dalla casa al suo arredo, dalla casa al villaggio per giocare

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dalla casa al suo arredo, dalla casa al villaggio per giocare
1 MONTONE - Dallo spazio, al piano, allo spazio: dalla casa al suo arredo,
dalla casa al villaggio per giocare
Dallo spazio, al piano, allo spazio: dalla casa al suo
arredo, dalla casa al villaggio per giocare
Antonella MONTONE
Dipartimento di Matematica – Università degli studi di
Bari
Riassunto
In questo lovoro si descrive una ricerca realizzata in
classi terze della Scuola Primaria “Via Firenze” di
Conversano (Ba), utilizzando un percorso didattico che
interpreta le Indicazioni Nazionali e si sviluppa
partendo dallo spazio reale per poi rappresentare le
situazioni sul piano e ricostruire i risultati ancora
nella dimensione spaziale.
Introduzione
Le Indicazioni Nazionali per il Curricolo hanno
rinnovato
profondamente
l’insegnamento
apprendimento della geometria. Si coglie in maniera
evidente un itinerario diverso da quello storicamente in
atto nella scuola primaria (dal piano allo spazio)
invertendo il percorso con strategie che partendo dal
percepire forme, “strutture che si trovano in natura o
che sono state create dall’uomo”, le rappresenta nel
piano “utilizzando in particolare strumenti per il
disegno e i più comuni strumenti di misura” per tornare
a utilizzare “ modelli concreti di vario tipo anche
costruiti o progettati con i suoi compagni” (Indicazioni
Nazionali per il Curricolo).
La ricerca, realizzata in classi terze della Scuola
Primaria “Via Firenze” di Conversano (Ba), ha
“Matematica e disabilità” dal titolo "Per piacere, voglio ‘contare’. Difficoltà, disturbi di apprend
utilizzato un percorso didattico che interpretando le
suddette Indicazioni si è sviluppato partendo dallo
spazio reale per poi rappresentare le situazioni sul
piano e ricostruire i risultati ancora nella dimensione
spaziale. In una delle due classi era presente un
bambino disabile cognitivo certificato, che ha
partecipato in modo attivo e determinante alla
risoluzione di alcuni problemi come di seguito
evidenziato.
La ricerca sperimentale ha preso avvio da un’attività
suggerita nella “Matematica per il cittadino 2001” dal
titolo “ la Casetta”, aggiungendo a tale attività tutti i
problemi di tipo geometrico legati all’arredamento e
successivamente proponendo l’esperienza della
realizzazione di un villaggio a dimensione di bambino
in cui è stato possibile seguire indicazioni spaziali di
percorsi su pianta e risolvere problemi legati alla
misura. L'attività è stata interamente videoregistrata e
sui filmati è stata condotta un'analisi fine, utilizzando
una metodologia multimodale, attraverso uno
strumento particolare come la “timeline”, proposta dal
gruppo di Ricerca dell’Università di Torino (Arzarello
et all), che ci ha permesso di leggere
contemporaneamente nel loro svolgimento temporale i
diversi registri semiotici che intervengono in un
processo di insegnamento/apprendimento (parlato,
gesti, testi scritti, rappresentazioni grafiche,...).
I riferimenti teorici
Questa ricerca fa riferimento, oltre a quanto è
suggerito nelle Nuove Indicazioni per il Curricolo,
anche al modello della multimodalità, tentando di
superare la difficoltà didattica legata ad una trattazione
della geometria del piano che per consuetudine
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didattica “prevarica” quella della geometria dello
spazio.
“L'apprendimento della geometria ha inizio fin
dalla prima infanzia; infatti, ancor prima di
imparare a contare, i bambini prendono
confidenza con le più comuni forme geometriche
(tutte tridimensionali!) come palloni, dadi,
cilindri, scatole, piramidi.” (Villani, 2006).
“Queste esperienze concrete rappresentano un
primo livello di apprendimento della geometria
da non trascurare, anzi da valorizzare e
arricchire durante tutto il percorso scolastico
successivo con osservazioni e approfondimenti
via via più specifici.” (Villani, 2006).
Tuttavia sin dalla “scuola primaria gli allievi imparano
a distinguere i principali elementi costitutivi delle
figure già loro familiari, come ad esempio le facce, gli
spigoli e i vertici di un dado” (Villani, 2006) e, invece,
la trattazione scolastica della geometria si basa
principalmente, se non esclusivamente, sulla geometria
del piano. Non solo, nei livelli di scuola successivi si
ricomincia, e lo studio della geometria continua a
basarsi sulle stesse figure, “ponendo particolare
attenzione ad alcune loro proprietà specifiche” (Villani,
2006), fino a giungere ad un livello superiore in cui ci
si riferisce a “modelli idealizzati e a proprietà”
(Villani, 2006) che si dimostrano a partire da assiomi
della geometria euclidea.
Inoltre la geometria “scolastica” , generalmente, parte
da concetti come punto, retta e piano, importanti per
una trattazione razionale, ma distanti dall'esperienza
dell'allievo o da definizioni che andrebbero invece
“Matematica e disabilità” dal titolo "Per piacere, voglio ‘contare’. Difficoltà, disturbi di apprend
considerate come punto di arrivo di un percorso di
apprendimento costruttivo e personale dello studente.
Dall'osservazione delle attività geometriche che
tradizionalmente vengono proposte nella scuola
primaria, si evidenzia la presenza diffusa di
un'impostazione centrata principalmente su attività
riguardanti il piano.
Capita spesso di imbattersi in situazioni in cui si tenta
di far riconoscere, ai bambini, le diverse figure
geometriche piane: triangoli, quadrati, rettangoli,
circonferenze, sottovalutando ancora una volta le
difficoltà che possono incontrare i bambini ad astrarre,
nell'immaginare, ad esempio, un oggetto reale
(necessariamente “tridimensionale”) senza spessore.
Viene spontaneo domandarsi quale sia il motivo per
cui si vuole far apprendere prima possibile il nome
delle figure piane, come se l'intera essenza della
geometria fosse incentrata esclusivamente su di esse!
Probabilmente ciò deriva da uno sviluppo più o meno
consapevole di una “logica euclidea” che parte dal
“bidimensionale” per poi passare al “tridimensionale”,
ma ciò costituisce una difficoltà didattica, in quanto
“… troppo spesso l'insegnamento tradizionale si
appiattisce in una acritica ripetizione di parti più
o meno significative degli Elementi di Euclide »
(Speranza, 1987).
Questo atteggiamento fa si che la geometria scolastica
sia basata quasi esclusivamente su definizioni centrate
sul piano, difficili da essere comprese dai bambini e
spesso mal poste dal punto di vista matematico: si
sottovaluta
l'importanza
della
geometria
tridimensionale più intuitiva per il bambino, essendo
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una lettura della realtà “visibile”, “tangibile” ed
immediata.
“Questa panoramica, pertanto, permette di fare
essenzialmente due osservazioni.
• Gli “oggetti” di studio della geometria sono
sempre gli stessi, dalla prima infanzia alla scuola
superiore; cambia il tipo di approccio e si
restringe il campo nel passaggio da un ordine
scolastico al successivo. Infatti si tende a
privilegiare la geometria del piano a sfavore di
quella dello spazio che pian piano scompare.
• Questa ripetitività all'inizio di ogni nuovo ciclo
non avviene in altri ambiti dell'insegnamento
della
matematica,
come
per
esempio
nell'aritmetica-algebra per cui ad ogni livello
scolastico successivo, si procede oltre,
introducendo nuove strutture che vanno ad
ampliare quelle considerate in precedenza.”
(Villani, 2006)
Viene quindi spontaneo chiedersi se esiste una
giustificazione l legata alla scelta di un percorso
d'insegnamento della geometria che persegua
questa peculiare ciclicità, percorso che a prima
vista potrebbe apparire inutilmente “ripetitivo”.
In realtà la caratteristica specifica della
geometria sta proprio nell'intreccio tra aspetti
figurali e aspetti concettuali. (Mariotti) “La
scuola, quindi, non può ignorare l'immediatezza
della percezione visiva già ben sviluppata fin
dalla prima infanzia, ma ha anche il compito di
strutturare progressivamente le esperienze
sensoriali in un quadro di riferimento globale e
“Matematica e disabilità” dal titolo "Per piacere, voglio ‘contare’. Difficoltà, disturbi di apprend
coerente. Per tale complessità, nasce quindi
l'esigenza di un percorso didattico per
l'apprendimento della geometria articolato su
vari livelli, ad iniziare dalla scuola dell'infanzia
ed esteso a tutti gli ordini scolastici successivi,
“con un processo che non dev'essere “ripetitivo”,
bensì “a spirale”. E per evitare che la spirale
degeneri in una monotona ripetitività circolare è
indispensabile che nel passaggio da un livello a
quello successivo si verifichi un salto di qualità
non tanto nei contenuti quanto nella loro
strutturazione disciplinare” (Villani, 2006).
Inoltre “nell’ultimo decennio, numerosi risultati
nei campi delle scienze cognitive e delle
neuroscienze hanno mostrato che varie
componenti del nostro essere fisiologicamente
umani hanno un ruolo importante nei processi di
apprendimento, in particolare nel caso di concetti
astratti come quelli della matematica. Sulla base
di tali risultati, alcuni autori hanno proposto un
punto di vista innovativo circa il ruolo del sistema
senso motorio del nostro cervello nella
conoscenza concettuale: si tratta della sua natura
multimodale” (Gallese e Lakoff, 2005).
In altre parole, sembra che non esistano modalità
singole separate nel sistema senso-motorio del
cervello”, che risultano determinanti nell’esperienza
oculo-viso-spaziale nella conquista della realtà
geometrica che circonda l’esperienza dei bambini.
La multimodalità, dà evidenza al ruolo del corpo nei
processi di apprendimento della geometria e di
conseguenza i gesti, gli sguardi e altre attività di tipo
percettivo-senso-motorio diventano situazioni che non
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possono essere distinte dai discorsi e da altre forme di
linguaggio.
“I gesti e il linguaggio possono essere considerati
come “diversi lati di uno stesso processo mentale
soggiagente” (McNeil, 1992).
“In classe, la multimodalità dei processi di
apprendimento della matematica evolve in un più
ampio contesto cognitivo e socio-culturale,
chiamato in letteratura spazio APC, cioè spazio di
Azione, Produzione e Comunicazione” (Arzarello,
2006),
ossia un modello in cui si considerano attentamente:
• le azioni che gli allievi compiono (ad esempio i gesti,
gli sguardi,...);
• le loro produzioni (verbali, grafiche, simboliche,
strumentali...);
• le loro pratiche di comunicazione (ad esempio le
interazioni con gli altri allievi, con l'insegnante, con gli
strumenti). (Arzarello et all. 2011)
Tale spazio APC è ambiente per coinvolgere in modo
integrato la fisicità del soggetto, la realtà fisica che lo
circonda, gli strumenti per analizzarla, il tutto inserito
nell’ambiente culturale del singolo e della classe.
Come è noto infatti l’insegnamento-apprendimento è
agito nel contesto della realtà vissuta da alunni e
insegnanti. La geometria dello spazio quindi è un
peculiarità nell’apprendimento della matematica in cui
tutti gli elementi su citati interagiscono in modo
reciproco, insieme anche a tutti gli aspetti emotivi. Lo
spazio APC mette in evidenza tutte le componenti
caratterizzanti lo studio della geometria dello spazio
“Matematica e disabilità” dal titolo "Per piacere, voglio ‘contare’. Difficoltà, disturbi di apprend
quali i movimenti dentro e fuori la classe, con i
compagni e con l’insegnante, nonché le questioni
relative alla comunicazione (vedremo nella ricerca il
problema della comunicazione ad un compagno della
situazioni spaziali, nonché le problematiche legate
all’uso delle rappresentazioni).
Questa ricerca si serve di una lente semiotica
finalizzata a cogliere la multimodalità nel processo di
apprendimento della geometria dello spazio in
relazione alle possibili rappresentazioni piane.
Una lente semiotica che possa analizzare in maniera
più dettagliata i processi di apprendimento mi è
sembrata quella che fa riferimento alla “linea del tempo
semiotica”: la “timeline”.
Nell’esperienza scolastica più diffusa spesso
l‘insegnante utilizza diverse risorse semiotiche per
mettersi in sintonia con l’allievo e favorire ulteriori
conoscenze. I gesti spontanei degli allievi coordinati
con parole significative che indichino un avanzare
dell’apprendimento, vengono spesso sottolineate
dall’insegnante che riproducendo gli stessi gesti si
rimette in sintonia con l’allievo introducendo
espressioni verbali corrette che completino le
espressioni spesso imprecise degli allievi. Tali
atteggiamenti
gestuali
risultano
essere
di
incoraggiamento per lo studente. Tale attività semiotica
produce un avanzamento significativo verso la
correttezza delle “le parole giuste per dirlo” e favorisce
la padronanza linguistica dei concetti. L’insegnante
quindi, si mette in sintonia con lo studente e ne
favorisce l’evoluzione cognitiva. “In questo senso,
gesti, parole e sguardi possono essere interpretati come
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indizi che l'allievo è in Zona di Sviluppo Prossimale”
(Vygotskij, 1987).
La metodologia
La metodologia utilizzata è per lo più di natura
laboratoriale e si rifà alle principali caratteristiche del
problem solving e problem posing, arricchita dall’uso
di discussioni collettive e dall’uso della “timeline”.
La timeline è uno strumento di analisi nato
dall'esigenza di raffinare l'osservazione e la ricerca per
“entrare dentro” le situazioni didattiche e studiarne
colori, sfumature e relazioni tra le numerose variabili
che sono presenti in classe.
Si tratta di una specie di rappresentazione grafica, più
specificatamente una tabella realizzata mediante un
foglio elettronico, nella quale le diverse componenti
del semiotic bundle (parlato, corporeo e scritto) sono
evidenziate in righe diverse. A partire da un video
effettuato a scuola, permette di registrare in forma
scritta (e con l'inserimento di fotografie) l'evoluzione
delle risorse semiotiche nel fluire del tempo (analisi
diacronica) e le loro relazioni reciproche (analisi
sincronica). In quanto strumento di analisi, la timeline
e il frutto di un lungo percorso nel tempo, di crescita e
di condivisione di idee, problemi e attenzione rispetto a
quanto avviene in classe. La timeline permette così di
studiare
la
multimodalità
dell'apprendimento,
l'intreccio dei segni del semiotic bundle, le interazioni
tra insegnanti e alunni e tra pari. In essa, sono stati
inseriti via via nuovi simboli e nuove abbreviazioni,
arrivando a considerare anche i toni della voce e le
posture dei soggetti (Arzarello et all., 2011).
La sperimentazione
“Matematica e disabilità” dal titolo "Per piacere, voglio ‘contare’. Difficoltà, disturbi di apprend
Le considerazioni su descritte hanno condotto alla
progettazione, strutturazione e realizzazione di
un’attività sperimentale svolta nelle classi terze
primarie della scuola “Via Firenze” di Conversano
(Ba). L’obiettivo principale è stato quello di invertire le
modalità con cui solitamente si introduce la geometria
e cioè a partire da una situazione reale di geometria
spaziale si è giunti a riconoscere necessarie le
principali figure piane e le loro proprietà e ad
utilizzarle. Pertanto attraverso la
costruzione,
l’esplorazione e infine la rappresentazione, di una
casetta a dimensione di bambino, al fine di arredare la
casetta, e attraverso la realizzazione di un villaggio di
casette a dimensione di bambino, si è giunti a
riconoscere l’utilità della geometria piana e a studiarne
le figure e le loro proprietà.
Le fasi principali attraverso cui è stata effettuata la
sperimentazione sono state le seguenti:
1. Analisi e diagnosi della situazione iniziale
riguardante la corretta percezione del proprio
corpo, del proprio corpo rispetto all’ambiente
circostante, dell’importanza del coordinamento
dei punti di vista.
2. Esplorazione, osservazione da diversi punti di
vista e rappresentazione di una casetta di cartone
a dimensione di bambino.
3. Allestimento dello spazio interno della casetta
mediante arredi.
4. Costruzione di altre casette per realizzare un
villaggio in cui giocare.
5. Rappresentazione del villaggio su pianta, per
poter effettuare percorsi
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6. Realizzazione di una “caccia al tesoro” nel
villaggio,
mediante
indicazioni
fornite
relativamente a percorsi decisi sulla pianta.
Innanzitutto si è ritenuto indispensabile fare una
diagnosi della situazione per verificare la padronanza
da parte dei bambini del proprio schema corporeo
rapportato all’ambiente circostante. Pertanto è stata
proposta un’attività in cui a due bambini seduti di
spalle, a turno è stato chiesto di posizionare sul proprio
banco oggetti-giocattolo disponibili in classe (una casa,
una automobile, la chiesa, la scuola, una panchina,
l’edicola, le strade, ecc), in modo da creare un piccolo
villaggio. A turno ciascuno dei due ha descritto il
proprio villaggio al compagno, che lo ha ricostruito
sotto dettatura cercando di posizionare gli oggetti
(avevano a disposizione gli stessi) così come sono stati
indicati dal compagno. Durante tale gioco il resto della
classe ha osservato quanto avveniva tra i due compagni
e successivamente ha discusso quanto è accaduto sotto
i loro occhi. I due villaggi hanno presentato delle
diversità dovute soprattutto alla mancanza di una
corretta percezione spaziale e ai diversi punti di vista
dei due giocatori, come gli stessi bambini hanno
evidenziato nella loro discussione, di cui si riporta
qualche frammento.
Mario: Ambrogio non ha dato l’indicazione
giusta. La scuola è messa in un posto sbagliato e
anche le strade sono sbagliate.
Martina: anche la macchina deve stare sul lato
opposto (cioè immagina di stare di fronte allo
specchio)
“Matematica e disabilità” dal titolo "Per piacere, voglio ‘contare’. Difficoltà, disturbi di apprend
Erik a questo punto dice: ci sono delle cose
precise nel villaggio?
Ed egli stesso risponde: la chiesa è giusta perché
è proprio al centro!
Si nota come gli oggetti che hanno collocazione
indipendente dalla posizione dell’osservatore, vengano
posizionati correttamente (per esempio il centro del
piano del banco).
La stessa attività è stata poi svolta da tutti i bambini
suddivisi in coppie, per poter osservare quanto la
discussione fatta precedentemente abbia potuto
influenzare la consegna. Infatti in questa fase i bambini
“uditori” hanno più volte chiesto precisione soprattutto
in riferimento ai “binomi topologici” con frasi del tipo:
alla mia destra o alla tua?; ma in alto rispetto a cosa?;
ma davanti cosa c’è? Che vuol dire che la scuola sta
dietro l’edicola, sii più preciso!?
Nell’ovvia sequenzialità del passaggio dalla situazione
spaziale alla rappresentazione nel piano, si è passati a
proporre la descrizione di una immagine,
rappresentante una fattoria. Francesca, volgendo le
spalle al resto della classe, ha cercato di dettare
l’immagine che aveva davanti, ai suoi compagni.
Francesca in modo spontaneo ha raccontato
l’immagine attraverso una fiaba , favorendo una
discussione in classe sulla motivazione nella scelta del
racconto, evidenziando un altro aspetto della
multimodalità.
Inoltre Francesca ha prestato notevole attenzione
all’uso dei termini più appropriati, ripetendo più volte e
sempre più dettagliatamente le informazioni.
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I suoi compagni si sono mostrati molto più attenti alla
descrizione chiedendo informazioni sempre più precise
in modo da non sbagliare. Alla fine di questa fase
introduttiva i bambini hanno fatto delle considerazioni
sull’importanza del punto di vista e sull’uso della
terminologia.
Nella seconda fase i bambini sono stati condotti in
laboratorio e giunti all’interno sono stati sorpresi dalla
presenza di una casetta di cartone a dimensione di
bambino con cui hanno chiesto di poter giocare.
È stato permesso loro di esplorarla, di entrare, di girare
intorno in modo da osservare tutte le sue parti, e alle
domande “cosa è questa?, cosa vedete?” i bambini
hanno risposto:
Beatrice: “una casa”
Martina: “c’è anche la cuccia del cane!”
Nicole: “ci sono le finestre e un davanzale… ma
manca il tetto!”
Insegnante: “come manca il tetto? E questo cosa
è?”
Nicole: “ah si, ma questo da dentro è il soffitto!....
il tetto è così
(mostra con le mani una V capovolta). E’ evidente in
questo piccolo racconto l’importanza della gestualità
come ho sottolineato nel quadro teorico in relazione
alla multimodalità.
A questo punto i bambini hanno rappresentato la
casetta, disegnando su un foglio, da diversi punti di
vista disponendosi, seduti, intorno ad essa e salendo su
un tavolo per vederla dall’alto. I bambini sollecitati da
alcune domande si sono confrontati discutendo le
“Matematica e disabilità” dal titolo "Per piacere, voglio ‘contare’. Difficoltà, disturbi di apprend
diverse rappresentazioni. C’era chi vedeva la porta, chi
le finestre e i fiori sul davanzale, chi la cuccia del cane
e chi l’entrata posteriore.
Ben presto i bambini hanno compreso l’importanza del
punto di vista e, quando è stato chiesto loro di stabile la
posizione del disegnatore, hanno risposto correttamente
senza alcuna esitazione. L’ampia discussione ha
permesso di stabilire correttamente i “binomi
topologici”.
In un secondo momento è stato posto il problema di
voler arredare la casetta con alcuni mobili-giocattolo
tra cui un tavolo con sedie, una cucina, una dispensa,
un divanetto e un quadro raffigurante un televisore.
Naturalmente le dimensioni della casetta erano tali da
poter essere arredata con i mobili a disposizione in più
di una soluzione.
E’ sorto immediatamente il problema della misura di
grandezze omogenee (questione cruciale in quasi tutti i
problemi di geometria). I bambini hanno cercato di
effettuare misure indirette in maniera da stabilire
preventivamente, cioè prima di introdurre i mobili
all’interno della casetta, se sarebbe stato possibile
utilizzare tutti i mobili a disposizione e quale
sistemazione sarebbe stata la più “comoda” per poter
poi giocare.
In modo intuitivo sono emersi i problemi legati agli
assiomi fondamentali della misura, quali il confronto,
la somma e l’uso di multipli e sottomutipli.
Alcuni bambini sono entrati ripetutamente in casa e
hanno cercato un modo per risolvere il problema e
dopo una serie di proposte un po’ casuali e pertanto
subito contraddette, una bambina, Martina, ha proposto
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di disegnare su un foglio quadrettato “in piccolo” la
casa e i mobili, dicendo “la mia mamma ha fatto così
quando dovevamo comprare i mobili della mia
cameretta”.
Saverio, il bambino disabile, ha suggerito di utilizzare i
mattoni del pavimento come “regolo” da far
corrispondere ai quadretti del foglio e immediatamente
Martina ha iniziato a riportare il perimetro della casa
sul foglio, ritenendo l’idea di Saverio vincente.
Il confronto indiretto fatto attraverso i mattoni del
pavimento ha reso possibile diverse ipotesi per disporre
l’arredamento in varie modalità, prima di decidere
come sistemare definitivamente i mobili, in modo da
rendere la casa arredata e “funzionale”. In tale fase il
passaggio dalla dimensione spaziale a quella piana è
stato determinante per la risoluzione del problema. In
particolare
alcuni
bambini
hanno
ritenuto
indispensabile riportare la situazione reale sul foglio
mediante una rappresentazione piana, cercando le
forme più adeguate a rappresentare opportunamente la
situazione per poter risolvere il loro problema. Inoltre
dopo aver deciso di schematizzare la casetta sul foglio
attraverso una figura piana che rappresentasse la base
della casa, un vivace confronto tra di loro, finalizzato a
stabilire se la base della casetta fosse quadrata o
rettangolare, li ha condotti a “cercare” le proprietà
delle due figure sul pavimento quadrettato.
Saverio: “questo lato è più lungo di quello, quindi
i quattro lati non sono tutti uguali…”
Simona: “quindi non è un quadrato!”
Marco:
loro…”
“Ma i muri sono perpendicolari tra
“Matematica e disabilità” dal titolo "Per piacere, voglio ‘contare’. Difficoltà, disturbi di apprend
Martina: “ma questo lato è uguale a questo
(indicando col dito due lati opposti), e questi due
sono diversi da quelli…, ma uguali (tra loro)”
Marco: “secondo me sono tutti e quattro uguali”
Saverio: “no! Guarda i mattoni. Qui sono uno,
due tre… dodici e qui sono uno due, tre,….
Tredici, ce n’è uno in più!” (indica il lato più
lungo della base della casa e quello più corto
adiacenti,
le
cui misure
effettivamente
differiscono di una mattonella)
Martina: “si è come dice Saverio sono diversi… e
allora…. è un… mhh come si dice… un
rettangolo”
Martina disegna quindi un rettangolo sul foglio
quadrettato contando le mattonelle per misurare i lati e
riportando sul foglio la misura in quadretti. A questo
punto tutti hanno seguito l’esempio di Martina e dopo
aver disegnato il rettangolo base della casa a piccoli
gruppi hanno cominciato a fare delle ipotesi di arredo,
motivando le scelte oltre che per la “comodità” di
muoversi in casa, anche per aspetti affettivi (la cucina
meglio metterla di qua, così mentre cucino posso
affacciarmi dalla finestra; il divano di fronte alla tv
come a casa mia; il tavolo al centro così ci si può
sedere in quattro…). Hanno disegnato i mobili e anche
in questa attività hanno dovuto concordare con quali
figure geometriche rappresentare il tavolo, le sedie, la
cucina, la dispensa, il divano e il televisore.
Mentre per il tavolo, per la dispensa e la cucina non
hanno avuto grandi difficoltà, perché hanno deciso di
rappresentare il piano di appoggio del tavolo
evidentemente di forma quadrata (concordando di
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omettere di disegnare i piedi), cosi come per la
dispensa e la cucina di forma rettangolare, grande
dibattito hanno suscitato le sedie, il divano e il
televisore. Dopo un’ampia discussione su quali
elementi fondamentali di tali oggetti fosse opportuno
rappresentare, i bambini hanno individuato in maniera
dichiarata la visione dall’alto come quella più
opportuna per rappresentare tutte le situazioni spaziali,
scoprendo che con la rappresentazione dall’alto si
perdono
alcune
caratteristiche
degli oggetti
rappresentati ma è possibile dominare la situazione nel
modo migliore. Del resto a tali conclusioni i bambini in
maniera inconsapevole erano già arrivati quando hanno
deciso di rappresentare la casa sul quadrettato.
Dopo aver concordato sulle piantine l’arredamento più
opportuno, i bambini hanno disposto i mobili
all’interno della casa, e divisi in gruppo hanno giocato,
simulando di essere delle piccole famiglie.
Nella terza fase è stato proposto ai bambini di costruire
altre casette per poter realizzare un villaggio in cui
giocare ed eventualmente sfidare i compagni di altre
classi in una “caccia al tesoro”.
Con notevole entusiasmo i bambini hanno accettato la
proposta. L’insegnante allora ha chiesto: “quante case
volete costruire?... considerate che lo spazio che
abbiamo a disposizione e questo laboratorio in cui
siamo adesso!”
I bambini hanno cominciato a fare delle proposte qui
riportate: “sedici case, così ce n’è una per ognuno”;
“dieci”; “possiamo farne poche ma tutte diverse tra
loro!... per esempio possiamo costruire un
grattacielo!”.
“Matematica e disabilità” dal titolo "Per piacere, voglio ‘contare’. Difficoltà, disturbi di apprend
Ma
una
bambina,
Francesca,
riflettendo
sull’impossibilità di costruire qualsiasi cosa, ha detto
“ma dipende… cioè dipende dalla grandezza delle
case. Lo spazio che abbiamo e solo questo!” e con le
braccia aperte ha indicato il laboratorio.
Ancora una volta condividendo l’osservazione di
Francesca, Martina ha suggerito di disegnare sul foglio
la pianta del laboratorio. E con l’aiuto di Saverio ha
cominciato a contare le mattonelle sul lati della stanza.
Tutti i bambini hanno disegnato la pianta del
laboratorio, disegnando anche la casetta già presente
nella posizione corretta. Intorno a tale casetta hanno
poi disegnato altre casette, di varie forme. Un problema
che è subito emerso è stato quello di stabilire quale
distanza, cioè quanti quadretti, lasciare tra una casa e
l’altra in modo da potersi muovere tra le case. I
bambini hanno simulato la presenza delle case
disponendosi in quadrato, tenendosi per mano,
mettendo in evidenza ancora una volta la forza dei
gesti e quindi di un’attività semiotica fine anche
quando qualcuno ha suggerito di disegnare
direttamente sul pavimento il contorno delle case, e
un’altra bambina ha iniziato a camminare contando i
passi e poi le mattonelle, per giungere infine a stabilire
quella che secondo lei doveva essere la distanza
minima tra le case.
Ciascun bambino dopo tale confronto è stato invitato a
riportare sulla pianta della stanza una soluzione
definitiva. Tra tutte le soluzioni ne è stata scelta una e
si è passati alla fase di costruzione del villaggio.
Per questa realizzazione i bambini hanno dovuto
ricercare tra il materiale a disposizione tutti i pezzi di
cartone necessari a completare l’opera. In alcuni casi si
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sono accorti della mancanza di qualche pezzo
(rettangolare, quadrato, triangolare) necessario alla
costruzione e per questo hanno dovuto individuare
altro materiale presente in laboratorio, preparato dalle
insegnanti,
riconoscendo tra le varie forme a
disposizione quelle più adeguate.
L’ultima fase di questa attività è stata finalizzata alla
verifica di tutto il progetto rimettendo in gioco
l’itinerario dallo spazio, al piano, allo spazio. Infatti
una volta completata la realizzazione dell’intero
villaggio i bambini hanno realizzato una caccia al
tesoro all’interno del villaggio con cui sfidare i
compagni di altre classi. Nel preparare tale caccia al
tesoro i bambini sono partiti dall’osservazione del
villaggio costruito tridimensionalmente e hanno
preparato sulla piantina gli itinerari e i punti chiave del
gioco. In tal modo hanno proposto ai compagni delle
altre classi le tappe del percorso per raggiugere il
tesoro, immediatamente riscontrabili nella dimensione
spaziale.
Conclusioni
Dal racconto di questa ricerca emerge in modo
evidente l’importanza e la necessità dell’approccio alla
geometria che inverte la tradizione scolastica più
consueta. La partecipazione, l’interesse, la conquista
dei concetti basilari della geometria del piano e dello
spazio ha convinto le insegnanti di un diverso
approccio alla geometria. Sembra importante mettere
in evidenza la presenza e partecipazione di Saverio e
del suo contributo decisivo in un momento di stallo
della classe di fronte ad un problema, fino ad allora
mai affrontato. Questa lettura del ruolo di Saverio
sottolinea ancora una volta da un lato il ruolo
“Matematica e disabilità” dal titolo "Per piacere, voglio ‘contare’. Difficoltà, disturbi di apprend
dell’intuizione in geometria dall’altro l’importanza del
contributo di tutti e di ciascuno alla costruzione della
conoscenza.
Bibliografia
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