate su
questa via e riprendono il lago di Triscolmen
e gli ultimi lariceti prima di giungere all’accogliente capanna Buffalora.
Immaginiamoci il paesaggio della Calanca
prima del 10’000 a.C. Tutto il territorio è
ricoperto da lingue di ghiaccio che ricoprono il fondovalle. Solo le cime che superano
i 2’500 metri emergono in questo paesaggio.
Il clima è rigido e le popolazioni delle pianure a sud, nelle regioni dei Laghi, non sono
certo invogliate a colonizzare queste zona.
Verso l’8’000 a.C. il clima però si fa più mite
e secco, provoca l’innalzamento della temperatura per cui, dai ghiacci, emergono piano
piano numerose morene e accumuli di detriti
spinti a valle dalle frequenti alluvioni. Con
l’innalzamento della temperatura, i fianchi
delle montagne si ricoprono di vegetazione,
favorendo l’arrivo di tipici animali selvatici
che vivono nelle foreste. All’inseguimento di
queste animali ecco infine l’uomo che, inizialmente, caccia solo nella stagione calda
e fa ritorno a sud nella pianura più mite. Si
calcola che i primi esseri umani vissuti stabilmente nelle nostre regioni risalgano a
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
187
circa 5’000 anni a.C. (ritrovamenti nella
zona di Tec Nev a Mesocco). Le prime tracce che testimoniano la presenza dell’uomo in
Calanca sono quelle rinvenute nel 1979-80
in Castaneda Pian del Remit. Si tratta di resti di abitazioni, di metalli e di ceramica. Di
particolare importanza sono le tracce di solchi degli aratri, databili attorno al 2’500 a.C.
che attestano la presenza di una popolazione
stabile che ha imparato a coltivare il terreno.
Chiesa di Santa Maria in Calanca;
foto a destra
188
Tra il 1800 a.C. e l’800 a.C. l’uomo sta gradualmente sostituendo gli attrezzi in legno e
di osso con altri in bronzo. Anche le forme
degli attrezzi sono notevolmente più evolute.
Un’ingente quantità di oggetti risalenti all’età
del ferro (Hallstatt 800 – 450 a.C.) come fibule, orecchini, anelli, ornamenti in ambra,
sono stati ritrovati a Castaneda (1975). Questi ritrovamenti sono particolarmente interessanti, perché riflettono simbolicamente i
contatti che la gente della Calanca intratteneva con le popolazioni vicine, sia al nord
delle Alpi, sia a sud nella regione dei Laghi e
nella Pianura Padana.
Il Cristianesimo arriva da sud
Verosimilmente la Calanca, con la Mesolcina, è stata occupata dai Romani verso il 15
a.C. nel corso della campagna militare di
Ottaviano Augusto nella Rezia. In questo
tempo avvengono profonde trasformazioni.
Entrano per esempio anche le prime forme di
organizzazione sociale (vicus, pagus). L’arrivo del Cristianesimo è databile attorno al IV
secolo dopo Cristo.
La Mesolcina e la Calanca guardano
anche a nord
Con la riorganizzazione dell’Impero dei
Franchi (inventario delle terre imperiali
nell’anno 831) Carlo Magno considera la
Calanca (con la Mesolcina) come parte inte-
Qui il Moesano
Qui il Moesano
Le epoche dei metalli
grante del Ministero di Tuverasca che comprende anche la Lunganezza ed Ilanz. Da qui
parte la lunga storia di relazioni verso nord,
che passa dall’arrivo da nord della famiglia
dei de Sacco, all’entrata nella Lega Grigia di
tutto il Moesano nel 1496, all’acquisto della
libertà nel 1549, per giungere alla storia di
appartenenza ai Grigioni che continua fino
ai nostri giorni.
La lotta della Calanca per
l’autodeterminazione
La storia politico-amministrativa della Calanca è sempre stata direttamente legata a
quella della Mesolcina. A più riprese i deputati della Calanca tentarono di staccarsi dal Vicariato di Roveredo per formarne
uno a sé. Invano. Si dovette attendere fino al
1794 per ottenere il distacco completo dalla
“Valle Piana”, come si diceva allora. Da lì
in avanti la Calanca si è affrancata dal Vicariato della Bassa Mesolcina. Con l’entrata
in vigore della Legge sui Comuni a metà Ottocento la Valle ha ottenuto la propria competenza per la nomina dei propri delegati in
Gran Consiglio, dei propri magistrati e dei
propri tribunali.
Emigrazione
L’aumento della popolazione, iniziata verso
il 1500, dovuta in gran parte al miglioramento delle condizioni climatiche e al conseguente ridimensionamento delle superfici
coltivabili rispetto al fabbisogno, ha spinto
molti Calanchini verso l’emigrazione. Si trattava di un’emigrazione quasi esclusivamente
maschile che, in un primo tempo, partita in
primavera, faceva ritorno in patria nell’autunno. Per la Calanca annotiamo un’emigrazione particolare, documentata nella famosa
Cronaca di Johannes Stumpf del 1548, quella dei cosiddetti raccoglitori di resina. Nei
boschi di conifere della Germania del sud e
dell’Austria i raccoglitori di resina della Calanca prendevano in appalto intere foreste.
Nella corteccia degli alberi praticavano dei
tagli e dei canaletti che permettevano di raccogliere la resina che vi colava. Si trattava
della materia prima molto richiesta dai bottai, dai birrai, dai fabbricanti di corde e di
sapone, dai droghieri, ecc. Più tardi la Calanca ha conosciuto altre forme di emigrazione stabile che hanno spopolato la valle
e che sono durate fino all’inizio del secolo
scorso. Si trattava dell’emigrazione di imbianchini, vetrai, venditori ambulanti, ma
anche militari di professione, boscaioli, camerieri, ecc.
Cultura e monumenti
Parlare di monumenti e arte in Valle Calanca in poche righe non è affatto semplice, in
quanto lo spessore culturale sembra inversamente proporzionale all’esiguità della popolazione. La religiosità popolare, come unica
àncora di salvezza per una popolazione spesso bersagliata dalle avversità naturali, è stata la molla che ha generato monumenti e
testimonianze culturali di non poco conto.
Alcuni esempi: le due magnifiche chiese di
Santa Maria e Santa Domenica, oppure l’organo del tutto particolare nella Parrocchiale
di Augio o ancora la Cappella di Lasciallo,
frazione di Cauco, sottoposta a un recente
restauro.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
189
Immagini in contrasto
a Cauco
190
Una giornata d’inverno in Valle Calanca.
Regna il silenzio. La gran parte delle case è
abbandonata. Il Comune di Cauco è deserto. L’entrata innevata della Casa Comunale
lascia un’accesso minimo, dando un segno di
attività nascosta nell’Archivio regionale della
Calanca.
Sotto l’ombrellone davanti alla Bottega Vecchia Posta si radunano gli ospiti. Il periodo
invernale è lontano e la solitudine dimenticata. Abitanti s’incontrano, escursionisti si
fermano per un rinfresco, bambini si divertono alla fontana e gli anziani si ricordano dei
tempi più movimentati del passato.
La Casa Comunale ha un passato ricco di
tradizione. Per tanti anni ospitava gli allievi
del paese. Dopo la chiusura inevitabile della scuola, la casa venne restaurata. È rimasto
un Centro comunale con sede del Municipio
e – per alcuni anni – Ufficio postale. In seguito, il locale della posta venne trasformato
tramite un’iniziativa privata in un negozio.
La Bottega Vecchia Posta è oggi conosciuta
da più di sedici anni. Dopo la chiusura della
posta e dell’osteria del paese, il negozietto
è rimasto l’unico punto d’incontro. Da due
anni esso ospita anche un’archivio che presenta una vasta documentazione sulla Valle
Calanca.
Qualcuno passa a bere un caffè oppure un
bicchiere di vino. O se si ha bisogno dei sacchi dei rifiuti. Altri vengono per acquistare
un regalo artigianale. I turisti chiedono informazioni sulla Valle e gli escursionisti si lasciano spiegare i sentieri più attrattivi. Non
Qui il Moesano
Qui il Moesano
Sabina Spinnler
Una festa durante l’estate a Cauco (foto in alto)
Entrata innevata della Casa comunale di Cauco (foto a sinistra)
191
Incontri davanti alla Bottega Vecchia Posta di Cauco (foto in basso)
pochi visitatori sono sorpresi della possibilità
di trovare nella documentazione dell’archivio
dei chiarimenti su molti temi che riguardano
la vita calanchina d’una volta e informazioni
sullo sviluppo della comunità degli ultimi 30
anni.
Sia sotto l’ombrellone d’estate, sia al tavolino rotondo nella Bottega:
- I contrasti s’incontrano;
-
-
-
-
La vita quotidiana e il paradiso
delle vacanze;
Gli anziani con i loro ricordi, i giovani
con i loro sogni;
Una visita fugace oppure contatti
approfonditi;
Un luogo di tradizione con
un futuro incerto.
Benvenuti e a presto!
‹www.archivioregionalecalanca.ch›
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Evviva la toppa
1880-1965
Lulo Tognola
Nato a Mesocco nel 1880, ha svolto gli studi
magistrali a Coira. Maestro a Roveredo e a
Mesocco, poi commerciante e contadino nel
luogo natale, è morto nel 1965. La sua poca
produzione letteraria, versi, anche in dialetto
mesoccone, e prose, è accolta quasi tutta in
AG.
Il fiore e la nuvola
Sentimm, matonitt, chesta veggia lienda;
– Un pover fiorellin, stremit, squasi spass,
E turmentou da una seit tremenda,
Vedend, un dì, a passà un nùvel bass,
El se suleva, tut tremènd, tut stort,
E, el diss: «O, el me car nuvolin,
Aiutum! Del rest mi son bell’ e mort!
Che seit, che arsùra! O mi purin,
E meri, e meri! Damm, o nuvolin,
Una sol gotta d’acqua!» - E chel crudel:
«Andei go pressa, go pressa! Specia, nin,
Fin che torni indrè.» – E iscì bel bel.
El se la cava. Quand el torna indrè
El cerca el fior. Ma inutilment:
L’è mort; l’è mort de seit e dispiasé!
O, i me matonitt, tegnin begn a ment:
Faden la carité, ma fad’ la a temp;
Del rest, com’ al fior, al serviss a gnent!
(dialetto di Mesocco)
guarDIOne
Qui il Moesano
Qui il Moesano
192
Antonio Beer
193
Una volta era possibile. Oggi è pressoché
impossibile. Il pertugio s’è farcito di congegni complicatissimi. I buchi non sono più
quelli di una volta perché le chiavi non sono
più quelle di una volta. Bei tempi quando
le toppe erano toppe. Allora bastava buttar
l’occhio all’altezza giusta e il gioco era fatto. Stoppavi primizie indescrivibili. Il nostro
passaggio, paragonato a quello meraviglioso dell’Alice di Lewis Carroll, in aggiunta,
mostrava realtà tangibili. Ovvio l’angolo di
campo molto stretto permetteva una visione parziale. Poi, causa un occhio socchiuso, si vedeva quel che si vedeva. Polifemo
era il toppeur (alla francese fa più chic) per
eccellenza. Gli bastava appoggiare tutta la
capoccia per godersi il panorama intero, ovviamente in 3D.
Siamo stati, in un modo o nell’altro, quasi
tutti guardoni. In un bar un signore leggeva
il giornale. Come uno stoccafisso se ne stava
immobile per ore e ore. Ci si accorgeva poi
che, praticato un piccolo foro nella pagina,
sbirciava beatamente a tutto campo. Oggi si
sbircia in altri modi. È di moda la sbiriciata
elettronica. Piazzi il telefonino nel posto giusto e clikkete spari tre o quattro scatti, indisturbato. Puoi anche acquistare una penna a
sfera con incorporata una microcamera. La
privacy è andata a farsi friggere. Una volta,
quando ti beccavano a sbirciare erano guai.
Oggi non ti becca più nessuno e puoi colpire
il bersaglio inviando poi in rete il maltolto.
Sì, maltolto, perché sbirciare in questo modo
non è onesto. Attraverso la toppa, quel po’
che intravvedevi era un’esclusiva. Ora la
sbiriciatina è diventata una sbirciatona globalizzata. L’occhio del grande fratello è addirittura accompagnato da quello della sorella,
da quello della zia, da tutto il parentado insomma compreso l’occhio del trisavolo. Trisavolo rompiballe che ovviamente defunto, è
in grado, grazie alle paraboliche istallate sia
in Paradiso che all’Inferno, di sbirciare malauguratamente e spudoratamente negli affari tuoi.
Evviva la toppa, quella vera però.
Vignetta “guarDIOne”, di Lulo Tognola
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Un’alimentazione equilibrata
Come nutrirsi correttamente?
Fotocollage: Michela Costa
194
“Se fossimo in
grado di fornire a
ciascuno la giusta
dose di nutrimento
ed esercizio fisico,
né in difetto né in
eccesso, avremmo
trovato la strada per
la salute.” (Ippocrate,
padre della medicina,
460-377 a.C.)
L’equilibrio alimentare è un insieme di regole di base che riguardano: il frazionamento
dei pasti durante la giornata, l’abbinamento di alimenti in un pasto, la varietà dei cibi
sull’arco della giornata e della settimana, il
tutto secondo i propri fabbisogni energetici e nutrizionali personali (stato di salute,
attività, età, …). L’equilibrio alimentare è
importante per restare in buona forma, per
prevenire molte malattie e per rispondere ai
bisogni del nostro corpo. I pasti durante la
giornata dovrebbero essere suddivisi in colazione, spuntino, pranzo, merenda e cena.
Di norma 1 litro del nostro sangue contiene 0,5-1g di glucosio (zucchero d’uva). Questo serve alle cellule, in special modo a quelle
nervose, come fornitore di energia. La nostra
efficienza è maggiore quando la glicemia rimane possibilmente equilibrata.
Mangiando 5 piccoli pasti al giorno la
curva della glicemia passa tra il limite della
fame e il limite della sazietà. Siamo così per
tutto il giorno efficienti sia di mente che di
corpo. Mangiando soltanto 3 pasti al giorno,
magari abbondanti, la curva della glicemia
mostra delle grosse oscillazioni.
L’equilibrio giornaliero è ottenuto seguendo le indicazioni della piramide alimentare,
Qui il Moesano
Qui il Moesano
Michela Costa
ma anche quello settimanale è molto importante. Bisogna inoltre variare la scelta degli
alimenti.
La piramide alimentare mostra quali alimenti sono da consumare in maggior quantità
(nei livelli inferiori della piramide) e quali invece in minor quantità (livelli superiori). Niente è vietato. Tutti gli alimenti sono permessi e
trovano il loro giusto spazio in una sana alimentazione. Un’alimentazione sana e piacevole è il risultato di abbinamenti corretti: varietà,
equilibrio, moderazione:
Bibite: in grandi quantità durante tutta la
giornata.
Verdura e frutta: 5 al giorno in svariati
colori.
Cereali integrali e leguminose, altri cereali
e patate: ad ogni pasto principale.
Latte e latticini: a sufficienza ogni giorno.
Carne, pesce, uova, formaggio e fonti
proteiche vegetali: a sufficienza ogni giorno.
Oli, materie grasse e frutta oleaginosa:
quotidianamente con moderazione.
Dolci, spuntini salati e bibite ricche in
energia: il piacere, con parsimonia.
Movimento: giornalmente per almeno
mezz’ora.
195
Consigli per gli alimenti proteici
durante la settimana:
- Pesce, almeno due volte
-
-
-
-
-
-
-
Carne e volatili magri, almeno due volte
Fegato, una volta ogni due settimane
Uova, una o due volte
(una porzione = 2 uova)
Carne secca, una volta
Affettato grasso, al massimo una volta
Formaggio, dovrebbe sostituire carne,
pesce o uova almeno ad un pasto
Legumi secchi, almeno una volta
al posto di un altro alimento proteico.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Carboidrati: circa 55-60% del fabbisogno
calorico giornaliero.
Proteine: circa 12-15% del fcg, contro il
10-12% consigliato a chi non pratica sport.
Lipidi: circa 25-30% del fcg.
Minerali e Vitamine: secondo le
raccomandazioni LARN (livelli di
assunzione raccomandati di energia e
nutrienti). In particolare ingerire alimenti
ricchi di vitamine B1, C e E.
196
Fotocollage: Michela Costa
Alimentazione e sport
La dieta dello sportivo
Michela Costa
“Nessuno può partire
per un viaggio senza
fare rifornimento di
benzina. Allo stesso
modo, occorre fare il
pieno di carburante
prima di fare sport!”
Per lo sport non ci sono limiti di età. Lo si
può praticare in qualsiasi periodo della vita
facendo così qualcosa di efficace per la salute e il benessere. Alimentazione e sport
rappresentano due argomenti da coniugare con molta attenzione. L’errore più grave
che uno sportivo, dilettante o professionista,
può commettere, è quello di associare l’allenamento a diete ferree: il peso ideale non è
una chimera! Bisogna quindi nutrirsi correttamente per ottenere anche solo un piccolo
successo sportivo.
L’alimentazione dello sportivo non è molto diversa dall’alimentazione bilanciata di
un soggetto sedentario. La differenza riguar-
Acqua: almeno 1,5 litri al giorno, facendo
attenzione alla quantità delle perdite (sudore,…).
È importante ricordare che non esistono
alimenti particolari che migliorano la prestazione sportiva, una corretta alimentazione ti garantisce la salute anche quando
vieni sottoposto a stress fisico, l’assunzione
di integratori deve rispettare necessità effettivamente dimostrate. Non eccedere: sarebbe solo un lavoro in più per l’organismo, la
spesa calorica dipende dal tipo di sport che
si pratica, dall’intensità e dalla durata delle
prestazioni. Esistono grandi differenze tra le
attività sportive in termini di dispendio energetico.
Le discipline sportive di forza o di picco
(anaerobico) richiedono una forza esplosiva
concentrata in un tempo inferiore al minuto: sollevamento pesi, lancio del disco, salto
in lungo o in alto, body building, … Vengono usate soprattutto le fibre muscolari corte
(bianche). Per sforzi di breve durata fino a
ca. 60 secondi, per la produzione di ATP viene utilizzato dapprima il fosfato di creatina,
poi il glicogeno. Tutto questo senza la partecipazione dell’ossigeno.
Durante gli sport di resistenza (aerobico:
maratona, marcia, podismo, sci di fondo,
nuoto, ciclismo,…) vengono sfruttate le fibre
muscolari rosse (o cosiddette lente). Per sforzi prolungati, l’utilizzo di ATP permette la
combustione di glicogeno e acidi grassi con
ossigeno. La messa a disposizione di energia
avviene però molto più lentamente e reagisce a un improvviso maggior fabbisogno di
energia. All’inizio dello sforzo vengono bruciate dapprima le scorte di ATP disponibili
nelle cellule muscolari, poi il glicogeno presente nei muscoli e nel fegato e il glucosio
presente nel sangue. Dopo ca. 15-20 minuti
il metabolismo dei grassi è così incrementato che può coprire circa la metà dell’energia
necessaria. In caso di minore intensità, con
una crescente durata dello sforzo, può esserne mobilitata una parte maggiore traendola
dal grasso intramuscolare. In caso di sforzo
ridotto la parte di glucosio e di glicogeno per
la produzione di energia è solo del 20%, e
quella di grasso dell’80%, per qui le riserve
di glicogeno vengono risparmiate.
Esistono poi gli sport misti, che abbinano
le due caratteristiche: calcio, basket, pallavolo, ippica, arti marziali, boxe, ginnastica,
vela, tennis, …
Le persone mediamente allenate coprono gli
sforzi di media intensità attingendo per circa la metà ai grassi. Solo gli ottimi sportivi
resistenti possono ancora utilizzare i grassi come principali fornitori anche in caso
di sforzi elevati. Per tutti gli altri, in caso di
prestazioni di grande intensità viene attivata
la combustione di glicogeno per la produzione di ATP.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
da principalmente la quantità di calorie che
deve essere introdotta giornalmente per soddisfare l’aumento del lavoro muscolare.
Ogni sforzo fisico è legato al lavoro della muscolatura. I nostri muscoli consumano
energia e richiedono quote elevate di ossigeno e di nutrienti. L’ATP deve essere rigenerato in continuazione. Il fabbisogno calorico
di uno sportivo può variare dalle 2’000 alle
5’000 Kcal al giorno a seconda del sesso,
dell’età, del peso, dell’intensità e durata dello
sforzo sostenuto, come pure dalla temperatura e dall’altitudine. Consumando più alimenti aumenta anche la quantità di sali minerali
e vitamine introdotti; spesso, quindi, è inutile ricorrere a integratori, basta solo rispettare la giusta ripartizione tra i nutrienti. Nel
caso specifico:
197
Durante gli allenamenti si consiglia una dieta di 3’000 Kcal: carboidrati 60% - grassi 26,5% - proteine 13,5%. E’ importante
non modificare bruscamente la dieta quando
si comincia un periodo di allenamento, ma
adattarla progressivamente ai bisogni nutrizionali in modo da mantenere sempre lo
stesso equilibrio qualitativo.
Esercizi e allenamenti quotidiani troppo faticosi possono impoverire i depositi di glicogeno dello sportivo e determinare uno stato
di fatica. Per questo motivo, è bene che ci siano delle fasi di riposo durante l’allenamento.
Nei giorni precedenti a una gara di lunga
durata, è necessario aumentare al massimo la
riserva di glicogeno, per evitare di incorrere
in spiacevoli abbandoni. Si aumenta perciò
l’apporto calorico proveniente dai carboi-
drati fino al 75% (normalmente 50-55%), la
sera precedente la gara. Alcuni dati indicano che un digiuno di 6-12 ore, può portare ad una precoce diminuzione della scorta
di glicogeno muscolare. Si consiglia quindi,
nelle 6 ore precedenti alla gara, di assumere un pasto leggero (senza grassi) che includa
70-100g di carboidrati. L’ideale sarebbe consumare l’ultimo pasto 3-4 ore prima della
gara.
Durante le competizioni è utile ricordare che
la percentuale di carboidrati, provenienti dal
glicogeno muscolare, diminuisce progressivamente e si annulla praticamente intorno alle 4 ore; la diminuzione è compensata
da un progressivo aumento del glucosio che
proviene dal glicogeno contenuto nel fegato.
Per evitare un impoverimento di glicogeno e
quindi un abbassamento della glicemia, è necessario assicurare all’organismo un apporto
continuo di carboidrati. Si consiglia l’assunzione di 30-60g all’ora di quest’ultimi ad
assorbimento rapido, contenuti in bevande.
Non è indicato il fruttosio; questo deve essere infatti prima convertito in glucosio per
essere assorbito e quindi il tempo di assimilazione e di arrivo ai muscoli è circa cinque
volte più lungo.
Pure importante è l’apporto di sale; 2-4g
è la dose indicata per costruire una buona
riserva di cloruro di sodio, utile per il metabolismo idrominerale e per la contrazione
muscolare nel corso della prova.
Un apporto elevato di acqua permetterà al
corpo una temperatura costante e un’eliminazione più rapida delle tossine della fatica.
Capra sui monti di Dro Bas,
sopra San Vittore
Come valorizzare
il prodotto caprino
in Mesolcina e Calanca?
Progetti in fase di realizzazione
in Calanca e a Roveredo
Lino Succetti
La capra, il primo animale addomesticato dall’uomo più di 10 mila anni fa, ruminante rinomato per la sua caparbietà, ma
anche per la sua intelligenza, è stata al centro di una serata informativa organizzata a
Grono dalla Società agricola del Moesano:
‹www.agrimoesa.ch›.
Davanti a un attento pubblico di una quarantina di allevatori (erano presenti anche
diversi giovani) si è parlato di produzione e
smercio collettivo di prodotti caprini a livello regionale.
Dopo una breve introduzione da parte del
dott. vet. Jürg Eitel, presidente della Società
Agricola del Moesano, c’è stata la relazione in tedesco (con traduzione simultanea)
sul tema Produzione e vendita professio­
nale di prodotti caprini dell’organizzazio­
ne Ziegenfreunde.ch nel canton San Gallo.
L’interessante progetto in corso dal 2004,
che permette di organizzare sempre meglio
la produzione e lo smercio dei prodotti caprini su tutto l’arco dell’anno, è stato presentato da Sven Baumgartner, responsabile
dell’associazione Amici delle capre ch, consulente agricolo e docente alla Scuola agraria
Rheinhof di Salez.
Al termine della relazione, ci si è chiesti se
quanto fatto a San Gallo potrebbe presentare una possibilità per le valli Mesolcina e
Calanca. La risposta l’ha in pratica data con
la seconda relazione della serata Dorothea
Rigonalli con la presentazione di un progetto in fase di elaborazione tramite l’UAFG
(Ufficio federale per l’agricoltura) per un caseificio collettivo e dimostrativo in Val Calanca. Il progetto, ha sottolineato Rigonalli,
parte dalla base e vuole coinvolgere tutti gli
interessati. Già superata la prima fase con la
firma del contratto preliminare, con la consulenza tecnica di Roger Hertzfeld, il progetto è stato inoltrato per l’approvazione
definitiva dell’UAFG. Un’analoga procedura
è pure in corso a Roveredo.
Con circa 1’200 capre (sono per ora però
meno della metà quelle munte regolarmente) suddivise fra una sessantina di allevatori, con un’accorta organizzazione dovrebbe
essere possibile valorizzare in Mesolcina e
Calanca l’allevamento caprino e lo smercio
dei relativi prodotti del latte e i suoi derivati,
oltre alla vendita delle carni.
Il progetto caseificio dovrebbe permettere
un allevamento a ciclo produttivo completo, secondo la filiera produttiva: animale-alimentazione-latte-trasformazione casearia. Il
punto di maggior rinomanza, oltre alla carne, consiste infatti nella produzione e nella
trasformazione casearia, molto ricercata anche al sud delle Alpi.
Maggiori informazioni e aggiornamenti
sul progetto caprino in Mesolcina e Calanca
si trovano sul sito internet della Società agricola del Moesano: ‹www.agrimoesa.ch›.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
198
La dieta dello sportivo deve essere variata, sana e sufficiente. Per chi pratica sport di
picco la dieta deve contenere il 50% di carboidrati, il 25% di grassi e il 25% di proteine. La dieta dello sportivo che pratica sport
di resistenza invece deve contenere il 60%
di carboidrati, il 25% di grassi e il 15% di
proteine. Durante uno sforzo prolungato (in
particolare d’estate) bisogna bere regolarmente per evitare disidratazione ed eccessivo
aumento della temperatura corporea. Generalmente si evitano i pasti abbondanti, per
non affaticare l’apparato digerente ed evitare i cuscinetti adiposi spinti dai mini-digiuni
quotidiani. Lo sportivo farà di regola 3 pasti principali e 2 piccoli pasti intermedi, ed
eviterà di consumare troppo tardi il pasto
serale.
199
re, tenendo conto che, parlando di salute,
esistono dei fattori modificabili e altri non
modificabili. Questa distinzione è importante dal punto di vista della concezione per la
pianificazione degli interventi: i fattori non
modificabili sono l’età, il sesso, il contesto
culturale; i fattori modificabili sono invece
quelli specifici che riguardano la personalità,
tipo la motivazione, i valori, la concezione
personale. A livello svizzero dunque, come a
livello mondiale, si tende a creare i presupposti ideali per invogliare la popolazione a
prendere a carico, nel limite del possibile, il
proprio benessere, senza dimenticare i settori
politico ed economico, importanti soprattutto a livello di infrastrutture e sostegno ai diversi enti attivi sul territorio.
Qui il Moesano
Emilia Tonolla
200
Ho davanti a me alcune riviste e osservo dei
titoli: su un quotidiano Tendenze, movimen­
to e alimentazione, sul settimanale I benefi­
ci di una vita in movimento, su un mensile:
Movimento e relax nella natura… Tutti ne
parlano, tutti dovrebbero essere al corrente,
nessuno dalle nostre parti può pretendere di
non aver mai sentito parlare dei benefici del
movimento sulla salute. Dunque, attualmente, decidere di informarsi e di fare qualcosa
per migliorare il proprio benessere dipende
dalle scelte personali di ognuno di noi.
Non è sempre stato così. Senza tornare indietro di molti anni, la lezione di ginnastica
nelle scuole veniva impartita solo ai maschi
ed era di tipo militaresco. Il movimento era
sinonimo di lavoro, di fatica. Lo sport era inteso come passatempo per pochi fortunati.
Già all’inizio del secolo scorso però alcune
persone toccate personalmente dalla malattia
o dall’impossibilità di muoversi liberamente
(perché imprigionate o parzialmente paralizzate) si resero conto di quanto un costante
e attento lavoro sul proprio corpo portasse
dei benefici. Alcune di loro misero a punto
delle vere tecniche di riabilitazione e di buon
mantenimento dell’uso corporeo. Dato che
la parola ginnastica implicava un esercizio di
tipo atletico, venne coniata un’altra parola:
Anti-ginnastica, a significare la differenza di
approccio all’educazione fisica. Ora si parla
piuttosto di movimento salutare.
Lo studio sistematico sulla reale importanza
del movimento e dell’alimentazione sulla salute è iniziato più tardi. Solo alla presentazione ufficiale di alcuni importanti studi sulle
cause determinanti un sano invecchiamento
e sugli effetti che l’esercizio fisico e l’alimen-
Un’uscita sugli sci di fondo
tazione hanno sul corpo, i responsabili della
salute pubblica hanno iniziato una campagna di informazione.
Nel 1996 su una rivista scientifica di tutto
rispetto apparve un articolo, Surgeon Gene­
ral’s Report on Physical Activity and Health
(Rapporto sull’attività fisica e la salute), attirò una grande attenzione, che rimane tuttora incontestata, sull’importanza dell’attività
fisica. Da allora a livello mondiale vengono
formulate delle strategie, anche da parte della stessa OMS (Organizzazione Mondiale
per la Salute), per promuovere la salute pubblica con delle campagne volte ad invogliare
sempre più persone ad occuparsi attivamente
della loro sanità.
L’evoluzione in Svizzera iniziò nel 1995,
dopo una conferenza tenutasi a Macolin, che
si appropriò del soggetto a livello nazionale ed iniziò ad elaborarne il contenuto. Nel
1999 incominciò ufficialmente la collaborazione fra diversi enti con l’intento di incrementare il numero di persone fisicamente
attive nel nostro Paese e spiegarne l’importanza. Il sito ‹www.hepa.ch› è, per così dire,
l’organo ufficiale degli enti responsabili, e
cioè l’Ufficio federale della salute pubblica,
l’Ufficio prevenzione infortuni, Promozione Salute Svizzera e l’Ufficio federale dello
sport. Alla luce delle conoscenze attuali ci
si è resi conto che il costo della sedentarietà è altissimo, si parla di miliardi di franchi.
Una tendenza che si può e si vuole inverti-
Quanto detto sin qui attira in modo succinto
l’attenzione sul fatto dell’importanza globale
della salute pubblica. In questi anni dove i
costi della salute sono saliti alle stelle, tenendo conto dei risultati incontestati di numerose ricerche scientifiche, si dovrebbe poter
incrementare di molto il sostegno alla promozione della salute (o prevenzione della
malattia). Qualcosa si muove, lentamente,
ma si muove. Cambiare abitudini e modi di
pensare non è facile. Bisogna sperare che le
numerose informazioni e raccomandazioni
fornite da associazioni, enti, media, persone
attive nel settore del movimento e personale sanitario riescano a smuovere le masse.
Da un paio di anni si è proceduto a creare
l’EPA, Sport per gli adulti svizzera, per dare
continuità al movimento Gioventù e Sport;
fa da cappello ai diversi gruppi che in Svizzera si occupano di sport e movimento nell’età
adulta, con degli intenti e una ricerca della
qualità dell’insegnamento comuni.
Il fattore più importante, quello che dovrebbe fare la differenza negli anni a venire, è
rappresentato dalle conoscenze e dalla consapevolezza di ognuno di noi. Leggere, ascoltare, informarsi: tante persone sono già a
contatto con questa realtà; ancora ben poche
invece sono quelle che decidono veramente
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Sport, movimento e salute
201
202
Gli insegnamenti che dobbiamo trarre dagli
studi realizzati sin qui e dalle miriadi di risultati ottenuti si risolvono in fondo in pochi
punti elementari, di base. Il movimento per il
benessere non è un’attività sportiva, ma un
modo di vivere. Per poter esercitare una qualunque attività sportiva bisogna preparare il
corpo (e questo a qualsiasi età, indipendentemente se negli anni precedenti si è magari fatto parte molto attivamente di qualche
gruppo o si è stati dei campioni). Per essere
in grado di camminare, correre, sciare, pedalare, lavorare, con scioltezza, ricavandone
piacere e non solo fatica, bisogna allenare il
proprio corpo e mantenerlo forte ed elastico in modo da poterlo usare correttamente.
La frase «Faccio abbastanza movimento sul
lavoro!» non ha senso. L’allenamento del
proprio corpo presuppone un lavoro mirato, che dia elasticità e forza a tutti i musco-
li e che porti l’intero organismo ad attivarsi
armoniosamente. Neppure il camminare
rende più forti, anche se, facendolo con una
certa intensità, è un ottimo esercizio per il
cuore.
Mi occupo di educazione fisica per gli adulti
da anni. Ho osservato tante persone all’opera ed ho notato dei risultati a volte addirittura incredibili. Un fatto appurato è che la
maggior parte delle persone rallenta con
l’avanzare dell’età: fra i trentacinque e gli ottant’anni perde circa un terzo della propria
massa muscolare. È vero dunque che l’invecchiare gioca un ruolo importante nella diminuzione della vitalità, ma il fattore che più
influisce è l’inattività (i muscoli sono fatti
per essere usati, quando non lo sono a sufficienza deperiscono), e ciò è qualcosa che si
può cambiare. Anni fa si riteneva che la perdita di muscolatura e di forza fosse inevitabile e che non si potesse reintegrare. I risultati
degli studi degli ultimi anni hanno demolito i
miti sull’invecchiamento. A qualsiasi età e in
Qui il Moesano
Qui il Moesano
di mettere in pratica quanto appreso. Eppure
certe volte basta un po’ di buona volontà per
invertire delle situazioni precarie.
Una sana camminata nei boschi
Corso di Acquagym in piscina
qualsiasi condizione si possono ottenere dei
miglioramenti. Ci vuole di preferenza l’assistenza di una persona preparata, che aiuti
a iniziare ad un livello sicuro e a progredire
gradualmente con l’aumento della flessibilità e della forza, ci vuole poi costanza (forse
l’ingrediente che costa più fatica, il più duro
da digerire!) e concentrazione. Non lasciarsi scoraggiare e perseverare sono gli ingredienti che permettono a ognuno di prendere
in mano le redini del proprio benessere, per
bloccare la perdita di massa muscolare e
anche ossea, per migliorare l’equilibrio,
per migliorare la flessibilità, per aumentare
l’energia, per controllare il peso, rinvigorirsi
e sentirsi in forma.
Vivere fino a tarda età con un cuore sano ma
un corpo troppo debole e rigido o con un fisico elastico ma un cuore troppo fragile per
essere indipendenti, sembra quasi una beffa.
Riflettiamo, prendiamo coscienza delle nostre
possibilità, facciamo delle scelte e buttiamoci, ricordandoci che i benefici si perderebbero in fretta qualora il movimento giusto nella
nostra vita non diventasse un’abitudine.
Riassumendo, ricordiamoci che non è mai
troppo tardi per iniziare un’attività, che a
qualsiasi età si può avere degli effetti reversibili importanti; man mano che l’età avanza bisogna aumentare il movimento (quello
salutare) e non diminuirlo, e la costanza è
d’obbligo, non bisogna porsi degli obiettivi
esagerati ma trovare un buon motivo per allenarsi (e che cosa c’è di meglio che la salute?); bisogna bandire la sfiducia nelle proprie
possibilità: l’unica pillola anti-invecchiamento conosciuta sino ad oggi è l’attività fisica
salutare!
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
203
Su e giù
nelle Valli Mesolcina
e Calanca
45 itinerari pedestri di Sandro Tamò
pubblicati nella Collana Guide
escursionistiche dalla Salvioni Edizioni
204
Una poesia da bruciare
Racconto breve
Gerry Mottis
«Che cos’è?», chiese Eva col fiato spezzato.
«Una poesia», rispose Damian.
«Sei impazzito? Bruciala subito! Gli Incendiari saranno qui a minuti…»
«Non la distruggerò mai…» dichiarò l’uomo. «Questo è l’ultimo cimelio della
nostra specie… Incenerito questo pezzo di carta, ci ridurremmo a creature della notte, a
bestie che si affidano solo all’istinto…»
«Che cosa dice la poesia?», chiese Eva, socchiudendo gli occhi.
«Parla di mondi lontani, narra di storie di uomini coraggiosi, racconta d’amore, di spiagge
al sole, di aromi di bosco. Parla di tutto. Parla di quello che eravamo un tempo lontano.»
«Leggimela, ti prego», lo incitò Eva «prima che sia troppo tardi…»
Damian dispiegò con cura una pagina gualcita. La carta vibrò nel dispiegarsi, con rumore
secco, liberando l’odore del tempo. Damian lesse, sottovoce, solenne, lento. La donna
sprofondò nelle parole, nei suoni di un passato che si faceva colore, musica, odore, aroma;
vide castelli fatati dentro foreste verdeggianti, spiagge ambrate battute dal moto ondoso
e salmastro, paladini agguerriti e fieri in volto, dame lussuose di corte, amori e intrighi
d’amanti pronti a tutto. E proprio mentre navigava per quei mondi incantati, Eva percepì
d’improvviso nelle narici l’acre odore della persecuzione.
«Hanno dato fuoco al palazzo!», gridò terrorizzata.
«Non riuscirete mai a distruggerla!» gridò Damian. «Questo seme rinascerà a nuova
vita…». Così disse, prima di ripiegare con cautela il foglietto e infilarselo in una tasca
segreta dentro una scarpa. Infine, sguainò un pugnale.
«Se vorrai avere salva la pelle, non staccarti mai da me…» disse Damian con uno strano
fuoco negli occhi, prima di lanciarsi giù per la rampa delle scale.
Il volume consente
di identificare con
una descrizione
aggiornata
(dislivello, sviluppo,
difficoltà, punti di
ristoro) tutti i 45
percorsi composti da
gite sul fondovalle,
escursioni sui
fianchi e nelle
vallate laterali,
attraverso alpi e
valichi, compresi
tre sconfinamenti
transfrontalieri da
Pian San Giacomo
a Isola attraverso il
Passo del Balnisch,
da Soazza a Gordona
lungo l’antica
mulattiera della
Forcola e dalla
Val Cama in Val
Bodengo attraverso
la Bocchetta del
Notar. Completano
la pubblicazione una
chiara cartografia
curata dal grafico
Lulo Tognola e quasi
300 significative
fotografie quasi
tutte scattate
dall’autore lungo gli
itinerari proposti.
Mi piace commentare questa presentazione
del volume ricordando lo stile letterario leggero, squisitamente semplice ed immediato,
adeguato all’argomento e l’amore dell’autore
per il camminare per i sentieri pedestri delle
valli Mesolcina e Calanca, godendo di panorami e di vedute che, senza dubbio, possono
definirsi di rara bellezza. Immagino pure l’autore, da buon intenditore, concludere alcune
sue passeggiate di fronte ad un buon bicchier
di vino, seduto con i compagni di viaggio ad
un tavolino in qualche cantina, ristorantino
o grotto che gli capita di trovare lungo la
strada. Tamò ha dedicato uno splendido volumetto a queste sue scarpinate, nel quale si
sofferma sui 45 percorsi, facendoci apprezzare le cose semplici e belle della vita.
Qui il Moesano
Qui il Moesano
Lino Succetti
Perché, per esplorare una regione, essa
appare in tutto il suo reale splendore solo
se la si transita a piedi, per quanto questo
possa apparire a prima vista scomodo a chi
è solo abituato alla comodità dei vari mezzi di trasporto moderni. Certo, andarsene a
piedi per sentieri in salita che in alcuni tratti s’inerpicano assai, vigneti, boschi, lungo
viottoli sterrati richiede un po’ di fatica; ma,
il compenso che si riceve in cambio di questo
sforzo fisico è senza prezzo; si gode di visioni
uniche, che lasciano con il fiato sospeso, immersi in atmosfere e inquadrature imperdibili, specie quando lo sguardo se ne va verso le
cime che si incontrano con il cielo.
Le descrizioni di Tamò costruiscono una
poetica delle cose semplici, quotidiane, che
si possono vivere in una camminata a piedi,
visioni che sapranno incantare tanti viaggiatori indigeni e forestieri che si troveranno a
transitare dalle parti descritte nei vari itinerari proposti. Tamò ci racconta, nelle frasi
appuntate nelle pagine di questo suo diarioguida di viaggio, informazioni sul presente e
ci dà anche una lettura che ci aiuta a decifrare i segni rimasti sul territorio come testimonianze del tempo passato.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
205
Devis Bruni
Qui il Moesano
Premessa
206
Negli ultimi anni l’istruzione scolastica è
mutata e sta ancora cambiando in modo importante. Ne consegue che anche le strutture
adibite all’insegnamento devono venir adattate alle nuove esigenze.
Alcuni Comuni della nostra regione stanno investendo molte risorse per migliorare
gli edifici scolastici esistenti, in alcune occasioni con interventi radicali, come nel caso
del Comune di Grono. Nel paese della Bassa Mesolcina sta sorgendo un nuovo edificio scolastico, il quale accoglierà la scuola
dell’infanzia e la scuola elementare del Comune.
Le fasi che hanno caratterizzato la nascita di questa nuova scuola ripercorrono le seguenti tappe.
Concorso
Nel mese di novembre del 2006 veniva pubblicato il concorso di architettura per la progettazione di un nuovo edificio scolastico, da
ubicare sulla particella no. 600 al centro del
paese, area utilizzata sino a quel momento
quale parcheggio pubblico. Ne risultò vincitrice la proposta dell’architetto Raphael Zuber di Coira.
La scelta di un progetto richiede un’attenta
valutazione di molti aspetti. L’impatto e l’inserimento in un contesto urbano esistente, la
funzionalità e l’usabilità, i materiali proposti
e la sostenibilità economica ed ecologica dello stesso. Dopo l’approvazione da parte delle
autorità e della popolazione, si poté iniziare
la seconda fase: la progettazione definitiva e
la preparazione dei lavori.
Inizio dei lavori
Con la cerimonia ufficiale della prima picconata, avvenuta nel febbraio 2009, iniziarono
i lavori di costruzione del nuovo edificio scolastico, con l’auspicio di terminarli per l’inizio del 2011. I lavori sono tuttora in corso,
ma cosa si sta costruendo? Quali sono le caratteristiche che hanno indotto una giuria a
scegliere e premiare questo progetto?
Il progetto
L’inserimento urbanistico vuole riprendere le
costruzioni tipiche della regione. L’edificio si
trova cioè in un giardino circondato da uno
spazio esterno fungente da piazza. La nuova
scuola si sviluppa su 4 piani, e presenta una
geometria simile al cubo. Ad ogni livello troviamo attività diverse.
Il sottosuolo è adibito alle attività più moleste e che non necessitano di luce naturale,
come locali tecnici, magazzini e archivi. Trova posto però anche l’aula per i lavori manuali, dove si utilizzano utensili ad attrezzi
rumorosi, quali trapani, seghetti ecc. In questo ampio spazio viene portata la luce naturale tramite un grande pozzo.
Al piano terreno sono progettate 2 aule
gemelle per la scuola dell’infanzia, dove i
bambini troveranno ampi spazi per il gioco
e l’istruzione. Le piante delle 2 classi denotano una geometria irregolare, dove vengono
svolte le diversificate attività dell’asilo. Oltre
alle aule trova posto anche la mensa adiacente ad una piccola cucina.
A questo piano si ha accesso diretto al verde giardino esterno, che si sviluppa come un
piccolo anfiteatro naturale. In quest’area erbosa i bambini più piccoli troveranno ampio
spazio per i giochi all’aperto.
Salendo di un livello, ci si trova in uno spazio
che accoglie le funzioni pubbliche della scuola. Dai piazzali esterni a nord-ovest si apre
un imponente ponte che conduce all’entrata
principale della struttura, indicando chiaramente il percorso da seguire.
Qui il Moesano
Il nuovo edificio scolastico
di Grono, modernità e
funzionalità a favore
dell’insegnamento
207
Maestranze e manovalanza all’opera
Una volta entrati, ci si trova in un ampio
spazio di disimpegno, che conduce alle varie aule con funzioni semi-pubbliche. Infatti, a questo piano sono state pensate l’aula
magna, che accoglierà anche manifestazioni
extra-scolastiche, una piccola biblioteca pubblica, l’aula docenti e l’aula multimediale.
Questo livello ha quindi la funzione di
fungere da filtro e da spazio comunitario tra
gli allievi della scuola dell’infanzia e della
scuola elementare.
All’ultimo piano troviamo le 4 aule principali. In ognuna di esse verranno impartite le
lezioni a due classi distinte. Inoltre, trovano
posto anche due aule per le attività speciali, quali lavori manuali poco molesti e lavori
tessili.
I collegamenti verticali sono garantiti da
un’ampia scala semicircolare e da un lift, il
quale garantisce l’usabilità totale dell’edificio
anche a persone con difficoltà motorie.
La struttura
La struttura portante progettata può risultare a prima vista inusuale. In realtà le forme
geometriche seguono in modo naturale le
esigenze statiche, utilizzando il calcestruzzo
armato solo dove necessario per scaricare le
forze alle fondamenta. Questa particolare
ossatura è stata voluta per rendere il più flessibile possibile l’utilizzo dello stabile, sia ora
che in un futuro.
Tutte le pareti interne non hanno funzione portante, di conseguenza possono essere
rimosse senza che la struttura subisca danni
statici. Questo aspetto rende possibile qualsiasi cambiamento di utilizzo che dovesse rendersi necessario nei prossimi decenni.
Inoltre, la scuola è già stata predisposta per
un’eventuale possibile sopraelevazione, senza che si debba intervenire con costosi lavori
di consolidamento.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Leggende Moesane
208
Vista dall’interno di uno dei locali al pianterreno
Conclusioni
Nel momento che vengono narrati i fatti, l’edificio è ancora in piena
realizzazione. A breve inizieranno i lavori di finitura interna e sempre
di più si potrà intravedere il risultato finale.
I bambini potranno iniziare a utilizzare la nuova struttura nel corso
del 2011, e solo il loro giudizio potrà dire se le volontà progettuali
sono state concepite in modo corretto.
Lavori di costruzione del nuovo edificio scolastico a Grono
Nell’ambito
dell’annuale
settimana a progetto
(una settimana
tematica condotta
dai docenti di
classe e realizzata
dalle varie classi
di riferimento),
gli allievi della 3a
classe PLTI e PLGR
di Roveredo hanno
deciso di sviluppare
il tema inerente
“Leggende e storie
del Moesano”
tramite l’intervista
di una decina di
persone (uomini,
donne e anziani)
delle due valli, con lo
scopo di repertoriare
l’insieme di leggende
che si tramandano
oralmente di
generazione in
generazione. La
consapevolezza
dell’importanza della
salvaguardia del
nostro patrimonio
culturale e popolare
del Moesano è
così stata alla base
del loro progetto
settimanale. I
ragazzi delle due
classi preliceali
si sono cimentati
con un lavoro che
ha seguito varie
tappe: introduzione
teorica alla tecnica
di intervista,
introduzione teorica
all’utilizzo degli
strumenti didattici
(registratore,
computer,
trascrizione dialettale
e in lingua ecc.),
teoria e pratica di
rielaborazione del
linguaggio parlato
(informale) in
scritto (formale). Il
progetto ha avuto il
pregio di avvicinare
due generazioni
con l’intento di
approfittare della
“saggezza” degli uni
per istruire i secondi;
due mondi spesso
ritenuti distanti e
non compatibili.
Con questo progetto
si è dimostrato il
contrario. Qui di
seguito, alcune
riduzioni delle
leggende raccolte…
Nota introduttiva
del docente di
classe, G. Mottis
Il morto e le mele
In una casa viveva una famiglia con la nonna, le zie e gli zii non sposati. Questa gente
dava una mano a zappare i campi o a fare
le pulizie in casa. In quel periodo si stava
tagliando la legna per l’inverno. Un giorno
però, il nonno e lo zio si ammalarono. La famiglia non sapeva da quale male fossero stati
colpiti e così chiamarono il dottore e il prete.
Il dottore, avendoli già curati in precedenza,
non seppe più come aiutarli.
Accadde che una notte si aggravarono. I
due peggiorarono sempre di più, e così tutti
si rassegnarono all’idea che sarebbero morti.
All’alba la zia, che era colei che prendeva tutte le decisioni in casa, mandò il fratello dal
falegname per ordinare due bare. Passò qualche giorno e lo zio incominciò a ristabilirsi,
ma il nonno, non ce la fece e morì. Le donne
prepararono il caro defunto con gli abiti da
sposo. In quel momento arrivò anche l’usciere comunale e disse che il camposanto era
inagibile a causa della nevicata e il terreno
troppo duro da scavare. Allora queste povere persone non seppero più cosa fare, ma alla
zia Menga venne un’idea: propose di mettere il morto in solaio e di lasciarlo lì fino alla
fine dell’inverno. Rimase però una bara vuota. Pensarono allora di riempirla di mele. Lo
fecero e portarono anch’essa in solaio. Passò
l’inverno, il terreno si scongelò e si fecero i
funerali al povero nonno. In primavera, le
donne iniziarono le pulizie. La casa doveva
essere linda e profumata, ma la Menga sentì
uno strano odore. Improvvisamente si ricordò delle mele nella bara. Mentre gli altri erano nei campi, lei salì in solaio e aprì la cassa.
Se la Menga non rimase paralizzata, fu già
qualcosa. Infatti, nella cassa c’era il nonno!
Allarmata, si precipitò alla finestra e invocò aiuto a squarciagola. Tutti preoccupati,
accorsero a casa e salirono affannosamente
in solaio. Lì trovarono la nonna svenuta accanto al morto. Fu in seguito che si accorsero dello scambio. Avevano fatto il funerale
alle mele! Così alla fine chiamarono ancora
il prete per il povero morto e il medico per la
povera Menga. (Mattia Cereghetti)
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
Una ricerca degli allievi di 3a classe
PLTI di Roveredo
209
210
Pare che nel lontano 1600, un ometto si trovasse sui monti sopra Roveredo. Una mattina
molto presto, alle prime luci dell’alba, venne
a valle per recarsi al lavoro. Era una mattina piuttosto fredda e umida. Questo ometto
si incamminò nei boschi. Ad un certo punto,
intravide una figura avvolta in un mantello
nero. Scorgendo questa figura, gli vennero i
brividi lungo la schiena. Allora pensò: «Cosa
cribbio l’è chesto chi?»
La figura si fermò e chiese all’ometto dove
fosse diretto. L’ometto gli rispose che stava
andando a valle, perché iniziava a lavorare presto. L’uomo guardò dritto negli occhi
l’ometto e gli disse: «Ti adess te vé avanti per
el to camin, qualsiasi rumor che te sent dré
ai to spall, tet gira miga a guardà cosa sucet.
Ti te ghé un goss nel col!»
L’ometto si toccò il collo per constatare.
Era vero! Aveva proprio un enorme gozzo.
La figura allora gli disse:
«Se tet gira miga a curiosà, quant te riverà
giù a Rorè el to goss el sarà sparit! Se invece
tet gira a guardà cosa sucet, tet ritroverà con
sett goss!»
L’ometto, tutto impaurito, corse a tutta
velocità attraverso il bosco, per fuggire e
continuava a toccarsi il gozzo, terrorizzato.
Arrivato a Roveredo, il gozzo era sparito nel
nulla. Allora, tutto felice, andò nel paese a
raccontare il fatto che gli era accaduto. Una
signora che aveva anche lei il gozzo, quando
ebbe sentito la storia volle provare anche lei.
Così decise di andare nei boschi. Quando arrivò la sera si incamminò, sperando di incontrare l’uomo in nero. Verso l’alba, intravide
la figura misteriosa e decise di andargli incontro. L’uomo in nero le disse: «Se ti adess
te pasa giù per la to strada, tet gira miga a
vede cosa ac sucet dré ai to spall, te vedré
che quant te sé a Rorè el to goss el sarà sparit! Però rigordet che sé te fé la curiosa, la
ten spunta fora sett!»
La povera donna, mentre si incamminava
a valle, sentì degli strani rumori dietro di sè.
La curiosità fu troppo forte e lei non riuscì a
non girarsi a curiosare. Infatti, quando arrivò a Roveredo, si ritrovò con sette gozzi.
Nessuno seppe mai cosa aveva visto la povera donna…
(Anna Regusci e Stefano Capelli)
L’alpe di Mem
Mem è un alpe che è stato tramandato dal
1344. Questa è una storia fatta dal Comun
Grande (San Vittore e Roveredo). Quelli della Calanca hanno sempre detto che noi abbiamo rubato questo Alpe, invece si tratta di
un accordo tra i De Sacco che è stato trasferito su nel Comun Grande, nella Val Piana
in Mesolcina. La leggenda dice che un personaggio, pare sia stato un locarnese secondo
gli storici, si fosse recato con degli abitanti di
San Vittore sull’Alpe. Il Magistrato chiese al
rappresentante di San Vittore se si trovasse
sul suolo di San Vittore. Lui rispose : «Sì, mi
trovo sul suolo di San Vittore.»
In definitiva, era vero! Lui sapeva che l’Alpe era della Calanca, ma disse che si trovava
comunque nel territorio di San Vittore, perché prima di partire aveva messo della terra
all’interno degli stivali. (Zenia Ramelli)
Qui il Moesano
Qui il Moesano
I goss de Rorè
211
L’orso del Toni
Un certo Toni, una mattina di molto tempo
fa, si è incamminato sul far dell’alba del mese
di settembre, da solo, con il suo sacchetto
della merenda contenente un po’ di pane e
di formaggio, per andare verso l’Orbèll. Scopo di ciò era far pertichette per bacchiare i
castagni. Portava una scure e una falce da
bosco. Prima che andasse via, sua moglie gli
disse: «Toni, non tagliarti, fai attenzione!»
Lui le rispose: «Ah! Poverina, non sono poi
così maldestro come credi. Arrivederci!»
Così si è avviato pian pianino pensando
dove poteva trovare delle pertichette belle diritte e maneggevoli. La salita per la valle era
una Stradaccia faticosa. In tanti posti doveva passare sotto piccoli abeti. La notte prima
Foto: Internet
aveva piovuto e si è bagnato fino alla pelle.
Dopo aver percorso già un lungo tratto, doveva passare per un sentiero stretto fino a
dove c’erano le betulle. Quando fu arrivato a
metà, proprio nel tratto più brutto, sbucò un
orso!
«Povero me! Ora sono finito! O io o te
dobbiamo passare!»
E non c’era da pensarci molto. L’uomo
prese la sua scure e gli diede un colpo sul-
la testa. L’orso si lamentò, cascò all’indietro,
provo a stare in piedi ma non ci riuscì. Cadde a picco nella valle. Ah! Quel pover’uomo
si prese un bello spavento! Arrivò a casa tremando come una foglia e bianco come un
lenzuolo. Si ammalò e due anni dopo morì.
Nella chiesa a San Rocco (a Soazza) è appeso un quadro dedicato alla Madonna, che si
crede abbia salvato il povero Toni.
(Jessica Karsh)
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
La leggenda del Barba Vairett
212
Molto tempo fa, si diceva che il diavolo aveva scelto Brusio per riempirla di streghe e
stregoni, ma fortunatamnete, queste persone
non compivano malefici vicino al villaggio…
perché altrimenti gli altri abitanti li avrebbero scoperti. Però ci fu un anno in cui sembrava che tutto era contro quella Valle remota:
sparirono mucche, latte, burro… Ma le sfortune non finirono qui.. Perché arrivò pure la
notizia che in paese girasse un orso, ma non
era un animale comune, perché passeggiava
tranquillamente tra le persone, senza paura. Così decisero di ucciderlo, ma ci volle il
miglior cacciatore del paese per ferirlo e farlo scappare sanguinante. Nel frattempo nel
paese, gli abitanti tenevano d’occhio i possibili sospettati, e quando si venne a sapere
che una vecchietta era a casa ammalata, tutti
gli abitanti andarono a casa sua, per giustiziarla in piazza, perché erano convinti che
era lei la strega cattiva che si era tramutata
in orso. Però quando arrivarono a casa sua,
non la trovarono, ma in compenso ritrovarono le cose smarrite.
Qualche tempo dopo, due donne andando
nel bosco, trovarono un gatto che miagolava per la fame. Così le due sorelle decisero
di portarlo a casa loro per tenerlo. In poco
tempo si accorsero che il gatto non era un
animale comune, voleva mangiare a tavola
assieme alle due donne e fissava tutti come se
fosse lui il padrone di casa. Le due donne iniziarono ad avere paura che il gatto fosse la
strega di cui non si avevano più notizie. Così
decisero di chiamare il prete per far benedire la bestia con l’acqua santa, ma fu peggio
che buttargli addosso dell’acqua bollente; il
Nella frazione di Prau, viveva una vedova
con una giovane figlia che aveva un fidanzato, un bravo ed onesto giovanotto del paese.
Si incontravano tutte le sere tranne il giovedì. Accadde, però, che un giorno il giovane si
chiese: «Perché tutte le sere posso andare a
trovarla, mentre il giovedì no?»
Per togliersi la curiosità, un giovedì sera si
recò inosservato nelle immediate vicinanze
dell’abitazione della sua fidanzata per cercare di capirne il segreto. Vide che prima la
madre e poi la figlia si spalmavano sul viso
un certo unto che tenevano gelosamente nascosto dentro la cappa del camino. In seguito, vide anche che prima la madre e poi la
figlia scomparivano all’interno del camino.
Preso dalla curiosità, Barba entrò nella cucina e si unse anche lui… e pure lui scomparve
nel camino! D’incanto, si trovò nel bel mezzo di un convegno di streghe e stregoni e vide
la sua fidanzata e sua madre che danzavano
nude attorno ad un fuoco acceso in mezzo
ad un grande prato. E nel bel mezzo, seduto su un tronco di abete, c’era il diavolo in
persona che, con in mano un grosso registro,
annotava i nomi di tutti i presenti. Quando
vide che era arrivato anche Barba, lo invitò
ad apporre la sua firma sul registro. Barba
ebbe un colpo di genio. Invece, di scrivere il
proprio nome vi tracciò la croce di Cristo.
Non l’avesse mai fatto! In un baleno si scatenò il finimondo. Il diavolo rovesciò il pesante tronco con sopra il voluminoso registro
e diede in escandescenze, inaudite minacce,
bestemmie e terribili maledizioni. Le danze
cessarono e la festa diabolica si trasformò in
un fuggi fuggi generale. Da quel giorno del
Berlott (raduno di streghe, stregoni e il diavolo in persona) non si seppe più nulla.
(Kevin, Mattia e Sirio)
La Madonna del Carmine
Secoli e secoli orsono viveva nella Torre Fiorenzana la giovane coppia De Sacco. Un bel
mattino d’aprile nacque la piccola Fiorenza,
e qualche anno dopo il padre fu tragicamente ucciso da un corteo di maschere. Una sera
d’ottobre la Signora Maria, madre di Fiorenza, si sentì peggio del solito e non poté unire
la sua devota preghiera e il suo dolce canto
alla voce dei fedeli gronesi. Da parecchi anni
la governante Lena attendeva il governo della casa. Essa era laboriosa, ma non di buon
carattere. Quella sera d’ottobre Maria raccomandò alla governante di prendersi cura di
Fiorenza perché si sentiva morire. Le consegnò uno scrigno pieno di gioielli e una lettera
d’addio. Dopo il funerale, Lena volle mettere in atto il suo fatidico piano: impossessarsi dello scrigno e sbarazzarsi di Fiorenza.
Venne la sera e Lena si diresse con Fiorenza
verso il Ponte d’Oltra. Arrivate in Cimaselva Fiorenza si addormentò. La perfida Lena
portò la bimba su uno scoglio sopra il burrone con l’intenzione di scaraventarla nel baratro e fuggire con il tesoro. In quell’istante
si vide avvicinarsi una bianca figura con una
corona d’oro in testa. Era la Madonna del
Carmine, che strappò la bimba dalle braccia
di Lena. Fiorenza era salva! La mattina seguente il pastore Gaspare trovò Fiorenza e
vide una donna che scappava verso il riale.
Era la governante che si era trasformata in
una vecchia e brutta strega.
(Cristina e Julia)
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
La strega dalle tre teste
gatto cominciò a saltare come se avesse preso fuoco… Il prete provò a ribenedirlo, ma
l’animale andò a nascondersi. Qualche giorno dopo arrivò in paese il vescovo e decise di
andare a vedere l’animale. Il micio, quando
vide tutta quella processione venirgli incontro e sentendo tutti quegli scongiuri, scappò fuori di casa, urlando come un demonio.
Quando arrivò alla porta della casa, diventò
dieci volte più grande e mormorò: «Grazie
tante per la cura che avete avuto per me, ma
il gatto della sassaia si lascia nella sua tana.»
Detto ciò, la bestia stregata sparì e nessuno
sapeva da che parte si era diretta. Solo qualche ora dopo si seppe che la vecchia era stata
vista rientrare nella sua casa, così fu subito
assediata. Quando entrarono nell’abitazione,
trovarono la vecchia arruffata e sbuffante,
con gli occhi fuori dalle orbite come se avesse appena lasciato l’inferno. In un attimo la
portarono in piazza per essere giustiziata,
nonostante tutti gli spergiuri della povera
vecchia, che diceva di essere innocente. La
piazza di Poschiavo era piena di gente, mentre il boia era già contento di poter ficcare
la sua mannaia dentro il collo della terribile
strega. Il boia sferrò un fortissimo colpo, ma
la lama rimbalzò come se avesse battuto sopra un sasso. E dal collo vide sgorgare altre
due teste, uguali alla prima. Fortunatamente, era presente il prete che disse di colpire
la testa in mezzo, che volò via e finì tra la
gente affollata. Ora la strega era veramente morta. Però invece di uscire sangue, uscì
dell’acqua… Ma questa non fu l’ultima stregoneria, perché il mattino seguente, al posto
della casa, trovarono solamente un mucchio
di calcinacci e di travi bruciacchiate…
(Stella Gallo)
213
Qui il Moesano
214
Una volta, in Rugn viveva un buon uomo di
nome Giuanin con la moglie Mariola. Giuanin aveva un po’ di terra che lavorava con
sua moglie. Lavoravano dalla mattina alla
sera, mangiavano in modo povero e non
avevano mai un soldo in tasca. Avevano due
mucche magre e mal cresciute che erano la
loro unica risorsa. In primavera e in autunno le conduceva sul monte L’ava dove passavano alcuni mesi all’anno. La sera, dopo
aver abbeverato le sue mucche, scendeva sul
piano e andava a casa dalla sua Mariola con
il secchio pieno di latte. Quella sera, passando per Boggiano, alzò lo sguardo e vide una
vecchietta che stava seduta su un lenzuolo
sul quale luccicavano monete d’oro e d‘argento. Il povero Giovannino si fermò senza
credere ai suoi occhi.
«Buona sera cara de la me vegiola, ma
guarda un po’ quanta grazia di Dio!»
«Te tira gola, eh, Giuanin? Ten scià quanti
ten vo’, caro del me Giuanin.»
Giuanin ne prese più che poteva e riempì il
secchio.
«Grazie, cara de la mia vegiola, grazie!»
«Se te vo’ tegnii, te ghé de na a ca senza
girat!»
Figurarsi il povero Giuanin, era così felice
che si prostrò ai piedi della vecchia signora.
Si avviò per la strada di casa con il secchio
pieno d’oro, ricurvo per il gran peso. Dopo
cento metri si sentì un gran baccano sopra
la sua testa, ma Giuanin, duro e fermo come
una torre, non si voltò. Ma il rumore continuava sempre più forte. Quando arrivò alla
chiesa di Sant’Anna, non resistette più alla
tentazione e si girò. Il baccano si fermò di
colpo. Quando Giuanin arrivò a casa era
tutto felice e chiamò sua moglie per mostrarle il contenuto del secchio.
«Vegn mo scià, Mariola, che go de fat vedé
una roba!»
Aprì il suo secchio e mostrò il contenuto a Mariola, che disse: «Do l’è el lacc? L’è
pien de fei de fau!»
(Axel Kuhn)
I due gatti grandi
Tra il 1800 e il 1900, due abitanti di San Vittore si sono recati a Bellinzona a fare la spesa
a piedi. Arrivati a Sgraver (al confine) i due
uomini videro due gattoni neri che scendevano dalla strada di Monticello. Più si avvicinavano e più diventavano grandi. Avevano occhi
come dei fanali. Questi due uomini, spaventati a morte, li osservarono avvicinarsi sempre
di più. Ad un tratto, i due gatti si alzarono
per aria e sparirono sulla montagna. Lasciarono le loro impronte sui sassi sopra Fenera,
che si possono ammirare ancora oggi.
(Genet Catic)
Qui il Moesano
storia, e lei gli dice: «Te ghe dacc la to anima! Chel lì el sarà un strion!»
Questo contadino diventò presto ricco
grazie al latte e ai vitelli.
Si preoccupò però per la sua anima e andò
a parlare con un vecchio esperto di stregoni, che gli disse: «Fa iscii: te ghé de na trenta
volt alla capela de March ogni sira a cuntà
su el rosari. La trentesima volta te ve su e te
porta con ti la vaca.»
Detto fatto, eseguì le istruzioni e alla trentesima sera il vecchio portò con sé la mucca.
Incontrò lo stesso ometto e appena lo vide
gli venne in mente di fare il segno della croce. Subito dopo si sentì un tremendo boato
verso valle. L’ometto e la mucca sparirono
giù. Da quel momento, si racconta che nelle
giornate ventose si possa udire l’ululato dell’Omett de la Cresa che si lamenta ancora di
non esser riuscito a sottrarre l’anima di quel
contadino. (Edoardo e Giorgio)
La strega di Boggiano
215
San Vittore, zona leggendaria
L’ omett de la Cresa
C’era una volta un povero contadino. Un
giorno, tornando a casa da monte, passando
per la Cresa incontrò un piccolo brutto omino che gli rise in faccia. Il contadino disse:
«Cos te ghe da rit?»
L’ometto rispose: «Portom in spala che ta
fo diventaa scior.»
Se lo caricò sulle spalle e partì e col passare del tempo diventava sempre più pesante.
Arrivati al Pont de March, il contadino
disse: «To portò fin chi, adess mantegn la to
promesa.»
L’ometto rispose: «Adess te ghe de damm
la to anima.»
«La me anima? Tegnetla pur.»
L’ometto gli dà in mano una corda e gli
dice: «Adess, ti te ve e tet volta miga in dré.»
Arrivato a casa, si gira e vede una bellissima mucca. Va da sua moglie e le racconta la
San Vittore, croce commemorativa
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
«Calend
de marz»
Qui il Moesano
Qui il Moesano
Ivan A Marca
Le classi elementari di Mesocco, davanti la scuola
comunale, pronte per la partenza col pupazzo
da bruciare (1. marzo 2010)
216
217
Secondo il nostro calendario, la primavera
inizia il 21 di marzo.
La natura si sveglia alla vita ai primi tepori portati dal favonio, vento tiepido, malgrado soffi da nord.
Cosa sarebbe la primavera in Svizzera senza
il föhn? Esso procura cieli limpidi, giornate
soleggiate e temperature più miti. Un giorno
di favonio scioglie tanta neve, quanto una
settimana di sole.
I narcisi spingono le verdi prime punte
fuori dal terreno, sono pronti a rifiorire. Nel
bosco a foglie caduche e ancora brullo, fanno capolino primule, viole e il ciclamino selvatico.
I gialli amenti di noccioli e ontani, consegnano il loro polline al vento.
Prati e bordi del bosco iniziano a verdeggiare. Dalle falde del bosco, cervi e caprioli fiutano le crescenti erbe, che da quando
la terra è terra, adagio rispuntano. I cervidi usciranno dal bosco a nutrirsene avida-
mente, per ristabilire quelle forze che, causa
l’inevitabile dieta invernale, sono loro venute
meno.
Le tradizioni popolari per risvegliare la primavera, si basano su movimento e allegria.
Resiste ancor oggi, tra di esse, il cosiddetto
Calend de marz.
Questa festa, oggi celebrata per lo più dai
ragazzi di Scuola, è stata mantenuta nelle
Valli dei Grigioni: Engadina, Poschiavo, Mesolcina, Val Monastero, Sopra e Sotto-Sursees (ex Oberalpstein) e in alcuni paesi della
Valtellina. La natura si sveglia con il baccano
del chalandamarz, come dicono i nostri vicini romanci.
Alle calende di marzo (di solito per noi il 1.
marzo) i ragazzi dei villaggi allestiscono un
pupazzo, (tipo quello di Zurigo, detto Bög,
ma più piccolo), che rappresenta l’Inverno.
Indossano costumi tipici di agricoltori, pastori, cacciatori e contadinelle, con baffi,
Il pasaggio “rumoroso” tra le vie del paese di Mesocco (1. Marzo 2008)
scialli, cappelli, pipe, bastoni, cestini, gerla
ecc. e si radunano suonando i campanacci,
prevalentemente di mucca, battendo secchi o
scatole di latta.
Dopodiché, i ragazzi invadono il villaggio
con un gran fracasso e, fermandosi nelle varie frazioni, scuotono i campanacci, cantano
in coro brani di canzoni, recitano proverbi o
vecchie filastrocche.
Per ricompensarli, la gente offre loro biscotti, noci e nocciole, frutta, canditi o altri
dolciumi, che mangeranno tutti assieme alla
fine della scorribanda.
Alla fine del percorso, dunque al culmine
della manifestazione, danno fuoco al pupazzo intensificando il rumore e le grida per
scacciare la brutta stagione.
Secondo la credenza popolare, se brucia
velocemente (come è successo quest’anno)
l’inverno continuerà ad infierire. Se brucia
adagio l’inverno se ne andrà e le stagioni saranno generose.
Spesso accadeva che ai primi di marzo, il
corteo dei ragazzi si svolgeva nel nevischio.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Per i Romani, all’origine pagani, l’anno iniziava con il mese di marzo*. Non è affatto un caso, che un manoscritto intitolato
PRONOSTICO PERPETUO E REGOLA
ANTICHISSIMA, INDUBITATISSIMA E
INFALLIBILISSIMA, di origine pre-romana, usata ai tempi Trivulziani nel Castello di
Mesocco, insegna che a dare il via al risveglio della terra, è la prima luna di marzo, nascente tra le calende e le idi di marzo.
218
La ricorrenza ha dunque origini molto antiche; sin dai tempi dell’occupazione romana
nelle nostre regioni della Rezia.
Note
* Secondo il “calendario romano di Romolo” l’anno
era diviso in dieci mesi, il primo era martius (marzo).
Il pupazzo bruciante (1. marzo 2010)
A calendae (dal latino calare = chiamare a raccolta,
convocare), corrispondeva il primo di ogni mese. Da
esso deriva il termine calendario.
Secondo il calendario romano, le calende di marzo (che
corrispondono al 1. marzo del calendario gregoriano)
segnavano l‘inizio dell‘anno.
Le cosiddette idi, (dal latino idus) erano i giorni che
dividevano il mese in due parti quasi uguali, a seconda
della lunghezza dei mesi, il tredicesimo o quindicesimo
giorno del mese. È celebre la frase gridata da un oracolo-cieco, mentre Cesare rientrava nell’Urbe a cavallo,
con le sue legioni, che predisse: “Cesare, guardati dalle
idi di marzo...”. Cesare ignorò la profezia di quello
sconosciuto plebeo e fu ucciso da Bruto e Cassio, alle
idi di marzo.
La scuola vista dagli allievi
che terminano l’obbligo…
A fine anno
scolastico 2009-2010
(e a compimento
dell’obbligo
formativo di nove
anni), ho chiesto agli
allievi di due classi
con direzioni diverse
(una indirizzata verso
gli studi superiori
(liceo), l’altra verso
il mondo del lavoro
tramite
apprendistato) di
stilare una breve
e libera riflessione
sulla scuola. Qui di
seguito sono raccolte
le loro osservazioni,
i loro timori verso il
futuro, i primi ricordi
nostalgici, i pro e i
contro del sistema
educativo delle
nostre scuole, ecc.
A tutti loro vada il
mio ringraziamento
e l’augurio di un
futuro ricco di
soddisfazioni! N.d.R.
«La scuola è per me un istituto dove s’impara a studiare, a vivere con le altre persone,
a star bene insieme e a farsi una cultura che
sarà sempre più ampia andando avanti. Molte persone, invece, al contrario di noi, non
hanno la possibilità di apprendere, quindi
abbiamo un grande privilegio che non va assolutamente sprecato.» (Mattia Cereghetti)
«Secondo me la scuola è come una seconda
casa dove ho passato 4 anni molto belli e in
parte brutti. È pure un punto d’incontro con
gli amici, una delle uniche cose che mi piace della scuola, e con loro ho vissuto molte
avventure. Della scuola mi piacciono gli insegnanti e gli amici che sono disposti ad aiutarti. Come dappertutto, ci sono degli aspetti
positivi e negativi.» (Dominique De Filippis)
«La scuola è per me la porta del futuro.
Ci sono momenti più difficili e impegnativi
di altri, ma bisogna superarli e mai lasciarsi
andare.» (Zenia Ramelli)
«Per me la scuola è un posto principalmente di studio, dove si imparano molte
cose interessanti e meno, ma anche un posto di ritrovo con gli amici. In questi tre anni
trascorsi in questa scuola ho passato momenti molto piacevoli e momenti meno, ho
conosciuto molte persone con cui ho stretto
un’enorme amicizia, ho passato dei bei mo-
menti pure con i maestri che ci hanno insegnato molte cose nuove e con cui abbiamo
fatto molte risate. Trovo che questi tre anni
sono passati troppo velocemente a confronto
dei sei anni delle scuole elementari, magari
per il bell’ambiente della scuola e perché, pur
essendo in molti in questa scuola, si forma
comunque una sola e grande famiglia. Tutte
le scuole hanno la loro storia, ma credo che
la scuola secondaria rimarrà impressa a molte persone come il ricordo più bello della vita
scolastica.» (Anna Regusci)
«Per me oggi la scuola rappresenta una
possibilità per imparare delle nozioni e acquisire delle competenze che mi aiutino ad
affrontare al meglio il mondo del lavoro. Applicando queste nozioni forse mi si apriranno
delle porte che mi permetteranno di raggiungere nuovi orizzonti.» (Simone Filisetti)
«Per me la scuola, oltre che formarci scolasticamente, ci forma anche caratterialmente!» (Genet Catic)
«Per me la scuola è un luogo dove si imparano cose nuove. Io in questi 3 anni non
ho seguito soltanto le materie d’insegnamento puro, ma ho avuto anche delle lezioni di
vita, dove ho imparato che alcune di queste
sono state molto più importanti delle lezioni
di matematica o di inglese. Ho imparato ad
affrontare varie situazioni e a risolvere i problemi che alle elementari non sarei mai riuscita a risolvere da sola. La scuola occupa gran
parte della mia vita e a volte mi lamento, ma
poi mi rendo conto che a scuola ho conosciuto molti amici, ho fatto amicizie buone, ma
ne ho vissuto anche di cattive. Quando per
la prima volta sono entrata in questa scuola
ho pensato: “Che inferno!”, ma dopo pochi
mesi la mia visione è cambiata. Avevo paura
di non riuscire nelle materie e di non trovare
amici. La scuola per me oggi non è un peso,
anche se vedo comunque molti aspetti negativi: ad esempio quando alcuni maestri danno le cose per scontato, quando ti giudicano
senza conoscerti a fondo e quando tengono
la parte agli altri docenti. Ma sicuramente
non potrei dire solo cose negative della scuola, molte sono positive. A volte ho avuto dei
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Si racconta, che quando sulla strada c’era
ancora il pedon (strato di neve calpestata e
dura), i ragazzi coglievano l’occasione per
fare una slittata assieme.
Allora le famiglie erano più numerose e si
approfittava di questa festa per andare a trovare parenti o amici, specie quelli che abitavano nelle frazioni più discoste o fuori paese,
addirittura con lo slittone trainato dai cavalli.
219
Le due classi Terza SAP e Pre-liceale
Ticino a fine anno scolastico 2010
contrasti con maestri e compagni, ma sono
sempre riuscita a risolvere queste dispute.
Con la mia classe, salvo eccezioni, sono andata d’accordo, con loro sono riuscita a conciliare studio e divertimento, anche se a volte
i maestri non lo credevano, ma noi siamo
tutti molto legati e sappiamo lavorare bene
assieme, perché nel gruppo non c‘è nessuno
che non collabora.» (Arianna Pereira)
«Per me la scuola è una cosa fondamentale, ci permette di avere un’ottima formazione, e di relazionare con i ragazzi della nostra
età. Andare a scuola può essere pesante dal
punto di vista dello studio e dell’odiata sveglia al mattino, ma è comunque piacevole
stare in compagnia e apprendere materie interessanti ed importanti.» (Jessica Karsh)
«Per me la scuola è un luogo di incontro
con gli amici e se si ha un buon rapporto con
i maestri è anche mica male frequentarla.
Purtroppo non con tutti i docenti si instaura
un rapporto ottimale …» (Joel Venzin)
«Come per molti miei compagni, la scuola è una noia, maledico Carlo Magno! No,
scherzo, la scuola è molto importante per il
nostro futuro. Cioè, se andiamo bene a scuola e continuiamo a studiare potremo fare
dei lavori sempre più ‘importanti’. Senza la
scuola non si può andare avanti.» (Stefano
Capelli)
«Per me la scuola è un luogo, dove si imparano molte cose, si conoscono tanti amici.
Spesso ci si diverte un mondo, ma a volte ci
si annoia anche. Della scuola mi piace quando facciamo qualche marachella durante le
lezioni e gli insegnanti neanche se ne accorgono. Gli aspetti positivi della scuola sono
l’aiuto e la preparazione che riceviamo per
affrontare il mondo del lavoro.» (Alexia
Correia)
«Molte volte noi allievi ci lamentiamo dei
troppi esami, dei troppi compiti e tutto questo ci pesa. Ma noi andiamo a scuola per il
nostro futuro, per essere preparati al mon-
to molte avventure belle e brutte. Questi tre
anni sono stati belli, perché ho imparato a
conoscere persone nuove e a condividere
gioie e dolori con queste persone.
Ci sono molti aspetti negativi; ad esempio
quando un alunno fa una domanda per dire
che non ha capito, molti maestri gli urlano
contro, accusandolo di non aver ascoltato o
di non aver fatto attenzione. Oppure quando si sa di aver ragione e il maestro manifesta ancora la sua opinione e non dà spazio
all’alunno per motivare la sua scelta. È vero
che spesso sbagliamo anche noi, ma alla fine
chiediamo scusa. I maestri invece sono molto orgogliosi e non ammettono di aver sbagliato neanche dopo aver constatato l’errore
commesso.
Nonostante tutto ci sono moltissimi aspetti positivi. Quando sono entrata in questa
scuola avevo il terrore di non farcela. Invece,
dopo il primo mese, ho imparato ad andare
d’accordo con tutti. Certo ogni tanto si bisticcia, ma si fa subito pace. Pensavo di non
andare d’accordo con i docenti e invece con
molti di loro vado abbastanza d’accordo,
perché cercano con tutti i mezzi di venirci incontro, cercano di capirci ...
Purtroppo siamo alla fine di questi tre anni
e quando finiremo piangerò come una fontana, perché di sicuro tutte queste cose mi
mancheranno, anche se non vedo l’ora che
finisca. Sono sicura che mi mancheranno un
po’ le lezioni noiose, quelle che rendevamo
allegre, ridavamo e scherzavamo e ogni tanto combinavamo anche guai …» (Loredana
Ponzio)
«Personalmente trovo che tutto vada bene
così come lo è ora, però l’unica cosa che mi
crea un fastidio è il doversi alzare troppo
presto. Infatti, secondo il mio parere dover
andare a scuola alle 7:40 (senza contare tutti
gli scolari che prendono il bus ancora prima)
è presto. Questo poi comporta trascinarsi la
stanchezza per tutta la giornata e tutta la settimana.» (Edoardo Kleinstein)
«Per me la scuola è un posto dove ci si
deve andare per forza, a volte è noioso, e a
volte ci si diverte come matti. Ma comun-
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
220
do esterno, per avere delle basi per costruirci
una vita e senza dover dipendere dagli altri.
Questo per me è l’ultimo anno di scuola dell’obbligo, e mi fa molto strano pensare che
da qui a qualche mese andrò incontro al mio
destino, senza sapere bene cosa mi aspetta…» (Stella Gallo)
«Anche se in certi momenti la scuola può
sembrare difficile, basta pensare che essa
è solamente un luogo di passaggio, e dare
quindi il meglio che si può dare, perché
quando si percorre una strada, l’importante
è camminare ...» (Axel Kuhn)
«A mio modo di vedere gli aspetti positivi
sono tanti, siamo in pochi e questo rafforza
il rapporto che abbiamo fra di noi. Non ci
sono mai problemi grossi come in altre scuole più grandi. I maestri sono sempre a nostra
disposizione per risolvere i problemi che abbiamo sia familiari che scolastici, ci aiutano a trovare la professione o la scuola da
frequentare in seguito e questi sono aspetti
molto positivi nei nostri confronti. Di aspetti negativi, che non ritengo giustificati, sono
l’abolizione dell’uso di apparecchi elettronici
nell’edificio scolastico. Io non credo dia fastidio a nessuno se un ragazzo nei corridoi si
tiene la cuffietta del mp3 nell’orecchio, che
ode solo lui. Capisco il fatto di mettere musica ad alto volume, perché si potrebbe disturbare qualcuno che sta facendo lezione.
Inoltre, l’uso dei cellulari, mi sembra giusto
sia proibito nelle aule, ma in tutto l’edificio
scolastico mi sembra un po’ troppo rigido,
perché se si deve inviare un sms ai genitori,
bisogna uscire sul piazzale.
La vendita di michette va bene, ma mi
chiedo: perché solo pane e non altro? Si potrebbe ad esempio vendere delle mele per
cambiare un po’. O introdurre la vendita di
succhi di frutta o bevande calde come per i
docenti. È una questione di uguaglianza…»
(Carmen Gonzalez)
«Secondo me, la scuola è un bel posto in
cui imparare cose nuove e conoscere nuovi
amici.» (Mattia Zappi)
«Per me la scuola rappresenta un punto
d’incontro con i miei amici, dove ho passa-
221
que é utile: si imparano cose nuove; alcune
ci aiuteranno ad affrontare le difficoltà della
vita, altre resteranno ermeticamente chiuse
in un cassetto del nostro cervello. Qui conosci nuova gente, nuovi amici; con certi non
vai d’accordo con altri leghi, questi diventeranno i tuoi migliori amici e li ricorderai per
sempre.» (Karin Pregaldini)
«Mi piace pensare a come il nostro futuro
possa dipendere dalla scuola. Essa è un percorso che ti permette di raggiungere i tuoi
obiettivi professionali. Ti offre comunque
una cultura generale.» (Julia Patt)
«Per me la scuola è un ritrovo con i compagni, per studiare e imparare in modo che
alla fine dei 3 anni io possa entrare nel mondo del lavoro senza grandi difficoltà.» (Mi­
chael Gianella)
«Per me la scuola adesso è molto importante. Chi non ha ancora capito che la scuola
è importante, allora non sa proprio cosa fare
della propria vita. Adesso guardando al pas-
sato mi vengono in mente tutti quei momenti, dove ho riso, scherzato, sbagliato. Impari
tante cose utili per la vita, si possono fare
nuove conoscenze, imparare con i propri errori e correggerli, imparare nuove cose, nuovi
metodi di studio, affrontare varie situazioni,
ecc. A volte mi lamentavo che i genitori e i
maestri ce l’avevano sempre con me, adesso ho capito che era per il mio bene. Quante volte ho sentito questa frase da allievi che
hanno finito la scuola ed io non ci credevo
nemmeno. Ovviamente, la vita non sempre è
come vogliamo noi, c’è sempre qualcosa che
non va bene. Alcuni maestri ci aiutano veramente tanto. Ma non tutto è positivo, anche
la scuola ha aspetti negativi, niente e nessuno
è perfetto. I maestri alle volte non accettano
le nostre idee e non piace sentire che hanno
torto. Alle volte anche i compagni non aiutano tanto, basta che due inizino a parlare e
il maestro dà la colpa a chi non c’entra …»
(Sara Rodriguez)
Ingresso del Centro giovanile del Moesano
Inaugurazione del Centro
giovanile del Moesano
ricreative, si propongono attività socio-culturali come ad esempio conferenze, approfondimenti di temi trattati a scuola, temi
riguardanti i loro problemi giovanili, settimane di cinema a tema, ecc. Per permettere a
tutti i ragazzi delle valli di poter partecipare
ad alcune attività, in particolare per chi ha
problemi di spostamento (ad esempio: cinema, serate disco, conferenze e gite…), queste
ultime sono itineranti, ossia programmate in
vari luoghi del Moesano.
Lucio Fieni
Da molti anni i giovani moesani rivendicavano la necessità di avere a disposizione un
luogo dove poter incontrarsi a passare il tempo in comune, per divertirsi, per conoscersi e
per condividere esperienze. Finalmente, sabato 17 ottobre 2009 questo sogno giovanile si è avverato con l’ufficiale inaugurazione
della struttura a Roveredo.
Il Centro giovanile del Moesano è oggi gestito in modo parzialmente autonomo dai
ragazzi, sotto la guida di un animatore professionale. I giovani, tramite il loro comitato, propongono un programma di attività da
svolgere all’interno e all’esterno della struttura a loro disposizione. Oltre alle attività
Il centro è aperto a tutti i ragazzi dai 12 ai
18 anni senza nessuna distinzione di ceto sociale, credo, idea politica, nazionalità, non
si richiede nessuna tassa (facoltativa la tassa sociale che dà diritto di voto durante le
assemblee dell’associazione). Potrà essere richiesta una partecipazione alle spese per le
gite.
I giovani sopra i 18 anni hanno la possibilità
di frequentare e partecipare alle attività presso il Centro giovanile del Moesano, a loro è
data anche la possibilità di essere introdotti quali aiuto-animatore e svolgere mansioni
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
222
Inaugurazione del Centro,
riprese televisive della RSI La1
223
224
I ragazzi subito all’opera con il gioco del tennistavolo (all’esterno)
I ragazzi subito all’opera con il gioco
del biliardo (all’interno)
Nel Centro giovanile sono inoltre a disposizione sale, cinema, videogiochi, biliardo,
calcetto (footbalino), tennis da tavola, sala
polivalente, cucina, locale prova per gruppi musicali, piccola biblioteca ed infine all’esterno un ampio giardino per pallavolo,
badminton (volano), coltivazione di fiori e
ortaggi.
I membri di comitato dell’associazione Centro giovanile del Moesano, sono sempre a
disposizione per sostenere, organizzare, e
partecipare alle attività con i giovani.
Per definizione l’Associazione Centro Giovanile del Moesano è un’associazione in favore
dei giovani dai 12 ai 18 anni residenti nelle
valli Mesolcina e Calanca. Essa è apartitica, aconfessionale e non ha scopo di lucro.
Gli scopi principali, come già ribadito, sono
quelli di promuovere la realizzazione di una
struttura giovanile per ragazzi dai 12 ai 18
anni e la gestione e la conduzione del Centro Giovanile, di proporre attività sane e
costruttive per il tempo libero, di responsabilizzare i ragazzi e le ragazze partecipando
attivamente nella gestione del Centro.
La consegna simbolica delle chiavi
ad un giovane moesano
Discorso inaugurale del dr. Dieter Suter
Il comitato dell’Associazione Centro giovanile del
Moesano (da in alto a sinistra: dr. D. Suter, M. Zappi,
F. Bertossa, M. Macchi; da in basso a sinistra: L. Fieni,
T. Tschudi, T. Pfänder)
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
di maggiore responsabilità. L’unico requisito
per accedere al Centro è quello di avere voglia di socializzare con i coetanei, divertirsi in
modo sano, approfondire il proprio sapere,
condividere problemi con gli amici e i coetanei. Non è infatti ammesso fumare, portare e
consumare bevande alcoliche e altre sostanze
proibite dalla legge all’interno e all’esterno
del Centro giovanile e durante lo svolgimento delle attività organizzate fuori sede.
225
David Dey
Qui il Moesano
Chi siamo
226
La Skatepower Crew è una giovane associazione nata nel 2006 da un gruppo di
amici che condividono le stesse passioni:
skateboard, musica e divertimento in generale. Amici uniti dal principale obiettivo di trovare uno spazio adeguato per lo skateboard
e per i giovani, dove poter organizzare eventi
che nel Moesano sono ancora poco sviluppati, ma non per questo poco richesti. Serve
quindi un incentivo allo sviluppo di essi.
L’associazione vorrebbe infatti creare uno
spazio multifunzionale, da poter sfruttare
sia per lo skateboard che per altre attività,
come ad esempio concerti, feste, manifestazioni, ecc.
Cosa facciamo
Per raggiungere il suo scopo e auto-finanziarsi, la Skatepower Crew organizza ogni
anno diverse attività e manifestazioni. Con i
propri mezzi e il proprio impegno, i membri
dell’associazione hanno proposto ad esempio un piccolo Open Air nell’estate 2007. Da
alcuni anni la Skatepower Crew partecipa al
Carnevale Lingera di Roveredo con una delle
tende più grandi e più belle (seconda miglior
tendina del villaggio 2009 e 2010). Dal 2008
organizza annualmente uno skate contest
(gara di skateboard) presso la Scuola secondaria di Roveredo.
A partire dall’inverno 2009, la Skatepower
Crew è diventata organizzatrice ufficiale del
Mercatino di Natale a Roveredo.
Lo scorso 1° maggio ha proposto una serata di concerti gratuita con quattro giovani
band ticinesi alla palestra dello Judo Club
Moesa. Evento rivelatosi un successo che
verrà sicuramente riproposto in futuro.
Inoltre, durante tutta la stagione, l’associazione offre una serie di attività collaterali,
come ad esempio i LAN-Party (appuntamento dedicato ai videogiochi multi-giocatore,
con una rete di computer collegati tra loro)
oppure le epiche sfide di Paintball (gioco che
ha lo scopo di eliminare l’avversario colpendolo con palline di vernice colorata biodegradabile, sparate da strumenti ad aria
compressa) svolte presso la San Bernardino
Paintball.
In questi anni, la Skatepower, oltre all’organizzazione di attività e manifestazioni, ha
anche cercato di concretizzare il suo obiettivo, investendo i risparmi per il finanziamento e la costruzione di strutture necessarie
alla pratica dello skateboard. Strutture che
non hanno ancora trovato un luogo definitivo dove poter essere utilizzate, e che vengono così sfruttate unicamente durante le gare
proposte dall’associazione. Il resto dell’anno
le strutture purtroppo rimangono chiuse in
un magazzino.
Obiettivi per il futuro
In vista della prossima costruzione del Centro Regionale Sportivo, progetto d’importanza locale, la Skatepower Crew si sta
muovendo concretamente. L’associazione è
già in contatto con le autorità competenti per
la concessione di uno spazio multifunzionale
pensato e concepito per la disposizione d’infrastrutture dedicate alla pratica dello skateboard e allo svolgimento di altri eventi.
Un’area di questo tipo, secondo il Comitato dell’associazione, avrebbe sicuramente
buone potenzialità e potrebbe essere sfruttata sull’arco di tutto l’anno anche per le attività delle tante altre associazioni presenti
nella nostra Valle Mesolcina.
Nel caso la collaborazione e i progetti proposti non dovessero avere successo e lo spazio
polivalente non prendesse vita, la Skate­
Lo staff al “volo”…
Lo Skate Power contest ai Mondan a Roveredo
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
«Skatepower Crew:
Only For You!»
227
Paolo Ciocco
Qui il Moesano
Quando ci siamo trovati per festeggiare la
consegna del Guinness dei Primati alle Voci
del Grigioni Italiano quale trasmissione radiofonica più longeva del mondo molte idee
mi sono passate per la mente. E ora che ho
pure festeggiato i venticinque anni di permanenza alla Radiotelevisione svizzera di lingua
italiana.
228
Lo staff al completo
power Crew continuerà comunque ad impegnarsi per raggiungere i suoi obiettivi. Primo
tra questi, uno spazio asfaltato, dove poter
installare finalmente le sue strutture per lo
skateboard e poterne aggiungere di nuove,
creando così uno spazio sicuro con strutture
su misura.
Si darebbe così la possibilità anche a tutti
i giovani mesolcinesi appassionati di questo
sport di nicchia di crescere, migliorare e avere una chance di raggiungere livelli professionali, come avviene con molti altri sport.
Info e contatti
All’indirizzo internet ‹www.skatepower.ch›
si possono trovare maggiori informazioni
sull’associazione: il suo comitato, i relativi
membri, le varie attività, i sostenitori e molto altro.
Chi fosse interessato a sostenere il gruppo
ha la possibilità di tesserarsi acquistando la
member card (dal costo annuo di fr. 20.–),
con la quale si ha diritto a diverse agevolazioni. Sono ovviamente benvenute donazioni
spontanee (CCP 65-145770-9).
La Skatepower Crew vi aspetta numerosi alle
prossime attività e manifestazioni proposte,
per conoscervi di persona e sperando di soddisfare la vostra voglia di divertimento e di
passare del tempo in compagnia.
Contatti
Skatepower Crew
c/o David Dey
Via Cadrobi 6
6534 San Vittore
Sito: ‹www.skatepower.ch›
Email: ‹[email protected]›
Tel: David 076 568 18 56
Mattia 079 757 73 51
CCP: 65-145770-9
Moltissime sono le sensazioni che provo ad
essere cronista delle valli retiche dei Grigioni.
Non mi sembra infatti neppure vero di continuare a svolgere questa professione intrapresa un po’ per caso. Fu infatti grazie alle
insistenze di un amico, Alfonso Tuor, con
l’allora capo dell’informazione radiofonica
Gian Piero Pedrazzi, che intrapresi questa
professione. L’allora responsabile della testata, Fausto Tognola, si era improvvisamente
ammalato e occorreva qualcuno che lo sostituisse.
L’anno precedente infatti avevo terminato la
mia formazione in docente di Scuola Secondaria all’Università di Friburgo e mai avrei
pensato di intraprendere la carriera giornalistica. Infatti, avevo deciso di cominciare una
formazione di bibliotecario e prima - in estate-, viste le mie carenze in lingua tedesca mi
ero recato a Zurigo per seguire alcuni corsi
intensivi in questa lingua. Tornato a casa mi
recavo di quando in quando alla Radio per
redigere alcune notizie e seguire le registrazioni di questa rubrica, che fin da bambino
seguivo con interesse. Figlio di emigranti infatti in questa trasmissione vedevo riferire
di avvenimenti piccoli e grandi legati al mio
cantone di origine. Erano diverse le interviste che mi ricordavo ascoltate il sabato sera e
una su tutte quella all’alpigiano che spiegava
come l’amaro di certi tipi di formaggio era
dovuto alle erbe e ai fiori mangiati dalle mucche durante la pastura oppure mi tornavano
alla mente i collegamenti con i vari corrispondenti informatori dalle singole località, che
riferivano con dovizia di particolari quanto
era capitato nei sette giorni precedenti. Fu
così che la settimana dopo aver partecipato
all’esame di ammissione al corso di bibliotecario mi recai a Grono per un’intervista a un
grande poeta, il milanese Franco Loi invitato dalla Sezione Moesana della Pro Grigioni
Italiano, prima di intraprendere con Alfonso la trasferta nelle valli grigioni italiane per
le interviste dibattito per le elezioni di Circolo di quell’anno. Fu con mia grande sorpresa che riascoltai le risposte al poeta poste
da questo giornalista debuttante, che sicuramente avrà tenuto il microfono con mano
tremante. Altra difficoltà i tagli obliqui nei
nastri magnetici uniti poi con i piccoli pezzi
di carta gommata durante il montaggio delle
interviste, attività che era svolta con perizia
dai tecnici, che ti insegnavano tutti i trucchi per fare in modo che il tuo interlocutore
parlasse nel miglior modo possibile così da
farli sembrare un libro stampato anche gli
Paolo Ciocco, da 25 anni redattore
alle “Voci del Grigioni italiano”
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Guinness dei Primati per le
«Voci del Grigioni Italiano»
229
ll direttore della Radio svizzera di lingua italiana,
Jacky Marti, con l‘ambito riconoscimento del Guinness
dei Primati a Roveredo
interlocutori più impacciati. Quelle trasferte
per le interviste elettorali fu il primo di molti viaggi nelle valli grigioni italiane per conoscere persone di varie estrazioni sociali e
nelle più svariate occasioni. Allegre, festose,
tristi, legate ad avvenimenti che hanno fatto
la storia o la microstoria di questa comunità
caratterizzata da un forte attaccamento alle
proprie origini valligiane difficili da estirpare
per coloro che vi abitano, mentre per chi è
lontano prima di tutto vale l’appartenenza al
Grigioni Italiano o ai Grigioni prima di essere bregagliotto, calanchino, mesolcinese o
valposchiavino.
Una trasmissione per la quale la popolazione ha sempre dimostrato odio e amore.
Infatti, quante volte ti raccontavano a microfoni spenti delle storie, che, se registrate,
avrebbero tenuto attaccato alla Radio diversi ascoltatori; ma che poi chiedendo loro di
raccontartela a microfono acceso o per ritrosia o per paura rinunciavano a raccontarla
ad un pubblico più ampio. Così che ti pentivi
di non aver acceso il microfono in precedenza e di aver poi chiesto all’interlocutore di
darti il permesso di trasmettere quanto registrato…
La sera in cui si sono festeggiati nella Palestra delle scuole elementari di Roveredo i
settant’anni delle Voci del Grigioni Italiano
(sessantotto riconosciuti dal Guinness dei
Primati perché all’inizio la trasmissione si intitolava Il quarto d’ora del Grigioni Italiano)
sono state ricongiunte idealmente nell’etere
le quattro valli. Infatti in collegamento con
Roveredo c’erano delle postazioni esterne
del Centro culturale e ricreativo Cascata di
Augio, per la Calanca; con il Centro Punto
Bregaglia di Vicosoprano e con la Casa Torre
di Poschiavo.
Una gioia quella di portare a casa svariate voci in questi venticinque anni di attività
radiofonica che hanno costituito la mia attività professionale. Un’attività svolta fino
ad oggi con molta passione e che mi ha dato
moltissimo, ma prima di tutto mi ha permesso di conoscere un’infinità di persone e che
ogni qual volta alzo la cornetta del telefono
per chiedere un’intervista raramente mi viene detto di no. Una tenacia che anche in redazione mi è riconosciuta. Sono stato infatti
soprannominato il mastino; infatti, fino a
quando non riesco a intervistare una persona
non demordo.
Marco Petrelli, già responsabile delle
“Voci del Grigioni Italiano” e da
questo settembre corrispondente da
Coira per la Radio svizzera di lingua
italiana
Due corrispondenti che hanno costituito la storia
della trasmissione, Gustavo Lardi dalla Valposchiavo
e Piergiorgio Evangelisti dalla Provincia di Sondrio
Con il presidente centrale della Pro Grigioni Italiano,
Sacha Zala, parte dei responsabili che in questi anni
hanno dato vita alle “Voci del Grigioni Italiano”
Diversi poi anche i supporti su cui sono state
realizzate le interviste da parte mia, con il nastro magnetico e oggi con i piccoli marchingegni che effettuano registrazioni digitali; mentre
i collaboratori delle valli ti inviano le interviste su una pista sola o ti inviano le cassette,
che dovevano essere ricopiate e poi riversate
per fare in modo che potessero essere ascoltate alla Radio. Oppure i collaboratori che ti inviano i loro testi che dovevano essere letti dai
lettori su carte veline, visto che non c’erano
le fotocopiatrici. Sembra un passato remoto,
ma sono poco più di vent’anni. Collaboratori
che per le Voci del Grigioni Italiano hanno dimostrato una lunga fedeltà così come testimonia la loro presenza alla festa di Roveredo alla
quale non si può che dire un grosso grazie. Se
questa trasmissione è durata così a lungo è anche merito loro, oltre alla lungimiranza di chi
settant’anni orsono decise di fare in modo che
anche le valli italofone dei Grigioni avessero
una pari dignità di rappresentanza nell’etere. Etere che oggi è ancora più ampio di un
tempo, grazie ad internet infatti oggi la Radio
vive una doppia vita. Non c’è più bisogno di
aspettare l’ora canonica per ascoltare una trasmissione. Grazie alla rete delle reti è infatti
sempre possibile scaricare le proprie trasmissioni preferite anche nei momenti più impensati e in ogni parte della terra.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
230
Una voce storica delle “Voci del Grigioni italiano”,
Fausto Tongola, a colloquio con Giorgio Fieschi
231
Storyboard: Astronave; la promozione di un
sistema di raccolta di energia solare, 2010
232
Fumetto, animazione e video:
l’evoluzione di una sognatrice
Mileva Albertini
«Non sarà facile, non te lo consiglio.» Ecco
cosa mi ha detto il collocatore professionale nel lontano 1999, dopo avergli esposto il
mio desiderio di diventare fumettista. Certamente aveva ragione, quella del fumettista
non è una vita semplice. Ad ogni modo, non
ho seguito il consiglio e ho proseguito per la
mia strada. Nel 2004 mi diplomo alla Scuola del Fumetto di Milano, dopo tre anni di
studio tra sceneggiatura, disegno anatomico,
tecniche pittoriche e quant’altro. I miei modelli d’ispirazione sono Egon Schiele, Teddy
Kristiansen, Mike Mignola, Sergio Toppi e
Alessandro Barbucci.
Nel 2006 vengo scelta dalla sezione della
Promozione della cultura dei Grigioni per
uno scambio culturale a Canberra, in Australia. Durante la mia permanenza ho la
possibilità di lavorare ad un mio fumetto che
tratta la tematica scomoda del suicidio, avvolgendolo però da uno strato di leggenda e
mistero. Vengo accolta a braccia aperte da
David Williams, il direttore dell’Australian
National University, che mi offre alloggio
presso una delle loro residenze per gli artisti
in visita, e uno studio dove passo gran parte del tempo, lavorando al mio progetto con
amore e dedizione. L’ambasciatore Christian
Mühlethaler contribuisce nel farmi sentire a
casa, organizzado il pranzo ufficiale di benvenuto, in seguito una cena più informale e
occupandosi anche del rinfresco a seguito
della presentazione del mio lavoro, dove partecipano non solo persone interessate all’artefatto, ma anche rappresentanti della facoltà
di psicologia. Un’esperienza che segnerà la
mia vita per sempre. Ho avuto la fortuna di
incontrare persone meravigliose come la fotografa Denise Ferris e l’elvetica designer del
vetro Lucette Aubort, che mi hanno permes-
“House on the cliff”, 2010. Un disegno che raccoglie
dei pensieri vissuti sul momento con contaminazioni
inconsce
creativi. Al ritorno nel mio caro e amato
Canton Grigioni, parallelamente al carosello
lavorativo nei vari settori che la zona ha saputo offrirmi, partecipo per la seconda volta
ad una mostra organizzata dall’Associazione
Pro Grigioni Italiano, chiamata Arte in viag­
gio, dove con altri giovani artisti mesolcinesi
ho avuto la possibilità di esporre delle illustrazioni. La presenza della Pgi mi ha rassicurato più volte nel corso degli ultimi anni,
quindi approfitto per porgere i miei ringraziamenti.
Ma la mia vita non è fatta solo di disegno,
computer e studio, uno dei miei amori, infatti, è lo snowboard. Lo sport che favorisco per eccellenza. Ho insegnato a piccoli e a
non, per qualche anno presso la Scuola Svizzera di Sci di San Bernardino e lo Sci Club di
Lostallo, ma per questioni di accavallamento degli impegni, ho dovuto mettere in pausa
questo hobby. Attualmente sto per completare l’ultimo anno accademico presso la SUPSI
di Lugano, con un indirizzo in Comunicazione Visiva.
Spendo due minuti per spezzare una lancia
a favore di questa professione, il comunica­
tore visivo, spiegando in che cosa consiste.
Non siamo grafici, non siamo registi, non
siamo illustratori, non siamo fotografi, non
siamo tecnici del suono e non siamo web
designer… Noi siamo un cocktail di tutto
questo. In tre anni impariamo a diventare
multitasking, ovvero capaci di gestire più
cose nel contempo. Siamo in grado di mandare un rendering di un documentario appena realizzato e montato, e nel contempo,
terminare di impaginare un manuale sull’autostima. Approfittare di quei sei lunghi minuti che un programma di animazione 3D
impiega per renderizzare una manciata di secondi di animazione, per estrarre la matita
e abbozzare la grafica di un sito web, oppure quella di un logo, oppure campionare un
suono da manipolare in seguito con qualche
altro software specifico per l’audio, oppure
di selezionare tre delle centocinquantacinque foto scattate ad un fiore, sempre per il
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
so di avere visioni del mondo molto più estese e profonde.
Dopo più di 24 ore di volo per tornare
a casa e meno di 24 ore di permanenza in
Svizzera, mi ritrovo nuovamente in viaggio,
destinazione Milano. Nella grande capitale
della moda italiana, passo il tempo lavorando in uno studio fotografico, come foto-ritoccatrice, ovvero cercando di rendere modelle,
modelli, attrici e attori, impercettibilmente
irreali e perfetti, come siamo abituati a vederli sulle riviste o sui manifesti, mentre la
sera frequento dei corsi di grafica presso
l’Istituto Europeo di Design; questo per tracciarmi nuovi orizzonti e non precludermi le
strade, vista la complessità della vita di noi
233
zione con il Film Festival, per la giornata di
formazione sull’imprenditorialità.
Studiando, ho comunque sempre cercato di
mantenermi attiva nel settore del lavoro. Infatti, al primo anno ho vinto un concorso
interno dell’università, e da allora collaboro
con il Film Festival di Locarno occupandomi
degli aspetti legati all’estetica delle zone VIP
(scelta dei quadri per le sale dove si svolgono le cene, il tipo di arrangiamenti floreali e
le loro decorazioni, i mobili, la grafica dei
menù, ecc.). Questo mi ha riempito di una
gioia molto intensa, poiché nutro un profondo amore per la settima arte, e la possibilità di vedere cosa c’è nel dietro le quinte di
un Festival di questo calibro, credetemi, per
un’amante del cinema ha il suo spessore.
Non è sempre stato facile riuscire a coordinare le varie attività extra-universitarie, tra
cui un corso di recitazione, ma questo mi ha
permesso di migliorare le capacità organizzative.
Ho vinto anche altri concorsi, uno d’illustrazione per la Migros, l’ultimo è stato venture
ideas, organizzato da USI, SUPSI e Centro
Promozione Start-up nell’ambito del programma federale Venturelab in collabora-
Per maggiori informazioni, si segnalano i siti:
Rimanendo in valle, tra un libro e l’altro, ho
ritagliato uno spazio per il Carnevale Linge­
ra di Roveredo. Tra le varie cose, ho svolto il
restyling del logo.
Quel «non sarà facile» riecheggia tuttora
nella mia testa… ma forse è appunto lì il bello, è quella la sfida con la vita. Allora, perché
non capovolgere la cosa? Perché non farla
diventare divertente? Chi lo dice che debba
per forza essere semplice per tutti? Si sa che
le partite più interessanti, spesso arrivano
solo dopo molte fasi e molta pazienza. Quindi, non resta che giocare…
‹http://twitter.com/xleaalx›
‹http://www.flickr.com/photos/leaal›
“Discussione in classe”, 2010. A volte capita che quando qualcuno divaga tra concetti
e spiegazioni marginali, qualcun altro si perda in spazi lontani. Una parte di sé rimane
vigile su quanto succede attorno, ma il resto è stato rapito dal canto delle sirene…
Alpeggi del Moesano
sotto la lente di alpFUTUR
Lino Succetti
Le mucche sugli alpeggi e la salvaguardia dei
pascoli alpini sono al centro del programma
di ricerca alpFUTUR che si pone l’obiettivo
di indicare le prospettive per il futuro utilizzo
delle aree di estivazione, che corrispondono
a circa 500 mila ettari di terreno, pari a un
ottavo della superficie totale della Svizzera.
Lo studio, presentato nella sala comunale
di San Vittore durante l’assemblea della Società agricola del Moesano dall’ingegnere
agronomo Annj Harder Furger e dalla dottoressa Irmi Seidl, rappresentanti dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve
e il paesaggio, ha la funzione di raccogliere
dati in diciotto regioni svizzere in merito ai
progetti di sviluppo da mettere in atto nelle
zone alpestri. Esso vuole fungere da base per
l’elaborazione di strategie politiche e amministrative, nonché riferire sui possibili sviluppi ecologici, economici e sociali del territorio
alpino, allo scopo di fornire i dati su cui basare le politiche future.
Uno studio di questo tipo, hanno precisato
le due relatrici, richiede la collaborazione di
vari enti direttamente interessati alla gestione
degli alpi. Ricercatori ed esperti analizzano e
interpretano poi i dati raccolti e le tendenze,
per individuare le sfide per i prossimi 30-40
anni.
Il progetto di ricerca collaborativa alpFU­
TUR è finanziato dall’Ufficio federale dell’agricoltura UFAG, dall’Ufficio federale
dell’ambiente UFAM e da enti privati.
Le regioni scelte per eseguire gli studi rappresentano la varietà naturale della regione
d’estivazione (Giura, nord delle Alpi, Alpi
Presentazione del progetto alpFUTUR
nella sala comunale di San Vittore
centrali e sud delle Alpi) così come le tradizioni e le strutture socioeconomiche (alpi
privati, cooperative, aziende alpestri piccole
o più grandi). Questi progetti dovrebbero
permettere delle sinergie con altri programmi come Mountland (nell’ambito del Politecnico federale di Zurigo) ed Agrimontana
(Agroscope).
Nella primavera 2009 il progetto è già stato avviato in sei regioni della Svizzera per
un totale di diciannove studi che dovrebbero concludersi entro il 2013. Per il sud delle
Alpi è stato preso in considerazione il distretto Moesa con la raccolta dei dati (analisi
della redditività, cooperazione tra i vari enti,
importanza delle zone di estivazione rispetto
alla natura e al paesaggio rurale, ecc.). Per
il Canton Grigioni pure la regione dell’Engadina bassa è interessata al progetto. In Mesolcina i tenutari degli alpi che partecipano
al progetto sono contattati direttamente dai
responsabili del progetto alpFUTUR in collaborazione con la Società agricola del Moesano.
Maggiori informazioni e aggiornamenti sul
progetto alpFUTUR si trovano sul sito internet della Società agricola del Moesano
‹www.agrimoesa.ch› e ‹www.alpfutur.ch›.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Qui il Moesano
234
manuale sull’autostima citato prima. Il nostro kit per la sopravvivenza è composto da
computer, carta e penna, mouse o tavoletta
grafica, videocamera, macchina fotografica,
pennetta usb, una pastiglia contro il mal di
testa (per quando pensiamo troppo) e tanta
fantasia.
235
Progetto di arginatura
del riale di San Giorgio
a Lostallo
236
Durante l’alluvione dell’agosto del 1978, il
riale di San Giorgio portò a valle una grande quantità di acqua e di detriti. A causa del
deposito di questo materiale, il letto del torrente tra il bacino di ritenzione (zona grotti)
e la zona superiore (cascata) si è considerevolmente alzato.
Subito dopo questo eccezionale evento, in
collaborazione con l’esercito (truppe del genio civile) è stato deciso di costruire un terrapieno all’interno dell’alveo per proteggere
l’abitato. Il terrapieno è stato costruito da
valle verso monte. Per motivi di tempo, però,
il terrapieno nella sua parte superiore non ha
potuto essere ultimato.
L’obiettivo principale del progetto di arginatura è stato quello di innalzare l’argine esistente nella sua parte superiore e costruire
al più presto la sua parte mancante, completando così i lavori iniziati dall’esercito nel
lontano 1978 e mettere definitivamente in sicurezza il paese in caso di nuova alluvione.
Su una lunghezza di circa 70 metri il terrapieno esistente è stato innalzato fino a 3,80
metri. Per i restanti 35 metri verso monte, il
terrapieno è stato completamente prolungato con altezze totali tra i 6,5 metri e i 7,15
metri.
Il volume totale necessario per questi lavori
si è aggirato attorno ai 5’000 m3 di materiale
compatto che è stato scavato in zona e trasportato con veicoli idonei al transito nell’alveo del torrente.
Qui il Moesano
Qui il Moesano
Patrick Mottis
Riale di San Giorgio. A destra in alto l’omonima cascata,
a sinistra il bacino di ritenzione (zona grotti). Al centro
la zona dove l’argine è stato costruito dopo l’alluvione
del 1978. In alto, la zona dove l’arginatura risulta essere
o troppo bassa o mancante
Sezione zona a monte, lavori di scavo e di innalzamento del terrapieno
Sezione zona a monte, a lavori di terrapieno conclusi
La scarpata verso la chiesa è infine stata ricoperta con materiale organico, proveniente
dalla zona del bacino in zona grotti e seminato. La parte più bassa della scarpata all’interno dell’alveo del torrente è inoltre stata
rinforzata e protetta da erosione con dei trovanti recuperati dallo scavo.
Oggi, a seguito dell’innalzamento-prolungamento dell’argine in zona della chiesa di
San Giorgio, la parte di paese sottostante risulta essere messa in sicurezza da cadute di
sassi e colate di fango.
I lavori sono stati seguiti e sussidiati dall’Ufficio tecnico dei Grigioni, nella persona
dell’ingegnere A. Bischoff. I costi complessivi
per l’opera di arginatura sono ammontati a
circa fr. 74’000.–, fr. 11’000.– al di sotto del
preventivo.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
237
è tenuta la conferenza Come nasce un libro
durante la quale autori, grafico, editore e librai hanno potuto affrontare dal loro punto
di vista le tematiche inerenti la nascita, la distribuzione e la vendita del libro! La conferenza in pratica era imperniata sulla nascita
di un particolare libro e a questo proposito
gli autori Carlito Ferrari e Natasha Russo
insieme al grafico Lulo Tognola (arguto e
piccante come al solito) hanno spiegato agli
Qui il Moesano
Giuseppe Russomanno
238
Il 23 aprile ricorre la giornata mondiale del
libro istituita dall’UNESCO nel 1995. L’idea
venne lanciata da Jordi Pujol, Presidente della Catalogna, e prontamente accettata dagli
altri Stati. Fu proprio in Spagna e precisamente a Barcellona che nel 1926 fu istituita
la ricorrenza su proposta dello scrittore Vi­
cent Clavel Andrés. Il 23 aprile erano anche
morti tre scrittori famosi: Cervantes, Shakespeare e Garcilaso de la Vega avvenuta nello stesso anno 1616. Sempre in tale giorno
in Spagna si festeggia San Giorgio, patrono
della Catalogna. La festa è dedicata agli innamorati che hanno la buona abitudine di
regalarsi un libro. Tutte le librerie per l’occasione espongono i loro libri all’esterno e a
chiunque compra un libro viene regalato un
fiore. Anche gli scrittori passeggiando per le
famose ramblas di Barcellona, ne approfittano per firmare i loro libri.
Da noi, nel Moesano, da tre anni, a cura
della Biblioteca SEC/SAP di Roveredo, della Mediateca e delle librerie Russomanno
di Roveredo e Grono e da quest’anno del
Centro Culturale di Soazza, si festeggia la ricorrenza invitando lettori occasionali e non
a leggere nelle varie classi di tutte le scuole
delle due valli! Il 23 aprile una cinquantina
di volontari si è presentata puntualmente, ar-
Interno libreria Errebi, Roveredo
mata di libri e di buone intenzioni, davanti
alle porte delle aule loro assegnate! Inutile
dire che la cosa ha impressionato positivamente insegnanti e alunni che hanno potuto
così approfittare delle esperienze e dei vissuti
dei narratori che con le loro storie li hanno
trasportati in mondi lontani e appassionanti! Non sono mancati nemmeno gli appuntamenti letterari dedicati agli adulti, infatti
nella Mediateca di Roveredo e nella biblioteca di Soazza è stata organizzata l’ora del
tè durante la quale si poteva anche ascoltare
qualche buon racconto! Dulcis in fundo alle
20.15 nella sala del Centro Culturale di Soazza, alla presenza di un centinaio di persone si
attenti spettatori le difficoltà che si incontrano quando si decide di scrivere un libro.
Massimo Gabuzzi in rappresentanza dell’editore Salvioni e il sottoscritto in rappresentanza dei librai hanno poi raccontato come è
difficile stampare e soprattutto vendere un libro. L’applauso spontaneo e cordiale che ha
chiuso la conferenza è senz’altro da indirizzare non soltanto agli organizzatori ma soprattutto ai lettori che hanno messo da parte
lavoro e famiglia per portare una ventata
di novità nelle nostre scuole a dimostrazione del fatto che anche i non addetti ai lavori
hanno qualcosa da dire e che sono disposti
a dirla se gliene viene data la possibilità. Un
grazie di cuore a queste persone e agli insegnanti che li hanno accolti con affabilità e
fiducia.
L’interesse mostrato per la lettura e la voglia
di trasmetterlo anche ad altri attraverso il
canale della scuola ha senz’altro fatto capire
agli insegnanti che non sono soli nella loro
opera educativa e ai lettori, vista l’ottima
accoglienza, che gli insegnanti sono molto
aperti alle cose buone che arrivano dalla società perché tutti lavorano per lo stesso scopo: la crescita spirituale dei nostri ragazzi che
saranno il motore del nostro Paese. Il 2010
assume una particolare valenza in quanto
l’Unesco lo ha designato quale anno internazionale del riavvicinamento delle culture e
quale mezzo migliore del libro per farlo? Gli
organizzatori della manifestazione sono veramente felici di essere riusciti ad estendere
la cosa in tutte e due le valli del Moesano e
anche se negli ultimi anni i concorrenti del
libro sono aumentati, il successo riscontrato
in questa terza edizione fa ben sperare nella
buona tenuta della carta stampata! Grazie ai
nostri amici lettori e arrivederci alla quarta
edizione.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Una giornata
veramente speciale
239
Il postiglione
del San Bernardino
e «la Parigina»
un’insolita storia di famiglia
240
Nel 1904, le sorelle Madeleine e Jeanne Tardieux, con un’accompagnatrice, giungono in
Mesolcina da Parigi, dirette a San Bernardino-Villaggio per trascorrervi le vacanze. Una
meta insolita per due giovani parigine, ma
vi è un motivo ben preciso: la diciassettenne
Madeleine, in particolare, desidera conoscere i parenti della nonna, il cui capofamiglia,
originario di Mesocco, esercitava il mestiere
di pittore e dopo anni di emigrazione stagionale si era stabilito a Parigi. A Mesocco le
tre viaggiatrici si trasferiscono sulla diligenza condotta da Domenico Fulgenzio Ponzio,
detto Genzin, cui compete il tratto fino a
Splügen. In occasione dei successivi spostamenti per incontrare i parenti Anotta, Nigris
e Seghezzi, Madeleine scatta una fotografia
a Pian San Giacomo. Essa ritrae la diligenza
con il postiglione a cassetta e, all’interno, la
sorella Jeanne, davanti alla locanda con Deposito postale.
Dopo questo primo viaggio in Mesolcina
trascorrono parecchi anni. Madeleine si sposa ma già nel 1914, primo anno della Grande
Guerra, perde il marito. Passati altri cinque
anni, ritorna in vacanza a San BernardinoVillaggio, dove chiede del Genzin, «che ballava così bene». La informano che proprio
l’anno prima ha perso la moglie Antonietta,
vittima della pandemia di grippe, la cosiddetta influenza spagnola, che nel XX secolo causò la maggiore catastrofe demografica della
Svizzera. La situazione dell’ex postiglione,
che è diventato postino a Roveredo e si occupa di tre figli in tenera età (Walter, Arnoldo e Werner), è triste. Madeleine riallaccia
il contatto, che si rivela provvidenziale: ambedue vedovi, decidono di sposarsi, ciò che
avviene nel 1920. Da questa unione nascono
altri tre figli: Piero, Antoinette e Franco. Il
tenore di vita della famiglia di otto persone
Pian San Giacomo: la locanda con la
fermata della diligenza nel 1904
non può essere che modesto e richiede perciò
grande parsimonia, sfruttando la produzione
dell’orto come pure della vigna, che consente
una piccola entrata con la vendita di vino,
e con l’allevamento di una ventina di capre.
Un sostegno, anche morale, è costituito dal
fatto che nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale i genitori di Madeleine
si trasferiscono definitivamente a Roveredo.
Ne approfittano i nipotini che, frequentandoli, imparano il francese.
In estate, le capre vengono affidate allo zio
Fernando sull’Alpe di Cadino, dove Franco
si occupa della mungitura, come già al piano. Per le vacanze, la famiglia affitta una cascina in Calanca, sui Monti di Giova, o sul
Monte Laura, che raggiungono dopo circa
tre ore, seguendo il sentiero (la costruzione
della strada sarà iniziata solo nel 1936). Qui,
nel 1932, Antoinette, così richiesta dal pittore Guido Tallone – che affresca la chiesetta
di San Domenico costruita dal 1921 al 1922
su progetto del fratello Enea – posa per il
volto di un angioletto.
Genzin ha cura di assicurare un impiego
ai figli: Walter, elettricista, Arnoldo, fabbro ferraio, Werner, postino, mentre Piero diventa collaboratore di Radio Suisse a
Madeleine Ponzio-Tardieux, ”la Parigina” (1887-1978)
Domenico Fulgenzio Ponzio, postiglione (1881-1959)
Qui il Moesano
Qui il Moesano
Giacomo Pellandini
241
Berna. Genzin, che rimane un appassionato
di montagna e fa parte dell’UTOE (Unione
Ticinese Operai Escursionisti), muore il 4
giugno 1959. La moglie Madeleine, che si è
ben adattata alla vita di paese, vive fino al
1978. Il ricordo di Madeleine è ancora vivo
nella mente degli anziani di Roveredo: era
una signora distinta, grazie anche alla sua
pronuncia francese, e si faceva notare per la
sua finezza ed eleganza. In paese la chiamavano la Madame.
Nel corso degli anni si spengono quattro
figli (Werner, Walter, Arnoldo e Piero). Ancora oggi Werner, che aveva seguito le orme
paterne quale postino, è ricordato a Roveredo per il suo servizio zelante e puntuale. Era
particolarmente benvenuto nelle case quando portava l’AVS. Non di rado, secondo la
consuetudine paesana, veniva gratificato con
un grappino. Dei due figli rimanenti, Antoinette (classe 1925), conosce a Lugano, dov’è
occupata quale telefonista, Josef Weiss, che
sposa nel 1951 a Roveredo. Dopo un periodo a Root, nel Canton Lucerna, gli sposi si
trasferiscono a San Gallo. Qui il marito è nominato caposettore presso la Suva; da quan-
do è pensionato si occupa dell’assistenza a
persone anziane e del suo hobby preferito:
la cura del giardino. Antoinette conduce una
vita piuttosto ritirata, a causa della delicata salute, rallegrandosi delle visite dei figli
e dei tre nipotini. Suo fratello Franco (classe 1930), dopo l’apprendistato alle Officine
federali a Bellinzona, lavora presso la Georg
Fischer a Sciaffusa. Assolve la scuola reclute quale armaiolo a Worblaufen nel Canton
Berna e prosegue la carriera militare in qualità di istruttore federale degli armaioli, raggiungendo il grado di aiutante sottufficiale.
Ora, a Münchenbuchsee, si gode la pensione
con la moglie Stefania nata Pini (padre di Airolo, madre di Arogno), mentre a causa delle
distanze i contatti con i tre figli e i sette nipotini non sono molto frequenti. Ritornano
però volentieri in valle, cogliendo l’occasione
per approvvigionarsi di prodotti locali.
Sia Antoinette che Franco ricordano con nostalgia gli anni della loro fanciullezza, quan‑­
do Roveredo era un quieto villaggio agreste e
la loro lingua - con la mamma e i nonni materni - era il francese: un tempo ormai lontano, ma sempre presente nella loro memoria.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
La squadra maschile U12 si è aggiudicata
senza fatica il girone preliminare battendo
sempre per 2-0 le squadre di Luvinate, Lugano 1, Lugano 3 e Moesa 2. Nella finale il
Moesa 1 si è imposto contro la forte compagine del Giubiasco in una partita comunque
più equilibrata per 25-21 e 25-17. Ottima
prestazione dei quattro che, per l’ultima volta, si sono trovati a giocare con la formazione
base. L’anno prossimo due giocatori militeranno nella U14, dove incontreranno compagini molto più agguerrite. L’altra squadra
di valle in competizione nella stessa categoria, pur vincendo una partita, si è classificata
al nono rango, mentre la squadra dell’U14 è
giunta quinta.
Qui il Moesano
Patrick Mottis,
presidente Moesa Volley
242
Brillante stagione sportiva 2010 per il Moe­
sa Volley, ad iniziare dalla squadra delle ragazze di Terza Lega. Battendo il PV Volley
Lugano, venerdì 7 maggio in casa, le brave
giocatrici, allenate da Domenico Grillo e da
Salvatore Giampà, si sono assicurate il definitivo primo posto in classifica a quota 26
punti su 14 partite giocate, distanziando di
quattro lunghezze la squadra del Sottoceneri, rimasta ferma a 22 punti. Il primo posto
in classifica ha così assicurato alla squadra
moesana la meritata qualificazione diretta in
Seconda Lega!
La seconda grande prestazione ha visto sempre la Terza lega femminile imporsi in una
partita entusiasmante per la Coppa Ticino
contro la squadra della SFG Locarno che milita da anni in Seconda lega e che ha chiuso il
campionato a metà classifica. Dopo un inizio
titubante e timoroso, le ragazze del Moesa si
sono trovate in svantaggio, perdendo il primo set. Dal secondo set, le pallavoliste hanno invece iniziato a macinare punti su punti.
Si sono così nettamente imposte nei seguenti 3 set successivi per 25-20, 25-11 e 25-23
per la grande soddisfazione degli allenatori.
Ottima prestazione, dunque, che ha portato
la squadra mesolcinese alla semifinale della
Coppa Ticino, purtroppo persa per 3 set a 2
contro il fortissimo SG Lugano, terzo classificato nel campionato di Seconda lega.
Ottimi risultati di stagione anche per i più
piccoli. Domenica 28 marzo a Lugano si
sono infatti svolte le finali di pallavolo per
la categoria Under 12 tra le quattro migliori
squadre ticinesi. La squadra U12 del Moesa
La squadra Terza Lega femminile, con allenatori
e comitato, il giorno della promozione
Volley (allenata da Michela Costa e Patrick
Mottis) ha vinto un po’ a sorpresa (alla sua
prima partecipazione ai Campionati ticinesi)
tutte e tre le partite delle finali, aggiudicandosi meritatamente il titolo di Campioni ticinesi! I quattro bravi giovani (una ragazza e
tre ragazzi: Joy Berta, Fabrizio Mottis, Nicolò Barbieri e Nathan Bagnovini), approdati
alle finali dopo una qualificazione sudata sui
campi nei precedenti weekend, hanno battuto il Bedigliora-Novaggio, il Camorino e
il Locarno in finale, sempre col chiaro punteggio di 2-0. Netto anche il risultato della
finale: i moesani hanno vinto il primo set per
25-18 e il secondo con un secco 25-3. Il titolo di Campione ticinese ha così dato accesso
diretto alle Finali svizzere, che si sono tenute
l’8-9 maggio a Bienne. I bravissimi ragazzi si
sono imposti nei gironi preliminari andando
infine a cogliere uno splendido sesto posto di
classifica finale!
Da ultimo, questi giovanissimi, domenica 6
giugno hanno vinto a Lugano pure l’ultimo
torneo Minivolley Cup U12 e U14 indoor
della stagione, alla quale hanno preso parte
anche tre altre compagini del Moesa Volley.
È da segnalare infine anche il buon successo
per la U16 (allenata da Domenico Grillo e
Cinzia Ghidossi) che nel gennaio scorso ha
vinto entrambe le partite giocate per il regolare campionato ticinese presso la SPAI di
Locarno contro il Locarno e il Lugano, issandosi così a metà classifica. Dopo un inizio
di stagione incentrata sugli allenamenti di
tecnica e di tattica, piano piano si sono mostrati anche per loro i primi importanti frutti
sportivi.
I 4 giovani Campioni ticinesi (da sinistra: Joy Berta,
Fabrizio Mottis, Nathan Bagnovini e Nicolò Barbieri)
La U12 maschile vittoriosa al torneo Minivolley Cup
2010 a Lugano (maglietta rossa e bianca) e le altre
compagini moesane
Qui il Moesano
Moesa Volley:
promozione
e risultati importanti
una stagione da incorniciare!
Questi ottimi risultati del 2010 (completati
dalla squadra amatoriale mista di adulti che
partecipa durante l’anno con buon successo
ai tornei di volley e di beach volley dentro
e fuori Cantone), vanno a coronare una stagione superlativa per la giovane e sana associazione sportiva, tra i quali risultati si cita
infine il secondo posto in classifica finale di
Campionato per la U21 allenata da Salvatore Giampà.
Il comitato del Moesa Volley, che ad inizio stagione aveva prefissato due ambiziosi
obiettivi (cioè la qualificazione ai Campiona­
ti Svizzeri per la neonata U21 e la promozione in 2a Lega per la seconda squadra) si vede
così realizzare entrambi con grande soddisfazione di tutti!
Un successo meritato per gli allenatori e per
tutte le ragazze che con devozione e serietà si impegnano giornalmente, e per il comitato che segue e sostiene con passione il
percorso di tutte le sezioni, comprese quelle
minori, dalla U10 alla U16, interessanti bacini per garantire continuità futura alla giovane società.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
243
Qui il Moesano
***
244
Lo scorso marzo
2010, il Lotto
Svizzero ha emesso
la più grande
estrazione della sua
storia, mettendo
in palio ben più
di 35 milioni di
franchi, andati in
seguito ad un unico
fortunatissimo
vincitore…!
L’ingente bottino
ha acceso la
fantasia e i sogni di
molte persone. Ne
abbiamo incontrate
alcune nel Moesano
e chiesto loro
come avrebbero
investito tale cifra
astronomica… N.d.R.
«Se dovessi vincere 35 milioni di franchi,
porterei a termine i lavori di ristrutturazione
del castello di Mesocco. Inoltre, al suo interno costruirei un Holiday Inn con piscina, per
turisti in transito lungo la A13.» (Lorenza,
Mesocco-Lumino, 33 anni)
«Beh, penso che li spenderei il più presto
possibile per non attaccarmi troppo e non
diventarne troppo dipendente. Farei beneficenza… Haiti, Papua, Bolivia. Pagherei pure
il debito della casa. Sosterrei la Pgi mesolcinese, il progetto piscina, e i promotori culturali, artistici, artigianali della Valle, fra cui i
registi di teatro.» (Martino, Lostallo-Coira,
46 anni)
«Sostanzialmente non vorrei che la mia vita
cambiasse: continuerei probabilmente a vivere come ora... certo togliendomi qualche
sfizio in più! Una parte della vincita andrebbe ai miei famigliari e a chi mi è caro e poi
sosterrei alcune organizzazioni ambientaliste
e umanitarie serie!» (Tessa, San Vittore, 37
anni)
«Regalerei un milione a testa ai miei figli,
acquisterei immobili e terreno in Riva (di
proprietà di mia madre), acquisterei un comodo camper per girare i Balcani e l’Europa
dell’Est, istituirei una fondazione, porterei il
domicilio fiscale della fondazione in qualche
paesino cui le imposte farebbero comodo,
così facendo eviterei che i cinque municipali
di Roveredo si fregassero le mani per le previste entrate…» (Stefan, Roveredo, 60 anni)
«A parte costruirmi una casa e aiutare i miei
ragazzi, io costruirei un teatro, dove sarei
io il direttore artistico. In questo teatro dovrebbero recitare in prevalenza gli amatori
e qualche volta i professionisti. Se sapessi
che in paese ci fosse una famiglia bisognosa, l’aiuterei ma non farei beneficenza così
come viene intesa oggi.» (Renata, Mesocco,
57 anni)
Qui il Moesano
Mini-indagine:
«Cosa faresti, se vincessi
35 milioni di franchi al lotto?»
«Comprerei la Bassa Mesolcina e la regalerei
al Ticino…» (Lino, Roveredo, 56 anni)
«Costruirei una bella casa per la famiglia,
cambierei le due automobili, mi godrei un
po’ di più la vita (vacanze, weekend, wellness, ecc.) e una buona parte del resto lo
investirei senza rischi (tassi bassi, come obbligazioni ecc.). Comunque continuerei la
mia vita professionale e famigliare come prima.» (Patrick, Lostallo, 41 anni)
«Il denaro mi potrebbe andar bene in funzione del prossimo. In primis per i bambini che
hanno fame, o stanno male o devono essere
curati. Le molte richieste di associazioni che
si adoperano per migliorare qualcosa in questo tormentato mondo, le richieste di chi, anche da noi, fa fatica ad arrivare a fine mese,
ecc. Detto questo, è chiaro che vorrei dare
– materialmente parlando – anche qualcosa
a parenti e amici. Per me allestirei volentieri il mio sito internet, pubblicherei qualche
libro (senza dover andare in ginocchio da
nessuno). Chissà, magari mi andrebbe anche
un giornale mio o da condividere con chi ha
i miei stessi ideali e principi. Naturalmente
non rinuncerei ad un viaggio in Grecia, alla
ricerca dei miei amati filosofi antichi e del
loro, più o meno ricostruibile, contesto di
vita.» (Nicoletta, San Vittore)
Schedina compilata del Lotto svizzero
«Ben consapevole che non succederà mai, ma
qualora si dovesse concretizzare, a mio avviso bisogna escogitare un modo produttivo e
sano per aiutare chi ha bisogno, occuparsi finalmente di quello che ci piace e appassiona
(ad esempio, per me il mondo dello spettacolo, in particolare il teatro, il ballo, il cinema e
ovviamente un ingrediente che non può mancare con questi tre ingredienti: la musica),
avere più tempo per se stessi, per la famiglia,
gli amici, rimanendo però sempre umili. Coi
soldi vinti, costruirei un edificio dove tutte le
forme di spettacolo possano trovare un unico punto di incontro e le persone interessate
possano accedere per apprendere e/o dare degli insegnamenti. Sono sicura che con questa
cifra si riesca a reperire degli ottimi Maestri,
e di fama internazionale. Insomma, una vera
scuola di recitazione per cinema e teatro, e
naturalmente anche per ogni genere di ballo.
Il mio desiderio è quello che in questa Scuola Casa dello Spettacolo oltre agli insegnamenti di interpretazione, le persone trovino il
sorriso, la serenità, il divertimento, la voglia
di comunicare e soprattutto tanta, ma tan-
ta umanità da poter donare agli spettatori.»
(Carmela, Mesocco, 47 anni)
«35 milioni sono troppi, difficili da immaginare… Comunque, se la fortuna mi baciasse,
avrei già in mente qualche progetto. Innanzitutto, essendo studente, mi pagherei gli studi.
Una certa somma la conserverei in vista dei
viaggi che tanto sogno e una parte la donerei
in beneficenza alle persone meno fortunate
di me o a qualche Associazione umanitaria
che si occupa della ricerca per combattere alcune malattie. Infine, non potrei mai dimenticare di aiutare i miei genitori…» (Veronica,
Roveredo, 19 anni)
«Con tutti quei soldi potrei realizzare tutti
i miei desideri, anche quelli più pazzi, come
costruire un villaggio turistico in Calanca
con tante piccole casette ornate con gerani
e con vista sulla natura più selvaggia. Nel
centro costruirei il mio ristorante, dove poter mangiare e bere, conversare e ammirare il
lento passare delle stagioni, accogliendo gente da ogni dove...» (Prisca, Cama, 38 anni)
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
245
Qui il Moesano
246
«Per il lavoro, non smetterei
ma ridurrei la percentuale,
poi avere a disposizione dai
4 ai 6 mesi di tempo libero
da poter impiegare come
meglio credo. Sono diversi i
sogni nel cassetto. Mi piacerebbe conoscere posti nuovi
che non devono essere per forza a 2’000 km
da qui. Poi un corso d’inglese all’estero, una
casa nuova, e una sbragata con i soci… Anche vero che con 35 milioni sarei un egoista
se li mettessi nel materasso, credo sarebbe
un dovere morale dare una mano a chi ne
ha bisogno (associazioni, fondazioni, ecc.)»
(Athos, Soazza, 40 anni)
«Prima di tutto spero che nessuno venga a
sapere che sono io che ho vinto, poi credo
che con 35 milioni di sicuro mi farei delle
belle vacanze con la mia famiglia, e la beneficenza d’obbligo... Ci starebbe anche una
fondazione. Distribuirei anche un milione ai
miei fratelli e il resto… sotto il materasso.
Niente di diverso da quello che farebbe tanta gente, temo. Continuerei a vivere a Soazza perché si vive bene, comprerei un cavallo
a mia figlia e forse investirei qualcosa anche
per la Mesolcina. Insomma, se vincessi io, il
paese e la Mesolcina potrebbero cambiare
un po’… però sarebbe difficile tenere l’anonimato.» (Maris, Soazza, 39 anni)
«Mi compero un bel, ma proprio bell’attico
nel centro di Londra ed assumo un maggiordomo. La mia vita? Dolce, anzi dolcissimo
far niente... Bighellonare tutto il giorno per
negozi, pub e centri wellness. A Roveredo ci
ritornerei di tanto in tanto: il tempo necessa-
Nicole Peduzzi
Vacanza da sogno; Playa Marsella
(Nicaragua)
rio per bagnare i fiori e arieggiare la casa…»
(Nadia, 47 anni, Roveredo)
«Per prima cosa, confidando ancora nell’oramai tramontato segreto bancario, dovrò
fare di tutto per nascondere la notizia della
mia vincita. Agli occhi della gente non dovrò
paventare nessuna gioia; dovrò sembrare il
solito introverso e musone di prima. Eviterò assolutamente di cambiare l’ormai vetusta
macchina, perché sarebbe il primo indizio di
una vincita. Anche le vacanze in paesi tropicali sono da evitare assolutamente, in quanto
rappresenterebbero un evidente sintomo di
benessere economico. Oltre al problema degli amici cari, dovrò affrontare anche quello
fiscale, in altre parole come sfuggire a quegli sciacalli che vorrebbero dimezzare la mia
vincita? Un altro problema mi balena per la
mente: come e dove investirò il denaro e a
chi lo darò in consegna? Mi potrò mai fidare
di qualcuno? La migliore soluzione: abbandonare tutto e partire per una meta lontana.
Cosa importa estirpare le mie radici, abbandonare gli amici più cari, lasciare la mia
dolce casa? Una tale somma può ben valere
questo sacrificio…»
(Eros, Roveredo, 53 anni)
(San Carlo, 27 marzo 1928 – Buchs, 24 maggio 2009)
Un anno e mezzo fa si spegneva Beni Cleto
Albertini, personalità eclettica del Grigioni Italiano. Cittadino patrizio di Mesocco,
ma nato a San Carlo in Val Poschiavo il 27
marzo 1928, fu il settimo ed ultimo figlio di
Giovanni Albertini e Vittorina de Tognola.
Crebbe a Buchs, nel canton San Gallo, dove
il padre si trasferì per lavorare nell’amministrazione doganale. All’età di sedici anni,
dopo il suo rientro da un soggiorno linguistico a Losanna, gli fu diagnosticata la tubercolosi. Era l’anno 1944 e la penicillina non
era ancora disponibile in Svizzera. Beni fu allora mandato al Sanatorium di Davos, dove
gli venne data una camera al piano inferiore,
quello dove venivano curati i pazienti in fase
terminale. Miracolosamente, Beni sopravvisse. Fu allora trasferito al piano superiore,
dove, riacquistate le forze e grazie anche alle
sue conoscenze linguistiche, cominciò a fare
la conoscenza di pazienti italiani, francesi,
britannici e indiani. Lasciò l’ospedale nel
1946 e, invece di iniziare il lavoro presso le
ferrovie statali come avrebbe voluto il padre,
decise di intraprendere gli studi in gestione
alberghiera alla Hotelfachschule di Lucerna. Subito dopo aver conseguito il diploma,
partì per la Svezia con un amico svedese, suo
collega. Lavorò in un hotel a Vadstena e imparò pure lo svedese da una monaca del famoso monastero di Santa Brigida.
Rientrato in Svizzera lavorò dapprima
come giovane ricezionista al prestigioso
Hôtel de la Paix a Ginevra (1952). In seguito, all’età di ventotto anni, diventò direttore
alberghiero prendendo in mano le redini dell’Hotel Europe a Davos, da lui trasformato
poi in lussuoso albergo.
Durante le vacanze Beni amava esplorare l’Europa. Una volta, durante un viaggio
verso la Grecia, restò per strada a Titogrado (oggi nuovamente chiamata Podgorica) in
Montenegro. Destino volle che un’avvenente
diciassettenne di nome Dida lo poté aiutare
traducendo in tedesco le informazioni del
meccanico. Dopo aver riparato l’automobile,
Beni non proseguì più per la Grecia, ma si
fermò a Budva in Montenegro. Sposò Dida
nel 1960 e un anno dopo nacque la prima
figlia Tamara Dorotea Victoria.
Nel 1963 Beni iniziò la gestione dell’Hotel
Plaza a Zurigo che lasciò però già nel 1966
per cimentarsi in una nuova impresa: l’introduzione del turismo in Tunisia. Un imprenditore tunisino di nome Mr. Sadok Mellouli
l’aveva infatti convinto a tuffarsi in questa
avventura. Con l’aiuto della moglie Dida e
di un altro svizzero che aprì una scuola alberghiera, Beni fu pioniere in questo campo.
In quegli anni la Tunisia era un paese che
doveva importare tutto dalla Francia – dal
materiale di costruzione alle macchine da
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
Beni Cleto Albertini:
albergatore, collezionista
e viaggiatore
«Se vincessi 35 milioni di
franchi comprerei una bella macchina, dei vestiti, farei una vacanza mozzafiato
e costruirei qualche palazzo
dove ci vivrei continuando a
guadagnare.» (Igor, Rovere­
do, 19 anni)
247
ricca collezione di monete fenicie e romane,
di gioielli e d’altri oggetti antichi che i beduini avevano recuperato dopo le primaverili
piogge torrenziali.
Quando la famiglia decise di ritornare in
Svizzera nell’aprile del 1975, Beni scelse di
stabilirsi a Basilea. Grazie alla sua vicinanza
con la Francia, la città renana costituiva per
lui il punto culturale più vicino alla Tunisia,
un paese che ha sempre ricordato con affetto.
Ad età avanzata e afflitto dall’Alzheimer,
Beni intraprese nel 2004 un lungo viaggio
per andare a vivere con la figlia Tamara e la
sua famiglia ad Honolulu, nelle Hawaii. Purtroppo, nel maggio del 2007, fu necessario il
suo rientro in Svizzera. Beni trascorse gli ultimi anni della sua vita cosmopolita a Buchs,
nel Canton San Gallo, dove era cresciuto.
Poesia
L’albero della vita
Dal centro, anello dopo anello,
è cresciuto l’albero.
Impronta indelebile di anni
buoni e di anni magri.
Così la mia vita …
Anno dopo anno sono cresciuto e maturato.
Esperienze, ferite e gioie sono
disegnati nei cerchi.
Nata la mia personalità, il mio carattere.
Forze spirituali, grazie ricevute sono in gioco.
Fede, speranza e amore mi hanno fatto
aperto e libero.
Faccio mie le parole di Rainer Maria Rilke:
«Io vivo la mia vita in anelli che aumentano,
passando sopra le cose.
Forse l’ultimo non lo compierò,
ma tentarlo almeno vorrei».
Sopra la mia ultima dimora
un albero giovane e forte,
così da vivere il più a lungo
qua sulla terra.
In ricordo dei
nostri cari morti
1º settembre 2009 - 31 agosto 2010
SAN VITTORE
28.09.09
08.11.09
14.11.09
02.01.10
20.02.10
01.03.10
25.06.10
BERRI Edgardo, nato il 02.09.1932
STORNI Nicolino, nato il 20.03.1921
STORNI Alberto, nato il 15.03.1928
BORLA Silvano, nato il 07.01.1944
BERRI Massimo, nato il 19.05.1960
GRASSI Irma, nata il 13.05.1927
STORNI Pierina, nata il 06.08.1934
ROVEREDO
02.10.09
23.10.09
11.11.09
22.11.09
24.11.09
02.02.10
10.02.10
26.02.10
12.04.10
19.04.10
08.05.10
12.06.10
28.06.10
17.08.10
LUNGHI Novo, nato il 02.11.1942
DEMENGA Luciana, nata il 27.09.1943
PAGGI Fernanda, nata l’08.09.1938
JAKUPI Kumrije, nato il 01.04.1944
FILISETTI Elda, nata il 06.09.1936
LOSA-PASINI Ida, nata il 14.11.1919
PESENTI Giuseppina,
nata il 19.10.1932
ALBIN Martino, nato il 21.08.1947
NICOLA Enrico, nato il 28.11.1939
BERGAMIN Mario, nato l’08.09.1930
FIBBIOLI Moreno, nato il 15.01.1956
FRANCHI Rezia, nata il 05.10.1928
TOGNI Maria, nata il 13.11.1907
JANETT Giacomo, nato il 29.05.1927
GRONO
05.09.09
23.09.09
02.10.09
07.10.09
24.11.09
28.11.09
13.02.10
28.02.10
13.03.10
BERNI Agostino Sen.,
nato il 01.12.1933
ALBERTINI Susanna, nata il 10.05.1988
GHIDOSSI Silvana, nata il 20.11.1927
POLTI Lino Sen., nato il 23.09.1923
PICCALUGA Fausto, nato il 09.05.1927
STAUB Kurt, nato il 13.09.1936
TOMBA-PAROLINI Maria,
nata il 02.05.1910
TONNA Ines, nata il 18.10.1913
SANTARELLI Quintino,
nato il 18.04.1939
01.05.10 NOZZA-BIELLI Lidia, nata il 17.04.1912
15.05.10 SIEGRIST Willi, nato il 07.08.1914
19.05.10 PEDROTTI Guido, nato l’11.02.1945
24.06.10 MINOLA Eligio, nato il 20.09.1934
13.08.10, Neukomm Flavio, nato il 14.03.1952
LEGGIA
26.07.10 VINZENZ Christoffel, nato il 02.12.1924
CAMA
08.01.10
28.03.10
26.07.10
AMBROSETTI Franco,
nato l’11.04.1939
BETTONI Maddalena,
nata il 13.09.1926
MILANI Giuseppe, nato il 10.02.1933
Qui il Moesano
Qui il Moesano
248
scrivere. All’inaugurazione del suo primo albergo, l’Hôtel Jawhara a Sousse, Beni dovette accogliere i suoi primi clienti con porte e
finestre senza vetri, perché l’ordinazione da
Marsiglia non era arrivata in tempo.
Nel 1967 nacque il secondo figlio Bénédict
Marc Antonio. Come ricordano i familiari, gli anni trascorsi in Tunisia dal 1966 al
1975 furono i più felici di Beni. La sua attività alberghiera era fiorente. Inaugurò tre
alberghi e finì la sua carriera da presidente
della SILT, una compagnia di turismo belga.
Nonostante gli impegni professionali trovava anche il tempo per intraprendere numerose escursioni attraverso il Nord Africa. Dal
Marocco all’Egitto, i suoi viaggi lo portarono a visitare antichi siti romani e numidici
che alimentarono in lui l’interesse per la cultura materiale. Finì infatti per acquisire una
249
LOSTALLO
02.09.09
25.10.09
26.10.09
09.12.09
12.03.10
13.05.10
16.05.10
18.05.10
18.08.10
RAPP Erich, nato il 27.04.1936
GIUDICETTI-SALA Agnese,
nata il 15.05.1922
GIUDICETTI Nicolao,
nato il 06.02.1918
ALBERTINI Ferrante,
nato il 20.09.1928
SANTI-COLOMBO Elisa,
nata il 22.11.1917
ROSA Valentino, nato il 09.02.1936
DERITZ-FOSSATI Flora,
nata il 01.05.1921
FOSSATI-SALA Annita,
nata il 21.01.1917
PICCAMIGLIO Giuseppe,
nato il 21.07.1951
SOAZZA
08.10.09
16.10.09
24.03.10
21.05.10
SANTI Germano, nato il 24.10.1929
ACQUISTAPACE Diego,
nato il 10.11.1930
BOFELLI Ilde, nata il 10.01.1926
RIZZI Maria, nata il 03.04.1921
Rodolfo Fasani
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui il Moesano
MESOCCO
14.12.09
18.01.10
16.02.10
03.04.10
27.04.10
05.05.10
10.05.10
02.07.10
27.08.10
TOSCANO EX FAURE Maria,
nata il 05.10.1919
PROVINI Armando, nato il 27.07.1920
LAMPIETTI Arrigo, nato il 26.01.1931
CORFÙ Giovanni, nato il 01.06.1921
FURGER Silvano, nato il 18.11.1942
PASSARDI Giovanni,
nato il 14.04.1933
TÖNZ Antonietta, nata il 18.12.1921
VIVALDA Elvira, nata il 28.02.1916
FEDERSPIEL Alice, nata il 02.08.1918
SANTA MARIA
24.02.10 PIUBELLINI Irene Brigida Elena,
nata il 16.08.1923
250
SELMA
07.03.10 VON DÄNIKEN Heinz,
nato il 27.07.1927
BRAGGIO
26.09.09 GRASSI Renata, nata il 31.12.1951
11.06.10 HORT Yvon Joseph, nato il 13.03.1933
ROSSA
26.09.09
14.10.09
13.11.09
29.01.10
PAPA Oliva Beatrice,
nata il 28.10.1924
BERTOSSA Mario Damiano Filippo,
nato il 15.12.1929
CAPRIROLI Valeria, nata il 25.07.1920
PAPA Bruno, nato il 09.12.1914
Qui la Bregaglia
Qui
la Bregaglia
251
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Bregaglia
Qui la Bregaglia
50 anni Capanna Sasc Furä
252
253
Club Alpino Svizzero: Sezione Bregaglia
La facciata di una casa a Vicosoprano ornata di fiori.
Foto della Redazione
La ricorrenza dei 50 anni della Capanna Sasc
Furä è l’occasione adatta per volgere uno
sguardo alla storia del nostro rifugio.
Con ammirazione e gratitudine ricordiamo
i fondatori che nel lontano 1960 con spirito
innovativo e molto entusiasmo crearono le
basi per la nascita del nostro rifugio, nonché
tutti i membri ed i guardiani che in seguito
ne hanno reso possibile l’ulteriore sviluppo
con il loro entusiasmo.
Con orgoglio oggi vantiamo un bellissimo rifugio alpino a Sasc Furä che, assieme
alla costruzione di un locale invernale nella
vecchia cascina nel 2003 e ad una palestra
d’arrampicata, inaugurata l’11 luglio 2010,
testimoniano l’impegno e il buon andamento
della Sezione.
Storia: costruzione e ampliamenti
- A fine agosto 1955, in occasione di una
riunione straordinaria a Promontogno, l’ex
presidente Ugo Giacometti ripropone all‘assemblea la costruzione di un rifugio a Sasc
Furä. Si studiano diverse varianti, che però
non trovano il consenso del comitato centrale del Club Alpino Svizzero (CAS).
- All’inizio del 1959 viene nominata una commissione per la costruzione della capanna,
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
- Il 31 maggio dello stesso anno un’altra assemblea decide la costruzione del rifugio e
dà competenza al presidente di procedere in
merito.
Qui la Bregaglia
- Il 14 novembre 1959 l’assemblea dei delegati decreta un sussidio del 50 % e finalmente
il 2 ottobre 1960 numerosi soci e amici della montagna accorsi da vicino e da lontano
possono assistere alla festa d‘inaugurazione
del rifugio Sasc Furä. Costo della costruzione fr. 17’322.–.
- Perciò nel 1964 un gruppo di soci invita la
Sezione a voler fare i passi necessari per ampliare la capanna Sasc Furä e già il 29 agosto
del 1965 ha luogo l’inaugurazione dell’ampliata capanna.
Il presidente della Sezione Rodolfo Giacometti con il
pastore Pietro Leutenegger in occasione della festa
d’inaugurazione
- Nel 1973 muore la guida Reto Giovanoli, che fu il primo custode e si occupò della
capanna, aiutato dalla moglie Ida, fino nel
1966.
- Sono trascorsi pochi anni dall’ultimo ampliamento della capanna Sasc Furä e nel
1977 già si deve decidere un nuovo ampliamento che verrà inaugurato a metà ottobre
del 1978 in occasione dei festeggiamenti per
i 75 anni della Sezione.
Ben presto però ci si accorge che la piccola
capanna non è in grado di accogliere i molti alpinisti che scelgono il Badile quale meta
per le loro ascensioni.
Arturo Semadeni, Costante Ganzoni, Ugo Giacometti e
il dottor Enrico Fasciati sostano davanti all’albergo dei
“pastori“
La capanna durante e dopo l’ampliamento del 1978
254
Qui la Bregaglia
composta dalla presidenza e da Reto Giovanoli, Ero Picenoni e Claudio Ganzoni.
Costo approssimativo fr. 20’500.–.
255
- Nel 1985 muore, dopo lunga malattia, Renata Pool da parecchi anni gerente della nostra capanna Sasc Furä.
- Durante l’anno 1992 il comitato si occupa
nuovamente di un progetto di ampliamento
della capanna. Guido Ganzoni allestisce i
nuovi piani che vengono inviati al rappresentante del comitato centrale.
Dopo l’approvazione del comitato centrale
del CAS e del CAS Sezione Bregaglia si passa
quindi al terzo ampliamento della capanna.
La capanna durante e dopo l’ampliamento del 1965
Il 2 ottobre 2010 i 50 anni della nostra capanna sono stati festeggiati assieme alla popolazione della Bregaglia con un’esposizione
di vecchie fotografie nella sala multiuso di
Bondo, allietata da un coro che eseguì canti
della montagna.
Inaugurazione della Capanna Sasc Furä nel 1996 dopo
l’ennesimo ampliamento
Le fotografie provengono dall’archivio della Sezione
Bregaglia del CAS
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
«Al Cascinott»
Un fatto veramente
accaduto
Nicola Roganti
Dato che sempre
più spesso sentiamo
dire nelle campagne
della “Promozione
della Salute Svizzera”
che è importante
insegnare ai giovani
a fare movimento,
ci è sembrato giusto
portare un esempio
di esercizio fisico
volontario all’aria
aperta che rinforza
i muscoli, mantiene
la salute e dà
soddisfazione. Nicola
vive a Vicosoprano
e ha 11 anni. N.d.R.
Arno Giovanoli
aveva già scritto
nell’Almanacco
del 2009 l’articolo:
Avevo 9 anni.
Anche questo
episodio si svolge
Alago Mott, anno 1932
256
Domenica 14.03.2010 io e mio papà siamo
partiti con sci e snowboard da Roticcio, che
si trova ad un’altitudine di 1268 m, per salire alla nostra cascina in Val Furcela a 2’300
msm. Dopo pochi metri abbiamo incontrato
Guido Giovanoli.
Salendo abbiamo visto solo 3 camosci. Faceva caldo e abbiamo fatto una pausa alla
Sosta, dove io ho mangiato un po’ di merenda.
Saliti la sponda, sopra la Sosta, soffiava un
vento forte che mi portava tutta la neve in
faccia.
Dopo 2 ore di cammino sulla neve dura
siamo arrivati al Cascinott, entrati nella cascina abbiamo preparato il tè con la neve
sciolta.
sul Mott, vicino
a Bivio, dove la
sua famiglia si
trasferiva in estate
con il bestiame
per il periodo
dell’alpeggio. N.d.R.
Dopo aver mangiato il pranzo abbiamo lavato i piatti.
Appena finito, siamo scesi. Io avevo portato lo snowboard, mio padre aveva gli sci.
All’inizio sulla parte più ripida è andato davanti mio papà, alla fine sono andato avanti
io.
A Roticcio la neve era un po’ molle, ma
per fortuna solo per un piccolo tratto.
Scendere con lo snowboard è stata una
bell’esperienza, perché non ero mai sceso da
un pendio così lungo.
A me piace molto anche giocare a hockey, a
calcio e un po’ meno a tennis, vado in bici
e mi piace anche correre e giocare a ladro e
poliziotto.
Proprio di rimpetto al Mott, in una casetta
sulla sponda destra del fiume Giulia, abitava
Alfred che faceva lo stradino. Alfred abitava con la sua mamma Savina, già un po’ anziana, e l’aiutava a governare due vacchette,
falciava l’erba, raccoglieva il fieno e faceva
diversi lavoretti da contadino. La loro stalla
si trovava proprio a fianco della strada carreggiabile.
Una sera d’autunno, sull’imbrunire, Alfred
stava sul fienile caricando una gerla, quando un tizio si presentò sulla porta del fienile,
agitatissimo, gesticolando con mani e braccia. Il nostro Alfred, vedendo qualcosa di
luccicante fra le mani dello sconosciuto, pensò subito ad una rivoltella e pronto spiccò
un salto dalla loggia del fienile, per fortuna
non troppo alta. Trafelato entrò in casa chiudendo bene la porta. Chiamò la mamma e,
balbettando, le raccontò che c’erano dei malviventi che lo volevano uccidere. La mamma,
povera vecchietta, pure lei si spaventò e così
decisero di fuggire per mettersi in salvo.
Presero poche cose indispensabili, fra le
quali una scatoletta di latta nella quale la
mamma teneva i suoi risparmi. Chiusero a
chiave la porta di casa, guardinghi attraver-
sarono il ponte sopra la Giulia e, ansimanti,
arrivarono a casa nostra al Mott chiedendo
aiuto. Quando entrarono in casa faceva già
buio.
Mio babbo chiese loro cosa fosse successo.
Alfred raccontò alla rinfusa e tutto agitato
quello che aveva visto, di quel tizio gesticolante e con la rivoltella in mano, ribadendo
che lo volevano uccidere! Subito i nostri puntellarono la porta di casa e si misero di guardia. Noi piccoli eravamo spaventati quanto i
grandi, e la mamma Savina con la scatola dei
suoi risparmi ben stretta al seno piangeva e
pregava balbettando qualche frase in romancio.
Nel frattempo si era alzata la luna che rischiarava la strada e i nostri uomini videro
un gruppo di persone che si dirigeva verso
Capalotta. Presero coraggio e spararono alcuni colpi in aria coll’intenzione di intimorire i briganti. Questi, arrivati a tarda notte a
Bivio, raccontarono indignati di essere stati
accolti molto malamente al Mott.
Più tardi si venne a sapere che i briganti
erano dei viandanti di passaggio attraverso
la valle della Giulia attardatisi per strada e
che il tizio che si era presentato ad Alfred,
altri non era che un povero sordomuto che
gesticolando con mani e braccia chiedeva
qualche informazione!
Conseguenza della storia
Tutte le volte che andavamo a Bivio a fare
la spesa, il signor Arnold, che gestiva il ristorante Posta, con una certa malizia ci
rammentava l’accaduto dicendo: «Ecco che
arrivano i timorosi!» e concludeva con una
risata.
Scritto a Soglio
durante la primavera del 2010
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Bregaglia
Qui la Bregaglia
Arno Giovanoli
257
Curiosità in archivio
258
Una scatola di legno che si trova nell’archivio comunale di Vicosoprano con la scritta
Eier aveva attirato la mia attenzione da un
po’ di tempo. Un giorno l’ho aperta e ho scoperto che all’interno aveva tanti scompartimenti in cartone per le uova e ognuno di essi
era foderato con foglietti di un calendario o
ritagli di giornale.
Sul coperchio c’era ancora l’indirizzo che
lasciava capire che stata spedita a Davos, da
dove era poi stata rimandata indietro.
Ma perché le uova venivano mandate a Davos e chi le spediva avanti e indietro?
In un quaderno rosso contrassegnato con il
numero 76 che contiene alcune copie di lettere ho poi trovato le risposte:
La prima lettera è stata scritta nel 1941
alla Società
Valorizzazione uova e pollame,
Badenerstr. 330
Zurigo 4
In essa si chiede di voler far pervenire 20 formulari E2 e E3 e un timbro per la centrale
comunale delle uova di Vicosoprano.
Si fa inoltre notare che la produzione annua di uova per gallina calcolata dalla Società, che ammonta a 90-100 uova è troppo
alta per il nostro comune, causa la scarsità di
becchime e dato che le galline devono restare
rinchiuse quasi tutto l’anno.
Leggendo le diverse lettere con le richieste di
spiegazioni si capisce che le famiglie avevano
il diritto (forse anche il dovere) di tenere un
dato numero di galline per produrre le uova
che coprissero il loro fabbisogno.
Qui la Bregaglia
Qui la Bregaglia
Renata Giovanoli-Semadeni
259
Ecco la famosa cassa per le uova depositata
nell’archivio di Vicosoprano
Non vien detto esattamente quante fossero, ma in un punto si legge che un produttore che possedeva 14 galline e aveva una
famiglia che contava 7 persone, doveva consegnare le uova di 3½ galline.
Lettera del 24 febbraio 1942 col timbro del Posto comunale di raccolta delle uova Vicosoprano
Non era chiaro come bisognava calcolare le
chioccie. Siccome smettevano di deporre le
uova per un periodo di pochi mesi, i responsabili del comune ritenevano che avessero diritto a ricevere il mangime come le altre.
A volte il becchime nei negozi scarseggiava
e allora si scriveva alla centrale per sollecitarne la fornitura.
Un altro punto non chiaro era se il fornaiopasticciere che possedeva alcune galline do-
vesse consegnare le uova alla centrale per
poi ricomprarle o se le potesse usare direttamente.
In un’altra lettera si parla di un produttore
che dovrebbe consegnare le uova di 1½ gallina. Purtroppo gliene erano restate solo 11
invece di 12 (uova)! Il grande problema era
quante uova dovesse ancora consegnare?!
Dato che si tratta delle copie delle lettere che
vennero spedite, le risposte non ci sono, ma
si capisce come di volta in volta si cercava
una soluzione che andasse bene per tutti.
Da quanto si legge i produttori ricevevano
29½ centesimi per uovo e la centrale che le
mandava per esempio al Konsumverein a Davos Platz ricavava 32½ centesimi per uovo.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
di St.Moritz e si temeva che nel frattempo le
uova si potessero congelare. Inoltre il porto
postale era meno elevato di quello della ferrovia. Il peso ideale per pacco era di 15kg.
In inverno, quando le galline non deponevano uova, si inviavano gli scontrini per ricevere uova da altri posti. Se c’era la possibilità,
si compravano a Bondo o a Castasegna. Si
vede che lì potevano uscire di più e producevano meglio!
L’ultima lettera porta la data del 25 aprile
1945 e chiede come mai la cassa vuota non
sia più ritornata. Probabilmente con la fine
della guerra l’azione venne interrotta.
In alcune lettere si pregano i fornitori di spedire le uova con la posta e non con il treno,
dato che la Sesa andava a prendere la merce solo una volta alla settimana alla stazione
Erano tempi duri, senza globalizzazione, con
la gente che cercava di produrre gli alimenti
per non morire di fame!
Forse noi che siamo cresciuti in un periodo di benessere generale dovremo ricordarcelo più spesso!!
Come nacquero
i comuni della Bregaglia?
Reto Walther
BONDO
Tanti anni fa la Bregaglia era formata da un
solo comune, e questo fino al 1535.
Secondo un documento del 4.6.1383 e fino
al 1535, il territorio di Sottoporta era diviso in: territorio «di qua dell’acqua» Soglio
e Castasegna e territorio «di là dell’acqua»
Promontogno e Bondo.
Nel 1535 la Bregaglia si divide in due comuni.
Dal promontorio di Nostra Donna, dove la
valle è stretta e fino al confine di stato, si forma il comune di Sottoporta.
Qui la Bregaglia
Risultati della votazione
nei singoli Comuni
aventi diritto di voto 162
schede entrate 87
- SÌ 80
- NO 7
- bianche 0
92% SÌ, partecipazione 54%
CASTASEGNA
aventi diritto di voto 153
schede entrate 92
- SÌ 82
- NO 10
- bianche 0
89% SÌ, partecipazione 60%
SOGLIO
Dalla Nostra Donna fino a Maloja diventa il
comune di Sopraporta.
Nel 1745 Casaccia si stacca dal comune
grande e forma un proprio comune fino all’anno 1971, quando Casaccia si unisce al
comune di Vicosoprano.
260
Nel 1859 Stampa e Vicosoprano si separano,
per formare ognuno un comune proprio.
Nel 1879 si scioglie pure il comune di Sottoporta e nascono i tre comuni di: Castasegna,
Bondo e Soglio.
Il 30 maggio 2008 le assemblee dei cinque
Comuni della Val Bregaglia, Bondo, Castasegna, Soglio, Stampa e Vicosoprano, hanno
approvato a larga maggioranza la convenzione sull’aggregazione dei Comuni.
Una delle ultime lettere, scritta il 25 febbraio 1945,
da notare che questa venne spedita non più a Zurigo
ma a Locarno!
573 cittadini, ossia l’85% dei votanti hanno
detto sì al progetto di aggregazione. La partecipazione al voto è stata del 57%.
aventi diritto di voto 135
schede entrate 85
- SÌ 63
- NO 22
- bianche 0
74% SÌ, partecipazione 63%
STAMPA
aventi diritto di voto 403
schede entrate 220
- SÌ 188
- NO 29
- bianche 3
85% SÌ, partecipazione 55%
VICOSOPRANO
aventi diritto di voto 324
schede entrate 191
- SÌ 160
- NO 30
- bianche 1
84% SÌ, partecipazione 59%
Il 1.1.2010 nasce il comune di Bregaglia
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Bregaglia
Il prezzo era molto buono, confrontato con
il valore odierno delle uova.
Si può ben capire che si calcolasse ogni
singola gallina e ogni singolo uovo!
261
Documento storico
262
L’idea di creare un documento storico con i
bolli, lo stemma e le firme degli ultimi presidenti dei cinque comuni della Bregaglia, mi è
venuta perché faccio parte del gruppo di lavoro archivio storico, che nei mesi invernali
si trova regolarmente un pomeriggio alla settimana in una saletta della ex casa comunale
a Stampa, per catalogare i documenti ricevuti dalle famiglie bregagliotte e che poi vengono depositati all’archivio storico nel Palazzo
Castelmur a Coltura.
A questo punto mi permetto di invitare
chiunque abbia in casa dei documenti interessanti degni di essere conservati a futura
memoria (tipo: documenti antichi, lettere di
emigranti, lettere di soldati, commercio, regolamenti sull’uso degli alpi, contratti, proprietà, testamenti, atti processuali ecc.) a
contattare un membro del gruppo di lavoro:
Qui la Bregaglia
Qui la Bregaglia
Reto Walther
263
Gian Andrea Walther Promontogno
Arnoldo Giacometti Promontogno
Silvio Maurizio Vicosoprano
Reto Walther Coltura
Il materiale che viene messo a disposizione
dell’archivio può essere semplicemente fotocopiato e indi restituito oppure lasciato in
deposito a tempo indeterminato o figurare
come donazione.
Se qualcuno fosse interessato ad avere il documento dei 5 comuni a colori e il documento della nascita dei comuni di Bregaglia su un
cartoncino A4, lo può richiedere a:
Reto Walther tel. 081 822 16 67
al prezzo di fr. 5.–.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Il 22 maggio 2010
ha avuto luogo
l’inaugurazione della
BIBLIOTECASTASEGNA
264
Diamo dunque la parola alla biblioteca
«Dopo tanti anni di vagabondaggio sono finalmente arrivata. Il mio viaggio è iniziato
23 anni fa in un’aula della scuola di Bondo.
Me l’avevano messa a disposizione... provvisoriamente! Il mio posto avrebbe dovuto essere nella vecchia palestra... ma laggiù
c’era un localone molto alto, freddo e anche
bruttino. Ho deciso di non andarci. Prima
dovevano ristrutturarlo. Me lo avevano anche promesso e un architetto stava anche già
facendo progetti. Le bibliotecarie e il bibliotecario – a quei tempi c’era anche un uomo
a prendersi cura di me – non sono rimasti
con le mani in mano: hanno arredato, hanno
comprato libri, hanno organizzato tante manifestazioni e mi hanno anche dato un nome,
BB come Brigitte Bardot, e un logo: il più
bello del canton Grigioni.
Quando hanno iniziato a parlare di ristrutturare la vecchia casa di scuola a Bondo, io sono stata la prima a essere buttata
fuori. Anche questa volta, solo provvisoriamente, mi hanno dato un pezzettino dell’asi-
lo di Castasegna. Le bibliotecarie non si sono
lasciate scoraggiare e credendo nel motto: Se
Dio chiude una porta, lui apre una finestra,
hanno messo tutti i miei ca. 4’500 libri in
sacchetti di carta e siamo partite. Questa
volta non ho aspettato 20 anni! Nei lunghi
mesi d’inverno, invece di passare il tempo
leggendo, ho fatto piani, cercato soldi e un
po’ sognato... Mi sono dovuta cambiare anche il nome, ora sono la bibliotecastasegna,
da BB a CA, non ho ancora trovato come
chi…
E nel frattempo il mio sogno è diventato
realtà. Sono ancora più bella di quanto pensassi…
Mi hanno messo una bellissima porta
d’entrata e sono grande, chiara, spaziosa.
Ho tanti bellissimi libri nuovi in italiano e
anche in tedesco che spero non faranno solo
bella figura nei miei nuovi scaffali, ma mi auguro che voi li portiate via e li leggiate, così
io continuerò a viaggiare…
…perché leggere è per la mente ciò che l’esercizio fisico è per il corpo.»
La gente accorsa alla mia inaugurazione (foto a sinistra).
Le quattro bibliotecarie (foto a destra).
Foto: Renata Giovanoli-Semadeni
Poesia
Qui la Bregaglia
Qui la Bregaglia
Rosita Fasciati-Vincenti
265
«Al boi»
Al boi l’è sciügaa.
L’aua iss la passa pü invia.
Soma ün omet da sasc
al testimonia da lan ura
passäda chilò dii fancc
ca cun aua, sablun, sasc e legn
àn facc spass.
L’ann ca vegn
l’aua la tornarà e implenir al boi;
altri fancc fagiarann sü omin növ
e ‘s divertirann
daspair l’aua,
ent la natüra.
I lasciarann corar la fantasia,
inventand giöch növ
dalonc dal trafich
e dal stress dal dì d’inciö!
Renata Giovanoli-Semadeni
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Bregaglia
Antonella Castelli
266
Fra gli obiettivi prioritari dell’UNESCO per
gli anni 2000-2015, troviamo la diffusione e
il miglioramento della cura e dell’educazione
della prima infanzia, in particolar modo dei
bambini più vulnerabili e svantaggiati. La
strategia proposta è quella di creare contesti alfabetizzanti, a casa, a scuola, al lavoro e
nella comunità locale, per tutelare i bambini
contro quelle deprivazioni culturali presenti
nella nostra società.
Uno di questi contesti sul quale agire prioritariamente è quello famigliare.
Promuovere l’apprendimento nella famiglia, figli e genitori insieme, è anche quanto
si prefigge il progetto Nati per leggere, perfettamente in linea dunque con quanto auspicato dall’UNESCO.
Ho avuto la graditissima opportunità di
presentare il progetto Nati per leggere nel
Grigioni italiano il 19 febbraio 2010 nella scuola media di Stampa, grazie al gentile
invito da parte delle Biblioteche della valle
Bregaglia.
Il progetto
Nati per leggere è un progetto di promozione della lettura rivolto ai bambini e alle
loro famiglie nato negli USA verso la fine
degli anni ottanta sulla base di recenti ricerche scientifiche in neuropsichiatria infantile,
che hanno dimostrato come il leggere ad alta
voce ai bambini in età prescolare abbia una
influenza positiva sia dal punto di vista dell’apprendimento e della conoscenza, sia da
quello delle relazioni interpersonali.
In pratica Nati per leggere desidera creare
nei genitori l’abitudine di leggere ai propri figli fin dai primi mesi di vita, per far diventare il libro una presenza quotidiana nelle loro
giornate. Recenti indagini dimostrano, infatti, che la lettura ad alta voce al bambino in
età precoce aumenta le probabilità che questi
rimanga un lettore anche in futuro, quando
essere un lettore significa avere un miglior
profitto scolastico, poter quindi raggiungere
un alto livello di scolarizzazione e un miglior
inserimento nella società.
Nati per leggere intende suggerire ai genitori un tipo di comportamento comunicativo
positivo, far vedere e sentire come si può interagire con un bambino piccolo attraverso
un libro.
L’adulto che legge a un bambino compie
un’azione molto particolare: si tratta di un
vero e proprio dialogo che comprende non
solo la lettura ad alta voce, ma anche lo stare
in braccio alla mamma, il sorridersi, il guardarsi, l’osservare insieme un’immagine. Tutto ciò conferma al bambino la percezione di
vivere un momento speciale e privilegiato.
Significa che la lettura ad alta voce, nella sua
apparente semplicità, contiene valenze legate
a modelli di comunicazione di tipo affettivo
e cognitivo che agiscono in modo rilevante
sul suo sviluppo.
Per questo è importante che i genitori siano consapevoli del valore di condividere la
lettura di un libro con i loro bambini anche
molto piccoli, non soltanto per trasmettere una storia, un racconto, una filastrocca,
ma per nutrire la loro mente di parole che li
sorprendano, che li abituino ad immaginare
mondi possibili e a sviluppare capacità e modalità di scambio emotivo con gli altri.
Il libro
Per definizione il libro è un oggetto culturale che porta con sé i valori e la cultura della
lingua scritta, e la lettura ai bambini è un’attività di cura, una pratica di condivisione e
di iniziazione ai valori di una società, un’occasione di produzione di idee e significati.
D’altra parte il libro è uno strumento che si
presta a molti altri usi: a sollecitare la creatività ed l’immaginazione ma anche a familiarizzare con il registro della lingua scritta,
a sperimentare emozioni e sentimenti come
pure a stimolare riflessione e discussione.
Molto prima che si ponga il problema dell’apprendimento della lettura in senso stretto, il libro è una straordinaria occasione di
stimolazione intellettuale, di potenziamento
delle capacità di espressione ed è un modo di
familiarizzare i bambini con il sistema simbolico. Molto, naturalmente, dipende dalla
scelta dei libri, dalla consapevolezza delle
loro peculiarità, e dalla conoscenza dei bambini cui si legge, ma soprattutto è decisiva la
dedizione, spesso quasi inconsapevole, degli
adulti che leggono ai bambini.
Gli obiettivi
In sintesi Nati per leggere intende promuovere:
- la pratica della lettura ai bambini fin dai
primi anni di vita, come opportunità fon‑
damentale di sviluppo della persona;
-
-
una tutela più ampia del bambino in nome
del suo diritto ad esser protetto non solo
dalla malattia e dalla violenza ma anche
dalla mancanza di adeguate occasioni di
sviluppo affettivo e cognitivo;
la consapevolezza che libro e lettura sono
importanti strumenti per i genitori che
vogliono accompagnare i loro bambini nella
crescita degli affetti e delle emozioni.
Nati per leggere si colloca in quel ventaglio
di proposte in grado di favorire migliori
competenze linguistiche per cercare di frenare il fenomeno dell’illetteratismo (analfabetismo di ritorno), problema che in Svizzera
tocca il 22% della popolazione, tra cui 600
mila adulti. I costi sociali da esso derivati
sono stati calcolati prudentemente in 1.1 miliardi di franchi l’anno. Porre rimedio a questa triste e preoccupante situazione non è più
un compito destinato alle sole istituzioni culturali attive in questo campo, ma un dovere
della società intera. Nati per leggere intende
collaborare proprio in questa direzione come
campagna di sensibilizzazione sull’importanza della lettura in età precoce, quale premes-
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Bregaglia
Anche i bambini svizzeri
sono nati per leggere
267
Qui la Bregaglia
Bibliomedia e Istituto svizzero
Media e Ragazzi
268
Promotori e coordinatori del progetto sono
Bibliomedia e l’Istituto svizzero Media e
Ragazzi. Dal 1920 la Fondazione svizzera
Bibliomedia è attiva nello sviluppo delle biblioteche e nella promozione della lettura. I
suoi servizi sono rivolti a biblioteche pubbliche e scolastiche, a scuole, ma anche a enti
privati e a istituzioni attive in ambito culturale, presenti anche in piccoli comuni o in
quartieri periferici.
L’Istituto svizzero Media e Ragazzi, con un
preciso mandato da parte dell’Ufficio federale della cultura, si occupa della promozione
della lettura nei giovani e nei bambini nelle 4
lingue nazionali, tramite numerose iniziative
e progetti che coinvolgono la scuola, le famiglie, le biblioteche e più in generale tutti gli
educatori.
Grazie alla collaborazione di queste due
Istituzioni, nel 2006 nella regione di lingua
italiana e nel 2008 su piano nazionale (e
quindi anche in tedesco, in francese e in romancio) con il patrocinio del presidente della
Confederazione e con il sostegno dell’Ufficio
federale della cultura, ha preso avvio Nati
per leggere Svizzera. Le tre regioni linguistiche dispongono dello stesso materiale informativo ‹www.natiperleggere.ch›, ma operano
in maniera autonoma in funzione delle diverse esigenze pratiche e culturali.
Nella Svizzera italiana
Nella nostra regione linguistica i promotori del progetto sono la Bibliomedia della
Svizzera italiana ‹www.bibliomedia.ch/it› e
Media e Ragazzi Ticino e Grigioni italiano
‹www.tigri.ch›, succursale italofona dell’Istituto svizzero con sede a Zurigo ‹www.sikjm.ch›.
L’iniziativa ha richiesto un grande lavoro
di preparazione da parte dei due enti promotori e richiederà sempre, anche in futuro, un
impegno costante. Infatti, affinché Nati per
leggere possa realizzarsi in maniera ottimale, si è reso indispensabile il coinvolgimento
dei medici pediatri, delle biblioteche e di vari
enti locali. Solo mediante questa preziosa alleanza, nel rispetto delle rispettive competenze, l’iniziativa può avere successo.
Gli ambulatori, come pure i consultori pediatrici, sono luoghi strategici. L’autorevolezza che i genitori riconoscono ai pediatri
ne fanno degli efficaci suggeritori e promotori della lettura durante i periodici controlli di salute, nell’arco dei primi cinque anni
di vita del bambino. Essi possono rafforzare
efficacemente il loro messaggio, consegnando ai genitori il materiale informativo appositamente preparato dai due enti promotori,
organizzando un angolo di lettura nella sala
d’attesa, dove saranno presenti gli stessi libri
che i genitori sono poi invitati ad andare a
cercare nella biblioteca più vicina.
Il ruolo delle biblioteche non è meno importante, né meno impegnativo. I bibliotecari curano i contatti con le famiglie
interessate al progetto, si procurano i libri
segnalati nelle bibliografie, prevedono di
organizzare dei momenti particolari di ritrovo dedicati alla lettura, durante i quali
mamme e bambini possono fare amicizia.
Nati per leggere vuol essere, infatti, anche
occasione straordinaria d’incontro, dove è
possibile fare nuove conoscenze, scambiare
consigli, confrontare problemi, darsi una
mano. Occasioni tanto più importanti per
i genitori provenienti da culture diverse.
Alle biblioteche spetta inoltre il compito di
allestire uno spazio facilmente riconoscibile per accogliere i piccoli utenti e le loro
famiglie.
Lo stesso discorso vale per tutti i Servizi
di assistenza e cura a domicilio e per gli Asili
nido che accolgono i bambini dai tre mesi ai
tre anni di età e hanno deciso di aderire all’iniziativa.
L’approccio scientifico che sta alla base della
professione medica, l’abitudine alla verifica,
al controllo di efficacia, al confronto di dati
risvegliano interessi analoghi tra chi si occupa di libri e di letteratura. Dall’altro lato,
avvicinare anche i non addetti ai lavori alla
ricchezza, varietà e potenzialità del mondo
dei libri per bambini, è fonte di sorpresa e di
grande arricchimento.
Attività di formazione
Gli Enti promotori prevedono incontri di aggiornamento e di formazione e animazioni
alla lettura a scadenza regolare per tutti gli
aderenti al progetto. La struttura dei corsi è
diversificata in rapporto ai destinatari, privilegiando l’aspetto dello sviluppo affettivo e
relazionale della lettura ad alta voce praticata in ambito famigliare se rivolti ai genitori,
l’aspetto pedagogico ed educativo se rivolti a
bibliotecari, insegnanti e educatori.
Le animazioni alla lettura per i genitori
hanno luogo nelle biblioteche, negli ambulatori pediatrici, negli asili nido e dove ci sarà
richiesta specifica.
Materiale di supporto
Gli enti promotori mettono a disposizione:
- Amare il libro in tenera età, un opusco‑
lo per i genitori, con alcune considerazioni
riguardanti l’applicazione pratica del pro‑
getto e 3 bibliografie divise per fasce d’età;
-
-
-
gli adesivi da incollare su tutti i libri adatti
a Nati per leggere;
diversi elenchi divisi per regione (compren‑
sorio) con gli indirizzi utili degli studi me‑
dici, dei consultori pediatrici e delle biblio‑
teche, per tutti gli aderenti all’iniziativa;
un pacchetto regalo da distribuire alle
famiglie in cui vi è una nascita (il pacchet‑
to contiene due libri illustrati per bambini,
l’opuscolo Amare il libro in tenera età e un
libro curato dai promotori per avvicinare i
genitori alla filosofia del progetto).
Di grande aiuto il sito ‹www.natiperleggere.ch›,
assai esaustivo e costantemente aggiornato.
Da gennaio 2009 l’iniziativa si presenta in
maniera ancora più capillare, grazie ad un
opuscolo in cui si illustrano contenuti e finalità in 14 idiomi: lo scopo è quello di raggiungere le numerose famiglie che in Svizzera
parlano un idioma diverso.
Inoltre per il Grigioni italiano è stato preparato un prospetto informativo speciale in
italiano, tedesco e in tre idiomi romanci.
Scopo del progetto, come si è visto, non è
quello di leggere al lattante, ma di usare il
libro con lui, di far conoscere il libro nelle
sue caratteristiche come strumento di comunicazione essenziale. Al di là delle proposte
specifiche, ciò che occorre fare con i genitori è modellare un tipo di comportamento
comunicativo. Far vedere e sentire come si
interagisce con un bambino piccolo attraverso un libro, facendo leva sul fatto che si
tratta di un’attività normale e quotidiana,
per la quale ognuno può trovare la propria
voce autentica, il proprio vero modo di essere.
Per questo mi sento di ringraziare di cuore
tutti coloro che hanno già accettato di aderire a Nati per leggere Svizzera, fra i quali non
mancano diversi enti del Grigioni italiano.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Bregaglia
sa indispensabile per un effettivo inserimento
sociale dell’individuo.
269
La seconda immagine è senza dubbio veritiera. All’albergo si affianca l’ufficio postale. Non possono aiutarci
le date di spedizione delle cartoline; la seconda non è
viaggiata, mentre la prima è datata 1905, solo un anno
dopo l’inaugurazione
270
Qui la Bregaglia
Qui la Bregaglia
Ad un attento osservatore la prima immagine risulta un fotomontaggio; gli abbaini sul
tetto risultano di numero inferiore a quelli reali, le finestre appaiono tutte finte, anche
altri piccoli particolari fanno pensare alla foto di un progetto e non alla realizzazione
finale. Ricordiamo che l’architetto fu Ottavio Ganzoni di Promontogno, attivo all’inizio
del secolo con alcune importanti realizzazioni in valle
271
Due immagini dell‘Albergo Helvetia:
una falsa l‘altra vera.
Essere o apparire?
Walter Coretti
Oggi spesso in molti ambiti quello che conta
è apparire.
Mi sono chiesto in che modo questo corrispondesse alla realtà delle prime cartoline
della nostra valle. Parliamo quindi di immagini di fine 800, inizi 900.
La risposta, a mio parere, è stata confortante: due soli falsi, entrambi di alberghi,
evidentemente per aumentarne l’imponenza
e renderli quindi più attrattivi ai numerosi turisti che già in quell’epoca visitavano la
nostra valle.
Fotomontaggio... accalappia-clienti
Rispetto alla costruzione reale, le due cartoline hanno caratteristiche diverse:
Nella prima con un abile fotomontaggio l‘altezza e l’imponenza
dell‘Hotel Bregaglia sono state
modificate con l‘aggiunta di un
piano e di ali laterali assolutamente
inesistenti nella costruzione reale
riportata nella terza immagine
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
L’erica arborea (Baumerika)
Qui la Bregaglia
Qui la Bregaglia
Remo Maurizio
Nella seconda addirittura l’ambiente è stato falsato con un primo piano dell’albergo e mettendo il paese
sullo sfondo al fine di far risaltare l’imponenza dell’Hotel. Il medesimo fotomontaggio si trova anche in
alcune pubblicità dell’epoca
272
273
Cespugli di erica arborea radicati
su una roccia. Foto dell’autore
È una pianta mediterranea cespugliosa, sempreverde, alta alcuni metri, con tronco e rami
legnosi. Le foglie sono piccole e aghiformi. I
fiori si presentano rosei, solitari o riuniti in
verticilli (cioè sullo stesso piano intorno al
ramo).
L’erica arborea ama il caldo. Cresce abbondante sui pendii asciutti e solativi della Val
Chiavenna. Raggiunge gli 800 metri s.l.m.
all’imbocco della Val Codera, ma non è più
presente al confine italo-svizzero di Castasegna. Infatti si ferma presso le cascate dell’Acqua Fraggia, a ca. 5,5 km dalla frontiera
italo-svizzera. Qui si situa il posto di ritrovamento naturale più a nord dell’intero arco
alpino. Quello dell’Acqua Fraggia è quindi
un posto degno di essere menzionato, ma soprattutto di essere protetto e mantenuto.
In Svizzera l’erica arborea non cresce spontanea, neppure nel sud del Canton Ticino.
Per ultima l’immagine reale in una cartolina che pubblicizza le caratteristiche dell’Hotel
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Com’è la Varroa? Sembra uno scudo di
un antico guerriero greco: piatto ed ellittico. Color rossiccio fino a rosso scuro quasi
nero; le dimensioni sono contenute da 1,5
a 2 mm. Rostro, zampe (ben otto!!) e corpo tutto sotto lo scudo tanto per non dare
nell’occhio e sentirsi ben protetto. Per quanto piccolo, questo acaro si distingue bene ad
occhio nudo anche se cerca in genere di infilarsi fra le connessure della corazza dell’ape
per suggere l’emolinfa dove l’esoscheletro
è più debole e quindi non sempre è in posizioni ben visibili. Ovviamente stiamo parlando di individui femminili. I maschi sono
talmente insignificanti nelle dimensioni e nel
ruolo comparsa, assegnato nel dramma più
complessivo, che non vale neppure la pena di
menzionarli.
Perché la Varroa è un terribile nemico?
Perché è difficile da contrastare, ha alto numero di generazioni all’anno e, con queste,
Qui la Bregaglia
Giampaolo Palmieri
274
Su invito di Pro
Natura Bregaglia
e degli Apicoltori
bregagliotti il signor
Palmieri, presidente
dell’Associazione
Produttori Apistici
della provincia
di Sondrio, ha
tenuto una serata
informativa sulle api,
le loro particolarità,
la loro cura e la gioia
che ci possono dare,
non solo attraverso
la produzione del
miele e della cera,
ma anche con la
loro compagnia.
Sono felice che in
quell’occassione
abbia
spontaneamente
accettato di scrivere
un articolo per il
nostro Almanacco,
in cui spiega in
modo chiaro ed
interessante il
problema più
grande che i nostri
apicoltori stanno
affrontando ormai
da alcuni anni. N.d.R.
Aspettava solo un attimo di disattenzione.
Poi scivolò silenziosa fra quelle giovani vite
della nursary. Diabolicamente, senza intoppi, raggiunse la culla e si nascose mentre
le amorevoli cure degli adulti provvedevano all’alimentazione della piccola creatura.
Quietamente attese che il pudico tendaggio a
protezione dell’ultimo sonno di gioventù fosse ben steso per potersi poi abbandonare al
suo vampiresco pasto.
La vittima è impotente, ferma e muta. Le
sorelle camminano poco sopra ma non si
possono accorgere del dramma che si sta
consumando nella celletta sotto di loro. Con
il rostro la Varroa provvederà a pungere più
volte la pupa per succhiarne il sangue, ovvero l’emolinfa. Così ben nutrita potrà figliare.
Due generazioni e mezzo – ma anche tre a
carico di una sola pupa. Non è un caso che
la culla spesso si trasforma in tomba o che le
api nascono fortemente handicappate.
Questo vampiro viene dall’oriente ma lì le
api hanno elaborato delle tecniche di spulciamento collaborativo che tende a limitare
una forte capacità di adattamento. Insorgono facilmente fenomeni di resistenza ovvero
presenta una notevole capacità ad assuefarsi
alla sostanze chimiche che vengono impiegate per combatterla. A ciò si affianca anche la
capacità di adeguare rapidamente il proprio
comportamento biologico al mutare delle
esigenze. I trattamenti operati dall’uomo, ad
esempio, colpiscono solo le Varroe quando
queste parassitizzano le api adulte. Nell’ultimo decennio abbiamo notato che hanno imparato a ridurre il periodo che passano sulle
api adulte, prediligendo un maggior soggiorno fra la covata, rimanendo così meno
esposte all’azione dell’apicoltore. I metodi di
lotta sono poi resi complessi anche dalle affinità biologiche esistenti fra ospite e vittima:
difficile trovare sostanze letali per la Varroa
ed innocue per le api. La scelta dei prodotti
e dei protocolli è complicata anche dalla necessità di salvaguardare la purezza e la qua-
Ape con le ali atrofizzate
Qui la Bregaglia
Un vampiro si aggira
per gli alveari
275
Varroa su ape.
Le foto: archivio dell’autore
la presenza di questo parassita. Hanno impiegato secoli, anzi forse millenni per scrivere questo nel loro DNA . Per le nostre non è
così. La minaccia è troppo recente perché le
vittime elaborino biologicamente una strategia altrettanto vincente e poi, essendo allevate, l’evoluzione e la difesa della specie non è
più affare della Natura ma ormai pressoché
completamente delegata all’uomo. Strano
come in questa società di insetti cooperazione ed individualismo siano sempre presenti in modo antitetico. E come fanno fatica
ad apprendere un gesto di cooperazione e
di amore in più !! Vien sempre un brivido
quando si riflette sulle analogie che rivelano
con l’uomo.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
«Al mül
dal Pasini»
276
Varroa su pupa.
Foto: archivio dell’autore
lità del miele e della cera da ogni possibile
contaminazione. I prodotti utilizzati devono
inoltre, ovviamente, rispondere ai requisiti
di legge e alle procedure di studio e verifica
previsti per la registrazione dei farmaci. Norme più che giuste ma i tempi della ricerca, gli
interessi economici delle case produttrici, la
burocrazia e i tempi di registrazione dei farmaci veterinari non sempre sono così tempestivi ed adeguati ai ritmi di adattamento di
questo acaro.
E le forti mortalità degli alveari che si sono
registrate negli ultimi anni? A mio avviso
sono quasi tutte legate al flagello: Varroa destruttor (il cognome sarà banale ma il nome
è tutto un programma). Le famiglie di api
una volta indebolite dagli attacchi del parassita perdono la capacità di difesa e di riequilibrio anche in merito ad altre patologie.
Sono come i pazienti che debilitati, muoiono poi di polmonite per un semplice colpo d’aria. Le punture delle Varroe sulle api
adulte, ad esempio, non portano alla morte
ma sono vettori di virus. Le api indebolite
da questo parassita, specie in inverno, faticano, inoltre, a effettuare i voli di purificazioni e così le feci sono trattenute per molti
più giorni e possono contribuire a favorire la
nosemiasi, patologia intestinale determinata
da un protozoo (anzi adesso classificato fra
i miceti). Una patologia che in alcuni casi è
molto diffusa e pericolosa. Negli ultimi anni
si parla soprattutto di una forma di Nosema,
il ceranae che si presenta senza manifestare i
sintomi classici della patologia e quindi più
difficile da diagnosticare senza un buon supporto tecnico di laboratorio.
Non si può che concludere che salvare le
api è basilare perché esse hanno una capacità di impollinazione che è pressoché unica.
Sono importanti per l’agricoltura e soprattutto per l’ambiente, se vogliamo ancora rivedere, anno dopo anno, la grande quantità
di fiori a cui siamo abituati: nei prati, nei boschi, dei nostri luoghi del cuore.
Io ho lavorato ai tempi della costruzione degli impianti delle forze idriche della Bregaglia
nella direzione dei lavori della città di Zurigo su tutti i cantieri della Bregaglia. Avevo
imparato il mestiere del muratore. Finito la
scuola reclute tornai in valle nel periodo in
cui erano iniziati i primi lavori di costruzione degli impianti.
Vi voglio raccontare una storiella che mi
capitò sul cantiere di Murtaira, ai tempi
chiamato il K2, perché poco prima Achille
Compagnoni aveva conquistato la vetta del
K2 nell’Himalaja.
Il cantiere di Murtaria era un cantiere molto ripido, impegnativo e faticoso.
Il collegamento fra le baracche e le opere
di costruzioni era garantito da scale di legno
che contavano più di 350 scalini.
Alla fine dei lavori nel cantiere del Plancanin si smontarono tutte le installazioni.
Quando avemmo finito di smontare le installazioni, arrivò una telefonata dell’ingegnere in capo, signor Zingg, che si trovava a
Zurigo. Diceva che il giorno dopo ci sarebbe
stata una seduta straordinaria alle ore 16:00
nell’ufficio a Vicosoprano che si trovava nell’Elvezia.
Il giorno dopo ci trovammo in 15 tra ingegneri, technici e un muratore nell’ufficio a
Vicosoprano.
In apertura il signor Zingg, ingenere in
capo, disse che avevano deciso di eseguire ulteriori lavori nelle strutture esterne del
cantiere del Plancanin per cui servivano diverse tonnellate di cemento. Dalla galleria
che dal Plancanin porta a Murtaira il binario
era stato tolto e dunque i mezzi meccanici vi
non potevano più entrare. La domanda a cui
bisognava dare una risposta era dunque:
come portare le diverse tonnellate di cemento mancanti al Plancanin?
Io ero seduto in un angolo del tavolo, avevo solo il diploma di muratore e mi sentivo
quasi minorato. Il signor Zingg era una persona che parlava con grande autorità e voleva una soluzione immediata.
A quei tempi non si faceva uso degli elicotteri.
Tutti i cervelloni esposero la loro idea,
ma erano soluzioni troppo costose. Il signor
Zingg guardò dalla mia parte e mi chiese
come avrei fatto io. Un’idea ce l’avevo.
Risposi che forse si poteva fare così: prendere un mulo, portarlo con la teleferica fino
al portale della galleria di Murtaira e lì utilizzare i caretti della revisione delle gallerie,
caricarli di cemento e farli tirare dal mulo
fino al Plancanin.
Tutti scopiarono in una risata e mi dissero
che era una cosa impossibile.
Io ci restai un po’ male, ma non dissi niente. Dopo un istante riprese la parola il signor
Zingg e disse: «Perché no, questa può essere
un’idea realizzabile.»
I grandi cervelloni ci restarono male, il
signor Zingg chiuse la seduta e mi fece fermare per discutere il mio progetto. Dopo la
discussione mi diede luce verde e io mi impegnai ad eseguirlo.
Il giorno dopo girai la valle per vedere se
c’era la possibilità di ottenere un mulo per
questo tipo di lavoro. Lo trovai a Roticcio
dal sigonr Emilio Pasini.
Dopo aver contrattato con il signor Pasini,
misi subito per iscritto il contratto. Il signor
Pasini mi assicurò che lui avrebbe portato il
mulo fino al portale della galleria di Murtaira.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Bregaglia
Qui la Bregaglia
Giorgio Derungs
277
Agganciata la barella, partimmo, io ero sulla pedana, perchè nella barella c’era il mulo.
All’inizio tutto andò bene, ma arrivato sopra
le case di Ca d’Faret ad un’altezza di cira 80
metri, il nostro macchinista avrebbe dovuto
rallentare la teleferica e procedere a marcia
ridotta. Ma non fu così, la teleferica viaggiava a grande velocità e all’inizio della salita si
bloccò. Il nostro buon Gian si era addormentato. Il mulo cominciò a dare calci e spaccò
tutte le pareti. I pezzi delle assi cascarono
poco lontano dalle case del bel maggese. Io
mi tenevo alla barella e cercavo di calmare il
mulo. Dopo un momento la teleferica riprese
a muoversi.
Sulla barella con il mulo a valle
Sulla barella con il mulo in cima alla
teleferica vecchia di Murtaira
Arrivati al portale della galleria, il signor
Rähs non fermò la teleferica sul pilone ma
cira 3 metri prima. Restai appeso mentre il
telefono suonava, ma non potevo uscire.
Rähs avrebbe potuto vedere sul suo quadrante, dove mi trovavo, ma non si spostava
di una virgola. Per fortuna uscì un operaio
dalla galleria. Così gli dissi: «Vai sul pilone e
telefona per dirgli di tirare ancora 3 metri.»
La manovra funzionò.
porta stagna aveva circa un’altezza di 1.65
m e 80 cm di larghezza. Tentammo di convincere il mulo, gli prendemmo le gambe anteriori e gliele piegammo sotto la pancia. Il
mulo era come in ginocchio. Davanti tiravano e dietro spingevano. L’operazione riuscì, il
mulo fu introdotto nella galleria, lì si rimise
in piedi. Dopo introducemmo i 5 carretti in
galleria, li legammo assieme e li caricammo
con i sacchi di cemento. Su un carro avevano
posto 20 sacchi, dunque potevamo trasportare 100 sacchi per volta. Quindi legammo
il mulo con le dovute stanghe ai carri.
Nella galleria non c’era nessuna fonte di
luce, ci servivamo di lampade a carburo.
Ognuno ne aveva una. Dopo avere preparato il carico per bene, io salii sul carro e
presi in mano le redini per guidare il mulo.
Dissi agli altri di spingere i carri alla partenza e poi salire sul carro. Appena i carri furono messi in movimento, diedi un hü hü; il
mio hü rinbombò nella galleria e il mulo si
Calammo la barella sulla strada che portava
all’imbocco della galleria, lì presi il mulo, lo
codussi nel portale e gli diedi da mangiare. Il
mulo si era calmato e potei legarlo davanti
al camerone della galleria, dove gli avevamo
preparato un bel posto.
Il giorno dopo preparammo i carri per la
partenza.
Andammo con il mulo fino alla porta stagna della galleria e ci accorgemmo che il
mulo non passava in altezza. Che fare? La
spaventò. Comiciò a correre come un dannato. Le luci si spensero all’istante, tutto era
oscuro e il mulo correva e correva come un
pazzo. Io mi sono orientato solo quando, arrivato nel punto della galleria dove c’è una
curva, capii che potevamo essere presto al
Plancanin.
Avevo dato l’ordine di aprire la porta
provvisoria, ma non si vedeva nessuna luce.
Si sentì un colpo battere sulla parete provvisoria, il mulo diede un raglio e tutto tornò
silenzioso. Scendemmo dal carro e rimettemmo in azione le nostre lampade a carburo.
Il mulo era sdraiato sulla soletta della galleria come stecchito. Tentammo di slacciarlo e
spingemmo indietro i carri. Nel frattempo la
squadra che lavorava all’esterno aprì la porta provvisoria. Provammo a spingere il mulo
fuori dalla galleria, ma non si muoveva, sembrava morto.
Lo lasciammo quieto per un’oretta. Non
dava nessun segno di vita. Io ero preoccupato.
Ad un tratto dal dissabbiatore del Plancanin entrò un raggio di sole. Io non smettevo di ossevare il mulo e mi parve che in quel
raggio di luce muovesse un orecchio. Gli andai vicino, gli accarezzai la testa e il mulo
aprì gli occhi. Io dissi fra me: «Che Dio me
la mandi buona.»
Dopo aver scaricato il cemento e girato i
carri, fummo pronti per il ritorno.
Mi avvicinai al mulo, gli misi una mano
sulla schiena e lo feci alzare, tutto funzionò
per il meglio. Presi il mulo ed entrai di nuovo in galleria. Lì allacciammo i carri vuoti e
tornammo a Murtaira con un passo normale. Dopo quell’inizio cruento il mulo fu per
tutto il tempo molto docile e tutto funzionò
nel modo migliore.
Con l’aiuto del mulo portavamo 500 sacchi di cemento al giorno al Plancanin e gli
operai non riuscivano a consumarlo alla
stessa velocità.
Alla fine dell’operazione mulo il signor
Zingg, ingegnere in capo, mi ringraziò e mi
invitò a mangiare un buon pranzo.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Bregaglia
Qui la Bregaglia
278
Il prezzo che chiedeva ammontava a 16 franchi al giorno più 2 franchi al giorno per il
fieno.
Io non avevo nessuna conoscenza in fatto
di muli.
Nella stazione a valle di Murtaira avevo
modificato la barella, montando delle sponde alte circa 1 metro. La mattina Emilio si
presentò con il mulo. Gli chiesi se andasse
tutto bene. Mi rispose di sì, ma che lui non
sarebbe salito sulla barella con il mulo.
Io mi arrabbiai parecchio e gli feci notare che il nostro contratto diceva così. Ma
lui non cedette. Cosa mi toccò fare? Dovetti
salire io stesso assieme al mulo. Quando alzammo la barella per agganciarla alla teleferica, il mulo si accorse di non trovarsi più
sulla terra ferma, comiciò a dare calci e spaccò tutte le sponde.
Calammo dunque la barella, togliemmo il
mulo e inchiodammo delle pareti più solide,
quindi abbassai la pedana e caricammo nuovamento il mulo sulla barella, lo legammo
e gli sistemammo una coperta militare sulla
testa.
Al macchinista, signor Rähs Gian, che
ognitanto si addormentava, dissi di fare attenzione e di regolare bene la velocità, in
modo che la barella non dondolasse sul filo.
Mi rispose: «Vai pure e fidati di me.»
279
Gianin Gianotti
Ringraziamo di
cuore la signora
Sina Fasciati che ci
ha fatto pervenire
questo teatrino scritto
dal maestro Gianin
Lögh: Qui la Bregaglia
280
Aldo G.:
Erwin : Luigi:
Ernesto: Giacum: Erwin: Ernesto: Ernesto: Mario: Giacum: Ernesto: Erwin: Mario: Luigi: Aldo G.: Ernesto: Giacum:
Aldo G.:
Ernesto: Luigi: Erwin: Ernesto:
Gianotti di Vicosoprano
per rievocare i fatti
salienti della vita
del comune negli
anni che seguirono
la costruzione della
diga dell’Albigna
e inscenato dagli
allievi di secondaria
durante la sera di
Calendimarzo del
1961. [N.d.R.]
Davant el Pretorio, üna seira da l’invern dal 1961.
(As zära l’üsc dal Pretorio e vegnan ora 5 oman: Erwin,
Luigi, Aldo Giovanoli, Mario e Giacum)
Um à facc ün bun pass inavant.
Ma ai l’è vulüda tüta.
Urmai as sà, er la mear idea l’incuntra sempar ün po’ da
cuntrarietà.
(Al riva giò par sträda e al fa par indär via e legiar i avis)
Vualtar da Ruticc u rivà sempar in ritard.
La radunanza l’è bela e sciünäda.
Am è rincrasciü da nu veir pudü rivär ora e temp, ma l’è
üna strädacia.
Ce vev decis innura sta seira?
Ie à l’impresciun ca la sea indacia ben e c’um abbia töcc
bunan decisiun.
(Vers l’Ernesto) Um sè gnii e quela da numinär üna dele‑
gaziun.
Üna delegaziun, ma parciè mai e cun ce incumbenza?
Üna delegaziun ch’ingiarà fin in Sardegna.
Indu’ el pö sta Sardegna? Ie cun tüt lan scola ca ie à giü,
nu ‘n à mai santii numinär.
Ma er ie ‘n à capii poch. Al segretari l’à dascorz ün po’
ent i snuz e ie nu à capii ben. Ma l’à da essar giò daspair
Ginevra.
La Sardegna l’è e süd da Genova e mia da Ginevra. L’è
ün’isola immez el mär.
Ie à l’impresciun ca u zavairà tüc insemal. Parciè pö üna
delegaziun da mandär immez el mär?
A, ie capisc ben ca tü ‘t disinteressa dii noss affari da cu‑
mün, tü ca tü è sagiür ent sü la ti bela mota da Ruticc,
ma nualtar or chilò, l’è diferent.
Ben dicia.
Ma ie nu sà ci pericul ca possan esistar par vualtar daplü
cu par nualtar.
As trata da la diga.
Tü sà ben ca l’è sfessa.
A, quel l’è ün pezz ca ie ‘l sà. Ma l’è la facenda da la dele‑
gaziun ca ie nu capisc mia.
Luigi: Erwin:
Aldo G.:
Ernesto:
Giacum: Ernesto: Erwin:
Ben, sci dà ement. Um à numinaa üna delegaziun da tre ca
ingiarà in Sardegna e fär ün’urdinaziun da sügar, cioè da
legn da calcun, par pudeir stupär ent lan sfessa da la diga.
Ben preist ai sarà la racolta dal legn da calcun lagiò e um à
panzaa da ‘s an fär rivär sü 4 o 5 vagun. Tant ün po’ daplü
o ün po’ da manch nu fagiarà pö mia ora tant.
Al legn da calcun nu ‘l peisa pö mia inscì tant.
Ma ca ai àn vola propi inscì ün grand quantitativ?
L’altar dì l’è stacc chilò ün ingegner e l’à da veir dicc ca
almanch 3 vagun ai àn vuless.
Ma innura parciè mai an cumandär 4 o 5 vagun, sa an
bastan tre?
Üna scorta da calcun l’ingiarà sempar ben da la veir là.
Um pò forza stupär giò er i böc da la sträda ent al pais.
(is sentan giò sü la banca)
(vegnan or da l’üsc: Gino, Aldo, Fritz, Silvano, Nicolin, Rodolfo,
Carlo Maffei, Carlo Pedroni e Adriano)
Gino:
Am pär ca la sea indacia ben!
Silvano: Insoma, e la scola nu ‘s ai dà mai impurtanza ebonda.
Aldo:
Ma ben, iss cun tüt quel prolungament, ie penz c’um à facc
ün bun pass inavant e c’um camina cul temp.
Carlo P.: Parciè, fin in iss at paräva c’um füss stacc or da temp?
Aldo:
Nu ‘s trata da quel. Sa um vol stär in cuncurenza cul Tascin,
um à da slungär lan scola.
Rodolfo: Iss quela dal fil eletrich par ciürär al bas-ciam d’aton am pär
üna buna idea. Par an fär ün bun afare, um varà ben da stär
insemal.
Carlo P.: E i pastret gnirann giò da moda.
Nicolin: As pò forza guardär cun la cità da Zürigh, ca as cunceda
anca ün suplement d’energia gratuida par cargär lan bataria.
Silvano: I füssan forza interessaa er quii dii Euclid. I àn quasi sempar
dascargaa lan bataria quii mostar d’afari.
Adriano: Is àn facc ün bun sarvesci cun quii Euclid.
Aldo P.: E i fann pirlär da mincadì e er da dumenga ogni tant...
Adriano: Ie à parò l’impresciun ca i vessan da cuntinuär sü bel drizz e
sa ‘l fa dasbögn da taiär ora er ün po’ da bosch.
Nicolin: E fond i àn d’indär giò. Innura tü avdarà ca ‘l cessa er l’aua
ent lan canva.
Gino:
A ba, ba! Quel l’à da essar aua ca vegn sü d’ingiò e ‘l sarà
dificil da ‘s la dastör.
Fritz:
Das glaub’i au, was de Gino da seit. Das Wasser kunnt ganz
b’stimmt vo una ufa. Ja nu, das wömmer jetz scho meistera.
Jetz hämmer ja au as Wort z’säga. Oder was denkst du Karl?
Carlo M.: Es ka scho si, es ka scho si. ‘S isch aber kalt do, i gon ufa.
Aldo P.: Cun tüt quel mücc da rapan ch’is mandan sü quii da Zürigh,
cassa um varal pö da tör e man?
Rodolfo: Par quel nu veir mia tema. Am vegn ben libar in qualci
maneira.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Bregaglia
«Attività püblica»
281
L’idea da la suvrastanza da rinovär al Pretorio par farmär
quii ca vann in Italia, sa i fann la sträda or da pais, am
pär ca la merita da essar sustagnida.
Al sarà pö er da guardär indua ca ‘s ingiarà cun la pumpa.
(La scena la reista ün mument vöida, pö as sent vusc.
Al riva lan dona dal Frauenverein)
Zilla:
Lidia:
M.Louise:
Lidia:
Ada:
M.Louise:
Ma guardà, guardà, i àn già tracc al carnacc!
Ca la sea già sciünäda la radünanza?
L’è già tüt smuranzaa.
Sci ie scumet ca nu l’è mianca smuranzaa dapartüt.
O dia, dia, i noss oman i sarann già e ciäsa e ‘s spaciär.
Al me al sarà già sü tüt intent dree la si cuntabilità. Incur
ca ‘s met dree e trär cià i se furmulari al pär al segretari
dal Cilè.
(As tragiand ün po’ da la banda e guardär la faciäda dal Pretorio)
Essar, sto Pretorio, l’è sciont ün edifizi interessant.
L’è pü rär cu ünich in tüt la Svizzra.
Ma ce disciat mai, pü rär cu ünich?
Ma scì, cui se sgrafit, al se stemma, la berlina e la
campanelina.
Ci sà sa ‘l Heimatschutz al darà vargot er par al Pretorio?
Quel nu crech mia, l’à già suvenziunaa fort al fonc giò sül
tecc da la tor quädra.
A l’è suvenziunaa dal Heimatschutz quel bel guafan par
l’alarm? Ie nu saväva mia.
Nu eni mia giü ent, enta Ruticc e vendar i talar da
ciculata?
A, altar che. Sa ‘s trata da trär ent rapan, i sann ben indu’
ca l’è Ruticc.
Ma ben, sci i àn sarvii e ün bun scopo.
L’è doma da sparär ca la sirena nu l’abbia mai da
funziunär.
Brr! Che freid... (As invia)
Ingem er nualtar sü la Corona.
Ma scì, u no Rodolfo, c’um cacia davent l’avarizia intant
ca l’è anca temp.
(I vann)
Ie vun sü er ie e ‘n beivar ün quintin da quel blanch.
Ie, par al me stomach, l’è forza mear üna Rivella o ün’aua
minerale.
Quela am plascess ben er e ie, ma am dà dalunga ent la
teista e ent lan gamba.
(Qualci altar vann)
Hei, hei! Ingem e ‘n beivar ün got. (Al guarda sül larogi)
Fin e l’ura da pulizia al và anca ün bun mument.
(I vann tüc)
Zilla:
Ma scì, cun quel corz da cuntabilità i päran tüt quant in‑
diavulaa. Is dasmencan parfin d’indär e mungiar lan vaca.
Emilia:
Bun ca ‘l me om l’è tant sbrigativ. L’à già riempii e cunse‑
gnaa tüt lan scheda d’imposta e inscia um pudarà veir ün
bel Calendamarz in päsc.
M.Louise: (la dà ement) Altar che indacc e ciäsa i oman, am pär dai
santir e cantär.
Emilia:
Ma ce disciat mai, da quistan ura?
Ada:
Altrochè, i cantan la Montanara. (La cantarela dree)
Zilla:
Ma chilò l’è ora ün avis növ.
Lidia:
Lecc sü da fort, ca ie nu trov plü i me ugei!
(La cerca giò la tasca)
M.Louise: Sci det bun e ment, l’è propi vargot par nualtran dona:
(La leg) Per l’istituenda grande industria di plastica, cercan‑
si in tutti i villaggi della Bregaglia brave e fidate donne e
giovanette di entrambe le confessioni e di ogni età.
Lavoro facile e pulito: ottime e garantite condizioni di paga.
Da annunciarsi entro il 1. aprile al Comitato Pro Plastica
Bregagliotto.
Ün pair:
O, ma guardà mo ci bel.
Altran:
E ci buna ucasciun par guadagnär bii rapan!
M.Louise: Ie già m’anunc.
Ada:
Er ie!
Zilla:
Er ie!
Lidia:
Ma e tüc i facc da ciäsa?
Zilla:
Ö, issa cun tüt lan machina ca ‘s trova.
M.Louise: L’è già rivaa prospet d’üna machina ca läva, stira,
supressa e cuncia ent i böcc.
Ada:
E par cuscinär, ie già ie crump üna machina par fär
pommes frîtes.
Lidia:
E cun tüt quel ca ‘s guadagna, as pudarà pö er crumpär
üna machina ca läva i piat.
Zilla:
Forza er ca an vanza anca er par la televisciun.
M.Louise: Ahi, ci belezza! E ci bii temp ca ‘m và incuntar!
Ada:
Ma la fabrica indu’ gnirala pö?
Zilla:
Incus’ ca ie à santii dir, i volan fabricär or al bar da
lan norza.
M.Louise: E ie am plascess daplü sü Camplungh e sul.
Emilia:
Ca ‘s vess pö da caminär tüc i dì fin lassü?
Ada:
Par quel, inciö, cun üna teleferica al füss facil cumbinär.
Lidia:
Ma basta, ie già nu sun mia tant da quela.
Emilia:
L’è mear ca ‘m ai dorma anca sura.
M.L. e Ada: Scì, scì, ingem e lecc, buna nöcc.
Zilla: Arivederci mardì ca vegn! Buna nöcc!
Lidia:
E nu dasmancà mia da tör dree tüc i lavureri par la
tombola. Buna nöcc e tütan.
Tütan:
Buna nöcc.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Bregaglia
Qui la Bregaglia
282
Nicolin:
Silvano:
Erwin:
Adriano:
Mario: Giacum:
Rodolfo:
Gino:
Ernesto:
Nicolin:
Ernesto:
Luigi:
Erwin:
Carlo M.:
Rodolfo:
Aldo P.:
Nicolin:
Adriano:
Nicolin:
Ernesto:
283
Continua il diario
di Andrea Ganzoni
Ilda Rezzoli
Ursina Negrini-Ganzoni
Dopo le
annotazioni
dell’anno 1899,
pubblicate
nell’Almanacco
dell’anno scorso,
ecco quelle
riguardanti
il 1900
millenovecento.
Qui la Bregaglia
1° Gennaio Essendo ieri Domenica, si festeg-
284
Dato che in passato le persone venivano battezzate spesso con i nomi dei genitori, nonni o zii, quasi tutti gli uomini di Soglio si
chiamavano: Gaudenzio, Andrea o Antonio.
Per le donne sceglievano: Anna, Maria, Caterina…
Per questo motivo c’era una grande quantità di persone con lo stesso nome e spesso
anche con lo stesso cognome. I soprannomi
furono introdotti, dunque, per riuscire a distinguerli tra loro.
Mi permetto di elencarne alcuni, sperando di
non offendere nessuno.
Siccome sono nata in una famiglia di Giovanoli, e questi erano i più numerosi, incomincio da loro:
I Barbun – Giovanoli da parte di mia madre
I Fadrich – Giovanoli da parte di mio padre
I Pipetta – Giovanoli della casa Max
I Curasin in gamba – Giovanoli,1. stirpe
I Curasin – Giovanoli chiamati anche Bülo o
Cantante, 2. stirpe
I Foll – Giovanoli chiamati anche al femminile Lan Folla, perché avevano tante figlie
I Malera – Giovanoli che oggi vivono sia a
Soglio che nei villaggi della valle
I Mutella – Giovanoli che oggi si trovano a
Vicosoprano e vengono chiamati anche Mutelin
I Oscar – Giovanoli di Spino, famiglia numerosa il cui padre si chiamava Oscar
I Cuasecca – Giovanoli di Bondo
I Fadrigott o I Cua – Giovanoli trasferitisi a
Coltura e Borgonovo
I Giuanöl – Giovanoli trasferitisi a Coltura
I Ghirei – Giovanoli trasferitisi a Bondo, Fex
e Maloja
Al Biond – un Giovanoli biondo, più unico
che raro
Molte famiglie Giovanoli con tanti figli si
trasferirono a Bivio – Cavreccia.
C’erano anche altre famiglie di Soglio con
dei soprannomi:
I Corett – Coretti
I Treila – Torriani
I Vustin – Torriani il cui nome si perse, perché i maschi non si sposarono e le figlie non
lo tramandarono
I Misott, I Polin, i Martin – Pool con diversi
figlie e figlie in e fuori valle
I Gianotti – famiglia scomparsa a Soglio
I Nunzi – figli trasferiti a Vicosoprano e fuori valle
I Suentar, I Zafun o Lan Calgheira (figlie di
un calzolaio) – Fasciati
I Sallasc, I Curdinei – Salis trasferitisi a Montaccio, Vicosoprano e fuori valle
I Ricc, I Mulineir o I Fanni – Ruinelli
Quando abitavo ancora a Soglio c’erano già
alcune famiglie che erano venute da fuori ed
erano: I Willy, i Filschki, i Schumacher e i
Wazzau.
giò St. Silvestro più del solito. Come d’uso
alla sera ci fu funzione nella chiesa. In seguito poi chi se ne andò a casa, e chi in compagnia cercò di divertirsi dappiù recandosi
nelle bettole. Da ciò che si sente dappertutto
si cominciò il nuovo anno in buona armonia e speriamo dunque di finirlo pure così. Io
con diversi amici passai il mio St. Silvestro al
Palazz, ove si fece piccola cena e fra discussioni e canto ci si restò sin verso mattina. Incominciammo l’anno con pioggia tutto il dì.
7 gen. Notte durante, neve, 10 cm. Cominciò di poi a piovere e detta neve si sciolse
rapidamente. Dopomezzodì si tirò lo slittone
e si va coi carri sino a Vicosoprano.
13 gen. Bel giorno. Tenor dire dei vecchi ai
13 di questo mese, il sole, dopo la sua assenza di circa un mese e mezzo, doveva tornare
a dare un’occhiata sino alla nostra casa, ma
malgrado il bel tempo, non potei osservare
nulla.
20 e 21° gen. Bel tempo, vento favonio.
La sera gran ballo della gioventù all’albergo
Bregaglia. Ci fu forte concorso di ballerini e
ballerine e tutto finì in allegria e per bene.
2 Febbraio Stanotte venne altra neve, e rag-
giungeva l’altezza di circa 10-12 cm. Si tirò
lo slittone e si va coi carri tuttora sino a Vicosoprano. Dopomezzodì venne un po’di
pioggia cosicché la neve di nuovo se ne va
in acqua.
4 feb. Neve e pioggia. Essendo io senza
occupazione stabile, mi sembrano lunghi e
noiosi i giorni di lavoro, ma infine in uno
o nell’altro modo, c’è sempre mezzo di farli
passare. Non così invece è il caso colle domeniche. Restando un po’di più nel letto che gli
altri giorni, passa in qualche maniera l’avanti mezzodì, il dopomezzodì però non finisce
più. All’una e un quarto, ora, d’inverno c’è la
predica, ma al giorno d’oggi che tutti credono d’esser sapienti abbastanza, specialmente
del sesso maschile, ben pochi ci vanno. Sortendo quindi dalla chiesa bisogna tornar a
casa, oppure se si vuol passare qualche ora
in compagnia recarsi nelle bettole. Sin qui
pazienza. Se almeno nelle taverne si trovasse buona compagnia da potersi trattenere in
qualche utile discussione ecc. ecc. non vorrei
dir nulla. Al contrario però in tutte le osterie
non si fa che giocare Jass, 3/7 e che so io, da
mezzodì sino a sera ed anche dopo cena si
comincia con tal nobile divertimento. È dunque chiaro che per un avversario del giuoco
come lo sono io, una domenica d’inverno
dopomezzodì riesce di vera noja.
5 feb. Giorno mediocre, caldo. La neve è
quasi completamente sparita. Le strade però
sono ancora fangose e cattive. Nella vicina
Italia, regna in diversi siti l’influenza. Da noi
sin ora grazie a Dio, ancor non si fece sentire. Malgrado il tempaccio umido di questi
ultimi giorni salvo qualche piccolo raffreddore, la salute qui è in generale buona.
16 feb. Giornata senza vento ma nuvola,
tempaccio perfido ossia unliebliches Wetter
come si dice in tedesco. In questi giorni transita nuovamente molta merce pell’Engadina,
come al solito sempre vino e carbone, ciò che
nello scorso gennaio non fu il caso. Il cambio
da carro a slitta si fa ancora a Vicosoprano.
20 feb. La scorsa notte cadde alquanta
neve, circa 15 cm. Ebbimo di poi neve mista
con pioggia. Le strade son pessime. La posta
del dopomezzodì proveniente da Samedan
arrivò con oltre un’ora di ritardo.
25 feb. Domenica. Bellissima giornata. Ai
crotti, essendoci ancor un po’ di neve, non
si potè stare all’aperto. Nei luoghi ove c’è
molto sole la neve è quasi via, però le strade
sono ancor fangose e cattive.
5 Marzo Continua il vento. Sereno ma fred-
do. In una stalla a Casaccia scoppiò la zoppina, e sembra sia stata importata con fieno
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Bregaglia
Cognomi e soprannomi
di Soglio e dintorni
285
subito condotta all’istituto Pasteur a Milano,
onde essere curata. Anche a Castasegna per
sospetto d’idrofobia si uccise un cane. Poveri
noi se la malattia si propagasse, colla massa
di cani grandi e piccoli che oggidì girano pelle strade. Soltanto sul territorio di Promontogno e Bondo ce ne sono attualmente 13, a
Spino 3. Molti proprietari farebbero meglio
d’impiegare i franchi 4 che pagano di tassa
pel loro cane, per comperare polenta pelle
loro famiglie.
17 marzo Merito ai cani idrofobi dei quali ne parlai giorni fa, vien fatta la seguente
pubblicazione nel foglio ufficiale Cantonale:
«Der Hundebann ist im Engadin und Puschlav verhängt. Die Hunde müssen an einem
sicheren Orte eingeschlossen oder mit einem metallenen Maulkorb versehen werden. Die gebissenen Personen werden der
Pasteur’schen Impfung unterworfen, die mit
dem getöteten Hund im Berührung gewesenen Hunde & Katzen werden getötet.
Herrenlose Hunde werden wie immer aufgefangen und sofern sie nicht innert 6 Tagen
zurückverlangt werden amtlich beseitigt.
Als Herrenlos gelten: a) Hunde welche kein
Halsband , oder ein solches ohne eine gültige Marke tragen; b) Hunde mit Halsband
und Marke welche ohne Eigentümer in einer Entfernung von wenigstens 5 Km vom
Wohnort dieser letzteren herumstreifen».
20 marzo Fiera di San Giuseppe a Chiavenna. A motivo della zoppina che regna
nella provincia di Sondrio sono chiusi i passi pel bestiame bovino e porcino, percui la
frequenza dei bregagliotti a detta fiera quest’anno non fu grande. Del resto le fiere oggidì eccettuato pell’acquisto di cavalli od altri
animali, perdono vieppiù d’importanza giacchè pella compra d’altri generi dappertutto
ci sono botteghe. Oltracciò i commessi viaggiatori e mercanti ambulanti non mancano
di girare pelle case, offrendo merci più di
quello che fa bisogno. Basta ad avere danaro, non si resta più intrigati!
22 marzo Pioggia e neve. Ebbe luogo
l’esposizione cantonale dei tori di razza alla
Plef. Vennero condotti sul piazzale 12 tori
grandi e piccoli, belli e brutti. Dei quali però
i tre esperti cantonali ( Braun di Coira, Ca-
menisch di Sarn e Roffler di Jenatz ) non
poterono ammetterne che la metà alla premiazione. 2 vennero premiati in 1a classe con
fr. 70.– caduno. 2 in 2a classe con fr. 60.– caduno ed altri due in 3a classe con fr. 50.–.
Anzi uno dei due ultimi causa mancanza di
danaro non ricevette che menzione onorevole. Detta esposizione riguardava naturalmente solo il Circolo di Bregaglia.
25 marzo Cielo coperto e piuttosto freddo. Ai crotti si stava meglio accanto al fuoco
che all’aperto. Oggi asta del legname di proprietà comunale, di una condotta proveniente dalla Bondasca. Tutta la partita era della
misura di circa 1’500 m cubi. Alla detta asta
si presentarono oltre ad alcuni negozianti
nazionali, diversi negozianti italiani e l’esito
fu buono! Il legname di fabbrica venne pagato fr. 18.– sin fr. 20.– il metro cubo; quello
da bruciare fr. 3.– sin fr. 3.50 al metro cubo
di volume, mentreché pel legname d’opera, trattasi naturalmente metro cubo massa
compatta.
26 marzo Principiato oggi a concimare
i prati che lo scorso autunno non vennero
concimati.
28 marzo Venne ancora alquanta neve, di-
modoché essa neve raggiungeva l’altezza di
25-30 cm. Di poi il cielo si schiarì e alcune
occhiate di sole la fecero sciogliere più che la
metà. Si tirò stamane lo slittone ma le strade
sono pessime. Anche in montagna è caduta
molta neve. La posta da Samedan del dopomezzodì arrivò qui con oltre mezz’ora di ritardo.
30 marzo Cielo coperto e vento. Freddo.
Passano ancor giornalmente molti minatori
diretti alla volta di Preda e Bevers.
1° aprile Vento e freddo, ma bella giornata.
Ai crotti chi giuocava alle bocce, potè resistere all’aperto, gli altri dovettero ritirarsi
presso al fuoco.
Foto: Il personale che lavorava nell’albergo Bregaglia
nel 1899. L’uomo con la croce è Camillo Ganzoni,
fratello di Andrea e mio nonno
Qui terminano le annotazioni giornaliere nel quader­
netto nero di Andrea Ganzoni. Sulle pagine seguenti
sono annotate ricette di pasticcerie scritte un po’ in
italiano e un po’ in francese da suo fratello Camillo
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Bregaglia
Qui la Bregaglia
286
proveniente dall’Italia. Da ciò che pare, si
son prese le volute misure onde localizzare
la malattia.
6 marzo Ritornati oggi da Campacc col
bestiame, ove eravamo dopo il 29 gennaio.
11 marzo Domenica. Bel giorno. Ai crotti si giuocò a bocce e si potè stare all’aperto
a bere il solito bicchiere di vino, verso sera
era tuttavia freschino. Stasera concerto della
musica Concordia di Castasegna nella gran
sala dell’Albergo Bregaglia. In seguito ballo.
Le tasse d’entrata pel concerto sono fissate:
pel concerto a fr. 1.50 pei primi posti, a fr.
1.– pei secondi posti; pel ballo fr. 1.–. In realtà tale festa è una speculazione della musica
di Castasegna essendoché il ricavo va nella
sua borsa, e secondo me sarebbe desiderabile se pochi ci prendessero parte a tal divertimento, che così forse in avvenire i nostri
quacc (sopranome di quelli di Castasegna) se
la vedono magra non s’arrischiassero poi di
venire colle loro pagliacciate. Pazienza se le
tasse d’entrata fossero più miti, ma per un
concerto come ognuno se lo può immaginare, le tasse sud.te sono troppo alte, pelle nostre circostanze.
12 marzo Altra bella giornata. Il saputo
concerto venne ieri sera frequentato discretamente. Sembra ci sia stata un’entrata di oltre
fr. 100.–, ciò che vuol dire che malgrado la
scarsità di danaro, per certe cose ce n’è sempre. Anche il ballo fu animato e durò sino
alla mattina.
13 marzo Vento e bella giornata calda.
Arrivarono oggi i primi tagliapietre che lavorano qui nelle cave intorno al villaggio.
Giornalmente passano pure compagnie
d’operai di tutte le generazioni, i quali si recano alla galleria dell’Albula, ed in parte anche a cercar lavoro altrove alla fortuna.
16 marzo Ieri nuvolo e freddo, oggi bel
tempo e più mite. Da un cane idrofobo proveniente da Poschiavo o risp. dalla Valtellina vennero morse in Engadina due persone,
diversi cani e bestiame bovino. Detto cane
potè fortunatamente venir ucciso a Zuoz,
tuttavia s’avrà ad attendere ora l’esito delle
morsicature, che quei poveri infelici ricevettero dalla bestia arrabbiata. Una delle due
persone, cioè la colpita più fortemente venne
287
Facciamo insieme
il Centro Giacometti
288
Stampa è, come
sappiamo, la patria
della famiglia di
artisti Giacometti.
In Bregaglia sono
cresciuti Giovanni,
Alberto, Diego e
Augusto Giacometti;
qui hanno prodotto
opere importanti.
Per tutta la vita
sono rimasti legati
al loro luogo natio.
Malgrado ciò in
patria ancora manca
un luogo che renda
omaggio agli artisti
e che sia capace di
soddisfare le esigenze
di visitatori interessati
alla storia e all’opera
degli artisti. Il 30
novembre 2009 un
gruppo di persone ha
creato l’associazione
degli Amici del
Centro Giacometti
che ha proprio lo
scopo di iniziare e
sostenere il processo
verso la realizzazione
di una nuova offerta
culturale. Il Centro
Giacometti sarà
inaugurato il 15
gennaio 2016.
cometti rappresenta un marchio conosciuto
a livello mondiale che attira la gente. Questo nome ha un potenziale di sviluppo. Nel
modo giusto e adeguato questo nome può
essere sfruttato ottimamente.
I partecipanti alla manifestazione “Facciamo insieme
il Centro Giacometti” al lavoro
Il Centro Giacometti è una futura struttura
di accoglienza per visitatori che vuole rendere omaggio alle famose personalità di Stampa, in particolare ad Alberto Giacometti,
artista universale. All’interno del paesaggio
museale della Bregaglia vuole studiare e valorizzare il patrimonio culturale, storico e
naturale di questa valle di lingua italiana a
cavallo tra l’Engadina e la Lombardia. L’offerta si inserirà anche in un ambito educativo e lavorativo coinvolgendo varie fasce di
età e di pubblico.
La progettazione e la realizzazione del Centro Giacometti sono operazioni complesse e
multiformi che richiedono la collaborazione
di numerosi specialisti nel campo della storia
dell’arte, della ricerca culturale, della scienza del paesaggio e della museologia. Anche
il coinvolgimento della popolazione della
Bregaglia è un presupposto importante per il
successo del progetto.
Il 29 maggio 2010 nell’edificio scolastico Samarovan a Stampa ha avuto luogo un evento
pubblico con lo scopo di interrogare i Bregagliotti in merito al progetto degli Amici del
Centro Giacometti. La manifestazione portava il titolo Facciamo insieme il Centro Gia­
cometti. Vi hanno partecipato più di ottanta
persone: un mix interessante di valligiani,
commercianti, politici e appassionati d’arte che per quattro ore ha affrontato questo
tema in brevi relazioni e workshop. Si trattava di raccogliere idee su come presentare
la vita e l’opera della più famosa famiglia di
artisti della Bregaglia nel nuovo centro per
i visitatori. L’evento ha offerto alla popolazione valligiana l’opportunità di proporre le
proprie idee e di fare domande.
Secondo il sindaco del Comune di Bregaglia,
Anna Giacometti, è tempo di creare qualcosa
di nuovo, di realizzare un centro per i visitatori che possa soddisfare le esigenze degli
ospiti che vengono in Bregaglia proprio per
conoscere i luoghi dove sono nati e cresciuti
i nostri artisti e dove hanno trovato l’ispirazione per le loro opere.
Per Ulf Küster, curatore della Fondation
Beyeler di Basilea, la Bregaglia è ricca di luoghi che hanno un’aura particolare, come per
esempio il cimitero. Il pubblico internazionale sarebbe inoltre entusiasta di poter vedere l’atelier dove sono state create le opere
di Giovanni e Alberto. Citando Ulf Küster:
«Tutto quello che rende così famoso Alberto Giacometti, e che più lo caratterizza, deve
essere visto sotto l’ottica della sua origine
bregagliotta».
Lorenzo Zanetti dell’Ufficio per l’economia
e il turismo del Cantone dei Grigioni ritiene
possibile che un Centro Giacometti assuma
un ruolo di faro in grado di irradiare la sua
luce oltre i confini regionali. Il nome Gia-
Dopo le relazioni i gruppi di lavoro hanno
discusso la questione di quali siano gli aspetti fondamentali affinché il Centro Giacometti
possa sviluppare un carattere forte e autonomo. I relatori hanno presentato nel forum i
punti più importanti.
L’associazione Amici del Centro Giacomet­
ti ha preparato una bozza d’ideazione e il
presidente Marco Giacometti ha presentato
la prima idea per il Centro. Il Centro Giacometti comprenderà un percorso che coinvolge l’Atelier Giacometti e stalle oggi vuote che
si trovano nel villaggio di Stampa. L’esposizione avrà un carattere multimediale moderno, attraente, interattivo e allo stesso tempo
semplice ed autentico. Gli edifici verranno
conservati e debitamente trasformati. Gli itinerari tematici porteranno i visitatori ad una
serie di luoghi di particolare interesse culturale e paesaggistico. Sono stati identificati
nel villaggio di Stampa degli edifici potenzialmente disponibili che verranno acquistati
e integrati nel Centro Giacometti. La Fondazione Centro Giacometti, di prossima istituzione, perseguirà l’obiettivo di pianificare,
realizzare e gestire il Centro.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Bregaglia
Qui la Bregaglia
Marco Giacometti
289
Fermare la storia, raccogliere la memoria dei
testimoni del tempo e raccontare storie per
unire passato e presente – sono queste altre
attese che la popolazione nutre rispetto al
Centro Giacometti. La polarità tra esclusività e redditività, tra grande e piccolo, richiederà soluzioni ben calibrate. Si dovrà inoltre
trovare la giusta misura tra l’esposizione da
una parte e l’insegnamento e il lavoro d’atelier dall’altra.
I partecipanti hanno apprezzato la manifestazione informativa e l’approccio partecipativo. Hanno rilevato il significato che luoghi
e monumenti nel paesaggio di particolare
fascino ricopriranno nel percorso tematico.
La gente si è posta anche domande in merito all’infrastruttura dei trasporti, al settore
Qui la Bregaglia
Qui la Bregaglia
290
Alla presentazione dell’idea ha fatto seguito
un secondo gruppo di lavoro che ha affrontato la questione della forma del Centro. I
partecipanti hanno espresso prevalentemente
approvazione nei confronti della concezione
presentata, che prevede di utilizzare diversi
edifici esistenti e di intrecciare la storia della valle con la presentazione dell’opera degli
artisti. Il pubblico ha inoltre espresso l’opinione che debba essere un’esposizione che
coinvolga tutti i sensi, che riprenda e amplifichi la semplicità e l’autenticità del luogo.
Classe e non massa potrebbe essere un motto, mantenendo tuttavia la priorità della redditività della struttura e del valore aggiunto
che deve creare.
291
Il villaggio di Stampa che ospiterà il Centro Giacometti
alberghiero e alle spese di esercizio del Centro. Infine si è discusso in modo controverso il nome della futura istituzione culturale.
Mentre molti partecipanti erano dell’avviso
che il nome debba concentrarsi sul marchio
Giacometti conosciuto a livello mondiale, altri vorrebbero una terminologia più aperta.
La manifestazione è stata un’importante pietra miliare per il progetto. Il largo consenso
emerso durante la giornata informativa ha
incoraggiato gli inizianti nelle loro intenzioni. Il lavoro di progettazione proseguirà in
stretta collaborazione con esperti esterni e
con la popolazione della Bregaglia. Gruppi
di lavoro, nei quali saranno invitati anche i
Bregagliotti, approfondiranno i vari aspetti
del progetto.
Come aiutare?
I costi per la pianificazione e la realizzazione del Centro
Giacometti vengono attualmente stimati a 10 milioni
di franchi. In questo montante sono contenute le spese
per la pianificazione, comunicazione, documentazione,
gestione delle collezioni, ricerca, progetto dell’esposizione, acquisizione e trasformazione degli immobili,
realizzazione dell’esposizione e preparazione degli
itinerari.
Conti degli Amici del Centro Giacometti, Stampa:
- Conto bancario:
Banca cantonale Grigione
7603 Vicosoprano, CCP 70-216-5
IBAN: CH7500 7740 1006 7335 100
- Conto corrente postale: CCP 85-415934-4
Indirizzo:
Amici del Centro Giacometti, Piz Duan 1, 7605 Stampa
Tel. 081 834 01 40
‹[email protected]›
‹www.centrogiacometti.ch›
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
«Stralci di vita»
292
Foto di Robert Bösch/WINFORCE, apparsa il 21 gennaio 2010 nella Homepage di Dario Cologna che ritrae
l’atleta della Val Monastero mentre si allena a Maloggia
Dario Cologna si è allenato
a Maloggia prima di partire
per i Giochi olimpici
di Vancouver
Renata Giovanoli-Semadeni
Già durante la stagione 2008-2009 l’atleta
della Val Monastero ci aveva viziati, vincendo il Tour de Ski e la Coppa del Mondo nello
sci di fondo.
Dopo essere tornato a casa, ha partecipato
alla Maratona Engadinese che ha vinto per
la seconda volta, confermando di essere un
grande esempio per i nostri giovani.
L’inverno scorso, ci ha fatti sognare di nuovo
vincendo la gara dei 15 chilometri durante i
Giochi Olimpici di Vancouver e ci ha tenuti
col fiato sospeso anche durante la 50 chilometri nella quale purtroppo è caduto prima
degli ultimi 100 metri.
Facciamo al simpatico atleta della Val Monastero i nostri complimenti per i traguardi
già raggiunti e gli auguriamo tante soddisfazioni anche durante la stagione 2010-2011 e
per i Campionati Mondiali che si svolgeranno a Oslo nel mese di febbraio.
Amici d’oltre confine, dopo avere letto per caso alcuni miei stralci,
mi stimolano a pubblicare in forma di libro una piccola raccolta di
vicende vissute durante il mio percorso di vita.
Io sto forse ingannando me stessa illudendomi di poter ancora
sfornare un volumetto tutto mio prima di arrivare al... capolinea.
Chissà!
Ultraottantenne, per accellerare il mio lavoro ho persino imparato
a usare un computer di recente data, questo ordigno che per interi
decenni ho guardato in cagnesco.
Mi è diventato amico e mi diverte.
La vecchiaia, tutti ne sono coscienti ma pochi lo vogliono
ammettere, è una brutta bestia.
Ci priva dei nostri Cari, uccide gli amici più intimi e ci ruba
persino la memoria.
Si dice che essa renda saggi, ma comincio a dubitarne. Arrivati a una
certa età, dobbiamo cercare di gabbare anche lei, la brutta bestia,
scegliendoci delle amicizie che neanche lei può portarci via.
Questi amici sono per me: i libri, la penna e il computer.
Ora, rileggendo le poche cose che ho raccolto, alcune scritte nei
lontani anni 1940, mi sembra di guardare il passato attraverso la
lente di un cannocchiale usato alla rovescia.
Tutto è tanto lontano. Il dolore e l’angoscia per tragedie vissute
non sono più così nitidi nella memoria, sono come una foto sbiadita
nel tempo, e per fortuna sbiadito è anche il volto di qualche brutto
ceffo che mi fu nemico.
Degli amori felici o no che una volta ci rubavano il sonno,
riusciamo a sorridere. Pinzillacchere, quisquilie! – direbbe Totò.
A questo punto, però, mi vien fatto di chiedere: Ma allora, a che è
servito vivere?
Forse unicamente per gli attimi d’amore che, con parsimonia ma
comunque, abbiamo sparso come fiori lungo il nostro cammino. Mi
chiedo pure: Quale strana Forza ignota costringe ogni essere vivente
a un faticoso viaggio terreno che inizia per tutti con un vagìto e
termina in un... rantolo?
Secondo me la risposta un giorno verrà, sempre che venga!, ma
solo quando lo spirito avrà abbandonato la sua prigione.
Nell’attesa, stiamo allegri!!
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Bregaglia
Qui la Bregaglia
Elda Simonett-Giovanoli
293
Così arrivò la motosega
in Bregaglia
Il ranocchio
Qui la Bregaglia
Piero Del Bondio
294
Il caldo, la siccità, i tosaerba rumorosi, gli aerei da combattimento che sorvolavano la regione avevano impaurito il ranocchio che in
extremis trovò rifugio buttandosi in un pozzo. Finalmente era salvo, ma ahimé! anche
imprigionato. L’ombra e l’acqua fresca del
fontanile lo riempivano di gioia e si mise a
gracidare. Passarono, ore e ore, giorni e giorni, finché un bel mattino si accorse che non
poteva trascorrere lì il resto della sua vita e
che gli toccava tentare una nuova fuga. Impresa ben più ardua che gettarsi in un pozzo:
ora bisognava uscirne, ma come?
Ci provò e ci riprovò, senza successo. Non
potendo evadere dalla sua prigione, si rassegnò e cercò di trovare un modo di vivere in quelle profondità. Cibo non ce n’era
tanto, ma sempre abbastanza per campare.
Si era così sistemato e lo spazio ristretto lo
orientò alla riflessione: imparò a conoscersi.
La piccola luce che palpitava in lui lo faceva talvolta anche gioire. Dal fondo del pozzo assisteva al susseguirsi delle stagioni. La
primavera arrivava come una benedizione:
il sole di tanto in tanto si faceva vedere sugli orli del fontanile con un bagliore tenue e
limpido. L’estate poi, con la sua luce intensa
rischiarava tutto il pozzo nelle ore più calde della giornata. Allora il ranocchio si spostava su un lato e si metteva a contemplare
il cielo. Vedeva le nuvole passare sopra di
lui e ogni tanto perfino delle rondini; i loro
garriti echeggiavano sulle pareti del pozzo.
Il ranocchio era felice... quasi felice. Finita
l’estate, ecco l’autunno, la stagione più bella per passare il proprio tempo in un pozzo.
Le foglie variopinte vi si riflettevano dentro
e creavano una sinfonia di colori. Gli capitava anche di assistere al raduno delle rondini
che si preparavano a partire e allora il povero ranocchio si riempiva di tristezza e si
chiedeva: - Perché non so volare? Perché non
posso almeno uscire da questo maledetto
pozzo? - Ma poi si rassegnava e continuava
la sua vita da eremita. Col passare degli anni
la sua salute cominciò a indebolirsi: acciacchi alle membra, digestione stanca, vista debole, udito scarso. Il grigiore dell’inverno in
fondo al pozzo lo aveva estenuato. Non riusciva più a gioire veramente, né al risveglio
della primavera, né all’esplodere dell’estate,
né al dilagare colorato dell’autunno. L’inverno poi lo faceva precipitare in una cupa malinconia. L’acqua del pozzo si faceva sempre
più sporca e il nutrimento veniva a mancare.
Il ranocchio già si preparava a morire: sereno come un vecchio saggio, aspettava la fine
meditando.
Quasi per miracolo un giorno arrivò un
gruppo di persone a svuotare e pulire il fontanile. Il ranocchio ebbe dapprima paura e
tentò di nascondersi, ma poi si abbandonò
in balia della sorte. Si trovò così raccolto
in un secchio e sollevato fuori dal pozzo. Si
occuparono di lui, lo portarono al fiume e,
dove questo scorreva lentamente, quasi ristagnava, lo calarono dolcemente in acqua. Lì
il povero ranocchio trovò la libertà, ma anche la morte. Stanco e debole a causa della
vita trascorsa nel pozzo, non fu in grado di
resistere alla debole corrente e il fiume se lo
portò via lontano lontano, fino al mare.
Mio padre, Attilio Negrini, in compagnia di Attilio Gini
Raccontarvi oggi la storia della motosega
può sembrare una cosa ridicola, ormai si sa,
è un attrezzo (macchina) che praticamente
ognuno oggigiorno possiede, sia come azienda, come ditta o come privato. Non era così
55 anni fa, almeno non qui in Bregaglia.
Per questo motivo, con questo racconto,
proverò a spiegarvi come fu introdotta la
motosega in valle.
A quei tempi ero un fanciullo, non andavo
ancora a scuola. Mio babbo Attilio e mio zio
Battista erano boscaioli e io li seguivo spesso
nei boschi oppure ascoltavo ciò che raccontavano su lavori già terminati o di programmi che avevano per la testa (ammetto però
che non riuscivo a capire tutto), ma ero comunque molto interessato.
Era l’anno 1956, una sera di febbraio, il forestale Gustavo Dolfi venne da mio padre per
dirgli che il giorno seguente a Cudin ci sarebbe stata una dimostrazione di una motosega. Riteneva importante partecipare, visto
che il comune di Vicosoprano era interessato
all’acquisto e, così si sperava, pure per il comune di Stampa (ecco la competizione tra i
due comuni). Alla dimostrazione era inolte
presente anche la ditta Carini di Sondrio.
Il pomeriggio lo trascorsi osservando
come si spiegava il taglio e la lavorazione
usando appunto la motosega. Furono tagliati alcuni larici che più tardi vennero usati per
farne dei paracarri nella zona del Punt da
La Caroggia. C’era la neve e la giomata era
freddissima, con me c’era il mio compagno
Paulin Maurizio di Vicosoprano. Per noi il
pomeriggio trascorse velocemente e, anche se
non avevamo capito alcune cose, rimanemmo molto affascinati. L’evento poi fu comunicato e trattato nel Consiglio comunale di
Stampa, purtroppo non bastò a convincere il
Consiglio alla compera.
La decisione presa, però, non scoraggiò
mio padre Attilio, che privatamente acquistò
la motosega McCuloch.
La storia non finì così, anzi diventò
sempre più interessante...
A quei tempi la professione del boscaiolo,
era una delle occupazioni più importanti da
praticare qui in valle. Solo sul territorio di
Stampa Valle si contavano diverse squadre di
10 e più persone (al grüp da Barnöv, quel da
Stampa e Caltüra, quii da Cacior ecc.).
Presto però il gruppo che possedeva la
motosega, diventò pericoloso. Specialmente
quando si trattava di fare l’inoltro delle Offerte per i singoli tagli; essendo meccanizzati,
lavoravano di qualche centesimo più a buon
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Bregaglia
Marcello Negrini
295
Poesia
296
Ti sento che cammini sui miei passi,
la tua ombra leggera copre la mia ombra,
alita dolcemente senza peso,
sostiene i miei pensieri
che scorrono sparsi,
senza inizio né fine,
pesanti macigni rotolanti,
silenti nei ripidi pendii,
nei neri baratri della mia malinconia.
Mi tendi le braccia,
sento la tua mano,
sicura irride il gelo della morte,
incoraggia e dirige il mio cammino incerto;
sei sempre nella folla dei miei pensieri.
Che Dio t’abbia in gloria.
Verena Wazzau
I partecipanti del corso forestale tenutosi a Cudin dal 20.01.1958 all’8.02.1958.
Le foto provengono dall’archivio dell’autore
prezzo rispetto alle altre squadre. Questo a
tutti non garbò, così che in un assemblea tenutasi nell’anno1957, all’ordine del giorno
ci fu la trattanda con la proposta di proibire
l’uso della motosega durante il taglio del legname.
Gustavo, il forestale di Stampa, in occasione di quella famosa assemblea invitò
l’ingegnere forestale Otto Bisaz che, durante la discussione già un po’ animata, chiese
la parola, dicendo di essere sorpreso di tale
proposta, perché ormai bisognava modernizzarsi «... l’è tanco pruibir el boscadur d’indär e bosch cun la bicicleta.»
Ed ecco che qui i presenti riletterono... e
l’esito della votazione fu di consentire l’uso
del tanto discusso attrezzo.
Da allora in poi vennero acquistate da tutte
le squadre di boscaioli e dai privati, ma mai
dai comuni (almeno non da quello di Stampa).
297
L’anno dopo, nel mese di gennaio, a Cudin fu organizzato un corso di due settimane
durante il quale fu introdotta la lavorazione del legname con la motosega. Vi parteciparono boscaioli di tutta la valle e da quel
giorno nei boschi della Bregaglia ci fu più
rumore.
Il 1° maggio 1974 l’allora forestale Gustavo Dolfi andò in pensione. Al suo posto fui
nominato io. Venni dunque invitato alla prima seduta del Consiglio comunale di Stampa
che si tenne nel mese di maggio. Alla fine del
colloquio l’allora presidente Cornelio Crüzer comunicò che il consiglio aveva deciso di
comperare una motosega.
Questa è dunque la storia dell’arrivo della
motosega a Stampa che dopo quasi 20 anni
ebbe quel giorno una svolta decisiva.
Qui la Bregaglia
Qui la Bregaglia
A Mario
Errata corrige
Causa uno sbaglio subentrato durante la fase preparatoria
dell’Almanacco del 2010, sembra che le due poesie
stampate a pagina 165 siano di Silvia Rutigliano.
Questo non è assolutamente vero; la giornalista le ha solo
inserite in coda all’articolo “Agostino Fasciati e Gaudenzio
Giovanoli maestri e socialisti in Val Bregaglia”. In realtà esse
sono, come ben spiegato a pagina 163, di Agostino Fasciati
che scriveva sotto lo pseudonimo di Fulvio Reto.
La Redazione dell’Almanacco si scusa con la giornalista
Silvia Rutigliano e con i fedeli lettori e farà il possibile
per evitare che sbagli simili si ripetano.
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Poesia
In ricordo dei
nostri cari morti
1º settembre 2009 - 31 agosto 2010
298
A Stalvéder taimp avant
Ögn badéva söls ütgèls,
Sön al sgól e sön al cant
Per savair schi niss dïs bêls,
Aint al märz duman e saira
Schi purtessan prümavaira.
Ossa vo’l or vêrs al guäd,
Riva fegn sur sö Stalvéder;
Sö per l’álber al pü ät
Pass’ el sö invêrs San Péder,
E cumainza al cant dal cük,
Canta ferm sön quel fastük.
Ögn co Baiva ‘veva prest
No scuè al si clavè;
‘Dua mai piér al rest
Anc dal faign ci’l vess manchè?
L’ültim märz uschi’l panséva,
‘Tant an stalla tot baschléva.
Da Stalvéder al dì ziva
Vegn sö Baiva al nos omett;
Bêl a pôsta sö el niva
Per der faign a quel cazrett.
«Dà santìa al cük ci canta
Vügl as vénder rüpps cinquanta.»
A Stalvéder ‘veva faign
Bundianza al noss omett;
Co’s decida o mel o baign
Quel da Baiva d’ir dirett
Fegn ligió pel supplitgér
Da’l der faign cun baign pagér.
«Cun plaschair accett al faign,
Ma tretschient arüpps stuais der.»
Söl principi as sgrata baign,
Ma anfegn partgè’l naghér ?
Dà urmai santìa al cük,
Prest ‘vain’ erba e flurs cun sük.
«Na ! rasponda quel ligió,
Faign nu vend anc óssa britg;
Aia temm ci quist on co
Prümavaira tärd’ ün zitg;
Fegn ci’l cük n’ho bitg canté,
Vend nì cer ni bunmartgè.»
La stagiun allura buna
‘S müda an mel fegn aint al matg;
Vent e bischa e naiv a runa
Pórtan tuerna anviern e glatg;
Flurs tot alvas, biestga an stalla,
Al nos cük ho datg la balla.
Túerna in sö planet e muk
Barbutond da tant in tant:
«Schi tö spétgas som’ al cük
Santirosti prest al cant.»
Om da spass adögna statg
’L al fo béver or d’ün dratg.
«O’l mi faign ci dà vandia»
Co suspira al nos omett;
Bler da plö cumprér l’ho stuìa,
E’l barbotta tot sulett:
«Cük, ‘na vota’m ist cükè
Cük, ma tö nu’m cükast plö.»
Spunta bêl al prüm d’avrigl
Propi’n dì da prümavaira;
Lest el tschüna aint l’uigl
Urdanér la brögna e naira:
Oz é’l dì da canter staign
Per pudair duman ‘vair faign.
Poesia in romancio di Bivio
tratta dal volumetto «Il Biviano»
gentilmente messoci a disposizione
dal signor Giancarlo Torriani
CASTASEGNA
VICOSOPRANO
29.04.10 SALIS Renzo, nato il 05.08.1922
14.09.09
15.10.09
18.10.09
30.12.09
06.04.10
26.04.10
09.05.10
BONDO
01.04.10
11.04.10
24.05.10
01.06.10
03.07.10
12.07.10
PICENONI Ottavio,
nato il 17.09.1942
WILLY-MAURIZIO Nilda,
nata il 19.05.1930
BERTSCHINGER Hans,
nato il 10.05.1929
SCARTAZZINI Franco,
nato il 04.02.1926
D’ARCHINO Francesco,
nato il 22.04.1928
MEULI Mario, nato il 08.05.1920
GIANOTTI Clemente,
nato il 12.08.1932
ARPAGAUS-VOSER Ruth,
nata il 21.09.1924
PETRUZZI Diego, nato il 07.05.1942
ROGANTI Elio, nato il 20.09.1948
CHIESA Renzo, nato il 15.10.1922
TAM Ezio, nato il 03.07 1926
SCHWARZEN Erich Josef,
nato il 19.04.1941
CASACCIA
09.11.09 GIOVANNINI Mario, nato il 13.08.1927
05.02.10 REZZOLI Bertha, nata il 02.09.1926
SOGLIO
MALOGGIA
nessuno
22.08.10 DE TANN-ZARUCCHI Bruna,
nata il 21.03.1932
STAMPA
18.12.09 ROGANTINI-DE TANN Alma,
nata il 19.09.1924
BORGONOVO
BIVIO
11.10.09
11.04.10
PARAVICINI Aldo Giuseppe,
nato il 23.05.1927
PARAVICINI-JÖHRI Frida,
nata il 10.10.1931
19.07.10 NEGRINI-GIACOMETTI Redolfina,
nata il 10.06.1922
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Qui la Bregaglia
Qui la Bregaglia
«Al cant dal cük»
299
Poesia
Qui la Bregaglia
Foto
300
Sbiadito l’attimo
d’un luogo
con accanto zia Orsolina.
L’istantanea tagliò
l’equilibrio tra due rami
di siepe rimettendo il sole
boschivo all’ombra di un album.
E il taglio ancora sanguina
per l’inesorabile
d’un istante
colmo di segreti e d’un discorso
non finito
nell’estate a ombrelli
d’ippocastano.
Bella ancora nonostante l’istantanea
d’un taglio
a mezzo velo
con l’ineffabile dietro.
Paolo Gir
Autorità religiose cattoliche 2011
VESCOVO DI COIRA
Mons. Vito Huonder dr. (07)
Roveredo: Don Daniel Pawel Zmujdzin, parr. amm.
(10) e Don Piotr Kozlowski, sacerdote collab. (10)
Vescovo ausiliare:
Mons. Marian Eleganti dr. (10)
S. Vittore: P. Roberto Comolli OSB, parr. (93)
Vicari generali regionali:
Josef Annen, dr. theol. (09)
Martin Kopp, dr. theol., lic. phil. (09)
Andreas Rellstab, lic. theol., NPO-Management (09)
Vicari episcopali:
Mons. Marian Eleganti OSB, dr. theol. (10)
Christoph Casetti, lic. theol. (08)
Grigioni Italiano nel Capitolo e Curia:
Mons. Aurelio Lurati (90)
Decanato Mesolcina/Calanca:
Mons. Aurelio Lurati, delegato vescovile (03)
Decanato Poschiavo/Bregaglia:
Don Cleto Lanfranchi, decano (03)
CLERO NELLE VALLI
Mesocco: vedi Soazza
Soazza: Don Marco Flecchia, parr. amm. (82)
Lostallo: vacante (10)
Santa Maria-Castaneda:
Don Gianbattista Quattri, parr. amm. (94)
Buseno: vedi Verdabbio
Augio-Rossa-Santa Domenica-Cauco:
vedi Lostallo, vacante
Braggio: vedi Soazza
Arvigo-Selma-Landarenca:
Don Ugo Margna, parr. (92)
Poschiavo-Borgo:
Don Cleto Lanfranchi, parr. (94)
Don Guido Costa, parr. a riposo (09)
S. Antonio-Cologna: vedi Le Prese
Prada-Pagnoncini-AnnunziataCantone-Le Prese:
Don Davide Redaelli, parr. amm. (10)
San Carlo-Angeli Custodi:
Don Pietro Zanolari, parr. (93)
Brusio-Viano-Campocologno:
Don Giuseppe Paganini, parr. amm. (83)
Cama-Leggia: Don Taddeo Golecki, parr. (05)
Vicosoprano:
Don Antonio Codega, parr. amm. (04)
Grono: Don Antonio Marelli, parr. amm. (79)
Bivio: Don Christoph Kilarski, parr. amm. (09)
301
Autorità religiose riformate 2011
Decano del Sinodo Retico:
Thomas Gottschall, Trimmis
Presidente Consiglio Ecclesiastico Cantonale:
Lini Sutter-Ambühl, Roveredo
Membri Consiglio Ecclesiastico Cantonale:
Cornelia Camichel-Bromeis, Coira
Roland Just, Disentis
Hans Morgenegg, Davos
Michael Ott, Celerina
Thea Urech-Mattenberger, Masein
Cancelliere del Sinodo e attuario
del Consiglio Ecclesiastico:
Giovanni Caduff, Malans
Calendario
Vicario generale:
Martin Grichting, dr. iur., moderatore curiae (09)
Verdabbio: Don Mario Gasparoli SC,parr. amm.
(‘83) e Don Albin Keller, parr., a riposo (01)
Presidente del Colloquio Engadina
Alta-Bregaglia-Poschiavo-Sursés:
Thomas Widmer, St. Moritz
PASTORI DELLE VALLI
Valposchiavo: Antonio di Passa
Bivio: vacante
Bregaglia: Simona Rauch, Stefano D’Archino
Moesano: Birke Horvathmüller
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
ANNO 2011
PRINCIPIO ASTRONOMICO
DELLE STAGIONI
Primavera:
Il 21 marzo, ore 00:21. Entrata del sole nel
segno dell’Ariete. Equinozio di primavera.
Giorni e notti uguali in durata.
Estate:
Il 21 giugno, ore 19:17. Entrata del sole nel
segno del Cancro. Giorno più lungo dell’anno.
Autunno:
Il 23 settembre, ore 11:05. Entrata del sole nel
segno della Bilancia. Equinozio di autunno.
Giorno e notte uguali in durata.
Calendario
Inverno:
302
Il 22 dicembre, ore 06:31. Entrata del sole
nel segno del Capricorno. Giorno più breve
dell’anno.
TEMPORA
Primaverili: 16, 18 e 19 marzo
Estive: 08, 10 e 11 giugno
Autunnali: 14, 16 e 17 settembre
Invernali: 30 novembre, 02 e 03 dicembre
ROGAZIONI
30, 31 maggio e 1° giugno
ORA LEGALE
Inizio: 27 marzo +1 ora
Fine: 30 ottobre -1 ora
ECLISSI
Nel 2011 vi saranno due eclissi di luna
e quattro di sole
- 4 gennaio eclissi parziale di sole,
visibile da noi;
- 1° giugno, 1° luglio e 25 novembre
eclissi di sole, non visibili da noi;
- 15 giugno eclissi di luna, visibile da noi;
- 10 dicembre, pomeriggio,
eclisse parziale di luna, poco visibile da noi.
SEGNI DELLO ZODIACO
FESTE MOBILI E RICORRENZE
Ariete
Toro
Le Ceneri: 9 marzo
Giornata del malato: 6 marzo
Pasqua: 24 aprile
Festa della mamma: 8 maggio
Ascensione: 2 giugno
Pentecoste: 12 giugno
SS. Trinità: 19 giugno
Corpus Domini: 23 giugno
Sacro Cuore: 1° luglio
Festa Federale di preghiera: 18 settembre
Festa del Raccolto: 16 ottobre
Domenica della Riforma: 6 novembre
Festa di Cristo Re: 20 novembre
1a d’Avvento: 27 novembre
Gemelli
Cancro
Leone
Vergine
Bilancia
Scorpione
Sagittario
Capricorno
Acquario
Pesci
FASI LUNARI
Luna nuova
Primo quarto (crescente)
Luna piena
Ultimo quarto (calante)
GENNAIO
Martedì 04 Schiers
m
FEBBRAIO
Mercoledì 02 Ilanz
m
MARZO:
Mercoledì 02 Ilanz
Martedì 08 Schiers
Mercoledì 30 Grüsch
m
m
m
APRILE
Mercoledì 06 Ilanz
Mercoledì 13 Küblis
Mercoledì 20 Thusis
Venerdì 29 Coira
Sabato 30 Coira
m
m
m
m
m
MAGGIO
Martedì 03 Grono
Mercoledì 04 Ilanz
Mercoledì 11 Roveredo
Mercoledì 11 Thusis
Mercoledì 25 Küblis
Martedì 31 Davos
m
m
m
m
m
m
GIUGNO
Sabato 11 Domat-Ems
Martedì 14 Klosters
m
m
LUGLIO
Mercoledì 20 Ilanz
m
AGOSTO
Lunedì 15 S. Bernardino
Mercoledì 17 Ospizio Bernina
Venerdì 19 Splügen
m
SETTEMBRE
Giovedì 01 Thalkirch
Sabato 03 Landquart
m
Lunedì 05 Maloja
m
Martedì 06 Klosters
Mercoledì 07 Ilanz
m
Mercoledì 07 Cazis (Bündner Arena)
Venerdì 09 Lenzerhiede
m
Martedì 13 Andeer
m
Mercoledì 14 Thusis
m
Giovedì 15 Küblis
m
Mercoledì 21 Ilanz
Martedì 27 Jenaz
OTTOBRE
Martedì 04 Davos
m
Mercoledì 05 Thusis
m
Mercoledì 05 Cazis (Bündner Arena)
Mercoledì 05 Roveredo
m
Sabato 08 Zernez
Martedì 11 Grono
m
Martedì 11 Schiers
m
Mercoledì 12 Ilanz
Mercoledì 19 Grüsch
m
Sabato 29 Cazis (Bündner Arena)
NOVEMBRE
Mercoledì 02 Ilanz
Giovedì 03 Küblis
Lunedì 14 Disentis
Venerdì 25 Coira
Sabato 26 Coira
Martedì 29 Schiers
DICEMBRE
Mercoledì 28 Ilanz
Calendario
Il 2011 è un anno comune di 365 giorni. Esso
corrisponde all’anno 6724 del periodo giuliano,
all’anno 2764 dalla fondazione di Roma,
all’anno 5771 e 5772 dei Giudei, all’anno 1432
e 1433 dell’Egira o epoca di Maometto. Infine
corrisponde all’anno 720 dalla fondazione
della Confederazione svizzera.
Elenco delle fiere di bestiame per l’anno 2011
nel Cantone dei Grigioni
303
m
m
m
m
m
m
m = solo mercato merci
Ufficio per l’agricoltura, il miglioramento delle strutture e la misurazione dei Grigioni (UAMM)
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
1 Sabato
2 Domenica
3
4
5
6
7
8
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Calendario
9 Domenica
304
10
11
12
13
14
15
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
16 Domenica
17
18
19
20
21
22
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
23 Domenica
24
25
26
27
28
29
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
30 Domenica
31 Lunedì
ennaio
2
3
4
il giorno cresce 30 minuti
Fasi lunari
Pr. tempo
Calendario cattolico
Calendario riformato
APODANNO/Giornataperlapace
C
MariaSantissimaMadrediDio
CAPODANNO
UlricoZwingli*1484
H
EPifANiAdinostroSignoreG.C.
s. BasilioMagno
ss. NomediGesù
s. Telesforo
s. Emiliano
s. Valentino
s. RaimondodaPennafort
s. Gerardo
BattesimodiGesù
s. Giuliano
s. Guglielmo
s. Paolino
s. Ilda
s. Ilario
s. Felice
s. Mauro
2ª Domenicaordinaria
s. Marcello
s. AntonioAbate
s. Prisca
s. Mario
ss. FabianoeSebastiano
s. Agnese,vergineemart./s.Mainrado
s. Vincenzo
3ª Domenicaordinaria
s. Ildefonso
s.FrancescodiSales
Conversionedis.Paolo
ss. TimoteoeTito
s. AngelaMerici
s. Tomasod'Aquino
s. Valerio
4ª Domenicaordinaria
s. Martina
s. GiovanniBosco
Dom.dopoCapodanno
Bertoldo
Isacco
Tito
Simone
EPIFANIA
Isidoro
Gerardo
I
1ªdopoEpifania
Giuliano
Sansone
Fruttuoso
Massimo
Ilario
Felice
Mauro
L
2ªdopoEpifania
Marcello
Antonio
Prisca
Marta
FabianoeSebastiano
Agnese
Vincenzo
C
3ªdopoEpifania
Emerenziana
Timoteo
Convers.diPaolo
Policarpo
Crisostomo
CarloMagno
Valerio
4ªdopoEpifania
FratelliMoravi
Virgilio
5
6
7
8
9
I
J
J
4
K Nuvoloso
K
e
K poca neve
3
L
A
A
A
B
B
C
D
D
E
E
E
F
F
G
G
H
H
Freddo
e
neve
4
12
11
12
13
14
15
16
17
18
19
Vento
e freddo
20
6
19
22
21
305
23
24
Vento
e neve
2
26
I
25
26
27
28
29
30
I
J
10
Calendario
Anno 2011
G
1°
Nevicate
31
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
1
2
3
4
5
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
6 Domenica
7
8
9
10
11
12
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
13 Domenica
Calendario
14
15
16
17
18
19
306
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
20 Domenica
21
22
23
24
25
26
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
27 Domenica
28 lunedì
ebbraio
2
3
4
il giorno cresce 1 ora e 25 minuti
Fasi lunari
Pr. tempo
Calendario cattolico
Calendario riformato
s. IgnazioMartire
PresentazionedelSignore
s. Biagio,benedizionedellagola
s. Rabano
s. Agata
5ª Domenicaordinaria
s. PaoloMiki
s. Romualdo
s. GerolamoEmiliani
s. Apollonia
s. Scolastica
MadonnadiLourdes
s. Eulalia
6ª Domenicaordinaria
s. Giordano
ss. CirilloeMetodio/SANVALENTINo
ss. FaustinoeGiovita
s. Daniele
Settes.fondatorideiServiti
s. Simeone
s. Gabino
7ª Domenicaordinaria
s. Eleuterio
s. PierDamiani
CattedradiSanPietro
s. Policarpo
s. Flaviano
s. Walburga
s. Fortunato
8ª Domenicaordinaria
s. Alessandro
s. osvaldo
Brigida
PresentazionealTempio
Biagio
Phil.Gallicius*1504
Agata
J
J
K
K
L
5ªdopoEpifania
Dorotea
Riccardo
Salomone
Apollonia
Scolastica
UgodaSanVittore
Susanna
L
6ªdopoEpifania
Giona
Valentino
Faustina
Giuliana
GiordanoBruno
MartinLutero+1546
Mariano
C
Septuagesima
Eucario
Eleonora
SophieScholl+1943
Giosuè
MattiaApostolo
Vittorio
Nestore
Sexagesima
Sara
Leandro
7
3
8
3
J
11
12
13
14
15
16
17
Vento
e neve
18
19
20
6
18
21
307
22
23
F
J
9
10
4
G
G
H
H
I
I
6
Bello
Bello
e
A
soleggiato
A
A
B
B
C
11
C
D
D
E
E
F
5
Calendario
Anno 2011
F
1°
Luminoso
e freddo
2
25
24
25
26
27
28
Molto
freddo
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
1
2
3
4
5
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
6 Domenica
7 Lunedì
8 Martedì
9 Mercoledì
10 Giovedì
11 Venerdì
12 Sabato
Calendario
13 Domenica
308
14
15
16
17
18
19
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
20 Domenica
21
22
23
24
25
26
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
27 Domenica
28
29
30
31
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
arzo
Albino
Basilio
Cunegonda
RupertoeCasimiro
GiuseppedellaCroce
3
4
il giorno cresce 1 ora e 44 minuti
Calendario cattolico
s.
s.
s.
ss.
s.
2
Calendario riformato
9ª Domenicaordinaria
s. Fridolino/GIoRNATADELMALATo
ss. FelicitaePerpetua
s. GiovannidiDio
s. FrancescaRomana/LeCeneri
ss. 40martiri
s. Eulogio
s. Gregorio
1ª DomenicadiQuaresima
s. Geraldo
s. Longino
s. ClementeMariaHofbauer
s. Eriberto
TEMPoRA
s. Patrizio
s. CirillodaGerusalemme TEMPoRA
s. Giuseppe,sposo
TEMPoRA
2ªDomenicadiQuaresima
s. Eugenio
s. Serapione
s. Benvenuto
s. Turibio
s. Simone
s. Ancilla/AnnunciazionedellaB.V.M.
s. Ludgero
3ªDomenicadiQuaresima
Oralegale+1Ora
s. GiovanniDamasceno
s. GiovannidaCapistrano
s. Eustachio
s. Climaco
s. Cornelia
6
Gelo
7
Albino
JohnWesley+1791
Cunegonda
Adriano
Eusebio
J
K
K
L
L
Estomihi
Fridolino
PerpetuaeFelicita
Filemone
CirilloeMelodio
Alessandro
GuidoZonca
GregorioMagno+604
L
A
A
B
B
B
C
Neve
e
pioggia
invocavit
Ernesto
Zaccaria
Melchiore
SelmaLagerlöf+1940
Geltrude
Gabriele
Giuseppe
C
4
D
D
E
E
F
F
Reminiscere
Emmanuele
Joh.Seb.Bach*1685
HermannKutter+1931
Fedele
MarcoeTimoteo
Umberto/Annunciazione
Desiderio
G
H
H
I
I
I
Oculi
J
Emma
Prisco
Eustachio
Guido
Balbina
J
K
K
K
5
Fasi lunari
Pr. tempo
3
4
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
13
18
Lievi
nevicate
19
6
19
G
Calendario
Anno 2011
M
1°
20
21
309
22
23
Freddo
e gelo
24
25
2
26
26
27
28
29
Uggioso
e freddo
30
31
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
prile
Anno 2011
1 Venerdì
2 Sabato
3 Domenica
4
5
6
7
8
9
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Calendario
10 Domenica
310
11
12
13
14
15
16
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
17 Domenica
18
19
20
21
22
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
23 Sabato
24 Domenica
25 Lunedì
26
27
28
29
30
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
2
3
4
il giorno cresce 1 ora e 34 minuti
Calendario cattolico
s. Venanzio
s. FrancescodiPaola
4ª DomenicadiQuaresima
AnnunciazionedelSignore
s. Isidoro
s. VincenzoFerreri
s. Marcellino
s. GiovanniBattistadellaSall
ss. EdisioeDionigi
s. MariaCleofe
5ªDomenicadiQuaresima
s. Ezechiele
s. StanislaoKostka
s. Giulio
s. Ermenegildo
s. Tiburzio
s. Crescenzio
s. BernardettaSoubirous
DomenicadellePalme
s.Rodolfo
s. Calogero
s. LeoneIX,Papa
s. Ildegonda
s. Anselmo
VenerdìSanto
ss. SosteroeCaio,martiri
s. GiorgioeAdalberto
PASQUADiRiSURREZiONE
s. FedeledaSigmaringa
Lunedìdell’Angelo
s. MarcoEvangelista
ss. CletoeMarcellino
s. PietroCanisio
s. PietroChanel
s. CaterinadaSiena
s. PioQuinto
Fasi lunari
Pr. tempo
Calendario riformato
Ugo
Abbondio
L
L
Freddo
Laetare
G.Tersteegen+1769
M.LuterKing+1968
Marziale
EmilBrunner+1966
Celestino
Apollonio
DieterBonhoeffer+1966
A
3
Judica
Ezechiele
Leone
Giulio
GiustinoMartire
Tiburzio
Raffaele
PietroValdo+1197
D
DomenicadellePalme
Rodolfo
Valeriano
Fil.Melantone+1560
Ermanno
Anselmo
VenerdìSanto
origene
Giorgio
G
PASQUA
Alberto
LunedìdiPasqua
MarcoEvangelista
Anacleto
Anastasio
Vitale
CaterinadaSiena+380
Valpurga
A
A
B
B
C
C
D
D
E
E
F
F
G
H
H
I
I
3
7
9
10
11
Variabile
12
13
14
15
4
16
11
17
Vento
18
19
20
6
18
Bello
e brina
21
311
22
23
24
25
26
J
K
K
L
L
A
6
8
J
K
5
Calendario
A
1°
2
25
Bello
e caldo
27
28
29
30
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
1 Domenica
2
3
4
5
6
7
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
8 Domenica
Calendario
9
10
11
12
13
14
312
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
15 Domenica
16
17
18
19
20
21
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
22 Domenica
23
24
25
26
27
28
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
29 Domenica
30 Lunedì
31 Martedì
aggio
2
3
4
il giorno cresce 1 ora e 13 minuti
Calendario cattolico
2ª DomenicadiPasqua Quasimodo
s. Giuseppeoperaio/Festadellavoro FilippoeGiacomoApp.
s. Atanasio
ss. FilippoeGiacomo
s. Gottardo
s. Angelo
ss. ValerianoeDomenicoSavio
s. Stanislao
3ª DomenicadiPasqua
s. VittoreMauro/FESTADELLAMAMMA
s.Beato
s. Epimaco
s. Fabio
ss. PancrazioeNereo
s.Servazio/MadonnadiFatima
ss. BonifacioeMatteoApostoli
4ª DomenicadiPasqua
s. Sofia
s. Ubaldo
s. PasqualeBaylon
s. Venanzio
s. PietroCelestino
s.BernardinodaSiena
s. Ermanno
5ª DomenicadiPasqua
s. RitadaCascia
s. Desiderio
MariaAusiliatrice
s. GregorioVII
s. FilippoNeri
s. AgostinodaCanterbury
s. Germano
6ª DomenicadiPasqua
s. MassimodaTrier
s. Giovannad'Arco
RoGAZIoNI
Visitadis.MariaElisabetta RoGAZIoNI
Fasi lunari
Pr. tempo
Calendario riformato
5
6
7
A
8
Atanasio
Adelina
Floriano
Gottardo
GiovanniDamasceno+754
ottaviano
A
B
B
C
C
C
Misericordia
HenriDunand*1828
N.L.Zinzendorf+1760
Gordiano
Mamerio
Pancrazio
Servazio
Bonifazio
D
13
D
E
E
F
F
G
14
Jubilate
Sofia
Pellegrino
Bruno
Isabella
Pudenziana
Cristiano
Costantino
3
3
10
Bello
e caldo
11
4
10
Pioggia
I
I
J
J
Cantate
Elena
Gir.Savonarola+1498
Giovanna
Urbano
Beda
GiovanniCalvino+1564
Guglielmo
J
Rogate
GirolamodaPraga+1416
Giobbe
J.Neander+1680
A
K
K
L
L
L
A
B
B
12
15
16
17
18
G
H
H
9
Calendario
Anno 2011
M
1°
19
6
20
17
21
Bello
e mite
22
313
23
24
25
2
26
24
27
Uggioso
28
29
Bello
e caldo
30
31
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
1 Mercoledì
2 Giovedì
3 Venerdì
4 Sabato
5 Domenica
6
7
8
9
10
11
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
12 Domenica
Calendario
13 Lunedì
314
14
15
16
17
18
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
19 Domenica
20
21
22
23
24
25
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
26 Domenica
27
28
29
30
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
iugno
2
3
4
il giorno cresce di 18 minuti
sino al 21 del mese
Calendario cattolico
Fasi lunari
Pr. tempo
Calendario riformato
s. Giustino
RoGAZIoNI
ASCENSiONE
s. Marcellino
s. CarloLwanza
s. FrancescoCaracciolo
Nicodemo
ASCENSiONE
Marcellino
Erasmo
Edoardo
B
C
7ª DomenicadiPasqua
s. Ildebrando
s. Norberto
s. Roberto
s. Medardo
TEMPoRA
ss. PrimoeFeliciano
s.EnricodaBolzano
TEMPoRA
s. BarnabaApostolo
TEMPoRA
SOLENNiTÀDiPENTECOSTE
s. GiovannidaS.Facondo
LunedìdiPentecoste
s. AntoniodaPadova
s. Tobia
s. Vito
s. Benno
s. Eufemia
ss. FeliceeSimplicio
SANTiSSiMATRiNiTÀ
s. GiulianaFalconieri
s. Silverio
s. LuigiGonzaga
s.PaolinodaNola
C ORPUSDOMiNi/s.Edeltrude
Nativitàdis.GiovanniBattista
s. Germano
13ª Domenicaordinaria
ss. GiovanniePaolo
s. Cirillod'Alessandria
s. Ireneo
ss. PietroePaoloApostoli
ss. ProtomartiriRomani
Exaudi
Reinardo
Norberto
PaulusGerhard+1676
Medardo
Camillo
onofrio
Barnaba
D
PENTECOSTE
Alice
LunedìdiPentecoste
Felicita
H.Becher-Stowe+1812
Vito
Giustina
Gaudenzio
Arnoldo
C
D
E
E
F
F
F
G
3
1
Bello
e caldo
Bello
e caldo
4
9
Pioggia
H abbondante
TRiNiTATiS
LeoJud+1542
Albertina
Albano
Paolino
Edeltrude
GiovanniBattista
Everardo
K
1ªdopoTrinitatis
Pelagio
Cirillo
Beniamino
PietroePaolo
Rammem.diPaolo
B
K
L
L
L
A
A
B
B
C
C
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
G
H
I
I
J
J
5
6
15
17
18
Calendario
Anno 2011
G
1°
19
20
21
315
22
23
Bello
e mite
24
2
26
23
25
27
28
29
Variabile
30
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
uglio
Anno 2011
1 Venerdì
2 Sabato
3 Domenica
4
5
6
7
8
9
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
10 Domenica
Calendario
11
12
13
14
15
16
316
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
17 Domenica
18
19
20
21
22
23
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
24 Domenica
25
26
27
28
29
30
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
31 Domenica
2
3
4
il giorno cala 55 minuti
Calendario cattolico
s. Teobaldo/S.CUoREDIGESÙ
VisitadiMariaSantissima
14ª Domenicaordinaria
s. TomasoApostolo
s. ElisabettadelPortogallo
s. AntonioMariaZaccaria
s. MariaGoretti
s. Willibaldo
s. Edgaro
s. VeronicaGiuliani
15ª Domenicaordinaria
s. Engelberto
s. Benedetto
ss. PlacidoeSigisberto
s. Enrico
s. CamillodaLellis
s. Bonaventura
MadonnadelCarmeloediEinsiedeln
16ª Domenicaordinaria
s. LeoneQuarto,Papa
s. Sinforosaesettefiglimartiri
s. Reto
s. Margherita
s. LorenzodaBrindisi
s. MariaMaddalena
s.Brigida
17ª Domenicaordinaria
s. Cristina
s. GiacomoilMaggiore,Apostolo
ss. GioacchinoeAnna
s. Pantaleone
ss. NazzarioeCelso
s. Marta
s. PietroCrisologo
17ª Domenicaordinaria
s. IgnaziodaLoyola
Fasi lunari
Pr. tempo
Calendario riformato
3
Teobaldo
VisitazionediMaria
D
D
2ªdopoTrinitatis
Cornelio
Ulrico
Anselmo
GiovanniHus+1415
Gioacchino
Chiliano
Luigia
E
Tuoni
e
E temporali
E
F
F
G
G
8
3ªdopoTrinitatis
Rosalia
Rachele
Felice
Enrico
Bonaventura
Margherita
Joh.C.Blumhard*1815
H
4ªdopoTrinitatis
Alessio
Armanno
Rosina
Elia
Vittoria
MariaMaddalena
olga
K
1
4
H
I
I
J
J
K
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
Bello
16
17
6
15
18
Calendario
L
1°
19
20
K Piovigginoso
L
L
A
A
A
23
2
21
23
24
25
5ªdopoTrinitatis
Cristina
Giacomo
Anna
Laura
Pantaleone
Beatrice
Giacobea
B
26
Variabile
B
con
C
temporali
C
C
D
D
30
27
6ªdopoTrinitatis
WilliamPenn+1718
E
3
317
22
28
29
30
31
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
gosto
Anno 2011
1 Lunedì
2
3
4
5
6
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
7 Domenica
Calendario
8
9
10
11
12
13
318
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
14 Domenica
15
16
17
18
19
20
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
21 Domenica
22
23
24
25
26
27
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
28 Domenica
29 Lunedì
30 Martedì
31 Mercoledì
2
3
4
il giorno cala 1 ora e 30 minuti
Fasi lunari
Pr. tempo
Calendario cattolico
Calendario riformato
festanazionale
s. Alfonso
s. Eusebio
s. Lidia
s. GiovanniMariaVianney
MadonnadellaNeve
TrasfigurazionediN.S.G.C.
festanazionale
Pietro
Gustavo
Augusto
Domenico
osvaldo
TrasfigurazionediGesù
19ª Domenicaordinaria
s. Sisto
s. Domenico
s. Romano
s. LorenzoMartire
s. Chiarad'Assisi
s. Amedeo
s. Geltrude
20ª Domenicaordinaria
s. MassimilianoKolbe
ASSUNZiONEDiMARiAVERGiNE
s. Rocco
s. Giacinto
s. Elena
s. GiovanniEudes
s. Bernardo,Abate
21ª Domenicaordinaria
s. PioX
s. MariaRegina
s. RosadaLima
s. Bartolomeo,Apostolo
s. LuigiIX
s. Gregorio
s. Monica
22ª Domenicaordinaria
s. AgostinoVescovo
Decollazionedis.GiovanniBattista
s. Felice
s. PaulinoVescovo
7ªdopoTrinitatis
Afra
Ciriaco
Romano
Lorenzo
Eusebio
Clara
FlorenceNightingale+1910
H
8ªdopoTrinitatis
Samuele
Mosè
Rocco
Liberto
Amos
Stoccolma1925
BlaisePascal+1662
K
I
I
J
J
J
K
L
L
L
A
A
B
9ªdopoTrinitatis
Ernestina
Alfonso
Amsterdam1948
Bartolomeo
Lodovico
Severino
CesariodiArles+542
B
10ªdopoTrinitatis
Agostino
Decap.GiovanniBattista
ClaudiodaTorino
Rebecca
E
B
C
C
D
D
E
F
F
G
6
7
E
F
F
G
G
H
5
Pioggia
8
9
4
6
10
11
12
Pioggia
e bello
6
13
13
14
15
16
17
18
Calendario
A
1°
19
Bello
e caldo
20
21
319
22
2
23
24
21
25
Molto
bello
e caldo
26
27
28
29
3
29
Caldo
30
31
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
1 Giovedì
2 Venerdì
3 Sabato
4 Domenica
5
6
7
8
9
10
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Calendario
11 Domenica
12
13
14
15
16
17
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
18 Domenica
320
19
20
21
22
23
24
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
25 Domenica
26
27
28
29
30
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
venerdì
ettembre
il giorno cala 1 ora e 36 minuti
Calendario cattolico
s.
s.
23ª
s.
s.
s.
s.
s.
s.
Fasi lunari
Pr. tempo
Calendario riformato
Verena
Verena
FestadiMariaConsolatrice Absalom
GregorioMagno
oliverCromwell+1658
G
H
H
Domenicaordinaria
Rosalia
LorenzoGiustiniani
Magno
Regina
NativitàdiMariaVergine
GregorioMagno
NicoladaTolentino
11ªdopoTrinitatis
AlbertSchweitzer+1965
Ercole
Magno
Regina
HenriArnaud+1721
LeoTolstoi*1828
Sostene
I
24ª Domenicaordinaria
ss. FelicitaeRegula
NomediMaria
s. GiovanniCrisostomo
EsaltazionedellaS.Croce
TEMPoRA
Festadei7doloridiMaria
ss. CornelioeCipriano
TEMPoRA
s. Lamberto
TEMPoRA
fESTAfEDERALEDiPREGhiERA
ss. SofiaeIrene
s. Gennaro
s. Eustachio
s. Matteo,Evangelista
ss. Maurizioecompagni
ss. LinoeTecla
Mariarifugiodeipeccatori
26ª Domenicaordinaria
s. NicolaodellaFlüe
ss. CosmaeDamiano
s. Vincenzode'Paoli
s. Venceslao
ss. Arcangeli:Michele,Gabriele,Raffaele
s. Gerolamo
12ªdopoTrinitatis
FeliceeRegula
Tobia
Ettore
Priscilla
Nicomede
LuigiPasquali+1568
HeinrichBullinger+1575
L
fESTAfEDERALE
Rosa
Gennaro
Fausta
MatteoEvangelista
Maurizio
Tecla
Roberto
B
14ªdopoTrinitatis
Cleopa
Cipriano
Cosma
Venceslao
Michele
orsoeVittore
I
I
J
J
K
K
L
L
A
A
B
B
2
3
4
5
6
7
Bello
4
8
9
10
4
11
Bello
e
caldo
12
13
14
15
6
12
Bello
e
caldo
16
17
18
19
20
21
24
E
27
2
Bello
3
27
321
22
C
C
D
20
D
Viariabile
D
e pioggia
E
F
F
G
G
H
Calendario
Anno 2011
S
1°
23
25
26
28
29
30
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
s. Remigio
2 Domenica
27ª
ss.
s.
s.
s.
s.
s.
28ª
s.
s.
s.
s.
s.
s.
s.
29ª
s.
s.
s.
s.
s.
s.
s.
30ª
s.
s.
ss.
s.
s.
ss.
s.
31ª
s.
s.
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Calendario
9 Domenica
322
10
11
12
13
14
15
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
16 Domenica
17
18
19
20
21
22
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
23 Domenica
24
25
26
27
28
29
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
30 Domenica
31 Lunedì
3
4
il giorno cala 1 ora e 40 minuti
Calendario cattolico
1 Sabato
3
4
5
6
7
8
ttobre
2
Fasi lunari
Pr. tempo
Calendario riformato
Remigio
15ªdopoTrinitatis
Leodegardo
Lucrezia
PierP.Vergerio+1565
Placido
Angela
Giuditta
HeinrichSchütz*1585
I
Domenicaordinaria
GiovanniLeonardi
Gedeone
Probo
Massimiliano
Edoardo
Callisto
Teresad'Avila
16ªdopoTrinitatis
Dionigi
Gedeone
Corina
ElisabethFry+1845
TeodorodiBeza+1605
Edvige
Teresa
L
Domenicaordinaria
Gallo
Ignazio
Luca,Evangelista
PaolodellaCroce
Vendelino
orsolaecomp.martiri
MariaSalome
fESTADELRACCOLTO
Gallo
Giusto
LucaEvangelista
Ferdinando
Vendelino
orsola
Jerem.Gotthelf+1854
Domenicaordinaria
GiovannidaCapestrano
AntonioMariaClaret
CrisanteeDaria
Evaristo
Frumenzio
SimoneeGiuda,Apostoli
Narciso
18ªdopoTrinitatis
Severino
Salome
RenatadaFerrara*1510
Armando
Sabina
SimoneeGiudaApp.
Narcisio
Domenicaordinaria 19ªdopoTrinitatis
AlfonsoRodriguez/OrasOlare–1Ora HenriDunand+1910
Wolfgango
95tesidiLutero
I
J
J
K
K
K
L
A
A
A
B
B
8
Temporali
9
4
10
4
F
F
G
G
H
H
I
13
Bello
e caldo
6
12
14
15
16
17
18
19
Bel
tempo
2
20
Bello e
meno caldo
3
26
20
21
323
22
23
24
25
26
27
28
29
30
I
J
11
12
C
C
C
D
D
E
E
6
7
H
Domenicaordinaria
AngeliCustodi
TeresinadelBambinoGesù
Francescod'Assisi
Placido
Bruno
MadonnadelRosario
Sergio
5
Calendario
Anno 2011
O
1°
Piovigginoso
31
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
1
2
3
4
5
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
6 Domenica
7
8
9
10
11
12
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Calendario
13 Domenica
324
14
15
16
17
18
19
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
20 Domenica
21
22
23
24
25
26
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
27 Domenica
28 Lunedì
29 Martedì
30 Mercoledì
ovembre
il giorno cala di 1 ora e 14 minuti
Fasi lunari
Pr. tempo
Calendario cattolico
Calendario riformato
GNiSSANTi
O
CommemorazionedeiFedeliDefunti
s. Pirmino
s. CarloBorromeo
s. Zaccaria
32ª Domenicaordinaria
s. Leonardo
s. Engelberto
ss. QuattroCoronati
DedicazioneBasilicaS.Salvatore
s. LeoneMagno,Papa
s. MartinodaTours
s. Giosafatte
33ª Domenicaordinaria
s. StanislaoKotska
s. Alberico
s. AlbertoMagno
s. otmaro
s. Florino
DedicazioneBasilicass.PietroePaolo
s. ElisabettadaTuringia
fESTADiCRiSTORE
s. Corbiniano
PresentazionediMaria
s. Cecilia,VergineeMartire
s. Clemente,PapaeMartire
s. Crisogono
s. Caterina,VergineeMartire
s. Corrado
1ªDomenicadiAvvento
s. Colombano
s. Crescenzio
s. Saturnino
s. AndreaApostolo
TEMPoRA
ConciliodiCostanza1414
GiuliodaMilano
Teofilo
Sigismondo
Malachia
J
K
K
2
K
L Nuvoloso
fESTADELLARifORMA
Leonardo
Florenzio
Claudio
Teodoro
Taddeo
SörenKierkegaard+1855
PierPaoloVermigli+1562
L
21ªdopoTrinitatis
Aurelio
Federico
Joh.A.Comenius+1670
otmaro
Bertoldo
Eugenio
ElisabettadaTuringia+1231
C
22ªdopoTrinitatis
Edmondo
Colombano
Cecilia
Clemente
Crisogono
Caterina
Corrado
1ªdiAvvento
MargareteBlarer+1541
Noè
Saturnino
AndreaApostolo
4
A
A
A
B
B
C
C
D
D
E
E
F
Pioggia
e
vento
6
10
Pioggia
e
neve
2
18
Neve
e freddo
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
17
18
19
20
21
325
22
23
24
25
3
25
26
27
28
I
J
J
K
3
16
F
F
G
G
H
H
I
2
Calendario
Anno 2011
N
1°
Neve
e gelo
29
30
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
1 Giovedì
2 Venerdì
3 Sabato
4 Domenica
5
6
7
8
9
10
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
11 Domenica
Calendario
12
13
14
15
16
17
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
18 Domenica
326
19
20
21
22
23
24
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
25 Domenica
26 Lunedì
27
28
29
30
31
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
icembre
2
3
4
il giorno cala di 15 minuti
fino al 21 del mese
Calendario cattolico
Fasi lunari
Pr. tempo
Calendario riformato
Eligio
Saverio
Lucio
K
L
L
2ªdiAvvento
AndreaBrucioli
Abigail
LeonhardRagaz+1945
Enoc
Delia
KarlBarth+1968
Gualtiero
L
5
6
7
s. Eligio
s. Lucio,patronodelladiocesi TEMPoRA
s. FrancescoSaverio
TEMPoRA
2ª DomenicadiAvvento
s. Barbara
s. Saba
s. NicolòdaBari
s. AmbrogiodaMilano
immacolataConcezione
s. Valeria
s. Angelina
3ª DomenicadiAvvento
s. Damaso
s. GiovannaFrancescadaChantal
s. Lucia
s. GiovannidellaCroce
s. Valeriano
s. Adelaide
s. Lazzaro
3ªdiAvvento
JochenKlepper+1942
ottila
Lucia
Nicasio
Abramo
Adelaide
Lazzaro
4ª DomenicadiAvvento
s. Graziano
s. Urbano
s. Ursicino
s. Riccardo
s. Flaviano
s. GiovannidaCracovia
VigiliadiNatale
4ªdiAvvento
Ecumene
Nemesio
CatarinaBora+1552
Tommaso
Fiorino
Dagoberto
MatildaWrede+1928
G
G
H
H
I
I
NATALEDiNOSTROSiGNOREGESùCRiSTO
s. Stefano,protomartire
Sacrafamiglia
s. GiovanniEvangelista
ss. Innocenti
s. TomasoBecker
s. Davide
s. Silvestro
NATALEDiN.S.G.C.
J
27
Stefano
J
28
GiovanniEvangelista
InnocentiFanciulli
Gionatan
Davide
Silvestro
K
K
K
L
L
A
A
B
B
B
C
4
2
Molto
freddo
F
9
10
11
12
6
10
13
14
15
C
D
D
E
E
E
F
8
16
17
Nevicate
18
Calendario
Anno 2011
D
1°
19
20
2
18
Variabile
3
24
Uggioso
e
freddo
21
327
22
23
24
25
26
29
30
31
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Calendario lunare-zodiacale
dell’ortofrutticoltura e altro ©
Piante
da radice
Mesi
Luna
Se Mz-Lu
Carote
Tr
�
�
�
Mg-Gi
Ra Gi-No
Se Mz-Gi
Rape da
foraggio
Calendario
328
No
No
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
No
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Sì
No
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
No
Sì
Sì
No
Ra Ag-Ot
�
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�
Sì
No
Sì
Sì
No
Sì
No No
Sì
No
Sì
Sì
Sì
No
Sì
No
Sì
Sì
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Sì
No
Sì
No
Sì
Sì
Mg-Gi
Sì
No
Sì
No
Sì
Sì
Ra Se-Ot
�
Sì
No
No
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Se Mz-Mg
Ra Mg-Se
Se Ap-Mg
Tr
Tr
Mg-Gi e Ag-Se
Tr
Ap-Mg
In Ag non possono
prendere l’acqua
Se Mz-Gi
Tr
Mg-Gi
Ra Ag-No
Tr
Mg e Ot
� �
� �
� �
� �
Tr
Mg-Ag
Ra Gi-Ot
No
No
No
Sì
No
Sì
Sì
No No
Sì
No
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
Sì
No
Sì
No
Sì
No
Sì
No
Sì
Sì
No
Sì
No
Sì
Sì
No
Sì
No
Sì
No
No
No
Sì
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
No
Sì
No
�
�
�
Se Fe-Lu
Sì
Sì
�
�
�
�
Se Mz-Gi
Mg-Lu
Sì
�
�
� �
Tr
Sì
Sì
Sì
Sì
Ra Gi-Se
Ra Ge-Ma e Se-Di
Finocchio
Sì
No
Sì
Se Fe-Mg e Se-Ot
Porro
No
Sì
Sì
Ra Ag-Ot
Aglio
Sì
Sì
Se Mz-Gi
Bietole
rosse
Sì
Sì
Mg-Gi e Ag
Ra Gi-Ot
Cipolle
Sì
No
�
Tr
Se Mz-Gi
Sedano
Sì
Sì
Se Mz-Gi
Se Mz-Ag
Ravanelli
No No
Ra Se-Di
Ap-Lu
Ra Ag-Di
Patate
Sì
Sì
�
�
�
�
�
�
Barbabietole Tr
Rape
Segni zoodiacali
� � � � � � � � � � � �
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Calendario
Annotazioni
No
Sì
No
No
No
Sì
No
� �
No
No
�
�
�
No
No
Sì
No
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
LEGGENDA
� Ariete
� Toro
� Gemelli � Cancro
� Leone
� Vergine
� Bilancia � Scorpione
� Sagittario � Capricorno � Acquario � Pesci
Sì
Se Seminare
Tr Trapiantare
Ra Raccogliere
Sì
Sì
Sì
� Ultimo quarto (calante)
� Primo quarto (crescente)
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
329
Piante
da foglia
Mesi
Se Mz-Mg
Cavoli
Sì
Ra Ag-No
Tutte
Sì
Sì
Se Mz-Se
�
�
�
No
No
Tr
Ap-Ag
Mg
Ra Mg-Ot
Se Mz-Gi
Prezzemolo
Tr
Ap-Ag
Ra Ma-No
Se Ap-Ag
Indivia
Tr
Mg-Se
Cicoria di
Bruxelles
Se Mz-Gi
� �
� �
Tr
Tutte
Mg-Ag
Ra Mg-Ot
Se Mz-Ag
Lattuga
Tr
Ap-Lu
Ra Gi-No
Calendario
Se Fe-Gi
Verza
Tr
Mg-Gi
Ra Lu-Di
Se Fe-No
Valerianella
Tr
Fe-Gi e Se-Di
Ra Ge-Di
330
Se Fe-Ot
Crescione
Tr
Ap-Ag
Ra Ge-Di
Bietola
da coste
Sì
Se Fe-Ot
Tr
Ap-Ot
Ra Gi-No
Sì
� �
� �
� �
� �
� �
� �
� �
� �
� �
� �
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�
�
� �
� �
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Cavolfiore
Sì
Sì
Sì
Sì
Se Mz-Gi
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Piante
da Frutto
Fagioli
Piselli
Pomodori
Zucca
Tr
Ap-Lu
Tr
Mg-Lu
Ra Ag-No
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Se Mg-Gi
Ra Ag-Se
Se Mz-Gi
Sì
Sì
Sì
Sì
No
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Ra Gi-Se
Sì
Sì
Sì
Se Mz-Gi
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No
No
Sì
No
No
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Soia
Sì
No
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Gi-Lu
Se Fe-Gi
Sì
Sì
Tr
Sì
Mais
Ra Ag-Ot
Se Fe-Lu
Cetrioli
Zucchine
Tr
Tr
Mg-Ag
Mg-Lu
No
Sì
Sì
Sì
Ra Mg-Ot
Sì
Sì
Sì
Sì
Se Fe-Mg
Fragole
Luna
�
�
�
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�
�
Ra Gi-Ot
No
No
Sì
Ra Gi-Ot
Tr
Ap-Gi e Ag-Ot
Ra Gi-Ag
�
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�
Segni zoodiacali
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Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
No No
Sì
No
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No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No No
Sì
No
No
Sì
No
Sì
Sì
�
tutte
Se Ap-Ag
Ra Gi-Ot
Sì
No
Sì
Mesi
Se Ge-Gi
Sì
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Fe-Gi
Se Mz-Gi
No
No
Sì
Sì
Sì
No
No
Sì
Sì
Tr
�
�
�
�
�
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�
Ra Lu-No
Sì
No
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
No
No
Sì
Carciofo
Sì
No
No
No
Sì
Se Fe-Lu
No
No
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Ap-Lu
Ra Lu-Di
Sì
No
Tr
Sì
Sì
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�
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Ra Gi-Ot
Sì
No
Sì
Mg-Se
Sì
Sì
Sì
Tr
Luna
tutte
Se Fe-Gi
Sì
Sì
Mesi
Sì
No
No
�
Ra Gi-No
No
Piante
da fiore
Girasole
�
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�
� �
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�
Se Fe-Gi
Tr
Sì
�
Mg
Ra Mg-Ot
Erba
cipollina
Segni zoodiacali
� � � � � � � � � � � �
�
�
Tr
Spinaci
Luna
Calendario lunare-zodiacale dell’ortofrutticoltura e altro
�
�
�
Sì
Sì
Sì
No
Sì
No
Sì
Sì
No
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Segni zoodiacali
� � � � � � � � � � � �
No
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Sì
No
Sì
Sì
No
Sì
No
Sì
No
Sì
No
Sì
No
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
�
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�
�
�
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Sì
No
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No
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No
Sì
Sì
No
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No
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No
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Sì
No
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Sì
Sì
Sì
No
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No
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Sì
Sì
Sì
Sì
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No
Sì
Sì
No
Sì
No
Sì
No
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No
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Sì
Sì
Sì
Sì
No
Sì
No
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Sì
No
Sì
No
Sì
Sì
No
Sì
No
Sì
No
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Sì
No
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
No
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Calendario
Calendario lunare-zodiacale dell’ortofrutticoltura e altro
331
Sì
Sì
Sì
Sì
LEGGENDA
� Ariete
� Toro
� Gemelli � Cancro
� Leone
� Vergine
� Bilancia � Scorpione
� Sagittario � Capricorno � Acquario � Pesci
Se Seminare
Tr Trapiantare
Ra Raccogliere
� Ultimo quarto (calante)
� Primo quarto (crescente)
� Ariete
� Toro
� Gemelli � Cancro
� Leone
� Vergine
� Bilancia � Scorpione
� Sagittario � Capricorno � Acquario � Pesci
Se Seminare
Tr Trapiantare
Ra Raccogliere
� Ultimo quarto (calante)
� Primo quarto (crescente)
Ge Gennaio
Lu Luglio
Mg Maggio
No Novembre
Gi Giugno
Di Dicembre
Ge Gennaio
Lu Luglio
Mg Maggio
No Novembre
Gi Giugno
Di Dicembre
Fe Febbraio
Ag Agosto
MzMarzo
Ap Aprile
Se Settembre Ot Ottobre
Fe Febbraio
Ag Agosto
MzMarzo
Ap Aprile
Se Settembre Ot Ottobre
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Calendario lunare-zodiacale dell’ortofrutticoltura e altro
Calendario lunare-zodiacale dell’ortofrutticoltura e altro
Mesi
Pi Ge-Mg
Tr
Melo
Mz-Mg e Se-Ot
Co Mz-Gi e Ot-No
In
Ge-Mg e Ot
Po Ge-Mg, Lu e Ot-Di
Ra Ag-Ot
Pi Ge-Mg e Se-Ot
Tr
Pero
Mz-Gi e Ot
Co Mz-Mg e Ot-No
In
Mz-Gi e Ot
Po Ge-Mg e No-Di
Ra Lu-Ot
Pi Ge-Gi e Ot
Tr
Prugno
Mz-Ap e Ot
Co Mz-Ap e Ot-Di
In
Ge-Mg e Ot
Po Ge-Ap e No-Di
Ra Lu-Ot
Pi Mz-Mg e Ag-Se
Tr
Co Mz-Ap e No
In
Mz-Mg
Calendario
Castagno
Ap-Mg
Po Ge-Mz, Gi, No-Di
332
Co Mz-Ap e Ot-No
Ra Se-No
Pi Mz-Mg e Se-Ot
Tr
Ciliegio
In
Fe-Mg e No
Fe-Mg
Po Ge-Ap e Gi-Ag
Ra Mg-Se
Pi Ge-Ap e Se-Ot
Tr
Amarena
Fe-Ap e No
Co Mz-Ap
In
Fe-Mg
Po Ge-Mz e Gi-Lu
Ra Gi-Se
Luna
Segni zoodiacali
� � � � � � � � � � � �
� �
� �
� �
Sì
No
Sì
No
Sì
Sì
No
Sì
No
Sì
� �
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No
No
Sì
No
No
Sì
No
Sì
No
Sì
No
No
No
Sì
Sì
Co Mz-Mg
Frutta
e bacche
In
Ap-Mg
Po Mz-Mg e Se-Ot
Ra Gi-No
Sì
Giardino
Sì
Sì
Ge-No
Seminare fiori
Piant. arbusti e siepi Fe-Gi e Ot
No
No
No
Potare e sfrondare
Ge-Ap e Ag-Di
No
No
Spuntare e cimare
Fe-Ot
No
Lavorare e concim.
Ge-No
No
Sì
Pi Mz-Mg e Se
No
No
Sì
Mesi
Sì
No
No
Frutteto
Sì
No
No
No
Sì
No
Sì
No
Sì
No
Sì
No
Sì
Seminare cereali
Mz-Lu e Se-Ot
Seminare foraggi
Mz-Gi, Ag e Ot-No
No
Interrare
Mz-Gi
No
Lavorare terreni
Mz-Mg, Lu, Se-No
No
Concimare
Di-Mz
No
Raccogliere
Mg-No
No
Sì
�
�
� �
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�
Sì
tutte
Sì
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Sì
Sì
No
Sì
Sì
Sì
No
No
Sì
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Campi
Sì
No
Sì
Segni zoodiacali
� � � � � � � � � � � �
tutte
tutte
No
No
Luna
No
�
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Sì
Sì
No
Sì
No
No
Sì
No
No
Sì
Sì
No
No
�
Sì
Sì
No
Sì
No
No
Sì
No
No
Sì
No
Sì
No
Sì
No
Bosco
No
Tagl. legna ardere
Ge-Mz e Ot-Di
Tagl. legna costr.
Ge-Mz e Ot-Di
Sì
Taglio alb. Natale
No-Di
Sì
Gli abeti tagliati 3 giorni prima dell’11º plenilunio conservano molto più a lungo gli aghi
No
Sì
�
�
Sì
�
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Il legno per i manici è da tagliare nei giorni del sagittario in agosto per mantenerli piegevoli e resistenti
Allevamento
No
No
No
Sì
Sì
Sì
Sì
No
No
Sì
No
Sì
Sì
Ge-Mg e Se-Di
No
Sì
Lievitaz. pane
No
Sì
Fare conserve
Mg-No
Imbott. bevande
Se-Ot
Sì
Lattofermenti
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Se Seminare
Tr Trapiantare
Ra Raccogliere
Macellazione
Conservare
Sì
LEGGENDA
� Ariete
� Toro
� Gemelli � Cancro
� Leone
� Vergine
� Bilancia � Scorpione
� Sagittario � Capricorno � Acquario � Pesci
Mz-Se
Sì
No
Sì
Cova e schiusa
� Ultimo quarto (calante)
� Primo quarto (crescente)
� �
Mai in agosto!
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Sì
No
Sì
Sì
No
Congelare frutta e verdura nei giorni del frutto. Una volta scongelati hanno un buon sapore, non si decompongono e non sono acquosi
LEGGENDA
� Ariete
� Toro
� Gemelli � Cancro
� Leone
� Vergine
� Bilancia � Scorpione
� Sagittario � Capricorno � Acquario � Pesci
Se Seminare
Tr Trapiantare
Ra Raccogliere
� Ultimo quarto (calante)
� Primo quarto (crescente)
Ge Gennaio
Lu Luglio
Mg Maggio
No Novembre
Gi Giugno
Di Dicembre
Fe Febbraio
Ag Agosto
MzMarzo
Ap Aprile
Se Settembre Ot Ottobre
Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Calendario
Frutteto
333
Calendario lunare-zodiacale dell’ortofrutticoltura e altro
Cura del corpo
Mesi indicati
Segni zoodiacali
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Luna
Sì
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Taglio capelli
Taglio unghie
No No
Sì
Sì
No
No
Sì
No
Annotazioni
No No
Sì
No
Applicare impacchi al viso o maschere in luna calante
Applicare creme idratanti o rassodanti in luna crescente
I giorni del capricorno sono adatti a qualsiasi trattamento della pelle
La luna calante è adatta per stimolare i piedi (eliminare tensioni ed elementi tossici presenti nel corpo)
Per la rigenerazione delle funzioni del corpo è ideale la luna crescente
Massaggi rilassanti e disintossicanti sono da eseguire in luna calante
Massaggi rigeneranti e rinforzanti sono da eseguire in luna crescente
Nei mesi senza la «R» si può soleggiare più a lungo
Le cure ricostituenti hanno maggior eficacia in luna crescente
L’organismo si depura in luna calante
I digiuni purificatori hanno maggior successo in luna nuova
Pulizia
I giorni dell’aria in luna calante sono l’ideale per rovistare, arrieggiare e pulire
I giorni dell’acqua sono l’ideale per la rimozione dello sporco più profondo e la pulizia a fondo
Le pulizie di primavera riescono meglio nel segno dell’acquario in luna calante
Nei mesi senza la «R» si può arrieggiare più a lungo
La muffa va tolta in luna calante
Altro
Calendario
334
Sì
�
Taglio fieno
No
�
Sì
Calendario
Pulire orto
Dipingendo e laccando in luna calante nei giorni dell’aria la vernice asciuga meglio.
LEGGENDA
Giorni della luce (aria)
Gemelli, bilancia, acquario
Giorni del calore (fuoco)
Ariete, leone, sagittario
Giorni del freddo (terra)
Toro. vergine, capricorno
Giorni dell’acqua (acqua)
Cancro, scorpione, pesci
Giorni del fiore
Gemelli, bilancia, acquario
Giorni del frutto
Ariete, leone, sagittario
Giorni della radice
Toro, vergine, capricorno
Giorni della foglia
Cancro, scorpione, pesci
� Ariete
� Leone
� Sagittario
� Toro
� Gemelli
� Vergine
� Bilancia
� Capricorno � Acquario
� Cancro
� Luna nuova � Primo quarto (crescente)
� Scorpione � Luna piena � Ultimo quarto (calante)
� Pesci
Ge Gennaio
Lu Luglio
Fe Febbraio
Ag Agosto
Ap Aprile
Ot Ottobre
Mz Marzo
Se Settembre
Mg Maggio
No Novembre
335
Gi Giugno
Di Dicembre
Questo calendario lunare-zodiacale è soggetto a modifiche e ad eventuale ampliamento. Indicazioni dai lettori sono ben volute! Da inviare ad una/un redattrice/tore. Indirizzo vedi pagina 3.
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