Lo sviluppo sostenibile - Dr. Francesco Boattini
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Lo sviluppo sostenibile - Dr. Francesco Boattini
Lo sviluppo sostenibile (articolo di Francesco Boattini tratto dalla tesi di laurea in Economia e CommercioUniversità di Bologna intitolata “La valutazione di un’azienda di gestione di prodotti petroliferi: il caso Bordandini Igino S.r.l.) Negli ultimi decenni il tema dello sviluppo sostenibile è stato trattato in maniera crescente negli studi di management ed è entrato a far parte delle variabili considerate da numerose aziende nella formulazione delle rispettive strategie. Lo sviluppo sostenibile1 esiste grazie alla confluenza di tre preoccupazioni (economica, ambientale e sociale). In particolare, da un punto di vista ambientale, esso viene considerato come una forma di sviluppo (che comprende lo sviluppo economico, delle città, delle imprese, delle comunità…) che non compromette la possibilità delle future generazioni di perdurare nello sviluppo, preservando la qualità e la quantità del patrimonio e delle riserve naturali2. Per mantenere uno sviluppo economico compatibile con l'equità sociale e gli ecosistemi, operante quindi in regime di equilibrio ambientale, è necessaria la creazione di una coscienza imprenditoriale attenta alle problematiche ambientali. Per questo motivo negli anni si sono susseguiti diversi interventi di organismi internazionali indirizzati a sostenere la diffusione di ligiche eco-sostenibili presso le organizzazioni produttive. La prima definizione in ordine temporale di sviluppo sostenibile è quella contenuta nel rapporto Brundtland (dal nome della presidente della Commissione, la norvegese Gro Harlem Brundtland) del 1987 e poi ripresa dalla Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo dell'ONU (World Commission on Environment and Development, WCED): “lo Sviluppo sostenibile è uno sviluppo che garantisce i bisogni delle 1 Per le varie declinazioni della definizione di sviluppo sostenibile consultare L. Bagnoli, Quale responsabilità sociale per l’impresa, Franco Angeli, 2009 e Hinna, Come gestire la responsabilità sociale dell’impresa, Edizioni Il Sole 24 ore, 2005. 2 Cfr. Ardeni, “lo sviluppo sostenibile”, consultabile nel sito www2.dse.unibo.it. generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri” 3. Sebbene la dichiarazione menzionata sintetizzi alcuni aspetti importanti del rapporto tra sviluppo economico, equità sociale, rispetto dell'ambiente, non può essere considerata completa4. Una successiva definizione di sviluppo sostenibile, in cui è inclusa invece una visione più globale, è stata fornita, nel 1991, dalla World Conservation Union, UN Environment Programme and World Wide Fund for Nature, che lo identifica come “ ...un miglioramento della qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli ecosistemi di supporto, dai quali essa dipende”.5 Nello stesso anno Hermann Daly nel testo “Beyond growth: the economics of sustainable development”6 riconduce lo sviluppo sostenibile a tre condizioni generali, concernenti l'uso delle risorse naturali da parte dell'uomo: - il tasso di utilizzazione delle risorse rinnovabili non deve essere superiore al loro tasso di rigenerazione; - l'immissione di sostanze inquinanti e di scorie nell'ambiente non deve superare la capacità di carico dell'ambiente stesso; - lo stock di risorse non rinnovabili deve restare costante nel tempo. Un’ulteriore definizione è stata elaborata dall’ICLEI (International Council for Local Environmental Initiatives), secondo cui è lo “Sviluppo che offre servizi ambientali, sociali ed economici di base a tutti i membri di una comunità, senza minacciare l'operabilità dei sistemi naturali, edificato e sociale da cui dipende la fornitura di tali servizi”7. 3 4 COMMISSIONE MONDIALE SULL’AMBIENTE E LO SVILUPPO - WCED, Our Common Future, Milano, Bompiani, 1987, p. 1. A parere di scrive la definizione è carente nella sua formulazione perché il concetto di bisogno è puramente soggettivo e l’impossibilità di soddisfarlo non necessariamente deriva dal comportamento e dall’atteggiamento di chi precede. 5 Dal sito www.iucn.it . 6 6 Il testo è stato poi tradotto e ripubblicato in Italia da Edizioni Einaudi nel 2001. 7 Dal sito www.iclei .org Da queste definizioni emerge quindi che lo sviluppo sostenibile è collegato a tre dimensioni (economiche, sociali ed ambientali), che sono strettamente correlate tra loro, e pertanto ogni intervento di programmazione deve tenere conto delle reciproche interrelazioni. Il rapporto Brundtland, oltre a cominciare gli studi sullo sviluppo sostenibile, ha ispirato anche la realizzazione di alcune importanti conferenze delle Nazioni Unite, documenti di programmazione economica e legislazioni nazionali ed internazionali. Per favorire lo sviluppo sostenibile sono state così realizzate attività ricollegabili sia alle politiche ambientali dei singoli stati e delle organizzazioni sovranazionali, sia a specifiche azioni collegate ai vari settori dell'ambiente naturale. Emblematico è il caso del protocollo di Kyoto8, elaborato e sottoscritto nel 1997, che rappresenta un accordo internazionale, nel quale 118 nazioni del mondo si sono impegnate a ridurre le emissioni di gas serra per rimediare ai cambiamenti climatici in atto. Tale documento mette in evidenza come la responsabilità ambientale, risulti una parte fondamentale dello sviluppo sostenibile. Dal lato delle imprese, l'attenzione delle imprese per le tematiche della tutela dell'ambiente è nata inizialmente con l'obiettivo di rispondere agli obblighi normativi esistenti in materia. Oggi, viceversa, questa attenzione si sta trasformando in una vera e propria presa di coscienza della necessità di agire in modo il più possibile compatibile e preservarle le risorse naturali per consentirne la disponibilità futura. Per il crescente interesse dell'opinione pubblica ed in generale delle istituzioni comunitarie sull'argomento, l'impresa e, più in generale, ogni soggetto economico, sta adesso considerando il rispetto dell'ambiente come garanzia per lo sviluppo anche del proprio business. Per quanto riguarda il mercato, le politiche di gestione compatibili con le responsabilità ambientali sono già diventate, di fatto, un elemento di gestione del rischio e quindi criterio discriminante nella scelta dei fornitori. 8 Oltre a questo si ricordano in particolare la “Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo Sviluppo “e la “Carta delle imprese per uno sviluppo sostenibile”, promossa dall’International Chamber of Commerce. I clienti sensibili alla responsabilità della tutela dell'ambiente preferiscono infatti forniture provenienti da aziende con lo stesso orientamento. 4.1 Le indicazioni europee Essendo lo sviluppo sostenibile un obiettivo di enorme attualità, l’Unione Europea non ha potuto esimersi dal pubblicare linee guida e raccomandazioni rivolte ad incoraggiare le imprese ad adottare filosofie gestionali improntate alla responsabilità socio-ambientale. In particolare, un tema principalmente trattato negli interventi dell’Unione Europea è quello della rendicontazione ambientale. In questo senso si possono citare i seguenti documenti9: - Raccomandazione della Commissione del 30 maggio 2001 (n° 2001/453/CE) su “Informazioni ambientali nei conti annuali e nella relazioni sulla gestione delle società”; - Libro verde “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese” del 18 luglio 2001; - Comunicazione della Commissione del 02/07/2002 “Concernente la Responsabilità sociale delle imprese. Un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile”; - Comunicazione della Commissione del 22 marzo 2006, al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, denominata “Il partenariato per la crescita e l'occupazione: fare dell'Europa un polo di eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese”; - Comunicazione della Commissione, del 3 marzo 2010, intitolata «Europa 2020: Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva»; - Comunicazione della Commissione “Una nuova strategia 20112014 per la responsabilità sociale d’impresa”, del 25.10.2011. 9 Tutti i documenti citati sono disponibili all’indirizzo: http://europa.eu/documentation/legislation/index_it.htm. 4.1.1 Raccomandazione della Commissione Europea del 30 maggio 200110 La Raccomandazione della Commissione del 30/5/2001 n. 453 tratta la rilevazione, la valutazione e la divulgazione di informazioni ambientali nei conti annuali e nelle relazioni sulla gestione delle società. In assenza di autorevoli linee guida armonizzate sul trattamento delle questioni ambientali nei rendiconti finanziari, è difficile comparare le imprese. Anche quando le imprese divulgano dati relativi all'ambiente, avviene spesso che il valore delle informazioni sia seriamente pregiudicato dall'assenza di regole comuni e riconosciute per la pubblicazione, che includano le necessarie definizioni e principi in materia ambientale. La Commissione incoraggia pertanto gli Stati membri ad adottare idonee misure a livello nazionale, lasciandone loro la scelta. Secondo il VI Piano di Azione ambientale comunitario 2000-2009: ”Facilitare l’accesso a informazioni ambientali e vincolare l’attribuzione dei finanziamenti anche a questi potrebbe incoraggiare un comportamento più ”verde”. Inoltre, un numero sempre maggiore di decisori e di consumatori vogliono sapere non soltanto che un’impresa offre prodotti e servizi di buona qualità a buon prezzo, ma vogliono sapere anche se essi sono stati prodotti in modo corretto da un punto di vista ambientale e sociale. La Commissione aiuterà il settore finanziario incoraggiando l’inclusione sistematica degli elementi di costo ambientale nei report finanziari”.11 Lo scopo perseguito dalla presente raccomandazione, consiste nel rendere più coerenti, omogenee e strettamente collegate le relazioni ambientali, le relazioni sulla gestione ed i conti annuali. Essa promuovere tale obiettivo assicurando che i conti annuali e le relazioni sulla gestione 10 Raccomandazione della Commissione del 30 maggio 2001 (n° 2001/453/CE) su “Informazioni ambientali nei conti annuali e nella relazioni sulla gestione delle società”. 11 Documento consultabile nel sito www.amministrativo.it/ambiente/ contengano dei dati ambientali, ad integrazione delle informazioni fornite nelle relazioni ambientali autonome, di contenuto più dettagliato e ampio. Non si pone quindi nessun obbligo di redazione di specifici report ambientali, perché i dati ambientali devono essere inseriti nella contabilità ordinaria delle società. 4.1.2 Libro verde sulla responsabilità sociale delle imprese del 200112 Il libro verde emesso dalla comunità Europea nel 2001 è un documento guida per la responsabilità sociale d’impresa, ed è stato pubblicato con lo scopo di aprire un dibattito a livello europeo sul tema della RSI al fine di incoraggiare l’adozione di comportamenti socialmente responsabili da parte delle organizzazioni europee, chiarendone il contenuto e le caratteristiche, le sue dimensioni, gli stakeholders di riferimento ed i vantaggi della sua adozione per le imprese. I punti chiave del documento si possono desumere dal testo emesso dal senato della repubblica in occasione della sua presentazione agli italiani per iniziarne il recepimento a livello nazionale: “Il citato Libro verde della Commissione europea del 2001 definisce la responsabilità sociale delle imprese come l’integrazione su base volontaria dei problemi sociali ed ambientali delle imprese nelle loro attività commerciali e nelle loro relazioni con le altre parti. Adottando comportamenti socialmente responsabili, le imprese gestiscono il cambiamento in modo consapevole sul piano sociale, cercando di trovare un compromesso equilibrato tra le esigenze e i bisogni delle parti interessate in termini che siano accettabili per tutti….naturalmente la Commissione non ignora che la responsabilità principale delle imprese è quella di generare profitti, ma ritiene che esse possano al tempo stesso contribuire ad obiettivi sociali e alla tutela dell’ambiente, integrando la responsabilità sociale come investimento 12 Libro verde “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese” del 18 luglio 2001. strategico nel quadro della propria strategia commerciale, negli strumenti di gestione e nelle loro operazioni. La responsabilità sociale delle imprese, insomma, non deve e non può essere considerata come un costo ma, piuttosto, come un investimento. Essere socialmente responsabili non significa soltanto adempiere pienamente agli obblighi di legge applicabili all’attività di impresa, ma andare oltre tali obblighi, investendo di più nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le parti interessate” 13.. L’emanazione di questo documento ha riscontrato numerosi apprezzamenti dalle autorità dei vari stati europei, le quali, però, vista l’assoluta novità della materia, hanno sottoposto numerosi quesiti alla Comunità Europea su quali fossero le modalità idonee per proporre la RSI . In risposta a questi quesiti l’Unione Europea ha proposto una comunicazione esplicativa, approvata il 2 luglio 2002 commentata nel seguito. 4.1.3 Comunicazione della Commissione Europea del 2 luglio 200214 L’obiettivo di questa Comunicazione è quello di proporre una strategia comunitaria di promozione della Responsabilità sociale delle imprese (RSI). Il documento pone il suo focus sulle insufficienze informative riscontrate in generale su questo tema in Europa. La strategia è basata sui seguenti principi: - natura volontaria della RSI; - trasparenza e credibilità delle attività della RSI; - concentrazione dell'azione comunitaria, dove la Comunità fornisce un vero valore aggiunto; - approccio equilibrato della RSI nei settori economico, sociale, ambientale e concernente gli interessi dei consumatori; 13 considerazione dei fabbisogni specifici delle PMI; Documento consultabile nel sito www.senato.it Comunicazione della Commissione del 02/07/2002 “Concernente la Responsabilità sociale delle imprese. Un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile” 14 - rispetto degli accordi e strumenti internazionali esistenti (ad esempio norme in materia di lavoro dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), orientamenti dell'organizzazione di cooperazione e sviluppo economico (OCSE) etc.). In particolare questa raccomandazione presenta un incoraggiamento ad adottare strategie di RSI anche nelle PMI. 4.1.4 Comunicazione del 22 marzo 200615 In questa comunicazione la Commissione sostiene la creazione di un'alleanza che serva da quadro generale per le iniziative prese nel campo della RSI. Infatti, la Commissione incoraggia gli scambi di esperienze e di buone pratiche tra le imprese, la comunicazione dei risultati al pubblico e lo sviluppo delle risorse dedicate alla RSI. Questo strumento è aperto a tutte le imprese europee, di qualunque dimensione siano, su base volontaria, e la loro partecipazione è flessibile poiché non s’impone alcuna esigenza formale. La Commissione presta particolare attenzione ai seguenti aspetti: - all’attuazione di un partenariato rafforzato, più ampio dell'alleanza, che implica non solo le imprese, ma anche le parti interessate e le autorità regionali e nazionali (in particolare gli Stati membri, dove la RSI è meno sviluppata, e i paesi aderenti e candidati); - il sostegno d'iniziative plurilaterali che coinvolgono le ONG e le parti sociali a livello settoriale; - la cooperazione con gli Stati membri nell'ambito del gruppo dei rappresentanti nazionali di alto livello sulla RSI, per poter utilizzare tutti gli strumenti nazionali e regionali; - 15 la sensibilizzazione dei consumatori sull'impatto delle loro scelte; Comunicazione della Commissione del 22 marzo 2006, al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, denominata “Il partenariato per la crescita e l'occupazione: fare dell'Europa un polo di eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese. - l’integrazione della RSI nell’insegnamento delle scuole di gestione e negli altri istituti di formazione; - la promozione della responsabilità sociale nelle piccole e medie imprese (PMI); - il rispetto dei criteri di riferimento internazionali, come ad esempio gli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM) e il patto mondiale delle imprese (global compact) emanati dall’ONU. 4.1.5 Comunicazione della Commissione, del 3 marzo 201016 Questa raccomandazione è intitolata “Europa 2020: Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”. Con questo documento la Commissione presenta la strategia che consentirà all'Unione Europea di raggiungere una crescita: - intelligente, attraverso lo sviluppo delle conoscenze e dell'innovazione; - sostenibile, basata su un'economia più verde, più efficiente nella gestione delle risorse e più competitiva; - inclusiva, volta a promuovere l'occupazione, la coesione sociale e territoriale. Inoltre la Commissione propone una serie di obiettivi da raggiungere entro il 2020, alcuni dei quali sono in modo particolare riferiti all‘ambiente. Le iniziative “faro” suggerite a livello ambientale, da mettere in atto sia a livello comunitario, che nei singoli stati membri sono le seguenti17: 16 Comunicazione della Commissione, del 3 marzo 2010, intitolata «Europa 2020: Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva». 17 In particolare gli obiettivi posti riguardano: • un tasso di occupazione pari al 75% delle persone di età compresa tra 20 e 64; • il 3% del PIL investito in attività di ricerca e sviluppo; • il raggiungimento dei traguardi 20/20/20 in materia di clima/energia. Ovvero: 1) riduzione delle emissioni di gas a effetto serra almeno del 20% rispetto ai livelli del 1990; 2) incremento sino al 20% della quota delle fonti di energia rinnovabile nel nostro consumo finale di energia; 3) miglioramento del 20% dell’efficienza energetica. • un tasso di abbandono scolastico inferiore al 10%, con almeno il 40% dei giovani laureato; - l'Unione dell'innovazione, che sosterrà la produzione di prodotti e servizi innovativi, in particolare quelli connessi ai cambiamenti climatici, all'efficienza energetica, alla salute e all'invecchiamento della popolazione; - l'iniziativa per un'Europa efficiente sotto il profilo delle risorse, per sostenere la gestione sostenibile delle risorse e ridurre le emissioni di carbonio, sostenendo la competitività dell'economia europea e la sua sicurezza energetica; - l'iniziativa per una politica industriale per l'era della globalizzazione, per aiutare le imprese del settore a superare la crisi economica, a inserirsi nel commercio mondiale e ad adottare metodi di produzione più rispettosi dell'ambiente; Una parte importante della strategia deve essere attuata dalle autorità nazionali, regionali e locali dei paesi dell'UE, coinvolgendo i parlamenti nazionali, le parti sociali e la società civile. Campagne di sensibilizzazione devono essere condotte tra i cittadini europei. La Commissione è responsabile per la valutazione dei progressi. Essa presenta delle relazioni annuali anche in merito alla realizzazione dei programmi di stabilità e di convergenza. 4.1.6 Comunicazione della Commissione europea del 25 ottobre 201118 Nel 2000 CSR Europe19 ha invitato i Capi di Stato europei a lanciare un appello sulla RSI. Da quel momento la Commissione europea, di • una riduzione di 20 milioni delle persone a rischio di povertà. Comunicazione della Commissione “Una nuova strategia 2011-2014 per la responsabilità sociale d’impresa”, del 25.10.2011. 19 Organismo comunitario delegato allo sviluppo delle pratiche di Responsabilità Sociale di Impresa: http://www.csreurope.org/. 18 concerto con le imprese, gli stakeholder20 e gli Stati membri, ha continuamente sviluppato una strategia europea sulla RSI, passando attraverso le Comunicazioni del 2002, del 2006, fino a giungere a quella del 25 ottobre 2011. Gli obiettivi del documento sono: - sostenere la Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile, inclusiva; - riaffermare l’influenza globale dell’Unione Europea in ambito di RSI; - guidare e coordinare le politiche sulla RSI degli Stati membri dell’Unione europea e quindi ridurre il rischio di approcci divergenti che possono creare costi aggiuntivi per le imprese che operano in più di uno Stato membro. Una nuova definizione viene fornita per la responsabilità sociale che identifica: “RSI – Responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società”. Un processo che integra preoccupazioni sociali, ambientali, 20 Si tratta dei soggetti che, anche solo potenzialmente, influenzano o sono influenzati dall’attività aziendale, come tali sono interessati alla sua gestione. Ad essi il sistema informativo aziendale è chiamato a dare una risposta in merito ai temi sociali della gestione. Gli stakeholder si possono identificare nelle seguenti categorie (l’elenco che segue è una reinterpretazione della descrizione delle tipologie di stakeholder presentata da A. Matacena nella rivista No Profit (pp 15-40) nel primo numero emesso nel 2005 nell’articolo dal titolo “Responsabilità sociale d’impresa (RSI):momenti interpretativi” : - azionisti (esistenti e potenziali), interessati ad informazioni atte a formulare giudizi sulla convenienza economica dell’investimento; - finanziatori (esistenti e potenziali), rivolti all’ottenimento di informazioni circa la capacità finanziaria dell’azienda tale da garantire il rimborso del capitale; - lavoratori, richiedenti informazioni riguardo la stabilità dei posti di lavoro, l’andamento retributivo, le condizioni occupazionali di crescita; - fornitori, clienti, concorrenti etc…, rivolti ad ottenere informazioni variegate in tema di andamento generale dell’impresa, sulla sua capacità di sopravvivenza sul mercato, sulla sua offerta, sulle sue condizioni di equilibrio economico; - sindacati, ricercatori, consulenti, orientati ad ottenere le stesse informazioni della categoria precedente, utilizzabili per scopi differenti; - stato ed enti territoriali, interessati ad informazione di ordine generale al fine di avviare processi di programmazione economico finanziaria, o per valutare la capacità di riallocazione delle risorse aziendali verso finalità sociali, etc.. - cittadini, intenzionati a conoscere i programmi aziendali al fine di garantire la salvaguardia e lo sviluppo della qualità della vita. etiche e di diritti umani nelle proprie attività e nella strategia, in stretta collaborazione con i propri stakeholder, allo scopo di: 1. massimizzare la creazione di valore condiviso per i proprietari/azionisti e per gli altri stakeholder e la comunità in senso più ampio, attraverso un approccio strategico di lungo termine alla RSI e lo sviluppo di prodotti, servizi e modelli d’impresa innovativi; 2. identificare, prevenire e mitigare i suoi possibili impatti negativi. Il rispetto della legislazione vigente e degli accordi collettivi fra parti sociali è infatti un prerequisito. Nel documento viene precisato inoltre il ruolo che devono assumere le imprese, l’autorità pubblica e gli stakeholder: - le imprese devono avere la flessibilità di innovare e di sviluppare un approccio alla RSI che sia appropriato alle proprie condizioni; - le autorità pubbliche devono avere un ruolo di supporto attraverso un mix intelligente di misure politiche volontarie e, ove necessario, attraverso una regolamentazione aggiuntiva. Ad esempio, promuovendo la trasparenza, creando incentivi di mercato per premiare i comportamenti responsabili nelle attività di impresa, assicurando l’accountability delle imprese; - i sindacati e le organizzazioni della società civile identificano i problemi, stimolano il miglioramento facendo pressione e possono lavorare in modo costruttivo con le imprese per co-sviluppare soluzioni; - i consumatori e gli investitori possono rafforzare i meccanismi premianti di mercato.