settembre 2016 - Roberto Mengoni

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settembre 2016 - Roberto Mengoni
SETTEMBRE 2016
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STORIE E AV
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BARABARANI
Le
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divisa verde come le piante intorno
alla strada. Neppure un filo di grasso,
tutti sottili e sorridenti. Forse non
mangeranno moltissimo ma sembrano in buona salute.
Sbabababang.
I campi sembrano vuoti. I contadini
si nascondono. Minuscole piantagioni
spuntano tra gli alberi, credo di banane. Non ci sono recinzioni né siepi a
delimitare i campi. Case isolate di cemento grezzo, a volte trasformate in
negozietti con le sbarre per evitare i
furti.
Ritunf. Sgarabangbang. Screech.
Scrash. Scrost. Sgrunt. Ahahahahah.
Adesso il mio innato masochismo si
fa vivo. Il riso isterico di chi sta in una tempesta di terraferma. Agitato da
destra a sinistra, dall’alto in basso, da
sopra a sotto, verticale-orizzontalelongitudinale-latitudinale-sesquipedale.
Accanto a me l’autista e mia guida
baccanti accolgono i visitatori alla cerimonia di lancio del
lungo questi sentieri impossibili. Non
miele ballando, cantando e lanciando vocalizzi
ricordo il suo nome e me ne dispiace
perché tra andata e ritorno siamo stati
Esercizio di stile per descrivere come è sparito. Le ultime coordinate note
insieme almeno un paio di ore. Non
si guida in una strada di campagna in dicono che ho preso una stradina seso come faccia a non perdersi. Non
Tanzania.
condaria a trenta chilometri dalla cit- capisco come non sia preoccupato per
Bang bong pot pot sgraf crash ponf tadina di Arusha. Da un lato appare
la sua auto che non sarà un granché
stump ponf bang sbarastump bang
la sagoma circolare e vulcanica del
ma è pur sempre un capitale in Tanahia raaaar grat urg rombbb rooomp
monte Meru, fratello minore del Kili- zania. Ogni grattata sento pena per
bang ribang.
manjaro. L’ultima traccia di asfalto
lui. Ogni sgommata lascia un odore di
L’automobile procede a dieci chilo- l’ho vista dopo un cartello che diceva pneumatico bruciato. Mi pare di vemetri all’ora (pot pot) intercettando
“Università di Arusha”. E neanche
dere bulloni, viti e dadi che cadono,
rami pendenti (frush) ai lati della stra- quello era particolarmente liscio.
marmitte che si smontano, tubi che si
da ciottolosa (stonc bump). Il motore
C’è sempre una ragione per essere
aprono, cavi che si spezzano e pistoni
gira al minimo con improvvisi graffi
qui. Mi ci ha portato Carlo Petrini.
che escono dal cofano.
rabbiosi (grat) per affrontare le buche Per chi non sapesse chi è (o per chi si
Aggettivi e verbi utili per esprimere
e i crateri. Le ruote sprofondano in un chiama Matteo Salvini), Petrini è il
la situazione. Stromfiare: l’azione dei
fossato preistorico e poi risalgono un fondatore di Slowfood, un movimen- pneumatici che si autodistruggono
dosso (roar). Ad una curva a gomito
to che si pone in contrasto con il cibo
mentre si arrampicano sulle rocce.
segue un’ascesa ripida. La roccia sciindustriale, globalizzato e inghiottito Sdruppolare: le mani sul volante che
vola sotto i pneumatici lisci (swish).
in fretta, magari in automobile. In
sfuggono al controllo. RimbimbimbiSgangher. Le ossa si spostano da un questa zona si nasconde un miele par- nire, che esprime il rumore delle due
lato all’altro. Lo stomaco va su e giù. I ticolare, il Nyori, che diventerà il pri- arcate di denti che vibrano una contro
bulloni dell’automobile si svitano. Il
mo presidio di Slowfood in Tanzania. l’altra mentre il cranio rimbalza.
volante impazzito ha vita propria e
Il Nyori viene prodotto da minuscoInfine l’auto si arresta davanti a un
costringe le mani a seguirne i movile api senza pungiglione ed ha è un
gruppo di baccanti a scacchi che danmenti nevrotici per schivare la buca, il sapore lievemente acidulo.
zano in circolo e urlano “benvenuto”.
fossato, il dosso, il canale, il ramo, il
Un gruppo di bambini in divisa scoSiamo arrivati al villaggio.
masso, la colata lavica.
lastica saluta il nostro passaggio. SoIl cervello lentamente torna al suo
Splash. La pozza d’acqua.
no gli unici a camminare per questa
posto. Le ossa si calmano. Anche l’auCome sono finito qui? Gogglemaps mulattiera vulcanizzata. Hanno una
to respira soddisfatta. Ce l’ha fatta.
REALE COME UN BASCO VIOLA (seconda parte)
Uno, due, tre giorni. Scuola. Palestra.
Lontani da Big Mom, di qua Lizardkid che cresce e ha fame di Wackigirl
ma deve studiare filosofia e chimica.
Di là Wackigirl che cerca di passare il
compito di latino.
“Perché devo ancora studiare Cicerone?”
“Siamo l’ultima generazione che lo
fa.”
Quattro, cinque, sei giorni. Lunedì
sera di ponte. Metà della popolazione
cittadina in vacanza altrove. Metà
della popolazione mondiale in vacanza da noi. Su di loro scendeva una
pioggia reale e concreta; la città di
roccia affondava in una palude melmosa. Un maelstrom di correnti calde
fisicamente solide mi separava da
Wackigirl anche se eravamo nella
stessa stanza. Ognuno per conto suo.
Viaggiavo dentro Big Mom cercando
cose innocue, canzonette evanescenti
di Michael Jackson e Paul McCartney.
Non volevo guai. Non ero in vena di
avventure. Big Mom assecondava il
mio umore incerto.
“Michael Jackson. Ugh.” disse Wackigirl con una faccia disgustata. “Hai
rinunciato a Purple Rain.”
“No di certo.”
“Andiamo nella Zona Grigia.”
“Non ce la faremo mai.”
“Hai paura.”
“No, ma non passeremo mai i blocchi.”
Non ci fu verso di dissuaderla. Wackigirl mi disse che era andata a cercare Gollum. L’aveva pestato con le
fruste elettroniche. Gli aveva fatto
sputare il codice per entrare nella Zona Grigia attraverso il First Avenue
Club a Minneapolis. Partimmo all’istante. Non fu facilissimo trovare arrivarci. La realtà virtuale a volte si comporta come i sogni. Desideri che qualcosa accada e non accade. Se invece ti
lasci andare, voli senza sforzo sopra
l’oceano. Entri nel flusso di coscienza
che ti porta naturalmente dovunque
tu voglia andare. Quella sera faticavo
come un somaro. Sudavo e sentivo il
cuore che saliva di frequenza. Vedevo
Wackigirl che correva agilmente nella
metropoli americana, mentre io
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Sapone artigianale e sacchetti di fagioli del villaggio.
arrancavo dietro di lei.
“Muovi il culo, dai!”
Giungemmo davanti al Club, dove
aspettavano migliaia di avatar. Era in
corso un evento. Non capivo cosa mi
stesse capitando. Ero stanco al livello
massimo. Accade a volte in Big Mom
che lo sforzo mentale sia così forte da
rendere impossibile proseguire.
“Sei tu che ti opponi. Non vuoi bene a Big Mom.”
“Non è vero!” risposi piccato.
“Beh, io vado lo stesso!” urlò lasciandomi solo. Scomparve temerariamente tra le onde della folla brulicante davanti al club, con i suoi capelli neri che sembravano vele. Ed io
tornai immediatamente alla realtà.
Quando la fatica supera i livelli di
guardia, Big Mom stacca automaticamente il collegamento. Il cuore mi
batteva all’impazzata. Non mi era
REALE COME UN BASCO VIOLA (seconda parte)
Altri prodotti. Zucchine, zucche, pomodorini, patate…
mai capitato prima.
Wackigirl tornò un’ora dopo. Mi
guardò preoccupata. “Ti sei fatto male?”
“Non lo so. E tu?”
“Umf.” Wackigirl si teneva il braccio destro che sanguinava.
“Che hai fatto al braccio?”
“Mi sono tagliata.”
“Come hai fatto?”
“Là dentro.”
“È impossibile!”
Lei non sembrava preoccupata, come se ferirsi nella realtà virtuale fosse
normale. “Sono arrivata al club ma
non c’era modo di entrare. Volevano
soldi. Quei bastardi. Allora sono entrata da una finestra laterale rotta.
Quando però stavo scendendo verso
la sala dove dovevo vedermi con Gollum, sono stata sorpresa da una parata. Una banda musicale. Vestiti di
strani colori, pennacchi e abiti bizzarri. Non sono riuscita ad andare avan-
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ti, per quanto mi sforzassi. Gente simpatica, a modo loro. Mi hanno regalato questo.”
“Ti hanno regalato… cosa?”
Wackigirl stringeva in mano un basco viola.
“Te l’avrà lasciato tua madre mentre
eravamo collegati.”
“Ti piace? Mi sta bene?” disse mettendoselo in testa. Civettò davanti allo specchio. “Di seconda mano. Carino.”
“Che ci sta succedendo, Wacki? I tagli, le ferite, e adesso questo cappello”
“Un basco viola… viola come
Purple Rain. Questo è un segno! Gollum ci ha messi sulla buona strada.”
“Quale strada? Non è un gioco, Wacki.”
“No, Liza. Perché stiamo per arrivare al segreto.”
“Ma che stai a dire?”
“Il segreto della musica.”
“Un posto dove ti ferisci con il vetro
virtuale?”
“È solo un piccolo prezzo da pagare.” disse riprendendo il casco. La fermai e in quel gesto misi più forza di
quanto ne avessi mai avuta con lei. Le
strinsi i polsi a mezz’aria. Lei mi
guardò con ostilità ma non osò reagire.
“Devi dormire, Wacki. Domani andiamo insieme!”
“Lasciami!!”
“Lo sai che succede a stare troppo
tempo nella realtà virtuale!?”
“Non m’importa! Stanotte, Liza,
stanotte!!”
Riuscii a convincerla a rimandare
almeno di qualche ora. Andare giù di
nuovo con una mente stanca non solo
non avrebbe prodotto nulla, ma ci avrebbe fatto male.
Caddi in un sonno profondo. So che
Wackigirl rimase sempre vigile, attaccata al computer. Quando lei mi svegliò, avevo la mente annuvolata e
sentivo un gran desiderio di continuare a dormire. Wackigirl era arzilla,
eccitata, stava bevendo qualcosa di
arancione.
“Che è?”
“Aranciata.”
Sniffai nel bicchiere. Un odore fami-
REALE COME UN BASCO VIOLA (seconda parte)
liare. “Quackpowder. Sei scema?”
“Prendi.”
Non ci fu verso di resistere. Del resto, solo col Quackpowder, un potente ricostituente celebrale, che veniva
usato dai malati di mente da abuso di
realtà virtuale, sarei riuscito ad alzarmi.
Wackigirl chiuse a chiave la porta
della sua stanza. Sbarrò anche la finestra. Nessuno doveva disturbarci. Indossò il basco viola. “Purple Rain arriviamo!”
Un ultimo dubbio prima di partire
“ma questo Gollum è affidabile?”
“Come no. Fa la quinta. Per la terza
volta.”
Rassicurante.
In genere la discesa nella realtà virtuale procede tranquillamente. È un
po’ come addormentarsi, con l’unica
differenza che si ha la percezione del
passaggio della soglia. Non che accada chissà cosa: non ci sono scariche
elettriche né improvvise distorsioni
della realtà. Ci si ritrova nello stesso
luogo dove sono i nostri corpi, con in
più la capacità di manipolare l’ambiente, raccogliere informazioni con
un gesto e muoversi senza limiti. Wackigirl era impaziente. Mi spinse giù
dal balcone in strada. Il Quackpowder mi aveva messo in corpo una tale
euforia che feci dozzine di capriole in
aria. Lei mi richiamò a non sprecare
energie mentali.
“Dove andiamo?”
“Cambridge” rispose bruscamente.
Il tono non ammetteva repliche. Ogni
discussione ritardava il nostro viaggio. Ogni parola diventava un ostacolo. Superammo in breve le Alpi, ignorammo la Francia e Parigi, passammo
il Canale della Manica e Londra fino
a raggiungere la cittadina inglese.
Wackigirl si fermò davanti a una
chiesa in stile gotico accanto al fiume
Cam. C’era una gran folla di avatar
che vagava senza scopo ma che non
sembrava interessata a noi. Per fortuna. Non avevo voglia di incontrare
altri troll.
“E adesso?”
Una voce si udì cantare da dentro
la chiesa “tu hai raggiunto troppo
presto il segreto.”
Era l’ora prima dell’alba. Un pazzo
uscì con un piffero e si gettò nelle acque del Cam. In Big Mom si vedono
di queste scenette. Gente fumata che
vuole farsi notare. Nessuno di noi
due vi prestò molto caso.
Il pifferaio riapparve dietro di noi.
Adesso ve lo descrivo. Ci provo perché Cambridge era avvolta in una sfocata penombra. Un ragazzo di qualche anno più di noi, gli occhi cerchiati
di nero, incerti, come se fossero stati
pestati o per mancanza di sonno, i ca-
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pelli ricci e contorti sulla fronte fino al
naso, a petto nudo con pantaloni color salmone, le mani dietro la schiena,
come legate. “Se volete andare avanti,
dovete rispondere a una domanda.”
“Non abbiamo tempo!” disse seccamente Wackigirl.
Il pazzo si piazzò tra noi impedendoci di muoverci. “Sapete distinguere
il cielo dall’inferno? Sapete la differenza tra un campo verde e una gelida rotaia d’acciaio?”
Wackigirl fissò il ragazzo. “E tu allora? Hai scambiato i tuoi eroi per
fantasmi e ceneri roventi per alberi.”
Carlo Petrini pianta un albero davanti al capo delle baccanti.
REALE COME UN BASCO VIOLA (seconda parte)
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“Ahahahah!!! Venite ragazzi! Venite non riuscivo più a sopportare il puldi viltà, quello di abbandonarmi di
con me a gettarvi nel pozzo!”
sante male che mi sconquassava la
fronte a un gesto concreto di amore
Il pazzo corse via saltellando e noi
mente. Il pazzo sull’erba rise “apri la
per andare in cerca di qualcosa che
lo seguimmo. La città era densa di
porta e getta via la chiave.”
non esisteva. Non so se io ebbi paura
creature inquietanti e di inutili infor“Devi credermi. Credi in me come
e se ce l’avrei fatta a superare la soglia
mazioni. Sui muri apparivano framio credo in te?” disse Wackigirl.
con lei. Sentivo soltanto un grande
menti di musica e testi in svariate linMugugnai qualcosa. Mi guardò per vuoto, quello che lei mi aveva lasciato
gue. Recensioni ci richiamavano nei
l’ultima volta, incerta. Ma non age che sarebbe rimasto anche se lei
ristoranti e nei locali. Intorno ai club
giunse altro. Aveva preso una decisio- fosse tornata dalla Zona Grigia.
bagarini ci offrivano biglietti scontati ne. “Non ho nulla da perdere, Liza.”
La mia testa pulsava come un pallosu prezzi maggiorati. Raggiungemmo
“Ti amo, Wacki” dissi con le ultime ne pronto a scoppiare. Big Mom mi
una periferia di villette pacifiche e si- forze e in quel momento non seppi se, riportò indietro. Ero accecato dal dolenziose. Wackigirl andava
lore e appena mi tolsi il caavanti, mentre io, man
sco mi gettai sul letto,
mano che avanzavamo,
sprofondando in un sonsentivo le forze scemare e
no allucinato in cui seml’ansia aumentare. L’effetbrava che le mie sinapsi
to del Quackpowder stastessero autodistruggenva svanendo.
dosi. Quindi non so cosa
“Non puoi essere stansia accaduto mentre mi
co” mi rimproverò. “Non
trovavo in quello stato,
opporre resistenza. Afficosa fece Wackigirl e perdati a Big Mom. Siamo viché. So solo che mi risvecini alla meta.”
gliai con il sole già alto.
Parole come pietre co“Wacki?” chiesi.
minciarono a cadere dal
Lei non rispose. Non pocielo. Sembravano comteva rispondere. Non avporre frasi di avvertimenrebbe mai più risposto. La
to. Una fitta mi colpì nel
postazione al computer
centro del cervello. Un soera vuota. Il suo letto era
lo secondo, ma di dolore
intatto. Non era nella
assoluto.
stanza. Mentre dormivo
“Siamo arrivati” disse il
se n’era andata via. Ma
pazzo fermandosi davanti
come aveva fatto, se la
ad una casa buia che non
porta era chiusa dall’inaveva niente di particolaterno e la finestra era
re. La porta aveva contorsbarrata?
ni luminosi. Ci chiamava.
Il computer era ancora
Wackigirl si mosse senza
acceso con l’immagine
esitare.
amata da Wackigirl, quel“Dove vai?” chiesi menla di un sole splendente.
tre il mal di testa mi paraFu soltanto un breve molizzava. Sapevo di avere
mento. Mi parve di udire
pochi secondi prima di
la sua voce. “È meraviL’alveare del miele Nyori. Piccolissime api.
perdere il collegamento
glioso!” Un’ultima illucon Big Mom.
sione. Era la mia mente
“Che fai? Mi molli proche
giocava ancora ad inpreso da un oscuro presentimento,
prio adesso?” chiese lei, con già un
gannarmi,
più
potente della realtà
volevo fermarla oppure seguirla.
piede sul gradino di ingresso.
virtuale di Big Mom.
Forse lei esitò un millesimo di se“Non ce la faccio. Domani.”
Non feci in tempo a rispondere.
condo. Ma superò la soglia e scom“Domani è troppo tardi.”
Con un bip lo schermo si spense.
parve. E con lei scomparve la porta.
“Abbiamo tutta la vita davanti.”
Solo in quel momento capii che aveUn sentimento di tradimento si mate“Stanotte abbiamo il segreto in ma- rializzò nella mia mente devastata da vo perso per sempre Wackigirl.
no.”
Di lei restava solo, appoggiato sulla
orde di insetti metallici. Se n’era anLa porta brillava di colori psichede- data senza di me. Non so dire se il
sedia, il suo basco viola, l’unica prova
lici. Mi attraeva e mi respingeva. Ma
che lei fosse mai esistita.
suo fosse stato un atto di coraggio o