DETERMINAZIONE DEL pH SU ESTRATTO

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DETERMINAZIONE DEL pH SU ESTRATTO
CITTA’ STUDI - BIELLA
Master in Tessile e Salute
“Valutazione ecotossicologica di manufatti tessili:
determinazione del pentaclorofenolo e del pH su
estratto acquoso”
Tutor aziendale: Dott. Riccardo INNOCENTI
Azienda: ISTITUTO CNR-ISMAC - BIELLA
Tesina finale di:
Roberta Rossa Sergente
Anno Formativo 2005-2006
"Ai sensi della legge 196/2003 autorizzo il trattamento e la comunicazione e/o diffusione dei dati personali"
Indice
1. INTRODUZIONE PROGETTO………………………..pag. 2
2. PRESENTAZIONE AZIENDA………………………...pag. 3
3. NORMATIVE…………………………………………..pag. 4
4. DESCRIZIONE DEI CAMPIONI………………………pag. 8
5. DETERMINAZIONE pH……………………………….pag. 10
5a. valutazione dell’indicatore pH
5b. procedimento per la determinazione del pH su estratto
acquoso
5c. apparecchiature utilizzate
5d. risultati ottenuti dalle analisi dei campioni
5e. conclusioni
6. DETERMINAZIONE PENTACLOROFENOLO……..pag. 16
6a. descrizione della molecola e sue caratteristiche
6b. procedimento per l’analisi del pentaclorofenolo
6c. apparecchiature utilizzate
6d. risultati ottenuti dalle analisi dei campioni
6e. conclusioni
7. CONSIDERAZIONI FINALI………………………….pag. 27
8. BIBLIOGRAFIA…………………………...…………..pag. 28
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1. INTRODUZIONE
Il progetto “Valutazione ecotossicologica di manufatti tessili: determinazione del
pentaclorofenolo e del pH su estratto acquoso” è stato svolto presso i laboratori del
CNR-ISMAC di Biella.
Tale progetto si propone di definire il grado di qualità ecotossicologica dei
manufatti tessili, analizzando la presenza di pentaclorofenolo e valutando il valore
di pH su estratto acquoso.
Per prima cosa si è compiuta una ricerca bibliografica sulla pericolosità del
pentaclorofenolo, sul suo metodo di determinazione e sugli eventuali processi di
contaminazione dei manufatti tessili.
Altra ricerca bibliografica ha riguardato il metodo di determinazione del pH su
estratto acquoso, e la sua utilità nell’individuare la qualità dei trattamenti eseguiti
sui manufatti tessili.
Sono state infine analizzate le principali normative europee esistenti; particolare
attenzione è stata posta ai marchi ecologici Ecolabel e Oekotest, infatti i risultati
delle analisi sono state poi confrontate con i limiti imposti da tali marchi.
Dalla seconda metà degli anni ‘90 le caratteristiche eco-tossicologiche dei prodotti
tessili hanno assunto un’importanza sempre maggiore nella valutazione del
controllo qualità dell’industria tessile. Quindi il rispetto dei requisiti ecotossicologici nella produzione dei manufatti tessili diventa una condizione
fondamentale per la corretta commercializzazione del prodotto tessile.
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2. PRESENTAZIONE AZIENDA.
Il CNR-ISMAC ha sede a Biella nel polo di Città Studi in cui sono presenti enti ed
istituti di ricerca e di formazione, tra cui il Politecnico di Torino con il corso di
laurea di primo livello in Ingegneria Tessile, l'Istituto Tecnico Industriale "Q.
Sella" scuola di formazione superiore, l'Associazione Tessile & Salute ente
internazionale che svolge attività di ricerca riguardanti lo sviluppo di prodotti
tessili per la salute.
Inoltre, il CNR-ISMAC di Biella è un componente del Laboratorio di Alta
Tecnologia Tessile (LATT) e dal 2005 ospita tre apparecchiature (elettrofilatura,
plasma e filatura ad umido) acquisite grazie al finanziamento dalla Regione
Piemonte e beneficia di una borsa di Dottorato di Ricerca in collaborazione con
Politecnico di Torino, con un finanziamento della Fondazione Cassa Risparmio di
Biella.
Le attività della sede di Biella dell'Istituto per lo Studio delle Macromolecole
(ISMAC) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) sono orientate alla ricerca
e all'innovazione nel campo dei materiali e dei processi tessili, allo sviluppo della
normazione in campo tessile, oltre all'offerta di servizi, trasferimenti tecnologici e
consulenze tecniche alle aziende del settore.
CNR-ISMAC, Istituto per lo Studio delle Macromolecole, sede di Biella.
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3. NORMATIVE
Una raccolta preliminare degli standard di qualità che caratterizzano i manufatti
tessili ha sostanzialmente evidenziato che esistono due grandi categorie di
criteri per la valutazione dei requisiti eco-tossicologici nella produzione di tali
manufatti : da una parte, una serie di azioni volontarie che hanno portato alla
creazione di numerose etichette ecologiche e di marchi privati, dall’altra,
esistono una serie di normative nazionali, per la maggior parte derivanti da
istanze specifiche, che generano un panorama piuttosto complesso e di difficile
inquadramento.
Per questo progetto si è scelto di prendere come riferimento i limiti imposti dai
due marchi più conosciuti e più usati, ovvero ECOLABEL ed OEKO-TEX, qui
di seguito descritti.
• MARCHIO ECOLABEL.
Nel 1992 l’Unione Europea ha emanato il Regolamento CEE n. 880/92,
aggiornato nel 2000 (Regolamento n.1980, Gazzetta Ufficiale delle Comunità
Europee del 21/9/00), con cui ha introdotto un sistema comunitario di
assegnazione di un marchio di qualità ecologica, per uniformare il contesto
comunitario ed evitare che lo stesso tipo di prodotto fosse etichettato con
marchi ecologici differenti. Il sistema si basa su un elenco fissato dalla
Commissione Europea di gruppi di prodotti per i quali è possibile richiedere il
marchio. Il marchio, contraddistinto da una margherita, ha come obiettivo
quello di promuovere la qualità del prodotto, orientando i consumatori verso
scelte di consumo sostenibili.
Le principali caratteristiche del marchio sono:
1. carattere volontario, per cui la non adozione non comporta
l’esclusione dal mercato;
2. ha lo scopo di promuovere un minore impatto ambientale;
3. sono esclusi dall’etichetta i prodotti alimentari, farmaceutici, bevande,
sostanze pericolose o fabbricati con processi che possono nuocere
all’uomo o all’ambiente;
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4. è attribuibile solo a beni di consumo destinati al consumatore finale e
non a prodotti intermedi;
5. esprime un giudizio positivo sull’intero ciclo di vita del prodotto, con
riferimento alla quantità di rifiuti, all’inquinamento e al degrado del
suolo, alla contaminazione dell’atmosfera, ai rumori, al consumo di
energia, al consumo di risorse naturali e agli effetti sugli ecosistemi.
Tale marchio mira a ridurre l’impatto della produzione tessile sull’ambiente e, di
conseguenza, sulla salute del consumatore: a questo scopo introduce dei limiti
che riguardano sostanze potenzialmente contenute nelle diverse fibre tessili e
che regolamentano i processi e i prodotti chimici utilizzati nel corso di tutto il
ciclo produttivo, nonchè le emissioni in atmosfera e lo scarico nelle acque reflue
di determinati composti nocivi per l’ambiente.
• OEKO-TEX STANDARD 100.
L’elaborazione di tale marchio è il risultato di un lavoro congiunto tra l’Istituto
di ricerca tessile austriaco e quello tedesco. Si tratta di uno standard che prende
in considerazione le sostanze potenzialmente pericolose che potrebbero essere
contenute nel prodotto finale e quindi venire a contatto con il consumatore.
Lo standard contiene una serie di test analitici da eseguire su determinati
parametri e ne specifica i limiti in base a considerazioni scientifiche. Oeko-Tex
è sicuramente il marchio più diffuso, con un’azione commerciale che si è spinta
al di là delle barriere nazionali e si è diffusa in Europa, probabilmente perché è
per definizione un marchio strettamente tessile. Tale marchio mira a ridurre
l’impatto del prodotto finale sulla salute del consumatore.
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Riguardo a questo progetto, i limiti stabiliti dai due marchi per il pH sono
rispettivamente:
METODO DI PROVA
UNI EN 1413 oppure ISO
3071 (I due metodi
differiscono solo per il
tempo di estrazione)
MARCHIO
ECOLOGICO
LIMITI (ppm)
ECOLABEL
nessun limite per i prodotti
tessili finiti
OEKO-TEX
STANDARD 100
-Prodotti per bambino a
contatto con la pelle, pH
compreso tra 4.0 e 7.5;
-Prodotti non per bambino a
contatto con la pelle, pH
compreso tra 4.0 e 7.5;
-Prodotti non a contatto con
la pelle, pH compreso tra 4
e 9;
-Materiali decorativi, pH
compreso tra 4 e 9.
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Per quanto riguarda i limiti per il pentaclorofenolo, si hanno rispettivamente:
METODO DI PROVA
MARCHIO
ECOLOGICO
ECOLABEL
Metodo interno, non
normalizzato, che prevede
l’estrazione con solvente
organico, derivatizzazione
con anidride acetica e
determinazione in GC con
rivelatore ECD
OEKO-TEX
STANDARD 100
LIMITI (ppm)
Divieto di utilizzo dei PCP,
con un limite di rilevabilità
adottato come soglia di
presenza/assenza pari a 0.05
ppm (mg/Kg).
-Prodotti per bambino a
contatto con la pelle : 0.05
ppm
-Prodotti non per bambino a
contatto con la pelle
contatto pelle: 0.5 ppm
-Prodotti non a contatto con
la pelle : 0.5 ppm
-Materiali decorativi: 0.5
ppm
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4. DESCRIZIONE DEI CAMPIONI
I 20 campioni su cui sono state condotte le analisi sono stati scelti in base a:
- colore, in quanto il valore di pH è influenzato dai trattamenti posttintoriali che il manufatto tessile ha subito;
- composizione, in quanto l’eventuale presenza di PCP è dovuta
principalmente al suo utilizzo in trattamenti antiparassitari e antimuffa a cui
vengono sottoposte le fibre naturali (cotone, lana, seta).
Attenzione è stata posta inoltre alla provenienza di tali campioni,
principalmente di origine extraeuropea.
Viene riportata qui di seguito una tabella riassuntiva delle caratteristiche
principali dei campioni considerati.
NUMERO
CAMPIONE
COLORE
ETICHETTA DI COMPOSIZIONE
PROVENIENZA
1
nero
80% lana, 15% acrilico, 5% elastano
Cina
2
viola
80% lana, 20% cotone
Cina
3
nero
55% lana, 45% acrilico
prodotto importato
4
nero
70% lana, 22% poliammide,
8% spandex
prodotto importato
5
marrone
100% cotone
Bangladesh
6
verde
100% cotone
Bangladesh
7
arancione
97% cotone, 3% elastan
prodotto importato
8
nero
80% lana, 15% viscosa, 5%spandex
prodotto importato
9
rosso
60% lana, 35% acrilico, 5% elastan
Cina
10
arancione
80% lana, 15% viscosa, 5%spandex
prodotto importato
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NUMERO
CAMPIONE
COLORE
ETICHETTA DI COMPOSIZIONE
PROVENIENZA
11
nero
100% cotone
prodotto importato
12
rosso
70% lana, 30% poliammide
Cina
13
nero
80% acrilico, 20% lana
Cina
14
viola
50% lana, 50% acrilico
Cina
15
verde
98% cotone, 2% lycra
prodotto importato
16
verde
40% acrilico, 30% lana, 20% seta,10%
lycra
Cina
17
arancione
50% acrilico, 50% lana
Cina
18
blu
50% acrilico, 50% lana
Cina
19
arancione
55% lana, 45% acrilico
Cina
20
viola
45% mohair, 20% lana, 20%
acrilico,15% elastan
Cina
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5. DETERMINAZIONE DEL pH SU ESTRATTO ACQUOSO.
5a. Valutazione dell’indicatore pH
Il valore di pH dell’estratto acquoso dei tessili rappresenta un utile indicatore degli
effetti residui indotti dalle lavorazioni. Infatti, con un trattamento finale di
risciacquo in ambiente acquoso, correttamente effettuato dopo le operazioni
tintoriali, si riesce nella maggioranza dei casi a neutralizzare gli eccessi di
alcalinità o acidità presenti nei manufatti. Lo scopo della determinazione è quindi
l’indagine relativa alla “bontà” dei trattamenti post-tintura.
Nel ciclo laniero una particolare attenzione deve essere posta per i tessuti
carbonizzati in pezza (per l’eventuale presenza di residui di acido solforico) e per
quelli tinti con materie coloranti che prevedono l’uso di acidi forti in fase di
esaurimento di tintura.
Per i prodotti cotonieri deve essere posta attenzione agli articoli trattati con alcali
forti (fasi di mercerizzazione, sodatura o tintura con coloranti reattivi).
Sempre più spesso, inoltre, si richiede che i manufatti, nelle diverse tipologie,
rispondano a determinati requisiti in fatto di acidità o alcalinità, spesso con
esplicito riferimento al valore di pH dell’estratto acquoso.
La determinazione del pH ha lo scopo di evidenziare la compatibilità cutanea del
tessile a diretto contatto con la pelle, per evitare il possibile innesco di reazioni
allergiche o infiammatorie.
I marchi ecologici ed i diversi capitolati, che contengono al loro interno questo
parametro, indicano intervalli di accettabilità prossimi al valore del pH
“eudermico”, cioè dell’epidermide, e quindi generalmente compresi tra pH 4,0 e
7,5.
Per definizione il pH è il cologaritmo della concentrazione di ioni idrogeno in un
estratto acquoso.
pH = −log10 [H+]
Il metodo che è stato seguito è l’UNI EN 1413, che è applicabile ai tessili in tutte
le loro forme (abbigliamento, intimo, arredamento…) .
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5b. Procedimento per la determinazione del pH su estratto acquoso.
Norma di riferimento : UNI EN 1413
Il metodo analitico si svolge in più fasi:
-PREPARAZIONE DEL CAMPIONE.
Prelevare dal campione in esame tre provette di circa 2,00 g , tagliarle in piccoli
pezzi di alcuni centimetri, tali da consentire una rapida imbibizione del campione,
e porle in tre beute con tappo.
Onde evitare possibili contaminazioni, maneggiare il materiale con i guanti e per il
minor tempo possibile.
-PREPARAZIONE DELL’ESTRATTO SECCO.
Aggiungere in ogni beuta contenente il campione, 100 mL di
acqua distillata o deionizzata di grado non inferiore a 3, e con
pH compreso tra 5,0 e 7,5.
Agitare manualmente e brevemente le beute per assicurare
un’adeguata imbibizione del campione e successivamente
agitare meccanicamente per 2 h ± 5 min, a temperatura
ambiente.
-MISURAZIONE DEL pH DELL’ESTRATTO ACQUOSO.
Tarare il pH-metro e verificare la taratura usando due soluzioni tampone.
Immergere l’elettrodo in acqua distillata per 30 minuti finché il pH indicato non si
stabilizza.
Filtrare il primo estratto in un bicchiere, immergere subito l’elettrodo ed agitare
leggermente con una bacchetta finché il valore di pH non si stabilizza. Il valore
della prima misurazione non va registrato.
Filtrare il secondo estratto in un bicchiere, immergervi subito
l’elettrodo senza lavarlo, lasciando stabilizzare il valore di
pH, senza esercitare agitazione.
Filtrare il terzo estratto in un altro bicchiere e ripetere
l’operazione precedente.
I valori di pH del secondo e terzo estratto vengono annotati
come prima e seconda misurazione.
Calcolare la media delle due determinazioni.
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5c. Apparecchiature utilizzate.
La misurazione viene effettuata con un pH-metro dotato di un elettrodo di vetro, di
precisione ±0,1 unità di pH.
Il pHmetro elettronico è uno strumento dotato di uno speciale bulbo sensibile agli
ioni idrogeno presenti nelle soluzioni.
Il segnale prodotto dal bulbo viene amplificato ed inviato ad un display a cristalli
liquidi o ad ago.
Prima del suo impiego, questo strumento va controllato e tarato. A tale scopo, si
immerge la sonda dello strumento in apposite soluzioni tampone di pH noto.
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5d. Risultati ottenuti dall’analisi dei campioni.
NUMERO
CAMPIONE
pH1
pH2
pH3
Media
(pH2/pH3)
1
7,57
7,41
7,50
7,45
2
7,74
7,74
7,75
7,75
3
6,90
6,80
6,78
6,79
4
7,62
7,84
7,90
7,87
5
6,38
6,56
6,66
6,61
6
7,86
8,09
8,32
8,20
7
6,42
6,78
6,78
6,78
8
6,98
7,11
7,01
7,06
9
7,55
7,31
7,64
7,48
10
6,97
7,47
7,07
7,27
11
7,51
7,49
7,41
7,45
12
6,87
6,61
6,63
6,62
13
7,06
7,00
6,97
6,99
14
4,01
3,94
3,99
3,97
15
8,40
8,41
8,44
8,43
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NUMERO
CAMPIONE
pH1
pH2
pH3
Media
(pH2/pH3)
16
7,73
7,70
7,71
7,71
17
7,74
7,72
7,72
7,72
18
7,79
7,85
7,81
7,83
19
7,41
7,49
7,49
7,49
20
7,55
7,70
7,66
7,68
LEGENDA:
celle grigio chiaro = valori di pH superiori al limite massimo
celle grigio scuro = valori di pH inferiori al limite minimo
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5e. Conclusioni
I valori di pH sull’estratto acquoso determinati su 20 campioni hanno evidenziato
che:
- circa due quinti, ovvero il 40% dei campioni analizzati presentano valori di
pH superiore al limite massimo (7.5) indicato dal marchio ecologico Oeko
Tex per l’abbigliamento a contatto con la pelle;
- un solo campione, ovvero il 5% dei campioi analizzati presenta un valore di
pH inferiore al limite minimo (4.0) indicato dallo stesso marchio.
Questo valore, comunque, considerato il margine di precisione dell’analisi ,
potrebbe non essere critico.
I risultati ottenuti possono essere la conseguenza di un trattamento finale di
risciacquo in ambiente acquoso non correttamente effettuato, dopo le operazioni
tintoriali che nella maggioranza dei casi dovrebbe neutralizzare gli eccessi di
alcalinità o acidità presenti nei manufatti.
Quindi i campioni che presentano valori di pH non compresi nell’intervallo di
accettabilità prossimo al valore del pH “eudermico”, potrebbero potenzialmente
provocare l’innesco di reazioni allergiche o infiammatorie in soggetti sensibili.
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6. DETERMINAZIONE DEL PENTACLOROFENOLO
6a.Descrizione della molecola e sue caratteristiche.
Il pentaclorofenolo (PCP) è un organoalogenato che appartiene alla categoria dei
pesticidi ed ha proprietà antibatteriche e antimuffa (è utilizzata come agente di
protezione antimuffa nella coltivazione del cotone e nell’immagazzinamento o
trasporto dei tessuti di cotone).
E’ anche impiegato come conservante nelle paste di stampa, specialmente per la
seta. E’ coinvolto nelle fasi di filatura, tessitura, finissaggio di fibre, filati, tessuti e
articoli confezionati.
Trova ulteriori utilizzi come fungicida per la conservazione del legno, nei
trattamenti di conservazione di pellame, tela, corda, amidi, destrine, colle, come
insetticida per il trattamento delle termiti, come diserbante nella coltivazione del
riso, come defoliante, come battericida in saponi, detersivi, prodotti per la pulizia,
disinfettanti per uso domestico e non.
La scelta di analizzare il pentaclorofenolo è dovuta al fatto che questa molecola
possiede proprietà cancerogene e può generare, in fase di incenerimento, elevate
quantità di diossine, con conseguenti rischi ambientali.
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6b. Procedimento per l’analisi del pentaclorofenolo.
Le fasi principali del metodo analitico sono le seguenti:
• Estrazione a caldo in Soxhlet.
Si pesano accuratamente 5 g di tessuto, che vengono
sminuzzati e poi inseriti in un ditale di cellulosa. Il ditale
viene, a sua volta, introdotto in un estrattore Soxhlet da
50 ml, costituito da tre parti fondamentali: pallone
d’evaporazione; corpo centrale, in cui si realizza
l’estrazione; refrigerante, che provvede a condensare i
vapori del solvente introdotto nel pallone (80 ml di 2metossietanolo) e a farli ricadere nell’estrattore, da cui
ritornano nel pallone d’evaporazione per sifonazione.
Una volta montata l’apparecchiatura, si scalda il solvente (con l’ausilio di una
piastra riscaldante) e si regola il sistema di riscaldamento in modo da mantenere
l’ebollizione costante.
Per la maggior parte delle estrazioni sono necessarie 2 ore per ottenere un
recupero quantitativo.
• Idrolisi alcalina dei pentaclorofenilesteri estratti a PCP. Al termine delle
due ore il pallone contenente l’estratto è lasciato raffreddare per 10 minuti.
Successivamente vengono aggiunti 5 ml di acqua distillata e 4 g circa di
potassio idrossido a gocce.
Quando le gocce si sono sciolte, il pallone viene collegato
nuovamente al Soxhlet e si scalda per altri 30 minuti. Dopo
aver fatto raffreddare il contenuto del pallone e aver sciacquato
il condensatore con un po’ di 2-metossietanolo così da
recuperare eventuali vapori condensati, l’estratto viene acidificato con circa
3 ml di acido acetico glaciale, fino a pH 7. Il tutto viene trasferito in un
matraccio da 100 ml e portato a volume con 2-metossietanolo. Prima di
eseguire l’acetilazione, la miscela ottenuta va raffreddata in frigorifero a
temperatura inferiore a 5°C.
• Derivatizzazione dei PCP tramite acetilazione. Il PCP estratto in 2metossietanolo deve essere derivatizzato ed estratto in esano prima
dell’analisi al Gascromatografo. A tale scopo vengono prelevati 2 ml del
campione ottenuto e trasferiti in un imbuto separatore da 100 ml. Nello
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stesso imbuto si aggiungono 10 ml di soluzione acquosa di carbonato di
potassio (1,5%) e 1 ml di anidride acetica; il tutto va poi agitato
avendo cura di sfiatare i vapori accumulati in seguito ad
agitazione. I composti sono lasciati reagire per 15 minuti sotto
agitazione. Infine si aggiungono 10 ml di esano e si agita
vigorosamente.
Nella miscela si vengono a separare due strati immiscibili di diversa
opacità: lo strato inferiore (fase idrofila) viene eliminato, mentre
quello superiore contenente i PCP (fase lipofila) viene trasferito in
provette da 15 ml contenenti circa 0,5 g di sodio solfato anidro per eliminare
eventuali residui acquosi. L’estratto acetilato va mantenuto in frigorifero a
temperatura inferiore a 5°C e resta stabile per una settimana.
• Analisi del contenuto totale di PCP tramite Gascromatografo.
Le condizioni di lavoro utilizzate per l’analisi delle soluzioni standard e dei
campioni sono le seguenti:
- colonna capillare DB5;
- gas carrier: elio;
- temperatura dell’iniettore: 350°C;
- volume d’iniezione: 1 µl;
- temperatura rivelatore ECD: 350°C;
- gas di make-up dell’ECD: azoto;
- programma di temperatura del forno: 65°C per 2 minuti, 5°C/min fino a
180°C, 180°C per 5 minuti, 10°C/min fino 250°C, 250°C per 2 minuti;
- tempo di analisi: 39 minuti.
Si inietta 1 µl di sostanza in colonna alle temperature impostate e
si mantiene l’analisi per circa 40 minuti. La sostanza in uscita dalla
colonna genererà un segnale che verrà registrato in un
cromatogramma.
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Qui di seguito è riportato il cromatogramma dello standard 2, che corrisponde a
0,25 ppm di pentaclorofenolo.
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Qui di seguito, invece, è riportato il cromatogramma del campione 17, che
corrisponde a 0,52 ppm di pentaclorofenolo.
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6c. Apparecchiature utilizzate
- Sistema completo di estrazione Soxhlet, composto da un refrigerante a 4
bolle, il corpo dell’estrattore Soxhlet, il pallone di
raccolta e il ditale in cellulosa contenente il campione.
- Gascromatografo.
La gascromatografia, nota anche come GC (o gas-liquido cromatografia, GLC)
è una tecnica cromatografica impiegata principalmente a scopo analitico. Come
tutte le cromatografie, si basa sulla diversa
ripartizione di diverse sostanze tra una fase
stazionaria ed una fase mobile, in funzione
dell'affinità di ogni sostanza con esse. Con la
tecnica cromatografia è possibile analizzare
campioni gassosi, liquidi o solidi. L'unica grande
limitazione della cromatografia in fase gassosa è
rappresentata dal fatto che il campione deve
essere in fase vapore. I meccanismi di separazione che si sfruttano in
gascromatografia sono sostanzialmente due:
•
•
adsorbimento: la fase stazionaria è un solido sulla cui superficie si trovano
dei siti attivi in grado di stabilire una serie di legami secondari (dipolodipolo, ponte idrogeno, Van der Waals, dipolo-dipolo indotto, ecc.) con le
diverse molecole della miscela da risolvere, si parla perciò di cromatografia
gas-solido (GSC, gas-solid chromatography).
ripartizione: se la fase stazionaria è liquida si verifica una vera e propria
solubilizzazione delle sostanze nella fase stazionaria che si ripartiscono tra le
due fasi immiscibili. Si parla di cromatografia gas-liquido (GLC gas-liquid
chromatography).
- 21 -
La fase stazionaria è generalmente costituita da un liquido non volatile supportato
su una polvere che riempie uniformemente una colonna ("colonna impaccata")
oppure distribuito come film sottile spesso qualche micrometro sulla parete interna
di una colonna di lunghezza superiore ai 10 metri e di diametro inferiore al
millimetro ("colonna capillare"). Tale liquido può variare a seconda
dell'applicazione, ossia del tipo di composti che si intendono analizzare.
La fase mobile è un gas, detto anche gas di trasporto. Generalmente vengono
scelti gas chimicamente inerti quali l'azoto o l'elio. Pochi microgrammi di
campione, spesso previamente sciolto in un opportuno solvente, vengono
generalmente introdotti in colonna tramite una siringa. I gascromatografi possono
essere dotati di autocampionatore.
Il campione, posto in testa alla colonna e sottoposto al flusso costante del gas di
trasporto, viene separato nelle sue componenti in funzione di quanto queste siano
affini (di solito per polarità) alla fase fissa; un'ulteriore variabile su cui si agisce
spesso per migliorare la separazione è la temperatura della colonna, che può essere
tenuta costante ("isoterma") o fatta variare secondo un gradiente desiderato.
Quando il campione esce dall'estremità finale della colonna (si dice che è stato
eluito) viene raccolto da un rivelatore (ECD, ovvero rivelatore a cattura di
elettroni). Il diagramma che rappresenta il segnale generato dal rivelatore in
funzione del tempo (fissato a zero l'istante in cui il campione è stato immesso nella
colonna) è il cromatogramma del campione.
Il cromatogramma si presenta come una sequenza di picchi di varia ampiezza ed
altezza distribuiti lungo l'asse del tempo. Dal tempo di ritenzione di ogni picco è
possibile dedurre l'identità del composto eluito; dall'area o dall'altezza dei picchi è
possibile dedurre le quantità dei vari composti presenti nel campione analizzato.
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6d. Risultati ottenuti dall’analisi dei campioni.
NUMERO
PESO (g) Area picco (µV ∗ sec)
CAMPIONE
C (mg/L)
C (mg/kg)
1
5,0075
151585,60
0,115
2,30
2
5,0019
108276,06
0,080
1,60
3
5,0019
244043,80
0,189
3,78
4
5,0030
185393,44
0,109
2,19
5
5,0037
42297,70
0,024
0,47
6
5,0064
198203,29
0,117
2,34
7
5,0048
130212,77
0,098
1,96
8
5,0028
68998,64
0,049
0,98
9
5,0032
50694,15
0,034
0,68
10
5,0018
60477,48
0,042
0,84
11
5,0036
27824,48
0,016
0,32
12
5,0037
111955,78
0,090
1,80
13
5,0022
253236,63
0,196
3,91
14
5,0011
35098,11
0,216
4,32
15
5,0050
136348,71
0,102
2,04
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NUMERO
PESO (g) Area picco (µV ∗ sec)
CAMPIONE
C (mg/L)
C (mg/kg)
16
5,0073
51963,58
0,035
0,70
17
5,0021
40218,70
0,026
0,52
18
5,0052
609930,49
0,481
9,61
19
5,0047
52755,69
0,036
0,72
20
5,0011
49472,91
0,033
0,66
LEGENDA:
celle grigio chiaro = concentrazione di PCP superiore ai limiti imposti dai marchi ecologici.
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6e. Conclusioni
I manufatti tessili da analizzare sono stati scelti ponendo attenzione alla loro
composizione, in quanto l’eventuale presenza di PCP è dovuta principalmente al
suo utilizzo in trattamenti antiparassitari e antimuffa a cui vengono sottoposte le
fibre naturali (cotone, lana, seta).
Numerosi studi sperimentali evidenziano che sul cotone greggio non sono in
genere rilevabili significative quantità di pesticidi; questo è giustificato dal fatto
che i trattamenti con i pesticidi vengono effettuati nella fase di crescita della pianta
del cotone, cioè quando la fibra è ancora racchiusa all’interno della capsula.
Nel caso della lana i residui di antiparassitari vengono invece a concentrarsi nei
grassi naturali della fibra stessa (lanolina).
Grandi problemi di inquinamento delle acque si riscontrano, infatti, nelle regioni
con alta densità di lavaggi lane.
Il pentaclorofenolo è altamente inquinante, specialmente nelle acque e può causare
mortalità della fauna ittica ed inquinare le acque superficiali e alle falde acquifere
del sottosuolo.
Il pentaclorofenolo è bioaccumulabile in quanto non è degradabile e danneggia
l’ambiente per un lungo periodo di tempo.
E’ comunque importante ricordare che i manufatti tessili tinti, o comunque trattati,
in mezzo acquoso a temperature superiori a 60°C non dovrebbero presentare
significativi residui di pesticidi, poiché esso appartiene alla categoria dei VOC,
ovvero composti organici volatili.
Considerata la pericolosità di tali prodotti, numerosi paesi possiedono legislazioni
restrittive che vietano l’uso, la fabbricazione dei PCP nei propri territori e
l’importazione di qualsiasi materiale che contenga tracce di PCP superiori a 5 ppm
(= mg di PCP/Kg di fibra).
Secondo l’etichetta ecologica ECOLABEL si ha il divieto
dell’utilizzazione del PCP, con un limite di rivelabilità di 0,05 ppm.
assoluto
Per quanto riguarda il marchio ecologico OEKO TEX STANDARD 100, severi
limiti sono posti in relazione alla presenza di PCP. Infatti per i prodotti tessili il
limite di rivelabilità è inferiore a 0,5 ppm, mentre per prodotti d’abbigliamento
destinati all’infanzia il limite è inferiore a 0,05 ppm.
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Nonostante la pericolosità di tali sostanze e le numerose legislazioni restrittive
esistenti, dalle analisi condotte su 20 campioni si evidenzia che:
- nella totalità dei manufatti tessili la concentrazione di pentaclorofenolo è
risultata superiore al limite imposto dal marchio ecologico ECOLABEL (0,05
mg/kg);
- in 18 campioni analizzati la concentrazione di pentaclorofenolo risulta
superiore al limite imposto dal marchio ecologico OEKO TEX STANDARD
100 (0,5 mg/Kg);
- solamente 2 manufatti tessili presentano concentrazioni di pentaclorofenolo
inferiori al limite previsto da OEKO TEX STANDARD 100.
Tutti i campioni analizzati non sono a norma secondo Ecolabel in quanto il PCP è
presente in quantità superiore a 0,05 ppm.
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7. CONSIDERAZIONI FINALI
Il lavoro svolto durante questo stage ha permesso di evidenziare
l’importanza di effettuare una corretta valutazione eco-tossicologica sui
prodotti tessili, utile a definire la qualità e la sicurezza dei prodotti in
commercio.
Dopo accurate ricerche su documentazione cartacea disponibile e su
documentazione tratta da internet, è stato possibile acquisire i vari metodi
analitici e applicarli ai campioni disponibili.
Il metodo analitico per l’analisi dei PCP, non normalizzato, è stato
sviluppato e controllato per la sua precisione e riproducibilità, ottenendo
informazioni importanti sulla sua applicabilità ai manufatti tessili.
Le due metodiche analitiche sono state applicate a campioni reali
provenienti dal commercio e pertanto suscettibili di venire realmente a
contatto con il consumatore.
Questo lavoro, complementare a quello condotto dalla Dr.ssa Cinzia Tonetti,
ha consentito il concepimento di riflessioni relative a quale sia il livello di
consapevolezza del consumatore e di chi produce i manufatti tessili.
In particolare, dalle analisi da me svolte, appare significativa la presenza del
pesticida pentaclorofenolo sulla quasi totalità dei campioni, nonostante
numerosi paesi posseggano legislazioni restrittive che ne vietano l’uso
proprio a causa della sua tossicità.
Per quanto riguarda i valori di pH la situazione non è così preoccupante,
anche se per quasi la metà dei campioni il valore non è compreso nel range
di tollerabilità.
Sarebbe opportuno sperare che in futuro venga mantenuto un atteggiamento
di ricerca della qualità e della sicurezza del prodotto tessile, privilegiando gli
aspetti che tutelano la salute sia del consumatore, sia del produttore.
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8. BIBLIOGRAFIA
- Norma Italiana UNI EN 1413:2000 , “Determinazione del pH
dell’estratto acquoso”;
- Norma tedesca DIN 53313, “Determinazione del Pentaclorofenolo
nelle pelli”;
- Sito internet, http://it.wikipedia.org/wiki/Gascromatografia
- Sito internet, http://www.cdc.gov/niosh/ipcsnitl/nitl0069.htm
- Sito internet, http://www.dors.it
- Sito internet,http://ec.europa.eu/environment/ecolabel/index_en.htm
- Sito internet, http://www.apat.gov.it//site/itIT/Temi/Sviluppo_sostenibile/Strumenti/Ecolabel/
- Sito internet, http://www.oeko-tex.com
- Sito internet, http://www.altroconsumo.it/asp/marchi
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