Copione - Centro Teatrale Rinaldini

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Copione - Centro Teatrale Rinaldini
IL PROCESSO DI ATENE
RELIGIOSA
Lì vedo un uomo, ripugnante, accucciato a pregare, le mani
bagnate di sangue, che stringono una spada appena sfilata
dalla piaga.
APOLLO
Non ti abbandono. Amico tuo, sempre, lontano da te, o al
tuo fianco, non avrò pietà per chi vuole il tuo male. Ma non
stancarti mai, di patire la pena che devi patire, prima di aver
raggiunto il paese di Atena. E là buttati a terra, abbraccia la
pia immagine, ché là, attraverso la forza della ragione, che
sa giudicare e salvare, potrai liberarti per sempre della tua
ossessione: col mio aiuto, che ti ho spinto a uccidere.
CORO
Noi dobbiamo inseguire chi ha ucciso la madre.
APOLLO
E le donne che hanno ucciso il loro sposo?
CORO
Esse non hanno spanto il loro stesso sangue!
APOLLO
Io difenderò e salverò il mio devoto: tremendo per gli
uomini e per gli dei è il pianto di chi fu tradito per chi lo
tradì.
ORESTE
Un lungo apprendistato del dolore m’insegna molte forme di
redenzione: e ho imparato quando tocca tacere, quando
tocca parlare. In questa circostanza il mio maestro celeste
mi suggerisce di farmi ascoltare: stringe e scompare il
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sangue sulla mia mano, la vergogna del matricidio
impallidisce.
CORO
Nostro dovere è distruggere
la dimora dove la morte
fu portata da un ospite
contro i suoi familiari.
ATENA
Ma pensare male di chi ancora ci è ignoto non è atto di
giustizia, non è giudizio sereno.
Se hai veramente fede nella giustizia, rispondi sereno a quello che ti chiedo.
ORESTE
Credimi, è la verità. Quanto alla mia nascita, io sono di
Argo, mio padre fu famoso al mondo: Agamennone, re
dell’armata greca, che tanta parte ebbe nell’aiutarti a fare
della città di Troia una città di morti. Egli non è più: la nera
volontà di mia madre l’ha ucciso, appena tornato alla sua
casa. È morto, stretto in un manto ch’è la prova del suo
massacro accanto al bagno. Io ero lontano: e quando infine
tornai, ho ucciso mia madre, non ho paura a gridarlo, per
vendicare la morte del mio grande padre.
ATENA
Non mi resta che raccogliere dei giudici. Giureranno, e il
tribunale così istituito, avrà valore per l’infinito tempo
futuro. Voi radunate le vostre prove, i vostri testimoni legati
da giuramento. Io tornerò, portando con me i migliori della
città, perché diano sereni, imparzialmente, il loro giudizio.
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GUARDIANO
Conosco ormai tutti i segni delle stelle, so tutto, di loro, le
nascite, i crepuscoli … e sono sempre qui, in questo letto
bagnato di rugiada, in questo letto che non conosce i sogni,
ad aspettare il segno della lampada, la fiammata che porti
notizie da Troia, la parola vittoria.
È la paura, lei sola, che vive, che non mi lascia mai chiudere
le palpebre al sonno, invece piango: perché penso al destino
di questa casa, alla sua gioia di un tempo ...
Ma sarò muto, su tutto il resto, come una tomba… Che
parlino questi muri, se possono: loro la sanno tutta, la verità!
Io, per chi sa, parlo, per chi non sa, ho dimenticato…
CORO
Un decennio è passato: e Priamo
ha fatto esperienza di una coppia
spietata di nemici, i due Atridi:
muniti dal Dio d’una doppia potenza,
doppio trono e doppio scettro,
essi hanno raggiunto la sua terra
con mille navi, il cuore
ossesso, avidi di guerra:
come due avvoltoi – ciechi di dolore
sopra il loro nido manomesso –
che girano, girano in alto,
facendo fischiare al vento le ali
pazzi di pena,
alla vista, laggiù, dei loro figli.
Ciò che accade, accade. Ma
il suo fine è necessario.
L’uomo che con tutto il cuore
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celebra l’onnipotente
nome del Dio, è il saggio vero!
È stato lui a darci la ragione,
se è per lui che vale la legge:
Solo chi soffre, sa.
Quando, in fondo al sonno,
il rimorso s’infiamma,
è in esso, inconscio, la coscienza:
così si attua la violenza d’amore
degli dei al tribunale dei cieli.
Dunque, dieci anni or sono,
vele cascanti, pesanti ventri,
i Greci marcivano, fermi
in vista della Calcide.
E così, ossessionato dal ritardo,
si avviliva, giorno per giorno, il fiore
dei Greci. E come Calcante
venne a proporre un rimedio,
ben più orrendo,
al cuore dei re,
ad essi non restò che lo sfogo del pianto.
Pensava il più anziano, piangendo,
a come fosse spietato il suo destino,
se non l’accettava: e quanto più spietato
se avesse sacrificato la figlia,
bagnando le sue mani paterne col sangue
della povera vergine ferita.
E nel cuore reso finalmente umile
dalla necessità, si fece strada
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l’impura, disperata idea:
non lo trattenne più niente.
Perché, sorgente di ogni male,
è la funesta follia degli atti infami
che dà forza agli uomini.
Uccisa sua figlia con le sue mani.
E un’armata poté partire alla riconquista
d’una donna, poté spalancarsi
alle navi la strada del mare.
Solo chi soffre, sa!
Niente può salvare l’uomo
che accecato dall’oro
rovescia l’ara della Giustizia:
il suo bene non dura.
Ossesso dalla corruzione,
figlia dell’errore che lo attrae,
per lui non c’è nulla da fare, non può
che finir male: una luce di morte
lo attesta agli occhi di tutti noi.
Un’antica esperienza dice agli uomini
che una potenza giunta al massimo
non muore sterile:
genera dal proprio bene
infinita miseria.
Splende la Giustizia sotto i tetti
affumicati, dov’è pura la vita:
ma dai palazzi pieni d’oro, retti
da sordide mani, torce lo sguardo,
per posarlo sopra l’innocente,
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senza rispetto verso il falso splendore.
Ed è la Giustizia che dirige
ogni atto al suo ultimo traguardo.
MESSAGGERO
Possiamo cantare, ora, sotto questo bel sole, alto sul mare e
sulla terra, cantare di gioia: “reduce dalla conquista di Troia
appende, l’esercito greco, davanti alle sue chiese, l’antico
omaggio di queste spoglie agli dei!”. Sì, non ci resta che
cantare la città, i suoi signori, e il dio ch’è stato tanto buono
con noi.
CLITENNESTRA
Ormai da tempo ho gridato di gioia, quando, nel cuore della
notte, il fuoco ci ha annunciato che Troia è caduta. Non c’è
bisogno che tu mi parli. Io saprò tutto dalla bocca stessa del
re. Non voglio pensare ad altro che a ricevere con ogni
onore il marito che ritorna. Nessun sole per una donna
splende più dolce che la gioia di spalancare le porte al
marito che gli dei hanno risparmiato dalla guerra. Uomini di
questa città, notabili, voglio esprimere davanti a voi, senza
arrossire, tutto il mio amore. Il tempo reprime in cuore ogni
timidezza.
AGAMENNONE
Mia sposa, custode del mio focolare, tanto io fui assente e
tanto tu ora parli! Basta. E non circondarmi di questo
femminile splendore, non accogliermi, come una barbara in
ginocchio, urlando, non tappezzarmi la strada di porpora. Io
sono un uomo, voglio essere accolto come uomo, non come
dio. Basta così. Tu vedi questa straniera: accoglila con
decoro. Per chi sa comandare con animo buono, hanno gli
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dei, da lassù, sguardi d’amore. Per nessuno è leggero il
giogo della schiavitù. E questa donna, dono del mio
esercito, è il fiore di un’immensa ricchezza.
CLITENNESTRA
Entra anche tu, Cassandra, entra. Non mi senti? I buoni dei
hanno voluto che, in questa casa, tu prendessi parte con noi
al bagno lustrale, con gli altri schiavi, sotto l’altare
domestico. Scendi dal carro, dimentica il tuo orgoglio. Se
vuoi darmi retta, deciditi presto. E se tu non comprendi la
mia lingua, parla pure coi gesti, anziché con la voce …
CORO
D’un interprete, avrebbe bisogno! Non vedi,
sembra un animale selvaggio appena preso!
CASSANDRA
Ah, no, no, no! Apollo, Apollo! Casa sacrilega, covo di ogni
colpa, dove sangue fraterno cola, si mozzano teste,
mattatoio umano caldo di sangue! Questa melma di sangue!
Ah, sono chiari i presagi! Questi bambini che urlano sotto il
coltello, questo padre che ne mangia la carne! Ah, maledetta
niente ti arresta! Tu lavi lo sposo, colui che divide con te il
letto, e – come dire la fine? – la fine viene, presto: una mano
si alza, un’altra mano si alza, per ferire… Ah, non posso!
Che cosa scorgo! Una giostra d’inferno! È lei, la compagna
del letto, l’infernale madre che assassina … Vieni a urlare,
coro che urli agli assassinii, vieni a danzare urlando!
Attento! Attento! Sta lontano da lei! Ha preso le corna del
toro, nere, stringendole tra i veli: colpisce, e lui … Lui cade,
sotto la vasca piena… Ah, infelice! Mia vita pietosa! È il
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mio dolore che urlo, svuotando il cratere! Per quale strada
mi hai portata qui? Dove, Dio, se non a morire anch’io?
CORO
Tu sei pazza, qualche forza celeste ti agita,
se tu canti su te una canzone così amara!
Sei come l’usignolo che canta disperato,
sempre lo stesso verso, senza requie.
CASSANDRA
No, no! Non sono l’usignolo, io, gli hanno donato un corpo
alato, gli dei, un dolce vivere gli tocca: e a me tocca la
mannaia che uccide!
In questa casa si è insediato un coro, intonato e straziante,
che canta la morte: e ha bevuto, per cantare meglio, l’allegra
compagnia, rinserrata qua dentro: di sangue s’è ubriacato, il
coro delle erinni… in fondo a questa casa, esse cantano il
canto della prima colpa… ricordano un letto fraterno
orrendamente contaminato… Dite, ho colpito il bersaglio, o
l’ho mancato? Sono una visionaria che va di casa in casa?
Potreste giurarlo, di non aver mai sentito le antiche stragi di
questa famiglia?
Guardate questi ragazzi seduti davanti al palazzo, ombre di
sogno: sì, sono i figli massacrati dai parenti, le mani colme
di carne, portano in pasto le loro interiora, le loro viscere, a
un padre che se le porta alla bocca… Ve lo dico: c’è uno di
cui qualcuno vuole la vendetta, un leone – ma un leone
pavido, nella casa, accucciato sul letto, che aspetta che
ritorni il padrone.
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E il capo della flotta non sa cosa l’atroce cagna gli prepara
in nome delle vecchie colpe. È dannata, femmina assassina
del maschio.
CORO
Tu hai parlato del banchetto di Tieste,
preparato con la carne dei suoi figli.
Ho capito e ho tremato.
CASSANDRA
Io dico che tu vedrai la morte di Agamennone. È lei,
Clitennestra, la bipede leonessa, che ha dormito col lupo
mentre era via il leone, è lei, che mi dà la morte! Eppure gli
dei non lasceranno impunita la nostra morte: no, verrà
qualcuno a ricordarci, un figlio nato per uccidere la madre e
per vendicare la morte di un padre. Dopo aver vagato in
esilio, lontano da qui, tornerà a porre questo fastigio
all’edificio di delitti costruito dalla sua famiglia.
Questa casa è tutta bagnata di sangue…
Voglio soltanto che, dopo morta, voi siate i miei testimoni.
Il giorno in cui per il mio sangue di donna altro sangue di
donna scorrerà, e per il sangue d’un uomo, ucciso dalla
sposa, scorrerà altro sangue di uomo. Questo è il dono ch’io
chiedo ai miei ospiti prima di morire.
AGAMENNONE
Mi hanno ferito! Aiuto sto morendo! Aiuto, aiuto! Mi
colpiscono ancora!
CORO
Chi grida è il nostro re. Tutto è finito.
Io penso che dobbiamo subito
chiamare i cittadini, urlando per le strade.
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Io penso invece che dobbiamo accorrere noi,
cogliere l’assassino con l’arma ancora in mano.
CLITENNESTRA
Non mi vergognerò adesso a contraddire tutto ciò che prima
ho detto, per dovere. Quando su chi si odia, fingendo di
amarlo, ci si prepara a dar sfogo all’odio, non si alzano
nuovi ostacoli a render più incerto il successo! Per la
Giustizia che ha vendicato infine mia figlia per la Morte e le
Erinni cui ho votato quest’uomo, mai entrerà in questa casa
la paura, finché a difendere il fuoco del mio focolare, ci sarà
Egisto, il mio leale protettore. Ognuno ha ottenuto ciò che
meritava. Lui, caduto in silenzio, lei, come un cigno, ha
cantato il suo ultimo canto, e, qui distesa, accanto a lui,
come in un letto nuziale, sparge l’aroma che corona il mio
trionfo. Come puoi dire che l’assassina sono io? Io non so
neanche se sono la sua sposa…
Sotto la figura della sposa di questo morto, è il vecchio, il
nudo spirito, vendicatore dell’ospite di Atreo, che è tornato
qui a saldare il conto della prima colpa.
CORO
Il male chiama altro male:
non si può giudicare: chi
vuol prendere è preso,
chi ha ucciso è ucciso: nel trono
del Dio sta scritto: Chi ha peccato paga.
Ah, come scongiurare la maledizione
di questa gente che ha toccato
il fondo di ogni male?
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EGISTO
Oggi è chiaro che a vendicare gli uomini, ci sono lassù gli
dei che ci proteggono, oggi che con tanta gioia vedo
quest’uomo buttato, qui, sopra il manto delle Erinni, a
scontare la colpa di suo padre. Ospite, perfetto ed empio,
Atreo, il padre di quest’uomo, fingendo di far festa con gli
dei per la pace, diede a mio padre in pasto la carne dei suoi
piccoli figli. Come mio padre comprende la cosa orribile,
cade a terra urlando, e vomita la carne. Poi comincia a
maledire tutta la famiglia, rovescia a terra il tavolo, e grida:
“tutta la vostra razza rovini così”. Ecco perché ora vedi
quest’uomo caduto. Atreo mi bandì, con mio padre,
bambino in fasce; ma ora, adulto, la giustizia mi ha riportato
qui, e qui l’ho aspettato, senza forzare la sua porta,
intessendo la trama che lo ha ucciso. Ora anche la morte mi
sembrerebbe dolce, ora che vedo su lui compiuta la
giustizia.
CORO
Come puoi, Egisto, vantarti di tutto questo?
Perché non hai ucciso tu stesso Agamennone?
Vile, perché hai mandato avanti una donna?
EGISTO
Così credi di parlare?
CLITENNESTRA
Fermati!
EGISTO
Ma se dovrò tollerare questo linguaggio, tanto temerario,
come potrò governare la città?
CORO
Non lo sapremo mai subire, il tuo potere infame!
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EGISTO
Bene, ne riparleremo
CORO
Se un Dio non avrà guidato Oreste, il figlio di Agamennone,
fino qui!
------------------------ORESTE
Dio dell’inferno, guarda mio padre ucciso: nell’ora in cui
ritorno alla mia terra. Sii il mio custode, la mia salvezza,
qui, sul tumulo della tomba di mio padre, io mi rivolgo a te,
dio, e tu ascoltami.
Ecco Elettra, mia sorella Elettra, che trascina quassù la sua
mortale passione. Ah, dio, dammi la forza di vendicare mio
padre, aiutami!
ELETTRA
Gli dei, gli dei che noi imploriamo, lo sanno, essi, il soffio
di che uragano ci trascina, come naviganti smarriti, e s’è
destino salvarsi, da un infimo seme cresce l’immensa pianta
del bene!
ORESTE
Ecco, i figli dell’aquila sono senza padre, è morto tra le
spire di una serpe impure, e impietosa la fame spaura questi
organi, perché, quasi implumi, non sono ancora capaci di
portare al nido la preda del padre.
CORO
Necessità, che per volere di Dio,
attui ciò c’è giusto!
“A parola di odio risponda parola di ogio –
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ecco, così la Giustizia.
Che vuole da ognuno ciò che deve,
dice forte a chi l’ode –
per sangue santo si spanda altro sangue”
Per sangue spanto si spanda altro sangue
È l’antica legge! E l’assassinio
Richiede le Erinni, che al primo male
Rispondano con un nuovo male.
ELETTRA
Un lupo affamato: questo è il cuore che mia madre mi ha
dato
ORESTE
e questo la mia mano: e dopo averla uccisa, muoia anch’io!
CORO
Ogni cosa è prestabilita, da sempre,
ma possano i nostri voti attuarla!
ORESTE
Il mio disegno è semplice. Col tradimento hanno ucciso un
eroe, col tradimento saranno uccisi: cadranno nella stessa
rete, come Apollo predice. Coperto dei poveri panni di un
viandante, mi presenterò alle porte del palazzo e darò
annuncio della morte di Oreste, la mia morte. Una volta
davanti a Egisto, sul trono di mio padre, una volta ch’egli mi
parli e mi guardi negli occhi, prima che possa dire, io
l’ammazzerò, la mia spada sarà un fulmine.
Morte di Oreste
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BALIA
Questi stranieri annunciano la fine di ogni speranza…
dolore su dolore, si abbatte su questa casa, e mi spezza la
vita! Ma uno così tremendo non l’avevo provato, ancora!
Tutto il resto l’ho sopportato, con pazienza: ma il mio
Oreste! Il solo pensiero della mia vita! Io, l’ho ricevuto tra
le braccia dal ventre materno, io, l’ho nutrito, io, l’ho
cullato, passeggiando su e giù per le stanze, quando la notte
piangeva, io per lui ho sopportato ogni fatica – e tutto è stato
invano… Chi non ragiona ancora, bisogna tirarlo su come
un agnellino, lo sapete, ragionare per lui… Il bambino non
sa parlare, lui, nelle fasce, non sa dire che sente fame, sete,
che ha qualche bisogno… molte volte si bagna, o si sporca,
il suo corpicino non conosce freno… ma bisogna capirlo,
essere un po’ indovini. E adesso vengo a sapere che è
morto… ah, lasciatemi andare…
CORO
Il Dio può sempre mutare in gioie i dolori.
Lascia decidere al Dio ciò che vuole decidere.
Guarda il puledro nato
da un eroe che ti fu caro,
legato a un carro di dolore!
Come scegliere le parole più pure?
È adesso che la spada omicida
bagnandosi di nuovo sangue
sta per sprofondare questa casa
nel buio della rovina…
O forse farà avvampare fuochi
e luce di libertà,
riportando la legge sul trono,
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e la grandezza dei padri!
È il turno dell’ultimo atleta, Oreste
che lotta per questo, solo
contro due: assistilo, vittoria!
EGISTO
Aiuto!
CORO
La lotta si conclude,
non vogliamo mostrarci complici dell’omicidio!
SERVO
Ai sordi grido, a chi dorme, in folle pace, e non mi sente.
Dov’è Clitennestra? Cosa fa? Io vedo il suo collo, dovunque
sia, che cade su un rasoio, e rotola a terra: la giustizia lo
vuole! Il morto… è venuto a uccidere il vivo…
CLITENNESTRA
Dio! Comprendo il senso di questa oscura parola. Tu va,
portami la mannaia che dà morte.
ORESTE
Ora tocca a te! Per lui è già finita. Cosa faccio? Posso
uccidere mia madre?
CLITENNESTRA
Per una donna è duro, figlio, avere l’uomo lontano…
ORESTE
Eppure era lui, lottando, che ti faceva vivere!
CLITENNESTRA
Ho partorito un serpente, e l’ho nutrito…
ORESTE
Ora soffri, sacrilega, ciò c’è sacrilego soffrire!
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CORO
Non posso che piangere sul destino di tutti e due:
Oreste ha compiuto l’ultimo atto di un lungo
destino di sangue: possa ora la vita
di questa casa non fermarsi per sempre!
Il suo tradimento non tradisce
condanna una colpa impunita da tanto tempo…
Io dico: è la Giustizia divina che trionfa.
ORESTE
Qui davanti a voi sono i corpi dei due tiranni che hanno
ucciso mio padre e perso la mia famiglia. Qui, dove
sedevano, venerati, nel loro trono, innamorati uno dell’altra,
stanno ancora insieme: voi vedete quanta fedeltà li tiene
vicini… Insieme avevano giurano la morte di mio padre, e
insieme di morire: il giuramento è compiuto.
CORO
Tu hai vinto! La tua lingua non deve essere
schiava di voci di dolore, non devi accusarti,
proprio oggi che hai mozzato la testa ai serpenti
e hai ridato ad Argo la libertà!
Per la terza volta su questa
casa ha soffiato
la furia della tempesta:
la morte dei figli divorati
di Tieste, fu il principio.
Poi toccò al re
dell’esercito greco, a soffrire,
assassinato accanto al bacile.
E ora per la terza volta
ci travolge il vento… Ma è speranza
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o disperazione? Dove si dirige?
Dove si disperde,
infine, spento, il canto della Morte?
-------------CORO
La tirannia è oscura,
ma oscura
è anche l’anarchia:
è al sentimento della
misura che Dio dà forza,
vittoria sui contrari.
Chi accetta il suo dovere, e sa
essere giusto, non sarà infelice.
È forte, e al male sopravvivrà.
APOLLO
Sono testimone. E vengo a difenderlo.
ATENA
La parola a voi: è ora di cominciare. L’accusatore, parlando
per primo, cerchi di rievocare ciò ch’è accaduto.
CORO
Siamo molte, ma parleremo poco.
E tu ribatti di volta in volta con chiarezza.
Confessi o neghi il tuo matricidio?
ORESTE
Ho ucciso mia madre: non l’ho negato mai.
CORO
E così, un punto, tu l’hai già perduto.
ORESTE
Non sono ancona vinto: non vantarti, ancora.
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CORO
Devi dire, adesso, come l’hai uccisa.
ORESTE
Ho afferrato la spada, l’ho colpita alla gola.
CORO
Ma chi ti ha spinto? Chi ti ha consigliato?
ORESTE
La voce del Dio ch’è mio testimone.
CORO
È questo il Dio che ti ha spinto al matricidio?
ORESTE
Sì: e non mi pento ancora del mio atto.
CORO
Quando sarai condannato, avrai un’altra opinione.
ORESTE
Ho fede in mio padre: attendo la salvezza da lui!
CORO
Tu hai fede nei morti: tu, che hai ucciso la madre!
ORESTE
Essa aveva commesso due orribili colpe.
CORO
E quali colpe? Dille a questi giudici!
ORESTE
Ha ucciso il suo sposo, ha ucciso mio padre.
CORO
Ma tu, vivendo, la assolvi da ogni colpa.
ORESTE
E perché lei, finché fu viva, l’hai lasciata in pace?
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CORO
Non ha ucciso, lei, una persona del suo sangue
ORESTE
Ah, Apollo, tu sei qui testimone… Io non posso negare la
nuda verità: ma se ho spanto giustamente o ingiustamente
questo sangue, tu solo, a me, a tutti, lo puoi dire!
APOLLO
Lo dico innanzi a coi, giudici augusti di Atena: egli agì
giustamente! Abbiamo parlato, avete ascoltato. In coscienza,
giudici, ora compite il giuramento vostro.
ATENA
Cittadini di Atene, ascoltate ciò che ho deciso, voi che per
primi al mondo giudicate un delitto. Da ora in poi, per
sempre, questo popolo avrà diritto a questa sua assemblea.
Ecco qui il colle di Ares, dove le Amazzoni posero il loro
altare, quando approdarono a combattere Atene, per odio a
Teseo: qui elevarono, in fronte alla città, una nuova città,
qui pregarono Ares, e questo colle, da Ares, prese il suo
nome. Ebbene, qui, su questo colle, regneranno insieme la
Pietà e il Timore, tenendo lontani dal peccato gli uomini. A
meno che essi stessi non rovescino ancora le norme civili.
Chi infanga una fonte, non potrà più dissetarsi con acqua
pulita. Né l’anarchia né la dittatura vi stiano mai di fronte,
cittadini: ma l’autorità non sia del tutto bandita: nessuno fa
il suo dovere senza qualche paura. Se voi rispetterete questo
ordine sempre vivrete sereni nel cerchio delle vostre mura,
come nessun altro popolo al mondo. Questa assemblea che
oggi istituisco resterà incorrotta, venerata, pura a vegliare
sopra la pace del paese.
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Quest’uomo è assolto dalla sua colpa. Ha dato, il giudizio, voti pari: la verità
non ferisce.
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