La società dell`informazione secondo l`Unione europea e la ricerca

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La società dell`informazione secondo l`Unione europea e la ricerca
LA SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE SECONDO L’UNIONE EUROPEA E LA RICERCA BIBLIOGRAFICA
NELL’UNIVERSITÀ
Come è noto, la nascita della società dell’informazione è legata allo sviluppo rapido di Internet a partire dagli
anni novanta del Novecento. Nel 1993 L’Unione europea per prima volta descrive la società dell’informazione:
Per società dell'informazione si intendono “le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione”.
Dall'inizio degli anni novanta in poi tali tecnologie hanno conosciuto una folgorante espansione. La
generalizzazione dello scambio elettronico di informazioni, la convergenza verso le tecnologie digitali, la
crescita esponenziale di Internet e la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni sono altrettante
manifestazioni di questa evoluzione. … L’Unione europea ha fatto della società dell'informazione l'obiettivo
strategico centrale per il XXI secolo.1
L’Unione europea ha adottato un programma comunitario pluriennale per incentivare la realizzazione della
società dell’informazione. Nel marzo 2000 la riunione del Consiglio europeo a Lisbona con la sua iniziativa
“eEurope – una società dell’informazione per tutti” ha stabilito gli obiettivi da realizzare entro il 2010, obiettivi
secondo i quali ogni cittadino deve entrare nel mondo digitale e deve disporre di un collegamento in linea; la
cultura digitale, guidata dalle nuove tecnologie, dovrà svolgere un ruolo d’integrazione sociale. I sistemi di
istruzione e formazione devono diventare un modello di qualità a livello mondiale. Dalla determinazione di tali
mete sono derivati alcuni indirizzi di politica dell’Unione europea nei diversi settori per favorire la diffusione e
l’uso delle tecnologie dell’informazione2. In tutte queste iniziative gli obiettivi principali per i sistemi di istruzione
sono l’alfabetizzazione informativa (information literacy), lo sviluppo delle competenze di base, la conoscenza
delle lingue e l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita.
Se negli anni passati l’alfabetizzazione comportava la capacità di leggere e scrivere, oggi le forme di didattica
passano attraverso le nuove tecnologie e Internet. Il tema «alfabetizzazione informativa» è assai dibattuto.
Negli Stati Uniti nel 1989 nasce il Forum nazionale dell’alfabetizzazione informativa come risposta alle
raccomandazioni dell’Ala3. Ancora oggi si continua a discutere che cosa debba intendersi con le espressioni
«saper usare il computer, conoscere la tecnologia informatica, effettuare il trattamento informatico
dell’informazione». Per farsi un’idea del dibattito in corso si può leggere con profitto l’articolo di Robert
Wedgeworth The literacy challenge4.
Nel 2004 l’Ifla, durante il suo congresso annuale a Buenos Aires, ha dedicato una sezione dei lavori
all’alfabetizzazione informativa. La sezione ha pubblicato delle linee guida per la valutazione della
preparazione degli studenti che hanno seguito i corsi di formazione (Guidelines for information literacy
assessment)5. A sua volta la Commissione nazionale università e ricerca dell'Aib ha curato la traduzione in
italiano degli Standard sulla competenza informativa6 per gli studi universitari dove leggiamo:
Per competenza informativa si intende quell'insieme di abilità che vengono richieste agli individui “per
riconoscere quando è necessario reperire informazioni, e per essere capaci di localizzare, valutare e utilizzare
efficacemente l'informazione necessaria”. La competenza informativa sta diventando sempre più importante
nell'attuale contesto di rapidi cambiamenti tecnologici e di continua proliferazione di risorse informative. A
causa dell'escalation di complessità di tale ambiente, gli individui sono messi di fronte ad una offerta
informativa differenziata e abbondante, sia nei loro studi universitari che nell'ambiente di lavoro e nella vita
privata. L'informazione è disponibile attraverso le biblioteche, l'informazione di comunità, le organizzazioni
legate a particolari interessi, i media ed Internet; e sempre di più l'informazione arriva agli individui
direttamente, non filtrata, lasciando aperte questioni di autenticità, validità e affidabilità. … La competenza
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informativa costituisce la base dell'educazione permanente. … La competenza informativa è collegata all'abilità
nell'utilizzo della tecnologia informatica, ma ha più vaste implicazioni per gli individui. … Le abilità relative alla
tecnologia informatica sono quelle che permettono agli individui di utilizzare computer, software applicativi,
banche dati ed altre tecnologie per raggiungere una molteplicità di obiettivi, siano essi accademici,
professionali o personali. … La padronanza delle tecnologie informatiche richiede un maggior impegno
intellettuale che non il semplice apprendimento meccanico degli applicativi informatici associato
all'alfabetizzazione informatica, ma il 'focus' resta la tecnologia di per sé. La competenza informativa invece è
una sorta di cornice intellettuale per comprendere, trovare, valutare e utilizzare l'informazione, attività che
richiedono da un lato una buona padronanza della tecnologia informatica, dall'altro metodi di ricerca accurati,
ma, soprattutto, il discernimento critico e il ragionamento.7
Nel 2004 l’Unesco ha indicato l’importanza dell’alfabetizzazione informativa8 per le biblioteche, mentre negli
Stati Uniti gli standard dell’alfabetizzazione informativa sono stati già stabiliti dall’Acrl9. È ovvio che la
conoscenza dell’uso degli strumenti informatici è indispensabile per lo sviluppo intellettuale, ma si ripropone il
problema della divaricazione socio-culturale fra le varie persone anche all’interno di paesi relativamente ricchi.
Ad esempio, secondo il Human development report dell’Onu per il 2004 in Svezia ci sono 74 linee telefoniche
e 62 personal computer per ogni 100 abitanti, in Gran Bretagna 59 linee telefoniche e 41 personal computer10.
Ha senso parlare di alfabetizzazione informativa se la cultura e la conoscenza del computer sono assai
diverse? Se si organizzano scuole e corsi differenziati, non si rischia di creare un’élite di persone che possono
permettersi di utilizzare risorse digitali, a scapito di una maggioranza scarsamente preparata?11
Vista la distanza culturale esistente, si potrebbe pensare di iniziare l’alfabetizzazione informativa nelle
scuole12 e di effettuare un ulteriore rafforzamento di queste conoscenze nelle università. Gli studenti
universitari si orientano bene nella realtà multimediale, ma hanno bisogno di una conoscenza più complessa e
concreta. Un corso obbligatorio sulle nuove tecnologie per tutti gli indirizzi di studio potrebbe colmare le
differenze e permettere un accrescimento dell’apprendimento nell’ambito della ricerca bibliografica. In questo
senso le facoltà e le biblioteche non devono condurre vite separate. Non per caso Pierfranco Mingenti indica
nel suo articolo Information literacy al salone di Torino che «l’alfabetizzazione informativa non può essere
considerata come uno tra i vari servizi offerti dalla biblioteca, … l’information literacy è un’occasione per
ripensare il ruolo professionale del bibliotecario e l’organizzazione del lavoro in biblioteca»13. Le biblioteche
delle università italiane hanno maturato una buona esperienza nell’organizzazione dei corsi per gli utenti14, ma
l’alfabetizzazione informativa richiede formazione e sviluppo di nuove conoscenze e modalità di
apprendimento. In questa realtà di cambiamenti, di sviluppo tecnologico e di continua evoluzione delle risorse
elettroniche, le biblioteche sentono la necessità di sviluppare nuove modalità di ricerca e di individuare nuove
professionalità bibliotecarie per la loro gestione. Il buon bibliotecario, che è stato da sempre un consulente
nella ricerca scientifica, è tenuto a tenere il passo con l’innovazione e ad accorciare la distanza tra l’utente e la
ricerca bibliografica.
La grande quantità di documentazione e di fonti rischia di mettere in seria difficoltà la ricerca anziché
agevolarla. Le biblioteche specializzate italiane cercano di rispondere alle necessità specifiche di informazione
degli utenti. Mentre fino alla soglia degli anni novanta agli utenti si indicava come effettuare la ricerca, si
mostrava la necessità di definire bene l’argomento, si precisavano gli strumenti quali cataloghi e repertori
(bibliografie, enciclopedie, annuari), da circa un decennio le biblioteche italiane si impegnano a selezionare e
offrire diversi e sempre più specifici strumenti di ricerca. Ecco perché se gli utenti che effettuano la ricerca
bibliografica sono una minoranza, i bibliotecari riusciranno a spiegare l’impiego della tecnologia particolare.
Ma da qui a qualche anno l’utenza ristretta crescerà notevolmente e le dimensioni dei problemi diventeranno
molto ampie. L’informatica ha sviluppato nuove dinamiche nella ricerca bibliografica. Sono nati gli Opac
(cataloghi in linea), successivamente si sono realizzati i Metaopac, che permettono di effettuare la ricerca su
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più cataloghi in linea contemporaneamente. Sono state create le fonti di informazione in formato elettronico
come dizionari, enciclopedie, bibliografie. Le possibilità di ricerca si sono ampliate ancora di più grazie alle
varie banche dati, periodici elettronici e spogli di riviste, siti e portali. Poiché le nuove tecnologie comportano
l’uso di molti termini specifici, il rapporto tra utente e istruzioni che determinano l’utilizzo dei dati tende a
diventare sempre più macchinoso.
Senza la conoscenza del linguaggio biblioteconomico è quasi impossibile formulare richieste in linea. Il tempo
che l’utente perde adesso per impadronirsi di tale linguaggio, per cercare la guida dei servizi di ogni biblioteca,
per capire come si accede, per vedere se si possa consultare o prendere in prestito il documento, per scorrere
cataloghi e banche dati è confrontabile con il tempo che una volta lo studioso perdeva lavorando con i
cataloghi cartacei: se non si conoscevano gli autori su un certo argomento e il catalogo per soggetto non
permetteva di avere una visione ampia, il percorso abituale era di andare nelle biblioteche nazionali e
consultare di volta in volta l’intero catalogo alfabetico per autori. Da questo punto di vista è comprensibile che
oggi gli utenti, se non sono guidati dai bibliotecari, invece di adottare le nuove potenzialità di ricerca
bibliografica si stanchino e abbandonino la biblioteca. Un altro vero problema è quello linguistico15. Sarà
sufficiente conoscere l’italiano e l’inglese? Sicuramente per evitare una nuova Babele i bibliotecari devono
pensare a come impadronirsi dei vari livelli di conoscenza delle lingue straniere. In questo ambito è prezioso il
Quadro di riferimento comune europeo per le lingue16 elaborato dal Consiglio europeo. Tale Quadro stabilisce
una graduatoria di sei livelli di competenza linguistica; viene così riconosciuta la possibilità di conseguire livelli
differenziati di comprensione della lingua straniera, anche inferiori alla capacità di espressione. Ad esempio,
l’intercomprensione delle lingue romanze permetterebbe la comunicazione in almeno altre tre o quattro lingue
europee, senza che venga richiesta la capacità di parlarle e di scriverle17.
Tuttavia in Italia non si può ancora parlare di un centro della ricerca bibliografica specializzata, anche se
l’Istituto centrale del catalogo unico a Roma ha sviluppato il progetto “Tel”, uno dei progetti del Piano d’azione
3 del I Programma Ist – Information society technologies dell’Unione Europea, che pone le basi per la
realizzazione di un punto di accesso unificato alle collezioni (digitali e non) delle principali biblioteche nazionali
e agenzie bibliografiche europee18. Ogni biblioteca organizza in modi diversi le risorse elettroniche che utilizza
per reperire le informazioni necessarie: in liste alfabetiche, per soggetti, per paesi. In anni recenti sempre più
spesso si trovano i siti tematici. Sembra che tali siti e portali siano i punti di riferimento più appropriati per il
difficile passaggio all’orientamento nella «selva oscura» digitale.
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1
http://europa.eu.int/scadplus/leg/it/cig/g4000s.htm#INFSO , Unione europea, Società dell’informazione.
2
http://europa.eu.int/information_society/activities/index_it.htm, elenco delle attività dell'Ue che riguardano la
società dell'informazione.
3
4
http://www.ala.org/, Ala (American library association).
http://www.ifla.org/V/iflaj/ij-1-2004.pdf
5
http://www.ifla.org/VII/s42/pub/IL-guidelines2004-e.pdf, Ifla (International federation of library associations and
institutions), congresso annuale a Buenos Aires, 2004.
6
Per i traduttori questa è la corrispondenza con «information literacy».
http://www.aib.it/aib/commiss/cnur/tracrl.htm3
8
http://portal.unesco.org/ci/en/ev.php-URL_ID=15886&URL_DO=DO_TOPIC&URL_SECTION=201.html,
7
Unesco - linee guida per lo standard sull’alfabetizzazione informativa.
9
http://www.ala.org/ala/acrl/acrlstandards/informationliteracycompetency.htm, Acrl - Association of college &
research libraries.
10
G. Monbiot, Punitive – and it works, “Guardian”, 11 gennaio 2005, p. 15.
11
Vedi http://www.ifla.org/V/iflaj/ij-1-2004.pdf , A. Samassekou, World summit on the information society:
the first step towards a genuine shared knowledge society, “Ifla journal”, volume 30/2004, issue n. 1.
12
Il Ministero per l’innovazione e le tecnologie ha organizzato già delle iniziative per l’alfabetizzazione
informatica degli italiani.
13
http://www.aib.it/aib/editoria/n16/0408minsenti.htm, Aib, “Notizie”, 08/2004.
14
http://www.aib.it/aib/commiss/cnur/fisato.htm , R. Sato, E. Marinoni, P. Mazzon, Corsi all’utenza: non tutte le
ciambelle riescono col buco, convegno ”L’apprendimento nella biblioteca universitaria”, Firenze, 7-8 settembre
1998.
15
L’Unione europea ha speso nel 2003 e nel 2004 rispettivamente 549 e 807 milioni di euro per le traduzioni e
236
e 347 milioni di euro per l’interpretariato. Questa spesa si riferisce a 380 combinazioni linguistiche per 20
lingue
e 25 paesi. Si prevede che con i nuovi ingressi le combinazioni linguistiche saranno 506 nel 2007-2008 e
552 nel
2014-2019. Vedi A. Barrionuevo, As European union seeks a stronger voice, words get in the way, “The
Wall Street journal Europe”, 05 gennaio 2005, p. A1, A8.
16
http://www.ciep.fr/ries/ries33.htm
17
B. Cassen, Come sfuggire alla dittatura della lingua inglese?, “Le Monde diplomatique / Il manifesto”,
gennaio 2005, p. 21
18
vedi http://www.iccu.sbn.it/tel.html
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