pesca-novembre 2012

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pesca-novembre 2012
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direttore responsabile: letizia martirano
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27/02/2004 n. 46 ) art. 1 comma 1 DCB ROMA"
ANNO L - N. 335
www.agrapress.it
giovedi' 29 novembre 2012
SPECIALE PESCA
L'Economia e la politica della pesca nel mondo
SPAGNA: PANAMA NEGA L'ESISTENZA DI NAVI DA PESCA CHE
USANO PER CONVENIENZA LA SUA BANDIERA – "EL PAIS"
16 novembre 2012 – L'Autorita' delle risorse acquatiche di Panama (Arap) ha negato oggi
che ci siano pescherecci che battono per convenienza bandiera panamense e ha respinto
le accuse di prestarsi al commercio illegale del tonno rosso, una specie protetta e
sottoposta a contingenti di cattura.
Il capo della Arap, Giovanni Lauri, ha detto in un'intervista all'agenzia Efe che "ci sono state
alcune imbarcazioni con bandiera panamense classificate come 'INN', la definizione
internazionale per le navi che fanno pesca illegale, ma queste barche gia' da molto tempo
non hanno piu' la bandiera di Panama".
Lauri, che svolge la sua funzione a capo dell'Autorita' di Panama dal 2010, ha riconosciuto
che molte di queste barche "sono ancora attive e quando fanno qualcosa di illegale, si
identificano come battenti bandiera panamense, una cosa che non e' vera."
"Abbiamo gia' la documentazione che presenteremo all'Unione Europea, in cui stiamo
dimostrando che non abbiamo piu' barche nelle liste 'INN'. Quelle che ancora navigano
sono gia' state eliminate, ma in alcuni paesi ancora non e' stato notificato ufficialmente", ha
aggiunto Lauri.
La Commissione Europea ha minacciato di prendere provvedimenti contro otto paesi, tra
cui Panama, e di includerli in una "lista nera", ritenendo che non cooperano nella lotta
contro la pesca illegale e ha evidenziato carenze nei controlli e nella sorveglianza,
l'esistenza di bandiere di comodo e il rifiuto del dialogo con Bruxelles.
Anche l'organizzazione ambientalista World Wildlife Fund (WWF, con il suo acronimo in
inglese) ha riferito la scorsa settimana che navi con bandiera panamense di comodo
pescano il tonno rosso.
Secondo questa associazione, questi pescherecci sbarcano il tonno nei porti di diversi
paesi (Giappone, Turchia e Marocco, tra gli altri) come una merce in piu', senza dichiararlo
alla Commissione internazionale per la conservazione del tonno atlantico (ICCAT, per il suo
acronimo in inglese) .
Tale denuncia ha generato un intenso dibattito nel corso della riunione dell'ICCAT, in corso
in questi giorni ad Agadir (Marocco), a cui ha partecipato un funzionario panamense per
dare ulteriori informazioni sulla denuncia del WWF, ha detto Lauri, senza fornire maggiori
dettagli.
L'organizzazione ambientalista ha detto che circa 19mila tonnellate di tonno rosso sono
state vendute tra il 2000 e il 2010 beffando il controllo ICCAT, una cifra respinta dal settore
della pesca e da molti governi per il fatto che deriverebbe da dati errati o completamente
falsi.
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Lauri ha respinto le versioni secondo cui Panama ha riesportato il tonno rosso catturato
illegalmente e ha sottolineato che le barche del suo paese "non pescano" questa specie.
Se si presenta il caso di una nave che vuole "scaricare" tonno rosso "a Panama, in questo
caso pretendiamo tutta la documentazione pertinente, basata sugli standard europei, prima
di poter scaricare (il prodotto) e riesportarlo". (...) [quotidiano - a cura di agra press]
SPAGNA: LA COMMISSIONE EUROPEA MINACCIA DI AGIRE CONTRO PANAMA
E ALTRI PAESI CHE NON LOTTANO CONTRO LA PESCA ILLEGALE – "EL PAIS"
15 novembre 2012 – La Commissione Europea ha minacciato oggi di intervenire contro otto
paesi (Panama, Belize, Cambogia, Fiji, Guinea, Sri Lanka, Togo e Vanuatu) e includerli in
una "lista nera" per la loro mancanza di cooperazione nella lotta contro la pesca illegale.
La commissaria europea per la pesca, Maria Damanaki, ha spiegato in una conferenza
stampa che gli sforzi di questi Stati per combattere la pesca illegale, non dichiarata e non
regolamentata, sono "insufficienti" e che ci sono "chiari segnali" del fatto che non stanno
rispettando gli obblighi derivanti dal diritto internazionale.
La Commissione e' fiduciosa che la situazione possa essere risolta attraverso "il dialogo e
la cooperazione", e a tal fine intende dare a questi Stati "un termine ragionevole" per agire
e apportare miglioramenti.
Tuttavia, Damanaki ha avvertito che, se non ci saranno progressi, l'esecutivo comunitario
non esitera' a proporre azioni, che potrebbero comprendere la richiesta al Consiglio di
adottare "misure commerciali" contro i paesi trasgressori.
In particolare, si parla della possibilita' di vietare la commercializzazione nell'Unione
Europea di prodotti della pesca provenienti dagli Stati che violano le regole internazionali
di pesca, misura che potrebbe essere accompagnata anche da una denuncia o un
congelamento degli accordi di pesca.
Questa e' la prima volta in cui la Commissione avanza una minaccia di questo tipo.
Damanaki ha chiarito che l'avviso di oggi e' solo un "cartellino giallo" e non prevede "per il
momento" l'inclusione di questi paesi in una "lista nera", e ha indicato che ora inizia un
dialogo con ciascuno dei paesi per avviare un "piano d'azione" progettato per correggere
la situazione.
La Commissione entro sei mesi presentera' una prima analisi dei progressi fatti da
ciascuno Stato, ha aggiunto [Damanaki].
L'identificazione degli otto paesi elencati nel gruppo sotto "minaccia" viene dopo un'analisi
approfondita della situazione di ogni singolo caso, e tiene conto di aspetti quali le carenze
nei controlli e nella sorveglianza, l'esistenza di bandiere di convenienza o il rifiuto del
dialogo con Bruxelles.
Damanaki ha detto che la Commissione sta lavorando in parallelo con paesi terzi, in
particolare gli Stati Uniti, per combattere il "problema enorme" che comporta la pesca
illegale, che rappresenta circa il 20% di tutte le catture globali per un valore di circa 10
miliardi di euro all'anno. (...) [quotidiano - a cura di agra press]
SPAGNA: SECONDO GLI SPAGNOLI GLI AIUTI EUROPEI DEVONO
SERVIRE A RIPOPOLARE I BACINI DI PESCA – "FINANZAS.COM"
16 novembre 2012 – La maggior parte degli spagnoli ritiene che il sostegno pubblico
dell'Unione Europea per il settore della pesca dovrebbe avere come priorita' il recupero
degli stock ittici e delle zone di pesca, secondo un sondaggio pubblicato oggi.
Si tratta di un'indagine tra settemila persone in sei paesi europei (un migliaio in Spagna),
condotta nel mese di settembre dall'organizzazione Green Budget Germany (entita' che fa
parte della coalizione ecologista Ocean2012), per conoscere le opinioni dei cittadini in
materia di sovvenzioni nel settore della pesca e sulla destinazione che dovrebbe avere la
spesa pubblica in questo settore.
Degli intervistati spagnoli, il 73% ha sostenuto che la priorita' nel dare le sovvenzioni
dovrebbe essere la promozione di politiche per conservare e ripristinare gli stock ittici,
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mentre il 14% e' stato a favore che il principale obiettivo sia il mantenimento della flotta e
delle imprese pescherecce.
Degli intervistati nel totale dei sei paesi, il 68% e' favorevole a dare priorita' alla
conservazione degli stock ittici e il 14% alla flotta (…)
Secondo l'indagine, l'80% degli spagnoli ritiene che le sovvenzioni dovrebbe essere
concesso alle navi solo dopo aver effettuato una valutazione della flotta per dimostrare che
c'e' abbastanza pesce per tutti (la media e' del 76% nell'UE).
Al contrario, l'11% degli spagnoli e degli europei ritiene che tale sostegno dovrebbe essere
concesso a prescindere dal fatto che siano fatti studi di questo tipo.
Inoltre, il 70% degli spagnoli chiede che i pescatori che violano le regole non debbano
ricevere aiuti pubblici dall'UE, percentuale che sale all'80% nel caso degli intervistati nei
sei paesi.
Hanno partecipato al sondaggio i cittadini di Germania, Francia, Regno Unito, Polonia,
Spagna e Italia, a cui e' stato anche chiesto se gli aiuti contribuiscano alla pesca eccessiva,
a garantire un settore economicamente vitale o se influenzino il prezzo piu' o meno
conveniente del pesce nel supermercato.
Il 44% di tutti gli intervistati ha dichiarato che i sussidi contribuiscono a un eccesso di
catture; tale percentuale scende al 38% tra gli spagnoli.
In Polonia e in Spagna la maggior parte degli intervistati non e' d'accordo con questa
affermazione, mentre negli altri quattro paesi c'e' un orientamento maggiore a mettere in
relazione gli aiuti a una pesca eccessiva.
Solo il 35% degli intervistati ritiene che gli aiuti contribuiscano ad abbassare il prezzo del
pesce, una cifra che e' del 34% nel caso degli intervistati spagnoli.
Green Budget Europe ha condotto l'indagine per testare la conoscenza del pubblico in
materia di sovvenzioni e dei loro effetti, proprio nel corso dei negoziati all'interno dell'UE
per la riforma della Politica comune della pesca (Pcp). [portale web - a cura di agra press]
STATI UNITI: GRANDE SCANDALO PER FRODI IN
ETICHETTATURA DEL PESCE - "FISHUPDATE.COM"
15 novembre 2012 – Negli Stati Uniti l'etichettatura fuorviante del pesce sta rapidamente
diventando un serio scandalo alimentare.
Un certo numero di studi hanno dimostrato che circa un terzo dei prodotti ittici presi in
considerazione sono stati etichettati erroneamente o contengono pesce che non dovrebbe
essere li'. Sembrerebbero essere colpevoli sia i negozi sia i ristoranti.
Sta per essere introdotta una nuova legge antifrode nominata "The Safety and Fraud
Enforcement for Seafood Act", secondo la quale le catture dovranno essere tracciate, dal
peschereccio al consumatore.
Il gruppo internazionale di pressione Oceana, ha recentemente pubblicato una ricerca che
dimostra che il 31 per cento dei prodotti ittici venduti nella regione della Florida del Sud e'
stato etichettato erroneamente. I ristoranti che vengono giudicati colpevoli di presentare
pesce etichettato in maniera fuorviante possono arrivare a dover pagare multe di mille
dollari e vedersi sospendere o revocare la propria licenza.
Nel distretto di Monterey, in California, un sondaggio condotto da un gruppo ambientalista
locale -che si chiama anch'esso Oceana e ha lanciato i test sui prodotti ittici in varie citta' in
giro per gli Stati Uniti - in negozi e ristoranti di pesce mostra che il 36 per cento del pesce
e' stato etichettato erroneamente. Il Monterey County Weekly ha pubblicato i risultati di test
effettuati in collaborazione con la sezione di Oceana a Monterey. E' stato rilevato per
esempio che alcuni prodotti pubblicizzati come salmone selvatico contengono salmone
d'allevamento..
Queste [menzionate] non sono le uniche aree interessate dal fenomeno. Test condotti in
altre parti degli Stati Uniti hanno mostrato risultati simili o addirittura peggiori. In un paese
in cui il pesce ha un ruolo importante nella dieta nazionale, tali studi vengono presi sul
serio. Il commercio di pesce ha ricevuto una brutta batosta due anni fa in seguito alla
diffusione di voci allarmanti - per lo la maggior parte non corrette – sulla contaminazione
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del pesce in seguito all'esplosione della piattaforma Deep Water Horizon e alla fuoriuscita
di petrolio nel Golfo del Messico.
Nel sud della Florida il pesce che piu' comunemente viene etichettato in maniera erronea e'
lo sgombro, che contiene molto mercurio e non deve essere consumato da donne in
gravidanza, e che viene invece venduto come cernia. Nei ristoranti sushi questo e' il caso
piu' tipico di dicitura errata. Nel Monterey sette su diciannove campioni testati sono stati
etichettati erroneamente. Nel Massachusetts invece e' stato segnalato che le capesante
vengono vendute con acqua in eccesso.
La senatrice Barbara Boxer ha recentemente scritto al commissario della Food and Drug
Administration [Agenzia per gli alimenti e i medicinali] Margaret Hamburg, sollecitando
l'organismo ad aumentare l'impegno di contrasto alle frodi relative ai prodotti ittici.
La senatrice ha dichiarato: "E 'inaccettabile che si verifichino frodi in maniera cosi' diffusa.
Le frodi nel settore ittico non rappresentano solo forme di marketing ingannevole, ma
possono causare gravi problemi di salute, soprattutto per le donne in gravidanza che
cercano di limitare l'esposizione a metalli pesanti o per persone con allergie gravi ad alcuni
tipi di pesce". [portale – a cura di agra press]
MALTA: SENSIBILE CALO DELL'INDUSTRIA DELLA
ACQUACOLTURA - "INDEPENDENT.COM.MT"
13 novembre 2012 – Nel 2011, la produzione lorda dell'industria dell'acquacoltura ha
registrato una contrazione di 12,8 milioni di euro rispetto al 2010, secondo quanto si evince
dai dati diffusi dall'Istituto Nazionale di Statistica di Malta.
La produzione lorda dell'industria dell'acquacoltura, e' ammontata a 44,3 milioni di euro,
riportando un calo del 22,4% a fronte dei 57,1 milioni di euro del 2010. Questa flessione e'
dovuta principalmente a un crollo del 47,6% del valore del tonno d'allevamento, e, in parte,
a una modifica negativa delle scorte ittiche.
Nel 2011, il valore aggiunto lordo del settore dell'acquacoltura e' stato pari a 4,6 milioni di
euro, in calo del 62,4% rispetto ai 12,2 milioni di euro dell'anno precedente. Tenendo conto
del consumo del capitale fisso e delle differenze del tasso di cambio, i redditi dei fattori
sono ammontati a 2,8 milioni di euro, contro i 13,2 milioni di euro del 2010. Mentre i redditi
da lavoro dipendente sono stati pari a 2,9 milioni di euro, i redditi da impresa hanno
registrato una contrazione di 1,2 milioni di euro, a fronte degli 8,6 milioni di euro del 2010.
Nel periodo in considerazione, il volume delle vendite di pesce fresco si e' attestato intorno
alle 2.954 tonnellate, riportando un calo del 57,1% rispetto all'anno precedente. Al
contrario, il prezzo medio del pesce fresco venduto ha registrato un incremento del 27,8%.
Tuttavia, questo aumento non e' stato sufficiente a compensare il calo del volume delle
vendite di pesce fresco, dal momento che il valore complessivo delle vendite e' diminuito
del 45,1%, passando dagli 82,2 milioni di euro del 2010, ai 45,1 milioni di euro del 2011.
Rispetto al 2010 i consumi intermedi, che tengono conto dei costi sostenuti per la
produzione del pesce d'allevamento, hanno registrato una contrazione dell'11,6%. Tutto cio'
e' ascrivibile a una diminuzione del 39,9%, del 15,7% e del 6,9%, del valore dei costi di
vendita, degli acquisti di pesce vivo e di avannotti, e dei costi di produzione variabili. Il
crollo del valore del pesce vivo e degli avannotti acquistati, che rappresentano il 27,8% di
tutti i consumi intermedi, si deve, principalmente, a una contrazione del volume del tonno
acquistato (- 39,1%). Questo calo e' stato, in parte, compensato da un incremento del 33,3%
del prezzo medio di acquisto di un chilo di tonno. Anche nel periodo in esame, gli acquisti
di mangime hanno registrato una contrazione del 5,0%, attestandosi a 16,0 milioni di euro.
[portale – a cura di agra press]
FRANCIA: LA PESCA NEI MARI AUSTRALI UN MODELLO DI
GESTIONE ITTICA MOLTO REDDITIZIO - "TAHITI-INFOS.COM"
9 novembre 2012 – Le acque dei territori australi francesi custodiscono due tesori:
merluzzi, pesci grassi molto apprezzati in Asia, e l'aragosta, che solo una manciata di
pescherecci e' autorizzata a pescare, con uno stretto controllo che consente di preservare
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questa risorsa estremamente redditizia. "La specificita' della nostra pesca e' la gestione
razionale, basata su una collaborazione tra i pescatori, gli scienziati e l'amministrazione, a
differenza di quanto accade nella Francia continentale, dove sono frequenti i contrasti tra
questi tre protagonisti", si compiace Thierry Clot, capo della Pesca nelle Terre australi e
antartiche francesi (Taaf). Questa organizzazione e' stata istituita in seguito alla creazione
di Zone economiche esclusive (Zee), nel 1976, con l'obbligatorio imbarco, sui pescherecci,
di controllori di pesca, stipendiati da Taaf, che garantiscono il rispetto del regolamento e
raccolgono dati scientifici. La quantita' autorizzata, detta "cattura totale ammessa" (Tac), e'
fissata ogni anno dal prefetto amministratore superiore della Taaf, dopo il parere del Museo
di storia naturale che segue da vicino l'evoluzione della risorsa alieutica, e dei ministeri per
la tutela. La Tac (5.800 tonnellate) e' in seguito ripartita in quote per ognuna delle sette navi
(…)
In effetti, il merluzzo delle Zee di Crozet e di Kerguelen e' "il secondo settore per
l'esportazione de La Reunion, genera 300 posti di lavoro diretti e oltre 1.000 indiretti",
assicura Thierry Clot.
Il volume d'affari della pesca e' stato di 75 milioni di euro nel 2011. Il merluzzo, venduto
circa a 12 euro al chilo allo sbarco rappresenta il 90%, l'aragosta il 10%. Quest'ultima
pescata nella Zee delle Isole Saint-Paul e Amsterdam da un'unica nave, e' considerata dagli
intenditori la migliore del mondo, questo spiega il prezzo, da 20 a 30 euro al chilo (per 400
tonnellate autorizzate) allo sbarco. (…) Ma una tale manna, suscita sempre la bramosia. Le
Zee sono state saccheggiate da mafie spagnole e asiatiche negli anni 1995-96 che
pescavano fino a sette volte la Tac autorizzata (…) [AFP, portale – a cura di agra press]
GRAN BRETAGNA: SELEZIONARE I MERLUZZI IN CATTIVITA'
POTREBBE ESSERE LA SOLUZIONE - "FISHUPDATE"
2 novembre 2012 - Nei primi esperimenti con il merluzzo selvatico in cattivita', gli scienziati
del Nofima [l'Istituto norvegese per il cibo, il pesce e l'acquacoltura] hanno avuto problemi
a far mangiare ai merluzzi il cibo in pellet. Nofima, in collaborazione con L'Institute of
Marine Research e la SINTEF pesca e acquacoltura, ha dimostrato che il 40% del merluzzo
selvatico inizia a mangiare dopo quattro settimane di cattivita'.
Questo progetto fa parte di un'importante iniziativa del Norwegian Seafood Research
Found (FHF) sull'acquacoltura basata sulle catture. L'obiettivo del progetto e' contribuire a
una maggiore redditivita' per l'acquacoltura basata sulle catture, valorizzare il mangime e la
trasformazione del merluzzo catturato in natura.
Il merluzzo e' stato diviso in due gruppi, di cui uno e' stato nutrito con capelano e l'altro con
mangimi a pellet. Dopo un primo periodo di tre settimane senza cibo, e' cominciato lo
svezzamento. Nel gruppo che era alimentato a pellet, l'interesse nei confronti del cibo era
relativamente stabile rispetto alla prima settimana di alimentazione, mentre nel gruppo
nutrito con il capelano la proporzione che ne consumava ha continuato ad aumentare nelle
tre settimane successive. Un numero importante di pesci ha preferito il capelano rispetto ai
pellet, il consumo e' stato superiore e ci sono stati tassi di crescita piu' alti rispetto al
gruppo nutrito con i pellet. Tuttavia il merluzzo che ha ricevuto pellet ha mostrato notevole
interesse per l'alimentazione, tentando di variarla, ma il cibo veniva spesso rigettato.
I merluzzi coinvolti nello studio erano generalmente in buone condizioni e il tasso di
mortalita' di fino al completamento dello studio e' stato solo dell'1,7%. Anche nel gruppo
che ha ricevuto prede naturali (capelano), circa il 20% dei merluzzi non mangiava, mentre
fino al 60% dei pesci non mangiavano i pellet. Tuttavia c'e' una grande differenza tra i costi
di alimentazione a capelano e quelli a pellet, e quindi il miglioramento dell'alimentazione
del merluzzo selvatico sarebbe piu' sostenibile dal punto di vista economico se fosse
possibile distinguere quali pesci sono disposti a mangiare pellet e continuare quindi a
migliorare la valorizzazione dell'alimentazione di questi pesci.
"Alla fine il 40% accettava i pellet, e ha avuto un tasso di crescita in linea con la crescita
prevista per il merluzzo d'allevamento. Il restante 60% sara' lavorato come merluzzo fresco
di alta qualita' ", afferma Bjorn-Steinar Saether, scienziato e project manager di Nofima.
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Ora e' importante sviluppare tecniche e metodi efficienti e sostenibili per separare i pesci
disposti a mangiare pellet da quelli che non lo sono. Queste tecniche renderebbero piu'
facile per l'industria ittica concentrarsi sul miglioramento dell'alimentazione del merluzzo
che si puo' nutrire con i pellet e ottenere buoni tassi di crescita. Sembra che i merluzzi
siano attratti dal profumo e/o dal gusto del pellet, ma forse la ragione per cui alcuni
merluzzi lo respingono e' la sua composizione.
"Visto che la percentuale che inizia a mangiare il pellet non cambia molto dopo la prima
settimana di alimentazione, e invece quelli che mangiano capelano aumentano in modo
significativo nel corso del tempo, sembra che solo i pesci piu' motivati siano disposti ad
accettare i pellet", afferma Saether. [portale - a cura di agra press]
FRANCIA: LA PESCA INDUSTRIALE MESSA
SOTTO ACCUSA ALL'ONU - "LE MONDE"
1 novembre 2012 - Quando si parla di sicurezza alimentare, si trascura spesso il settore
della pesca che tuttavia fornisce il 15 per cento delle proteine animali consumate nel
mondo, percentuale che puo' arrivare fino al 23 per cento in Asia ed al 50 per cento in
Africa dell'ovest.
Olivier de Schutter, relatore speciale dell'ONU sul diritto all'alimentazione, ha dedicato ad
esso il suo ultimo rapporto, che avrebbe dovuto presentare il 30 ottobre davanti
all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, non fosse che il passaggio dell'uragano Sandy
su New York ha causato un rinvio della seduta.
Il rapporto dell'universitario belga, intitolato "La pesca e il diritto all'alimentazione" e'
un'arringa a favore della pesca artigianale, ignorata sinora dalla maggior parte delle
strategie per il miglioramento della sicurezza alimentare. Simmetricamente, il rapporto
recensisce i danni provocati dalla pesca industriale e dalla sua flotta super-equipaggiata,
ad alto consumo energetico e che e' responsabile di quasi tutti i rigetti in mare dei pesci
che non presentano interesse commerciale.
"Senza un'azione rapida per salvare le acque da pratiche insostenibili, la pesca non potra'
piu' giocare il suo ruolo cruciale nella garanzia del diritto all'alimentazione di milioni di
persone", assicura de Schuttr, secondo il quale la flotta mondiale avrebbe una capacita' di
pesca doppia rispetto alle necessita' corrispondenti a uno sfruttamento sostenibile degli
oceani.
"La pesca industriale in acque molto estese puo' sembrare la migliore opzione economica,
ma solo perche' le flotte possono intascare importanti sovvenzioni, al contempo
esternalizzando i costi dell'eccesso di pesca e del degrado delle risorse", afferma,
avvertendo che "saranno le generazioni future che ne pagheranno il prezzo, quando gli
oceani saranno vuoti".
Il settore della pesca fornisce lavoro a 55 milioni di persone ed e' all'origine di 150 milioni
di posti di lavoro indiretti. Ma, secondo uno studio della FAO, la pesca industriale fa
lavorare in media solo 200 persone per 1000 tonnellate di pesce catturato, mentre con i
metodi artigianali ce ne vogliono 2400 - e una quantita' minore di carburante - per pescare
altrettanto.
Sulla base di questa constatazione, il relatore raccomanda di rivedere i permessi di pesca
concessi alle grandi navi fuori dalla propria zona economica e di rafforzare i controlli, di
creare delle zone esclusive per le pesche artigianali, di associare le comunita' locali alle
politiche di pesca e di sostenere la creazione di cooperative di pescatori. [Martine Valo e
Gilles van Kote, quotidiano - a cura di agra press]
FRANCIA: QUOTE GASOLIO, LA PREOCCUPAZIONE INASCOLTATA
DEI PESCATORI DELLA VANDEA - "OUEST FRANCE"
1 novembre 2012 – Intervista a Jose Jouneau, presidente del comitato regionale per la
pesca, vice presidente del comitato nazionale.
La pesca alle cieche apre a dicembre. Come sara'?
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C'e' sempre il dibattito sulle campagne di ripopolamento. Le cieche, sono 250 siti di pesca
nella regione Pays de la Loire. Spesso piccole imbarcazioni. E spesso rappresenta fino al
60% della loro attivita'. Non va trascurato, soprattutto nel contesto attuale. Quest'anno,
sono autorizzate 34 tonnellate su tutto il territorio nazionale. (…)
Siamo arrivati a un punto critico per il costo del carburante?
75 centesimi, non siamo lontani dal valore storico del 2008. Certo, a Sables, i nuovi
pescherecci danesi consumano meno. Ma per un peschereccio classico, e' fino al 45% del
fatturato. Inclusi i pescherecci con le reti. Per ora, i ragazzi ce la fanno grazie a tragitti
corretti. Ma la tendenza si sta invertendo. E l'esportazione e' molto importante, ma il 2013 si
prevede molto difficile sul mercato spagnolo, che e' in crisi. (…)
La Commissione europea vuole ridurre le quote. Un problema?
Per noi, si! Nel Golfo di Biscaglia, la Commissione propone di ridurre del 29% la quota di
sogliole, del 36% quella di rana pescatrice, del 25% quelle di aragosta, merlano e
merluzzo… E' tutta la filiera che ne subira' le conseguenze. Qualita', selezione, piano di
gestione… I pescatori fanno gia' molta fatica. Quando pensiamo all'ambiente, non bisogna
scordare gli aspetti economici e sociali.
La Francia importa l'80% del pesce: in quali condizioni e' pescato? E non ci sono altri
fattori che incidono sulla risorsa? Inquinamento, aumento della popolazione costiera, ecc.
Alcuni porti hanno raggiunto la massa critica: qualche peschereccio in meno, ed e' la fine.
Si vuole la scomparsa della pesca sul nostro litorale? [Matthieu Marin, quotidiano – a cura
di agra press]
SPAGNA: PROTESTE CONTRO LA NUOVA LEGGE
CILENA SULLA PESCA - "EL PAIS"
30 ottobre 2012 – L'iniziativa [in cui alcuni attivisti di Greenpeace si sono dipinti il corpo di
blu travestendosi da pesci] fa parte di una campagna sviluppata da Greenpeace per far
introdurre degli elementi che, secondo l'organizzazione, sono fondamentali perche' la
nuova legge, che entrera' in vigore il 1 gennaio 2013, consenta di fermare definitivamente
l'eccessivo sfruttamento marino.
Secondo Greenpeace, i dibattiti sull'argomento si sono concentrati su aspetti molto
importanti ma non sulla sostenibilita'.
La nuova Legge sulla pesca, che include temi come la conservazione dell'ecosistema, l'uso
obbligatorio del GPS, il pagamento delle patenti di pesca, la pesca a strascico e le quote di
pesca, deve entrare in vigore dal 1 gennaio, in caso contrario il settore dovra' fare a meno
di una norma che regoli le catture.
Nei mesi in cui la legge e' stata elaborata, sia alla Camera dei deputati che nel Senato,
l'iniziativa ha ricevuto piu' di 200 emendamenti, sia da parte del governo che dei
parlamentari.
A meta' anno, il settore della pesca e' stato sul piede di guerra contro la nuova legge, in
particolare i pescatori artigianali che protestano per gli alti tassi di sfruttamento delle
risorse ittiche delle navi industriali.
Centinaia di pescatori hanno manifestato sul litorale del paese, con piu' di 5000 chilometri
di costa, contro una norma promossa dal ministro dell'economia, Pablo Longueira, che
considerano dannosa.
Il governo, che ha il sostegno del settore della pesca industriale, sostiene che la legge e'
necessaria per dare sostenibilita' al settore di fronte al sovrasfruttamento delle risorse
ittiche, ma i pescatori danno alle imprese industriali la colpa di questo collasso e temono
che i cambiamenti finiscano per consolidare la "privatizzazione" del mare. [quotidiano - a
cura di agra press]
VIETNAM: LE AZIENDE ITTICHE DEL DELTA DEL MEKONG PER UNA
CRESCITA SOSTENIBILE - "VIETNAMNEWS.VNAGENCY.COM.VN"
29 ottobre 2012 – Il delta del fiume Mekong (Cuu Long) avra' bisogno di circa 60 miliardi di
dong vietnamiti (2,88 miliardi di dollari) per procedere a uno sviluppo sostenibile del
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settore ittico locale, hanno dichiarato alcuni funzionari, a margine di una conferenza
tenutasi, la settimana scorsa, a Can Tho City.
Il contributo statale per questa voce di spesa sara' utilizzato per sviluppare le infrastrutture
ittiche, hanno spiegato.
Vu Van Tam, viceministro dell'Agricoltura e dello Sviluppo Rurale, ha sottolineato come,
per garantire uno sviluppo sostenibile del settore ittico interessato, le localita' del delta
debbano approntare piani scientifici specifici per tutti i comparti, compresa la produzione,
la lavorazione e l'esportazione di prodotti ittici, in particolare, di pesce e di gamberi.
Se lo faranno, saranno in grado di migliorare la gestione dell'intera catena del valore,
garantendo una distribuzione dei profitti, e condividendo i rischi nel modo piu' equo
possibile, ha ripetuto Tam.
Il viceministro ha sottolineato come il settore delle aziende ittiche del delta abbia un
grande potenziale, in grado di attrarre investimenti, sia di singole realta' economiche
vietnamite, sia di investitori stranieri, al di la' dell'erogazione di fondi previsti dal budget
nazionale.
Tam ha detto che province e citta' della regione del delta del Mekong (Cuu Long)
dovrebbero creare degli stretti legami tra loro, istituendo un centro per lo sviluppo delle
aziende ittiche, con Can Tho City come hub.
Can Tho City gode di condizioni favorevoli per essere trasformata in un hub per le aziende
ittiche del delta, poiche' possiede infrastrutture viarie ben sviluppate che collegano
numerose localita' regionali, via terra, via mare, e via aria. Possiede, inoltre, diversi istituti
di ricerca scientifica e tecnologica e centri di formazione, ha spiegato Tam.
Se Can Tho City ospitera' un centro per lo sviluppo delle aziende ittiche del delta, potra'
contare su un mercato comune, su un complesso per la lavorazione dei prodotti marini, e
su una piazza di scambio per la produzione dei corsi d'acqua dolce. La zona dispone,
inoltre, di istituti di ricerca e di un centro per lo sviluppo delle risorse umane.
Per realizzare questo progetto, il governo deve adottare politiche di incentivo, tese a
incoraggiare investimenti al di la' del budget statale.
"Il Ministero dell'Agricoltura presentera' al governo un piano generale per lo sviluppo delle
aziende ittiche entro il 2020. Se il governo dovesse approvarlo, il piano fornira' una cornice
giuridica per l'istituzione del centro", ha detto Tam.
Dang Huy Dong, viceministro per la Pianificazione e gli Investimenti, si e' detto d'accordo
con Tam, spiegando che il Cuu Long Delta Fisheries Development Centre dovra' essere
istituito in modo tale da poter funzionare come un valido collegamento per l'industria ittica
della regione del delta.
Dong ha, inoltre, sottolineato la necessita' di creare un'agenzia specializzata per la
regolamentazione della produzione e della lavorazione del pesce.
"Il piano del ministero prevede un invito, rivolto a imprese nazionali ed estere, ad
aumentare gli investimenti nel settore delle aziende ittiche del delta, puntando, in
particolare, sui servizi infrastrutturali", ha spiegato Dong. [portale – a cura di agra press]
SPAGNA: L'OCCUPAZIONE IN ACQUACOLTURA E' CRESCIUTA
DEL 20% NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI - "EL MUNDO"
28 ottobre 2012 – Anguille, ombrine, sogliole, spigole, vongole, cozze, ostriche, gamberi e
gamberetti sono alcune delle specie che vengono allevate negli 82 impianti di acquacoltura
che si trovano in Andalusia, secondo gli ultimi dati del Ministero delle politiche agricole,
alimentari e ambientali. Solo nel 2010, l'acquacoltura andalusa ha superato le 9.000
tonnellate di produzione, per lo piu' dall'allevamento di pesci.
Negli ultimi anni, l'acquacoltura si e' rivelata come una fonte di occupazione, in grado di
creare quasi 28.000 posti di lavoro in Spagna, come dimostra il rapporto sugli indicatori
dell'acquacoltura 2011, elaborato dalla Fondazione osservatorio spagnolo di acquacoltura
(OESA). In pratica una crescita del 20 per cento negli ultimi cinque anni, in un settore in cui
l'Andalusia non ha smesso di crescere.
La Fondazione ha organizzato a Cadice la quarta Conferenza sull'acquacoltura sostenibile, i
cui partecipanti hanno potuto visitare la Fondazione Centro Tecnologico di acquacoltura
(ap) - n. 335
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dell'Andalusia (Ctaqua), a El Puerto de Santa Maria, come l'azienda Cupimar, pioniera
nell'allevamento di avannotti di orata, spigola e sogliola.
L'estero [sistema paludoso] e' uno dei sistemi di produzione piu' sostenibili caratteristici
dell'Andalusia. Questo metodo di allevamento e' installato in ambienti naturali, come ad
esempio le saline e le zone umide, che approfittano delle risorse esistenti in armonia con
l'ambiente.
Nel caso dell'allevamento di orata e spigola, si realizza in stagni naturali di acqua salata,
alimentati dalle maree, impedendo la fuoriuscita del pesce, in modo che i pesci crescano
negli stagni con un'alimentazione naturale e completino in certi casi la razione con
mangimi di qualita'.
Questi spazi sono esclusivi di alcune aree a livello europeo, tra i quali c'e' l'arco del Sud
Atlantico della penisola iberica. Una societa' che utilizza questo sistema di coltivazione in
Andalusia e' Trebujena piscicoltori (Pistresa), in provincia di Cadice. Le sue attivita' sono
centrate sull'ingrasso di orate, spigole, sogliole, anguille e gamberi negli spazi umidi situati
sulla riva sinistra del fiume Guadalquivir, nel Parco Nazionale di Donana. Una produzione
"sostenibile per l'ambiente e per le specie", secondo i responsabili dell'allevamento.
Nel loro insieme, gli impianti a terra in Andalusia - per lo piu' zone umide naturali (cioe'
esteros) - hanno registrato una produzione di 3.028 tonnellate nel 2011, con un calo rispetto
all'anno precedente, quando erano state prodotte 3.492 tonnellate .
I pesci provenienti da questi allevamenti sono commercializzati con il marchio 'Pesce di
zone umide' (Pescado de estero) al fine di fornire "ai clienti e ai consumatori la rapida
identificazione di una serie di prodotti di comprovata qualita' e caratteristiche".
L'Andalusia spicca anche per la sua attivita' di ricerca. In realta', Ctaqua e' una delle
agenzie di ricerca e sviluppo che cercano di favorire l'innovazione e la competitivita' delle
imprese attraverso lo sviluppo di una ricerca applicata ai diversi processi di produzione.
Tra le sue iniziative, Ctaqua ha sviluppato un progetto per il recupero dei sottoprodotti non
destinati al consumo umano provenienti dalla acquacoltura andalusa. Questo progetto ha
permesso nuovi usi per i sottoprodotti dell'acquacoltura per la cosmesi, l'agricoltura e la
nutrizione.
Nel frattempo, le aziende andaluse si distinguono anche per il loro sviluppo tecnologico e
per l'innovazione. Cupimar e' un pioniere nella produzione di avannotti di orate e spigole ed
e' anche impegnata nella diversificazione attraverso la produzione di avannotti di branzino
e sogliola. Questa societa' di Cadice, con sede a San Fernando, e' arrivata a produrre tra i
28 ed i 33 milioni di avannotti di orata e tra i 4 ed i 5 milioni di spigola, destinando gran
parte della produzione ai propri impianti nelle zone umide.
Allo stato attuale, l'area utilizzata per l'acquacoltura marina in Andalusia e' di 8.854 ettari.
(…) Questo settore genera il 56% della biomassa in fase di ingrasso e il 48% del valore
economico di tutta la produzione generata in Andalusia.
Per quanto riguarda il valore economico della produzione, l'acquacoltura marina in
Andalusia (…) ha avuto un fatturato di 55 milioni di euro nel 2011, circa 4,9 milioni in piu'
rispetto al 2010. [Ana Fopiani, quotidiano - a cura di agra press]
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