Cenni storici del CEDRO DEL LIBANO scaricabile

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Cenni storici del CEDRO DEL LIBANO scaricabile
Cenni storici Cedro del Libano Annunziata di La Morra
Quel cedro nelle Langhe celebra un
amore di 157 anni fa
Il cedro del Libano piantato un secolo e mezzo fa sulla cima di Colle Monfalletto, a La Morra: una vista mozzafiato è assicurata!
Rubrica Il cercatore di alberi, venerdì 14 giugno 2013
TIZIANO FRATUS
E’ uno degli alberi monumentali più noti e ammirati della regione.
E’ una conifera sempreverde che due giovani hanno deciso di piantare il
giorno del loro sposalizio, nell’anno del Signore 1856;
quei due giovani e spensierati cittadini di un pezzo di mondo che stava per
fare la sua rivoluzione, che si apprestava a diventare Regno d’Italia, si
chiamavano Costanzo Falletti di Rodello e Eulalia Della Chiesa di
Cervignasco, nomi articolati, con la radice lunga, nomi da poeti o meglio
ancora, da castellani.
Oggi, 157 anni più tardi, l’albero è il vero protagonista vegetale delle Langhe,
terra che ha assaggiato il gusto amaro e mai alleviato della povertà e della
miseria (e penso alle interviste di Nuto Revelli, a quel vangelo laico della terra
e della fatica che è Il mondo dei vinti), e quello non meno disperante del
sangue versato negli anni della Resistenza e della guerra civile.
Il cedro del Libano ( Cedrus libani) domina Colle Monfalletto, a La Morra,
spunta in lontananza e lo si avvista percorrendo il primo tratto di pianura che
sfocia alla base delle rocche di sabbia e dei boschi di castagno del Roero,
attraversando la terra di un altro grande scrittore nostrano, quel Beppe
Fenoglio emerso nel panorama letterario come un Signore Medioevale ritratto
dal Tiziano, austero, corrucciato, granitico.
Il paesaggio è un discepolo dedito alle regole geometriche della coltivazione
della vite.
L’albero pare illuminato da un fascio di luce e si trova in frazione Annunziata,
a metà altezza rispetto la pianura e il centro del paese; è custodito dall’azienda
dei Cordero di Montezemolo.
Il cedro è circondato da un prato, e sotto, lungo la parte sommitale del colle,
ci sono i vigneti che si possono attraversare per raggiungerlo.
Appiedati sotto le sue fronde che normano il nostro sguardo per fasci di luce
orizzontale, si possono contare gli undici paesi che i secoli hanno abbarbicato
sui “bricchi”, sui colli intorno: i campanili delle chiese, i torrioni dei castelli, i
tetti delle abitazioni.
Per avere un secolo e mezzo il tronco non s’è sviluppato come in altri
esemplari di pari età in giro per il nord Italia.
L’esposizione ai venti e alle isobare lo hanno plasmato, dal tronco escono a
vari punti di altezza ramificazioni orizzontali, tanto che la misura a petto
d’uomo non si può prendere.
Poco al di sopra siamo intorno ai 450 cm, a una spanna da terra 413 cm. La
corteccia porta la ferita di un fulmine che qui s’è scaricato a terra.