Hitler e il programma di eutanasia

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Hitler e il programma di eutanasia
Hitler e il programma di eutanasia
Secondo la concezione di Hitler, l’inizio della seconda guerra
mondiale segnava l’apertura di una nuova era. Hitler la concepì
come una specie di apocalittico scontro finale, da cui sarebbe
uscito un mondo rigenerato, caratterizzato da una
differente civiltà e da valori morali assolutamente diversi da quelli
tradizionali. Dunque, diveniva lecito e possibile – in tempo di
guerra – compiere azioni che la logica etica del passato avrebbe
respinto, mentre invece erano indispensabili per raggiungere la meta ultima del Reich dei mille
anni, cioè la duratura prosperità del popolo tedesco e della razza ariana, a spese delle razze
inferiori.
La decimazione dei prigionieri sovietici, le violenze contro le popolazioni civili ritenute inferiori e, a
maggior ragione, lo sterminio degli ebrei si inseriscono in tale logica. Il loro primo crimine di massa
del tempo di guerra, tuttavia, i nazisti lo commisero contro la componente più debole della
popolazione tedesca: i malati di mente e gli handicappati gravi.
Nel 1939, Hitler concesse a Philip Bouhler (Capo della Cancelleria del Führer) e Karl Brandt (medico
della scorta, incaricato di accompagnare Hitler nei suoi spostamenti) l’incarico di organizzare un
vasto programma dieutanasia nei confronti dei disabili ricoverati nei manicomi tedeschi.
Sicuramente, Hitler firmò questa autorizzazione/investitura in ottobre; il documento scritto,
tuttavia, reca la data del 1° settembre, data di inizio della guerra e, nell’ottica di Hitler, di un nuovo
modo di affrontare i problemi sociali, politici e morali.
L’Aktion T4
La Cancelleria del Führer era un organismo sfuggente, autonomo sia dallo Stato che dal Partito, e
in ultima analisi dipendente solo da Hitler in persona; agendo da quell’ufficio apparentemente
modesto, ma in realtà potentissimo, Bouhler e Brandt diedero vita all’Associazione degli ospedali
psichiatrici del Reich, che dall’aprile 1940 si stabilì in Tiergartenstrasse 4, a Berlino. Di qui il nome
in codice che ricevette l’intera operazione: Aktion T-4.
La gestione pratica del programma fu assunta ben presto da Viktor Brack, stretto collaboratore di
Bouhler. Innanzi tutto, vennero individuati alcuni ospedali psichiatrici: Grafeneck (nel
Württemberg, vicino a Ulm), Bernburg (a sud di Magdeburgo), Sonnenstein (presso Dresda),
Hadamar (a ovest di Coblenza), Brandenburg (a ovest di Berlino) e Hartheim (in Austria, nei
dintorni di Linz). Questi luoghi vennero trasformati in centri di eliminazione che, tra l’inizio del
1940 e l’agosto 1941, uccisero almeno 70 000 malati di mente.
Per evitare equivoci linguistici e confusione, non si trattava di individui affetti da malattie incurabili
allo stadio terminale; i nazisti non si proponevano affatto di alleviare le sofferenze di soggetti cui
restava poco da vivere, in preda ad insopportabili dolori. Il loro obiettivo era di liberare dei posti
letto d’ospedale, da destinare ai giovani soldati feriti al fronte; i malati mentali e gli handicappati,
invece, erano considerati una zavorra inutile, scarti razziali di cui era possibile disfarsi,
approfittando del nuovo clima creato dal conflitto mondiale.